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Paolo Cadeddu non sono un economista, sono un semplice cittadino. Ma, credo e spero, di buon senso. Pertanto non mi avventuro in calcoli complicati. Faccio dei semplici ragionamenti partendo da alcuni dati di fatto: 1. Lo stato italiano ha un debito quasi uguale, in cifra assoluta, a quello dello stato tedesco, circa 2.300 miliardi di euro. 2. Allo stato italiano il suo debito costa, per interessi, molte decine di miliardi di euro all'anno. 3. Allo stato tedesco il suo debito costa poco o nulla. Anzi, in certi periodi addirittura ci guadagna, in quanto applica interessi negativi per prendersi il "disturbo" di custodire soldi altrui. 4. Lo stato italiano, nel suo complesso, privati compresi, non è meno ricco di quello tedesco. Basti ricordare che i cittadini italiani nel loro insieme sono terzi al mondo, dopo Australia e Belgio, per l'ammontare dei loro risparmi. Sono invece primi al mondo per quanto riguarda la percentuale di cittadini possessori di almeno una casa (l'85%). E' pertanto essenziale apparire, agli occhi degli investitori, altrettanto affidabili dei tedeschi, e, se possibile, ancora di più. Ma come fare? Ecco la mia proposta: Inserire nella Costituzione Italiana l'impegno solenne dello Stato ad onorare i propri debiti nei confronti dei propri creditori, magari facendolo precedere da una legge ordinaria approvabile in tempi relativamente brevi. Sarebbe un forte segno distintivo, che farebbe apparire lo stato italiano tra i più affidabili, costituendo un richiamo alla montagna di soldi circolanti nel mondo alla ricerca di un rifugio sicuro. L'abbattimento conseguente degli interessi sul debito, permetterebbe il risparmio di decine di miliardi di euro all'anno, spendibili per investimenti e per prevedere un lento rientro del debito su valori più accettabili.

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Paolo Cadeddu

non sono un economista, sono un semplice cittadino. Ma, credo e spero, di buon senso. Pertanto non mi avventuro in calcoli complicati. Faccio dei semplici ragionamenti partendo da alcuni dati di fatto:

1. Lo stato italiano ha un debito quasi uguale, in cifra assoluta, a quello dello stato tedesco, circa 2.300 miliardi di euro.

2. Allo stato italiano il suo debito costa, per interessi, molte decine di miliardi di euro all'anno.

3. Allo stato tedesco il suo debito costa poco o nulla. Anzi, in certi periodi addirittura ci guadagna, in quanto applica interessi negativi per prendersi il "disturbo" di custodire soldi altrui.

4. Lo stato italiano, nel suo complesso, privati compresi, non è meno ricco di quello tedesco. Basti ricordare che i cittadini italiani nel loro insieme sono terzi al mondo, dopo Australia e Belgio, per l'ammontare dei loro risparmi. Sono invece primi al mondo per quanto riguarda la percentuale di cittadini possessori di almeno una casa (l'85%). E' pertanto essenziale apparire, agli occhi degli investitori, altrettanto affidabili dei tedeschi, e, se possibile, ancora di più. Ma come fare?

Ecco la mia proposta:

Inserire nella Costituzione Italiana l'impegno solenne dello Stato ad onorare i propri debiti nei confronti dei propri creditori, magari facendolo precedere da una legge ordinaria approvabile in tempi relativamente brevi.

Sarebbe un forte segno distintivo, che  farebbe apparire lo stato italiano tra i più affidabili, costituendo un richiamo alla montagna di soldi circolanti nel mondo alla ricerca di un rifugio sicuro.

L'abbattimento conseguente degli interessi sul debito, permetterebbe il risparmio di decine di miliardi di euro all'anno, spendibili per investimenti e per prevedere un lento rientro del debito su valori più accettabili.

Gianni Giannini, Desenzano del Garda trovo la proposta del signore che l´ha ideata (Magnoni ndr) del tutto irrealizzabile, come un libro dei sogni. Facciamo una cosa semplice,semplice facendo accedere i privati all´acquisto diretto deititoli del nostro Tesoro. 

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Il privato apre un conto con spese bassissime presso una SGR o simili.Potrá acquistare ititoli emessi dal Tesoso direttamente attraverso e con deposito obbligatorio presso la SGRche fungerá da custode. Aprire anche l´investimento con tagli minimi tali da favorire il piccolissimo risparmiatore. Tralascio dettagli tecnici ma l´idea é applicata in varie parti del mondo e funziona,sí chefunzione. Chiacchiere a parte dei soliti banchieri. Ultima ma non ultima, introdurre sin dalle scuole elementari qualche ora di educazione fi-nanziaria e del risparmio.  Cerchiamo di far crescere dei cittadini.Sarebbero utili anche nel-le loro famiglie.

Gabriele Biondo

molto interessante la vostra iniziativa per raccogliere varie proposte per la riduzione del nostro debito pubblico , che pesa come un macigno sul futuro dell’Italia.

Interessante nel frattempo quella del Dott. Magnoni.

Ho , riguardo all’abbattimento del debito,  pero’ un grosso dubbio :  temo che la scarsa classe politica italiana , una volta ridotto  a livelli normali , cioe’ sotto il 100% debito/Pil ,   ricominci come  sempre  a fatto ,  ad avere dei disavanzi annuali ,  che non derivano da investimenti , ma dalla solita spesa corrente inefficiente.

Il risultato finale  che quindi  temo possa avverarsi e’ che lo stato non solo si ritrovera’ dopo pochi anni ancora con un debito al 130% del Pil , ma avra’ anche venduto i gioielli di famiglia   (  perche’ cio’ che propone il Dott Magnoni  ad esempio non e’ gratis )

D’altronde mi sembra sia sotto gli occhi di tutti che la stessa classe politica non ha nessuna considerazione  relativamente hai debiti che contrae .

Pensano sempre che fare piu’ debito per aiutare il popolo sia una ottima soluzione , non capiscono che in realta’ il popolo  viene danneggiato sicuramente di piu’ dei benefici che ottiene.

E’ drammatico dirlo ma forse l’unica soluzione per l’ Italia è avere sempre il cappio al collo dei creditori , così volenti o nolenti le regole di un bilancio in ordine le rispettiamo.

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Firmino Dazzi 

Proporrei agl’italiani questo tema:

Premesso che per colpa di qualcuno( volando bassi si può misurare attorno al 40% ), comune, provincia, regione, stato, il gettito fiscale è insufficiente a mantenere il Pubblico impiego che non fa un cazzo dalla mattina alla sera!

A voi lo svolgimento

Roberto Cacciani

invio il mio elaborato sul problema del debito pubblico in Italia, pubblicato nella primavera del 2015.

Alessandro Santacroce

plaudo all'iniziativa e al fatto che dopo una incandescente campagna elettorale che ha relativizzato nei contenuti e nella percezione la questione del debito, come altre d'altronde, ora a bocce ferme temi di rilevanza capitale per il paese si riprendano lentamente, responsabilmente e fisiologicamente la scena. Sarebbe stato opportuno che il dibattito politico si fosse concentrato su di essi, ma alla pancia degli elettori evidentemente bisogna parlare d'altro. Mi auguro altrettanto che le competenze tornino al centro, tornino ad essere un elemento discrezionale, non una voce da abbattere. Nell'articolo, e di questo mi rallegro, vengono segnalati a mio avviso interventi di soggetti che per esperienza scientifica e professionale possono, loro si, a pieno diritto contribuire ad una discussione costruttiva ed ad un impulso fattivo. Credo che tutte le visioni evidenziate contengano elementi di ragionevolezza ed efficacia. Probabilmente un loro mix coordinato ed armonico, nel rispetto dei diversi orientamenti politici che li animano e del loro grado di fattibilità e tempistica, fornirebbe una solida base programmatica. La loro implementazione però mi risulta più difficile immaginare in un quadro politico come quello attuale. Forse il maggiore sforzo, per chi sente la necessità civile e storica di impegnarsi in questa sfida, del movimento di persone e intelligenze che può concentrarsi, identificarsi attorno ad essa sarà proprio quello di conquistare la classe politica ad una azione a riguardo. D'altronde un problema evidenziato dall'articolo stesso.

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Giulia Bazzocchi, Crédit Agricole Corporate and Investment Bank Credit distribution

La proposta del Dott. Magnoni è interessante  anche perché qualcosa di simile è stato fatto nel caso degli Immobili e dell’operazione FIP che permise all’allora governo Berlusconi di rimanere nei parametri Ue.

La differenza è il veicolo PIRP.

Bisognerebbe fare delle stime di raccolta sulla base dei numeri di raccolta fatta dai PIR.

La size prospettata di 500bln è ambiziosa, probabilmente il risultato potrebbe aggirarsi a un numero inferiore, sotto i 100 bln.

Inoltre non si può prescindere dalla volontà di questo governo nel perseguire questo obbiettivo ed ad usare uno strumento finanziario per farlo.

 Alberto Signora, Francia

Dall'estero dove sono, la prima difficoltà a dare credito al debito (e non solo) italiano è:- l'assenza di un governo, duraturo e stabile.Una politica incerta sfiducia ad investire anche in semplici titoli/obbligazioni.Certezza e credibilità possono essere la base per ridurre lo spread (e gli interessi).Utilizzare i soldi dei fondi europei correttamente e spenderli; si parla di miliardi.I soldi e beni delle Mafie devono essere utilizzati o venduti, prima di quelli pubblici.In Francia se si sequestra la macchina anche a un non mafioso, la gendarmeria puo' utilizzarla e/o rivenderla subito.Per le case, se in italia non si riesce a venderla per paura di ritoursioni, la si da in uso abitativo alle forze dell'ordine che non dovranno cercarsi casa, ecc.).Avere una più stretta connessione con gli altri paesi europei per evitare che la Mafia reinvesta in questi paesi, dove non esiste il reato di Mafia...I risparmi degli italiani devrebbero essere incentivati verso società detenute parzialemente dal Tesoro/stato Italiano attraverso un fondo ad hoc e con sgravi fiscali.Cio' permetterebbe di evitare la svendita di società come Telecom (ricordando il litigio con la Francia) o altre.Rafforza le società italiane e dovrebbe dare un saldo maggiore sul bilancio e si spera più investimenti.Continuare con la vendita dei beni immobili, ma non favorendo speculazioni a ribasso.Un punto interessante, potrebbe essere, di dare meno constrizioni di spesa e accesso ai pagamenti da parte delle persone inscritte come cattivi pagatori o

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protestate. Vi sono migliaia di persone in questa situazione, che malgrado conti e redditi benestanti, si ritrovano per piccoli errori a non poter ne spendere e investire. Ho conosciuto un chirurgo che guadagnava 200.000 eu/Mese. Non poteva fare nulla sul suo conto a causa della sua situazione...Ho altre idee, ma lascio spazio anche alle altre persone.

Vanina Gerardi, Financial Advisors Allianz Bank

Condivido in pieno la proposta. La soluzione della riduzione del debito pubblico sta nel risparmio privato. La crescita del Paese in Italia stimola poco gli investimenti strutturali e molto di più il risparmio dei singoli cittadini. Il QE ha consentito un maggiore accantonamento e lo vediamo dalla crescita della raccolta presso gli intermediari finanziari. E’ un male/bene tutto italiano. Laddove la macchina pubblica è ancora troppo farraginosa per cogliere le opportunità di crescita, il privato vanta, seppur con fatica, ancora una più rapida e autonoma soluzione.

FONDAMENTALE PERÒ CONSEGNARE A CHI PARTECIPA UN CHIARO E SIGNIFICATIVO RISPARMIO FISCALE, ANCHE A LUNGA SCADENZA.

Massimo Pittoni

Proposta davvero interessante quella di Ruggero Magnoni, soprattutto se si pensasse di estendere i benefici fiscali dei PIRP anche ai fondi pensione, cosi come oggi avviene per i PIR. I fondi pensione sarebbero candidati ideali visto che gran parte dei veicoli di cartolarizzazione interessati dai PIRP sarebbero investiti soprattutto in  infrastrutture sociali e real estate, con diversi livelli di rendimento a seconda della tipologia di tranche aggregata.

Salvatore SciutoL'analisi del presidente Magnoni appare lucida e lineare, come dovrebbero essere le soluzioni in tutti i campi. Qualora quanto proposto superasse gli stress test di copertura, mi chiedo perché non sia stato elaborata e proposta dai tanti dirigenti di ruolo del Tesoro, SNA, CNEL e via discorrendo.Comunque, sarebbe interessante acquisire il parere del nostro illustre ed apprezzato economista italiano professor Zingales.

Gian Carlo Pozzoli, già dirigente sindacale

Tralasciando le responsabilità dell'enorme debito, che ci ha consentito, a tutti, di vivere sopra le nostre possibilità, penso che sia giunto il momento di mettere mano alla voragine, nonché di interrompere il vizio di costruire manovre a debito, dimenticando che poi il debito deve essere onorato.

Ha mio avviso, la riduzione del debito può passare anche impostando soluzioni economiche che, utilizzino il debito in manovra attiva.

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Lo Stato e gli Enti Pubblici di Previdenza, per esempio, possono pagare una parte, minore, del loro dovuto in moneta corrente e l'altra parte, la maggiore, con speciali titoli di Stato di debito pubblico a lungo periodo, a tasso infruttifero. Cioè, un prestito forzoso, come avvenne alla fine degli anni '70.

Quanto sopra, dovrà necessariamente prevedere una manovra patrimoniale.

In codesto modo, il debito rimarrebbe nell'alveo interno italiano, al riparo dagli stres speculativi, si ridurrebbe la necessita di ricapitalizzazione e si ridurrebbe la spesa per interessi.

Inoltre, si verrebbero a liberarsi apprezzabili risorse economiche, da impegnarsi per la riduzione del costo del lavoro, per il sostegno al reddito, senza necessariamente fare manovre a debito.

La questione si potrebbe ulteriormente analizzare ed approfondire ma, mi limito a questi accenni.

Luca Viglione

Solo una informazione aiutare a capire quanto i principi alla base della proposta (Magnoni ndr) non solo sono sani ma anche concettualmente molto simili a qualcosa già fatto in Italia negli anni 70 con le vecchie 500 lire di carta opera di Aldo Moro. Attenzione però alle reazione dei poteri forti... del sistema bancario (IMF in testa). All'epoca regì violentemente e creando in modo tattico  i mini assegni bancari da 50, 100 e 200 lire.Alcuni... complottisticamente... sospettano anche contribuendo alla scomparsa dello statista.

Gabriele Dè Mafesù

Ho quasi settant’anni, è centoquarant’anni che sento di abbassare il debito pubblico.

Una sola domanda chi lo ha creato (dal nulla)

Ma se in Italia abbiamo ancora le corporazioni che bloccano tutto, in primis i notai ( oltretutto chiusa) poi dottori commercialisti, consulenti del lavoro, ingegneri e architetti e via col vento, i sindacati che hanno in mano la scuola( la peggiore in Europa) , il tronco dello Stato è marcio, putrefatto , altro che debito pubblico! Non parliamo della burocrazia statale infingarda e potente.

Siamo noi un debito!

Tutto si può far, ma l’abbattimento del debito pubblico non si può più! *

*Liberamente tratto da Mexico e nuvole del geniale Avv. Paolo Conte.

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Tito Biagini

Ci vogliono quindi strumenti e idee nuove per la riduzione del debito pubblico.L’economista Guglielmo d’Occam su un quotidiano ha avanzato la seguente proposta, che ricalca una idea del vecchio tesoriere dello stato Andrea Monorchio, cioè di colui la cui firma era stampigliata sulle banconote espresse in lire.Visto che lo Stato dispone fondamentalmente di tre oggetti da vendere e cioè- gli immobili pubblici- le partecipazioni azionarie (dalle quote in Enel, Terna, Fincantieri, Finmeccanica, Sace e Cassa Depositi e Prestiti a quelle nelle aziende Municipalizzate)- le concessioni pubbliche (dalle autostrade alle frequenze televisive o le lotterie, per non dimenticare le spiagge e gli stabilimenti balneari),e constatato che tale patrimonio rende poco anche per causa di una burocrazia piena di vincoli e veti che impediscono di attrarre investitori esteri , il buon economista di cui sopra lancia l’idea di valorizzare questo patrimonio pubblico affinché la sua dismissione o vendita possa catturare l’attenzione degli investitori professionali e li induca a scommettere sul rischio Italia.E come fare a fare tutto ciò in modo rapido e trasparente?La soluzione potrebbe essere quella di dare vita a un fondo d’investimento (che potremmo chiamare Fondo Italia o similare) al quale lo Stato italiano e le pubbliche amministrazioni conferiscono i propri immobili, le proprie partecipazioni azionarie e i propri diritti demaniali.Le quote di questo Fondo Italia verrebbero scambiate con gli attuali titoli di stato, eventualmente a condizioni di favore per i detentori di titoli pubblici, e lo scambio, quindi, genererebbe una immediata riduzione del debito pubblico di 500- 600 milardi di euro.Naturalmente la gestione del Fondo Italia dovrebbe venire affidata a una o più società di amministrazione internazionali, il cui compito sarebbe quello di valorizzare i beni confluiti nel Fondo, ovviamente a vantaggio e beneficio dei detentori delle quote del Fondo stesso.In sintesi, non sarebbe necessario attirare nuovi investitori, dato che le quote del Fondo verrebbero assegnate a chi già possiede titoli di Stato.Né si mancherebbe di correttezza verso questi ultimi, i quali sarebbero chiamati semplicemente a continuare a investire nell’impresa Italia.Per chi è già possessore di titoli pubblici, la soluzione proposta avrebbe tutta una serie di vantaggi e cioè il possesso diretto dei beni che oggi controlla solo indirettamente in quanto creditore dello stato italiano ed inoltre la gestione dei beni non più affidata a politici e burocrati, bensì a manager di indiscussa professionalità ed infine il beneficio economico, dal momento che l’investitore verrà premiato, prima, al momento dello scambio tra quote del fondo e i titoli di stato posseduti, e successivamente dai proventi della valorizzazione del patrimonio gestito.Semplicità, equità, rapidità di esecuzione sono quindi tra le caratteristiche apprezzabili di questa proposta per ridurre in modo sensibile il debito pubblico.

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Giuseppe Imbalzano

Ho letto con interesse il vostro articolo sull'argomentoMa pongo una domanda che appare stupida o ingenua ai piùE se tutti pagassero le tasse dovute? se le evasioni e le mancate partecipazioni al bene pubblico diventassero un modello da non seguire (oggi sono visti come furbi intelligenti (o vittime secondo il nuovo corso) anziché ladri patentati) e una correttezza sociale improvvisamente colpisse l'Italia?Comodo far pagare tutto sempre agli stessi ben individuati cittadini e poi utilizzare i beni pubblici per coprire i buchi realizzati dagli altri.Il concetto di partecipazione deve essere rivisto anche per il godimento dei servizi che il pubblico offre (sanitari, sociali, università, nidi, etc.) e coloro che non contribuiscono dovrebbero esserne esclusi e quindi, come norma, pagare in proprio anche questi servizi. Forse una attenzione maggiore a questi problemi potrebbe non determinare l'isteria collettiva che ha invaso l'Italia e riportare a giusto equilibrio il sistema.Se non sbaglio un tal Cottarelli ha detto che se, negli anni, fosse stato pagato (a pieno titolo e non scontato) il 12,5% dell'evaso (mantenendo l'evasione all'87,5% rispetto all'attuale), il nostro debito pubblico sarebbe inesistente.Far pagare al vicino di casa i debiti altrui non è una buona politica sociale e non regge a lungo termine.Ma vorrei anche aggiungere a questo modello che manca una analisi seria delle pensioni e dei versamenti effettivi di chi oggi le percepisce, che crea un forte squilibrio economico (suddividendo le pensioni vere dalla erogazione dei diversi strumenti sociali, invalidità civile compresa). Le pensioni d'oro o dorate vanno valorizzate nel rapporto tra versato e pensione ottenuta quando bastava dare una valorizzazione piena all'ultimo mese per incrementare il valore della pensione a cifre ben superiori a quanto versato, o a condizioni di estremo favore per alcune categorie (agricole in particolare). E se queste situazione vengono riviste credo che nessuno possa dire nulla (neanche i diretti interessati)Boeri fa, purtroppo, tanto fumo e poco arrosto, con un modello comunicativo del tutto scorretto e qualche volta controproducente.E suddividere le pensioni sotto i mille euro evidenziando le seconde pensioni degli enti professionali e quelle determinate da basse contribuzioni per categorie o per tempi di contribuzione. Forse avremmo delle sorprese.Le pensioni o le integrazioni sociali non possono essere a carico del montante pensionistico generale ma vanno inserite in altro settore di garanzia sociale per chi ne può essere beneficiato. E vanno garantite a chi effettivamente è incapiente e non a chi ha trasferito i propri beni ai figli per dimostrarsi nullatenente.Ultimo, e qui posso portare qualche contributo sull'argomento, una revisione sui servizi (sanitari in particolare) che possono essere effettivamente liberati dalla filiera pubblica ed entrare in un altro meccanismo di offerta (le Aziende sanitarie sono tutto meno che aziende), con garanzia di migliori servizi in un ambito più privatistico e meno pubblicistico, con obiettivi e meccanismi di

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gestione che tendano al risultato e non alla mera retribuzione per prestazione (che favorisce il produttore e non il consumatore). Con le risorse liberate possono nascere investimenti per alcune decine di miliardi di euro e favorire una qualità e una organizzazione di altissimo livello.E migliorare la qualità della salute fisica e psichica degli italiani in generale.Mi permetto di allegare un libro (Proposte per la sanità del futuro) che rivede l'organizzazione del sistema sanitario, aggiornato alle esigenze attuali e sciogliendo alcuni nodi che permangono dal sistema mutualistico precedente, oltre alla proposta operativa per eliminare il ticket per la specialistica e le policies per la prevenzione.

Andrea Battista, Presidente Esecutivo  Archimede Spa

Il tema del debito non si presta a facili soluzioni o a “killer application” ma richiede combinati disposti di diverse pazienti iniziative.Nulla di magico dunque ma applicazione di logica ed evidenze piuttosto consolidate. Come dicono gli inglese, as simple as that!

In primis bisogna riconoscere davvero che il debito è un problema e un problema serio, che non esistono scorciatoie, perché in tal caso sarebbero già state percorse!Non ripagarlo è la peggiore delle scorciatoie, i piani B e C di uscita dall’euro fantasie impraticabili, l’inflazione è un’arma spuntata impraticabile e iniqua, i moltiplicatori della spesa pubblica ma sinanche dei tagli fiscali sono patetiche illusioni, la condivisione dei debiti è impossibile in misura significativa, ammesso che sia desiderabile.Una volta smesso di perdere tempo su queste tematiche e scelto l’approccio opportuno, bisogna riconoscere che la riduzione del debito è una priorità nazionale, forse LA priorità nazionale.

Nell’ambito di questo approccio, il primo termine della ricetta è la crescita strutturale cioè lavorare di più e rendere più produttivo il capitale investito.In sintesi, incrementare la produttività totale dei fattori.Questo è ciò che porta crescita sostenibile: più persone che lavorano, per più tempo e con una produttività complessiva più alta.È evidente tutto ciò che può indirizzare queste dinamiche: dall’immigrazione di risorse di qualità, all’allungare età pensionabile, al “drammatico incremento” dell’occupazione femminile sino a tassare comparativamente meno il rendimento del capitale produttivo e così via.

Il secondo fattore dell’equazione è spendere meno in ogni caso e non tanto spendere meglio, al contrario del luogo comune in materia.Questo richiede anche un profondo ripensamento del perimetro dello Stato, con il coraggio di mettere in discussione attività ritenute ormai consolidate.In questa logica vanno viste anche le cessioni di attivi pubblici (le c.d. privatizzazioni): implicano meno attività da gestire e quindi i proventi non

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sono entrate una tantum ma inducono minori risorse impiegate nella gestione.Immaginare un settore pubblico con il 20 per cento di dipendenti in meno di qui a 10 anni è una operazione graduale e realistica e sopratutto non implica nessuna macelleria sociale; nell’era digitale è poco più che un doveroso incremento di produttività.

La logica deve essere dunque di medio termine, prima 5 e poi 10 anni passo dopo passo.Ma i creditori dello Stato italiani ed esteri - che ogni tanto ci piace chiamare mercati - premieranno questi sforzi molto prima del compimento del percorso, dando quel piccolo premio che incoraggia sempre gli uomini nel perseverare in forma di minore premio al rischio.In sintesi dunque: lavoro, risparmio e credibilità.Se tutto cio’ assomiglia troppo al buon senso antico, forse è l’indice che non siamo troppo lontanti dalla giusta strada.

Pierluigi "Cino" Molajoni

Ho notato l’assenza di riferimenti alla evasione fiscale in Italia. Confesso che ignoro la situazione degli altri paesi in Europa ma sono piuttosto convinto che sia minore in Germania che da noi.

Roberto Fincati

Premetto che non sono economista, ma colgo il vostro invito.

Perché non impedire allo Stato italiano di emettere btp a lunga scadenza, per intenderci quelli oltre i 5 anni?

E magari rivedere la normativa europea sull'anatocismo (il meccanismo che permette di cacolare gli interessi degli interessi) ?

Ho anche letto qualcosa di interessante sui cd. certificati di credito fiscale, al posto dell'emissione dei titoli del debito pubblico. Cosa sono esattamente?

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Antonio Magli Aiello

Ho letto con attenzione e piacere la lettera di Magnoni sulle possibili azioni di riduzione del debito italiano che condivido quasi pienamente, dove il quasi sarà spiegato alla fine.

Vorrei tuttavia partire da quali sono le azioni di governo economico, almeno quelle sulle quali esiste il consenso maggiore, fornire una approssimazione sui costi e determinarne almeno la fattibilità alla luce dei vincoli esistenti.

I possibili interventi ad alto impatto su Pil

Credo che quasi tutti i decision maker condividano le misure seguenti:

1. Riduzione del cuneo fiscale al fine di innalzare la domanda interna che è il motore primo della nostra economia

2. Riduzione delle imposte sulle imprese per consentire maggiori investimenti in macchinari e ricerca

3. Maggiori investimenti infrastrutturali in particolare nei settori Telcom, Energia (riduzione costi, aumento sicurezza e riduzione dipendenza energetica) e turismo, settore poco considerato rispetto alle enormi possibilità di crescita.

Fermandomi qui. Per essere produttivi di effetti significativi diversi analisti parlano di circa 100 miliardi medi all’anno per i prossimi 5 anni.

Possiamo permetterceli?

Si, come già illustrato da Magnoni con le sue proposte. Vorrei aggiungere come, anche confrontando la nostra situazione con quella di altri Paesi, le proposte avanzate siano ancora più fattualmente percorribili.

A corollario del saldo attivo/passivo si potrebbe evidenziare un altro dato, spesso poco conosciuto, rispetto al “Debito Aggregato” in relazione al PIL, che evidenzia come vi siano spazi importanti di possibili fonti di finanziamento per azioni volte al riequilibrio del debito e all’abbassamento dei tassi di interesse puntando sul risparmio delle famiglie.

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Vi è poi la partita dei capitali all’estero. A seconda delle diverse stime il valore dei capitali ancora detenuti illecitamente all’estero è di circa 200-400 miliardi che sono parte del patrimonio dei loro possessori, difficile da stimare, ma certamente prossimo per unità di grandezza.

Perché non pensare ad una legge draconiana che imponga il loro rientro pena la confisca integrale sia dei capitali all’estero quanto degli interi patrimoni “interni” tanto personali quanto societari, fiduciari e familiari? Per renderlo efficacie basterebbero 100 milioni all’anno ed una struttura di intelligence e investigativa ad hoc, con assunzione sul mercato delle risorse adeguate e che risponda alla Presidenza del Consiglio.

In alternativa offrire il conferimento dei soli capitali illeciti in un fondo per la gestione del debito pubblico, con un rendimento Euribor dal 5 anno e rimborso in 10 e utilizzare tali risorse per riacquistare, alla scadenza annuale, parte degli 80-100 miliardi in mano agli stranieri che rappresentano  un’arma impropria in mano a Germania e Francia come abbiamo avuto modo di “ammirare” nel 2011.

Perché non si fa?

In realtà vi sarebbero molti altri interventi possibili, in primis la lotta all’evasione e il ritorno all’acquisto da parte delle famiglie dei nostri titoli di Stato, in caduta verticale da anni e nonostante una capacità di investimento enormemente superiore agli altri Paesi EU, come si evince dal  loro livello di indebitamento e dall’effetto “materasso”, i conti correnti dormienti, che valgono oltre 1000 miliardi.

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Fonte Banca d’Italia: Rapporto sulla stabilità finanziaria2017, pag11

Perché allora non si fa? La risposta è in poche domande che vorrei porre a Magnoni e che spiegano il “quasi pienamente” all’inizio della mia lettera. Egli fa certamente parte del gruppo dei pochissimi decision maker che, a livello europeo, dovrebbero almeno non ostacolare tali progetti e pertanto ritengo sia assolutamente titolato a rispondere, qualora lo desideri.

Una volta raccolti tutti i fondi necessari e definiti i piani economici, i nostri vertici politici e l’amministrazione dello Stato dovrebbero implementarli.

Ora Le chiedo tre cose:

1. Lei assumerebbe, come vice president responsabile delle scelte di investimento per centinaia di miliardi l’anno, un ragazzo di 30 anni, senza laurea, la cui unica esperienza professionale è stata quella di animatore turistico (credo) o un uomo di mezza età, senza laurea, la cui unica esperienza è stata quella di consegnare pizze a domicilio (credo)?

2. Quanti, dei circa 700 dirigenti del MEF e del MISE passerebbero anche solo il recruiting day in Goldman Sachs o in Mckinsey?

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3. Visto che entrambi sappiamo che sono domande retoriche le chiedo, infine e molto tristamente, Lei affiderebbe a costoro i suoi soldi?

Alcuni cenni sulle mie esperienze professionali e di studi, laurea in Economia, Master in Direzione Aziendale al CUOA di Vicenza, 8 anni in consulenza di direzione in Italia e USA, Amministratore Delegato CK Calvin Klein Europa, co-fondatore di Emerge a/s (Copenhagen), mi sono occupato di NPL e debito pubblico per un decennio, con collaborazioni in vari Paesi europei.

Stefano Cianchi

Gentilissimi, mi butto nella mischia e accetto la sfida aperta da Giovanni Pons, Edoardo Maria Toscani e Alberto Regazzo sul tema del debito pubblico.

Con l’ottimismo e la sfacciataggine che provengono dall’incompetenza, posso serenamente dissertare su temi meta-astrofisici come quello del debito pubblico.

Il contesto: si tratta di numeri talmente grandi che il solo contare gli zeri fa vacillare la mente dei microorganismi che vivono, come una muffetta formicolante e forse maleodorante, nella sottilissima pellicola intorno a una  palla di roccia con il centro infuocato e lanciata nello spazio gelido a velocitá folle.

Se e come i micro-organismi possano ridurre il debito costruito con esultanza dalla loro Amministrazione Pubblica é decisamente una questione di metodo.

Allora iniziamo dall’inizio.

Se gli Amministratori Pubblici hanno sempre aumentato il debito a dismisura devono avere avuto ragioni valide e trasversali alle bandiere politico-partitiche:

1. a) non sono soldi loro2. b) vogliono essere rieletti3. c) a parte l’Europa, nessuno li modera4. d) his manebibus optime: le persone pro-debito in espansione sono

sempre lí, nelle stesse posizioni dove possono decidere di farlo crescere ulteriormente e si ricomincia dal punto a).

La storia non ricorda che sia mai esistito un Paese che, indipendentemente dalla sua forma di governo, abbia mai ridotto il debito pubblico, salvo provarci con l’inflazione e con la guerra. Il che purtroppo non è cosa buona perché la prima porta facilmente alla seconda la quale riduce il debito e il patrimonio molto piú del desiderato.

Poiché «questa volta è diverso» le ipotesi sono due:

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1. a) i pifferai spargono in giro molte voci di formaggio per attrarre i topi verso il debito;

2. b) esiste una tenace minoranza convinta che l’eccezionalitá storica sia possibile e per giunta senza danni.

Se proviamo a vestire i panni della minoranza tenace subito ci rendiamo conto che nulla cambierá se non si riesce a convincere una parte della maggioranza a passare dalla parte de «il debito è pericoloso». Purtroppo le persone decidono a favore di benefici immediati e solo raramente preferiscono benefici di lungo termine: l’uovo fresco di giornata (il debito) fa da bene a benissimo. Inoltre un signore molto ascoltato diceva che nel lungo saremo tutti morti e non potremo goderci alcuna gallina. Sembrano argomenti efficaci, adatti alle orecchie dei socio-scettici pessimisti.  Dobbiamo prenderne atto, a maggior ragione, che anche le minoranze alla fin fine credono che l’uovo sia meglio della gallina, a causa d un banale insegnamento che viene dall’esperienza: se non si prende subito l’uovo, qualcun altro lo farà. Altro eccellente argomento socio-scettico. Si tratta infatti dell’ingrediente fiducia, prerequisito essenziale al buon funzionamento dei mercati e della democrazia; dicono i sondaggi che in alcuni Paesi il tasso di fiducia reciproca è molto sotto la media. Sono certo che sapete in quali la fiducia reciproca (capitale sociale) è più alta e dove è piú bassa.

Nessun investimento può essere anche solo immaginato se manca la fiducia in se stessi e nei propri vicini. Se in qualche Paese non si fanno investimenti, forse ne conoscete uno, è perché i soldi spariscono nell’assalto alla diligenza (carrozza) dei mille rivoli delle facilitazioni elettoral-corporative, molto prima di arrivare all’idea di investire.

Possiamo trarre una prima conclusione: non si potrà ridurre il debito fino a quando il debito non sarà percepito come un dolore individuale e immediato che si manifesta nel momento nel quale viene acceso il debito.

Sembra un paradosso impossibile, invece è quanto accade in famiglia: quando si accende un mutuo si ha certamente la gratificazione immediata di avere un’auto nuova o una casa nuova, ma con la stessa immediatezza la Qualitá della Vita (la spesa) si abbassa fino a quando il mutuo non verrà estinto. In famiglia la decisione di aprire un debito viene soppesata in tutti i suoi aspetti di beneficio e di restrizioni temporanee sulla Qualità della Vita. Gli Amministratori Pubblici sono più semplici, cercano di avere sostegno elettorale immediato e il più largo possibile, poi si vedrà se qualcuno si ricorderà cosa è stato detto.

A qualcuno puó venire in mente di far «sentire» immediatamente il debito aumentando contemporaneamente le tasse.  Purtroppo è un inganno da pifferaio. Infatti il debito pubblico deve essere «sentito» dal decisore (pubblico) e non dai Cittadini che ne subiscono gli effetti contradittori e scorrelati: da una parte alcuni ricevono sussidi e facilitazioni fiscali e altri un aumento delle tasse.

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Gli ottimisti irriducibili possono a questo punto focalizzarsi sul problema di come collegare il debito a un segnale d’allarme immediato che incida sugli interessi dei decisori pubblici.

Mi spiace disilludere chi si dà da fare, ma non posso nascondere il nodo di gordio: è impossibile agire sulle gratificazioni di merito degli eletti perché sono loro stessi a stabilire il proprio merito e in che forma gratificarsi (anche questo contribuisce ad aumentare il debito pubblico).

La mia proposta per abbattere il debito è in estrema sintesi:

1. Lasciare che il debito stia entro i massimi europei, come in effetti accade da una ventina d’anni lasciando all’Europa il governo di un processo decisionale che offre due vantaggi, piccoli ma comunque vantaggi:

1. è abbastanza distante dalle elezioni nazionali e perció puó permettersi di definire limiti di deficit, di debito e di altri parametri fuori dalle scadenze elettorali locali

2. è oggetto di discussione fra molti soggetti che cosí pongono qualche limite all’abuso di potere degli Amministratori Pubblici dei singoli Paesi che hanno deciso di avere la libertá di imporre tasse e debito ai Cittadini senza chiedere loro il permesso e perció in pieno conflitto di interesse.

2. Dirottare e concentrare tutte le energie degli Amministratori Pubblici sul «valore aggiunto»(1) e sul reddito pro-capite netto che sono i due fattori trainanti per una più alta Qualità della Vita (vedere il Better Life Index dell’OCSE per l’Italia e per le regioni italiane). Non temano gli argomentatori dell’economia selvaggia; dove c’è mercato e democrazia c’è sicuramente più equità di qualsiasi altra economia retta da altre forme di governo. Sempre migliorabile, ma sempre la migliore esistente.

3. Lavorare di più e meglio, in altre parole produttività: parola profondamente odiata dai sindacati e che la maggior parte delle persone «non capisce». Ma si tratta di lavorare perché il reddito pro-capite disponibile, di tutti, sia il più alto possibile. Un miserevole reddito assistenziale può lenire qualche dolore, ma è discutibile che serva ad alimentare la crescita, specialmente per chi si trova nel disagio. Su queste persone gli interventi devono essere molto più energici dei pannicelli caldi elettorali.

L’unica forma di governo che può prendersi equa cura della Qualità della Vita dei Cittadini è la democrazia, perché allora non la rifocalizziamo di più in tal senso?

(1) È praticamente impossibile sapere cosa significhi «valore aggiunto» in macroeconomia perché gli economisti ne stanno discutendo da anni. È invece molto chiaro il significato di «valore aggiunto» in microeconomia per la banale ragione che l’algoritmo di calcolo è fissato e quel valore viene tassato. Ovvio che la prima e più efficace forma di incentivo è una fiscalità che aiuta la

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crescita del valore aggiunto e il reinvestimento nelle imprese, anche individuali

Egeo Mencarelli

Ritengo che una delle vie percorribili sia una forte patrimoniale su capitali e finanza per valori superiori a 1 milione di Euro con un decreto da varare in una notte.

Domenico Spina

Ridurre il debito pubblico si può e si deve, basterebbe agire come il buon padre di famiglia ma, in Italia manca la volontà politica.Perché si sa, il clientelismo regna sovrano.La Sicilia ha più parlamentari che le altre regioni, gli stessi hanno stipendi più alti dei loro colleghi del resto d’Italia.La Sicilia è la Calabria hanno più forestali del Canada.Gli enti locali sono pieni di partecipate che non creano occupazione ma gettoni e consulenze per i potenti locali.La corte di cassazione consta di 15 membri con 400.000 euro di stipendio ognuno mentre gli Stati Uniti ne hanno 9 (con una popolazione cinque volte maggiore) e con stipendi di 182.000 euro.Il presidente della repubblica (Usa) il giorno dopo è un normale cittadino qui diventa senatore a vita per continuare a scassare le finanze italiane con ufficio, segretarie, machine a disposizione e relativi autisti.Poi vediamo le lacrimucce di qualche esperta invitata nei talk show dei comunisti?

Davide Agosti

ritengo sempre fuorviante suggerire che ci possa essere una mossa ed una sola in grado, da sola appunto, di risolvere un problema che coinvolge aspetti di natura così diversa tra loro, basti pensare che contribuiscono alla creazione del debito aspetti quali l’evasione fiscale tanto elevata, e quindi la fedeltà del cittadino, come la spesa dello stato fuori controllo, che confina con aspetti spesso di consistenza penale per via della corruzione piuttosto che con l’incapacità della macchina statale di regolare se stessa.

Per non parlare degli enti locali e del loro debito (che anni fa fu scorporato da quello statale, in modo che quest’ultimo sembrasse più leggero), dei centri di spesa preda di affaristi di ogni rango, dell’IVA evasa perché al consumatore proprio non conviene avere fattura o ricevuta fiscale, delle Commissioni Parlamentari che autorizzano ad immettere in commercio prodotti che regolarmente in Italia costano molto più che in altri paesi (ricordo lo scandalo del latte in polvere per bambini che costava il doppio rispetto allo stesso prodotto in altri paesi in Europa), e che quando si arriva alla Sanità pubblica provoca una spesa mostruosamente gonfiata (una ASL può arrivare a spendere 4€ per una siringa monouso). O infine per non dire della perdita di competitività delle aziende italiane, che per decenni hanno fatto utili quasi esclusivamente comprimendo  le retribuzioni (per chi non lo sapesse mentre da 2000 al 2010 si assisteva ad un rapido ulteriore impoverimento delle classi

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già meno abbienti nello stesso decennio le aziende italiane hanno registrato utili medi irripetibilmente alti), piuttosto che innovando nel prodotto e nei processi, nell’apertura di nuovi mercati (internet è un nuovo mercato, ma molte piccole e medie aziende hanno solo una vetrina online, pochissimo e-commerce). Uno dei grandi problemi italiani non è l’aumento delle retribuzioni, piuttosto la mancanza di questo aumento.

Poi ci sono le due parole che per molto tempo sono state un mantra ossessivo : LACCI E LACCIOULI ALLE IMPRESE.

Non è quindi accettabile dire che una ricetta con un provvedimento, per quanto importante, possa essere risolutiva, come se l’aspirina potesse curare allo stesso modo e con la stessa efficacia una leggera emicrania ed un mortale cancro.

Penso che la risoluzione stia in una serie di provvedimenti in armonia tra loro, se non addirittura concatenati nel loro rapporto di causa ed effetto, quindi tra questi un patto con lavoratori autonomi, professionisti, aziende e società di ogni natura e dimensione tale per cui ad ogni step percentuale di miglioramento dell’IVA e delle tasse riscosse, AUTOMATICAMENTE ED IN MISURA GIA’ CONOSCIUTA PER LEGGE, all’anno successivo ci sia un taglio stabile e proporzionato delle tasse, che negli anni sgonfierebbe contemporaneamente l’evasione e la pressione fiscale; sempre parlando di patto ad esempio si potrebbe provare a tagliare lacci e lacciuoli per chi, essendone capace,  intraprende, con la totale libertà di intraprendere nel rispetto della Legge con una semplice comunicazione del fatto all’amministrazione, per qualsiasi genere di impresa e dimensione, salvo il diritto dello Stato però, laddove ad un successivo controllo si rilevino gravi irregolarità, ad intervenire sequestrando con la stessa libertà di intervento per sanzionare(in pratica sei libero di fare ma se imbrogli, inquini sapendo di poterlo evitare, evadi i tuoi obblighi fiscali io avrò la stessa libertà di azione nel sanzionarti). Proprio cosi, perché la libertà o vale per tutti, o non vale per nessuno, se tu chiedi giustamente la piena libertà di fare, non puoi pretendere che nello stesso ambiente invece ci si muova con meno agilità e facilità.

         Sicuramente il fatto che l’IVA non vada fatta pagare inesorabilmente solo al consumatore, consentendogli di portare in detrazione questa imposta a fine anno certo non per i consumi voluttuosi, (giustamente paghi tutta la tua IVA se vuoi lo champagne a tavola due volte al giorno), ma le scarpe per la famiglia con un tetto di spesa annuo, oppure le ricevute per le riparazioni delle vetture di famiglia o l’idraulico, il dentista,  le spese per l’istruzione dei figli ,devono consentire che l’iva venga recuperata, chiudendo il discorso che ognuno di noi si è spesso sentito fare : se non vuoi la ricevuta ti tolgo l’IVA (chi propone questa cosa tace sul fatto che, mentre tu “risparmi” il 22%, lui non paga un centesimo di tasse su quella somma in misura ben maggiore, magari doppia, del 22%), darebbe un altro buon colpo a pratiche scorrette e farebbe emergere un’altra parte delle somme che mancano.

         Leghiamo le retribuzioni dei Parlamentari ai risultati. Io sono dell’idea che ad un Parlamentare possa essere corrisposta una retribuzione anche doppia di quella attuale se porta i risultati che ognuno di noi si aspetta

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arrivino (altrimenti che li eleggiamo a fare, per andare allo sfascio non abbiamo bisogno di nessun genere di governo ne governante). Poi i manager, tanto pubblici che privati, devono avere un tetto alla retribuzione, sempre legata ai risultati (troppi manager hanno sfasciato fior di aziende e sono andati via milionari), essendo immorale che un manager possa prendere 1000, 2000, 3000 volte la paga media di un dipendente della stessa azienda.

         So già di prendermi un sacco di parolacce, magari di essere deriso, non essendo un tecnico né un laureato e probabilmente avendo scritto delle inesattezze, ma, a bilanciamento del fatto che in Italia proprio chi è più preparato ci sta portando al disfacimento economico e sociale, rivendico anche io il mio diritto a spararne di ogni livello e genere.

Zocchi Massimiliano

L'aumento di produttività nella pubblica amministrazione è il nostro tallone d'Achille, ma se ottenuto cosa dovrebbe produrre? Una forte riduzione del personale con risparmi per le finanze pubbliche o pensiamo che gli statali potrebbero fornire servizi utili alle imprese e ai cittadini? Nel secondo caso però non vedo il risparmio per le finanze pubbliche anche se potrebbero esserci risparmi per i privati.La mutualizzazione del debito è impossibile, cancellare la quota detenuta dalla BCE, come chiesto dal leghista Borghi al momento del varo del presente governo italiano, è una boutade e oltretutto propedeutica a far aumentare di nuovo il debito con politiche di spesa allegra, ma pensare a un congelamento della parte detenuta dalla BCE non solo della quota italiana ma di tutti i paesi? Il congelamento sarebbe un modo per tener fermi i titoli e senza doverne pagare gli interessi, a differenza della cancellazione che in Italia farebbe ripartire la spesa allegra, il congelamento potrebbe essere legato a risultati di avvicinamento al parametro del 60% di debito sul PIL con la minaccia di scongelare i titoli se i patti non venissero rispettati. Inoltre il fatto di congelare per tutti i paesi permetterebbe ai paesi più virtuosi di cominciare a spendere, aiutando le economie più in difficoltà, e magari allontanando la minaccia della AfD.Questo congelamento potrebbe sembrare un taglio del debito d'autorità che potrebbe ridurre la fiducia nella moneta e far svalutare l'euro, ma considerando i surplus commerciali dei paesi dell'euro, Italia compresa, forse non c'è da temere troppo una svalutazione, così come il quantitative easing non ha prodotto la temuta inflazione.Certamente la difficoltà di questa ipotesi è quella di trovare il consenso a livello europeo.

Mario PiccioliVolevo far presente che mio fratello, Sergio Piccioli, economista presso una primaria banca internazionale ha scritto un libro focalizzato proprio sul debito e sulle modalita operative per ridurlo.  "La battaglia del debito pubblico" ,Ediesse, 2011.  Leggetelo perché ci sono spunti molto interessanti.

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Andrea Maramotti

Partendo dal presupposto, come indicato nel vostro articolo, che il problema è principalmente politico e non tecnico, vi sottopongo la seguente proposta che potrebbe portare alla risoluzione dell'eccesso di debito pubblico del nostro Paese.

Il nostro debito pubblico ha un eccesso di sostenibilità stimabile nell'ordine di 400-450/MLD di Euro.

Da molto tempo l'Unione Europea ci chiede di ridurre il nostro debito in termini assoluti, mentre i politici hanno sempre fatto orecchie da mercante, perseguendo la chimera della riduzione del rapporto debito/PIL, piuttosto che la decurtazione tout court. La Ue ci suggerisce anche di spostare la tassazione dal reddito al patrimonio.Il problema politico è quindi che debba sopportare tale riequilibrio e per quanto tempo.Se fossimo un'azienda privata, con redditività in stallo ed un eccesso di debito, per evitare il fallimento,  si dovrebbe agire vendendo asset o facendo un aumento di capitale.Per uno Stato "un aumento di capitale" non è possibile, salvo l'utilizzo di imposte patrimoniali.Bisognerebbe quindi calibrare un'imposta patrimoniale, che comunque non inciderebbe molto sui consumi salvo per l'effetto liquidità, in moda da creare l'effetto snow ball sul costo del nostro debito complessivo.La ricchezza privata degli italiani è stimata da Banca d'Italia in oltre 8.000/MLD di Euro, tra ricchezza finanziaria e valore degli immobili.Per raggiungere l'obiettivo complessivo di riduzione di 400/MLD di Euro, basterebbe applicare un'imposta patrimoniale dello 0,50% annuo sul valore del patrimonio complessivo  degli Italiani, con qualche piccolo aggiustamento tecnico che non vi dettaglio.L'effetto di riduzione effettiva del debito pubblico, porterebbe immediatamente al miglioramento del merito creditizio, aumento del rating riduzione della spesa per interessi, che diminuirebbe anche per la riduzione del monte complessivo del debito. In 7 anni il debito si ridurrebbe di circa 400/MLD di Euro, consentendo la riduzione della pressione fiscale e/o la ripresa degli investimenti pubblici produttivi. Il tutto blindato con una crescita della spesa pubblica ordinaria  pari al tasso di inflazione -1%.In Germania esiste questa:

Vermögenssteuer(imposta patrimoniale): É la tassa che tutti devono pagare sui beni posseduti. Essa viene prelevata solo dal patrimonio netto e l'aliquota é decisamente bassa rispetto agli altri tipi di tasse in Germania, in quanto si aggira tra lo 0,5% e l'1%.

Vincenzo Iannone

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Si risolve con la crescita dell'economia.Il debito cresce meno dell'economIa :in pratica diminuisce.

Quindi il problema è COME FAR CRESCERE L'ECONOMIA.

l'economia,come il fatturato di qualsiasi azienda,cresce con adeguati investimenti.

L'Italia deve investire pesantemente per far diminuire il COSTO ITALIA, nei trasporti,da gomma a ferrovia e via mare.

I trasporti prevedono 2 grandi porti con fondali profondi, 2 porti turistici spettacolari, aeroporti al servizio di merci, persone, turismo,

Nel costo dell'energia aumentando di brutto le fonti alternative. Lo stato deve produrre in proprio energia e venderla per quello che gli costa.

Investire nel turismo: L'ORO DEL 21MO SECOLO. L'Italia è una miniera a cielo aperto. Obbiettivo minimo avere i turisti che ha la francia.

Velocità della comunicazione. Banda larghissima, la più veloce che esista.

Per tutto questo servono molti soldi. DOVE PRENDERLI?

la ministra della sanità LORENZIN ci ha detto che nella sanità ci sono 30 MILIARDI di sprechi? Il CENSIS ha confermato.

E sono 30 (per anno). L'evasione vale 105 MILIARDI per anno. Uno stato efficiente ne recupera la metà.

La PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E' UN DISASTRO. Non solo costa, ma danneggia l'economia.

Deve costare il 25% in meno ed essere efficiente. QUANTI MILIARDI? INTENDO regioni, comuni, forze dell'ordine ecc.

Conclusione: Serve uno STATO EFFICIENTE che realizzi tutto questo.

Una stampa che lo affianchi e crei consenso sul progetto. Le tv come la stampa.

E' LA NAZIONE CHE SI DEVE METTERE IN MOTO.

Campagne di comunicazione che informino brutalmente il popolo che è a metà della china e finirà malissimo e contemporaneamente indichino il popolo la via per uscirne.

SI PUO' FARE, NE SONO CERTO

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Massimo Busino

Non sono un economista, ma in merito all'articolo "L'Italia nel vicolo cieco del debito pubblico"  alla fine, dove si ipotizzano vendite di beni, immobili oro etc.., mi chiedo invece, se vendessimo, a Stati Esteri, non a privati, concessioni trentennali per la fruizione commerciale del ns patrimonio culturale come:Colosseo e ForiMusei degli UffiziArea Archeologica PompeiVilla d'EsteTorre di Pisaetc..etc..insomma beni e aree archeologiche, musei dove a fronte delle entrate, l'acquirente pagherebbe anticipatamente un corrispettivo per la concessione da utilizzare per abbattere nell'immediato il debito pubblico.L'acquirente sarebbe responsabile in definitiva della gestione del bene archeologico e avrebbe incassi su entrate e merchandising ed eventi correlati.Magari anche la stessa Germania che ha un surplus da investire, lo farebbe, visto che nel passato, anche durante la seconda guerra mondiale, anche i suoi più feroci gerarchi, hanno avuto sempre estremo interesse per questo settore, ma penso anche a Cina e Giappone.Flavio GrisoliaBuongiorno, quale Direttore Entrate a r. suggerirei di; 1- valorizzare Tutti gli immobili di proprietà dei cittadini  con abolizione della rendita catastale e nuovo accatastamento al valore reale come giàin pectore alle Entrate ma Mai concretizzatasi per volere politico;2-reintrodurre Imu 1a casa.Trattasi di qualche migliaio di tasse cadauno che moltiplicato 89.000.000 di unità immobiliari renderebbe nel tempo. 

Gerardo CoppolaBuongiorno ho letto con interesse l'analisi del dr. Cottarelli ma niente di nuovo. Mai un accenno alla corruzione, alle tante posizioni di rendita, all'evasione fiscale ecc. Abbiamo creato un sito www.economiaefinanzaverde.it dove chi desidera puo' trovare altri punti di vista.Enrico Costantini, analista finanziario indipendente, saggista, consulente bancario, ex corrispondente economomicoper SBS Network SydneyPer uscire dalla situazione di debito pubblico vedo una sola alternativa, considerando che la maggior parte del debito pubblico è in mani italiane: uscire dall'euro, recuperare sovranità monetaria e ridare a Bankitalia il ruolo di banca centrale come prestatore di ultima istanza e istituto di emissione. Ma con una importante particolarità dimenticata dai più: è noto che quando passammo infaustamente dal lira a euro le lire andarono fuori corso de jure, e

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persero di colpo tutto il loro  valore. Infatti andando in banca dopo il 1° genn. 2002 esse venivano ritirate e macerate in cambio di  euro cartacei (nuova moneta) e le monetine in lire vennero fuse per farci un monumento alla lira a Roma.Ma se si ritornasse alla lira (o chiamate la nuova valuta come volete) gli euro detenuti da banche e privati non  perderebbero valore, essendo l'euro ancora una valuta pienamente valida; ed essendo essi all'incirca 1800 miliardi di euro di controvalore potrebbero tranquillamente ripagare i 3 quarti del debito pubblico attuale di 2327 miliardi e rendere ilrimanente più che gestibile, mentre la Banca d'Italia stampa la nuova divisa da immettere sul mercato italiano ai cittadini in regione di uno a uno contro euro.A quel punto ci sarebbe solo da sperare, ma è cosa praticamente garantita dal processo stesso, che la nuova lira si svalutasse inizialmente del 20/30%rispetto all'euro e al dollaro, rendendo le merci italiane appetiblilissime e ipercompetitive a livello di prezzo. E nessun problema per chi vaticina che la benzina andrebbe a 10 euro al litro: il costo industriale della benzina è di 445 lire, il resto ad arrivare a 1,6 euro (3.200 lire) è una marea di accise che nel caso di recupero della sovranità monetaria non avrebbero più motivo di essere. Poi certo fare le vacanze a Parigi, a Londra, a New York, a Lisbona costerebbe di più, ma perché, agli italiani pensiamo facciano schifo Capri, Ischia, Venezia, Firenze, il Gargano, il Salento, la Sicilia, la Sardegna, le Dolomiti e tutto il resto? (senza contare che in questi posti si mangia italiano e non le schifezze che a volte propinano all'esteroesclusa la Spagna)? Noi diventeremmo una specie di Cina a 500 chilometri dal cuore dell'Europa e nessuno rinuncerebbe ai nostri ottimi prodotti divenuti concorrenziali come food, vestiti, design, mobili, meccanica motori, barche ecc. con la nostra creatività, senza contare il turismo che sarebbe per gli stranieri europei ultraconveniente.Andrea PignagnoliHo letto con interesse l'articolo del Professore (Cottarelli ndr) e mi sembra che non sia stata esaminata la possibilità (di scuola) di una indotta fiammata inflazionistica che svaluterebbe debiti (e crediti, ovviamente).

John Walenta, Toronto, Canada

Non sono un parlante nativo di italiano quindi ho dovuto leggere quest’articolo due volte per capirlo. Cottarelli sostiene che l’Italia ha bisogno di un’avanzo primario tra 3,5 e 4,0 percento. Va bene, sembra una cifra sensata ma non dobbiamo arrivare al nocciolo della questione? Cioè, come si fa portare l’avanzo primario a questa percentuale? Quali sono le politiche concrete per farlo?

In verità non ci ha dato una “ricetta” - almeno in questo articolo.

A fianco di tutto questo aggiungerei anche l’osservazione che il rapporto tra il debito - PIL in Canada non è veramente accurato visto che non comprende il debito statale della provincia di Ontario che sta crescendo a un ritmo frenetico

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da anni. Se aggiungesse questa cifra al debito federale - che secondo me è un’approccio giusto - il rapporto sarebbe molto peggio.

Filippo Valacchi

Buonasera, commentando l'articolo di Cottarelli, volevo aggiungere che (a mio avviso) gli obiettivi di Cottarelli sulla crescita del PIL per ridurre il debito pubblico, devono necessariamente essere accompagnati da una patrimoniale che vada a prendere dalla ridottissima minoranza che detiene il 50% delle risorse.

Senza tutto questo, come dimostrato dalla spending review, si parla di aria fritta.

Piero MarchiorelloRitengo utile per il nostro paese introdurre una legge tale per cui quando il debito raggiunge ad esempio il 130 percento del pil si riducano AUTOMATICAMENTE una serie di costi in primis salari e stipendi degli statali. Ma anche indennità varie. Al fine di riportarlo ad esempio al 125 percento in 3anni.  Ciò dovrebbe ridurre la pressione sullo spred e benché non sia molto popolare  spunterebbe le armi alle prevedibili cause civili che sempre seguono questo genere di provvedimenti tesi al risparmio. Una legge antidissesto finanziario. C'è qualcosa del genere negli Usa ma riguarda una minoranza di lavoratori. Noi dovremmo farlo in maniera più estesa. Stress test mensili ci diranno se lo stato pagherà 31 Giorni piuttosto che 27. Risponderemo finalmente alla annosa questione: Di 28 ce n'é uno? 

A quando forme spinte di project financing?

Mi è capitato, come a milioni di italiani, di imbarcarmi nel porto di Ancona. Appare evidente che gli ultimi investimenti in questa importante infrastruttura risalgono ai secoli passati. Nella forma più semplice qualcuno costruirà e gestirà per 99 anni nuovi moli con tutti i benefici dell indotto a favore della comunità. Non solo, va da se che gli investimenti sono a carico dei costruttori ma gli stessi si configurano come spesa pubblica con i benefici innegabili sul pil. Spesa senza esborso. Dieci cento mille interventi del genere e lasceremo qualcosa di importante ai nipoti.

Gaetano Evangelista, Amministratore Unico AGE Italia srl

Faccio una premessa doverosa. Una ammissione pesante: non sono un economista. Sono sfiorato ogni giorno dalle tematiche economiche per la professione che svolgo. Ma in un mondo in cui uomini della strada – con tutto il rispetto possibile per la strada – si atteggiano ad economisti, mentre taluni economisti scendono a livello stradale, penso di poter vincere la ritrosia ad

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occupare un campo senza averne titolo, condividendo alcune riflessioni che agitano i miei sonni. Gli economisti titolati a discettare della “scienza triste” mi concederanno la loro benevolenza, spero.

Il governo tormentatamente insediatosi dopo le elezioni dello scorso 4 marzo ha beneficiato di un prezioso lascito. In una nazione dall’eterno dualismo (il divario Nord-Sud, Coppi-Bartali, Mina-Carrà, alfisti contro lancisti, i gemelli del gol, e via dicendo) i deficit gemelli sono un ricordo del passato. Alla fine del 2017, la somma algebrica dei deficit di bilancio e nei conti con l’estero, non è più negativa. Esportiamo molto più di quanto importiamo, al punto che il surplus di bilancia corrente esubera rispetto al (simbolico) disavanzo nei conti dello stato.

Dal 1970 in poi, questo privilegio di stampo germanico non è mai stato ostentato dal nostro Paese.

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Italia: somma algebrica saldi di finanza pubblica e di bilancia corrente

È facilmente intuibile il vantaggio di questa posizione: le ansie per gli amministratori delle finanze pubbliche si attenuano. Non scompaiono, avendo un fardello di debito pubblico da rifinanziare al ritmo di diverse centinaia di miliardi di euro all’anno. Ma non siamo in una situazione di emergenza quotidiana come quella del 2011: quando la somma dei deficit interno e con l’estero sfiorava il 7%, rendendo cogente la necessità di reperire fonti di finanziamento, o di disporre della benevolenza dei creditori.

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Stando così le cose, sulla carta i margini di manovra di un governo si allargano. Sorvolando sulla moralità del disporre allegramente di un lascito per il quale abbiamo sputato sangue, è economicamente sensato depredare i conti pubblici, scivolando in situazioni da cui speravamo di essere fuggiti definitivamente?

Per rispondere, dobbiamo ricorrere all’identità finanziaria che tutti quelli che masticano un po’ di economia conoscono. Vale in tutte le epoche e a tutte le latitudini; e spiega per esempio la condotta delle autorità politiche di Giappone, Cina e Stati Uniti nel fronteggiamento dei propri eccessi debitori.

In un’economia chiusa, i saldi del settore privato e del settore pubblico si devono equivalere. Se il governo si indebita per finanziare un’opera pubblica, emetterà titoli del debito che saranno sottoscritti dalle famiglie. Il settore pubblico sperimenterà un deterioramento del proprio saldo finanziario (deficit), il settore privato rinuncerà a parte dei consumi, impiegando una frazione del proprio reddito per l’acquisto di titoli di Stato: il suo saldo finanziario crescerà di riflesso. I flussi finanziari si compensano. L’identità è rispettata. Non può essere diverso.

Nessuna economia al mondo è chiusa. Per fortuna, diremmo in Italia, ove le esportazioni spiegano la maggior parte della (flebile) crescita economica degli ultimi quattro anni. In un’economia aperta agli scambi internazionali, i flussi finanziari devono tenere conto dei rapporti con l’estero.

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Italia: saldi finanziari settore privato, settore pubblico e conti con l’estero

In questo contesto, più complesso ma realistico, l’equilibrio finanziario complessivo di una nazione è il prodotto di una combinazione di saldi del settore pubblico e del settore privato; nonché, in un’economia aperta, dei rapporti con l’Estero. Il saldo di finanza pubblica è eguale al saldo finanziario del settore privato, meno il saldo dei conti con l’estero. Nel caso italiano, poiché il governo con i suoi deficit non riesce ad assorbire tutto il risparmio privato che si forma annualmente, deve assistere alla “esportazione” di risparmio all’estero, riflesso del surplus di bilancia corrente.

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Se uno Stato desiderasse beneficiare del risparmio internazionale, dovrebbe obbligatoriamente registrare un deficit di bilancia corrente; è una identità dalla quale non si sfugge: a nessuna latitudine, in nessuna epoca. Che qualcuno lo riferisca a Trump.

Vale anche per l’Italia. Se il settore privato spende meno di quanto guadagna, il risparmio in eccesso che si produce deve essere assorbito o dai deficit del governo, o dal resto del mondo tramite il conseguimento di un surplus di bilancia corrente.

Entrambe le opzioni però risultano alla lunga problematiche: alla luce del  pesante debito  pubblico accumulato, il governo italiano non può concedersi il lusso di consistenti e permanenti disavanzi di bilancio, pena lo “sciopero dei creditori”.

Senza considerare che difficilmente la BCE manterrebbe fermo il solenne proclama del 2012, in presenza di un sistematico e deliberato sforamento degli impegni di finanza pubblica. Il governo recentemente insediatosi ha ventilato la “soluzione giapponese” – crescenti deficit fiscali per assorbire il risparmio privato, neutralizzandone gli effetti deflattivi – salvo essere riportato a ragionevolezza dai Bond vigilantes.

La seconda opzione, quella “tedesca”, funziona; in un’economia chiaramente votata alle esportazioni. Ma gli ottimi risultati che abbiamo conseguito su questo fronte sono in buona misura il prodotto del contenimento della domanda interna e di un cambio svalutato in termini reali effettivi (REER): ai livelli di vent’anni fa, invero. La competitività deludente non può spiegare il prodigioso saldo positivo di bilancia corrente. Nel momento in cui la BCE dovesse iniziare la normalizzazione della politica monetaria, la rivalutazione del cambio troverebbe le nostre esportazioni impreparate a fronteggiare la minore competitività che ne risulterebbe. La “soluzione tedesca” diventerebbe impraticabile.

Un eventuale deterioramento del deficit di bilancio e, dunque, un peggioramento del debito pubblico, comporterebbe un automatico aggiustamento degli altri saldi. Il maggior drenaggio di risorse da parte dello Stato richiederebbe il maggior contributo del risparmio internazionale: l’Italia dovrebbe rinunciare al proprio surplus di bilancia corrente, esponendosi al rischio di un nuovo sciopero dei creditori. Il finanziamento del disavanzo dello Stato potrebbe in alternativa essere ottenuto con maggiore risparmio del settore privato; ma ciò implicherebbe di riflesso minori consumi, e dunque pressoché certamente una nuova recessione. Tertium non datur. L’equilibrio recentemente conseguito, benché desiderabile, è per sua natura instabile, perché insostenibile alle nostre latitudini.

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Rendimento titoli di Stato italiani decennali

È difficile decifrare le reali intenzioni del neonato governo, fra proclami ufficiosi, rimandi a scritture private, gesti concludenti e affermazioni da campagna elettorale permanente. Ma di sicuro la prospettiva del ricorso all’indebitamento costituisce una soluzione perdente sotto ogni prospettiva.

Non esistono ricette magiche: «nessun pranzo è gratis», ammoniva Milton Friedman. L’unica soluzione ragionevole all’elevato livello raggiunto dal debito pubblico, è quella di contenere i disavanzi complessivi; non di

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incrementarli. Non posso che concordare con quanto affermato dal professor Cottarelli che autorevolmente mi ha preceduto: il conseguimento di robusti saldi primari positivi di finanza pubblica è l’unica strada percorribile; pur nell’ambito di una gestione caratterizzata da vincoli stringenti.

A fronte di un onere medio del debito pubblico pari correntemente al 3.5%, occorre un surplus delle entrate fiscali rispetto alla spesa pubblica del 2.3%, per mantenere il debito/PIL invariato, a fronte di un’economia che annualmente cresca dell’1.75% (uno percento di crescita reale, 0.75% di deflattore implicito del PIL; di “inflazione”, insomma…)

Ma se la crescita nominale ripiegasse all’uno percento annuale, lo sforzo per i contribuenti risulterebbe maggiore: occorrerebbe un avanzo primario del 3.3% nelle correnti condizioni; del 4.7%, se la crescita nominale svanisse del tutto. Peggio ancora, se l’aumento dei tassi di interesse sperimentato negli ultimi due mesi dovesse rivelarsi fenomeno non passeggero, ma strutturale.

Per non parlare dell’ipotesi, pur discussa, di “abbuonare” al settore privato il corrente surplus primario pubblico, mediante minori imposte (“flat tax”) e/o maggiori spese (“reddito di cittadinanza”): la faticosa stabilità del debito, in rapporto al PIL, andrebbe a farsi benedire, e faremmo i conti con un debito pubblico insostenibile e, in prospettiva, la bancarotta. Una prospettiva scongiurata da tutti; a partire dal governo: a parole. A fatti, un po’ meno.

Pier Luigi Forni

La riduzione dell’ingente debito pubblico accumulato  negli anni si potrebbe ottenere  con un intervento  che stabilisca precisi accordi   tra lo Stato e  le istituzioni italiane  detentrici  della maggior parte dei titoli attinenti il debito pubblico italiano e alle quali già oggi di fatto lo Stato affida una parte importante della realizzazione delle proprie scelte di politica economica.   In effetti , oggi la parte preponderante di questi titoli è nelle mani di istituzioni italiane quali  Banche ,  Compagnie di Assicurazione , Fondazioni Bancarie e  istituzioni pubbliche tipo Cassa Depositi e Prestiti : quindi lo Stato paga cospicui interessi a istituzioni private e  istituzioni pubbliche diventando nello stesso tempo debitore e creditore  anche a seguito di  interventi nel sistema economico nazionale .Fondendo questi due aspetti credo sia possibile realizzare  una compensazione tra posizioni debitorie e posizioni creditorie ;  al riguardo  si potrebbero ipotizzare  le seguenti opportunità  : lo Stato potrebbe :-      cedere  alle predette istituzioni parte di proprie partecipazioni azionarie in società operanti in settori ritenuti  strategici  -      e/o trasferire formalmente alle suddette istituzioni la realizzazione di parte delle proprie scelte di politica economica e finanziaria ,  quali la valorizzazione  e/o la creazione di  attività “ strategiche “ in  quanto coinvolgono tutti i fattori della produzione  . Volendo fare esempi , tra  i settori  possono essere compresi  il turismo , il  digitale , la ricerca scientifica, ,il finanziario , l’ambiente , l’immobiliare .

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 Non solo la cessione delle partecipazioni  ma anche il suddetto trasferimento di attività dovrebbe  essere oneroso  ( per il fatto  che  consentirebbe alle istituzioni di entrare nei relativi  mercati )   e dovrebbe essere pagato da un FONDO  creato dalle istituzioni stesse  tramite  ritiro da parte dello Stato di un ammontare  di titoli di debito, fatti confluire in precedenza nel relativo Fondo , pari   al controvalore in euro pattuito con lo Stato per la cessione o il trasferimento  .  Le quote rappresentative del capitale del Fondo  potrebbero in parte essere poi collocate sul mercato . Risulta evidente che lo Stato ricevendo propri titoli pubblici vedrà automaticamente  diminuire la consistenza del proprio debito Questa innovativa  configurazione  di  organizzazione permetterebbe non solo di ridurre  il debito pubblico ma anche di ottimizzare le  scelte di politica economica alle  istituzioni spetteranno  la gestione ( da affidare a provati manager del settore )  e i risultati economici del Fondo , nel rispetto sia   degli accordi di  gestione stabiliti in precedenza con lo Stato   sia  dei vincoli di bilancio delle singole istituzioni -  in quanto le garanzie patrimoniali ,  prima rappresentate dai titoli sovrani, verrebbero  ad essere sostituite dalla proprietà delle quote di  partecipazione  al Fondo.

Angela Vittuari, Bologna

Sono semplicemente una 60enne in pensione da 1 anno, con una laurea in economia.

Ho lavorato per 40 anni in banca e dal 2002 in area premium retail e mi è capitato spesso di ipotizzare con i clienti soluzioni per la riduzione del debito pubblico.

Una delle ipotesi preferite sarebbe quella di fare moral suasion affinché ogni 100.000 euro di risparmi venisse sottoscritto un Btp a 20/30 anni al 2/2,5% da 10/15.000 euro.

Chi ha grossi capitali non avrà mai bisogno di quei soldi e inoltre acquisterà la tranquillità di non sentire ogni 2 per 3 che faremo la fine della Grecia.

Alberto CasagrandePer ridurre il debito dello Stato Italiano opererei come segue: - Ridurrei di trasferimenti dallo Stato alle Regioni del 5% con un risparmio di circa 7 miliardi incaricando le Regioni stesse di operare economie per riassorbire il 5% di minori entrate- Modifica costituzionale relativa alla riduzione del 50% dei deputati e dei senatori alle prossime elezioni

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- Aumento dei costi delle concessioni demaniali perchè che sono delle attività commerciali sulle spiaggie che sono delle autentiche miniere d'oro- Aumento dei prelievi ai concessionari di gioco d'azzardo- Militari e carabinieri possono andare in pensione con molti anni di anticipo rispetto alle attuali regole valevoli per tutti gli altri cittadini: parificare questa regola- Pensioni d'oro: ricalcolarle in base ai contributi versatiEcc ecc eccVolendo si potrebbe incominciare ad operare parlando di meno operando di più.

Alfredo LambiaseVi inoltro  una mia   proposta del 2015 per il rilancio economico del nostro Paese, pubblicata sulla rivista Impiantistica Italiana (rivista ufficiale dell'ANIMP - Associazione Nazionale di Impiantistica),  articolata in una serie di provvedimenti da portare avanti in una visione strategica unitaria.A mio parere, la riduzione del debito pubblico non può realizzarsi soltanto con dismissioni dei beni dello Stato, ma richiede una profonda trasformazione della macchina burocratica e dei criteri di gestione da adottare. 

Luciano Marabotto

Il Giappone, con un debito pubblico più grande di quello italiano, non soffre l’ impatto dei mercati finanziari internazionali in quanto detenuto interamente da entità giapponesi.

Come mai in Italia manco se ne parla di adottare una formula simile a quella giapponese? E’ casuale che i “gestori” del debito pubblico italiano finiscano sempre a fare i consulenti dei grandi operatori finanziari (Morgan Stanley, JP Morgan, etc)? Tra l’ altro la magistratura sembra muoversi sulla questione!!