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CCEE-KEK COMITATO "ISLAM IN EUROPA"

La presenza dei musulmani in Europa e la formazione teologica dei collaboratori pastorali

Introduzione

1. Nel corso degli ultimi anni, la presenza dei musulmani in Europa ha suscitato reazioni contraddittorie. In alcuni paesi i conflitti sociali sono degenerati in controversie religiose come i rapporti fra i bulgari e la minoranza turca o i tragici avvenimenti di Jugoslavia per non ricordare che questi due drammi. In altri paesi (per esempio in Gran Bretagna con l’affare Rushdie o i Francia con la discussione sul “foulard” nelle scuole pubbliche) sono sorti dibattiti sulla religione che hanno lasciato un sentimento negativo negli europei. D’altra parte, la politica internazionale (cfr. guerra civile nel Libano, guerra del Golfo) ha provocato tensioni all’interno della Comunità europea. Gli avvenimenti negativi hanno suscitato un’attenzione maggiore delle esperienze positive che hanno avuto luogo un po’ dovunque in Europa, come ad esempio la pratica già abituale della preghiera per la pace a diversi livelli. Cristiani e musulmani devono continuare a parlarsi e a lavorare assieme, anche se in alcuni paesi le attività interreligiose conoscono gravi crisi. La ragione fondamentale di queste crisi sta nel fatto della presenza permanente dei musulmani in Europa, presenza di cui le Chiese iniziano soltanto ora a rendersi conto.

2. Il numero di musulmani che vivono in Europa viene stimato in circa 24 milioni, cosa che fa dell’Islam dal punto di vista numerico la seconda religione, dopo il Cristianesimo. Mentre i paesi dell’Europa orientale (Bulgaria, Grecia, ex-Jugoslavia, Russia) conoscono la convivenza con i musulmani dal periodo dell’occupazione dell’impero ottomano nel XVI secolo o dal tempo della colonizzazione russa nel XIX secolo, la presenza dei musulmani nei paesi dell’Europa occidentale è il risultato dello sviluppo economico di questi paesi nonché della situazione economica, sociale e politica dei paesi di origine degli immigrati o di coloro che domandano l’asilo politico.

3. Per molto tempo i musulmani sono stati degli “immigrati”. Oggi li chiamiamo “i musulmani” e nessuno più discute l’evidenza. Gli immigrati musulmani del Maghreb, della Turchia, del Pakistan, dell’India, del Medio Oriente o dell’Africa subsahariana si insediano definitivamente in Europa. Essi intendono passare dallo status di mano d’opera o di operai immigrati a quello di settore riconosciuto della popolazione. Si sono organizzati in tutti i paesi europei. Dispongono di moschee, di sale di preghiera, di scuole private e di centri di insegnamento coranico, di giornali e bollettini di informazione, di imam e di intellettuali. Ciò permette loro, da un lato, malgrado la loro situazione minoritaria, di condurre una vita conforme alle loro tradizioni e dall’altro di testimoniare la loro convinzione religiosa.

4. Questa evoluzione ha anche delle conseguenze per la società civile. Tutti gli stati europei si sono costruiti su di una tradizione fortemente caratterizzata dal Cristianesimo e, dalla Rivoluzione francese, da leggi unitarie (tutti sono uguali davanti alla legge) nonché dal sistema democratico. In questo senso, gli stati europei formano un insieme dal punto di vista religioso, politico e civile. Da questi dati fondamentali, la

La traduzione dall’originale inglese è di Maria Luisa Sandri

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società europea e l’ordine pubblico traggono ancor oggi un insieme di valori e di criteri morali e politici che possono tuttavia variare da un paese all’altro.Questa unità non è messa in questione dal fatto che ogni stato europeo abbia trovato il suo modus vivendi nel problema della convivenza fra cristiani e musulmani, più o meno stabile o in via di stabilizzazione. I concetti e la realtà di “nazione”, “stato” e “religione” sono molto antichi in Europa mentre gli immigrati musulmani vengono da regioni caratterizzate da un diverso concetto di stato e società e che non hanno conosciuto lo stesso sviluppo culturale della società che li accoglie (per esempio l’illuminismo).

5. In un primo tempo, alcuni cristiani o alcune Chiese si sono preoccupati della situazione dei musulmani in questo contesto socio-politico. Si sono impegnati in opere sociali, caritative e politiche. Per la maggior parte del tempo essi hanno difeso i diritti dei diseredati.

6. L’incontro fra cristiani e musulmani si è esteso al campo pastorale, in occasione del matrimonio fra cristiane e musulmani o fra musulmane e cristiani, negli asili infantili con bambini nati da famiglie musulmane, nei movimenti cristiani giovanili, a proposito delle conversioni o anche per adulti che chiedono di partecipare a gruppi familiari.

7. I rapporti sociali fra cristiani e musulmani si estendono attualmente anche alla ricerca teologica. I cristiani europei devono affrontare il fatto che la società è ormai multi-religiosa. Confessando il Dio unico che si è rivelato in Gesù Cristo, i cristiani vivono con dei credenti che seguono un’altra tradizione religiosa. I musulmani fanno così ai cristiani domande riguardanti la rivelazione, il profetismo, la fede in Dio come Trinità, la cristologia ecc. Tutte le discipline teologiche sono interessate e devono poter dare una risposta.

8. Le chiese cristiane d’Europa non sono rimaste indifferenti a questa situazione e hanno creato dei segretariati dei gruppi di lavoro. Le loro attività sono state duplici: esse hanno aiutato i cristiani a incontrare i musulmani e consigliato i responsabili delle Chiese nel loro lavoro pastorale.

9. Poiché cristiani e musulmani si incontrano a tutti i livelli (umano, pastorale, teologico), il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) e la Conferenza delle Chiese Europee (KEK) hanno creato congiuntamente nel 1987 un comitato “Islam in Europa” che ha sostituito il “CEC - Consultative Committee on Islam in Europe” istituito nel 1978. Uno dei suoi primi compiti è stato costituire un inventario della presenza dei musulmani in Europa e dei problemi posti da questa situazione alle Chiese e agli stati. E’ parso sin d’allora necessario sottolineare la formazione teologica dei futuri sacerdoti, pastori, insegnanti di religione, collaboratori pastorali affinché la loro formazione si adatti a questa nuova condizione.

10. Il “Comitato Islam in Europa” si è trovato davanti a due possibilità: o elaborare un programma di studio per un corso di introduzione all’Islam o preparare un programma di studio che sottolineasse l’influenza dell’Islam su ogni disciplina della teologia cristiana.Durante la prima riunione del comitato, a Oegstgeest, in Olanda, nel 1988, i membri hanno optato per la seconda formula perché permette di esporre più chiaramente i problemi posti dalla dottrina musulmana e offre ai docenti di religione la possibilità di rispondere a queste questioni.

11. Il comitato “Islam in Europa” ha studiato questi problemi in tre tappe:- nel corso della seconda riunione, a Gazzada, in Italia, nel 1989, i membri hanno

lavorato sui punti relativi al dogma, all’esegesi e alla teologia pastorale;- durante la terza riunione, a Leningrado (ora S. Pietroburgo) in quella che era allora

l’Unione Sovietica, nel 1990, studiarono le questioni relative alla storia della Chiesa, alla Teologia morale e alla missiologia;

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- in questo lavoro, il comitato è stato assistito da docenti di teologia delle Chiese cattolica, ortodosse e protestanti;

- la terza fase ha avuto luogo dal 9 al 14 settembre 1991 presso i Selly Oak Colleges di Birmingham dove i risultati delle due conferenze precedenti sono stati presentati ai docenti di teologia e ai responsabili della formazione teologica. I risultati di questa consultazione sulla “Presenza dei musulmani in Europa e la formazione teologica dei collaboratori pastorali” sono contenuti nella presente documentazione, che comprende: i rapporti dei Gruppi:

EsegesiTeologia dogmaticaTeologia pastoraleStoria della ChiesaEticaMissione e Dialogo

proposte per mettere in pratica le conclusioni lista dei nomi del Comitato CCEE/KEK “Islam in Europa” lista degli esperti e dei membri che hanno partecipato alle riunioni e alla

consultazione lista degli indirizzi dei Centri o delle persone che sono responsabili per le

relazioni con l’Islam lista dei nomi dei relatori e titoli delle loro conferenze.

Jan Slomp, presidenteHans Vöcking, segretario

Esegesi

La presenza dei musulmani in Europa influenza il compito esegetico dei teologi cristiani; e qui il termine teologi si riferisce non solo a coloro che insegnano nelle università o nei seminari ma anche ai predicatori, agli insegnanti, agli assistenti parrocchiali, ai catechisti e a tutti coloro che usano la Bibbia.La posizione dei musulmani, che considerano il Corano come la parola di Dio rivolta a tutta l’umanità, si oppone all’affermazione cristiana che Dio ha parlato all’umanità attraverso Gesù Cristo, Suo Verbo eterno fattosi uomo. Questa posizione musulmana porta con sé alcune conseguenze:

- Gli esegeti cristiani si trovano di fronte a problemi riguardanti:a) la natura della rivelazione biblicab) il significato dell’espressione “Scritture rivelate” nonchéc) il Canone e la canonicità.

- Le questioni di questo tipo obbligano i cristiani ad adottare un nuovo approccio ai testi che studiano. Le traduzioni dei testi biblici in lingue moderne sono sempre considerati con sospetto dai musulmani; per loro il Corano è intraducibile.

- E’ indispensabile sottolineare la necessità di un’intesa e di una collaborazione fra esegeti e biblisti da un lato e dall’altro gli studiosi di teologia sistematica e altri studiosi che si occupano del campo filosofico. La complessità degli incontri con l’Islam esige questa collaborazione.

Alla luce di queste considerazioni preliminari si può notare che nel dialogo islamo-cristiano il ruolo dell’esegesi ha due campi d’azione diversi ma strettamente connessi:

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1. Innanzitutto per gli esegeti vi sono dei compiti importanti riguardanti la testimonianza di altre religioni:1.1 nell’antico Testamento il monoteismo/enoteismo; l’idolatria, la conoscenza di Dio

al di fuori dell’Alleanza (per es. Melchisedech, Abimelech, Giobbe, ecc.), il significato dei racconti riguardanti Ruth, Giona, ecc.; la letteratura sapienziale. Allo stesso modo, nel Nuovo Testamento, alcuni passi devono essere esaminati attentamente. Così è per gli episodi del centurione romano (Mt 8,5 segg.), della donna siro-fenicia (Mt 15,21 segg.), il prologo di Giovanni, le implicazioni del racconto di Cornelio (Atti 10,1 segg.), la predicazione e il comportamento di San Paolo ad Efeso e ad Atene (Atti 17,15 segg. e 19,1 segg.).

1.2 Un’attenzione speciale è richiesta nella spiegazione d testi come Giovanni 14,6 e Atti 4,12 (Io sono la Via, la Verità e la Vita, nessuno viene al Padre se non attraverso di me. Non c’è nessun altro nome sotto il cielo dato all’umanità per mezzo del quale dobbiamo essere salvati).

1.3 Nella Cristologia sarà necessario sottolineare i rapporti fra gli insegnamenti del Vangelo e gli insegnamenti di S.Paolo, con le concordanze fra i due e il progresso nel corpus paolino.

1.4 Nello studio delle tradizioni culturali e religiose contemporanee al Nuovo Testamento, come quelle dei Samaritani e di Canaan, sarebbe possibile includere le tradizioni dell’Arabia pre-islamica e il loro influsso sull’Islam nascente.

2. In seguito, per quanto concerne più direttamente l’Islam, restano da studiare questioni più specifiche; si tratta di temi biblici che sono molto enigmatici per i musulmani; questi ultimi li conoscono ma, o li mettono in dubbio o li negano. I più importanti sono:2.1 Il monoteismo cristiano (a causa della Trinità);2.2 La filiazione di Gesù Cristo (paragonata alle avventure delle divinità

mitologiche);2.3 Maria e la nascita verginale;2.4 Lo Spirito Santo (confuso con Gabriele; il Paraclito = Maometto);2.5 La morte e la Resurrezione di Gesù Cristo (da essi negata);2.6 Il ruolo di Messia di Gesù Cristo;2.7 Il Vangelo unico di Gesù Cristo e i quattro Evangeli (problema sinottico);2.8 Nello studio di certi temi biblici bisognerebbe aggiungere la diversa concezione

dei musulmani sull’argomento, per esempio sulla profezia, la legge, l’ispirazione, l’alleanza, l’elezione, la grazia, ecc.

2.9 L’importanza di Abramo e delle tradizioni riguardanti Agar e Ismaele dovrebbe essere tenuta presente; non bisogna dimenticare il ruolo di Israele nel Corano e per i musulmani dei nostri tempi. In questo campo soprattutto l’esegesi richiede per parecchi temi, la collaborazione con la teologia sistematica.

3. Infine, l’orientamento dell’insegnamento degli esegeti e dei biblisti dovrebbe tendere ad aprire lo spirito.3.1 Un senso di dinamismo e di progresso nei testi biblici, nel loro sviluppo e nella

loro spiegazione.3.2 Un senso dell’esegesi antropologica e ideologica nella trattazione dei testi

biblici, ivi compresa una critica degli elementi culturali negli approcci esegetici.3.3 La comprensione dei motivi e degli orientamenti che hanno guidato la

formazione del canone; ciò dovrebbe comprendere qualche nozione per cui la Bibbia è diversa dal corano; si potrebbero includere un insegnamento sugli apocrifi, il vangelo di Barnaba, il rapporto fra Scrittura e tradizione, il ruolo e il posto attribuiti a ognuna delle due nelle diverse Chiese, cattolica, ortodossa,

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protestante, e la differenza fra esse da una parte e il Corano e gli Hadith dall’altra.

3.4 L’Esegesi dovrebbe aiutare a vedere le Scritture cristiane e la genesi della dottrina cristiana nei loro contesti storici e culturali, in particolare nel contesto delle diverse religioni presenti nel corso dei diversi periodi della storia biblica.

3.5 Studiando testi delle Scritture sarà necessario fare attenzione anche al rapporto del testo in esame con la profezia in azione, non soltanto la profezia in parole e il suo rapporto con la nozione di potere e l’esercizio del potere e il suo rapporto con la “mistica della fondazione”, vale a dire con la storia viva.

La teologia dogmatica

Parecchie questioni attirano la nostra attenzione quando si affronta il problema dei rapporti islamo-cristiani sul piano teologico.Quali sono i punti di partenza delle nostre teologie quando toccano il pluralismo religioso e i rapporti fra Cristianesimo e Islam? Per esempio, quali sono i presupposti antropologici, filosofici o spirituali alla base del nostro ragionamento teologico?Come trattiamo la domanda che spesso ci pongono: «Possiamo dire “Abbiamo lo stesso Dio”?». Per esempio, qual è l’origine della posizione adottata dalla “Nostra Aetate” dove si dice: «La Chiesa guarda anche con stima la fede dei musulmani che adorano il Dio, Vivo ed Eterno, misericordioso e onnipotente, Creatore del cielo e della terra»?Ci si può chiedere se esistano o no interferenze attive ed equivalenti significativi tra Cristianesimo e Islam nei campi seguenti: Cristologia, pneumatologia, il concetto di alleanza, di salvezza, di rivelazione o di accoglienza della rivelazione, di comunità, di legge divina, di escatologia, di mediazione, la natura esemplare dei fondatori, l’amministrazione del sacro, il linguaggio della fede, gli atteggiamenti di adorazione, sottomissione, preghiera, amore e servizio; il rapporto con la modernità, la secolarizzazione, l’agnosticismo, con le nuove forme di religiosità, i legami fra evangelizzazione, missione e dialogo.Ogni teologia, a chiunque sia destinata, dovrebbe oggi comprendere una seria formazione sull’Islam ripartita in tutto l’insieme del programma di formazione teologica. Il percorso così elaborato dovrebbe essere il risultato di una collaborazione fra teologi, storici, islamologi, sociologi e operatori pastorali.In un percorso teologico che includa questo riferimento all’Islam sarebbe auspicabile partire da uno studio dell’esperienza religiosa in generale, anche al di fuori dell’asse giudaico-islamo-cristiano: che cosa definiamo noi come “religione” e “religioso”? Qual è il fine di ogni grande religione?Si impone anche una ricerca sui prolegomeni antropologici e filosofici di una teologia in dialogo con l’Islam o impegnata nel campo islamo-cristiano.Sarebbe inoltre necessario fare un inventario delle differenze fra concetti o sistemi di riferimento alla base delle strutture teologiche del Cristianesimo e dell’Islam. Infatti è opportuno condurre una riflessione sul modo diverso in cui il Cristianesimo e l’Islam intendono quello che chiamiamo teologia. C’è nella fede cristiana una concezione del nostro rapporto con la Rivelazione che richiede un certo modo di fare della teologia sistematica, in particolare un rapporto con un uso analogico del linguaggio (metafora, simbolo, analogia ecc.) per il quale è difficile trovare un equivalente nel linguaggio dell’Islam. DI qui la difficoltà del dialogo a questo livello. Un’epistemologia del linguaggio teologico e religioso non è inutile.Includere l’islamologia nel percorso teologico multidisciplinare non basta certamente. La formazione proposta non può fare a meno di una riflessione teologica e di una riflessione

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critica sulle trasformazioni stesse provocate dall’incontro fra cristiani e musulmani e sugli effetti del confronto Cristianesimo-Islam. Avviene che il campo islamo-cristiano conduca non solo il cristiano ma anche il musulmano in una misura che forse ignoriamo, a porsi questioni specifiche, nuove, importanti sul modo di riferirsi alle fonti e di elaborare un discorso di fede.Tuttavia il Cristianesimo si costruisce anche in riferimento agli altri e il dialogo, come il tener presente il modo in cui cristiani e musulmani si pongono di fronte ai momenti e agli avvenimenti importanti della vita, la percezione profonda che ne hanno l’uno e l’altro, l’esame di fondamenti e dei meccanismi dei pregiudizi rispettivi e reciproci sono altrettanti luoghi di elaborazione della riflessione teologica e della verifica della sua coerenza.In ogni caso, è importante e fruttuoso distinguere bene i livelli a cui operano effettivamente le divergenze fra Cristianesimo e Islam: si tratta effettivamente di questioni che toccano la rivelazione stessa? O, più concretamente di differenze a livello delle tradizioni religiose o di modalità delle credenze? Oppure di un problema di barriere culturali? O ancora di divergenze legate alle disparità sociali ed economiche fra comunità oppure provenienti da reviviscenze legate alla storia?Infine, questa formazione non può ignorare le situazioni particolari che devono affrontare uomini e donne della nostra epoca e, fra queste situazioni, quelle più critiche nel campo islamo-cristiano: la questione cruciale delle disuguaglianze, del sottosviluppo, della fame, della violenza: i diritti dell’uomo, il laicismo, le discriminazioni, le precarietà ecc.; i vari problemi delle persone che vivono a contatto coi musulmani: domanda di battesimo, matrimonio, funerali; domande di assistenza spirituale nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri o nell’esercito; guida di gruppi di scambio islamo-cristiani, con crescenti richieste nel campo della condivisione della preghiera, lo sviluppo delle correnti religiose integraliste o fondamentaliste; la moltiplicazione delle sette e dei nuovi movimenti religiosi.Queste questioni, situazioni, richieste dovrebbero essere studiate in modo da evidenziare le implicazioni teologiche.

La teologia pastorale

La presenza musulmana in Europa e il suo significato sono percepiti diversamente nei diversi paesi e nelle diverse Chiese. Ciò dipende dalla storia, dalla situazione sociologica (maggioranza/minoranza) e psicologica (sicurezza/minaccia), e dal ruolo che ha avuto la Chiesa nella vita del proprio popolo. Esiste per esempio una differenza fra gli ex paesi dell’est, come la Jugoslavia e la RDA per quanto riguarda il concetto di secolarizzazione.Proprio come le chiese cristiane non formano un gruppo omogeneo, esistono diverse etnicità islamiche, che hanno esperienze e immagini divergenti delle Chiese.

La teologia pastorale ha le proprie radici in una coscienza evangelica di fede, d’amore e di speranza. Essa presuppone una conoscenza profonda delle realtà socioeconomiche e riguarda tutto il modo di essere, ad intra e ad extra, della comunità cristiana.

1. I luoghi di preghiera

Una delle priorità sembra essere il rafforzamento della fede e dell’identità cristiana per entrare nei rapporti interreligiosi. Ciò presuppone infatti una certa fiducia in se stessi e una coscienza della propria identità.L’atteggiamento delle Chiese riguardo alla pratica religiosa musulmana nelle società di tradizione cristiana influenza molto gli atteggiamenti generali nei riguardi delle minoranze in genere. Quale atteggiamento adottare a proposito delle moschee e delle sale di

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preghiera? La Chiesa locale deve avere un ruolo attivo nell’aiutare i musulmani a trovare luoghi di preghiera? Quando un edificio non viene più utilizzato come chiesa è prudente prestarlo o addirittura cederlo a dei musulmani? Una simile decisione non dovrebbe essere presa da una sola persona ma dopo la consultazione della comunità cristiana e delle altre Chiese. A questo proposito sorgono altri interrogativi: quale testimonianza dà una chiesa vuota in un quartiere dove la popolazione è atea o musulmana? Come interpreterà la comunità musulmana il fatto che una chiesa sia stata abbandonata o sconsacrata ecc.?…

2. Simbolismo

Sembra importante che la formazione teologica – a livelli diversi – integri il simbolismo religioso, tanto nella tradizione cristiana che nell’Islam: gesti, spazi, luoghi, riti. Questo simbolismo è un mezzo importante per radicare la fede cristiana in un’espressione che non sia unicamente intellettuale.

3. Catechesi e predicazione

La nuova generazione manifesta un nuovo modo di pensare in rapporto alle diverse culture e alle diverse religioni. Questo non ci esime dal compito di insegnare la fede cristiana evidenziando chiaramente e senza trionfalismi le convergenze e le differenze fra le religioni. Ciò è tanto più necessario poiché il fatto di avere come vicini, colleghi e amici, persone con convinzioni religiose diverse, può condurre sia a una totale indifferenza sia ad un sincretismo.In questa prospettiva tocca alle Chiese preparare orientamenti per i diversi livelli di educazione, dall’asilo al seminario di teologia, tenendo conto della sfida positiva che rappresenta nell’Islam l’osservanza della preghiera e della solidarietà della Umma.Sarebbero anche necessari materiali semplici per presentare la fede cristiana ai musulmani che l desiderano. Questi materiali dovrebbero essere preferibilmente preparati e scritti in collaborazione con persone che conoscono bene il mondo musulmano.

4. Scuole cristiane e asili

La scuola è luogo privilegiato d incontro ma anche luogo di conflitto potenziale. Ci si è chiesti quale sia la vocazione delle scuole tenute dalla Chiesa. A cosa servono? Soltanto ai ricchi, sia cristiani che musulmani? Come possono essere al servizio dei poveri, dei figli dei disoccupati per esempio, siano essi cristiani o musulmani?In alcuni casi sembra utile avere dei musulmani fra gli insegnanti: questo non si verifica facilmente dovunque. In ogni caso, è indispensabile che queste scuole manifestino il loro progetto educativo di informazione cristiana, anche se la maggioranza degli allievi è di origine musulmana.Per alcuni non è evidente che l’insegnamento religioso obbligatorio a scuola sia la soluzione migliore né per i cristiani né per i musulmani. L’interrogativo si pone oggi in alcuni paesi dell’Europa centrale dove le Chiese sono in completa riorganizzazione. Certamente si giungerà a soluzioni diverse (insegnamento religioso a scuola, in parrocchia…).

5. La vita associativa

Si pensa generalmente che sia necessario incoraggiare i movimenti dei giovani ad aprirsi ai musulmani, pur conservando il profilo specificamente cristiano dei movimenti. E’

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importante anche favorire contatti informali fra gruppi di giovani, cristiani e musulmani che abbiano uno stesso obiettivo: questo può prevenire gli scontri etnici e sociali che potrebbero essere intesi come conflitti di religione.

6. Cappellanie

Le cappellanie non comprendono più soltanto sacerdoti e pastori ma anche religiose e laici. Questi incarichi possono offrire occasioni di testimonianza disinteressata di vita cristiana, soprattutto quando si tratta di persone isolate, in crisi o che soffrono. E’ stata segnalata l’importanza degli incarichi ospedalieri così come il ruolo di chi visita le prigioni. Qui si possono aiutare i musulmani, alcuni dei quali sembrano essere stati abbandonati dalle loro famiglie, a riacquistare la loro dignità e stima di sé. In questo contesto, è stata apprezzata l’esperienza fatta da alcune stazioni radio cristiane che servono da tramite fra le famiglie e i detenuti quando questi ultimi non possono ricevere visite (per esempio di domenica): il prigioniero può ascoltare membri della sua famiglia che telefonano alla radio.

7. Matrimoni misti

Le Chiese hanno pubblicato direttive per quanto riguarda i matrimoni misti. A questo proposito gli interrogativi sono molti e in particolare ci si chiede se sia possibile qualche tipo di “culto comune”. In ogni caso, è necessario che le coppie aventi diversi credi religiosi ricevano sostegno e amicizia dopo il matrimonio, come dovrebbe accadere anche per i divorziati. Non si devono trascurare neanche i parenti e le famiglie di origine perché per loro un matrimonio islamo-cristiano può essere traumatizzante.

8. La vita quotidiana

La pastorale non si limita ad atti di catechesi o di culto. Deve riguardare anche i cristiani che hanno numerosi contatti quotidiani con i musulmani (per esempio nei corsi per analfabeti, nei club e nei gruppi, in vari centri…) per dare loro l’aiuto di cui hanno bisogno.Nello stesso tempo, la pastorale deve essere consapevole dell’esistenza dei gruppi di cristiani e musulmani che tentano di stabilire un dialogo perché il dialogo ha delle esigenze e ha a sua volta bisogno di assistenza. Questi gruppi talvolta pongono la questione della preghiera in comune fra cristiani e musulmani.Infine, la pastorale non deve dimenticare coloro che, per vari motivi, rifiutano di avere contatti con altre religioni. Come possono queste persone essere aiutate ad abbandonare i loro timori e a prendere in considerazione i risultati positivi che possono derivare dal dialogo interreligioso?

9. Osservazione conclusiva

I cristiani che hanno vissuto o vivono in paesi musulmani possono offrire un aiuto prezioso grazie alla conoscenza che hanno dell’Islam dall’interno. Essi devono essere invitati a collaborare ad ogni progetto di dialogo e di cooperazione interreligiosa.

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Storia della Chiesa

1. Storia e Teologia

Come disciplina specifica la storia della Chiesa è diversa da altre storie, ad esempio dalla storia secolare, nazionale, politica od economica, perché affronta il suo argomento in una prospettiva teologica. La storia della Chiesa o piuttosto della cristianità è ovviamente parte della storia generale dell’umanità. Questa prospettiva teologica della storia ha origine dalla convinzione che tutta la storia dell’uomo è il racconto dell’azione di Dio sull’umanità.Le prospettive della nostra storia e di quelle degli altri esseri umani sono in rapporto con la nostra visione di noi stessi rispetto a Dio. Perciò la presenza di musulmani, o seguaci di altre religioni principali e di atei solleva la questione del loro posto e del nostro nel progetto di Dio. Poiché noi crediamo che Dio esegua i suoi disegni e missioni nel mondo usando le persone, sia nel passato che nel presente (vedi Isaia 45,1 e Luca 2,1) anche al di fuori della comunità dei credenti, diventa di fondamentale importanza fare una ricerca comune di risposte alle domande che riguardano la visione di altri a proposito delle loro storie e della nostra. Cercando tali tentativi di risposta gli storici (della chiesa) collaboreranno con colleghi di altre discipline.Questo diventerà tanto più necessario quando ci accorgeremo che, dopo quasi due millenni di Cristianesimo ogni disciplina teologica (affrontata in questo rapporto) ha per se stessa la propria storia.

2. L’insegnamento della storia, una questione essenziale

Un punto di vista storico è necessario ed essenziale per una comprensione critica del presente e del ruolo di ciascuno in esso, a prescindere dalla funzione di ciascuno all’interno della comunità cristiana. Le nostre comunità e istituzioni sono ciò che sono in parte a causa di come erano. La loro esistenza presente è fondata su quello che è successo dentro di loro e tra loro e il resto del mondo nel passato. La storia della Chiesa, come argomento e disciplina specifici, è dunque qualcosa di più della storia di una chiesa, e tanto meno la storia di una chiesa o delle chiese in se stesse isolate del loro particolare contesto.

3. Allargare i temi, dal locale all’universale

L’insegnamento della storia della Chiesa all’interno dei nostri vari sistemi di educazione teologica è tradizionalmente spesso isolato e concentrato su temi che riguardano la nostra chiesa. Le relazioni con altre chiese erano spesso affrontate solo a proposito di conflitti con esse. Questo vuol dire che le chiese occidentali di solito ignoravano cosa successe nelle chiese Orientali dopo il concilio di Calcedonia nel 451 e dopo lo scisma tra i cattolici Romani e i Bizantini Ortodossi nel 1054. Il risultato di una tale trattazione parziale della storia della chiesa potrebbe anche implicare che i protestanti e i cattolici fossero ben poco informati della reciproca storia del periodo della Riforma e Controriforma al Concilio Vaticano Secondo. Questo pericolo è stato in parte scongiurato grazie al movimento ecumenico.Tuttavia, mentre questo movimento per il mutuo ampliamento e miglioramento della conoscenza reciproca della storia delle altre chiese ha un’importanza crescente, un nuovo paragonabile problema si presenta con l'arrivo di altri musulmani nell’Europa occidentale e la riaffermazione di comunità islamiche più vecchie nella parte orientale del nostro continente. Le relazioni con loro, come vicini e concittadini, sono fortemente condizionate da eventi del passato. In un periodo nel quale tutte le chiese, seppure con diversi livelli di

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intensità e di immediatezza, devono rapportarsi con i musulmani e/o il mondo musulmano, l’esperienza accumulata nel passato è necessaria per tutti allo scopo di trarre lezioni dalla storia per la missione e il compito di oggi. Questo processo di ampliamento del nostro orizzonte storico non dovrebbe riguardare soltanto i temi da trattare ma anche il nostro atteggiamento e anche la nostra disposizione interna. Un approccio storico che si limitasse a una sola comunità, sia essa nazionale, etnica o confessionale, ignorerebbe che la nostra storia si è svolta in rapporto con gli altri. Tale approccio favorisce l’auto-glorificazione e l’etnocentrismo spesso basati su di un’identità comune fondata sulla violenza. La Storia viene solitamente scritta da coloro che controllano la cultura del gruppo, perciò è orientata contro le comunità esterne o, all’interno della propria comunità, contro le classi inferiori, i colonizzati, i contadini, le donne, le classi operaie, le minoranze o giunge addirittura a sopprimere gli elementi esterni o inferiori.L’ampliamento dell’orizzonte storico ci permette di scoprire tradizioni perdute e arricchire i rapporti con le altre. Rivela le dimensioni violente dei nostri miti di fondazione della comunità, l’aggressività nelle storie di fondazione, l’ossessione del martirio collettivo, e può aiutarci a trovare motivi più positivi e costruttivi per formare una comunità.

4. Storia dei rapporti fra cristiani e musulmani

4.1 Trattando la storia dei rapporti islamo-cristiani sarebbe indispensabile prendere coscienza delle diverse origini delle due religioni.

4.2 La storia deve anche tener conto della storia delle altre comunità, nei paesi più vicini e nel bacino mediterraneo più lontano. E’ importante offrire una certa conoscenza circa la storia dei paesi da cui provengono gli immigrati musulmani in Europa, e tener conto della storia dei rapporti fra cristiani e musulmani in quei particolari paesi.

4.3 Le Chiese d’Europa potrebbero richiamarsi al lungo periodo del dibattito arabo-cristiano con l’Islam, che si estende per secoli dall’anno 750 dell’era cristiana fino al giorno d’oggi.

4.4 Le Chiese occidentali dovrebbero ampliare le loro prospettive oltre i limiti negativi posti dalle crociate o dagli atteggiamenti di Lutero e di Calvino riguardo ai Turchi. Esse dovrebbero al contrario cercare punti di contatto positivi per esempio negli scritti di Anselmo da Canterbury, Nicola Cusano ed Erasmo, per non citare che pochi autori. Lo stesso vale, mutatis mutandis, per le Chiese dell’Europa orientale.

4.5 Le Chiese orientali devono scoprire che la storia dei rapporti fra cristiani e musulmani va molto al di là delle sole prospettive dei conflitti nazionali recenti e dei ricordi negativi risalenti al periodo dell’impero ottomano.

4.6 Questo ampliamento d’orizzonte sui temi storici deve includere la storia dell’Islam e delle opinioni dell’Islam riguardanti il Cristianesimo, altrimenti i conflitti del passato persisteranno e potranno perfino peggiorare.

4.7 Alcuni soggetti storici possono addirittura prestarsi ad uno studio congiunto fra musulmani e cristiani ad esempio riguardo all’influenza negativa e positiva delle Crociate sulle due comunità religiose; oppure sui rapporti fra religione e politica dai due punti di vista, tenendo conto particolarmente della posizione delle minoranze musulmane e cristiane sotto il dominio dell’altra comunità in quanto maggioranza.

4.8 Lo studio della storia può servire pure a liberarci da blocchi ideologici. Nel recente passato abbiamo visto dovunque esempi in cui elementi della nostra religione, sia cristiana, musulmana o altra, sono stati isolati dal loro contesto e inseriti in paradigmi areligiosi di carattere nazionalista, razzista o “fondamentalista”.

4.9 Lo studio della storia può aiutaci a scoprire le radici di pregiudizi scambievoli e menzogne storiche che avvelenano i rapporti fra l’una e l’altra religione.

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4.10 Per raggiungere gli obiettivi citati precedentemente, insegnanti e allievi dovrebbero sviluppare una sana sfiducia circa le fonti e andare al di là della semplice consultazione dei volumi e dei periodici tradizionalmente usati nella loro disciplina.

4.11 Lo studio della storia può aiutarci a scoprire che tutte le nostre storie comportano episodi deprecabili in cui abbiamo tradito la nostra fede e a prendere coscienza del fatto che ciascuno dei nostri atti è in ultima analisi sottoposto al giudizio di Dio.

Etica

1. Motivi per studiare l’etica musulmana nelle istituzioni cristiane

Esiste una tensione creativa fra le discussioni di principio e le necessità delle situazioni concrete che ci spinge a inserire questo studio nel nostro programma.Fra le discussioni riguardanti le questioni di principio meritano di essere ricordati i punti seguenti:

1.1 Alcune correnti all’interno del Cristianesimo considerano l’Islam come portatore di verità attraverso il quale è giusto che i cristiani cerchino di approfondire la loro conoscenza e consapevolezza del mistero di Dio.

1.2 La responsabilità dei popoli europei di fronte alla comunità umana suggerisce che esistono molte questioni etiche le quali richiedono una prospettiva interreligiosa, ad esempio questioni ambientali e assunti riguardanti la pace e la giustizia.

1.3 L’influenza scambievole e il confronto delle comunità religiose con i punti di vista secolarizzati dell’Europa contemporanea suggeriscono un tale approccio per questioni come l’autonomia dell’essere umano, i diritti umani e la tensione fra vita pubblica e privata.

1.4 In tutta l’Europa molti notano che i musulmani hanno un modo di vivere e un sistema etico-religioso diverso. Questa percezione, che può essere vista da alcuni in una luce minacciosa, deve essere studiata e affrontata.

2. I fondamenti dell’etica

Alla base dei motivi indicati si trovano questioni teologiche che sono state discusse fra cristiani e musulmani in passato. E’ necessario comparare tanto le convergenze quanto le divergenze fra le due tradizioni religiose alla luce delle loro antropologie; le loro opinioni sulla libertà e sulle responsabilità umane, i rapporti fra legge e morale, lo sforzo dell’uomo per distinguere la volontà di Dio; le sfide epistemologiche ed ermeneutiche delle nostre tradizioni scritturali; l’applicazione di tutti questi aspetti al contesto del mondo in cui oggi viviamo.

3. Riflessioni sul ruolo dell’etica nell’educazione teologica

Questo campo viene esaminato in sei punti:

3.1 Il programma di etica nella formazione dei ministri e dei teologi viene costantemente influenzato dagli sviluppi sociali, economici, politici, giuridici e scientifici. Tutto ciò dà regolarmente origine a nuove problematiche in campi come:

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3.1.1 La natura della vita e della dignità umana, ivi inclusa l’etica medica, le questioni dell’“ingegneria genetica”, l’interruzione della terapia (“eutanasia passiva”).3.1.2 Il rapporto fra interessi personali e interessi familiari come il rispetto per la persona e la proprietà, le responsabilità e i ruoli reciproci di uomo e donna, l’etica sessuale, il matrimonio e il divorzio (specialmente quando i partners provengono da ambienti diversi), i diritti e le responsabilità dei genitori nei confronti dei figli e viceversa.3.1.3 L’etica sociale comprende questioni come i diritti civili e umani, le tensioni fra le esigenze dell’individuo e quelle della comunità e la natura delle strutture di potere esistenti (politiche, economiche, mezzi di comunicazione, religioni, ecc.)3.1.4 Il problema della violenza riveste un’importanza particolare nelle questioni riguardanti l’ordine sociale (violenza criminale e in reazione al crimine), nei rapporti intercomunitari e internazionali (pacifismo, jihad, guerra giusta).3.1.5Il rapporto fra stato, religione e istituzioni religiose è una questione che continua a preoccupare profondamente entrambe le tradizioni religiose.Dobbiamo sottolineare che queste e molte altre questioni di etica costituiscono oggi una sfida sia per i musulmani che per i cristiani e uno studio comune di tali problemi può essere benefico per entrambi. Si dovrebbe ance sottolineare che la riflessone su questi problemi pone interrogativi che non possono essere ignorati da altri rami della teologia.

3.2 Il ruolo dell’etica all’interno degli studi teologici sottolinea questioni di metodologia, di fonti, dell’autorità, delle soluzioni provvisorie e l’interazione con molte altre discipline. L’etica tratta le questioni pratiche della vita umana e costituisce un mezzo di coesione fra pensiero teologico e le questioni pratiche della fede viva. Tutti questi temi sarebbero arricchiti da uno studio comparativo dell’etica musulmana.

3.3 L’etica, una disciplina in continuo sviluppo, è eclettica per natura e integra concetti derivanti da varie tradizioni morali. L’etica islamica dovrebbe essere considerata come una delle tradizioni che possono essere viste come fonte di illuminazione su particolari questioni.

3.4 Uno dei più importanti campi di dibattito per l’etica contemporanea deve essere il rapporto fra religione, morale e diritto tanto secolare che religioso. Tale dibattito si concentrerebbe su questioni come: in che modo la fede religiosa struttura la nostra percezione dei sistemi di valori e di obblighi morali? E’ possibile stabilire una base comune per i valori sociali che, in una società pluralista, sarebbe il fondamento di diversi sistemi di valori? Si tratta di questioni che sono state dibattute nella storia del pensiero musulmano e il loro studio potrebbe essere un contributo al dibattito in corso.

3.5 Esiste nel campo dei rapporti interreligiosi un punto particolare in cui le nostre tradizioni religiose devono prendere seriamente l’accusa secondo la quale noi cristiani siamo stati storicamente tanto motivo di conflitto quanto portatori di pace o forse più causa di conflitto. Questo è particolarmente valido per i rapporti islamo-cristiani. Dobbiamo esaminare più da vicino l’etica della missione e del dialogo.

3.6 Quali sono i rapporti fra lo studio accademico dell’etica e l’evoluzione del carattere morale? In che misura gli educatori teologici, i ministri e gli assistenti pastorali sono modelli per quanto riguarda la loro vita morale? Una ricerca su queste questioni alla luce della tradizione islamica sarebbe feconda di risultati.

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Missione e dialogo

1. Inserimento nella formazione teologica

La questione della missione e del dialogo prende una nuova attualità in un’Europa che vede le sue strutture sociali e politiche profondamente influenzate dal pluralismo etnico, culturale e religioso. Il tema dell’incontro islamo-cristiano deve trovare posto in ogni curriculum di studi teologici:

- in missiologia: la sfida dell’Islam riguarda sia la missione all’estero che l’ambiente locale

- in teologia fondamentale o apologetica: il pensiero islamico viene incontrato nel corso degli studi teologici

- in ecclesiologia: la moschea e il mondo musulmano fanno parte dell’incontro della Chiesa con il mondo

- a livello interreligioso: con l’Ebraismo, l’Islam permette di allargare la dimensione interreligiosa.

2. Teologia interculturale e interreligiosa

Oggi la missione e i progetti di evangelizzazione per i cristiani in Europa passano dalla scoperta del senso e del valore della coesistenza con altre culture e altre comunità religiose. La vicinanza e l’interazione sociale richiedono un dialogo approfondito per conoscere le tradizioni, le percezioni e le ricchezze di questi partenrs, sia cristiani di altre culture che musulmani e seguaci di altre religioni.Questa revisione fondamentale della missiologia che non è né a senso unico né riservata alle Chiese d’oltremare conduce ad una teologia dei rapporti interculturali e interreligiosi che permette di superare ogni presupposto sia confessionale e culturale, sia sociale e culturale. E’ una teologia orientata al dialogo e risultante dal dialogo, nella quale l’Islam viene percepito nelle sue dimensioni politiche, culturali e spirituali.

3. Missione e Dialogo

Per chiarire che cosa sia in gioco in questo nuovo approccio, si farà attenzione a basarsi su una definizione precisa del dialogo, che non è più né polemica né apologetica e nemmeno semplice studio comparativo di diversi sistemi di pensiero. E’ anche necessario distinguere i diversi tipi di dialogo in rapporto ai suoi obbiettivi come:

- assicurare una coesistenza armoniosa,- realizzare un progetto comune, - approfondire le conoscenze teologiche, - sviluppare una preghiera o una meditazione interreligiosa.E’ importante pure specificare i rapporti fra dialogo e missione evangelizzatrice, evitando il doppio sospetto di tradimento: snaturare il dialogo riducendolo ad una tattica missionaria e tradire il progetto missionario rinunciando alla testimonianza e alla conversione.

4. Incontro fra cristiani e musulmani

Lo studio dell’incontro specifico fra musulmani e cristiani passa dal riconoscimento del carattere missionario dell’una e dell’altra tradizione con la ricerca di un modus vivendi che rispetti l’integrità di ciascuno. Questo è un tema particolarmente delicato quando riguarda le azioni caritative dei cristiani o certe affermazioni di identità per i musulmani.

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In questa prospettiva, si deve fare attenzione alla storia dei rapporti islamo-cristiani e anche alle differenze culturali e alle frustrazioni politiche, per tentare di definire le condizioni della coesistenza e del dialogo a tutti i livelli: vita quotidiana, azioni comuni, testimonianza di fede e ricerca spirituale comune.

5. Gli scopi della formazione

Aiutando gli studenti ad affrontare lo choc culturale e la sfida della diversità religiosa, noi cerchiamo di formare dei responsabili religiosi e degli insegnanti aperti alle idee degli altri, pronti ad adottare nuove prospettive, liberati da ogni complesso di superiorità perché critici nei confronti della loro stessa istituzione religiosa e attenti ai pregiudizi di ogni genere. Essi devono essere preparati a correre il rischio dell’incontro, per amore degli altri, disposti a dimenticare quanto sanno per riapprendere in vista di un mondo nuovo, passando da una visione monolitica alla percezione di una società pluralistica. E’ imparando ad apprezzare la “diversità” degli altri che si può sperare di trasformare il rapporto con il prossimo e di ampliare la propria visione del mondo.

6. La conoscenza indispensabile

In questa formazione, studentesse e studenti hanno bisogno di solide conoscenze nel campo delle altre tradizioni religiose e della loro rispettiva cultura come l’Islam, con il suo sviluppo su scala mondiale; si deve inoltre avere accesso alle diverse teologie cristiane del terzo mondo, in particolare a quelle che sono state elaborate in ambiente musulmano. A livello storico sarà necessario esser consapevoli dello sviluppo dei rapporti interreligiosi e inteculturali, per esempio in area Mediterranea, nonché dell’evoluzione dell’atteggiamento delle Chiese riguardo alla religione in generale e all’Islam in particolare. Tutto ciò dovrebbe condurre ad una teologia delle religioni che sarà nello stesso tempo frutto dell’esperienza.

7. Il ruolo insostituibile dell’esperienza

Il programma preso in considerazione deve necessariamente includere un elemento di immersione nel mondo islamico almeno di contatto diretto con i musulmani:

- un soggiorno prolungato nel piano di studi- un viaggio di studio e/o la visita d una comunità- un corso impartito da un o una seguace della religione insegnata- incontri e dialoghi in modo da assicurare un feedback.Non si tratta di fare del semplice turismo interreligioso, moltiplicando le esperienze, come avverte T.S. Eliot «abbiamo fatto l’esperienza ma abbiamo mancato il significato», ma di assicurare il legame fra teoria e pratica, fra il vissuto e l’interpretazione.

8. Verso una teologia delle religioni

Con l’Islam, come con qualunque altra religione, non si può rinviare a tempo indefinito la questione del valore della Salvezza che questa religione riveste per i suoi fedeli e, più globalmente, quella dell’azione di Dio oltre i limiti della propria religione. Uno dei compiti più urgenti in questa Europa secolarizzata dell’ultima parte del XX secolo è la via di una teologia delle religioni capace di rendere conto del pluralismo religioso e per la quale la presenza dei musulmani costituisce un incentivo essenziale.

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Raccomandazioni

Tenendo conto della diversità dei centri di formazione teologica e pastorale delle varie chiese, il Comitato “Islam in Europa” si permette di fare le seguenti raccomandazioni per meglio integrare una riflessione sull’Islam nella formazione.

1. Prospettive e Metodi

1.1 E’ bene includere una riflessione sull’Islam nel quadro più generale di una riflessione sulla pluralità delle religioni e i suoi effetti sulla fede cristiana.

1.2 In questa prospettiva è auspicabile:- prendere come punto di partenza le esperienze religiose comuni, anche quelle

esterne alla tradizione ebraico-cristiana,- esplorare i presupposti antropologici e filosofici delle diverse religioni,- promuovere una riflessione teologica sull’incontro delle religioni, del dialogo

interreligioso e il suo ruolo nella missione della Chiesa, - esplorare, in una prospettiva storica, il fondamento e i meccanismi reciproci.

1.3 Tale formazione richiede un approccio interdisciplinare (teologia pastorale, teologia sistematica, esegesi, missiologia, ecc.)

1.4 Musulmani di diversa provenienza dovrebbero essere inseriti con discernimento e in modo appropriato nell’insegnamento.

1.5 Niente può sostituire l’incontro con le comunità musulmane. A condizione di essere ben preparati, le visite e i soggiorni effettuati dagli studenti nelle aree musulmane dell’Europa orientale e nei paesi islamici sono un mezzo efficace per scoprire la logica propria del pensiero e della fede musulmana.

2. Raccomandazioni particolari

2.1 Per la formazione di base.- un corso introduttivo sull’Islam deve essere collegato a una riflessione sul dialogo

interreligioso nella sua specificità islamo-cristiana,- è auspicabile comprendere un’introduzione alla lingua araba come una lingua

religiosa, se possibile con l’ebraico e il siriaco,- lo scambio di professori e studenti cristiani è un buon mezzo per diffondere

l’informazione e la condivisione delle esperienze.2.2 Per quanto riguarda la formazione permanente.

La formazione permanente è in certo qual modo il campo in cui l’approccio è più facile. Coloro che sono impegnati nell’attività pastorale, religiosi e laici, prendono spesso coscienza della necessità di una formazione più spinta a causa della situazione in cui vivono e agiscono. Saranno dunque probabilmente più motivati a ricercare una formazione supplementare. Questa formazione può assumere forme molto varie: giornate di studio, corsi serali, ecc.Sarebbe utile prendere in considerazione fatti di attualità come la crisi del Libano, del Golfo, l’affare Rushdie, l’immigrazione.Lo studio dei problemi etici, teologici e missiologici risultanti da tali situazioni danno un’ottima occasione per focalizzare i punti di vista musulmano e cristiano.

2.3 Per quanto riguarda il personale docente.L’aggiornamento continuo dei docenti, degli insegnanti e di altri è di fondamentale importanza.Si può realizzare in vari modi:- partecipando a conferenze, sessioni, colloqui,

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- incoraggiando pubblicazioni, ricerche e incontri,- sviluppando la documentazione sull’Islam nei centri di formazione,- collaborando coi centri di studio specializzato come il PISAI di Roma e Selly Oak di

Birmingham.

3. Il KEK/CCEE Comitato “Islam in Europa” potrebbe avere un ruolo importante in parecchi campi:- Può far conoscere le istituzioni che hanno una buona esperienza del dialogo e della

formazione.- Potrebbe stimolare persone e istituzioni e sollecitare la loro collaborazione per

rispondere alle esigenze delle chiese e alle nuove questioni pastorali.- Può incoraggiare i centri di studio islamo-cristiani e aiutarli a organizzare seminari

per docenti.- Può favorire l’elaborazione e la diffusione di strumenti di lavoro appropriati.Il Comitato “Islam in Europa” può aiutare a stabilire reti atte a realizzare scambi di esperienza e una mutua assistenza fra le chiese.

Birmingham, 9-14 settembre 1991