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ARCIDIOCESI DI SIRACUSA Catechesi per l’iniziazione cristiana degli adulti Schede per il precatecumenato, catecumenato, ultima quaresima e mistagogia

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ARCIDIOCESI DI SIRACUSA

Catechesi per l’iniziazione

cristiana degli adulti

Schede per il precatecumenato, catecumenato,

ultima quaresima e mistagogia

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Ufficio Catechistico Diocesano

14/06/2008

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INTRODUZIONE

Il sussidio si compone nella sua interezza di quattro parti:

- nove schede per la catechesi precatecumenali,

- quaranta schede per la catechesi per il catecumenato,

- schede per l’ultima quaresima

- e le catechesi mistagogiche.

Destinatari diretti sono i catechisti chiamati ad accompagnare gli adulti che chiedono il

battesimo nell’itinerario di iniziazione cristiana.

Ogni scheda è strutturata secondo uno schema molto semplice: un testo biblico, un breve

commento, delle domande per il singolo o il gruppo, qualora si dovesse costituire un

gruppo di catecumeni, la proposta di una preghiera e il suggerimento di un impegno

concreto da compiere.

Le singole schede sono solamente una traccia in mano al catechista. Infatti si deve sempre

partire dalle persone, dalla concretezza della loro situazione esistenziale. Non possono

esserci perciò catechesi uguali per tutti come linguaggio, come durata e così via. Le tracce

naturalmente orientano la catechesi a partire da un preciso modello ecclesiologico e

catechetico.

La proposta della preghiera e dell’impegno hanno una precisa motivazione. La catechesi

non può essere separata dalla celebrazione e dalla carità. Insomma l’iniziazione alla vita

cristiana, se vuole esser veramente tale, deve iniziare alla vita non alla sola dottrina.

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Necessita perciò un taglio esperienziale e una modalità di inserire progressivamente il

catecumeno nella vita della comunità parrocchiale e diocesana. Il riferimento biblico è

prioritario, perché questo è il periodo in cui il catecumeno si deve familiarizzare con la

Bibbia. Le catechesi saranno perciò fondamentalmente catechesi bibliche, anche se con una

attenzione costante alla dimensione esistenziale dei destinatari dell’annuncio. La

preparazione spirituale a ricevere i sacramenti va fatta nell’ultima quaresima e poi, nella

mistagogia, ci sarà la vera e propria catechesi sacramentale.

In mano ai catecumeni si può porre da subito il Vangelo secondo Marco, il vangelo dei

catecumeni come tradizionalmente è chiamato. Un utile sussisto può essere il Catechismo

degli adulti La verità vi farà liberi, usato sotto la guida dei catechisti.

La struttura agile del sussidio permette anche una elasticità della frequenza degli incontri

a seconda delle diverse circostanze. Le schede, infatti, possono essere accorpate o

sdoppiate. Non sembra opportuno, però, distanziare troppo gli incontri gli uni dagli altri.

L’esperienza insegna che è preferibile una cadenza settimanale o quindicinale.

Tra i tanti sussidi disponibili in libreria, si suggeriscono due testi da cui poter trarre

ulteriore materiale per le catechesi:

A. FONTANA, , Itinerario catecumenale con gli adulti, LDC, Leumann-Torino

AA. VV., Il catecumenato, cammino di vita, EDB, Bologna 2002

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Catechesi

precatecumenale

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SCHEDA 1

« Il desiderio dell‟uomo e la presenza di Dio »

« Eppure l‟uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle

tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te » Sant‟

Agostino, Confessioni, l. I, 1)

L‟essere umano è “mancanza di essere” e continuamente cerca di riempire un vuoto, il desiderio lo

porta sempre verso nuove acquisizioni, il bisogno che ha di conoscere la verità, di vivere

nell‟amore, di raggiungere la felicità è insopprimibile. Anche Agostino vive questa stessa

esperienza, sente nella sua stessa persona il desiderio di Dio, fonte di ogni ricerca, pienezza della

verità, amore infinito e vive l‟inquietudine del cuore che desidera e anela Dio. La beatitudine più

grande infatti è vedere e godere Dio, infelice è colui che ne è privo.

I Gv 4, 9-10

In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore : non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.

All‟uomo che avverte la propria provvisorietà e incompiutezza, al suo desiderio di amore Dio dà

una risposta : manda il suo Figlio. Il fine principale di tutta la Rivelazione è quello di far conoscere

l‟amore di Dio, come Egli ci ha amati e quanto. Dio ha mandato suo Figlio amandoci con un amore

umano, anche se infinitamente grande perché divino. È anche vero che l‟amore di Dio si è mostrato

da sempre e non solo in Gesù Cristo, la creazione è già un atto di amore, i profeti parlano di un

amore divino che sarà conosciuto e ricevuto da tutti, ma in Gesù è apparsa la pienezza della grazia e

si è realizzata la promessa di amore. Il verbo di Dio, apparso nella carne, continua ad esser presente

in mezzo a noi e a mostrarci la sua misericordiosa bontà, il suo inestinguibile amore. Dio si fa

uomo, si fa uno di noi, unicamente per salvarci, per liberarci dal peccato che è morte, per darci la

vita. Il desiderio e la sete di amore dell‟uomo, in Gesù trova la piena risposta. Egli ci mostra che

nulla può impedire a Dio di amare, perché nessuno ha meritato il suo amore. Un libero dono ci ha

colmati, l‟uomo con può pretendere nulla, ma la grandezza dell‟amore divino non lascia passivo

l‟uomo che ne è il primo e privilegiato beneficiario. L‟uomo che lo riconosce e lo riceve con la su

volontà, con l‟apertura del suo cuore, e con l‟operosità di tutta la sua persona diventa capace di

amare come Dio ama.

Domande per il gruppo o il singolo

Quali sono i miei desideri e le mie attese fondamentali ?

Come la ricerca di Dio si incontra con i nostri desideri ?

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Preghiera

Preghiamo con il Sal 42

2Come la cerva anela ai corsi d‟acqua,

così l‟anima mia anela a te, o Dio.

3L‟anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:

quando verrò e vedrò il volto di Dio?

4Le lacrime sono mio pane giorno e notte,

mentre mi dicono sempre: “Dov‟è il tuo Dio?”.

5Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge:

attraverso la folla avanzavo tra i primi

fino alla casa di Dio,

in mezzo ai canti di gioia

di una moltitudine in festa.

6Perché ti rattristi, anima mia,

perché su di me gemi?

Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,

lui, salvezza del mio volto e mio Dio.

7In me si abbatte l‟anima mia;

perciò di te mi ricordo

dal paese del Giordano e dell‟Ermon, dal monte Misar.

8Un abisso chiama l‟abisso al fragore delle tue cascate;

tutti i tuoi flutti e le tue onde

sopra di me sono passati.

9Di giorno il Signore mi dona la sua grazia

di notte per lui innalzo il mio canto:

la mia preghiera al Dio vivente.

10Dirò a Dio, mia difesa:

“Perché mi hai dimenticato?

Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?”.

11Per l‟insulto dei miei avversari

sono infrante le mie ossa;

essi dicono a me tutto il giorno: “Dov‟è il tuo Dio?”.

12Perché ti rattristi, anima mia,

perché su di me gemi?

Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,

lui, salvezza del mio volto e mio Dio.

Impegno

Lettura del cap. 1 del Catechismo degli adulti La verità vi farà liberi

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SCHEDA 2

« I luoghi della ricerca di Dio »

Mt 9, 35

« Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando

il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità ».

Il Signore è là dove si vive la vita di tutti i giorni : in famiglia sul posto di lavoro, dove si svolge la

vita politica ed economica, dove si vivono situazioni di disagio, di malattia dove si incontrano i

bisogni e i desideri degli uomini. Il Signore passa nella vita quotidiana di ciascuno e incontra l‟uomo

ovunque si trovi.

Così come si legge in questo versetto dell‟evangelista Matteo, Gesù percorre le città e i villaggi,

entra nelle case degli israeliti, luoghi in cui si svolge la vita ordinaria delle persone. Gesù quindi

secondo la testimonianza evangelica dà molta importanza alla vita semplice, ordinaria delle persone

in cui però si rivela la presenza del Regno di Dio. Egli stesso quando decide di entrare nella storia

degli uomini, sceglie una famiglia che diventa il luogo naturale per eccellenza della rivelazione di

Dio. Dai vangeli sappiamo che visita diverse volte la casa di Betania, ed entra anche nelle case di

coloro che erano ritenuti dalla mentalità del tempo “case di peccatori”. A Gesù appartiene anche

l‟esperienza del lavoro, sappiamo che ha fatto il carpentiere alternando a questo lavoro manuale

altri impegni, quali la preghiera, l‟evangelizzazione, la cura degli infermi, l‟educazioni dei

discepoli. Tutta la vita scandita del tempo del lavoro dal tempo della festa e del riposo può diventare

un luogo di incontro con Dio, per l‟unione a Cristo sacerdote vivo ed eterno come testimonia san

Paolo (Rom 12).

Anche in circostanze in cui l‟uomo sperimenta la propria fragilità, quella delle relazioni, dove si

incontra con la malattia, la morte, le situazioni di ingiustizia sociale, morale, proprio in quelle

circostanze Dio si rivela sempre pronto a riscattare la storia ferita dell‟uomo.

Nella Scrittura si rivela tutta la tenerezza di Dio per la sua creatura, che diviene compassione,

sguardo d‟amore, vicinanza abbraccio amorevole, ed anche pianto, gioia che nasce dal condividere

la stessa mensa.

Domande per il gruppo o il singolo

So riconoscere la presenza del signore nella vita quotidiana ?

Anche nelle situazioni di fragilità e difficoltà ?

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Preghiera

Preghiamo col Sal 23 (22) Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; 2su pascoli erbosi mi fa riposare ad acque tranquille mi conduce. 3Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. 4Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. 5Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca. 6Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni.

Impegno

Cercare di scorgere le tracce della presenza del Signore nel tuo impegno lavorativo / di studio

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SCHEDA 3

« L‟incontro con Dio in Gesù rivelatore del Padre »

Mt 17, 1-9

« Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: “Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo”. All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: “Alzatevi e non temete”. Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: “Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti”».

Per comprendere il mistero del rapporto tra Gesù e il Padre si può tenere presente l‟episodio della

Trasfigurazione sul monte Tabor. Per Gesù Dio non é una presenza inaccessibile, un assoluto

misterioso, ma qualcuno di molto familiare, è il Padre che lo ama e al quale ci si può avvicinare con

la fiducia e la semplicità dei figli.

In questo brano dell‟evangelista Matteo sulla Trasfigurazione di Gesù, tutta la gloria di Dio si

manifesta con un splendida luce sul volto di Gesù e in Lui tutta l‟umanità è rivestita di questa luce

divina. Dio in altri passi biblici si rivela come luce (1 Gv 1, 5) come fuoco (Eb 12, 29). La nube che

avvolge i protagonisti della scena indica la straordinaria vicinanza di Dio. In Mosè ed Elia che

rappresentano la Legge e i Profeti si rende presente tutto l‟Antico Testamento che riconosce in Gesù

il Messia promesso. Il Padre con la sua voce testimonia che il suo amore, la sua volontà salvifica, la

sua gioia riposa sul Figlio diletto, Gesù è il luogo per eccellenza in cui Dio si rivela, l‟uomo in cui si

rende manifesto il volere del Padre. L‟amore di Dio invade pienamente l‟essere umano del Figlio e

in questo modo tutto l‟amore del Padre acquista tutta la sua dimensione umana. L‟uomo adesso può

fare esperienza in Gesù dell‟amore paterno di Dio. Trasfigurandosi Gesù mostra chi è veramente,

rivela il Dio vicino che ha posto la sua dimora in messo agli uomini, ammette i suoi amici

nell‟intimità con il Padre, perché siano testimoni partecipi della sua gloria. In Gesù glorificato dal

Padre l‟uomo può riconoscere la propria meta, l‟esser amati e prediletti da Dio. Infatti

l‟incarnazione di Gesù e la forza della sua Risurrezione gloriosa operano sin da ora nel nostro

mondo, anche se in maniera nascosta. Nello splendore del volto di un uomo appare il destino della

vita futura degli uomini.

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Domande per il gruppo o il singolo

Chi è per te Gesù? In quali circostanze ne hai sentito parlare ?

Preghiera

Preghiamo col Sal

Impegno

Approfondire la figura di Gesù leggendo il cap. 6 del Catechismo degli adulti La verità vi farà

liberi.

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Scheda 4

« Dio alla ricerca dell‟uomo peccatore »

Gv 8, 1-11

« Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse: “Neanche io ti condanno; và e d’ora in poi non peccare più” »

A Gesù circondato da scribi e farisei viene condotta una donna sorpresa in adulterio e quindi

passibile di essere lapidata. La donna è stata già condannata dalla gente che fa appello alla legge di

Mosè. Gesù si rifiuta di formulare un giudizio e incalzato per esprimere un parere, invita chi è senza

peccato a scagliare per primo la pietra. Nessuno è in grado di farlo. L‟episodio ribadisce

l‟intenzione di Gesù : egli non è venuto nel mondo per giudicare, condannare, ma per salvare e dare

la vita. Gesù si preoccupa di guarire le persone, perciò fa appello alla loro coscienza, suscitando in

loro il desiderio di conversione e di riscatto. Egli sa vedere oltre le apparenze, guarda il cuore, non

giudica, non condanna ma ridona speranza alla vita dell‟uomo. L‟amicizia di Gesù per i peccatori

diventa comprensibile alla luce di una verità : tutti gli uomini sono peccatori. Proprio per questo

l‟annuncio del Regno di Dio è anzitutto l‟annuncio del perdono. Se tutti sono peccatori, l‟invito a

convertirsi è rivolto a tutti indistintamente. Convertirsi significa prendere coscienza nella propria

storia dell‟infedeltà a Dio, in cui tutti gli uomini sono coinvolti. Gesù manifesta la su misericordia

verso l‟uomo peccatore aiutandolo a fare verità su di sé e soprattutto rinnovandogli fiducia. Gli

dischiude un‟ulteriore possibilità di vita, gli apre un nuovo spiraglio, gli concede sempre un‟altra

possibilità. Agli occhi di Dio cambiare vita è possibile perché egli è misericordia, bontà, pietà,

perdono, pazienza, carità.

Domande per il gruppo o il singolo

Ci sono state circostanze della tua vita in cui hai preso coscienza della misericordia di Dio ?

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Preghiera

Preghiamo col Sal 145

O Dio, mio re, voglio esaltarti e benedire il tuo nome in eterno e per sempre. 2Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre. 3Grande è il Signore e degno di ogni lode, la sua grandezza non si può misurare. 4Una generazione narra all‟altra le tue opere, annunzia le tue meraviglie. 5Proclamano lo splendore della tua gloria e raccontano i tuoi prodigi. 6Dicono la stupenda tua potenza e parlano della tua grandezza. 7Diffondono il ricordo della tua bontà immensa, acclamano la tua giustizia. 8Paziente e misericordioso è il Signore, lento all‟ira e ricco di grazia. 9Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature. 10Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli. 11Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza, 12per manifestare agli uomini i tuoi prodigi e la splendida gloria del tuo regno. 13Il tuo regno è regno di tutti i secoli, il tuo dominio si estende ad ogni generazione. 14Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto. 15Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa e tu provvedi loro il cibo a suo tempo. 16Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente. 17Giusto è il Signore in tutte le sue vie, santo in tutte le sue opere. 18Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero. 19Appaga il desiderio di quelli che lo temono, ascolta il loro grido e li salva. 20Il Signore protegge quanti lo amano, ma disperde tutti gli empi. 21Canti la mia bocca la lode del Signore e ogni vivente benedica il suo nome santo, in eterno e sempre.

Impegno

Individua un momento della tua vita in cui è necessario avere misericordia

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Scheda 5

« Dio si coinvolge nella storia degli uomini »

Gv 1, 1-18

« In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini, la luce splende nelle tenebre,ma le tenebre non l’ hanno accolta. Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce,perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce,ma doveva render testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera,quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo,e il mondo fu fatto per mezzo di lui,eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente,ma i suoi non l’ hanno accolto. A quanti però l’ hanno accolto,ha dato potere di diventare figli di Dio:a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue,né da volere di carne,né da volere di uomo,ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carnee venne ad abitare in mezzo a noi;e noi vedemmo la sua gloria,gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l'uomo di cui io dissi:Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio nessuno l’ ha mai visto:proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato ».

La vita delle singole persone umane, la storia tutta, hanno un senso ? Diverse le risposte che si

possono dare a questa domanda. La Bibbia, che per i cristiani è un testo divinamente ispirato, ci

dice che sì, la vita ha un senso per il fatto che Dio si coinvolge nella storia degli uomini. Ma come ?

Certo non come un burattinaio che regge le fila, altrimenti gli uomini sarebbero dei burattini senza

alcuna responsabilità della loro vita, il mondo intero sarebbe una scenografia finta dove si

svolgerebbe la “commedia” della vita. Dio si coinvolge nella nostra storia, assumendo la nostra

natura umana. Qui sta il cuore del cristianesimo : Dio assume la nostra carne mortale in Gesù di

Nazaret, quest‟uomo patisce, muore e risorge.

L‟evangelista Giovanni pone come prologo al suo vangelo proprio questo “mistero” : Dio viene ad

abitare in mezzo a noi. Lo fa utilizzando un antico inno cristiano che comincia con le prime parole

della Bibbia : « In principio Dio creò il cielo e la terra». ( Gn 1,1), collocando cosi la nostra origine

nel progetto di Dio. Questo progetto che talvolta è rimasto nascosto ora diventa pienamente

manifesto nel logos che si fa uomo.

La Rivelazione di Dio attraverso il creato non è su di un piano impersonale puramente

oggettivo, ma assume una forma personale : in Gesù di Nazaret si manifesta sia la pienezza

dell‟umanità sia la divinità. Il “tutto è stato fatto per mezzo di Lui” non è un‟affermazione astratta si

riferisce alla dimensione storico personale della salvezza. Gesù è venuto per farci conoscere Dio e

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la sua volontà salvifica. Per questo i suoi discepoli, coloro cioè che si pongono alla sua sequela, lo

riconoscono Messia e Salvatore e lo confessano come “Signore”.

Sinteticamente ciò è espresso nel catechismo degli adulti, La verità vi farà liberi: « Gesù

Cristo è vero Dio e vero uomo, una sola persona in due nature, un solo soggetto di azioni divine e

umane. Il Figlio eterno si è comunicato a una concreta natura umana, esprimendosi in essa. Pur

rimanendo Dio come il Padre, ha voluto vivere e morire da uomo, pensare come noi, volere e agire

come noi, sentire e soffrire come noi. Ha assunto un vero corpo e una vera anima, una volontà

umana liberamente sottomessa a quella divina, una conoscenza umana derivata dall‟esperienza del

mondo e dall‟esperienza intima di sé e del Padre. Pur rimanendo trascendente, è entrato

personalmente in una vera esistenza terrena con un concreto spessore storico: “Si è umiliato, non

perdendo la natura di Dio, ma assumendo quella del servo”. Prospettive inaudite si aprono

sull‟amore di Dio per gli uomini e sulla grandezza della nostra vocazione. Dio non ci ha dato solo i

beni creati, ma ci ha donato se stesso nella storia, per donarci se stesso nell‟eternità. Si è abbassato

fino a noi, per innalzarci fino a sé, perché, ricevendo lo Spirito Santo, vivessimo in comunione con

il Figlio e diventassimo per grazia figli del Padre: “Il Verbo si è fatto uomo e il Figlio di Dio figlio

dell‟uomo, perché l‟uomo, entrando in comunione con Dio e ricevendo l‟adozione filiale, diventi

figlio di Dio”. Ha conferito valore assoluto ad ogni persona umana, perché “con l‟incarnazione il

Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo”, chiamandolo a crescere fino all‟intimità con

Dio, faccia a faccia, per sempre. I misteri dell‟incarnazione di Dio e della santificazione dell‟uomo

sono strettamente congiunti. Sia pure in maniera diversa, in ambedue Dio si comunica all‟uomo

personalmente e l‟uomo è accolto in Dio senza perdere la sua piena e concreta verità. È questo il

modo proprio del cristianesimo di intendere la salvezza ». ( 312-313)

Domande per il gruppo o il singolo

Secondo te i cristiani credono veramente che Gesù non solo è un grande uomo, ma Dio stesso che si

è fatto uomo ? Che conseguenze ha per la nostra vita che Dio si è fatto uomo, quindi Gesù è vero

uomo e vero Dio

Preghiera

Preghiamo col Sal 110 che parla del Messia che verrà e che sarà appunto Signore

Oracolo del Signore al mio Signore: “Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi”. 2Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: “Domina in mezzo ai tuoi nemici. 3A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell‟aurora, come rugiada, io ti ho generato”. 4Il Signore ha giurato

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e non si pente: “Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek”. 5Il Signore è alla tua destra, annienterà i re nel giorno della sua ira. 6Giudicherà i popoli: in mezzo a cadaveri ne stritolerà la testa su vasta terra. 7Lungo il cammino si disseta al torrente e solleva alta la testa

Impegno

Quali azioni possiamo fare noi oggi per essere degni figli di Dio ?

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Scheda 6

« Il racconto di questo coinvolgimento »

Ebrei 1, 1-4

« Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei

profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede

di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo. Questo Figlio, che è irradiazione

della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, dopo

aver compiuto la purificazione dei peccati, si è assiso alla destra della maestà nell'alto dei cieli, ed è

diventato tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato ».

Come ogni ebreo, l‟autore di questa lettera vede nelle Scritture la parola viva di IHWH, che

annuncia il disegno di Dio, che si incarna nella storia degli uomini. Ricorda come Dio salva il suo

popolo dalla schiavitù dell‟Egitto per concludere con lui l‟alleanza del Sinai : la storia del suo

popolo gli è familiare nei suoi minimi particolari ed è mediante essa che intende confermare il suo

insegnamento sulla realtà e la gloria del messia Gesù, colui nel quale si incarna la pienezza della

promessa fatta ad Abramo. L‟annuncio fatto a Mosè si conferma con il sacrificio offerto da Gesù,

quello del suo corpo crocifisso per la salvezza di Israele e degli altri popoli. Attraverso il sangue di

questo sacrificio, l‟ultima promessa messianica potrà realizzarsi nella storia. Poiché l‟autore non fa

che evocare molto rapidamente ciò che Gesù disse o fece durante la sua vita, senza dubbio

considera noto l‟insegnamento del Vangelo e il suo scopo è di riaccendere l‟entusiasmo dei suoi

lettori insistendo sulle certezze della fede e l‟imminenza delle realizzazioni della promessa. Questa

si fonda sulla realtà e la trascendente superiorità di Gesù, messia e re dell‟universo. Questo appello

rivolto ad un mondo il cui re storico abita Roma e ha per nome Cesare, spiega senza dubbio la

straordinaria risonanza dell‟insegnamento di questa lettera presso gli ebrei come presso i pagani.

Anche l‟autore della Lettera agli ebrei – come il Prologo di Giovanni - rinvia alla volontà creatrice

di Dio, che si attua per mezzo del Figlio. Lo dice, però, per affermare che mediante il Figlio ora

Egli parla a noi, dopo averlo fatto mediante i profeti e in molti altri modi.

I cristiani vedono in Gesù, il Figlio, la pienezza della rivelazione e di questo vogliono essere

testimoni; lo fanno sotto forma di racconto perché narrano la loro fede in Gesù di Nazaret, come

riconoscono in lui il Cristo, che significa Messia, accogliendolo come fondamento della loro

esistenza. Fin dall‟inizio della storia della comunità cristiana, i seguaci di Gesù hanno visto il lui

l‟azione stessa di Dio. Lo hanno riconosciuto “figlio di Dio”, in un senso unico. Come suggerisce la

Lettera agli ebrei, questo racconto su Gesù si inserisce in un altro “racconto collettivo, le cui radici

affondano nella storia stessa della coscienza umana, e che è stato man mano modificato dagli

uomini a partire dalla loro storia vissuta. Si tratta del racconto che trasmette un desiderio, il

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desiderio della liberazione, della pienezza, della vita. Giacché gli uomini, come dice il Qoelet, non

conoscono né l‟inizio né la fine dell‟opera che Dio compie in loro, ma „hanno ricevuto l‟eternità nel

cuore‟ ( Qo 3, 11 ) e non possono smettere quindi di desiderare. Per questo il racconto, fin dai miti

primitivi della redenzione che noi consociamo attraverso le tradizioni dell‟Antico Oriente e

dell‟Egitto, parla di redenzione, di un liberazione e di un riscatto. E anche i miti dell‟Estremo

Oriente nelle loro cosmogonie ci trasmettono la loro versione del bisogno di eternità, sia pure nella

forma dell‟immersione totale, fino alla scomparsa del singolo, nel flusso dell‟universo. Per lo meno

fin da quando l‟uomo ha lasciato tracce del suo desiderio nella scrittura, si è fatto sempre

accompagnare dal racconto di questo desiderio” ( G. Ruggieri ).

Gesù stesso si inserisce all‟interno di questo racconto, con la sua vita stessa innanzi tutto, con la sua

predicazione, con la sua morte e risurrezione. In particolare con le parabole Gesù spiega la sua

prassi di misericordia e di liberazione. I cristiani poi hanno raccontato a loro volta Gesù, partendo

dall‟evento che cambiò radicalmente la loro comprensione e della vita di Gesù e della loro vita alla

sua sequela : la sua morte e risurrezione. Il racconto di Gesù è diventato ormai, nella bocca dei suoi

discepoli, il racconto su Gesù.

Nel racconto dei discepoli vi sono due elementi fondamentali per spiegare il coinvolgimento di Dio

nella storia attraverso Gesù. “Il primo, già implicito nella straordinaria pretesa di Gesù di

„avvicinare‟ il regno nella sua persona, era il coinvolgimento unico di Dio nell‟esistenza di Gesù di

Nazaret : Dio si era talmente compromesso e identificato nella sua vicenda da non lasciarlo alla

corruzione del sepolcro, ma fa farlo vivere presso di sé [la risurrezione]. Il secondo fu l‟espansione

della persona di Gesù in maniera da farvi entrare tutti gli uomini, perché egli era morto per tutti, era

stato costituito giudice dei vivi e dei morti, in maniera tale che ormai il lui Dio stesso aveva

pronunciato il sì definitivo per l‟uomo” ( G. Ruggieri ).

Domande per il gruppo o il singolo

Quali forme di schiavitù l‟uomo di oggi, ciascuno di noi personalmente, può sperimentare ? Come

si manifesta per noi l‟azione liberatrice di Dio ? Quale testimonianza di impegno per la liberazione

degli uomini offrono i cristiani ?

Preghiera

Preghiamo con Sal 3 che esprime la fiducia dell‟uomo nel soccorso di Dio

2Signore, quanti sono i miei oppressori!

Molti contro di me insorgono.

3Molti di me vanno dicendo:

“Neppure Dio lo salva!”.

4Ma tu, Signore, sei mia difesa,

tu sei mia gloria e sollevi il mio capo.

5Al Signore innalzo la mia voce

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e mi risponde dal suo monte santo.

6Io mi corico e mi addormento,

mi sveglio perché il Signore mi sostiene.

7Non temo la moltitudine di genti

che contro di me si accampano.

8Sorgi, Signore,

salvami, Dio mio.

Hai colpito sulla guancia i miei nemici,

hai spezzato i denti ai peccatori.

9Del Signore è la salvezza:

sul tuo popolo la tua benedizione

Impegno

Chiediamo al nostro parroco se conosce situazioni di persone sole, ammalate … bisognose di

solidarietà, per essere strumenti della presenza salvifica del Signore.

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SCHEDA 7

« Gesù rivela l‟amore del Padre »

Lc 15,11-32

« Disse ancora: “Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del

patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più

giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da

dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a

trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo

mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i

porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio

padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame ! Mi leverò e andrò da mio padre e gli

dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo

figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.Quando era

ancora lontano, il padre lo vide e, commosso, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il

figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser

chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo,

mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e

facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato

ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu

vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il

servo gli rispose: È tornato tuo fratello e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo

ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui

rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito a un tuo comando, e tu

non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha

divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose

il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e

rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato

ritrovato” ».

Una delle contraddizioni che molte persone religiose vivono è l‟invocazione della

misericordia di Dio per propri peccati e un inflessibile rigore per i peccati altrui. Si sperimenta pure

sovente la difficoltà a pensare un Dio misericordioso con tutti, buoni e cattivi. Spesso si sente la

domanda come sia possibile che Dio abbia misericordia per tutti proprio tutti, anche coloro che

commettono gravi crimini, come possano essere perdonati certi peccati. Dio non sarebbe giusto con

i buoni. La logica evangelica espressa in modo emblematico dalla Parabola del Padre

misericordioso ci spiazza, produce uno spaesamento: siamo obbligati cioè a cambiare posizione ,

punto di vista. Ci invita a varcare i confini del nostro angusto “paese” per raggiungerne un altro.

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Intanto tutto sarebbe più chiaro se comprendessimo di essere tutti i destinatari della parabola perché

tutti siamo “figlio minore” e “figlio maggiore”. E‟ opportuno ricordare che la parabola è raccontata

da Gesù per spiegare ai suoi critici il suo comportamento: sedeva a mensa con i peccatori !

Il figlio minore è l‟uomo che vuole vivere la sua vita “fuori dalla casa del Padre” vuole la sua parte

fin da ora, cioè pretende di realizzare la propria vita in una autonomia assoluta pretende di essere

autosufficiente ( questo è il peccato ). Il figlio maggiore è l‟uomo perbene che reputa l‟osservanza

esteriore e formale delle norme sufficiente per essere “giusti” e reclama una superiorità morale sul

fratello che è andato via di casa; sebbene rientrato non lo riconosce più come fratello ( “ora che tuo

figlio…”, non “dice mio fratello”! ) Il Padre è Dio misericordioso, il cui amore si presenta come

preveniente, non aspetta che il figlio sciorini le scuse che aveva pensato nella sua testa. Questo

amore preveniente è quell‟amore che si manifesta in Gesù, come afferma San Paolo in Rm 5,6.

Ciascuno di noi peccatore può fare l‟esperienza dell‟abbraccio misericordioso del Padre da cui

nasce la fraternità . Riconoscere in Dio un Padre misericordioso infatti significa riconoscere un

fratello anche nell‟uomo peccatore, come invita a fare il Padre della parabola ( “ questo tuo figlio”

diventa “ questo tuo fratello”, v. 30 ).

Inoltre, la parabola ci dice che il motivo che induce il figlio minore a tornare a casa non è ancora la

“conversione”, ma il bisogno, aveva fame. È l‟amore del padre che “converte” questo suo figlio,

perché trasforma il bisogno in esperienza di gratuità. La scelta di diventare cristiani deve perciò

fondarsi unicamente sull‟amore di Dio.

Sulle motivazioni della scelta già sant‟Agostino si interrogava e con franchezza diceva che

«. Vi sono in verità persone che intendono diventare cristiane o per attirarsi il favore di uomini

dai quali si attendono qualche vantaggio temporale o perché non vogliono dispiacere a uomini di

cui hanno timore. Ma costoro non sono autentici cristiani. Anche se la Chiesa li sopporta

temporaneamente, come l‟aia porta la paglia fino al momento del vaglio, tuttavia, se costoro non si

correggeranno e non cominceranno ad essere cristiani mirando all‟eterna pace futura, alla fine

saranno messi da parte. Non si illudano di poter stare sull‟aia con il frumento di Dio, perché non

saranno riposti insieme ad esso nel granaio, ma sono destinati al fuoco loro dovuto. Inoltre vi sono

altre persone spinte a diventare cristiane da una speranza certamente migliore e che, nondimeno,

corrono un non minore pericolo: esse hanno già il timor di Dio e non deridono il nome cristiano, né

entrano a far parte della Chiesa di Dio con ipocrisia; tuttavia attendono la felicità in questa vita, così

da essere negli affari terreni più felici di coloro che non onorano Dio. Per questo motivo, quando

vedono che certi tipi scellerati ed empi primeggiano e posseggono in abbondanza la prosperità

mondana e che loro, al contrario, ne godono in misura minore o l‟hanno persa del tutto, ne restano

turbati, come se onorassero Dio invano, e facilmente si allontanano dalla fede » ( La prima

catechesi, 17. 26 ).

Domande per il gruppo o il singolo

Cosa significa per noi la parola “conversione” ? In che modo i cristiani vivono nella loro vita

l‟esperienza del perdono di Dio ?

Preghiera

Preghiamo col Sal 51(50) per chiedere il perdono di Dio

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3Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia;

nella tua grande bontà cancella il mio peccato.

4Lavami da tutte le mie colpe,

mondami dal mio peccato.

5Riconosco la mia colpa,

il mio peccato mi sta sempre dinanzi.

6Contro di te, contro te solo ho peccato,

quello che è male ai tuoi occhi, io l‟ho fatto;

perciò sei giusto quando parli,

retto nel tuo giudizio.

7Ecco, nella colpa sono stato generato,

nel peccato mi ha concepito mia madre.

8Ma tu vuoi la sincerità del cuore

e nell‟intimo m‟insegni la sapienza.

9Purificami con issopo e sarò mondo;

lavami e sarò più bianco della neve.

10Fammi sentire gioia e letizia,

esulteranno le ossa che hai spezzato.

11Distogli lo sguardo dai miei peccati,

cancella tutte le mie colpe.

12Crea in me, o Dio, un cuore puro,

rinnova in me uno spirito saldo.

13Non respingermi dalla tua presenza

e non privarmi del tuo santo spirito.

14Rendimi la gioia di essere salvato,

sostieni in me un animo generoso.

15Insegnerò agli erranti le tue vie

e i peccatori a te ritorneranno.

16Liberami dal sangue, Dio, Dio mia salvezza,

la mia lingua esalterà la tua giustizia.

17Signore, apri le mie labbra

e la mia bocca proclami la tua lode;

18poiché non gradisci il sacrificio

e, se offro olocausti, non li accetti.

19Uno spirito contrito è sacrificio a Dio,

un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi.

20Nel tuo amore fa grazia a Sion,

rialza le mura di Gerusalemme.

21Allora gradirai i sacrifici prescritti,

l‟olocausto e l‟intera oblazione,

allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.

Impegno

Sostando in preghiera pensiamo se abbiamo ricevuto delle offese e chiediamo a Dio di aiutarci di

perdonare.

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Scheda 8

« Amore paradossale e preveniente »

Lc 10, 25-37

« Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare la

vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». Costui rispose:

«Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con

tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». E Gesù: «Hai risposto bene; fa' questo e

vivrai». Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù

riprese:«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo

percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per

quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in

quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo

vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi,

caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente,

estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più te

lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato

nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu

fa' lo stesso». »

Le parabole di Gesù ci mostrano Dio buono e misericordioso. Il suo amore ha una doppia

caratteristica : è paradossale e preveniente ( come si è visto nella parabola del padre

misericordioso ) : paradossale perché siamo amati da Dio così come siamo, cioè peccatori,

preveniente perché l‟iniziativa è sempre sua.

Con la parabola del buon samaritano Gesù ci obbliga a rivedere la nostra stessa concezione di

Dio e di prossimo. Alla domanda del dottore della legge Gesù non risponde fornendo una

definizione di “prossimo”, piuttosto sposta il discorso dall‟essere al farsi prossimo. La prossimità

non è un punto di partenza, ma una scelta, « non una collocazione dell‟altro rispetto a te ma la

vocazione della tua libertà rispetto a lui » ( A. Rizzi ).

La risposta che Gesù dà alla domanda “che devo fare per avere la vita eterna” ( cioè la

salvezza ), ci dice che il fare è il farsi responsabile del prossimo, cioè dell‟altro incontrato per via.

Significa saper interrompere la propria via perché l‟altro possa riprendere la sua. « è dunque un fare

che definisce l‟essere : come responsabilità e come condizione di salvezza » ( A. Rizzi ). Devo

farmi prossimo perché il povero mi interpella.

« Il “farsi prossimo” del samaritano dice che Dio è l‟istanza suprema che chiama nel povero

lungo la strada, e che amarlo con tutto il cuore e con tutte le forze è servire quel povero al di là di

ogni umana prossimità. Se l‟atto del samaritano è per lui salvezza, è perché qui accade quell‟amore

di Dio senza riserva che della salvezza è la condizione » ( A. Rizzi ).

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La compassione del samaritano è indicata con lo stesso verbo usato da Luca per indicare la

compassione di Gesù che risuscita il figlio univo della vedova di Nain; è il verbo che nella sua

radice ebraica e nel suo corrispondente greco indica nella Bibbia la tenerezza di Dio verso l‟uomo. Nel catechismo degli adulti leggiamo : « Se Gesù di Nazaret dona e nello stesso tempo esige il distacco

dalle ricchezze, dall‟ambizione, dagli affetti disordinati, dai pregiudizi culturali e religiosi, lo fa in nome di

una libertà che si attua nella comunione con i fratelli e con Dio. Quelli che si convertono al regno di Dio e

obbediscono alla sua volontà, costituiscono una famiglia più salda che non la parentela fondata sui legami di

sangue. Quanti tra loro sono chiamati a lasciare il lavoro, la casa e la condizione ordinaria di vita, non

finiscono per rimanere soli, ma trovano una famiglia più grande, la comunità dei discepoli. Questa è la

promessa di Gesù: “Non c‟è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o

campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e

sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna” ( Mc 10,29-30 ).Neppure

tra i seguaci di Gesù mancano egoismi e tensioni, ma la legge che regola i rapporti è quella della carità. Chi

decide di seguirlo, sa che deve impegnarsi seriamente per una forma di vita, che prevede servizio

scambievole, correzione fraterna, perdono, riconciliazione, attenzione ai più deboli. Questo atteggiamento

deve valere verso tutti, anche verso gli estranei: lo insegna con mirabile efficacia la parabola del samaritano.

Un uomo viene aggredito dai briganti e lasciato mezzo morto lungo la strada. Lo vedono due passanti della

sua stessa religione e nazionalità, ma tirano via senza curarsi di lui. Giunge un samaritano, uno straniero, per

di più considerato eretico: si ferma, si avvicina, carica il ferito sulla cavalcatura, lo porta alla locanda, lo fa

curare a proprie spese. È necessario farsi carico di ogni uomo che incontriamo, al di là di qualsiasi differenza

razziale, sociale e religiosa. È sbagliato chiedersi chi sia prossimo a noi; siamo noi che dobbiamo farci

prossimi di chiunque, anche di chi è estraneo, perfino dei nostri nemici. Il modello è l‟amore stesso di Dio:

“Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro” ( Lc 6,36 ). Che cosa voglia dire amare, Gesù

lo esemplifica nelle parole del giudizio finale: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e

mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato,

carcerato e siete venuti a trovarmi” ( Mt 25,35-36 ); e lo riassume formulando in termini positivi la

cosiddetta “regola d‟oro”: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa

infatti è la Legge e i Profeti” ( Mt 7,12 ).Amare, dunque, significa fare concretamente il bene, con premura e

creatività. La misura è Gesù stesso: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” ( Gv

13,34 ). I discepoli di Gesù vivono in comunione tra loro come fratelli e sono attivamente solidali con tutti,

come il samaritano della parabola evangelica » ( 161-164 )

Domande per il gruppo o il singolo

Cosa significa per noi farci prossimo ? Quello che Gesù insegnò con la sua stessa vita lo vediamo

realizzato nella vita dei suoi discepoli, i cristiani di oggi ? chi sono i “feriti” di oggi da soccorrere ?

Preghiera

Preghiamo col Sal 41 (40)

Beato l‟uomo che ha cura del debole, nel giorno della sventura il Signore lo libera. 3Veglierà su di lui il Signore, lo farà vivere beato sulla terra, non lo abbandonerà alle brame dei nemici. 4Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore; gli darai sollievo nella sua malattia. 5Io ho detto: “Pietà di me, Signore;

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risanami, contro di te ho peccato”. 6I nemici mi augurano il male: “Quando morirà e perirà il suo nome?”. 7Chi viene a visitarmi dice il falso, il suo cuore accumula malizia e uscito fuori sparla. 8Contro di me sussurrano insieme i miei nemici, contro di me pensano il male: 9“Un morbo maligno su di lui si è abbattuto, da dove si è steso non potrà rialzarsi”. 10Anche l‟amico in cui confidavo, anche lui, che mangiava il mio pane, alza contro di me il suo calcagno. 11Ma tu, Signore, abbi pietà e sollevami, che io li possa ripagare. 12Da questo saprò che tu mi ami se non trionfa su di me il mio nemico; 13per la mia integrità tu mi sostieni, mi fai stare alla tua presenza per sempre. 14Sia benedetto il Signore, Dio d‟Israele, da sempre e per sempre. Amen, amen.

Impegno

Cerchiamo di conoscere esperienza di accoglienza di stranieri e domandiamoci cosa

potremmo fare noi

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Scheda 9

« La fede, risposta dell‟uomo all‟amore di Dio »

Atti 10, 34-43

« Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto. Questa è la parola che egli ha inviato ai figli d'Israele, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti. Voi conoscete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare che egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio. Tutti i profeti gli rendono questa testimonianza: chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome »

Cosa significa “credere” ? La fede – come atteggiamento umano – è la risposta dell‟uomo

all‟amore di Dio. Un amore concreto, quello vissuto da Gesù e riversato nei nostri cuori dallo

Spirito santo, amore che chiede una risposta concreta : per questo la fede è strettamente legata

all‟amore di dio e del prossimo. Non c‟è fede cristiana senza amore, come solo dalla fede nasce un

vero amore, perché è la fede che ci fa accogliere l‟amore di Dio che ci apre all‟amore del prossimo.

Fede e amore sono “tenute per mano” dalla speranza che le guida entrambe. Credere, allora,

significa decidersi per Dio : accogliere la sua offerta di amore e da essa lasciarsi trasformare.

Il discorso dell‟apostolo Pietro ci spiega che tutti coloro che temono Dio e praticano la

giustizia sono da Lui ben accetti. Cosa distingue il cristiano dagli uomini timorati di Dio che

praticano la giustizia ? Pietro lo dice : accogliere Gesù come Messia, fondare nel suo nome la nostra

speranza che nasce dalla tomba vuota. Sì, perché la fede dei cristiani si fonda sulla tomba vuota.

Gesù ha “abitato” la sua tomba non come luogo di morte ma di vita.

Ora tutta la storia si può rileggere alla luce di questo evento inaudito : Gesù è stato risuscitato

dal Padre. La risurrezione infatti è l‟attestazione dell‟intera vicenda storica di Gesù, della sua vita di

dedizione al Padre e agli uomini. Nella risurrezione vediamo il sigillo dell‟amore del Padre che ha

dato tutto nelle mani del Figlio e il Figlio nulla ha tenuto per sé ma dà tutto a tutti.

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La decisione che la fede suppone è suscitata da questa esperienza di gratuità, che si snoda

quasi come una catena, da Gesù ai suoi discepoli, dai discepoli testimoni della risurrezione ai loro

concittadini e così fino ai nostri giorni. C‟ un legame stretto tra fede e testimonianza. La

predicazione è necessaria, ma non sufficiente. Testimonianza e annuncio devono sempre essere

compagne di strada. Testimoni di Gesù risorto, questo è il credente cristiano. Decidersi per lui è il

nostro atto di fede. Per questo l‟evangelista Giovanni può dire che il vero peccato è l‟incredulità, il

rifiuto di Gesù. Ora è con lui che dobbiamo confrontarci, con lui verificare la nostra vita, a lui

volgerci per trovare il senso dell‟esistenza. Gesù , dice l‟apostolo Paolo, è immagine del Padre.

Nella misura in cui conformiamo la nostra vita a Gesù la conformiamo al Padre.

Il sepolcro vuoto è il punto di partenza, la pienezza nella partecipazione all‟amore del Padre

per il Figlio nello Spirito è il punto di arrivo.

Domande per il gruppo o il singolo

Vi sono state circostanze della vostra vita in cui avete sperimentato l‟amore di Dio e come avete

risposto ? perché dio ha scelto la via della croce per rivelarci questo suo amore ?

Preghiera

Cerca di rivolgerti al Padre con una preghiera spontanea di benedizione e di lode

Impegno

Leggi e rifletti sui nn 142 e 170 del Catechismo degli adulti.

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Catechesi

catecumenale

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Scheda 1

“L‟alleanza storia di salvezza” – Gen 12, 1-9

Da dove nasce l‟Alleanza ? È Dio che prende l‟iniziativa non è Abramo che lo cerca. Dio si rivolge

all‟uomo. Questa è una concezione nuova rispetto alla religiosità antica, secondo la quale essendo

“Dio “perfezione” non mancando di nulla, non ha bisogno di rivolgersi all‟uomo. L‟esperienza di

Abramo capovolge questa concezione perché è dio che parla e si rivela. Dio non si rivela però come

la perfezione verso cui tende il desiderio naturale dell‟uomo, ma come un “tu” personale che si

abbassa liberamente e gratuitamente sull‟uomo. È Dio che per primo rivolge la parola all‟uomo

istaurando un rapporto di comunione e di dialogo. Questa è la sostanza dell‟alleanza biblica. Il

termine ebraico che esprime alleanza è berit. In un contesto politico sociale l‟alleanza tra due

governanti, re, è frutto di reciproco accordo, nel caso dell‟alleanza tra dio e il suo popolo il berit è

donato da Dio al suo popolo, non è frutto di una contrattazione. Grazie a questa iniziativa gratuita di

Dio, Abramo e quindi ogni credente è chiamato a diventare partner, interlocutore di Dio. L‟uomo è

relazione di fronte a Dio. Da qui la fiducia dinanzi a Dio. Quando si dice riferendoci ad Abramo che

Dio “glielo ascrisse a giustizia” ( Gen 15, 6 ) si intende che egli credendo a Dio assunse

l‟atteggiamento che corrisponde all‟uomo dinanzi alla parola divina.

Domande per il singolo e per il gruppo

Cosa significa per me avere una relazione personale con Dio ?

Ci sono stati momenti nella vita in cui si è sperimentata la presenza della gratuità di Dio ?

Preghiera

Salmo 8

2O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: sopra i cieli si innalza la tua magnificenza.

3Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli.

4Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate,

5che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?

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6Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato:

7gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi;

8tutti i greggi e gli armenti, tutte le bestie della campagna;

9Gli uccelli del cielo e i pesci del mare, che percorrono le vie del mare.

10O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra

Impegno

Nella tua condizione di vita quali atteggiamenti concreti esprimono l‟alleanza di Dio.

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Scheda 2

“Benedizione e obbedienza” – Gen 12, 1-9

“Farò di te un grande popolo [ … ]” : in queste parole è contenuta la promessa di dio ad Abram.

“Allora Abramo partì” ( v. 4 ). Alla promessa di Dio segue immediatamente la risposta di Abramo il

quale obbedisce senza chiedere nulla. Per andare dove ? Perché ? Abramo non si pone queste

domande va “altrove” fuori della sua terra. Semplicemente obbedisce, ma non perché non vuole

sapere, ma perché ha scoperto un nuovo sapere che gli ha rivelato il “tu” che gli ha parlato. Abramo

“sa”, per questo non ha posto domande, perché si fida del tu che gli ha parlato. Il sapere di Abramo

non è fondato sulla verifica della verità della promessa, né sulla su intelligenza, ma solo sul fatto

che si fida di chi gli ha parlato. Per questo paolo definisce Abramo “il padre di tutti i credenti”

( Rom 4, 11 ). Come si può obbedire senza garanzie “farò di te un grande popolo e ti benedirò,

renderò grande il tuo nome e diventerai un benedizione” ( v. 2 ). Nella relazione con Dio Abramo si

scopre ricco di una ricchezza che non consiste nell‟arricchirsi, ma piuttosto nell‟arricchire, non

nell‟esser per sé bensì nell‟essere per gli altri : “in te si diranno benedette tutte le famiglie della

terra”. Quindi la benedizione di Abramo è una promessa di felicità per lui e per tutte le nazioni.

Domande per il singolo e per il gruppo

Nella relazione con Dio scopriamo “la vera ricchezza” ?

Ci sentiamo “figli della promessa” ?

Preghiera

Salmo 40

2Beato l’uomo che ha cura del debole, nel giorno della sventura il Signore lo libera. 3Veglierà su di lui il Signore, lo farà vivere beato sulla terra, non lo abbandonerà alle brame dei nemici. 4Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore; gli darai sollievo nella sua malattia. 5Io ho detto: “Pietà di me, Signore; risanami, contro di te ho peccato”. 6I nemici mi augurano il male: “Quando morirà e perirà il suo nome?”. 7Chi viene a visitarmi dice il falso, il suo cuore accumula malizia e uscito fuori sparla.

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8Contro di me sussurrano insieme i miei nemici, contro di me pensano il male: 9“Un morbo maligno su di lui si è abbattuto, da dove si è steso non potrà rialzarsi”. 10Anche l’amico in cui confidavo, anche lui, che mangiava il mio pane, alza contro di me il suo calcagno. 11Ma tu, Signore, abbi pietà e sollevami, che io li possa ripagare. 12Da questo saprò che tu mi ami se non trionfa su di me il mio nemico; 13per la mia integrità tu mi sostieni, mi fai stare alla tua presenza per sempre. 14Sia benedetto il Signore, Dio d’Israele, da sempre e per sempre. Amen, amen.

Impegno

Individuare un situazione in cui siamo chiamati ad imparare ad obbedire e a benedire

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Scheda 3

“La vocazione di Mosè” - Es 3,1-11

Questo brano biblico ci presenta l‟incontro di Dio con Mosè, mentre pascola il gregge nel deserto :

l‟esperienza dell‟incontro con Dio può avvenire in qualsiasi luogo e in qualsiasi condizione

personale. Dio ci viene incontro dovunque siamo e qualsiasi cosa facciamo. La scena dell‟angelo

che appare in fiamme e fuoco in mezzo ad un roveto, metaforicamente ci dice che quando Dio viene

incontro all‟uomo sfugge alla sua presa e al suo possesso. Il dialogo ci mostra Dio come colui che

chiama per nome e Mosè come colui che risponde immediatamente.

La modalità del dialogo ( è Dio che prende l‟iniziativa ) e le parole della risposta di Mosè

( “eccomi” ) sono tipici degli episodi di chiamata che troviamo nella Scrittura. L‟essere chiamati per

nome sta a significare la conoscenza intima profonda che Dio ha di noi, infatti nell‟episodio

dell‟incontro di Maria Maddalena con Gesù risorto, Maria riconosce nell‟uomo del giardino Gesù

quando è chiamata da lui per nome.

In Deuteronomio 34, 10-12 leggiamo che la grandezza di Mosè consiste proprio nel fatto che Dio

gli si è rivelato, chiamandolo per nome, gli ha parlato “faccia a faccia”, cioè intimamente come

avviene tra due amici o tra due innamorati. Questo significa che la grandezza di Mosè non è data da

quello che lui ha fatto ma da quello che gli è stato fatto : Dio lo chiama e gli parla consegnandogli i

suoi progetti sulla storia di Israele e dell‟umanità. Il nucleo centrale del racconto di Esodo è questa

rivelazione di Dio come compassione ( “il grido degli Israeliti è arrivato fino a me” ). In questo

modo la chiamata di Mosè, la sua vocazione e missione, quindi è strettamente legata a questa

rivelazione di compassione : Dio invia Mosè affinché la sua compassione diventi storicamente

efficace. La storia di ciascuno di noi si incontra con la storia di Dio che è storia di compassione, che

si fa carico della sofferenza umana associando ciascuno di noi nel cammino di liberazione e di

amore.

Domande per il singolo e per il gruppo

Quale è il significato della missione di Mosè ? Perché Dio associa a se Mosè nel suo progetto di

compassione e di liberazione?

Ti senti chiamato da Dio a collaborare in un processo di liberazione?

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Preghiera

Salmo 5

2Porgi l’orecchio, Signore, alle mie parole: intendi il mio lamento. 3Ascolta la voce del mio grido, o mio re e mio Dio, perché ti prego, Signore. 4Al mattino ascolta la mia voce; fin dal mattino t’invoco e sto in attesa. 5Tu non sei un Dio che si compiace del male; presso di te il malvagio non trova dimora; 6gli stolti non sostengono il tuo sguardo. Tu detesti chi fa il male, 7fai perire i bugiardi. Il Signore detesta sanguinari e ingannatori. 8Ma io per la tua grande misericordia entrerò nella tua casa; mi prostrerò con timore nel tuo santo tempio. 9Signore, guidami con giustizia di fronte ai miei nemici; spianami davanti il tuo cammino. 10Non c’è sincerità sulla loro bocca, è pieno di perfidia il loro cuore; la loro gola è un sepolcro aperto, la loro lingua è tutta adulazione. 11Condannali, o Dio, soccombano alle loro trame, per tanti loro delitti disperdili, perché a te si sono ribellati. 12Gioiscano quanti in te si rifugiano, esultino senza fine. Tu li proteggi e in te si allieteranno quanti amano il tuo nome. 13Signore, tu benedici il giusto: come scudo lo copre la tua benevolenza.

Impegno

Individua nell‟ambito della parrocchia o in quello lavorativo la possibilità di compiere un concreto

gesto di solidarietà.

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Scheda 4

“Le clausole dell‟alleanza” - Es 19,1-6

In che cosa consiste l‟alleanza tra Dio e il suo popolo ? Il testo ci dice che questa “voce” e questa

“alleanza” fanno di Israele un popolo particolare cioè “un regno di sacerdoti” e una “nazione santa”.

Questo significa che Dio propone a Israele una serie di comandamenti (che noi chiamiamo

decalogo, dalla parola greca che significa “dieci parole”), il cui contenuto riguarda soprattutto

l‟agire dell‟uomo nei confronti degli altri uomini piuttosto che il comportamento dell‟uomo nei

confronti di Dio. Dio in realtà chiede ad Israele di amare l‟altro allo stesso modo con cui egli lo ha

amato in Egitto, gratuitamente ascoltando il suo grido di dolore. “Voi stessi avete visto ciò che ho

fatto all‟Egitto come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me”. La “legge” che

Dio dà a Israele sul Sinai è in definitiva il comandamento dell‟amore.

Ma si può comandare l‟amore? Se si intende come puro sentimento che sgorga spontaneamente

dall‟io rivolgendosi a ciò che attrae, che piace non si può comandare. La Bibbia ci parla dell‟amore

non in termini sentimentali ma come possibilità di rivolgere il desiderio dell‟io oltre l‟io, verso

l‟altro orientando il desiderio con la libertà e la responsabilità. « Il Dio che sul Sinai si rivela come

“legislatore dell‟amore” è il Dio che attraverso la forza del comandamento, interrompe il

movimento naturale dell‟io verso l‟io e lo genera all‟altezza del‟amore verso l‟altro : miracolo della

bontà o santità che è il senso stesso del rivelarsi di Dio all‟uomo» ( C. Di Sante ).

Dio consegna a Israele il comandamento dell‟amore per introdurlo in un paese dove non gli manchi

nulla. Emblematico il testo di Dt 8,7-11. La Rivelazione di Dio al suo popolo non riguarda dunque

verità nascoste o arcani segreti ma il suo destino di felicità personale, che riguarda la persona nella

sua irriducibile singolarità perché soltanto un “io” può essere felice, non la società o la collettività

in astratto. Questa felicità personale però è anche universale perché oltre all‟io coinvolge e riguarda

ogni altro, infatti per la Bibbia fino a quando resta una lacrima da asciugare anche su un solo volto,

non si può essere felici fino in fondo. Il testo di Ap 21,4 ci fa comprendere inoltre che questa

felicità non si colloca fuori dal tempo e dallo spazio ma è da accogliere e da realizzare nella storia

di ogni uomo. La promessa di felicità contenuta nell‟Alleanza del Sinai è in realtà la manifestazione

della volontà rivelatrice e istitutrice delle condizioni da cui la felicità fiorisce. Dt 8,12-18 ci ricorda

che non si tratta di una felicità che si realizza spontaneamente, in forza di un principio dal quale si è

sospinti, bensì soggettivamente a partire da una decisione che appartiene all‟ordine della

responsabilità personale. La felicità in definitiva è il fare emergere nel nostro mondo il “di più”

dell‟amore personale di Dio che dona gratuitamente e ci chiama a ridonare allo stesso modo.

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Domande per il singolo o per il gruppo

Quale è la differenza fra la felicità naturale da una parte e quella promessa da Dio sul Sinai.

Come far diventare la mia felicità anche la felicità per gli altri.

Preghiera

Salmo 132 ( 133 )

Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! 2È come olio profumato sul capo, che scende sulla barba, sulla barba di Aronne, che scende sull‟orlo della sua veste. 3È come rugiada dell‟Ermon, che scende sui monti di Sion. Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre.

Impegno

Individuare un ambito della propria vita in cui è necessario uscire dal proprio io.

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Scheda 5

“Dio sceglie Davide” - 1 Sam 16,1-13

Dio sceglie Davide con una modalità che secondo il modo di vedere degli uomini può sembrare

strano. Davide è il più piccolo, indifeso e inesperto dei suoi fratelli. Solitamente quando noi agiamo

e scegliamo siamo spinti, attratti dal valore che scorgiamo negli altri : la virtù, la forza, il coraggio,

la maestria, la saggezza, l‟intelligenza. Dio ci mostra un agire diverso rivelando a Samuele il suo

criterio : « non guardare al suo aspetto né all‟imponenza della sua statura. Io l‟ ho scartato perché io

non guardo ciò che guarda l‟uomo. L‟uomo guarda l‟apparenza, il Signore guarda il cuore». Agli

occhi di Dio non conta ciò che apparendo, si offre allo sguardo e al giudizio altrui, ma l‟altro in

quanto altro nella sua alterità sulla quale veglia il suo amore. La semplice apparenza di cui si parla

nel testo biblico è apparenza nel senso di illusione di inganno. Il racconto biblico insegna attraverso

la scelta di Davide, il meno appariscente, il più piccolo, che Dio è libertà di amore che si abbassa

gratuitamente su ciascuno. La gratuità della scelta di Dio si manifesterà ancora in tutta la vicenda di

Davide. Anche se grande re e modello di una regalità gradita a Dio si macchierà di colpe gravi. 2

Sam 11 narra del peccato di Davide quando fa uccidere Uria l‟ittita per prenderne la moglie. Qui

Davide è emblema di ciò che accade quando il desiderio dell‟uomo diventa pretesa e da questa

nasce la volontà di dominio e di possesso e da qui la violenza. L‟esperienza di Davide ci mostra

che dobbiamo distinguere tra i nostri limiti creaturali, eventuali esperienze traumatiche che possono

segnare la nostra vita, e il progetto di Dio che siamo chiamati a realizzare. Nonostante le nostre

ferite siamo chiamati a diventare strumenti di tale progetto per la realizzazione del nostro bene e di

quello degli altri. Il senso di ogni scelta nella Bibbia è dato proprio dallo scopo della scelta “essere

per”. Davide fu scelto per il suo popolo. Infatti nell‟antico Israele non si accettava la monarchia

perché considerata una forma di idolatria del potere che contraddice l‟unico potere di Dio. Un re ha

senso solo come servizio ai poveri e agli indifesi ( “gli orfani e le vedove” ), era colui che dava

voce a chi non aveva voce.

Il segno della elezione regale era l‟unzione con l‟olio. Anche i cristiani nel Battesimo sono segnati

con il segno dell‟unzione, diventano re e sacerdoti cioè segno della presenza di Dio in mezzo agli

uomini.

Domande per il singolo e per il gruppo

I battezzati sono segno della presenza di Dio in mezzo agli uomini ?

Come evitare che i nostri limiti creaturali impediscano la piena realizzazione della nostra chiamata.

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Preghiera

Salmo 89 (90)

Signore, tu sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione. 2Prima che nascessero i monti e la terra e il mondo fossero generati, da sempre e per sempre tu sei, Dio. 3Tu fai ritornare l‟uomo in polvere e dici: “Ritornate, figli dell‟uomo”. 4Ai tuoi occhi, mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte. 5Li annienti: li sommergi nel sonno; sono come l‟erba che germoglia al mattino: 6al mattino fiorisce, germoglia, alla sera è falciata e dissecca. 7Perché siamo distrutti dalla tua ira, siamo atterritti dal tuo furore. 8Davanti a te poni le nostre colpe, i nostri peccati occulti alla luce del tuo volto. 9Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua ira, finiamo i nostri anni come un soffio. 10Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo. 11Chi conosce l‟impeto della tua ira, tuo sdegno, con il timore a te dovuto? 12Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore. 13Volgiti, Signore; fino a quando? Muoviti a pietà dei tuoi servi. 14Saziaci al mattino con la tua grazia: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni. 15Rendici la gioia per i giorni di afflizione, per gli anni in cui abbiamo visto la sventura. 16Si manifesti ai tuoi servi la tua opera e la tua gloria ai loro figli. 17Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio: rafforza per noi l‟opera delle nostre mani, l‟opera delle nostre mani rafforza.

Impegno

Guardare alla propria vita e domandarsi se vi sono ferite da guarire.

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Scheda 6

“Il pentimento di Davide” - 2 Sam.12,1-23

Il peccato di Davide ci dice che chiunque può essere il soggetto che compie il male. Il peccato, che

consiste nel ripiegamento su di sé e nella negazione a Dio consegnandoci al proprio desiderio,

riguarda tutti, perché non viene dall‟esterno ma nasce dal nostro stesso io. Nessuno ne è immune

per nascita o fortuna tutti siamo soggetti alle passioni della nostra natura. Davide però è

consapevole del suo peccato e lo ammette sebbene con l‟aiuto del profeta Natan. Il profeta con la

storia che gli racconta lo mette di fronte al male suscitando in Davide una spontanea avversione al

peccato presentato e gli offre quindi dei criteri di discernimento fra il bene e il male.

Consapevole di essere lui l‟autore del male, non si autogiustifica, ma si riconosce colpevole e

chiede perdono. Le parole di Davide “ho peccato contro il Signore” richiamano il Salmo 51.

Attraverso questo salmo la tradizione ebraico-cristiana ha manifestato di fronte a Dio la coscienza

della colpa e la richiesta di perdono. Il peccatore quando è consapevole del suo peccato non deve

farsi schiacciare dal senso di colpa ma deve volgere il suo sguardo alla misericordia di Dio che lo

sana e lo libera. La misericordia di Dio è più forte del peccato dell‟uomo, ma per questo è molto

più esigente della vendetta perché pone l‟uomo dinanzi alla sua incapacità di liberarsi da solo dal

peccato dalla possibilità concreta di una vita nuova nell‟accoglienza dell‟amore di Dio. Ciò però è

possibile se si passa dalla rinuncia di sé, dal superamento del proprio io all‟accoglienza di ciò che

viene dall‟Altro, mentre la vendetta nasce dal proprio io.

Nella croce di Gesù si rivela pienamente il volto perdonante di Dio. Sulla croce Gesù dice “padre

perdona loro perché non sanno quello che fanno” per portare a compimento tutta la sua esistenza di

dedizione all‟altro. Per-donare infatti significa donare pienamente.

Domande per il singolo e per il gruppo

Perché è cosi difficile riconoscere la propria colpa quando si commette un‟offesa nei confronti di

Dio e dei fratelli?

Che cosa rende possibile il perdono

Preghiera

Salmo 50 (51)

3Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà cancella il mio peccato.

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4Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato. 5Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. 6Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto; perciò sei giusto quando parli, retto nel tuo giudizio. 7Ecco, nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre. 8Ma tu vuoi la sincerità del cuore e nell’intimo m’insegni la sapienza. 9Purificami con issopo e sarò mondo; lavami e sarò più bianco della neve. 10Fammi sentire gioia e letizia, esulteranno le ossa che hai spezzato. 11Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. 12Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. 13Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. 14Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso. 15Insegnerò agli erranti le tue vie e i peccatori a te ritorneranno. 16Liberami dal sangue, Dio, Dio mia salvezza, la mia lingua esalterà la tua giustizia. 17Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode; 18poiché non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti. 19Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi. 20Nel tuo amore fa grazia a Sion, rialza le mura di Gerusalemme. 21Allora gradirai i sacrifici prescritti, l’olocausto e l’intera oblazione, allora immoleranno vittime sopra il tuo altare

Impegno

Leggere e meditare l‟episodio della donna adultera

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Scheda 7

“Gesù Cristo porta a compimento le promesse dell‟Alleanza” - Lc 1,26-38

Quando Filippo invitò Natanaele ad andare con lui a vedere Gesù si sentì apostrofare

così : «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?» (Gv 1, 46). Infatti Nazaret che si trovava in

Galilea, terra di frontiera era considerata un luogo dove si poteva rischiare anche la

purezza della fede per il contatto con gli stranieri, dove si poteva perdere la propria

identità, concepita come purezza cultuale e religiosa, a partire dalla

negazione dell‟identità dell‟altro. La domanda di Natanaele è perciò

comprensibile, umanamente parlando, e significa che da un villaggio insignificante non ci

si può attendere nulla. Ma proprio là dove noi non ci aspettiamo lo Spirito va e crea una

realtà nuova e inattesa. Lo Spirito santo è la potenza di Dio che sconvolge tutti i piani

dell'uomo e ne rifonda la logica; non quella della potenza, dell'ufficialità, delle convenzioni, ma

quella della debolezza, della ferialità, della fantasia creatrice. È la logica dell'amore e, di

fatti, il «bambino che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» (1, 35).

Proprio questo bambino porta a compimento le promesse, sconvolgendo ancora una volta la logica

umana, così come era stata sconvolta dalla richiesta del sacrificio di Isacco. Non nella potenza di

Erode, non nella città santa, ma in un bambino e a Nazaret si compie il progetto di Dio.

Dall‟abbraccio dello Spirito siamo santificati, così come lo furono Maria e il figlio che

portava in grembo. Il Figlio è in se stesso santo, perché della stessa natura del Padre, noi

lo siamo per partecipazione. I mistici cristiani hanno visto, poi, nell‟abbraccio del

Padre col Figlio lo stesso Spirito che è amore appunto, e in questo abbraccio tutti siamo

coinvolti.

Dunque lo Spirito di Dio scende sulla “schiava del Signore”, una vergine del più

insignificante villaggio della Galilea, per manifestare al mondo la potenza di Dio : non

nella forza, ma nella misericordia e nella croce del Figlio. Questo Spirito che sorprende le

donne e gli uomini di ogni tempo, continuamente si posa sui semplici e gli umili, su coloro

che non pongono la loro fiducia nella loro forza, ma unicamente nella misericordia e nella

magnanimità del Padre e la testimoniano nel servizio ai fratelli.

Domande per il singolo o il gruppo

Dio agisce dove noi non ce lo aspettiamo : riflettendo sulla nostra esperienza vi sono luoghi e

situazioni dove Dio si manifesta inaspettatamente ?

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Preghiera

Sal 61 (62)

2Solo in Dio riposa l’anima mia; da lui la mia salvezza. 3Lui solo è mia rupe e mia salvezza, mia roccia di difesa: non potrò vacillare. 4Fino a quando vi scaglierete contro un uomo, per abbatterlo tutti insieme, come muro cadente, come recinto che crolla? 5Tramano solo di precipitarlo dall’alto, si compiacciono della menzogna. Con la bocca benedicono, e maledicono nel loro cuore. 6Solo in Dio riposa l’anima mia, da lui la mia speranza. 7Lui solo è mia rupe e mia salvezza, mia roccia di difesa: non potrò vacillare. 8In Dio è la mia salvezza e la mia gloria; il mio saldo rifugio, la mia difesa è in Dio. 9Confida sempre in lui, o popolo, davanti a lui effondi il tuo cuore, nostro rifugio è Dio. 10Sì, sono un soffio i figli di Adamo, una menzogna tutti gli uomini, insieme, sulla bilancia, sono meno di un soffio. 11Non confidate nella violenza, non illudetevi della rapina; alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore. 12Una parola ha detto Dio, due ne ho udite: il potere appartiene a Dio, tua, Signore, è la grazia; 13secondo le sue opere tu ripaghi ogni uomo.

Impegno

Cercare di conoscere situazioni di debolezza e marginalità per un eventuale impegno di servizio

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Scheda 8

“Maria accoglie la parola di Dio” - Lc 1, 26-38

Il racconto dell'Annunciazione (Lc 1, 26-38) ci introduce nel mistero dell'azione dello

Spirito nella Madre di Dio. L‟angelo Gabriele, dopo aver salutato Maria chiamandola

"piena di grazia", risponde alla sua domanda spiegandole che «lo Spirito Santo scenderà su

di te e la potenza dell'Altissimo ti adombrerà» (1,35). Per comprendere meglio le parole

dell‟angelo consideriamo alcuni elementi del racconto evangelico.

L'angelo fu mandato da Dio a Nazaret il sesto mese di gravidanza di Elisabetta

cugina di Maria. Il racconto descrive il turbamento di Maria a l l‟annuncio della sua

gravidanza, perché ella non conosce uomo, anzi l'evangelista Luca sottolinea che Gabriele

fu inviato ad una “vergine”. Il testo pone in parallelo le figure di queste due donne:

Èlisabetta la sterile e Maria la vergine. Il fatto che l'annunciazione comincia con una

indicazione di tempo non è casuale: il sesto mese e non un altro momento perché,

probabilmente, fu nel sesto giorno che Dio fa l‟uomo e il settimo si riposò, il Sabato.

Anche lo Spirito fa in Maria ciò che la potenza dell'Altissimo ha reso possibile, cioè che

una vergine concepisca e dia alla luce un figlio. Potremmo perciò dire che lo Spirito continua

l'opera creatrice di Dio, nel senso inteso dai Padri della Chiesa. In Gesù, Dio ri-crea

nell'umanità la sua immagine e somiglianza impressagli nella creazione e deformata dal

peccato.

La vergine, nella Bibbia, è colei che volontariamente rinuncia alla possibilità di avere

una posterità che le garantisca un futuro. Sappiamo bene che l'assenza di figli era

considerata dagli ebrei come una vergogna, da cui essere liberati dalla mano di Colui che

può tutto. E di fatti molte donne sterili nella Bibbia sperimentano la consolazione della

maternità per l‟intervento di Dio. La vergine non chiede a Dio di essere sottratta dalla

sterilità, al contrario rinuncia volontariamente alla maternità, alla posterità che garantisce

sicurezza e futuro per vivere nella condizione della insicurezza e della povertà, segno

dell'abbandono fiducioso alla provvidenza divina. Maria a conclusione del dialogo con

l‟inviato di Dio chiama se stessa “schiava del Signore” (1, 38). Schiava, non serva, cioè a

dire non qualcuno che presta un lavoro retribuito, ma che serve senza nessun compenso.

Ebbene proprio una vergine, una povera agli occhi degli uomini e dinanzi a Dio (sono i

poveri "beati in spirito”), sperimenta l'opera della potenza dello Spirito del Signore.

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L‟angelo Gabriele è inviato, dunque, in un tempo determinato (“Sesto mese") ad una

vergine: l‟azione dello Spirito non segue la logica degli uomini. Non si posa dove noi

ci aspetteremmo. Non su di una persona in preghiera nel tempio, non su di un potente,

ma su di una vergine. Lo Spirito santo sorprende sempre gli uomini, è creativo. «Lo spirito

soffia dove vuole, dice Gesù a Nicodemo; tu senti la sua voce, ma non sai da quale parte venga e

dove vada. Così è di ognuno che è nato dallo Spirito» (Gv 3, 8).

Domande per il singolo o il gruppo

Che significa per noi accogliere la Parola di Dio ?

La comunità cristiana fonda la sua azione pastorale sulla fiducia nella Parola di Dio ?

Preghiera

Magnificat

“ L‟anima mia magnifica il Signore 47e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, 48perché ha guardato l‟umiltà della sua serva. D‟ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. 49Grandi cose ha fatto in me l‟Onnipotente e Santo è il suo nome: 50 di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. 51Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; 52 ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; 53 ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. 54 Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, 55come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre”.

Impegno

Dopo aver pregato il Magnificat riflettere sulla sua attualità per la nostra vita.

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Scheda 9

“Gesù riconosciuto dalle nazioni” - Mt 2,1-12

Matteo racconta che alcuni uomini sapienti chiamati Magi venuti da lontano andarono a vedere il

bambino Gesù che era nato a Betlemme. Attraverso questo racconto nella forma di una storia che

non risponde ai criteri della cronaca, i cui elementi fondamentali sono la corrispondenza ai fatti così

come sono realmente accaduti, l‟evangelista comunica un messaggio teologico : in Gesù, figlio di

Maria, Dio entra nella storia degli uomini. La genealogia di Gesù è costruita per dimostrare che Egli

appartiene pienamente al suo popolo, anzi ne costituisce il vertice delle promesse di Dio. Anche gli

episodi che seguono dimostrano che Gesù si inserisce nella lunga storia del suo popolo : Giuseppe

dà il nome a Gesù, i Magi vengono a Betlemme, la fuga in Egitto, la strage dei bambini di

Betlemme, Giuseppe riconduce Gesù a Nazaret.

Con il racconto dei Magi Matteo sottolinea alcune opposizioni : la differenza tra i Magi ed Erode, i

magi mostrano gioia, Erode paura. I Magi desiderano adorare il bambino, Erode ucciderlo. I Magi si

mettono in cammino, Erode manda il suo esercito. Anche nella vita di ciascuno di noi possiamo

rilevare queste opposizioni che si possono ricondurre alla diverso atteggiamento che si assume di

fronte a Gesù. Anche oggi siamo chiamati a prendere posizione dinanzi a Lui, ad essere testimoni

cioè a “parlare in favore di”. Questa presa di posizione si attua con l‟intera vita diventando suoi

discepoli, mettendosi a camminare con Lui. Questo atteggiamento nella tradizione cristiana è

chiamato sequela.

I Magi si fecero guidare dalla stella, anche noi siamo chiamati ad individuare chi o cosa guida le

nostre scelte. Cosi come i magi indagavano le Scritture, le stelle, e la loro storia, anche noi siamo

chiamati a questa triplice ricerca : nella Bibbia, nella nostra esperienza, nella storia. Con la loro

ricerca i Magi si inserirono nella storia della Salvezza, anche noi oggi siamo chiamati a non restarne

esclusi. Non esiste di fatto persona, esperienza umana, che non porti dentro di se una chiamata

divina. La storia della Salvezza non è scritta soltanto nella Bibbia, ma è anche la nostra vita, e la

storia dei popoli. Tutti gli uomini sono invitati a convertirsi a diventare alleati si Dio a lasciarci

condurre verso la pienezza di vita e la felicità.

Domande per singolo e per il gruppo

Se nella storia della Salvezza raccontata nella Bibbia ritrovo la mia vita.

Come è nato il desiderio di diventare cristiano

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Preghiera

Benedictus Lc 1,68-79

67Zaccaria, suo padre, fu pieno di Spirito Santo, e profetò dicendo: 68“ Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, 69e ha suscitato per noi una salvezza potente nella casa di Davide, suo servo, 70come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo: 71salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano. 72 Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, 73 del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, 74di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, 75in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. 76E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, 77per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati, 78grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge 79 per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace”.

Impegno

Condividere un dono in segno di solidarietà

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Scheda 10

“Gesù afferma il Regno di Dio” - Mt 2,1-12

Il regno di Erode si fonda sulle strutture tipiche del potere mondano: la forza, la violenza, il potere

esercitato per opprimere. Il turbamento del re Erode dinanzi alla domanda dei Magi “dove è il re dei

giudei che è nato ?” nasce dalla paura di perdere il potere. Egli non comprende il senso della

profezia delle Scritture che si riferisce in realtà alla restaurazione del regno davidico, ma in senso

messianico-salvifico. Infatti nella coscienza di Israele man mano che si sperimentano i fallimenti e

le delusioni dei regni storici che si susseguono e a seguito delle catastrofi nazionali che segano

drammaticamente il regno di Israele fino alla distruzione del tempio e disperdono il suo popolo

sempre più si fa strada la certezza di un regno messianico che trascende quelli terreni. Questo regno

messianico si caratterizza per essere un regno di giustizia e di pace. Nella predicazione dei profeti

questo regno messianico ha una dimensione universalistica. Tutte le nazioni sono chiamate a farvi

parte.

In questo contesto Gesù annuncia la venuta del regno. Mc 1,15 sintetizza tutta la predicazione di

Gesù nelle parole “il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al

vangelo”. I discepoli di Gesù sono coloro che accolgono l‟invito ad entrare nel regno di Dio con la

fede e la conversione. Il cristiano è colui che cambia il proprio modo di pensare di vedere e

considerare le cose mettendosi dal punto di vista del regno predicato da Gesù. Per esempio se Erode

considera il potere lo strumento della sua autoaffermazione regale, alla luce del regno il discepolo

considera il potere uno strumento a servizio di tutti. Lo stesso evangelista Marco ci dice dei due

discepoli che chiesero a Gesù di riservare dei posti di privilegio nel “suo” regno. A costoro e agli

altri che manifestarono risentimento per questa richiesta Gesù rivolge questo ammonimento : “Voi

sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e il loro grandi esercitano su di

esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e

chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell‟uomo infatti non è venuto per

essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 42-45).

La dimensione escatologica del regno non significa che esso è una realtà che si realizzerà

esclusivamente oltre la storia degli uomini ma al contrario, significa che già nel nostro presente

siamo chiamati ad esercitare una responsabilità finalizzata alla sua preparazione e al suo

compimento. Le stesse parole di Gesù ce lo suggeriscono: “tra di voi”, ”il regno di Dio è vicino”,

sono l‟invito a vivere già ora come il regno esige. I discepoli tra di loro devono costruire pace e

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giustizia. In questo modo la comunità dei discepoli diventa società alternativa nel senso che indica

una possibilità storicamente concreta di relazioni fondate sui valori del regno.

Domande per il singolo e per il gruppo

Vi sono ambiti in cui è particolarmente difficile vivere i valori del regno?

I cristiani vivono effettivamente il vangelo?

Preghiera

Salmo 1

1Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti; 2ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte. 3Sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua, che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai; riusciranno tutte le sue opere. 4Non così, non così gli empi: ma come pula che il vento disperde; 5perciò non reggeranno gli empi nel giudizio, né i peccatori nell’assemblea dei giusti. 6Il Signore veglia sul cammino dei giusti, ma la via degli empi andrà in rovina.

Impegno

Riflettere sulla vita di un testimone che ha vissuto i valori del regno

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Scheda 11

“Gesù ci rivela il Padre” - Mt 11, 25-30

Tutti gli uomini in quanto creature sono figli di Dio. Gesù però parla di Dio come del padre in un

senso peculiare. Perché ? La paternità di Dio di cui ci parla Gesù è innanzi tutto legata alla

tradizione biblica che chiama Dio “padre e/o madre” non nel senso di una generazione fisica ma per

la cura che dimostra nei confronti delle sue creature. Gesù oltre a ciò chiama Dio padre in virtù del

legame unico che li lega. In questo senso Paolo afferma che Gesù è immagine del padre. Questo

significa che il modo di essere di Gesù è come un‟immagine che permette di conoscere chi è Dio e

quale è il suo modo di comportarsi nei confronti dell‟uomo. Si può dire per esempio che Dio ci ama

come ci ha amato Gesù. Ciò significa che guardando Gesù e il suo modo di amare, diventa possibile

capire l‟atteggiamento di Dio nei nostri confronti.

Per noi la conoscenza di Dio passa dalla conoscenza di Gesù che non si deve immaginare allo stesso

modo di una conoscenza di un personaggio storico del passato mediante lo studio. Occorre invece

instaurare una relazione personale con Lui attraverso i “documenti” che attestano non solo la sua

parola ma anche, la sua prassi. Ma Gesù si conosce anche attraverso la testimonianza dei suoi

discepoli che sono chiamati a renderlo presente sempre nella storia. Come Gesù rende presente Dio

nella storia con la sua stessa vita di dedizione così i suoi discepoli lo rendono presente vivendo

come Lui ha vissuto. “Da questo riconosceranno che siete miei discepoli : se vi amate gli uni gli

altri”. Vivendo in questo modo si mostra concretamente di riconoscere la paternità di Dio su tutti gli

uomini e la conseguente fraternità che non si fonda sui legami di sangue ma sulla consapevolezza

dell‟essere tutti figli. L‟essere figlio per ciascuno di noi è conseguenza di una elezione da parte di

Dio e perciò non possiamo rivendicare questa figliolanza, come un fatto dovuto. La vera fraternità

dunque è possibile là dove si realizza una relazione di gratuità.

Così pure non esiste vera paternità umana se non si riconosce la paternità di Dio, pena la

trasformazione della paternità umana in una ulteriore forma di prevaricazione e affermazione di sé.

Dal padre celeste « ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome » (Ef 3,15). Nella paternità di

Dio che in Gesù si rivela, l‟uomo può trovare la vera paternità e il vero contenuto della relazione del

figlio con il padre. Contrariamente a quanto affermato nella nostra cultura occidentale “ il padre”

non dovrebbe significare oppressione o dominio ma dovrebbe suscitare libertà e responsabilità.

Domande per il singolo e per il gruppo

Come vivo la paternità di Dio

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Che tipo di esperienza di paternità abbiamo?

Preghiera

Salmo 110 ( 111)

Renderò grazie al Signore con tutto il cuore, nel consesso dei giusti e nell‟assemblea. 2Grandi le opere del Signore, le contemplino coloro che le amano. 3Le sue opere sono splendore di bellezza, la sua giustizia dura per sempre. 4Ha lasciato un ricordo dei suoi prodigi: pietà e tenerezza è il Signore. 5Egli dá il cibo a chi lo teme, si ricorda sempre della sua alleanza. 6Mostrò al suo popolo la potenza delle sue opere, gli diede l‟eredità delle genti. 7Le opere delle sue mani sono verità e giustizia, stabili sono tutti i suoi comandi, 8immutabili nei secoli, per sempre, eseguiti con fedeltà e rettitudine. 9Mandò a liberare il suo popolo, stabilì la sua alleanza per sempre. 10Santo e terribile il suo nome. Principio della saggezza è il timore del Signore, saggio è colui che gli è fedele; la lode del Signore è senza fine.

Impegno

Riflettete sugli episodi della vita di Gesù che conoscete. Dite qual è la parte della sua personalità

che vi sembra sia un rivelazione dell‟essere stesso di Dio.

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Scheda 12

“Guardando a Gesù e al suo modo di amare conosciamo il Padre” – Fil 2, 5-11

Nell‟inno cristologico contenuto nella lettera di Paolo ai Filippesi, l‟apostolo ricorda come si

manifesta l‟amore di Dio per gli uomini in Gesù : non essendo geloso della sua natura divina la

partecipa a noi attraverso un gesto di “svuotamento”. Sì egli in un certo senso svuota se stesso per

assumere tutta la nostra natura umana, segnata dalle tante contraddizioni che consociamo, dalle sue

ferite, dalla sua estrema “povertà” per guarirla e “arricchirla” della sua divinità. L‟uomo, così come

è, diventa il destinatario di questo straordinario e inconcepibile annuncio : qualcuno molto più

grande di te, qualcuno che in sé ha tutto, vive la pienezza del suo essere, rinuncia a sé, si abbassa a

te per farti partecipe della sua ricchezza. Perché ? Non perché tu meriti qualcosa, perché tu possa

contraccambiare in qualche modo, ma semplicemente perché nel suo amore infinito egli vuole

portare a compimento la tua esistenza. Altrimenti detto, il Padre vuole solo la felicità dei suoi figli,

non è geloso della sua condizione di “ricchezza”, di forza, di superiorità, non è un padre o una

madre geloso/a della/del figlia/figlio che cerca la sua autonomia, che si separa da loro e sperimenta

le stesse gioie d‟essere sposa/sposo protagonista della sua vita personale. Al contrario è un Padre

che vuol condurre i figli alla piena realizzazione, che non teme d‟essere spodestato dalla sua

posizione di padre che dona, che non teme l‟irriconoscenza. Per fare questo ha immaginato uno

“scambio” tra la sua e la nostra “natura”. Lo stesso Paolo lo esprime in modo straordinario nella

2Cor 8, 9 : “Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo : da ricco che era, si è fatto

povero per voi, perché diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”. La sua povertà è lo

“svuotamento” di cui parla l‟inno di Filippesi, l‟assunzione della nostra natura umana diventa

perciò la via della nostra salvezza. Questa natura umana non un‟altra, immaginata o prefigurata in

modo astorico. Questo movimento di abbassamento di Dio per innalzare noi si chiama “grazia”. La

grazia cristiana è dunque questo movimento di Dio che si china su di noi con Gesù.

Se questo esprime il modo con cui Dio ci ama in Gesù e Gesù lo esprime con tutta la sua vita, allora

possiamo dire che due sono le caratteristiche fondamentali di questo amore : esso è paradossale e

incondizionato. Incondizionato perché non ha limiti, non pone condizioni per essere esercitato nei

nostri confronti; paradossale perché siamo noi coloro che Dio ama, noi peccatori non ancora

diventati “buoni”. Lo possiamo dire ancora con le parole dell‟apostolo Paolo : “Dio dimostra il suo

amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” ( Rom 5, 8 ).

Osserviamo pure che Paolo chiama “grazia” pure la colletta che i cristiani delle comunità da lui

fondate vogliono inviare ai cristiani di Gerusalemme che soffrivano per una grave carestia. Cosa

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vuol dire ? La grazia di Dio, il suo modo paradossale e incondizionato di amare, deve diventare la

nostra grazia, il nostro modo di amare. È Gesù a dircelo : “come io ho amato voi, amatevi tra di

voi”; “se invitate chi può contraccambiare il vostro invito che merito ne avete” ?.

Mettersi alla sequela di Gesù significa amare come lui ha amato.

Domande per il singolo o il gruppo

Perché amare come Gesù ha amato ?

Cosa significa per te la grazia di Dio ?

Preghiera

5Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, 6il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; 7ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, 8umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. 9Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; 10perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; 11e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre

Impegno

Racconta un‟esperienza nella quale si è manifestata, secondo te, la grazia di Dio.

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Scheda 13

“Battesimo ed Esodo” - Dt 8, 2-5

L‟Esodo è l‟evento fondatore della fede di Israele. La Bibbia racconta dell‟intervento di Dio che

libera Israele dalla schiavitù dell‟Egitto. Questo intervento non è solo efficace ma soprattutto è

gratuito. In Dt 7, 7-8 leggiamo : « Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più

numerosi di tutti gli altri popoli – siete infatti il più piccolo di tutti i popoli -, ma perché il Signore

vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri, il Signore vi ha fatto uscire

con mano potente e vi ha riscattati liberandovi dalla condizione di schiavi, dalla mano del faraone,

re di Egitto ». In questo testo si insiste sul fatto che “io vi ho liberati non perché siete più numerosi

degli altri”, un modo per dire che « voi non vi siete auto-liberati »; oppure « non vi ho liberati

perché siete un popolo che avete particolari virtù, perché siete forti, non perché siete portatori di

valori »; anche questo è un modo per mettere in luce l‟intervento gratuito di Dio. Ancora in Dt 8,3

« Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non

conoscevi e che neppure i tuoi padri avevano mai conosciuto, per farti capire che l‟uomo non vive

soltanto di pane, ma che l‟uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore ». Che vuol dire che

l‟uomo non si vive di solo pane ? Il pane è ciò che uno produce con le proprie capacità, la propria

progettualità. Il testo ci dice, allora, che non si vive solo delle proprie capacità ma di ciò che si ha

gratuitamente. Questo è anche il significato profondo che ritroviamo nel vangelo sulla bocca di

Gesù “non di solo pane vivrà l‟uomo” ( Lc 4, 4 ). Queste parole non vogliono dire che si vive di

altre cose oltre che del pane per esempio del Signore o dell‟aldilà, ma vuol dire che bisogna cogliere

il senso del pane oltre la sua materialità, cioè cogliere dentro il pane la gratuità di colui che te lo dà.

Questo è il senso dell‟elezione di Israele : “non pensare che se tu mangi, mangi in forza della tua

capacità ma in forza della mia libertà”. Nel simbolo del pane si manifesta la sollecitudine di Dio che

lo dona e la sollecitudine dell‟uomo che lo accoglie. Questa dimensione di gratuità che è a monte

dell‟intervento liberatore di Dio è messa in luce nel racconto dell‟Esodo soprattutto nelle immagini

che riguardano il deserto che Israele attraversa dopo che è stato liberato dall‟Egitto, soprattutto nei

cap. 16-17-18. Anche il deserto è simbolo che rimanda all‟azione gratuita di Dio. Israele infatti nel

deserto prende coscienza che vive solo in forza di ciò che Dio gli dà. Questo è il significato della

manna che scende dall‟alto e dell‟acqua che esce dalla roccia. Il deserto è il luogo dove Israele

sperimenta la difficoltà di accettare la dimensione della gratuità dell‟azione di Dio.

L‟Esodo è dunque il passaggio dalla schiavitù alla liberazione. « Passaggio» in ebraico pesach/

pasqua. La Pasqua di Gesù è il passaggio dalla morte alla vita, la Pasqua del cristiano è il passaggio

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da una vita di morte/peccato a una vita di liberazione e amore. I primi cristiani ricordavano tutte le

immagini dell‟Esodo, dell‟uscita dall‟Egitto, del cammino nel deserto, della conclusione

dell‟alleanza con il dono della Parola di Dio, per parlare della nuova vita dentro la quale li portava

Gesù.

Domande per il singolo e per il gruppo

Quali sono le difficoltà davanti alle quali ci troviamo noi oggi e che fanno parte della nostra vita ?

Davanti a queste difficoltà quali sono le strade possibili ?

Preghiera

Salmo 15 (16)

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio. 2Ho detto a Dio: “Sei tu il mio Signore, senza di te non ho alcun bene”. 3Per i santi, che sono sulla terra, uomini nobili, è tutto il mio amore. 4Si affrettino altri a costruire idoli: io non spanderò le loro libazioni di sangue né pronunzierò con le mie labbra i loro nomi. 5Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. 6Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi, è magnifica la mia eredità. 7Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio cuore mi istruisce. 8Io pongo sempre innanzi a me il Signore, sta alla mia destra, non posso vacillare. 9Di questo gioisce il mio cuore, esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, 10perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione. 11Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra.

Impegno

Impegnarsi a riconoscere il gratuito presente nella nostra vita.

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Scheda 14

“Alla sequela di Gesù dobbiamo vivere il passaggio verso la „terra promessa‟” – 1Cor 11, 2-33

Dio dà al suo popolo un comando un po‟ particolare : “Questo giorno sarà per voi un memoriale”

( Dt 12, 14 ). Attraverso dei riti gli uomini possono ricordare gli eventi che hanno segnato la loro

storia, ma i gesti rituali si compiono entro le nuove esperienze vissute da ciaqscuno, in cui Dio si

rende protagonista di nuovi interventi per avvicinarli sempre di più alla salvezza. Nella veglia

pasquale del sabato santo o cristiani ricordano, fanno “memoria”, attraverso dei segni e l‟ascolto

della Bibbia, il lungo cammino di Israele verso la liberazione dalla schiavitù dell‟Egitto fino alla

terra promessa. Inoltre alla luce di quegli avvenimenti la realtà tutta è ora comprese nel suo

significato profondo, il perché delle cose e degli avvenimenti è visto in una luce nuova : tutto il

mondo è creato da Dio per farne dono all‟uomo e guidarlo alla sua felicità. Questo Dio che ci libera

dall‟Egitto è lo stesso Dio che ci ha creato, ma di più. Per noi cristiani è lo stesso Dio che ci ha ri-

creato in Gesù, liberandoci dal peccato e dalle sue conseguenze, innanzitutto dalla morte. Con la

veglia pasquale si celebra la morte e la risurrezione di Cristo, fonte di salvezza per tutti.

Ora per i cristiani, tutte le volte che si celebra l‟eucaristia si fa memoria della Pasqua di Gesù. Come

l‟antico Israele anche i cristiani obbediscono ad un comando, che ora viene da Gesù : “fate questo in

memoria di me”. Comando di Gesù ricordato da Paolo nella 1Cor 11. Se consideriamo con

attenzione i testi evangelici che ci riportano le parole di Gesù e il testo di Paolo, notiamo anzitutto il

contesto : Gesù dice quelle parole celebrando la sua ultima pasqua, che divento ora la sua pasqua.

Gesù non ci invita a ricordarlo semplicemente ripetendo i gesti che lui compi quando celebrò la sua

pasqua rituale, come ogni devoto ebreo. Egli ci invita a spezzare il pane come lui lo ha spezzato :

dando la sua vita. Lui è il pane spezzato dato per noi. Celebrare l‟eucaristia significa per noi, allora,

fare memoria della pasqua di Gesù per viverla nella nostra vita, facendoci anche noi pane per gli

altri.

Spezzare il pane diventerà un segno distintivo di Gesù, tanto da essere riconosciuto mediante esso

( cfr discepoli di Emmaus ), come esso dovrebbe essere il segno distintivo dei suoi discepoli.

Entrare nella terra promessa per i cristiani significa costruire relazioni fraterne fondate sulla

giustizia e l‟amore.

Domande per il singolo o il gruppo

Cosa ci permette di riconoscere che Dio è presente nella nostra storia ?

Pensiamo che la comunità cristiana ci possa aiutare ?

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Preghiera

Salmo 66 (66 ), 16-20

16Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio, e narrerò quanto per me ha fatto. 17A lui ho rivolto il mio grido, la mia lingua cantò la sua lode. 18Se nel mio cuore avessi cercato il male, il Signore non mi avrebbe ascoltato. 19Ma Dio ha ascoltato, si è fatto attento alla voce della mia preghiera. 20Sia benedetto Dio che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha negato la sua misericordia.

Impegno

Conosci dei cristiani che non vanno mai a Messa ? Chiedi loro quali difficoltà hanno nel

parteciparvi e cerca di aiutarli a superarle

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Scheda 15

“Riconoscere la presenza del Risorto” – Lc 24, 13-35

Gesù risorto si fa compagno di strada di ciascuno di noi, spesso però è difficile riconoscerlo.

L‟evangelista Luca ci aiuta a farlo. Rileggiamo l‟episodio lucano passo dopo passo.

Gesù si fa compagno di strada : l‟iniziativa è sua, sebbene senza nessun atteggiamento di invadenza.

Gesù inizialmente semplicemente cammina con loro, condivide la loro strada. Era quello stesso

giorno : anche questa annotazione è importante. L‟incontro non avviene un giorno qualsiasi, ma lo

stesso giorno della risurrezione, il “girono del Signore”. I cristiani si incontrano la domenica per

fare memoria della risurrezione di Gesù. Gli occhi dei due discepoli non sono in grado di

riconoscerlo, così come tante volte i cristiani che sono praticanti non riescono a scorgere Gesù

risorto nella loro vita. Gesù prende parte ai loro discorsi, non subito ma dopo un po‟ di strada. Egli

vuole fasi loro compagno, condividere la fatica e ora si mostra interessato ai loro “discorsi”, alla

loro delusione. Solo a questo punto egli interviene come “maestro”, come colui che spiega le

Scritture. I discepoli ancora non capiscono perché non hanno colto la realtà personale di Gesù. La

intuiscono, ma non la colgono pienamente. Solo allo spezzare del pane sono in grado di farlo,

perché questo è il gesto che “identifica” Gesù, il gesto che rivela la sua vera identità di colui che ha

dato se stesso per noi. Dunque è proprio nel gesto della relazione piena, una relazione di comunione

e di amore, che abbiamo la possibilità di ri-conoscere Gesù. Colui che ci chiama per nome, colui

che ci conosce nel più profondo del nostro intimo è da noi riconosciuto quando pone il gesto che ha

contraddistinto l‟intera sua esistenza.

“Essere chiamati per nome” e “pane spezzato” : sono due delle esperienze originarie della nostra

vita. “Essere conosciuti” ed “essere saziati” sono i due momenti che indicano la pienezza della

nostra esistenza. Essere conosciuti significa infatti che tra l‟io che è conosciuto e l‟io che conosce si

è stabilita una relazione così profonda che non occorrono né parole né gesti esteriori per

comunicare. Questa conoscenza consente una armonia spirituale che consente una comunicazione

profonda che colma e previene. Colma le delusioni e le ferite ma previene anche ciò che potrebbe

causarle. Chi ama veramente non solo riesce a conoscere ciò che può piacere chi ama, ma anche ciò

che fa soffrire. Spezzare il pane e condividerlo significa perciò dare e accogliere, colmare e

prevenire.

Il Signore risorto accompagna i nostri passi di viandanti colmando il vuoto della nostra delusione e

ponendo le condizioni della gioia della sua scoperta. Bisogna solo aprire il cuore a riconoscerlo.

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Domande per il singolo o il gruppo

Perché il pane spezzato è segno dell‟identità di Gesù ?

Pensa a forme concrete di condivisione.

Preghiera

Lc 24, 29

“Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino”

Impegno

Farsi “compagni” attraverso un momento di ascolto.

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Scheda 16

“Nelle Scritture, nella vita quotidiana, nell‟eucaristia” – Lc 24, 13-35

Si pone allora la domanda su come incontrare il Risorto. I discepoli di Gesù fin dall‟inizio hanno

sperimentato questa presenza in tre ambiti precisi : le Scritture, l‟eucaristia, la loro stessa vita.

Nelle Scritture incontriamo Gesù non solo perché si parla di lui ( ovviamente in un senso diverso se

ci riferiamo all‟Antico Testamento o al Nuovo ), ma anche perché egli continua a spiegarle per noi

come ai discepoli di Emmaus mediante il dono del suo Spirito. Nei vangeli tante volte leggiamo che

allora i discepoli non capivano, solo quando ricevettero lo Spirito poterono farlo. Lo Spirito, che è

dono del Risorto, ci consente di comprendere le Scritture e di comprenderle sempre nella nostra vita

attuale.

Nell‟eucaristia agisce pure la potenza dello Spirito e si rende presente il Signore sotto le specie del

pane e del vino. Riconoscere il Risorto nell‟eucaristia significa vivere una vita eucaristica.

Eucaristia significa “rendimento di grazie”. Vivere una vita eucaristica significa vivere la vita come

rendimento di grazie. Per essere più precisi, significa riconoscere che nella nostra vita vi sono

motivi per ringraziare Dio. La risurrezione di Gesù è l‟attestazione di tutta la sua vita : il Risorto è

colui che è stato crocifisso, colui cioè che donò la sua vita per noi. I cristiani chiamano il

memoriale della morte e risurrezione di Gesù “eucaristia” perché è un rendimento di grazie per

questo gesto assoluto di amore di Dio per noi.

Il Signore risorto, come mistero di offerta radicale di sé e di amore, è presente nella nostra vita

attraverso la presenza di coloro che dovrebbero essere destinatari privilegiati di amore : i poveri e i

sofferenti. Non perché nella povertà o nella sofferenza vi sia una qualche traccia della “gloria” ( che

ricordiamolo significa “presenza” ) del Risorto, ma perché solo mediante l‟amore si sconfigge la

povertà e la sofferenza. Amando il povero e il sofferente amo Gesù e nel volto del povero posso

vedere il volto di Gesù che si trasfigura sul monte Tabor, che risorge dai morti, ma che è passato

dalla passione e dalla morte. È lo stesso volto, il volto del crocifisso e il volto del Risorto. L‟amore

trasfigura la realtà de povero e del sofferente perché trasforma la sua realtà. L‟impegno per la

giustizia, per la pace, per vincere la povertà e la sofferenza degli uomini, non è per il cristiano un

momento accessorio della sua fede in Gesù, ma la conseguenza diretta della sua fede nel Signore

Risorto. Quando ogni speranza sembra svanita, tutto sembra gridare che ingiustizia, violenza,

oppressione, povertà siano inarrestabili la speranza che nasce dalla Risurrezione sostengono

l‟azione del cristiano. Credere nel Risorto e riconoscerlo presente nella nostra vita significa sperare

anche per chi non ha più speranza.

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Domande per il singolo o il gruppo ?

Ho conoscenza della Scrittura ?

Come mi accosto ad essa ?

In che modo povertà e amore possono diventare testimonianza della speranza ?

Preghiera

Sal 66 ( 67 )

2Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto; 3perché si conosca sulla terra la tua via, fra tutte le genti la tua salvezza. 4Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli tutti. 5Esultino le genti e si rallegrino, perché giudichi i popoli con giustizia, governi le nazioni sulla terra. 6Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli tutti. 7La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio, il nostro Dio, 8ci benedica Dio e lo temano tutti i confini della terra.

Impegno

Individuare un ambito di impegno per la giustizia e la pace

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Scheda 17

“Il dono dello Spirito” – Is 11, 2; Gal 5, 22

I cristiani parlano sovente dei doni dello Spirito santo. Alcuni testi della Bibbia ci dicono infatti che

il credente che accoglie lo Spirito santo è da questi trasformato nelle sue qualità interiori che si

manifestano anche in un atteggiamento virtuoso. I doni dello Spirito sono sapienza, intelletto,

consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio secondo il testo di Isaia ( Is 11, 2 : « Su di lui

si poserà lo spirito del Signore,spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza,

spirito di conoscenza e di timore del Signore »). Anche Paolo, come sappiamo, parla del frutto

dello Spirito ( Gal 5, 22 ). Tuttavia innanzi tutto bisogna ricordare che lo Spirito è esso stesso

un dono. È il dono che riceviamo nel Battesimo e nella Confermazione, prima e negli altri

sacramenti poi. In effetti nel Battesimo rinasciamo “dall'alto” (Gv 3,3); con l'unzione

battesimale e della Confermazione si esplicita il carattere di appartenenza alla Chiesa e,

come Cristo uscendo dalle acque del Giordano viene ricolmato di Spirito santo (cf. Lc 3,21-22),

così i cristiani rinati nel Battesimo dall'acqua e dallo Spirito, «ricevono dopo l'abluzione

un'ulteriore effusione dello stesso Spirito con abbondanza di doni carismatici pentecostali (cf. At 2,38;

Eb 6,2-4)» [ CEI, Catechismo degli Adulti. La Verità vi farà liberi, 678 ]. Col Battesimo e la

Confermazione il credente è investito dalla presenza dello Spirito come lo fu la Chiesa a

Pentecoste ed è inserito per questo pienamente nel corpo di Cristo, che è la Chiesa.

Comprendiamo perché diciamo che lo Spirito Santo è il primo dono del Risorto ai credenti. Il

Battesimo è infatti “immersione” nella morte e risurrezione di Gesù Cristo. Con esso si riceve il

potere di diventare figli di Dio. Ciò si attua quando si muore ai vizi e si rinasce alle virtù, in

forza della grazia dello Spirito Santo ricevuto. La piena adozione a figli, poi, si realizza

pienamente nel Regno di Dio se si conserva nella vita la propria comunione con Cristo.

Si vede così come la vita cristiana abbia un carattere dinamico: mentre il Battesimo introduce

nella vita di Cristo, la Cresima conferisce l‟energia per la realizzazione di questa vita.

Nell'Eucaristia, infine, si manifesta la piena appartenenza al corpo di Cristo, che è la Chiesa.

Domande per il singolo o il gruppo ?

Cosa significano per noi i doni dello Spirito ?

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Preghiera

Inno allo Spirito santo

Vieni, santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni, luce dei cuori. Consolatone perfetto; ospite dolce dell'anima, dolcissimo sollievo. Nella fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto, conforto. O luce beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli. Senza la tua forza, nulla è nell'uomo, nulla senza colpa. Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato. Dona ai tuoi fedeli che solo in te confidano i tuoi santi doni. Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna. Amen

Impegno

Riflettere sul dono dello Spirito leggendo il cap. 21, § 3, del Catechismo degli Adulti, La verità vi

farà liberi.

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Scheda 18

“Nasce la Chiesa” – At 10, 34-48

La Chiesa nasce dalla Pentecoste, la volontà di Gesù espressa in Mt 28, 16-20 ora può essere attuata

dai suoi discepoli che col dono dello Spirito sono in grado di annunciare al mondo il vangelo di

Gesù Cristo. L‟annuncio di ciò che è accaduto a Gerusalemme suscita la comunità di coloro che

credono a Gesù Messia che si radunano attorno alla predicazione degli apostoli, nella frazione del

pane e condividono i loro averi. Gli Atti degli apostoli contengono due resoconti della prima

comunità cristiana ( 2, 42-48; 4, 31-37 ). Ambedue i testi descrivono i caratteri della prima

comunità dei discepoli. Sono coloro che riconoscono Gesù Messia colui che era atteso e compie le

promesse. Ciò che può sorprendere non è tanto il coraggio nel cedere in un Messia crocifisso quanto

la prontezza nel vivere concretamente il vangelo dell‟amore che questo Messia non solo predicava

ma attuava con la sua prassi. La Chiesa delle origini è descritta quasi come la forma storica di quei

tempi messianici che i profeti descrivevano, i tempi in cui si sarebbe vissuto come fratelli, i tempi in

cui i malati sarebbero stati guariti e la povertà debellata dalla fraternità. Non si tratta di un sogno o

una utopia, intesa some realtà auspicata ma irrealizzabile. Gli scritti neotestamentari non

nascondono le ambiguità, talvolta le furbizie e il peccato dei primi discepoli. Non gettano fumo

negli occhi, è ben nota la durezza del cuore dell‟uomo e la minaccia sempre presente di tradire il

messaggio di Gesù. Concreto è anche il rischio di strumentalizzare il nome di Gesù per conseguire

solo i propri interessi. Necessaria pertanto una vigilanza costante. La Chiesa annuncia il Regno di

Dio, che Gesù ha inaugurato, ma non è essa stessa il Regno ma solo il suo germe ( LG 5 ), anzi essa

è sempre in cammino, da riformare e convertire.

Dai Padri della Chiesa essa era definita casta meretrix, una casta meretrice. La Chiesa, infatti, è

santa perché santificata dallo Spirito santo, è meretrice perché segnata dal peccato dei suoi membri.

Se non siamo consapevoli del nostro peccato che segna il corpo della Chiesa rischiamo di non

avvertire il bisogno di una conversione costante, di una purificazione permanente della Chiesa,

ritenendo che i peccati dei cristiani non incidano sul corpo ecclesiale riguardando solo la coscienza

dei singoli. Se la responsabilità è sempre personale è altrettanto vero che la responsabilità personale

sta all‟origine delle strutture di peccato, che non riguardano solo la società ma anche la Chiesa. La

Chiesa che nasce dallo Spirito, dallo Spirito è guidata e dallo Spirito è purificata quando si mette in

un atteggiamento di penitenza e di conversione.

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Domande per il singolo o il gruppo ?

Che idea ho della comunità cristiana ?

Preghiera

Inno allo Spirito

Vieni, santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni, luce dei cuori. Consolatone perfetto; ospite dolce dell'anima, dolcissimo sollievo. Nella fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto, conforto. O luce beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli. Senza la tua forza, nulla è nell'uomo, nulla senza colpa. Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato. Dona ai tuoi fedeli che solo in te confidano i tuoi santi doni. Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna. Amen

Impegno

Riflettere sui racconti del libro degli Atti sulla prima comunità cristiana.

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Scheda 19

“Entrare nella Chiesa” – Gv 3, 1-15

Un antico pensatore cristiano dell‟Africa, Tertulliano, diceva che “cristiani non si nasce si diventa”.

Possiamo anche dire a ragione che non si nasce nella Chiesa, ma si decide di far parte della

comunità cristiana. Ricevendo il battesimo, il sacramento della fede che esprime la nostra decisione

di appartenere alla Chiesa cattolica, in un certo senso rinasciamo : da sempre il battesimo è stato

pensato come una nuova nascita. In realtà anche dal punto di vista umano c‟è bisogno di rinascere.

Si nasce una seconda volta quando si afferma la propria autonomia nei confronti dei genitori

naturali con le decisioni fondamentali della nostra vita ( la responsabilità del lavoro, la scelta di

formarsi una famiglia propria, un impegno sociale … ); si può rinascere quando si orienta la nostra

vita sì da fare un salto di qualità nelle relazioni con gli altri, attraverso scelte di responsabilità (per

es. quando si superano delle crisi coniugali o legate al proprio stato di vita, … ); si rinasce infine

quando si scopre nella propria vita un progetto più grande del proprio singolo “io” e si capisce che

questo progetto è quello che dà senso a tutto nella nostra vita, tutto senza nulla escludere e senza

nulla rinnegare.

La rinascita del credente nella fede consiste nel riconoscere che vi è un di più nella propria vita che

viene dall‟alto. Con questa espressione Gesù indica un dono che viene da Dio ( Gv 3, 3 : «In verità,

in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio»). Rinascere dall‟alto

significa accogliere questo dono che cambia la vita ( la fede, la grazia di Dio, il suo perdono,

l‟esperienza del suo amore che si manifesta attraverso l‟amore dei nostri fratelli, … ). Certamente

dal punto di vista antropologico la “nuova nascita” a cui si è accennato significa prendere una

decisione, dipende dunque dalla nostra volontà. Rinascere dall‟altro tuttavia non dipendere dalla

nostra volontà, indica la dimensione di gratuità dell‟azione di Dio. La stessa gratuità che si

manifesta con Mosè, con Davide coinvolge ciascuno di noi. Diventare cristiani, decidere di

appartenere alla Chiesa cattolica dipende sì da una nostra decisione, dalla nostra volontà, ma non

bisogna mai dimenticare che questa nostra volontà è incrociata dall‟amore gratuito di Dio, che in

Gesù si rivela a noi in tutta la sua pienezza.

Entrare nella Chiesa è in questo modo dono e decisione. Dono di Dio che diventa scelta

responsabile e libera perché possiamo accoglierlo, ma possiamo anche rifiutarlo. Se approfondiamo

la gratuità del dono di Dio applicato all‟appartenenza ecclesiale, ci accorgiamo che i confini della

Chiesa non siamo noi a stabilirli, ma è lo Spirito santo. Che suscita la nostra risposta alla chiamata

di Dio. Non siamo noi che stabiliamo confini di ordine razziale, etnico, di sesso, di classe sociale.

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L‟unico verro criterio discriminante è la conversione a Cristo. Nessuno nella Chiesa dovrebbe

sentirsi “straniero né ospite, ma siamo concittadini dei santi e familiari di Dio”. Cadono le barriere,

non ci sono lontani e vicini, perché “in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete

diventati i vicini”. La Chiesa è un popolo solo che cammina in unità rispettando tutte le differenze,

accogliendo tutti coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica. Essa deve diventare

sempre di più “la dimora di Dio per mezzo dello Spirito”.

Domande per il singolo o il gruppo

Quando hai deciso di ricevere il battesimo eri consapevole di entrare in una Chiesa particolare che è

anche la Chiesa cattolica ?

Quando è avvenuta la tua scelta definitiva di entrare nel popolo di Dio ?

Preghiera

Ap 21, 3-4

Udii allora una voce potente che usciva dal trono: “ Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”. 4 E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”.

Impegno

Rifletti sui capitolo 8.9.10 del Catechismo degli adulti La verità vi farà liberi

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Scheda 20

“Siamo corpo di Cristo” – 1Cor 12, 12-27

Un‟altra categoria importante per spiegare il nostro modo di essere Chiesa è quella del “corpo” di

Cristo. L‟apostolo Paolo ci dice che “noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un

solo corpo, …”. L‟immagine del corpo, così come la usa Paolo, non è una semplice metafora, ma

indica la realtà stessa della Chiesa. Essa non avrebbe motivo d‟esserci se fosse una istituzione dine

a se stessa : la sua natura e la sua missione è, invece, di essere rimando ad altro, precisamente a

Cristo, che a sua volta rimanda al Padre suo. Come Gesù è “trasparenza” del Padre, così la Chiesa

deve essere “trasparenza” del Figlio Gesù ( cfr. Cei, Evangelizzazione e testimonianza della

carità, 8.12.1990). Guardando alla Chiesa si dovrebbe vedere non la Chiesa, istituzione di uomini,

ma il volto stesso di Gesù. Come Maria rese visibile la presenza di Dio nella storia con il suo sì

all‟angelo generando Gesù, uomo concreto vissuto in un‟epoca storica precisa e in un preciso luogo,

figlio di un determinato popolo, così la Chiesa deve rendere presente il Signore risorto.

L‟incarnazione ha dato inizio alla presenza di Dio in Gesù di Nazaret, la risurrezione ha dato inizio

alla presenza di Dio nella Chiesa. Attraverso il battesimo e l‟eucaristia ogni cristiano diventa

“epifania” di Cristo nel mondo.

Dire che la Chiesa è “corpo di Cristo” significa riconoscere che egli ne è il capo. Capo della Chiesa

non è dunque, il papa, il vescovo o il parroco. Solo la “conformazione” a Cristo nostro “signore”

rende la Chiesa presenza di Lui nella storia degli uomini di oggi. Ognuno di noi è Chiesa, parte del

corpo, e ciascuno di noi e portatore della responsabilità di testimoniare la presenza di Gesù sulle

strade del mondo. Talvolta dicendo “chiesa” si pensa subito al papa, ai vescovi, ai preti, oppure ai

monaci e alle monache o ai frati e alle suore. È un errore grossolano, perché tutti i membri del

popolo di Dio sono Chiesa, tutti sono membra dell‟unico corpo di Cristo. Certo, come il corpo è

costituito da molte membra e ogni membro è diverso dagli altri, così nella Chiesa ognuno ha un suo

posto, un suo ruolo da svolgere, in termini divenuti tradizionali nella Chiesa, diciamo che ognuno

ha un carisma ( dono ) che mette a servizio degli altri ( svolge un ministero ). Sempre san Paolo

dice che i doni ricevuti ( i carismi ) devono servire per la “edificazione comune”, se noi

immaginiamo la Chiesa come un edificio che insieme dobbiamo costruire. L‟immagine dell‟edificio

ci aiuta a capire come nella Chiesa non vi sono membri più importanti e altri meno importanti, non

vi sono sudditi e superiori. Ci aiuta a capire anche il giusto rapporto tra la singola persona e la

comunità. Infatti pensiamo ad un edificio fatto di tanti mattoni : un singolo mattone è un mattone,

ma non costituisce da solo l‟edificio, solo insieme agli altri diventa importante per la costruzione.

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L‟edificio a sua volta, quando è completo lo vediamo come un tutt‟uno, ma non potrebbe esistere

senza i singoli mattoni. Ancora, se i mattoni non sono buoni, se si sbriciolano l‟intero edificio può

esser compromesso. Se qualche mattone non è buono, ma tutti gli altri lo sono, l‟edificio regge lo

stesso, anzi quelli buoni consentono anche ai cattivi di avere una loro funzione. Comunità e persona

stanno in un rapporto indissolubile di reciproco sostegno. Naturalmente si parla qui della comunità

fondata sull‟azione dello Spirito, non dell‟istituzione giuridica che nasce da una pura decisione

degli uomini. È inevitabile che via siano le istituzioni rette dalle diritto, ma esse nascono dalla vita

concreta e sono sempre a suo servizio, giammai devono diventare strutture di oppressione della

persona.

Domande per il singolo o il gruppo

Immaginando la tua vita nella Chiesa, a quale “ministero” pensi lo Spirito ti chiami ?

Vedi realizzata attorno a te una Chiesa “trasparenza” di Cristo ?

Preghiera

Dalla Didachè

Ti rendiamo grazie,

Dio nostro Padre:

ci hai rivelato il tuo amore,

ci hai manifestato

il segreto della vita,

in Gesù Cristo tuo Figlio.

Ti rendiamo grazie,

o nostro Padre:

il cui nome è santo,

ci hai visitato e santificato,

per Gesù Cristo tuo Figlio.

Lode a te che hai creato

l'universo !

I figli degli uomini

trovano cibo e bevanda.

Ma tu ci doni il cibo

della vita eterna:

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Gesù tuo Figlio.

Ricordati della tua Chiesa

e liberala dal male,

e rendila salda nel tuo amore.

Raduna questa Chiesa

dai quattro venti,

nel Regno che le hai

preparato.

Gloria a te nei secoli

Impegno

Partecipa a qualche momento comunitario della tua parrocchia.

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Scheda 21

“Dio con noi” – Gv 15, 1-17

È successo nella storia dell‟umanità che uomini di potere hanno preteso di agire in nome di Dio per

giustificare ogni sorta di violenza, di guerra, di sopraffazione delle persone. In nome di Dio si sono

giustificate ingiustizie e si sono mascherate azioni che depredavano i poveri. Altre volte in nome di

Dio si è cercato di imporre un certo “ordine”, il cui risultato è stato ancora una volta la tutela dei

potenti e l‟oppressione dei poveri e degli umili. Dire “Dio con noi” è perciò molto pericoloso ! Il

pericolo è quello di strumentalizzare Dio piegandolo ai nostri fini : poiché chi parla in nome di Dio

non può essere contraddetto, perché se Dio è Dio non si può contraddire, si attribuisce un potere che

pretende di non avere limiti, un potere omicida nei confronti di tutto ciò e di tutti coloro che

compromettono l”ordine” e il potere a suo servizio. La Bibbia è molto severa riguardo l‟idolatria del

potere e ci mette in guardia dal non confondere ogni forma di idolatria con la vera devozione e

l‟adorazione del Dio unico. Eppure la stessa Scrittura santa ci parla di “Dio con noi”, l‟Emmanuele.

Bisogna ben comprendere, perciò, cosa la Bibbia intende dire quando parla dell‟Emmanuele, il Dio

con noi. La parabola della vite e dei tralci ci aiuta in ciò. Notiamo innanzi tutto che essa è

raccontata da Gesù dopo che cha lavato i piedi ai suoi discepoli ( Gv 13, 1-2 ), dopo cioè aver dato

un segno concreto di come i discepoli lo devono seguire sulla strada della croce, che è la strada del

dono di sé nel servizio concreto ai fratelli. Gesù commenta quel gesto dicendo che chi accoglie

colui che lui manda, accoglie lui e chi accoglie lui accoglie colui che lo ha mandato ( cfr Gv 13, 20

). Non è uno scioglilingua, ma ci indica la realtà profonda della relazione che si stabilisce tra gli

uomini tra di loro e tra gli uomini e Dio, quando si diventa discepoli di Gesù e lo si imita

nell‟amore e nel servizio vicendevole. Per rimanere in Dio bisogna amara, di quell‟amore che noi

riceviamo da Lui. Rimanere in Gesù è il modo per sperimentare la presenza di Dio in noi. Si rimane

in Gesù, però, se ci facciamo ricolmare del suo amore trasformandolo in amore del prossimo. Se noi

pensiamo di poter amare – di quell‟amore incondizionato e paradossale di Dio di cui abbiamo già

parlato – a partire dal “nostro” amore naturale falliremo. Il nostro amore infatti è limitato,

condizionato, segnato dal limite e dal peccato. Ad un certo punto esso non riesce ad andare avanti,

si blocca. Solo che noi ci apriamo all‟amore di Dio, se in prima persona facciamo l‟esperienza

dell‟essere amati, così come siamo, per sua iniziativa e questo amore di Dio diventa il nostro amore,

allora sì saremo capaci di amare come lui ci ha amati. Poiché Dio ci ama siamo capaci di amare e di

essere amati.

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Come i tralci muoiono se non ricevono la linfa vitale dal tronco principale, così noi “moriamo” se

non siamo vivificati dallo Spirito santo, il cui frutto è innanzi tutto l‟amore (Gal 5, 22 ).

Domande per il singolo o il gruppo

Cosa significa per te essere unito a Dio ?

Hai esperienza di una comunità dove si scorge la presenza del Signore ?

Preghiera

Salmo 84 ( 85 )

2Signore, sei stato buono con la tua terra, hai ricondotto i deportati di Giacobbe. 3Hai perdonato l’iniquità del tuo popolo, hai cancellato tutti i suoi peccati. 4Hai deposto tutto il tuo sdegno e messo fine alla tua grande ira. 5Rialzaci, Dio nostra salvezza, e placa il tuo sdegno verso di noi. 6Forse per sempre sarai adirato con noi, di età in età estenderai il tuo sdegno? 7Non tornerai tu forse a darci vita, perché in te gioisca il tuo popolo? 8Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza. 9Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annunzia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore. 10La sua salvezza è vicina a chi lo teme e la sua gloria abiterà la nostra terra. 11Misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno. 12La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo. 13Quando il Signore elargirà il suo bene, la nostra terra darà il suo frutto. 14Davanti a lui camminerà la giustizia e sulla via dei suoi passi la salvezza

Impegno

Medita sul mistero dell‟incarnazione e di come possiamo rendere presente il Signore con la nsotra

testimonianza.

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Scheda 22

“Rimanere uniti a Cristo” – Gv 15, 9-17

“Rimanere in Cristo” è quasi un ritornello del Vangelo secondo Giovanni, un invito a vivere

“innestati” in lui ( per dirla con Paolo ). Nelle parole stesse di Gesù si indica il modo di “restare in

lui”, come abbiamo già in parte visto : osservare i suoi comandamenti. Tutti i comandamenti, poi,

sono riassumibili in uno : ama Dio e il prossimo tuo come te stesso. Osservare i comandamenti,

rimanere nel suo amore, restare in lui sono la stessa cosa. Gesù inoltre stabilisce un rapporto tra il

“restare in lui” osservando i comandamenti e il suo restare nel Padre, mediante la sua obbedienza

alla sua volontà. Fondamentale è il come : come lui osserva i comandamenti anche noi li dobbiamo

osservare. Questo come ritorna diverse volte negli scritti neotestamentari, per es. nella Lettera agli

Efesini si dice : come Cristo ha amato la Chiesa così i mariti amino le loro mogli. Gesù diventa il

criterio di ogni espressione di amore ! In realtà una è l‟origine dell‟amore, Dio stesso, vi sono poi

diverse sue espressioni, tra cui l‟amore fraterno e l‟amore coniugale. L‟amore umano è una

partecipazione all‟amore divino da cui trae origine. Grazie al dono dello Spirito noi partecipiamo

all‟amore intratrinitario, siamo coinvolti nella relazione di amore del Padre col Figlio e del Figlio

con Padre. L‟amore che caratterizza la vita intratrinitaria è aperto, sovrabbondante viene effuso nei

nostri cuori mediante il dono dello Spirito e tutto avvolge, tutto trasfigura portandolo a pienezza.

Gesù ci invita a restare in lui mediante l‟amore perché solo così avremo gioia. Egli ci dà la sua gioia

perché la nostra gioia sia piena. Nella misura in cui l‟amore di Dio ci riempie anche la nostra gioia

cresce. Non c‟è una sostituzione della nostra personalità, una espropriazione del nostro io da parte

di Dio. No ! Piuttosto c‟è un superamento del nostro io con la capacità di andare oltre l‟io, ma il

soggetto dell‟amore e della gioia è precisamente il nostro io. Un io non più ripiegato su se stesso ma

capace di incontrare l‟altro, capace di instaurare una relazione di reciprocità. L‟amore che Gesù ci

invita a vivere, infatti, è un amore reciproco : “questo è il mio comandamento: „che vi amiate gli uni

gli altri‟. La reciprocità dell‟amore dei discepoli riflette il tipo di amore di Gesù per noi

( l‟importanza del come ) : il suo è un amore che fonda la reciprocità dell‟amico con l‟amico. Tra

servo e padrone non può esserci reciprocità e amicizia, tra amici sì. Da servi siamo diventati amici,

perché lui si è fatto servo per spezzare il cerchio chiuso delle relazioni di interesse, delle relazioni

puramente funzionali per stabilire, invece, relazioni di gratuità, come quelle esistente tra veri amici.

Non sarebbe stata possibile questa relazione di amicizia se Gesù non ci avesse scelti : non noi

abbiamo scelto lui, ma lui ha scelto noi. Qui vi è il mistero, ancora una volta, dell‟amore

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preveniente di Dio che non pone condizioni e non fa preferenze di persone. “Rimanere in lui”

significa, allora, accogliere il suo amore e restarvi nelle relazioni di amore reciproco tra discepoli.

Domande per il singolo o il gruppo

Puoi dire di vivere o aver vissuto una forte esperienza di vera amicizia ?

Hai mai pensato al rapporto con Dio in termini di amicizia ?

Preghiera

Gv 17, 5-19

5E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse. 6Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. 7Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, 8perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. 9Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. 10Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro. 11Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. 12Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. 13Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. 14Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. 15Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. 16Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. 17Consacrali nella verità. La tua parola è verità. 18Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; 19per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità.

Impegno

Riprendi l‟intero cap. 17 di Giovanni e dopo averlo meditato trasformalo in una preghiera tua.

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Scheda 23

“La chiamata” - Mc 1, 14-20.35-39

Abbiamo più volte sottolineato che noi siamo stati scelti ( potremmo anche dire che siamo stati

“eletti” ) : così è avvenuto per i discepoli storici di Gesù. Ripercorrere le tappe di quella scelta ci

può aiutare a capire il senso della nostra elezione.

La prima annotazione dell‟evangelista è che Gesù “passando … vide” : Gesù non aspetta che

vadano da lui, per vederlo o ascoltarlo, è lui che si reca nei luoghi di vita di coloro che sceglie. Li

incontra mentre sono intenti nelle loro occupazioni abituali, mentre lavorano. La scelta si traduce in

una chiamata a seguirlo, vale a dire a condividere la sua vita. I discepoli sono invitati a costituire

“gruppo”. Fin dall‟inizio dunque essere discepoli di Gesù ha come conseguenza condividere la sua

vita e la vita degli altri compagni di sequela. Questa forte connotazione comunitaria non deve

meravigliare, perché in realtà tutta la storia della salvezza è una storia di elezione di un popolo, non

di singoli individui. Israele è scelto come popolo, anzi si può dire che Israele entra nella storia come

popolo attraverso la chiamata divina, da tribù disperse diventa un popolo depositario della

rivelazione di Dio per tutta l‟umanità. Così i discepoli sono chiamati a diventare comunità dove sia

possibile sperimentare ora la storia della salvezza, dove si possa vedere incarnato l‟ideale di

uguaglianza e di fraternità che Gesù ha portato sulla terra, come compimento delle promesse

antiche.

Accogliendo la chiamata di Gesù, i discepoli riconoscono in lui il Messia, sebbene inizialmente con

tante ambiguità e illusioni che non corrispondevano alla realtà di Gesù. Già questo fatto ci dice che

Gesù non chiama sulla base di una preparazione culturale o sulla base di meriti morali o sulla base

di capacità umane secondo la logica dell‟efficienza e del profitto o del prestigio economico e

sociale. La sequela stessa insegnerà ai seguaci di Gesù a conoscerlo e a comprendere il senso vero

della sua missione : “annunziare ai poveri un lieto messaggio, proclamare ai prigionieri la

liberazione e ai ciechi la vista, rimettere in libertà gli oppressi, predicare un anno di grazia del

Signore” ( Lc 4, 18-19 ). Progressivamente Gesù li associa a questa missione fino ad inviarli a due

due per annunciare la buona notizia e, dopo, la risurrezione ad andare in tutto il mondo e fare

discepoli tra tutte le genti battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo ( cfr

Mt 28, 16-20 ).

Domande per il singolo o il gruppo

Cosa significa essere chiamati ?

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Prova a raccontare come è avvenuta la tua chiamata a diventare discepolo di Gesù.

Preghiera

Salmo 138 ( 139 )

Signore, tu mi scruti e mi conosci, 2tu sai quando seggo e quando mi alzo. Penetri da lontano i miei pensieri, 3mi scruti quando cammino e quando riposo. Ti sono note tutte le mie vie; 4la mia parola non è ancora sulla lingua e tu, Signore, già la conosci tutta. 5Alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano. 6Stupenda per me la tua saggezza, troppo alta, e io non la comprendo. 7Dove andare lontano dal tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza? 8Se salgo in cielo, là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti. 9Se prendo le ali dell‟aurora per abitare all‟estremità del mare, 10anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra. 11Se dico: “Almeno l‟oscurità mi copra e intorno a me sia la notte”; 12nemmeno le tenebre per te sono oscure, e la notte è chiara come il giorno; per te le tenebre sono come luce. 13Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. 14Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere, tu mi conosci fino in fondo. 15Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra. 16Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro; i miei giorni erano fissati, quando ancora non ne esisteva uno. 17Quanto profondi per me i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio; 18se li conto sono più della sabbia, se li credo finiti, con te sono ancora. 19Se Dio sopprimesse i peccatori! Allontanatevi da me, uomini sanguinari. 20Essi parlano contro di te con inganno: contro di te insorgono con frode. 21Non odio, forse, Signore, quelli che ti odiano e non detesto i tuoi nemici? 22Li detesto con odio implacabile come se fossero miei nemici. 23Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore,

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provami e conosci i miei pensieri: 24vedi se percorro una via di menzogna e guidami sulla via della vita.

Impegno

Cerca di conoscere la via di qualche grande chiamato e confrontala con la tua chiamata.

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Scheda 24

“Il discepolato” – Mt 16, 24

Coloro che accettano di seguire Gesù come maestro e messia sono suoi discepoli. Come abbiamo

già visto se nel caso di altri maestri sono i discepoli che scelgono il maestro, con Gesù è lui a

scegliere. La sequela, tuttavia, è una libera scelta dei chiamati. Si può anche rifiutare di seguire

Gesù. Capita con quel giovane che avendo molti beni volge le spalle a Gesù. Eppure l‟evangelista

Marco sottolinea che Gesù lo fisso e lo amò intensamente ( Mc 10, 21 ). In realtà gli evangelisti

quando narrano della scelta dei discepoli evidenziano che la sequela esige la rinuncia a qualcosa.

Certo non né la rinunzia per la rinunzia; il lasciare qualcosa è segno della radicalità della scelta

fatta. Per un bene più grande posso rinunciare ad un altro bene. Per il cristiano, discepolo di Gesù,

non si tratta di negare la bontà degli affetti, del lavoro, dei beni, della propria realizzazione. Si

ratta, al contrario, di valorizzare tutto alla luce della sequela, vivere tutto come occasione per attuare

il centro della sequela, che l‟amore. Questo è il senso del prendere la propria croce per seguire

Gesù. La croce infatti cosa è se non il dono di sé ? Questo senso della croce del discepolo, che si

comprende alla luce della croce di Gesù, lo possiamo verificare leggendo Mc 10. Qui i discepoli

accompagnano Gesù, lo seguono appunto, verso Gerusalemme dove celebrerà la sua Pasqua, in altri

termini dove va a morire in croce per amore. In questo contesto, lungo questo cammino che porta a

Gerusalemme e, quindi avendo come sfondo la croce, Gesù istruisce i discepoli circa gli ambiti

fondamentali della vita, le relazioni fondamentali che costituiscono il nostro vissuto quotidiano : il

rapporto tra uomo e donna ( il matrimonio ), i rapporti interpersonali e sociali ( il potere ), il

rapporto con i beni ( la ricchezza ). Quello che Gesù dice, l‟indissolubilità del matrimonio, il potere

come servizio, la povertà come responsabilità nell‟uso dei beni, suona duro alle orecchie dei

discepoli. Il suo discorso si può comprendere solo alla luce della realtà della croce, cioè della

donazione di sé. Così l‟uomo non stabilirà un rapporto di prevaricazione sulla donna se vivrà nella

logica della reciprocità e il matrimonio può essere concepito come indissolubile nella logica della

croce, cioè del saper fare sempre il primo passo che p un passo indietro e nella prospettiva del

perdono. Il potere è servizio quando è sottratto alla logica dell‟affermazione di sé e dell‟interesse

egoistico. I beni saranno per la giustizia e l‟equità se compresi come motivo di benedizione di Dio e

come doni usati per operare il bene. Il discepolo di Gesù sa di essere solo un amministratore non un

padrone, che quanto ha ricevuto non è suo ma gli è dato per servire chi è nel bisogno.

Così la croce diventa per il discepolo strumento di salvezza non di disperazione.

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Domande per il singolo o per il gruppo

Come è possibile vivere la logica della croce nel mondo che la nega ?

Conosci esperienze significative di cristiani che testimoniano il loro discepolato ?

Preghiera

PADRE MI ABBANDONO A TE

( preghiera composta dal beato Charles de Foucauld )

Padre, mi abbandono a Te,

fa' di me ciò che ti piace.

Qualsiasi cosa tu faccia di me, ti ringrazio. Sono pronto a tutto, accetto tutto,

purché la tua volontà

si compia in me, e in tutte le tue creature: non desidero nient'altro, mio Dio. Rimetto l'anima mia

nelle tua mani,

te la dono, mio Dio,

con tutto l'amore del mio cuore,

perché ti amo. E per me un'esigenza di amore,

il donarmi a Te, l'affidarmi alle tue mani, senza misura,

con infinita fiducia:

perché Tu sei mio Padre

Impegno

Domandati cosa significa essere discepolo nella tua concreta situazione di vita.

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Scheda 25

“La conversione” – Lc 5, 27-32

Vivere da discepolo significa cambiare la logica del mondo con la logica evangelica. Chi incontra

Gesù cambia la sua vita. Tutto il Nuovo Testamento è percorso da incontri con Gesù che cambiano

la vita : i dodici, la samaritana, Zaccheo, l‟adultera, …

Gesù non giudica coloro che incontra, li ama. Il suo è un amore che trasforma la vita perché non

dice accondiscendenza con i peccati, ma misericordia verso il peccatore. Il suo perdono è la

premessa per cambiare vita, per non peccare più. Nella Bibbia la conversione dell‟uomo è possibile

perché Dio si “converte” all‟uomo. Per l‟uomo questo significa cambiare mentalità, cambiare il

modo di vedere le cose e, conseguentemente, cambiare il modo di agire. La conversione cristiana

non è innanzi tutto un cambiamento morale, è soprattutto una adesione alla persona di Gesù. Noi ci

convertiamo a lui e conformandoci progressivamente a lui cambiamo modo di pensare, di agire. Il

fatto che Gesù chiami i peccatori, che sieda alla loro mensa, che li scelga per essere suoi discepoli è

segno che la conversione cristiana comporta un cambiamento delle relazioni tra di noi : Gesù è

venuto per far cadere le barriere che separano gli uomini. Questo, d‟altra parte, significa che non ne

dobbiamo costruire di nuove e da qui anche le conseguenze etiche della conversione. Va da sé che

chi aderisce a Gesù deve vivere una vita buona, come punto di arrivo del suo cammino di discepolo.

Gesù non ci sceglie perché siamo “buoni”, al contrario perché siamo peccatori ma in questo modo

ci consente di cambiare vita, di operare il bene lasciando il male.

Bisogna sgombrare il campo da un grave equivoco. Quando diciamo che Gesù sceglie i peccatori,

che ci ama così come siamo, significa che esclude i “giusti”, i buoni ? In realtà chi è giusto e

buono ? Possiamo noi dividerci tra buoni e cattivi ? Possibilmente mettere noi soli tra i buoni e tutti

gli altri tra i cattivi ? O non siamo tutti “cattivi” bisognosi del perdono e dell‟amore di Dio ?

Leggendo la parabola degli operai dell‟ultima ora ( Mt 19, 30-20,16 ) istintivamente sorge un moto

di ribellione, pensando che non sia giusto retribuire chi lavora un‟ora come chi ha lavorato l‟intera

giornata. Il fatto è che noi istintivamente ci identifichiamo con coloro che hanno lavorato tutto il

giorno, mentre in realtà siamo tutti operai dell‟ultima ora. Il bene che operiamo, se lo facciamo, è

frutto dell‟amore di Dio in noi. Convertirsi, allora, significa accogliere con umiltà questo amore e

farsi da esso trasformare per esserne testimoni nella nostra vita ordinaria, nelle piccole e nelle

grandi cose.

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Domande per il singolo o il gruppo

Ritengo di aver operato una conversione nella mia vita ? Da cosa lo capisco ?

In che modo i cristiani possono annunciare la necessità della conversione ?

Preghiera

Dal Salmo 119 (118)

Sii buono con il tuo servo

e avrò vita,

custodirò la tua parola.

Ti ho manifestato

le mie vie e mi hai risposto;

insegnami i tuoi voleri.

Dirigimi sul sentiero

dei tuoi comandi,

perché in esso è la mia gioia.

Venga a me, Signore, la tua grazia, la tua salvezza secondo la tua promessa.

Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera, perché confido nei tuoi giudizi.

Sono canti per me i tuoi precetti, nella terra del mio pellegrinaggio.

La mia sorte, ho detto, Signore, è custodire le tue parole.

Sono amico di coloro

che ti sono fedeli

e osservano i tuoi precetti.

Del tuo amore, Signore, è piena la terra; insegnami il tuo volere.

Le tue mani mi hanno fatto

e plasmato;

fammi capire

e imparerò i tuoi comandi.

Lampada per i miei passi

è la tua parola,

luce sul mio cammino.

Impegno

Annotare gli atteggiamenti che richiedono una conversione.

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Scheda 26

“Accogliere la Parola nell‟ascolto” – Lc 8, 4-15

La Parola di Dio è come un seme seminato da un seminatore un po‟ particolare però. Non si cura,

infatti, di dove cade. Pensando al modo di seminare dei nostri antichi contadini e della terra di

Palestina ( brulla e desertica dove ogni centimetro di terra è prezioso ), possiamo capire la stranezza

di questo modo di seminare. Il seme è sparso ovunque, anche sul terreno sassoso e sulle spine. Gesù

ci vuole dire che Dio si rivolge a tutti, proprio a tutti e sta a noi diventare un terreno buono, cioè

essere ricettivi della sua Parola. Se accogliamo questo seme, che è la Parola, esso fruttifica. La

nostra vita si arricchisce della Parola, in essa trova linfa vitale e diventa essa stessa parola vivente

che comunica la buona notizia. A volte la Parola di Dio è dura, difficile da comprendere o difficile

da accettare perché mette in discussione le nostre convinzioni, le nostre certezze. Accogliere la

parola significa smontare pezzo a pezzo i nostri pregiudizi, eliminare gli schemi mentali rigidi ed

essere aperti al cambiamento. Se ci accorgiamo di essere terreno arido o sassoso, dobbiamo

dissodarlo e scavare solchi profondi che possano accogliere il seme per farlo marcire, crescere e

fruttificare. L‟amore è l‟aratro che può scavare solchi profondi nella nostra vita e renderla recettiva

alla Parola. Non pensiamo ad una parola astratta, quando diciamo “Parola di Dio”. Certamente la

Bibbia contiene la Parola di Dio, ma per noi innanzi tutto è parola di Dio lo stesso Gesù. Gesù è il

seme sparso nei solchi del mondo.

Anche noi siamo invitati a diventare seminatori, seminando il seme che è Gesù attraverso la nostra

vita e attraverso l‟annuncio del Vangelo.

L‟immagine del seme è ripresa da altri testi neotestamentari, che ci aiutano a cogliere altri aspetti

importanti dell‟ascolto della Parola. 1Cor 3, 6-10 : noi piantiamo e seminiamo, ma è Dio che fa

crescere. Gli apostoli sono collaboratori di Dio, ma noi siamo il campo di Dio. Coloro che ascoltano

la Parola di Dio e la fanno crescere in loro e fruttificare sono evangelizzatori ma è sempre Dio che

opera in realtà. Ce lo ricorda lo stesso Gesù in Mc 4, 26, dove leggiamo che il seme cresce per forza

propria, il contadino deve solo aspettare.

L‟ascolto della Parola e l‟obbedienza ad essa diventano il criterio decisivo dell‟essere discepoli di

Gesù “Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa

della folla. Gli fu annunziato: «Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti». Ma

egli rispose: «Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in

pratica».” ( Lc 8, 19-21 ).

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Domande per il singolo o il gruppo

Conosco le sante Scritture ?

Riconosco in esse la Parola di Dio ?

Preghiera

Sal 18 ( 19 )

2I cieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento. 3Il giorno al giorno ne affida il messaggio e la notte alla notte ne trasmette notizia. 4Non è linguaggio e non sono parole, di cui non si oda il suono. 5Per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola. 6Là pose una tenda per il sole che esce come sposo dalla stanza nuziale, esulta come prode che percorre la via. 7Egli sorge da un estremo del cielo e la sua corsa raggiunge l’altro estremo: nulla si sottrae al suo calore. 8La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza del Signore è verace, rende saggio il semplice. 9Gli ordini del Signore sono giusti, fanno gioire il cuore; i comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi. 10Il timore del Signore è puro, dura sempre; i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti, 11più preziosi dell’oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante. 12Anche il tuo servo in essi è istruito, per chi li osserva è grande il profitto. 13Le inavvertenze chi le discerne? Assolvimi dalle colpe che non vedo. 14Anche dall’orgoglio salva il tuo servo perché su di me non abbia potere; allora sarò irreprensibile, sarò puro dal grande peccato. 15Ti siano gradite le parole della mia bocca, davanti a te i pensieri del mio cuore. Signore, mia rupe e mio redentore.

Impegno

Proporsi di leggere in modo continuo un libro della Bibbia.

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Scheda 27

“Accogliere la Parola nella fraternità” – Gc 1, 19-27

L‟apostolo Giacomo è molto chiaro : “se uno ascolta soltanto ma non mette in pratica la parola,

somiglia ad un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio : appena s‟è osservato, se ne va, e

subito dimentica com‟era”. Ascoltare senza mettere in pratica in verità è come non ascoltare, è

illudere se stessi.

Mettere in pratica la parola, poi, significa vivere concretamente la fraternità. Anche in questo

Giacomo non usa mezzi termini. Se l‟ascolto della Parola di Dio non conduce all‟ascolto del

fratello, è un finto ascolto. Cosa vuol dire ascoltare, allora ? Nella Bibbia ascoltare equivale ad

obbedire. Ascoltare la Bibbia significa obbedire ad essa, ascoltare il fratello vuol dire obbedire ad

esso. Se può essere relativamente facile capire cosa significhi obbedire alla Bibbia, lo è meno per il

fratello. Non si deve pensare ad una obbedienza del tipo da padrone e servo, da datore di lavoro ad

operaio, da violento ad oppresso. Obbedire al fratello significa imparare a coglierne i bisogni,

prevenire le necessità, andare incontro alle richieste di aiuto. Significa farsi prossimo di “chi giace

ferito lungo la via”, avere occhi per vedere le sofferenze che ci sono nel mondo, significa vincere

l‟indifferenza.

Accogliere la Parola nella fraternità significa saper ascoltare il povero, il piccolo, chi è senza parole

e forse sa esprimere solo urlando la sua paura la sua disperazione, il suo bisogno di tutto. Maria che

accoglie la Parola nel suo Spirito e la custodisce si mette subito in cammino per andare dalla cugina

Elisabetta e mettersi al suo servizio. “Religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è

questa : soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo”.

Queste parole di Giacomo sono un‟eco di quelle dei profeti, che richiamavano l‟antico Israele al

senso autentico della religione : rendere culto a Dio attraverso l‟osservanza dell‟unico

comandamento dell‟amore per Dio e per il prossimo.

Domande per il singolo o il gruppo

Come realizzare una autentica fraternità tra i cristiani ?

Pensi che i cristiani siano veri testimoni di fraternità ?

Preghiera

1Cor 13, 1-7

1Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.

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2E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. 3E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

4La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si

gonfia, 5non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male

ricevuto, 6non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. 7Tutto copre, tutto crede, tutto

spera, tutto sopporta.

Impegno

Scegli di partecipare a qualche esperienza di fraternità in parrocchia.

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Scheda 28

“Dio con noi : la sequela nella storia” – Mt 1, 18-25

Abbiamo già visto ( cfr scheda 21 ) il senso di “Emmanuele”, Dio con noi. Consideriamo ora un

aspetto importante della “venuta” di Dio tra di noi. L‟evangelista Matteo comincia il suo vangelo

con la genealogia di Gesù. In questo modo ci dice che Gesù è a pieno titolo membro di Israele, egli

appartiene alla casa di Davide, alla stirpe regale di Israele. Entra nella storia non come un mito ma

come chi ha radici precise e anche “problematiche”. Nella sua genealogia c‟è un po‟ di tutto :

straniere, prostitute, gente poco “seria”, eppure è la stirpe regale e la radice da cui si attende il

Messia. Nel testo parallelo di Luca si parla soprattutto del ruolo di Maria, in Matteo di quello di

Giuseppe. Questi è chiamato ad accogliere Gesù nella sua casa e rappresenta la continuità della

tradizione a cui però immediatamente si affianca una rottura, operata dallo Spirito santo. Gesù nasce

infatti non per volontà di uomo, ma per opera dello Spirito santo. La salvezza che con lui viene nel

mondo è opera gratuita di Dio, non vi è concorso d‟uomo. Il ruolo di Giuseppe, però, resta : la

salvezza entra nella storia degli uomini, non si realizza fuori o oltre di essa.

La figura di Giuseppe, come quella di Maria, è emblematica per il discepolo. In lui possiamo

scorgere infatti alcuni tratti dell‟essere discepoli. Innanzi tutto l‟accoglienza del mistero di Dio nella

sua vita. Non lo fa senza turbamento, perché egli consoce la Tora ( la legge ) e vuole applicarla

dinanzi a Dio che ne è l‟autore, non solo dinanzi agli uomini. Egli perciò non espone Maria al

giudizio ma decide di licenziarla in segreto. Cosa significa ? Giuseppe cerca la via che gli consenta

di osservare la legge non solo esteriormente, ma secondo il suo spirito. Proprio dentro la sua fatica

di cogliere il senso della Tora alla luce della sua stessa esperienza di “giusto”, Dio si fa presente e lo

orienta nella sua decisione. Così è per ognuno di noi, dentro la fatica della nostra storia, della nostra

ricerca della verità e di ciò che è giusto che Dio si manifesta, sovente in modo inatteso,

sorprendente.

La sorpresa di Dio è opera dello Spirito che agisce in modo inatteso e ci prende quando non ce lo

aspettiamo. Per questo crea sempre situazioni nuove nella nostra vita e ci spinge a vedere vie da

percorrere che non immaginavamo. Lo Spirito, in fondo, è il vero protagonista di questo racconto e

come per fede attribuiamo a lui la paternità di Gesù, così dobbiamo riconoscere una sua paternità

nella nostra esistenza. Siamo pure chiamati a dare un nome : Gesù significa “Dio salva”, ebbene

riconoscendo la paternità dello Spirito nella nostra vita dobbiamo riconoscere i segni di salvezza

che in essa Dio pone. Gesù, la nostra salvezza, si rende presente a noi in molti modi. Spetta a noi

saperlo incontrare, scorgere nel suo volto il volto atteso.

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Domande per il singolo o il gruppo

Credi di dover accogliere la paternità dell‟opera che lo Spirito ha compiuto nella tua vita ?

Vivere la sequela nella storia : cosa significa concretamente per te ?

Preghiera

Salmo 85 ( 84 ) Signore sei stato buono con la tua terra

2Signore, sei stato buono con la tua terra, hai ricondotto i deportati di Giacobbe. 3Hai perdonato l’iniquità del tuo popolo, hai cancellato tutti i suoi peccati. 4Hai deposto tutto il tuo sdegno e messo fine alla tua grande ira. 5Rialzaci, Dio nostra salvezza, e placa il tuo sdegno verso di noi. 6Forse per sempre sarai adirato con noi, di età in età estenderai il tuo sdegno? 7Non tornerai tu forse a darci vita, perché in te gioisca il tuo popolo? 8Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza. 9Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annunzia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore. 10La sua salvezza è vicina a chi lo teme e la sua gloria abiterà la nostra terra. 11Misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno. 12La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo. 13Quando il Signore elargirà il suo bene, la nostra terra darà il suo frutto. 14Davanti a lui camminerà la giustizia e sulla via dei suoi passi la salvezza.

Impegno

Studia il cap. 21 del catechismo degli adulti La verità vi farà liberi.

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Scheda 29

“Dio con noi : riconoscere i segni della salvezza” - Lc 10, 17-20

La gratuità dell‟azione di Dio nella storia per la salvezza degli uomini, ci dice chiaramente che vi

possono essere segni di quest‟opera anche là dove non li attenderemo. Il nostro compito non è di

negarli, ma di riconoscerli e accoglierli come segni della benevolenza di Dio, di questo amante

appassionato degli uomini al punto da non essere geloso della “paternità” delle sue azioni. A noi

piuttosto è affidato il compito di riconoscere questa paternità di Dio riguardo la nostra salvezza e,

quindi, la consapevolezza che non siamo noi gli artefici di essa e, ancora, la possibilità che anche

chi non è “ufficialmente” dentro la Chiesa può essere testimone autentico dell‟amore di Dio. “Chi

non è contro di noi è per noi” dice Gesù. Non è pensabile, secondo la logica evangelica, un

monopolio della verità, della testimonianza, della salvezza.

Là dove vi è una vera esperienza di amore, lì agisce Dio. Per questo la comunità dei discepoli di

Gesù, la Chiesa oggi, non può non accogliere e condividere – pur nel rispetto dell‟alterità, senza

voler quindi ad ogni costo tutto ricondurre a sé – i progetti di bene e di liberazione dell‟uomo che

fuori dalla chiesa vengono attuati. Tutto ciò che esprime il bene della persona non può non esser

considerato manifestazione, sebbene a volte imperfetta, dell‟unico amore da cui ogni forma di

amore autentico deriva.

Saper scorgere il bene sparso nel mondo significa saper discernere il bene dal male. Significa saper

esercitare una responsabilità dei confronti di se stessi e degli altri. Vi sono “strutture di peccato”

dinanzi alle quali non si può restare indifferenti e dire . “è stato sempre così”, oppure : “non dipende

da noi”. Certamente tante situazioni, forse la maggior parte non dipendono dalla nostra volontà, ma

dipende da noi accettarle o rifiutarle, esserne complici o denunciare il male che con esse si realizza

contro la persona umana e il creato tutto.

Essere responsabili significa vincere la tentazione di cui ci parla il primo libro della Bibbia, la

Genesi. Nel cap. 3 leggiamo del serpente che “tenta” gli uomini e quando questi cedono alla

tentazione si giustificano scaricando la propria responsabilità sull‟altro : Adamo su Eva, Eva sul

serpente. Non è così anche oggi ? La responsabilità ultima non è mai personale, ma degli impulsi

istintuali, del sistema oppure dei mercati internazionali, un idolo in nome del quale si commettono

tanti crimini contro l‟umanità pur di conseguire il massimo del profitto. Il mercato non è retto da

leggi impersonali economiche, ma dalle scelte degli uomini; così pure la politica e tutto ciò che

attiene alla convivenza sociale. È pur vero che le scelte che noi compiamo possono originare

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conseguenze che a noi poi sfuggono. Ma la responsabilità ultima è riconducibile alla volontà

dell‟uomo.

Domande per il singolo o il gruppo

Quali segni di beni riconosco nella mia vita ?

La Chiesa – per quel che conosci – è aperta a riconoscere il bene anche fuori di essa ?

Preghiera

Salmo 117 ( 118 )

Celebrate il Signore, perché è buono; perché eterna è la sua misericordia. 2Dica Israele che egli è buono: eterna è la sua misericordia. 3Lo dica la casa di Aronne: eterna è la sua misericordia. 4Lo dica chi teme Dio: eterna è la sua misericordia. 5Nell‟angoscia ho gridato al Signore, mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo. 6Il Signore è con me, non ho timore; che cosa può farmi l‟uomo? 7Il Signore è con me, è mio aiuto, sfiderò i miei nemici. 8È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nell‟uomo. 9È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nei potenti. 10Tutti i popoli mi hanno circondato, ma nel nome del Signore li ho sconfitti. 11Mi hanno circondato, mi hanno accerchiato, ma nel nome del Signore li ho sconfitti. 12Mi hanno circondato come api, come fuoco che divampa tra le spine, ma nel nome del Signore li ho sconfitti. 13Mi avevano spinto con forza per farmi cadere, ma il Signore è stato mio aiuto. 14Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza. 15Grida di giubilo e di vittoria, nelle tende dei giusti: la destra del Signore ha fatto meraviglie, 16la destra del Signore si è innalzata, la destra del Signore ha fatto meraviglie. 17Non morirò, resterò in vita e annunzierò le opere del Signore. 18Il Signore mi ha provato duramente, ma non mi ha consegnato alla morte. 19Apritemi le porte della giustizia: voglio entrarvi e rendere grazie al Signore. 20È questa la porta del Signore,

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per essa entrano i giusti. 21Ti rendo grazie, perché mi hai esaudito, perché sei stato la mia salvezza. 22La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d‟angolo; 23ecco l‟opera del Signore: una meraviglia ai nostri occhi. 24Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso. 25Dona, Signore, la tua salvezza, dona, Signore, la vittoria! 26Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Vi benediciamo dalla casa del Signore; 27Dio, il Signore è nostra luce. Ordinate il corteo con rami frondosi fino ai lati dell‟altare. 28Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie, sei il mio Dio e ti esalto. 29Celebrate il Signore, perché è buono: perché eterna è la sua misericordia.

Impegno

Individua situazioni che consentano di condividere opere di bene.

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Scheda 30

“Battesimo al Giordano : la figliolanza di Gesù” – Mc 1, 7-11

Al Giordano si rivela la natura di Gesù, egli è il Figlio di Dio. È un‟epifania, cioè a dire una

manifestazione. Perché il Figlio di Dio, colui che è venuto a salvarci, si presenta da Giovanni come

un peccatore, lui che è senza peccato. In verità Gesù vuole condividere fino in fondo la nostra

condizione umana segnata dal peccato e così si mette tra i peccatori per chiedere il battesimo di

penitenza che Giovanni praticava. Proprio in questa circostanza Dio rivela la natura di Gesù,

proprio nel momento della condivisione estrema, nella lontananza da Dio qual è il peccato, si rivela

la natura di Gesù come a dire che questa natura è segnata costitutivamente dal suo esser solidale con

i peccatori, non nel peccato ma nell‟amore che riscatta e salva.

Il battesimo ( parola greca che significa immersione ) di Giovanni è diverso dal battesimo di cui poi

parlerà Gesù. Il battesimo di Giovanni è un battesimo di penitenza, un battesimo che attraverso il

simbolo dell‟acqua esprime pentimento e conversione. Il battesimo di Gesù è un battesimo nello

Spirito santo. Il termine che l‟ evangelista usa ci dice qualcosa della differenza. Il battesimo di

acqua di Giovanni è un immergersi per “lavarsi”, il battesimo dello Spirito è un immergersi per

“impregnarsi”. Essere battezzati come cristiani, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito

santo, non significa primariamente essere purificati, essere lavati sebbene questo senso non sia

escluso, ma essere impregnati di Spirito santo. Convertirsi, fare penitenza per diventare cristiani può

costituire un buon proposito ma non è affatto sufficiente, anzi talvolta porta fuori strada. Non sono

le nostre singole buone azioni, che nascono dalla nostra buona volontà, dalla nostra buona

intenzione, che ci fanno diventare cristiani. Ciò che ci fa diventare cristiani è il farci impregnare di

Spirito santo così da vivere ora la nostra vita secondo lo Spirito. Il cristianesimo non è moralismo,

non un a teoria da mettere in pratica, ma una novità di vita. Qualcuno ci ha visitato e ci ha dato la

vita. Il nuovo della nostra vita è l‟azione dello Spirito in noi, se lo lasciamo operare senza opporgli

resistenza allora anche le nostre azioni, tutta la nostra vita cambierà. Il primo frutto dello Spirito,

come abbiamo già visto citando Paolo in Gal 5, 22, è l‟amore. Noi siamo collaboratori e colui con

cui collaboriamo non fallisce, ma porta frutto.

Nel battesimo al Giordano allora si manifesta la natura di Gesù, ma ci vien manifestato pure

qualcosa di noi : amati dal Padre nel Figlio diventiamo anche noi figli, partecipando della sua natura

divina mediante il dono dello Spirito.

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Domande per il singolo o il gruppo

Che novità vedi nella figura di Gesù rispetto alla tua vita attuale ?

Come accogliamo l‟azione dello spirito nella nostra vita ?

Preghiera

Salmo 97 ( 98 )

Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto prodigi. Gli ha dato vittoria la sua destra e il suo braccio santo. 2Il Signore ha manifestato la sua salvezza, agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia. 3Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa di Israele. Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio. 4Acclami al Signore tutta la terra, gridate, esultate con canti di gioia. 5Cantate inni al Signore con l‟arpa, con l‟arpa e con suono melodioso; 6con la tromba e al suono del corno acclamate davanti al re, il Signore. 7Frema il mare e quanto racchiude, il mondo e i suoi abitanti. 8I fiumi battano le mani, esultino insieme le montagne 9davanti al Signore che viene, che viene a giudicare la terra. Giudicherà il mondo con giustizia e i popoli con rettitudine.

Impegno

Riflettere sul rapporto tra il battesimo di Gesù e il nostro battesimo

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Scheda 31

“Battesimo al Giordano : la figliolanza adottiva” – Ef 1, 3-14

Tutti gli uomini, in quanto creature, sono figli di Dio ( cfr scheda 11 ), vi è però un modo di essere

figli che ci deriva non da un dato naturale, ma dalla gratuità dell‟amore di Dio. In Gesù, infatti, si

sperimenta, come ormai abbiamo più volte visto, una relazione nuova che Dio instaura con noi.

Questa relazione risponde ai bisogni più profondi del nostro essere, nello stesso tempo però va oltre

ogni nostro desiderio. Dio che viene incontro a noi in Gesù di Nazaret è il Dio che si piega sulle

nostre ferite, proprio come il Samaritano della parabola di Gesù ( cfr Lc 10, 25-37 ), è colui cioè che

fa sentire la sua paternità prendendosi cura dell‟umanità dolente e abbandonata lungo la via. Chi

sperimenta cure paterne e materne nei suoi confronti in modo gratuito sente una coscienza nuova

del proprio esser figlio/a. Nella misura in cui si scopre una vera paternità/maternità nei propri

confronti si coglie il senso profondo dell‟essere figli.

Una persona che non ha conosciuto nella propria infanzia altro che abbandono, maltrattamenti,

ferite di ogni genere non avrà una esperienza positiva della paternità/maternità nei suoi confronti.

Se poi ha la possibilità di sperimentare la presenza amorevole di persone che svolgono una funzione

paterna/materna in modo gratuito, allora si sentirà figlio. In Gesù sperimentiamo, come ormai

sappiamo, questa accoglienza incondizionata da parte di Dio. Come lui è figlio per natura, così noi

lo siamo gratuitamente per libera scelta di Dio. Siamo figli nel Figlio, così come – in modo

analogico ovviamente – un giovane / una giovane diventano figli per i genitori della/del giovane che

ama per l‟amore che li lega. Infatti i due ormai sono una sola cosa per l‟amore che li unisce e nei

loro confronti si stabilisce una relazione duale, non singolare. In altri termini, l‟amore con cui Gesù

ci ha amati e continua ad amarci ci coinvolge nell‟amore tra lui e il Padre, mediante lo Spirito, così

che veramente noi siamo amati come figli.

Sentirsi figli, non solo esserlo : il battesimo opera in noi questa realtà e i cristiani devono sempre

più esserne consapevoli. La fede in Gesù è la fede in Dio Padre che ci rigenera a vita nuova col suo

amore e ci rende suoi figli, perché ci ama con lo stesso amore che ha per il Figlio nello Spirito

santo.

Domande per il singolo o il gruppo

Cosa significa per te essere figlio ?

C‟è un modo speciale di vivere da figli rispetto al modo comune naturale di esserlo ?

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Preghiera

Salmo 130 ( 131 )

Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze. 2Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l‟anima mia. 3Speri Israele nel Signore, ora e sempre.

Impegno

Riflettere sul capitolo 3 § 5 del Catechismo degli adulti La verità vi farà liberi

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Scheda 32

“Le beatitudini del Regno” – Mt 5, 1-11

Le beatitudini sono dal punto di vista letterario un invito alla gioia, un invito a sollevarsi e a entrare

spediti verso il Regno che Gesù ha annunciato. Il Regno di Dio, lo sappiamo, non è di “questo

mondo”, ma affonda le sue radici già nella nostra storia, perciò è qui e ora che dobbiamo deciderci

per esso o per altro. Le beatitudini sono un po‟ come la Magna charta di questo Regno. Esse sono

già state pienamente realizzate da Gesù stesso. Potremmo dire, anzi, che esse descrivono la vicenda

di Gesù oppure che esse riflettono la vita di Dio. Vivere le beatitudini allora per noi significa vivere

la vita di Dio. Significa pure avere in Gesù il modello ideale che guida la nostra intera esistenza.

Vivere le beatitudini è un impegno esigente perché significa tante volte andare contro corrente, la

loro logica è in verità esattamente contraria alla logica del mondo, che si potrebbe sintetizzare così

“sottometti o sei sottomesso”. Se però consideriamo le singole beatitudini ci accorgiamo che solo

con esse potremmo realizzare una vita “felice”. Anche quelle più apertamente contrarie e

apparentemente assurde sono la via maestra per la nostra piena felicità. Per es. come pensare che i

mansueti possano possedere la terra, quando vediamo attorno a noi prepotenza e violenza per

imporre se stessi ? Se consideriamo attentamente le cose però ci accorgiamo che solo la mitezza, la

non violenza sconfigge la violenza e la prepotenza ed è a lungo andare vincente. La violenza

produce solo violenza, il male produce male, la vendetta procura altra vendetta, … Chi e che cosa

possono spezzare la catena di male che avvince il mondo ? Solo le beatitudini. Non bisogna tacere

che esser comportano tanta forza, coraggio e sacrificio. Ma tutti, anche i deboli secondo la logica

del mondo, possono avere questa forza e capaci di questo sacrificio perché sono la forza dell‟amore

e quando si ama si è capaci anche di grandi sacrifici.

Se percorriamo la storia dell‟umanità vediamo che non solo gli uomini di potere hanno cambiato il

mondo, dominandolo, ma i santi che hanno incarnato le beatitudini e tante donne e uomini anche

non cristiani, ma animati dallo Spirito di Dio, hanno orientato il cammino della storia. Si può dire di

più, perché ogni giorno possiamo verificare ciò. Quando una persona anche la più umile con la

mitezza, con la gioia della propria vita, con la presenza in situazioni difficili, vive le beatitudini e

cambia la vita di qualcun altro non realizza il Regno di Dio ? Quando un malato sperimenta una

vicinanza solidale, quando una persona sola vede colmato il vuoto della sua solitudine dall‟amore

gratuito di qualcuno, quando chi è oppresso si rivolta contro l‟oppressione, quando ci si impegna

per la pace e la giustizia, … non si cambia la storia con le beatitudini del Regno ? Anche se

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apparentemente le cose procedono come sempre, se qualcuno vede cambiare la propria vita per la

testimonianza di chi vive le beatitudini non è già cambiato il mondo ?

Domande per il singolo o il gruppo

Cosa è per te la felicità ?

Vedi vivere le beatitudini nei cristiani di oggi ?

Preghiera

1Sam 2, 1-10

Il mio cuore esulta nel Signore, la mia fronte s‟innalza grazie al mio Dio. Si apre la mia bocca contro i miei nemici, perché io godo del beneficio che mi hai concesso. 2Non c‟è santo come il Signore, non c‟è rocca come il nostro Dio. 3Non moltiplicate i discorsi superbi, dalla vostra bocca non esca arroganza; perché il Signore è il Dio che sa tutto e le sue opere sono rette. 4L‟arco dei forti s‟è spezzato, ma i deboli sono rivestiti di vigore. 5I sazi sono andati a giornata per un pane, mentre gli affamati han cessato di faticare. La sterile ha partorito sette volte e la ricca di figli è sfiorita. 6Il Signore fa morire e fa vivere, scendere agli inferi e risalire. 7Il Signore rende povero e arricchisce, abbassa ed esalta. 8Solleva dalla polvere il misero, innalza il povero dalle immondizie, per farli sedere insieme con i capi del popolo e assegnar loro un seggio di gloria. Perché al Signore appartengono i cardini della terra e su di essi fa poggiare il mondo. 9Sui passi dei giusti Egli veglia, ma gli empi svaniscono nelle tenebre. Certo non prevarrà l‟uomo malgrado la sua forza. 10Il Signore... saranno abbattuti i suoi avversari! L‟Altissimo tuonerà dal cielo. Il Signore giudicherà gli estremi confini della terra; darà forza al suo re ed eleverà la potenza del suo Messia”

Impegno

Leggi un commento al brano evangelico delle beatitudini e cerca di verificare come possono essere

vissute nella tua vita ordinaria.

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Scheda 33

“La Pasqua di Gesù : la passione e la morte” –Mt 26-28

La croce di Gesù non è un prezzo da pagare a Dio per ottenerne il perdono per i nostri peccati. Essa

è, invece, espressione dell‟amore di Gesù e della sua obbedienza al Padre che da questo amore

scaturisce e che questo amore esprime. La croce è il dono di sé di Gesù. Non è difficile capire che a

questo dono di sé è legata anche un dimensione di sacrificio. Come ogni gesto di amore, questo

gesto supremo di amore che Gesù compie include un aspetto di sacrificio, ma il sacrificio è

conseguenza non causa della dedizione di Gesù.

Il valore salvifico della croce di Gesù non è dunque da ricollegarsi ad una idea di prezzo da pagare,

voluto da Dio per compensare le offese a lui arrecate dall‟uomo peccatore. Dalla Scrittura possiamo

ricavare una idea di “riscatto”, ma nel senso proprio del termine : dare una somma in riscatto per

liberare un prigioniero. In questo senso la croce è riscatto, appunto come espressione massima di

amore che si sacrifica pur di liberare chi è “prigioniero” del peccato. La croce di Gesù è frutto del

suo amore, perché Gesù liberamente va incontro alla morte. Non la cerca, anzi nell‟orto degli ulivi

chiede al Padre “che passi il calice” che deve bere, tuttavia infine si consegna alla sua volontà,

liberamente per amore. « La libera morte di Gesù è il vertice di un‟esistenza che si consegnò

radicalmente a Dio e agli uomini e proprio così,nella libertà, realizzò il senso e la bellezza della

creazione costituendo per noi tutti questo spazio di libera consegna a Dio e agli uomini ».

Morendo sulla croce Gesù sconfigge la morte, la assume su di sé e attraverso la morte annienta il

potere del peccato sull‟uomo. Un antico pensatore cristiano, Tertulliano, afferma che Gesù ha

“tollerato” sulla croce i nostri peccati. In un certo senso sulla croce si manifesta la tolleranza di Dio

nei confronti degli uomini. Tolleranza qui significa capacità di portare su di sé, un po‟ come saper

sopportare, che nel Nuovo Testamento dice proprio la capacità di sostenere, avere la forza di

portare su di sé. Allora la croce è la massima sopportazione di cui Gesù dà prova. Per questo sulla

croce Gesù dice : “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 24).

La croce, così compresa, è l‟oggetto unico della contemplazione del cristiano (Mt 27, 55; cfr Gv 20,

14 ): solo la croce è il suo segno distintivo, non la gloria, il potere, il successo e l‟affermazione di

sé. L‟apostolo Paolo lo dice chiaramente : noi predichiamo Cristo e Cristo crocifisso ! Tutte le volte

che la comunità dei cristiani, la Chiesa, tradisce questo annuncio o contempla altro, tradisce Gesù

stesso.

Predicare la croce significa non confidare sulle nostre forze, sui grandi mezzi del potere, su tutto

ciò, insomma, che può garantire il successo mondano, ma solo sulla forza della nuda Parola di Dio.

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Piantare la croce per la Chiesa significa confidare sul Vangelo solo, non sulle ricchezze, sulle

sicurezze umane, sulle garanzie degli stati, dei potenti. Non serve incastonare le croci con pietre

preziose per affermare la fede in Gesù crocifisso, ma vivere da discepoli che poggiano solo

sull‟amore di Dio che si manifesta nella croce di Gesù. Paolo ci avverte che siamo stati riscattati a

caro prezzo, il “sangue di Gesù”, perciò non possiamo svendere questa eredità preziosa che ci fa

ricchi più di ogni possesso materiale : Gesù ha dato la sua vita per noi. Alla domanda su cosa ha

dato il cristianesimo all‟umanità, una sola è la risposta : Gesù il Messia.

Domande per il singolo o il gruppo

Ti sei mai chiesto quale sia il significato della croce ?

Pensi che sia molto difficile accogliere l‟annuncio della croce di Gesù come evento salvifico ?

Preghiera

Sal 21 (22)

2“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Tu sei lontano dalla mia salvezza”: sono le parole del mio lamento. 3Dio mio, invoco di giorno e non rispondi, grido di notte e non trovo riposo. 4Eppure tu abiti la santa dimora, tu, lode di Israele. 5In te hanno sperato i nostri padri, hanno sperato e tu li hai liberati; 6a te gridarono e furono salvati, sperando in te non rimasero delusi. 7Ma io sono verme, non uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo. 8Mi scherniscono quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo: 9“Si è affidato al Signore, lui lo scampi; lo liberi, se è suo amico”. 10Sei tu che mi hai tratto dal grembo, mi hai fatto riposare sul petto di mia madre. 11Al mio nascere tu mi hai raccolto, dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio. 12Da me non stare lontano, poiché l’angoscia è vicina e nessuno mi aiuta. 13Mi circondano tori numerosi, mi assediano tori di Basan. 14Spalancano contro di me la loro bocca come leone che sbrana e ruggisce. 15Come acqua sono versato, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si fonde in mezzo alle mie viscere.

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16È arido come un coccio il mio palato, la mia lingua si è incollata alla gola, su polvere di morte mi hai deposto

Impegno

Contemplare il mistero della croce nel volto sofferente dei poveri.

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Scheda 34

“La Risurrezione” –Mc 16, 1-20

Le prime comunità cristiane hanno compreso Gesù e se stesse partendo dalla fede nella

Risurrezione che modellava tutte le manifestazioni dell‟esistenza cristiana: la predicazione, il culto,

la vita comunitaria, le scelte morali. C‟è un legame inscindibile tra Crocifisso e Risorto. Non si può

comprendere il Crocifisso senza il Risorto.

La Risurrezione è attestazione e compimento del progetto di amore che in Gesù si rivela. La

Risurrezione di Gesù non è un atto unico, accanto agli altri atti della vita di Gesù, ne è il

compimento. Il Nuovo Testamento ci dice che Gesù “fu risuscitato”, cioè a dire il Padre lo risuscitò

come attestazione dell‟autenticità di tutta la sua vita, che come sappiamo fu vita donata.

La fede cristiana nasce da una tomba vuota, da lì comincia la speranza dei suoi discepoli, la vittoria

sulla paura e il riconoscimento della messianicità di Gesù, che vince la morte. I suoi discepoli sono

ora testimoni del Risorto, annunciatori di questa pretesa assoluta : la morte è vinta e il dono del

Risorto che è lo Spirito santo guida la comunità dei suoi discepoli che così rende vivo nella storia il

suo Signore.

La pasqua di Gesù, il suo passaggio (cfr scheda 13 ) dalla morte alla vita, diventa la nostra pasqua il

nostro passaggio dalla morte ( spirituale ) alla vita ( spirituale ), che è la vera vita, la capacità di

riconoscere nella nostra vita la presenza di Dio che libera e salva. Col nostro battesimo siamo

immersi nella morte e risurrezione di Gesù, moriamo all‟uomo vecchio e rinasciamo all‟uomo

nuovo. Col battesimo riceviamo quell‟illuminazione che ci fa “vedere” ciò che prima non

riuscivamo a scorgere.

Ogni giorno siamo chiamati a risorgere a vita nuova, morendo al peccato rinascendo all‟amore.

Nella fede siamo già in un certo senso risorti, perché con la fede viviamo la speranza e l‟amore, con

cui viviamo innestati nella vita di Cristo. Nella fede speranza e carità rendiamo presente nella storia

il mistero di Cristo morto e risorto.

Domande per il singolo o il gruppo

Nella tua vita vedi gesti di liberazione ?

Come fondare la liberazione dell‟uomo sulla Pasqua di Gesù ?

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Preghiera

Dalla Preghiera Eucaristica IV

Noi ti lodiamo, Padre santo, per la tua grandezza: tu hai fatto ogni cosa con sapienza e amore, a tua immagine hai formato l'uomo, alle sue mani operose hai affidato l’universo perché nell’obbedienza a te, suo creatore, esercitasse il dominio su tutto il creato. E quando, per la sua disobbedienza, l’uomo perse la tua amicizia, tu non l’hai abbandonato in potere della morte, ma nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro, perché coloro che ti cercano ti possano trovare. Molte volte hai offerto agli uomini La tua alleanza, e per mezzo dei profeti hai insegnato a sperare nella salvezza. Padre santo, hai tanto amato il mondo da mandare a noi, nella pienezza dei tempi, il tuo unico Figlio come salvatore. Egli si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo ed è nato dalla Vergine Maria; ha condiviso in tutto, eccetto il peccato, la nostra condizione umana. Ai poveri annunziò il vangelo di salvezza, la libertà ai prigionieri, agli afflitti la gioia. Per attuare il tuo disegno di redenzione si consegnò volontariamente alla morte, e risorgendo distrusse la morte e rinnovò la vita.

E perché non viviamo più per noi stessi ma per lui che è morto e risorto per noi, ha mandato, o Padre, lo Spirito Santo, primo dono ai credenti, a perfezionare la sua opera nel mondo e compiere ogni santificazione.

Impegno

Riflettere sulla 1Cor 15

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Scheda 35

“Gesù lava i piedi ai discepoli” – Gv 13, 1-17

Diversamente dagli altri evangelisti, Giovanni non racconta l‟istituzione dell‟eucaristia la sera del

giovedì santo. Parla però della cena che consumò con i suoi discepoli. Quando il vangelo di

Giovanni fu scritto già da un scolo i cristiani celebravano l‟eucaristia, come memoriale del gesto di

Gesù prima ella sua morte. Perché mai allora Giovanni non ne fa cenno nel suo racconto ?

L‟evangelista, probabilmente, non sente il bisogno di raccontare il passato. Cerca piuttosto di

aiutare a capirne il significato. Per questo racconta la lavanda dei piedi.

Gesù sa che è “giunta la sua ora : l‟ora è quella di passare ( ricorda il significato di pesach /

pasqua = passaggio )”da questo mondo al Padre”, cioè la sua morte come momento in cui ci rivela il

senso di tutta la sua esistenza. Giunta questa ora, infatti, Gesù “dopo aver amato i suoi che erano nel

mondo, li amò sino alla fine”.

“Amare sino alla fine” significa portare a compimento l‟amore già dimostrato, darne la prova più

alta, cioè a dire il dono della propria vita.

Gesù non dà “qualcosa” a i suoi discepoli, come segno del suo amore, ma dà se stesso. È il modo di

amare di Dio che qui si mostra : Egli non ci dà qualcosa, ma qualcuno, se stesso. “Questo dare se

stesso” Gesù lo fa diventare un gesto concreto di accoglienza e ospitalità : lavare i piedi. Un gesto

che abitualmente i padroni di casa facevano fare agli schiavi, come segno di accoglienza per gli

ospiti di riguardo. Gesù si fa così servo per dimostrarci che ci accoglie. Il suo gesto non è capito da

Pietro che si schernisce. Forse però Pietro oppone un rifiuto a Gesù proprio perché ne capisce la

portata. Colui che egli segue come Messia si fa servo. Per la sua concezione del messia potente e

vittorioso è inconcepibile un Messia “schiavo”, che si abbassa tanto di fronte ai suoi seguaci.

Il gesto di Gesù è un segno per i suoi, anche loro devono fare lo stesso. Il servizio, allora, deve

essere il segno distintivo dei cristiani, non solo presi singolarmente, ma anche come comunità. La

Chiesa come Gesù dovrebbe poter dire : “non sono qui per essere servita ma per servire”

Domande per il singolo o il gruppo

In che modo posso essere “servo” del prossimo ?

La Chiesa che io conosco è fedele alla consegna di Gesù ?

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Preghiera

( da una preghiera del sec. XI )

Nella pace, preghiamo il Signore.

Per la pace del cielo, preghiamo il Signore.

Per la pace del mondo, preghiamo il Signore.

Per quanti si uniscono per vivere

in comunione di affetti, preghiamo il Signore.

Per noi qui presenti

e per la nostra unione nel Cristo, preghiamo il Signore.

Perché il Signore ci unisca in un amore perfetto e in una vita inseparabile, preghiamo il

Signore.

Perché ci dia la saggezza e l'affetto sincero, preghiamo il Signore.

Perché siamo liberati da ogni afflizione, pericolo, bisogno, preghiamo il Signore.

Signore, nostro Dio, che hai realizzato l'amore al massimo grado, Signore della pace, salvatore di

tutti, accordaci l‟amore di te, perfezione della legge, e donaci di imitare l'amore di Gesù Cristo

tuo figlio; fa‟ che ci accogliamo l‟un l‟altro come ci ha accolti tuo figlio; fa‟ che ci serviamo a

vicenda con amore e compiamo con zelo la legge del tuo inviato.

Impegno

Proponiamoci di compiere gesti di servizio reciproco

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Scheda 36

“La lavanda dei piedi : i discepoli servi gli uni degli altri” – Mt 25, 31-46

Nel libro degli Atti degli Apostoli leggiamo che rivolgendosi agli anziani di Gerusalemme riuniti

con Giacomo, san Paolo « cominciò a esporre nei particolari quello che Dio aveva fatto tra i pagani

mediante il suo servizio » ( At 21, 19 ). La parola greca che gli Atti utilizzano per “servizio” è

diakonia, che sovente è tradotta con “ministero”. Il ministero di cui parla Paolo è il servizio che egli

svolge a favore dei cristiani. Non si riferisce a qualcosa di specifico, semplicemente quello che lui

fa è “servizio”. Così pure scrivendo ai romani rivendica il fatto che « come apostolo dei Gentili

faccio onore al mio servizio ( diakonia ) » ( Rom 11, 13 ). Paolo spende la sua vita per il regno di

Dio, perciò chi lavora per il Regno è “servo/diacono”, così lui e Apollo sono “servi/diaconi

attraverso i quali siete [ voi i Corinti ] venuti alla fede » ( 1Cor 3, 5 ). Notiamo che con lo stesso

termine di “servizio”/ diakonia si indica l‟annuncio del Vangelo mediante la predicazione ( At 6, 4

), sia mediante il servizio alle mense ( At 6, 2 ) o ai fratelli che soffrono per la carestia ( 2Cor 8, 40-

9,1 ).

Il “fare” del discepolo è, in quanto tale, servizio, che dovrebbe sempre caratterizzare il suo essere

discepolo di Gesù il servo obbediente del Padre. In ogni gesto quotidiano dovremmo vedere

un‟opportunità di servizio. Ne abbiamo un esempio in Mt 8,15 ( « Le toccò la mano e la febbre

scomparve; poi essa si alzò e si mise a servirlo » ), che ci presenta una scena di vita familiare, come

tante : una malattia, una visita, un‟espressione di amicizia e partecipazione. Gesù che visita la

suocera di Pietro la benefica e subito è beneficato. ( L‟evangelista Mt evidenzia questo aspetto del

servizio a Gesù, perché Mc e Lc dicono che “cominciò a servirli” ). La suocera di Pietro potrebbe

essere modello di chi si mette alla sequela di Gesù e lo serve e servendo lui serve tutti gli altri.

Questa conseguenza è messa in luce da Mt 25 : coloro che servono i poveri servono Gesù.

Come capire la presenza di Gesù nei poveri ? Bisogna sempre evitare le strumentalizzazioni

soprattutto dei poveri, per es. pensare di aiutarli per “salvarci l‟anima”. La “sorpresa” dei giusti e

dei malvagi ci suggerisce che il povero va amato perché ha bisogno di essere amato. Chi serve per

secondi fini ( sia pure la salvezza ), strumentalizzando l‟altro, chi è indifferente, per non dire altro (

ribrezzo, razzismo, .. ) verso i poveri è fuori del Regno. Servire coloro che Gesù ha servito è come

servire lui stesso, è servire Dio. Escludere qualcuno di loro dalla propria vita è escludere Dio.

Il criterio ultimo del giudizio di Dio sulla nostra vita è, in definitiva, la nostra prassi di amore.

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L‟evangelista Luca addirittura riporta le parole di Gesù con cui ci dice che il “servizio” è la

categoria per indicare il “premio eterno” che Dio riserva ai giusti: Egli si metterà a servirli a tavola

( Lc 12, 37 )

Il servizio, che noi realizziamo concretamente nella vita di quaggiù, è anticipazione del Regno,

proprio come l‟eucaristia.

Domande per il singolo o il gruppo

Cosa può significare oggi servire i poveri ?

Come vivere il servizio reciproco nella comunità cristiana ?

Preghiera

Salmo 132 ( 133 )

Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! 2È come olio profumato sul capo, che scende sulla barba, sulla barba di Aronne, che scende sull‟orlo della sua veste. 3È come rugiada dell‟Ermon, che scende sui monti di Sion. Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre

Impegno

Leggere la biografia di un santo della carità

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Scheda 37

“Il dono di Dio : l‟incontro con Gesù „sana‟” la Samaritana” – Gv 4, 1.26

L‟immagine della sorgente guida tutto il racconto. Gesù stesso è la sorgente della vita e chi si

abbevera a lui ed accoglie il suo dono diviene sorgente della vita per sé e per i suoi. Il pozzo

dell‟incontro di Gesù con la donna samaritana era stato scavato da Giacobbe per dissetare lui, la

sua gente e le sue greggi ed era stato donato al prediletto figlio Giuseppe. Quello che Giacobbe

aveva fatto era segno di una realtà futura, che si sarebbe compiuta con Gesù e i suoi discepoli fuori

da ogni confine geografico o nazionale.

La richiesta di Gesù alla donna è insolita e provocatoria per due motivi. Il primo è che i samaritani

erano considerati eretici dai giudei e quindi da evitare, per di più – ed è questo il secondo motivo –

si tratta di una donna. Questi due particolari ci dicono ancora una volta come Gesù rompe ogni

schema sociale e religioso. Non esistono eretici o puri, uomini o donne. Tutti sono destinatari della

sua buona notizia. L‟atteggiamento di Gesù porta la donna ad esplicitare il suo vero desiderio :

“dammi quest‟acqua”. La sua “sete” è figura dl bisogno profondo di realizzare se stessa nella verità

della propria vita. Ora, c‟è bisogno di una bevanda che disseti definitivamente. Dalla sete fisica

bisogna passare alla sete spirituale di giustizia, di innocenza e di fedeltà. Nel linguaggio profetico

(Gesù è riconosciuto dalla donna come profeta ) la donna dai molti mariti, nessuno dei quali è

quello vero, indica una condizione morale negativa che tocca tutto il popolo. Il marito è l‟idolo,

segno di quelle forme di vita individuale e sociale che sono oscurate dall‟ingiustizia dalla violenza,

dall‟infedeltà, dall‟inganno. Quell‟acqua di vita, il cui dono è pronto, esige la coscienza della

propria colpa. Compito del profeta è svelare le false apparenze, le menzogne, l‟ipocrisia, l‟infedeltà.

La donna pone domande sempre più profonde su di sé, su Dio, sul dove rendergli culto. Dietro a

queste domande vi sta un‟antica disputa tra i fautori del tempio samaritano sul monte Garizim e

quelli del tempio di Gerusalemme. La controversia però è solo un‟occasione per presentare un‟altra

questione attuale e universale. Già i primi discepoli avevano chiesto a Gesù : “Dove abiti ?”Questa

nuova discepola, a nome di tutti, domanda dove sia il luogo perfetto e definitivo per incontrare Dio,

dove ascoltare la sua parola. Con Gesù tutto questo è superato. Ora il luogo e il modo dell‟incontro

con Dio saranno lo Spirito e la verità. Gesù stesso non solo annuncia questo nuovo modo di adorare

Dio, ma lo mostrerà nella sua stessa esistenza e, in modo speciale, attraverso la sua morte.

Il suo copro, la sua umanità piena di Spirito divino, sarà il luogo del culto definitivo e Gesù si rivela

alla donna samaritana con quell‟ « Io sono », che tante volte risuonerà nel Vangelo, indicando la

presenza salvifica di Dio nel Figlio.

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Domande per il singolo o il gruppo

Il dono di dio può appagare le nostre “seti” ?

Qual è l‟acqua viva che ci può dare Gesù ?

Preghiera

( preghiera composta da Santa Gertrude la Grande, sec. XIII )

Signore Gesù Cristo, figlio del Dio vivo,

concedimi d‟aspirare a te con tutto il cuore,

con un desiderio totale e un‟anima assetata;

concedimi di respirare in te,

come nell‟aria più soave e dolce,

e dal fondo del mio essere chiamarti senza fine

con un sospiro appassionato, o mia unica beatitudine.

Signore d‟infinita misericordia, scrivi

col tuo sangue prezioso le tue ferite nel mio cuore,

perché mi facciano leggere le tue sofferenze

e il tuo amore,

affinché in me viva sempre il ricordo delle tue piaghe

e non cessi di piangere d‟amore

per tutto quello che hai sopportato per me.

Donami di non dare valore a tutto il resto,

e di trovare solo in te dolcezza

Impegno

Cercare di capire di che cosa ha sete chi ci sta accanto.

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Scheda 38

“Guarire le nostre ferite” – Gv 4, 27-42

La donna samaritana è guarita delle sue numerose “ferite” da Gesù, il quale infrangendo pregiudizi

e rischiando la sua onorabilità la incontra e le consente di leggere nella sua vita senza sentirsi

innanzi tutto giudicata, ma invece accolta e ascoltata. Questa “guarigione” che si trasforma in gioia

tanto grande da esplodere e dover essere comunicata agli altri, è immagine di quanto avviene n ogni

credente che si lascia incontrare da Gesù.

Paolo dirà qualcosa che ricorda l‟esperienza della Samaritana; egli, parlando della sua missione,

dice che “consegna” quello che lui stesso ha ricevuto, che Cristo è morto per i nostri peccati e che è

stato risuscitato ( cf 1Cor 15, 3ss. ). Quella donna di Samaria corre a “consegnare” ai suoi

concittadini quello che Gesù ha consegnato a lei, la sua stessa persona cioè. Ci troviamo di fronte al

mistero d‟amore della “consegna” di Gesù al Padre che lo porterà alla croce. La Chiesa ha

compreso fin dall‟inizio tutto questo e ha chiamato “consegna” ( traditio evangelii ) la trasmissione

del Vangelo, che altro non è che la trasmissione agli uomini e alle donne del dono della consegna di

Gesù, dell‟amore con il quale egli ha caricato su di sé le nostre debolezze e la nostra miseria e

dell‟energia della risurrezione che è contenuta in questo dono.

Ciò che veramente guarisce le nostre ferite è la “consegna” di Gesù, la sua morte in croce e la sua

risurrezione. Amandoci non ci lascia nell‟inferno della solitudine, causata dal nostro peccato che è

allontanamento da Dio e dal prossimo Essere guariti dal peccato significa essere restituiti alla

bellezza/bontà originaria della creazione, ritrovare il senso di tutte le dimensioni della nostra vita

nella comunione piena con Dio e il prossimo.

Domande per il singolo o il gruppo

Domandati se ci sono ferite nella tua vita e in che misura l‟incontro con Gesù le guarisce.

Come possiamo essere noi strumenti di guarigione per gli altri ?

Preghiera

( preghiera composta da Santa Gertrude la Grande, sec. XIII )

Amore che dai la vita, vivificami e restaura

tutto ciò che in me è spento di fronte al tuo amore.

O Dio, amore che mi hai creato,

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creami ancora nel tuo amore.

Amore che mi hai riscattato:

supplisci e riscatta in me tutto ciò che ho perduto

del tuo amore per mia negligenza.

O Dio che mi hai comprata per te

nel sangue del tuo Cristo, santificami nella verità.

O Dio, amore che mi hai adottata:

fammi crescere secondo il tuo cuore.

O Dio, amore che mi hai scelta per te solo:

fa' che sia unita interamente a te.

O Dio, amore che mi hai amata gratuitamente:

concedimi di amarti con tutto il cuore.

con tutta l'anima e con tutte le forze.

O Dio, amore infinitamente potente,

confermami nel tuo amore.

O Dio, amore infinitamente sapiente,

concedimi di amarti nella saggezza.

O Dio, amore infinitamente caro,

donami di vivere solo per te

O Dio, amore infinitamente fedele,

aiutami in ogni tribolazione.

Amore infinitamente buono, agisci in ogni mia azione.

Amore infinitamente forte,

donami di perseverare in te sino alla fine.

Amore infinitamente dolce, non abbandonarmi mai.

Nell'ora della morte ricevimi tu, e chiamami.

Impegno

Riflettere sul brano di Gv 4 attualizzandolo sulla propria vita in maniera personale.

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Scheda 39

“La comunità dei discepoli di Gesù : un popolo in attesa” – At 3, 11-26

« Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro ? ». (Mt 11, 3) Così Giovanni il

Battezzatore, che si trovava in carcere, manda a domandare a Gesù. « Gesù rispose: «Andate e

riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i

lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona

novella, e beato colui che non si scandalizza di me ». (Mt 11, 4-6). I discepoli di Gesù hanno

riconosciuto in lui il Messia, colui che era atteso per restaurare il Regno di Israele. Sappiamo però

che il Regno predicato da Gesù non è un regno politico, come molti allora si attendevano. È il regno

di Dio, con i caratteri che abbiamo già visto.

Come non meravigliarsi allora delle parole di Pietro, riportate dagli Atti ? « Pentitevi dunque e

cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della

consolazione da parte del Signore ed egli mandi quello che vi aveva destinato come Messia, cioè

Gesù » . Pietro, che ha creduto in Gesù come Messia, che è testimone della sua Risurrezione, che

parla dopo la Pentecoste, allude alla sua venuta. Non avrebbe dovuto dire : “Convertitevi e credete

al Messia che è già venuto” ?

Questo testo del libro degli Atti è di capitale importanza perché ci ricorda che anche noi cristiani

attendiamo il Messia, proprio come gli ebrei. La differenza sta solo nel fatto che noi conosciamo il

nome di colui che attendiamo, Gesù. Dimenticare questa dimensione di “attesa” nella nostra vita di

credenti in Gesù è fonte di tanti equivoci. Per esempio potremmo rischiare di credere che la Chiesa

stessa sia il compimento del Regno, diversamente da ciò che lo stesso Concilio Vaticano II ci ha

ricordato ( cfr scheda 18 ). Potremmo rischiare anche di identificare il Regno con un determinato

sistema socio politico, con un sistema economico, ritenendo che mediante di esso l‟uomo potrebbe

giungere alla sua felicità. In realtà la storia dell‟umanità è protesa verso il suo compimento, che

nessuno può identificare con un tempo o un luogo.

La Chiesa, allora, è il popolo in cammino nella storia che attende il suo Signore. Essa dovrebbe

essere allora sempre vigilante, sempre critica contro tutte le pretese storiche assolute, ma

ingannevoli, di felicità, sia al suo interno sia all‟esterno. Un “popolo che cammina nella storia”:

ecco la comunità dei discepoli di Gesù e poiché è pienamente inserito nella storia con tutti gli altri

uomini condivide speranze, delusioni, fatiche gioie che accompagnano questo cammino. Deve

essere però come il lievito nella pasta, ha il compito del fermento. Ciò può esigere talvolta di dover

morire perché la pasta lieviti e giunga a maturazione.

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In Gesù tutti sono chiamati a far parte di questo popolo, non vi sono più Barriere, come sappiamo,

né di razza né di sesso. In Gesù le barriere sono abbattute e veramente in questo modo nella Chiesa

vi è un piccolo anticipo del popolo di Dio escatologico, cioè degli ultimi tempi, quando tutto sarà

pacificato e tutti si riconosceranno fratelli, figli dell‟unico Padre.

Domande per il singolo o il gruppo

Come essere popolo di Dio nel mondo di oggi ?

Cosa significa per te che Gesù è il Messia ?

Preghiera

Salmo 132 (133)

Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! 2È come olio profumato sul capo, che scende sulla barba, sulla barba di Aronne, che scende sull‟orlo della sua veste. 3È come rugiada dell‟Ermon, che scende sui monti di Sion. Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre.

Impegno

Riflettere sul cap. 13 del Catechismo degli adulti La verità vi farà liberi

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Scheda 40

“Essere Chiesa oggi” – At 11, 19-26

I discepoli di Gesù per la prima volta ad Antiochia furono chiamati “cristiani”. Questo nome cosa

significa per noi oggi ? Certamente esso ci ricorda che noi apparteniamo a Cristo, mediante la sua

Chiesa oggi Gesù Cristo può essere conosciuto dai nostri contemporanei. Dovremmo però poter dire

di più, perché attraverso i cristiani gli uomini di ogni epoca dovrebbero poter “vedere Gesù”.

L‟evangelista Giovanni racconta che alcuni greci si avvicinarono a Filippo e gli chiesero: «Signore,

vogliamo vedere Gesù». ( 12, 21 ). I “greci” dei nostri giorni forse rivolgono a noi la stessa

domanda, ma dove condurli ?

Può aiutarci a comprendere cosa significhi essere Chiesa oggi, portatori di Cristo stesso, la lettura

di una lettera di un vescovo dell‟antichità. Quando attorno al 230 ad Alessandria divampò la peste, il

vescovo del luogo Dionigi scrisse in una lettera:

«Poiché la maggior parte dei nostri fratelli, con un amore e una benevolenza sconfinati non si

risparmiavano e si univano gli uni agli altri, si facevano carico dei malati anche con rischio, li

curavano con sollecitudine e li servivano in Cristo, ne morirono alla pari di questi con somma

gioia, contagiati dal male di altri, attirandosi la malattia di chi gli era vicino, condividendo

volontariamente le loro sofferenze... In questo modo hanno detto addio alla vita i migliori dei

nostri fratelli: presbiteri, diaconi e laici... Poiché prendevano sulle braccia e in grembo i corpi dei

santi, chiudevano loro gli occhi e la bocca, li caricavano sulle spalle e tra abbracci pieni di

tenerezza li seppellivano dopo averli lavati e vestiti, conoscevano poi anch'‟essi a distanza di breve

tempo gli stessi servizi: i sopravvissuti subentravano continuamente a quelli che se n'‟erano andati.

Del tutto diverso era il comportamento dei pagani. Appena uno si ammalava, lo allontanavano,

fuggivano dai loro cari anche più stretti, li gettavano mezzi morti sulla strada e lasciavano questi

loro morti senza sepoltura, come fossero rifiuti» (Eusebio, Storia della chiesa VII 22).

Tutto questo facevano in nome di Cristo, questo li faceva testimoni di Colui che predicavano. Tutti

li ammiravano perché in loro vedevano realizzarsi ciò che ci si attende dagli uomini in quanto

uomini. Questo era possibile farlo solo in nome di Gesù. Esser Chiesa oggi significa niente di più e

niente di meno che vivere il vangelo di Gesù, praticarlo e renderlo un libro vivente, leggibile da

tutti.

Domande per il singolo o per il gruppo

Quali sono i gesti concreti che rendono presente Gesù oggi ?

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La fede non può prescindere da una pienezza di umanità : quali sono gli ambiti in cui il cristiano

realizza questa umanità ?

Preghiera

Preghiera semplice di S. Francesco

Signore, fa di meno strumento della Tua Pace:

dove è odio, fa ch'io porti l'Amore,

Dove è offesa, ch'io porti il Perdono,

Dove è discordia, ch'io porti l'Unione,

Dove è dubbio, ch'io porti la Fede,

Dove è errore, ch'io porti la Verità,

Dove è disperazione, ch'io porti la Speranza,

Dove è tristezza, ch'io porti la Gioia,

Dove sono le tenebre, ch'io porti la Luce.

Maestro, fa che io non cerchi tanto

ad esser consolato, quanto a consolare;

ad essere compreso, quanto a comprendere;

ad essere amato, quanto ad amare.

Poiché, così è: Dando, che si riceve;

Perdonando, che si è perdonati;

Morendo, che si risuscita a Vita Eterna.

Impegno

Scegli un concreto impegno che sia testimonianza dell‟essere Chiesa.

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Parte terza

Ultima quaresima

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Scheda 1

«Oggi sarai con me in paradiso»

(Lc 23, 33-43)

Spiegazione del testo

Con la scena della croce gli evangelisti mostrano Gesù che dona tutto se stesso per noi,

non chiede nulla per sé. La croce si mostra così, da subito, come espressione dell‟amore di Dio

che si rivela nella donazione di sé di Gesù.

Il messia, l‟eletto, colui che ha compiuto miracoli e guarigioni, viene umiliato in croce: i

capi e i soldati lo deridono avendo smascherato in Gesù il falso messia. Il “vero” messia infatti

non sarebbe potuto morire in croce. Dio non può appartenere infatti alla bassezza e alla

piccolezza che sono, invece, propri dell‟uomo. Ma il Dio di Gesù «salverà il mondo non

attraverso manifestazioni di forza, ma mediante l‟insuccesso, l‟ignominia della croce» (1Cor 1,

21-22).

Dinanzi allo spettacolo della croce il «popolo stava a contemplarlo» (v. 35). La vera

contemplazione del cristiano è proprio la croce di Gesù, che manifesta qui la sua ambiguità:

per alcuni è motivo di scandalo e di rifiuto (i capi, i soldati, il primo malfattore), per altri è

motivo di riconoscimento della sua messianicità (vale a dire la sua missione salvifica).

Contemplare la croce è scoprire chi è Dio per me. Il Dio della forza e del giudizio o il Dio

della debolezza e della misericordia. La regalità di Gesù non è secondo i criteri di questo

mondo, cioè la forza e la violenza, la sopraffazione per affermare se stessi. Gesù non ha voluto

essere mai re per essere l‟amico e il fratello di tutti, particolarmente degli umili, dei poveri,

degli oppressi a qualsiasi nazione appartenessero. Gesù si fa prossimo di ogni “perduto”,

muore tra due malfattori che hanno però un atteggiamento diverso di fronte alla sua presenza.

Il primo è tra coloro che non riconoscono il senso della croce di Gesù, il secondo riconoscendo

il suo male si affida alla misericordia di Gesù, giusto condannato ingiustamente. Ma proprio

l‟accentazione della ingiusta condanna da parte di Gesù rende possibile rendere giusto il

malfattore pentito. Nelle parole di Gesù rivolte a quest‟ultimo si rivela pienamente il senso

della sua regalità: il Regno di Dio che lui ha annunciato e inaugurato con la sua persona è il

“paradiso” perché è il luogo della realizzazione di tutto l‟uomo. Alla richiesta del malfattore di

esser associato al suo Regno, Gesù risponde che lo stesso giorno sarebbe stato con lui in

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“paradiso”. Questo giardino ricorda subito il giardino delle origini, in cui fu posto l‟uomo. Il

senso biblico del “giardino” è la pienezza di vita, la felicità dell‟uomo a cui Dio lo ha

destinato. La salvezza perciò è essere ricollocati in questo giardino, il ripristino della pienezza

di vita e della felicita distrutte dal peccato. È anche il giardino dell‟incontro dei due amanti del

Cantico dei cantici. Stare con l‟amato è il “paradiso”, “la mia delizia è stare con te” (Prov.8,

31): stare con Gesù il paradiso. Il buon ladrone riconosce la messianicità di Gesù e invita a

compiere un atto di fede in Cristo re. La fede è la porta di accesso al Regno.

In definitiva la salvezza della croce è sintetizzabile in due parole: perdono e comunione.

Sulla croce Gesù rivela il volto perdonante di Dio.

Attualizzazione

Al Cristo crocifisso, espressione della condivisione di tutte le forme della sofferenza

umana, Dio assicura la sua solidarietà totale, rendendolo vittorioso sulla morte e aprendo la

possibilità della vittoria su di essa a quanti credono in lui e sono disposti a partecipare al suo

cammino.

Cosa significa per noi la vittoria sulla morte? Gesù in realtà non ci libera dalla morte, ma

dalla paura della morte, non ci libera dalla sofferenza ma ci dà la possibilità di vivere l a

sofferenza come occasione di discernere tra il bene e il male.

Il perdono di Gesù sulla croce per i suoi crocifissori ci dice che l‟amore di Dio è più

grande di ogni nostro peccato. Questo è l‟annuncio che i suoi discepoli sono chiamati a

proclamare a tutti gli uomini (24, 47) invitando alla conversione. La nostra conversione è

pertanto risposta a questo amore incondizionato di Dio. Perdonare significa letteralmente

“portare a compimento il dono”. Dio lo ha fatto dandoci la vita e, poi, la salvezza da tut to ciò

che la può compromettere, innanzi tutto il peccato (questo è il senso della riconciliazione con

Lui). Noi perdoniamo quando spezziamo la catena di male che ci può avvincere: quando

rispondiamo al male col bene, alla ingiustizia con la giustizia, alla violenza con la

riconciliazione, alla vendetta con il perdono, ...

La testimonianza di Gesù è controcorrente perché l‟uomo cerca la salvezza nella potenza,

non nella debolezza, nella ricchezza non nella povertà (della croce), nell‟apparenza non nella

radicale espropriazione di tutto per amore, di cui è segno la sua nudità sulla croce.

Comprendiamo allora il senso delle tentazioni di Gesù, che sono anche le tentazioni dell‟uomo

di oggi. Alla luce della logica della potenza della ricchezza e dell‟apparire, la croce è un

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fallimento. La salvezza che il Figlio di Dio ha portato sembra non avere alcuna rilevanza, né

religiosa né politica, né personale. Gesù è religiosamente un maledetto, politicamente un

impotente, personalmente un fallito. Sulla croce pare che tutto finisca e torni come prima. Il

male sembra aver vinto. In realtà nell‟apparente sconfitta di Gesù sta la vittoria

sull‟alienazione sul nostro male radicale, cioè a dire la pretesa di volerci salvare con le sole

nostre forze. Pretesa che si traduce concretamente nel pensare alla “mia” salvezza negando la

salvezza degli altri.

Nella prospettiva della croce Gesù invita a “perdere l‟anima (psiche in greco, che vuol dire

anche “vita” per salvarla.) Perdere la vita per Gesù è donarla, quindi nel dono c'è la vera vita,

perché è lì che la si guadagna, vale a dire la si salva. Nel contrario del dono, il possesso, c'è invece la

morte, si perde l'anima, la vita. Nel perdere della gratuità vi è un "acquisto", nel possedere vi è una

perdita. « Perdere l'anima » è smarrire la capacità di relazione; inseguire se stessi come unica

meta, ponendo se stessi al centro e rifiutando la relazione fa venir meno la condizione d'esser della

vita: chiudersi in se stessi significa morire. Perdere sé per accogliere l'altro significa anche andare

oltre il desiderio dell'io, quell'io che genera violenza. «Sottometti o sei sottomesso» : sembra essere

la legge che governa il mondo. La paura, così, domina i sentimenti e uno stato di assedio e di difesa

continuo è sotto gli occhi di tutti. La logica evangelica ci dice che l'io desiderante è l'io che nega

l'altro, ma ciò facendo nega se stesso, perché l'altro appartiene alla mia identità. L'identità

che si fonda sulla negazione dell'altro, è fonte di violenza, è distruttiva dell'altro e di sé. In

altri termini, voler ridurre ogni cosa a sé è la radice di ogni violenza. Cosa salva la vita? « Con la

vostra perseveranza (ypomone) salverete le vostre anime (tas psychas ymorì) » (Le 21, 19). La

perseveranza/sopportazione è l'atteggiamento giusto per vincere la perdizione/guadagno possesso.

Lo "star sotto" evangelico non coincide con la sottomissione del "mondo" : star sotto significa

sopportare, vale a dire la capacità di sostenere. È la fatica buona che si contrappone alla fatica inutile,

come insegna la tradizione spirituale cristiana. La fatica inutile - che fa perdere la vita - è quella che

si fonda sulla presunzione di sé : è quella che nutre la presunzione di salvarsi da sé, con le proprie forze

e con le proprie opere, considerate meritorie. Questa fatica “inutile” scade nel moralismo e non salva

nessuno perché lascia il mondo come è. La fatica “buona” - quella che i Padri chiamavano ascesi - è

quella che vuole orientare la nostra vita : non con la coercizione, ma come un faro che indica la via da

seguire con le proprie gambe. È l'orientamento delle nostre passioni al bene non al semplice egoistico

soddisfacimento del proprio desiderio. Nasce dalla convinzione del mondo creato buono e dalla

responsabilità dell'uomo a conservarlo buono, a non adulterarlo e si fonda sull'affidarsi a Dio. Qui il

gioco del perdere/guadagnare, del perdere/salvare diventa scoperto.

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Invito alla preghiera

- Mi dispongo alla preghiera

- Mi raccolgo ai piedi della croce

- Chiedo ciò che voglio: capire perché Gesù, in mezzo ai due crocifissi, è il re e salvatore

mio e di tutti.

- Contemplo col popolo la scena, e vedo cosa dicono a Gesù i capi religiosi, i militari e i

due condannati.

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Scheda 2

«Le tentazioni di Gesù»

(Lc 4, 1-13)

Spiegazione del testo

Il deserto nei testi più antichi delle Scritture è presentato come il luogo del raccoglimento e

della preghiera, dell‟incontro con Dio; in quelli più recenti anche come il luogo della

tentazione. Così per quanto riguarda la tentazione, alcuni testi antichi presentano Dio tent atore,

nel senso che la tentazione non è una realtà negativa, ma una prova, un test da superare. La

tentazione di satana è una realtà negativa, perché contro Dio.

Gesù si confronta con Satana, lo spirito del male che cerca di distoglierlo dal compito che g li

ha affidato il Padre. Il superamento delle tentazione, nel racconto lucano, è l‟espressione del

compimento della volontà del Padre.

La tentazione è presente nell‟esperienza di Gesù che è fatta anche di momenti di crisi, di

dubbio e di insicurezza. Nell‟animo di Gesù si scontrano le proposte divine e le personali

ispirazioni umane (cf. la preghiera nell‟orto degli ulivi).

Il racconto di Luca differisce da quello di Marco, in quanto Marco accenna semplicemente al

fatto della tentazione senza specificarne il numero e le modalità. Matteo come Luca ha un

racconto più ampio, ma l‟ordine delle tentazione è diverso.

La prima tentazione riguarda la falsa alternativa tra la propria volontà e la volontà di Dio. Non

è questione di alternativa, bensì di priorità. Sorgente e fiume non sono in alternativa, bensì in

derivazione. È la tentazione prima e continua dell‟uomo, quella di non credersi “creatura” di

Dio e considerarlo come antagonista e concorrente. La seconda tentazione il potere che, di

qualsiasi natura sia, è la tentazione più facile ad affacciarsi nei confronti dell‟uomo. Gesù

respinge il potere perché è chiamato a percorrere la via del servo e non quella del “signore”.

L‟ultima tentazione richiama la città di Gerusalemme e prelude alla passione. A proposito della

terza tentazione si può dire che vi sono due modi di essere figlio: uno diabolico e uno divino. Il

primo consiste nel voler possedere sé, gli altri e l‟Altro, mettendo le mani sulla vita propria e

altrui, il secondo nel ricevere tutto come dono dal Padre e donare come Lui, mettendo la

propria vita nelle mani degli altri. L‟uno crea un sistema di relazioni di violenza e di morte,

l‟altro di amore e di vita.

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Sono le opere di bene e insieme i suoi comportamenti umanitari che attestano chi è Gesù. Dio

aiuta, ma non si sostituisce alla responsabilità dell‟uomo, tanto meno corregge gli errori della

sua imprudenza.

L‟evangelista Luca (v. 13) nota che terminata ogni specie di tentazione il diavolo si allontanò.

Ciò vuol dire che le tre tentazioni presentate sono come quelle fondamentali a cui tutte le altre

si possono riferire. Significa pure che la persona è tentata in ogni ambito e aspetto della

propria vita.

Attualizzazione

Il convertito dopo il battesimo non è esente dalla tentazione, perché il suo cambiamento di vita

non comporta un cambiamento della natura in quanto tale, piuttosto un ri -orientamento della

sua vita che è sempre sottoposto alla prova e deve essere continuamente attuato. La prova, cioè

la tentazione, non è ancora un peccato, lo diventa con il consenso che si accorda eventualmente

alla tentazione. I Padri della Chiesa descrivevano la dinamica del progressivo passaggio dalla

tentazione al peccato. Il punto fondamentale era il “dialogo” con la tentazione che può portare,

anzi quasi sempre porta, ad acconsentire ad essa. È quindi meglio non iniziare mai questo

dialogo, anche se esso all‟inizio potrebbe assumere l‟aspetto di una difesa di Dio.

Ogni tentazione a cui cediamo danneggia la nostra relazione con Dio: non sperare tutto da Lui,

rassicurasi con i beni immediati, non fidarsi del suo progetto, … Possiamo neutralizzare queste

tentazioni sempre risorgenti con un atto di fede per accogliere il disegno di Dio sulla nostra

esistenza, cercando di acconsentire al suo desidero di completarci e di arrenderci alla sua

presenza.

Gesù respinge le tre tentazioni con una parola della Scrittura, utilizzando quest‟ultima come

mezzo di discernimento, come segnale sulla sua strada. Anche nel nostro itinerario, le

suggestioni che non concordano con la Scrittura, letta nella Chiesa, vengono da Satana.

Dovremmo allora chiederci se la parola compresa nella Chiesa è veramente nostra luce.

Le tre tentazioni tipo sono sempre attuali: il falso antagonismo tra volontà propria e volontà di

Dio, il potere e il fraintendimento della relazione con Dio sono tentazioni sempre presenti nella

vita individuale e della comunità cristiana. Per questo il confronto con la Scrittura è sempre

necessario come critica permanente alla nostra azione.

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Nella Chiesa una tentazione ricorrente è l‟esercizio del potere o „uso strumentale della fede per

affermare se stessi. I carismi, invece, sono a beneficio della comunità e non a vantaggio

personale.

Invito alla preghiera

- Mi dispongo alla preghiera

- Mi raccolgo ai piedi della croce

- Chiedo ciò che voglio: vedere Gesù nel deserto che subisce le tentazioni come ogni

uomo; le vince attraverso la preghiera, la Scrittura e compiendo la volontà del Padre.

- Confronto la mia esperienza con quella di Gesù e gli chiedo di sostenermi con il suo

aiuto.

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Scheda 3

«Vi darò un cuore nuovo»

(Ez 36, 22-36)

Spiegazione del testo

I vv. 22-36 si trovano nella seconda parte del cap. 36 del profeta Ezechiele. Nella prima parte

si delinea la restaurazione di Israele, che rientra dall‟esilio, come nuova creazione e saranno

superate le benedizioni di Genesi. In questa seconda parte la restaurazione di Israele è

presentata come cambiamento interiore dell‟uomo, nel cuore e nello spirito. La restaurazione

di Israele mediante il cambiamento interiore dell‟uomo manifesta l‟azione salvifica di Dio, che

è all‟insegna della gratuità e del dono. Il profeta, infatti, sottolinea che la restaurazione non

avviene all‟insegna delle nostre capacità di farlo, ma mediante il cambiamento interiore

operato dallo Spirito.

Si parla di cambiamento di cuore, perché il “cuore” per gli ebrei era la sede dei sentimenti e il

luogo dove si formulano e si prendono le decisioni fondamentali della vita, in altri termini

nella Bibbia “cuore” è sinonimo di coscienza.

I cittadini del nuovo popolo non cadranno più nell‟impurità e nell‟idolatria, perché nel loro

intimo trasformato agiranno secondo la legge dell‟amore, del rispetto del prossimo e di Dio. Si

stabilisce dunque un rapporto positivo tra Israele/persona umana e la Legge: a questa infatti s i

aderisce ora interiormente, non come ad una realtà estranea all‟uomo. Questa adesione

interiore è precisamente frutto dell‟azione dello Spirito rinnovatore.

Lo Spirito infuso promesso è quello di YHWH ed è esteso a tutto il genere umano. A questa

promessa dello Spirito allude Pietro il giorno di Pentecoste (At 2, 16 ss.). L‟attività dello Spirito

non produce un cambiamento transitorio come nei giudici o nei profeti estatici, ma conferirà un

potere interiore duraturo di vivere «nei miei statuti» (vale a dire la Legge di Dio), dando così inizio

ad un nuovo livello di vita. La creazione così fa un altro passo avanti ad opera dell‟attività creatrice

dello Spirito.

La conversione di Israele, si ricorda infine, è il risultato di un‟umile presa di coscienza del suo

rapporto con Dio e del suo passato. Ezechiele con questo insegna che è necessario tenere desta

questa coscienza perché l‟uomo dimentica facilmente, per leggerezza o negligenza, le proprie colpe.

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Il perdono di Dio di cui siamo certi non dispensa dal tenere viva la coscienza di esser peccatori e

soggetti alle prove.

Attualizzazione

Nella conversione alla fede in Gesù Cristo accade un radicale ri-orientamento della vita, che è

espresso nel Nuovo Testamento nei termini di novità di vita. Nella fede l‟uomo trova una

nuova identità, diventa un uomo nuovo che ha il suo fondamento di vita e il suo modello

esistenziale in Cristo. Questa novità di vita, questa nuova identità in Cristo, non significa però

auto-estraniazione o alienazione di se stessi. Infatti quando Paolo nella sua teologia del

battesimo (Rm. 6,3-11) afferma che « l‟uomo vecchio è stato crocifisso con Lui »( v. 6) oppure

che « se siamo stati completamente uniti a Lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche

con la sua resurrezione» (v. 5) suppone un atteggiamento passivo e attivo

contemporaneamente: i battezzati devono morire al peccato ma vivere per Dio in Gesù Cristo

(v.11); offrire se stessi a Dio, come uomini che sono tornati alla vita dalla morte (v.13). Nella

fede nel battesimo è l‟azione dello Spirito che crea questa realtà nuova nell‟uomo. A questa

azione dello Spirito corrisponde da parte del battezzato l‟atteggiamento dell‟accoglienza. Nel

battezzato perciò non vi è solo passività piuttosto ricettività. Lo Spirito di Dio infatti non

calpesta lo spirito dell‟uomo piuttosto « attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se

siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo». (Rm.8,16 ss) La nuova vita

ricevuta da Cristo è un processo dinamico che dura l‟intera esis tenza, è un processo passo dopo

passo, lungo la via della Salvezza. Le concrete situazioni esigono un continuo ri -orientamento

della propria vita. Non un atteggiamento moralistico dunque nei confronti del prossimo e del

mondo. Ma un atteggiamento che scaturisce come conseguenza della presenza dello Spirito di

amore di Dio. Ciò che ci fa cristiani è proprio il vissuto dell‟amore. Soprattutto

l‟atteggiamento nei confronti del “prossimo”subisce un cambiamento. Per Gesù infatti

prossimo non è qualcuno che mi sta accanto, ma qualcuno che di volta in volta, qui e ora,

diventa prossimo. Siamo molto lontani in questo senso sia dal moralismo sia da una negazione

del valore della norma. Diventa norma infatti il farsi prossimo. Questo legame che si stabilisce

con il prossimo è la condizione per l‟esercizio della libertà non il suo limite. Si capisce pure

perché la norma non è un ostacolo alla libertà ma un valore essa stessa,.perché costituisce un

orientamento per la vita. Se vogliamo usare un immagine possiamo pensare al treno che ha

bisogno del binario per muoversi. Oppure possiamo pensare a un icona dipinta secondo precise

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regole che non mortificano però la creatività dell‟artista. Così come il suolo su cui poggiamo i

piedi ci consente di camminare mentre nessuno potrebbe farlo in aria.

Questa novità di vita in definitiva si mostra concretamente nella relazione come gratuità.

Invito alla preghiera

- Mi dispongo alla preghiera

- Mi raccolgo ai piedi della croce

- Mi pongo in atteggiamento di accoglienza dello spirito e lo invoco per me e per gli altri.

- Guardo con gli occhi del profeta la mia vita e la giudico alla luce dell‟azione dello

Spirito.

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Scheda 4

«La samaritana al pozzo»

(Gv 4, 1-42)

Spiegazione del testo

L‟acqua viva di cui parla Gesù con la samaritana è lo Spirito, di cui già le Scritture, in

particolare i profeti, parlavano. La connessione tra acqua e Spirito è frequente nell‟Antico

Testamento per esprimere il valore vivificante e purificatore dello Spirito. In Giovanni ci sono

molte indicazioni a sostegno di questa interpretazione. «Ma chi beve dell‟acqua che io gli darò

non avrà mai più sete, anzi, l‟acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che

zampilla per la vita eterna» (v. 14). Lo Spirito che Gesù comunica si trasforma in ciascun

uomo in una sorgente che sgorga continuamente e che continuamente gli darà vita e fecondità.

Questa presenza valorizza la dimensione personale di ciascuno, contribuendo allo sviluppo

delle sue potenzialità. Lo Spirito è personalizzante mentre la legge, assolutizzata come fine a

se stessa, spersonalizza la persona.

Con Gesù vi sarà un‟acqua/Legge come fonte interna di vita che guida l‟individuo. Essendo la

stessa acqua crea unità, ma anche produce un frutto diversificato.

La seconda parte della scena introduce esplicitamente il tema dello Spirito. Il dono dello

Spirito era un segno dei giorni messianici e il dialogo con Gesù porta la donna a parlare del

Messia, la cui missione propria è quella di donare lo Spirito.

Nell‟acqua viva è simboleggiato questo dono, che il discepolo di Gesù riceve nell‟acqua del

battesimo.

Il battezzato, ricevendo questo dono, diventa un «adoratore di Dio in spirito e verità». Il culto

in spirito e verità è per l‟uomo praticare l‟amore fedele (perciò esclude i “templi” di pietra).

Rendere culto al Padre è collaborare alla sua opera creatrice a favore dell‟‟uomo. L‟incontro

con Gesù per la samaritana, prima ancora di essere una chiamata, è un‟opportunità per

esercitare questo amore. Quindi per lei è giunta l‟ora di rendere questo culto e di ricevere lo

Spirito santo.

La relazione con Dio è quella data da una sintonia che spinge a una somiglianza sempre

maggiore e conduce ad amare l‟uomo fino alla dedizione totale.

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L‟antico culto esigeva dall‟uomo la rinuncia a beni esteriori (sacrifici, …) era una umiliazione

dell‟uomo, una diminuzione dinanzi a un dio sovrano. Il nuovo culto non umilia l‟uomo; al

contrario lo eleva rendendolo sempre più simile al Padre.

Aderire a Gesù, dunque, significa ricevere lo Spirito Santo ed essere assimilati così sempre di

più a lui e imitarlo nella pratica dell‟amore.

Attualizzazione

L‟incontro con Gesù consente alla donna di guardare a se stessa, riconsiderare il suo desiderio

profondo (l‟acqua da bere) il modo sbagliato di rispondervi (i tanti mariti) e la necessità di

rivedere in profondità la propria vita. L‟atteggiamento accogliente di Gesù, che non la evita né

in quanto samaritana né in quanto donna né in quanto vive in una situazione irregolare la pone

alla sua sequela. In Lui riconosce il Messia e ne diventa discepola. Lasciata l‟anfora corre ad

annunziare ai suoi paesani ciò che gli è accaduto: diventa missionaria. Giovanni nota che la

donna lascia l‟anfora, non ne ha più bisogno perché ora l‟acqua che può spegnere la sua sete e

le è data da Gesù il Messia è lo Spirito. L‟anfora simboleggia la mediazione della legge, la sua

assenza ci dice perciò che non vi è più questa mediazione perché ora lo Spirito è la legge,

precisamente la legge dell‟amore.

Il battezzato è colui che incontrando Gesù è diventato suo discepolo e riceve il dono dello

Spirito. In questo modo egli è ora in grado di offrire a Dio un culto in Spirito e verità. Per

Paolo questo “culto spirituale” è l‟offerta di sé, la dedizione nell‟amore nella vita ordinaria.

L‟incontro di Gesù con la samaritana ci insegna che nessuna condizione di vita costituisce un

ostacolo per la chiamata al discepolato. Gli ambiti fondamentali della nostra esistenza (quello

affettivo e familiare, quello lavorativo, quello dell‟espressione di sé nell‟attività creativa, le

nostre fragilità ecc.) sono quelli in cui dobbiamo vivere la nostra vita spirituale, cioè la vita

così come è vissuta secondo lo Spirito. Anche le condizioni morali in cui ci troviamo ad essere

non sono un ostacolo alla chiamata al discepolato. Lo sguardo di Gesù è rivolto a tutti, e per

tutti vale l‟invito a verificare la propria vita alla luce dell‟amore di Dio e cambiare ciò che

eventualmente deve essere cambiato. Da questo punto di vista l‟azione dello Spirito non

mortifica la nostra umanità ma al contrario la porta al suo pieno compimento. Se lo Spirito è

amore, infatti, esso offre un criterio di discernimento tra il bene e il male perché mi aiuta a non

disumanizzare l‟altro, e nella misura in cui non disumanizzo l‟altro umanizzo me stesso. Per

esempio nei casi di violenza non è la vittima che si può definire disumana ma chi commette la

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violenza. Si capisce perché non compiendo il male ma operando il bene non solo non si

disumanizza l‟altro, ma si vive pienamente la propria umanità.

Invito alla preghiera

- Mi dispongo alla preghiera

- Mi raccolgo ai piedi della croce

- Chiedo ciò che voglio: capire perché Gesù si rivolge alla donna, chiedendole ciò che

Lui può dare.

- Contemplo i discepoli la scena, e vedo se il dialogo tra Gesù e la donna riguarda anche

me.

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Scheda 5

« La moltiplicazione dei pani e dei pesci »

(Gv. 6, 4-15)

Spiegazione del testo

La prospettiva di Giovani è quella eucaristica, infatti egli rilegge i fatti alla luce dell‟eucaristia della

prima comunità.

Gesù sale sul monte per ammaestrare la folla che lo segue. Il monte ci indica un posto ben preciso,

rappresenta infatti il luogo della manifestazione della gloria di Dio, il luogo dove abbonda la vita e

si oppone così al luogo desertico che è inospitale nei confronti della vita. In Giovanni il monte si

identifica con la manifestazione dell‟amore solidale e generoso di Gesù.

Davanti a Gesù si è radunata una gran folla che lo aveva seguito e ascoltato. Questa gente adesso ha

bisogno di mangiare. Gesù chiede ai discepoli e in particolare a Filippo di adoperarsi in tal senso.

Filippo riconosce in Gesù il Messia, ma in continuità con il modo di concepirlo in passato, in cui

prevaleva l‟attesa di un messia politico, quindi non riesce a riconoscere la novità che Gesù viene a

portare. Filippo e con lui la comunità devono affrontare la realtà che si è posta loro dinanzi.

L‟atteggiamento predominante è lo scoraggiamento. Riferendosi infatti ai principi della società

basata sul denaro come unico mezzo di sostentamento, risulta impossibile ai discepoli soddisfare la

necessità dei poveri. Filippo che non vede altro orizzonte, confessa la propria impotenza: non si può

far nulla. Nella comunità dei discepoli c‟è un'altra figura quella di Andrea che indica la presenza di

un ragazzo con cinque pani d‟orzo e due pesci. Questa comunità dispone di poco e di questo poco si

servirà Gesù per sfamare la folla. La comunità di Gesù si presenta al mondo come socialmente

umile, senza alcuna pretesa di potere e di dominio, che si dedica invece al servizio.-

L‟insegnamento di Gesù è rivolto alla comunità che non deve partire da una condizione di potere e

di forza, ma dalla debolezza del ragazzo menzionato da Andrea. I discepoli, mediante il loro

servizio, danno a coloro che vengono una dignità uguale alla loro, li rendono uomini liberi come

loro.

Gesù vuole rendere le persone che si avvicinano a Lui persone adulte, indipendenti e libere.

Giovanni sottolinea che Gesù dopo aver preso i pani pronunzia la benedizione, rende grazie a Dio.

Si riconosce così che tutto è dono del Padre, prodotto dalla sua opera creatrice, aiutato dal lavoro

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dell‟uomo. Riconoscendo la loro ultima origine in Dio, come dono suo, si svincolano dal loro

possessore umano, per farsi proprietà di tutti, come la creazione stessa.

Eucaristia significa “rendimento di grazie” e nella prospettiva giovannea si inserisce nell‟orizzonte

biblico della benedizione. Bene-dire significa riconoscere i motivi per dire bene e ringraziare Dio a

causa dei benefici ricevuti.

Il segno che Gesù dà, o il prodigio che compie, consiste appunto nel liberare la creazione

dall‟accaparramento egoista che sterilizza, perché si converta in dono di Dio per tutti. Riconoscendo

l‟amore che si manifesta, l‟uomo si dispone a condividere. Gesù insegna qual è la missione della

comunità: manifestare l‟amore generoso del Padre, condividendo i doni che da lui si sono ricevuti.

In questo si vede il significato profondo dell‟eucaristia che, da espressione di amore fra i membri

della comunità, passa a essere segno dell‟amore di Dio per il mondo, continuazione del dono del

suo Figlio.

Attualizzazione

Diventare cristiani significa aver compreso che il luogo dove si manifesta l‟amore di Dio per

ciascuno di noi è Gesù Cristo. In maniera più precisa si dovrebbe dire che l‟amore di Dio si

manifesta «nel dialogo di amore fra il Padre e il Figlio nella gioia dello Spirito» [CEI,

Evangelizzazione e testimonianza della carità, 15]. In ogni sua parola e in ogni suo gesto, Gesù è

stato «trasparenza del Padre» [ibid. 21], ci riferiamo particolarmente a quei gesti che annunciano la

venuta del Regno: la misericordia, l‟accoglienza dei peccatori, i “segni” di guarigione. Vi è un

gesto, però, che li racchiude tutti: l‟eucaristia.

«Alla fine della sua vita e nell‟imminenza della passione, Gesù ha racchiuso nei segni del

pane e del vino il significato della sua intera esistenza (cfr Mt 26, 26-29). Come narra

l‟evangelista Giovanni, nell‟ultima cena egli lega strettamente eucaristia e carità in quel

gesto della lavanda dei piedi che è segno e anticipo del sacrificio pasquale e dell‟amore del

servizio reciproco che i discepoli devono avere l‟uno per l‟altro: “dopo aver amato i suoi che

erano nel mondo, li amò sino alla fine…” (Gv 13, 1-17)» [ibid. 17]

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Gesù è epifania dell‟amore di Dio anche nel senso che ne rende possibile la fruizione. Infatti

possiamo partecipare di questo amore per opera dello Spirito, che è dono del Risorto. La parola di

Gesù: «Ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l‟amore col quale mi hai

amato sia in essi e io in loro» (Gv 17, 26), si realizza con la Pentecoste, come ci ricorda Paolo: la

vita di Dio, la carità «viene riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo» (Rm 5, 5).

Ancora dalle stesse parole di Gesù ricaviamo la dimensione ecclesiologica dell‟eucaristia. Quando

lui dice «fate questo in memoria di me», non si riferisce solo al gesto rituale, ma alla realtà a cui il

rito rinvia: il dono di sé per ciascuno di noi. La Chiesa allora deve rivivere il gesto di Gesù

nell‟Eucaristia che si invera nella prassi di dedizione, di servizio all‟umanità. L‟Eucaristia è pane

spezzato e donato, di cui la Chiesa come i discepoli è chiamata ad essere ministra. Nella fatica e

nelle contraddizioni dell‟esistenza quotidiana la Chiesa si fa compagna di strada, condivide il pane

della libertà e della solidarietà. L‟Eucaristia diventa lo spazio dove questa realtà di amore si deve

celebrare e attuare.

Invito alla preghiera

- Mi dispongo alla preghiera

- Mi raccolgo ai piedi della croce

- Chiedo ciò che voglio: capire perché Gesù si rivolge ai suoi discepoli per sfamare la

folla.

- Contemplo col popolo la scena, e vedo cosa dicono a Gesù i suoi discepoli.

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Scheda 6

«Il cieco nato»

(Gv 9, 1-41)

Spiegazione del testo

Attraverso il racconto di questo episodio l‟evangelista Giovanni è attento a mostrare che Gesù

mette in rilievo il significato del segno compiuto: la luce che viene nelle tenebre. L‟uomo

cieco rappresenta quelli che da sempre sono vissuti sottomessi all‟oppressione, di qualunque

segno essa sia (sociale, morale, spirituale) e non sanno cosa sia la luce. Gesù vede nella cecità

l‟occasione di manifestare l‟attività di Dio. Le opere di Dio consistono nel liberare l‟uomo

dall‟oppressione, dalla sua impotenza e nel dargli capacità di azione.

Gesù pone davanti agli occhi del cieco il progetto di Dio sugli uomini. L‟evangelista sottolinea

il fatto che Gesù incontra un “cieco nato”. Egli dunque non ha mai conosciuto la luce, né le

altre forme delle cose e delle persone. La luce e le forme sono per lui, dunque, un fatto inedito.

Si mette in evidenza simbolicamente che il progetto di Dio va oltre il desiderio dell‟uomo, di

ciò che egli ha già potuto sperimentare. L‟iniziativa di Dio compiutasi in Gesù è gratuita,

contrariamente alla logica umana del desiderio/interesse.

Appartiene alla logica del dono gratuito l‟appello alla responsabilità del destinatario del dono.

Infatti Gesù offre al cieco con la vista nuove possibilità di vita, ma la decisione di accogliere

questa possibilità resta affidata alle sue mani. Egli deve andare di propria iniziativa a lavarsi

nella piscina, significa che al cieco resta la libertà di optare per la luce o rimaner nelle tenebre.

Questa dimensione di libertà è messa in evidenza dal contrasto con i “farisei”. Il cieco acquista

la vista (v. 1) seguendo il cammino che Gesù traccia. I “farisei” al contrario i farisei che

rifiutano Gesù diventano spiritualmente ciechi (v. 41).

Il cieco che segue Gesù trova la luce della vista fisica e della vista della fede, ora egli “vede”

nell‟uomo che lo ha sanato il Messia.

Attualizzazione

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La tradizione cristiana antica chiamava il battesimo “illuminazione” perché, come nel caso del

cieco nato, la fede è “luce” che fa vedere nelle “tenebre”.

Le tenebre sono simbolo delle varie forme di oppressione da cui l‟uomo non riesce a liberarsi

senza un intervento esterno. Il suo solo desiderio, infatti, non gli consente di andare oltre sé e

farlo incontrare così con gli altri nella prospettiva della gratuità, riconoscendo anche per se

stesso una possibilità di dono gratuito ricevuto da Dio.

Giovanni con questa pagina ci presenta un modello di conoscenza progressiva di Gesù. Il

cammino del cieco nato si può considerare un modello per il cammino catecumenale. Infatti

anche il catecumeno è chiamato ad approfondire sempre di più le motivazioni della sua scelta,

la conoscenza di Gesù attraverso le Scritture, l‟esperienza della vita della Chiesa e il dialogo

personale con Dio nella preghiera.

Il confronto con l‟atteggiamento dei farisei ci induce a considerare anche gli ostacoli e le

difficoltà in questa progressiva conoscenza di Gesù. In ciascuno di noi possono convivere sia il

cieco, che accoglie la luce sia il fariseo che la rifiuta. Gli ostacoli possono esser di varia

natura. La difficoltà ad assumersi le proprie responsabilità (il cieco deve andare a lavarsi);

l‟opinione pubblica (il giudizio dei parenti e della gente che associa la condizione del cieco ad

una colpa); la falsa concezione del rapporto tra colpa e punizione (relazione tra cecità e

peccato).

Occorre dunque essere consapevoli che nessuno è esente dalle difficoltà, ma nello stesso tempo

dinanzi al progetto di Dio, fidarsi di Lui, così come fa il cieco nato, e percorrere la strada che

indica.

Invito alla preghiera

- Mi dispongo alla preghiera

- Mi raccolgo ai piedi della croce

- Chiedo ciò che voglio: capire cosa veramente sta facendo Gesù al cieco nato.

- Contemplo col popolo la scena, e vedo cosa dicono a Gesù i capi religiosi e il cieco

nato.

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Scheda 7

«La resurrezione di Lazzaro»

(Gv 11, 1-54)

Spiegazione del testo

La pericope sottolinea la preoccupazione davanti alla morte e la fede inadeguata dei discepoli

che non hanno ancora compreso la qualità della vita che Gesù comunica.

Lazzaro è colui che Gesù ama e probabilmente Giovanni lo presenta come figura di tutti coloro

che Gesù ama, i cristiani. Come Gesù dà la vita al suo “diletto” Lazzaro, così darà la vita a

coloro che ama. Il testo suggerisce che Betania è la localizzazione della comunità di Gesù.

Lazzaro, Maria e Marta sono simbolo dell‟intera comunità dei discepoli. “Fratello” e “amico”

sono termini con cui si chiamavano i membri della comunità. Questo perché all‟interno della

comunità dei discepoli di Gesù si vivono relazioni fraterne e di amore; un amore praticato

concretamente, fino al punto da rischiare un pericolo per andare incontro al bisogno del

fratello.

La malattia e la morte di Lazzaro, come la cecità dell‟uomo, di cui l‟evangelista ha parlato

nell‟episodio precedente, sono per la “gloria di Dio”. Questo miracolo porterà alla morte di

Gesù che è uno stadio della sua glorificazione. Tema questo tipico di Giovanni che identifica la

glorificazione di Gesù con la sua croce. Marta crede in Gesù, ma inadeguatamente;

simboleggia la comunità dei discepoli che non ha ancora una maturità di fede perché non ha

compreso la qualità di vita che Gesù porta, non riesce a vedere nella morte fisica solo un

“sonno”. La paura dell‟ostilità del mondo nasce proprio da questa mancanza di fede, che teme

la morte. Gesù non elimina la morte fisica, ma per chi ha ricevuto da lui la vi ta essa non é altro

che un sonno.

Non crede ancora nel potere di Gesù di dare la vita. Ella considera Gesù come un intermediario

che è ascoltato da Dio, ma non comprende che egli è la vita stessa. Non comprende pienamente

che la luce e la vita sono già venute nel mondo. Tuttavia già prima del “segno” della

risurrezione del fratello giunge alla professione piena della fede in Gesù, colui che è venuto a

dare la vita definitiva che supera la morte. Questa continuerà ad essere un fatto biologico, ma

non segnerà la fine. Ha così il suo culmine il disegno dell‟amore creatore. Gesù invita a

penetrare questa realtà del‟amore di Dio e a scoprirne la portata. «Esorta a fidarsi della sua

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parola, a togliere la pietra e a sciogliere i legami delle antiche concezioni della morte, che

opprimevano l‟uomo riducendo il suo destino alla condizione di cadavere. La morte come fine

della vita è il punto massimo della debolezza umana, che include tutte le altre debolezze e

umiliazioni. La paura della morte come sparizione definitiva rende l‟uomo impotente a

resistere all‟oppressione, e fonda il potere degli oppressori. Liberandolo da questa paura

radicale, Gesù lo rende radicalmente libero. L‟uomo non può esser disposto a dare la sua vita

come Gesù se non è convinto di essere indistruttibile. Soltanto la certezza di possedersi

pienamente al di là della morte libera il lui la capacità di dedizione generosa e totale».

La preghiera de Gesù rivolge al Padre è per la gloria di Dio. Gesù non ottiene nulla da sé, egli

vuole solo che i suoi ascoltatori conoscano che il Padre lo ha mandato. Gesù dà la vita fisica

come segno del suo potere di dare la vita eterna e come promessa che egli risusciterà i morti.

Attualizzazione

Il battesimo è partecipazione alla risurrezione di Gesù. Mediante la fede il battezzato accoglie

la vita nuova che Gesù gli dona. Per questo la tradizione cristiana ha visto nella fede già ora un

anticipazione di questa partecipazione. La vita nuova accolta libera l‟uomo dalla paura della

morte, liberando così anche da quei condizionamenti che lo rendono facilmente vittima di chi

usa questa paura per opprimerlo. Se la vita si esaurisce totalmente nell‟esistenza fisica le

uniche preoccupazioni residue sono il benessere fisico e la felicità materiale. Non è difficile

capire che ricercando solo queste cose si diventa dipendenti da ciò che si mostra come in grado

di soddisfarle. Si creano perciò dei bisogni che diventano strumento di sfruttamento

commerciale o di altra natura. Un‟altra conseguenza è la cura esclusiva per proprio interesse,

ignorando o negando i bisogni degli altri, con conseguenze nei vari ambiti della nostra

esistenza (sociale, economico, politico).

Il battezzato è colui che ricerca la propria felicità nella piena realizzazione della propria vita

nella comunione e nell‟amore reciproco.

Invito alla preghiera

- Mi dispongo alla preghiera

- Mi raccolgo ai piedi della croce

- Chiedo ciò che voglio: capire perché Gesù tarda ad andare a Bethania dal suo amico.

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- Contemplo col popolo la scena, e vedo cosa dicono a Gesù le due sorelle di Lazzaro.

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Parte IV

LA MISTAGOGIA

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INTRODUZIONE ALLE CATECHESI MISTAGOGICHE

Il termine mistagogia, come è noto, significa “introduzione ai misteri”. Ci riferiamo al “mistero”

dell‟amore di Dio, secondo l‟accezione biblica e, poi, patristica di mistero: il piano nascosto di

Dio per la salvezza degli uomini. Questo mistero/progetto si manifesta pienamente in Gesù

Cristo. Mistero, dunque, è il progetto di Dio. Successivamente indica i segni che rimandano alla

sua attuazione nella storia. La tradizione greca delle Chiese orientali ha mantenuto il medesimo

termine per indicare il progetto di amore di Dio e questi segni, “mistero” “misteri”. La

tradizione latina ha utilizzato due termini, derivati dalla traduzione latina di mistero:

sacramentum. Si parla così di “mistero di Dio” e di sacramenti.

Le radici della catechesi mistagogica risalgono alla Tradizione dei Padri della Chiesa, in

particolare al periodo che va dal quarto al sesto secolo. Molto note sono le catechesi

mistagogiche di Cirillo di Gerusalemme e di S. Ambrogio.

Soprattutto nel quarto secolo, sopite le persecuzioni dopo la pace di Costantino, si è posta la

questione della fede come problema individuale, politico e sociale. Il quarto secolo assiste allo

scontro di religioni diverse; nasce per la prima volta un vero e proprio pluralismo religioso ed

anche il problema del credere e del non credere. Tertulliano diceva: “Fiunt non nascuntur

christiani”(si diventa cristiani, non si nasce). Si richiede, infatti, la conversione dopo la nascita

spirituale attraverso il battesimo.

Introdurre ai “misteri” significa pertanto far scoprire il senso di ciò che si è celebrato, secondo

la pedagogia patristica che si può conoscere solo ciò che si è sperimentato. La catechesi

sacramentale, propriamente parlando, è quella che si attua dopo la celebrazione dei sacramenti

dell‟iniziazione cristiana, non quella che li spiega prima di celebrarli, per preparare il

catechizzando a capirli, secondo una mentalità molto occidentale e tipicamente intellettualistica.

L‟itinerario catecumenale, come si è visto, non è stato una preparazione ai sacramenti, ma un

cammino di ricerca e di accostamento alla Parola di Dio, a seguito dell‟incontro personale con

Gesù.

Le schede che seguono sono ancora una volta una traccia essenziale, uno strumento in mano ai

catechisti e agli accompagnatori dei neofiti, i nuovi battezzatati, che dalla Veglia Pasquale a

Pentecoste dovrebbero sempre più prendere coscienza del loro essere ecclesiale: Come “nuove

piante”, questo significa “neofiti”, devono essere curate e aiutate a crescere. Partendo da ciò che

è stato celebrato, spiegando i simboli e i segni che li costituiscono, si tenta di mostrare quel che i

sacramenti significano per la vita e come essi costituiscono l‟essere della Chiesa.

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Ogni incontro può essere concluso,m come di consueto, con una preghiera, che può essere tratta

dalle orazioni presenti nel RICA.

Al termine si offre una piccola antologia di testi patristici, testi tratti dalle catechesi

mistagogiche antiche che possono offrire l‟occasione per un ulteriore approfondimento del

senso della vita cristiana, secondo la Tradizione. Infatti, la mistagogia è l‟inserimento sempre

più profondo del mistero di Cristo, che copre tutto l‟arco della vita. E‟ l‟incontro tra catechesi,

liturgia e vita. Dovremmo lasciarci illuminare da coloro che nella storia della Chiesa hanno

vissuto questa esperienza.

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Scheda 1

«L‟iniziazione cristiana»

Il cammino di iniziazione realizzato, che si è compiuto con il battesimo, la confermazione,

l‟eucaristia, ha fatto acquisire una identità rinnovata, alla luce dell‟essere diventati discepoli di

Gesù. I simboli dell‟iniziazione cristiana, ci consentono di riassumere questa identità in quattro

punti: il cristiano è un “chiamato”, un “rinato” (cfr scheda 2 sul battesimo), un “segnato dallo

spirito” (cfr scheda 3 sulla confermazione), uno che “vive una comunione” (cfr scheda 4-6

sull‟eucaristia e sull‟appartenenza alla chiesa).

Chiamati per nome: l‟essere chiamati per nome suppone l‟essere conosciuti, l‟avere cioè un‟

identità riconosciuta. Ora, il battesimo avviene mediante un nome. Con l‟iscrizione del proprio

nome ciascuno si è impegnato a dare una risposta alla chiamata ricevuta; è l‟inizio di una storia

personale e comunitaria insieme. Con la chiamata e l‟iscrizione del nome si è diventati membri

di una nuova famiglia, di una nuova comunità, si diventa fratelli dei “fratelli” di Gesù e in Gesù

noi siamo stati battezzati.

Per riprendere un‟immagine di Paolo è come essere innestati in Cristo: «Se tu infatti sei stato

reciso dall‟oleastro che eri secondo la tua natura e contro natura sei stato innestato su un olivo

buono, quanto più essi, che sono della medesima natura, potranno venire di nuovo innestati sul

proprio olivo!» (Rom 11, 24) Gli viene proposta una nuova identità, qui ha inizio ogni

“vocazione” cristiana. Con questo innesto si apre per il battezzato un nuovo orizzonte di

significato, è chiamato ad una speranza. L‟iniziato, infatti, entra in questa promessa assumendo

così l‟atteggiamento tipico del discepolo: un‟attesa operosa e vigile del Signore che tornerà.

“Seguire Gesù” è un modo di dire che esprime un amore appassionato e aperto, che indica con

libertà e in modo comunitario un percorso inedito, secondo lo spirito del Risorto.

L‟essere chiamati per nome, consente al cristiano di scoprire progressivamente e con gioia la

propria responsabilità. La fede ci spinge a dire non solo “io”, ma “noi”. Anche quando diciamo

“io” sappiamo che è inserito in un “noi”.

Il battezzato entra in una relazione permanente con tutti gli altri chiamati, “i santi”. Non siamo

più soli nel nostro cammino della vita, ma siamo accompagnati da quanti si sono posti alla

sequela di Gesù e condividono con tutti i doni ricevuti dallo Spirito.

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Scheda 2

«Il battesimo»

«E Gesù, avvicinatosi, disse loro: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque

e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito

santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i

giorni, fino alla fine del mondo”». (Mt 18, 20)

Il comando di Gesù di battezzare è legato alla missione di fare discepoli fra tutte le genti. Il

battesimo nel nome di Gesù esprime la fede in lui. I segni, le parole, i gesti con cui

concretamente si celebra il battesimo esprimono questa fede in Lui. Mediante il rito siamo come

portati per mano, a sperimentare realtà per noi nuove o a cogliere significati, che prima non

vedevamo. Accade in un certo senso quello che notiamo quando i genitori introducono

progressivamente, giorno per giorno con amore e pazienza, i bambini a scoprire e riconoscere le

cose, chiamandole per nome. Oppure a collocarsi in un contesto di relazioni vitali, quali quelle

familiari o amicali. Così come nell‟esperienza di coppia si nota la possibilità di vedere con occhi

nuovi e diversi le cose e consentire all‟altro di vedere con i propri occhi e di vedere con gli

occhi altrui.

Un primo elemento che caratterizza il rito del battesimo è l‟acqua. Questa rinvia alle tappe

fondamentali della storia della salvezza: acque della creazione, il diluvio, il passaggio del Mar

Rosso, il battesimo che riceve Gesù al Giordano, che cambia sostanzialmente il battesimo di

Giovanni, da un battesimo di penitenza a un battesimo in cui lo Spirito rigenera la vita.

Le tappe della storia della salvezza rimandano alle tappe della vita dell‟uomo: il ricevere il dono

della vita, la rigenerazione, la vittoria sul peccato, la liberazione da tutte le forme di schiavitù,

conseguenti al peccato, il battesimo di Gesù che fonda la rinascita nello Spirito.

Altro elemento del rito del battesimo è l‟olio, utilizzato per le due unzioni, unzione dei

catecumeni e crismazione dei battezzati. L‟olio dei catecumeni è il segno della guarigione

spirituale del credente ad opera dello spirito che sana le ferite del peccato. L‟olio era indicato

anticamente come un rimedio terapeutico e per questo nel rito del battesimo assume il valore

simbolico appena ricordato. All‟olio si attribuiva anche un altro significato, quello del nutrire,

indicava la forza, la vitalità. Veniva usato perciò per l‟unzione dei re. Per questo dopo

l‟immersione, o l‟infusione, il battezzato è unto con lo stesso crisma. Con il battesimo si

partecipa alla realtà di Cristo sacerdote, re e profeta, in quanto membri del suo corpo. La realtà

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nuova generata dallo Spirito è espressa dal simbolismo della veste bianca. Essa significa la

deposizione del nostro uomo vecchio e l‟assunzione dell‟uomo nuovo.

Gesù al Giordano si spoglia della sua veste di gloria condividendo la condizione degli uomini

peccatori, rivestendosi del loro abito corruttibile. Facendo così però consente a noi di indossare

quell‟abito di gloria che gli appartiene: assumendo la nostra natura umana ci consente di

rivestirci della natura divina. Tutto questo per la vita dell‟uomo significa ribadire il valore della

vita umana e la sua dignità. In quest‟ottica, la missione della Chiesa passa attraverso la via

dell‟uomo, l‟assunzione della pienezza dell‟umanità non é estranea al Vangelo ma ne costituisce

il suo nucleo centrale. Il gesto della consegna del cero acceso ci ricorda che noi riceviamo luce

da Cristo o meglio come dice il rito “diventiamo luce in Cristo. Per noi e per la Chiesa intera

però essere luce non è una virtù propria, ma una realtà partecipata. Infatti il gesto di ricevere la

luce ci ricorda che essa è donata a noi. Il battesimo ha così una dimensione di gratuità che

dovrebbe contraddistinguere sempre la vita di fede del cedente. La dimensione di gratuità si

apre alla dimensione etica. Se il nostro essere è dono ricevuto e da condividere, siamo chiamati

ad una duplice responsabilità: nei confronti di chi ci ha donato la luce, e nei confronti di coloro

a cui siamo chiamati a donare.

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Scheda 3

«Confermazione»

«Secondo l‟uso antichissimo conservato nella stessa liturgia romana, se non si oppongono gravi

ragioni, non si battezzi un adulto senza che riceva la confermazione subito dopo il battesimo (cfr

n° 44). Questo legame significa l‟unità del mistero pasquale, lo stretto rapporto fra la missione

del Figlio e l‟effusione dello Spirito Santo e l‟unità dei sacramenti con i quali il Figlio e lo

Spirito Santo vengono insieme con il Padre a prendere dimora nei battezzati» (RICA 34)

Il battesimo ci ha generati alla vita spirituale per l‟azione indivisa delle Tre Persone divine.

L‟unzione crismale consolida e sviluppa questa vita nuova ricevuta nel battesimo. La vita nuova

ricevuta nel battesimo è consolidata e sviluppata mediante i doni dello Spirito, che rendono

l‟uomo capace di ricevere Cristo, in vista della comunione eucaristica. In altri termini la

confermazione esplicita la dimensione pneumatologia e missionaria del battesimo. Se

consideriamo ciò che Paolo ci dice sul frutto dello Spirito ci accorgiamo che egli enumera

alcuni atteggiamenti fondamentali (Gal 5, 16-26), non tanto precetti e regole. Ora un

atteggiamento fondamentale è ciò che esprime l‟essere di una persona. L‟essere di una persona

che è permeata dall‟atteggiamento fondamentale dell‟amore di Dio non può che produrre gesti

di amore. Chi sperimenta la gioia che viene dall‟amore di Dio esprime gioia nelle sue azioni

concrete e così per tutti gli altri atteggiamenti indicati da Paolo. Sono atteggiamenti che

abbracciano la totalità della persona, perché lo Spirito ricevuto in dono non tocca un solo

aspetto della vita ma abbraccia l‟intera persona. Ce lo mostra la testimonianza di coloro che

hanno vissuto e che vivono con coerenza il loro battesimo (i santi). Nonostante le difficoltà, le

contrarietà, le contraddizioni presenti nella Chiesa e nella società, hanno vissuto l‟amore, la

gioia, sono stati operatori di pace, hanno mostrato pazienza e benevolenza, sono stati fedeli

nella bontà e nella mitezza. Perché è la forza dello Spirito che sorregge la vita della Chiesa e dei

singoli credenti.

I segno costitutivi della confermazione sono due: l‟imposizione delle mani e l‟unzione. Molti

sono i significati del gesto dell‟imposizione delle mani che troviamo nell‟antica tradizione di

Israele e nelle altre religioni. Di questa pluralità di sensi la Chiesa impiega nella confermazione

il simbolo dell‟imposizione delle mani per esprimere la comunicazione del dono dello Spirito.

Come risulta chiaramente dalla preghiera del celebrante che accompagna l‟imposizione delle

mani sui confermandi. Questi doni dello Spirito, invocati dal vescovo per i cresimandi

corrispondono ai doni che lo Spirito di Dio farà scendere sul messia, secondo Is. 11, 3-7:

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«Si compiacerà del timore del Signore.

Non giudicherà secondo le apparenze

e non prenderà decisioni per sentito dire;

ma giudicherà con giustizia i miseri

e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese.

La sua parola sarà una verga che percuoterà il violento;

con il soffio delle sue labbra ucciderà l‟empio.

Fascia dei suoi lombi sarà la giustizia,

cintura dei suoi fianchi la fedeltà.

Il lupo dimorerà insieme con l‟agnello,

la pantera si sdraierà accanto al capretto;

il vitello e il leoncello pascoleranno insieme

e un fanciullo li guiderà.

La vacca e l‟orsa pascoleranno insieme;

si sdraieranno insieme i loro piccoli.

Il leone si ciberà di paglia, come il bue».

Nell‟era messianica che inizierà con questo re giusto, posseduto dallo spirito di Dio, si

instaureranno la giustizia e la pace, l‟armonia sociale e della natura. La liturgia ci suggerisce

allora che i doni dello Spirito, conferiti nella confermazione con l‟imposizione delle mani, non

sono un dono interiore individuale, ma rivestono un dimensione messianica e pubblica, in

relazione alla giustizia verso i poveri e alla instaurazione di un regno di giustizia e di pace.

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Scheda 4

«L‟eucaristia»

Il battesimo ci ha resi a pieno titolo membri del corpo di Cristo che è la Chiesa: si è membri del

popolo di Dio che è un popolo sacerdotale e in quanto tale abilitato a celebrare il culto divino.

Tutti perciò sono chiamati, sebbene con diverse funzioni e ministeri, a partecipare come soggetti

attivi a questa celebrazione. La celebrazione eucaristica infatti ha una struttura dialogica che

esprime questo protagonismo. Momenti fondamentali in cui i neofiti hanno parte attiva alla

liturgia sono: la preghiera dei fedeli, attraverso cui il popolo di Dio si fa portavoce non solo dei

bisogni della chiesa ma del mondo intero, la presentazione delle offerte all‟altare, con cui

assieme al pane e al vino si presenta la propria vita e il sostegno materiale per i più bisognosi.

La riconsegna del “Padre nostro”, che esprime innanzitutto la nostra adozione a figli nel Figlio e

infine la comunione, corpo e sangue di Gesù, espressione della piena appartenenza alla Chiesa.

Da questo possiamo capire perché l‟eucaristia è il compimento dell‟iniziazione cristiana. Essere

iniziati alla vita cristiana significa acquisire sempre più la propria identità dall‟unione con

Cristo. L‟eucaristia esprime questa unione con Gesù e nello stesso tempo la alimenta. Nutrirsi

del corpo e del sangue di Gesù significa radicarsi sempre di più in Lui, vivendo come Lui. La

nostra identità eucaristica si deve tradurre in una vita eucaristica che è vita di comunione e di

donazione. Così come Gesù si è donato rischiando la propria vita, il dono di sé non è esente da

rischi. Questo però non può essere un impedimento per vivere la pienezza dell‟amore come

Gesù ha fatto. L‟eucaristia che ci rende sempre più una cosa sola con Cristo e tutta la Chiesa, ci

rafforza in questo impegno. Perché come dice Paolo “non sono più io che vivo, ma Cristo vive

in me” (Gal 2, 20).

L‟eucaristia, perciò, non solo aiuta i cristiani a ringraziare il Padre per il dono che Gesù fa di se

stesso, e che viene comunicato loro, sono aiutati anche a praticare diverse forme di condivisione

umana, che riflettono l‟insegnamento di Gesù sulla necessità di fare del rito un dono spirituale

genuino offerto dallo Spirito: “Dio è Spirito e quelli che lo adorano devono adorarlo nello

Spirito e nelle verità” (Gv 4, 24). Per l‟apostolo Paolo, la verità dell‟eucaristia dipende dal grado

di autodonazione e condivisione dei beni che ne contraddistingue la celebrazione.

È questo il comando al quale i cristiani devono fare attenzione nella liturgia, se non vogliono

che ciò che è voluto da Dio per la loro “salvezza” si trasformi per la loro infedeltà in

“condanna”, perché il nostro mangiare non è più un mangiare la Cena del Signore (cfr. 1Cor 11,

17-20). I cristiani, singolarmente e come comunità, devono mettere in pratica l‟amore concreto

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di Gesù che è rappresentato nell‟eucaristia. Essa perciò diventa il modello della prassi che i

cristiani devono attuare all‟interno del mondo e della Chiesa stessa, finché torni Cristo.

La Chiesa che celebra l‟eucaristia, allora, non può non essere una comunità di uomini e donne,

di ogni razza e popolo, che mediante il potere dello Spirito Santo partecipa all‟amore vittorioso

di Gesù sulla croce, che anticipa la vittoria del Regno. Questa comunità di uomini e donne, di

ogni razza e popolo ogni volta che spezza il pane e distribuisce il vino della nuova creazione,

diventa segno incomparabile di quell‟unione, interdipendenza e generosità da raggiungere nel

futuro e che pure è già inizialmente realizzata. Così la celebrazione eucaristica dovrebbe

suscitare le tante forme di solidarietà e condivisione di cui il nostro mondo ha bisogno

(violenza, pace, economia iniqua, fame, sfruttamento, …).

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Scheda 5

«La Riconciliazione»

«Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi

il ministero della riconciliazione. È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non

imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi

fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi

supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto

peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di

lui giustizia di Dio» . ( 2 Cor. 5, 18-21)

In Romani 5, 8 Paolo afferma “ che Dio dimostra il suo amore verso di noi perché mentre

eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”. Questo amore di Cristo ci riconcilia con Dio,

ma deve diventare esercizio di perdono reciproco e di riconciliazione fra di noi. In questo senso

Paolo dice che alla chiesa è affidato il ministero della riconciliazione. I cristiani che

costituiscono la chiesa conoscono molti modi di esercitare questo ministero: l‟amore e il

perdono reciproco, l‟elemosina, la preghiera, il riconoscimento dei propri peccati. Vi è però un

modo del tutto peculiare di “celebrare la riconciliazione” : il sacramento della riconciliazione o

penitenza.

Il sacramento si celebra quando si ha coscienza di aver commesso un peccato che rompe la

comunione con Dio e conseguentemente con i fratelli. Gesù stesso ammonisce i suoi discepoli a

riconciliarsi con il prossimo prima di presentare l‟offerta all‟altare ( Mt. 5,23-24). Nel testo di

Matteo Gesù non dice di riconciliarci solo quando siamo noi la causa della rottura, ma anche,

quando lo è il fratello. La modalità concreta con cui si realizza il sacramento della

riconciliazione ci aiuta a comprenderne la natura. Il celebrante introduce il sacramento

ricordando l‟amore misericordioso di Dio che vince il nostro peccato. Può anche introdurre un

breve brano della Scrittura che aiuta a verificare la propria vita. Come risposta a questa

proclamazione dell‟amore di Dio il penitente “confessa” i propri peccati, non significa un elenco

delle mancanze o azioni cattive, ma un riconoscimento di ciò che contraddice l‟amore di Dio.

Infatti il peccato è ciò che va contro l‟amore di Dio e del prossimo. La confessione dei propri

peccati che segue l‟annuncio dell‟amore di Dio dovrebbe trasformarsi in confessione cioè

riconoscimento delle meraviglie che Dio opera in noi con il suo perdono. L‟assoluzione che il

penitente riceve per opera dell‟imposizione delle mani del ministro esprime propriamente

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questo perdono di Dio. Poiché l‟effetto del sacramento della penitenza è la riconciliazione con

Dio e con la chiesa cioè con i fratelli, il penitente è invitato ad esprimere questa duplice

riconciliazione con un gesto concreto, che è chiamato penitenza.

A partire dagli effetti del sacramento possiamo capire ancora meglio la sua natura di esperienza

gioiosa e comunitaria. Il senso della confessione dei propri peccati al ministro è dato dal fatto

che ci si riconcilia con Dio e con la Chiesa, in quanto che, il peccato come assenza di amore è

sempre contro Dio e il prossimo. Il ministro rappresenta l‟intera comunità, in questo senso la

celebrazione ha sempre una dimensione comunitaria. Questa dimensione comunitaria significa

pure che la chiesa non è solo destinataria del riconoscimento del proprio peccato, ma anche

compagna di strada di colui che si riconosce peccatore. Lo sostiene nel suo cammino di

conversione sia con l‟annuncio del perdono di Dio sia con la preghiera e l‟accoglienza fraterna.

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Scheda 6

«Appartenenza alla chiesa conseguenza del Battesimo»

L‟essere generati a vita nuova come figli della chiesa a d opera del Battesimo si manifesta

innanzi tutto nella partecipazione piena all‟assemblea liturgica con la “reddditio” del Padre

Nostro e in maniera piena con la partecipazione all‟eucarestia. Rivolgersi a Dio come padre nel

contesto liturgico esprime l‟auto coscienza dell‟essere chiesa e partecipi dell‟unico progetto di

amore di Dio per tutti gli uomini. Ricevere l‟eucaristia , la “comunione” significa essere in

piena comunione con i propri fratelli, essere parte viva del corpo di Cristo del popolo di Dio.

La comunione eucaristica si dovrebbe tradurre in una comunione di vita: innanzi tutto con un

assunzione di responsabilità degli uni nei confronti degli altri, questo significa concretamente

essere aperti agli altri, disponibili al dialogo al confronto, disponibili a farsi mettere in

discussione dagli altri insomma crescere insieme. In secondo luogo con l‟esercizio della

responsabilità di tutti della comunità intera nei confronti del mondo. Comunione eucaristica

significa ancora vivere nella sua logica, resa possibile dalla redenzione di Cristo. In una

situazione in cui prevale una logica di comunione la differenza non genera paura e divisione, ma

relazione di conoscenza e comunione. Al contrario nella logica del peccato la differenza genera

diffidenza, paura e quindi un atteggiamento di difese e di violenza. Un altro esempio concreto lo

possiamo vedere nell‟economia. In una logica di comunione il lavoro e il profitto non sono

finalizzati all‟accumulo e allo sfruttamento ma al bene comune e alla condivisione. In una

logica di peccato la capitalizzazione è l‟unico fine a scapito della persona. Logica di comunione

significa in realtà mettere al centro la persona. Appartenenza ecclesiale dunque non vuol dire

innanzi tutto appartenenza ad un gruppo, movimento, ma partecipazione viva alla comunità

eucaristica che dovrebbe tradursi in uno stile di vita che esprima questa appartenenza.

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Testi patristici

Sul perché della mistagogia così si esprime. sant’Ambrogio in un noto passaggio del suo

trattato “Sui misteri”:

«Ogni giorno abbiamo tenuto un discorso su temi morali mentre si leggevano o le gesta dei

patriarchi o gli insegnamenti dei Proverbi, perché modellati e ammaestrati da essi, vi abituaste a

entrare nelle vie degli antichi, a percorrere la loro strada e a obbedire agli oracoli divini,

cosicché rinnovati dal battesimo teneste quella condotta che si addice ai battezzati.

Ora è venuto il tempo di parlare dei misteri e di spiegare la natura dei sacramenti. Se lo avessi

fatto prima del battesimo ai non iniziati, avrei piuttosto tradito che spiegato questa dottrina. C‟è

anche da aggiungere che la luce dei misteri riesce più penetrante se colpisce di sorpresa anziché

arrivare dopo le prime avvisaglie di qualche sommaria trattazione previa»

(Sui misteri, nn° 1ss; SC 25 bis, 156 ss.).

Giovanni Crisostomo, maestro dei neofiti, ricorda loro ciò che hanno vissuto la notte di

Pasqua, dopo aver rinunciato a Satana e aver fatto la loro professione di fede.

«In seguito dopo questo rito nel tempo notturno, fattivi deporre tutti i vestiti e come se stesse per

introdurvi nello stesso cielo mediante gli atti che vengono compiuti, si accinge ad ungere tutto il

corpo con quell'olio spirituale, cosicché tutte le membra siano rafforzate dall'unzione e

diventino invulnerabili ai dardi scagliati dall'avversario.

Inoltre dopo questa unzione vi fa scendere nelle sacre acque, contemporaneamente seppellendo

l'uomo vecchio e risuscitando quello nuovo, rinnovato ad immagine di colui che lo creò.

Proprio allora attraverso le parole del sacerdote e mediante la sua mano discende a volo la

presenza dello Spirito Santo e risale uno al posto di un altro, dopo aver lavato ogni macchia dei

peccati, deposto il vecchio abito della colpa ed indossato il vestito regale.

Ed affinché sappia anche di qui che è una sola la sostanza del Padre, del Figlio e dello Spirito

Santo, così avviene l'amministrazione del battesimo.

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Mentre il sacerdote esclama: "II tale è battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito

Santo", per tre volte fa abbassare e sollevare il capo, disponendolo mediante questa mistica

iniziazione ad accogliere la presenza dello Spirito.

Infatti non è il sacerdote solo che gli tocca il capo, ma anche la destra di Cristo. E ciò è

dimostrato dalle stesse parole di colui che battezza. Infatti non dice: "Io battezzo il tale", ma "II

tale è battezzato", indicando che egli è soltanto il ministro della grazia e presta la sua stessa

mano, poiché a questo è stato ordinato da parte dello Spirito.

Chi compie tutto è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, la Trinità indivisibile: ora la fede in

questa procura la remissione dei peccati e questa confessione ci dona l'adozione filiale».

(Giovanni Crisostomo, Le catechesi battesimali)

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Alcune liturgie orientali richiamano la simbologia dell'acqua collegandola al duplice

significato di morte e di vita. L’acqua che può essere fonte di distruzione e di morte è

trasformata in acqua creatrice di vita. Ecco la preghiera di consacrazione delle acque nel rito

etiopico:

"A te alziamo e volgiamo gli occhi del nostro cuore, nei cieli; ti chiediamo, Signore Dio nostro,

di custodirci tutti, Dio nostro, Dio dei nostri padri, che hai creato il cielo e la terra e tutte le loro

schiere, creatore delle acque che sono sopra il cielo, che hai fondato la terra sulle acque; che hai

radunato le acque nelle loro cavità, che hai cinto e racchiuso il mare, e hai sigillato la sua

profondità con il tuo grande Nome, glorioso e terribile, per cui tutti indietreggiano alla vista

della tua fortezza e del tuo vigore. Tu hai fondato il mare con la tua potenza; hai fracassato le

teste del dragone nelle acque; hai diviso le sorgenti e le fonti e hai dato una via attraverso le

acque. Ti videro le acque, o Signore, e temettero gli abissi per la moltitudine delle acque. Tu sei

colui che il Mar Rosso vide e per il tuo timore si fermò; tu facesti passare Israele e per Mosè lo

battezzasti; tu comandasti alla dura roccia ed essa versò acqua per il tuo popolo; cambiasti

l'acqua amara e la rendesti dolce; tu, Signore, al tempo di Giosuè, figlio di Nun, allontanasti e

facesti tornare indietro il fiume che correva terribile; tu - chi può sostenere il tuo sguardo - hai

ricevuto anche il sacrificio di Elia dall'acqua con la fiamma e il fuoco dal cielo; sei tu, Signore,

che hai mostrato per mezzo di Eliseo l'acqua datrice di vita, e facesti mondare Naaman il Siro

con l'acqua del Giordano, perché tu puoi tutto e non c'è niente che ti sia impossibile" (Dalla

Liturgia copta).

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Una delle più antiche tipologie del battesimo, che si fonda su 1Cor 10,2-6, l'uscita dall'Egitto e

la traversata del Mar Rosso, sottolinea il significato del battesimo come una liberazione, prima

ancora che come una purificazione:

"Nel Mar Rosso, che ha accolto gli ebrei che non hanno dubitato, e li ha sottratti alla dura

persecuzione cui erano fatti oggetto da parte degli egiziani, nell'intera storia cioè dell'esodo

dall'Egitto è il tipo della salvezza procurata dal battesimo. L'Egitto simboleggiava il mondo nel

quale prepariamo con la nostra cattiva condotta la nostra rovina; il popolo coloro che ora sono

illuminati (= battezzati); le acque, via di scampo per il popolo, rappresentavano il battesimo; il

faraone e i suoi soldati simboleggiavano Satana e i suoi servi" (Didimo il Cieco, La Trinità II,

14).

"Quanto concerne l'esodo di Israele è in relazione con quanti devono la propria salvezza al

battesimo... Il mare è la figura del battesimo che libera dal faraone, come il battesimo dalla

tirannide del diavolo. Il mare ha ucciso il nemico: così come nel battesimo la nostra inimicizia

con Dio è distrutta. Il popolo è uscito dal mare sano e salvo: non diversamente noi risaliamo

dall'acqua, come vivi dai morti" (Basilio, Trattato sullo Spirito Santo XIV, 31).

"Loro [gli ebrei] si sottrassero nel tempo di Pasqua alla schiavitù del faraone; noi, il giorno della

crocifissione, fummo liberati dalla schiavitù di Satana. Loro immolarono un agnello tra i

montoni e fecero l'aspersione del suo sangue contro il Distruttore. Noi è per il sangue del Figlio

provato che siamo stati salvati dalle azioni corrotte di cui eravamo responsabili. Loro ebbero

Mosè per guida, noi abbiamo Gesù come capo e salvatore. Per loro Mosè aveva diviso il mare e

li aveva fatti passare. Per noi nostro Signore ha aperto lo Sheol, ne ha infranto le porte quando è

entrato all'interno, le ha aperte e ha tracciato la via a quanti credono in lui" (Afraate,

Dimostrazione XII, 8).

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Sotto forma di catechesi o di preghiera il battesimo di Gesù al Giordano è un altro motivo

ricorrente:

"Lode a te, nostro Signore, che sei divenuto il Pastore che ci ha raccolto; tu fosti battezzato e ci

hai purificato, tu eri un maestro e ci hai istruito, tu fosti chiamato povero, ma ci hai arricchito,

facendoci sedere alla destra del Padre tuo. La tua misericordia si è chinata, o Signore, la tua

compassione ti ha spinto ad indossare il nostro corpo e ad essere battezzato nel Giordano da

Giovanni e a santificare per noi, con il tuo stesso battesimo, questa santa acqua battesimale...".

"A te, Dio glorioso lodato nella sua maestà, nascosto nella ricchezza del tuo essere e rivelato

attraverso 1e tue meraviglie, e terribile nella potenza delle tue opere; a te noi offriamo in

quest'ora preghiere e suppliche, perché tu accogli i penitenti e operi meraviglie per il tuo potere,

attiri a te i deboli per mezzo della tua condiscendenza verso di noi; la tua grandezza, Signore, ha

voluto salvarci per il tuo amore generoso e hai inviato per la nostra salvezza il tuo unigenito

Figlio, il tuo Figlio eterno, che è nato da te senza inizio, ha lasciato la sua dimora nascosta, è

disceso ed ha abitato nel grembo di una Vergine, per rivelarsi per mezzo di una nascita

corporale; è rimasto interamente con te ed è venuto interamente presso di noi e, sebbene non

fosse indigente né mancasse di niente, fu battezzato nel fiume Giordano, santificando per noi il

grembo dell'acqua, perché fosse un grembo salutare e fecondo" (dall‟Ufficio maronita).

"Nostro Signore, venuto a dare un nuovo battesimo per la salvezza del genere umano e per la

remissione dei peccati, si è degnato di riceverlo per primo; non per cancellare i suoi peccati, lui

che non ne aveva commessi, ma per santificare le acque del battesimo allo scopo di cancellare i

peccati di tutti i credenti attraverso la rinascita battesimale. È stato battezzato nell'acqua perché

anche noi fossimo lavati da tutti i nostri peccati per mezzo del battesimo. È stato immerso

nell'acqua perché fossimo purificati dalle brutture delle nostre colpe. Ha ricevuto il bagno di

rigenerazione perché potessimo rinascere da acqua e in Spirito..." (Cromazio d'Aquileia,

Sermone 34 sull’Epifania).

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Nicola Cabasilas, teologo bizantino dell’inizio del XIV secolo, nella sua opera La Vita in

Cristo, ci fornisce un bell’esempio di catechesi mistagogica.

A proposito dell’eucaristia come culmine dell’iniziazione:

«Nell‟economia sacramentale nulla si può aggiungere all‟eucarestia; con essa “nulla ci manca”

e oltre ad essa “non c‟è più nulla cui tendere”: ricevendola, infatti, non accogliamo nell‟anima

un raggio o una luce, ma il sole stesso, così da abitare in lui, essere inabitati da lui e divenire un

solo Spirito con lui»

«Così perfetto è il mistero della comunione, a preferenza di ogni altro sacramento, che conduce

all‟apice di tutti i beni: qui è l‟ultimo termine di ogni umano desiderio, in esso conseguiamo Dio

e Dio si congiunge a noi con l‟unione più perfetta; quale unione infatti potrebbe essere più

assoluta di questa, per cui diventiamo un solo Spirito con Dio»

A proposito dell’essere chiamati per nome:

«In altre parole, in quel giorno diveniamo noti a colui che conosce i suoi e, come dice Paolo,

conoscendo Iddio, o meglio essendo conosciuti da Dio [Gal 4,9] udiamo in quel giorno la voce

che pronunzia il nostro nome, come se allora soltanto fossimo chiaramente conosciuti».

Sulla simbologia dell’abito:

«Col gesto di denudarci completamente e di deporre fin l‟ultima veste, dimostriamo di avere ora

raggiunto la via che conduce all‟Eden e alla vita paradisiaca. Adamo infatti passò dal manto

della beatitudine alla nudità e da questa alla nostra miserabile divisa. E‟ chiaro dunque che per

noi si tratta di ricuperare a ritroso il suo cammino: dalle tuniche di pelle alla nudità, e

procedendo per il medesimo itinerario, affrettarci verso la veste regale»

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Sull’unzione:

«Una volta spiritualmente plasmati e generati a questo modo, occorre ricevere l‟energia

conveniente a tale nascita e il movimento appropriato: ecco appunto quel che opera in noi

l‟iniziazione del divinissimo myron. Essa ci rende attivi di energie spirituali, ciascuno nella

misura della sua preparazione al mistero: uno di questa, un altro di quella, un altro ancora di

parecchie»

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INDICE

Introduzione 2

Catechesi precatecumenale 4

Catechesi catecumenale 27

Ultima quaresima 113

Introduzione alle catechesi mistagogiche 136

Mistagogia 138