Caso Pasta Secca Studenti 1

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Il settore della pasta alimentare secca

Introduzione

Dopo il “periodo nero” degli anni novanta, caratterizzato da una diffusa crisi dei consumi alimentari nel

nostro Paese, dall’inizio del 2000 il settore alimentare, nonostante i tradizionali ritardi strutturali rispetto

ad altri paesi, ha influito positivamente sul rilancio dell’economia nazionale, raggiungendo la leadership

proprio nel settore della pasta, uno dei simboli indiscussi del made in Italy, che ha fatto della

globalizzazione il suo punto di f orza. Oggi questo settore risente in primo luogo dell’aumento dei

prezzi che ha investito in genere tutti i prodotti alimentari e le materie prime in particolare, creando

delle forti minacce ai principali competitori ivi operanti. Lo stile di vita degli italiani, che per esigenze

lavorative tendono a consumare sempre più spesso i pasti fuori da casa, sta creando delle forti minacce

al consumo domestico della pasta secca. Nell’ambito del settore della pasta alimentare secca vengono

normalmente incluse le industrie produttrici di pasta di semola e semolato di grano duro, nonché le

aziende produttrici di paste speciali, come quelle contenenti uova o verdure. Viene, invece, considerata

una realtà a sé stante quella dei laboratori artigianali produttori di pasta fresca.

 Andamento della produzione e dei consumi nel settore: la minaccia dei prodotti sostitutivi

Il settore della pasta secca in Italia è caratterizzato da un trend leggermente positivo dal punto di vista

della produzione negli ultimi 10 anni, passando da 2 milioni e mezzo (in valore) di tonnellate annue e

un giro di affari di 2 miliardi di Euro nel 1998 ai 3, 2 milioni di tonnellate prodotte nel 2006 e circa 3

miliardi di Euro in valore. Tuttavia negli ultimi anni  – dal 2002 al 2005 come si evince in Fig.1 - il

livello totale della produzione sembra essere rimasto abbastanza costante, con una diminuzione però

del prezzo medio (Euro in KG). Non si deve dimenticare che l’Italia è in assoluto il primo produttore al

mondo di pasta, rappresentando il 71% della produzione totale in Europa. Infatti, i dati riguardanti i

primi due produttori di pasta europei (Germania e Francia) mostrano delle differenze notevoli: ai dati

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del 2006, infatti, questi due paesi producevano circa 280 mila tonnellate. Il secondo più forte

competitore mondiale di pasta oggi quanto a capacità produttiva è rappresentato dagli USA, con 2

milioni di tonnellate annue.

In particolare, secondo le stime effettuate sulla base dei dati disponibili (ISTAT, AC Nielsen, Ismea) nel

complesso, per l’industria italiana della pasta secca, il 2006 si è chiuso con una sostanziale tenuta nei

  volumi prodotti, stimati in circa 3,2 milioni di tonnellate (Tab. 1). Gli indici grezzi di produzione

ISTAT hanno evidenziato infatti una stazionarietà di fondo rispetto al periodo 2003-2005 (- 0,5%, vale

a dire - 0,3% a parità di giornate lavorative).

Nello stesso tempo, negli ultimi anni in Italia si è assistito anche ad una stabilità dei consumi interni,

con un leggero calo in un mercato dove la penetrazione della pasta nelle famiglie sfiora il 100%. Il

consumo interno è rimasto comunque su livelli ragguardevoli, nell’ordine di 1,5 milioni di tonnellate

annue (Tab.1), per un valore di oltre 2,2 miliardi di euro, anche grazie agli sforzi di innovazione delle

aziende del settore, che hanno portato al lancio di nuovi prodotti sul mercato. Va ricordato che nel

1998 il consumo di pasta secca in Italia si aggirava intorno ai 1,62 milioni di tonnellate annue, con un

giro d’affari complessivo di quasi 2 miliardi di euro. Il fatto che la pasta secca sia consumata da quasi

tutti gli italiani è evidente da una ricerca condotta dalla Doxa all’inizio del 2007, dalla quale risulta che il

90% della popolazione adulta mangia pasta almeno una volta alla settimana, e di questi il 30% la

consuma quotidianamente (nel 1998 tuttavia si trattava del 38%). L’analisi delle caratteristiche dei

consumatori di pasta secca per aree geografiche evidenzia una prevalenza dei consumatori occasionali

nel Nord e di consumatori regolari nel Centro, nel Sud e nelle Isole. Il consumo regolare di pasta,

inoltre, è decisamente più elevato fra gli uomini (60%) che fra le donne, caratterizzate anche dalla

minore propensione al consumo regolare. In ogni caso in Italia oggi il consumo annuo pro-capite di

pasta è pari a 28Kg, in assoluto il più elevato al mondo (Tabella 2). Ad esempio negli USA, il secondo

produttore al mondo di pasta, il consumo pro-capite è pari a 9 kg. Va segnalato, comunque, che questi

livelli dei consumi in Italia variano sensibilmente, verso l'alto nelle famiglie a basso reddito, verso il

basso in quelle più agiate.

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Il calo dei consumi interni di pasta nel nostro paese sembra essere stato compresso soprattutto dalle

priorità connesse ai nuovi stili di vita. Siamo infatti in presenza di cambiamenti strutturali nelle abitudini

di consumo. In primo luogo, sta crescendo l'attacco di categorie concorrenti che insidiano direttamente

il consumo di pasta secca: si pensi al comparto dei primi piatti pronti surgelati, in continua crescita, il

cui consumo detrae quote di vendita al settore in esame. Inoltre si sta assistendo ad un passaggio di

preferenza soprattutto tra i giovani, a sostituire il primo piatto della pasta, percepito calorico se cucinato

in ristoranti, con insalate o altre piatti freddi già pronti. Altre minacce di sostituzione provengono dalla

sempre più rapida affermazione della pasta fresca. Comparso in modo significativo nella grande

distribuzione a metà degli anni ‘80, dopo il lungo monopolio dell’artigianato e della preparazione

domestica, questo prodotto, grazie soprattutto all’elevata facilità di preparazione ed all’accentuata

propensione dei consumatori verso piatti unici più sbrigativi e freschi, ha registrato un consistente

incremento di vendita dei volumi (+78%) negli ultimi otto anni, posizionandosi tra i prodotti più

dinamici del comparto alimentare. Per quanto la freschezza sia indubbio sinonimo di qualità, vi sono lo

stesso due fattori molto limitanti al successo della pasta fresca: ovvero il costo, in media più elevato

rispetto a quello della pasta secca, e la scarsa immagine dietetica fornita dal prodotto. In ogni caso,

mentre negli ultimi tre anni i consumi di pasta secca in Italia sono diminuiti del 3,1%, bisogna ricordare

che si è assistito ad una crescita del 6% delle vendite di pasta fresca: mentre la pasta secca è al momento

in una fase di maturità del suo ciclo di vita, la pasta fresca è indubbiamente in una fase di crescita. Altra

minaccia alla pasta secca proviene dalle paste integrali, per quanto la loro penetrazione mensile risulti

ancora contenuta rispetto a quella annuale, forse per una scarsa fedeltà del consumatore, che considera

il loro acquisto ancora occasionale: anche in questo caso, comunque, si tratta di un prodotto in un ciclo

di vita di crescita. Inf ine, l’altra minaccia proviene dalla pasta all’uovo, che registra il 50% circa dei

propri consumi al Nord, essendo preferita soprattutto da consumatori di condizione socioeconomica

piuttosto elevata. Va tenuto conto che il minor consumo di questa tipologia pasta rispetto a quella secca

di semola deriva dall’elevata stagionalità, essendo la stessa tradizionalmente preferita nella stagione

invernale.

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Il punto di forza del settore: l’export 

  Anche negli ultimi anni è stata la straordinaria propensione all’export a caratterizzare i risultati del

settore in termini produttivi. Nel 2006 sono state esportate circa 1,7 milioni di tonnellate di pasta

(Tabella 1), per un valore di circa 1,3 miliardi di euro, con un aumento dell’ 1,9 % in quantità e del 4%

in valore sull’anno precedente. Infatti, va detto che l’Italia non è solo il più grande produttore di pasta a

livello mondiale ma è anche il più grande esportatore: grazie alla buona performance sui mercati esteri,

che ormai assorbono circa il 53% della produzione nazionale, infatti, questo settore negli ultimi anni ha

mostrato una capacità di risposta eccellente ad una congiuntura poco favorevole caratterizzata, tra

l’altro, da una generalizzata debolezza dei consumi alimentari nazionali. Infatti, le imprese del sett ore

della pasta hanno ormai rag giunto una propensione all’export notevolmente superiore alla media

dell’industria alimentare. A livello geografico va sottolineata la performance del mercato comunitario

(EU25) - che assorbe il 65% delle nostre esportazioni - cresciuto del 2% in volume e del 5% valore

negli ultimi tre anni. In particolare, la Germania è il primo mercato di sbocco (21%), seguita dalla

Francia (13%) e dal Regno Unito (12%).USA e Giappone si confermano rispettivamente al quarto e

quinto posto, con una quota pari, rispettivamente al 9% e 5%. Si confermano positivi ed incoraggianti i

segnali che pervengono dai mercati emergenti negli ultimi tre anni, quali la Russia (+16% in volume e

+24% in valore), la Cina (+52% in quantità e +59% in valore) e l’India (+26% in quantità e +21% in

  valore), a dimostrazione della crescente apertura del settore sul mercato globale. La caratteristica di

fondo della pasta italiana è la qualità. Conforta perciò il fatto che essa venga riconosciuta ed apprezzata

anche sui mercati esteri: il valore unitario dell’export 2006 ha ripreso a crescere, infatti, con un +2%,

dopo il -1%del 2005.

I canali distributivi e il potere dei fornitori

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I tradizionali mercati di sbocco del settore pastaio sono il canale retail (75%) e il canale catering (25%),

ai dati del 2007. Il catering in realtà non rappresenta quasi mai il vero core business delle principali

imprese produttrici, venendo spesso utilizzato per smaltire gli eventuali overstock. Tuttavia, proprio per

i cambiamenti nello stile di vita cui si accennava in precedenza, anche il catering ha acquisito maggiore

importanza: se fino al 1998 rappresentava meno del 19% dello sbocco delle imprese produttrici oggi ha

superato il 25%. In pratica non solo aumenta il consumo di pasta fuori dalle mura domestiche, ma

anche gli stessi operatori del settore considerano sempre più importante il catering come clientela di

riferimento.

 All’interno del canale retail, i principali clienti di pasta secca sono la grande distribuzione che ha un

fortissimo potere negoziale: iper e supermercati, infatti, rappresentano nel segmento del retail ben il

65% dello sbocco di queste aziende; canali tradizionali al dettaglio di una volta, invece, hanno un potere

contrattuale decisamente basso e rappresentano circa il 20% del canale retail. Il restante 15% è

rappresentato dagli hard discount, che tendono rispetto agli anni passati a perdere sempre più di peso.

Il canale catering, che tende ad esercitare un potere contrattuale ancora mediamente basso, è invece

segmentato in:

- ristorazione commerciale (ristoranti, tavole calde, ecc.), ovvero un complesso di oltre 350.000 punti

 vendita in cui si consuma pasta;

- ristorazione collettiva, rappresentata da scuole, aziende, ospedali, caserme, ecc.

Dall’analisi accurata del settore emerge chiaramente il maggiore livello di barriere all’entrata che

caratterizza il canale retail, soprattutto se le imprese produttrici di pasta non possiedono un marchio - e

quindi un’immagine di prodotto –  particolarmente affermato. Ciò comporta, a sua volta, un ingente

investimento in elementi sia di natura produttiva - volti ad ampliare la gamma di offerta e a ricercare

input di elevata qualità - sia di natura commerciale, rappresentati essenzialmente dagli sforzi pubblicitari

e promozionali.

Infine, il potere contrattuale dei fornitori si è ridotto negli ultimi anni dato che la maggior parte delle

imprese medio-grandi ha avviato un intenso processo di integrazione verticale a monte, in modo da

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rendersi del tutto autonome nel reperimento delle materie prime (grano duro). Molte di queste aziende,

inoltre, hanno spostato la location dei loro stabilimenti produttivi vicino a fiumi e corsi d’acqua, un'altra

“materia prima” di fondamentale importanza. Le imprese non integrate, invece, devono scontare la

forte minaccia dei fornitori di grano duro il cui prezzo in questi ultimi anni è decisamente aumentato.

 Tuttavia, molte imprese produttrici hanno in parte limitato questa minaccia formulando una serie di

contratti di medio-lungo periodo con fornitori esteri, i cui prezzi sono decisamente più bassi.

La competizione oggi: gli investimenti nel settore

Negli ultimi anni, il business della pasta secca soffre nella versione tradizionale di una flessione dei

 valori che è conseguenza di una forte pressione promozionale sui prezzi di vendita finali, nel tentativo

dei competitor di difendere le proprie quote di mercato in un comparto dove il tasso di innovazione è

basso e i prodotti di marca sono perciò abbastanza fungibili e, come detto, i consumi sono stabili se

non in diminuzione. Si stima che oggi in media circa il 36% dei volumi di vendita complessivi derivi da

iniziati ve promozionali (UNIPI). Oltre all’immagine ed alla qualità del prodotto, che comunque sono

due elementi certamente differenzianti il nostro prodotto pasta da quello dei competitori internazionali,

si registra una forte rilevanza del fattore prezzo che, specie negli ultimi anni, ha assunto una particolare

rilevanza nelle strategie di marketing delle aziende leader, come dimostrano le frequenti operazioni di

cut price e l’introduzione del multipack. Tuttavia, il ricorso alla leva prezzo per massimizzare gli

obiettivi di vendita non riguarda tutte le imprese del settore nello stesso modo: ad esempio, i due leader

del mercato, Barilla e De Cecco, come si evince dalla Figura 2, ricorrono alla leva promozionale in una

percentuale media minore rispetto a quella del settore (36%). In ogni caso, esiste una generale

propensione verso la continua verifica delle alternative di prezzo/qualità offerte dal mercato industriale,

che si traduce in un rilevante tasso di infedeltà alla singola marca. Una infedeltà che non assume i

connotati di una tendenza al continuo abbandono, ma che piuttosto fa sì che siano più di un brand che

entra in dispensa: indagini recenti (Doxa, 2006) hanno rilevato che fanno parte degli stock di pasta per

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nucleo familiare mediamente 4-5 marche diverse. Ed è in questo quadro che va giudicata la forte attività

di marketing, sotto il profilo degli investimenti in comunicazione, che caratterizza questo importante

settore. Attraverso la comunicazione le aziende cercano di fissare i paletti di una differenziazione che

sotto il profilo strettamente qualitativo è insufficiente a metterle al riparo da una incessante

competizione sul fronte delle alternative di prezzo/qualità. Infatti, gli investimenti in comunicazione

che, fino alla metà degli anni novanta erano considerati una leva di marketing assolutamente marginale,

in quanto scarsamente praticabili a motivo del ridotto valore aggiunto che non consentiva di “spesare”

tali sforzi (Unipi) - sono ormai di fondamentale importanza. Negli ultimi 5 cinque anni, infatti, si è

assistito ad un aumento delle spese in investimenti comunicazionali- stimato attorno al 35% - dovuto

principalmente ai massicci investimenti realizzati sulle televisioni commerciali (oltre il 60% dell’intero

budget pubblicitario) da parte del leader Barilla.

Escludendo gli investimenti in comunicazione, le aziende del settore pastaio hanno posto in essere una

serie di altri ingenti investimenti con l’obiettivo primario di contenere i costi, pur garantendo un livello

qualitativo più che accettabile. Nel periodo 2004-2006, in media, tali investimenti hanno riguardato le

seguenti aree di intervento (UNIPI):

- ammodernamento, rinnovamento, ampliamento e razionalizzazione degli impianti (70% delle imprese

del settore);

- innovazione di prodotto (40%);

- organizzazione delle attività distributive (30%);

- sistemi informativi (30%).

Un ultimo cenno deve essere riservato agli investimenti  –  già menzionati  –  relativi alle attività

distributive, dato che la distribuzione rappresenta, in questo settore, una variabile assolutamente critica,

essendo oltre il 75% della produzione di pasta secca intermediata dal dettaglio tradizionale e moderno.

In ogni caso, solamente le imprese di maggiori dimensioni possono permettersi una presenza a livello

nazionale, dato l’elevato peso dei costi di trasporto sul prezzo finale. L’effetto combinato di due

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elementi in parola (rilevanza del canale distributivo ed elevato peso dei costi di trasporto), ha indotto

diverse minori imprese a limitare la propria presenza al solo mercato locale/regionale. Altre invece

hanno preferito produrre per le marche commerciali.

I principali player

Il settore della pasta secca in Italia è abbastanza frammentato, con un leader - Barilla - che nel canale

iper+super+superette è leader assoluto, seguito con quote molto inferiori da diversi competitor

nazionali. Come si evince in Figura 3, infatti, Barilla assorbe quasi il 40% delle vendite complessive del

settore pasta; segue De Cecco con una quota del 10%. Un confronto con i dati del 1998 consente di

fare le seguenti riflessioni: il settore negli ultimi 10 anni ha consolidato il successo di Barilla e De Cecco

che hanno aumentato del 3% circa le loro vendite rispettivamente; ha visto una crisi piuttosto forte del

marchio Buitoni (Gruppo Nestlè)  –  che ormai ha ridotto ad un numero irrisorio le sue referenze

nell’ambito della pasta - La Molisana e Del Verde (oggi con meno di 70 dipendenti) ed una leggera

crescita sia per Divella che per Agnesi (Gruppo Colussi) e Voiello (Gruppo Barilla). Allo stesso tempo

hanno raggiunto delle performance brillanti dei marchi storici, legati alla tradizione italiana, come ad

esempio la pasta Garofano  – fondata nel 1920 a Gragnano - che in effetti ad oggi assorbe il 3% delle

 vendite complessive del settore, con 125 dipendenti e una capacità produttiva di 3000 q.li. In effetti, un

dato che emerge abbastanza significativo, è legato all’italianità della pasta anche quanto ad imprese

operanti: fatte pochissime eccezioni, infatti, oggi i nostri pastifici sono gestiti ancora a livello “familiare”

e risentono della tradizione specifica del contesto di origine, evitando l’introduzione di soci terzi esteri.

Barilla- nata a Parma nel 1877- è la leader indiscussa oggi, con un numero di dipendenti pari a 1000 e

una potenzialità in q.li pari a 22.700. Possiede in Italia 14 stabilimenti produttivi e 9 mulini. Il suo

successo è anche ascrivibile all’ottima performance sui mercati esteri, dove l’azienda parmense realizza il

33% del fatturato totale, anche grazie all’investimento diretto realizzato in tali mercati dove ha aperto

12 diversi stabilimenti produttivi – tra i più importanti, quelli in Polonia, Grecia, Turchia ed USA.

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Il follower principale è l’abruzzese De Cecco – nata nel 1886- che oggi ha un numero complessivo di

dipendenti pari a 418 e una potenzialità in q.li pari a 8000. L’azienda chietina opera solo nella fascia alta

del mercato, dove ha una posizione di indiscusso predominio oggi con ben il 33% del totale delle

 vendite. Del fatturato complessivo, esporta oltre il 30%.

 Agnesi, fondata nel 1824, ha 83 dipendenti e una capacità in q.li di 3000. L’azienda ha una lunga e

complicata storia: acquisita dal gruppo Danone è stata poi venduta nell’ottobre del ’97 ad una cordata

guidata dalla merchant bank Paribas.Oggi è passata nelle mani del Gruppo Colussi che oltre allo

stabilimento di Imperia produce pasta con il marchio Agnesi anche a Rimini e Fossano. Rimasta nelle

mani di una famiglia italiana sin dall’inizio (1890) è invece il pastifico pugliese Divella che oggi conta su

3 stabilimenti produttivi e 3 molini. Ha 126 dipendenti e una capacità produttiva in q.li di 2600. Voiello,

fondata a Torre Annunziata (Napoli) nel 1879, è entrata a far parte del gruppo Barilla nel 1973: tende a

posizionarsi sulla fascia alta di mercato (premium price-top quality) dove è alle spalle di De Cecco.

Interessante è anche l'aggregato delle società che producono principalmente per le marche commerciali.

Produttore di pasta leader nelle private labels, nel catering e nel biologico è Corticella  – partner ideale

della GDO - un’azienda dotata di due pastifici ed un mulino (a Bologna e Foligno), che oggi ha circa

144 dipendenti e una capacità produttiva di 2300 q.li. Dal 1998 è entrata a far parte di Euricom,

Gruppo Industriale Italiano che opera nella filiera dei cereali ed è noto soprattutto per l’importanza

ottenuta nel mercato del riso.

E’ interessante notare come le aziende industriali che operano nel settore della pasta secca in Italia sono

oggi 129, nettamente il numero più elevato nel mondo, come dimostra il fatto che in Spagna e

Germania  –  i due paesi che occupano le seconda posizione in Europa  –  si hanno solo 23 pastifici.

 Tuttavia come emerge dalla Tabella 3 negli ultimi 10 anni si è assistito ad una diminuzione abbastanza

consistente del numero di pastifici esistente, in particolare di quelle con una capacità produttiva minore

(meno di 300 quintali al giorno). Dalla tabella 4, inoltre, si può anche constatare il calo consistente del

numero dei dipendenti negli ultimi 10 anni. Tuttora la maggior parte degli occupati riguarda il Nord

Italia.

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Ma si tratta di un mercato dalla grande disomogeneità territoriale, e in aree locali anche di notevoli

dimensioni le quote nazionali sono totalmente trasformate a favore di industrie fortemente radicate in

quei contesti. Si aggiunga, inoltre, la significativa quota di mercato raggiunta dalle marche commerciali,

che arricchisce ulteriormente il panorama competitivo e indica la cifra media di un peso che in catene

come Coop raggiunge o supera quello del leader sul piano nazionale.

Figura 1:

Fonte: UNIPI, 2005

La produzione della pasta secca di semola in Italia

2.719 2.672 2.736 2.787

2.266 2.236 2.260 2.251

0,83

0,84

0,83

0,81

2002 2003 2004 2005

Produzione a volume [Mig liaia d i Tonnellate] Produzione a valore [Milioni d i Euro] Prezzo Medio [Euro al KG]

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Tabella 1: Fotografia del settore 2006

 

TOTALE PASTE ALIMENTARI SECCHE  tonnellate valore

 

Stima Produzione totale 3.224.646  3.519 

 

- Pasta secca 3.106.246 2961

- Pasta fresca 118.400 558

Stima Consumo Nazionale Totale  1.555.900  2.219 - Pasta secca 1.437.500 1.661

- Pasta fresca 118.400 558

EXPORT TOTALE 1.668.746  1.300 

 

STIMA CONSUMO PRO-CAPITE (kg)

 

totale 28

pasta secca 26

pasta fresca 2

PASTE ALIMENTARI SECCHE

 

- Produzione 3.106.246  2.961 

- Mercato nazionale 1.437.500 1.661

- Esportazioni (2) 1.668.746 1.300di cui:

Pasta secca di semola

 

- Produzione 2.805.233 2.267

- Mercato nazionale 1.333.000 1.345

- Esportazioni (2) 1.472.233 922

Pasta secca all'uovo 

 

- Produzione 177.674 385

- Mercato nazionale 97.000 280

- Esportazione (2) 80.674 105

Pasta secca ripiena

 

- Produzione 123.339 309

- Mercato nazionale 7.500 36

- Esportazioni (2) 115.839 273

PASTA INDUSTRIALE FRESCA (3)

- Mercato nazionale 118.400 558

- di cui

- pasta fresca ripiena 55.000 362

- pasta fresca all'uovo 14.600 65

- pasta fresca di semola 15.800 46

- gnocchi 33.000 85

PESO RELATIVO DEI VARI FORMATI (%)

 

- Pasta lunga 33- Pasta corta 67

MATERIE PRIME UTILIZZATE 

- Grano duro 5.014.000

- Uova 111.000

NUMERO DEI PASTIFICI 150

- Pasta secca (4) 130

- Pasta fresca (5) 31

NUMERO DEGLI ADDETTI 8.300

- Pasta secca 6.480

- Pasta fresca 1.460

POTENZIALITA' PRODUTTIVA ANNUA 4.750.000GRADO UTILIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI (in%) 

68

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Fonte: Stime UN.I.P.I. su dati ACNielsen Retail (DIC05/DIC06) e ISTAT

Tabella 2: Consumo annuo pro-capite di pasta nel mondo (in kg)Italy  28.0 Bolivia  4.8 

Venezuela  13.0 Netherlands  4.4 

Tunisia  11.7 Lituania  4.4 

Greece  10.0 Latvia  4.1 

Switzerland  9.4 Dominican Rep. 4.0 

Sweden  9.0 Australia  4.0 

United States 9.0 Israel  4.0 

Peru  8.5 Panama  3.8 

Chile  8.1 Finland  3.2 

France  7.5 Colombia  3.2 

Argentina  7.2 Costa Rica 3.0 

Germany  7.1 Poland  3.0 

Hungary  7.0 Romania  2.7 

Portugal  6.7 Mexico  2.7 

Czech Republic 6.5 Ecuador  2.6 

Canada  6.5 United Kingdom 2.5 

Russia  6.0 Guatemala  2.0 

Turkey  5.8 Denmark  2.0 

Brasil  5.7 Libya  2.0 

Austria  5.6 Japan  1.7 

Belgium - Lux. 5.4 Egypt  1.2 

Estonia  5.3 Ireland  1.0 

Slovak Republic 5.0 El Salvador  1.0 

Spain  4.9 

Figura 2: Intensità promozionale[incidenza dei volumi venduti in promozione]

32%37%

51% 49% 50% 48% 52%

De Cecco Barilla Agnesi Voiello Garofalo Rummo Divella

Mercato: 36%

Fonte: AC Nielsen  – AT Luglio 2006  

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Figura 3: Le quote di mercato delle imprese in Italia

Fonte: Il Sole 24 Ore, 2006

Le quote di mercato a valorenel mercato italiano della pasta secca di semola

De Cecco; 10%

 Altri operatori;

25%

DIVELLA; 6% AGNESI; 4%

GAROFALO;

3%

Private

Label;

9,5%

VOIELLO; 4%

Barilla; 39%

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Tabella 3: PASTA INDUSTRIALE SECCA - NUMERO DEI

PASTIFICI 

REGIONI

1996  2001  2005 (°) 

Potenzialità nelle 24 ore  Potenzialità nelle 24 ore  Potenzialità nelle 24 ore 

da1.000q.li eoltre 

da301q.lia

999q.li 

finoa

300q.li 

TOTALI 

da1.000q.li eoltre 

da301q.lia

999q.li 

finoa

300q.li 

TOTALI 

da1.000q.li eoltre 

da301q.lia

999q.li 

finoa

300q.li 

TOTALI 

Piemonte  5  2  1  8  6 1 1 8 6 1  1 8

Lombardia  2  4  9  15  5 5 6 16 5 6 5 16

T.A. Adige  -  1  - 1  -  1 -  1 -  1 -  1

Veneto  2  -  8  10  2 2 6 10 2 2 6 10

F.V. Giulia  2  -  -  2  1 -  -  1 2 -  -  2

Liguria  1  -  1  2  1 -  1 2 1 -  1 2E.Romagna  3  1  9  13  3 4  4 11 3 3 4 10

TOTALI  15  8  28  51  18  13  18 49 19 13 17  49

Toscana  4  2  5  11  4 1 3 8  2  1 2 5 

Umbria  4  -  -  4  3 -  -  3 2 -  -  2

Marche  -  1  3  4  -  1 4 5 1 2 3 6

Lazio  1  3  1  5  - 1 2 3 - 1 2 3

Abruzzo  2  2  9  13  2 -  11 13 3 -  11 14

TOTALI  11  8  18  37  9 3 20 32 8  4 18 30 

Molise  2  1  1  4  3 -  1 4 4 - 1 5

Campania  9  6  4  19  11 1 5 17 12 1 3 16

Puglia  5  3  6  14  6 1 4 11 6 1 3 10

Basilicata  2  -  -  2  1 -  -  1 2 -  -  2

Calabria  -  1  -  1  -  1 -  1 -  1 -  1

TOTALI  18  11  11  40  21 3 10 34 24 3 7 34

Sicilia  2  7  12  21  3 6 8 17 5 5 6 16

Sardegna  -  -  -  -  -  -  -  -  -  -  -  - 

TOTALI  2  7  12  21  3 6 8 17 5 5 6 16

TOTALIGENERALI  46  34  69  149  51 25 56 132 56  25 48 129 

Fonte: UNIPI

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Tabella 4: PASTA INDUSTRIALE SECCA - NUMERO DEI

DIPENDENTI 

REGIONI 1991  1996  2001 2005 

(°) 

Piemonte  360  398  425 469

Lombardia  752  524  625 574 

Tr.A. Adige  24  32  41 41 

Veneto  540  263  414 398

Fr.V. Giulia  112  112  55 130 

Liguria  308  138  88 88

E. Romagna  1.233  955  (*) 1.367  (*) 1.315

TOTALI  3.329  2.422  3.015  3.015 

Toscana  527  545  431 354 

Umbria  301  321  199 91

Marche  96  47  51 66 

Lazio  253  147  82 82

Abruzzo  704  681  775 634

TOTALI  1.881  1.741  1.538 1.227 

Molise  344  300  301 332

Campania  1.039  1.011  954 970

Puglia  701  704  568 506

Basilicata  214  211  36 36

Calabria  23  25  25 25

TOTALI  3.321  2.251  1.884  1.869

Sicilia  609  443  346 355 

Sardegna  59  - -  -

TOTALI  668  443  346 355

TOTALIGENERALI  8.199  6.857   6.783  6.466 

(*) Potenzialità, per quanto riguarda la Barilla, riferita complessivamente agli stabilimenti di:Parma, Foggia, Marcianise CE, Matera. 

FONTE: UNIPI 

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