CASANA 30-33 5-08-2010 18:09 Pagina 30 - gruppocarige.it · so di Laurea in Scienze Forestali, che...

4
CASANA 30-33 5-08-2010 18:09 Pagina 30

Transcript of CASANA 30-33 5-08-2010 18:09 Pagina 30 - gruppocarige.it · so di Laurea in Scienze Forestali, che...

CASANA 30-33 5-08-2010 18:09 Pagina 30

Il territorio e la sua storia

Quando Virgilio scriveva le Georgiche, sui monti del Prato-magno fiorentino c’era solo un anonimo lembo dell’immen-sa selva post-würmiana che ricopriva il continente europeo.Fu solo dall’XI secolo che Vallombrosa assunse un signifi-cato particolare nel paesaggio silvestre italiano…Col motto ora et labora i monaci benedettini coltivavano lecampagne, piantavano ulivi e viti e dove il territorio era ina-datto all’agricoltura sfruttavano le foreste per l’impiego dellegname. Come nella foresta di Vallombrosa o, per dirla intermini moderni, nella Riserva Naturale Statale Biogeneti-ca di Vallombrosa, che circonda l’omonima abbazia a 950metri di quota nel profondo Appennino Toscano. La storiadi Vallombrosa inizia nel 1035, quando il monaco fiorenti-no Giovanni Gualberto, disgustato dal simoniaco vescovodi Fiesole, dette vita alla riforma monastica Vallombrosa-na, che riformava la regola benedettina. Giovanni Gualber-to morì nel 1073 e col passare del tempo il monastero au-mentò le sue proprietà fondiarie mentre i monaci si dedi-cavano allo sfruttamento forestale, all’allevamento ovino ealla frutticoltura. Tutto bene sino al 1810, quando l’Impe-ro Francese (di cui la Toscana era parte) decretò la sop-pressione delle congregazioni religiose; i monaci tornaro-no nel 1818 ma nel 1866 il governo italiano abolì gli ordi-ni monastici e i vallombrosani dovettero riandarsene. Fo-resta e abbazia passarono al Corpo Forestale, che nel 1867istituì il primo corso d’istruzione superiore in scienze fore-

stali; nel 1869 – insieme al tedesco Adolf Von Berenger,“padre” delle scienze forestali in Italia – fondò nell’abba-zia la prima Scuola forestale italiana e attivò il primo Cor-so di Laurea in Scienze Forestali, che nel 1914 sarà tra-sferito a Firenze, lasciando a Vallombrosa il ruolo di fore-sta didattica per la formazione dei Dottori Forestali. Nel 1949 l’abbazia è tornata ai monaci, pur restando pro-prietà dello stato; oggi i monaci sono dieci e il chiostro quat-trocentesco, la grande cucina e il refettorio con 40 postisono poco utilizzati. L’abbazia mantiene ottimi rapporti coiforestali – di cui San Giovanni Gualberto è il patrono – e il12 luglio di ogni anno per la festa del Santo si celebra il“matrimonio” fra i monaci e il Corpo Forestale; è di nuovoviva dal punto di vista religioso, come centro di cultura conle sue opere d’arte – da Andrea della Robbia al Barocco –e per la vendita di prodotti farmaceutici e alimentari rea-lizzati con ciò che cresce nella foresta, tra cui un partico-larissimo liquore digestivo a base di essenza d’abete.La Riserva si estende su 1273 ettari fra i 470 e i 1440 me-tri di quota; il substrato geologico consiste in grossi banchi disolida arenaria oligocenica alternati talvolta a strati scistosi ar-gilloso-arenacei alterabili. Si originano suoli bruni acidi, po-veri di calcare, adatti alla crescita di foreste ma solo parzial-mente alla coltivazione dell’abete. Il clima è molto umido manon rigido, con temperature medie di 1,5°C a gennaio e 19°Ca luglio, 1300 mm di pioggia annua con massimo autunna-le: il nome Vallombrosa viene da vallis imbrifera, ovvero mol-to piovosa… Dal punto di vista fitoclimatico, la classificazio-ne di Pavari-de Philippis pone la foresta nel Castanetum sot-

Sponte sua quae se tollunt in luminis oras, infecunda quidem,

sed laeta et fortia surgunt, quippe solo natura subest…1

“(Gli alberi) che si elevano spontaneamente negli spazi della luce,

crescono infecondi, ma rigogliosi e forti, perché nel suolo

c’è la forza della natura…”

31

Nella foresta di Vallombrosa,tesoro dell’Appennino toscanodi Donatella Marsaglia

A fronte Uno scorcio della foresta di Vallombrosa.

Pagine seguenti L’abbazia e la foresta nelle diverse stagioni dell’anno.

CASANA 30-33 5-08-2010 18:09 Pagina 31

32 Il territorio e la sua storia

to i 1000 metri di quota e nel Fagetum sopra: ciò significache le specie spontanee predominanti sono il castagno (Ca-stanea sativa) in basso e il faggio (Fagus sylvatica) in alto.Vallombrosa è importante grazie ai monaci, che dal 1300crearono una vasta abetina di abete bianco (Abies alba) persfruttarne il legname; essa è di estremo interesse natura-listico perché l’abete bianco – albero tra i più belli ed ele-ganti della nostra flora – non origina spontaneamente bo-schi puri nell’Appennino, questo è un unicum vegetazio-nale. I monaci sfruttavano la foresta praticando il “taglio ra-so con rinnovazione artificiale posticipata” a settori, con ca-denza di circa 100 anni; i tronchi venivano trainati da buoisino all’Arno, al porto fluviale di Sant’Èllero, poi su zattero-ni scendevano sino a Firenze e a Livorno, utilizzati per edi-lizia e cantieristica navale. Il metodo di taglio dei monaci non è più usato: dal 1970 ilCorpo Forestale dello Stato gestisce l’area non per sfruttareil legname ma per conservare la foresta, lasciando che la ve-getazione naturale riprenda lentamente il sopravvento sen-za però portare a estinzione l’abetina. La variabilità specifi-ca della foresta è alta: l’abetina copre 664 ettari e sta lenta-mente cedendo il posto alle specie spontanee naturali, fag-gio alle alte quote e castagno con varie latifoglie (carpino, cer-ro, roverella, faggio, orniello, acero alpino…) in basso. La fag-geta d’alto fusto occupa 186 ettari sopra i 1000 metri di quo-ta. In basso vi sono 200 ettari di coniferete artificiali, 93 et-tari di ceduo misto di latifoglie e 58 ettari di castagneto ce-

duo che sta diventando fustaia. Nella Riserva vive una ric-ca fauna di caprioli e daini, cinghiali, lupi, volpi, ghiri, don-nole, ghiandaie, picchi, tordi, rapaci diurni e notturni.Il Corpo Forestale, inoltre, studia il patrimonio arboreo e svol-ge attività divulgativa tramite diverse strutture: la più impor-tante è il grande Arboreto Sperimentale, creato nel 1869 eampliato nel tempo; è gestito dal Centro di Ricerca per laSelvicoltura di Arezzo e visitabile su prenotazione in estate.Il nucleo più antico dell’Arboreto è dedicato al maestro del-le scienze forestali in Toscana, il boemo Karl Siemon che fual servizio del Granduca Leopoldo II dal 1835; sono 10 et-tari fra 950 e 1000 metri, belli e “romantici”, un pendio leg-gero su cui svettano esemplari enormi di sequoie, dougla-sie e altre specie d’alto e altissimo fusto. L’Arboreto ha unaricca collezione di alberi esotici che furono importati per ve-dere quali si adattassero bene alla fascia climatica del fag-gio e del castagno; conta circa 3000 piante appartenenti aoltre 1200 specie arboree diverse e potrebbero aumentarein futuro; è percorribile il “percorso Wassermann” alla ricer-ca delle erbe medicinali, secondo il motto “Bosco-farmaciasempre di turno”. Le primedonne dell’Arboreto sono le af-fascinanti douglasie (Pseudotsuga menziesii), conifere delNord America occidentale che possono raggiungere i 100metri d’altezza; queste di Vallombrosa furono piantate nel1912 pensando allo sfruttamento del loro legname di velo-ce crescita; oggi, a 98 anni d’età e senza rischio d’abbatti-mento, raggiungono i 60 metri e sono considerate gli albe-

CASANA 30-33 5-08-2010 18:09 Pagina 32

33Il territorio e la sua storia

ri più alti d’Italia; camminandovi in mezzo non stupirebbeincontrare Fangorn e gli altri Ent “pastori di alberi” usciti dal-la penna fantasiosa di John Tolkien2.Nell’Arboreto non mancano le bizzarrie naturali, come “ilMostro”, un abete bianco tutto contorto, più simile a un sa-lice piangente che al suo fratello abete che gli cresce a fian-co alto e diritto come un corazziere. Grosso e maestoso èinvece – fuori dall’Arboreto – il “Faggio Santo”, erede di unfaggio sotto cui secondo la tradizione si rifugiò Giovanni Gual-berto durante una nevicata e che, per proteggere il santomonaco, mise le foglie anzitempo. Sarà pure una pia leg-genda, ma va detto che anche l’attuale “faggio santo” sicopre di gemme prima dei suoi confratelli.Perché non sia dimenticato il metodo di sfruttamento fore-stale dei monaci, obsoleto ma di interesse storico, 100 etta-ri di abetina sono diventati Silvomuseo, dove si procederà contagli di tipo “monastico” ogni 150 anni, sì da avere semprealmeno un terzo della superficie coperta da grandi abeti dipiù di 100 anni, i più belli e di pregio naturalistico; per il reim-pianto si useranno piantine prodotte da seme locale. Semeche Vallombrosa diffonde in giro per l’Italia: nel suo semen-zaio sono nati molti alberi per i rimboschimenti in varie zo-ne d’Italia. Il patrimonio genetico dell’abete bianco è conser-vato raccogliendo i semi dagli stròbili (le pigne) per custo-dirli in un caveau a Pieve Santo Stefano (AR).Il Giardino Botanico “San Giovanni Gualberto” è dedicatoalla flora locale e in un’area di 1500 m2 riunisce circa 200fra le 700 specie erbacee e arbustive della Riserva.Su un poggio panoramico sull’abbazia, sul bosco e sul Val-darno sino a Firenze lontana, c’è l’edificio del Paradisino:era l’eremo per i monaci che volevano allontanarsi tempo-raneamente dall’abbazia; ora l’Università di Firenze vi tie-ne corsi e convegni. Qui lo scrittore inglese John Milton tras-se l’ispirazione per il suo poema Paradise lost (Il Paradisoperduto) pubblicato nel 1667.Nel Centro Visite, il Museo etnografico offre la ricostruzionedi una carbonaia, l’esposizione di attrezzi di lavoro come legrandi seghe per tagliare manualmente gli alberi più grandio la prima pesante sega a motore degli anni Cinquanta, fo-tografie dell’industria del mobile che nell’800 si era svilup-pata nella vicina località di Tosi, documenti che descrivonoil “meo”, il giovane di bottega che veniva affittato dai geni-tori ai boscaioli per imparare il mestiere. A poca distanza c’èun Rifugio-foresteria prenotabile per le scolaresche.Per la visita della foresta c’è un servizio di audioguide in 4lingue che conducono lungo il percorso “1000 anni di Val-lombrosa”. C’è anche il percorso Metato, un’ora di cammi-no lungo un tracciato didattico con pannelli illustrativi, adat-to alle visite scolastiche; prende il nome dall’edificio – il me-tato – dove si essiccavano le castagne per farne farina.Tutto questo è Vallombrosa, che da dieci secoli vive grazieall’amore dei suoi monaci e dei suoi forestali. Ora i faggi ele altre specie spontanee rioccupano il territorio che i mo-naci vollero destinare agli abeti: al verde cupo dell’abetina

si alternano i quattro colori della faggeta: il verde chiaro del-le foglie nuove di primavera, il verde scuro delle fronde esti-ve, il rosso del tappeto di foglie cadute in autunno, il grigiodei tronchi nudi dell’inverno. Una foresta antica e cangian-te, potenzialmente eterna ma diversa con lo scorrere del tem-po, davvero una meraviglia della natura; camminando sottolo sguardo autorevole e sereno dei suoi alberi, nel silenziopieno dei piccoli suoni della vita naturale, si può capire co-sa intendesse Baruch Spinoza quando affermava “Deus si-ve Natura”. Se Dio esiste, trascendente o immanente chesia, negli alberi di Vallombrosa manifesta il suo splendore.

Il Corpo Forestale dello StatoIstituito nel 1822, è una Forza di Polizia a ordinamento civile spe-cializzata nella tutela del patrimonio naturale e paesaggistico e nel-la prevenzione e repressione dei reati in materia ambientale e agroa-limentare.

La Riserva Naturale Statale Biogenetica di VallombrosaErede e figlia della vecchia Foresta Demaniale di Vallombrosa, èstata istituita nel 1977 per conservare l’alto livello di biodiversitàforestale, è gestita dall’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Val-lombrosa che cura la foresta, svolge attività di falegnameria collegname locale, previene e lotta gli incendi boschivi, studia gli ef-fetti delle piogge acide sulla vegetazione, svolge attività di educa-zione e divulgazione alle scuole e ai visitatori, controlla il territo-rio. La sede di rappresentanza si trova nella Villa Favorita, in unparco sulle colline fra Firenze e Fiesole dove ha sede anche l’Ac-cademia Italiana di Scienze Forestali.Info: Vice Revisore Forestale e Addetto Stampa, Paolo Caramal-li, 055 572 219, [email protected] Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Vallombrosa, via San Be-nedetto 1, 50066 Vallombrosa – Reggello (FI), tel. 055 862 020– 8862 131, [email protected]

RingraziamentiDoveroso e piacevole ringraziare il Corpo Forestale nelle persone diPaolo Caramalli, addetto stampa, Giacomo Pivi, eccellente fotogra-fo, e Valerio Bevicini “Tarani”, memoria storica della Riserva nonchécreatore e conservatore del Museo; grazie anche a Don Marco Miz-za, priore dell’abbazia di Vallombrosa, e a Francesca Caramalli.

BibliografiaAntonio Gabbrielli e Enzo Settesoldi, Vallombrosa e le sue selve– nove secoli di storia, Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste,Roma, 1985Cartoguida escursionistica del comune di Reggello, Reggello, s.d.Fondazione San Giovanni Gualberto, La difesa del bosco nel cli-ma che cambia, I Quaderni 8, Edizioni Vallombrosa, 2008Margherita Lombardi, La foresta incantata, Gardenia, n°307 – no-vembre 2009, Editoriale Giorgio Mondatori, Milano, 2009 Orazio Ciancio, Riserva Naturale Statale Biogenetica di Vallom-brosa – Piano di gestione e Silvomuseo 2006-2025, Corpo Fore-stale dello Stato e Università di Firenze, Reggello, 2009Paolo Caramalli, La Riserva Biogenetica Statale di Vallombrosa (Reg-gello, FI): un patrimonio naturale gestito dal Corpo Forestale del-lo Stato, Corpo Forestale dello Stato, Firenze, 2006

Sitografiawww.corpoforestale.itwww.provallombrosa.itwww.vallombrosa.itwww.comune.reggello.fi.itwww.cm-montagnafiorentina.fi.itwww.cm-casentino.toscana.itwww.selvicoltura.org

Note1 Publio Virgilio Marone, Georgicon Liber II, 47-49.2 John R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, parte seconda, libroterzo, Rusconi, Milano, 1979.

CASANA 30-33 5-08-2010 18:09 Pagina 33