Casagrande_Vecchio La classificazione dei peccati tra settenario e decalogo

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DOCUMENT! E STUDI SULLA TRADIZIONE FILOSOFICA MEDIEVALE Rivista della Societ4 Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino v 1994 CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL'ALTO MEDIOEVO SPOLETO

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DOCUMENT! E STUDI SULLA TRADIZIONE FILOSOFICA

MEDIEVALE

Rivista della Societ4 Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino

v 1994

CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL'ALTO MEDIOEVO

SPOLETO

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CARLA CASAGRANDE - SILVANA VECCHIO

La classificazione dei peccati tra settenario e decalogo (secoli XIII-XV)*

In una storia del peccato che non sia esclusivamente una storia del pensiero teologico , rna che consideri il problema della colpa anche nella sua dimensione antropologica e nel suo rilievo sociale, la maniera in cui i peccati sono stati classificati costituisce un elemento di primaria im­portanza. Adottare l'una o l'altra classificazione del peccato non rappre­senta mai un'operazione neutra che si svolge nello spazio rarefatto e asettico della teoria, rna coinvolge l'intero sis tema di valori ai quali una societa fa riferimento . Questo e tanto pili vero in un'epoca come il Me­dioevo, nella quale l'attenzione al problema morale si e spesso tradotta proprio nel tentativo di disegnare una mappa del peccato, individuando e distinguendo in maniera sottile le singole colpe e organizzando i pec­cati in sistemi forti , cioe teoricamente coerenti e capillarmente diffusi, rna al tempo stesso agevolmente adattabili alle gerarchie di valor i nelle quali la societa medievale si e volta a volta riconosciuta 1.

Gli studi condotti sul tema del peccato nella cultura medievale h anno pili volte sottolineato la straordinaria diffusione del sistema dei sette vizi capitali. Illibro di Morton Blooomfield, The seven deadly sins , ormai divenuto un classico, ha tracciato le linee essenziali per una storia del settenario, mettendone in evidenza la lunga durata e la incredibile fortu­na anche in ambito letterario e artistico e collocando proprio fra XIII e XIV secolo la fase della sua piena maturita 2.

'' Questa saggio costituisce il prima risultato di un lavoro avvia to da lle autrici nell 'am­b ito della ricerca .« Definizione e classi ficazione dei peccati nella teologia e nella pastorale dei secoli XII-XV», fi nanzia ta da l CNR peril triennia 1993-95. Silvana Vecchio ha cura to Ia prima par te, Carla Casagrande Ia seconda.

1 Per una visione d'insieme sui tema del pecca to e sulle sue classificazioni , con parti­cola re riferimento a ll 'epoca medievale, cfr . T. DEMAN, Peche, in Dictionnaire de Theologie Catholique, XII.! , Paris 1933, coil. 140-275; P. GERVAIS, Peche-Pecheur, in Dictionnaire de Spiritualite Ascetique et Mistique , XII .! , Paris 1984, coli. 790-853; J . LE GoFF, Peccato, in Enciclopedia, vol. X, Torino 1980, pp . 561-581

2 M. W. BLOOMFIELD, The Seven Deadly Sins. An Introduction to the History of a Religious Concept, with Special Re[e1·ence to Medieval English Literature, East Lansing (Mich .) 1952.

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II ponderosa repertorio di opere sui vizi e sulle virtu, che lo stesso Bloomfield con la collaborazione di altri studiosi ha messo a punto, con­sente di quantificare tale fortuna negli oltre 6000 incipits catalogati 3 . I rapidi accenni di Bloomfield ai segni di una qualche insofferenza per il sistema dei vizi capitali sono ampiamente ripresi e sviluppati dall'im­portante saggio di Siegfried Wenzel, che individua nel dibattito teologi­co duecentesco sulla natura del settenario uno dei momenti fondamen­tali per la storia del peccato. E su questo terreno che emergono le pili vi­stose tracce di insoddisfazione nei confronti di quello stesso schema che appare invece trionfante a livello pastorale, letterario e artistico 4 .

Sul trionfo del settenario e sulla sua perdurante vitalita anche oltre i termini convenzionalmente fissati per il Medioevo , ha insistito pili re­centemente il ricco studio di Jean Delumeau, che attribuisce al sistema dei vizi capitali un ruolo centrale nell'organizzazione della pastorale cri­stiana anche al di la della Controriforma 5 .

D'altra parte diversi studi hanno segnalato , almeno a partire dal XIII secolo , accanto al vasto impiego del settenario, anche la presenza del de­calogo nei manuali per la confessione e nelle opere di carattere catechetico 6 . E chi , come Philippe Delhaye, ha seguito la storia del de­calogo , ha indicate nel XII secolo una sorta di riscoperta della legge mo­saica, ed ha mostrato, a partire dal XIII secolo, l'inizio di una crescente fortuna di questo schema nella casistica e nella manualistica morale, fortuna destinata a culminare nel trionfo del catechismo tridentino 7.

Sulla diffusione del settenario gregoriano cfr. anche A. SouGNAC, Peches capitaux, in Diet. Spir. ci t., coli. 853-862; R. WASSELYNCK, Les 'Mora lia in Job' dans les ouvrages de morale du haut moye11 age /ati11, «Recherches de theologie ancienne et medi evale '', 31 , 1964, pp. 5-31; ID., La presence des 'Moralia' de Saint Gregoire le Grand dm1s les ouvrages de m orale du Xlle siecle, ibid ., 35 , 1968, pp . 197-240.

3 M. W. BLOOMFIELD- B. G. GuYOT - D. R . HowARD - T. B. KABEALO, !ncipits of Latin Works on the Virtues and Vices, I 100-1 500 A. D., Cambridge (Mass.) 1979.

4 S . WENZEL, The Seven Deadly Sins: Some Problems of Research , «Speculum », 43 , 1968, pp. 1-22; cfr. anche Id., The Sin of Sloth: 'Acedia' in medieval thought and Literature, Chapel Hill 1967, pp. 38-46; 181-1 82. Per Ia fortuna del settenario in ambito artistico vedi infra, p. 376.

5 J . DELUMEAU, Le pee he et /a peur. La culpabilisation en Occident (XII!e-XVII!e siecle), Paris 1983, trad . it . Bologna 1987.

6 P . MICHAUD-QUANTIN, A propos des premieres 'Summae co11fessorum'. Theologie et droit canonique, " Rech . Theol. Anc. Med . », 26 , 1959, pp. 292-306; R. RuscoNI, 'Ordinate confite­ri'. La confessione dei peccati nelle 'Summae de casibus' e nei manuali per confessori (meta XII- in izi XIV secolo), in L'aveu. Antiquite et Moyen Age , Actes de Ia table ronde organisee par \'Ecole Fran~aise de Rome avec le concours du CNRS et de l'Univer site de Tries te, Rome 28-30 mars 1984, Rom a 1986, pp . 305- 307. Per \'ana li si di questa letteratura si veda Ia parte II .

7 P . DELHAYE, Le decalogue et sa place dans /a morale ch1·etienne, Bruxelles-Paris 1963 .

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Non a caso John Bossy nel segnalare il ruolo assolutamente centrale del decalogo nella pastorale cinquecentesca tanto cattolica quanto prate­stante, parla di una vera e propria svolta di portata rivoluzionaria 8. E lo stesso Bossy ad affrontare il problema dei rapporti fra settenario e deca­logo in un articolo suggestivamente intitolato Moral Arithmetic: Seven Sins into Ten Commandements 9, nel quale individua le tappe del percor­so che conduce a quella svolta . La sostituzione del settenario con il de­calogo nella codificazione della morale cristiana si disloca nell'arco di diversi decenni e manifesta al suo interno problemi e sfasature; pili de­cisa in ambito teologico, incontra invece sul terrene pastorale la forte re­sistenza del tradizionale settenario , rna finisce comunque per imporsi grazie alla maggior precisione del decalogo nel fissare le norme della vita cristiana. Questo comporta, secondo Bossy, l'accentuazione degli aspetti pili teologici della morale ed una maggior attenzione alla dimen­sione verticale del problema morale (rapporti uomo/Dio) a scapito della dimensione orizzontale (rapporti uomo/uomo) .

II sia pur rapido panorama bibliografico ha fatto emergere i nodi centrali attorno ai quali si muovono gli studi sulla classificazione dei peccati. La fortuna del decalogo ed il su o impiego sempre pili vasto nella dottrina e nella pastorale cristiana e un dato incontestabile che sollecita una serie di interrogativi ed apre diverse direzioni di ricerca. Occorre chiedersi innanzitutto se, quando e con quali modalita le norme mosai­che , riscoperte dopo la lunga latenza altomedievale, sono riuscite a sop­piantare il fortunate schema gr egoriano, o se hanno dovuto in qualche modo raccordarsi ad esso . L'indagine sulla fortuna del decalogo deve al­lora procedere di pari passo con una parallela ricerca che metta in evi­denza tutti i segni di disaffezione o di insoddisfazione nei confronti del sistema dei vizi capitali; rna deve anche tener conto delle sue possibili trasformazioni , nonche della presenza di altri schemi e altre classifica­zioni che continuamente si intrecciano coni due sistemi principali e che

Cfr. anche E. DuBLANCHY, Decalogue, in Diet. Thea/. Cath. , IV, coli . 161-176; E . MANGENOT, Catechisme, ibid ., II, coli . 1896-1901.

8 J. BossY, Christianity in the West . 1400-1700, Oxford 1985, trad. it. Torino 1990, pp. 42-46. Sui ruolo del decalogo nella pastora le postridentina cfr. L. W. SPITZ , Further Lines of Inquiry for the Study of the 'Refonnation and Pedagogy', in C. TRINKAUS - H . A. OBERMAN, The Pursuit of Holiness in Late Medieval and Renaissance Religio11, Leiden 1974, pp . 295-300. Si veda anche, sopra ttutto in rela zione ai catechismi illustra ti , G. PALUMBO, Speculum Pecca­torum. Frammenti di storia 11ello specchio delle immagini tra Cinque e Seicento , Napoli 1990.

9 In E . LEITES, Conscience and Casuistry in Early Modem Europe, Cambr idge-Paris 1988 , pp . 214-234.

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delineano un panorama del peccato estremamente varia e articolato. Deve cioe ripercorrere nel corso dei tre secoli che vanno dal Concilio La­terano IV alla vigilia della Riforma protestante, tutte le piste maestre dell.::1 riflessione teologico-morale, rna deve anche addentrarsi nei mean­dri spesso tortuosi e intricati della pratica pastorale. La scelta di separa­re la riflessione teorica dalla pratica pastorale non nasce dalla convin­zione che teologia e pastorale siano rigidamente separate, ne tantomeno che la pastorale sia una semplice traduzione sul piano pratico di elabo­razioni condotte in sede teologica. E semmai la certezza che nulla vi sia di scontato sui rapporti tra teologia e pastorale che ci induce a tenere se­parati i due piani . Sea volte le mediazioni , le interferenze e le reciproche influenze appaiono evidenti, in altri casi le scelte si presentano diverse o quanta meno compiute in tempi e modi diversi. Si tratta dunque di co­gliere di volta in volta sia le convergenze sia le divergenze che il com­plesso rapporto fra teologia e pastorale comporta, e per questa ci pare utile mantenere i due piani in un prima momenta separati, per poi ten­taP.: in sede conclusiva un possibile bilancio.

I. IL DISCORSO TEOLOGICO

Le difficolta del settenario

Il discorso teologico costituisce il terreno sul quale settenar io e deca­logo , diversi per origine, per tradizione, per fortuna, si trovano per la prima volta. Nel corso del XII secolo una serie di opere teologiche com­paste sulla scia della riflessione abelardiana affrontano con rinnovata attenzione il te~a del peccato, dell'atto morale, della legge. In questa elaborazione teologica, che culmina nelle Sentenze di Pier Lombardo 10 ,

destinate a diventare il manuale per eccellenza dello studio e della ricer­ca teologici, il problema dei rapporti tra settenario e decalogo non viene mai posto: i due sistemi si affiancano , rna non si incontrano. Si tratta tuttavia per entra mbi di una svolta importante: il settenario, gia ampia­mente utilizzato nella letteratura monastica, nei penitenziali e nei trat­tati morali, viene investito da uno sguardo teorico che ne sanziona l'im­portanza e ne articola la problematicita; il decalogo , quasi completa-

10 Ysagoge in theologiam, in A. LA, DGRAF, Ecrits theologiques de /'ecole d 'Abelard, Lou­vain 1934, pp . 104-106, 132-139; Summa sententiarum , PL 176, coli. 11 3-114, 120-1 25; H u. GONJS DE SANCTO VJCTORE De sacramentis , PL 176, co li. 343-364, 525-526; PETRI LoM BARDI Sen­tentiae in IV libris distinctae, Ed. Coll egii S . Bonaventu rae , Ad Claras Aquas 1971-1 98 1, J. II , d . 42, c. 6-8 , pp. 570-572 , l. III , dd . 37-40, p p. 206-2 29.

) .

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mente trascurato dopa la riflessione agostiniana, si trova inopinatamen­te installato nel cuore della morale cristiana e perfettamente raccordato con i precetti della carita evangelica sui quali essa si fonda . I commenti alle Sentenze, nei luoghi classici della distinzione 42 del II libro e delle distinzion{ 37-39 del III, costituiscono cosi una pista obbligata perrin­tracciare lo sviluppo della riflessione teologica su questi due argomenti e gli eventuali accenni ad una qualche relazione reciproca.

Il dibattito teologico sul settenario si incentra attorno al problema della sufficientia : si tratta per gli scolastici di trovare nella scansione tra­dizionale dei vizi una coerenza ed una necessita interne che ne giustifi­chino il numero e la successione.

In effetti per secoli il settenario si e affidato al modello genealogico che i due « padri » , Cassiano e Gregorio gli avevano impasto 11 : i vizi na­scono l'uno dall'altro secondo un ordine preciso che nel corso del tempo ha subito variazioni anche importanti, rna che non ha infranto mai la lo­gica generativa che lo sorreggeva. Anzi, il modello genealogico si e con­tinuamente riprodotto al suo interno e, utilizzando anche la fortunata metafora dell'albero, ha dato vita ad una sempre pili estesa « famiglia >>

dei vizi 12 .

La filiazione dei peccati costituisce un'idea certo suggestiva e larga­mente utilizzabile nell'iconografia e nella pratica pastorale , rna difficile da tradurre nei termini rigorosamente scientifici della teologia 13 . Di fat-

II J. CASSIEN, Conferences , ed . E . PtCHERY, Sources Chretiennes 42 , Par is 1955, p . 209 ; S. GREGORII MAGN l Moralia in Job, XXXI, XLV, ed . M. ADRIAEN , Corpus Christianorum, Series Latina 143 B, Turnholti 1985, pp . 1610-1 6 11.

12 Si veda ad esempio lo pseudo-bonaventuriano Speculum conscientiae, inS. BONAVEN· TURAE Opera Omnia , Ad Claras Aquas 1882-1902 , VIII, pp. 623-645. Per Ia m etafora arborea applicata ai vizi cfr. M. REEVES - B. HIRSH R EICH, The Figurae of Joachim of Flore, Oxford 1972 , p. 25; C. FRUGONJ, La mala pianta, in Storiografia e storia. Studi i 11 onore di V. Dupre Theseider, Rom a 1974, II, pp . 651-659; J. O'REILLY, Studies in the Iconography of the Virtues and Vices in the Middle Ages, New York- London 1988, pp. 323-449.

13 Si vedano ad esempio le difficolta incontrate da Giovanni della Rochelle nel tentati­ve di spiegare com e un vizio nasca da un altro : << Ad quod dixerunt qui da m quod multipli­citer dicitur generare unum vicium aliud; nam quandoque generat per natura m m ediatio­nis, ut scilicet m ediante illo vitio adquirat suum finem sicut avar icia generat fu rtum et fraudem , sicut inanis gloria iactanciam; aliquando per similitudinem ut gula ineptam let i­ciam, cum enim non semper possit delectari in com edendo querit delectacionem in simili scilicet in aliis sensibus; aliquando per m od urn contrarietatis sicut gula hebetudinem m en­tis, quia per earn co ntraria tur intellectus. Sed hie consideretur generacio viciorum ut dice­remus illud vicium ex illo et ex illo generar i sicut patebit; ideo m elius videbitur dicere quod generacio viciorum est fluxus immedia tus vicii ex vicio , racione voluntatis vel com­paris , unde ubicumque immediatio non invenitur non debet illud vicium nasci ab ali O>> (Summa de vitiis, Pa ris, Bib!. Nat. , m s . la t . 16417 , f. 125r a/b ).

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to gia nelle Sentenze di Pier Lombardo la concatenazione gregoriana ha ceduto il posto ad una pura e semplice enumerazione dei vizi, rna il mo­dello genealogico ha lasciato nel vocabolario teologico vistose tracce che costituiranno altrettanti problemi peril dibattito successive.

I teologi scolastici hanno per lo piu tentato di legittimare la scansione gregoriana ricorrendo a modelli piu solidi, che individuano le origini dei vizi nelle parti dell'anima o nelle possibili deviazioni della volonta uma­na. E soprattutto quest'ultimo schema che , adottato dai piu importanti teologi del '200 finisce per imporsi in maniera quasi assoluta: i singoli vizi rappresentano altrettanti << disordini » della volonta che o desidera qualcosa che non deve essere desiderate o fugge qualcosa che non deve essere fuggito; le modalita con cui questi due moti dell 'animo si manife­stano e gli oggetti che essi di volta in volta investono determinano i sette vizi capitali 14 . L'operazione degli scolastici none facile ; il tentative di le­gittimare uno schema che, si ricordi, non ha origine scritturale, compor­ta non p0chi problemi. Per tutto il XIII secolo e ancora all 'inizio del XIV la lunga serie di questioni che accompagna la distinzione 42 sulla classi­ficazione dei peccati testimonia l'intensita di un dibattito che ripropone in contesti ed in tempi diversi le difficolta strutturali del settenario.

Un primo p r oblema riguarda l 'assetto interne del sistema. Nella ge­nealogia gregoriana l'ordine era per cosl dire << naturale >> : alla superbia,

14 S. BoNAVENTURAE Comm. in II Lib. Sententiarum, in ID . Opera Omnia cit ., II , d. 42, dub. III. p. 978; JOHANNES DE R UPELLA, Summa de vitiis, ms . cit. , f. 113rb-va ; ALEXANDRI DE H A­LES Glossa in quatuor libms Sententiarum Petri Lombardi, Ad Claras Aquas 1952, II , d . 42 ,7, p . 404; I D. , Summa theologica, Ad Clar as Aquas 1924-1979, III , pp . 484-489; ALBERTI MAGNI Commentarium in II librum Sententiarum , in ID . Opera Omnia, ed . A. BoRGNET, Parisiis 1890-1 899, t . XXVII, d. 42, a. 6, p . 664 ; S . THOMAE DE AourNo Summa theologiae , I , II , q. 84 , a. 4 ; I D., Quaestiones disputatae de malo, in ID. Opera Omnia, ed . Leonina , t . 23 , Rom a-Par is 1982, q . 8, a . I , p . 194. Per Ia discussione sull 'organizzazione interna dei sette vizi, quella che con termine scolasti co viene definita la sufficientia del settenario, cfr . WENZEL, The se­ven deadly sins ci t ., pp. 3-12. AI di Ia delle diffe ren ze individuali , l'impianto generale del p roblema puo essere illustrato dallo schem a seguente:

voluntas deordinata

appetit bonum non a ppetend um

fugit non fugiendum C

sp ectu oni proprii

sp ectu interius oni a lieni ~x.terius

INANIS GLORIA

AVARITIA

GULA LUXURIA

ACEDIA

INVIDIA IRA

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origine di tutti gli altri vizi spettava il primo posto nell 'universo del peccato 15

. Radice di ogni male, inizio di tutti i peccati, comandante del­l'esercito delle GOlpe, madre di una lunga serie di figlie nefaste , la super­bia ha per sec~li conservato un primate che , espresso in una molteplici­ta di metafore, indicava un dato incontrovertibile: la superbia e il vizio gerarchicamente piu importante dal memento che non esiste alcuna col­pa che direttamente o indirettamente non tragga da essa la sua origine. Ma, nelle Sentenze, alla citazione gregoriana Pier Lombardo aveva af­fiancato il testo paolino (I Tim. 6,10) che individua nella cupiditas lara­dice di tutti i mali; di fronte al problema della duplice gerarchia che im­mediatamente si presentava , egli aveva spiegato che tutti i generi di pec­cato potevano volta a volta essere ricondotti alla superbia o alla cupidi­tas; non solo, le stesse due radici potevano manifestare una sorta di interdipendenza reciproca al punto che a seconda dei casi la superbia poteva nascere dall 'avarizia o viceversa 16 .

La pacifica giustapposizione di Pier Lombardo che attribuiva ad en­trambi i vizi il ruolo di radice di ogni male costituisce un problema spi­nose e ricorrente per le riflessioni teologiche, strette nella m orsa di una doppia citazione autorevole, rna obbligate a districare il nodo insolubile di un duplice prima to 17

. I teologi che hanno voluto rimanere aderenti alla pagina del Lombardo hanno dovuto ricorrere a sottili distinzioni che permettessero di aggirare la contraddizione di una doppia gerar­chia: i termini radix , in itium, caput , p rincipium si sono spogliati di ogni valenza metaforica e sono stati trasferiti sul piano astratto della loo-ica·

b '

_15

S. GREGORI! Moralia cit ., p . 16 10: «Rad ix q uippe cuncti mali superbi a est , de qua scnptura attestante, dicitur: In itium omni s peccati superbia ». II r iferimento scr itturale e Eccli. 10,15 .

16 PETRI LOMBARDI Sententiae cit. , II , d . 42, 7-8, pp. 57 1-572 . La dupl ice ma trice dei vizi

era gia sta ta evidenzia ta da Agostino (De Ge11esi ad litteram, XI, l 4, ed . I. ZYCHA, Pragae-Vin­dobonae-Lipsiae 1894, CSEL 28,III , pp. 346-347), il quale tut tavia aveva trova to nel passo paolino una ulteriore con ferma del prima to della superbia. Cfr. W. M. GREEN, Jnitium om­nis peccati supe1·bia. Augustin on p1•ide as the {i1·st sin, Univ. o f Ca li fo rnia Press 1949, p . xm, n. 13.

. 17

Si vedano ad esempl o le osci llazioni di Gugli elmo di Auxerre, che insiste sulla dop­pla rad1ce, a nche se finisce per a t tribuire a li a superbi a il ruolo di regina dei vizi (Summa aurea, ed . J . R IBAILLfER, Pa ris-G ro tta ferrata 1982, II , II , pp . 593-596). Pili vicini a ll 'autori ta gregoriana nell 'affermar e il prim a to della superbi a rimangono invece Giovanni della Ro­chelle, peril qua le Ia contrapposizio ne e comunque non tanto superbi a-avari zia quanta su­perbia-lussuria (Summa de vitiis, m s. cit., ff. 114va-11 5ra) ; Riccardo di Mediavilla (S uper IV libros Sententiarum Petri Lombardi Questiones , Brixiae 1590-1 59 1, II , d . 42 , p . 507); Pie­tro di Giovanni Olivi (Quaestiones in II librum Sententiarwn, ed . B. JANSEN, Ad Claras Aquas 1928, vol. III , q. 98, p . 223 ). Sulle implicazioni s torico-socia li connesse alia crescen­te importa nza dell 'avari zia nel sis tem a dei vizi vedi infra, p. 368, n . 102 .

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mentre la riflessione sui due termini chiave, superbia e cupiditas ne ha evidenziato la polisemia e ha consentito di giocare ora sull' uno ora sul­l'aJtro dei lora significati .

Alessandro di Hales, Bonaventura, Alberto Magno, Pietro di Taranta­sia, Egidio Romano hanna distinto nei termini superbia e cupiditas un sensa stretto che allude al vizio capitale vera e proprio , ed un senso largo che identifica cupiditas con ogni sorta di concupiscenza e superbia con l'amore del proprio bene e il disprezzo di Dio . Cosl intese, non solo en­trambe possono essere radici di peccato, rna entrambe concorrono di fatto nel compimento di ciascun peccato, nella misura in cui ogni pecca­to comporta un mota di separazione e allontanamento da Dio (aversio ), che si manifesta come superbia, ed un ripiegamento su un bene mutevo­le (conversio) , che corrisponde alia concupiscenza 18. Superbia e cupidi­tas sono sempre e comunque la duplice rna inestricabile radice di ogni peccato , :1 tramite necessaria fra la volonta umana e l'universo del male.

La riflessione sui vari sensi di superbia e cupiditas puo essere la via per risolvere un ulteriore problema inerente alia classificazione dei pec­cati: il rapporto tra il settenario ed un altro fortunato schema, quello della triplice concupiscenza. La concupiscentia earn is, la concupiscentia oculi e la superbia v itae , le tre tentazioni del Cristo , riconducibili rispet­tivamente a lussuria, avarizia e superbia, possono agevolmente essere comprese in quel sensa larghissimo di cupiditas che, come si e visto, pre­siede ad ogni atto peccaminoso 19

.

Questa soluzione , che sembra risolvere molti dei problemi relativi alia struttura interna del settenario , non e accettata da tutti . Tommaso contesta espressa mente nella Summa theologiae la dilatazione dei signi­ficati di superbia e cupiditas; se questi due vizi sono radice e inizio di

18 ALEXA DRt DE H ALES Glossa cit., II , d . 42 , 16, pp. 407-408; ID. Summa theologica cit., t . III. pp . 48 1-482; S . BONAVENTURAE Comm. i11 II Sent. cit ., q . 42 , dub. IV, pp . 978-979 ; ALBERTI MAGN t Comm. in II Sent. cit., d . 42 , a . 6, pp. 665-666; INNOCENTI! V (Petr i de Tarantasia) In Iibras Sententiarum Commentaria, Tolosae 1649, ri s t . a nas t. Ridgewood 1964 , II , d. 42 , q . 3, a. 2, p . 351 ; AEGIDIUS RoMAN US, Opus super secunda libra Sententiarum, Venetiis, per Lu­cam Venetum 1482, d . 42 , q . 3; ID., Sermones de tribus vitiis, in Io., Opera omnia, 1.6, Re­pertorio dei sermo11i, a cura di C. LuNA, Fi1·enze 1990, pp. 343, 349-350 , 36 1-363 .

19 AEGIDtus RoMANUS, Opus super II Sent. cit ., d . 42 , q . 3; Ia ri cerca disordinata del bene che nasce dalla concupiscenza si traduce nei qua ttro vizi principa li : superb ia, avarizia, gola e lussuria . Si noti che Egidio s i di scosta dalla tradizione, interpretando Ia terza con­cupiscenza in relazio ne a lia gola piuttosto che alia lussu ria (cfr. Sermones de tribus vitiis cit. , pp . 341 -387). Una connessio ne m olto stretta tra settenario e schem a della triplice con­cupiscen za e indicata da Wycli f nel Trialogus (ed . G. LECHLER, Oxonii 1869 , pp . 160-161); Wyclif, che ritiene in ta l m odo di pa ter ga ranti re a l set tenario una base scritturale, propa ­ne un settenario s tru tturato in tre terna r i , ciascuno dei qua li cot-risponde a una delle tre

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ogni male, lo sono in quanta vizi particolari e specifici e non in quanta tendenze generalissime alia colpa. Le autorita agli occhi di Tommaso parlano chiaro: radice di ogni vizio e l'avarizia, intesa nel suo sensa pro­prio di inordinqtus amor div itiarum, inizio di ogni male e la superbia, cioe l'inordinatus appetitus proprie excellentie . E a questa livello, e non trasferendo i termini su un piano di maggiore generalita, che Tommaso propane una soluzione del problema, soluzione che ancora una volta in­dividua nell 'atto del peccato due aspetti : l'intenzione e l'esecuzione. Il fine che muove all 'atto peccaminoso e sempre la ricerca della propria ec­celienza, cioe la superbia, mentre per quanta riguarda l'esecuzione, il primato spetta ali 'avarizia, alia brama di quelie ricchezze che consento­no di realizzare ogni desiderio peccaminoso 20 .

Anche Durando di San Porziano condivide le critiche tomiste alia so­luzione comunemente accettata, fondata sulla definizione << larga ,, di su­perbia e cupiditas, rna si dichiara al tempo stesso insoddisfatto della so­luzione di Tommaso: non necessariamente tutti i peccati appaiono ri­conducibili alia superbia neli'intenzione che li muove; il desiderio dei piaceri turpi ad esempio difficilmente potrebbe essere vista come mani­festazione dell'inordinatus amor sui; ne d 'altra parte e sempre vera che il desiderio di ricchezze sia origine di ulteriori peccati , dal momenta che l'avaro tende piuttosto ad accumulare i beni che non a utilizzarli per

tentazioni , a !oro volta messe in rapporto coi tre nem ici dell'uom o; i ternari sono poi col­legati tra !or o grazie a! rapporto di concatenazione genera tiva che intercorre tra i vizi. Lo schema puo esser e cosi illustra te :

superbia

superbia vitae invidia (dia bolus)

ira

concupiscentia oculoru~ accidia (mundus)

avaritia

concupiscentia carnis~ gula (caro)

lussuria

Sui tem a della triplice concupiscenza cfr. D. R. H owARD, The Three Temptations. Medie­val Man in Search of the Wod d, Princeton 1966 . Sui tre nemici cfr . S . WENZEL, The Three Enemies of Man, «Mediaeval StudieS>>, 29, 1967, pp . 48-66.

20 Summa theol, I , II , q. 84 , a . 1-2; nel Commento aile Sentenze Tommaso sembrava in­vece accettare questa solu zione (Comm. in II Se11t., d. 42 , q . 2, a. 3, in S. THOMAE AoutNATIS Opera Omnia, t . VI, Parmae 1856, pp . 768-770). La distinzione tomista tra ordo intentionis e ordo executionis e ripresa da Pietro de Trabibus (Super II Sententiarum, d. 42 , Firen ze, Bib!. Naz ., m s. Conv. Soppr. B . 5. 1149, f. 178ra-b).

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scopi peccaminosi. Sulla base di queste osservazioni Durando finisce per contestare radicalmente il primato di superbia e avarizia e per rico­n c- <>cere agostinianamente la radice unica di tutti i peccati in una forma deviata di amore (inordinatus amor sui ) che sottende tanto la superbia quanto l'avarizia e quindi l'universalita dei peccati 21 .

Il vivace dibattito sulla gerarchia interna del settenario rimanda ad un altro ordine di problemi, che toccano il nodo centrale: la definizione e la natura stessa dei vizi capitali . Tutti i teologi escludono decisamente che la specificita dei vizi capitali sia da r icercarsi nella particolare rile­vanza o gravita delle colpe che costituiscono il settenario; i sette vizi non sono ne i vizi principali, ne i peccati piu gravi; tantomeno possono essere identificati tout court con la categoria dei peccati mortali, cioe dei pec­cati che conducono alla dannazione eterna, alla quale pure uno dei sensi di « capitak , potrebbe alludere; la scansione peccati mortali!peccati ve­niali interseca l'intero settenario e guarda all 'universo del peccato in un'ottica completamente estranea ad ogni logica di generazione. Perche, di fatto, questo rimane, a] di la dello svuotamento della metafora grego­riana, il punto fermo nella definizione dei sette vizi: capitali sono quei vizi che in qualche modo possono essere considera ti origine di altri vizi.

La discussione sembra cosi avvolgersi su se stessa e riproporre di continuo gli stessi problemi; perche se solo la « produzione >> di ulteriori vizi determina Ia qualifica di capitale, essa sembra spettare a rigore uni­camente a superbia e cupiditas, radici , come si e vis to , di tutti gli altri; se invece a tutti gli elementi del settenario viene riconosciuta una poten­za generativa , si arriva ad annullare la specificita delle radici o quanto meno a squilibrare fortemente il sistema. Il settenario finisce cosi peres­sere una compagine alquanto bizzarra all'interno della quale ogni vizio appare come il capo di un suo piu o meno vasto corteo di colpe, rna nella quale si incrociano anche rapporti trasversali di gerarchia o di mutua di­pendenza difficili da conciliare; se i sette vizi sono insomma i vizi capi­tali , appare evidente che fra essi ce ne sono due (o forse tre) piu capitali degli altri .

D'altro canto definire i vizi capitali come quelli ex quibus alia vitia oriuntur 22 apre un altro problema, quello della completezza e dell'esau­stivita del settenario: si tratta cioe di capire se i vizi che nascono dai sette costituiscano Ia totalita dell'universo della colpa, oppure se dalla compa-

21 D uRAN Dus DE S ANCTO P oRCIANO, In Petri Lombardi Sententias Commenrarioru m Libri IV ,

Ve n e tii s 157 1, r is t . a n as t . Ridgewood 1964 , II , d . 42 , q. 4 , ff. 201 v-202r. 22

Cfr. S . B o NAVENTURAE Comm. in II Se11t. c it ., d . 42 , dub. III, p . 977 ; THOMAE DE Ao uiNO Summa theol ., I , II , q. 84 , a. 3 .

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 341

gine dei sette rimangano esclusi vizi importanti e significativi. Pier Lom­bardo aveva dichiarato a chiare lettere che non esiste nessun peccato che non tragga origine da uno dei vizi 23 , e molti teologi hanno riproposto nella definizione di vizio capitale questa idea di onnicomprensivita 24

,

rna hanno dovuto comunque ricercare nella ~atura del settenario la le­gittimazione di tale pretesa. Al tempo stesso hanno dovuto faticare non poco per adattare e costringere in quello schema peccati che sembravano restarne esclusi e che tuttavia parevano troppo gravi ed importanti per non aver un posto di primo piano nell 'organizzazione complessiva del sistema 25

.

Il dibattito sulla << sufficienza >> del settenario ha dovuto cosi da una parte spiegare perche solo quei sette potevano rientrare nella definizione di vizio capitale, dall 'altra legittimare alcune assenze che agli occhi di molti costituivano un problema. Alessandro, Pietro di Tarantasia, Bona­ventura, Riccardo di Mediavilla, Tommaso concordano nel riconoscere nei sette vizi i fini principa li che muovono all 'a zione peccaminosa e uti­lizzano la metafora del caput per illustrare la funzione direttiva che essi hanno nei confronti di una molteplicita di altre colpe. Ma devono al tem­po stesso giustificare l'esclusione d al settenario di due colpe gravissime quali haeresis e in fidelitas che certamente costituiscono il caput e l'origi­ne di ulteriori peccati e potrebbero quindi legittimamente aspirare a! rango di vizio capitale. La necessita di tener ferma la scansione gregoria­na ha costretto i teologi a complicati escam otages logici: all'infidelitas e stato riconosciuto un ruolo causale rispetto ad altre colpe, rna puramente accidentale 26 , o del tutto indiretto , media to cioe da lla concupiscenza 27

;

per lo pit) si e tentato di ricondurre questi peccati ad uno dei tradizionali sette vizi 28 , o addirittura, assimilandoli all' errore , di sottrarli all ' ambito della volonta e alla definizione stessa di vizio 29

.

Per altri tuttavia queste assenze rimangono troppo gravi e insanabili al punto di compromettere la coerenza dell'intero settenario: Pietro di

23 P ETRJ LoMBARDI Sententiae c it., d . 42 , cap . 6, p . 570 . 24 ALEXANDRI DE H ALES Glossa c it ., d. 42 , 1 1 , p . 405 ; I D. , Summa theol. c it., III , p . 4 83. 25 Sui tenta tivi di dila tare il se tte n ario cfr. infi·a , pp. 37 1-374 . 26 I NNOCENTII V In Iibras Sent. c it. , II , d . 42 , q. 3 , a . 2 , ad 3; AEG IDI US R oMANUS, In II Sent.

c it. , d. 42 , q. 3 , ad 7 . 27 G UILLELMI ALTI SSIODORENSIS Summa aurea c it., II , I, pp . 38 6 - 388. 28 Per Alessandro di Hales l'infidelitas e r iconduc ibile a li a s uperbia (Glossa c it ., II , q.

42 , 11 , p . 405 ); To mmaso individua Ia m atrice d e ll 'eresia n e ll 'accidia (De malo c it. , q. 8, a. 1, 7, pp . 19 5- 196).

29 S . B oNAVENTURAE Comm . in II Sent . ci t. , d . 4 2 , dub . III. p. 977 ; AL BERTI M AG NI Comm. in II Sent. c it ., d . 42 , a. 6 , p. 66 3 .

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342 CARLA CASAGRANDE- SILVANA VECCHIO

Giovanni Olivi individua proprio nella mancanza di haeresis e infidelitas il punta debole della schema gregoriano e finisce per definire i vizi capi­tali unicamente come i comandanti di un esercito del male dai ruoli in­terscambiabili , r iuniti nella compagine del sette pili per ragioni di con­gruenza che di in ~rinseca necessita 30

.

Duns Scoto si spinge ancora oltre : i sette vizi non sono ne le radici prime del male , ne i peccati principali, rna semplicemente gli elementi aggreganti e le « occasioni » pili diffuse all 'interno di un universe di colpe che non coincide con i contorni della schema gregoriano. Sgombrato il campo da ogni discussione sui termini radix e caput e sulla struttura in­terna del settenario, Scoto finisce p er denunciarne apertamente l'insuf­ficienza: la pretesa di rappresentare e comprendere la totalita del male puo essere avanzata solo da un sistema che riproduca in negative la struttura stessd del bene, cioe il settenario delle virtu, oppure che si mo­delli specularmente sulle norme della Iegge divina; le clamorose assenze di infidelitas e desperatio rendono il settenario carente rispetto al prima modello, mentre la sfasatura tra i sette vizi e i dieci precetti del decalogo impedisce di ravvisarvi il secondo 31

.

La drastica conclusione scotista segna una svolta decisiva nella ri­flessione sul settenario. Ai seguaci del dottor sottile appare ormai del tutto inadeguata la concezione dei sette vizi come radici di tutti i pecca­ti , ed il settenario puo essere letto soltanto come il catalogo dei peccati pili diffusi nei comportamenti umani 32

. Questa concezione « empirista »

del settenario sembra ormai l'unica possibile, rna denuncia anche aper­tamente l'esaurirsi di un dibattito . Per circa un secolo i teologi si sono impegnati in un'operazione quasi impossibile: trovare una collocazione

30 PETRUS IoANNIS Ouvi, Quaest. in II Sent . cit. , q . 98 , p . 223. 31 IoANNIS DuNs ScoTI Quaestiones in librum II Sen ten tiarum , d . 42 , q. 5, in Io., Opera

Omnia, Parisiis 1893, rist . anast . Farnborough 1969 , t. XIII , p . 478; cfr. anche d . 3, q . 7,

ibidem, t. XII , p . 364 . 32 PETRI AuREOLI Commentarium in I V Iibras Sententiarum, Roma 1596-1 605, II , d . 42 , a .

4, t. II , p . 321: «Divisio peccatorum mortalium in septem duces est congrue assigna ta et divisio ilia potest accipi secundum ilia quae frequentius apparent in nobis in conversatio­ne humana »; LANDULPH US CARACCIOLUS, Comme11tarium in II Sententiarum, d . 42 , Firenze, Bibl. Naz. , ms. Conv. Soppr. A. 3 . 64 1, f. 247ra: « Quarta conclusio quod divisio ista septem capitalium vitiorum non videtur distinctio penes gravitatem et deformita tem maximam peccatorum sed tantum penes communem usum qu o homines peccant quia plus et usi ta­tius in istis delinquitur». II Caracciolo riprende anche esplici tamente il tem a scotista della sfasatura tra settenario e decalogo: «Hoc probatur quia omnia ista septem vitia capitalia directe videntur ordinari contra precepta secunde tabule, nullum saltern non di recte con­tra m aiora precepta prime tabule sicut est dilectio dei uncle periurium est maius peccatum quam aliquod is torum . Melior ergo divisio esset per oppositionem ad decem precepta de­calogi , licet is tis septem homines usita tius peccent >> (ibid. ).

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 343

coerente ed una definizione rigorosa per uno schema che, nato e cre­sciuto al di fuori del terreno teologico, poneva pili problemi di quanti ne risolvesse. L'autorevolezza del testa gregoriano ed il grande successo pa­storale del sistema dei sette vizi capitali ne hanna in qualche modo im­pasto l'accettaz1one anche sui piano teologico, sul quale tuttavia esso ha creato difficolta quasi insormontabili . Su questa terreno il settenario e stato discusso, analizzato , sviscerato; rna raramente e stato utilizzato come strumento per classificare i peccati 33 ; la discussione sulla suffi­cientia si e per lo pili ridotta ad una sorta di tributo pagato alia tradizio­ne senza conseguenze sugli sviluppi della riflessione morale . La posizio­ne scotista non e che !'ultimo atto della lunga avventura teologica del settenario. D'ora in avanti la distinzione 42 del II libra dei commenti alle Sentenze sara commentata sempre meno e, quando lo sara, vedra una ri­petizione passiva di commenti dei teologi del passato ormai divenuti di scuola. Di fatto la discussione sui peccato e sulla sua classificazione e destinata a percorrere altre strade 34

.

Il sis tema delle virtu

La contestazione del settenario gregoriano da parte di Duns Scoto propane, come si e vista, due modelli alternativi per la classifica zione dei peccati: il sistema delle virtu e il decalogo della Iegge mosaica. Non si tratta di modelli astratti ; nell 'intenso dibattito chela prescolastica e la scolastica hanna svolto sui temi della teologia morale entrambe le solu­zioni sono state di fatto sperimentate ed utilizzate proprio nel sensa in­dicate da Scoto.

Che la scansione dei peccati dovesse trovare un suo naturale pendant nella classificazione delle virtu e stato evidente fin da lle prime riflessio­ni sulla morale cristiana 35 ; di fatto pero i due sistemi, nati in contesti

33 Tre importanti opere teologiche utilizzano la rgamente il settenario co me contenito­re di peccati : Ia Summa de vitiis di Gi ovanni della Rochelle , Ia Summa theologica a ttribuita ad Alessandro di Hales, Ia Summa theologiae di Alberto Magno (in Opera Omnia cit ., t.

XXXIII, qq. 115-122, pp. 345-404). Per tutti e tre i teologi tu ttavia il settenario rappresenta soltanto uno dei possib ili schemi per classificare i peccati.

34 Sui crescente disinteresse della scolasti ca nei con fro nti del settenar io areuoriano cfr. WENZEL, The Seve11 Deadly Sins cit ., pp . 13-14; L. CovA, 'Super septem vitia ' e "'-De<> propor~ twnzbus '. Due opuscoli inediti di Ludovico da Pirano (XV secolo) , in Atti del Centro di Ricer­che Storiche di Rovigno, 17, 1986-87, pp . 91-95 .

35 II combattimento delle virtu contra i vizi costitui sce Ia st ruttura portante della Psi­comachia di Prudenzio (ed . M. LAVARENNE, Paris 1948), punto di riferimento essen zia le per Ia tradizione, soprattut to figurat iva, delle ba ttaglie tra vizi e virtu . Cfr. J. HouLET, Le com­bat des vertus et des vices, Paris 1969; J. S. NoRMAN, Metamorphoses of an Allegory. The leo-

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culturali ed in momenti storici molto diversi, hanno seguito nel corso dei secoli vie spesso distanti l'una dall 'altra_ E anche quando , tra XII e XIII secolo ;: i sette vizi si contrappongono sette virtu (le quattro virtu cardinali e le tre teologali), e la corrispondenza tra settenari si presenta come l'impianto classico del discorso morale, si tratta di una corrispon­denza puramente estrinseca, che si limita a contrapporre due serie nu­mericamente equivalenti senza stabilire ulteriori rapporti all'interno delle rispettive compagini 36 .

Il settenario dei vizi non e speculare al settenario delle virtu; essi pos­sono essere giustapposti, rna non contrapposti, e anche la radicale oppo­sizione delle due radici , superbia e umilta, che sorregge l'intero impian­to appare piu un espediente retorico che una soluzione coerente con i due sistemi 37 . Di fatto e impossibile vedere nei vizi che costituiscono il settenario gregoriano il rovesciamento puntuale delle sette virtu .

Dei due sistemi quello dei vizi si presenta con le credenziali di una

nographv of Psychomachia in Medieval Art , New York- Bern - Frankfurt am Main -Paris 1988. Tra i testi pili signi ficativi AMBRosn AuTPERTJ Libel/us de conflictu virtutum atque vi­tiorum, ed . R. WEBER, Turnholti 1979, CCM 2 7 B, pp. 907-931. La metafora guerresca si tro­va anche in un passo della pseudo-agostiniano De spiriLU et anima (PL 40 , col. 794: «anima habet virtutes qui bus instruitur et armatur contra viti a>>), pass a che costi tuira il riferimen­to obbligato per l'analisi scolastica delle virtu ; cfr. 0 . LaTTIN, Les vertus cardinales et leur ramifications chez les theologiens de 1230 a 1250, in Io., Psychologie et morale aux Xlle et Xllle siecles, Louvain-Gembloux 1949, II,2 , pp. 153-194.

36 L'origine delle corrispondenze settenarie e AucusTJNUS, De sennone Domi11i in monte, ed . A. M uTZENBECHER, CCL 35, Turnholti 1967. Fondamentale per Ia ripresa del tema nel XII secolo e il De quh1que septenis di Ugo di San Vittore (Six opuscules spirituels, ed . R. BARON, Sources Chretiennes 155 , Paris 1969, pp. 41-59), che m ette in relazione vizi, petizioni del Pater Noster, do ni della Spirito Santo, virtu e beatitudini. Le sette virtu cui qui si fa riferi­mento non sono tuttavia le quattro cardinali e le tre teologali destinate ad assestarsi nel settenario canonico, rna humilitas, mansuetudo, compunctio, esuries iustitiae, misericor­dia, cordis mw1ditia, pax. Lo stesso Ugo invece, quando nel De sacramentis affronta il rap­porto dei vizi con le virtu tradiziona li , si limita a stabilire una generica corrispondenza tra i due set tenari, ricorrendo a lia metafora medica malattia-rimedio (PL 176 , coil. 526-527). Un tentative di contrapposizione pili puntuale tra vizi capita li e virtu cardinali e rintrac­ciabile nella Ysagoge in theologiam cit ., pp. 104-106. Nella definitiva sistemazione della materia morale delle Sententiae di Pier Lombardo il problema dei vizi e delle virtu e affron­tato separatamente, senza preoccupazioni di corrispondenza (Sententiae cit. , II, d. 42, cap. 6-8 , pp . 570-572; III , dd. 23-33, pp. 141 -189). Di fa tto opuscoli e tratta ti sui vizi e sulle virtu affrontano raramente , a! di Ia della corrispondenza numerica, il problema dei rapporti in­terni fra settenari ; si veda, fra gli altri, 0 . LaTTIN, Le traite d'Alain de Lille sw·les vertus, les vices et les dons du saint Esprit , in Id ., Psychologie et m01·ale ci t. , VI, pp. 45- 92. Sulla costi ­tuzione del sistema delle virtu e sulla sua s truttura interna, cfr. A. MICHEL, Vertu , in Diet. Theol. Cath. , XV,2, coil. 2739-2799, e 0 . LaTTIN, Les premieres definitions et classifications des v~rtus au Moyen Age , in Io. , Psychologie et morale cit ., III , 2, pp. 99-50.

31 De fructibus camis et spi1·itus, PL 176, coil. 997-999; H UGON JS DE SANCTO VJCTORE De sa­cramentis cit ., coli . 525-527. Cfr. i11fra, p. 374 .

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tradizione piu compatta ed autorevole, rna il sistema delle virtu e certa­mente quello teoricamente piu forte. Solidale con una psicologia ed una teologia che consentono di agganciare il discorso morale alle potenze dell 'anima da una parte e ai doni dello Spirito Santo dall'altra, il sette­nario delle virtu puo effettivamente fornire ai teologi il punto di parten­za per costruire una classificazione del peccato meno fragile e proble­matica. Si tratta di modellare il sistema dei vizi in maniera effettivamen­te speculare rispetto alle virtu, rna ridisegnare in questo modo la mappa del peccato vuol dire mettere visibilmente in crisi il settenario gregoria­no, o almeno ridimensionarne duramente le pretese di esaustivita.

A questa operazione allude evidentemente la polemica di Scoto, rna di questa operazione si possono trovare vistosi esempi gia in importanti opere morali della prima meta del '200.

La Summa de virtutibus et viti is (c . 1227) del vescovo parigino Gugliel­mo d 'Alvernia non dedica molto spazio alla classificazione dei vizi, rna afferma a chiare lettere quello che ne e il principia ispiratore, e cioe la corrispondenza con il sistema delle virtu. I vizi si collocano cosl in uno schema particolarmente complesso che prevede un triplice ordine di vir­tu relative alle tre potenze dell 'anima (razionale, concupiscibile, irasci­bile) e si definiscono aristotelicamente come deviazioni per eccesso o per difetto rispetto al giusto mezzo della virtu. In tal modo non solo Gugliel­mo arriva a catalogare un numero molto alto di vizi (61 per la precisione), rna svolge una polemica diretta contro le classificazioni tradizionali -tanto il settenario gregoriano, quanto lo schema dei « tre vizi principali >>

-delle quali dichiara apertamente l'inconsistenza e l'inutilita 38 .

La moltiplicazione del numero dei vizi e l'utilizzazione del principia aristotelico del giusto mezzo si ritrovano in alcuni trattati morali fonda­tamente attribuibili a Roberto Grossatesta e databili prima del 1246. Il trattato sulla confessione Deus est ed il compendia morale Templum Dei,

38 GuJLLELMUS PARISJENS JS, De vitiis et peccatis, in Io., Opera Omnia, Parisi is 1674, t. I , p.

283: «Quare apparet divisionem eorum imperfectam esse; diviserunt enim omnia vitia in septem ut eis visum est; nos autem iam ostendimus in prima pane tractatus istius septem esse vi tia notissima virtuti s nostrae rat ionalis, sive secundum ipsam, octo concupiscibilis, quadraginta et sex irascibilis, sive secundum ipsam, et posuimus nomin a ti o nes eOJ-um et rationes nominationum; diximus etiam quia quadraginta ista et sex sunt secundum super­fluitatem et indigentiam, et mediae virtutes inter ea 23 et quia ista nota sunt tam nomini­bus quam operibus apud nos intelligentes, noli decipere animam tua m , et ne labores in di­vis ionibus, quae parum utiles sunt » ... «Similiter et in divisionibus, quae leguntur apud Apostolum, vel potius enumerationibus, vel in evangelio ne laboraveris, tamquam omnia vitia ibi enumerentur, ve l ad enumerata redigantu r; neutrum enim horum necesse est; ma­gis exempla sunt , quae ibi ponuntur, quam enunciatio universalis ».

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ancorche mossi da ~ini squisitamente pastorali, presentano un impianto teorico particolarmente solido ed articolato nel quale le virtu svolgono il ruolo fondamentale 39 . A partire dalle sette virtu, tre teologali e quattro cardinali , rimedio rispettivamente contro la corruzione dell'anima e del corpo , si definiscono sette coppie o gruppi di vizi che non coincidono af­fatto con il settenario tradizionale . I sette vizi capitali , tuttavia, si ricom­pattano, all'interno del sistema grossatestiano , nella contrapposizione ad una sola delle virtu, la carita nelle sue sette manifestazioni ; rna tanto nel Templum Dei quanto nel Deus est i sette vizi rappresentano rispetto alle sette virtu figlie della carita solo una meta delle possibili colpe che possono consistere sia nell'eccesso sia nel difetto rispetto al giusto mez­zo rapnresentato dalle virtu. In entrambi i trattati i vizi capitali vedono cosl. d;asticamente ridimensionata la loro pretesa di contenere le radici di tutti i peccati e possono legittimare l'attributo « capitale , solo in rela-

zione alla virtu principale , la carita 40

.

D'altro canto il ruolo centrale delle virtu all'interno del discorso mo-rale si manifesta non solo nella possibilita di definire a partire da esse una gamma sempre piu vasta e articolata di vizi , rna anche nel raccordo delle singole virtu con altri importanti elementi della dottrina e della morale cristiana. Nei trattati di Grossatesta fede e Carita si contendono il ruolo di protagonisti del panorama morale: la fede, fondamento delle virtu , consente di sviluppare non solo un ampio discorso sul vizio che le si contrappone direttamente, quella infidelitas che vede cosl. riconosciu-

39 S . WENZEL, Robert Grosseteste Treatise on Confession 'Deus est', «Fra nciscan Studies>> 30 , 1970 , pp. 21 8-293; Robert Grosseteste, Templum Dei, ed . J. GoERING - F . A. C. MANTELLO,

Toronto 1984. 40 WENZEL, Robert Grosseteste cit., p . 264: «H aec sunt septem capita bestiae [Apoc. 13,

1] id est vitia capitalia. Et non dicuntur capitalia quia sunt radices vitiorum, sed quia ca­pi~alem virtutem , scilicet caritatem , impugnant >> . II com plesso sistema dei vizi e delle virtu elabora to da Grossates ta pub essere illustrate dallo schem a seguente:

FIDES SPES

CARITAS

IUSTITIA FORTITUDO PRUDENTIA

TEMPERANTIA

Humilitas E xultatio Patientia Lar gitas Occupa tio Abstinentia Continentia

~odestia

erecundia udicitia

Infideli tas Desperatio/Praesumptio Superbia/Hypocrisis Invidia/Pusillanimitas Ira/Negligentia A var i tia/Prodigali ta s Accidia/Curiosi tas Gula/Evacua tio Luxuria/lnsensibilitas Iniustitia Timor/Audacia StultitiaNer sutia Immodestia Inver ecundia lmpudicitia

LA CLASSIFICAZIO NE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 347

toil suo primato nella sfera del peccato , rna anche l'analisi dei dodici ar­ticoli della fede , dei sette sacramenti , delle sette opere di misericordia spirituale e corporale, nonche delle colpe che ad essi ineriscono 4 1

; d'al­tro canto la carita , compimento delle virtu , diventa, come si e visto, il punto di.raccordo col sistema dei sette vizi capitali, rna , nel suo doppio aspetto di amore di Dio e del prossimo, si presta agevolmente anche a con tenere le due tavole del decalogo 42

.

Questa funzione di enorme contenitore del discorso sulle virtu cele­bra il suo trionfo nella summa morale per eccellenza del XIII secolo la seconda parte della Summa Theologiae di San Tommaso. Il procedim~n­to piu compendioso e piu rapido per chi vuole affrontare l'analisi detta ­gliata della materia morale , dichiara Tommaso, consiste nell 'analizzare nel medesimo trattato in primo luogo la virtu ed il dono corrispondente e poi i vizi contrapposti ed i precetti tanto negativi quanto affermativi 43 .

Le sette virtu corrispondono dunque puntualmente ai sette doni dello Spirito Santo e si articolano in una serie di virtu secondar ie , cui si con­trappone una serie di vizi aristotelicamente intesi come deviazione per eccesso o per difetto dal giusto mezzo . Quello che caratterizza, all 'inter­no del sistema tomista, la classificazione dei peccati e la polverizzazione del set~enario dei vizi capitali . Anche se Tommaso ha piu volte teorizza­to la sufficientia dello schema gregoriano e l'ha di fatto utilizzato nel­l'impianto del De malo, quando costruisce il suo sistema morale, non ali attribuisce nessuna funzione: non solo il settenario non struttura la cl:s­sificazione dei peccati , rna non esiste nel sistema delle virtu un punto di aggregazione per i sette vizi capitali . I singoli vizi si disperdono nella contrapposizione all'una o all'altra delle virtu principali o delle loro fi­liazioni, e possono perfino presentarsi piu di una volta in relazione a di­verse virtu; antiche gerarchie o solida rieta tradizionali vengono spezza­te , mentre colpe assenti dal sistema gregoriano, quali l'in fidelitas , occu­pano posizioni di primaria importanza .

La medesima dispersione sembra essere il destino dei precetti del de­calogo, dal momento che nel sistema tomista molti di essi sono posti in relazione con una virtu specifica: il primo con la fede, il quarto con la

:~WENZEL , Robert Grosseteste cit ., pp. 250-260 .

43 GROSSETESTE, Temp/wn Dei cit. , pp. 34-3 6.

. THOMAE DE AQUINO S umma theol. , II , II , Prol. Per l'organi zzazione del sistem a m orale d1 ~ommaso e per Ia circolazione della II , II , cfr. S . P tNCKAERS, Les sources de Ia morale chretzem_1e (Sa methode, so11 contenu, son histoire), Fribourg 1985, trad . it. Mila no 1992, pp . ~~~~~71 , L. BoYLE, The Settmg of the 'S umma theologiae' of Saint Thomas, Toron to 1982 , pp .

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348 CARLA CASAGRANDE - SILVANA VECCHIO

speranza, quinto , sest.:> e nono con la temperanza. Ma d 'altro ca~_to , ri­corda Tommaso, tutte le virtu comprendono in qua_lche _ ~odo l m~ero d l . la fede che fondando il primo precetto h legittlma tutti , la

eca ogo. • . . · d · -speranza che li sottintende, la carita che SI articola nei ue pre_cetti ev~n gelici compendia dell'intero decalogo , la ?r~~e~za che presiede a cia~ scuno di essi , la forza che rinvia ai precetti divmi anche se non n~cessa riamente alle tavole mosaiche. Esiste tuttavia un luogo.~el qu~le Il dec~­logo trova una sua piu specifica collocazione; i prec~tti ~nfa~ti, nell~ mi-

. ui· I·mpongono l'obblicro di rendere agli altn (D10 e Il prossimo) sura m c "' . · · 1 · t '

·0, che e' loro dovuto si riferiscono evidentemente alla gmstizia, a vir u

ci ' l. l . L'. d lo che concerne obblighi e divieti nei confronti deg I a tn. mtero eca_ -go si disloca cosl nel vasto panorama di virtu che co~pre_n~on~ la gm­stizia: la prima tavola con i precetti che riguarda~o DI~ si _nfer_Isce alla religio, il quarto precetto , che impone di onorare I gemton ,_ att~e~e alla pietas' i restanti sei precetti si collocano variamente nella gmstizia pro-

priamente detta 44

. . . d ll Le singolari modalita con cui il decalogo SI rappo~ta ,al Sist~~a e e

virtu, ora concentrandosi nel riferimento ad ~na virtu . specihca,_ or~ stemperandosi in un generico rinvio a tutte e a ciascuna di ess~, testimo nia un'indubbia attenzione al tema della le~g_e nel~a costruzwne .d~lla

l rna m ostra anche i limiti della sua utihzzazwne nella classihc~-mora e , · d . · · · zione dei peccati . La legge mosaica comprende una sene I pn~Cipi P:I~ mi che debbono essere noti a tutti piu che una rassegna dettagl~ata ~~"'h obblighi cui il cristiano deve attenersi e delle col~e che ~eve ~~I tare ·. Il decalogo non puo in alcun modo essere il con~e~Itore_ di tutti~ ~ec~ati ~ di fatto nella Summa i peccati che infrangono I smgoh precetti SI disper dono nell'arco dell'intero sistema morale 46_

I I II II 122 La posizione tomista e r ipresa dallo 44 THOMAE DE AQUI NO Summa t 1eo ·• ' ' q . · . d 79 Jl 41 5-.b · v · o di Beauvais (Dou a1 1624 , Ill, I , . ., co ·

Speculum morale a ttn Ul tO a m cenz . . I 533- 535; DI0-41 8) Cfr anche PETRI AuREOLI Commentarza Cit ., Ill , d . 37, q . 1, a . l , t. I ' pp . - . 1903 d NISIU~ CA~THUSIA us, [J1 librum III Sentent iarum, in Id ., Opera Omma, t. 23, T01 nac1 • ·

37, ~ 1, pp . 604-605.. S I I II II q 140 a . 1 ad 3. Sull 'interesse tutto sommato o THO MAE DE AQUINO umma t 1eo ., , , · • · . M z- d

l·mita to d i Tom maso nei con fro nti del decalogo, cfr. P. LuMBRERAS, Theologza ora zs a l . 265-299 Decalouum «Ancreh cum >> , 20 , 1943, PP· · d · ,

46 : Sec~ndu~ diversa precepta n on diversificantur peccat~ sec_un urn spec1 e~

h I I II 72 a 6 ad 2). Si noti tuttavia come nell amb1to della past01 ale (Summa t eo ., , • q . • · ' . d . t" · fr J p ToRRELL Tommaso finisca per utilizzare il decalogo come contemtore l pecca di, c S. . . . s Phl·lo:

· ' d s · Tl d'Aqum «Revue es c1ence Les 'Collationes ~e decem prec6e9pt1zs985e a z ~ :40 1~;-z;_~6 3 . Per ~li sviluppi della predicazione soph1ques et Theolog1ques,, .' ' PP· • " domenicana sul decalogo, cfr. mfm, pp . 384-385.

LA CLASSIFICAZIO NE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 349

Il decalogo e i peccati

L'integrazione del decalogo nel sistema della morale cristiana e, al­l'altezza del XIII secolo, un fatto : il discorso sulle virtu consente, come si e visto , dive;se modalita di raccordo coni singoli precetti e costituisce una delle vie per assimilare la << riscoperta » legge mosaica nel corpus or­mai consolidate della dottrina cristiana. Le corrispondenze ed i legami che i teologi stabiliscono tra i diversi schemi morali consentono di stem­perare in un discorso che si muove nel solco della tradizione gli eventua­li elementi di novita o di rottura che le mode teologiche portano con se e di annullare nella sistematicita del metodo scolastico le diverse vicen­de culturali che ogni sistema sottintende.

L'esempio forsepiu evidente del tentativo di integrare il decalogo nel sistema morale tradizionale si puo trovare nella Summa aw'ea di Gu­glielmo di Auxerre. L'analisi dei singoli precetti , infatti , mette in eviden­za una serie di corrispondenze che da una parte legano i comandamenti alle quattro virtu cardinali e ai sette doni dello Spirito santo, dall'altra consentono di esplicitare in essi la proibizione dei sette vizi capitali : la superbia e l'invidia sono escluse dal primo precetto, l'accidia da l terzo , la gola, assimilabile alla lussuria, e vietata dal sesto, mentre del tutto evidenti sono le corrispondenze dell'avarizia col settimo e dell'ira col quinto 47 . Anche per Bonaventura il decalogo << contiene » l'intero sette­nario: all 'interdizione esplicita di lussuria e avarizia si affiancano infatti le proibizioni implicite dei restanti vizi , secondo una formula legger­mente diversa da quella di Guglielmo, rna destinata ad una notevole for­tuna, soprattutto nella pastorale francescana 48 .

Colmare la sfasa tura fra i divieti del decalogo ed i vizi del settenario costituisce dunque uno dei modi per integrare la legge mosaica nella mo­rale tradizionale ed apre la possibilita di utilizzare le due tavole come strumento di classificazione del peccato. L'operazione apparentemente neutra delle corrispondenze tende in realta ad annullare la profonda dif-

47 GuiLL ALTISS. Summa aurea cit ., Ill , 2, pp . 846-847. Pe1· un 'analisi dettag lia ta dell a riflessione di Guglielmo sui decalogo , cfr . L. J. SMITH , Academic commentaries on the ten commandements (c. 1150 - c. 12 70), D. Phil. Thesis, Trinity Term 1983, pp . 90-123.

48 S. BoNAVENTURAE Comm. in III Sent., in ID. Opera Omnia cit. , Ill , d. 37 , q . 1, p . 824 . Lo schema delle corrisponden ze e il seguente:

Superbia - I e IX precetto Invidia/Ira - V precetto Accidia - III precetto Lussuria/Gola - VI e IX precetto Avarizia - VII precetto Per Ia ripresa di queste corrispondenze in a mbi to pas torale cfr. infra, pp. 389-390.

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350 CARLA CASAGRANDE- SILVANA VECCHIO

ferenza che separa i due sistemi , ben al di la della sfasatura numerica. Di fatto , quale che sia la logica che sorregge i due sistemi e la tradizione che essi hanna aile spalle, essi appaiono in questa operazione perfettamente omologati: il settenario ha perso , lo si e vista nelle pagine precedenti, ogni riferimento ad un modello generativo (albero o famiglia) per diven­tare uno schema astratto con un vago riferimento gerarchico facilmente assimilabile alia struttura decisamente gerarchizzata del decal ago

49. II

decalogo, dal canto suo, tenta di spogliarsi del carattere fortemente lega­listico e veterotestamentario che accompagna la sua storia per proporsi come paradigma morale atemporale e assoluto . Sorretti entrambi da un criteria di intrinseca razionalita, la sufficientia , che ne delimita l'ampiez­za e ne lecrittima le articolazioni 50 , settenario e decalogo esprimono in

b

formule quasi identiche la stessa istanza: definire attraverso l'analisi dei corr.portamenti umani e delle motivazioni che li muovono una tassono­mia delle colpe: Una volta riconosciuta la sua specularita rispetto al si­stema dei vizi , il decalogo pua, come e meglio del settenario, assumersi il compito di classificare i peccati, conferendo a tale classificazione l'or­dinata struttura gerarchica e l'indiscutibile autorevolezza delle tavole mosaiche e colmando le lacune che lo schema gregoriano presentava.

Ma, allimite,l'operazione delle corrispondenze none neppure stret­tamente necessaria. Giovanni della Rochelle , ad esempio, non si nascon­de le difficolta che incontra chi vuole stabilire puntuali relazioni tra i dieci comandamenti e i sette vizi da una parte e le sette virtu dall'altra.

49 Il tentativo di assimila re il decalogo al settenario si spinge fino ad applicare Ia m e­tafora dell 'alber o a nche al sis tem a dei precetti ; cfr . R. GROSSETESTE, De decem mandatis, ed . R . C. DALES - E . B . K.l NG, Oxford 1987 , pp. 2-4.

50 Immancabilmente discu ssa da tutti i teologi, Ia sufficientia del decalogo puo essere

illustra ta dallo schem a seguente:

[]

deli tas Ad Deum everen tia

mula tus

debitum reddere

opere Ad proximum

non ore nocere

corde

I. Non habebis deos a lienos II . Non assumes nom en Dei in vanum III. Mem ento ut diem sabba ti sancti fices

IV . Honora patrem tuum et matrem tuam

~propria persona pe_rsona coniuncta re1 possesswnes

V. Non occides VI. Non m oechaberis VII. Non furtum fac ies

lvln: Nonloqueris contra p roximum tuum fa lsum ~t1momum

rue Non concupisces rem proximi tui

~on desiderabis uxorem proximi tui

Per Ia sufficientia del setten ario c fr. supra, p . 33 6 n. 14 .

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 351

Questa operazione, quasi automatica per alcuni dei precetti, e destinata comunque a rimanere incompleta e pretestuosa proprio per la natura di­versa delle tre classificazioni. La struttura unitaria della morale e garan­tita non gi& dalla corrispondenza numerica di virtu , vizi , precetti, rna proprio dalla distinzione e dal raccordo degli specifici ambiti cui ciascu­na classificazione si riferisce 51. Quell a che e comunque garantito e il ca­rattere onnicomprensivo del decalogo: i dieci precetti prescrivono tutto cia che deve essere fatto e vietano tutto cia che non deve essere fatto·, de­limitano cioe i confini del bene e del male morale 52 . Di fatto queste con­siderazioni che concludono il De decem preceptis di Giovanni della Ro­chelle, gli consentono di articolare l'analisi di ogni singolo precetto in un catalogo delle colpe che esso esplicitamente o implicitamente compren­de, inaugurando una tradizione di trattati sui decalogo che sembra avere un successo particolare proprio in ambito francescano 53 .

Le riflessioni rupelliane sui tema del decalogo non si limitano al De decem preceptis ; il maestro francescano ha dedicato al problema della Iegge mosaica una serie di questioni disputate, in larga parte confluite nella Summa Halens is 54

, alia cui composizione egli ha attivamente par-

51 J OANNES DE RuPELLA, De preceptis et consiliis , Oxford , Bod!. , ms. Bod!. 2, f. 70ra: «Non es t ergo querere precepta virtutibus respo nde nti a nee pro hibi tiones respo ndentes viciis, na m secundum aliud et a liud multiplicai·entur vi rtutes et vicia et precepta . Nam numem s vir tutum sumi tur secundum numerum po tenciarum vel vir ium a nim e quas perficiunt et habilita nt ad m otum in Deum , ut dicitur suo loco. Numem s vero capita lium viciorum su­mitur secundum actus primos vir tu tum a ni meet inordinacio ne m a m oris in ipsis. Numerus vero preceptorum secundum actus consequentes scili cet compositi, hoc est hominis p rout distinguimus actum cordis ori s et o peris, prout secundum ipsos es t m ereri , hoc est prout secundum ipsos es t ordina ri ex carita te ad Deum et ad proxim u m •• . Il tra tta to d i Giovanni della Rochelle e stato in buona parte inserito n ella Summa Halensis col titolo di B1·evis ex­planatio praeceptorum ad instructionem simplicium (ALEXAN DRI Summa cit. , t. IV, pp. 587-5982; per il passo cita to si veda la p. 598 . Cfr . DouCET, Prolegomena , ibid ., pp. CCXII I- ccx1v.

'2 IoHANNES DE RuPELLA, De preceptis, ms. cit. , f. 77va: « Sc iendum ergo quod o mne fa­

ciendum quia de natura sua bonum in genere precipitur in decalogo, omne non fac iendum quia de natura sua m a lum, hoc es t secundum ra tio nem genera lem qua est ordina ri ex ca­rita~~· prohibetu r>•; cfr. ALEXANDRI Summa cit ., p . 597.

,, L'analisi dei si ngoli precetti e contenuta nei ff. 68va-77r b; cfr. ALEXANDRJ Summa cit. , pp . 589-597. Fra i tratta ti francescani sul decalogo basti ricorda re il Legiloquium de decem preceptis di Giovanni del Ga lles (Cfr. BLOOMFIELD, Incipils c it. , n . 5345 , p . 460), il De decem p1•eceptis a ttribui to a Pietro Au reolo (cfr. BLOOMFIELD, !ncipits cit ., n . 3266, p. 282), e il De decem preceptis di Francesco di Meyro nne (ed. Paris 151 9, c fr . BLOOMFIELD, Incipits c it ., n . 4532 , p . 383)

54 Le Questiones d isputate de legibus et preceptis, de lege naturale, de lege mosaica di Giovanni dell a Rochelle sono contenute in due m ss. (Assisi, Bib!. Co m ., ms. 138, ff. 213-232 ; Bib!. Vat., m s. Vat. La t. 78 2, ff. 129ra-1 33rb). Per l'analisi delle questi oni rupellia ne e peri !oro rappo rt i con la S umma Halensis cfr. F . H ENOUINET, Ist der Traktat 'De legibus

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352 CARLA CASAGRAN DE- SILVANA VECCHIO

tecipato 55 . L'ampio spazio chela Summa dedica alla morale, infatti , ap­pare scandito da due grosse partizioni, il discorso sul peccato e quello sulla legge 56 . L'analisi delle virtu, mai completata dall'equipe francesca­na che ha collaborate all'opera, appare comunque in una certa misura secondaria rispetto alla struttura morale presente nella Summa 57

. Il pec­cato con le sue molteplici classificazioni e la legge nella sua complessa ed articolata struttura sembrano infatti esaurire la totalita del discorso morale , proponendosi come i due grandi modelli, in negativo ed in posi­tivo, ai quali il cristiano deve ispirare il proprio comportamento.

L'analisi del peccato e nella Summa Halensis particolarmente ricca; una pluralita di definizioni che mettono a fuoco ora la materia, ora la forma , ora la causa delle colpe, consentono di impostare altrettante clas­sificazior.i: il peccato, sottoposto ad una serie di sguardi diversi appare cosi identificabile a partire dalla gravita (veniale/mortale), dal suo rap­porto con l'azione (delictum/comm issum), dallo strumento con cui viene perpetrato (pensieri/parole/opere), dalle potenze dell'anima che lo muo­vono (7 vizi capitali) , dalle matrici che lo generano (ex infirmitate, igno­rantia, industria), dalle passioni che lo alimentano (amore/timore), dalle forme che in esso assume la concupiscenza (concupiscentia carnis, con­cupiscentia oculorum , superbia v itae), dalla persona verso la quale e di­retto (Dio, il prossimo, se stessi) 58 . Sottoposto ad una sorta di dissezione anatomica, il peccato sembra quasi perdere la sua consistenza unitaria e si presenta come un concetto, imbrigliato in una serie di relazioni che ne definiscono la natura . Quello che emerge da una tale vertigine classi­ficatoria e da una parte l'esigenza di cogliere la totalita dell 'oggetto pec­cato , dall 'altra l'impossibilita di fare riferimento ad una sola delle classi­ficazioni o comunque di stabilire fra esse una sorta di gerarchia di valo­re. Non prive di corrispondenze, rna mai perfettamente sovrapponibili , tutte e ciascuna sono ugualmente importanti, perche ciascuna costitui­sce uno specifico punto di vista sul peccato che evidenzia aspetti non percepibili attraverso le altre.

et preceptis' in der 'Summa' Alexa11ders vo11 Hales vo11 Joannes von Rupella?, « Fran ziska ni­sche Studien ••, 26 , 1939, pp . 1-22 , 234-258.

55 DoucET, Prolegome11a cit. , pp . Lxxvm-Lxxrx; cfr. I. BRADY, Jean de Ia Rochelle, in Diet. Spir., VIII , coli. 599-602.

56 PI NCKAERS, Les sou rces de Ia morale c it. , pp. 258-259 . 57 ALEXANDRI Summa cit., IV, p. 420: « Dicendum quod lex sive praecepta legis naturali­

ter sunt p r iora virtutibus » . 58 Ibid ., III. pp . 28 1-282. La m edesima scansione in ALBERTI MAGN I Summa theologica

cit., q . 115 , pp. 345-347. Cfr. anche le di eci divisi oni del pecca to secondo Gi ovanni della Rochelle (Summa de vitiis, m s. cit. , ff. 82vb-83ra).

LA CLASSIFICAZIO NE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 353

Il primato del settenario riceve in questo modo un colpo durissimo; l'antico e glorioso schema gregoriano none il sistema dei peccati, la rap­presentazione · di una eterna genealogia del male; esso e solo uno fra i tanti modi di.- classificare il peccato; come gli altri e importante e utile , rna non unico e non esaustivo. In effetti moltiplicare le classificazioni vuol dire ridimensionare notevolmente ciascuna di esse e allimite ridi­mensionare il senso stesso di ogni impresa classificatoria, ormai leggibi­le come un'operazione puramente convenzionale, volta a finalita prati­che piu che a investigare la vera natura del peccato. Gli otto schemi della Summa Halensis possono essere visti come il momento di massima at­tenzione al problema delle classificazioni, rna al tempo stesso come l'av­vio di un processo che nel volgere di pochi decenni portera i teologi a di­sinteressarsi completamente di questo aspetto della teologia morale.

Piu che classificare e importante peri teologi definire esattamente la natura del peccato e nelle varie definizioni che la Summa elenca un ele­mento sembra assumere un rilievo particolare, il riferimento alla legge: il peccato e, Secondo la definizione di Agostino , un pensiero , una parola, un'azione contrari alla legge eterna 59 . La legge si manifesta cosi effetti­vamente come l'altra faccia del peccato, il necessaria presupposto per poter parlare di esso ed il vero fondamento di ogni affermazione che su di esso puo essere fatta.

Il discorso sulla legge, che occupa tutta la seconda parte dellibro III , quasi sicuramente opera di Giovanni della Rochelle, rappresenta, per la sua ampiezza e per la pluralita dei temi trattati , una indubbia novita al­l'interno di una summa teologica e testimonia in maniera tangibile il profondo interesse con cui la prima scuola francescana ha studiato que­sto tema 60 . Anche l'analisi della legge si articola in una pluralita di di­stinzioni, rna , a differenza dalle classificazioni del peccato , i diversi tipi di legge cui la Summa fa riferimento si incastrano l'uno nell'altro, a co­struire un complesso ed articolato sistema unitario . Tutte le leggi riman­dano in ultima analisi ad un fondamento unitario, la legge eterna, che si identifica con la razionalita divina, principia immutabile dell 'ordine del

59 Cfr. AcosTI NO, Contra Faustum, XXII, 27, ed . I. ZYC HA, Pragae-Vindobonae-Lipsiae 189 1, CSEL 25 , p. 621. A questa definizio ne, destina ta a diveni re Ia defini zione classica del peccato, Ia Summa Halensis, in linea con le Sententiae di Pier Lo mba rdo (II , d . 35, c. 1, p . 529), a ffianca Ia de fini zio ne di Ambrogio (De paradiso, ed . C. ScHENKL, Pragae-Vindobo­nae-Lipsiae 1896, CSEL 32,1, p . 296), che pure eviden zia il carattere di infrazione alia Ieg­ge: << Pecca tum est p raevaricatio legis divinae et coelest ium inobed ientia manda torum '' (ALEXAND RJ Summa cit. , t. III , pp . 274-275 ).

60 0 . LaTTIN, La loi etemelle chez saint Thomas d'Aquin et ses predecesseurs, in Psycholo­gie et morale cit., II , 1, pj:> . . 52-58.

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354 CARLA CASAGRANDE - SILVANA VECCHIO

creato e della sua moralita. Dalla legge eterna derivano, piu o meno di­rettamente tutte le altre leggi, nella misura in cui contengono un princi­pia di legittimita: innanzitutto la legge naturale, sua filiazione piu pros­sima e diretta, quella che la riflette in maniera immediata e puntuale , e poi, via via sempre piu lontane dall'archetipo, la legge divina (mosaica ed evangelica) e le leggi umane positive 61. Il riferimento al decalogo si colloca quindi nel contesto di un'amplissima analisi del tema della legge, che traccia una linea di continuita tra i dettami della legge eterna e della legge naturale e i precetti morali della legge mosaica, completati, rna non annullati dalla legge evangelica. L'operazione di raccordo del deca­logo coi sistemi morali tradizionali appare cosi risolta alia radice: i pre­cetti mosaici sono per lora stessa natura la morale cristiana, dal momen­ta che si trovano all 'incrocio di quel sistema di leggi che definisce i con­fini dellecito e dell'illecito, del bene e del male. I dieci comandamenti, il nocciolo morale e quindi eternamente valido della legge mosaica, sono per il cristiano la norma per eccellenza; norma autorevolissima ed indu­bitabile, perche dettata da Dio stesso, essi indicano tutto quello che si deve fare e vietano tutto quello che non si deve fare. Il decalogo puo al­lora tranquillamente essere usato, come Giovanni fa nel De decem pre­ceptis , per catalogare i peccati; quell a che importa e tener presente che non si tratta di un ulteriore schema che si affianca agli otto previsti dalla Summa ; classificare i peccati a partire dal decalogo vuol dire individua­re l'essenza del peccato, prima ancora delle sue diverse manifestazioni, la dove si evidenzia la sua vera natura, nella relazione con la legge.

Il peccato e la legge

La scuola francescana impone all'attenzione dei teologi il problema della legge in tutta la sua ampiezza. La distinzione fra le diverse leggi, i lora reciproci rapporti , il ruolo specifico che in questa sistema svolge la legge mosaica costituiranno per tutto il XIII secolo un passaggio obbli­gato di commenti alle Sentenze, di somme teologiche, di trattati morali . L'impianto della morale non puo non uscire profondamente modificato da questa ampia riflessione che, non a caso, coincide con il tentativo messo in atto dalla Chiesa di darsi un piu rigoroso apparato giuridico. Il dibattito sulla legge infatti sembra scandire a distanza la costituzione di quel Corpus Juris Canonici che e destinato a diventare la legge della

61 ALEXAN DRI Summa cit ., IV , pp . 313-412. Cfr. 0 . LOTTI N, La loi etemelle cit. , p. 53 ; I. BRA· DY, Law in the 'Summa fratris Alexandri ', «Proceedings o f the American Catholic Philo­sophical Associa tion >>, 24, 1950, pp . 133-147.

LA CLASSIFICAZIO NE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 355

Chiesa, e la riscoperta e la fortuna del decaloao acquistano un ticola t . "" sensa par-d 1 d .r~en e pre~nante m un momenta storico che segna l'epoca d 'oro

e Intto canomco In q t f d . . . cultura e dell ' . ~es. a ~se I massima gmridicizzazione della ll . 'd~pparato ~c~ ~siastico la nozione stessa di peccato sembra

a a_ nc~~ca I una deflmzwne piu rigorosa e di una fondazio . , « Scie~tific~ » . _La riflessione sul peccato, nata nel XII secolo ro ~i: ~m tentatiVe di svmcolare la prospettiva teologica da quella giuri~ic~ a =~ re nel corso del XIII contrassegnata invece da una nuova e d. ' PP. genza d ' 1 1· •· . 1versa esi-

. . I ega Ismo. L Impiego ormai costante non solo nei testi dei cano ~~~~Ia::eanche_ :ella _l~tteratura pastorale e perfino in quella teologica d~

~ . quah :"ravi_ta del peccato, responsabilita personale, oiudizio ~~m:I~nn~ soddisfazw_ne: re~tituzione , ecc., collocano il proble~a dell~

p n quadro di nfenmento di carattere prettamente a· .d. modellando se ·, 1 :;,Iun 1co,

d. mpre pm spesso a nozione di peccato su quella di c . . o I reato e rinviando la sua definizione ad un . . r:mm~ prefissate 62 L'obbl" d 11 f . Sistema di regale o dileggi

. Igo e a con esswne annuale . d 1 C .. Laterano IV (1215) 1 f . Impasto a onciho

' con a tras ormazwne della peniten . dura giuridica assimilabile in qualche misura al za In una proce­q t d. . processo, appare da

ues o punta I VIsta la conferma piu evidente dei cambi·a t . . ealtem t 'ld . . menimatto suto ste~s~ sdeelslsaociultisposi~iv~ ca~~ce di modificare in profondita il tes­

ura cnstrana .

~~~s~l:;:~c:f~::~c!e ~~s::,::':::~;e':::a d:~\;;;;,~~:~~: :~e~:r;~a;~~"x~~; ar~ ~ Imp~fna I PI~ ms~gm rappresentanti del pensiero scolastico ap-

iroble~~~~l_l~e~t:~:~o~e a~z:~~~~ed:l~~ ~~~~~~. ~~r!~ich~u.d!t~~~~!~ ~ ella_ p~htica, rna al tempo stesso risponde all'esigenza di razion .

e legittrmare la pretesa stessa della Chiesa di darsi una sua ~hzzare tura giuridica. propna strut-

la r~:~sli~~=l~:~~fft::~ez::;~~: %ofonde_che 1dividono i singoli teologi,

1" . """" uoversi, ne corso del '200 secondo ~~~a me: di tenden~a _sostanzialmente unitaria. La scoperta fr;ncescana

leg""e. eter~a ~IVIene patrimonio comune della teologia e unto di ~~~~~z: _d~ og~I ~Iba~tito sull 'argomento, ed il riferimento cos~ante ad

g hta pnmigema ed archetipica consente ai sincroJi teoloai· d . . "" "" In-

62 Cfr. S. KuTTNER, Kanonistische Schuldlehre G. · b · .

IX, Citta del Va ticano 1935 pp 8_22 . p M von mtzan zs auf dze Dehetale11 Gregors nuels de confession au moyel~ a a~ (XII-Xvi . :c/H AU)D L·Q UANTJN, Sommes de casuistique et ma-

63 N B , szec es, ouvam-LI!Ie-Mo ntr' 11962 · ERJ OU, La confession dans lese •· 1 . z . ea , pp. 35-38. cation de l'ame ou demarche ,·udic. . . J Cll lLs; 1eo ogzques et pas to raux du XII le siecle: medi­

zalle. , m aveau, Clt . , pp. 26 1-282.

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356 CARLA CASAGRANDE- SILVANA VECCHIO

condurre ad un contesto unitario l'analisi delle singole leggi (legge natu­rale , mosaica, evangelica, positiva) 64 . Francescani e domenicani concor­dano perfettamente nel riconoscere nel decalogo mosaico una sorta di compendia della legge naturale, dotato come tale di validita atemporale e assoluta. Legge divina per eccellenza, la legge mosaica si impone per l'autorevolezza di colui che l'ha promulgata, rna la sua aderenza al piano della legge naturale ne garantisce la validita universale ed esclude che essa possa subire eccezioni o dispense. Nessuno ha il potere di sospen­dere, neppure per un momenta, l'obbligatorieta dei singoli precetti, espressione congiunta della volonta divina e della forza della ragione; nessuno, nemmeno Dio stesso, potrebbe dispensare dalla loro stretta

osservanza 65.

Proprio dalla nozione di dispensabilita riparte invece l'analisi scoti­sta del decalogo . La constatazione che in qualche momenta della storia sacra Dio !1a di fatto sospeso la validita dei precetti , imponendo l'omici­dio , il furto o la fornicazione , fa emergere un'evidente sfasatura fra il piano della volonta divina e quello della legalita naturale. Di fronte all 'e­videnza dei fatti , il presupposto della coincidenza tra legge di natura e decalogo appare agli occhi di Duns Scoto insostenibile : i precetti mosai­ci non sono la legge naturale, o meglio, non tutti i precetti rappresenta­no la traduzione di quella legge; solo la prima tavola, quella che tocca i rapporti con Dio, impone obblighi immediatamente riconducibili alla legge naturale; i precetti della seconda tavola e almeno in parte il terzo

64 Ai teologi francescan i ricordati sopra si aggiungano: JoHANNIS WALLENsrs Legiloquium de decem p1·eceptis, Oxford , Bod!., m s . Lincoln 67 , ff. 142ra-144va ; RrcARDI DE MEDIA VILLA S u­per IV Iibras Sententiarwn cit. , III , dd. 37-40 , pp. 439-488; MATTHAEI AB AQUASPARTA Quaestio­nes d isputatae de anima separata, de an ima beata, de ieiunio et de legibus , ed . C. PlANA, Ad Claras Aquas 1959, pp . 431-5 71. Peri dom enicani cfr . PETRUS DE TARANTASIA, Questiones de lege et preceptis, Bib!. Vat. , m s . Borgh es . 139, ff. 104v-110v; ALBERTI MAGN I De bono, ed. H. K uEHLE - C. FECKES - B. GEYER - W . K uEBEL, Munster 1951, pp. 283-288; THOMAE DE AQUINO Summa theol. , I, II , qq. 90-1 OS ; I D., Collationes de decem praeceptis cit., pp . 24-25 . Per il di ­battito scolastico sui te m a della Iegge, cfr . 0 . LoTTI N, La loi en general. La definition thomi­ste et ses antecede11ts, in Psychologie et morale cit , t. II , 1, pp . 11 -47; I D., La loi etemelle cit. , ibidem, pp. 49-67; ID., La loi naturelle depuis le debut du XIIe siecle jusqu'a saint Thomas

d'Aquin, ibid ., pp . 71-100. 65 Cfr. INNOCENTII V (PETRI DE TARANTASIA) In lib. Sent . cit ., III , d . 37, q . 1, pp . 296-300 ;

T HOMAE DE AQUINO S umma Theol, I, II , q . 100, a . 8; RrcARDI DE MEDI A VILLA Super IV Iibras Sen­tentiarum cit ., III , d . 37, q . I , pp. 441-443 ; q . V, pp . 447-44 8,. II p roblem a della dispensabi­lita dei precetti era stato affronta to d a Bernardo di Chiaravaile nel contesto di un diba ttito sull'osservan za della regola (De praecepto et dispensatione, in SANCTl B ERNARDI Opera, vol. III , Rom ae 1963 , pp . 241-294); in questo ambito Bernardo distingue tra Ia inviolabilita dei precetti divini che non possono esser e modificati d agli uomini e Ia incommutabilita della ragione divina eterna, che nemmeno Dio pub mutare.

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 357

precetto della prima possono essere collegati solo per via indiretta ai dettami della ragione e come tali possono essere modificati o sospesi dalla volonta divina senza che questo implichi contraddizione 66 .

L'esigenza di salvaguardare l'assoluta liberta divina grazie allo scarto tra potenza assoluta e potenza ordinata, che costituisce uno dei tratti specifici del pensiero di Scoto, si manifesta nella discussione sul decalo­go in forma quasi paradigmatica. Legge stabilita e imposta da Dio , il de­calogo e percio stesso la pili giusta e la migliore delle leggi; rna, assolu­tamente vincolante per gli uomini, non lo e in alcun modo per Dio, che puo - de potentia absoluta - sospenderlo o sostituirlo in qualunque mo­menta con un'altra legge, destinata a diventare, peril fatto stesso di es­sere scelta da Dio, pili giusta e migliore della precedente .

E stato pili volte sottolineato come l'impostazione giuridica del pro­blema dell'onnipotenza conduca Scoto a costruire un'immagine di Dio molto vicina a quella di un sovrano assoluto 67 . Quello che ci interessa sottolineare in questa sede non e tanto la traduzione in termini politici dell'immagine di potere che si intravede nelle pagine scotiste, quanto piuttosto la strutturale ambivalenza implicita nella dialettica potenza assoluta-potenza ordinata ed i suoi risvolti in campo etico. La discussio­ne sulla dispensabilita dei precetti finisce paradossalmente per rinforza­re l'obbligatorieta del decalogo, espressione diretta della volonta divina e percio stesso positiva manifestazione della legge morale. La scelta del decalogo, ancorche arbitraria e contingente se osservata dalla parte di Dio, si manifesta agli occhi degli uomini come l'imposizione di una nor­ma definitiva e vincolante, l'unica legittimata a guidare i loro comporta­menti, l'unica in grado di definire le loro colpe.

66 IoANNIS DuNs ScoTI In Librum III Sententiarum, in Opera Omnia, t . XV, Parisiis 1894, d . 37 , q . unica, pp . 741-742 , 783-86,825-27,843-45 ,851. Cfr. R . P. PRENTICE, The contingent element governing the natural law on the last seven precepts of the Decalogue, according to Duns Scot us , « Antonianum » 42 , 1967, pp . 259-292 ; M. DAMIATA, I e II tavola. L 'e tica di Gio­vanni Duns Scoto, Firen ze 1973; A. B . WoLTER, Duns Scotus on the Will and Morality, Washington 1986, pp . 57-64 .

67 f C r. E . R ANDJ, II sovrano e l'orologiaio. Due immagini di Dio nel dibattito sulla «potentia absoluta » fra XII e XIV secolo, Firen ze 1986, pp. 56-65 ; W . J . CouRTENAY, The dia ­lectic of omnipotence in the high and late Middle Ages, in Divine Omniscience and Omnipo­tence in Medieval Philosophy, ed . T. R uDAWSKY, Dordrecht-Boston-La ncaster 1985, pp . 253-255; ID ., Capacity and voli tion . A history of the distinctio11 of absolute and ordained power, Bergamo 1990, pp . 101-103. Sugli sviluppi in senso giuridico-politico di questa prospettiva nella scuola scot ista, cf:r. E . RAND!, 'Lex est in potestate agentis'. Note per una storia dell 'idea scotista di 'potentia absoluta', in Sopra Ia volta del mondo. Onnipotenza e potenza assoluta di Dio tra medioevo e eta modema, Bergam o 1986, pp . 128-138; ID., A Scotish Way of distin­guishing between God's Absolute and Ordained Powers , in From Ockham to Wyclif, ed . A. H uDSON - M. WrLKS, Oxford 1987, pp . 43-50 .

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358 CARLA CASAGRANDE - SILVANA VECCHIO

Ma la dialettica dell' onnipotenza consente di an dare ancora oltre. Anche quel nocciolo di legge naturale che Scoto aveva salvaguardato nell'analisi dei primi tre precetti appare agli occhi di Guglielmo di Ockham un'incongrua limitazione dell'assoluta liberta divina. Da un punto di vista strettamente logico, Dio potrebbe, se lo volesse, non solo sospendere i precetti che riguardano il prossimo 68 , rna abo lire il fonda­menta stesso dell'intera morale cristiana, potrebbe imporre perfino al­l'uomo di odiarlo senza che questo implicasse contraddizione; l'odio di Dio diventerebbe, peril fatto stesso che Dio lo impone, un atto meritorio peril cristiano e la base di ogni moralita 69 . La provocatoria dottrina del­l'odium Dei , paradossale corollario logico della concezione occamista dell'onnipotenza divina, conferma e rafforza l'analisi di Scoto. Certo, Dio potrebbe, in un orizzo~te di assoluta onnipotenza che e definibile solo in termini logici, sovvertire completamente i fondamenti dell'etica ed imporre i comportamenti piu inspiegabili e bizzarri; di fatto pen) Dio ha scelto una volta per tutte di incanalare la sua potenza entro un ordi­ne, al quale rigorosamente si attiene. Questo ordine, con le sue regole e le sue leggi , costituisce l'orizzonte invalicabile entro il quale gli uomini ritagliano la propria esperienza e definiscono i propri comportamenti. Questo ordine ed esso soltanto consente di definire , in maniera pura­mente formale, che cosa e merito e che cosa e peccato: e solo perche Dio li ha proibiti e non perche intrinsecamente malvagi che determinati comportamenti costituiscono altrettanti atti peccaminosi; e solo in base ad un inappellabile decreta divino che questi atti e non altri comportano la pena eterna e possono quindi essere definiti peccati mortali 70 .

68 GuiLLELMI DE OcKHAM Scriptum in librum I Sententiarum. Ordinatio, d. 48, q . unica, ed. G. I. ETZKORN -F. E . KELLEY, in Opem theologica, vol. IV, New York 1975, p . 690: « Dicendum es t quod si Deus vult eos non honorari nee a b is to nee ab alio, is te p eccat in honorando parentes suos ».

69 ID. , Quaestiones in librum II Sententiarum (Reportatio), q. IS, ed . G. GAL- R . WooD, in O.foera Theologica, vol. V, New York 198 1, pp . 352-353 .

0 ID ., Quaestiones in librum IV Sementiarum (Reportatio), qq. 10-11, ed . R . WooD- G. GAL- R . GREEN, in Opera Theologica, vol. VII, New York 1984 , pp . 195-199. Sui fo ndamenti d ella morale occa mista, cfr. A. GARVENS, Grundlage11 der Ethik Wilhelms von Ockham , « Franziskanische Studien », 21 , 1934, pp. 243-2 73, 304-408; E . BoNKE, Doctrina nominali­stica de f~mdame11to ordinis moralis apud Guglielmwn de Ockham et Gabrielem Biel, « Collectanea Franc iscana ••, 14, 1944 , pp . 57-70; L. VEREECKE, L 'obligat ion morale selon Guillaume d'Ockham, «La vie spirituelle . Supplem ent », 45 , 1958 , pp . 123 -143 , tra d. it . lD ., Da Guglielmo d'Ockham a sant'Alfonso de' Liguori: saggio d i storia della teologia morale modema Cinisello Balsam o 1990 , pp . 170-1 88; L. URBAN, William of Ockham's theological eth ics, «Franciscan Studies», 33 , 1973 , pp . 310-350; S . PI NCKAERS, Les sources de Ia mora'le chretienne c it , pp. 284-300; L. FREPPERT, The basis of morality accm·ding to William Ockham, Chicago 1988, sop ra ttutto pp . 112-140.

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 359

Nonostante le profonde differenze che, proprio sul tema dell'onnipo­tenza divina, separano Scoto da Ockham 71 , le conclusioni nell 'ambito della morale sembrano essere le stesse: che si consideri, come fa Scoto, il piano della p_otentia Dei absoluta come una possibilita reale da parte di Dio di infrangere le sue stesse leggi, o che si veda piuttosto nell'assoluta onnipotenza una possibilita logica mai tradotta in atto, cosi come la in­tende Ockham, per entrambi l'esigenza di salvaguardare la totale liberta divina si accompagna al riconoscimento dell 'insostituibile valore delle leggi che Dio ha promulgate. Definibili solo a partire da esse, bene e male trovano nel decalogo il compendia esaustivo della loro articolazione.

La dottrina scotista sul decalogo segna profondamente la teologia so­prattutto francescana del XIV secolo 72

, rna i percorsi della morale volon­tarista si snodano anche al di fuori dei confini dell 'ordine 73 . La provoca­toria dottrina occamista dell 'odium Dei si riaffaccia con la medesima ca­rica eversiva nelle affermazioni di Giovanni di Mirecourt 74 e compare spesso, almeno come obiettivo polemico, nelle pagine dei teologi impe­gnati a ridefinire i confini della morale 75 . A cavallo tra XIV e XV secolo,

. 7_1

Sulla dottrina d ell'onnipotenza divina tra Scoto e Ockham si vedano, oltre ai saggi c1tat1 alia n . 6 7, M. A. PERNOU D, The Theory of the 'Potentia Dei ' according to Aquinas, Scot us an d Ockham, « Antonianum », 47 , 1972, pp . 69-95; A. GHISALBERTI , Onnipotenza divina e con­tmg~~na del m ondo in Guglielmo di Ockham, in Sopra Ia volta del mondo cit , pp . 33-55. . La d1stmz10ne scotls ta tra prima e seconda tavola in relazione alia Iegge di natura

ntorna m F RANCISCI DE MARONJS Decalogi seu decem preceptorum Domini explanatio, Parisiis 1519, f. 8r; PETRI AuREOLI Com mentariu m in Se11t. cit., III, d . 37, q. 2, p . 542 ; JOHANNES DE BAssou s, In III Sententiarum , Parisiis 1517, d. 37, q . uni ca , f. 100 ss ; PETRUS DE AQ UILA QuaiJstiones in fi! Sententiaru m , ed . C. PAOLI NI, Levan to 1907-1908, d . 37, q. 1, pp. 242-243.'

. Per un rap1do profilo della dottrina volontarista cfr. A. MICHEL, Vo lontarisme, in Diet. Theol. Ca th., XV, 2, coil. 3309-3322; W. J. CouRTE NAY, Nominalisme and Late Medieval Reli­gion , in The Pursuit of Holiness in Late Medieval and Renaissance Religion, ed. C. TRINKA US -H. A. OBERMAN, Le iden 1974, pp. 26-59, ora in W. J . CouRTENAY, Covenant and Cau sality in Med;gval Thought , London, Variorum Reprint 1984, IX.

Per Ia condanna delle proposizioni occamiste (1324-28) , cfr. A. PELZER, Les 51 articles de Guillaume Occam censures en Avignm1, en 1326, «Revue d 'histoire ecclesiastique », 18, 1922, pp. 240-270; perle proposizioni condannate di Gi ovanni di Mirecourt, cfr . H . DENIFLE - E . CHATELAIN, Chartu larium Universitatis Parisiensis, Paris 1891, rist . anast. Bruxelles 1964, t . II , pp. 610-614 e G. TESSIER, Jean de Mirecourt philosophe et theoloaien in Histoire Litt~r_aire de Ia France , vol. 40, Pari s 1974, pp . 36-46. "' '

' Cfr. Tractatus de principiis theologiae , ed . L. BAU DRY, Paris 1936, p . 46, n. 8: ,, Deus potest virtuose odiri a voluntate creata »; RoBERTI HoLKOT In quatuor Iibras Sententiarum questiones , Lugduni 1518, ri s t. anast . Frankfurt 1967, I. I, q . IV, a . II, cone!. III: " Homo po­test od1re summe deum meritor ie , sta nte lege que modo es t ». Si veda anche GREGORil ARI· MINENSIS Lectura super primum et secundum Sentent iarum, ed. D. TRAPP- V. MARCOU NO, Ber­lm- New York, dd. 34-37, q . 1, p . 239; H uGO LI NI DE URBEVETERE Commentaria in quattuor li­bros Sententzarum, ed . W. E cKERMANN - V. MARCOLINO, Wurzburg 1988, t. IV, d . 37 , q . unica p . 125. '

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360 CARLA CASAGRANDE- SILVANA VECCHIO

Pietro d'Ailly ed il suo discepolo Giovanni Gerson, entrambi cancellieri dell'universita di Parigi ed entrambi personaggi di spicco della politica ecclesiastica, ridiscutono, proprio a partire da quelle affermazioni, la nozione di legge morale e di peccato. L'analisi che Pietro d'Ailly conduce sul concetto di legge finisce per riconoscere la radice di ogni legalita nel­la pura volonta divina, a partire dalla quale soltanto e possibile definire il peccato; legge giustissima per definizione, la legge divina, cosl come si manifesta nei precetti mo.saici e nella legge evangelica, costituisce il principia di ogni obbligazione morale ed il fondamento della nozione stessa di peccato 76 . Gerson riprende e sviluppa l'idea che nessun atto e buono o cattivo in se rna solo in relazione alla volonta divina cosl come si manifesta direttamente nella legge rivelata 77

. L'impossibilita di defini­re il peccato in altro modo che in relazione a questa legge conduce Ger­son a mettere in crisi la stessa distinzione tra peccati mortali e veniali che costituisce dal XII secolo uno dei cardini della dottrina morale . Ma l'enfasi port2ta sulla nozione di legge divina consente anche di stabilire una netta linea di demarcazione tra le leggi che sono state promulgate direttamente da Dio (decalogo e vangelo) e la pletora di precetti e di ob­bligazioni che da quelle leggi i poteri costituiti e la stessa Chiesa hanno creduto di poter dedurre 78

.

Alla fine del XV secolo Gabriele Biel, il teologo francescano tradizio­nalmente considerato il trait d'union tra Ockham e Lutero, ripropone la dottrina della dispensabilita del decalogo di impianto scotista sullo sfon­do di un volontarismo assoluto di ispirazione occamista 79

. Il fondamen­to di ogni giustizia e di ogni legalita puo consistere solo nella libera ear­bitraria volonta di Dio, rna le leggi che Dio ha impasto nell'antico e nel

76 PETRI DE ALLI ACO Quaestiones supe1· 1ibros Sententiarum, Lugduni 1500, Principium in I Sent., D-H. Cfr. F. OAKLEY, Pierre d 'Ailly and the Absolute Power of God, «Harvard Theolo­gical Review», 56, 1963 , pp . 59-7 3, ora in Io ., Natural Law, Conciliarism and Consent in the Late Middle Ages, Londo n , Variorum Reprints 1984, III ; W. J . CouRTENAY, Covenant and Causality in Pierre d'Ailly, «Speculum ,,, 46 , 1971 , pp. 94-119, ora in Io. , Covenant and Cau­sality cit. , IX.

77 J. GERSON, De vita spirituali animae, in Io. , CE.uvres completes, ed. P . GLORI EUX, III , Pa­ris - Tournai- Ro m e - New York 1962 , pp. 113-202; si veda in particolare alla p. 124: «nihil est malum nisi quia prohibitum, e t nihil bonum nisi quia Deo acceptum>>; «omni s rectitu­do moralis ipsius voluntatis resultat ex conformitate eius aut suorum actuum vel omissio­num ad divinam legem et eius rectam ratio nem >>.

78 Ibidem , pp. 133-140. Cfr. L. VEREECKE, Droit et morale chez Jea11 Gerson, «Revue Hi­storique de Droit Fran<;:ais e t Etranger ,, , 34, 1954, pp. 417-427 , trad it. in lo ., Da Guglielmo di Ockham cit. , pp. 243 -259.

79 GABRIELIS BI EL Collectoriwn circa quattuor Iibras Sententiarum, ed . W. WERBEK - U. H oFMANN, Ti.ibingen 1979, III , d. 37 , q . unica, a. 2 , pp. 636-638; Cfr. BaNKE, Doctrina nomi-11alistica cit., pp . 70-93.

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 361

nuovo testamento rappresentano per l'uomo una norma stabile, immu­tabile, assoluta. In questo contesto i precetti del decalogo possono costi­tuire una sorta di compendia di tutti gli altri precetti tanto divini quanto umani; i peccati che infrangono i comandamenti possono essere letti come una summa dell 'intero universo del peccato 80 .

II. IL DISCORSO PASTORALE

La lunga durata del settenario

A un primo sguardo il discorso pastorale si presenta come illuogo del trionfo del settenario dei vizi. Un trionfo celebrato da innumerevoli te­stimonianze provenienti da tutti i generi letterari della pastorale, dal sermone a l trattato di vizi e virtu, dal manuale per confessori all 'interro­gatorio per penitenti, dal compendia di teologia morale al trattatello catechetico 81. Un trionfo che ha anche il sapore della rivincita: presso­che « scomparso >> dal dibattito teologico dopo il XIII secolo, il settenario prospera nei testi pastorali , dove resta uno dei grandi protagonisti alme­na fino a tutto il secolo XV se non oltre.

Le fortune pastorali del settenario vanno in primo.luogo rintracciate nei testi per la confessione composti tra la fine del sec. XII e la prima meta del XIII secolo. Di questa letteratura, che precede e segue l'istitu­zione della confessione nella sua forma moderna, sancita dal Canone 21 del Laterano IV (1215), che impone a tutti i fedeli l'obbligo della confes­sione annuale, la classificazione dei peccati e argomento centrale: senza una mappa delle forme che puo assumere il peccato, neil riconoscimen­to delle colpe da parte del penitente ne l'interrogatorio e la valutazione da parte del sacerdote sono possibili. Occorre predisporre una geografia del peccato che sia sufficientemente ampia, per poter essere usata nei confronti di tutti i fedeli, qualunque sia il sesso e la condizione che li di­stingue, rna anche sufficientemente flessibile e particolareggiata, per po-

80 G. BIEL, Collectoriwn cit. , p. 639: '' Omnia cetera praecepta ad decalogum reducun­tur>>. Per le rifless ioni di Biel sulla Iegge divina in generale e sul decalogo, cfr. H. A. OsER· MAN, The Harvest of Medieval Theology. Gabriel Biel and Late Medieval Nominalism, Cambri­dge 1963 , pp. 90-119.

81 Sui diversi generi le tterari del discorso pastorale vedi P. M!CHAUD-Q UANT!N, Les metho­des de la pastorale du Xllf au X TV'' siecle, in Methoden in Wissenschaft und Knust des Mit­telalters (Miscellanea Mediaevalia 7), ed . A. ZIMMERMANN, Berlin 1970, pp. 76-91 e L. E. Boy. LE, «Sum mae confessorum >>, in Les genres litteraires dans les sources theologiques et philo­sophiques medievales, Actes du Co ll oque international de Lo uvain-La-Neuve, 25-27 mai 198 1, Louvain-La Neuve 1982 , pp. 227-237.

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362 CARLA CASAGRANDE- SILVANA VECCHIO

ter essere di volta in volta adattata a ciascuno di questi interlocutori nel­la sua individualita; non basta, bisogna anche che essa sia completa, per consentire l'individuazione di tutti i peccati . La confessione, ripetono i testi con insistenza, ribadendo l' obbligo sancito dal Canone 21 di confes­sare tutti i peccati, deve essere integra: un solo peccato non confessato e sufficiente per condurre alia morte eterna 82 .

II settenario dei vizi capitali si presenta da subito come lo schema che meglio puo rispondere a tutte queste esigenze. Gli studi ormai nu­merosi sulla letteratura penitenziale del secolo XIII hanno pili volte sot­tolineato l'importanza che in essa assume l'antico schema dei vizi capi­tali . Gia invocato, se pur in modo marginale ed episodico, come utile schema di inte::.J.-ogazione del penitente in una serie di testi considerati momenti di passaggio tra gli antichi penitenziali e i nuovi generi lettera­ri legati all 'istituzione della confessione moderna 83 , il settenario si im­pone con tutta la forza e l' estensione della sua struttura ramificata in due opere che segnano la nascita di questa letteratura, il Liber poeniten­tialis del canonico vittorino Roberto di Flamborough, scritto tra il 1208 e il 1215, e la Summa confessorum del chierico inglese Tommaso di Chobham, databile 1210-1215. In entrambi i casi l'appello al settenario assume un tale rilievo da influenzare l'intera architettura del testo: Ro­berto di Flamborough dedica un intero libro del suo trattato all 'analisi dettagliata sotto forma di interrogatorio dei singoli vizi e delle loro filia­zioni , Tommaso di Chobham riserva alia rassegna dei peccati compresi nel settenario circa la meta della sua Summa 84 .

Piace del settenario la sua pretesa di totalita , il suo tentativo di domi­nare con un numero limitato di categorie, alcune pili generali (i sette

82 Cmwne 21, Concilium Lateranense IV (1215 ): «Omnis utriusque sexus fidelis, po­stquam ad annos discretionis pervenerit , omnia sua solus pecca ta confiteatur fidelite r, sal­te rn semel in anno proprio sacerdoti •• (in Co11eiliorum Oecumenicorum Decreta , ed. G. AL· BERJGO, G. L. DossETT!, P .-P. J oANNU, C. LEONARDI , P . PRODJ, Bologna 1991 , pp. 245) . Cfr. N. BERIOU, Autour de Latran IV ( 12 15): la naissance de la confession modeme et sa diffusion, in L' aveau cit. , pp. 73-93.

83 B uRCHARD! WORMACENSJS Decretum, l. XIX , PL 140, 976-977; BARTOLOMEO DI E xETER, Poenitentiale, in A. MoREY, Bartholomew of Exeter, Bishop and Canonist, Cambridge Univer­sity Press, pp. 175 e 203 ; ALAIN DE LILLE, Liber poenitentialis, ed . J. LoNGERE, Louvain-Lille 1965 (Analecta Mediaevalia Namurcensia 17-18), II , p . 27 . Per queste ed altre testimonian­ze cfr. R uscoNI, 'Ordinate confiteri ' cit. (vedi supra, p. 332, n . 6), pp. 298-302 .

84 ROBERT oF fLAMBOROUG H, Liber poenitentialis, ed. J. J. fiRTH, Toronto 1971 , l. IV, pp . 179-202. THOMAE DE CHOBHAM Summa Confesso,-um , ed. F. BROOMFIELD, Louvain-Paris 1968, (Analecta Mediaevalia Namurcensia 25 ), art. VII, dd . II-XIII , pp . 330-572. Sulla struttura dei due testi e in particolare sull'importanza che in essi assume il settenario dei vizi si veda MI CHAUD-Q UANTIN, A propos des premieres« Swnmae confessm-um >> cit . (vedi supra, p. 332, n. 6) , in particolare le pp. 276-296.

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 363

vizi), altre pili particolari (le filiazioni), l'intero universo del peccato; dai peccati carnali , individuati dalla gola e dalla lussuria, a quelli spirituali, ascritti alia s.uperbia, all'ira, all 'avarizia e all'invidia, cosi come insegna la partizione gregoriana, che e quella prediletta dai nostri testi , nessun peccato puo sfuggire aile strette griglie del settenario; diventa cosi pos­sibile rimediare alia dimenticanza e all 'ignoranza, soccorrere chi ha di­menticato i propri peccati e chi non li sa riconoscere, come capita so­prattutto nel caso dei peccati spirituali, meno popolari tra i fedeli rna spesso pili gravi dei pili noti peccati carnali 85 . Se accompagnato dallo schema delle circostanze 86 ed esemplificato coni casus ricavati dalla le­gislazione canonica, il settenario consente di arrivare fin aile pili deter­minate e individuali forme di peccato , rendendo possibile , cosi come im­pone uno dei principi della " nuova » confessione, quello dell 'arbitrarieta delle pene, stabilire di volta in volta una penitenza diversa, commisurata alia specifica gravita della colpa effettivamente commessa in quell 'occa­sione da quella persona 87

. In tal modo una casistica di tipo giuridico tro­va posto all'interno di categorie di natura teologica e i due filoni che so­stanziano la letteratura penitenziale, il teologico e il giuridico, convivo­no e si compenetrano tra loro tanto che Michaud-Quantin ha potu to par­lare di una vera e propria " morale juridisee ,, 88 .

Ma quello che soprattutto piace del settenario e la sua struttura ordi­nata e coerente, che consente, come spiega Roberto di Flamborough in un passo giustamente famoso, di superare quel disordinato racconto di fornicazioni, spergiuri, omicidi, incesti, adulteri , furti e sortilegi, con il quale i fedeli sono soliti passare " biograficamente ,, in rassegna i loro peccati. A questa informe, caotica ed episodica enumerazione di peccati, che confonde il penitente e mette a dura prova la memoria del sacerdote, Roberto contrappone l'ordinato sistema delle colpe offerto dal settena­rio gregoriano: << Mi piace invece che incominciando dalla superbia, che

85 RoBERT OF f LAMBOROUGH, Liber poe11itemialis ci t , p. 179. TH OMAE DE CHOBAHM Summa

Con fessorum cit, p. 327: « Et numeret ei septem peccata quia multi e tiam de quibusda m n e­sciunt utrum sint p eccata, et ideo oportet reducere e is in m emoriam genera peccatorum, quia fau ci sunt qui confitea ntur peccata spiritualia ».

8 Sull'uso delle circostanze nella peniten za cfr. J. GRONDEL, Die Lehre vo11 den Umstiin­

den der menschlischen Handlung im Mittelalter, Mi.ins ter West f. 1963 (BeitJ-age zur Geschi­chte der Philosophie und Theologie des Mitte la lters 39/5) , in particolare le pp . 393-418.

87 Si veda ad esempio co me Tommaso di Chobham gius ti fica Ia necessita peril sacer­

dote di conoscere lo schem a dei sette vizi cap itali : «Haec a u tern omnia oportet sacerdo tem considerare diligenter, ut scia t attendere genera peccatorum et c ircumstantias secundum quas maior ve l minor est iniungenda p enitentia » (Summa confessorum ci t. , p . 15).

88 MICHAUD-Q UANTLN, A propos des premieres cit. , p. 295 .

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364 CARLA CASAGRANDE- SILVANA VE CCHIO

e la radice di ogni male, tu confessi i singoli vizi , con le lora specie , per gradi a seconda di come uno nasce e procede dall 'altro; e cioe in prima luog; la vana gloria, in secondo l'invidia, in terzo l'ira, in quarto l'acci-

1 1 · . l l . 89 L' dia, in quinto l'avarizia, in sesto a go a, 1n sett1mo a ussuna >> • or-dine genealogico del settenario, che governa la successione dei ;i~i se­condo uno schema di progressiva concatenazione causale e che s1 npro­duce poi all 'interno di ogni vizio attraverso la proliferazione delle filia­zioni, mette a disposizione del sacerdote un universo del peccato dalla struttura ben riconoscibile , nella quale ogni elemento e classificabile e prevedibile: il peccato , in tutte le sue forme, puo essere riconosciuto, previsto e quindi, quando e possibile, anche prevenuto

90.

La scelta di Roberto e di Tommaso sara ben presto condivisa da mol­ti : riproposto ai confessori in due brevi trattati compresi negli statuti si­nodali emanati tra il 1224 e il 123 7 dal vescovo inglese Alessandro Stavensby 91 e da un'anonima Summa de poenitentia , composta in lnghil­terra poco dopa il 1234 92 , il settenario dei vizi mantiene la sua centralita nell'interrogatorio del penitente anche nei primi trattati domenicani pe~ la confessione di Paolo d'Ungheria e di Raimondo di Peflafort, compost1 negli anni '20 del secolo XIII , dove pure, soprattutto nel ~aso ?i Ra.i~on­do e ai testi del nascente diritto canonico che viene lasc1ata 1 anahs1 e la

valutazione dei singoli peccati 93.

89 RoBERT oF FLAMBOROUGH, Liber poenitentialis cit., p . 62. Cfr. MICHAUD-QUANTI N, A propos des premieres ci t. , p . 279 e RuscoNI, 'Ordinate confiteri' cit., p . 303 .

'9o Si veda quanta scrive Tommaso di Chobham Ia dove insiste sui vantaggi che Ia co­noscenza del settenario dei vizi com porta per il confessore: « et sciat (sacerdos) etiam que peccata ex quibus nascantur , ut sciat premunire penitentem ne ab uno peccato ruat m aliud » (Summa confessorum cit ., p . 15). .

9 1 Cfr. F. M. PowiCKE _C . R. CHENEY, Councils and Synods with Other Documents relatzng to the English Church, I, Oxford 1964, pp. 207-226, in particola re le pp . 214-2_20 peril tra t­tato De VII criminalibus e le pp . 220-226 peril De confessione, nel quale per l mterrogazw­ne del penitente si consiglia l'uso d el settenario insiem e a circostanze, status e membra del corpo . Sul ruolo della legislazione sinodale all 'interno del rinnovamento pastoral_e del se­colo XIII, cfr. R. f oREVILLE, Les statuts synodaux et le renoveau pastoral du Xllle szecle dans le Midi de Ia France, «Cahiers de Fanjeaux>>, 6, 1971 , pp . 119-1 50 e piu in generale le con­siderazioni di 0 . PoNTAL, Les statuts synodaux, Turnhout 1975 (Typologie des sources du

Moxen Age 0 ccidental11 ), pp . 44-51. . . 92 J . GoERING, The 'Summa de penitentia ' of Magister Serlo, «Mediaeval StudieS, .35,

1976, pp . 1-53. Si tratta di un testo quasi interam ente dedicato all'analisi del setten ano e

delle sue fili azioni . . . . , 93 Si fa qui riferimento a lia versione lunga della Summa de poemtentza d1 ,PaolodUn-

crheria edita in Bibliotheca Casisensis, IV, Montecassino 1880, pp . 191-21 5; l espoSIZione del settenario dei vizi e delle quattro virtu cardinali manca n ella versione corta , che Mi­chaud-Quantin e propenso a considerare com e un' abbreviazione su ccessiva della verswne ]unga; lo studioso francese val uta l'omissione del settenario com e un sintom o della ere-

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 365

Dopa questi primi significativi successi la fortuna del settenario nella letteratura per la confessione non si affievolisce: dal XIII al XV secolo, e anche oltre, non c'e testa che non vi faccia riferimento . Non sempre uti­lizzato nella sua forma pili completa ed elaborata, a volte ridotto a una rapida enumerazione dei vizi e delle lora principali filiazioni , il settena­rio compare immancabilmente per almena tre secoli in tutti i sistemi di classificazione delle colpe proposti dalla letteratura per la confessione , dove, pili o meno ramificato, pili o meno popolato di peccati, pili o meno integrato con altri schemi, continua a svolgere presso confessori e peni­tenti la sua preziosa funzione di guida all'interno della variegata compa­gine dei peccati 94 .

Nel frattempo i sette vizi capitali si impongono anche in altri ambiti della letteratura pastorale. I numerosi testi volti all'istruzione del clero e dei fe~eli, dalle disposizioni sinodali ai manuali per sacerdoti, dai trat­tati di perfezionamento spirituale ai compendi di istruzione teologica fino ai trattattelli catechetici per laici, si mostrano unanimi, pur nella diversita di articolazione e di approfondimento che li caratterizza, nel dedicare sempre ampio spazio all 'esposizione dei sette vizi . Il cui cre­scente successo trova conferma anche nella predicazione: oltre ai ser­moni dedicati al settenario o ad alcuni dei vizi che lo compongono, val la pena di segnalare la presenza di alcuni sermonari interamente dedi­cati a questa schema, sui quali avremo modo di tornare; come pure tor­neremo, attraverso alcuni esempi significativi, su alcuni degli innume­revoli testi espressamente dedicati al settenario, che, tra scarni trattatel­li e ponderose somme, popolano numerosi la letteratura latina e quelle in lingua volgare dei secoli tardo-medievali e che costituiscono la testi­monianza pili clamorosa della diffusa e permanente presenza dei sette vizi capitali 95 .

scente prevalen za nei testi per Ia confessione di materiale proveniente dalla legislazione canonica a scapito di quello di origine teologica , cfr. MICHAU D-Q UANTIN , A propos des pre­m ieres cit., pp . 297-299. D'altro canto nella Summa de casibus poenitentiae di Raimondo di Pefiafor t, che porta fino in fondo questo processo di « giurid icizzazione >>, dedi cando le pri­me due parti dell'opera all'analisi dei peccati individuati dalla legislazione canonica, J'in­dicazione del settenario r itorna quando si tratta di dettare le norme per l'interrogazione del penitente (RAYMUN D! DE P~NIAFORT Summa de poenitentia, Romae 1607, l. III, 31 , pp . 465-466); cfr . MICHAUD-QuANTI N, A propos des premieres cit. , pp. 300-305.

94 Per una rassegna di alcuni testi significativi della manualistica peni tenziale dal XIII al XV secolo e un'analis i del posto da essi assegnato a l settenario e ad altr i schemi morali cfr . infra, pp. 378-38 1.

95 Sulla fortuna m edievale del settenario nella tradizione la tina e volgare si r invia alia bibliografi a citata supra, pp. 331-332; in particolare per i tra tta tt i sui vizi e le virtu cfr. R.

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366 CARLA CASAGRANDE- SILVANA VECCHIO

Questa enorme successo del settenario in ambito pastorale merita una riflessione . Si tratta di capire come uno schema, concepito da mo­naci per monaci all 'interno della spazio pacificato del monastero, abbia potuto non solo essere usato per individuare comportamenti di uomini e donne che vivono nel mondo rna conoscere proprio in quello spazio, che gli era inizialmente estraneo, il suo successo pili ampio e clamoroso. E questa mentre i teologi, come abbiamo vista , lo sottoponevano a una serie di revisioni e di critiche arrivando in qualche caso a negarne qual­siasi efficacia come strumento di individuazione dei peccati .

Sui meriti del settenario dei vizi abbiamo gia registrato le autorevoli opinioni degli autori dei manuali di confessione, tra i primi ad impadro­nirsi di questa schema monastico per esportarlo nel mondo: di fronte al succedersi disordi'1ato dei peccati , il settenario, grazie alla sua struttura ordinata, garantisce un sistema di riconoscimento e di classificazione in cui ogni peccato trova un nome, una classe di appartenenza, un criteria di valutazione . L'opinione e ampiamente condivisa. Del settenario ser­monari , somme, trattati di istruzione religiosa apprezzano e recuperano la potenzialita tassonomica facendone un capiente contenitore di pecca­ti. E nella misura in cui i vizi della schema settenario si mostrano suffi­cientemente potenti come categorie classificatorie dei peccati la pasto­rale continua a farvi riferimento senza porsi necessariamente il proble­ma di giustificarne la natura, il numero e la successione, senza cioe pre­occuparsi necessariamente di fondare il settenario all 'interno di una teoria del peccato che ne mostr i l'origine e il procedere .

Non mancano certo tentativi anche in ambito pastorale di giustifica­re l'uso del settenario ricorrendo ai vari modelli che abbiamo vista di ­scussi a livello teologico. Sono tentativi che fanno appello ora al modello della concatenazione genealogica di un vizio dall'altro, come fa Roberto di Flamborough, ora alla teoria della voluntas deordinata , come propane il domenicano Ugo di Strasburgo nel Compendium theologicae veritatis , influente somma di volgarizzazione teologica, ora alla teoria agostinia­na dell'amor inordinatus , come suggerisce un altro domenicano, Gugliel­mo Peraldo, autore della pili diffusa e autorevole somma di vizi e virtu del secolo XIII 96

.

NEWHAUSER. The treatise on Vices and Virtues in Lati11 w1d Vernacular, Turnhout 1993, (Ty~ologi e des sources du Moyen Age Occidenta l, 68) .

6 ROBERT OF FLAMBOROUGH, Liber poenitentia/is cit ., p . 62 ; H UGO RI PELIN DE ARGENTI NA, Compendium theologicae veritatis, in ALBERTI MAG NT Opem Omnia, ed . A. BoRGNET, Paris iis 1895 , t. XXXIV, pp. 104-105; GuJLLELMI PERALD I Summa virtutwn ac vitiorwn, II , Par is iis 1669 , pp . 213-2 14; Ia teo r ia dell'amor inordinatus com e origine di tutti i vizi si trova a m eta

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 367

Ma il pili delle volte la giustificazione del settenario dei vizi sulla base dell 'effettivo procedere dell'atto peccaminoso e tema di riflessione estraneo ai tes.ti pastorali; quando viene affrontato , lo e in modo margi­nale. In quest i testi la parte pili consistente e articolata e sempre quella dell 'enumerazione dei vari peccati all'interno dei vizi come accade nel testa di Peraldo, dove si ricorre alla teoria del procedere dei peccati dal­l'amor inordinatus in un breve inciso a meta della trattazione.

E se mai interessante notare che la dove una teoria compiuta e coe­rente sull'origine e sul procedere dei sette vizi viene formulata, come ac­cade nei testi di Grossatesta, in cui i singoli peccati vengono ricondotti alle forme di corruzione subite dall 'anima e dal corpo 97

, o nella Specchio de' peccati del frate predicatore Domenico Cavalca, in cui i peccati ven­gono ordinati a seconda del movimento interiore che li ha generati 98

, la classificazione scelta none certo quella del settenario dei vizi: in un caso e il sistema delle virtu, nell'altro quello delle passioni che diventano schema di classificazione dei peccati . Si tratta comunque di proposte minoritarie, nonostante la diffusione delle opere che le sostengono. La dove si tratta di classificare peccati, il settenario resta infatti lo schema preferito; la sua presenza, rispetto a quella di altri schemi , risulta senza

dubbio preponderante. E il modo pili comune di servirsi del settenario e quello di farne, al di

la di ogni giustificazione, un grande repertorio classificatorio. A confer­rna di questa uso prevalentemente tassonomico del settenario e interes-

dell. II , dopo l'analisi di gala, lussur ia, avari zia e accidia e prima dell'analisi di superbia, ira e invidia. Introdotta a giustificazione dell'ordine seguito dall 'autore, mostra come ogni vizio nasca dall'amore disordinato di un bene o di un m ale. Gola, lussu r ia e avarizia sono definite amori eccessivi per beni minori , l'accidia un amore troppo tiepido per un grande bene , Ia superbia un amore eccessivo per il proprio ben e, invidia e ira amori peril m ale del prossimo. Sull'or igine e Ia fortuna di questi modelli , cfr . WENZEL, The Seven Deadly Sins cit , pp. S-8 e supra, pp. 335-336.

97 Sulla classificazione dei peccati nelle opere pas torali di Roberto Grossatesta vedi su­pm , ~P · 346-347, nn. 39-42.

9 Nella Specchio de' peccati di Cavalca (ed . F . DEL FuRIA, Firen ze 1828), opera di sussi­dio per Ia confess ione che poteva servi re anche per Ia predicazione, composta verso il 1333, i peccati vengono classifi cati prima in base a sei fonda m entali << affetti o movimenti del cuore ,, (amor e, odio, dolore, gaudio , timore, speranza ) e po i ulteriorm ente suddivisi in base ad altri schemi (cuore\lingua\oper e\omissione e contra Dio\i l p rossimo\se stessi). La classificazion e dei peccati sulla base delle passioni , a una pr ima indagine, che andrebbe ulteriormente appronfondita, non r isulta m olto di ffusa . Nelle esubera nti lis te di p eccati proposte dalla m anualis tica per Ia confessione del XIV e del XV secolo, passate in rassegna piu avanti , solo il Confessionale di Marchesino da Reggio, nella versione presente nelle opere di San Bon aventura (VII, Romae 1596, p. 52 ), contiene un rapido accenno allo sche­ma delle sette affectiones, nell 'ordine spes, tin~or, gaudium, maeror, amor, pudor, odium.

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368 CARLA CASAGRANDE- SILVANA VECCHIO

sante notare come la struttura genealogica del sistema si vada progres­sivamente smorzando _ Si attenua la concatenazione genealogica di un vizio dall 'altro; ne resta qualche traccia nell 'indicazione di rapporti di causalita tra due vizi elencati in successione (classico e per esempio il rapporto di causa-effetto tra gola e lussuria, piu volte ribadito, rna non mancano accenni anche ai legami tra superbia e invidia, o tra invidia e ira) e nell 'ordine con cui i vizi vengono in molti casi passati in rassegna (superbia, vanagloria, invidia, ira, accidia, avarizia, gola, lussuria = svi­iaagl) , senza pero che si faccia in genere riferimento al modello concate­nativo che si nascondeva dietro questa sequenza 99 . Il piu delle volte i vizi vengono passati in r a ssegna secondo criteri che nulla hanno a che vede­re con la loro origine: a volte si comincia con i vizi carnali per passare poi a quelli Sf.nrituali , altre volte si sceglie la successione fondata sul ter­mine saligia (superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia), suc­cessione che mette in primo piano i tre vizi considerati piu importanti e che presenta indubbi vantaggi di memorizzazione 100 .

Anche il ruolo di radice della superbia rispetto agli altri vizi viene at­tenuata. Ribadito da molti testi, viene pero in parte ridimensionato dal rilievo sempre maggiore dato alla triade superbia, avarizia, lussuria, identificate con le tre concupiscenze dell'epistola giovannea 10 1, dall 'assi ­milazione, piuttosto frequente dopo il XIII secolo, di vanagloria e super­bia, che finisce col ridurre le distanze tra la superbia e gli altri vizi , e dal primato assunto in alcuni casi dall'avarizia, sulla spinta di una situazio­ne sociale nella quale i comportamenti legati all 'accumulazione dei beni acquistano un rilievo sempre maggiore 102

.

Resta invece il rappori:o di filiazione dei peccati dai vizi sulla base del quale e possibile procedere alla classificazione dei singoli peccati in ca­tegorie piu ampie, rna e interessante notare che per designare i gruppi di peccati dipendenti dai vizi, accanto, e a volte in sostituzione, ai termini filiae e rami si usano con sempre maggiore frequenza termini come spe­cies, div isiones , satellites , m embra , proprietates , che spostano l'attenzio-

99 Sulla cris i del m odello concatena tivo vedi supra, pp. 335-340 . 100 Peri di versi ordini di enumerazione dei vizi, ri conducibili sostan zialme nte a t re , il

primo fa tto r isalire a Cass ia no (glaitavs) , il secondo a Gregorio (siiaagl o viiaagl), il terzo a Enr \g? di Sus a (saligia) , s i veda BLOOMFIELD, The S even Deadly Sins c it., pp . 68-9 1 e 105-106.

Sullo schem a delle tre con cup1scenze n spetto a! settenar io dei vizi, vedi supra , p . 339, n . 19.

102 Cfr. L. K. LITTLE, Pride Goes before Avarice: Social Change and the vices in Latin Chri­stendom , «Am erican Hi storical Review», 76 , 1971 , pp . 16-49; e A. MuRRAY, Reason and So­ciety i11 the Middle Ages, Oxford 1978 , trad . it. Rom a 1986, pp . 67-90 .

LA CLASSIFICAZIO NE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 369

ne dal rapporto di discendenza a quelli di inclusione, partecipazione , modalita, somiglianza 103 .

Cosi come viene utilizzato nei testi di pastorale, il settenario tende dunque a pres entarsi come un repertorio tassonomico che non ha la pre­tesa di rivelare l'effettivo procedere dei peccati rna che risponde all'inte­resse primario dei protagonisti della pastorale: disporre di fronte al po­polo dei fedeli di un sistema classificatorio sufficientemente potente da consentire la descrizione e la valutazione di una grande quantita e varie­ta di comportamenti peccaminosi rna anche sufficientemente semplice da far rientrare queste molteplici e variegate forme del peccato in un nu­mero limitato e controllato di categorie.

Come tale il settenario si mostra di straordinaria efficacia. Gia nella sua formulazione piu semplice, quella prevista dal modello gregoriano, che assegna un certo numero di filiazioni a ciascun vizio , il settenario raggiunge una buona quantita e varieta di azioni peccaminose; se questa formulazione, come accade in molti casi, viene ulteriormente elaborata, facendo intervenire altri criteri , che si affiancano a quello della filiazio­ne o vi si aggiungono in seconda battuta dando origine a un procedimen­to di progressiva suddivisione, la mappa dei peccati individuati si esten­de ulteriormente. I criteri che intervengono all'interno dei vizi per indi­viduare e classificare vari tipi di peccati sono molteplici: e soggetti a va­riazione : ogni testa ne privilegia piu di uno e spesso variano da vizio a vizio all'interno di un singolo testo.

Basta guardare al piu importante trattato sui vizi del XIII secolo, la somma di Peraldo , per verificare come vi si proceda variamente alla sud­divisione interna dei vizi. Ogni vizio viene distinto in species o divisio­nes . Nel caso di superbia e ira e prevista anche la presenza di filiationes . In queste categorie trovano poi posto vari peccati (molti sono quelli del­la tradizionale enumerazione gregoriana) che vengono poi ulteriormen­te suddivisi in base a diversi criteri . In primo luogo quello binario fon­dato sulle opposizioni anima\corpo, interno\esterno, spirito\carne, che puo essere riferito sia alle modalita di esecuzione dei peccati (per esem-

103 Solo qualche esempi o: PERA LDO, Summa cit. , usa le categori e species, satellites, filiae, divisiones , senza distinguere con precisio ne, com e del res to a nche gli altri autori, tra que­sti termini ; il Fasciculus Marum, un tra ttato sui vizi e sulle virtu scritto nei primi anni del sec . XIV da un fra ncescano inglese ad uso dei p i-edicatori (ed. S . WENZEL, Pennsylvania Sta­te University, University Park and London 1989), usa membra e proprietates; ALEXANDER CARPENTARIUS, Destructorium vitiorum, Nuremberge, per Antonium Koberger , 1496, usa per tutti i vizi Ia suddivisione in species, tranne che per Ia vanagloria, d istinta in fi liae; su que­sta voluminosa somma di vizi composta in Inghilterra nel sec. XV, cfr. G. R . OwsT, The 'De­struct07·ium vitiorum ' of Alexander Carpe11ter, London 195 2.

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370 CARLA CASAGRANDE - SILVANA VECCHIO

pio la lussuria viene distinta in lux uria cordis et operis) che al contenuto della colpa (per esempio la tradizionale partizione delle superbia in in­teriore, se rivolta alle qualita intellettuali e morali della persona, ed este­riore, se riguardante beni esteriori, come la bellezza e la prestanza del corpo , la potenza e la nobilta della stirpe, la ricchezza e la raffinatezza degli ornamenti) . Un altro criterio utilizzato rinvia ai diversi obiettivi che i peccati possono perseguire: per esempio all 'interno dell'ira si di­stinguono gli atti di ira verso di se da quelli verso il prossimo e all 'inter­no della superbia gli atti contro la fede (eresie e varie credenze sospette), quelli contro Dio, gli angeli, i padri spirituali e carnali (tutti gli atti di ir­riverenza e disubbidienza). Per la lussuria funziona una particolare ca­tegoria di peccati , gli incitamenta , peccati che risultano attinenti a quel vizio in quanto capaci di provocarlo, categoria che consente a Peraldo di dedicare largo spazio ai temi dell 'ozio , dei rapporti con le donne, del po­tere seduttivo della musica e del canto. Un ulteriore criterio, che Peraldo usa con una certa frequenza , distingue i peccati in base alla figura del peccatore: per esempio all 'interno della lussuria vengono distinti i pec­cati che riguardano lo stato laicale da quello clericale, bipartizione che funziona anche per l'accidia e per la superbia, dove i peccati che riguar­dano gli uomini di Chiesa vengono ulteriormente ripartiti a seconda che siano commessi da prelati o da sudditi , da chierici o da claustrali ; all'in­terno dell'avarizia si riserva un'analisi particolare ai peccati dei mercan­ti, a quelli degli avvocati, dei ministri della Chiesa, dei giocatori.

I criteri con cui procede la somma di Peraldo sono piu o meno quelli di tanti altri testi dello stesso genere , precedenti e posteriori a quello del domenicano francese . A volte l'impianto appare << meno disordinato >>: al­cuni autori scelgono lo stesso tipo di suddivisione per ogni vizio invece di riservare a ogni vizio una sua articolazione particolare come avviene in Peraldo. Altre volte, a seconda dell'ampiezza e del tipo di testo, l'enu­merazione delle suddivisioni interne e molto rapida . Ma la dove, come accade nella somma di Peraldo e in molti altri testi , le potenzialita tas­sonomiche del settenario vengono esperite fino in fondo , allora il sette­nario si riempie di innumerevoli peccati .

E allora si scopre che quei vizi, << monastici >> per origine e tradizione, erano sta ti scelti a suo tempo con provvidenziale acume: funzionano in­fatti benissimo per descrivere i comportamenti peccaminosi delle donne e degli uomini che vivono nel mondo.

Certo grazie a una serie di aggiunte, precisazioni, distinzioni. Sieg­fried Wenzel, in un libro ormai classico dedicato all'accidia, ha mostrato come questo vizio , chiamato in ambito monastico a designare gli stati

LA CLASSIFICAZIO NE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 371

d'animo, dal torpor alla vagatio mentis fino alla desperatio , che provoca­no una specie di ottundimento progressivo della tensione spirituale, col passare del tempo si dilati fino a comprendere tutti i comportamenti in­dolenti , negligenti, oziosi nei confronti di Dio e del prossimo che si ma­nifestano nella vita religiosa come in quella sociale 104 . La stessa dilata­zione e laicizzazione che subisce l'accidia riguarda anche altri vizi: cla­moroso e il caso dell 'avarizia nella quale rientrano tutti i peccati legati all'affermarsi di un'economia mercantile e monetaria, dalla frode com­merciale all'usura, alle quali viene spesso dedicato ampio spazio 105. E non meno significativo e il trattamento riservato alla lussuria che pre­vede una regolamentazione precisa e circostanziata della sessualita dei laici, uomini e donne , in sintonia con la dottrina sacramentale del matrimonio 106

. Si potrebbe continuare cita ndo altri esempi: l'analisi della conflittualita sociale, nelle forme dell 'odio e della diffamazione, considerate aspetti dell'invidia 107 e in quelle della rissa , dell 'omicidio e della guerra, collocate all 'interno dell 'ira, la codifica di una disciplina delle pratiche alimentar i, che interviene sulla quantita, la preparazione e i modi di assunzione dei cibi , prevista all 'interno della gola 108, l' atten­ta valutazione sui modi di abbigliarsi, ornarsi e truccarsi delle donne che trova posto nella superbia, nella vanagloria o nella lussuria a secon­da dei casi 109

. Importante e comunque sottolineare la capacita del sette­nario di aderire alla complessa situazione che e chiamato a interpretare proponendosi come il contenitore di tutti i comportamenti peccaminosi che la societa degli uomini presenta in gran copia e varieta.

Contenitore che diventa sempre piu capiente se alla dilatazione inter­na dei singoli vizi si aggiunge un 'opera di integrazione rispetto alla stes­sa struttura del settenario. Non sono pochi i casi in cui ai sette vizi si ag­giunge un altro vizio, e in qualche caso anche piu vizi, in cui catalogare peccati che nei vizi tradizionali non trovano posto o che, occupando una

104 W ENZEL, The sin of sloth: 'Acedia ' c it. (vedi supra, p. 332, n . 4 ).

105 Cfr. M uR RAY, Reason and Society c it.

106 Sulla regola rnentazion e de lla sessu a lita all 'interno d el m a trimo nio n ei tes ti per Ia

confessione d el tard o rn edioevo cfr . T . N . TENTLER, Sin and Confessio11 in the Eve of Refor­mation, Princeton 1977, pp . 162-232 .

107 M. VJ NCENT-CAssv, L'Envie au Moyen Age, « Annal es E. S . C. », 35, 1980 , pp . 25 3-2 7 1

e C. CASAG RAN DE, 'Den·actio' e 'fama ' nella letteratum teologica e pastorale del secolo XIII , di pross irna pubblicazio n e in « Ricerch e Sto ri che •• .

108 Cfr. M. MoNTANARI, Alimentazione e cultura nel Medioevo , Bari-Ro m a 1988, pp. 3-12 .

109 Su superbia e omatus fe mminile cfr. C. CASAGRAN DE, La donna custodita , in Storia

delle donne , a cura di G. D usv e M. P ERROT, II , II Medioevo, a cura di C. KLAP ISCH -ZUBER, Rom a-Ba ri 1990 , pp. 113-11 7.

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372 CARLA CASAGRANDE- SILVANA VECCHIO

posizione marginale, meritano invece un rilievq particolare. Tommaso di Chobham, tra i primi a servirsi del settenario nella confessione, e an­che uno dei primi ad arricchirne l'intelaiatura complessiva inserendo nella sua rassegna dei vizi alcune distinzioni dedicate al sortilegio, alla menzogna, alla trasgressione dei voti e allo scandala, peccati esclusi dal­le enumerazioni tradizionali del settenario 110

. Peraldo aggiunge al suo settenario un otta:vo vizio, ilpeccatum linguae, in cui raccoglie e descrive ventiquattro peccati di parola, peccati che appaiono sempre piu gravi e diffusi in un mondo che, dall 'ambito politico e a quello religioso, si mo­stra sempre piu attento ai poteri della parola parlata 111

. L'integrazione di Peraldo avdt grande successo, rna none l'unica che il settenario abbia subito . Bartolomeo di San Concordia ai peccati di lingua si preoccupa di aggiungere i peccati delle donne, a riconoscimento della importanza del pubblico femminile come destinatario del discorso pastorale, soprattut­to mendicante 112 ; peccati contra lo Spirito Santo e peccati di pensieri, parole, opere e omissioni sono invece le integrazioni proposte dal Com­pendium theologicae veritatis di Ugo di Strasburgo 113 ; prima di lora un altro domenicano, Iacopo da Benevento, nel Viridarium, un fortunato trattato di vizi e virtu, aveva fatto seguire a una parte sui sette tradizio­nali vizi un'altra parte intitolata De aliis peccatis, in cui venivano passati in rassegna tutti i peccati << dimenticati » nella parte precedente 114 . Le in­tegrazioni continuano anche nei secoli successivi: Antonino da Firenze chiude la sua analisi dei vizi del settenario, che occupa l'intera seconda parte della sua Summa, con una serie di capitoli dedicati a menzogna,

110 Tommaso si preoccupa di giusti ficare in qualche m odo J'analisi di questi peccati al­l'interno del settenario: Ia dis tinzione sui sortilegio, pasta di seguito a quella d edicata all 'i­ra d ove si e a lungo t ratta to d elle varie fo rme di omicidio, viene cosi introdotta: " Quia m entionem fecimus d e vene fi c iis non est incongruum d e sortibus e t sortilegiis aliquid interserere » (Summa confesso rum ci t. , p . 466 ); per Ia m enzogna, che segue Ia superbia: << Quia vero tam ex invidia quam ex superbia sepe nascitur m endacium, pauca de m endacio dicenda sunt » (p . 539); per lo scanda la, che chiude Ia parte dedicata ai peccati: «Post hec res ta t ut dicamus de scanda la quia m aximum peccatum est >> (p . 566) .

111 C. CASAGRAN DE - S. VECCHIO, I peccati della lingua, Disciplina ed etica della parola nella cultura medievale, Roma 1987, pp. 103-140. A Pera ldo basta denunciare l'assenza di un vi­zio ta nto diffuse dalle tradizionali classifica zioni per giusti ficar ne l'aggiunta a! settenario: " Ultim o inter peccata dicendum est d e peccato lingu e quia istud peccatum remanet post alia peccata. Multi cavent s ibi d e aliis peccatis qui non cavent sibi a peccato lingue >> (Sum­ma cit ., II , p. 371) .

112 BARTHO LOMAEUS DE SANCTO CONCORDI O, De docum entis antiqu oru m , Tarvisii 1601. 113 H uGo RIPELI N DE ARGENTI NA, Compendiu m theologicae veritatis cit. , pp . 119-121 . 11 4 IAcosus DE BENEVENTO, Viridarium consolationis, in Bibliotheca Casinensis, IV, Mon­

tecassino 1880 , pp . 263-315 .

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 373

spergiuro, trasgressione dei voti e infidelitas 115 ; Dionigi il Certosino, nel­la Summa de vitiis et virtutibus , si preoccupa di aggiungere alla fine del settenario peccati di complicita e peccati della lingua 11 6 _

Ma certamente il testa che presenta un maggior numero di integra­zioni esterne al settenario e il Tractatus de vitiis dell 'agostiniano Enrico da Frimaria, composto nella prima meta del XIV secolo, dove si mostra che sette sono i generi dei peccati, come le sette teste della bestia dell'A­pocalisse, rna che il settenario e solo una di queste, le altre sei corrispon­dono ad altri sei generi di peccati, che Enrico elenca e analizza con cura: i peccata clamantia , peccati di tale enormita che gridano vendetta a Dio; i peccata muta, peccati innominabili a causa della I oro turpitudine; i pec­cata in Spiritum sanctum , i peccati irremissibili; i peccata aliena 117, i peccati che si commettono consentendo in varia modo ai peccati altrui , i peccata maledicta, i peccati individuati dalle dodici maledizioni divine elencate in Deut . 27, 15-26; i peccata venialia, i peccati meno gravi 11 8.

Manon basta: esistono, e ancora una volta l'autorita di Greaorio Mauna "' "' e decisiva, altri peccati, i peccata occulta , cioe tutti quei peccati che si

presentano sotto le mentite spoglie della virtu, e ad essi Enrico di Frima­ria dedica un intero trattato in cui arriva a contare ben 42 tipi dipeccata

lt . . . . . l I I 9 l d l d occu a, se1 per ogm VlZlO capita e . A i a ei problemi che questa complesso sistema dei peccati pone, problemi relativi alla sua coerenza interna e alle tradizioni cui fa appello, dal nostro punta di vista e inte­ressante notare come nuovi e diversi tentativi di classificare i peccati in base ai piu diversi criteri , la gravita, le conseguenze penali, le modalita, l'autorita della Scrittura, avvengano all 'ombra del settenario: le nuove classificazioni non si pongono come alternative al settenario ~a lo inte-

115 . ANTONINUS DE F LORENTJA, Summa theologtca, II , Venetii s, per Leonardum Wild de Ra-

tisbona et Raynaldum de Novimao-io 1480-1481 I 16 ~ I •

DroNYSII CARTUSIANI Summa de virtu tibus et vitiis libri duo, in I D. Opera Omnia, XXXIX, Tornaci 1910, pp . 146-160.

11 7 Sulla categoria dei peccara aliena nelle opere di alcuni predicatori (in pa rticolare

Bertoldo di Ratisbona e Giovanni Hero lt ), cfr . R . N EWHAUSE R, From Treatise to Sermon: Johannes Herolt on the 'novem peccata aliena', in De o1·e Domini. Preach e1· and Wm·d in the Middle Ages, ed . T. L. AMos - E. A. GR EEN - B. M. KI ENZLE, Ka lamazoo Michi o-an 1989 pp. 185-209.

0 '

11 8 H ENRJ cus DE FRIEMAR, Tractatus de vitiis, Basel, Universita tsbibliothek , m s. A.

VIII.34, ff. 87v-121r. Cfr. C. STROICK, Heim·ich von Friemar. Lebe11, Werke, philosophische­theologische S tellung in der Scholastik , Freiburg 1954, pp . 67-71 , dove si riproduce l'indi ce dell'8~era; BLOOMFI ELD, l ncipits cit., n . 6456 , p. 558.

. H ENRICUS DE FRIEMA R, Tractatus de occultatione vitiorum sub specie virtu lwn , Basel , Umv., ms. A. VII .34 , ff. 168v-1 88r. BLOOMFI ELD, l ncipits c it ., n . 1982, p . 180. Peril passo di Gregorio che e all'origine del tra ttato, vedi S . GREGOR II MAGNI Moralia in l ob III XXXIII 65-69 , ed. M. ADRIAEN, CCL 143 , Turnholti 1985, pp . 155-157. ' ' '

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374 CARLA CASAGRANDE - SILVANA VECCHIO

grano o lo attraversano finendo in tal modo per accrescerne la gia tradi­zionale e , almeno dal punto di vista pastorale , indiscussa autorevolezza.

Autorevolezza che finisce con l'assegnare al settenario compiti che di partenza non gli competono : da schema privilegiato per la classificazio­ne dei peccati diventa infatti in qualche caso contenitore di tutte le nor­me positive e negative cui il fedele deve attenersi, una specie di somma settenaria del buon cristiano. I procedimenti sono quelli gia descritti a proposito dell'immissione di nuovi pecca ti e ora utilizzati per aumenta­re la portata catechetica dello schema: dilatazione dei contenuti dei sin­goli vizi (per esempio: analisi degli articoli di fede all'interno della su­perbia, delle opere di misericordia nell 'avarizia, di alcuni sacramenti, eucarestia e penitenza, nell'accidia) 120 e integrazione del sistema con l'aggiunta della sua parte positiva , il settenario delle virtu. Incuranti del­la non corrispondenza del settenario dei vizi con il settenario tradiziona­le delle virtu, costituito dalle tre virtu teologiche e dalle quattro cardina­li , molti testi, a partire da quello autorevole di Peraldo, giustappongono senza problemi i due sistemi , analizzandoli in successione 12 1

. La solu­zione, che alcuni teologi , tra cui Tommaso, avevano proposto , di far emergere l'analisi dei peccati da quella delle virtu trova nei testi pastora­li alcuni esempi importanti: i gia citati testi pastorali del Grossatesta , il Deus est e il Templum d01nini 122 , cui valla pena di aggiungere l'influente Liber de virtutibus et vitiis (1277-1285) del francescano Servasanto da

120 Si veda ad esempio come il Fasciculus morum dilata Ia funzione catechetica del se t­tenario: nel capitola dedicato a ll 'invidia e inserito un lungo brano sui Cristo (nascita, vita, passione, resurrezione, ascensione), sull 'azione della Spirito Santo e sulla Trinita, che ha Ia funzione di mostrare come si possa recuperare il bene perdu to della carita, considerata virtu contra ria all'invidi a (Fasciculus cit ., pp . 200-3 1 0); all 'interno dell'accidia so no previ ­st i capi toli sulla messa (pp. 404-416), sulla penitenza, sull'elem osina, sui digiuno, e sulle virtu , fede , speranza, carita, pr udenza, temperan za, forza, che assistono l'uomo nella bat­tagli a contra i tre nemici , mondo, carne e d iavolo (pp . 428-624). Altri esempi della dilata­zione catechetica dei vizi nel Dest1·uctoriwn vitiorum del Carpentaria (vedi supra, n. 103): lunga disamina delle opere di misericordia spiri tua le e corporale a ll 'intemo della obdw·a­tio cordis, specie dell 'avarizia; an alisi degli art icoli di fede nell'infidelitas, figlia dell a perti­nacia, che e figlia della vanagloria, a su a volta specie della superbia.

121 In realta Ia prima parte della Summa virtutum ac vitiorum di Peraldo non compren­de solo le virtu, teologali e cardinali, rna anche i doni della Spirito Santo e le beatitudini evangeliche. La m olteplicita di schemi morali , che il testa presenta , conferm a Ia dilatazio­ne del oenere « trattato sui vizi e sulle virtu ,, a somma complessiva della morale cristiana; d'altro "canto gli schemi restano sostanzialmente indipendenti tra !oro, a parte Ia corri­spondenza stabilita da Peraldo tra i doni della Spir ito Santo e le beatitudini, mostrando le difficolta di ten uta e le incoeren ze di un sistema costruito per sovrapposizione. Sui proble­mi relativi alia contrapposizione del settenario a quello delle virtu, cfr. supra, pp. 343-344.

122 Cfr. supra, pp. 345-347 .

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 375

Faenza. Esempi importanti , che comunque, lo ricordiamo, non compor­tano la « scomparsa » del settenario dei vizi, rna solo una limitazione dei suoi privilegi · pressoche esclusivi in fatto di classificazione dei peccati 123 ; e in ogni caso esempi numericamente limitati rispetto alla gran copia di testi che fanno invece appello al settenario dei vizi. Capita se mai di trovare testi che, per risolvere il problema della corrisponden­za dei vizi con le virtu , piuttosto che modificare il sistema dei vizi prefe­riscono intervenire sul sistema delle virtu approntando appositi settena­ri di virtu in grado di porsi come effettivi contrari de( vizi 124

.

Insomma il grande successo pastorale del settenario risulta alla fine ampiamente giustificato da tutti i requisiti che il vecchio schema mostra di possedere: capace di individuare un numero sempre piu alto di pecca­ti , pronto a prendere le misure di fronte a peccati << nuovi » che si impon­gono e a' peccati << vecchi >> che si trasformano, disponibile a tutte le inte­grazioni interne ed esterne che il variare delle situazioni impone tanto da diventare veicolo di un intero progetto morale e catechetico, rna nello stesso tempo sempre uguale a se stesso neUe sue componenti fondamen­tali, fedele alla semplicita della sua struttura, facile da ricordare, agevole da usare. Domina nel colloquia tra fedele e confessore, ritorna piu volte

123 Servasanto ad esempio parla esplicitamente di puntuale contrapposizione trail set­tenario delle virtu e quello dei vizi e di fatto recupet·a i s ingoli vizi a ll 'interno dell'ana lisi delle virtu . Cfr. SERVASANTO DA FAENZA, Liber de virtutibus et viti is, dist. I, cap. 15: Quod sep­tem sunt virtutes et vitia principalia, Firenze, Bib!. Naz., ms. Conv. sopp. E . 6. 1046, f. 6rb­va: «His itaque suppositis est sciendum quod sicut septem virtutes sic et septem sunt vitia. Quia si uni vi rtuti plura sint opposita vi tia u t uni media duo extrema tamen septem sunt peccata capitalia ad que possunt reduci omnia a lia ... De oppositione vera virtu tum et vitio­rum quod cui sit oppositum patebit in prosecutione singulorum dum statim post virtutem vitium ponetur contrarium >>. Di fatto i due settenari non si r ivelano poi tra !oro speculari: gola, lussuria, superbia, avarizia, ira e accidia vengono individuati come vizi opposti a lia temper.apza, o meglio a una serie di virtu comprese nell a temperanza (sob rietas , castitas, humilitas, paupertas, dementia, spiritualis letitia ), l'invidia come vizio contrario alia carita; vengono poi enumerati vizi che non appartengono a! setten ario, e cioe infidelitas, despera­tio e stultitia, rispettivamenti definiti come vizi contrari a fede, speranza e prudenza. Cfr. P. L. O LIGER, Servasanto da Faen za e il suo 'Liber de virtutibus et vitiis "• in Miscellanea F. Ehrle. Scritti di storia e paleografia, I , Roma 1924, pp. 148-1 89, che ne pubblica anche !'in­dice aile pp . 175-176; BLOOMFIELD, fncipits cit., n. 6137, p. 530.

124 Cfr. per esempio l'elenco delle opposizioni vizio\virtu che presenta il Fasciculus mo­rum : superbiaVzumilitas, im\paciencia et mititas, invidia\caritas, avaritia'VJaupertas, acci­dia\occupacio sancta, gula\sobrietas, luxuria\castitas. Particolarmente a ttento a! problema delle contrapposizioni t ra vizi e vir tu si mostra Wyclif che, non senza esitazion i soprattut­to nel caso delle virtu opposte all'avarizia e a ll'accidia, giunge in fi ne a questa soluzione: superbiaV1wnilitas, invidia\caritas, ira\mimi levitas, accidia\servitium debitum Dei, avari­tia\ordinatus amor temporalibus usitw1di, gula\abstinentia, luxuria\castimonia (Trialogus cit., pp . 158-210).

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376 CARLA CAS AGRANDE - SILVANA VECCHIO

nelle parole dei predicatori, si impone infine anche alla vista. Jerome Baschet, in uno studio recente, ha mostrato come a partire dagli affre­schi del Camposanto di Pisa (c. 1330) il settenario diventi lo strumento per la rappresentazione dell'inferno, raffigurato come uno spazio diviso in sette parti in cui sette tipi di peccatori , individuati a partire dai sette vizi capitali , subiscono le pene che si sono meritati. Scelta questa che se­condo lo studioso francese va messa in rapporto con le scelte compiute a livello della confessione dove il settenario era divenuto lo schema pri­vilegiato per la classificazione dei peccati del penitente: l'interrogazione settenaria rende riconoscibile ed efficace l'immagine infer nale, questa a sua volta, in un rapporto di continua interazione, prepara all'atto della confessione aiutando a ricordare i peccati e mostrandone le drammati-

p­che conseguenze - ~.

Al successo pastora le del settenario contr ibuisce poi un vasto reper-torio di immagini capace di imporlo all'attenzione, allo sguardo , alla memoria di qu anti se ne devono servire. I modelli iconografici del sette­nario sono molteplici: un albero ramificato , la bestia dalle sette teste ci­tata nell 'Apocalisse, un corpo umano mostruoso da cui escono sette dra­ghi, una cavalcata di sette divers i personaggi montati su sette diversi animali 126. Alle immagini affidate ai fogli dei codici o alle pareti delle chiese si aggiungono poi le immagini verbali utilizzate in gran copia nei sermonari, nei trattati di vizi e virtu , nei testi letterari di tutta Europa. Animali e malattie sono le immagini preferite all'interno di un vasto re­pertorio di figure che viene continuamente incrementato. Solo a titolo di esempio val la pena di segnalare alcuni testi dedicati al settenario che presentano il loro oggetto all'interno di un discorso tutto figurato: il gia citato Speculum conscientiae pseudobonaventuriano, tutto organizzato sull'immagine di un albero, del quale vengono accu ratamente descritti

125 J . BASCHET, Les justices de l'au-dela . Les representations de l'enfer en France et e11 Italie (Xlle-XVe siecle), Ecole Franr;:aise de Rome, Rom a 1993, in particolare le pp. 293-349, de­dicate all 'affresco del Giudizio Universale dipinto da Buonamico Buffalmacco per II Cam­posanto pisano nel 1330; l'autore sottoli nea !'influenza della cultura domenicana nella scelta della schema settenario dei p eccati come modello iconografico per la rappresenta­zione dell 'inferno e insiste sui mutamenti che l'uso del settenario comporta nella raffigu­razione delle pene. Per le successive riprese del modello iconografico in l talia e in Fran cia,

cfr. ibid ., pp. 35 1-497. 126 Cfr. A. KATzENELLENBOGEN, Allegories of the Virtues and Vices in Medieval Art , London

1935; R. TuvE, Allegorical Imagery. Some Medieval Books and their Posterity, Princeton 1966, pp . 57- 143; J . O'REILLY, Studies in the Iconography cit. (vedi supra , p. 335 , n . 12);_ M. V!NCENT-CASSY, Un modele franr:ais: les cavalcades des sept peches capitaux dans les eglzses rurales de Ia fi 11 du XVe siecle, in Artistes, artisans et production artistique au Moyen Age, Actes du Colloque de Rennes, dir . X. Barra! y Altet, III , Paris 1990, pp. 461-487.

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 377

radice (cupiditas vel concupiscentia) , tronco (voluntatis consensus), rami principali (septem v itia) e secondari (filiationes), foglie (mala verba) e frutti (malae opemtiones) 127 ; un fortuna to testa, probabilmente opera di un francescan9 inglese vissuto tra XIII e XIV secolo, nato come Vene­num Malachiae , dove all'interno della metafora principale del peccato come veleno e della virtu come medicina trovano posto una serie di me­tafore secondarie, per lo piu tratte dal mondo animale e naturale, appli­cate in gran copia ai singoli vizi e alle singole virtu 128

; un'opera, che va sotto il nome di Ethymachia, che ha una buon circolazione tra XIV e XV secolo, dove vizi e virtu sono presentati come comandanti di due eserciti contrapposti 129 .

Si potrebbero fare molti altri esempi, rna preme qui soprattutto di sottolineare la presenza di questa grande repertorio di immagini relative a] settenario dei vizi che finisce per costituire un'ulteriore giustificazio­ne della lunga durata di questa schema . Rinunciare al settenario infatti avrebbe significato rinunciare anche a questa repertorio figurato che per secoli ha saputo tenere viva l'attenzione, la tensione e la paura nei confronti del peccato dei fedeli dell 'Europa medievale.

Settena7'io e decalogo

La lunga durata del settenario nella letteratura pastorale non impedi­sce a questa letteratura di sperimentare altri sistemi di classificazione del peccato. Abbiamo gia piu volte fatto riferimento a un sistema di clas­sificazione fondato sulle virtu , proposto in forme diverse da Roberto Grossatesta e da Servasanto da Faenza e anche a un sistema fondato sul­le passioni, elaborato dal Cavalca. Abbiamo pen) anche ricordato che questi sistemi, pur proposti da autori di rilievo in testi che hanna cono-

127 Cfr. supra, p. 335, n . 12. 128 MALACHI£ HIBERNICI Libel/us septem peccatorum mortalium eonunque remedia ... qui

dicitur Venenum Malachie , Parisiis, in officina Henrici Stephani , 1518. Cfr. BLOOMFIELD, In­cipits cit. , n. 5102 , pp . 437-438 . Pi u in generale sui rapporti analogici e metaforici che in­tercorrono tra discorso medico e d iscorso morale cfr. J. AGRIM I- C. CRJSCIA NI, Medicina del corpo e medicina de/l'anima. Note sul sapere del medico fino all'i11izio del secolo XIII , Milano 1978 e L. J. BATA ILLON, Les images dans les sermons du XIIIe siecle, «Freiburger Zeitschrift fur Philosophie und Theologie », 37/3, 1990, in particolare pp . 330-336 (ora in Id ., La p1·edi­cation e11 France et en l talie. Etudes et documents, a cura di N. BERJOU - D. D'AvRAY, Vario­rum Reprints, London 1993{.

129 Su questa testa , che c ircola da solo rna anche in appendice a] Lumen Anime, cfr. BLOOMFIELD, The Seven Deadley Sins cit. , pp. 138-139; M. A. RousE - R. H. RousE, The texts called 'Lumen Anime ', «Archivum Fratrum Praedicatorum », 41, 197 1, pp . 36-38; NoRMAN, Metamorphoses of a11 Allegory cit . Sui modello della battaglia vedi supra, p. 343 , n. 35.

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378 CARLA CASAGRANDE - SILVANA VECCHIO

sciuto una buona diffusione, incontrano una fortuna che e imparagona­bile per dimensioni a quella del settenario. Altri sistemi, come quello di classificare i peccati a seconda della figura e della condizione (status) di chi pili frequentemente li commette o quello di distinguerli a seconda dei modi in cui vengono commessi (peccati di pensiero\parola\opera\o­missione) e a seconda degli obiettivi cui si rivolgono (contro Dio\il pros­simo\se stessi), ricorrono con una certa frequenza rna , come abbiamo avuto modo di vedere, vengono usati spesso all'interno o a fianco del set­tenario, che mantiene e rafforza in tal modo la sua posizione di primato.

L'unica classificazione che puo vantare una fortuna paragonabile a quella del settenario e la classificazione fondata sul decalogo.

Se ritorniamo ai testi per la confessione, nei quali avevamo visto il settenario dar inizio al suo trionfo, vediamo che con un decalage di pochi anni un identico destino tocca anche al decalogo. Infatti se e vero che la scelta del settenario per ordinare i peccati del penitente, fatta dai primi manuali di confess~one, viene ripetuta poi da tutti i testi successivi, sen­za eccezioni, e anche vero pero che ben presto il settenario cessa di esse­

re il solo schema classificatorio impiegato. Proliferano infatti altri settenari: ai sette vizi vengono via via affian­

cati i sette sacramenti, le sette virtu, le sette petizioni del Padre Nostro, i sette doni dello Spirito Santo 130; rna contemporaneamente si ricorre anche al decalogo, agli articoli di fede , ai cinque sensi, aile membra del corpo, aile opere di misericordia corporale e spirituale, alla rassegna de­gli status. Si costituisce insomma un ricco inventario di classificazioni possibili al quale i singoli autori attingono in modo diverso: si va da una combinazione minima, in cui si ricorre a due o tre schemi, a una combi­nazione multipla, che prevede l'uso in contemporanea di quasi tutti gli schemi elencati. La scelta a favore di una molteplicita di classificazioni, al di la della varieta delle opzioni percorse, diventa un tratto comune a tutta la letteratura penitenziale dal XIII al XV secolo 131

. Si impone nelle sue forme pili articolate gia prima della meta del sec. XIII nei modelli di interrogatorio proposti da Ugo di San Caro e Guglielmo d 'Alvernia come nella complessa architettura dei testi di Roberto Grossatesta

132. In pieno

130 Sulla proliferazione dei settenari, cfr. supra, p. 344 , n . 36. 131 C. CASAGRANDE, La moltiplicazione dei peccati. I cataloghi dei peccati nella letteratura

pastorale dei secoli XIII-XV, in La Peste nera: dati di una realta ed elementi di una interp7'e­tazione, Atti del XXX Convegno del Centro Italiano di Studi sui Basso Medioevo , Todi I 0-

13 ottobre 1993 , Spoleto !994, pp. 253-284. 132 II modello d 'interrogatorio proposto dal domenicano Ugo di San Caro nel Commen­

to aile Sentenze (c. 1230) si svolge seguendo l'ordine dei settevizi e dei cinque sensi e si

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 379

XIII secolo la moltiplicazione degli schemi morali per l'interrogatorio del penitente e ormai un fatto acquisito: lo testimoniano i due testi per la confessione del cancelliere Roberto di Sorbona insieme ad alcuni for­mulari anonimi di grande diffusione 133

. Sulla stessa linea si collocano i testi per la con'fessione elaborati dai francescani tra XIII e XIV secolo: e il caso del rapido interrogatorio di Marchesino da Reggio, della com­pendiosa somma di Astesano da Asti, degli agili manuali di Giovanni di Erfurt e Giovanni Rigaud, del voluminoso trattato di Durando di Champagne 134

.

conclude con !'invito a considerare i peccati "professionali >>, i peccati d'intenzione, quelli contra i dieci comandamenti, gli articoli di fede e i sette sacramenti (cit. da Paris, Bib!. Nat. , ms. Lat. 3073 in P. MICHA UD-0UANT1N, Deux fonnulaires pour Ia confession du milieu du XII!e siecle, "Revue de Theologie ancienne et medievale >>, 31 , 1964, pp. 44-45) ; Guglielmo d'Alvernia (Supplementwn trgctatus novi de poenitentia, in Opera Omnia, Aureliae-Parisiis 1674, II Suppl. , pp. 244-246) propane un interrogatorio strutturato su sette vizi, cinque sen­si, dieci precetti con un rapido richiamo a virtu, opere di misericordia e pensieri\parole\o­pere; per l'attribuzione a Guglielmo d 'Alvernia di questa testa cfr. P. GLOR1Eux, Le 'Tractatus novus de poenitentia' de Guillaume d'Auverg11e, in Miscellw1ea Momlia in honorem A. Jans­sen ,1H, Louvain-Gembloux 1948, pp. 551-565. Per Grossatesta vedi supra, pp. 345-347.

RoBERTO DI SoRBONA, Ad sane/am et rectam confessionem e Cum repetes a proximo, in Maxima Bibliotheca Veteru m Patrum, XXV, Lugduni 1677, pp. 352-354, 354-358. I due te­sti, che dipendono da Guglielmo d'Alvernia (cfr. N. BER10U, Robert de S01·bon , in Dictionnai­re de Spiritualite, XIII, Paris 1988, coli. 820-821), sono costituiti da un esame di coscienza per penitenti, il prima, e da un interrogatorio ad uso dei sacerdoti, il secondo, e propongo­no una successione di schemi che comprende sette vizi, dieci precetti, virtu, opere di mi­sericordia e pensieri/parole/opere; solo il settenario dei vizi presenta una serie di esempli­ficaz!Om m forma di domanda, gli altri schemi vengono richiamati brevemente per lo piu con l'aiuto di versi mnemotecnici. Vicini al modello di Ugo di San Caro sono invece i due interrogatori composti verso Ia meta del secolo, denominati Confessio debet e Ad haben­dum salutiferae confessionis ordinem (editi in M1CHAUD-QUANTIN, Deux formulaires cit.): nel prima viene proposto il binomio sette vizi e cinque sensi, nel secondo una rapida rna arti­colata rassegna di schemi che comprende peccata puerilia , sette vizi, sette sacramenti , die­ci precetti, cinque sensi, membra del corpo.

134 II Confessionale di Marchesino da Reggio , scritto prima del 1315, ed. cit. (vedi su­pra, p. 367, n . 98) , pp. 48-52, elenca nell'ordine settenario, decalogo, peccati di complicita, circostanze e poi, molto rapidamente, cinque sensi , sette affectiones, peccati della lingua. La Summa de casibus conscientie di Astesano da Asti, composta verso il 1317 (Venetiis, per Johannem de Colonia et Johannem Manthen de Gherretzen, 1478), nel capitola dedicato all'interrogazione del penitente propane Ia triplice combinazione dieci precetti, sette vizi, cinque sensi cui aggiunge un esame delle circostanze, dei peccati contra naturae degli sta­tus. La Summa de poenitentia di Giovanni di Erfurt, scritta verso il 1295, prevede Ia rasse­gna del binomio settenario\decalogo (per l'indice dell'opera cfr. B. K uRTSCHEID , De studio iuris canonici in Ordine Fratrum Minorum saeculo XIII , «Antonianum >>, 2 , 1927, pp. 187-189). La Formula confessionis di Giovanni Rigaud , composta trail 1309 e il 1312, elenca cinque sensi, sette vizi, dieci precetti , opere di misericordia, virtu, sacramenti, circostanze aggravanti (per l' indice vedi A. TEETAERT, La 'Fonnula con{essio11is' du Frere Mineur Jean Ri­gaud (t 1323), in Miscellanea historica in honorem Alberti De Meyer, II , Leuven-Brussels

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380 CARLA CASAGRANDE - SILVANA VECCHIO

Le uniche voci che si discostano da questa comune presa di posizione a favore della molteplicita delle classificazioni, restando fedeli ai modelli di interrogatorio di Paolo d 'Ungheria e Raimondo di Penafort fondati sui settenario, vengono da parte domenicana, e sono quelle di Giovanni di Friburgo , Bartolomeo di San Concordia e Iacopo Passavanti 135

, rna e molto significativo che una serie di testi che rielaborano successivamente alcune di queste opere si preoccupino di integrare l'inter rogatorio << settenar io , con l'aggiunta di altre classificazioni morali: e il caso dei trattati a ttr ibuiti al cardinale Berengaria Fredol, composti tra XIII e XIV secolo , del compendia della Summ a di Giovanni di Friburgo che il do­menicano Guglielmo di Cayeux-sur-Mer scrive nei primi anni del XIV, del Supplem ento alia Summa Pisana di Bartolomeo di San Concordia com­piuto dal francescano Nicola di Osimo verso la meta del sec . XV 136

. Nu­merosi sono poi gli autori del XV secolo , tra i piu noti esponenti della

1946 , p . 662). La seconda pa rte dell a Summa collectionum pro confessionibus audiendis di Durando di Cha mpagne, con fess ore della regina di Ft-ancia, morto verso il1 340 , e tutta de­dicata all 'an a li si di st>~tenario (Paris, Bib!. Nat. , ms. Lat. 3264, ff. 22r b-103rb) e decalogo (ms. cit. , ff. 1 03rb-260v).

135 IoHANNES DE F RIBURGO, Summa confessorum, I. III , tit . XXXIV, q . 83 , Lugduni 15 18, ff. 192va- 193rb, dove a p roposito dell'interrogatorio del penitente viene r iproposto Io sch e­ma di Raimondo d i Peiia fort : se ttenario pili c ircostanze e status; schem a ripreso anche nel Confessionale , un manuale di confess ione ad uso dei sacerdoti meno esperti , dove il model­lo di interrogatorio e diviso in due part i, Ia prima dedicata al settenario integra to coni pec­cati della lingua, l'altra a lia rassegn a degli status; cfr. P . MICHAUD-QUANTIN, Sommes de ca­suistique et manuels de confession au Moyen Age (XII-XVI siecles), Louvain-Lille-Montreal 1962, pp. 49-50. BARTHOLOMAEUS DE SANCTO CoNCORDIO, Summa Pisana, s. v. Confessor II , 5, Venetiis, per Nicolaum Girardengum, 1481. JACO PO PASSAVANTI, Lo specchio di vera peniteJ1-za, ed . M. LENARDON, Firen ze 1925, p. 173, dove viene proposto un modello di interr ogatorio costitui to da vizi capita li e circostanze; !'opera, derivata da un ciclo di pred icazione quare­simale tenu to a Firenze nel 1354, e divisa in due parti: Ia p r ima e dedicata a lia p enitenza, Ia seconda , che verte sui vizi capita li e sulle virtu contrappos te, e incompleta e si limita al­l'ana lisi de lla coppia superbia\umilta e della prim a fig lia della superbia, Ia vanagloria.

136 La Summa 'Quoniam circa confessiones', rielaborazione del testa di Paolo d 'Unghe­ria attr ibuita a! cardina le Berengaria Fredol, si conclude con un vero e proprio t ratta to sui peccato, dove, sotto Ia rubrica D~ instrumentis ad cognoscendum peccatwn et quomodo va­leamus salubriter confiteri, si elencano in succession e: prece tti , articoli di fede , sacra menti, opere di misericordia spirituale e corporale, cinque sensi , viz i, virtu . Cfr. A. TEETAERT, La 'Summa de paenitentia: Quoniam circa confessiones' du Cardinal Berenger Freda/ Senior, in Miscellanea Moralia in honorem A. Janssen cit. , II , pp. 567-600 . La Summula in foro poeni­tentia/i, com pendia semplificato de lla somma di Ra imondo di Peiia fort ad uso del clero m eno prepa ra to, p robabilmente an ch 'esso dovuto a! cardinale Fredol , r iportando il passo di Ra imondo dove si raccomanda l'uso del settena rio nell 'interrogatorio, non ma nca di ag­giungervi un invito a servirsi in prima luogo del decalogo. Cfr. P. MICHAUD-0 UANT!N, La 'Summa in foro poenitentiali' attribuee a Berenger Freda/, « S tudia gratiana >> , II , 1967, pp . 145-167, in particola re p . 153. Gu!LLELM US DE CAJOCO, Summa confessontm Iohannis de Fri­burgo abbreviata, Pavia , Bib!. Univ. , ms. Aldini 8, f. 77vb, dove a set tena rio e ci rcostanze

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 381

letteratura per la confessione alia fine del Medioevo , che continuano a riproporre una lista piu o meno ampia di possibili classificazioni: i fran­cescani Bartolomeo Caimi, Michele Carcano, Pacifico da Novara e Ange­lo da Chivasso, i domenicani Antonino da Firenze e Giovanni Nider l'a­gostiniano Giacomo Filippo Foresti , il benedettino Andrea di Escoba; 137 .

Ora, di questa sistema multiplo di classificazione dei peccati, del quale si danno nel corso del tempo varie formulazioni , settenario e de­calogo sono il nucleo centrale . Sono infatti i soli due schemi che sono sempre presenti qualunque sia la combinazione di liste che ogni singolo autore sceglie di fare propria e sono i due schemi nei quali si raccoglie il piu vasto numero di peccati . Insomma quella stessa tipologia di testi che decreta la fortuna pastorale del settenario come schema di classificazio­ne dei peccati mostra di fare altrettanto con il decalogo.

E come per il settenario , anche per il decalogo il successo avuto nei testi per la confessione viene confermato e amplificato da tutti gli altri testi della letteratura pastorale . Quello stesso sistema di liste, che abbia­mo vista imporsi progressivamente nei testi per la confessione come strumento per la classificazione dei peccati, e del quale decalogo e sette­nario sono parti integranti ed essenzia li , viene incessantemente propo­sto nei sermoni, nei manuali di istruzione dottrinale, nelle somme di di­vulgazione teologica, nei trattati di perfezionamento spirituale come piccola enciclopedia dottrinale del buon cristiano, indice ideale di tutto cia che deve essere creduto , fatto o evitato, come viene detto, con una formula di successo, nel De tribus punetis religionis christianae, uno dei primi e piu diffusi compendi dottrinali per chierici e per laici, composto nel 1316 da Tommaso d'Irlanda 138 .

vengono aggiunti cinque sensi e dieci precetti; NiCOLAUS DE AusJMO, Supplementum Summe Pisanel/e, Venetii s, per Leonardum Wild , 1489: « E t non solum interrogati ones fac iende sunt de hi is vitiis sed etiam de arti culis fi dei et de sacramentis ecclesie et de preceptis de­calo~i et de operibus caritatis ... >>.

1 7 A parte i modelli rela tivamente semplici del Confessionale 'Defecenmt' di Antonino

da Firen ze (Venetiis, per Johannem de Colonia et Johannem Man then de Gherretzen 1480 ff. 30-70) che divide l'interroga torio in tre parti , settenario , decalogo, status, e del D~ /eprd morali di Giovanni Nider (Basileae, per Michaelem Wenssler, 1475) che divide i peccati se­condo settenario, decalogo e sacramen ti, gli a lt r i testi p resenta no lunghe liste di schemi debordanti d i p eccati . Gli schemi utilizzati , con qua lche omissione che varia da tes ta a te­sta , sono quelli gia sperimenta ti da i tes ti dei secoli precedenti e cioe: articoli di fede vizi virtu, decalogo, doni della Spirito Sa nto, beatitudini evangeliche, sacra menti , opere d i mi: sen cordta corporale e spir ituale, cinque sens i, status. Per una rassegna di ques ta manuali­sti c73~ardomedieval e, cfr. MICHAUD-Q UANTIN, Sommes de casuistiques cit. , pp. 68-83.

Cfr. BLOOMFIELD, Incipits ci t. , n . 5134, pp . 441-442 ; R. H. RousE - M.A. RousE Prea­chers, Florilegia and Sermons. Studies on the 'Manipulus flo rwn ', Toronto 1979, pp . 1 o'l-1 04 .

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382 CARLA CASAGRANDE- SILVANA VECCHIO

. a o dai testi volti all 'istruzione del ~1~-Molte testimomanze proven""on 1 ate nel 1281 al conCiho

. . . '1 1 ro inglese promu g ro Nelle costltuzwm per 1 c e G' ' . Pecham si raccomanda al

· f ano wvanm • di Lambeth dal vescovo rancesc 1 ttro volte all'anno «absque

. f d r per a meno qua sacerdote di esporre al e e 1 h t ' articoli di fede , decalogo,

.1. · t t ra p antas 1ca " , cuiuslibet subtl ltatls ex u . . . d' peccati capitali , virtu, sa-

. 1' . ere dl misencor la, 1 precettl evange lCl, op . 1 h variante nel numero e ne -

. 139 s 11 tessa lmea, con qua c e 1 cramentl . u a s . . 1' ero' settenario e deca ogo non . h . postl tra 1 qua 1 p II l' ordine degh sc eml pro , . . . lt ' al clero secolare tra XI e . . ll an trattatl nvo 1 d'

mancano mal, Sl ~o oca~o v olo ualche esempio significative in or l-XV secolo , tra cul - per Cltare sf. q . d ' tl'toli collocati in un quadro

.. d' na 1tta sene 1 • ne di tempo all mterno 1 _u 11' d ' Riccardo Wetheringsett, Gu-

1 1t d1lata to- que 1 1 · · · spazio-tempora e mo o . G . d d ' Monte Rocherio e Dwmgl glielmo di Pagula , Ranulfo J:llg~en,_ Ul o tol ambito va dato all' Opus tri­Certosino 140_ Un rilie_vo partlCO ~re mc~~:~ie tre trattati, il prima sul de­partitum di Giovanm Gerson, c_ e :a(interamente dedicato all'esame ~el calogo, il secondo s~lla confesll~wnt d ' ben morire : una specie di mamfe-

d · · ·) 1 terzo su ar e 1 · · settenario el VlZl , 1 1' . one che nelle intenzwm . ·-u radicale evange IZzazl , sto dl una nuova e pl

( . r d ' fede) quelle da fare (decalogo) e L'opera elenca nell'orci ine le co_se c~i credere aru co l I ' .

lie da evitare (settenario del VIZ!). . d S d ,z.th Other Documents Relatmg to que . C 1Cz1s an yno s, "

139 " Icrnorantia sacerdotum ,, Jn ow C Oxford 1964 II, pp. 900-905. " p ' E - c R HENEY' ' ( fr B M the Englis/1 Church, ed . F . M. OWICK . . , unt di Riccardo Wetheringsett ~ . . LOO :

140 Nel prolocro della Summa quz bene pl es l d lla Tn eta del sec . XIII, VIZ! capltah " 387-388) testo m " ese e ,.. . . . . . .

FIELD Incipits cit , n. 4583, pp. r ' f"che insiem e ad aru coh dl fede, petlZlOm e pr~cetti ven gono considera ti tr~ g l argom~~t~ e s~cramenti devono essere pili frequen­del Padre Nostro, doni dello Spm~o Santo, " redisponendo a proposito dl Clascuno t emente predicati dai sacerdoti . L opera p~o::~~~~te pub attingere; cfr. D. L. D'AvRAY, The . di questi schemi una sene dl maten ah CUI rom Paris before 1300, Oxford 1 985,_ pp . 82-86, Preaching of the Friars .. Sermons dzffu~e~ (l L'Oculus Sacerdotis, scri tto verso ll 1320 dal dove vien e riprodotto ll testo del ~ro o,o. de in considerazione decalogo e settenano s;: chierico inglese Guglielmo dl Pagu a , prenle sia come materia di predicazione; dr. L. . come schemi di interrogazJOne pemtenzla I . works of William of Pagula, " Transactions BoYLE, The " Oculus Sacerdotis ,, an d some o~~~ . 81-110. Per lo Speculum curatorum del of the Royal Historical Society_" • V s ..... 5. 194) 'cff' E. J . CROOK - M. JENN INGS, Gradmg ~m. a benedettino inglese Ranulfo HJdgen ( I 1 ~6ur~ AJ~imarum ', " The American Ben edlctme Medieval English Benedzctme m the Ct" altri testi di area inglese, cfr. W. PANTIN, The Review>>, 31, 1980, pp. 335-345. Per ques l e mbridge 1955, pp . 189-21 9. Lo spagnolo GUl­English Church i11 the Fourteenth Centu 1~, C~ . (V~netiis, per Andream de Bone_us de Pa-

d d . Monte Rocherio nel Manzpulus cw ato1 um I ta' del sec XIV analizza ll settena-o 1 ·ffu · cntto verso a me · ' 71 b) . 1483) testo di grande dl sJOne, s d te sulla penitenza (ff. 68ra- r e p1a , • ~ · ella secon a par 1 · ·

rio come strumento di interrogaz!One n . 'd li um (ff. 89rb-93ra); BLOOMFIELD , nczpz-il decalogo nella terza, dedicata allamformatzo ~~ ~471) nel De vita et regimine curatorum , ts cit. , n . 50 19, pp. 428-430. DJOmr~~;r~oes~~c~ ~mpio spazio sia al decalogo (pp . 253-264) (in Opera Omnza , vol. 37 ' Tornacl ) t per l'esam e di coscienza (pp . 287-289). sia al settenario, considerate come strumen o

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 383

dell'autore doveva raggiungere le fasce pili incolte e meno attrezzate dal punta di vista dottrinale del clero , dei religiosi , della popolazione laica, coinvolgere bambini e giovani fin dall 'infanzia, arrivare fin dentro gli ospedali presso l,e persone che soffrono e presso colora che se ne pren­dono cura, affidarsi alia parola parlata di predicatori e maestri e a quella scritta di tabelle da affiggere in tutti i luoghi pubblici, chiese , scuole, ospedali, luoghi religiosi 141 .

A questi testi , diretto supporto dell 'azione pastorale, si aggiunge una serie di opere che presentano in forma sistematica i risultati della rifles­sione teologica proponendosi come canali di trasmissione tra teologia e pastorale, tra queste: la Summa Iuniorum di Simone di Hinton e il Com­pendium theologicae veritatis di Ugo da Strasburgo per il secolo XIII, lo Speculum morale peri primi anni del XIV, e poi alcuni grandi somme del XV secolo come quelle di Arnoldo Geilhoven e Antonino da Firenze; tutti testi nei quali il posto del decalogo e del settenario all'interno di un si­stema dottrinale complesso , rna ormai definitivamente ordinato , viene ribadito e ulteriormente analizzato 142 .

Elementi stabili di un patrimonio dottrinale consolidate, rna anche tappe di un processo di perfezionamento spirituale, settenario e decalo­go ritornano anche in testi molto vicini a quelli appena citati , dove la di­vulgazione teologica si coniuga a finalita di tipo ascetico ed edificatorio , come lo Speculum del vescovo inglese Edmonda di Abington (fine XII) e la Diet a salutis di Guglielmo di Lanicea (ante 1311-131 7) 143 .

14 1 II testo originale dell ' opera e in francese, Ia vers ione la tina (cfr. Opera Omnia , I , An­twerpiae 1706, col\. 425-450) e forse opera dello stesso Gerson; peril testo francese, cfr. Le Miroir de l'Ame, in <Euvres completes, ed. P. GLORIEUX, VII. !, Paris 1966, pp. 1 93-206; Exa­men de conscience selo11 les peches capitaux, ibid ., pp . 393-400; La Medicine de l'Ame, ibid ., VII.2, pp. 404-407 , cui vanno aggiunte le due lettere che fanno da prologo all'opera com­plessiva, ibid ., II , Paris 1960, pp . 72-76 , aile quali si rimanda a proposito della destinazione e'dello scopo dell'opera.

142 SIMONE DI HINTON, Su mma Iuniorum, in IoHANNIS GERSONII Opera Omnia , I , Antwerpi­ae 1706, coli . 244-256 (decalogo), coil. 324-3 54 ( settenario). Uco DI STRASB URGO, Compen­dium theologicae veritatis cit., pp . 104-119 e 192-193. (PSEUDO) VI NCENZO DI BEAUVAIS, Spe­culum Morale, Douaci 1624 (rist. anast. Graz 1964), coli. 414-41 8 e 990-1404. Peril piano dello Speculum conscientiae (Gnotosolitos) di Ar noldo Geilhoven , cfr. A. G. WEILER, La sy­stematique de Ia theologie morale selon A mold Geilhovove11, in Vocabulaire du livre et de l'ecriture au Moyen Age, Actes de Ia Table Ronde, Paris 24-26 sept. 1987, ed. 0 . WEJ ERS, Turnhout 1989, pp. 11-1 8. ANTONINO DA FIRENZE, Summa theologiae cit., p. I, tit. XIV sui de­calogo e p. II , intera mente dedicata al settenario.

I43 Lo Speculum del vescovo inglese Edmondo di Abington , in entrambe le recensioni in cui viene tramandato, rispettivamente denominate Speculu m Religiosorum e Speculum Ecclesie (ed. H. FoRSHAW, Auctores Britannici Medii Aevi III , Oxford 1973) , prevede Ia co­noscenza di decalogo e settenario dei vizi, oltre chedi beatitudini , doni dello Spirito San-

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384 CARLA CASAGRANDE- SILVANA VECCHIO

Non va poi dimenticato l 'apporto dei predicatori che si rivela deter­minante sia peril settenario sia peril decalogo 144 : senza contare i singo­li sermoni dedicati al decalogo e al settenario o a ciascuno dei vizi e dei precetti, valla pena di segnalare alcuni sermonari interamente dedicati ai due schemi. Ci sono predicatori cui si devono cicli di sermoni su en­trambi gli schemi, come Ugo da Prato e Raimondo Lullo tra XIII e XIV secolo , Michele Carcano e Pel barto di Themesvar nel XV 145 ; altri che privilegiano il decalogo, e il caso di Bonaventura, di Tommaso e Aldo­brandino da Toscanella nel XIII, Pietro Geremia da Palermo , con un breve ciclo di sette sermoni, e Enrico Herp, con un voluminoso trattato di ben duecentotredici sermoni , nel XV 146

; altri ancora che scelgono il

to, virtu , arti coli di fede, sacram enti e op ere di misericordi a, com e aspetti della conte mpla ­zion e d i Dio a ttraverso Ia Scz-i ttura; su ques to punto, com e su altr i, il tes to r isente del De quinque septenis di Ugo d i Sa n Vitto r e, cfr. H. FoRSHAW, Saint Edmond 's 'Speculum': a clas­sic of Victorine Spirituality , «Archives d 'His to ire Littera ire et Doctr ina le du Moyen Age>>, 39 , 1972 , pp . 7-40 . La Dieta salwis (inS. BONAVENTURAE Opem Omnia , Ro mae 1596, VI , pp. 285-348) mostra un camm ino di per fez ion a m ento spi r itua le in sette tappe ch e comincia con l'a nalis i d e i sette vizi (pp . 286-294 ) e della pe niten za, prosegu e con Ia con oscen za de i precetti (pp. 301-305 ), de i consigli evangeli c i, d elle vi rtu , dei do ni dello Sp irito Sa nto e del­le beati tudini; cfr. B.-G . GuYOT, La 'Dieta salwis' et Jean R igaud, « Archivum Fra t rum Praedicatorum >>, 82, 1989, pp . 360-393, in parti cola re le pp . 375-388 .

144 S. VECCHIO, II decalogo 11ella predicazione del secolo XIII , « Cristian esimo n ella s to­r ia >>, 10, 1989, p p. 4 1-56.

145 Ugo da Pra to e Ra imondo Lullo inseriscon o i cicl i d i sermo ni su decalogo e se tte vizi a ll 'interno di sermo nari piu a mpi ch e s i presenta n o com e vere e prop r ie som me cate­chetiche: H uGo DE P RATO, Sermones communes, De virtutibus, De VII vitiis, Super Credo, Pa­ter Noster, De decalogo, cfr. TH. KAEP PELI , Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii Aevi, II , Romae 1975, n . 198 1, p p . 259-260 ; RAYMUNDUS LuLLUS, S umma sennonum (che comprende De decem praeceptis, De septem sacramentis, De Pater Noster, De Ave Maria, De virtutibus et viti is, De septem donis Spi ritus Sancti, De operibus misericordiae), in I D, . Opera Lati11a, ed . F . DoMINGUEZ R EBOIRAS - A. SORIA FLORES, CCM 76, Turnho lti 1987. L'osservante Michele Car­cane scrive un serm o na ri o sui setten ario dei vizii (Sermonarium triplicatum scilicet per adventum et per duas quadragesimas ... de peccato, Ven eti is, p er Fra nciscum d e Hai lbrum et N icola um d e Franckfordia , 1476), uno sui settenari d ei vizi e delle virtu (Sermonarium de commendatio11e virtu tum et 1·epmbatione vitionon, Mediola ni , per Uldericum Scinzen ze­ler, 1495) e un a ltro sui d ecalogo (Quadragesimale de decem preceptis, Venetiis, per Io ha n­n em e t Gregorium de Gregorii s, 1492). II francescano ungh erese Pelba rto di Themesvar e a uto re di un complesso qua d ragesi m a le diviso in tre parti , Ia prima dedicata alla peniten­za, Ia seconda al settenario d ei vizi, Ia terza a! decalogo (Serm011es quadragesimales , Hage­nau , B,er H . Grau , I SO 1 ).

1 6 S. B ONAVENTURAE Collationes de decem praeceptis, in ID. Opera Omnia, V, Ad Claras Aquas 189 1, pp. 507-532 . Peri sermoni su i decalogo di Tommaso d 'Aquino, vedi supra, p. 348, n. 46. ALDOBRANDINUS DE ToscANELLA, Expositio Decalogi, cfr. K~EP PELI, Scriptores cit. I , n . 136, p . 44 ; Aldobrandino scrive a nc h e un sermon ari o sui Credo e uno sui Pater Noster (Kaeppeli , Scriptores cit., n . 133, pp . 40-42 , n. ]37, pp . 44-45 ). PETRUS DE HIEREM IA DE PANOR­MO, Senno11es de decem praeceptis et de quadruplici lege, in Sennones divini Petri Hieremie,

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 385

solo settenario, come fanno i due francescani osservanti Roberto Carac­ciolo e Antonio da Bitonto sempre nel XV secolo 147

.

E infine una serie di trattati specificatamente dedicati al deca logo , alcuni piu br~vi , altri molto elaborati , la cui presenza , per quanto sicu­ramente inferiore a quella dei t rattati sul settenario, a un primo lavoro di cataloga zione si va comunque rivelando consistente. Solo qualche esempio: il De decem m an.datis di Roberto Grossatesta (1230-35), il Legi­loquium div ine legis di Giovanni del Galles (XIII2), il diffusissimo Precep­torium di Enrico da Frimaria (1324) , il De man.datis div inis di Wyclif (13 7 5-7 6) e poi nel XV la scarna ed essenziale Expositio decalogi di Russ cui si contrappongono i voluminosi pm eceptoria del domenicano Gio­vanni Nider (XV 1) , dell 'agostiniano Godescalco Hollen (1461-68 ), del carmelitano Giovanni Beets (XV2) 148 .

Una cosl ampia promozione del decalogo in ambito pastorale viene certamente favorita dal dibattito che si svolge in sede teologica. II recu­pero della riflessione patristico-agostiniana che aveva definitivamente saldato i precetti mosaici a quelli evangelici , una precisa definizione del­la natura e del ruolo del decalogo a ll'interno di una piu generale rifles­sione sulla legge e sulle sue parti zioni , il raccordo dei comandamenti con gli a ltri elementi della dottrina (virtu, doni dello Spirito Sa nto , sa-

Brixiae 1502 , ff. II-XVIII (l 'edi z . comprende a nche sern1 oni De adventu, De peccato, De fide, De oratione, Desanctis); H ENRICUS H ERPH, Speculum aureum decem preceptorum, Mu guntie , per Pe trum Sch aeffer, 1474; cfr. B . DE T ROYER, Bio-Bibliographia franciscana Neerlandica ante saeculum XVI , I , Nieuw koop 1974, pp . I 08-12 3.

147 RoBERTUS CARACC IOLUS, Quadragesimale de peccatis , Ven etii s, p er Andrea m d e To rea­nis de Asula, 1488 . ANTON IUS DE BITONTO, Sennones quadragesimales de vitiis, Ven etii s, a pud J. Hertzog, 1499.

148 Per i testi di Grossates ta e Gi ovann i de l Galles vedi supra, p . 350, n . 49 e p . 35 1, n . 53. Sui Preceptoriu m divinae legis di Enrico da Frimaria, di cu i s i conta no ci,-ca 400 m a no­scritti e una ven tin a di edi zioni quatt rocentesche, spesso sotto il no m e di Nicola d i Lyr a, cfr. B LOOMFIELD, Incipits cit. , n . 0526, p . 59 e B.-G . GuYOT, Quelques aspects de Ia typologie des Commentaires sur le 'Credo' et le 'Decalogue', in Les genres litteraires c it. , pp. 244-248; ed . consul tata: Coloni ae 1501. JoHANNIS W YCLIF Tractatus de mm1datis divinis , ed . J . LosERTH -F. D. M ATTHEW, Lo ndon 1922 . J oANN IS H us Expositio Decalogi, ed . W . F LAJSHANS, Prag 1903. IOHANNES NIDER, Preceptoriwn divinae legis, Mediola ni , per Leonardum Pac hel e t Uldericum Scinzen zeler, 1480-1485; cfr. KAEPPELI, Scriptores c it., II, n . 2540, p p. 507-508. GoDESCALcus H oLLEN, Preceptorium divinae legis , Colo nie, per Jo hannem Gulde nschaef, 148 1; cfr . W . Ec­KERMANN, Gottschalk Hollen OESA (t 1481 ). Leben, Werke und Sakramentenlehre, Wurzbu rg 1967, pp . 12 7-1 35. J oHANNES B EETS, Commen.twn super decem preceptis Decalogi, Lovanii, per A. Vander Heers tarten , 1486; cfr. E . VAN ARENBUGH , Jean de Beets, in Bibliographie Na­tionale, X, Bruxell es 1888-89, cc. 360-362. A qu es ti testi se ne posson o aggiunge,-e m olti a l­tr i. Nel lavoro di cata logazion e de i tes ti sui di eci com a d a m enti , che e a ncora in una fase inizia le, a bbia m o conta to a lmeno una c inquan tina di tito li solo per Ia tradi zione latina, sen za tener conto dei num erosi a n omini .

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386 CARLA CASAGRANDE - SILVANA VECCHIO

cramenti) , tutto questo costituisce una garanzia di coerenza e di orto­dossia dottrinale per chi di fronte ai fedeli si trova a fare appello alle ta­vole della legge mosaica. Ma la fortuna pastorale del decalogo non e una semplice verifica sul piano della prassi di un discorso tutto concluso a livello della teoria. Tra XII e XIII secolo, contemporaneamente alla ri­presa di interesse teorico sul decalogo, c'e una vera e propria scoperta delle potenzialita pastorali dei dieci comandamenti, potenzialita speri­mentate poi fino in fondo da quella vasta letteratura che nei secoli suc­cessivi si porra al servizio dell'azione dottrinale e morale della Chiesa.

Il testo che forse piu di altri illustra il val ore di questa « scoperta » del­le potenzialita del decalogo nei testi pastorali e paradossalmente un testa che abbiamo gia citato come uno dei piu favorevoli al settenario, la Sum­ma confessorum di Tommaso di Chobham. Nella d . I dell'art . III, intera­mente dedicata al problema della distinzione dei peccati , il chierico in­glese prende in considerazione, accanto al settenario dei vizi, altre clas­sificazioni di peccati, quella paolina (Rom. I, 29-31), quella «agosti­niana , 149

, rna all a fine la sua preferenza cade su quella ricavata dal de­calogo, invocata per sopperire alle mancanze delle altre classificazioni, che non comprendono peccati gravi come « la menzogna, l'idolatria, l'a­postasia, il venef:cio, il sortilegio, il peccato contra lo Spirito Santo ». Il decalogo non presenta questi limiti, la sua esaustivita e totale, << nei pre­cetti - scrive Tommaso- sono proibiti tutti i generi di peccati »;non solo, in esso si puo trovare << tutto cio che e necessaria alla salvezza » 150 . Il de­calogo assume nel testo di Tommaso una funzione omnicomprensiva della morale cristiana: individua i peccati non contemplati da altre clas­sificazioni, rna anche quelli da esse contemplati, contiene quindi in se queste altre classificazioni, quelle negative e quelle positive, rispetto alle quali assume una posizione di superiorita logica oltre che di priorita ge­nealogica. Tutte le indicazioni presenti in altri schemi morali possono dunque essere rintracciate nei precetti delle due tavole mosaiche, cosa che Tommaso puntualmente si preoccupa di fare stabilendo precise cor­rispondenze tra i singoli precetti, vizi e virtu enumerati dai tradizionali settenari. Dopo di cio, sulla scia di una concatenazione classificatoria quasi inarrestabile, propone una serie di corrispondenze tra settenari

149 Si tratta della enumerazione dei peccata capitalia e peccata m inuta, attribuita dalla tradizione ad Agostino, che in realta risale a Cesario di Aries ; cfr. CAESARII ARELATENSIS Ser­mones, ed . G. MORIN, CCL 104, Turnholti 1953, pp . 724-725 .

150 THOMAE DE CH OBHAM Su mma confessorum ci t. , pp. 14-43; i brani ci tati in traduzione si trovano a p . 27 .

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 387

(petizioni del Padre Nostro, doni dello Spirito Santo, vizi, virtu, beatitu­dini e premi eterni) , come gia in voga nel sec. XII 15! .

Strumento di classificazione dei peccati e somma dell'intera materia morale, ha dunque spiegato con estrema chiarezza Tommaso di Chobham. E di fatto come tale il decalogo viene recuperato ed usato da tutta la letteratura pastorale .

Come somma, repertorio di tutte le norme positive e negative che de­vono guidare la vita del cristiano, e quanto di piu autorevole ed efficace si possa trovare . Autorevole perche di origine divina, scriptum Dei , ripe­tono con insistenza i testi 152

; efficace perche in grado di dettare regole precise in ogni aspetto della vita del fedele , nei suoi rapporti con Dio, con la famiglia , con la comunita sociale, con l'interiorita dei propri de­sideri, il decalogo si presta ad essere il contenitore ideale della dottrina e della morale cristiana.

A volte si tratta di richiamare alla memoria i capisaldi di questa dot­trina e di questa morale e allora basta l'enumerazione dei precetti con un breve commento per ciascuno di essi ; altre volte si vuole rendere e~pl~cita _tu_tta la potenzialita dottrinale e normativa compresa in quei d1ec1 ordm1 e allora i singoli precetti si riempiono di indicazioni, racco­mandazioni, regale e proibizioni che da essi vengono fatte derivare, come accade soprattutto in alcuni testi , prima citati, i compendiosi prae­cept~ria di Enrico da Frimaria, Wyclif, Nider, Hollen, Beets, gli impo­nenti sermonari di Michele Carcano e Enrico Herp, che usano i dieci co­mandamenti come indice di vere e proprie somme. Accade allora che tutto l'apparato dottrinale e morale che nel tempo si e accumulato si di­sponga con ordine all 'interno dei singoli precetti : gli articoli di fede nel primo, le tre virtu teologali rispettivamente nel primo, secondo e terzo, oppure tutte nel primo, i sacramenti secondo alcuni nel primo e secondo

I 5 I . Cfr. supra, p . 344, n. 36. Sulla visualizzazione di questi sistemi di liste class ificato-

ne cfr . J .-C. SCHMITT, Les images classificatrices, « Biblio theque de I' Ecole des Chartes ,, 147, 1989, pp. 311-341 '

152 Giovanni del Galles parla a proposi to de l decalogo di una triplice scrittura di Dio,

«tam m cordi bus humanis , tam in tabulis lapideis, tam in sacris scripturis, (Legiloquium, Oxford , Bod!., ms . Lmcoln 67, f. 142rb); il tema del decal ogo come scrittura interiore le­gato alia defini zione del decalogo come compendio della Iegge na turale, ricorre pili v~lte. Ennco da Fnmana, nel prologo a! Preceptorium, insiste a lungo sulla scrittura interiore de1 dteCJ precetti, impressi da Dio su quella pa rticolare pergamena che e il cuore, rna par la anched1 una scnttura corporea, evidente nelle dita dei piedi e delle mani , non a caso dieci come 1 precetti , come di eci sono i sensi , cinque interior i e cinque esteriori. I] tema del euc­re e del corpo umano come supporti della scrittura divina del decalogo ritorna pili volte anche m test! successivi, per esempio, con una certa a mpi ezza, nel prologo del Precepto­rium di Godescalco Hollen .

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388 CARLA CASAGRANDE - SILVANA VECCHIO

altri nel terzo, le opere di misericordia nel terzo, nel quarto o nel setti­mo, i precetti relativi al culto nel terzo, le norme che regolano i rapporti dell 'individuo con l'autorita familiare, civile, religiosa, nel quarto , quelle che governano le pratiche giudiziarie nell'ottavo, quelle che presiedono all 'uso della parola nel secondo o nell 'ottavo, i criteri che regolano l'ag­gressivita sociale, dalla lite alla guerra, nel quinto , le regale che devono governare l'attivita economica nel settimo e nel decimo, quelle che ri­guardano il desiderio e l'attivita sessuale nel sesto e nel decimo. Insom­ma il decalogo ricopre con maggiore precisione , completezza e autore­volezza quel ruolo di somma dottrinale e morale che in qualche caso , come abbiamo visto, viene riconosciuto anche al settenario.

In piu, come se non bastasse, il decalogo incalza il settenario proprio sul suo terreno, quello della classificazione dei peccati, e anche li, alme­na a dar retta a quanta scrive Tommaso di Chobham, sembra essere in una posizione di vantaggio rispetto al vecchio settenario.

E in effetti tutti quei peccati che non trovavano posto nel settenario e che attraverso una serie di operazioni di integrazioni interne ed ester­ne vi venivano fatti rientrare non senza qualche sforzo, si dispongono quasi naturalmente all 'interno dei singoli precetti . Il primo comanda­mento << Non avrai altro Dio fuori di me » diventa illuogo naturale della condanna di due pec•.:ati la cui assenza dal settenario dei vizi tanto in­quietava alcuni teologi : quel comando e infatti interpretato come con­danna esplici ta di ogni forma di in fidelitas e di haeres is , paganesimo, giudaismo, islamismo, eresie, rna anche credenze e pratiche sortileghe e divinatorie, deviazioni superstiziose del culto . Il secondo << Non nomina­re il nome di Dio invano », che si rivolge direttamente contra la bestem­mia e lo spergiuro , e l'ottavo << Non dire falsa testimonianza contrail tuo prossimo ,, , che colpisce la menzogna, accolgono a partire da questi tre importanti peccati di parola tutti gli a ltri e diventano lo spazio di analisi e classificazione di quei peccati della lingua, la cui aggiunta al settenario era stata una delle piu importanti modificazioni di quello schema 153

.

L'ottavo , nel riferimento al tema della falsita, consente anche l'inserzio­ne di un altro tipo di peccati che erano stati aggiunti all 'enumerazione settenaria, i peccati di simulazione. In altri casi le immissioni di catego­rie di peccati estravaganti all 'interno dei precetti sono meno evidente­mente giustificabili , rna e interessante che vengano perseguite comun­que a riprova della conclamata esaustivita del decalogo. Enrico da Fri-

153 C . C ASAG RANDE - S. V ECCH IO, «Non dire falsa testimonianza contrail tuo prossi11W». Il

decalogo e i peccati della lingua , in La citta e la corte, a cura diD. R oMAGN OLI , Milano 1991 , pp. 83-107.

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 389

maria, che aveva circondato il suo settenario di una costellazione di altre categorie di peccati, nel Preceptorium trova il modo di inserirne una buo­na parte nei singoli precetti : i peccata clamantia e i peccata aliena diven­tano parte del settimo precetto , i peccata in Spiritum Sanctum del terzo .

Capace di sopperire a tutte le manchevolezze della classificazione set­tenaria, il decalogo si mostra idoneo, almena quanta lo era stato il sette­nario, anche ad accogliere i peccati nuovi o vecchi che una serie di tra­sformazioni di tipo economico, sociale e politico aveva posto alla ribalta o reso particolarmente diffusi. Tutti i peccati legati a un uso illecito della sessualita, con particolare riguardo ai rapporti tra coniugi all'interno del matrimonio, vengono individuati e classificati con cura all 'interno del sesto precetto << Non fornicare ,, e del nono << Non desiderare la donna d'altri >> . Ma l'attenzione nei confronti della famiglia , che e uno dei tratti caratteristici dell'apostolato soprattutto mendicante, trova spazio anche all'interno del quarto << On ora il padre e la madre ,, , dove vengono definiti con cura i rapporti di affettivita, subordinazione e solidarieta che devono intercorrere tra moglie, marito, figli, servi e presi di mira tutti quei com­portamenti che si discostano per eccesso o per difetto dal modello fissa­to. Il quarto precetto, grazie alla nozione di << paternita spirituale ,, , si pre­sta poi a una condanna di tutte le manifestazioni di insubordinazione irriverenza, ribellione contra l'autorita, si tratti di autorita civili (il re, il giudice, il governo cittadino) , religiose (l'abate, il vescovo, il papa) , mo­rali (i vecchi, i saggi) . Ma l'ambito dove forse il decalogo mostra di piu la sua capacita di aderire alla situazione sociale e quello dellavoro e delle professioni, nella varieta delle forme che queste attivita hanno assunto in un'economia sempre piu dominata dallo scambio e dal denaro. L'at­tenzione che i testi sul decalogo riservano alle attivita produttive, mer­cantHi e finanziarie e enorme. Se il terzo precetto << Ricordati di santifi­care le feste >> , a partire dall 'obbligo dell 'astensione dallavoro e dalle de­roghe che ne derivano, fornisce l'occasione di un' accurata classificazio­ne dei lavori inutili , utili, necessari e indispensabili , sono soprattuto il settimo << Non rubare >> e il decimo << Non desiderare la roba d 'altri ,, che diventano spazi per una analisi circostanziata di tutte le pratiche illecite legate all 'uso del denaro, le frodi , i vari tipi di usura, il commercia di og­getti vani e dannosi, lo smodato e turpe desiderio di guadagno.

Non basta. In grado di individuare peccati di difficile classificazione e peccati di particola re rilievo sociale, il decalogo si mostra in realta ca­pace di raggiungere tutti i peccati, compresi quelli che erano da tempo agevolmente distribuiti dentro al settenario. Di fatto tutti i peccati del settenario, a partire dai sette vizi principali fino all'ultima delle filiazio-

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390 CARLA CASAGRANDE- SILVANA VECCHIO

ni trovano posto all 'interno dei precetti . Gia Tommaso di Chobham, nel momenta in cui aveva affermato la totale esaustivita del decalogo rispet­to a i peccati, si era p reoccupato di mostrare come il decalogo contenesse in se il settenario e aveva stabilito precise corrispondenze tra precetti e vizi; in base a queste corrispondenze superbia e invidia rientravano nel primo precetto , accidia nel terzo, ira nel quinto, lussuria e gola nel sesto, avarizia nel decimo. Si tratta di procedure di inclusione del settenario nel decalogo che , con esiti a volte diversi da quelli indicati da Tommaso (l'avarizia in genere rientra nel settimo, la gola oscilla tra terzo e sesto, l'invidia tra primo e quinto, etc.) , vengono messe in atto da tutta la let­tera tura sul decalogo: presenti in alcuni testi di carattere teorico, diven­tano un tapas in ambito pastorale 154

.

Capiente summa della morale cristiana, reper torio completo , minu­zioso e aggiornato dei peccati, il decalogo ricopre insomma i due ruoli che avevamo vista essere stati assegnati nel tempo anche al settenario , e in questi due ruoli le sue prestazioni si rivelano pari, se non superiori, a quelle del vecchio settenario.

La sovrapposizione di funzioni non ha comunque determinato alcun rapporto di concorrenza tra i due schemi. I testi per la confessione , i ser­monari , le somme m orali , i trattati catechetici, tutti i testi pastorali , che abbiamo passato in rassegna, mostrano chiaramente che la fortuna del decalogo tra XIII e XV secolo corre parallela e non alternativa a quella del settenario: di fatto settenario e decalogo collaborano entrambi nel­l'interrogatorio del penitente, appartengono entrambi all 'apparato dot­trinale di cui un clero preparato deve essere in possesso, sono entrambi oggetto di predicazione, spesso ad opera della stesso predicatore.

154 THOMAE DE CHOBHAM Summa de poenitentia c it , pp . 32-33; le corrispondenze di Tom­maso di Chobham sono le stesse indi cate da Guglielmo di Auxerre, cfr . supra , p . 349, n. 47. Per le corrispondenze di Bonaventura , generalmente accettate dai testi pastorali di am­biente francesca no vedi supra, p . 349, n . 48 . Tra i tanti au tori che ind icano corrispondenze tra precetti e vizi va l Ia pena d i ci tare Simone di Hinton che discute su due diverse possi­bilita di raccordo dei vizi a i p rece tti : la prima, pili semplice e usuale, Ia seconda, pili com­plessa, con Ia qua le, tenendo canto delle intenzioni , delle finalita e degli effe tti dei singoli precetti , si da luogo a una rete di corrisp ondenze molto ampia (Summa Iuniorum cit ., pp. 254-256); le due serie di corrispondenze possono essere cosi illustra te:

superbi a I I , II , III , IV invidia IV IV, V, VIII ira V II , V, VIII luxuria VI , IX VI , IX gula VI, IX , I I , III , VI, IX acedia III III , IV avariti a VII , X I, IV, VII , X

LA CLASSIFICAZIO NE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 391

Anche gli autori che hanno nei confronti del decalogo un'attenzione particolare non si mostrano affatto disposti a rinunciare al settenario, a cominciare da Tommaso di Chobham, che pur ritenendo il decalogo pili esaustivo del settenario, sceglie poi quest'ultimo quando si tratta di pas­sare all'analisi dei peccati dei penitenti. Doppia scelta ampiamente con­divisa dagli autori successivi, in particolare da quelli che dedicano al de­calogo opere specifiche: Enrico da Frimaria e autore di un praecepto­rium , uno dei pili importanti e influenti , rna anche di due trattati sui vizi, di cui abbiamo parlato pili sopra, nei quali il settenario fa da strut­tura portante 155; Wyclif parla esplicitamente di una predicazione al po­polo fondata sui due schemi, settenario e decalogo, congiunti 156; Gio­vanni Nider scrive un trattato sui dieci comandamenti, che pullula di peccati disseminati tra un precetto e l'altro, rna in un testa rivolto ai con­fessori , il De lepra marali , dove si tratta di individuare tutte le forme di quella lebbra spirituale che e il peccato, si serve contemporaneamente del settenario e del decalogo, oltre che dei sacramenti 157; nella produzio­ne di Godescalco Hollen spicca un praeceptarium rna non manca un trat­tato sui sette vizi capitali 158 ; e infine, tra i tanti casi che ancora si po­trebbero citare, val la pena di richiamare quello di Gerson. Il prelato francese e infatti uno dei pili decisi sostenitori del decalogo sia a livello teorico sia in ambito pastorale, rna questo non gli impedisce di proporre pili volte l'uso del settenario nella confessione, tanto che in un libra re­cente e stata coniata a proposito di Gerson l'espressione «seven-sins mind-set » 159 .

Anche la disseminazione dei vizi all 'interno dei precetti, proposta da Chobham e da tanti altri, non si presenta come una dissoluzione del set-

I SS Vedi supm, pp. 373-374. 156 Wvcu F, Trialogus cit . (vedi supra, p. 33 8, n . 19) , p. 210: « Et tanta hie sint dicta de

septem peccatis m orta libus et virtutibus eis oppositis quibus adjunctis decem serm onibus decalogi, quos diffuse alias explanavi, po test p raedicari populo semen vivificum verbi Dei ». II riferimento e a! Tractatus de mandatis divinis (cfr. supra, p . 385, n . 148). Wyclif torna pili volte sui settena rio dei vizi anche nel Tractatus de civili dominio, cfr. BLOOMFIELD, The Seven Deadley Sins cit ., pp . 189-190 .

IS ? Peril De lepra morali e il Preceptoriw n di Nider vedi supra, p . 38 1, n. 137 e p . 385, n. 148.

158 Peril Preceptorium di Hollen, cfr . supra , p . 385 , n. 148; sui Tractatus de septem pec­cati mortalibus, cfr. E cKERMANN, Gottschalk Hollen cit. , pp . 135-140.

159 Cfr. C. BROWN, Pastor and Laity in the Theology of Jea11 Gerson, Cambridge 1987, p. 158. Sulle posizioni di Gerson in ambito teorico vedi supra , p. 360. Sui settena rio, oltre che nella seconda parte deli'Opus tripartitum dedicata a lia confessione (cfr. supra, p . 383, n . 141 ), Gerson ritorna in a ltr i due piccoli tratta ti: il Modus brevis confitendi, in CE.uvres cit. , IX, Paris 1973, pp . 84-86 e i'Enumem tio peccatorum ab Alberto posita, ibid., pp. 158-1 61.

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392 CARLA CASAGRAN DE- SILVANA VECCHIO

tenario nel decalogo: nei grandi praeceptoria e sermonari sul decalogo del XIV e XV secolo, i singoli vizi, quando vengono messi in rapporto con i precetti, mantengono la lora configurazione tradizionale e si in­stallano dentro al decalogo con tutte le specie, le figlie, i gradi con cui si presentano nel settenario, che viene dunque recuperate nella sua totali­ta, se pure pezzo dopa pezzo. A conferma del rapporto di collaborazione tra settenario e decalogo, quando poi i due schemi sono presenti in una stessa opera, il che accade, come si e vista , quasi sempre da un certo mo­menta in poi nella letteratura per la confessione e nei testi di istruzione religiosa, quelle stesse corrispondenze precetto\vizio ritornano sotto la forma del richiamo: pili spesso riguardano VIe VII precetto, peri quali i richiami d'obbligo sono rispettivamente a lussuria e avarizia, rna la possibilita del richiamo a qualche vizio non manca anche per altri pre­cetti; a volte non si tratta di un semplice richiamo rna di un vera e pro­prio rimando a leggere quanta compete a quel particolare precetto nella parte dedicata a un certo vizio all'interno della stessa opera

160. Inoltre i

richiami valgono nei due sensi , dal precetto al vizio , rna anche dal vizio al precetto; tanto che ci sono anche casi di inclusione totale del decalogo all'interno del settenario, come accade per esempio nel Fasciculus mo­rum, dove all'interno della carita, vizio opposto all'avarizia, si dedica ampio spazio all 'analisi dei dieci comandamenti che della carita sono

considerati manifestazioni 16 1

. Si costituisce insomma un discorso in cui e garantita la possibilita di

passare da un sistema di classificazione all'altro attraverso una rete di inclusioni e di rimandi reciproci. Di pili, i due sistemi risultano alla fine traducibili l'uno nell'altro: il settenario e compreso nel decalogo e, forse con qualche sforzo in pili, anche il decalogo puo essere fatto rientrare nel settenario. L'operazione e esplicita nell'Opus tripa7'titum. di Gerson: il trattato sui dieci precetti si chiude con l'immagine del decalogo come specchio in cui e possibile riconoscere i peccati compiuti attraverso i sette vizi; parimenti a conclusione del trattato successive , dedicate al settenario , si ricorda che attraverso l'analisi dei sette vizi e possibile sa-

160 E il caso per esempio di Gi ovanni Rigaud che per il VI e il VII precetto rinvia total­mente ai capi toli precedenti sulla lussuri a e sull'avarizia (Form ula confessionis, Paris , Bib!. Nat. , ms . Lat 3725 , E. 33r) e di Durando di Champagne che limita l'analisi del VI precetto a ll a Erase: "ea que de luxuri a dicta sunt supra su EEiciant >> (Summa collectionum pro confes­sionibus audiendis, Par is , Bib!. Na t. , ms. Lat. 3264, f. 220vb).

16 1 Fasciculus morum cit. , pp . 180-1 84; un piu rapido esame del decalogo e previsto an-che all'interno del capito la sull'avari z ia , le cui mani fes tazioni vengono descdtte come co71-

trarietates deca logi, cfr. ibid. , pp . 370-372 .

LA CLASSIFICAZIO NE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 393

p_ere_c~me si pecca contrail decalogo 162. In tal modo decalogo e settena­

no fimscono con il confermarsi a vicenda: l'autorevolezza, la precisione e la completezza del decal ago si riverberano sul settenario, che d'altra parte offre ai dieci comandamenti tutto il peso della sua tradizione e del­la s_ua forza retotica. Il settenario, sistema morale privo di qualsiasi base sc_ntturale, trova conferme addirittura nelle leggi scritte direttamente da Dw e puo in tal modo continuare la sua gia gloriosa fortuna . Dal canto suo il decalogo, meno popolare presso i fedeli e meno conosciuto trail cl_ero, puo trovare, nell 'accostamento ai sette vizi, un prezioso canale di d1ffusione.

,., ;':

In questa continuo andare e venire tra decalocro e settenario senza dimenticare tutti gli altri schemi morali che in ;ualche modo ~d essi vengono raccordati, il discorso pastorale mostra una grande capacita di accu_mulare, o~dinare, sistematizzare e omogeneizzare elementi di origi­ne d1versa, arnvando cosi ad inserire aspetti di novita all 'interno di un quadro tradizionale. La scoperta pastorale del decalogo nei primi anni del XIII secolo va di pari passo con la costituzione di un sistema di liste morali e dottrinali . Lo sforzo di integrare il decalogo dentro quel siste­ma ~esta costa?te nei secoli successivi. I procedimenti sono quelli che abb1amo descntto: accostamento al settenario e ad altre liste una rete di richiami e rimandi, vere e proprie inclusioni reciproche di ' un sistema nell'altro. Alla fine il decalogo e perfettamente ,, addomesticato >> : omo­geneo a tutte le altre componenti della dottrina, funzionale al progetto pastorale della Chiesa.

Ma in tutto cio non e in gioco solo la costruzione di un corpus dottri­nale e m~r~le coerente in ogni sua parte; c'e anche lo sforzo di prevenire una poss1b1le contrapposizione tra precetti divini e precetti della Chiesa, c~e. poteva emergere da un' interpretazione troppo radicale dell'origine d1vma del decalogo ; come accadde per esempio tra i lollardi in Inghilter-

162 G ERS L M' . d l'A . ON, e zrou· e me CJt. , p . 203: « Si veez comment contre les commanem ens o~ peche par les sept peches mortels: orguelh , envie, ire, avarice, paresse, luxure et g]uto­me, et par les cmq sens de na ture qui sont les yeulx, les o reilhes, le na is, Ia bouche ~t I'a­touchemen~. Et pa~ains i qui en ce miroir bien se mire, bien se voit e t cognoit, et peu se pnse, et sa,es est s d lu1 obe1st »; Id. , Examen de conscience selon le vices capilaux cit. p. 398. " Notes que pa l- ce qui es t dit de ces sept pechi ez mortels on peut scavo ir quant on ~e­chJe par les cmq sens de na ture et contre les dix comma ndemens et contre les oeuvres de m1sencorde et cano-e les a rticles de Ia foy ... » .

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394 CARLA CASAGRANDE - SILVANA VECCHIO

ra, che dell'insegnamento del decalogo fecero una priorita e che della proibizione del culto delle immagini contenuta nel primo precetto si ser­virono come argomento forte a sostegno della lotta iconoclastica 163 .

John Bossy ha mostrato bene come il progressivo prevalere del decalogo sui settenario vada collegato a un pili complessivo spostamento dei valo­ri etici dal piano orizzontale dei rapporti comunitari a quello verticale dei rapporti dell'individuo con Dio; rna see vero che questo processo cul­mina poi nella Riforma, dove di fatto il settenario viene definitivamente abbandonato e dove il decalogo trionfa, e pen) anche vero, e lo studioso inglese lo sottolinea con forza , che tutta la cultura teologica e pastorale medievale dei secoli XIII-XV aveva mostrato grande interesse peril de­calogo e perle implicazioni anche radicali che esso comportava 164.

Questa << recupero a rischio ,, del decalogo, assunto da un Jato come garante della tradizione e dall'altro come punto di fuga di un progetto ri­formatore e anche eversivo , puo a nostro parere spiegare il gioco delle assonanze, delle reciproche influenze, delle distanze e anche delle diffe­renze che intercorrono tra discorso teologico e discorso pastorale sui problema decalogo\settenario. Fino al XIII secolo teologia e pastorale sembrano procedere insieme: c'e accordo sugli oggetti, sulle interpreta­zioni, sugli intenti, sullinguaggio. Gli scambi continui e le influenze re­ciproche fanno si che esista una zona in cui i due discorsi si intersecano e si confondono. Testi per la confessione come quelli di Tommaso di Chobham e di Roberto Grossatesta sono sostenuti da una continua in­terrogazione di natura teorica; d'altro canto, autori come Giovanni della Rochelle , Guglielmo d 'Auxerre , Bonaventura e Tommaso mostrano una forte attenzione per la destinazione pastorale delle loro analisi. La rifles­sione sulla natura e sulla funzione del settenario dei vizi e del decalogo rimbalza nei testi per la confessione, nei sermoni, nei trattati di istruzio­ne religiosa, rna d'altra parte e proprio la diffusione dei due sistemi mo­rali in quel tipo di testi a imporli continuamente all 'attenzione dei mae­stri di teologia.

Dopo questa prima fase le strade delle teologia e della pastorale ten­dono a separarsi. Le differenze di lessico e di procedure discorsive si fanno sempre pili evidenti: alla crescente specializzazione dellinguaggio teologico, favorita dall'assetto disciplinare e istituzionale chela discipli­na va assumendo , corrisponde la specializzazione dellinguaggio pasto-

163 Cfr. M. AsTON, Lollards and Reformers: Images and Literacy in Late Medieval Religion , London 1984, in particolare le pp. 101-133 e 135-192. H . LEITH SPENCER, English Preaching in the Late Middle Ages , Oxford 1993 , pp . 199-200, 223-226.

164 BossY, Moral arithm etic cit.

LA CLASSIFICAZIONE DEI PECCATI TRA SETTENARIO E DECALOGO 395

rale , sempre pili affidato, al pari di quello teologico , a generi Ietterari de­finiti, accuratamente distinti secondo diversi livelli e ambiti di fruizione. Nello stesso tempo le intenzioni che muovono il discorso teologico ten­dono a distinguersi pili nettamente che in passato da quelle del discorso pastorale e vicevetsa: la teologia privilegia il piano della riflessione teo­rica, la pastorale quello dell 'intervento immediato. II discorso della teo­logia diventa un discorso sempre pili astratto, quello della pastorale sempre pili strumentale. Lo spazio che si e creato tra i due piani resta vuoto: una grande somma di teologia morale del sccolo XV, ancora for­temente ancorata all'impianto tomista, come quella di Antonino da Fi­renze, non si presenta di fatto come luogo di interrogazione teorica, rna come strumento di intervento pastorale 165 .

La vicenda del settenario dei vizi e esemplare: sottoposto allo sguar­do dei teologi ha mostrato ben presto tutte le sue insufficienze e incoren­ze e viene allontanato dai loro interessi; la sua fortuna non conosce in­vece appannamenti nei testi pastorali, dove viene pili volte invocato e utilizzato senza alcuna giustificazione che non sia quella della sua forza classificatrice e della sua capacita di suggestione retorica. Altrettanto esemplare e la vicenda del decalogo: dopo una prima fase di comune ri­scoperta la teologia si volge verso strade che alia pastorale non sono con­sentite. Mentre a livello pastorale continua il paziente lavoro di raccordo dei precetti con gli altri elementi della dottrina in un quadro di rassicu­rante tradizionalita, alcuni settori della speculazione teologica, e il rife­rimento e alle posizioni dell'etica volontarista, arrivano a posizione di estrema radicalita sperimentando fino in fondo la potenzialita eversiva del decalogo .

. 165

Sulla destinazione pra tica della Summa theologica di Antoni no , opera compila tiva scntta m funz10ne della predicazione , della confessione e della direzione spirituale , cfr. P. H owARD, «Non paru m /abo rat formica ad colligendu m ~mde vi vat , ,. Oral Discourse as the Contex t of the 'Summa theologica' of Antoni nus of Florence. « Arc hivum Fratrum Praedica­torum >> , 59 , 1989, pp. 89-148.