Cartografia e POTERE

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Capito I E’ chiaro partire dal presupposto che la carta geografica è un prodotto sociale. Un manufatto cioè che scaturisce e che rispecchia la società. Guardare una carta geografica significa infatti osservare il territorio indirettamente , cioè utilizzando i filtri culturali del suo produttore . Guardare una carta permette di addentrarsi nei meccanismi alla base della società. Si può arrivare a dire che ogni carata prima ancora di descrivere il territorio, descriva la cultura geografica che l’ha generata. Se la carta quindi viene considerata come prodotto sociale quindi anche uno strumento ideologico e geopolitico , possiamo dire che ogni documento , nel nostro caso la carta geografica, può essere interpretato e valutato solo in quell’ambito storico culturale. Cioè gli atlanti italiani della metà degli anni venti richiede di considerarli nel contesto di consolidamento del regime fascista. Da queste premesse emerge come lo sviluppo della cartografia sia strettamente connesso agli interessi del potere: la cartografia veniva visto come un valido strumento per la realizzazione di vari progetti politici. Inoltre occorre considerare altri due aspetti che contraddistinguono la cartografia di questo secolo : - Innanzi tutto è solo con il Novecento che termina l’epoca delle scoperte geografiche e si completa quel processo di esplorazione del pianeta che aveva fornito fino ad allora, l’alibi ai cartografi per le varie distorsione riportate sulle carta geografica. - In secondo luogo la realizzazione di carte e atlanti smette nel Novecento di essere finanziata dal potere. Con il Novecento anche il largo pubblico si avvicina alla carta geografica, quindi i destinatari dei messaggi cartografici non si identificano più con il potere. Questo fenomeno muterà le forme del rapporto

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Capito I

E’ chiaro partire dal presupposto che la carta geografica è un prodotto sociale. Un manufatto cioè che scaturisce e che rispecchia la società. Guardare una carta geografica significa infatti osservare il territorio indirettamente , cioè utilizzando i filtri culturali del suo produttore . Guardare una carta permette di addentrarsi nei meccanismi alla base della società. Si può arrivare a dire che ogni carata prima ancora di descrivere il territorio, descriva la cultura geografica che l’ha generata. Se la carta quindi viene considerata come prodotto sociale quindi anche uno strumento ideologico e geopolitico , possiamo dire che ogni documento , nel nostro caso la carta geografica, può essere interpretato e valutato solo in quell’ambito storico culturale. Cioè gli atlanti italiani della metà degli anni venti richiede di considerarli nel contesto di consolidamento del regime fascista. Da queste premesse emerge come lo sviluppo della cartografia sia strettamente connesso agli interessi del potere: la cartografia veniva visto come un valido strumento per la realizzazione di vari progetti politici.

Inoltre occorre considerare altri due aspetti che contraddistinguono la cartografia di questo secolo :

- Innanzi tutto è solo con il Novecento che termina l’epoca delle scoperte geografiche e si completa quel processo di esplorazione del pianeta che aveva fornito fino ad allora, l’alibi ai cartografi per le varie distorsione riportate sulle carta geografica.

- In secondo luogo la realizzazione di carte e atlanti smette nel Novecento di essere finanziata dal potere. Con il Novecento anche il largo pubblico si avvicina alla carta geografica, quindi i destinatari dei messaggi cartografici non si identificano più con il potere. Questo fenomeno muterà le forme del rapporto tra cartografia e potere rendendole più sofisticate e articolate.

A poco a poco , infatti in tempi diversi sorgono degli uffici cartografici di Stato, incaricati di provvedere alla produzione cartografica richiesta dagli organismi pubblici. Con il passare del tempo questa produzione istituzionale diverrà frutto di libra iniziativa imprenditoriale e ispirata a logiche di mercato. Si tratta di prodotti per la scuola oppure finalizzati a soddisfare le esigenze di consultazione di un vasto pubblico. Questa seconda produzione prende il nome di editoria cartografica privata o commerciale.

Capitolo II

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Ci potranno essere sfumature marginali ma ogni definizione di carta geografica concorda nel dire che essa è una rappresentazione approssimata ridotta e simbolica della superficie terrestre.

Approssimazione: Il termine planisfero con il quale oggi chiamiamo una carta del mondo , sta per sfera messa in piano , cioè un oggetto originariamente a tre dimensioni riportato a due. Perfino l’etimologia ci segnala come la carta comporta inevitabilmente inconvenienti tecnici che danno luogo a deformazioni. A questo vincolo ci si riferisce quando si parla di approssimazione della carta geografica. E’ importante sottolineare come ogni proiezione assegna a ciascun territorio sulla carta una superficie e una forma diversa rispetto a ogni altra proiezione, con differenze anche molto accentuate. Ad esempio , la proiezione di Mercatore altera le dimensioni delle aree del pianeta a scapito di quelle equatoriali e a vantaggio di quelle più vicine ai poli. Una proiezione che piace agli europei poiché da evidenza al loro continente, ma questo sistema è utilizzato anche negli atlanti usati in Africa nonostante questa riduca notevolmente le dimensioni di quel continente su carta. C’è una ragione: l’Europa è la culla della cartografia moderna e questo le ha permesso di condizionare tutto il resto. Nel 1950 a seguito di una convenzione internazionale si stabilì un sistema di riferimento internazionale basato sulla proiezione di Mercatore. Uno storico tedesco si mobilitò contro l’uso diffusio della proiezione di Mercatore, colpevole di alterare le visioni spaziali. Peter propose una proiezione che faceva giustizia e restituiva dignità geografica alle aree più povere del pianeta. Ma la novità di Peters non era altro che un’altra delle infinite possibili proiezioni del globo. Questa proiezione tendeva a dare una visione degli spazi mondiali coerente con i problemi del terzo mondo in voga in quel periodo, valorizzando i paesi più poveri. La vicenda di Peters ci porta a capire come la rappresentazione geografica non sia altro che un prodotto sociale in quanto scaturisce dalla visione collettiva della società .

La riduzione : Tutti gli oggetti che si trovano su un territorio non possono essere rappresentati a grandezza naturale e richiedono pertanto che le loro dimensioni vengano ridotte. La scala è dunque il rapporto di riduzione tra gli oggetti geografici presenti nella realtà e quelli raffigurati nella carta. Una carta ben realizzata riporta sempre una scala geografica in tal modo consente al lettore di risalire alle dimensioni reali degli oggetti rappresentanti. Ma nella realtà il principio di riduzione viene spesso disatteso, infatti è evidente che spesso una misura sulla carta non corrisponde esattamente alla dimensione della realtà come la definizione di scala ci porterebbe a credere. Gli oggetti sulla carta , cioè, non hanno tutti la stessa scala. Se l’oggetto da rappresentare è di dimensioni eccessivamente ridotte per essere visualizzato

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il cartografo si trova costretto a falsarne la riduzione riproducendolo su scala diversa. Quindi si è costretti ad aumentare la larghezza ad esempio di determinati oggetti come possono essere i confini. Questa alterazione ha portato nelle carte del passato ad enfatizzare determinati oggetti rispetti ad altri. Basta pensare ai castelli che venivano disegnati più grandi nei villaggi pur essendo evidentemente più piccoli. Ma il castello era la sulla carta e la sua presenza produceva due effetti: accrescere la percezione del potere, e dar vita a gerarchie spaziali laddove un castello più grande sulla carta corrisponde un maggiore potere. Ma c’è un altro intervento diretto del cartografo ovvero la dimensione del territorio che va ridotto dimensioni riproducibili su carta. Il cartografo possiede margini di discrezionalità grazie ai quali può modificare al percezione ad esempio dell’Europa prodotta su carta. Inoltre anche la scelta della scala è affidata alla discrezionalità del cartografo e può condizionare la lettura della carta. Un altro effetto del vincolo di riduzione sta nel fatto che la carta non può ovviamente riportare tutti gli elementi presenti sul territorio. Quindi impone una selezione. E per operare una selezione occorre ovviamente stabilirne i criteri. Inoltre la selezione è in grado di condizionare in modo decisivo la percezione degli elementi geografici, molti esempi provengono dalle carte coloniali. Il tema della scelta è stato centro delle riflessioni di uno dei più importanti intellettuali della cartografia Brian Harley. Egli attribuisce molta importanza ai ≪ silenzi di carta ≫ . Nella cartografia i silenzi possono essere di due tipi : 1) assenza del segno. Mancanza di confine quando in realtà c’è. 2) Omissione di alcuni caratteri peculiari di un oggetto geografico- politico. La selezione degli oggetti da rappresentare , deriva dal vincolo di riduzione. Un vincolo inevitabile che però tende a mascherare il fatto che all’interno di questo vincolo vi è una scelta “soggettiva” del cartografo.

La Simbolizzazione: Si dice che la carta sia una rappresentazione simbolica perché utilizza un sistema di simboli per raffigurare gli oggetti sul territorio. Quindi secondo la definizione la carta non è altro che un linguaggio di “ segni” che consente di ≪ leggere la carta ≫ e che viene riportato nelle leggende nei vari atlanti. Ma il suo sistema di segni non è sempre così noto ai lettori , proprio perché il linguaggio cartografico possiede un grado di universalità molto basso. Quindi possiamo dire che mentre in teoria il sistema di codici fa appello a convenzioni generalizzate in pratica questo sistema di codici è molto meno conosciuto e standardizzato. Avvolte è frequente anche che in una carta manca la leggende questo perché forse molti significati di segni si danno per noti. Ma non è vero: basti pensare al colore verde , che per alcuni ricorda le pianure , per altri una ricca vegetazione ecc.. Questo perché non vi è un sistema affermato a livello internazionale. I segni grafici a disposizione del

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cartografo sono quelli che richiamano un connotato politico del territorio e sono riconducibili a quattro categorie: tratti , le sottolineature, e i caratteri tipografici e dimensioni delle scritte, e il colore. Cosa hanno in comunque questi segni ? Tutti fanno riferimento allo stato e al suo assetto amministrativo. In tema di linee di confine ,quello più marcato è il confine statale. ( una intricata rete di linee che separano i territori degli Stati). L’Europa appare tra le più frammentate grazie all’opera della Comunità economica Europea , unione europea. In conclusione , la simbologia relativa a elementi politici in uso nelle carte privilegia un unico soggetto politico : Lo stato. Altri soggetti appaiono sottovalutati( unità statili che compongono uno stato federale) altri soggetti vengono addirittura ignorati. Questo perché la carta politica moderna nasce in Europa al tempo dell’affermazione degli Stati Nazionali e di questo porta ancora i segni. Non vi è stato quindi un processo di aggiornamento, la carta quindi tende a non emanciparsi dalla tradizione centralizzata dello Stato che ovviamente tende a non favorire la valorizzazione della carta geografica come strumento di comunicazione nel mondo di oggi.

Capitolo III

Abbiamo altri aspetti delle carte geografiche dove l’impossibilità di trovare soluzioni univoche lascia il campo libero alle scelte soggettive e arbitrarie che però mascherate da convenzioni tendono a passare per neutrali.

1) Il baricentro della carta : La terra è rotonda. Non ha quindi un inizio e una fine neutrali. E’ prassi diffusa orami la questione di porre al centro del planisfero l’Europa. Prassi ma no la regola perché non c’è ragione per cui l’Europa debba stare sempre al centro della carta. Eppure anche in molti planisferi di paesi extraeuropei l’Euroafrica occupa il baricentro della carta. Certamente non è una prassi sulla lettura degli spazi mondiali, considerando che l’Europa è il più piccolo tra i continenti. Posta invece al centro l’Europa acquisisce una sua rispettabilità nell’immaginario del lettore della carta. Va detto che l’abitudine di centrare la carta sul proprio territorio non è stata una prerogativa europea. Tutti i popoli che hanno sviluppato una cartografia in ogni epoca hanno fatto la stessa cosa: le carte mesopotamiche avevano Babilonia al centro, quelle romane Roma ecc. , questo perché il proprio territorio è quello che si conosce meglio . La domanda sul perché la maggior parte delle carte in circolazione oggi in Australia o in Giappone o in cile sono centrate sull’europa. Forse perché pensando ai secoli di dominio dell’Europa sul resto del mondo emerge il ruolo della carta geografica come prodotto culturale ed egemonico.

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2) La nomenclatura Toponimica : Non è difficile immaginare che i nomi geografici siano soggetti a un uso strumentale: Ad esempio è nella natura dei mari separare o unire territori e popoli. Ed è nella natura dei popoli tendere a considerarli come parte integrante del territorio. Il mare che separa il Giappone dalla Corea è chiamato in modo diversi nei due paesi e nei rispettivi atlanti : In corea è mare dell’est in giappone, invece Mar del Giappone. Il rilievo politico della nomenclatura toponimica è dunque evidente e a volte implicito nella stessa denominazione ufficiale dello Stato. Se una carta riporta la denominazione estesa l’Iran è ≪islamico≫ l’URSS era socliasista ecc.. Nella forma abbreviata questi paesi perodono ogni connotato politico e diventano come tutti gli altri. Anche le catene montuose possono cambiare nome, basti pensare all’Atlante metodico De Agostini ( prima Alpi Tirolesi poi, Alpi Trentine con Vetta d’Italia).

3) L’ordine delle tavole: Le tavole degli atlanti non hanno un ruolo prestabilito, in Italia alcuni iniziano con le tavole relative all’Italia altri con l’Europa, avvolte si rispecchia l’ordine delle scoperte geografiche (Europa Asia Africa America oceania). Non c’è una regola universale che stabilisca l’ordine delle tavole. Ogni combinazione è possibile, ma ovviamente il lettore tenderà a percepire istintivamente il primo argomento trattato come il più importante e l’ultimo come trascurabile. Una volta stabilito l’ordine dei continenti non è facile stabilire univocamente il paese a un continente : basti pensare alla Russia che si estende sull’Europa e sull’Asia. Il tema o meglio il problema della collocazione di un paese ha origine nel passato in quanto non collocavano le colonie nel proprio continente d’origine ma bensì nel paese colonizzatore. ( eritrea non era inserita nei paesi africani bensì subito dopo le carte delle regioni italiane.

Capitolo IV

Ci sono inoltre elementi che non sono utili per orientare il messaggio che la carta intende trasmettere. Tra questi ne prendiamo alcuni in considerazione :

1) L’uso del Colore: Le esigenze informative hanno portato ad un aumento dei segni grafici ma anche un maggiore ricorso al colore, favorito anche dai progressi tecnologici che hanno reso più economica la stampa a colori. Il colore è l aprima cosa che percepiamo di una immagine. E’ noto che non tutti i colori hanno lo stesso livello di percettibilità: su uno sfondo nero il giallor riflette di più ecc.. Nell’altlante pubblicato nel 1921 l’ Italia e le sue colonie erano colorate di rosso vermiglio che spiccava su tutti gli altri colori della carta. Il colore era quindi un modo per stabilire la gerarchia : Gli Stati coloniali meritavano un colore che li contraddistinguesse e ne indicasse i

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possedimenti , tutti gli altri rientravano in un indefinito gruppo di livello inferiore. Il colore quindi può far risaltare un paese allo sguardo del destinatario e si è inoltre certi che venga percepito. Il colore condiziona la percezione che il lettore ha degli oggetti presenti sulla carta perché alcuni colori e accostamenti producono effetti piacevoli altri al contrario suscitano indifferenza. Prendiamo il colore verde esso identifica l’ambiente incontaminato e il rispetto per la natura nel mondo islamico questo colore si carica di un significato religioso. La ragione che spinge a utilizzare il colore in una carta politica è dunque estetica.

2) Il titolo della tavola: Vi è l’abitudine di giocare con i titoli. Ci sono degli elementi non strettamente geografici, interni o esterni alla cornice che delimita la carta, che condiziona il messaggio complessivo, tra questi il titolo è senza dubbio molto importante. Due tavole ma con titoli diversi possono aver messaggi diversi. Ad esempio le carti murali che adornavano le scuole nell’Italia post unitaria erano frequentemente intitolate Carta del Regno d’Italia è quindi il termine Regno che connota maggiormente il messaggio che il produttore della carta intende trasmettere.

3) Inserimento forzato di una informazione : Il corredo di segni utilizzato in una carta dipende da vari fattori ma avvolte vi è il desiderio forzato di inserire informazioni anche se possono apparire fuori luogo. Ad esempio alla prima guerra mondiale la località di Vittorio Veneto riceve un’attenzione superiore rispetto a quella concessa ad altri centri di pari peso demografico.

Capitolo V

Allora perché crediamo alle carte?

E’ oramai evidente che la cartografia non produce semplici descrizioni ma bensì interpretazioni. Ma la carta geografica tende a essere considerata come uno specchio fedele del territorio, nel senso che l ‘opinione pubblica ha la tendenza a darle credito incondizionato. La carta sarà comunque la più vicina possibile alla realtà da rappresentare. Occorre fare due precisazioni sulla carta: la prima è che la carta possiede una valore funzionale , nel senso che è uno strumento indispensabile ad esempio per orientarsi in una località sconosciuta ecc. Inoltre la carta è credibile quanto più rispetta le convenzioni diffuse. Questa considerazione sulla credibilità della carta serve a introdurre un concetto fondamentale: Il fatto che non ci sia una carta “vera” autorizza il cartografo a cartografare in libertà , quindi le imperfezioni che ritroviamo sulla carta costituiscono un elemento di forza più che di debolezza. Quindi ogni visione diventa legittima a condizione che rispetti le convenzioni di base che ci rassicurano sulla sua affidabilità. Ma chi è infondo il produttore della carta? Il cartografo non è una singola persona bensì ci troviamo di fronte a membri della stessa società cui appartiene. La carta non è una rappresentazione individuale bensì collettiva, che ripropone un ambito culturale specifico. La carta infatti è un prodotto

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sociale , frutto di una visione collettiva, il pubblico vi si riconosce e riduce inconsapevolmente il proprio spirito critico nei confronti del messaggio veicolato. Due idee-base sono emerse fin qui 1) la carta è un prodotto sociale 2) la cara geografica è funzionale a uno scopo.

Capitolo VI

Società ed editoria cartografica privata in Italia nel primo Novecento

6)L’editoria cartografica e i rapporti con il Potere : Studiosi e Potere

All’inizio del Novecento il mercato dell’editoria in Italia va incontro a una svolta decisiva. Le nuove disponibilità economiche di ceti medi fanno avvicinare questa classe sociale alla cultura, e dunque anche al libro. Queste classi si concentrano prevalentemente nelle aree urbane del Nord del paese, rendendo dunque l’aumento dei lettori un fenomeno tipicamente settentrionale. In questo nuovo contesto editoriale, il libro diventa uno strumento per portare avanti una certa visione della società. L’editore assume chiaramente il ruolo da protagonista del dibattito culturale. Come per la distribuzione geografica dei lettori, anche quella delle case editrici presenta marcati squilibri tra il Nord e il Sud del paese. Milano è il maggior centro editoriale della penisola. Torino ha una posizione importante e si specializza in alcuni generi tra cui quello scolastico. Questo quadro dell’editoria italiana dell’inizio del Novecento si manterrà invariato nei decenni a venire e , in parte, caratterizza ancora oggi l’editoria nazionale. Dal punto di vista della presenza sul territorio l’editoria cartografica rifletteva grosso modo la medesima configurazione dell’editoria generale , con l’asse Torino- Milano. Tra i protagonisti di questa fase della cartografia privata italiana ricordiamo De Agostini Giovanni uno dei primi esploratori della Patagonia.

2)L’influenza della geografia tedesca

Il modello tedesco era stato pienamente accolto in Italia, quando con la riforma Casati ( come anche in Germania), la inseriva tra le discipline fondamentali del corso di laurea in Lettere. Ma non era solo il fascino della cultura tedesca e la perizia tecnica che avevano indotto gli italiani a aderire al modello tedesco. Ciò che si cercava era una geografia utilitaria che riflettesse i fermenti nazionalistici delle classi dirigenti del giovane Stato italiano. Gli interessi della nazione che questa geografia avrebbe dovuto servire era abbastanza chiari: aspirazioni coloniali africane, rivendicazioni sulle regioni alpino-orientali, e istriano-dalmate, consolidamento dello stato centralizzato. Insieme alla traduzione italiana dei manuali del pensiero geografico tedesco vennero proposti dal pubblico italiano anche atlanti di quella

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scuola , semplicemente adattati nella lingua e con l’aggiunta di qualche tavola specifica.

La diffusione di prodotti cartografici tedeschi in Italia fu facilitata anche dalla presenza di librai di lingua tedesca che si stabilirono in Italia per avviare attività nel settore. In questo modo divengono noti Hoepli , Sperling& Kupfer e Loecher..ecc..

Lo stadio immaturo della cartografia italiana contemporanea

La ragione principale che spiega l’afflusso massiccio di cartografia straniera in Italia sta in “ un ritardo” della cartografia privata italiana rispetto a quella straniera. Una prima ragione riguarda la difficoltà incontrate dagli editori italiani di avvalersi di una adeguata cartografia di base offerta dagli organi ufficiali. I ritardi della cartografia ufficiali si ripercossero anche sulla cartografia privata , infatti inizialmente l’attività del Touring Club Italiano era incentrata sulla ricerca di dati e informazioni sul terreno per la realizzazione di guide.

L’Istituto Geografico Militare aveva dato vita ad una serie di carte topografiche, minuziose nei dettagli ma prive di informazioni di sintesi utili ad una lettura complessiva della realtà territoriale. Inoltre l’ IGM non aveva mai creato un atlante che raffigurasse tute le parti del mondo. Questo era invece ciò che veniva richiesto agli editori privati. C’è un altro motivo che spiega questo ritardo italiano: Come detto la realizzazione di un atlante generale di consultazione riguarda gli editori privati i quali però si mettono raramente si impegnano costose e lunghe ricerce, preferendo invece avvalersi di cartografia messa a disposizione da soggetti ufficiali. L’editoria privata dei paesi europei che disponeva di estesi possedimenti ava il vantaggio di poter contare su rilevamenti di quei territori extraeuropei forniti loro da cartografi di Stato. In italia invece, L IGM cartografava solo l’italia e pochi altri territori prevalentemente di interesse coloniale o irredentista italiano. Un editore doveva dunque ricorrere a basi cartografiche straniere , addossandosi inoltre il compito della traduzione in lingua italiana. Vi erano altri problemi riguardanti l’allestimento di prodotti di consultazione che richiedeva esperienza, e inoltre la carenza di personale specializzato portò a ricorrere a qualificate maestranze straniere , spesso proveniente dalla Germania.

I primi segnali di ripresa

Tra le conseguenze del clima politico che preludeva allo scoppio della prima guerra mondiale vi fu la critica nei confronti di quel fenomeno di emulazione del modello culturale tedesco. Esso era fonte, di una influenza eccessiva della cultura tedesca in Italia e di una presenza massiccia di quei prodotti editoriali. In quegli anni qualcosa cambiò sula scia dei fermenti di antigermanismo che si andavano sviluppando nella

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cultura italiana. Ciò che cambiò fu l’armamentario tecnico dei geografi italiani : la cartografia aveva raggiunto uno stadio di sicurezza e rendeva non più indispensabile l’importanza di carte e atlanti stranieri.

Ma la più importante novità prodotta dal conflitto fu il maggior interesse del pubblico verso la carta geografia, a cui il settore privato rispose con una vistosa crescita dell’offerta.

Gli atlanti del PRIMO NOVECENTO

Prima del 1908 l’Italia non aveva mai avuto , nella propria lingua , un atlante come lo Stieler ( primo grande atlante di consultazione in lingua italiana). Un atlante con tantissimi pregi , per di più offerto a un prezzo accessibile non poteva non raccogliere un successo immediato. Quale rappresentazione seguiva la versione italiana che tanto influenzò le classi colte italiane dell’epoca? Ebbene non è improprio parlare di edizione italiana, in quanto il frontespizio l’indice e le spiegazioni erano in lingua madre, ama a parte questo tutto il resto è invariato dall’edizione tedesca. Una rappresentazione del mondo “ GERMANOCENTRICA” , con le carte dell’impero germanico e proseguiva con quelle di altri paesi dell’Europa centrale.L’Europa veniva ripartita in tre sezioni “ Europa centrale, meridionale e occidentale e settentrionale e orientale. Gli altri continenti erano come detto abbastanza trascurati. Le tavole pio continuavano a riportare le scritte in lingua tedesca , dalla leggenda alle trascrizioni ecc.

Dunque l’edizione dell’Atlante Stieler commercializzata in Italia non dava vita a un atlante veramente italiano pur riconoscendo l’alto pregio dell’opera attendiamo fiduciosi il primo vero atlante italiano.

I temi dominanti negli Atlanti

Le novità via via introdotte nell’altante storigo Ghisleri che è uno dei più longevi della storia della cartografia italiana, forniscono un significativo quadro dello spostamento di attenzione nei temi trattati dagli atlanti storici nel corso del secolo. Nel confronto tra le edizioni d’inizio Novecento e quelle del secondo dopoguerra TRE ASPETTi sembrano caratterizzare le prime: 1)spazio dedicato ai fattori economici e svilluppo storico è marginale, l’ottica è nazionale la storia raccontata dalle carte è quasi esclusivamente italiana, e quindi europea , un tema di rilievo è quello delle CONQUISTE COLONIALI , che vengono considerate un FATTORE DECISIVO PER ESECITARE UNA POLITICA DI POTENZA DA PARTE DELLO STATO.

D’altra parte l’interesse per il tema coloniale pervade fortemente la cultura geografica d’inizio secolo. Non deve quindi sorprenderci che gli atlanti storici insistano sul tema delle colonie illustrandone in particolare le risorse economiche che giustificano quelle attenzioni. Al di là degli atlanti , gli aspetti elencati prima

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riflettono le aspirazioni delle classi dirigenti italiani di primo Novecento, la ricerca dei confini naturali per l’Italia evidenziata dall’abbondanza di carte sulle Alpi orientali e il consolidamento della centralizzazione statale. Quello del confine naturale sarà un argomento duro a morire che si riproporrà nei medesimi termini all’indomani della seconda guerra mondale .

L’avvento dei due leader : TOURING CLUB E DE AGOSTINI

Fino alla prima guerra mondiale i due principali protagonisti dell’editoria cartografica italiana del Novecento ,l’istituto Geografico de Agostini e il Touring club italiano non avevano ancora acquisito il loro primato . E’ il primo dopoguerra , comunque, che segna un incalzante sviluppo delle loro attività. Il Touring Club è animato da un fervore patriottico ostenta manifestazioni di italianità, anche nelle escursioni per i soci si può trovare questo spirito patriottico in quanto finalizzati a diffondere la conoscenza delle terra . Questo processo di valorizzazione del turismo itliano aveva convinto il governo a convertire in legge un decreto per l’istituzione dell’Ente Nazionale per le Industrie Turistiche ( ENIT) , per sfruttare il turismo come risorsa.

( MOBILITARE A FAVORE DI UN PROGETTO)

Si è detto che il colonialismo e l’irredentismo sono temi cari alla geografia di questi anni. Al colonialismo e all’irredentismo vengono addirittura dedicati alcuni atlanti tematici, in modo particolare la De Agostini dedica alcune collane al tema dell’irredentismo. Il conflitto non frena l’attività dell’Istituto De Agostini anzi rimane attivissimo anche durante la guerra , inoltre avremo una collaborazione da parte del Touring con la De Agostini per la realizzazione per la carta d’Italia in Scala. L’ interesse per la conoscenza dei luoghi degli scontri tra gli eserciti belligeranti non si spense con la fine delle ostilità. Se oggi il turismo legato ai teatri di guerra è abbastanza inconsueto , nell’italia devastata ma fiero del primo dopoguerra riscuoteva invece molto successo. Numerose guide accompagnavano e alimentavano il fenomeno. Nel settore c’era molto fermento nel settore, ecco quindi che viene alla luce il Grande atlante Geografico ,ad opera della De Agostini , primo vero atlante di spessore internazionale attribuibile per interno alla cartografia privata italiana. Si distinguerà dai precedenti atlanti italiani , oltre che per la vastità dell’opera per due motivi: 1) adozioni di scale più grandi a quelle degli altri atlanti 2) attenzione ai fattori economici

Per la cartografia italiana era finalmente arrivato il momento dell’emancipazione . A partire dalla pubblicazione del Grande atlante De Agostini il pubblico italiano avrà a disposizione atlanti concepiti e realizzati interamente in Italia.

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Capitolo VII

L’avvento della comunicazione di massa

Negli anni Venti l’editoria italiana subì trasformazioni profonde imboccando con decisione la stra della modernizzazione. Cambiavano i prodotti, ora più diffusi e più economici e cambiavano anche i produttori, che si trasformavano in vere e proprie case editrici. Ma cambiavano anche i lettori, completando quel processo di diffuso accesso dei ceti medi al libro che passava definitivamente da prodotto d’elite a bene di consumo.

Il fascimo intuirà immediatamente il potenziale persuasivo dei nuovi strumenti della comunicazione. Lo dimostra la nascita del 1924 di due organismi : L’unione Radiofonica Italiana – URI e in quegli anni stessi nasce anche l’Istituto Luce che già nella denominazione completa, denota un intento formativo. Due anni dopo la loro istituzione è gia evidente l’asservimento di cinema e radio al potere. La consapevolezza delle potenzialità degli strumenti della comunicazione per la costruzione e il consolidamento del consenso fu dunque subito chiara al fascismo. Il primo passo in questa direzione venne compiuto nel 1923, quando Mussolini potenziò e collocò alle proprie dirette dipendenze quello che è oggi di uso comune ma che era certamente innovativo per l’epoca: un ufficio stampa. Il contesto politico facilitava la diffusione del libro in quanto il regime sosteneva iniziaiative e strutture. Cos’ accadde per le fiere internazionali del libro, inaugurate a Firenze e proseguite con successo a cadenza annuale con il pieno sostegno del regime interessato a promuovere il libro italiano. La strategia del governo puntava a valorizzare il libro nel suo ruolo pedagogico di promozione dell0diea dell’italiano nuovo. Il ciclo educativo si componeva di tre fasi che cadenzavano le tappe fondamentali di formazione dell’uomo fascista.

Ovviamente la funzione strategica assegnata al libro nel piano di costruzione del consenso, da cui derivava un’incessante opera di promozione della lettura, trovò riscontri nel notevole sviluppo del settore editoriale. Gli strumenti di cui si servì il potere furono molteplici: le commesse librarie, il circuito delle biblioteche appositamente potenziato, l’imposizione dei libri di testo nelle scuole, il controllo delle organizzazioni di rappresentanza degli editori, la partecipazione diretta all’impresa. Altri enti erogatori di sovvenzioni furono l’Istituto Mobiliare Italiano , il Ministero dell’Educazione Nazionale ec.. L’invadente presenza dello Stato nel settore editoriale ne modificò gli stessi assetti geografici.Grazie alla presenza degli organi del potere politico e di nuove istituzioni culturali , Roma trovò un’identità centralità nel panorama editoriale nazionale. Si può dire che dall’insediamento del fascismo fino alla metà degli anni Trenta l’editoria italiana conobbe forme di condizionamento da parte del potere politico, questo perché gli editori italiani hanno sempre avuto rapporti di complicità con il potere politico. Il regime

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consolidava la propria presa sulla società e sulle istituzioni. Il 1925 è ricordato non solo per essere un Anno Santo ma anche perché sottrae il Capo del Governo alle responsabilità di fronte al Parlamento: infatti Mussolini potrà essere dimesso soltanto dal Re e potrà emanare norme giuridiche senza l’approvazione delle Camere. Un primo assaggio di prevaricazione sulla editoria ci fu quando venne imposto a tutte le pubblicazioni a stampa l’obbligo dell’ indicazione dell’anno espressa in numeri romani secondo il conteggio dell’era fascista, ma non tutti gli editori si adeguarono. Gli effetti di quest’orientamento di fondo , teso a ≪ nascondere ≫ la propaganda dietro i marchi di autorevoli case editrici, si fecero sentire anche nel settore della produzione cartografica. Infatti, il fascismo non puntò sul potenziamento della cartografia ufficiale di Stato, rappresentata dall’ Istituto Cartografico Militare e dalle nuove case editrici fondate direttamente dal regime , quanto sul condizionamento degli editori privati.

L’editoria scolastica nei primi anni del fascismo

Nel corso degli anni Venti aumenta lo sforzo di alfabetizzazione del paese e, come conseguenza, diventa più allettante il settore dell’editoria scolastica. L’autonomia delle case editrici attive nel settore scolastico rispetto alle pressioni del potere politico è minima. Ciò si spiega con il fatto che il fascismo rivolse notevoli attenzioni al mondo della scuola investito di un ruolo cruciale nell’obiettivo di costruzione dell’uomo nuovo fascista. Poco dopo , viene approvata un decreto del Consiglio dei Ministri che prevedeva la norme per la compilazione e l’adozione per il Testo Unico di Stato per le singole classi delle scuole elementari. Il governo impone il libro di Stato cioè un sussidiario uguale per tutte le scuole elementari e impone anche un atlantino. Sul fronte delle case editrici è chiaro che un mercato protetto del libro scolastico nel quale lo Stato assegna i compiti a una ristretta cerchia di imprese non solo toglie ogni autonomia agli autori e agli editori ma ridisegna anche le fette di mercato, ora decise a tavolino; si definisce così il destino delle case editrici dipendenti dal settore scolastico. L’interventismo governativo produrrà una situazione di dominio nel mercato scolastico da parte della Mondadori , unica assegnataria del libro di Stato. Per quanto riguarda l’insegnamento della Geografia alle scuole elementari si decideva di iniziare lo studio della geografia dalla terza classe. Lo studio dell’Europa e del resto del mondo veniva limitato alle sole scuole di grado inferiore. La visione fascista dell’insegnamento scolastico della geografia era prevalentemente nozionistica , informativa. Un orientamento operativo, dunque applicato che svalutava la geografia nel suo complesso ma che proprio per effetto di questi scopi si rivelava attenta verso il suo strumento per eccellenza : la carta geografica.

L’editoria scolastica nei primi anni del fascismo

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Nel corso degli anni Venti aumenta lo sforzo di alfabetizzazione del paese e come conseguenza diventa più allettante il settore dell’editoria scolastica. L’autonomia delle case editrici attive nel settore scolastico rispetto alle pressioni del potere politico è minima. Ciò si spiega con il fatto che il fascismo rivolse notevoli attenzioni al mondo della scuola , investito di un ruolo cruciale nell’obiettivo di costruzioni dell’uomo nuovo fascista. ( continua .. )

Gli Atlanti del periodo 1922-1935

La produzione cartografica dell’editoria privata nel primo periodo fascista sarà concentrata su poche , grandi editrici. Come si è detto, i protagonisti indiscussi del periodo sono due: l’istituto Geografico De Agostini e il Touring club Italiano. Non hanno rivali. Sarà anche un mercato sempre più condizionato dalle interferenze politiche, che colpiranno soprattutto il Touring Club. Non solo perché il rapporto tra cartografia e potere si accingeva a subire involuzioni decisive, ma anche perché la guerra aveva definitivamente trasformato le carte geografiche e gli atlanti da strumenti per le classi colte a prodotti di massa. La società era pronta anzi desiderosa, di nuovi prodotti geografici. Ne è prova l’apparizione di alcune enciclopedie geografiche.

I temi Prediletti

I prodotti cartografici del primo periodo fascista sono caratterizzati in modo inconfondibile da un accesso patriottismo con punte di spiccato nazionalismo. Le vicende recenti della storia d’Italia, dallo slancio risorgimentali all’irredentismo pre-bellico avevano senza dubbio alimentato un sentimento che ora , con il fascismo al potere , veniva ulteriormente sollecitato.

I temi cari alla nazione sono molto diffuse negli atlanti di questo periodo:lo testimoniano l’abbondanza di carte sulla romanità e il Mare Nostrum, sulle bonifiche attuate dal governo , sugli italiani all’estero sulle colonie e i nuovi territori acquisiti con la guerra.

Amore per la patria e smanie coloniali sono in quegli anni motivi molto cari al governo. Il fervore coloniale non può mancare alla De Agostini che nel 1928 pubblica la versione rinnovata dell’Atlante delle colonie italiane. In tema di colonie è importante l’attività del Touring Club Italiano. Il sodalizio non aveva atteso troppo tempo per attivarsi : lo stesso anno della Pace di Losanna che pone fine alla guerra italo- turca e sancisce la sovranità italiana sulla Libia, aveva aperto a Tripoli un proprio ufficio incaricato di organizzare l’accoglienza dei soci Touring in escursione a Tripoli. La cartografia privata si adegua all’espansione territoriale della nazione: carte sciolte di queste ragioni era state già prodotte subito dopo la guerra di Libiama ora è venuto il momento di integrare le colonie nella produzione corrente e vengono trattate alla stessa stregua del territorio nazionale.

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Anche il tema dei nostri connazionali all’estero è molto sentito nella società italiana dell’epoca e i principali editori geografici non ne possono prescindere: sull’onda del successo del periodico Le vie d’ITALIA .

Al tema degli italiani all’estero aveva sempre dedicato ampio spazio la De Agostini inaugurando una collana specifica . Sono frequenti dunque negli atlanti di quegli anni le attenzioni per gli italiani all’estero. Diverranno rare . Il tema delle emigrazioni italiana verrà oscurato per chiare ragioni politiche. Se nei primi anni del fascismo la produzione cartografica sulle emigrazioni italiane era un tema caro alla politica, successivamente questo diventa un tema scomodo non solo perché di scarso prestigio per il paese, ma anche perché contrario alla politica demografica del regime tutta tesa a incentrare le nascite e a frenare l’emigrazione. Com’è intuibile gli atlanti di questi anni indulgono spesso i toni celebrativi nei confronti dell’azione di governo. Tra le grandi opere a cui il regime dedica sforzi è la bonifica di vaste aree del paese. Per quanto riguarda gli atlanti storici, un tema assume particolare rilievo in questi anni quello della romanità. Si comprende la valorizzazione della storia romana da parte del fascismo, privo di una radicata identità storica e alla ricerca di giustificazioni alla sua istintiva vocazione espansionistica. Infatti l’enfasi del passato invitava facili parallelismi con il presente : il dominio romano sul Mediterraneo tornava ad essere mira espansionistiche fasciste. ( manca da pag 110 135 )

Capitolo VIII

L’editoria cartografica e i rapporti con il potere

Censura e propaganda

Dalla Guerra in Etiopia l’editoria italiana ricaverà sostanziosi ritorni economici grazie alle moltissime opere pubblicate sul tema e spinte nelle vendite dal grande consenso che circonda il regime in questo momento. Tutti gli eventi del conflitto sono accompagnati dall’uscita di nuove pubblicazioni di impronta chiaramente propagandistica: le vittorie vengono enfatizzate , le sconfitte minimizzate o taciute. Nell’ottobre del 1935 quando abbiamo la guerra in Etiopia , si scatena parallelamente la propaganda. E la cartografia si mette a disposizione , prontamente. Dalla guerra in Etiopia in poi, in un clima internazionale sempre più teso , il regime passa da un blando controllo sulla produzione editoriale a una censura preventiva: nel frattempo la macchina della propaganda non lascia spazio all’improvvisazione. Nel 1937 nasce il Ministero della Cultura popolare , erede del Ministero per la Stampa e la Propaganda. Questa rigida struttura organizzativa permette un pieno controllo sulla stampa e sull’editoria, considerato obiettivo indispensabile per rafforzare la coesione interna e diffondere fiducia anche rispetto a un contesto internazionale che , dopo la conquista in Etiopia, si faceva sempre più

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incerto. Nel Luglio del 1936,infatti, l’Italia era entrata in campo , come la Germania nella guerra civile spagnola promettendo l’invio di reparti e mezzi. Lo scontro si rivela più duro del previsto. La cultura esprime a pieno le frustrazioni di quegli anni . Tra il 1936 e il 1937 Pablo Picasso dipinge Guernica , Jean Renoir gira la Grande Illusione ecc. L’accresciuto controllo sul mondo della cultura e dell’informazione della cultura e dell’informazione stringe la morsa anche attorno agli editori privati che propongono divulgazione geografica. L’istituto più colpito è il Touring Club , sottoposto a ripetuti casi di ingerenza, tanto che la rivista redatta dal Touring ≪ Le vie D’Italia ≫ cessa di rappresentare l’organo ufficiale dell’ Ente Nazionale per le Industrie Turistiche( ENIT) e viene sottoposta a una serie di censure.

Una vicenda esemplare del rapporto tra potere e case editrici è quella delle ≪ leggi raziali≫ emanate alla fine del 1938. Si pensi solo che prima delle leggi i cataloghi delle case editrici italiane comprendevano migliaia di opere di autori ebrei. A volte, gli stessi proprietari erano ebrei , come nel caso della Treves, che non solo è costretta a passare di mano a favore di un ariano, ma deve abbandonare la propria denominazione per assumere quella del nuovo proprietario Garzanti. Anche le istituzioni geografiche si devono attenere alle nuove disposizioni in materia razziale: Il Touring Club è costretto a non rinnovare la carica annuale a quelli di razza ebraica, e a non accettare nuovi soci ebrei, ma decide coraggiosamente di non espellere i soci ebrei.

La macchina della censura , a dire il vero denuncia qualche falla, in quanto molti scritti verranno pubblicati all’estero. Ma il divieto di pubblicare è solo una punizione minore rispetto al complesso dei torti subiti in campo professionale dagli studiosi colpiti dalle leggi razziali.

Nell’ultimo periodo del fascismo il potere della censura si farà asfissiante: ne sono significativo esempio le due operazioni : la ≪ bonifica libraria e la censura alla letteratura popolare americana. Relativamente alla censura della letteratura americana è significativo quanto avvenne con la traduzione americana di Pinocchio.

La scuola in un regime totalitario

In molti libri viene espresso il ruolo ideologico che il regime assegna alla scuola. Nel 1939 il disegno del regime per la scuola si era già manifestato con chiarezza alla fine degli anni Venti, quando prende forma con alcune iniziative specifiche tese a piegare il mondo della scuola agli interessi dello Stato: la trasformazione del Ministero della Pubblica Istruzione in Ministero dell’Educazione Nazionale, la creazione dell’Opera Nazionale Balilla , l’obbligo di giuramento per gli insegnanti delle scuole elementari esteso poi ai docenti di ogni grado , l’introduzione del testo unico di Stato nelle scuole elementari , che anticiperà misure di ferreo controllo anche sui testi delle scuole secondarie. Sarà però con l’entrata in vigore della riforma , con il controllo

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totale della censura sui testi e le tensioni internazionali che precedono lo scoppio del conflitto che , la propaganda comincerà a prevalere inequivocabilmente sui contenuti. Per quanto riguarda la geografia , in continuità con alcuni vecchi provvedimenti , prevede di incentrarla sugli sviluppi e il cammino percorso dall’Italia. Quindi l’editoria scolastica procede con l’intensificazione di toni patriottici e demagogici a cui andranno incontro i testi di tutte le altre discipline perché è chiamata a celebrare tempestivamente e adeguatamente la nascita dell’Impero seguita alla conquista dell’Etiopia. E’ovvio infatti che la portata dell’evento richiedeva un aggiornamento di testi e di tutti gli ordini e gradi. Inoltre, le colonie divenivano il tema centrale negli esami di ammissione al ginnasio superiore.

Siamo verso il termine del periodo fascista, dopo il fatidico 8 Settembre un terremoto scuote e disorienta le strutture statali . La nuova situazione di una italia divisa impone repenti ≪cambi d’uso≫ a quelle strutture ancora in funzione. Distruzione e occupazioni militare segneranno quei mesi anche le vicende di alcune sedi della geografia universitaria, come l’istituto di Geografia dell’ateneo Romano. Saranno le ultime sofferenze di un’Italia che si apprestava a iniziare una stagione nuova della sua storia . Vedremo se sarà così anche per la cartografia.

Gli atlanti del periodo 1936-1944

Il periodo che va dal 1936 al 1944 è il periodo storico che presenta la più elevata densità di atlanti pubblicati per anno. Questo dato numerico non deve però ingannare: all’abbondanza non corrisponde altrettanta varietà nei contenuti. In un contesto così rigido controllo sulal produzione editoriale che tipo di atlanti si proponeva al pubbilco?

- Premettendo che tutti gli atlanti non avevano la possibilità di intraprendere una strada diversa da quella imposta dal regime , occorre però distinguere almeno due categorie di editori: C’ erano quelli che proseguivano senza introdurre novità una produzione tradizionale che incontrava i gusti del pubblico ed erano per lo più case editrici storiche , Touring Club o De agostini.

- Accanto a questa categoria di editori che deteneva la più consistente fetta di mercato , vi erano alcune case editrici molto dinamiche e intraprendenti , pienamente conformate al clima politico , tra cui si segnalano la Italgeo e la Visceglia. Il primo obiettivo di questi piccoli editori privati consisteva nel conquistarti quello spazio indispensabile a garantire la visibilità. A ben vedere la situazione del settore appariva propizia, a condizione che non ci si facesse troppi scrupoli. Vediamo perché.

Va ricordato che la produzione privata di carte geografiche ha due sbocchi : il settore scolastico e quello divulgativo-scientifico . Il primo risentiva, come va detto, fin dal

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1928 di un regime controllato, in cui lo Stato stabiliva metodi e contenuti dei sussidiari e del materiale ausiliario alla casa editrice era data solo la stampa e la distribuzione. Il settore divulgativo scientifico invece era più libero, ma dominato da due colossi De Agostini e Touring club cui si aggiungeva la presenza di altri editori tradizionali. Quindi ci troviamo di fronte a condizioni ostiche per un editore senza solide basi finanziarie e di pubblico. Ci voleva qualcosa di più. Ci voleva la capacità di andare oltre il regime stesso , di anticiparne il volere , di fare più propaganda di quanta ne potessero fare autonomamente i media di regime. Naturalmente ci voleva anche una bella dosa di intraprendenza. Qualità che non mancherà ad un personaggio straordinario come Giovanni De Agostini . Ma sulle stesse posizioni della de Agostini / Italgeo è un altro piccolo editore , L ISTITUTO GEOGRAFICO VASCEGLIA , che dal 1940 riporta sui prodotti la denominazione di ≪ Ente geografico italiano ≫ . Nasce nel 1929 su iniziativa di Vincenzo Visceglia, appena 25. La sua prima pubblicazione risale al 1939 Guida Toponomatica di Roma . La Visceglia si specializzerà in guide e stradari cittadini . Ma nei duri anni di guerra produrrà anche rappresentazioni geografiche di propaganda in forma di carte ripiegate.