CARPANELLI€¦ · di Camillo Rondani. Hanno ascoltato e recepito il messaggio. Alla fine mi hanno...

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LUNEDÌ 15 FEBBRAIO 2016 11 Primo piano PREZIOSA ACQUISIZIONE Il presidente: «Presto l'archivio sarà anche consultabile» Andrei: «Una donazione a noi è una donazione alla città» CARPANELLI Amore per il passato nell'innovazione Unico architetto italiano allievo di Mies van der Rohe dona il suo archivio alla Fondazione Cariparma Dalla Camera di commercio alle nuove Poste: ha cambiato il volto di Parma negli anni della ricostruzione IL PATRIMONIO Il patrimonio che entra nella collezione di Palazzo Bossi Bocchi è un «tesoro» di circa 600 disegni su supporto cartaceo. All'inizio della carriera l'architetto Carpanelli lavorava a mano, su carta lucida. I progetti erano piccoli capolavori di precisione grafica. Poi è arrivato il tecnigrafo e dopo ancora il computer. L'archivio rappresenta, a tutti gli effetti, un viaggio nella storia dell'architettura contemporanea. Tutti i progetti, rigorosamente catalogati e schedati in ordine alfabetico, sono conservati, arrotolati, in tubi cilindrici. Katia Golini L'architetto Franco Carpanelli dona al- la Fondazione Cariparma il suo enor- me archivio di disegni e progetti. Da due anni ha cessato l'attività, ora chiu- de lo storico (e bellissimo) studio in centro storico e lascia alla città un pa- trimonio di inestimabile valore. Car- panelli è il «padre», tra l'altro, della Camera di commercio, delle Poste cen- trali di via Pastrengo e dei primi palazzi per uffici interamente in vetro realiz- zati tra viale Mentana e viale Fratti. Dagli anni Sessanta in poi è stato tra coloro che hanno cambiato il volto di Parma, catapultandola nella moderni- tà attraverso interventi all'avanguar- dia, all'insegna dell'internazionalità. «E pensare che sono vi- vo per miracolo. Chi l'avrebbe mai detto che sarei arrivato fino a qui?». Scampato a un eccidio nazista nel '44, Franco Car- panelli racconta la sua vita da romanzo, con la verve di un ragazzo che quest'an- no compie 93 anni. Giocare gli piace an- cora. Colleziona animaletti danzanti, animati dalla forza cinetica: il picchio che becchetta l'albero, il gabbiano sospe- so che sbatte le ali, il piccolo carabiniere a cavallo che galoppa in aria. C'è qual- cosa di magico ai suoi occhi in quegli oggetti dal meccanismo perfetto. Si di- verte a toccarli per metterli in moto. «So- no rimasto un po' bambino» sorride. «E poi credo molto nella capacità espressiva delle mani. Lo dico sempre ai ragazzi: “Non utilizzate solo il mouse. Privilegiate la manualità, mi raccomando”». A sup- porto della tesi ricorda una delle ultime interviste di Ettore Scola nel salotto di Fabio Fazio: «Alla domanda: “Quale og- getto si porterebbe via se potesse sce- glierne uno soltanto?”. Il grande regista rispose: “La matita”. L'episodio mi è sem- brato tanto significativo che l'ho raccon- tato ai ragazzi delle scuole durante un recente intervento in pubblico in ricordo di Camillo Rondani. Hanno ascoltato e recepito il messaggio. Alla fine mi hanno tributato un lungo applauso». UNA MINIERA DI ESPERIENZE Carpanelli è una miniera di sapere, un fiume di esperienze. Nasce a Livorno nel '23, da padre parmigiano, e vive la gio- vinezza in Toscana, terra che gli ha la- sciato l'inflessione inconfondibile che dà grazia alla parlata spigliata e una ricchez- za lessicale impeccabile. E' proprio in To- scana, tra l'altro, che conosce Frank Lloyd Wright, il grande architetto americano, all'epoca in Italia per il suo «grand tour». Adora la cultura in tutte le sue espres- sioni. Ama il passato e adora l'innovazio- ne. Non a caso è presidente dell'Accade- mia nazionale di belle arti di Parma e di Italia Nostra. Può citare Sant'Agostino e Jacques Maritain senza batter ciglio, sal- tellare dall'arte alla letteratura, senza mai scadere nella banalità dei luoghi comuni. L'architettura è però la materia predilet- ta, sua vera passione. Di architettura ha vissuto e all'architettura ha dedicato l'e- sistenza. La sua parola d'ordine? «Armo- nia». Il filo rosso del suo lavoro: la ra- nn Una grande soddisfazione. E un grande orgoglio. La gioia dello scam- bio riguarda entrambe le parti. Il do- natore in primis: «La Fondazione Ca- riparma è l'ente che meglio di chiun- que altro sa conservare e valorizzare beni d'arte preziosi e custodire la me- moria storica della nostra città. In un ambiente di qualità, con la cura e il rispetto dovuto». L'architetto Franco Carpanelli ne è convinto. Tanto che aggiunge: «E' davvero un momento importante per me: poter lasciare in ottime mani l'intero mio archivio mi rasserena e mi rende orgoglioso. Tutti i miei progetti, pensati e realizzati so- prattutto per Parma non potevano tro- vare migliore collocazione». «Siamo noi a ringraziare. Siamo noi orgogliosi di questa acquisizione - dice Paolo Andrei, presidente della Fonda- zione Cariparma -. Ciò che viene do- nato alla Fondazione viene donato alla città. In questo atto che l'architetto Carpanelli ha voluto compiere c'è una generosità che va a vantaggio dell'in- tera comunità. Si tratta di un patri- monio dal punto di vista culturale e professionale davvero significativo, un patrimonio di valenza storica. Orgoglio e soddisfazione riguardano anche il fatto che presto saremo in grado di rendere consultabile il materiale. Del resto tra le nostre finalità c'è proprio la diffusione della cultura in tutte le sue forme». gione unita al senso del bello. «In archi- tettura le parole chiave sono forma, mi- sura e numero - spiega -. E' fondamentale il modulo che, ripetendosi, produce ar- monia. Non sai perché, ma la senti aleg- giare nell'aria. Questa è la bellezza». Dei grandi architetti è stato amico. Ri- vivono, nel suo racconto, i protagonisti della modernità. Prendono forma reale, come in un film, giganti spiegati nei libri di storia dell'arte. Dalla cartellina ingial- lita, esce il carteggio con Le Corbusier, Alvar Aalto, Walter Gropius, Pier Luigi Nervi, colossi dell'avanguardia, fondato- ri dell'architettura moderna e padri del design. Fra tanti amici, nel cuore Car- panelli ne ha uno in particolare, il suo maestro: «Mies van der Rohe era dav- vero grande. Voleva essere chiamato per nome. Credo di essere stato l'unico ar- chitetto italiano nei primi Anni Cin- quanta a studiare e progettare nella Gra- duate School of Design con lui. Allora ero giovane, disegnavo per lui pezzetti minuscoli di grattacieli. Parlava poco e non gli piacevano le persone che par- lavano troppo. Il linguaggio che predi- ligeva era il lavoro. Il suo motto, quello per cui anche i non addetti ai lavori lo conoscono, era “The less is more” (il me- no è più). Ed è proprio vero: solo chi non sa fare aggiunge. Al contrario, chi sa fare toglie. Tutti gli architetti ancora oggi de- vono confrontarsi con questa regola». DA FIRENZE A CHICAGO Dalla facoltà di Architettura a Firenze (do- ve si laurea nel '49) vola immediatamente a Chicago, negli Stati Uniti, sede di una famosa scuola di specializzazione a cui ac- cede grazie a una borsa di studio (vince il Fulbright Scholarship all'Illinois Institute of Tecnology). Il mondo si svela ai suoi occhi. Guarda, ascolta e impara. Sono gli anni Cinquanta, l'America è il centro del mondo. «Era facile incontrare personalità di interesse internazionale. Per motivi po- litici e razziali si erano trasferiti negli Stati Uniti i fondatori del Bauhaus, per questo ho avuto modo di conoscere tante persone che hanno fatto la storia». C'è un incontro in particolare che Carpa- nelli ha scolpito nella memoria. Nulla a che fare con l'architettura: «Conobbi Enrico Fermi alla prima americana di “Miracolo a Milano”, presentato personal- mente da Vittorio De Sica alla Interna- tional House di Chicago nel 1952. In se- guito mi invitò al Congresso internazio- nale di Fisica in Michigan Avenue ove lo nominarono presidente onorario della So- cietà internazionale di fisica. Mi commos- se il fatto che un italiano, seppur celebre, in terra straniera, ricevesse un un ricono- scimento così importante. Mi fece sentire orgoglioso e meno solo. Siamo diventati amici. Da quel giorno lo accompagnavo spesso a passeggiare sulle rive del lago Mi- chigan. L'inventore della bomba atomica era un uomo semplice, gentile e ingenuo». La splendida esperienza americana segna per sempre la vita, professionale e per- sonale, del giovane architetto. Il bagaglio colmo di conoscenze e entusiasmo lo aiu- ta a farsi notare. Rientrato in Italia si gua- dagna un posto da docente all'Università di Bologna. Fa ricerca, insegna e insieme progetta. Vince concorsi nazionali (due molto importanti per il ministero degli Affari esteri e per il Consiglio nazionale delle ricerche) che lo mettono in luce sul- la piazza italiana. Decisivo il concorso na- zionale del 1953 per la stesura del nuovo Piano regolatore di Parma, che da quel- l'anno diventa la sua città. LA RIBALTA INTERNAZIONALE Insegna e inventa, l'architetto Carpanel- li. Prosegue la carriera accademica (per 30 anni è il direttore dell'istituto di ar- chitettura e disegno della facoltà di In- gegneria all'Università di Parma), e in- sieme lavora a progetti per grandi edifici pubblici in varie città da Nord a Sud (ca- serme, strutture sanitarie, edifici univer- sitari). Il giovane professionista, allievo di Mies van der Rohe, che sa coniugare l'avanguardia alle esigenze pratiche, il bello al funzionale, è molto gettonato. Vince concorsi, tiene conferenze in giro per il mondo. Le università americane se lo contendono e lui, che adora viaggiare, va ovunque ci sia qualcosa di nuovo da scoprire. E' del '57 il progetto di cui va più orgoglioso: «Partecipai al concorso internazionale indetto da Wiesenthal del Centro Ebraico di Vienna per il Memo- rial del campo di sterminio di Auschwitz. Oltre 700 i partecipanti da tutto il mon- do. Una soddisfazione infinita per me». La proposta più intrigante arriva nel '62 dalla prestigiosa Harvard University (Cambridge, Massachusetts): il preside, il celebre architetto Jose Luis Sert vor- rebbe tanto Carpanelli nella sua squadra di docenti. Arriva a dargli carta bianca su qualsiasi forma di collaborazione e, addirittura, di retribuzione. Niente da fare: Carpanelli è disposto a tenere le- zioni in ogni università, ma non lascia Parma. Negli stessi anni collabora con la Scuola di architettura del Politecnico di Varsavia in Polonia, invitato personal- mente dal ministro dell'Istruzione, e Ri- chard Neutra lo vuole al suo fianco per un progetto a Maracaibo in Venezuela. La ribalta internazionale prosegue per tutti gli anni Settanta e Ottanta. Nel '72 prende contatti con la Scuola di archi- tettura di Shangai e Pechino, parteci- pando alla prima missione culturale e professionale del governo italiano in Ci- na. Nel 1988 torna a Chicago per una serie di conferenze in occasione del cen- tesimo anniversario della nascita di Ludwig Hilberseimer. CARRIERA IN ITALIA Nel '58 consegue la Libera docenza in composizione architettonica. Si guada- gna il titolo con una determinazione che lo porta ad arrivare primo nella gradua- toria nazionale. La motivazione è a dir poco lusinghiera: la commissione gli ri- conosce all'unanimità «una non comu- ne preparazione culturale, maturità di pensiero, attitudine alla ricerca e spic- cate qualità didattiche». Carpanelli è ormai parmigiano a tutti gli effetti. Su Parma concentra le sue ener- gie inventive, in un ambiente carico di entusiasmo e voglia di fare. C'è una città da ricostruire. Come non ricordare il suo progetto di ricostruzione «Com'era e do- v'era» del Neoclassico palazzo ducale del Bettoli in piazzale della Pace; progetto mai realizzato nonostante l'unanime consenso ottenuto al referendum. A me- tà degli anni Sessanta arriva una delle sfide più toste: inizia a pensare il pro- getto per la Camera di commercio. La modernità avanza, serve un luogo ad hoc: «Una novità assoluta. Doveva in- globare anche la Borsa merci, che fino ad allora svolgeva l'attività all'aperto, in piazza Garibaldi. Erano i tempi in cui i contratti si stipulavano con una stretta di mano». L'edificio di via Verdi viene inaugurato nel 1970 e per il progettista è una specie di «battesimo di fuoco». La sua attività continua incessante. Si de- dica ad altre progettazioni, tra cui il pa- lazzo direzionale delle Poste e telecomu- nicazioni di via Montebello, l'Istituto tec- nico industriale di via Toscana, i grandi magazzini Coin in via Mazzini, il com- plesso direzionale tra viale Fratti e viale Mentana (realizzati in vetro, un'innova- zione assoluta per Parma), il Cepim di Fontevivo, il Consorzio agrario, oltre a residenze private, strutture per uffici e commerciali in centro storico. Eccola qui, elencata tutta d'un fiato, la carriera professionale di Franco Carpa- nelli. La sintesi - impossibile elencarla nella sua completezza - delle opere rea- lizzate però non contiene il resto. Oltre che per l'architettura, l'amore per l'arte, ad esempio. «Ho sempre adorato Remo Gaibazzi, un uomo libero. Rifiutò di la- vorare con uno dei più importanti gal- leristi americani, che lo avrebbe reso fa- moso, solo perché non voleva vincoli. Se dovessi dire di altri artisti con cui sento di avere un certo feeling direi che mi piace l'Informale - dice guardando “La strage di innocenti” del 1964 firmata Vasco Ben- dini -. Era un grande, forse il più grande pittore informale italiano. L'Informale è il genere che preferisco, impegna l'uomo in modo più profondo del figurativo». Amici, incontri, esperienze, viaggi. Una produzione professionale ingente. Un unico rimpianto: «Avrei sempre voluto progettare un grattacielo. Non ovviamen- te a Parma, città bellissima, che va sal- vaguardata e protetta con amore nei suoi aspetti storico, artisti e architettonici». u © RIPRODUZIONE RISERVATA e Il principio «Il modulo che si ripete produce armonia. E l'armonia è bellezza» e L'inventore dell'atomica «Fermi era un uomo gentile, semplice e ingenuo. Siamo diventati amici» Donazione Il presidente della Fondazione Cariparma Paolo Andrei con Franco Carpanelli. In alto: l'architetto davanti al prezioso archivio di disegni e progetti.

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  • LUNEDÌ 15 FEBBRAIO 2016 11

    Primo piano PREZIOSAACQUISIZIONE

    Il presidente: «Presto l'archivio sarà anche consultabile»

    Andrei: «Una donazione a noiè una donazione alla città»

    CARPANELLIAmore per il passato nell'innovazioneUnico architetto italiano allievo di Mies van der Rohe dona il suo archivio alla Fondazione CariparmaDalla Camera di commercio alle nuove Poste: ha cambiato il volto di Parma negli anni della ricostruzione

    IL PATRIMONIOIl patrimonio che entra nella collezione di Palazzo Bossi Bocchiè un «tesoro» di circa 600 disegni su supporto cartaceo.All'inizio della carriera l'architetto Carpanelli lavorava a mano,su carta lucida. I progetti erano piccoli capolavori diprecisione grafica. Poi è arrivato il tecnigrafo e dopo ancora ilcomputer. L'archivio rappresenta, a tutti gli effetti, un viaggionella storia dell'architettura contemporanea. Tutti i progetti,rigorosamente catalogati e schedati in ordine alfabetico, sonoconservati, arrotolati, in tubi cilindrici.

    Katia Golini

    L'architetto Franco Carpanelli dona al-la Fondazione Cariparma il suo enor-me archivio di disegni e progetti. Dadue anni ha cessato l'attività, ora chiu-de lo storico (e bellissimo) studio incentro storico e lascia alla città un pa-trimonio di inestimabile valore. Car-panelli è il «padre», tra l'altro, dellaCamera di commercio, delle Poste cen-trali di via Pastrengo e dei primi palazziper uffici interamente in vetro realiz-zati tra viale Mentana e viale Fratti.Dagli anni Sessanta in poi è stato tracoloro che hanno cambiato il volto diParma, catapultandola nella moderni-tà attraverso interventi all'avanguar-dia, all'insegna dell'internazionalità.

    «E pensare che sono vi-vo per miracolo. Chil'avrebbe mai dettoche sarei arrivato finoa qui?». Scampato a

    un eccidio nazista nel '44, Franco Car-panelli racconta la sua vita da romanzo,con la verve di un ragazzo che quest'an-no compie 93 anni. Giocare gli piace an-cora. Colleziona animaletti danzanti,animati dalla forza cinetica: il picchioche becchetta l'albero, il gabbiano sospe-so che sbatte le ali, il piccolo carabinierea cavallo che galoppa in aria. C'è qual-cosa di magico ai suoi occhi in queglioggetti dal meccanismo perfetto. Si di-verte a toccarli per metterli in moto. «So-no rimasto un po' bambino» sorride. «Epoi credo molto nella capacità espressivadelle mani. Lo dico sempre ai ragazzi:“Non utilizzate solo il mouse. Privilegiatela manualità, mi raccomando”». A sup-porto della tesi ricorda una delle ultimeinterviste di Ettore Scola nel salotto diFabio Fazio: «Alla domanda: “Quale og-getto si porterebbe via se potesse sce-glierne uno soltanto?”. Il grande registarispose: “La matita”. L'episodio mi è sem-brato tanto significativo che l'ho raccon-tato ai ragazzi delle scuole durante unrecente intervento in pubblico in ricordodi Camillo Rondani. Hanno ascoltato erecepito il messaggio. Alla fine mi hannotributato un lungo applauso».

    UNA MINIERA DI ESPERIENZECarpanelli è una miniera di sapere, unfiume di esperienze. Nasce a Livorno nel'23, da padre parmigiano, e vive la gio-vinezza in Toscana, terra che gli ha la-sciato l'inflessione inconfondibile che dàgrazia alla parlata spigliata e una ricchez-za lessicale impeccabile. E' proprio in To-scana, tra l'altro, che conosce Frank LloydWright, il grande architetto americano,all'epoca in Italia per il suo «grand tour».Adora la cultura in tutte le sue espres-sioni. Ama il passato e adora l'innovazio-ne. Non a caso è presidente dell'Accade-mia nazionale di belle arti di Parma e diItalia Nostra. Può citare Sant'Agostino eJacques Maritain senza batter ciglio, sal-tellare dall'arte alla letteratura, senza maiscadere nella banalità dei luoghi comuni.L'architettura è però la materia predilet-ta, sua vera passione. Di architettura havissuto e all'architettura ha dedicato l'e-sistenza. La sua parola d'ordine? «Armo-nia». Il filo rosso del suo lavoro: la ra-

    nn Una grande soddisfazione. E ungrande orgoglio. La gioia dello scam-bio riguarda entrambe le parti. Il do-natore in primis: «La Fondazione Ca-riparma è l'ente che meglio di chiun-que altro sa conservare e valorizzarebeni d'arte preziosi e custodire la me-moria storica della nostra città. In unambiente di qualità, con la cura e ilrispetto dovuto». L'architetto FrancoCarpanelli ne è convinto. Tanto cheaggiunge: «E' davvero un momentoimportante per me: poter lasciare inottime mani l'intero mio archivio mirasserena e mi rende orgoglioso. Tuttii miei progetti, pensati e realizzati so-prattutto per Parma non potevano tro-vare migliore collocazione».

    «Siamo noi a ringraziare. Siamo noiorgogliosi di questa acquisizione - dicePaolo Andrei, presidente della Fonda-zione Cariparma -. Ciò che viene do-nato alla Fondazione viene donato allacittà. In questo atto che l'architettoCarpanelli ha voluto compiere c'è unagenerosità che va a vantaggio dell'in-tera comunità. Si tratta di un patri-monio dal punto di vista culturale eprofessionale davvero significativo, unpatrimonio di valenza storica. Orgoglioe soddisfazione riguardano anche ilfatto che presto saremo in grado direndere consultabile il materiale. Delresto tra le nostre finalità c'è propriola diffusione della cultura in tutte lesue forme».

    gione unita al senso del bello. «In archi-tettura le parole chiave sono forma, mi-sura e numero - spiega -. E' fondamentaleil modulo che, ripetendosi, produce ar-monia. Non sai perché, ma la senti aleg-giare nell'aria. Questa è la bellezza».Dei grandi architetti è stato amico. Ri-vivono, nel suo racconto, i protagonistidella modernità. Prendono forma reale,come in un film, giganti spiegati nei libridi storia dell'arte. Dalla cartellina ingial-lita, esce il carteggio con Le Corbusier,Alvar Aalto, Walter Gropius, Pier LuigiNervi, colossi dell'avanguardia, fondato-ri dell'architettura moderna e padri deldesign. Fra tanti amici, nel cuore Car-panelli ne ha uno in particolare, il suomaestro: «Mies van der Rohe era dav-vero grande. Voleva essere chiamato pernome. Credo di essere stato l'unico ar-chitetto italiano nei primi Anni Cin-quanta a studiare e progettare nella Gra-duate School of Design con lui. Alloraero giovane, disegnavo per lui pezzettiminuscoli di grattacieli. Parlava poco enon gli piacevano le persone che par-lavano troppo. Il linguaggio che predi-ligeva era il lavoro. Il suo motto, quelloper cui anche i non addetti ai lavori loconoscono, era “The less is more” (il me-no è più). Ed è proprio vero: solo chi nonsa fare aggiunge. Al contrario, chi sa faretoglie. Tutti gli architetti ancora oggi de-vono confrontarsi con questa regola».

    DA FIRENZE A CHICAGODalla facoltà di Architettura a Firenze (do-ve si laurea nel '49) vola immediatamentea Chicago, negli Stati Uniti, sede di unafamosa scuola di specializzazione a cui ac-cede grazie a una borsa di studio (vince ilFulbright Scholarship all'Illinois Instituteof Tecnology). Il mondo si svela ai suoiocchi. Guarda, ascolta e impara. Sono glianni Cinquanta, l'America è il centro delmondo. «Era facile incontrare personalitàdi interesse internazionale. Per motivi po-litici e razziali si erano trasferiti negli StatiUniti i fondatori del Bauhaus, per questo

    ho avuto modo di conoscere tante personeche hanno fatto la storia».C'è un incontro in particolare che Carpa-nelli ha scolpito nella memoria. Nulla ache fare con l'architettura: «ConobbiEnrico Fermi alla prima americana di“Miracolo a Milano”, presentato personal-mente da Vittorio De Sica alla Interna-tional House di Chicago nel 1952. In se-guito mi invitò al Congresso internazio-nale di Fisica in Michigan Avenue ove lonominarono presidente onorario della So-cietà internazionale di fisica. Mi commos-se il fatto che un italiano, seppur celebre,in terra straniera, ricevesse un un ricono-scimento così importante. Mi fece sentire

    orgoglioso e meno solo. Siamo diventatiamici. Da quel giorno lo accompagnavospesso a passeggiare sulle rive del lago Mi-chigan. L'inventore della bomba atomicaera un uomo semplice, gentile e ingenuo».La splendida esperienza americana segnaper sempre la vita, professionale e per-sonale, del giovane architetto. Il bagagliocolmo di conoscenze e entusiasmo lo aiu-ta a farsi notare. Rientrato in Italia si gua-dagna un posto da docente all'Universitàdi Bologna. Fa ricerca, insegna e insiemeprogetta. Vince concorsi nazionali (duemolto importanti per il ministero degliAffari esteri e per il Consiglio nazionaledelle ricerche) che lo mettono in luce sul-la piazza italiana. Decisivo il concorso na-zionale del 1953 per la stesura del nuovoPiano regolatore di Parma, che da quel-l'anno diventa la sua città.

    LA RIBALTA INTERNAZIONALEInsegna e inventa, l'architetto Carpanel-li. Prosegue la carriera accademica (per30 anni è il direttore dell'istituto di ar-chitettura e disegno della facoltà di In-gegneria all'Università di Parma), e in-sieme lavora a progetti per grandi edificipubblici in varie città da Nord a Sud (ca-serme, strutture sanitarie, edifici univer-sitari). Il giovane professionista, allievodi Mies van der Rohe, che sa coniugarel'avanguardia alle esigenze pratiche, ilbello al funzionale, è molto gettonato.Vince concorsi, tiene conferenze in giroper il mondo. Le università americane selo contendono e lui, che adora viaggiare,va ovunque ci sia qualcosa di nuovo dascoprire. E' del '57 il progetto di cui vapiù orgoglioso: «Partecipai al concorsointernazionale indetto da Wiesenthal delCentro Ebraico di Vienna per il Memo-rial del campo di sterminio di Auschwitz.Oltre 700 i partecipanti da tutto il mon-do. Una soddisfazione infinita per me».La proposta più intrigante arriva nel '62dalla prestigiosa Harvard University(Cambridge, Massachusetts): il preside,il celebre architetto Jose Luis Sert vor-rebbe tanto Carpanelli nella sua squadradi docenti. Arriva a dargli carta biancasu qualsiasi forma di collaborazione e,addirittura, di retribuzione. Niente dafare: Carpanelli è disposto a tenere le-zioni in ogni università, ma non lasciaParma. Negli stessi anni collabora con laScuola di architettura del Politecnico diVarsavia in Polonia, invitato personal-mente dal ministro dell'Istruzione, e Ri-chard Neutra lo vuole al suo fianco perun progetto a Maracaibo in Venezuela.La ribalta internazionale prosegue pertutti gli anni Settanta e Ottanta. Nel '72prende contatti con la Scuola di archi-tettura di Shangai e Pechino, parteci-

    pando alla prima missione culturale eprofessionale del governo italiano in Ci-na. Nel 1988 torna a Chicago per unaserie di conferenze in occasione del cen-tesimo anniversario della nascita diLudwig Hilberseimer.

    CARRIERA IN ITALIANel '58 consegue la Libera docenza incomposizione architettonica. Si guada-gna il titolo con una determinazione chelo porta ad arrivare primo nella gradua-toria nazionale. La motivazione è a dirpoco lusinghiera: la commissione gli ri-conosce all'unanimità «una non comu-ne preparazione culturale, maturità dipensiero, attitudine alla ricerca e spic-cate qualità didattiche».Carpanelli è ormai parmigiano a tutti glieffetti. Su Parma concentra le sue ener-gie inventive, in un ambiente carico dientusiasmo e voglia di fare. C'è una cittàda ricostruire. Come non ricordare il suoprogetto di ricostruzione «Com'era e do-v'era» del Neoclassico palazzo ducale delBettoli in piazzale della Pace; progettomai realizzato nonostante l'unanimeconsenso ottenuto al referendum. A me-tà degli anni Sessanta arriva una dellesfide più toste: inizia a pensare il pro-getto per la Camera di commercio. Lamodernità avanza, serve un luogo adhoc: «Una novità assoluta. Doveva in-globare anche la Borsa merci, che fino adallora svolgeva l'attività all'aperto, inpiazza Garibaldi. Erano i tempi in cui icontratti si stipulavano con una strettadi mano». L'edificio di via Verdi vieneinaugurato nel 1970 e per il progettista èuna specie di «battesimo di fuoco». Lasua attività continua incessante. Si de-dica ad altre progettazioni, tra cui il pa-lazzo direzionale delle Poste e telecomu-nicazioni di via Montebello, l'Istituto tec-nico industriale di via Toscana, i grandimagazzini Coin in via Mazzini, il com-plesso direzionale tra viale Fratti e vialeMentana (realizzati in vetro, un'innova-zione assoluta per Parma), il Cepim diFontevivo, il Consorzio agrario, oltre aresidenze private, strutture per uffici ecommerciali in centro storico.Eccola qui, elencata tutta d'un fiato, lacarriera professionale di Franco Carpa-nelli. La sintesi - impossibile elencarlanella sua completezza - delle opere rea-lizzate però non contiene il resto. Oltreche per l'architettura, l'amore per l'arte,ad esempio. «Ho sempre adorato RemoGaibazzi, un uomo libero. Rifiutò di la-vorare con uno dei più importanti gal-leristi americani, che lo avrebbe reso fa-moso, solo perché non voleva vincoli. Sedovessi dire di altri artisti con cui sento diavere un certo feeling direi che mi piacel'Informale - dice guardando “La stragedi innocenti” del 1964 firmata Vasco Ben-dini -. Era un grande, forse il più grandepittore informale italiano. L'Informale è ilgenere che preferisco, impegna l'uomo inmodo più profondo del figurativo».Amici, incontri, esperienze, viaggi. Unaproduzione professionale ingente. Ununico rimpianto: «Avrei sempre volutoprogettare un grattacielo. Non ovviamen-te a Parma, città bellissima, che va sal-vaguardata e protetta con amore nei suoiaspetti storico, artisti e architettonici».u

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    eIl principio«Il modulo che si ripeteproduce armonia.E l'armoniaè bellezza»

    eL'inventore dell'atomica«Fermi era un uomogentile, semplicee ingenuo. Siamodiventati amici»

    Donazione Il presidente della Fondazione Cariparma Paolo Andrei con FrancoCarpanelli. In alto: l'architetto davanti al prezioso archivio di disegni e progetti.

    15/02/2016 Quotidiano 1502_gdp_Par - 11 Cronaca (Dispari)