Carolly Erickson - La Grande Caterina

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Carolly Erickson. La Grande Caterina. (Una straniera sul trono degli zar). Titolo dell'opera originale: Great Catherine.

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Carolly Erickson.La Grande Caterina.

(Una straniera sul trono degli zar).  

Titolo dell'opera originale: Great Catherine.

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TRAMA.Caterina II di Russia, nata principessa Sofia di Anhalt-Zerbst e andata in sposa a soli sedici anniall'erede al trono degli zar, è una delle più straordinarie e controverse figure femminili dellastoria europea.Divenuta imperatrice nel 1762, fu artefice di imprese memorabili: proseguendo l'opera iniziatada Pietro il Grande estese i confini del paese ai danni di Polonia e Turchia, ne rafforzò ilprestigio e il potere in Europa e realizzò un riordinamento legislativo e amministrativo che neavrebbe risollevato le sorti, gravemente compromesse dalla politica dissennata dei suoiimmediati predecessori. Sovrana indomita, l'-autocrate di tutte le Russie resse con le sue soleforze un immenso impero al quale restituì fama e gloria, conquistandosi a buon dirittol'appellativo di -Grande .Eppure, nonostante gli indubbi successi, pochi altri personaggi sono stati incompresi e diffamaticome Caterina: venne accusata di aver commissionato all'amante Grigorij Orlov l'assassinio delmarito Pietro Iii, uomo sadico e inetto che la sottoponeva a continue vessazioni, di aversoffocato nel sangue la rivolta contadina di Pugaªcev, di crudeltà verso i sudditi, di terribili eimmorali complotti e perfino di ninfomania, poiché amava circondarsi di innumerevoli e semprenuovi -favoriti a cui concedeva ogni sorta di privilegi.In questa biografia Carolly Erickson delinea, con lo stile avvincente della narratrice e laprecisione della storica, la vera personalità della zarina: una donna intelligente, amica esostenitrice degli illuministi, caparbia e coraggiosa, che riuscì a imporsi in un mondo straniero eostile superando i pregiudizi dei suoi contemporanei. Emerge così, grazie a una meticolosa eappassionata ricerca condotta su un'ampia raccolta di documenti, un profilo affascinante in cuirisaltano, oltre al temperamento energico, alla cultura e alle ambizioni di potere, anche le intimegioie e le paure segrete di una delle grandi protagoniste dell'età moderna.  Carolly Erickson, storica americana, è autrice di numerosi saggi e di una decina di biografie dipersonaggi famosi, quali Elisabetta I, Maria la Sanguinaria e Carlo Edoardo Stuart.Fra le sue opere sono state tradotte in italiano: La visione del Medioevo. Saggi su storia epercezione (Liguori 1982) e Maria Antonietta (Mondadori 1991).Attualmente vive alle Hawaii.

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 A Lillian Cunningham

ealla Windward Writing Retreat Aloha nui loa.

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Capitolo I.Quella che si avvicinava al re sollevandosi sulla punta dei piedi per toccargli la giacca era unabambina di quattro anni, minuta, vivace e per nulla intimidita. Le avevano insegnato a baciare laveste delle persone più anziane in segno di riverenza, ma l'imponente signore che con ariasevera la osservava avvicinarsi indossava una giacca troppo corta, il che rendeva piuttostodifficile eseguire l'ordine della madre. I lineamenti regolari di quel viso infantile si contrasseroin una smorfia di disapprovazione, quasi di disprezzo. Gli occhi azzurri straordinariamentegrandi, che esprimevano intelligenza e sensibilità, fissavano senza timore il volto serio delsovrano. Dopo qualche istante la piccola si voltò per tornare dove l'aspettavano la madre e laprozia.-Perché il re ha una giacca così corta? chiese la bambina con un tono di voce perfettamenteudibile anche nel grande salone con gli alti soffitti affrescati e le pesanti tappezzerie. -èabbastanza ricco; non potrebbe comprarsi una giacca più lunga?La madre, estremamente a disagio e ben consapevole che tutti - i dignitari dallo sguardo vigile,gli ufficiali e le dame della nobiltà, per non parlare del ciambellano di corte con il parruccone ela lunga canna, delle eleganti damigelle d'onore, dei gentiluomini di camera, degli austeriservitori stretti nelle livree di velluto - compresa la nonna, la duchessa, erano in attesa diascoltare la sua risposta, rimase in silenzio.Il re volle sapere cosa avesse detto la bambina: e quando Federico Guglielmo di Prussia volevaqualcosa, la otteneva sempre.Qualcuno gli ripeté le parole da lei pronunciate. I cortigiani trattennero il fiato e la madre, il cuidisagio era evidente, arrossì.Con sommo divertimento di tutti, il re scoppiò in una sonora risata.Quello stesso sovrano che portava con sé una bacchetta per colpire i soldati quando nonmarciavano alla velocità a lui gradita, o quando non rispettavano alla lettera i suoi ordini precisie dettagliati, aveva riso.-è impertinente, la piccola! lo si sentì affermare. Poi si congedò e nella sala la tensione crollò.La bambina, Sofia Augusta Federica di Anhalt-Zerbst, era precoce, vivace e piena di energia;questo la rendeva impudente e spesso testarda. Parlava sempre, faceva continuamentedomande, notava e ricordava cose che non colpivano altri bambini più tranquilli. Molto presto,prima ancora di compiere quattro anni, aveva imparato a leggere abbastanza bene il francese e ascrivere i nomi e le date. Sapeva di non essere carina - e sentiva che questa era l'unica cosa chepreoccupava sua madre - ma era anche conscia della propria intelligenza e sapeva che grazie allavivacità nel parlare, all'energia e all'allegria poteva indurre un sorriso di approvazione sui voltidegli adulti che la circondavano, come era successo con la domanda impertinente che avevaprovocato la risata del re Federico Guglielmo.Era principessa di uno stato privo di importanza ma dignitoso, quello di Anhalt-Zerbst, uno deitrecento principati di lingua tedesca. Nel 1733, l'anno dell'incontro con il re di Prussia, questitrecento piccoli stati - principati, arcivescovati, libere città, ducati - erano tutti frazionati e soloun legame politico labile, formale e vago li teneva uniti all'ormai decaduta autorità del Sacroromano impero. Molto più reale di quella illusoria sovranità dell'imperatore era il potere del redi Prussia, che comandava uno degli eserciti più imponenti e meglio addestrati d'Europa, e cheminacciava con le sue mire espansionistiche l'integrità degli staterelli confinanti con il suoregno.Tra questi ultimi si annoverava, appunto, lo stato di Anhalt-Zerbst: poche centinaia dichilometri quadrati di pinete, pascoli e paludi, delimitato a sud dall'elettorato di Sassonia, aovest dall'arcivescovato di Magdeburgo e a nord dalla Prussia.Fin dall'inizio del tredicesimo secolo il principato di Anhalt era stato fiero della suaindipendenza, ma nel corso dei secoli successivi i rami della dinastia regnante si erano a talpunto moltiplicati da impoverirla, poiché il minuscolo regno non aveva in sé le risorse sufficientiper mantenerne i numerosi membri. Per molte generazioni i principi di Anhalt si erano sottrattialla rovina economica militando nell'esercito del re di Prussia. Anche il padre di Sofia, CristianoAugusto, aveva rispettato questa tradizione: aveva condotto in battaglia le truppe contro francesie svedesi, dedicando così la giovinezza alle conquiste dell'esercito prussiano, anche perché nonpossedeva né il talento né l'inclinazione naturale per diventare a sua volta un capo.In età ormai matura, a trentasette anni, Cristiano Augusto sposò una principessa di nobili natalima povera, Giovanna di Holstein-Gottorp, e la condusse a vivere nella desolata città diguarnigione di Stettino, ai confini della Pomerania, dove si trovava di stanza con il suo

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reggimento. Giovanna, che aveva soltanto sedici anni, era una ragazza carina e superficiale,viziata dalla nonna duchessa, e si trovò a disagio in una città come Stettino dove la scarsa vitasociale era organizzata da ufficiali di provincia arcigni e severi e da noiose mogli dicommercianti. Giovanna e Cristiano Augusto presero in affitto la casa di un uomo d'affari e pocotempo dopo la principessa rimase in stato interessante.

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Alla giovanissima Sofia piaceva correre su e giù per le scale, saltare sui mobili e sfrecciare da unastanza all'altra, e per questo era perennemente destinata a farsi male.Un giorno, mentre maneggiava un paio di forbici, una delle due lame le sfiorò una pupilla e soloper un caso fortuito non perse la vista. In un'altra occasione, mentre si trovava nella cameradella madre, nel tentativo di aprire un pesante mobiletto pieno di bambole e giocattoli, se lorovesciò addosso; ma le ante si spalancarono e la bambina riuscì a sgattaiolare via illesa.Quando Sofia compì cinque anni, Giovanna diede alla luce un altro figlio maschio, Federico; dueanni dopo partorì un terzo bambino, che però visse solo alcune settimane.Guglielmo, il legittimo erede degli Anhalt-Zerbst, continuava a preoccupare la madre che lomandò alle cure termali di Aix-la-Chapelle, Karlsbad e Teplitz. (*) Giovanna si occupava moltodi lui e del fratellino, e continuava a trascurare la figlia.La fragilità delle ossa costituiva probabilmente una caratteristica (*) Le odierne Acquisgrana,Karlovy Vary e Teplice. (Ndt) ereditaria dato che all'età di sette anni anche Sofia, che pure erauna bimba robusta, riportò una grave deviazione della colonna vertebrale in seguito a unaviolenta caduta sul fianco sinistro provocata da un accesso di tosse. Fu costretta a letto persettimane, in preda a sofferenze atroci. La tosse persisteva, il respiro era affannoso e dopo unmese, quando le venne dato il permesso di alzarsi, era così curva che sembrava deforme: laspalla destra era molto più alta della sinistra e la colonna vertebrale era così storta che la schienasembrava avesse assunto la fisionomia della lettera zeta.Giovanna ne fu assai rattristata: era già abbastanza mortificata dal fatto di avere un figliostorpio, non aveva certo bisogno dell'ulteriore responsabilità di una figlia deforme.Solo Babette e alcuni fedeli servitori furono messi a conoscenza delle reali condizioni di Sofia.Ma nessuno sapeva come curarla. Nel diciottesimo secolo non era infrequente vedere personeaffette da deformità gravi - perlopiù prigionieri ai quali erano state provocate deliberatamentemediante la tortura - ma a Stettino l'unica persona che fosse in grado di intervenire in qualchemodo era il boia locale e Giovanna non voleva che si sapesse che lo aveva fatto chiamare percurare la figlia.Alla fine, tuttavia, il boia fu condotto in gran segreto al castello.Esaminò Sofia e dispensò alla madre i suoi consigli: per prima cosa bisognava trovare unagiovane vergine che ogni mattina cospargesse della sua saliva la schiena e le spalle dellaprincipessa; poi occorreva fare indossare a Sofia un busto che la torturava, un rigido corsettoche la costringeva nella stessa posizione notte e giorno e che non poteva togliersi se non quandosi cambiava la biancheria intima.Giovanna, che esortava continuamente la figlia a -sopportare con pazienza la sua infermità e siarrabbiava quando lei protestava o si lamentava, fece rispettare rigorosamente la regola delbusto e della saliva; molti mesi dopo, quando il boia diede il permesso di togliere il busto, laschiena della bambina era ritornata normale.Ma non era solo il suo corpo a dover essere raddrizzato: anche la sua mente andava forgiata, perevitare che seguisse un'inclinazione pericolosa.Babette Cardel commentò che aveva un esprit gauche, ovvero un'indole eccentrica e uno spiritomolto individualista. Era decisa e caparbia, -poneva resistenza con tutte le sue forze , come Sofiaebbe a dire ricordando se stessa bambina di cinque o sei anni. Possedeva -un certo spirito dicontraddizione e interpretava qualsiasi cosa venisse detta nel senso opposto : in un'età in cui cisi aspetta che tutti i bambini, e le bambine in particolare, siano obbedienti e remissivi, questosuo -spirito di contraddizione rappresentava una sfida per i suoi insegnanti.Oltre a Babette, che sapeva prendere la principessina con dolcezza facendola ragionare, Sofiaaveva un precettore tedesco, un maestro di ballo francese, un professore di musica e unistitutore calvinista che le insegnava calligrafia. Quando, in seguito, descrisse i suoi educatori,definì drasticamente quest'ultimo -una persona debole di mente che in gioventù era stato unidiota , e definì lo sfortunato maestro di musica -quel povero diavolo di Roellig , che si rendevaridicolo andando in estasi per la voce tonante del basso, dai -muggiti simili a quelli di un toro ,che portava con sé a lezione. Non avendo orecchio per la musica, Sofia invidiava quelli chepossedevano tale dote, ma non nutriva alcun rispetto per Roellig né per gli altri precettoriprovinciali e pedanti ai quali era affidata la sua istruzione.Nei confronti del suo insegnante di religione, Herr Wagner, che aveva anche il compito di darleun'infarinatura di storia e geografia, Sofia nutriva un sentimento più complesso.Wagner era un pastore protestante che espletava la funzione di cappellano dell'esercito ereputava suo dovere imprimere nella mente di quella volubile e allegra principessa il senso

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profondo della serietà della vita, della cattiveria del mondo e la paura dell'inferno. Si presentavaal suo cospetto reggendo una voluminosa Bibbia in cui erano sottolineati in rosso centinaia diversetti e le imponeva di impararli a memoria. Sofia rimaneva seduta per ore con il libro sulleginocchia, ripetendosi frasi altisonanti sulle conseguenze del peccato, sulla potente armata diDio e sul cuore, -menzognero sopra tutte le cose e disperatamente malvagio . Nella sua mente, imessaggi di grazia e misericordia si confondevano con le visioni di tormento e di vendettadivina; in effetti, la collera di Dio poteva facilmente essere confusa con quella di Herr Wagner,perché quando Sofia si imbrogliava su una parola o dimenticava un versetto, lui la punivaduramente enfatizzando la sua disapprovazione in modo da darle la sensazione non solo di averesbagliato, ma di non valere nulla.

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non essere amata dalla madre e il risentimento che nutriva nei confronti di Guglielmo, quelfratello storpio e viziato che spesso, secondo lei, avrebbe meritato i ceffoni che invece venivanoindirizzati a lei.

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Capitolo II.Dopo che ebbe compiuto otto anni, Sofia trascorse sempre più tempo nelle vivaci corti diBrunswick e di Berlino e periodi sempre più brevi nella cupa, fredda e isolata città di Stettino.Giovanna raggiungeva la corte della nonna e vi si tratteneva per tre o quattro mesi l'anno; illungo inverno lo passava invece a Berlino, portando con sé la figlia.Cristiano Augusto non contrastava la volontà della moglie di compiere questi viaggi che latenevano lontana per mesi: in fondo, lui aveva superato i cinquant'anni, mentre Giovanna neaveva venticinque. Inoltre, i due coniugi avevano temperamenti assai diversi: quanto l'uno eraserio, austero e amante della solitudine, tanto l'altra era spiritosa, vivace e amante degli scherzi,e si sentiva realizzata solo quando era circondata da amici che la adulavano. Giovanna eraconsiderata più intelligente del marito, stando a ciò che poi scrisse Sofia; ma Cristiano Augustoera -un uomo retto, che giudicava con fermezza , esperto in molti campi grazie alla sua passioneper la lettura. I due, probabilmente, non si facevano molta compagnia. Cristiano Augustoincominciava a invecchiare, soffriva di disturbi circolatori e non avrebbe potuto adeguarsi a quelvortice di feste di caccia, balli e intrattenimenti mondani che la vita di corte imponeva.Così Giovanna se ne andava con Sofia e gli altri bambini a occupare il posto riservato allepersone meno influenti della corte di re Federico Guglielmo, tenendo però sempre a mente che,sebbene suo marito fosse un ignoto principe, lei proveniva da una famiglia molto vicina allacorte reale. Il suo bisnonno era infatti Federico Iii, re di Danimarca; il padre, ormai defunto, erastato principe-arcivescovo di Lubecca e il cugino, Carlo Federico, era il marito di Anna, figliadell'imperatore Pietro il Grande. Il figlio di Carlo e suo omonimo, Carlo Ulrico, era l'erede deltrono di Svezia e di quello di Russia.Il fratello di Giovanna, Carlo Augusto, era stato fidanzato con Elisabetta, figlia maggiore diPietro il Grande, ma era morto alla vigilia delle nozze.In effetti, le relazioni di Giovanna con la famiglia reale non l'avevano aiutata a diventare ricca esi era dovuta accontentare del matrimonio con un principe di rango inferiore: del resto, era solola quarta femmina del principe-arcivescovo (che aveva dodici figli) e pare che fosse stataallontanata dalla madre per ragioni rimaste ignote. Ma Giovanna sperava che con i suoi bambiniil destino sarebbe stato più generoso. Forse proprio perché non era riuscita a fare molta strada,Giovanna nutriva grandi ambizioni per la sua prole. Se la sfrontatezza e l'arroganza erano arminecessarie per salire i gradini della gerarchia sociale, ebbene, lei era disposta a usarle.Consultava medium e chiaroveggenti nella speranza di scoprire cosa il futuro riservasse aciascuno dei suoi piccoli; ma quando arrivava il turno della giovane Sofia, Giovanna cercava dieludere le previsioni, qualunque cosa dicesse l'indovino di turno.Tra i bambini che affollavano la corte di Brunswick c'era la principessa Marianna di Brunswick-Bevern, i cui tratti affascinanti ne lasciavano presagire la futura bellezza. A Giovanna piacevaquella ragazzina e la scelse come oggetto della sua adulazione. Una volta, a proposito diMarianna, Giovanna, in presenza della poco attraente Sofia, disse: -è una bambina che ungiorno verrà incoronata (o qualcosa del genere).Ma ad ascoltarla c'era anche un monaco chiaroveggente, appartenente al seguito del principe-arcivescovo di Corbie, il quale si affrettò a correggerla, affermando che non vedeva alcunacorona nel futuro di Marianna, mentre ne scorgeva chiaramente tre sul capo della principessaSofia di Anhalt-Zerbst.Sofia fece tesoro di quel piccolo trionfo e lo associò a un'altra indicazione espressa da Bolhagen,un amico e consigliere del padre, assai vicino alla famiglia ancor prima della nascita di Sofia, ilquale aveva poi trascorso molto tempo con i fanciulli.Un giorno, mentre stava leggendo il giornale, questi riferì ai bambini una notizia relativaall'imminente matrimonio della principessa Augusta di Sassonia-Gotha con il figlio maggiore dire Giorgio Ii d'Inghilterra. -La principessa Augusta non ha ricevuto un'educazione accuratacome voi osservò -non è affatto carina eppure è destinata a diventare regina d'Inghilterra. Chissàcosa diventerà, allora, la nostra principessina... Le principesse tedesche, in effetti, erano moltorichieste dalle corti straniere; anche se non recavano grandi doti, i loro padri erano così pocoimportanti politicamente che non avevano alcuna possibilità di contrastare le condizioni postedai futuri generi.Molte case reali europee inviavano i loro emissari in Germania per conoscere le principesse dellevarie corti e chiedere i loro ritratti da riportare in patria. Nonostante l'iniziale titubanza,Giovanna capì che Sofia avrebbe potuto rappresentare un buon partito in questo -mercato deimatrimoni : probabilmente avrebbe rivestito un ruolo soltanto marginale, ma l'eventualità non

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era affatto da sottovalutare. Crescendo, Sofia si faceva sempre meno sgraziata, mentreapparivano impressionanti le sue capacità di apprendimento e il suo brillante eloquio. Moltiammiravano la sua originalità di pensiero e si congratulavano con la madre per la piacevolepersonalità della figlia.

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un gallo, un usignolo semiparalizzato, un pappagallo senza una zampa riverso sull'addome emolte altre creature simili vagavano per la stanza. La pietà di Sofia Cristina impressionò moltola piccola Sofia. Ma quando una volta, avendo dimenticato una finestra aperta, fece fuggire metàdegli uccelli, la bimba rimase colpita nel vedere l'esplosione di rabbia della zia.

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moglie fosse stata cercata tra i parenti stretti, tra coloro che conosceva e con cui avevafamiliarità.

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motivo di consolazione. Almeno un suo desiderio era stato esaudito: i due principi avevanofinalmente un regno in miniatura, un piccolo seguito regale, una modesta rendita, unacompagnia di ufficiali della Guardia e sudditi che si inchinavano reverenti quando passava laloro carrozza. In verità, il principato di Anhalt-Zerbst era così piccolo che un cavaliere velocepoteva attraversarlo in un giorno; ma quello che contava per Giovanna era che lì avevano unpotere sovrano e che tra quei confini lei era la dama di rango più elevato.

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Capitolo III.A quattordici anni Sofia era una ragazza magra e vivace, con una vita esile e un corpo da donnamatura. I suoi modi erano seri, decisi e nel contempo accattivanti. Il viso non aveva tratti moltogradevoli: il naso era troppo lungo ed eccessivamente allargato alla base per essere consideratograzioso, il mento era piuttosto pronunciato, la bocca assai sottile e le labbra serrate, come perrimarcare la sua chiusura. Aveva gli occhi grandi e non allineati, il che le conferiva uno sguardoquasi selvatico e penetrante che metteva il prossimo in imbarazzo. Il suo atteggiamentoesprimeva sfida più che riservatezza, anche se stava cercando di imparare a nascondere i suoisentimenti e a tenere per sé le sue opinioni, quand'era necessario.Una delle dame di Giovanna, la baronessa von Prinzen, conosceva bene Sofia e la descrivevacome una ragazza con -una personalità fredda, seria e calcolatrice . Cauta e intelligente lo erarealmente; calcolatrice, forse; ma certamente non era una ragazza fredda.La baronessa non l'aveva capita: Sofia, al contrario, era espansiva e stava per scoprire gli slancidell'infatuazione.Tutta la famiglia di Giovanna si era radunata ad Amburgo per festeggiare un avvenimentoimportante: il fratello Adolfo, principe-arcivescovo di Lubecca, stava per essere incoronato re diSvezia.Anna Ivanovna, l'imperatrice di Russia, era infatti morta, e dopo un breve periodo di confusioneil trono era passato alla cugina Elisabetta, la figlia minore di Pietro il Grande e quasi cognata diGiovanna e dei suoi fratelli germani. La nuova imperatrice si sentiva molto legata alla famigliaHolstein-Gottorp, che sarebbe dovuta diventare la sua se il suo fidanzato non fosse mortoprematuramente. Aveva da poco deciso di nominare suo erede il cugino di Sofia, Carlo Ulrico, edato che ciò significava per lui rinunciare alla corona svedese, Elisabetta aveva deciso di dare unaltro segno della sua benevolenza verso quel casato nominando Adolfo re di Svezia.Ad Amburgo le celebrazioni furono solenni. I membri del governo svedese vennero acongratularsi con il nuovo sovrano e lo scortarono a corte attraverso il Baltico; con il loro nutritoseguito parteciparono per settimane a balli e festeggiamenti. I senatori svedesi, i rappresentantidelle corti estere, i diplomatici e gli altri notabili si unirono a quell'ininterrotto carosello diincontri mondani. A questi festeggiamenti partecipava anche il fratello minore di Giovanna,Giorgio, un avvenente ufficiale di cavalleria che aveva un carattere esuberante ed estroversopiuttosto affine a quello di Sofia. Giorgio non era riflessivo come la nipote - non eraassolutamente un intellettuale - ma la sua compagnia era allegra: a ventiquattro anni era moltopiù mondano di lei, ed era così bello che la ragazza ne rimase affascinata. La colpivanosoprattutto i suoi occhi.Zio e nipote trascorsero molto tempo insieme: Giorgio raggiungeva Sofia nella sua stanza perparlarle, per scherzare con lei, e segretamente sperava diventasse sua moglie. Si intromettevanelle sue lezioni e questo infastidiva e metteva in apprensione Babette. Divennero prestoinseparabili e Giovanna, che in altre circostanze avrebbe ostacolato un simile rapporto, era felicedi lasciare che il fratello prediletto affascinasse la figlia. Si era resa conto di quello che stavaaccadendo: Giorgio stava interessandosi a Sofia non solo come a una brillante giovane nipote,ma anche come a una possibile moglie.In realtà, Giovanna non aveva perso la speranza che la figlia sposasse Carlo Ulrico, e la suaaspettativa aumentò quando, in due occasioni diverse, giunsero degli emissari dell'imperatriceElisabetta a chiedere un ritratto di Sofia da riportare in Russia. Evidentemente l'imperatricestava pensando anche a lei come a una possibile futura granduchessa di Russia. Ma ora cheCarlo Ulrico aveva raggiunto un rango così elevato, Giovanna non poteva più credere che Sofiapotesse avere buone possibilità di sposarlo: l'imperatrice avrebbe sicuramente scelto unagiovane di più alto lignaggio. Per questo motivo non poteva permettersi di non prendere inconsiderazione altre occasioni di matrimonio per la figlia, e le nozze tra zio e nipote potevanoavvenire: la chiesa luterana, infatti, talvolta li permetteva.Inoltre, se Sofia avesse sposato lo zio Giorgio, Giovanna avrebbe avuto una preoccupazione inmeno. Era ancora in lutto per la perdita del figlio maggiore e doveva occuparsi di un'altraneonata, che aveva chiamato Elisabetta in onore della benefattrice della famiglia imperialerussa. La salute precaria di Cristiano Augusto era causa di continue ansie e lei stessa avevainiziato ad avere problemi di stomaco. Lasciò, quindi, che il corteggiamento continuasse.Sofia era probabilmente lusingata dalle attenzioni dello zio, e inoltre amava stare in suacompagnia. Ma ad Amburgo ella fu oggetto di altre attenzioni e lodi da parte del conteGyllenburg, uno dei notabili svedesi giunto in città per scortare il nuovo re verso il suo regno. Il

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conte rimase stupito dalla cultura di Sofia, dalla sua capacità di discorrere di filosofia e dipolitica senza la timidezza propria di una principessa che aveva condotto una vita ritirata.

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per il pranzo, si incuriosì e Giovanna chiese a un domestico di portarle immediatamente lacorrispondenza. Non appena ebbe le lettere le aprì e Sofia, che le era seduta accanto, cercò disbirciarne il contenuto. Riuscì a decifrare la grafia del tutore di Carlo Ulrico, Otto vonBr�mmer, e le parole: -...la principessa, vostra figlia maggiore .

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accenni alla sua infatuazione.

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lasciare andare la figlia; tuttavia, date le insistenze del re, dovette accordare il suo permesso.

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vento ululava attraverso i buchi del tetto o delle pareti, rendendo impossibile il sonno. A Sofia,che cercava di innaffiare la cena con grandi quantità di birra locale, vennero dei disturbi allostomaco. Giovanna si informava ogni volta se l'oste e la sua numerosa famiglia non avessero ilvaiolo, poi chiedeva che le venisse allestito l'asse che si era portata da casa e vi si sdraiava sopra,completamente vestita, cercando di dormire.

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Capitolo IV.Le settimane passavano e il viaggio diventava sempre più faticoso. La carovana procedevalentamente verso nord; lungo le rive del Baltico, nella morsa del vento battente, il freddo sifaceva ogni giorno più insopportabile.Quando il corteo attraversava i villaggi, i contadini avvolti in stracci uscivano per osservare lecarrozze, facevano il segno della croce e mormoravano sommesse preghiere. Ogni sera iviaggiatori si sistemavano per dormire dove capitava e udivano giungere dall'esterno l'ululatodei lupi. Lungo la costa lettone, avvolta nella nebbia, i villaggi si facevano ancora più rari e ilpaesaggio, nel suo biancore, era di una monotonia esasperante. Una notte, però, il cielo fuilluminato dal passaggio di una cometa. Sofia ne fu estasiata: -Non avevo mai visto niente di cosìsplendido scrisse nelle sue memorie. -Sembrava che fosse molto vicina alla terra.-Le comete sono il presagio di una catastrofe fece notare la signorina Kayn ai compagni diviaggio. E stava davvero per accadere una catastrofe, o almeno così sembrò ai parenti di Sofiaquando Cristiano Augusto rivelò loro che la figlia era in viaggio verso la Russia. Scrisse aGiovanna dicendole che, all'annuncio della notizia, sorelle, zie e cugini avevano espresso ungenerale risentimento. Tutti si erano augurati che Sofia sposasse Carlo Ulrico quando questi eraduca di Holstein; ma l'ultima cosa che desideravano era che la principessa si unisse inmatrimonio con lui adesso che era diventato Pietro, granduca della Moscova,e viveva in unacorte celebre per la sua instabilità politica e i costumi incivili. Sofia sarebbe stata alla completamercé dell'imperatrice: avrebbe anche potuto venire assassinata, sbattuta in una prigione, opeggio. La sua stessa anima sarebbe stata in pericolo tra i russi pagani, i quali l'avrebberocertamente perseguitata a causa della sua fede luterana.Giovanna non rimase sorpresa dalle reazioni dei suoi parenti. Scrisse al marito che si aspettavaquell'ondata di disapprovazioni: ma la provvidenza aveva stabilito che Sofia sarebbe andata inRussia e la provvidenza non poteva essere contraddetta, neppure dalla zia Elisabetta o dalla ziaEdvige di Quedlinburg. -Siamo certi che l'Onnisciente porterà a compimento i suoi progetti, anoi oscuri scrisse con parole devote, pregando che l'Onnisciente continuasse a procurare lorocavalli freschi e cibo commestibile e che non li lasciasse smarrire nella tormenta.Si stavano ormai avvicinando al confine con la Russia. Intorno a loro si estendevano ovunquepaludi dalle torbide acque argentee, che brillavano debolmente nella pallida luce dimezzogiorno. In quel deserto, un giorno apparve una figura che cavalcava verso di loro: era uncorriere inviato per incontrarli; sarebbe poi tornato indietro per la stessa strada comunicando lanotizia del loro arrivo imminente. Subito dopo sopraggiunse un altro cavaliere, il colonnelloVoejkov, che li scortò oltrefrontiera fino a Riga.Sembrava che tutti gli abitanti di quella città fossero scesi per le strade ad accogliere gliassiderati ospiti di Anhalt-Zerbst. In segno di benvenuto tuonarono i cannoni, suonarono lecampane e un ambasciatore dell'imperatrice, Semen Naryªskin, pronunciò un discorso. Ilvicegovernatore Dolgorukov era presente con una scorta di soldati della guarnigione, oltre checon grande numero di generali e ufficiali.Giovanna era strabiliata per quella clamorosa accoglienza. Poteva finalmente abbandonare il suofalso nome e assumere la sua vera e dignitosa identità, davanti a una fila di nobili che siproducevano in devoti inchini e le baciavano la mano. Per due giorni continuò quella parata dionori, con le guardie schierate e i trombettieri che annunciavano ogni minimo spostamento deivisitatori. AGiovanna e Sofia furono offerti cappotti caldi di zibellino tessuti con broccato dorato, colletti ecopriletto di pelliccia, e consegnate lettere di benvenuto dell'imperatrice e del conte vonBr�mmer.Sofia lasciò che l'estroversa madre fosse al centro dell'attenzione in tutti i festeggiamenti, anchese sapeva di essere lei, la futura granduchessa, il personaggio più importante. La sua mente eragià al lavoro. Osservava il comportamento e i costumi degli ospiti russi, chiese a un generaleragguagli sulla corte imperiale, e domandò chi fossero i personaggi chiave e quale fosse il lorocarattere. La sua sensibilità politica era già matura: sapeva che sarebbe stato necessario per leiavere il maggior numero di informazioni per potersi adattare.Sofia, probabilmente, pensava anche molto a Pietro, ricordando il suo pallore e il suoincorreggibile comportamento, il suo debole per Giovanna e i rozzi valletti che si era scelto comeamici. Senz'altro si chiedeva quanto fosse cambiato dopo il loro incontro a Eutin, e se la suaelevata posizione gli avesse dato alla testa.Adesso la neve aveva imbiancato i campi e le paludi; i viaggiatori avevano abbandonato le

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scomode carrozze ed erano passati su una più confortevole slitta di proprietà dell'imperatrice.Più che un mezzo di trasporto, quest'ultima era una piccola casa su ruote, così larga e pesanteche erano necessari dodici cavalli per trainarla lungo le strade innevate. Nella slitta c'erano unastufa, dei materassi e delle calde coperte di pelliccia; le pareti interne erano imbottite e Sofia,Giovanna e la signorina Kayn, per dormire si sdraiavano su cuscini di seta. In quest'ultima tappadel loro viaggio c'era uno squadrone di cavalleria a proteggerle e un distaccamento di soldati difanteria, oltre alle slitte di nobili e ufficiali russi.

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dovette ammettere che lo spessore dei vari indumenti che indossava l'aveva protetta. La slittavenne riparata e, dopo una pausa di alcune ore, il viaggio fu ripreso.

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sopraffatto il suo animo sensibile.

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matrimonio politico come quelli che erano stati predisposti per lei nell'adolescenza. Così, si eraunita in matrimonio morganatico con il bellissimo Aleksej Razumovskij, nativo dell'Ucraina, alquale era stato assegnato un posto nella cappella di corte per la sua voce straordinaria.

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sorpresi di constatare il suo calore e la sua affabilità, dal momento che si aspettavano unaragazza boriosa e orgogliosa. Un ospite fece notare che salutava con la medesima espansività e ilmedesimo rispetto il cancelliere e il servitore che provvedeva alla stufa.

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Sofia riprese coscienza e guardò il viso rotondo e preoccupato di Elisabetta. Si rese conto inmodo confuso della presenza nella stanza di altre persone, dottori e ufficiali, e di Giovanna,sconvolta e in ansia. Ma poco dopo ripiombò nell'incoscienza.

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Nel frattempo, all'insaputa di Sofia, il re Federico stava sfruttando il suo ascendente su CristianoAugusto per cercare di convincerlo, slealmente, che le differenze teologiche tra la dottrinaortodossa e quella luterana erano minime. AFederico importava poco della religione: non aveva alcuna remora a travisare questionireligiose, mentre il devoto e obbediente Cristiano Augusto era profondamente angosciato.-Meine Tochter nicht Griechisch werden! continuava a ripetere piangendo: -Mia figlia nondiventerà ortodossa! . Il conflitto era lacerante: Federico Ii, il suo sovrano, verso il quale nutrivagrandi debiti di riconoscenza, l'uomo che l'aveva promosso feldmaresciallo, ora gli chiedeva diandare contro la sua coscienza. Anche la figlia era convinta di volersi convertire alla religioneortodossa. La moglie, che non si era mai fatta molti scrupoli, aveva una posizione neutrale. -Lascio scegliere a Sofia gli disse tagliando corto, sapendo quanto lui che in definitiva Sofia avevadue sole alternative: o convertirsi formalmente alla religione ortodossa, o ritornare a Zerbst,lasciando così sfumare l'opportunità di diventare granduchessa.Mentre Cristiano Augusto combatteva con la sua coscienza e Sofia attendeva la risposta paterna,la corte fu testimone di una memorabile dimostrazione del furore dell'imperatrice. La contessaLopuhina, quella stessa, temeraria bellezza che aveva osato indossare un abito rosa nonostantel'interdizione dell'imperatrice, si lasciò convincere a ordire un complotto per detronizzareElisabetta. Insieme ai complici, venne accusata di avere cospirato con l'ambasciatore austriaco.Fu condannata a morte insieme al marito, ma l'imperatrice, alla quale ripugnava l'esecuzionecapitale, commutò la sentenza.I cortigiani si unirono all'enorme folla radunata in una piazza dove, sulla neve, era statacollocata un'ampia piattaforma di legno. Faceva molto freddo; una immensa distesa di colbacchidi pelliccia e di pesanti pastrani si estendeva a ogni lato della forca. Migliaia di personeattendevano pazientemente ai bordi della piazza che lo spettacolo avesse inizio. Il conte e lacontessa vennero trascinati con le mani legate sul palco da corpulente guardie: come impazzita,la donna si dibatteva violentemente. I suoi abiti erano laceri e lei sbatteva la testa, urlando diterrore. Fino a un attimo prima credeva che sarebbe stata decapitata, mentre adesso le dicevanoche la vita le sarebbe stata risparmiata e che sarebbe stata solo torturata. Con lei c'era la mogliedel fratello del cancelliere, Mihail Bestuªzev, il suo amico più caro e, secondo gli accusatori, suocomplice nella congiura.Una a una, le vittime furono sottoposte alla punizione. Il conte Lopuhin venne legato alla ruotadella tortura: i polsi e le caviglie furono fissati con robuste funi, quindi la ruota venne fattagirare fino a quando tutte le ossa gli si fratturarono, mentre la moglie singhiozzava e sicontorceva al suo fianco, tra le grinfie delle guardie. Quando venne il suo turno, fu obbligata ainginocchiarsi e a ricevere ripetuti colpi inferti con un pesante bastone di legno. Ansimando epiangendo implorava pietà, ma dopo pochi colpi svenne: la sua schiena era ricoperta dai livididelle sferzate. Dopo le frustate, i carnefici afferrarono la contessa per i capelli e le aprirono labocca per reciderle la lingua. Il sangue le uscì a fiotti dalle labbra dischiuse. Dopo avereassaporato ogni brivido d'orrore, gli spettatori, soddisfatti che i traditori avessero subito lameritata punizione, lanciarono grida di approvazione.Quella barbara esibizione era terminata. Ma nessuno aveva notato che, nell'ultimo istante disofferenza della sua amica, la signora Bestuªzeva era riuscita a far scivolare un preziosodiamante nella mano del boia.Lì per lì il carnefice non aveva dato segno di accorgersene, ma in seguito, quando gli esiliatierano in viaggio verso la Siberia, la contessa Lopuhina si accorse di poter ancora parlare.

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Capitolo V.Nell'antro oscuro della cappella di palazzo, dove migliaia di candele tremolanti gettavano la lorodebole luce sui mosaici e sui dipinti lucenti che tappezzavano le pareti e le colonne, Sofia siinginocchiò per recitare la sua professione di fede.Era piuttosto intimorita dalle decine di lampadari d'oro, dagli alti candelabri, dalle prezioseicone racchiuse in cornici incastonate di gioielli e dallo sfarzo delle decorazioni che rivestivano lesuperfici policrome. I suoi sensi erano storditi dall'acre odore dell'incenso, dalla vibrante musicadel coro che riecheggiava nel vasto santuario, dal caleidoscopio dei colori e dal riverberodell'oro: sembrava quasi addormentata quando si inginocchiò, oscillando leggermente nelmomento in cui le sue ginocchia sprofondarono nel soffice cuscino di seta.Aveva digiunato per tre giorni per prepararsi a questo rito. Le veniva, infatti, richiesto dipurificarsi prima di fare la sua professione di fede. Aveva le vertigini e si sentiva debole, ma lasua mente allenata le permetteva di ricordare le parole russe che aveva coscienziosamentestudiato sotto la guida del suo insegnante di russo Vasilij Adadurov.Quella di memorizzare le nozioni era una capacità che aveva sviluppato dall'epoca in cui ilpastore Wagner la perseguitava, la minacciava e la costringeva a trascorrere ore china sullaBibbia luterana.La professione di fede che aveva imparato per quel giorno era stata scritta per lei da SimonTodorskij.L'aveva tradotta in tedesco perché Sofia potesse comprendere ciò che diceva, ma in quellacerimonia di cresima doveva ripeterla in russo, insieme alla versione ortodossa del Credo diNicea. In tutto aveva imparato circa cinquanta pagine manoscritte in russo e sperava di essere ingrado di ripeterle con sufficiente convinzione, anche se non le comprendeva del tutto.Quella mattina, sul presto, l'imperatrice aveva voluto vestirla personalmente con un abito cheera la copia del suo, in broccato cremisi bordato d'argento. Le due donne erano diventate ancorapiù intime: Elisabetta trattava ormai Sofia come se una figlia e trascorreva con lei gran parte delgiorno. Dopo la malattia della giovane avevano viaggiato, mangiato molte volte insieme epartecipato a balli, concerti e giochi. In seguito, nelle sue memorie, Sofia scrisse che in quelperiodo considerava l'imperatrice -come una divinità, priva di difetti .Era stata testimone degli improvvisi accessi di rabbia e degli irosi capricci della zarina, ma sicrogiolava nel calore e nella tenerezza materna di quella donna matura. Il rispetto e lagratitudine che provava nei confronti di Elisabetta non avevano limiti; era ancora intimidita dalei, ma il suo affetto era molto forte.Sofia incominciò, dunque, la sua lunga professione di fede, sforzandosi di pronunciare le parolein modo udibile e chiaro, secondo le istruzioni del maestro. Dal fondo della cappella, Giovannaguardava con orgoglio la figlia. -Dal momento in cui è entrata in chiesa fino alla fine dellacerimonia scrisse a Cristiano Augusto -si è comportata con estrema nobiltà e dignità. Anche senon fosse stata mia figlia sarei stata costretta ad ammirarla.La voce forte e profonda di Sofia si propagava nella vasta cappella, raggiungeva ogni anfratto eogni nicchia delle alte pareti di pietra, risuonando e riecheggiando tra i pilastri policrimi. Si eraradunata una folla imponente e molti, ascoltandola, si commuovevano.Quando la principessa ebbe terminato, guardò i suoi padrini, che le imposero il nome dibattesimo con il quale da quel momento sarebbe stata conosciuta: Ekaterina Alekseevna.Sofia, la principessa luterana di Anhalt-Zerbst, era diventata Caterina di Russia, figlia dellachiesa ortodossa. Aveva fatto la sua scelta, recando un sicuro dispiacere al padre, per amoredella sua nuova madre, l'imperatrice.Ed Elisabetta sembrava proprio una madre per lei, così piena di attenzioni e di premure: laricopriva di abiti e gioielli e la trattava con tenerezza e affetto materno. La sua conversione avevarappresentato una gioia per la zarina, che gradiva anche il nuovo nome di Sofia, Caterina, cheera stato quello di sua madre. Da quel momento la giovane principessa di Anhalt-Zerbst avrebbeportato con orgoglio questo nome; Caterina, e non Sofia, sarebbe divenuta la fidanzata di Pietro.Quella notte l'imperatrice e i futuri sposi avrebbero dormito al Cremlino, l'immensa fortezzabianca che dominava Mosca. A Caterina e al suo seguito era stato assegnato un terem, unappartamento situato a un piano alto del vecchio palazzo in mattoni abbandonato da decenni epiuttosto fatiscente, ma risistemato per quell'importante circostanza che era la vigilia delfidanzamento. Se Caterina aveva ancora delle esitazioni, molti anni dopo, quando scrisse le suememorie, non se ne ricordava più. Ricordava, invece, la vista che si godeva da quelle piccolefinestre: una panoramica della fortezza, degli edifici e delle chiese con la cupola d'oro; sullo

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sfondo, la città si estendeva verso le colline lontane. Si trovava così in alto che dalla suaposizione era difficile distinguere le persone che camminavano lungo le mura del Cremlino:sembravano formiche che marciavano in colonne serpeggianti, dirette verso destinazioniinvisibili.

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fosse condotta al suo cospetto e, una volta giunta, le snocciolò furibonda tutte le accuse chegravavano su di lei; terrorizzata, Giovanna scoppiò in lacrime. Per due ore l'imperatrice sfogò lasua ira e la principessa subì, facendo del suo meglio per cercare di difendersi e implorareperdono. Solo troppo tardi Giovanna aveva compreso che le sue maldestre ed evidenti manovreavevano messo a repentaglio il futuro della figlia. Alla fine Elisabetta acconsentì a nonrimandare a casa né Giovanna né Caterina, ma Chetardie venne allontanato. Tuttavia,l'incidente aveva fatto cadere in disgrazia la principessa: la mortificazione inflittale al banchettodi fidanzamento era soltanto una delle maniere per ricordarle la sua condizione.

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di barbare punizioni se mancavano al loro dovere di obbedire ai loro padroni naturali.

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lui per diffondere i suoi pettegolezzi. Si intrometteva in qualunque intrigo o litigio si verificasseall'interno del seguito di Caterina, e dove c'era armonia spargeva zizzania. Ignorata da molticortigiani, continuò a trovare un porto sicuro presso il principe e la principessa di Assia-Homburg ed entrò a far parte della loro cerchia.

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uomini attraenti.

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Capitolo VI.In ottobre Pietro fu costretto a letto da una tosse secca e un dolore al fianco. Dopo una visitaaccuratissima, il medico gli proibì di compiere sforzi, anche se i sintomi non facevano supporreniente di preoccupante; in passato il ragazzo era stato malato molte volte e questo episodio nonsembrava peggiore di altri. Caterina, che forse si sentiva sollevata perché non doveva sopportarele canzonature e gli scherzi di pessimo gusto del fidanzato, gli inviava dei biglietti e trascorrevaserenamente le giornate senza di lui.La giovane si era fatta nuove amiche che avevano soppiantato la domestica russa fattaallontanare da Giovanna.Si trattava di Praskovia e Anna Rumjanªceva, figlie della prima dama di corte MarijaRumjanªceva. Le due ragazze avevano circa la stessa età di Caterina e come lei amavano faregiochi maschili e scherzi; in loro compagnia Caterina riusciva a dimenticare le preoccupazioniche la assillavano e ad abbandonarsi a svaghi chiassosi. Marija Rumjanªceva lasciava che lescorribande e i balli delle figlie continuassero nelle stanze di Caterina, ritenendoli passatempiinnocui. L'imperatrice, che ripeteva continuamente a Caterina quanto le piacesse e quantol'amasse (-quasi più di Pietro ), non si occupava molto di quanto succedeva nell'appartamentodella granduchessa. Questa volta Giovanna, che soltanto pochi mesi prima si era intromessa perostacolare la nascente amicizia tra la figlia e la giovane dama di compagnia, non si immischiò,essendo presa dalla sua crescente infatuazione per il conte Beckij; inoltre, il suo appartamentonel palazzo d'Inverno era piuttosto distante da quello della figlia.Ogni notte, al termine dei balli e delle feste, Caterina rientrava nelle sue stanze e invitavaPraskovia a dormire con lei, talvolta persino nello stesso letto. -In quei casi avrebbe ricordatopiù tardi Caterina -trascorrevamo tutta la notte giocando, ballando e scherzando; talvoltaandavamo a letto solo al mattino: non ponevamo mai fine alle nostre scorribande.Passarono le settimane e Pietro si ammalò di varicella. La corte era nuovamente allarmata etemeva per la sua salute. Inoltre, si diceva che il turbolento rapporto tra Giovanna e il conteBeckij avesse avuto delle complicazioni e che la madre della granduchessa fosse incinta. Nonsappiamo se Caterina credesse a tali pettegolezzi né se sapesse la verità su quanto stavarealmente accadendo alla madre; tuttavia, un'aura di disonore aleggiava su di lei e su Giovanna.Ancora una volta c'erano buoni motivi per essere preoccupata della sua posizione: se infattiGiovanna avesse fatto cadere in disgrazia la famiglia, o se Pietro fosse morto di varicella,Caterina sarebbe stata rispedita ad Anhalt-Zerbst alla prima occasione.L'inverno era alle porte e la corte era di nuovo immersa in feste e ricevimenti. Caterinariscuoteva ammirazione per la figura snella, la pelle chiara e liscia e il lungo collo sottile.Spendeva molto di più dell'appannaggio che le dava l'imperatrice in abiti, biancheria e costosiregali per gli amici; e come tutta la corte incominciò a nutrire una smodata passione per la modafrancese. Quando Pietro iniziò a stare meglio e fu in grado di unirsi alle riunioni serali, Caterinasi sentì molto sollevata. Alla fine di novembre si presentarono insieme a un ballo in maschera:per quanto fosse ancora molto pallido, Pietro stava visibilmente meglio. Caterina traboccava divivacità: fasciata nel suo abito costoso, appariva affascinante e felice come non lo era da mesi.Ma questa parentesi di serenità non era destinata a durare a lungo. Alcune settimane più tardi,mentre la corte si trasferiva a San Pietroburgo per le festività natalizie, Pietro si ammalònuovamente. A quattrocento chilometri da Mosca il corteo fu costretto a fermarsi; mentre Pietrosi riposava, il dottor Boerhave si affannava intorno a lui. La febbre aumentava, il ragazzo eraprivo di forze e non riusciva quasi a muoversi, attanagliato da terribili dolori allo stomaco. Ilgiorno seguente si manifestò un'eruzione cutanea che recava i terribili segni del vaiolo.Boerhave prese tutte le precauzioni del caso. Venne proibito a chiunque di entrare nella cameradi Pietro, tranne che al dottore e a due servitori. Nel giro di poche ore Caterina e Giovannafurono fatte salire su una slitta diretta a San Pietroburgo, dove la giovane granduchessa sarebberimasta segregata e tenuta all'oscuro delle condizioni del futuro sposo. Venne inviato unmessaggero all'imperatrice, che si trovava già nella capitale, per informarla della temibile piegapresa dalla malattia. Elisabetta si precipitò al capezzale del nipote e insistette per farglipersonalmente da infermiera.Il freddo e cupo periodo natalizio fu reso ancora più tetro dalla gravità della malattia di Pietro.Caterina, chiusa nelle sue stanze per sei settimane, si impegnò attivamente nello studio del russoe, con l'aiuto del suo maestro, scrisse alcune lettere all'imperatrice che ne fu molto compiaciuta.Aveva già incominciato a capire e parlare la nuova lingua: ora riusciva anche a scrivere, seppurecon qualche imprecisione. Nel mese di gennaio ebbe modo di incontrare poche persone oltre ai

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domestici, dato che la madre era tenuta lontana da lei anche durante i pasti. L'imperatrice avevadato ordine che Giovanna venisse ignorata e trattata con freddezza. Probabilmente sperava chela principessa decidesse di ritornare ad Anhalt-Zerbst. Ma la madre della granduchessa, la cuiostinazione era pari alla collera, rifiutò di essere remissiva: rimase aggrappata a quelli cheriteneva fossero i suoi diritti, fermamente intenzionata a trattenersi in Russia fino almatrimonio della figlia, che si sarebbe svolto soltanto molti mesi dopo. E sfidando le severepunizioni di Elisabetta, continuava a scrivere a Federico e a tramare inutili intrighi con idiplomatici dell'imperatore e di altri paesi.

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Il giorno delle nozze si avvicinava e i preparativi si intensificavano.Molti nobili, in prospettiva dei futuri festeggiamenti, avevano ordinato abiti sontuosi ed elegantiper sé e livree per i domestici; altri avevano commissionato nuove carrozze a esperti artigiani diParigi e Vienna; tutti aspettavano consegne di stoffe pregiate dall'Europa, sete da Napoli ebroccati dall'Inghilterra. Si erano fatti inviare morbidi guanti e pantofole di raso dalla Francia,selle e staffe dorate dall'Italia.L'imperatrice aveva ordinato che gli esponenti dei ranghi più elevati della nobiltà fosseroaccompagnati, durante i festeggiamenti, da almeno venti tra valletti, messaggeri, paggi e altridomestici; il personale doveva essere vestito con abiti preziosi, giacche e pantaloni di vellutodecorati d'argento, eleganti parrucche, calze di seta e polsini di pizzo.La zarina aveva intenzione di organizzare il matrimonio più elegante che si fosse mai visto inuna corte europea. Scrisse a Versailles per conoscere i particolari delle nozze del delfino diFrancia, figlio di Luigi Xv, e poterne così imitare e surclassare il fasto. Era certo un obiettivoambizioso, poiché la corte francese dell'epoca era un regno leggendario, celebre perl'ostentazione di ricchezza, raffinatezza e sfarzo. Si diceva che a Parigi ci fossero cinquecentoorafi, tutti impegnati a produrre gioielli e ornamenti destinati a impreziosire il corredodell'aristocrazia. Centinaia di esperti artigiani si dedicavano interamente all'intaglio del legno ealla forgiatura dei metalli, un altro centinaio produceva raffinate porcellane, mobili di squisitafattura e oggetti d'arte. La stravaganza dei cortigiani di Luigi Xv era diventata proverbiale e percelebrare le nozze del delfino si diceva avessero superato se stessi.Una nuova ondata di guerre minacciava di coinvolgere la Russia, ma Elisabetta si oppose allerichieste del cancelliere che voleva farle distogliere l'attenzione dai preparativi per il matrimonioper dedicarsi piuttosto agli affari di stato. L'imperatore Federico, che da cinque anni ormaicompiva continue incursioni contro l'Austria, aveva invaso i territori della giovane imperatriceMaria Teresa e aveva conquistato Praga. Bestuªzev sollecitava la zarina a non sottovalutare ilpericolo che l'aggressione di Federico comportava per la Russia e sperava di convincerla ainviare truppe in aiuto di Maria Teresa; tuttavia, rimase oltremodo deluso nel constatare chel'imperatrice intendeva ignorare il violento assalto prussiano. Quando, nel maggio del 1745,l'esercito francese alleato della Prussia riportò una straordinaria vittoria sugli austriaci e i loroalleati inglesi a Fontenoy, Elisabetta ne fu sconvolta, ma il suo turbamento ebbe breve durata: dilì a poco si immerse di nuovo nei preparativi per le nozze, lasciando che fosse il cancelliere apreoccuparsi al posto suo.Era difficile cercare di ricreare a San Pietroburgo una cerimonia sfarzosa e irripetibile comequella di Versailles. Infatti, non tutte le spedizioni delle merci dalle capitali occidentaliarrivavano in tempo, gli artigiani erano lenti e il numero delle sarte necessario per confezionarequei complicati vestiti era insufficiente, così come quello delle ricamatrici, impegnate adapplicare sugli abiti migliaia di lustrini, gioielli e perline. Anche se l'imperatrice seguìpersonalmente gli allestimenti e le riparazioni del palazzo d'Inverno e della cattedrale, oltreall'organizzazione del banchetto, dei balli e degli altri festeggiamenti, furono commessi deglierrori e i ritardi furono inevitabili.Fu necessario spostare la data della cerimonia per ben due volte. E, comunque, non si sapevaancora se le imbarcazioni cariche di generi alimentari provenienti dal Sud avrebbero raggiuntoin tempo la capitale, se la carne fresca sarebbe stata sufficiente, se gli attori, i cantanti e iballerini che dovevano mettere in scena opere e commedie sarebbero stati in grado di realizzarei loro spettacoli.Nella confusione dei preparativi, i futuri sposi vennero quasi dimenticati. Pietro avevarecuperato le forze e il suo umore volubile, e aveva smesso di indossare la parrucca - che gliconferiva un aspetto malato - perché gli stavano ricrescendo i capelli. Aveva sviluppato, però,una nuova ossessione: quella inerente il suo titolo di duca di Holstein. Come per affrancarsidalla tutela di von Br�mmer, che gli pesava, adesso ostentava la sua autorità ducale,camminando impettito nei suoi appartamenti e impartendo altezzosi ordini a tutti. Da quandogli era stata inviata una truppa di soldati dell'Holstein, Pietro aveva iniziato a pretendere didirigerne le esercitazioni: faceva marciare gli uomini fino allo sfinimento, li costringeva a staresull'attenti per ore, a fare il sevizio di guardia, li istruiva con voce stentorea e giocava alla guerra.Non aveva più accanto il fido consigliere Roumberg l'imperatrice lo aveva spedito in prigione -ma questa nuova esperienza di comando gli stava insegnando un nuovo modo di dominare lamoglie; alla fine coinvolse Caterina nei suoi giochi militari, impartendole ordini e pretendendoche obbedisse come facevano i soldati.

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Triste e sola, spesso profondamente afflitta, Caterina si sottometteva esteriormente a questanuova autorità.Per lei era ancora difficile guardare il fidanzato in viso: anche se non era più gonfio, infatti, isegni del vaiolo lo avevano deturpato per sempre; inoltre, la sua pelle era ricoperta di ulcere chestavano cicatrizzandosi e gli occhi sembravano ancora più piccoli sotto le ciglia chiare. Eraveramente un misero esemplare di uomo: aveva le spalle strette, le braccia e le gambe esili el'addome prominente. Le giacche costose, i pizzi pregiati e i bottoni di diamanti non riuscivano amigliorare il suo aspetto; perfino con l'uniforme dell'esercito prussiano, che tanto amavaindossare, sembrava debole e infantile, come agghindato per un ruolo che non gli si confaceva.Caterina era probabilmente terrorizzata al pensiero che quell'uomo sarebbe diventato suomarito. Inoltre, la granduchessa non aveva alcuna nozione né esperienza di sesso, e cercò diaffrontare il discorso sulle differenze tra uomini e donne con le dame di compagnia con cuiviveva in intimità. Mancavano solo alcune settimane al giorno delle nozze e Caterina era piena dicuriosità e di timore. Le damigelle, naturalmente, sostenevano di non sapere nulla come lei:tutte avevano avuto modo di osservare come si accoppiavano gli animali, ma quando si trattavadi anatomia umana, della misteriosa e sacra unione tra marito e moglie, la loro immaginazionesi fermava.Caterina si rivolse allora alla madre e le chiese esplicitamente cosa sarebbe accaduto la primanotte di nozze. La sua domanda toccava un argomento rispetto al quale Giovanna si sentivaparticolarmente vulnerabile: quello della fedeltà coniugale. Così, invece di risponderle, larimproverò severamente. Anziché considerare come un suo preciso dovere quello di informareCaterina, diventò sospettosa; in un'occasione successiva, accusò la figlia di andare in cerca diavventure sessuali ogni volta che si tratteneva nel parco fino a tardi con le sue damigelle.Caterina protestò vivamente sostenendo che l'accusa era ingiusta, poiché non c'era mai nessunuomo con loro, nemmeno un cameriere. Ma Giovanna la rimproverò ancora più duramente,lasciandola ferita, piena di rancore... e ignorante come prima.Finalmente fu fissata la data definitiva delle nozze: il 21 agosto.Il vestito di Caterina ricevette gli ultimi ritocchi: il corpino era corto, con ricami d'argento suuna fantasia di foglie e di fiori; l'ampia gonna era bordata da metri e metri di galloni d'oro. Per lestrade di San Pietroburgo risuonavano le trombe e i proclami degli araldi che annunciavanol'imminente cerimonia. Il rullo dei tamburi richiamava l'attenzione della gente. La via lungo laquale sarebbe sfilato il corteo nuziale - che collegava il palazzo d'Inverno alla cattedrale diKazaªn - venne accuratamente ripulita. Nelle cucine del palazzo si continuava ininterrottamentea infornare, arrostire e friggere cibi, notte e giorno; intere botti di vino furono versate nellefontane; le campane suonavano allegramente, i cavalli erano stati strigliati con cura e le ruotedelle carrozze lucidate alla perfezione.La sera prima delle nozze, Giovanna si intenerì e cercò di offrire il suo aiuto a Caterina. Le duedonne -chiacchierarono a lungo amichevolmente . -Mi parlò dei miei futuri doveri scrisseCaterina nelle sue memorie -piangemmo un po' insieme e ci lasciammo con molta tenerezza.Alla fine l'amore aveva trionfato sui sentimenti feriti: madre e figlia si prepararono, così,all'importante cambiamento che sarebbe sopraggiunto l'indomani.Elisabetta, fulgida in un abito di seta marrone e rilucente di gioielli, si presentò molto presto ilmattino del matrimonio per assistere Caterina nei preparativi. La granduchessa fu aiutata aindossare i capi di biancheria e le varie sottovesti, poi il luccicante abito d'argento, spesso erigido per tutti i ricami, con la vita così stretta che la giovane riusciva appena a respirare. Per uncapriccio, Caterina si era fatta tagliare la frangetta e il cameriere Timofej Ievrenev era già prontocon il ferro caldo per arricciarle i capelli.L'imperatrice si infuriò: urlando, disse a Ievrenev che Caterina non avrebbe potuto indossare lacorona sopra una massa di capelli arricciati.Uscì pestando i piedi e ci volle tutto il tatto del cameriere e della dama di compagnia, MarijaRumjanªceva, per riuscire a ricondurla nella stanza.Alla fine i capelli castani di Caterina, lasciati al naturale, furono raccolti all'indietro e la coronadi diamanti le fu posata sul capo. Dopo la scenata, Elisabetta si calmò e osservò conapprovazione quell'attraente sposa sedicenne dalla vita sottile.L'imperatrice faceva largo uso di cosmetici e poiché Caterina quel mattino era visibilmentepallida, furono utilizzati vari belletti e fu sapientemente applicata la cipria sul suo viso affilatoper correggere il mento spiovente e la mascella prominente. Alla fine la zarina offrì a Caterinatutti i suoi gioielli, facendole scegliere tra collane di diamanti, orecchini, braccialetti e anelli

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luccicanti. In ultimo, le fu posata sulle spalle una lunga mantella d'argento.

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suonavano una polacca dopo l'altra - quella sera non erano permessi balli più vivaci sforzandosidi apparire attenta e allegra.

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Capitolo VII.Imprevedibile, sospettosa, ingorda e ancora attraente, l'imperatrice Elisabetta dominava la corterussa con la sua imponenza, mantenendo tutti coloro che la circondavano in un costante stato disoggezione. Il fatto che fosse una donna generosa e comprensiva, talvolta anche affettuosa, nonera sufficiente a dissipare il terrore che incuteva, dato che alla base del suo potere c'era proprioil suo comportamento contraddittorio: nessuno era in grado di prevedere quando il suo fascino ela sua affabilità si sarebbero tramutati in rabbia violenta, scatenando crudeli rappresaglie. Ognivolta che si verificava qualcosa di insolito, la corte era in allarme. Se la zarina non si presentavaper l'inizio di un ballo, i cortigiani si chiedevano nervosamente il perché del suo ritardo. Stavaforse interrogando qualcuno che si era reso colpevole di uno sgarbo nei suoi confronti? Oppurestava dando istruzioni a Bestuªzev per esiliare un sospetto in Siberia?Migliaia di persone, infatti, erano già state esiliate e molte altre venivano allontanate ogni mese.Stava forse vagliando nuove informazioni su un complotto, reale o immaginario, che volevadetronizzarla? E, in questo caso, chi sarebbe stato il prossimo a venire sospettato?Quando era in viaggio, ogni minima variazione dell'itinerario previsto veniva considerata unpessimo presagio. Durante un viaggio a Riga, accompagnata come al solito da gran parte del suoseguito, ordinò improvvisamente all'immenso corteo di fermarsi. Nessuno sapeva il perché.Tra i servitori, gli ufficiali e i nobili serpeggiò l'agitazione.Passarono le ore. Finalmente fu avvistata la sua carrozza che ritornava verso San Pietroburgo.Perché aveva improvvisamente deciso di cambiare direzione? Dopo molte ore di apprensione, sidiffuse la voce che un prete luterano aveva informato la zarina del fatto che alcuni cospiratoriavevano organizzato un attentato contro di lei a Riga: se non fosse ritornata a San Pietroburgosarebbe certamente andata incontro alla morte. All'improvviso tutti furono sospettati e il viaggiovenne interrotto.Era impossibile prevedere l'umore di Elisabetta, o conoscere in anticipo i suoi capricci. Cosìcome aveva improvvisamente deciso di non proseguire per Riga, poteva mutare i suoi progetti,mandare all'aria accurati preparativi e lasciare gli ufficiali del seguito frustrati e attoniti. Spesso,seguendo un impulso improvviso, ordinava alla corte di seguirla in un picnic o di accamparsi peruna notte. Venivano, così, preparati in fretta e furia carri e cavalli e cucinate le vivande. Mamolto spesso nel luogo in cui aveva deciso di accamparsi si sprofondava nel fango, le tende nonarrivavano in tempo e un temporale improvviso guastava la scampagnata.Le cortigiane rappresentavano le vittime preferite di Elisabetta. Le sottoponevaimmancabilmente a un esame minuzioso, prendendo nota delle carnagioni più luminose, degliocchi più affascinanti, dei seni più abbondanti. Sfidare l'imperatrice significava incorrere nellasua ira: Elisabetta era capace di ordinare a una donna con un bel vestito di lasciare la stanza eandare immediatamente a cambiarselo; con il passare del tempo, le cortigiane dovetteroimparare l'arte di indossare abiti che non mettessero in ombra l'avvenenza dell'imperatrice.Nello stesso tempo, però, sapevano che Elisabetta era anche capace di tenerezze materne; ditanto in tanto, le piaceva infatti scegliere una ragazza graziosa, prenderle il volto tra le mani esussurrarle dei complimenti che la facevano arrossire, per poi coprirla di doni e privilegi.Nell'inverno del 1746 l'imperatrice ordinò improvvisamente a tutte le cortigiane di tagliarsi icapelli a zero. Le dame eseguirono l'ordine tra pianti e gemiti, senza comprenderlo elamentandosi per la perdita della loro bellezza. Elisabetta aveva notato che nelle monarchieoccidentali i capelli neri costituivano l'ultima moda e aveva deciso che la sua corte avrebbeseguito quella nuova tendenza. Aveva inviato, quindi, a tutte le dame delle parrucche nere e asua volta ne aveva indossata una. Per tutta la stagione il flagello dei capelli posticci imperversònei balli e negli altri intrattenimenti mondani, anche se la capigliatura nera stonava con le setepastello e i damaschi di moda, e contrastava ancora di più con la carnagione chiara dellamaggior parte delle donne russe. Anche gli ospiti di passaggio dovevano eseguire l'ordineimperiale e nascondere le loro chiome sotto scadenti parrucche color carbone. Ma l'imperatriceera contenta: riteneva di avere creato un'oasi di gusto nella rozza Russia ed era fiera del fatto chela sua corte mostrasse lo stesso raffinato buongusto di quella francese. Quei posticci di pessimafoggia, che non donavano assolutamente a chi li indossava, rimasero in auge fino alla primavera,quando, con il benestare dell'imperatrice, alle dame fu accordato il permesso di toglierli edesibire i capelli che stavano ricrescendo.La zarina aveva un comportamento contraddittorio - e talvolta piuttosto eccentrico -specialmente in materia di cibo, vestiti e sesso.Per quanto riguardava il cibo, ella cedeva all'ingordigia più indegna, rimpinzandosi di maiale in

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salamoia, paté francesi, pane condito e dolci.

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doveva ravvivare le guance; le labbra non erano più di un rosso brillante e gli occhi, che Caterinadescrisse -come quelli di un uccello gaio , erano diventati di un azzurro sbiadito.

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correnti, per raggiungere le quali doveva affrontare viaggi molto faticosi. Era angosciata perché,in mezzo a infidi cortigiani che ordivano continuamente complotti e, come scrisse nelle suememorie, -si odiavano cordialmente , sempre immersi in torbidi intrighi, sapeva di non essereesente da sospetti, bensì oggetto di accuse e pettegolezzi. Si era resa conto che l'imperatrice lariteneva capace di tramare contro di lei, di diventare una spia come aveva cercato di fare suamadre e di comportarsi in maniera scorretta e sleale. Sapeva, inoltre, che Elisabetta non silimitava a screditare coloro di cui non si fidava - fossero dame di corte, ufficiali, o anche amici eamanti - ma spesso li spediva nella terribile fortezza dei Ss' Pietro e Paolo, dalla quale nessunoera mai uscito se non per andare in esilio. Consapevole di tutto questo, e sapendo anche cheElisabetta la osservava attentamente per cogliere i segni di una gravidanza, la giovane cercava dicomportarsi bene e di tenersi a distanza.

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Il dottor Boerhave, un uomo colto che comprendeva le tensioni e le privazioni cui era sottopostaCaterina, le dimostrava simpatia quando veniva chiamato per visitarla.Sapeva che l'insonnia e le emicranie, le lacrime e il cattivo umore derivavano dalla paura e dalladebolezza fisica e sosteneva che se avesse continuato a non dormire avrebbe contratto piùfacilmente la rosolia - di cui effettivamente si ammalò due volte - e alcune affezioni respiratorie.Nei rigidi inverni russi la granduchessa aveva spesso raffreddori da -dodici fazzoletti al giorno ,sputava sangue e il dottore temeva che i polmoni le si infiammassero. Un mattino, esaminandola testa di Caterina prima che arrivasse il parrucchiere, scoprì che, anche se aveva diciassetteanni, aveva le ossa del cranio non ancora completamente formate, come quelle di un bambino disei anni. Il dottore sentenziò, dunque, che il mal di testa era causato dall'aria fredda chepenetrava nelle fessure del cranio.Caterina soffriva anche di mal di denti. Spesso, nonostante fosse assai provata dal dolore eavesse le tempie che pulsavano e la mascella serrata dagli spasmi, era costretta a sopportarelunghe serate mondane, desiderando in cuor suo di ritirarsi nelle sue stanze. Per molti mesi futormentata da un terribile dolore al dente del giudizio finché, nonostante la paura, acconsentì afarselo estrarre.Il chirurgo di corte, piuttosto incapace e molto preoccupato per ciò che sarebbe potuto capitarglise avesse operato in modo non gradito all'imperatrice, afferrò le pinze e chiese alla granduchessadi aprire la bocca. Caterina fece appello a tutte le sue forze per fronteggiare l'assalto, sdraiandosisul pavimento di legno mentre un valletto di Pietro le teneva un braccio e il dottor Boerhave leteneva l'altro. Il chirurgo infilò le pinze, le torse mentre la vittima urlava per il dolore e lelacrime le uscivano dagli occhi e dal naso -come il tè dal beccuccio di una teiera . Con unostrappo finale il medico estrasse il dente e un frammento di osso di proporzioni considerevoli.Allora il sangue uscì a fiotti, come un fiume in piena, inzuppando il vestito di Caterina emacchiando il pavimento. La ragazza si sentiva il volto in fiamme.Proprio in quel momento apparve sulla soglia l'imperatrice, la quale, vedendo la granduchessain lacrime, si mise a sua volta a piangere. Il dottore le riferì cosa stava succedendo e Caterina,quando l'emorragia si arrestò, disse a Boerhave che il chirurgo era riuscito a togliere soltantometà del dente, perché una delle radici era ancora dentro la gengiva. Il chirurgo, pietrificato,chiese di verificarlo personalmente, ma Caterina si rifiutò di aprire la bocca.I domestici portarono catini, panni caldi e cataplasmi di erbe da deporre sulla ferita, mentre ilchirurgo camminava ansiosamente avanti e indietro; dopo alcune ore Caterina poté finalmentesdraiarsi e riposare.Nel giro di due giorni fu nuovamente in grado di mangiare. Non avvertiva più quel tremendodolore, anche se la mascella e il mento le rimasero gonfi e lividi per settimane e né l'insonnia néle emicranie scomparvero.Ma ormai Caterina aveva deciso di evitare una fonte di pena. Dopo alcuni giorni di matrimonioaveva preso la decisione di non innamorarsi mai del marito. -Se avesse mostrato anche solo unbriciolo di dolcezza, avrei potuto amarlo scrisse nelle sue memorie. -Ma mi dissi: "Se tu ameraiquell'uomo, sarai la creatura più infelice sulla faccia della terra". E se lo impose con durezza,esortando se stessa a restare distaccata da quel ragazzo pietoso, ma talvolta malizioso, al qualeormai era legata. -Non si accorge neppure di te si diceva -parla solo di buffonate... e prestamaggior attenzione a tutte le altre donne che a te. Caterina era una donna testarda e acuta, e sirendeva conto di quanto sarebbe stato futile per lei legarsi al marito. Al massimo potevadiventare un amico per lei; sicuramente mai il grande amore.Del resto, difficilmente la loro vita matrimoniale avrebbe potuto far nascere un sentimentoprofondo. Non c'era intimità sessuale fra loro: per Caterina, Pietro era sessualmente del tuttoindifferente; da parte sua, il granduca confidava ai domestici che la moglie era molto menoattraente della sua fiamma del momento, una certa signorina Karr. (-Era discreto come un colpodi fucile diceva di lui Caterina.) Vivevano in stanze separate e, sebbene dormisse ogni notte nelletto della moglie, Pietro continuava a vestirsi e svestirsi nella proprie stanze e a condurre unavita indipendente come prima del matrimonio. Sembrava che non sentisse alcuna urgenza didare alla luce un erede, anche se sapeva perfettamente che la zia si aspettava questo da loro.Tuttavia, si limitava semplicemente a ignorare le sue aspettative, forse perché sapeva che lacolpa sarebbe ricaduta su Caterina.Invece, forse Pietro era impotente.Del resto era anche molto spesso malato: il medico si recava sovente da lui e gli praticava deisalassi; all'inizio del 1746 fu colpito da una grave febbre che durò quasi due mesi.

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Ancora una volta, come in passato quando il granduca cercava di guarire da una preoccupantemalattia, l'imperatrice era terrorizzata dal problema della successione. Se Pietro fosse mortoprima che Caterina fosse rimasta incinta, tutti i minuziosi progetti di Elisabetta, tutti ipreparativi per il matrimonio, tutti i suoi immani sforzi per assicurare una continuità alladinastia dei Romanov sarebbero stati vani.La febbre di Pietro scemò, ma passarono altri mesi e Caterina continuava a non mostrare alcunsegno di gravidanza. Dopo quasi un anno di matrimonio, era ancora magra.Elisabetta pensava di conoscerne il motivo.I pettegolezzi circolavano già da molto tempo. Si diceva che la granduchessa fosse perdutamenteinnamorata di Andrej ªcernyªsev, uno dei camerieri di Pietro, e che fosse stata sorpresa da solacon lui in una situazione compromettente. Dunque, era innamorata: tutta assorbita da questapassione, non poteva essere una moglie per Pietro, perciò non aveva ancora avuto dei figli.Alla fine tali dicerie giunsero all'orecchio dell'imperatrice.Elisabetta rifletté a lungo sulla cosa nel corso delle sue insonnie, cercando di stabilire qualefosse la punizione più adatta all'infedeltà di Caterina.Ordinò alla granduchessa e a Pietro di confessarsi, e istruì il pope perché facesse alla ragazzadelle domande circostanziate. Aveva baciato ªcernyªsev? Caterina negò energicamente. Il popelo riferì all'imperatrice, aggiungendo che secondo la sua opinione la granduchessa era sincera.Ma i pettegolezzi non cessavano e i sospetti dell'imperatrice crebbero fino a quando, stanca diaspettare che la natura facesse il suo corso e convinta che Caterina con la sua sterilità stessedanneggiando l'impero, entrò in azione.Si precipitò nelle sue stanze senza farsi annunciare e trovò la ragazza con le braccia fasciate.Caterina aveva avuto per diversi giorni un terribile mal di testa e il chirurgo le aveva praticato unsalasso per cercare di alleviare il dolore. Alla vista dell'espressione feroce sul viso di Elisabetta, ilchirurgo e i domestici fuggirono, lasciando Caterina sola e sconcertata di fronte all'imperatrice.Caterina ha descritto la scena nelle sue memorie: ricorda che era spaventatissima e certa che lazarina l'avrebbe percossa. Raramente aveva assistito a una simile esplosione di rabbia: mentrel'imperatrice percorreva la stanza a grandi passi e la spingeva contro il muro, accusandola convoce tonante di avere tradito Pietro con un altro uomo, si era sentita completamente persa.-So che tu ami un altro! gridò la zarina con una furia tale che i domestici di Caterina, nascostifuori della stanza, erano convinti che la loro padrona corresse il pericolo di essere uccisa.Madame Kraus, non sapendo cosa fare, si precipitò in camera di Pietro e lo tirò giù dal letto,intimandogli di accorrere in soccorso della moglie.Pietro si gettò addosso una vestaglia e raggiunse la stanza della granduchessa più in fretta chepoté.Non appena le due donne lo videro, l'atmosfera mutò. Elisabetta fece marcia indietro; Caterinariuscì a staccarsi dal muro e riprese a respirare, asciugandosi il viso rigato di lacrime.D'improvviso l'imperatrice si rivolse affettuosamente a Pietro, parlando con tono di vocenormale e ignorando completamente Caterina. Si trattenne ancora alcuni istanti, senza maiguardare in faccia la granduchessa, e infine se ne andò.Per quella volta, la terribile scenata era finita. Pietro tornò in camera sua a prepararsi per lacena e Caterina, terribilmente scossa, si sedette e cercò di ricomporsi. Si lavò gli occhi e si vestì,sapendo che quando sarebbe uscita dalla camera tutti a palazzo sarebbero ormai stati aconoscenza di quell'orribile incidente. Come avrebbe scritto in seguito, si sentiva come -seavesse un coltello che le trafiggeva il petto , ma riuscì, con enorme autocontrollo, ad apparirecalma.Dopocena, ancora molto agitata, si sdraiò su un divano e cercò di leggere: ma non riusciva aconcentrarsi, le parole apparivano sfocate. Nei suoi occhi era rimasta impressa un'altraimmagine: quella dell'imperatrice con lo sguardo iniettato di sangue e il volto inferocito chegridava contro di lei agitando il pugno, continuando a ripetere che era colpa sua se non avevaancora avuto dei figli.

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Capitolo VIII.Il cancelliere Bestuªzev era seriamente contrariato. Oltre ad avere ignorato il suo consiglioscegliendo la principessa di Anhalt-Zerbst come sposa per il nipote suo erede, adessol'imperatrice tollerava anche l'intollerabile: che la principessa non fosse ancora incinta.Secondo l'opinione del cancelliere, Pietro e Caterina erano due ragazzi capricciosi e viziati, chedovevano essere assolutamente guidati. Decise che il modo migliore per farlo fosse nominare deinuovi e severi custodi che imponessero loro una certa disciplina. Diede, perciò, istruzioni ainuovi precettori che aveva assunto e li presentò a Elisabetta nel maggio del 1746.Secondo le indicazioni ricevute, i nuovi tutori di Caterina avrebbero dovuto sottolinearel'importanza degli obblighi riproduttivi della granduchessa. Caterina doveva capire, così scrisseBestuªzev, che era stata elevata al rango imperiale soltanto per dare un erede al tronodell'impero, e niente doveva interferire con il rapido raggiungimento di questo obiettivo: nonpoteva concedersi amicizie personali o trastulli con -cavalieri, paggi o servitori di corte , néincontri clandestini con rappresentanti di potenze straniere, né sicuramente alcuna eccessivafamiliarità o corteggiamento con nessuno. Il comportamento della granduchessa doveva essererivisto dalla sua tutrice secondo nuovi criteri: ogni vezzo e frivolezza doveva essere bandito,mentre bisognava mettere al primo posto la devozione e la fedeltà coniugali. Le istruzioni diBestuªzev insistevano anche sul fatto che il nuovo tutore di Pietro dovesse combattere gli effettidella sua cattiva educazione, imporre un cambiamento di rotta, costringerlo a maturare,reprimere le sue imbarazzanti abitudini. Era necessario che fosse posto dinanzi ai nuovi eimportanti doveri che si era assunto con il matrimonio. Doveva smettere di trascorrere il suotempo con i volgari dragoni e i lacchè ignoranti: bisognava costringerlo a lasciare i soldatini dilegno e fargli acquisire modi e comportamenti civili.Le disposizioni di Bestuªzev lasciavano trapelare quale bizzarra creatura fosse Pietro: muoveva econtorceva continuamente braccia e gambe; il suo volto ricoperto di cicatrici era una mascheragrottesca di espressioni alternativamente torve, corrucciate o burlesche; il suo linguaggio eraosceno e il suo divertimento preferito a tavola era quello di versare vino sulla testa dei servitori.C'era qualcosa di inquietante nei divertimenti di Pietro: ridacchiava continuamente intralciandole funzioni religiose e provocava i dignitari raccontando loro di scherzi osceni. La sua accentuatavena polemica nascondeva un risvolto di pazzia. La gente diceva che era pazzo, o che comunquelo sarebbe diventato presto, e con un certo timore cercava di non incontrare il suo sguardotalvolta selvaggio.Il cancelliere mise per iscritto le raccomandazioni per l'imperatrice che finalmente, duesettimane dopo, le lesse. Decise di nominare come sorvegliante di Caterina la propria cuginaMarija Koglokova, una donna giovane e bella di poco più di vent'anni, che, seppure poco aperta,era molto corretta e non si sarebbe fatta influenzare dal fascino di Caterina né ingannare daisuoi trucchi. Marija era una donna priva di senso dell'umorismo e di immaginazione e talvoltapiuttosto maligna, ma rappresentava una moglie modello che adorava il suo giovane e attraentemarito e gli aveva già dato alcuni bambini. La qualità che affascinava Elisabetta era proprio lasua fecondità: Marija era continuamente incinta e l'imperatrice sperava che, occupandosi dellagranduchessa, sarebbe riuscita a trasmetterle un po' della sua fertilità.Per quanto concerneva Pietro, le cose erano invece più complicate. Non era semplice sostituire itutori del granduca e il governatore von Br�mmer, che si era accattivato Caterina e -l'amavacome una figlia . Elisabetta scelse il principe Repnin, un colto aristocratico dai gusti raffinati,che, così sperava, avrebbe elevato i costumi aberranti di Pietro. Era una persona arguta, galantee socievole ed era anche un militare, un generale, che possedeva il candore di un soldato e ilmedesimo senso di lealtà. Restava aperto l'interrogativo se Repnin sarebbe riuscito a cambiare oalmeno a controllare il caparbio granduca.Tuttavia, per il momento era Caterina che assorbiva tutta l'attenzione dell'imperatrice.Tra i servitori di Caterina e Pietro si verificò un'ennesima epurazione e i preferiti dei due giovanifurono mandati via. Di conseguenza, come avrebbe scritto Caterina, tutta la servitù era in ansia econtrariata, e con Pietro si abbandonava a -tristi riflessioni .Quel pomeriggio il cancelliere si recò da Caterina accompagnato da Marija Koglokova, incinta earcigna.Appena la granduchessa la vide scoppiò a piangere. -Era un fulmine a ciel sereno per me ricordòin seguito.Marija non era soltanto la partigiana servile del cancelliere nemico, ma aveva anche fama diessere una donna meschina e astiosa, e Caterina, che aveva sopportato -gli occhi di Argo di

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madame Kraus, adesso si rendeva conto che sarebbe stata sottoposta a esami ancora piùminuziosi, e per giunta pieni di rancore.

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un'opinione che ripeteva spesso a beneficio di Pietro - e che intavolava uno dopo l'altro discorsiprivi di costrutto. E ogni volta Marija lo interrompeva per dirgli: -Questo argomento non ègradito a sua maestà , oppure: -Questo argomento non sarebbe approvato dall'imperatrice . Laconversazione diventava impossibile: come scrisse Caterina, Marija riusciva a -diffondere noia edesolazione in tutta la carrozza .

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Tutte le estati, Pietro e Caterina trascorrevano un po' di tempo a Oranienbaum, la magnificadimora nei pressi di Peterhof, appena fuori San Pietroburgo, che l'imperatrice aveva concessoloro come residenza estiva.Qui il granduca aveva la possibilità di realizzare le sue fantasie militari su larga scala, mentreCaterina osservava in disparte. Tutti i servitori - cameriere, uomini di fatica, cuochi, aiutanti,valletti, ciambellani, paggi - facevano parte di un reggimento, con giardinieri, stallieri ecacciatori. Tutti diventavano soldati, dovevano indossare l'uniforme e portare il moschetto.Pietro dirigeva le esercitazioni tutti i giorni, con il sole o con la pioggia, urlando i comandi con lasua voce acuta e minacciando punizioni per chi disobbediva. Il palazzo era diventato un posto diguardia, il piano inferiore una camerata dove le truppe passavano le giornate quando non eranoin parata. A mezzogiorno i finti soldati erano costretti a mangiare alla mensa e alla sera, sempreindossando quelle uniformi improvvisate, dovevano partecipare ai balli organizzati da Pietro,dove Caterina e alcune donne del suo seguito e di quello del marito aspettavano di danzare conloro.Così descrive Caterina questi balli: -Di donne c'eravamo soltanto io, madame Koglokova, laprincipessa Repnin, tre dame di compagnia e la mia guardarobiera personale. C'era pochissimagente ed erano male organizzati. Gli uomini erano affaticati e di cattivo umore per le incessantiesercitazioni militari .Tutti erano seccati, irritati, stanchi e affaticati: tutti tranne Pietro, che si trovava perfettamente asuo agio.Ma il granduca aveva in mente progetti ancora più ambiziosi. Mentre misurava a grandi passi lastanza di Caterina, le raccontava del suo desiderio di costruire un monastero dove potesserovivere con i servitori e il loro seguito, vestiti come monaci e suore in semplici abiti di telamarrone. Avrebbero avuto bisogno di poco in quella vita semplice su cui egli fantasticava,soltanto dei generi alimentari di prima necessità, che si sarebbero procurati personalmente,recandosi a dorso d'asino nella fattoria più vicina.Era un sogno di semplicità, di pace e di tranquillità: il sogno di un giovane angustiato, oppressodall'opulenza e dall'atmosfera soffocante della frenetica corte della zia. Come sarebbe stato perMaria Antonietta nella generazione successiva, Pietro anelava sostituire l'autenticitàall'artificiosità.Antonietta si sarebbe fatta costruire un rustico rifugio sul terreno del palazzo di Versailles.Pietro non era certo così risoluto da riuscire a portare a termine il suo proposito, ma facevadisegnare a Caterina i progetti per quella costruzione. O forse la caparbietà non gli mancava, maalla fine fu ostacolato dalla spietata imperatrice.Dopo due anni di matrimonio, Caterina si rese conto di avere conquistato l'affetto e la fiducia diPietro. Andava da lei in lacrime quando era disperato e la cercava dopo i rimproveridell'imperatrice affinché lo consolasse. Fu proprio a Caterina che Pietro confidò il suo grandeamore per una certa signorina Lapuªskin, che gli venne strappata via quando la madre fuesiliata in Siberia. Era proprio lei che Pietro avrebbe voluto sposare, e quell'allontanamentoaveva spezzato il cuore del ragazzo. Ma si era rassegnato a sposare Sofia perché era sua cugina,aveva sangue tedesco e ai suoi occhi questo costituiva un grande pregio - e le voleva bene.Caterina era colpita dall'ingenuità e dal candore di Pietro, provava molta pietà e una grandetenerezza per quello strano marito; ma i suoi erano i sentimenti di una madre, non quelli di unamoglie. Ne sopportava i maltrattamenti e ne tollerava i capricci, incoraggiava il suo amore per lamusica (Pietro aveva orecchio e il principe Repnin aveva assunto dei maestri di violino per lui),giocava a biliardo con i suoi ciambellani mentre Pietro beveva e se la spassava nella cameraaccanto con i servitori. Stava seduta pazientemente mentre il marito allestiva il teatro dimarionette (che definì -il più insulso spettacolo del mondo ) e si metteva d'accordo con i vallettiper fargli portare la carne durante la Quaresima, quando avrebbe dovuto mangiare solo funghi epesce.Nonostante le tensioni derivanti dalla situazione, le preoccupazioni per il matrimonio nonconsumato, il costante e minuzioso esame da parte della sua tutrice e di madame Kraus el'angoscia causata dalla crescente disapprovazione dell'imperatrice, Caterina riusciva a trovaredei momenti di tranquillità e di fugace intimità con Pietro. Una volta un gruppo di giovaniformato dal conte Pierre Divier, Aleksandr Galitzin, Aleksandr Trubeckoj, Sergej Saltykov ePierre Repnin, nipote del principe, arrivarono festanti nelle stanze di Caterina, guidati da Pietro,tutti molto eccitati e alticci. Ci fu una festa improvvisata: tutti i partecipanti erano al disotto deitrent'anni, il vino scorreva copioso e Caterina si unì allegramente, partecipando a ogni sorta di

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giochi e di balli. Per alcune ore, i due ragazzi riuscirono, così, a dimenticare il pesante fardellodelle loro responsabilità.

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fare il capro espiatorio e di cercare di mantenere la sua dignità di granduchessa.

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Capitolo IX.-Non sono mai stata senza un libro, mai senza un tormento, mai felice.Così Caterina descrive la sua vita all'inizio dei vent'anni. -La mia situazione non era certo tra lepiù allegre: era come se vivessi isolata dal mondo della corte. Però mi ci ero abituata. Lagranduchessa si rifugiava sovente nella lettura: i libri costituirono la sua salvezza, formarono lasua personalità e temprarono il suo carattere. Era piena di salute, nonostante i momenti didepressione e di ipocondria e le lunghe ore trascorse in chiese gelide dalle quali tornava triste econgelata (-livida come una morta ). Ma il suo senso dell'umorismo le veniva in soccorso quandomeno se lo aspettava: spesso, anche durante momenti di tristezza angosciante, nei suoi vivaciocchi azzurri compariva un guizzo di divertimento.La sua capacità di mutare celermente d'animo, passando dall'allegria alla serietà finoall'afflizione più profonda, le permetteva di adattarsi ai bizzarri cambiamenti di umore dellacorte, e gradatamente il mondo incominciò ad apparirle meno desolato.Nel 1750, all'età di ventun anni, aveva imparato a controllare le lacrime e sapeva che il suo -umore allegro le poteva essere di grande aiuto. -Mi comporto il più possibile con filosofia scrissein una lettera a Giovanna - una lettera proibita, che dovette uscire dalla Russiaclandestinamente - -e cerco di non abbandonarmi alle mie emozioni.I giorni passavano e lei continuava a rimanere intrappolata in una serie di insignificanti rapporticon gente noiosa. Trascorreva le mattine leggendo e studiando, e sprofondava nella letturaanche quando Timofej Ievrenev o un altro domestico la pettinava; ogni tanto andava a trovarePietro (o questi si recava da lei), e in quel frangente serrava i denti sperando che il tempopassasse in fretta; poi, alle undici e mezzo, si vestiva e si preparava ad affrontare gli impegniufficiali. Nell'anticamera l'attendevano le damigelle d'onore e quegli uomini -decorativi e spessoinsulsi che l'imperatrice introduceva nel seguito della granduchessa come -cavalieri serventi .Caterina ricercava la compagnia della principessa Gagarin, che era una donna spiritosa edivertente, ma si mostrava affabile anche con gli altri cortigiani, per quanto la loroconversazione durante gli interminabili pranzi di mezzogiorno fosse tutt'altro che brillante.Marija e Nikolaj Koglokov presiedevano la tavolata, -dandosi molto da fare affinché non siaffrontassero argomenti sconvenienti e rimanendo sconcertati ogni volta che si verificavanodegli imprevisti; spesso Pietro lasciava stupefatti i commensali introducendo un nuovoargomento di dibattito o provocando i Koglokov con i suoi scherzi di cattivo gusto.Caterina trascorreva il pomeriggio assorta nella lettura, passeggiando in giardino, oppure incompagnia della principessa Gagarin e di Marija Koglokova. Quest'ultima si era notevolmenteaddolcita nei confronti della granduchessa e adesso coltivava assiduamente la sua amicizia. Laprincipessa Gagarin, invece, aveva una mente molto acuta e riusciva a seguire i ragionamenti diCaterina, ma le ricordava continuamente la sua deprimente situazione. E aveva un altro latonegativo: amava il lusso e la vita di società di Mosca e San Pietroburgo, mentre Caterinapreferiva la semplicità e la pace della campagna, che trovava più riposante.La sera, la granduchessa cenava con gli stessi cortigiani che l'avevano annoiata a pranzo e poi siritirava nei suoi appartamenti per leggere fino all'ora di coricarsi. Pietro la raggiungeva nella suacamera da letto, spesso ubriaco, talvolta aggressivo e offensivo. Ma non cercava mai di farel'amore e lei era sempre più convinta della sua impotenza. Anche se Pietro era molto abilenell'umiliarla con i resoconti delle sue avventure sentimentali, Caterina era convinta che ilmarito fosse fisicamente incapace di avere rapporti sessuali almeno a quell'epoca - e questorendeva le descrizioni dei suoi innumerevoli amori false, quasi grottesche.Tra le ultime infatuazioni di Pietro, l'intensa passione che lo aveva colto per la piccola e gobbaduchessa di Curlandia - che, nel 1750, era la prima damigella d'onore di Elisabetta - fuparticolarmente penosa. Con quel corpo minuto e deforme, la carnagione scura e lo spiccatoaccento tedesco, la duchessa non poteva certamente essere considerata una bellezza e nonreggeva il confronto con l'alta e robusta Caterina, molto ammirata per la pelle bianca e luminosae il fisico aggraziato. Ma Pietro, come per anni Caterina aveva avuto modo di constatare, non eramai stato respinto dalla deformità (e sotto questo aspetto le ricordava lo zio Adolfo, re di Svezia,che -non aveva mai avuto un'amante che non fosse gobba, guercia o zoppa ) ed era cosìinnamorato della duchessa che la seguiva come un'ombra, non le staccava gli occhi di dosso e lemostrava tutta la sua adorazione, specialmente in presenza della moglie.Caterina faceva il possibile per non curarsi degli spietati oltraggi del marito, ma in seguito, nellesue memorie, ammise che gli inganni del consorte avevano iniziato a mettere a dura prova la suasicurezza e la sua autostima. Il fatto che le venisse preferita la deforme duchessa di Curlandia

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suonava come un insulto, e anche se scuoteva il capo e cercava di ignorare le provocazioni diPietro - e le espressioni di sconcerto e di rabbia dei domestici nei suoi confronti - non potevanon sentirsi ferita. Intanto il marito, non pago del fatto di avere un unico oggetto d'amore, diedeinizio a un altro corteggiamento mentre la duchessa era lontana. Condusse una giovanecameriera greca (-bella come un cuore , secondo la definizione di Caterina) in una stanza vicinaa quella della moglie e vi rimase chiuso per tutto il giorno e parte della notte, ben consapevoledel fatto che dall'altra parte della sottile parete Caterina era a letto, in preda alla febbre, e potevaudire tutto.

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che le precludeva il concepimento. Ordinò a Marija Koglokova di far visitare Caterina da unalevatrice e Pietro da un dottore, per scoprire una volta per tutte perché la natura non faceva ilsuo corso e i due coniugi non riuscivano ad avere un bambino.

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appartamenti a causa della stitichezza, ma i giorni passavano e l'imperatrice non ricompariva.Pietro si recò in ansia da Caterina. Cosa sarebbe accaduto se l'imperatrice fosse statagravemente malata? E se fosse morta? Cosa sarebbe capitato a loro? Pietro sarebbe statoriconosciuto come nuovo imperatore, o avrebbero cercato di ucciderlo e sottrargli il comando?In seguito, Caterina avrebbe scritto che Pietro era così spaventato che -non sapeva più a chesanto votarsi .

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elaborato da Baturin per uccidere l'imperatrice, dare alle fiamme palazzo Golovin e,approfittando della confusione, organizzare un esercito ribelle composto da soldati e servitoriche avrebbero posto Pietro sul trono vacante. Né la tortura né le minacce di morte indussero icospiratori a tradire il granduca, loro idolo. Non svelarono l'incontro tra Baturin e Pietrodurante la battuta di caccia e così l'erede al trono sfuggì ai sospetti e alla conseguente punizioneda parte dell'imperatrice. Baturin fu imprigionato e Pietro, ancora tremante, riuscì a tenere labocca chiusa e a sopravvivere all'incidente.

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Ma Caterina trovava il suo aspetto irresistibile - e lui confidava in questo - e non riusciva adistogliere lo sguardo da lui.Sergej pronunciava parole melliflue e si prodigava in complimenti.Caterina aveva ovviamente capito che quell'uomo stava cercando di ottenere qualcosa (nessunoavrebbe cercato deliberatamente la compagnia degli ottusi Koglokov senza avere un secondofine), ma non riusciva a capire chiaramente cosa. Sera dopo sera, Marija invitava nei suoiappartamenti Sergej con Caterina, Lev Naryªskin, Petr Saltykov, la principessa Gagarin amica diCaterina e altri. Sergej si divertiva ad attirare Nikolaj Koglokov in un angolo vicino alla stufa,dove lo implorava di comporre una canzone, attività che teneva occupato Nikolaj per il restodella serata. (Secondo quanto scrive Caterina, le sue composizioni erano veramente insulse;dopotutto, era -l'uomo più noioso che esistesse, completamente privo di fantasia .)Dopo essersi liberato di Nikolaj, mentre Lev intratteneva la compagnia con la sua irresistibilesimpatia, Sergej incominciava a dedicarsi al suo scopo recondito sciorinando il suo spirito, il suosavoir faire, il suo fascino. Sapeva bene di non avere rivali in bellezza; così, si preoccupavasoltanto di ostentare la sua educazione, le sue maniere disinvolte grazie alle quali era sempreriuscito a ottenere tutto ciò che voleva.Una sera, dopo avere atteso a lungo il momento opportuno, si rivolse finalmente a Caterina e ledisse candidamente che era per lei che si recava ogni sera negli appartamenti dei Koglokov, chelei e lei sola costituiva il vero oggetto del suo desiderio.Sulle prime Caterina non rispose: probabilmente le parole di Sergej l'avevano veramente colta disorpresa e temeva che qualsiasi risposta gli avesse dato avrebbe tradito l'attrazione che provavaper lui. Ma egli insistette, dicendo che non l'avrebbe lasciata in pace.Cosa sperava di ottenere da una relazione con lei, gli chiese allora audacemente Caterina. E dovepensava di arrivare?Erano proprio le parole che quel navigato seduttore si aspettava; sciorinò allora le sue fantasieriguardanti la granduchessa e le confessò la profondità della passione che nutriva per lei, la gioiadi sapere che finalmente era sua. -Mi fece una descrizione particolareggiata della felicità che siattendeva scrisse Caterina molti anni dopo. -In realtà era piuttosto ridicolo: tanto ridicoloquanto appassionato.Ridicolo o no, Caterina era chiaramente vulnerabile, e Saltykov lo sapeva.-Gli dissi: "E vostra moglie, che amavate alla follia, come ella ancora vi ama, e che avete sposatosolo due anni fa? Cosa dirà di tutto questo?".E Sergej si lanciò allora nell'affondo finale. Con il bel volto chino, evitando di incontrare il suosguardo, confidò a Caterina che quello che appariva come un matrimonio d'amore in realtà erasoltanto una finzione. Lui era un uomo infelice; ogni giorno pagava a caro prezzo quell'attimo disbadataggine e di cecità in cui si era illuso di amare Matriona.-Feci di tutto per togliergli quell'idea dalla testa ricordò Caterina -e pensavo realmente difarcela. Ma lui era riuscito a suscitare la sua commozione; lei lo ascoltò e alla fine gli cedette.Sergej sapeva come giocare con i sentimenti femminili e come nascondere il cinicoopportunismo che si celava dietro le sue parole. La sua sdolcinata facondia aggirò le difese diCaterina e gli occhi neri che alzò verso di lei sciolsero le sue ultime resistenze.Eppure, la granduchessa era stata messa in guardia. Alla principessa Gagarin, infatti, le beauSerge non piaceva. Di solito Caterina teneva conto dei consigli dell'amica; tuttavia, nellasituazione di penosa solitudine in cui si trovava, non si fermò a riflettere. Nel salone deiKoglokov, avvinta dal calore del vino e dalla magia della sua giovinezza, la -filosofa che avevagiurato di non farsi travolgere mai dalle passioni si abbandonò alle dolci insidie di un amorecortigiano.

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Capitolo X.Il minuetto della seduzione durò alcuni mesi: ogni volta che Sergej si avvicinava, Caterina siritraeva. Si incontravano quasi tutti i giorni e a ogni occasione lui le confidava quanto lasognasse e la desiderasse. Ma Caterina lo teneva a distanza, cercando di evitare di rimanere solacon lui, avvertendo per tutto il tempo una deliziosa tensione fra loro, il fascino del proibito e lasegreta promessa di un futuro piacere, così elettrizzante.Nei resoconti di Caterina relativi alla relazione con Sergej non c'è il minimo accennoall'eventualità che ella lo respingesse per paura. A corte, infatti, l'atmosfera era mutata: iKoglokov erano talmente impazienti di vedere la granduchessa finalmente incinta che eranoormai disposti a persuaderla a trovarsi un amante. L'imperatrice stessa, del resto, avevamodificato le sue disposizioni: se fino a poco tempo prima aveva voluto che i Koglokov sicomportassero come cani da guardia con Caterina, adesso chiedeva loro di fare da paraninfi.Elisabetta non poteva più permettere di mettere a repentaglio la sorte dell'impero: il nipotedoveva generare un erede e se, come tutti dicevano, non poteva avere figli, allora sua mogliedoveva concepirne uno con un altro uomo. IKoglokov erano incaricati di assicurarsi che questo auspicabile obiettivo venisse raggiunto, epossibilmente in tempi brevi.Chi avrebbe potuto recitare il ruolo di amante della granduchessa meglio del bel Sergej, che siera reso così gradevole ed era evidentemente innamorato della granduchessa? Marija parlò aCaterina, sollecitandola a mettere da parte gli scrupoli relativi alla fedeltà e a cedere alla cortedel gentiluomo. Nel frattempo Nikolaj, caduto in disgrazia perché aveva sedotto una delle damedi compagnia, mademoiselle Koªselev, aveva incominciato a sua volta a corteggiare Caterina.Dal canto suo, Pietro era compiacente: era affezionato a Sergej e, come una sorta di voyeur, glipiaceva osservare il dolce cortigiano che insidiava la moglie. Non era assolutamente possessivo,e anche se il problema della successione gli stava in qualche modo a cuore, gli eranoevidentemente indifferenti le circostanze in cui l'erede sarebbe stato concepito. Così, rimase adassistere impassibile allo sviluppo degli eventi.Sergej continuò, dunque, il suo corteggiamento; per qualche tempo Caterina lo tenne a distanza,trattandolo come trattava tutti gli altri e prendendolo in giro quando esagerava con le sueincessanti dichiarazioni d'amore. -Come sapete che il mio cuore non è già di qualcun altro? glidomandò un giorno; ma queste parole, invece di scoraggiarlo, resero la sua corte ancora piùincalzante.Arrivò l'estate e la -giovane corte , come era chiamato il seguito del granduca e dellagranduchessa, incominciò le sue peregrinazioni.Nikolaj Koglokov organizzò una battuta di caccia su un'isola della Neva e un gruppo di ospitiselezionati, tra i quali naturalmente anche Sergej, venne accolto sul traghetto per andare atrascorrere quella giornata sui prati.Come avrebbe ricordato in seguito Caterina, Sergej -scelse un momento in cui gli altri erano acaccia della volpe e mi si avvicinò per parlarmi del suo argomento preferito . Quel giorno ella loascoltò con più pazienza del solito mentre le esponeva i progetti della loro felicità segreta;notando che per una volta Caterina non sollevava le consuete, innumerevoli obiezioni, Sergejapprofittò per darle una dimostrazione del suo amore.Per un'ora e mezzo, nella quiete di un rifugio isolato, Caterina ascoltò Sergej mentre il ventofreddo proveniente dal fiume turbinava intorno a loro. La supplicò di lasciargli credere di nonesserle completamente indifferente e Caterina, fingendo di tollerarlo divertita, si lasciava cullaredalle sue parole. -Mi piaceva scrisse, anche se rideva della sua vanità e trovava un po' asfissianteil suo inesausto corteggiamento. Probabilmente era bramosa di conoscere l'amore: dopo setteanni di finto matrimonio, circondata dagli intrighi sessuali che si consumavano a corte, assortanella lettura di amori romanzeschi e constatando che l'interesse dell'imperatrice per l'erotismonon subiva alcun calo, anelava a essere a sua volta iniziata ai misteri della passione sessuale.-Dentro di me ero convinta confessò nelle sue memorie; tuttavia, era ancora così padrona di séda chiedere a Sergej di andarsene, -perché una conversazione così lunga poteva destare sospetti.Mi disse che non se ne sarebbe andato finché non gli avessi detto che mi era gradito .-Sì, sì, ma adesso andatevene!-La considero cosa fatta disse Sergej mentre spronava il cavallo e galoppava via.-No, no! gli gridò dietro Caterina.-Sì, sì! gridò lui di rimando mentre la sua voce svaniva.-Così ci separammo scrisse la granduchessa. Mentre ritornava al casotto di caccia sull'isola per

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riunirsi a Pietro e ai compagni, si sentiva sopraffatta da sentimenti contrastanti. -Una miriade dipreoccupazioni occupava i miei pensieri ed ero molto arrabbiata e scontenta di me. Avevocreduto di essere in grado di dominare sia me sia lui, e adesso mi rendevo conto che era difficile,se non impossibile, controllare le nostre passioni.

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Sapeva di essere quanto mai vulnerabile, adesso che aveva tradito, anche se per la più giustadelle ragioni, le promesse rese il giorno del matrimonio. Aveva bisogno di qualcuno che laproteggesse e si rivolse al vecchio cancelliere Bestuªzev.Molte cose erano mutate dai primi incontri che la giovane Sofia aveva avuto con il cancellierequando, nove anni prima, era arrivata in Russia. A quel tempo Bestuªzev aveva visto in Caterinasolo la candidata della fazione francese della corte imperiale, una ragazza giovane e precoce, eper questo si era opposto all'eventualità che venisse elevata al rango di granduchessa. Ma adessovedeva in lei una donna intelligente e anche una possibile alleata politica, penalizzata dal fattoche non aveva avuto un erede, ma più scaltra della sua età grazie alla sua cultura e all'acutezzadella sua osservazione.E il cancelliere aveva un gran bisogno di alleati. Sebbene si mantenesse disperatamenteavvinghiato alla sua posizione, l'imperatrice era divenuta, per usare un eufemismo, tiepida neisuoi confronti e i favoriti di Elisabetta, i ªsuvalov, cercavano in tutti i modi di rimuoverlodall'incarico. Alla morte dell'imperatrice il cancelliere avrebbe dovuto ottenere la fiducia delsuccessore e, se quest'ultimo fosse stato Pietro, per Bestuªzev sarebbe stato fondamentale averel'appoggio di sua moglie, che avrebbe potuto diventare l'ispiratrice del nuovo regime. Ilcancelliere e la granduchessa intuivano chiaramente di avere bisogno l'uno dell'altra edentrambi salutarono con gioia il loro riavvicinamento.Bestuªzev garantì aiuto e protezione a Caterina e Sergej, e diventò, come scrisse Caterina, -molto intimo, senza che altri si accorgesse di nulla .Durante l'inverno, mentre la corte trascorreva il tempo in balli e feste in maschera, tutta assortain insignificanti rivalità e intrighi romantici (Nikolaj Koglokov compì un pericoloso tentativo disedurre l'imperatrice ammalata, mentre Marija Koglokova imbastì una relazione con il principeRepnin), Caterina si incontrava con Bestuªzev, introducendolo surrettiziamente nel proprioentourage.Quell'inverno i diversivi furono molti. Oltre alle gite in slitta, le gare in toboga e il pattinaggio suilaghi e gli stagni ghiacciati, si disputò un duello quasi mortale e si verificarono numerosiincidenti. In tutta Mosca scoppiarono incendi; Caterina ricorda che, guardando dalle finestre delpalazzo, si vedevano quattro o cinque bagliori di fiamme che si sviluppavanocontemporaneamente in diversi punti della città.L'imperatrice corse il pericolo di essere gravemente ferita mentre era in pellegrinaggio in unconvento vicino.Nella chiesa scoppiò un incendio e il soffitto crollò; fortunatamente in quel momento Elisabettaaveva lasciato il santuario e stava pregando in una piccola cappella del convento.L'imperatrice maturò un nuovo interesse. Uno dei suoi lacchè era impazzito: poiché aveva labava alla bocca e smaniava, Elisabetta lo fece visitare dal dottor Boerhave e diede istruzioniaffinché nel palazzo venisse allestita una stanza speciale per lui. Da quel momento, quandoveniva a sapere che qualcun altro soffriva degli stessi disturbi, lo faceva portare a corte e lochiudeva nel suo piccolo manicomio privato.Alla fine dell'inverno vantava una discreta collezione di malati di mente: un maggiore delreggimento Semenovskij che considerava dio lo scià di Persia; due alti ufficiali della Guardia cheavevano perso il lume della ragione; un monaco, forse un fanatico religioso, che si era reciso igenitali con un rasoio, e alcuni altri curiosi personaggi. Il caso che interessava di piùl'imperatrice era quello del maggiore del reggimento Semenovskij perché, a parte la suafissazione sullo scià, sembrava quasi normale. Elisabetta decise di sottrarlo alle cure del dottorBoerhave e di affidarlo ad alcuni preti. Questi lo dichiararono indemoniato ed effettuarono unesorcismo; la principessa partecipò al rituale e rimase delusa quando il maggiore, che sulleprime era sembrato rinsavito, continuò a perdurare nel suo stato delirante.Alcuni dicevano che anche il granduca fosse un ospite del manicomio; beveva molto più delconsueto, picchiava i servitori senza pietà e si comportava come al solito in modo puerile. Siteneva a distanza da Caterina, si lamentava di lei e la insultava liberamente, ma continuava afare affidamento sul suo aiuto per amministrare i possedimenti dell'Holstein e per mettere inriga i domestici. Lo irritava, scrive Caterina, il fatto di non riuscire a farsi obbedire dai servitorineppure prendendoli a frustate, mentre il personale di sua moglie eseguiva gli ordini senzafarselo ripetere due volte.Un giorno Caterina si recò negli appartamenti di Pietro e rimase colpita nel vedere un grossotopo appeso a una forca improvvisata all'interno di una credenza. Pietro spiegò alla moglie che iltopo aveva commesso un atto criminale e, secondo la legge militare, meritava la pena capitale:

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infatti, si era introdotto nella fortezza giocattolo di Pietro e aveva rosicchiato i soldatini che sitrovavano all'interno. La legge marziale era dura, disse Pietro; prescriveva che il topo catturatofosse appeso e lasciato sulla forca per tre giorni come monito per gli altri topi che avesserointenzione di danneggiare l'esercito ducale.

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sempre più soffocante. Caterina notò una miriade di topi neri e di gatti grigi che scendevano lescale in fila per cercare scampo all'aperto.

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Capitolo XI.Sei settimane dopo l'incendio che nel novembre del 1753 aveva distrutto palazzo Golovin,l'imperatrice presiedette a un grande banchetto di capodanno nella nuova residenza che nelfrattempo aveva fatto costruire.Aveva ordinato agli operai di utilizzare le grandi travature di legno di altri tre palazzi perrealizzare alcuni appartamenti, nei quali si trasferì negli ultimi giorni dell'anno. I carpentierimoscoviti erano abituati a lavorare con rapidità: l'imperatrice comandava e loro eseguivano.Una volta ultimata la struttura, furono sistemate delle pareti di legno non stagionato, installatele stufe, allestite le cucine e le dispense e trasferiti i mobili. A capodanno il palazzo era dunquepronto per ospitare la corte e l'imperatrice, con la sua figura imponente interamente ricoperta digioielli, sedeva in gran pompa sotto il baldacchino reale con Pietro e Caterina al suo fianco.Quel pomeriggio, come ricorda Caterina nelle sue memorie, Elisabetta era molto allegra eloquace. Sebbene fosse alquanto sofferente a causa di un brutto raffreddore che le aveva fattoperdere l'appetito, riuscì a nascondere la sua indisposizione: sembrava in una forma migliore delsolito. Tuttavia, dopo avere ballato un minuetto dovette sdraiarsi a riposare a lungo, e non erapiù in grado di salire le scale. Erano stati costruiti degli speciali marchingegni meccanici che latrasportavano da un piano all'altro dei palazzi, e quando si recava a visitare le residenze deisudditi più facoltosi, questi dovevano allestire simili congegni per trasportarla dall'entrata allasala da ballo. Ma quando era seduta, la debolezza delle gambe non era visibile e in quel giorno dicapodanno era difficile ricordare che in tempi recenti si era temuto per la sua vita ed erano statiavviati i preliminari per un'imminente successione al trono.Lunghe tavole di legno sistemate su cavalletti riempivano il grande salone e centinaia dicortigiani sedevano su file di panche dure, mangiando e bevendo sotto lo sguardo vigiledell'imperatrice.-Chi è quella donna magra laggiù? chiese a un tratto Elisabetta a Caterina, indicando undeterminato punto della sala. -Quella brutta, con il collo lungo come una gru? La domanda nonera casuale; l'imperatrice sapeva perfettamente che si trattava di Marta ªsafirov, l'amante diPietro, che lei stessa aveva inserito tra le dame di compagnia di Caterina.Una delle sue damigelle le riferì il nome ed Elisabetta scoppiò a ridere rivolgendosi a Caterina. -Mi ricorda un proverbio russo disse -che recita: "I colli lunghi servono solo per la forca".-Non potei fare a meno di sorridere a questa battuta maliziosa e sarcastica dell'imperatriceavrebbe ricordato anni dopo Caterina. -Né l'affermazione passò inosservata: i cortigiani laudirono e se la ripeterono l'uno all'altro così che quando mi alzai scoprii che molti laconoscevano già.All'imperatrice piaceva pungolare Caterina parlando di Marta ªsafirov.Sapeva che Pietro si trastullava con quella donna e l'esercito delle sue spie le aveva certamenteriferito che Sergej Saltykov aveva una relazione con la sorella di Marta, all'insaputa di Caterina.Il riferimento alla forca era intenzionale. A Elisabetta piaceva ricordare alla gente il propriopotere e certamente era difficile trovare a quel banchetto qualcuno che non sentisse il pesoopprimente della sua autorità e la pericolosità della sua malizia.Quando era in salute, l'imperatrice era ancora formidabile. Controllava i ministri mettendolil'uno contro l'altro e tenendoli continuamente sul filo, pur approfittando dei loro servizi e deiloro consigli. Anche se l'onere di governare la disgustava, si teneva molto informata; sapeva, peresempio, che le entrate erano in aumento e che le miniere d'oro e d'argento della Siberialavoravano a pieno ritmo. Pensava che nelle casse dello stato ci fosse molto più del denarosufficiente per provvedere alle spese dell'enorme palazzo d'Inverno, i cui lavori erano statiiniziati dall'architetto italiano Bartolomeo Rastrelli, e delle centinaia di abiti che avevaacquistato per sostituire quelli andati distrutti nell'incendio.Se era allegra, Elisabetta si dilettava con il suo potere, la sua ricchezza e i suoi giovani amanti.Nei giorni di cattivo umore, invece - che adesso superavano di gran lunga gli altri - ritornava aessere sopraffatta dalle paure.La -giovane corte , intanto, cominciava a diventare influente.Tutti sapevano che il potere di Elisabetta, per quanto ancora terrificante, era in declino mentrequello del granduca e della granduchessa stava lentamente aumentando. Tutto il personale dicorte, dai ministri di più alto grado fino agli ultimi impiegati, sapevano che alla mortedell'imperatrice si sarebbero verificati radicali cambiamenti nel governo e nel seguito.Volevano, perciò, salvaguardare se stessi e la loro posizione guadagnandosi il favore del futurogoverno.

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Nei loro dispacci segreti, gli ambasciatori stranieri presso la corte russa facevano illazioni sucome e quando il nuovo regime sarebbe entrato in vigore. Supponevano che Caterina avrebbeassunto un ruolo predominante nel nuovo corso, se il marito non avesse trovato il modo didisfarsi di lei. Secondo l'opinione comune Caterina, e non Pietro, sarebbe succeduta a Elisabetta.Era intelligente, scaltra e dotata di buonsenso; dava prova di caparbietà e di forza di volontà e alsuo confronto il marito appariva assai fragile.C'era una sola, enorme controindicazione: la granduchessa non aveva ancora avuto figli.Tuttavia, alcune settimane dopo il banchetto di capodanno, Caterina era di nuovo incinta diSergej Saltykov, e questa volta era decisa a non perdere il bambino. L'imperatrice diede ordinedi proteggere in ogni modo la granduchessa, ma lasciò che Caterina risiedesse in una casafatiscente, piena di correnti d'aria, con stufe di porcellana così vecchie da avere le pareti quasitrasparenti e piene di buchi: quando venivano accese, l'esplosione di scintille provocava piccoliincendi. Soltanto una costante vigilanza da parte dei servitori poté evitare un grave incidente.Vivendo in locali saturi di fumo, Caterina soffriva di nausee mattutine e aveva gli occhiperennemente irritati; la sua gravidanza iniziò con la gola infiammata e la febbre alta. La noiaaumentava la sua sofferenza: trascorreva, infatti, monotoni pomeriggi nella vana attesa di unavisita di Sergej, il quale sembrava averla abbandonata.Verso la fine di aprile, Nikolaj Koglokov morì e corse voce che la sua fine fosse statadeliberatamente accelerata da medici distratti prezzolati da una cricca di nemici politici con acapo Ivan e Aleksandr ªsuvalov.Aleksandr ªsuvalov (-il terrore della corte, della città e di tutto l'impero , secondo la definizionedi Caterina) prese il posto di Koglokov come responsabile del seguito di Pietro. Caterina eraatterrita da ªsuvalov non soltanto per la paura che ispirava come capo della polizia segreta, maanche per il grottesco tic che gli faceva contrarre la parte destra del viso ogni volta che venivaassalito da una forte emozione. La vista dell'orrida smorfia faceva rabbrividire Caterina: inun'epoca in cui era credenza diffusa che qualsiasi cosa impressionasse la madre si sarebberipercossa sul feto, il fatto che l'imperatrice avesse scelto ªsuvalov come capo della corte ducalemise in dubbio la sincerità della sua preoccupazione per la nipote.Poco tempo dopo la granduchessa ricevette un altro duro colpo: Marija Koglokova vennerimossa dal suo incarico e si diceva che il suo posto sarebbe stato preso dalla contessaRumjanªceva, una provocatrice pettegola che molti anni prima aveva messo nei guai Giovannacon le sue maldicenze. La contessa era -nemica giurata di Sergej Saltykov e non amavanemmeno la principessa Gagarin, la compagna più intima della granduchessa. Il significato diquesta scelta era chiaro per Caterina, che -perse la pazienza e pianse amaramente per la sua -grande sfortuna . Era certa che la contessa avrebbe sparlato di lei, danneggiandolaenormemente, e implorò perciò Aleksandr ªsuvalov di impedire quella nomina.Poco dopo, l'imperatrice ritornò sui suoi passi e non si sentì più parlare della contessaRumjanªceva. Caterina doveva, però, sopportare la compagnia costante e indesideratadell'orribile ªsuvalov; inoltre, le fu affiancata un'ostetrica che seguiva ogni suo spostamento. Inmaggio la corte si trasferì, a piccole tappe, a San Pietroburgo; il viaggio durò ventinove giorni.Furono, così, risparmiati a Caterina gli sballottamenti che avevano provocato il primo aborto;tuttavia, la giovane soffrì ugualmente, confinata per settimane con ªsuvalov e la suaimpertinente e aggressiva consorte, senza la possibilità di avere neanche una breveconversazione con Sergej, che si trovava tra le guardie a cavallo.Alla fine giunsero nella capitale e Caterina trascorse due mesi di desolazione e di ansia, certa cheSergej sarebbe stato presto allontanato e temendo, nei momenti più malinconici, che in fondoegli avrebbe gradito quella separazione. Si sentiva abbandonata, maltrattata e bisognosad'affetto. -I miei occhi non erano mai senza lacrime ed ero assalita da una miriade di paurescrisse Caterina; per quanto cercasse di allontanare la tristezza facendo lunghe passeggiate, nonriusciva a consolarsi.Quando entrò nel nono mese, venne a sapere che stavano allestendo una stanza per lei negliappartamenti dell'imperatrice. Fu un colpo violento: l'imperatrice voleva evidentementesorvegliare ogni momento del travaglio e del parto di Caterina, che sarebbe stata completamentealla sua mercé. Non le era permesso partorire nella sua camera da letto, alla presenza dellepersone che le erano più care: doveva essere privata dei suoi amici, delle cose e degli ambientiche le erano familiari.Aleksandr ªsuvalov la condusse a vedere la sua stanza: era un locale spoglio e tetro, arredato conpochi mobili tappezzati di damasco cremisi.

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La corrente fredda della Neva penetrava da due finestre larghe e sgangherate che non sichiudevano bene. Una piccola anticamera, anche questa arredata con mobili rimediati,immetteva nella cameretta. Non c'era alcuna comodità, niente che potesse mettere a proprioagio la partoriente o agevolarla nella durissima prova che avrebbe dovuto sostenere.-Mi resi conto che là sarei stata completamente isolata scrisse Caterina ricordando la suareazione -senza compagnia, completamente abbandonata. Neanche Pietro, del qualenormalmente aborriva la compagnia, le sarebbe potuto stare vicino, e questo la sgomentava. Sela prese con l'orrido ªsuvalov, si lamentò con la principessa Gagarin e con Sergej. Entrambisembravano preoccupati, ma non poterono fare nulla.Dopotutto, il bambino che aveva in seno rappresentava un bene estremamente prezioso,essendo l'erede al trono dei Romanov. La sua nascita sarebbe stata accolta quasi come un eventoprodigioso, atteso con ansia, per cui si era pregato molto: un segno della benevolenza divina neiconfronti della Russia e del suo popolo.Caterina rappresentava solo un tramite: non aveva importanza il fatto che stesse comoda o no,alla luce dello scopo più alto cui serviva.Avanzare suggerimenti diversi avrebbe potuto provocare l'ira dell'imperatrice.Piena di paura e di apprensione, con il corpo appesantito e ingombrante, Caterina fu fattacoricare in quella camera piena di spifferi la notte di martedì 19 settembre 1754. Dopo alcuneore si svegliò in preda ai dolori e fu chiamata la levatrice. Il travaglio era iniziato.Furono svegliati Pietro e Aleksandr ªsuvalov, il quale fece sapere all'imperatrice che era arrivatoil momento. Elisabetta si infilò allora un mantello sulla camicia da notte e raggiunse la cameradel parto, dove Caterina giaceva su un pagliericcio duro vicino al letto, agitandosi econtorcendosi per il dolore. Per tutta la notte l'imperatrice vegliò, pregando davanti alle sacreicone, mentre la levatrice stimolava il ventre di Caterina e annotava la frequenza dellecontrazioni.Il tormento di Caterina durò tutta la mattina, finché finalmente a mezzogiorno partorì. Lalevatrice sollevò in alto il bambino: era un maschietto ben formato e apparentemente in buonasalute. Dopo che il neonato fu lavato e strettamente avvolto in lunghe fasce di lino e flanella,secondo la tradizione russa, l'imperatrice convocò il suo confessore e gli disse di assegnargli ilnome Paolo. Caterina non era stata consultata per la scelta, e in ogni caso i suoi desideri nonsarebbero stati tenuti in alcuna considerazione. Paolo era il nome del fratello di Elisabetta, ilprimo figlio di Pietro il Grande e della sua seconda moglie, Caterina, morto durante l'infanzia.Appena terminate le preghiere del confessore, l'imperatrice prese il bambino, fece cenno allalevatrice di seguirla e uscì dalla stanza con incedere maestoso. Pietro e i ªsuvalov la seguirono,lasciando Caterina sola con un'unica dama di compagnia, madame Vladislava, che aveva unatale paura di contraddire gli ordini dell'imperatrice che trascurò completamente la puerpera.-Rimasi nel mio letto di tormento ricorda Caterina nelle sue memorie.-Ero fradicia di sudore. Implorai madame Vladislava di cambiarmi la biancheria e di mettermisul letto. Mi rispose che non osava. Quando Caterina chiese dell'acqua da bere ricevette lamedesima risposta. Per tre ore restò sul pagliericcio duro, infreddolita, assetata e desolata,mentre la corrente fredda filtrava tra le coperte umide di sudore. Madame Vladislava mandò achiamare la levatrice, ma l'imperatrice non permise a quest'ultima di lasciare il bambino.Finalmente la moglie di Aleksandr ªsuvalov si recò da Caterina e rimase sconvolta nel trovarlaancora distesa sul pagliericcio nelle stesse condizioni di molte ore prima. -Ce n'è abbastanza perucciderla! urlò e andò a cercare la levatrice. Finalmente, mezz'ora dopo, la levatrice ritornò adassistere la paziente e le permise di distendersi sul letto.Anche allora, però, nessuno andò a trovarla; quella condizione di abbandono ferìprofondamente Caterina.Lacrime di rabbia e di autocommiserazione scorrevano sul suo viso, mentre le ore passavano e ilsuo isolamento proseguiva. Intorno a lei fervevano i festeggiamenti: negli appartamentidell'imperatrice, nelle strade circostanti il palazzo, nella camera di Pietro, dove egli bevevacopiosamente per celebrare l'avvenimento. Ma la madre dell'erede al trono non prendeva partealla festa. A Caterina infreddolita e dolorante, con il seno gonfio di latte, bramosa di vedere ilbambino che le era stato sottratto, venne la febbre alta e un lancinante dolore alla gambasinistra.Il giorno seguente trascorse in maniera del tutto simile. Caterina -non fece altro che piangere egemere a letto, lamentandosi per il dolore alla gamba con madame Vladislava e tenendo gliocchi fissi sulla porta, nella speranza che qualcuno mandasse almeno un servo a vedere come

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stava.

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Caterina poté tornare nei suoi appartamenti, ma, in ottemperanza alla tradizione, rimaseisolata; solo le sue damigelle d'onore potevano occuparsi di lei. Talvolta Pietro si recava atrovarla, non tanto perché fosse ansioso di vedere lei, quanto perché era rimasto affascinatodalla meno attraente delle donne: Elisaveta Voroncov, una donna butterata dal vaiolo e volgare.Questa relazione irritava la granduchessa, ma questa volta l'ennesimo capriccio del maritosuscitò una reazione meno violenta, a causa dei più cocenti dolori di Caterina. Aveva infattisaputo che la principessa Gagarin, che era stata la sua amica più intima negli ultimi anni, erastata costretta a sposarsi ed era stata mandata lontano dalla corte. Inoltre, l'avevano appenainformata del fatto che Sergej Saltykov sarebbe partito in missione per la Svezia per annunciarela nascita dell'erede al trono: si prevedeva che non sarebbe ritornato prima di molti mesi.L'evento che più di tutti aveva temuto si stava infine verificando: dopo essere servito per farleavere un figlio, Sergej doveva essere allontanato da lei, forse per sempre.-Mi rintanai nel mio letto e mi crogiolai nel mio dolore. Sostenni di essere ammalata: dissi che ildolore alla gamba era peggiorato e che perciò non potevo alzarmi. Ma la verità era che nonriuscivo ad alzarmi. Ero così triste che non volevo vedere nessuno.Caterina era dunque isolata, ma dal piccolo Paolo c'era sempre una folla di visitatori. Tuttivolevano vedere il bambino a lungo atteso, disteso nella culla imbottita di pelliccia.L'imperatrice si prendeva cura di lui, recitava preghiere in suo favore, si preoccupava e si agitavaincessantemente al suo capezzale.-Che carnagione scura! esclamavano maliziosamente i cortigiani, ben sapendo che il padre era ilbruno Sergej Saltykov e non il granduca, la cui pelle era pallida come la luna. Ma Elisabetta nonse ne curava. Replicava a tutte le allusioni alla dubbia paternità di Paolo mormorando che nonera il primo bastardo nato nella sua famiglia, e non faceva alcun tentativo per mettere a tacere ipettegolezzi su Caterina e Sergej. L'importante era che la granduchessa avesse un eredemaschio: un bambino che l'imperatrice potesse amare e allevare, e che garantisse la continuitàdella dinastia.L'imperatrice appariva così materna che a corte correva voce che Paolo fosse in realtà figlio suo,e non di Caterina. Nonostante l'età avanzata e i numerosi acciacchi, infatti, Elisabetta sembravaancora in grado di diventare madre. Inoltre, si sapeva che aveva amanti giovani e virili: poteva,dunque, avere dato alla luce un figlio in tarda età.L'imperatrice non fece nulla per mettere a tacere questo pettegolezzo e attese sei settimaneprima di accordare a Caterina il permesso di concedere uno sguardo di sfuggita al figlio. -Pensaiche era molto bello scrisse Caterina -e il vederlo mi rese un po' più felice. Ma il bambino le fuportato via quasi immediatamente e Caterina si ritrovò ancora più disperata di prima.Era stato stabilito che il 1o novembre Caterina avrebbe ricevuto i rallegramenti dei cortigiani.Per l'occasione, i servitori decorarono la sua camera da letto con un inconsueto sfarzo. Furonoportati divani finemente lavorati, tavoli, arazzi preziosi e oggetti d'arte per sostituire i mobili diCaterina e rendere la sua stanza sontuosa come quella dell'imperatrice. Il pezzo centrale era unosplendido letto rivestito in velluto rosa e ricamato d'argento.In pompa magna, sdraiata su questo letto regale, Caterina attendeva con pazienza che uno dopol'altro i membri del governo imperiale e il seguito, gli ambasciatori delle corti straniere, idignitari delle varie città e gli esponenti della nobiltà sfilassero davanti a lei, baciandole la mano.Era il pittoresco ritratto della modestia e della gioia della maternità: una giovane attraente ecarina, con la pelle bianca quasi perfetta, con folti capelli castani e ricci, un corpo snello e lebraccia e le mani armoniose come quelle di una statua greca. Parlava gentilmente a ciascunvisitatore e sorrideva a tutti affabilmente. Soltanto gli occhi, grandi e azzurri, tradivano lesofferenze che aveva sopportato e che ancora doveva sopportare, anche se faceva del suo meglioper esibire uno sguardo radioso.Dopo molte, estenuanti ore finalmente il ricevimento terminò e Caterina poté piacevolmenteabbandonarsi sui cuscini di velluto rosa. Ma non le fu permesso di riposare. Non appena l'ultimoospite ebbe lasciato la stanza, si presentarono infatti i servitori dell'imperatrice che fecerosparire tutti quegli splendidi arredi. Ogni tavolo, ogni sedia, ogni vaso e ogni candeliere furonoportati via, finché la stanza fu totalmente spogliata della sua eleganza e riportata alla precedentecondizione. Anche l'imponente letto di velluto rosa, un letto adatto per la madre di un futuroimperatore, fu smontato e portato via, lasciando la sua occupante in equilibrio precario sullagamba dolente a meditare sul proprio destino.

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Capitolo XII.Dimenticata e abbandonata da tutti, privata di ogni comodità e allontanata forzatamente dalfiglio, Caterina si chiuse in se stessa, facendo assegnamento sulle risorse della sua mente acuta eperennemente assetata di sapere. Mentre al suo posto un'altra donna sarebbe impazzita, sisarebbe ammalata o sarebbe caduta nella depressione, Caterina si rintanò in una piccola stanzamale illuminata, unico rifugio dal vento gelido che soffiava dal fiume, e incominciò a leggere.Divorò la Storia universale di Voltaire (che stava diventando il suo scrittore preferito), una storiadella Germania, una pila di libri in russo (tra i quali due enormi volumi di storia della chiesa,opera dello storico seicentesco e cardinale Cesare Baronio, tradotti dal latino), lo Spirito delleleggi di Montesquieu, che illustrava le origini e le forme dei poteri del governo, e gli Annali diTacito.Voltaire la divertì, Baronius le fornì molte informazioni, Montesquieu la incuriosì, ma fu Tacitoche stimolò la sua fantasia e ampliò le sue conoscenze. Gli Annali narrano la storia di Romadurante gli anni instabili dell'inizio dell'impero: un periodo di decadenza e cinismo in cui glieredi di Augusto si combattevano per avere il predominio. Gli ideali repubblicani erano crollati,l'etica era stata dimenticata; gli intrighi di palazzo e la violenza della guardia pretorianamettevano sul trono o detronizzavano gli imperatori con frequenza sconcertante, almeno per inon iniziati, vale a dire per gli ingenui estranei al potere, che diventavano le vittime di tutte leperfidie e i tradimenti. Coloro che invece erano avvezzi al potere e avevano imparato a guardarsile spalle per proteggersi, ma anche a riconoscere e neutralizzare i nemici prima di essernedanneggiati, riuscivano a volgere gli avvenimenti a loro vantaggio.Caterina, ferita da anni di maltrattamenti e di insulti, traboccante di risentimento e, nonostantele recenti sventure, pervasa da un'ambizione senza limiti, lesse Tacito e progettò la rivincita.Non voleva più essere una vittima: avrebbe adottato le tattiche dei vincitori della Roma diTacito, difendendo così i suoi interessi nella Russia di Elisabetta. I suoi occhi erano ormaiaperti; non sarebbe mai più stata la ragazza zelante che era, desiderosa soprattutto di piacereagli altri: da quel momento in poi, avrebbero dovuto essere gli altri a cercare di piacere a lei.Anni dopo, nelle sue memorie, Caterina scrisse: -[la lettura di Tacito] aveva prodotto unsingolare cambiamento in me, cui forse aveva contribuito in maniera significativa la mia tristedisposizione d'animo.Incominciai a vedere le cose sotto una luce negativa e a ricercare le cause più profonde .L'inverno era alle porte: il fiume era già ghiacciato, il pallido sole sorgeva tardi e rimanevaall'orizzonte - una macchia giallo-grigia, sfocata solo per poche ore. Caterina restava rintanatanella cameretta, sonnecchiando su una sdraio o leggendo seduta a un piccolo scrittoio, con lagamba malata appoggiata sui cuscini.Anche se faceva di tutto per ripararsi dalle correnti, prendeva un raffreddore dietro l'altro, ingenere seguito dalla febbre. Dopo due mesi di isolamento lasciò la sua stanza per parteciparealle estenuanti funzioni natalizie, ma fu assalita da brividi, dolori e febbre alta, e fu costretta pergiorni a letto.Per tutto l'inverno coltivò la vendetta, rimuginando sul gioco delle fazioni e delle meschinecospirazioni di corte alla luce della sua nuova comprensione delle vicende della vita, e della vitadi corte in particolare.Era decisa a rifarsi. -Raccolsi le forze scrive Caterina -e stabilii di non uscire dalla camera finchénon avessi riconquistato energia sufficiente per vincere la mia ipocondria. Mentre la corte eraimpegnata a celebrare la nascita di Paolo con danze, feste in maschera, luminarie e fuochiartificiali; mentre Pietro e il suo seguito di soldati della Guardia e di tirapiedi bevevano egozzovigliavano rumorosamente tra nuvole di fumo di tabacco, Caterina rimaneva in asceticoritiro, diventando sempre più forte e più sicura di sé. Alla fine del carnevale, era una personadiversa.La prima dimostrazione del suo ritrovato coraggio fu invero assai dolorosa. Sergej Saltykov eraritornato in Russia dal suo lungo soggiorno alla corte svedese e non aveva mostrato alcuna frettadi rivedere Caterina. Costei sapeva, essendone stata informata da Bestuªzev, che in Svezia Sergejaveva ripreso le sue abitudini di corteggiatore indefesso, e questo fu un elemento determinanteche si aggiunse alla riluttanza da lui dimostrata a riprendere la loro relazione. Nel suo intimo,Caterina sapeva che egli era favorevole a interrompere il loro complicato rapporto, ma lagiovane doveva fare i conti anche con il suo orgoglio e il suo desiderio. Fu combinato unincontro segreto: Caterina attese in ansia fino alle tre del mattino l'arrivo di Sergej, ma egli nonsi presentò. Profondamente umiliata, si accorse chiaramente che aveva sofferto tanto per un

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uomo che non era degno dei suoi sacrifici. Aveva dato alla luce suo figlio, era stata allontanatada lui per molti mesi, passati in angoscia, e a lui non importava nulla della sua sofferenza, alpunto che non si preoccupava neppure di tenere fede a un appuntamento con lei.

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inglese forte e rubicondo sui quarant'anni, esperto di letteratura e dotato di uno spirito brillante.La sua missione era delicata: doveva convincere l'imperatrice e i suoi ministri a inviare trupperusse in difesa di Hannover in caso di un attacco prussiano. Il re d'Inghilterra, Giorgio Ii, erainfatti anche elettore di Hannover ed era legatissimo al più piccolo dei suoi due domini; dalmomento che non poteva contare su un suo esercito, doveva affidarsi all'aiuto straniero perdifendere i suoi possedimenti in territorio tedesco.

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Né le cortigiane si agghindavano con minore sfarzo. I loro ampi abiti di seta strisciavano suipavimenti, il collo e la vita erano rivestiti di gemme, tra i capelli brillavano pennacchiimpreziositi da brillanti e nastri con diamanti incastonati. Tutte le donne volevano apparire cosìbelle da meritare un ritratto al gabinetto di Moda e Grazia di Peterhof, dove circa trecentobellezze sorridevano dalle pareti. Poiché l'imperatrice non poteva più pretendere di essere labellezza dominante - l'età e le malattie le avevano ormai tolto quel primato - le donne di cortepotevano farsi ammirare e competere tra loro più apertamente che in passato: HanburyWilliams rimase strabiliato dalla quantità di pizzi d'argento e di ricami dorati, di piumeondeggianti e di gioielli sfavillanti che le donne usavano per adornare i loro vestiti.Tra le cortigiane, tuttavia, la granduchessa Caterina avrebbe dominato anche non in forza delsuo rango. -La sua personalità è molto superiore e i suoi modi sono molto accattivanti scrissel'ambasciatore inglese. La osservava camminare a testa alta, vestita in modo splendido, mentredistribuiva carezze agli amici e rimproverava con arguzia i nemici.Stava acquistando una vera abilità politica e Hanbury Williams ne rimase colpito.Seduto accanto a Caterina ai banchetti imperiali, il diplomatico inglese ebbe modo di studiare afondo la sua personalità e la sua capacità critica, oltre che di ammirare il suo fascino. HanburyWilliams considerava la conversazione con Caterina -degna del buonsenso di Richelieu e dellagenialità di Molière . L'uno stimolava lo spirito dell'altra; scoprirono di avere letto gli stessi libri,di ammirare entrambi Voltaire e di nutrire la stessa avversione per ogni forma di ostentazione. -Non conosco un piatto più stuzzicante del buonsenso condito di ironia osservò un giorno ildiplomatico parlando con Caterina, la quale si dichiarò d'accordo, aggiungendo: -Mentrel'ignoranza presuntuosa e la supponenza producono una pietanza davvero insipida .Mentre la salute dell'imperatrice peggiorava e il suo successore scivolava verso un'ebbraimpotenza (Hanbury Williams giudicava Pietro debole e violento), Caterina sembrava lanaturale erede del potere. Il diplomatico scrisse al governo di Londra che, se Elisabetta fossemorta improvvisamente, sarebbe stata Caterina a governare perché, nonostante le meschinecrudeltà, il grossolano comportamento e l'illimitato ego che lo caratterizzavano, quando sitrattava di questioni importanti Pietro si rivolgeva alla moglie e si inchinava di fronte alla suavasta cultura.Secondo l'ambasciatore, Pietro affermava che -anche se egli non capiva i problemi, sua mogliecapiva tutto . Il granduca l'aveva soprannominata madame la Ressource.Hanbury Williams rimase colpito dal constatare come Caterina si fosse adattata alle circostanze.-Fin da quando è arrivata in Russia riferì ai superiori -ha cercato con ogni mezzo a suadisposizione di conquistare l'affetto del popolo. Essendosi dedicata con impegno allo studio delrusso, lo parlava con scioltezza (anche se non perfettamente) e lo capiva molto bene. Era -stimata e amata moltissimo: questa era l'opinione dell'ambasciatore, il quale aggiungeva cheCaterina -conosceva molto bene l'impero e faceva di questo l'unico oggetto dei suoi studi . -èabile e sensibile concludeva -e il gran cancelliere mi dice che non c'è nessuno più fermo erisoluto di lei.Certamente la fermezza e la determinazione, per non parlare del buonsenso, erano qualità chenon abbondavano nel palazzo imperiale. -A corte dominano la passionalità e l'impulsività e noncerto la ragione sosteneva Hanbury Williams dopo sei mesi di soggiorno in Russia. Con la suatosse cronica e ormai dispnoica, con le membra indebolite e il corpo appesantito, Elisabettacontinuava a governare, ma non aveva più la stessa autorità del passato. I ªsuvalov non avevanol'audacia di prendere il potere, ma fomentavano la discordia; Hanbury Williams era convintoche, se un ambasciatore francese energico fosse stato mandato alla corte russa, avrebbe potutominacciare e danneggiare gravemente gli interessi britannici.L'ambasciatore inglese coltivava l'amicizia della granduchessa, la quale lo ricambiava con ilcalore di una donna colta che agogni una compagnia civile. Si intrattenevano durante le cene eHanbury Williams andava a trovarla a Oranienbaum, dove Caterina e Pietro si recavano semprepiù spesso. In quel luogo, Caterina sovrintendeva alle nuove piantagioni; un giorno presentòall'ambasciatore il giardiniere Lamberti, che si dilettava di chiaroveggenza e predisse nonsoltanto che Caterina sarebbe diventata imperatrice di Russia, ma anche che avrebbe visto i suoipronipoti e sarebbe morta solo dopo gli ottant'anni.L'ambasciatore e la granduchessa assistettero insieme, entrambi estremamente inorriditi eimbarazzati, allo scandalo che esplose quell'estate.Pietro, già disprezzato a causa del suo ostentato amore per la Germania, attirò su di sé ilrisentimento profondo e definitivo delle truppe di stanza a Oranienbaum. Molti di quei soldati

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erano finlandesi e provenivano da una regione chiamata Ingermanland.

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dimostrarono che si era sbagliato.

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Adesso, invece, non erano più sicure di niente; l'unica cosa certa era che il medico personale diElisabetta, il greco Condoidi, aveva perso ogni speranza e che la maggior parte dei cortigiani siaspettava ormai che l'imperatrice morisse.

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aggravarono.

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delle sue alleanze pazientemente intessute era che fosse il marito a portare la corona, mentreella sarebbe stata, come sempre, il suo consigliere e principale sostenitore. Molti dicevano cheCaterina doveva diventare, se non imperatrice, almeno coreggente di Pietro. Hanbury Williams,che in quel periodo era il principale ispiratore nonché mentore di Caterina, era certo che sarebbestata comunque quest'ultima a regnare, chiunque avesse portato la corona. -Siete nata percomandare le disse un giorno.

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Era quasi certa di essere di nuovo incinta.

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in gabbia che ha finalmente trovato un modo per fuggire, vagava in libertà, anche se la sualibertà aveva dei limiti determinati, che lei non dimenticava mai. Ma era solo un'illusione,perché non ci volle molto prima che la sua tresca con il conte polacco dal volto di cherubinodiventasse di pubblico dominio a corte. La relazione fu tollerata principalmente perchél'atteggiamento politico di Poniatowski era ben accetto a Bestuªzev e a sua maestà imperiale.

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Capitolo XIV.Il granduca Pietro aveva infine trovato l'amore della sua vita. Stanco di sedurre cantanti, damedi corte di ogni risma e giovani servette innocenti, incontrò finalmente l'anima gemella -Elisaveta Voroncov, la più bizzarra e la più brutta delle dame di compagnia di Caterina - e ledonò il suo cuore.Fin da piccola, Elisaveta era stata una bambina straordinariamente poco carina. Arrivata a corteall'età di undici anni come damigella d'onore di Caterina, era un vero flagello per gli occhi.Zoppa, strabica e sgraziata, diventò una ragazza formosa e rubiconda che si sarebbe trovata piùa suo agio in una fattoria piuttosto che circondata dagli oggetti preziosi e dai saloni di marmodel palazzo imperiale. In una società in cui la pelle chiara era considerata un pregio, lacarnagione di Elisaveta era scura e ruvida; quando poi alcuni anni dopo si ammalò di vaiolo,sulla sua epidermide rimasero i segni della malattia e il suo volto venne deturpato dalle cicatricirosse che lo ricoprivano. Soltanto la sua nascita (era infatti nipote di Mihail Voroncov, alleatodei ªsuvalov e rivale di Bestuªzev nel consiglio imperiale) le impedì di essere cacciata da corte.Elisaveta non era soltanto brutta, ma anche goffa e maleducata; era insolente e parlava a vocecosì alta che tutti si allontanavano da lei e il suo comportamento creava imbarazzo durante ipranzi e le cene. Aveva imparato la boria e le bestemmie dei soldati e si scagliava controchiunque tentasse di correggerla o di frenarla. Diventò una donna sfrontata, volgare e sguaiata,che si lavava raramente e accompagnava le sue imprecazioni con frequenti sputi.Pietro vide in Elisaveta un carattere simile al suo. Come lui era viziata, indisciplinata, irascibile efisicamente poco attraente. Le piaceva bere e aveva i modi di una rozza cameriera. Riuscivapuntualmente a imbarazzare e irritare la gente, come lui. Pietro aveva sempre preferito lacompagnia di persone poco educate ai cortigiani dignitosi, ma infidi, dai modi impeccabili. Lodivertiva osservare come i modi della brutale Elisaveta contrastavano con quelli melliflui diCaterina e delle sue dame. In realtà, trovò in quell'impudente e aggressiva diciottenne il precisoopposto di tutto ciò che non gli piaceva della corte imperiale, oltre che l'amante perfetta con cuioffendere la moglie.Pietro aveva bisogno di distrarsi.Il suo incubo peggiore era diventato realtà: la Russia era entrata in guerra contro il suo idolo,Federico il Grande, e aveva appena riportato una significativa vittoria contro i prussiani a GrossJ„gerndorf. Il granduca si abbandonò allora al pianto, non soltanto per l'umiliazione subita daiprussiani ma anche perché era convinto che, se non fosse stato costretto ad andare in Russia,sarebbe diventato un generale dell'esercito di Federico, un eroe militare e un condottiero. Cercòinvano di ignorare la spiacevole possibilità che la Russia potesse vincere la guerra e sfogò lafrustrazione e la rabbia contro i soldati russi della Guardia, rimproverandoli e insultandoli,decantando Federico in loro presenza e ostentando un enorme anello con l'effigiedell'imperatore.In privato, Pietro cercava di compensare la sua impossibilità a partecipare alla guerra a fiancodella Prussia incrementando le sue manie militari. Le sue stanze, che prima erano stracolme disoldatini intenti a difendere fortezze in miniatura, adesso diventarono arsenali traboccanti dimoschetti, spade e pistole. Ogni estate, le truppe dell'Holstein scorrazzavano sempre piùnumerose a Oranienbaum, attirando orde di gentaglia di ogni tipo da San Pietroburgo che siaccampavano con loro e trasformando i terreni intorno al palazzo in un campo militarecompleto di taverne e bordelli.Organizzare i festini per questi ospiti chiassosi era uno dei passatempi prediletti da Pietro; conElisaveta Voroncov presiedeva a queste lunghe tavolate dove il vino scorreva liberamente e ildivertimento era offerto da cantanti e ballerini della compagnia dell'opera di Pietro.Quando i soldati dell'Holstein ritornavano a casa, in autunno, Pietro continuava a circondarsi dimilitari: faceva travestire i suoi servi e non si muoveva senza il seguito di due dozzine di soldatidell'Holstein, capeggiate dal disgustoso Brockdorff.Quest'ultimo e Caterina litigavano ininterrottamente. Secondo la granduchessa, che si tenevaalla larga dal marito e da tutti i suoi compagni di bassa lega ritirandosi nei suoi appartamentiquando la loro volgarità raggiungeva le punte consuete di chiasso e sregolatezza, Brockdorffattirava ogni tipo di avventurieri: tedeschi e abitanti di San Pietroburgo, uomini -che nonavevano religione, non obbedivano a nessuna legge, non facevano altro che bere, mangiare,fumare e dire grossolanità e sciocchezze .Privo dell'influenza moderatrice di Caterina, Pietro liberava la sua immaginazione eincominciava a raccontare di quando, appena adolescente a Kiel, era stato mandato dal padre a

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combattere contro degli zingari assassini e li aveva sconfitti dopo violenti combattimenti. Ungiorno che era di pessimo umore andò da Ivan ªsuvalov e lo pregò di convincere Elisabetta alasciarlo andare all'estero per un po' di tempo, fino al termine del penoso conflitto contro laPrussia. Elisabetta si oppose all'idea e Pietro ricominciò a bere più del solito, barcollando per ilpalazzo e lanciando con voce impastata oscure minacce in tedesco.

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gli ospiti volteggiarono, saltarono e piroettarono fino a molto oltre il canto del gallo.

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potuto essere il suo futuro.

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nessun altro poteva andare a trovarla per sapere come stava o per farle gli auguri. -Ero stata dinuovo abbandonata da tutti, isolata come un cane scrisse Caterina. -Come dopo il partoprecedente, soffrii molto di questo isolamento forzato. Ma questa volta aveva preso le sueprecauzioni per aggirare i divieti dell'imperatrice e aveva allestito la stanza in modo daconcedersi una maggiore libertà.

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che non poteva smettere di andare nervosamente avanti e indietro per la stanza, senza piùriuscire a mangiare né a dormire.

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nascita del figlio.

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Capitolo XV.La guerra contro la Prussia era entrata ormai nel suo terzo anno e le truppe russe, inizialmentemale equipaggiate e poco organizzate, si stavano dimostrando superiori ai soldati di Federico Ii.La capitale era invasa dalla soldatesca: le strade erano piene di militari, i soldati prosciugavanole botti delle taverne cantando, scherzando e facendo schiamazzi, mentre a corte si preferivaignorare il problema e discutere solo dell'esercito e dei suoi successi.Nonostante i frequenti problemi di salute, Elisabetta seguiva con ammirevole solerzial'andamento della guerra. L'imperatrice aveva dichiarato che nessuna spesa poteva essereconsiderata eccessiva e nessun sacrificio esoso quando si trattava del benessere di chicombatteva in nome della Russia. Se fosse stato necessario, sarebbe stata disposta a venderetutti i suoi vestiti e gioielli (e ne possedeva davvero molti, dato che negli anni successiviall'incendio del palazzo aveva rifornito abbondantemente il suo guardaroba) per finanziare laguerra.Ogni volta che le truppe russe vincevano una battaglia, Elisabetta ordinava che fossero coniatedelle medaglie per commemorarla e che venissero insigniti di queste decorazioni gli ufficialivittoriosi; questi ultimi esibivano orgogliosamente l'oro e l'argento che brillava sui loro petti,parlando delle loro imprese ed evitando, se possibile, ogni contatto con il granducafiloprussiano, che si faceva accompagnare dai soldati dell'Holstein ostentando l'anello recantel'effigie dell'imperatore prussiano.Dopo ogni battaglia, i cortigiani si riunivano per discutere su chi fosse stato l'ufficiale piùcoraggioso, chi dovesse essere promosso, chi fosse stato ferito o fosse morto durante ilcombattimento. Talvolta le perdite erano assai cospicue. Nella spaventosa battaglia di Zorndorf,per esempio, l'eccidio raggiunse proporzioni enormi: i morti furono più di diecimila, fra russi eprussiani.Quando la notizia giunse a San Pietroburgo, la disperazione fu grande: nelle settimane seguenti,i cortigiani si riunirono in piccoli gruppi per piangere i morti e i moribondi. Quasi tutti i membridel seguito imperiale avevano perso almeno un parente o un amico. Era difficile credere alladichiarazione dell'imperatrice secondo cui i russi avevano vinto la battaglia e bisognavafesteggiare la vittoria.In quel triste periodo di lutti si verificò, tuttavia, un episodio allegro. A corte trovavano una certaeco le notevoli imprese di Grigorij Orlov, un ufficiale di artiglieria del reggimento del generaleIzmajlov.Orlov, che era un gigante dotato di spalle larghe, gambe lunghe e muscolose e un toracepossente come una roccia (caratteristiche che facevano di lui un soldato formidabile), nellabattaglia di Zorndorf aveva mostrato un coraggio e una tempra davvero straordinari.Mentre gli uomini morivano intorno a lui, Orlov si era buttato a capofitto nella mischia, proprioin mezzo al fuoco prussiano. Vedendolo cadere, i suoi compagni gli gridarono di pensare asalvarsi, ma con stupore videro che si rialzava e tornava a gettarsi nella mischia. Fu ferito trevolte e per tre volte vinse il dolore e sfidò nuovamente la morte.Dovunque si radunasse un drappello di soldati, si udivano tessere le lodi di Orlov; lo stessoaccadeva nelle taverne della capitale, negli alloggiamenti delle guardie e perfino nei salotti delpalazzo. Ma le sue imprese straordinarie non erano confinate al campo di battaglia: si diceva cheosasse altrettanto sui tavoli da gioco, che fosse un audace cacciatore e che fosse sopravvissuto apiù di una zuffa in osteria. Le donne cadevano ai suoi piedi sedotte da quel corpo possente e dalvolto affascinante, e si sussurrava che a letto fosse un amante instancabile.Una donna in particolare non era riuscita a resistergli: si trattava di Elena Kurakin, la seducenteamante del suo colonnello, Petr ªsuvalov. Con un'audacia senza pari Orlov rapì Elena,rischiando, come minimo, che il suo potentissimo colonnello lo condannasse all'esecuzionecapitale.Ma così come aveva sempre scampato la morte, Orlov riuscì a cavarsela anche questa volta:prima che potesse vendicarsi di lui, infatti, ªsuvalov morì, lasciandolo libero di godersi la suarelazione e di aumentare così la sua fama di uomo senza paura e invincibile.Grigorij Orlov giunse a San Pietroburgo nella primavera del 1759, al seguito di un eminenteprussiano prigioniero di guerra, il conte Schwerin, ex aiutante di campo dell'imperatoreFederico. Il conte fu alloggiato in modo molto confortevole e fu spesso ospite a palazzo, dovetrascorreva il tempo in compagnia del granduca. Caterina ebbe quindi l'occasione di conoscereOrlov, le cui imprese di guerra le erano note - come a tutti nella capitale - da molto tempo primadel suo arrivo.

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La granduchessa rimase sconvolta da ciò che vide: Orlov non era soltanto l'uomo più coraggiosodi tutta la Russia, ma naturalmente era anche il più bello. Sovrastava gli altri ufficiali e avrebbepotuto battere in combattimento la maggior parte di loro: sembrava la reincarnazione di unantico guerriero. Nessun eroe romano, pensava Caterina, avrebbe potuto essere più degno diammirazione di questo ardimentoso ufficiale noto per l'intrepido coraggio e l'audacia in guerra,oltre che per la leggendaria virilità. Fu dunque affascinata da quell'uomo e gli dedicòun'attenzione speciale.Caterina si trovava in una posizione delicata. I suoi ex alleati politici, primo fra tutti l'excancelliere Bestuªzev, erano caduti in disgrazia ed erano stati esiliati. Lei stessa era sfuggita perun soffio all'arresto ed era rimasta a corte solo per volontà dell'imperatrice. Il suo amantePoniatowski era stato allontanato e Caterina sapeva che non sarebbe stato realistico sperare divederlo tornare. Aveva un estremo bisogno di sostenitori, ma reclutarli o incoraggiarlisignificava per lei esporsi a un rischio politico ancora più grave. Caterina era ancora una donnaattraente, ma non era più giovane; quando Orlov giunse a San Pietroburgo, la granduchessaaveva quasi trent'anni: dunque, secondo i canoni dell'epoca, aveva oltrepassato di molto ilperiodo più fulgido della sua bellezza.Jean-Louis Favier, un informatore francese che vide spesso Caterina in quel periodo, scrisse lesue impressioni su di lei, che si basavano su un'osservazione attenta e un giudizio acuto. Faviernon era un sostenitore di Caterina; al contrario, era un fermo oppositore della -giovane corte etendeva a sminuire le lodi esagerate che gli ammiratori tributavano alla granduchessa.Per quanto riguardava l'attrattiva di Caterina, Favier scrisse che -il meno che si possa dire di leiè che è ammaliante . Pur avendo una vita sottile, non era agile; camminava con una andaturamaestosa ma sgraziata, ostentando maniere superbe e talvolta affettate. Il suo seno non erapieno e il viso, lungo e affilato, presentava piccole macchie, un mento prominente e una boccasottile; il naso poi, sovrastato da -una piccolissima gobba , era troppo stretto perché si potessedefinire grazioso. Nemmeno gli occhi, -attenti e curiosi , erano particolarmente belli. Inconclusione, Favier sosteneva che Caterina -era più carina che brutta , ma non era certo di unabellezza eccezionale.Per quanto riguardava il carattere e le abitudini, Favier confutava la -lode infondata tributataledagli altri, ma notava che, dato l'isolamento forzato impostole da quando era in Russia, Caterinaaveva una notevole cultura; e la sua mente, anche se non era brillante, era comunque aperta.Aveva curato la sua istruzione in attesa del giorno in cui sarebbe diventata il consigliere piùimportante del marito. -La lettura e la riflessione erano forse gli unici mezzi per realizzarequesto scopo sosteneva Favier. E lei aveva fatto un punto d'orgoglio non soltanto della suaistruzione personale, ma anche del proprio impegno in una riflessione continua.Caterina amava certamente il pensiero speculativo: i problemi astratti e i quesiti filosofici eranolinfa vitale per il suo spirito curioso e vivace. Tuttavia, Favier aveva l'impressione che un simileapproccio intellettuale le facesse compiere un grave errore. -Invece di giungere a unaconoscenza teorica e pratica dell'amministrazione statale scriveva -si dedicava alla metafisica eallo studio dell'etica dei filosofi contemporanei. è probabile che Favier non sapesse che peralcuni anni Caterina aveva fatto un utile apprendistato nell'amministrazione, occupandosi deipossedimenti di Pietro nell'Holstein. Dalla lettura di Montesquieu, Voltaire e dell'Encyclopédiedi Diderot aveva acquisito idee riformatrici sull'istruzione degli analfabeti, che voleva indurre aragionare e a giudicare con criterio; pensava che sarebbe stata capace di governarli non comeerano stati abituati mediante la paura, la forza bruta e la violenza, bensì con la persuasione e ilrigore della legge, amministrata senza favoritismi.Caterina, secondo Favier, aveva elaborato -un codice di convinzioni politiche di grande valore,ma in realtà impraticabili . Non sarebbe stato solo impossibile ma anche pericoloso cercare diapplicare quei concetti molto elevati alla dura realtà che suo marito avrebbe dovuto affrontare -pur con il suo aiuto una volta salito al trono. I russi, dopotutto, erano un popolo barbaro,asseriva Favier, -un popolo rozzo, privo di idee e incline alla superstizione, incolto e abituatosolo a subire la schiavitù . L'inciviltà della Russia aveva radici antichissime: sarebbe stataun'idea folle cercare di inculcare nei russi nuove tradizioni.Anche se Favier disapprovava l'approccio intellettuale di Caterina, difendeva tuttavia il suotemperamento e si scagliava contro chi l'accusava, per via delle sue relazioni sentimentali, diessere una donna dominata dalle passioni e priva di integrità morale.-La sua tendenza alla civetteria è stata esagerata scrisse Favier. Era -una donna sensibile , conun legittimo desiderio d'amore; -cedeva soltanto all'inclinazione del cuore e, forse, al desiderio

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del tutto naturale di avere dei figli.

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elaborando la sua difesa con tutte le energie di cui disponeva. Continuava a sperare, contro ogniprobabilità, che l'imperatrice escludesse Pietro dalla successione e dichiarasse Paolo suo erede,con Caterina come reggente; ma nel frattempo tesseva nuove alleanze.

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guerriero venticinquenne celebre in tutto il mondo, che consumava la sua esuberanzacombattendo, gozzovigliando e facendo l'amore. Era ansioso di migliorare la sua posizione, manon era nobile di nascita, non aveva istruzione né importanti relazioni a corte: aveva bisogno diun'occasione per rendersi utile. Forse fu la passione ad accendere la sua ambizione, o forseamava Caterina come non aveva mai amato nessun'altra.

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Per uno strano capriccio del destino anche Petr ªsuvalov scivolò nel crepuscolo dei moribondi.Fu il suo cuore a cedere: egli giaceva pallido e immobile sulla coperta di seta, apparentementeprivo di sensi, sbattendo freneticamente le palpebre.Era la metà di dicembre. Una neve spessa cadeva dal cielo nero e il palazzo d'Inverno erailluminato dalla luce delle candele anche a mezzogiorno. Negli appartamenti imperiali i servitoriandavano e venivano silenziosamente, mentre venivano recitate preghiere per la salvezzadell'anima immortale di Elisabetta. Caterina era tra coloro che vegliavano al capezzaledell'imperatrice, osservando il faticoso respiro della donna e il progressivo indebolimento delsuo corpo inerme. Certamente in quei momenti riepilogò mentalmente le mosse essenziali chedoveva fare alla morte dell'imperatrice: mettere al sicuro il figlio, radunare intorno a sé GrigorijOrlov, i suoi amici e tutti gli uomini della Guardia che le avevano giurato di provvedere alla suasicurezza e che l'avrebbero protetta, se fosse stato il caso, dalla vendetta di Pietro.Essendo incinta, aveva deciso di limitarsi a questo, senza seguire i consigli di chi la incitava adapprofittare della morte dell'imperatrice per impadronirsi del trono.Cinque giorni prima di Natale, la principessa Daªskova incontrò in privato Caterina e la imploròdi guidare i suoi sostenitori in un colpo di stato. Caterina esitava.-Qualunque cosa accadrà disse alla principessa -la affronterò con coraggio.La Daªskova era impaziente. -Allora i vostri amici dovranno agire in nome vostro.-Vi prego di non rischiare per me insistette Caterina. -E poi, cosa si può fare?Caterina riuscì con difficoltà a persuadere i suoi sostenitori a desistere. Perfino mentre vegliavaaccanto al letto di morte di Elisabetta venne raggiunta dai messaggi di coloro che volevano chevenisse proclamata imperatrice. A tutte quelle sollecitazioni, ella dava suo malgrado rispostenegative. -Non portateci all'anarchia! era l'incalzante replica. Caterina pensava che la cosamigliore fosse quella di lasciare salire al potere Pietro.Forse dopo la nascita del figlio, quando sarebbe stata più forte e non più esposta all'accusa diadulterio e di tradimento della dinastia, avrebbe potuto fare altri progetti.Elisabetta dissolse le residue incertezze sulla successione convocando Pietro e Caterina al suofianco e dando al nipote una serie di istruzioni finali. Mentre Caterina rimaneva in silenzio, udìl'imperatrice che consigliava al marito di dimenticare gli antichi risentimenti e di incominciare ilnuovo regno in uno spirito di perdono.Con le lacrime agli occhi, Elisabetta pregò Pietro di occuparsi del piccolo Paolo e di mostrarsigentile con i servitori che presto avrebbe lasciato alle sue cure. Era certamente addolorata diaffidare tutto ciò che aveva contato nella sua vita - il trono, il potere, i suoi affetti - a quelbizzarro uomo che si trovava ai piedi del suo letto, rigido e quasi indifferente, che non sembravanemmeno rendersi conto della solennità della circostanza. Anche Caterina era addolorata nelvedere quella scena: la zia maestosa anche nel momento della morte; il nipote rachitico,impacciato, freddo, così poco adatto a diventare imperatore.Elisabetta non ebbe parole di congedo per Caterina. Era stata sempre invidiosa della nipote equesta invidia le si era ridestata anche nelle ultime ore di vita.Probabilmente sapeva, o almeno intuiva, che affidando il regno a Pietro, sarebbe stata in realtàCaterina a governare, direttamente o in sordina. è probabile che abbia deliberatamente umiliatola granduchessa per scoraggiare i complotti. I suoi deboli e stanchi occhi avevano notato sottol'abito di Caterina le accresciute dimensioni del suo ventre? In ogni caso, non disse niente. Laluce stava diminuendo e lei aveva fatto tutto ciò che era stato in suo potere.Arrivò l'alba chiara e fredda del giorno di Natale. Per tutta San Pietroburgo le campanesuonavano per celebrare la grande festa della chiesa. C'era anche un altro motivo per esultare:era arrivata la notizia che la sera prima l'esercito russo, sotto la guida del generale Buturlin,aveva conquistato le importanti fortezze di Schweidnitz e Kolberg. La guerra era quasi finita.Ma ogni manifestazione di gioia era bandita dal palazzo d'Inverno. Una folla di cortigiani si eraradunata fuori della camera da letto dell'imperatrice per avere notizie della sua salute. Esultantiper le novità della guerra, erano tuttavia in ansia per il nuovo regime che sarebbe presto iniziato.Ci sarebbe stato un colpo di stato? Pietro sarebbe stato in grado di assumere il potere? E, se cifosse riuscito, come avrebbe governato? Avrebbe ripudiato la moglie?Le ore passavano e dalla stanza dell'ammalata continuavano a non giungere notizie. I cortigiani,stanchi dell'attesa, osservavano le doppie porte intarsiate che conducevano negli appartamentiinterni. Finalmente, alle quattro del pomeriggio, i battenti si aprirono e venne fatto il temutoannuncio.-Sua maestà imperiale Elisaveta Petrovna si è addormentata nel Signore. Dio protegga il nostro

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sovrano, l'imperatore Pietro Iii!

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Capitolo XVI.Avvolta nel pesante abito nero e con il volto velato, Caterina si inginocchiò ai piedi della baradell'imperatrice nella cattedrale di Kazaªn. Le pietre dure e fredde del pavimento del tempiograffiavano le sue ginocchia e i suoi muscoli erano tesi e affaticati. Ciononostante, rimaseimmobile in quella posizione per ore e ore, con il capo chino, facendosi spesso il segno dellacroce e talvolta distendendosi a terra in preda a un evidente parossismo di dolore. Le avevanodetto che questo era il cerimoniale che la moglie del nuovo imperatore doveva osservare allalettera, e lei intendeva attenervisi fino in fondo.L'imperatrice era morta da quasi sei settimane: il suo corpo imbalsamato e rivestito di un abitodi pizzo con ricami d'argento emanava un fetore così intenso che Caterina avvertiva una nauseacrescente, e tuttavia non osava allontanarsi dal catafalco di marmo per non apparireirrispettosa.Fortunatamente, l'acre odore dell'incenso mascherava il fetore della morte; il fumo dei turiboliche oscillavano riempiva la cattedrale, dal momento che decine di preti addobbati conparamenti d'oro attorniavano la bara, recitando le preghiere per i defunti.A centinaia sfilavano nel frattempo gli astanti: ufficiali, ambasciatori di corti estere, preti,monaci, il popolo di San Pietroburgo. Tutti notarono quella figura vestita di nero inginocchiata,e molti ne apprezzarono la devozione. Caterina era fedelmente rimasta al suo posto accanto alcorpo dell'imperatrice, incurante del gelo e della fatica. Non si poteva dire la stessa cosa delmarito, Pietro Iii, che si faceva raramente vedere nella cattedrale e quando entrava non era maiper trattenersi a lungo. Pietro, come tutti avevano notato, non si inginocchiava a pregare né siinchinava rispettoso dinanzi alla defunta zia che l'aveva fatto diventare imperatore, e in generalesi comportava come uno scolaretto: insultava i preti, metteva tutti a disagio ridendo escherzando a voce alta e non perdeva l'abitudine di amoreggiare con le dame del suo seguito.Il neoimperatore era veramente stordito dalla gioia. Finalmente, dopo vent'anni di costrizioni, diumiliazioni e di vera e propria prigionia, era padrone di sé: adesso non doveva rispondere più anessuno del suo comportamento, non doveva sottostare ad alcuna legge e poteva imporre luistesso le regole. Per la prima volta nella sua vita di adulto non doveva più vivere all'ombradell'imperatrice, non doveva più temerne i capricci e le punizioni ed era libero dallapreoccupazione di venire escluso dalla successione al trono. Quel lungo incubo di sottomissioneera finito; adesso poteva fare tutto quello che voleva.Dopo sei settimane di cerimonie e di preghiere, Pietro era impaziente. Non gli importava nulladi quel corpo che si decomponeva nel catafalco di marmo e gli sarebbe davvero piaciuto ordinaredi portarlo via e buttarlo in un fosso. Si rifiutava di vestirsi di nero, non gli piaceva vedere glialtri che portavano il lutto ed era irritato dalla presenza di sua moglie vicino al catafalco della ziadefunta. Pietro ordinò al ciambellano di organizzare imponenti festeggiamenti a palazzo percelebrare la successione. Vennero invitati centinaia di ospiti ai quali fu ordinato di smettere illutto, di indossare abiti e mantelli dai colori accesi e di sfoggiare i gioielli.Pietro presiedette alla cerimonia vestito con la sua uniforme favorita, quella di generaleprussiano, offendendo così tutti gli ufficiali russi presenti e le numerose famiglie che avevanoperso in guerra figli, fratelli, mariti e padri.Tuttavia, come ricordò l'erede al trono ai suoi ospiti, la guerra era finita. L'imperatore Federiconon era più un nemico, perciò si poteva e si doveva brindare in suo onore. Il primo atto ufficialedel nuovo imperatore fu quello di inviare, la sera stessa della sua ascesa al trono, dei velocimessaggeri ai generali russi in battaglia ordinando di non avanzare ulteriormente in territorioprussiano e di cessare tutte le ostilità. Le iniziative di pace con i prussiani erano bene accette e iprigionieri venivano invitati ai banchetti, coperti di regali e rilasciati.Ma non era finita. Il nuovo imperatore annunciò che tutto l'esercito russo sarebbe statoriformato. Fu nominato un nuovo comandante, Giorgio di Holstein-Gottorp, zio di Pietro eCaterina (e antico corteggiatore della ragazza), che non aveva esperienza militare ma dal quale cisi poteva aspettare l'applicazione della disciplina tedesca. I membri della guardia del corpodovevano essere sostituiti con soldati dell'Holstein e le uniformi verdi dei fanti russi sarebberostate cambiate con le corte tuniche blu dei prussiani. I soldati avrebbero dovuto imparare nuoveesercitazioni, nuove formazioni, nuovi comandi tutti mutuati dall'esercito prussiano. Anche gliufficiali avrebbero dovuto mettere da parte il loro orgoglio ed essere istruiti in modo nuovo,secondo le regole dei loro ex nemici.I soldati, e in particolare le guardie di San Pietroburgo che avevano circondato il palazzo negliultimi giorni di vita dell'imperatrice per assicurare l'incontestata successione di Pietro,

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incominciarono a rimpiangere il ruolo di guardie del corpo. Avevano sentito dire che in privato lichiamava -giannizzeri e dubitava del loro coraggio. Intuivano che l'intenzione dell'imperatoreera di fiaccare il loro entusiasmo e trasformarli in marionette, e per di più in marionettetedesche. Tutti gli anni di sofferenze, di coraggio e di resistenza, ogni metro di territorioprussiano conquistato a prezzi altissimi, dovevano essere sacrificati al capriccio del nuovoimperatore.

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ospiti prostrati dalla stanchezza e segnati da profonde occhiaie, l'imperatore e l'amante poserofine al loro litigio e si riconciliarono.

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dare prima di avere partorito ed essersi ristabilita. Nel frattempo, doveva continuare asopportare quotidianamente l'oltraggio e il disprezzo di Pietro e le arroganti ingiurie di ElisavetaVoroncov, cercando di abituarsi a essere ignorata e disonorata.

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Dall'epoca in cui si erano frequentati, Caterina era maturata.Adesso era una donna che aveva imparato a cavarsela e possedeva una notevole scaltrezzapolitica; era affaticata dal suo ruolo, ma aveva il fascino della maturità. L'aspetto di Saltykov,invece, era molto cambiato: la sua pelle era solcata da rughe, i capelli neri si erano fatti sottili epiù radi; era un untuoso e attempato libertino. Dai racconti che le giungevano dalle cortistraniere in cui si era recato, Caterina aveva saputo che Saltykov aveva continuato a fare ilseduttore. Senza dubbio aveva cessato da tempo di pensare a lui; ma, data la sua sensibilitàromantica, è probabile che vedendolo abbia risentito una fitta dell'antica sofferenza. In fondoSaltykov aveva approfittato di lei, l'aveva sfruttata e ingannata. Adesso era in grado didanneggiarla enormemente, ma soltanto esponendosi a sua volta a un rischio terribile. -Si èsempre spinti ad agire dai propri interessi ripeteva spesso Caterina citando Machiavelli. E inquel momento sperava più che mai che prevalesse l'interesse personale.Non ci è pervenuta nessuna testimonianza dell'incontro tra Caterina e Saltykov. L'imperatricescrisse nelle sue memorie che, quando lo vide per la prima volta, Saltykov era -un uomo moltoorgoglioso e diffidente . Ci si può chiedere se l'orgoglio continuasse a sostenerlo, dato che nel1762 era ormai caduto in disgrazia e disilluso. L'imprudenza commessa con Caterina avevasegnato irrimediabilmente il suo destino: non sarebbe mai stato altro che un diplomatico discarsa importanza, esiliato dalla madrepatria; un cosmopolita peripatetico condannato a vagaredi corte in corte e di letto in letto. Anche se fosse riuscito a sottrarsi alla rabbia violenta diPietro, doveva aspettarsi di soffrire.Consapevole di tutto questo e vedendo ciò che il tempo aveva fatto all'uomo al quale si eraconcessa un giorno con gioioso abbandono, all'uomo cui aveva donato la sua verginità, Caterinasi era probabilmente preparata per trascorrere quell'ora con Saltykov: e probabilmente fu un'oradi reciproca cortesia e di superficiale allegria, senza alcun accenno a quel biondo bambino dagliocchi castani che sarebbe rimasto per sempre a testimoniare il loro legame.Ma nuovi avvenimenti stavano per travolgere il regime appena inaugurato. Nelle baracche deisoldati i mormorii di scontento erano aumentati fino a diventare veri strepiti di protesta. Nutritadalle continue arringhe degli Orlov, che eccitavano gli uomini tessendo le lodi di Caterina edenigrando Pietro in ogni occasione e distribuivano denaro e vino a nome dell'imperatrice,l'insoddisfazione stava degenerando in aperta ribellione.Le riforme militari di Pietro venivano considerate punitive e il suo trattato di pace con la Prussia(che si diceva fosse stato stilato direttamente da un inviato di Federico Ii) suonava come unintollerabile affronto. Gli uomini odiavano il loro nuovo comandante tedesco e detestavano ilfatto di dovere indossare le uniformi prussiane di colore blu. La paga, poi, arrivava con troppalentezza, e intanto si parlava di una nuova campagna contro la Danimarca, non per difendere lasovranità russa ma per proteggere l'integrità dei territori dell'imperatore nell'Holstein.In effetti i preparativi per la nuova campagna si stavano intensificando, poiché la temperaturastava diventando più mite e il ghiaccio dei fiumi, fino a poco prima assai spesso, iniziava asciogliersi e i lastroni cominciavano lentamente a scendere verso il mare. Armi, provviste inquantità e approvvigionamenti di ogni tipo venivano trasportati sui carri nelle baracche di SanPietroburgo e immagazzinati nei depositi. Si diceva che Pietro avesse intenzione di guidarel'esercito russo appena la bella stagione fosse arrivata e gli equipaggiamenti necessari fosserostati consegnati. Doveva essere il suo momento di gloria, l'opportunità che la defuntaimperatrice gli aveva per tanto tempo negato: misurarsi sul campo di battaglia. E avrebbecombattuto al fianco dei prussiani, come aveva sempre sognato di fare.Alcuni reparti russi, si diceva, si stavano già trasferendo al comando prussiano.Mentre si preparavano a seguire un comandante che odiavano in un'avventura militare che nonsentivano loro, gli uomini incominciavano a parlare apertamente di come sarebbe stato megliose sul trono ci fosse stata la moglie dell'imperatore: una donna che mostrava di conoscere ecapire il paese adottivo, invece di disprezzarlo. Alcuni rimasero fedeli all'uomo che vedevanocome il legittimo sovrano, per quanto spregevole apparisse loro; ma molti altri speravano in uncambiamento e si impegnavano, in segreto, a realizzarlo.A questo diffuso malcontento tra i soldati si aggiunse la condanna del clero che si abbattésull'imperatore quando questi decise di riempire le casse esaurite dello stato confiscando le terredella chiesa.Durante il regno di Elisabetta, era stata ipotizzata la confisca da parte dello stato di vasteproprietà terriere appartenenti a conventi religiosi, ma poi l'imperatrice non aveva fatto alcunpasso per realizzarla. Adesso Pietro decise di rendere operativo il disegno di legge, non senza un

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certo spirito di vendetta. D'altra parte, non si era mai curato di nascondere il suo disprezzo perla chiesa russa, con la sua lunga e astrusa liturgia, la sua ridondante musica vocale e la suapletora di santi custoditi nelle icone tempestate di gioielli. In realtà, Pietro era disgustato daogni tipo di pratica religiosa. Un giorno, Caterina aveva detto di lui: -Non ho mai conosciuto unateo più ateo di lui, sebbene avesse spesso paura del diavolo e di Dio, e molto spesso mostrassedisprezzo per entrambi .

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dal favore di Pietro. Era stato spesso ospite ai ricchi banchetti che si tenevano nel palazzod'Inverno, spettatore e attore delle dissolutezze che vi venivano consumate. Ma poi,improvvisamente, alla fine di maggio era caduto in disgrazia. Per uno stupido capriccio, Pietroaveva litigato con Korff con il risultato che il barone aveva cessato di essere un ospite benvolutoa corte.

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-Abbiamo brindato alla salute della famiglia imperiale, e io faccio parte di questa famiglia conl'imperatore e nostro figlio. Come posso alzarmi e brindare a me stessa?Adirato dalla calma di Caterina e dal suo sofisma, Pietro prese a inveire contro di lei: -Stupida!Stupida! . La sua voce riecheggiava nell'enorme stanza. I commensali, spaventati dal tono asproe minaccioso dell'imperatore, erano paralizzati e non osavano neppure battere un ciglio.Ma Caterina, sebbene fosse consapevole del pericolo a cui si stava esponendo con il suocomportamento irriverente, restò seduta. Quella sera aveva preso serenamenete una decisione:non sarebbe più stata a guardare la patetica figura del marito al potere, non avrebbe aspettatoche egli compisse la sua vendetta contro di lei. Avrebbe lasciato mano libera a coloro cheinsistevano per agire in suo nome. Con il loro aiuto, e fidando nell'invisibile mano che guidavatutte le cose, avrebbe conquistato il trono.

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Capitolo XVII.L'aria proveniente dal Baltico era pesante, umida e calda anche se si era solo in giugno.All'orizzonte stava sorgendo un sole pallido, mentre la luce crepuscolare della notte lasciavaspazio a un'alba anemica. La carrozza traballante proveniente dalla capitale viaggiava a granvelocità verso Peterhof, sbandando sulla strada accidentata e piena di buche, ma non rallentavaneanche quando i cavalli incespicavano e la fragile struttura di legno tremava come se fosse sulpunto di cedere. All'interno viaggiavano Aleksej Orlov e il suo luogotenente Vasilij Bibikov,travestito da valletto. Stavano correndo da Caterina per portarle un messaggio estremamenteurgente: era stato arrestato uno dei suoi sostenitori più fidati, coinvolto nel complotto percondurla sul trono. Gli altri avevano deciso che era arrivato il momento di agire, temendo cheegli potesse, sotto tortura, rivelare il loro piano.Era il 28 giugno; due giorni dopo Pietro avrebbe dovuto partire alla guida dell'esercito nellacampagna di Danimarca. Da settimane Caterina e i suoi alleati si stavano preparando a prendereil potere, incontrandosi in casa della principessa Daªskova, coinvolgendo nella congiura unnumero sempre maggiore di ufficiali della Guardia, oltre a migliaia di soldati che si eranoimpegnati ad accorrere in difesa di Caterina in qualunque momento. Grigorij Orlov avevaassunto il comando dell'operazione e con la sua inesauribile energia e il suo prestigio si eracompletamente dedicato all'opera di persuasione. Con i fratelli si adoperava per prevenire irischi militari - sorvegliare le strade, assicurarsi la fedeltà dei corpi di artiglieria, eliminareeventuali sacche di resistenza mentre Panin, il principale consigliere di Caterina, si occupavadelle questioni politiche e si era assunto la responsabilità della sicurezza dell'erede al trono,Paolo.Si diceva, infatti, che il padre putativo volesse liberarsi anche di lui, oltre che della moglie.Panin e Caterina avevano redatto un manifesto da diffondere il giorno in cui l'imperatriceavrebbe preso il potere. Un funzionario si stava occupando di stamparlo, in gran segreto e arischio della sua vita.La carrozza si fermò con fragore fuori della villetta chiamata Mon Plaisir dove viveva Caterina e iservi, già alzati, condussero l'imponente Aleksej Orlov nella sua stanza.Egli svegliò con dolcezza la donna che giaceva a letto addormentata.-è ora di alzarsi Caterina ricordò in seguito queste parole, pronunciate con un tono checomunicava una notevole serenità. -Tutto è pronto per il vostro insediamento.Il piano dei cospiratori prevedeva che, in caso di tradimento, le guardie si sarebbero radunateimmediatamente e Caterina sarebbe stata proclamata imperatrice dovunque fosse e qualunquecosa stesse facendo Pietro in quel momento. L'imperatore si trovava a Oranienbaum, a pochichilometri di distanza, con i suoi millecinquecento soldati dell'Holstein. Ma Pietro eracertamente ancora a letto nel consueto sonno che seguiva ogni sua ubriacatura: se Caterina sifosse affrettata verso la capitale e la fortuna l'avesse assistita, aveva buone probabilità diraggiungere la città prima che il marito potesse ordinare di arrestarla.Mentre le sue dame la vestivano rapidamente con un semplicissimo abito nero (portava ancorail lutto per la morte dell'imperatrice), Orlov le riferì dell'arresto del luogotenente Passek, che lespie dell'imperatore avevano udito pronunciare discorsi sediziosi. Caterina capì subito che eranecessario affrettarsi e quindi si affrettò sulla carrozza che li attendeva e che partì velocementealla volta di San Pietroburgo.Durante l'ora e mezzo di tensione che seguì, mentre la carrozza barcollava e sobbalzava sullastrada dissestata e i vetturini spronavano i cavalli a rotta di collo, Caterina si svegliò e fece delsuo meglio per raccogliere le idee. Era finalmente giunto il momento di mettere alla prova la suadeterminazione. Colei che aveva tanto decantato all'ambasciatore francese il proprio coraggio eaveva confessato a Charles Hanbury Williams l'enormità della sua ambizione, stava perdimostrare al mondo che le sue vanterie non erano parole gettate al vento.Forse Caterina riandò con il pensiero a Hanbury Williams, il primo che aveva creduto in lei e chel'aveva incoraggiata e che, purtroppo, non era sopravvissuto a lungo al termine del suosoggiorno in Russia. Spesso aveva parlato al suo amico inglese della certezza che la sosteneva:c'era una forza superiore che l'aveva protetta e che avrebbe continuato a farlo fino a quando nonsi fosse compiuto il suo destino. E probabilmente recitò in silenzio una o due preghiere quandofu in vista dei sobborghi di San Pietroburgo e si concentrò su problemi più impellenti.Il progetto originale prevedeva di scegliere il momento opportuno per arrestare Pietro nella suacamera a palazzo; le guardie lo avrebbero poi rinchiuso e, confidando nella loro superioritànumerica, avrebbero dovuto intimidire il servizio di sorveglianza del palazzo. Adesso i

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cospiratori avrebbero dovuto improvvisare. Con l'aiuto delle guardie, dovevano garantire lasicurezza della città, isolare Pietro a Oranienbaum e, se necessario, assediare la tenuta. Con ognimezzo si doveva impedire che l'imperatore e tutti coloro che avevano interesse a mantenerlo sultrono si mettessero in contatto con governi stranieri e fuggissero all'estero nel tentativo disalvarsi.

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raddoppiò quando il comandante del reggimento, Kirill Razumovskij, appoggiò larivendicazione del trono da parte di Caterina e il prete del reggimento, padre Aleksej, feceprestare il giuramento di fedeltà a tutti gli uomini riuniti.

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bimbo di sette anni fu benedetto come erede designato di Caterina.

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consiglieri impartiva ordini, stilava istruzioni, sceglieva i messaggi e ideava una strategia.

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giorni dopo per la Danimarca, dove sperava di mostrare il suo coraggio come comandante ditruppe e di conquistare la gloria militare.

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protestava dicendo che non sarebbe salito sulla galera per Kronªstadt finché non vi fossero statistivati una gran quantità di liquori e tutto il necessario per la cucina. Ci volle almeno un'oraprima che i servi finissero di caricare le bottiglie, i barili, le pentole, le padelle e il seguito dicinquanta persone sulla galera, e le rimanenti vettovaglie su una piccola barca. Finalmente, pocoprima di mezzanotte, le imbarcazioni salparono.

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Capitolo XVIII.La mattina seguente, il 29 giugno, Pietro si arrese a Oranienbaum ad Aleksej Orlov e ai suoiussari. Poco dopo firmò un documento redatto frettolosamente in cui dichiarava di abdicare altrono, consegnò la sua spada e, ormai disperato, si tolse l'amata uniforme e la consegnò ai suoinemici.Non era più l'imperatore di tutte le Russie. Era soltanto Pietro, consorte dell'imperatriceCaterina: un prigioniero senza speranza alla mercé della moglie che aveva a lungo perseguitato eche aveva ottime ragioni per volersi vendicare di lui.Pietro scrisse a Caterina una lettera patetica, ammettendo di averla trattata male e pregandola diperdonarlo: tutto quello che chiedeva era di avere il permesso di lasciare la Russia e rifugiarsinell'Holstein con l'amante e una scorta. Panin, che osservava il triste spettacolo della disgraziadell'ex imperatore, era estremamente mortificato nel vedere Pietro che afferrava la sua mano ecercava di baciarla, implorando pietà.Elisaveta Voroncov, terrorizzata dalla nuova imperatrice, cadde ai suoi piedi e implorò Panin dinon separarla dal suo disonorato signore. Ma gli ordini della zarina erano chiari: ElisavetaVoroncov doveva essere rispedita a casa del padre, mentre Pietro doveva essere scortato da unnutrito drappello di uomini alla residenza di Ropªsa, dove sarebbe stato tenuto sotto strettasorveglianza da Aleksej Orlov mentre veniva approntato il suo appartamento a Schl�sselburg,dove languiva ancora lo sventurato Ivan Vi.Sebbene non si fosse manifestata alcuna resistenza al passaggio dei poteri, Caterina e i suoiconsiglieri non potevano essere certi che Pietro non diventasse lo strumento di un ulteriorecolpo di stato. Un uomo così debole poteva rappresentare un pericolo, poteva diventare ilportavoce del malcontento e dato che San Pietroburgo era ancora sconvolta dagli eventi, erameglio che l'ex imperatore venisse trasferito molto lontano, fuori della vista di tutti.Per giorni e giorni dopo gli elettrizzanti avvenimenti del 28 giugno, nella capitale regnò unaeccitata confusione. Il lavoro e il commercio erano fermi e i disordini provocati dagli ubriachierano giunti a un punto tale che le osterie dovettero essere chiuse per ordine dell'imperatrice. Leparate dei soldati, gli incessanti scampanii e le folle di ribelli ubriachi provocavano un caoscostante, che rendeva impossibile la ripresa della vita normale. La gioia si mescolava all'ansia.Sebbene vi fossero truppe armate appostate in ogni strada e in ogni piazza, nessuno si sentiva alsicuro: né la popolazione né i soldati. Periodicamente giungevano, infatti, voci di atti dirappresaglia da parte dei prussiani e chiunque indossava un'uniforme prussiana doveva temereper la propria vita. A notte fonda, nelle baracche del reggimento Izmajlovskij scoppiò unpandemonio: i soldati erano in delirio perché era circolata voce che un esercito prussiano ditrentamila uomini stesse marciando verso la capitale per destituire Caterina. L'agitazione ebbetermine solo quando la zarina in persona si presentò in caserma per sedare il terrore dei soldati.Ma il 6 giugno arrivò da Ropªsa la notizia che Pietro era morto, vittima di un improvviso eviolento litigio con una delle sue guardie, il principe Fedor Barjatinskij. Fu una doccia fredda perl'inizio del regno di Caterina, e un episodio che avrebbe tormentato il resto della sua vita.Secondo la versione di Aleksej Orlov, che inviò a Caterina una lettera da Ropªsa, la -disgraziaera stata improvvisa e inevitabile. Era scoppiato un litigio e i due avevano lottato fra loro: -Nonsiamo riusciti a separarli e alla fine Pietro era morto . Molto probabilmente la verità erapeggiore: Orlov o uno dei suoi uomini aveva strangolato Pietro, certo di rendere in quel modo unservigio alla zarina.Quando o da chi partì il suggerimento di assassinare l'ex imperatore, è circostanza che non potràmai essere appurata con certezza. Sicuramente Caterina traeva vantaggio da questo crimine,perpetrato alla presenza del suo principale alleato Aleksej Orlov e di numerosi altri. Imputare lamorte di Pietro esclusivamente all'eccessivo zelo di Orlov, del resto, significherebbesottovalutare l'inflessibilità delle decisioni di Caterina, la sua acutezza politica e la suaintelligenza. In fondo, si era appena impadronita del potere e non era né troppo tenera nétroppo moralista per rifuggire da ciò che doveva essere fatto, per quanto disgustoso potesseessere, per salvaguardare la sua precaria autorità. Ciononostante, potrebbe davvero non avereimpartito l'ordine diretto di uccidere il marito, né avere lasciato intendere che la sua morte lesarebbe stata gradita. I suoi detrattori sottolinearono, però, il fatto che non punì mai nessunoper quel delitto.Quando seppe di quell'azione scellerata, Caterina non si scompose, ma il giorno seguente diedelibero sfogo alle lacrime e singhiozzò a lungo sulle spalle della principessa Daªskova. Due eranole cose che la preoccupavano maggiormente: la reazione del popolo alla morte di Pietro e quella

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di Panin, il consigliere fidato. Temeva, infatti, che Panin rimanesse così inorridito dallamalvagità del delitto da desiderare dissociarsi dal governo di Caterina. Panin, dopotutto,avrebbe preferito che si insediasse una reggenza al posto del governo di Pietro, e non Caterinacome imperatrice. è probabile che considerasse la morte di Pietro non solo un delitto, ma ancheun colossale errore politico, una prova che Caterina era inadatta a governare.

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cercando le armi e uscirono nel cortile della caserma, urlando e chiamandosi a vicenda.

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piena di buonsenso, e Panin aveva le idee chiare su come doveva guidare l'impero.

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Al momento del suo insediamento il modello a cui si ispirava era Pietro il Grande, di cui sisforzava di emulare l'inesauribile energia, la straordinaria ambizione e le notevoli competenzeamministrative. I successori di Pietro il Grande erano stati indegni di lui, ma Caterina non losarebbe stata. Portava sempre con sé una tabacchiera su cui campeggiava il suo ritratto. Lericordava, come diceva ai suoi consiglieri, di chiedersi -in ogni momento cosa avrebbe deciso lui,cosa avrebbe proibito, che cosa avrebbe fatto se si fosse trovato al suo posto .L'imperatrice sentiva il fantasma del suo illustre predecessore aleggiarle dietro le spalle,soppesare le sue azioni e chiederle conto di ciò che faceva. Era stato lui a introdurre la Russianella sfera d'influenza europea, rinvigorendola con il suo dinamismo e introducendo nuovecorrenti di pensiero, una politica aggressiva e dinamica e la forza di effettuare i cambiamenti.Aveva lanciato una sfida a tutto ciò che era statico, passivo e inamovibile nella cultura russa,rivoluzionando i vecchi metodi con la vitalità dei suoi lungimiranti progetti. Avrebbe sperato divedere continuare la sua opera, che invece si era virtualmente fermata durante i regni dei suoitre successori, tanto più incapaci di lui.E Caterina voleva fare di più. Se Pietro il Grande si era preoccupato di importare la genialitàmilitare e l'esperienza tecnologica dall'Europa occidentale, lei avrebbe introdotto in Russia lecorrenti più innovative del pensiero europeo. Avrebbe importato un tesoro di inestimabilevalore comprendente nuove idee, coraggiose affermazioni sulla libertà umana e sulla necessitàdi emanciparsi dall'inutile zavorra della tradizione.Avrebbe illustrato agli intellettuali russi (invero un gruppo assai esiguo che avrebbe dovutoincrementarsi con l'ampliamento dell'istruzione) il concetto di -governo costituzionale e dilibero pensiero religioso, non più ostacolato da dogmi imperanti da secoli e superstiziosetradizioni popolari, e indicato loro la strada per raggiungere un approccio nuovo e creativo allaconoscenza. Avrebbe insegnato alla Russia a giocare con le idee, a contrapporle le une alle altre,giudicandole non conformemente ai canoni dell'epoca o ai precetti dell'autorità costituita masecondo il loro valore assoluto, determinato dal pensiero -illuminato e istruito. Nei limiti delpossibile, avrebbe reso i membri dell'intellighenzia uguali a lei e avrebbe continuato a modellareil suo pensiero su quello di Voltaire.L'anno in cui Caterina diventò imperatrice, Voltaire, il -principe europeo delle lettere , avevasessantotto anni. Le sue opere si articolavano in dozzine di volumi e comprendevano racconti,commedie e saggi. Tutte le persone istruite della cristianità conoscevano il suo inuguagliabileimpegno nel combattere ignoranza, pregiudizio, disuguaglianza e oppressione; per decenniaveva intrapreso una lotta solitaria contro l'intolleranza e la tirannia clericale in favore dellalibera espressione, avendo come unica arma la sua penna e l'acuta, tagliente, inesorabile esconvolgente critica che con quella esercitava.Dalla sua tenuta di Ferney, sul confine svizzero, Voltaire dominava l'Europa letteraria. Centinaiadi suoi ammiratori intrapresero il pellegrinaggio per incontrarlo personalmente (e alcunirimasero delusi, spaventati dal constatare che il loro mito era un nobile vecchio vestito in modosciatto, spettinato, irascibile ed eccentrico), migliaia gli scrissero inserendosi nella sua vasta retedi corrispondenti. Le lettere che Voltaire inviava loro in risposta erano molto più di messaggipersonali; venivano conservate come reliquie, passavano orgogliosamente di mano in mano evenivano lette ad alta voce a chi non sapeva leggere. Alcune furono anche pubblicate. Voltairediffondeva informazioni e opinioni su ogni questione significativa e le sue idee condizionavanotanto le persone influenti quanto il popolo. Le sue convinzioni erano, dunque, molto influenti.Perciò, quando Caterina entrò in corrispondenza con il patriarca di Ferney, aveva in mente direalizzare molti obiettivi, oltre a quello ovvio di instaurare un rapporto con colui che chiamava -maestro . Sapeva che, se il filosofo si fosse fatto una buona opinione di lei, ne sarebbe risultatauna notorietà positiva che poteva sconfessare la pessima reputazione che si era fatta in seguitoalla morte del marito. Sperava che, attirando l'attenzione del filosofo sugli sforzi che lei stavacompiendo per apportare positivi cambiamenti in Russia, avrebbe potuto dare al suo lavoro unaeco maggiore, conquistandosi la stima internazionale.Le sue prime lettere a Voltaire (che firmava con il nome del segretario Pictet, anche se non eraun segreto per nessuno chi ne fosse la vera autrice) suscitarono soltanto una tiepida risposta, maCaterina insistette e presto riuscì a instaurare con il -maestro un ottimo rapporto epistolare. Lopregò di mandarle i suoi scritti più recenti e lo informò che alcune sue commedie venivanorappresentate a corte. Si complimentò con lui per avere -combattuto i peggiori nemicidell'umanità: la superstizione, il fanatismo, l'ignoranza, il complotto, il cattivo giudizio e l'abusodi potere . Salutò in lui l'uomo che aveva abbattuto gli ostacoli sulla strada del progresso,

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indicando agli altri il cammino.

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Capitolo XIX.Mosca, la splendida città di pietra bianca, si ergeva coperta di brina sull'alto del colle,sovrastando i boschi che la circondavano. Città di cinquecento chiese e cinquemila palazzidorati; città di guglie, cupole e croci dai mille colori, unite tra loro da catene di metallo placcatod'oro. Città dai tetti sfavillanti di tegole rosse e verdi, smaltata di blu e di argento, disseminata distelle d'oro, una scacchiera di piazze bianche e nere. Città merlata, circondata da sei monasterisimili a fortezze, dominata dalla maestà del Cremlino che svettava sull'alta collina.Città dalle mille campane. Dai milleseicento campanili rimbombavano i rintocchi impazziti didecine di enormi campane di metallo; dalle loro immense gole usciva uno scampanio incessanteche faceva tremare la terra, sovrastava ogni conversazione e costringeva gli stranieri giunti incittà a ripararsi le orecchie, pregando che quel fragore cessasse.Suonavano durante le festività, senza tregua, tutto il giorno e tutta la notte: per richiamare ifedeli alle funzioni religiose, per segnalare incendi o altre emergenze, per annunciare l'inizio e lafine dell'orario di lavoro, i funerali o le feste dei santi, o semplicemente in segno di gioia.Quando la popolazione avvertiva la minaccia di una malattia, l'arrivo del cattivo tempo ol'incombere di un pericolo, i rintocchi esplodevano all'unisono e il loro rimbombo cacofonico eracontemporaneamente una supplica al cielo e un rituale per scacciare i demoni della cattiva sorte.Le campane erano magiche, e Mosca possedeva più magia di ogni altra città della cristianità.Tutti coloro che visitavano la grande città rimanevano assordati dalle campane e incantati dalsuo splendore. I contadini che portavano le loro merci al mercato si facevano il segno della crocequando incominciavano a scorgerne in lontananza la periferia e la salutavano chiamandola -madre Mosca .I viaggiatori che giungevano in città per la prima volta dall'Europa facevano fermare le carrozzesulla sommità del monte dei Passeri per poter ammirare la sua disordinata distesa di case dilegno, circondata dalla luminosa aureola delle sue bianche chiese.Secondo i suoi abitanti, Mosca era la città di Dio, la più sacra di tutta la cristianità. Era la cittàeterna, si diceva, perché era la -terza Roma e un'antica profezia diceva che la -terza Roma eradestinata a esistere per sempre. La -prima Roma era stata corrotta dall'eresia e conquistata daibarbari nella tarda antichità. La sua eredità era passata a Bisanzio, che era diventata la -secondaRoma . Ma nel 1453 la nuova Costantinopoli era caduta in mano ai turchi e da allora l'onore el'onere di sostenere la verità cristiana era passato a Mosca.Per trecento anni, la -terza Roma aveva brillato come faro di fede, governata dal successore deiCesari, il divino imperatore. Adesso Caterina Ii sarebbe giunta nella città santa per essereconsacrata da Dio come sua rappresentante sulla terra.Ma Caterina odiava Mosca. Il suo disprezzo per quella città, seconda per importanza in Russia,era aumentato durante il regno di Elisabetta fino ad assumere le proporzioni di un'avversionesmisurata. -Mosca è la patria dell'indolenza scriveva Caterina nelle sue memorie -anche a causadella sua vastità. Si spreca una giornata intera per cercare di andare a trovare qualcuno o perconsegnargli un messaggio. I nobili che vi risiedono la esaltano in modo eccessivo, e non c'è dameravigliarsene: vivono, infatti, nella pigrizia e nel lusso e diventano effeminati. Non si possonochiamare "case" i luoghi dove abitano: sono autentiche tenute.Proprio questa loro vita su larga scala faceva sembrare piccolo ogni obiettivo, favorendo cosìl'apatia e l'inattività; una specie di sonnolento torpore circondava la vita di Mosca.Per Caterina, donna sempre attiva e infaticabile che non riusciva a tollerare di passare un giornosenza realizzare tutto il possibile, questo atteggiamento verso l'esistenza era imperdonabile. Mala cosa peggiore era che l'imperatrice considerava i moscoviti degli individui che si occupavanoesclusivamente di pettegolezzi e frivolezze e insultavano la loro intelligenza indulgendo ai loroappetiti, ai loro capricci e ai loro desideri più bizzarri.Secondo Caterina, la legge veniva ignorata a Mosca; e quindi gli appartenenti alle classi piùelevate diventavano piccoli tiranni, che spadroneggiavano sui sottoposti e trattavanocrudelmente i servitori.-L'inclinazione alla tirannide è coltivata qui più che in ogni altra parte del mondo scrivevaCaterina.-Viene inculcata fin dalla più tenera età, quando i bambini osservano il comportamento deigenitori con i servi. In tutte le case c'era una -camera degli orrori dove erano conservate catene,fruste e altri strumenti di tortura per punire i servitori: perfino le più piccole trasgressioniscatenavano punizioni assai severe. Dichiarare, come fece esplicitamente Caterina, che iservitori non erano meno umani dei loro padroni significava esporsi all'aspro biasimo della -

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rozza aristocrazia , la cui brutalità era inferiore solo alla stupidità.

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Il cuore pulsante di Mosca era il kitaj gorod, il quartiere del mercato, con le sue file di bancarelleche correvano lungo la sponda della Moscova sotto le alte mura del Cremlino. Il kitaj gorod eraun vero alveare di traffici commerciali: un fitto labirinto di vicoli si allungava ininterrottamentesotto uno spiovente tetto a volta e le merci provenienti da mezzo mondo erano messe in mostranell'oscurità: lavori in metallo da Jaroslavªl e Kolmogory, pelli di animali dal Kazaªn, velluto ebroccato dalla Francia e dall'Italia, spade da Damasco, smalti da Kiev e da Solvyªcegodsk,incisioni su osso dal lontano Arkangelsk. Pellicce siberiane erano ammassate vicino alleceramiche provenienti da Samarcanda, alla frutta e alla verdura dell'Astrahaªn e al pesce nonfresco (si diceva che i moscoviti lo preferissero stagionato) dei venti fiumi e torrenti di Mosca edel più profondo Volga.I commercianti e gli artigiani conducevano i loro affari su bassi banconi di legno, con iconeinchiodate alle travi da cui pendevano dei lumi.Mentre erano in attesa di clienti, bevevano tè e recitavano le loro preghiere, chiacchieravano congli amici, giocavano a palla e davano da mangiare a un'enorme quantità di piccioni appollaiatisotto il soffitto a volta. I piccioni, come le campane, erano considerati sacri: i moscoviti liritenevano simboli della divinità e li proteggevano da qualsiasi pericolo.I ricchi mercanti in visita a Mosca si fermavano nelle locande del kitaj gorod e perfino principi eimportanti nobiluomini possedevano delle tenute in questi sobborghi. Le slitte tirate dai cavalliportavano ogni giorno le merci per rifornire i commercianti che perlustravano la città e i villaggiperiferici alla ricerca di abiti vecchi, piatti rotti, mobili scartati e curiosità da vendere al mercatodelle pulci. Ciò che non si trovava in questo enorme bazar non era degno di essere venduto. Quiera possibile perfino farsi estrarre un dente, comprare amuleti e farmaci, andare dal barbiere efarsi predire il futuro.I poveri di Mosca affollavano il kitaj gorod nei giorni di mercato, guardandosi intorno,contrattando, facendosi il segno della croce alla vista di ritratti sacri, preti e funerali, stringendoforte le loro borse e guardandosi dai ladri, coprendosi le orecchie per il baccano e tappandosi ilnaso quando la miscela di odori - di birra acida, cavoli cotti, cuoio, grasso per gli stivali e acquadi colonia - diventava insopportabile. Nel mercato dilagavano le malattie, i crimini e i delitti;tuttavia, valeva la pena di rischiare, poiché i prezzi migliori si ottenevano nelle zone peggiori,dove i banchi erano sistemati su acquitrini fangosi e pioggia e neve filtravano dalle fessure deltetto.Nel mercato del legname, centinaia di bare di misure diverse erano esposte all'aperto: si andavadalle più piccole per i bambini a quelle enormi per gli uomini più robusti. Si trattava, in realtà,di tronchi poco più che scavati, tagliati a metà e muniti di coperchi modellati sommariamente:nonostante fossero grezzi e incompleti, si vendevano con facilità tanto nei lunghi inverni rigidiquanto nelle brevi estati in cui si diffondeva la peste. Oltre alle bare, i mercanti di legnamevendevano abitazioni complete, con le assi numerate così da potere essere smontate e ricostruitefacilmente nel luogo prescelto dall'acquirente. Data la frequenza degli incendi, la domanda dicase nuove era continua e inesauribile e i mercanti di legname, i carpentieri e i mobilieriprosperavano.Nella piazza Rossa, di fronte a uno dei principali cancelli che introducevano al Cremlino,sorgeva il centro ufficiale della città, dove si potevano leggere gli ordini imperiali e dove ipatriarchi benedicevano i fedeli. Qui sorgeva in tutto il suo fantastico splendore, la chiesa di SanBasilio con le sue numerose cupole, ognuna diversa dall'altra per la varietà delle decorazioni.Qui i mendicanti ciechi cantavano e i domatori di orsi facevano danzare i loro animali. Attori eacrobati si contendevano le monete della folla sempre numerosa, mentre gli ambulantivendevano pesce vivo conservato in barili e commercianti improvvisati con carretti a manooffrivano torte di carne, idromele caldo e bicchieri di kvas.I preti senza chiesa vendevano i loro servizi religiosi nella piazza Rossa, offrendo di celebraremesse a pagamento. Poco distante, gli scrivani vendevano biografie di santi accuratamentericopiate, resoconti di miracoli e cronache. Dietro adeguata ricompensa offrivano anchemanoscritti di racconti mondani e versi volgari, che tenevano celati tra le loro merci.Anche le prostitute frequentavano di nascosto la piazza Rossa, tenendosi però lontane dallacostruzione rotonda e antica di secoli in cui venivano raccolte le sante reliquie ed effettuate leesecuzioni.Gli spaventosi spettacoli giudiziari attiravano in quel luogo moltissimi spettatori. Gli assassini ei ladri venivano decapitati con la scure dai boia. I ribelli venivano frustati con lo knut (*) esottoposti alla tortura della ruota, durante la quale morivano lentamente tra atroci sofferenze.

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Preti traditori, accusati di fomentare il malcontento, venivano appesi sotto le cupole dellacattedrale e i loro corpi lasciati marcire sulla forca da una stagione all'altra a perpetuo monitoper la plebe. I criminali più malfamati venivano squartati lentamente, smembrati pezzo perpezzo e solo dopo un'atroce agonia veniva loro staccata la testa dal torace sanguinante.Quando Caterina fece il suo ingresso sulla piazza Rossa, il 13 settembre del 1762, un'immensafolla accolse la sua carrozza. Il tempo era stato cupo, grigio e freddo e i ciottoli della piazza eranointeramente rivestiti di ghiaccio. Tuttavia, infreddoliti nei (*) Bastone all'estremità del qualeveniva fissata una cinghia, abitualmente usato come frusta per infliggere punizioni corporali.Nell'immaginario occidentale, simbolo dell'arretratezza russa. (Ndt) loro cappotti, i moscoviti laacclamarono e invocarono la benedizione su di lei quando passò lungo la strada adornata daarcate di rami verdi. Il principe Trubeckoj, incaricato di occuparsi dei preparativi perl'incoronazione, aveva fatto del suo meglio per abbellire la città in onore dell'imperatrice. Avevaanche avvertito Caterina del fatto che il popolo era insoddisfatto: malcontento e inquietudineserpeggiavano, infatti, tra la gente a causa delle penetranti piogge autunnali che rendevano lestrade impraticabili, interrompendo così le forniture di generi alimentari dalla campagna, e acausa dell'aumento dei prezzi che generalmente si verificava con l'arrivo dei primi geli.Con estrema gentilezza, Caterina fece un cenno di saluto ai moscoviti assiepati, la maggior partedei quali la vedeva per la prima volta. Accanto a sé c'era suo figlio e l'imperatrice lo incoraggiò amostrare il suo volto pallido al finestrino. Paolo era stato ammalato e non si era ancora del tuttoripreso, ma Caterina aveva bisogno di ostentarlo al suo fianco mentre incontrava i sudditi, peraumentare il proprio fascino. Voleva che pensassero a lei non come a un'ambiziosa principessatedesca che aveva commissionato l'assassinio del marito, bensì come a una sorta dirappresentazione della Madonna: una madre amorevole e protettiva nei confronti del figlio.In verità, in quel momento la sua attenzione non era tanto rivolta al figlio - sebbene la sua salutecagionevole costituisse per lei una costante preoccupazione, poiché se fosse morto ella avrebbeperso un'importante conferma alla sua legittimità - ma alla necessità di mantenere l'ordine aMosca per i successivi dieci giorni, finché i festeggiamenti per l'incoronazione non fosseroiniziati. Non dovevano verificarsi rivolte per il cibo né disordini causati da agitatori odopportunisti che la consideravano moralmente indegna di regnare. Era consapevoledell'infedeltà imperante e virtuale che la circondava, perfino tra le dame che la servivanoentrando e uscendo dai suoi appartamenti privati decine di volte al giorno.Queste sue cameriere erano in una posizione tale da sapere tutto quello che aveva piùimportanza per lei e che poteva danneggiarla. Sapevano, per esempio, che proprio in quelmomento era in attesa di un altro figlio. Il padre era ancora Grigorij Orlov, ma questa volta ilbambino non sarebbe nato dalla moglie del granduca, bensì da un'imperatrice regnante. Se ilnascituro fosse stato un maschio, la successione avrebbe potuto essere modificata: il cagionevolePaolo avrebbe potuto essere messo da parte a favore del più robusto figlio di Orlov (dell'altrofiglio di Caterina e Grigorij, il piccolo Aleksej, si era preso cura il suo ciambellano Vasilij ªskurin,tenendolo fuori della vista della corte: il suo destino era dunque incerto). Ma per il momento,l'unico segno della gravidanza di Caterina era il suo senso di nausea: un sintomo che con gli anniaveva imparato a mascherare.Durante i dieci giorni che Caterina trascorse al Cremlino, apparentemente osservando il digiunoecclesiastico e purificando la sua anima in preparazione del sacro rituale dell'incoronazione,incontrò i suoi consiglieri, imparò le frasi che avrebbe dovuto pronunciare durante la cerimoniae passò in rassegna ogni dettaglio in compagnia del principe Trubeckoj. L'erario era vuoto, ma lacerimonia dell'incoronazione avrebbe dovuto essere splendida. Dovevano esserci carrozzefastose e cavalli riccamente bardati: ogni oggetto doveva essere dorato e incastonato di gemme.L'abito di Caterina, di seta lucente fittamente ricamata con fili d'oro e d'argento, doveva attirarelo sguardo di tutti su di lei, centro raggiante dello spettacolo.Il guardaroba della defunta imperatrice Elisabetta era stato abbondantemente saccheggiatodurante i preparativi dell'incoronazione. Erano state recuperate le pietre dalle fibbie e daibottoni, le perle dalle sottane e dai copricapo; con il velluto logoro erano state confezionatenuove livree; la vecchia seta era stata completamente rinnovata e riutilizzata. I maestri oreficiavevano realizzato per Caterina una corona composta da cinquecento piccoli diamanti esettantacinque enormi perle lucenti. Un gigantesco rubino, sormontato da una croce, brillavasulla sommità del diadema. Tutte le decorazioni vennero lucidate e successivamente sottoposteall'approvazione dell'imperatrice.Sullo scettro, simbolo della sua autorità, risplendeva il diamante di Orlov, magnifico e

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fiammeggiante come una lingua di fuoco, a perpetuo ricordo dell'uomo che l'aveva aiutata asalire sul trono.

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o forse, eccitata, aveva attinto dai grandi eventi della giornata nuove energie.

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della piazza Rossa, ma non poté essere presente. Giaceva infatti a letto, pallida e con occhiaieprofonde che le segnavano il volto, con le levatrici in attesa e i medici nella stanza accanto:ancora una volta, la zarina aveva perso il suo bambino.

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Capitolo XX.Il primo inverno di Caterina a Mosca nelle vesti di imperatrice trascorse in un turbinio di balli,cene, ricevimenti e intrattenimenti ufficiali. Si alzava presto ogni mattina e lavorava fino a tardi;interrompeva il lavoro per indossare abiti di seta e diamanti e intervenire con la sua grazia allefeste di corte e ai ricevimenti privati, ai matrimoni e alle lunghe cerimonie religiose.Una fitta neve ricopriva Mosca; la coltre bianca e soffice nascondeva agli sguardi la fatiscenzadella città. Nei freddi pomeriggi, tra una nevicata e l'altra, la gente gareggiava con le slitte sullaMoscova gelata: i cavalli volavano sul ghiaccio e i campanelli delle bardature tintinnavano. Labanda suonava sulla sponda del fiume, dove si radunavano gli spettatori per guardare ipattinatori e scommettere sul vincitore. Anche l'imperatrice assisteva alle gare e facevascommesse e i presenti apprezzavano la sua cordialità spensierata e il suo buonumore.Voleva dare l'impressione di sentirsi completamente sicura, di non avere alcuna paura, sebbeneavesse ottime ragioni per nutrire timori. Non intendeva dare modo a nessuno di dire che stavadiventando come la defunta Elisabetta, così presa dall'ansia della sua sicurezza che aveva pauradi addormentarsi e aveva fatto diventare la sua vita un incubo di spostamenti segreti e diprecauzioni. Spesso Caterina chiedeva una carrozza aperta e si spostava di notte, con la solaprotezione di una piccola scorta.Quando si recava al senato, si faceva accompagnare solo da due lacchè: non era certo il seguitodi una donna spaventata. Esibiva in tutti i modi la sua tranquillità.Tuttavia, conosceva il rischio che stava correndo. Almeno una volta al mese, talvolta ognisettimana, riceveva notizia di congiure. Gli agenti della polizia segreta riferivano all'imperatricediscorsi di traditori, piani segreti, piccoli ma significativi tradimenti che minavano la suaautorità. Due delle sue cameriere private furono arrestate per avere sparlato di lei, sostenendoche sembrava più un uomo che una donna, e furono allontanate da corte. Alcuni ufficiali dellaGuardia minacciarono di sollevare un'altra ribellione, o almeno si vantarono di poterlo fare, efurono esiliati in Siberia. Un gruppo di nobili, mortificati per la predilezione che Caterinamostrava per Grigorij Orlov - che aveva insignito con il titolo di conte, nominato ciambellano eaiutante generale, collocato in posizioni rimunerative e ricoperto di doni in denaro e gioielli -complottarono per toglierlo di mezzo o addirittura ucciderlo: una volta scoperti, vennerointerrogati e allontanati.Ma per quanto l'attività della polizia segreta fosse indefessa, non era sufficiente a sradicare quelclima di insicurezza. L'ambasciatore inglese lord Buckingham, nel febbraio del 1763 avevascritto ai suoi superiori a Londra che nel governo di Caterina regnava una -grande confusione . -Non si respira la stessa atmosfera di generale soddisfazione e di contentezza che si respirava duemesi fa aggiungeva -e molte persone hanno adesso il coraggio di esprimere la lorodisapprovazione per le misure adottate dalla corte. I moscoviti trascuravano i consuetidivertimenti invernali per lamentarsi dell'imperatrice e del suo favorito Orlov. I contadini cheportavano le loro merci in città per venderle si dolevano del fatto che perfino il tempo eradiventato inclemente dopo l'ascesa di Caterina al trono; aveva portato sfortuna, dicevanofacendosi il segno della croce e raddoppiando le loro preghiere.Caterina fece del suo meglio per mantenere il suo equilibrio in quell'atmosfera d'incertezza,dividendo il suo tempo tra il lavoro e gli svaghi. -La vita dell'imperatrice riferì lord Bucikingham-è un alternarsi di intrattenimenti mondani e di intensa applicazione ai problemi di stato,applicazione che tuttavia non ha ancora dato alcun risultato a causa degli ostacoli che levengono deliberatamente messi davanti e della dispersività dei suoi progetti.Sottolineava che -i suoi piani sono numerosi e ambiziosi, ma decisamente sproporzionati aimezzi a sua disposizione.Ogni giorno Caterina si riuniva con i sei segretari per esaminare i documenti ufficiali econsultarsi sulle decisioni da prendere, le dichiarazioni da rilasciare e gli editti da emanare.Conversava con Panin e l'anziano Bestuªzev, che aveva richiamato dall'esilio e il cui parere eraper lei molto importante; leggeva, studiava e rifletteva su un'enorme quantità di argomenti. Egiorno dopo giorno, doveva ammettere che i suoi sforzi erano sprecati. L'inerzia, l'ostilità, loscarso interesse mostrato nei suoi confronti da coloro su cui era obbligata a fare affidamento perrealizzare i suoi progetti la ostacolavano, impedendole di portarli a compimento.Governare si stava rivelando cosa molto diversa da ciò che si era aspettata, e nel fondo del suoanimo era delusa.All'inizio del 1763 Caterina aprì il suo cuore all'ambasciatore francese Breteuil. Gli confessò che -non era affatto felice e che doveva governare su persone che era impossibile soddisfare . E gli

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rivelò che riteneva che ci sarebbero voluti molti anni prima che i suoi sudditi si abituassero a lei,e questo la metteva a disagio. L'ambasciatore era colpito non solo dal candore dell'imperatrice,ma anche dalla sua presunzione. -Ha un'alta considerazione della sua posizione e del suo poterescrisse.

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Ma Orlov piaceva a Caterina perché, come confidò diversi anni dopo all'amico Melchior Grimm,le piaceva essere stimolata da uomini più decisi e attivi di lei. Non aveva mai conosciuto unuomo con il quale andasse più d'accordo in questo senso; Orlov, scrisse ancora a Grimm, -hal'istinto della guida, e io lo seguo .L'aveva condotta fino al trono: poteva essere sicura che l'avrebbe guidata anche nella vita, comemarito.Ma Caterina era cauta e prese tempo per decidere. In maggio compì un pellegrinaggio almonastero della Resurrezione, a Rostov. I moscoviti, contrari a Orlov e persuasi chel'imperatrice intendesse sposarlo presto, erano convinti che nel monastero, temporaneamentesottrattasi all'influenza di Panin, si sarebbe unita segretamente in matrimonio con il suofavorito.Cominciarono così a circolare voci e supposizioni di tutti i generi.Passando di bocca in bocca, i pettegolezzi diventavano sempre più arditi. Orlov stava piegandoCaterina ai suoi voleri, dicevano. Caterina non era mai voluta diventare imperatrice: si sarebbeaccontentata di essere reggente per il figlio, se Orlov non avesse insistito perché ella assumesseil potere. Dietro ogni iniziativa, aleggiava l'ombra di Orlov, che si serviva di Caterina perritagliarsi una nicchia di potere accanto a lei. E adesso si stava compiendo l'ultimo atto di questoprogetto diabolico.L'invidia e il sospetto nei confronti di Orlov alimentarono le chiacchiere e, inevitabilmente,fecero fiorire le cospirazioni. Un gruppo di ufficiali della Guardia, per esempio, furono scoperti acomplottare per detronizzare Caterina e assassinare Orlov se il matrimonio tra loro fossediventato di pubblico dominio. I cospiratori sapevano (e questo infuse loro coraggio) che Paninera contrario alle nozze. -La signora Orlov avrebbe detto -non sarebbe mai diventata imperatricedi tutte le Russie.Questa feroce affermazione attribuita a Panin circolò per tutta la città e scatenò una sollevazionepopolare. Gli indocili moscoviti diedero sfogo a una turbolenta protesta, riducendo nel giro dipochi giorni la città sull'orlo della rivolta. Le guardie fedeli presero posizione nella piazza Rossa,nei sobborghi, lungo tutte le strade principali. Le taverne furono chiuse e vennero dispersi gliassembramenti. La polizia segreta fermò e interrogò i sospetti di sedizione, mentre l'imperatriceemanò il cosiddetto -Manifesto del silenzio che proibiva -discussioni sconvenienti e pettegolezzisu argomenti riguardanti il governo .Arrivò la breve e torrida estate: enormi mosche nere ronzavano sulle strade polverose; il battitodei martelli dei carpentieri risuonava nei sobborghi danneggiati dagli incendi dei mesi invernali.I nobili moscoviti si trasferirono nelle loro residenze di campagna, ormai stanchi dei problemiriguardanti l'imperatrice e il suo seguito. La nobiltà di Mosca andava molto fiera della propriaantica origine e della propria indipendenza; molte famiglie detenevano i loro titoli da mille annio più, mentre i membri del seguito di Caterina erano di nobiltà molto più recente. Alcuni, comegli Orlov, erano assurti a un rango elevato con una velocità impressionante. Il fatto che Caterinaprendesse in considerazione l'ipotesi di sposare uno di questi individui, saliti improvvisamentealla ribalta, rivelava la sua intrinseca volgarità, commentavano tra loro i nobili moscoviti. Infondo, Caterina era solo la figlia di un soldato tedesco, anche se questi si faceva chiamare -principe .L'imperatrice era assolutamente consapevole dell'alterigia dei nobili moscoviti ed erascoraggiata dai complotti e dalle rivolte, numerosi, nella città vecchia, come le mosche e il fetore,le chiese e il rintocco delle campane. Rinunciò, dunque, all'intenzione di sposare Orlov e pianopiano si rassegnò all'idea che non avrebbe mai potuto agire liberamente: l'opposizione deisudditi sarebbe proseguita per tutto il tempo in cui ella sarebbe rimasta sul trono.Aveva dei nemici, e ne avrebbe avuti altri. Doveva ridimensionare le sue aspettative: sulla suastrada avrebbe trovato ingratitudine, non ammirazione e stima.Venne a patti con Orlov. Forse anch'egli si accorse che la decisione di non sposarsi era saggia, etuttavia non aveva completamente realizzato quale sconfitta politica ciò rappresentasse. Daallora in poi sarebbe stato Panin il più influente; nell'autunno del 1763, dopo avere perso la suabattaglia a favore del matrimonio, Bestuªzev aveva lasciato la corte e, suo malgrado, si eraritirato. Caterina aveva fatto la sua scelta: il prudente e pragmatico Panin aveva avuto la meglio.Ritornati a San Pietroburgo, Caterina e Orlov si sentirono maggiormente a loro agio. Ma ci fuuno spiacevole seguito al soggiorno moscovita. Orlov ricevette un pacchetto ben confezionato daMosca; non c'era nessuna lettera di accompagnamento e non fu possibile identificare il mittente.Dentro al pacco c'era una grande forma di formaggio svuotata e riempita di sterco di cavallo; al

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centro era stato infilato un corto bastone.

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maschera. Il ricevimento durò due giorni e tre notti: nei loro costumi sontuosi gli ospitidanzarono, mangiarono e bevvero fino al completo sfinimento. Un visitatore giunto da Venezia,il celebre Giacomo Casanova, era presente alla festa e ce ne ha lasciato una descrizione.

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tra loro, divertendosi con giochi puerili e chiassosi, facendo imitazioni di animali, cantando eraccontando storie, Caterina era fermamente intenzionata a svolgere il ruolo di burattinaio, conla corte come palcoscenico.

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Caterina, in effetti, era ancora innamorata dell'irascibile Orlov: lo desiderava e aveva bisogno dilui. Non intendeva fronteggiare le crescenti difficoltà che l'esercizio del potere in Russiacomportava senza un compagno al suo fianco, sebbene sapesse che sarebbe stato molto meglioavere un marito.Circondata dalle critiche, minacciata da continue insidie tese per danneggiarla, adesso più chemai Caterina aveva bisogno di potersi appoggiare a lui.Nel luglio del 1764 un giovane ufficiale di Schl�sselburg, di nome Vasilij Miroviªc, tentò diliberare l'ex imperatore Ivan dalla sua prigionia nella fortezza con l'intenzione di farlo insediaresul trono. Caterina aveva lasciato San Pietroburgo per un viaggio di tre settimane nelle provincebaltiche.Sfortunatamente per Ivan - e all'insaputa di Miroviªc - le guardie dell'ex imperatore avevanol'ordine di assassinare il loro prigioniero nel caso fosse stato compiuto un qualsiasi tentativo diliberarlo. I carcerieri fecero dunque il loro dovere, vanificando l'impresa, ma la morte di Ivandiede luogo a una nuova ondata di feroci accuse contro l'imperatrice.Adesso, si diceva, Caterina aveva fatto assassinare due imperatori: Pietro e Ivan. Molti eranoconvinti che la zarina fosse in realtà complice di Miroviªc e che la tentata cospirazione non fossestata altro che un astuto stratagemma per perpetrare l'assassinio di Ivan. Il fatto che Miroviªcfosse stato condannato e giustiziato non interruppe il flusso di lettere ingiuriose che giunsero alpalazzo, né le pubblicazioni satiriche che circolavano nella capitale. Tutti dicevano la stessacosa: Caterina, già adultera, adesso era anche una duplice assassina e la corruzione siaggiungeva all'elenco delle sue colpe.Le distrazioni offerte dal viaggio nel Baltico, sebbene piacevoli e divertenti, non furonosufficienti a placare la paura che l'incidente di Schl�sselburg aveva suscitato in Caterina. Inrealtà, ebbe modo di apprezzare le parate navali e le cerimonie tradizionali allestite in ogni cittàin suo onore, le folle urlanti, gli encomi, lo slancio dei giovani temerari che impulsivamentestaccavano i cavalli dalla sua carrozza per trascinarla personalmente. Caterina aveva avviatovasti progetti di nuove costruzioni lungo il litorale baltico: cantieri navali, arsenali, strade.Osservare direttamente i lavori la inorgogliva, anche se gli esperti la avvertivano che le navirusse avevano bisogno di costose riparazioni e i lavori dei cantieri navali erano in ritardorispetto ai programmi. Ma quando ricevette l'informazione che Ivan era morto e Miroviªc erastato arrestato, Caterina si allarmò profondamente.Compì un enorme sforzo per continuare ad apparire calma. Non interruppe il suo viaggio nérientrò precipitosamente a San Pietroburgo, per evitare di confermare l'impressione dellagravità degli avvenimenti di Schl�sselburg. Tuttavia era turbata e i più attenti fra i suoiaccompagnatori si accorsero del suo stato di ansietà.-Il suo viso e il suo aspetto sono molto peggiorati dopo la sua ascesa scrisse di lei Buckingham. -Si possono ancora riconoscere i segni di una passata bellezza, ma ora non è più un oggetto didesiderio. Le sue parole erano dure, perfino brutali, ma il loro significato era inequivocabile.La pelle intorno agli occhi dell'imperatrice stava diventando sottile e solcata da piccole rughe, leguance avevano cominciato ad afflosciarsi, la sua vita, una volta snellissima, cominciava adappesantirsi. Sebbene facesse del suo meglio per nascondere le sue ansietà, il suo atteggiamentoera circospetto e quando sussultava per qualche suono o azione inconsueti tradiva la sua paura.-Un banale imprevisto provoca una grande agitazione nell'imperatrice scrisse un ambasciatore. -Ma spesso Caterina dà consistenza alle ombre.Ordina sovente ricerche lunghe e accurate per placare le sue paure e sfatare le sue ingannevolisensazioni. Per due volte Buckingham ebbe occasione di vedere Caterina -molto spaventata,senza alcuna ragione . Una volta stava salendo da una piccola barca oscillante su una nave; il suopiede barcollò, lei ansimò e fu assalita dal panico. In un'altra occasione, un leggero rumoreproveniente dall'anticamera la fece sobbalzare, visibilmente terrorizzata.Il fatto che una donna audace e coraggiosa di natura fosse spesso ridotta in uno stato di terroretotale dimostrava quanto fosse gravoso l'esercizio del potere. Solo il tempo poteva stabilire seCaterina aveva la forza per accollarsi quel peso o se, come molti si aspettavano, avrebbe vacillatoe sarebbe caduta preda delle numerose insidie e dei pericoli che la minacciavano.

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Capitolo XXI.Nella primavera del 1767 Caterina Ii intraprese un lungo viaggio nei territori interni della Russiaoccidentale. Navigò lungo il Volga con una magnifica flotta di dodici galere, portando con sécentinaia di ufficiali di corte, funzionari del governo e servi che costituivano l'enorme seguitoimperiale. Sebbene molti l'avessero esortata a non intraprendere quella grande spedizione,ricordandole che l'ultima volta che aveva lasciato San Pietroburgo si era verificato un tentativodi detronizzarla e che non doveva mettere a rischio la sua incolumità sul fiume in piena duranteil freddo e incerto mese di aprile, Caterina ignorò i moniti e partì.Da mesi progettava quel viaggio.Voleva mostrarsi ai suoi sudditi e rendersi conto di come si svolgeva la vita lungo il maestosofiume. E quale modo migliore per farlo se non partire con un'imponente flotta sovrastata dal suostemma e capitanata da militari della marina imperiale? Doveva essere una sorta di immensocorteo fluviale, uno spettacolo mai visto prima in Russia, adatto all'immagine di eccezionalemagnificenza che Caterina voleva dare del suo regno.Le galere salparono e in breve le correnti fredde sferzarono l'acqua e una fredda pioggia siabbatté sui ponti dei vascelli, costringendo i passeggeri a ritirarsi sotto coperta.Per divertirsi gli ospiti giocavano a carte (impresa piuttosto ardua dati il rullio e il beccheggiodelle navi), si univano agli svaghi dell'imperatrice, conversavano, mangiavano, fumavano,amoreggiavano e leggevano. Caterina aveva portato con sé molti libri, tra i quali un romanzofrancese ambientato nel periodo del regno dell'imperatore bizantino Giustiniano. Pertrascorrere il tempo, ne tradusse una parte in russo.La flotta imperiale stava navigando da una settimana; l'imperatrice e i suoi compagni di viaggio,tra i quali Grigorij Orlov e il suo attraente fratello minore Vladimir, erano stanchi e inquieti,molto infreddoliti e sfiniti dal Volga burrascoso.L'itinerario che Caterina aveva inizialmente predisposto non era stato rispettato. Il maltempo ele perturbazioni avevano rallentato il ritmo del viaggio e si stava rivelando difficile, quando nonimpossibile, mantenersi quotidianamente in contatto con gli uffici del governo a Mosca, tramitei corrieri. Ma la zarina non poteva ammettere di avere sbagliato.Studiò allora un nuovo percorso, scrisse lettere, si dedicò alla lettura, chiacchierò con i marinai;quando non riusciva a fare altro, saliva sul ponte a guardare il turbolento fiume verde chescorreva, pensando che era più maestoso e più bello della Neva.Quando raggiunsero Jaroslavªl, l'umore di Caterina migliorò. Gli abitanti della città l'accolserofestosamente; i dignitari e i notabili delle regioni circostanti vennero a omaggiarla e lascortarono in una visita delle fattorie e dei principali mercati locali. Accadde lo stesso due mesidopo a Kazaªn, dove Caterina conobbe l'esotico mondo dei tatari (che gli europei chiamavano -mongoli ) e per la prima volta si rese conto di trovarsi in Asia. Qui le moschee erano piùnumerose delle chiese e alcune popolazioni tribali erano così lontane dall'influenza sia cristianasia musulmana che veneravano gli alberi e rifiutavano le regole ortodosse.L'imperatrice era profondamente affascinata da quella parata di costumi, dalle danze selvaggedelle tribù e dalla babele delle lingue del Kazaªn, ma nello stesso tempo si sentiva a disagio.Come sarebbe stato possibile, si chiedeva, imporre a genti così diverse uno stesso sistemalegislativo e un ordinamento governativo unitario?Perché questo era esattamente ciò che Caterina aveva intenzione di fare.Nei tre anni precedenti si era dedicata al gravoso compito di stilare le istruzioni preliminari(Nakaz) per la realizzazione di un codice legislativo unitario per il suo impero. Centinaia di oredi lettura, studio e riflessione erano state necessarie per attendere alla stesura delle direttive;anche se molte idee erano state desunte dagli scritti del suo modello politico Montesquieu e daquelli del giurista italiano Cesare Beccaria, la Nakaz racchiudeva il distillato dei suoi pensieri piùprofondi e dei suoi più nobili ideali.In pratica, le speranze che la zarina nutriva per il suo impero.-La legge cristiana ci insegna a farci reciprocamente del bene, il più possibile questo era l'iniziodelle nuove disposizioni imperiali. -Ponendo questa come regola fondamentale, derivata daquella religione [...], dobbiamo necessariamente supporre che ogni uomo onesto della comunitàè, o sarà, desideroso di vedere il proprio paese al culmine della felicità, gloria, sicurezza etranquillità.Il principale desiderio di Caterina era davvero quello di vedere il proprio regno e la suapopolazione -al culmine della felicità . Per realizzarlo, immaginò un governo con a capo unmonarca di stile europeo; non un despota capriccioso, ma un sovrano benevolo e saggio che

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avesse come obiettivo quello di guidare i suoi sudditi verso il loro -bene supremo .

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e osservava tutto questo, e lo considerava avvilente.

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sventati, infatti, nuovi complotti: era stato scoperto un gruppo che progettava di uccidereGrigorij Orlov, un altro che sosteneva che avrebbe assassinato l'imperatrice.

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Per quanto riguardava la guerra e molti altri ambiti della vita russa, seguiva le orme del suogrande predecessore, e in verità lo surclassò. Parlò delle due fortezze come -due gioielli che hofatto incastonare e cantava vittoria dicendo che il sultano turco Mustafà Iii era così sconvoltodalla ferocia degli eserciti russi che -tutto quello che poteva fare quel povero uomo è piangere . -E questo è il terribile spettro che avrei dovuto temere!

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arrecarle il conforto della familiarità (oltre al dolore delle occasionali avventure che l'amante siconcedeva), ma la passione tra loro si era ormai esaurita. Nemmeno il figlio era per lei una verafonte di gioia, e il rapporto con lui era caratterizzato da un certo disagio. Ma la sua fama e il suonuovo senso di trionfo la elettrizzavano e riempivano il suo cuore di affetto per il suo regno diadozione e per il suo popolo.

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Capitolo XXII.Nel frattempo, il granduca Paolo cresceva. Il suo aspetto era quello di un giovane esile, minuto,ma con un fisico ben proporzionato: sembrava un ballerino o un attore adatto a sostenere ruoligiovanili. Nel 1773 aveva ormai diciannove anni, ma sembrava molto più giovane, quasi unbambino. Il suo volto rotondo dai lineamenti duri e non molto attraenti non assomigliava pernulla a quello della madre, che era invece curioso, aperto e attraente. Gli occhi del ragazzo eranoazzurri, intelligenti ma sospettosi; la sua inquietudine nervosa tradiva il suo profondo disagio.Chi lo osservava aveva l'impressione che fosse dominato da una serie di paure: della madre, chenei suoi confronti era fredda e temeva l'incrementarsi della sua popolarità, adesso che si avviavaverso la maggiore età; del suo corpo immaturo; della sua fragile salute; di rimanere vittima deicontinui intrighi di corte. La paura lo portava a mentire, a nascondersi, a ingannare in modomeschino chi gli stava intorno.Non aveva speciali qualità di cui essere orgoglioso. Sebbene fosse veloce nell'apprendere, nonera un intellettuale, e in ogni caso la sua istruzione scadente era stata seguita svogliatamentedall'indolente Nikita Panin. Inoltre, le sue lezioni erano state interrotte troppo spesso dalchiassoso Grigorij Orlov, che non amava il sapere e preferiva renderlo forte portandolo a caccia.Paolo non era un atleta (era agile ma non muscoloso) e non era neppure portato per la musica,la pittura o altre attività artistiche.In breve, era solo il figlio di quella madre eccezionale. A diciannove anni scoprì non solo la veraidentità di suo padre, ma anche l'aspetto peggiore della sua situazione, che tutti a corteconoscevano: era figlio di Sergej Saltykov e non di Pietro Iii; sua madre lo disprezzava perchéera illegittimo e perché le ricordava le circostanze che l'avevano portata al tradimento; inoltre,secondo i pettegolezzi di corte, il padre putativo avrebbe voluto ucciderlo, insieme a Caterina, laquale era quasi certamente complice della morte dell'imperatore.Essendo privo della figura paterna (Saltykov si trovava a Dresda, allontanato da Caterina che loaveva destinato a ricoprire incarichi diplomatici di scarsa importanza in posti sempre diversi),Paolo considerava Panin, il tutore che dormiva nella sua stanza, la guida della sua vita. Dapiccolo gli piaceva Grigorij Orlov, ma quando scoprì il ruolo che i fratelli Orlov avevano avutonel colpo di stato e nella morte dell'imperatore non poté più avere fiducia nel gioviale e rozzocompagno della sua infanzia.Durante l'adolescenza, Paolo incominciò a capire e apprezzare l'importanza del proprio ruolo digranduca, erede al trono dei Romanov, anche se aveva così paura della madre che poteva astento concepire di intraprendere una azione autonomamente. Scimmiottava la pomposasuperficialità dei giovani nobili, -parlava estasiato dei francesi e della Francia - come notò unosservatore - e insisteva perché tutti i suoi beni provenissero da Parigi. Di fronte alla madre sipresentava vestito in modo sontuoso, ricoperto di gioielli e accessori preziosi: cascate di pizzi gliornavano il collo e i polsi, le fibbie delle scarpe erano diamanti scintillanti, i bottoni eranosplendidi rubini.Caterina, che spesso parlava al figlio della sua predilezione per quella che definiva la -semplicitàinglese , mostrava indifferenza di fronte a quell'ostentazione di sfarzo, ma in privato se nerammaricava, e Paolo lo sapeva. Madre e figlio si trovavano reciprocamente irritanti, e anche seCaterina si dava molte pene per la salute di Paolo (lo aveva fatto vaccinare contro il vaiolo e loteneva lontano dai luoghi in cui c'era minaccia di infezioni), egli sapeva che lo faceva più perragioni di opportunità politica che non per il suo benessere. Paolo ereditò la dialettica materna,ma non il brio di Caterina; la lingua era la sua arma più affilata e crescendo riuscì talvolta avincere la sua soggezione e a ferire la madre con una certa efficacia.Nell'estate dei suoi sedici anni ebbe un grave attacco di influenza e rimase per più di un mesesospeso fra la vita e la morte. In precedenza era stato spesso malato, ma mai in modo cosìcritico; intanto la Russia era in guerra contro i turchi in Crimea, la scarsità del raccolto creavamalcontento nella campagna e aumento dei prezzi in città, disordini in Polonia e timori dipestilenza nell'esercito e nelle province del Sud.In un simile frangente, Caterina non poteva rischiare di perdere il suo erede ufficiale. MentrePaolo precipitava in quella che sembrava una condizione terminale, si diffusero vocipreoccupanti sul fatto che Caterina avrebbe dichiarato erede l'altro maschio, figlio di GrigorijOrlov, che aveva quasi nove anni e godeva in tutti i sensi di una salute migliore. Più robusto eattraente dello sfortunato Paolo, il fratello si chiamava Aleksej Grigoreviªc Bobrinskij e, sebbenefosse cresciuto lontano da corte, non era stato dimenticato. Se Caterina avesse deciso diproclamare erede al trono il giovane Bobrinskij, il potere di Grigorij Orlov sarebbe ulteriormente

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aumentato e questi avrebbe persino potuto sperare di persuadere l'imperatrice a sposarlo.

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Ricordando l'epoca del suo arrivo a San Pietroburgo quasi vent'anni prima, il suo dolorosoisolamento e il pesante bilancio emozionale del suo grottesco matrimonio, Caterina redasse unalettera di consigli per la nuora.La avvertì di evitare imbrogli politici e amicizie imprudenti con ministri stranieri (cosa cheCaterina non era stata in grado di fare), di non contrarre debiti e di vivere nel modo piùsemplice possibile. Caterina disse a Natalia che avrebbe dovuto imparare subito il russo esforzarsi di abbracciare la tradizione e i costumi della patria di adozione, impegnandosi cononestà e sincerità a diventare la migliore moglie possibile. Per aiutare la nuora, Caterina leconcesse un generoso appannaggio di cinquantamila rubli l'anno. Poteva essere certa cheNatalia avrebbe avuto un vantaggio che a lei era stato negato: il favore e l'appoggio dellasuocera.Caterina, sfavillante nel suo abito tempestato di gioielli e perle, dominò la cerimonia nuziale delfiglio. Gli ospiti notarono che i capelli castani dell'imperatrice, acconciati dimessamenteall'indietro, cominciavano a ingrigirsi. La vita di Caterina non era più esile come una volta el'imperatrice non si muoveva più con la grazia e la leggerezza di un tempo. Ma, così pensavanogli osservatori, la sua pelle chiara era ancora liscia e morbida, nonostante fosse pesantementeimbellettata, e gli espressivi occhi azzurri avevano uno sguardo franco e amichevole, carico dibenevolenza e intelligenza. A San Pietroburgo le donne avevano la tendenza a perdere i dentiquando arrivavano alla mezza età: era un fatto naturale causato dal clima e dalla dieta. Quandoinvece Caterina sorrideva, gentile e radiosa, i suoi denti scintillavano nel loro originale nitore,mentre molte delle sue dame nascondevano i loro non più intatti sorrisi dietro i ventagli.Soltanto quando si trovava accanto alla contessa Bruce, la cara compagna della sua adolescenzastraordinariamente ben conservata, Caterina tradiva la sua età. Anche la madre della contessaBruce, Marija Rumjanªceva - un tempo nemica di Caterina, ma in vecchiaia divenuta sua fedelecompagna - faceva vergognare tutte le dame di corte, perché pur essendo anziana era ancoramiracolosamente attraente.I compleanni irritavano Caterina.-Odio questo giorno come la peste proclamava quando un altro anno volgeva al termine. Quellericorrenze ferivano la sua vanità - anche se faceva meno concessioni alla frivolezza di dieci anniprima - e inoltre le ricordavano che il tempo passava mentre i problemi dell'impero erano statirisolti soltanto marginalmente.L'avanzare dell'età incominciava a procurarle piccole infermità. Di tanto in tanto era afflitta daterribili dolori alla schiena; talvolta, dopo le lunghe ore di lettura alla debole luce della candelaveniva assalita da violenti mal di testa. Le cefalee vennero alleviate dal ricorso agli occhiali e auna luce più intensa, ma per la schiena l'unica cura suggerita dai dottori consistevanell'applicazione di una polvere medicinale che avrebbe dovuto provocare alla pazienteun'abbondante sudorazione. Ma la terapia non sortì alcun effetto e il dolore alla schienacontinuò.Nel complesso, Caterina non nutriva grande fiducia nei dottori e nei farmacisti e preferiva leterapie non ortodosse. Credeva fermamente nei benefici effetti di un'esposizione alternata alcaldo e al freddo. La sua pratica preferita consisteva nell'avvolgersi insieme alle sue dame inlunghe sottovesti e, proteggendosi il collo con le sciarpe, gettarsi in una piscina di acqua gelida,per scaldarsi poi di fronte a stufe calde.L'effetto del freddo e la successiva azione rilassante e sudorifera del caldo permettevano dineutralizzare il dolore.Negli ultimi anni Caterina aveva vissuto enormi tensioni. La guerra contro i turchi, sebbene leavesse portato fama e gloria, alla lunga si era rivelata una costosa emorragia di risorse umane efinanziarie. Il tesoro imperiale, aumentato poco tempo prima grazie ai nuovi depositi d'argentoscoperti in Mongolia, era ancora solvente, ma stava rapidamente esaurendosi. La peste avevadevastato Mosca mietendo decine di migliaia di vittime, scatenando rivolte e lasciando granparte della popolazione invalida. Intere orde di sicari alcuni mezzi folli, altri mossi dal desideriodi vendicare la morte dell'imperatore Pietro - irruppero a palazzo e terrorizzarono l'imperatrice;una volta Grigorij Orlov sorprese un ufficiale nascosto, intento ad aspettare Caterina munito diun lungo e affilato pugnale.Non c'era da stupirsi se l'imperatrice incominciò a scorgere cospirazioni ovunque e a temere leconseguenze della sua crescente impopolarità. Soltanto un anno prima, infatti, all'interno delreggimento Preobraªzenskij era stato sventato un grave complotto e Caterina era rimastaprofondamente scossa. Circa trenta persone tra soldati e ufficiali (ma qualcuno sosteneva che

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fossero un centinaio) furono coinvolte in una cospirazione il cui scopo era quello di proclamarePaolo imperatore.

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suo meglio per apparire meno gelida nei confronti di Paolo. Vasiªlªcikov era sempre al suofianco, ma per il resto l'imperatrice sembrava ignorarlo. Non poteva, però, ignorare del tuttoGrigorij Orlov. Il suo ex amante la irritava corteggiando una delle sorelle di Natalia, scatenandocosì una nuova serie di pettegolezzi. Cosa sarebbe successo se Orlov avesse sposato la sorelladella nuova granduchessa? Sarebbe diventato cognato di Paolo e quindi avrebbe fatto parte dellafamiglia imperiale.

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In sé, l'esistenza di un millantatore non rappresentava un problema. Negli ultimi dieci anni,periodicamente si era fatto avanti un impostore che sosteneva di essere Pietro; con il passare deltempo anche questo, come gli altri, sarebbe risultato fasullo. Nel frattempo, però, l'imperatrice ei suoi consiglieri dovevano prendere dei provvedimenti atti a soffocare la sua ascesa. I cosacchiche abitavano lungo il corso dello Jaik, infatti, si erano ammutinati solo pochi anni prima e leesecuzioni, le sanzioni e le percosse che ne erano seguite avevano lasciato nei ribelli unaprofonda avversione per il governo.Vennero inviati dei soldati ad affrontare i rivoltosi e furono allertati i governatori locali. Lungo lestrade dissestate vennero spediti dei messaggeri con l'ordine di ritornare a corte il piùvelocemente possibile recando notizie sulla situazione della regione. Dopo avere fatto quanto insuo potere, il consiglio si occupò di altre questioni.Con i primi rigori dell'inverno, a Mosca incominciò a cadere la neve. I cortigiani eranoimpegnati a organizzare gare di slitta e feste sui pattini; l'imperatrice, dopo avere indirizzato ilfiglio e la nuora alla loro nuova vita, rivolse la sua attenzione a un distinto ospite venuto dallaFrancia.Denis Diderot, la cui Encyclopédie era stata a lungo la bibbia di Caterina e che anni prima erastato oggetto della sua generosa filantropia, arrivò in Russia al termine di un arduo viaggiodurato cinque mesi, apprestandosi a trascorrere l'inverno a San Pietroburgo.Caterina era lietissima di incontrare l'uomo che, insieme a Voltaire e Montesquieu, era statol'idolo della sua giovinezza.L'Encyclopédie aveva grandemente influenzato il suo pensiero, l'aveva fatta incamminare sulsentiero della tolleranza, della moderazione e dei sentimenti umanitari. Caterina associavaDiderot a tutto ciò che era progresso sociale e adesso aveva la possibilità di sentire dalle suelabbra le idee, vecchie e nuove, che avevano illuminato l'Europa. Si affrettò, dunque, aincontrarlo e i loro colloqui durarono ore e ore.Diderot, da parte sua, aveva ammirato a distanza Caterina come un monarca che aveva a cuoregli interessi dei sudditi e che, grazie alla vasta cultura e alla capacità di riflessione sul modomigliore di governare, avrebbe portato in Russia benefici cambiamenti. Quando l'incontrò,rimase affascinato da lei; fu impressionato dalla curiosità e dal rigore intellettuale della sovranae dalla sua mancanza di formalità, che lo faceva sentire a proprio agio.Diderot scrisse che in Caterina si fondevano -l'anima di Bruto e il fascino di Cleopatra easpettava con ansia le visite che la zarina gli faceva nel tardo pomeriggio.Sia il filosofo sia l'imperatrice avevano una personalità forte e nessuno dei due era ipocrita oincline all'adulazione. Non impiegarono molto a maturare un giudizio positivo l'uno dell'altra.Diderot disse alla sua famiglia e agli amici in Francia che la compagnia di Caterina erastimolante, che si sentiva libero di esprimere le sue opinioni e che considerava la Russia unluogo realmente liberatorio. -Nella cosiddetta terra degli uomini liberi avevo l'anima di unoschiavo scrisse -e nella cosiddetta terra dei barbari, ho trovato in me l'anima di un uomo libero.-Ha una mente straordinaria scrisse Caterina a Voltaire a proposito di Diderot. -Non si incontracerto tutti i giorni una persona di tal fatta. In effetti, il filosofo francese era straordinario sottodiversi aspetti.Era un uomo appassionato e talvolta veniva assalito da una sorta di frenesia dialettica. Quandosi lasciava trasportare da un pensiero, parlava con voce sempre più alta e sempre piùvelocemente finché, alzatosi dalla sedia, incominciava a misurare a grandi passi la stanza,agitando le braccia e gridando. Aveva l'abitudine di togliersi la parrucca e di lanciarla. In queicasi, Caterina la recuperava e gliela porgeva; allora egli la ringraziava e si infilava in tascaquell'indesiderato posticcio di peli di cavallo incipriati.Caterina osservava quello spirito appassionato e ammirava il suo genio profondo che spaziava intutti i campi. Fino a quel momento, l'imperatrice aveva incontrato un solo filosofo, Mercier de laRivière, e trovava la compagnia di Diderot estremamente più stimolante. Sei anni prima, infatti,si era annoiata molto durante la visita a San Pietroburgo di Mercier de la Rivière, il quale -declamava sciocchezze e aveva continuato a biascicare di sé finché Caterina lo aveva gettatofuori.Diderot aveva la sconcertante abitudine di sottolineare il suo punto di vista afferrando per ilbraccio la sua imperiale compagna o battendole un colpetto sul ginocchio; quando il filosofo sirecava a farle visita, Caterina aveva preso l'abitudine di sedersi dietro a una scrivania perproteggersi. Diderot continuò a essere il benvenuto e per settimane deliziò la sua ospite con lasua inesauribile immaginazione e il suo fluente eloquio. La curiosità del filosofo era insaziabile:

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voleva sapere ogni cosa della Russia e apprendeva con passione le informazioni che Caterina glicomunicava. In verità, non si limitava ad apprenderle, ma ne scriveva anche: annotò a memoriatutti i loro colloqui, aggiungendovi poi il suo personale commento.

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Capitolo XXIII.Emeªljan Pugaªcev era un ex soldato non alto ma muscoloso, un uomo combattivo e indomito,un cosacco del Don originario del villaggio di Zimoevskaja che aveva combattuto nell'esercitoimperiale prima di essere congedato per ragioni di salute. Aveva i capelli e gli occhi scuri; il voltoe il petto era costellati di chiazze bianche a ricordo della scrofolosi: a prima vista il suo aspettonon era molto attraente, ma esercitava un forte ascendente sui suoi compagni cosacchi ed erasempre pronto a cogliere le occasioni che gli si presentavano.Dopo avere abbandonato la moglie e i figli, Pugaªcev si associò alle schiere di cosacchiinsoddisfatti del governo e trascorse qualche tempo in un monastero di Vecchi credenti. Futestimone, e forse partecipante, della rivolta del 1772 e venne imprigionato per un certo periodo;ma poi riuscì a fuggire. Si risposò con una donna nativa della regione che si estendeva lungo ilfiume Jaik e incominciò a ideare un piano audace.Nel settembre del 1773 Pugaªcev riapparve in città con un nuovo aspetto. Indossava uncaffettano rosso e un cappello di velluto, il cappello di un nobile, e aveva un seguito di uncentinaio di uomini - tra cosacchi, calmucchi e tatari - che si inchinavano dinanzi a lui e lochiamavano -imperatore Pietro . La moglie, anch'essa circondata da contadine che simostravano riverenti, veniva chiamata -imperatrice .Il corteo di questi uomini, autoproclamatisi dignitari, attraversò molti villaggi e in ognuno diessi Pugaªcev si fermò a lungo e venne presentato ai sudditi come l'imperatore defunto datempo, mostrando agli scettici i -marchi dello zar , vale a dire le cicatrici della scrofolosi che glideturpavano il petto. Gli stendardi con i simboli dei Vecchi credenti indussero moltisimpatizzanti a seguirlo, dato che la -nuova fede veniva considerata con disgusto (anche se eraormai in vigore da un secolo): molti, infatti, l'associavano all'imposizione delle demoniacheforme di pensiero e di governo occidentali adottate a San Pietroburgo.Con una sorprendente rapidità il falso Pietro Iii radunò intorno a sé un esercito di seguaci. Divillaggio in villaggio si spargeva la voce che l'imperatore fosse tornato per ripristinare l'anticafede e le vecchie usanze. Pugaªcev allargò la sua corte. Adesso aveva un segretario di stato: sitrattava di un proprietario terriero russo che, pur sapendo che l'oscuro e tarchiato cosacco eraun mistificatore, vedeva in lui la persona capace di organizzare i dissidenti e fare esplodere larivolta. Justina, la moglie di Pugaªcev che si atteggiava a vera imperatrice (non si facevachiamare Caterina dato che quello era il nome della scellerata, colei che aveva deposto il marito),aveva un seguito di damigelle d'onore che la accompagnavano ovunque. Un giovane cosacco,vestito come il figlio di una nobile famiglia, recitava la parte del granduca Paolo. C'erano poisegretari, impiegati e anche cortigiani, che Pugaªcev chiamava Orlov, Voroncov e Panin.Dovunque andava, Pugaªcev era ammantato di maestosità e di falsa autorità. La sua corte gliconferiva dignità e rendeva credibile la sua impostura. Era un attore convincente; sapevapiangere quando era necessario, riferì in seguito un osservatore, e sapeva essere moltopersuasivo. Quando stava in piedi di fronte alla gente con il caffettano e il cappello di velluto epiangeva, sostenendo di essere il vero imperatore che si preoccupava di loro come Cristo si eracurato dei suoi discepoli, commuoveva i loro cuori e guadagnava la loro fiducia. Sapeva benecosa volevano sentirsi dire i suoi cosacchi e i popoli non russi tra i quali vivevano.Circondato dalla sua corte fasulla, con i preti che lo incensavano e gli stendardi ricamati con isimboli dei Vecchi credenti che risplendevano alla luce del sole autunnale, faceva bizzarrepromesse e suscitava stravaganti speranze.Tutti coloro che si univano al -grande ordine , diceva Pugaªcev, avrebbero sperimentato -lalibertà dei fiumi dalle sorgenti alle foci, e la terra e il suo raccolto, e il pagamento in denaro, ilcomando e la polvere, e provviste di grano . Se l'avessero aiutato a riconquistare il trono dalquale era stato ingiustamente cacciato dall'usurpatrice Caterina assetata di potere, egli non liavrebbe soltanto ricompensati, ma avrebbe anche posto fine una volta per tutte alle ingerenze diSan Pietroburgo nel modo di vivere libero e indomito dei cosacchi.Abbondanza, ricchezza, ripristino dei costumi tradizionali e dell'antico credo: questo era ilprogramma politico del falso Pietro Iii. Sapeva come ammantare il suo messaggio e la sua figuradi una retorica quasi mistica. -Chi è perso, logorato e triste proclamava -chi desidera me edesidera essere mio suddito e sottomesso ai miei ordini, sentendo il mio nome, deve venire ame. Era l'amorevole padre della Russia, simile a Cristo, che tutto perdona e offre ai suoi figli nonsolo assoluzione, ma anche vittoria sulla falsissima imperatrice, il suo governo e le sueillegittime pretese.Pugaªcev si presentava come un santo martire, il sacro imperatore scelto da Dio per guidare il

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popolo, offeso e ferito da chi l'aveva allontanato dal potere. Diceva a tutti quelli che l'ascoltavanoche era stato lontano dalla Russia per molti anni, vagando in Egitto e in Terra santa, in lutto peravere perso il suo diritto di nascita. Adesso che era tornato, chiedeva piangendo di aiutarlo ariprendere ciò che era suo. Centinaia e poi migliaia di contadini, lavoratori, soldati e abitantidelle città si inginocchiavano dinanzi a lui con riverenza e giuravano di essere disposti aobbedire ai suoi ordini.

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tutte le osterie si incominciò a parlare del ribelle cosacco. Alcuni moscoviti credettero chel'imperatore Pietro fosse veramente ritornato a rivendicare l'alleanza del suo popolo; molti altri,pur sapendo o sospettando che la ribellione si basava su un'impostura, si mostrarono favorevolia quell'enigmatica figura che chiedeva loro fedeltà contro Caterina, l'imperatrice filoeuropea eguerrafondaia.

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meno numeroso, meno concentrato e meno opprimente), avrebbero potuto riportare l'imperoalla sua naturale condizione di prosperità e armonia.

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liberamente del -secolo di ferro e delle sue caratteristiche. Grimm scrisse che alla finedell'inverno era in cordialissimi rapporti con l'imperatrice. Egli era entusiasta della suacompagnia. -Entravo nei suoi appartamenti con la stessa confidenza dei suoi amici più intimiraccontò in seguito -certo di trovare nella sua conversazione una riserva inesauribile diargomenti di grande interesse, presentati nella maniera più arguta.

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simile, folle passione!

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Capitolo XXIV.Qualcuno riferì che, verso la fine del 1774, l'imperatrice Caterina si recò in gran segreto - forsetravestita - nella chiesetta di San Samson, in un oscuro sobborgo di San Pietroburgo,accompagnata soltanto da una dama di compagnia. Qui incontrò Grigorij Pot‰mkin, insieme auno dei suoi nipoti e a un ciambellano di palazzo. Poco dopo comparve un prete e per oltreun'ora la chiesa rimase chiusa ai fedeli perché era in corso una cerimonia privata. Si trattava diun matrimonio.La sposa, una matrona dai capelli grigi e lo sguardo luminoso, aveva le guance imporporate dallagioia e rimase calma mentre la sua dama per tre volte le sollevò la corona d'oro dalla testa. Losposo, che troneggiava massiccio fissando con l'occhio sano le immagini sacre dipinte sullascintillante iconostasi, dovette inchinarsi ogni volta che la corona passava sul suo capo. Il corocantò, la coppia fu benedetta e dopo una lunga cerimonia venne congedata. Per la seconda voltanella sua vita Caterina aveva preso marito.è impossibile sostenere con certezza che Caterina abbia davvero partecipato a questa cerimonianuziale con il suo amato Pot‰mkin, anche se da alcuni indizi sembra che sia effettivamentesuccesso. Nei biglietti che l'imperatrice scrisse al suo favorito, spesso si riferiva a se stessa comea sua moglie e lo chiamava -caro marito . In una lettera, scritta nel 1776, parlando di sé in terzapersona chiedeva timidamente: -Non è forse stata legata a te due anni fa con sacri vincoli? .Caterina sapeva che l'imperatrice Elisabetta aveva sposato l'amante Aleksej Razumovskij, ilquale aveva a lungo conservato i documenti che lo provavano, anche se con un atto di galanteriali aveva bruciati quando l'effettiva esistenza del contratto di matrimonio aveva minacciato didisonorare il buon nome della defunta imperatrice. Esisteva, perciò, un precedente non remotodi un matrimonio privato di un'imperatrice russa.Soltanto pochi anni prima Caterina aveva deciso di non sposare Grigorij Orlov, provocandone ilrisentimento.Ma Pot‰mkin non era Orlov. Era l'amante ideale, il compagno dalla stimolante intelligenza e ilpotenziale collaboratore nell'attività di governo che aveva sempre desiderato. Pot‰mkinincarnava una straordinaria sintesi di tutto questo: era tutto ciò di cui Caterina aveva bisogno, eancora di più. Se lo avesse sposato, del resto, non ci sarebbe stato alcun inconveniente, nessunacomplicazione dinastica, perché aveva ormai superato l'età fertile. Inoltre, non era necessarioche la notizia trapelasse: il matrimonio sarebbe stato il loro frivolo, sentimentale e romanticosegreto, il simbolo di quello che Caterina considerava un -eterno amore . La testimonianza, oltreal temperamento di Caterina, lascia supporre che si sia realmente svolta una cerimonia nuziale.In effetti, Caterina aveva più che mai bisogno di essere rassicurata dall'amore di Pot‰mkin edal suo appoggio, perché il suo regno doveva ancora ristabilirsi dopo il violento sconvolgimentoprovocato dalla clamorosa rivolta contadina, evento che aveva messo a repentaglio la suasicurezza più di ogni altra precedente crisi.L'estate precedente, la ribellione, inizialmente fomentata dall'impostore Pugaªcev, era diventataqualcosa di più esteso e terrificante di una sollevazione circoscritta a qualche popolazione diconfine. Oltre diecimila contadini dell'Est e del Sudest asiatico si erano rivoltati contro i loropadroni, proclamando la loro libertà e condannando le leggi consacrate dal tempo e laconsuetudine che li costringeva a coltivare la terra a beneficio dei proprietari terrieri. Ispiratidalle parole della loro guida, Pugaªcev, bande di contadini armati di asce e coltelli, mazze dilegno e bastoni appuntiti avevano assalito le abitazioni dei nobili di campagna e dato inizio auna vera orgia di violenza e di massacri.Moltissimi nobili vennero decapitati; furono loro tagliati mani e piedi e i loro toraci straziatifurono esposti al pubblico come trofei insanguinati. Le donne furono rapate e trucidate, ibambini massacrati senza pietà e lasciati morire accanto ai genitori. Non venne risparmiatonessuno: né gli anziani, né gli infanti, né i monaci, né i preti. Le abitazioni vennero bruciate, lechiese saccheggiate e distrutte, i granai e gli altri fabbricati dati alle fiamme.La tradizionale pietà contadina cedette il posto alla sete sanguinaria: i ribelli perforarono gliocchi delle sacre icone, profanarono altari, sfregiarono quadri di soggetto religioso e rubaronovasellame prezioso. Migliaia di innocenti persero la vita per mano dei rivoltosi e innumerevolialtri furono lasciati senza cibo, riparo e mezzi per sostentarsi.Mentre avanzava l'estate, la terribile ondata di violenza non accennava a esaurirsi. Gli abitantidelle città, temendo di essere attaccati da queste bande inferocite, cercarono inutilmente riparoaltrove.A un certo punto si diffuse la notizia che la città di Kazaªn era stata occupata, saccheggiata e

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completamente bruciata da Pugaªcev e da ventimila suoi seguaci vendicatori, e dilagò il timoreche presto sarebbe stata assaltata anche Mosca. Le spie di Caterina la informarono che eranostati scelti dei sicari per uccidere lei e il figlio. Per settimane sembrò che le forze inviate perfermare e sconfiggere definitivamente gli insorti non fossero in grado di conseguire il loroobiettivo.

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venisse redatto un catalogo ufficiale dei farmaci. Si adoperò anche per sostenere la giovaneuniversità di Mosca, che non aveva ancora vent'anni; i docenti, infatti, erano pochi e nonqualificati, l'ateneo era diretto in modo incompetente e solo pochi studenti rimanevano iscrittiper il tempo necessario a conseguire la laurea.

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assalivano, Caterina lasciava che la sua muscolatura si rilassasse nel completo appagamento deisensi. La rigida e autocontrollata figlia di un ufficiale prussiano scoprì con Pot‰mkin il gusto dinon fare nulla, di sprofondare per ore in un'inedia soddisfatta. In fondo al suo cuore, la zarinaaveva sempre continuato a pensare a se stessa come al brutto anatroccolo che era stata per suamadre; ma ora, grazie alla dolcezza del corteggiamento di Pot‰mkin, si sentiva il cigno piùbello, di nuovo giovane e fremente.

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grande palazzo Kolomenskoe, fatto di legno, venisse demolito. Si sentiva molto a disagio fra lecupole a forma di cipolla e i tetti a punta della città antica, perciò decise di traslocare in unagrande residenza un po' più distante da Mosca, cui assegnò il nome di Kariªcjno. Qui siintratteneva con la nobiltà moscovita (nei primi mesi successivi al trasloco diede ottoricevimenti e tre feste danzanti) e ospitava la sua corte.

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cambiamenti lenti ma profondi. Gli uffici amministrativi locali, che erano enormi, disorganizzatie sottorganico, vennero ridimensionati e resi più efficienti. Gli ufficiali che li dirigevanodovevano rendere conto del loro lavoro direttamente all'imperatrice e ai suoi deputati epotevano così affrancarsi dagli arbitri e dai capricci dei nobili del posto. Furono istituiti degliuffici per la pubblica assistenza, sovvenzionati dal tesoro di San Pietroburgo, per costruireospedali, scuole, manicomi e alloggi per i poveri. Furono fondate nuove città secondo pianitopografici di stampo europeo: erano un simbolo di come era possibile creare un mutamento inRussia, facendo dei progetti, eseguendoli con ordine e mantenendosi sistematici e fermi nelrealizzarli.

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Per Caterina, al primo posto veniva il lavoro: l'implacabile e impegnativa attività di governo. Eraciò che dava significato alla sua vita e alle sue giornate; era la sua occupazione, ciò che chiamavail suo métier. In funzione di questo lavoro, faceva in modo di accogliere ogni mattino con lamente sgombra e, se possibile, con uno spirito sereno. Le piaceva andare a letto presto, leggere oricamare un po', e poi prepararsi per la notte.Desiderava ardentemente l'amore, e ne aveva bisogno, ma non voleva che nessuna relazionesentimentale la tirannizzasse o sconvolgesse l'equilibrio e l'ordine della sua vita; o almeno nontroppo a lungo.Pot‰mkin era una creatura completamente diversa. Il lavoro non influenzava granché la suavita.Alcuni osservatori pensavano che fosse del tutto incapace di lavorare, dato che la sua passionesembrava essere quella di dormire completamente nudo sopra soffici divani. Era sorprendentela sua capacità di trovare sempre nuove occasioni di svago e di piacere, ognuna delle qualicostituiva un valido motivo per rimandare il momento di occuparsi degli impegni quotidiani.In realtà, Pot‰mkin sapeva essere straordinariamente produttivo, ma questi brevi scoppi diinstancabile attività erano sistematicamente preceduti e seguiti da lunghi sonni o estenuantipause di riflessione. Era smodato in tutto ciò che faceva: poteva trascorrere intere nottate a beree a fare l'amore, ritirarsi all'improvviso in solitarie meditazioni religiose oppure concedersilunghi periodi di riposo, magari interrotti da imprevedibili insonnie. La vita tranquilla eordinata di cui Caterina si alimentava rappresentava un'insostenibile noia per lui;effettivamente, ogni sorta di routine era per lui un anatema. Dopo quasi due anni che divideva illetto con l'imperatrice - o comunque il bagno turco - aveva ricominciato a guardarsi intorno incerca di altre donne e molto probabilmente aveva instaurato altre relazioni.Ma Pot‰mkin e Caterina continuavano a essere uniti da una straordinaria passione che nonaccennava a diminuire d'intensità e negli intervalli tra le loro liti e i loro periodi di estraneità laloro affinità mentale continuava a procurare loro grande soddisfazione e dare scopo ai lorosforzi congiunti. Pot‰mkin cercava di aumentare il suo potere e la sua autorità; Caterina, conuna lucida percezione delle potenzialità dell'amato, non oscurata dall'infatuazione odall'esasperazione, era disposta ad affidargli il potere e l'autorità che sentiva di poter rischiare.Del resto, il legame affettivo era sempre forte tra loro: Caterina continuava a essere la -piccolamoglie di Grigorij, ed egli era il suo -adorato marito .In qualche modo, durante l'inverno del 1775-76, giunsero a un compromesso: Pot‰mkinavrebbe continuato ad avere l'amore dell'imperatrice e sarebbe stato nominato capo dei deputatinei lavori di governo. Ma un altro uomo - un giovane di bell'aspetto, che Caterina potevaplasmare secondo i suoi gusti avrebbe svolto le funzioni di consorte nella camera da lettoimperiale. Per fare sentire Pot‰mkin maggiormente a suo agio con questa decisione, egliavrebbe partecipato alla scelta del giovane.Si trattava di un accordo bizzarro e forse senza precedenti, una sorta di variazione sul tema delménage à trois. Furono pochissimi coloro che, a corte o fuori, accettarono la situazione ocompresero l'imperatrice che aveva concepito una simile soluzione. Con il passare del tempo, lacosa scatenò su Caterina una valanga di disapprovazioni.Il 2 gennaio del 1776, il giovane e avvenente segretario polacco di Caterina, Petr Zavadovsky, siinsediò nell'appartamento del favorito dell'imperatrice, inizialmente occupato da Orlov, poi daVasiªlªcikov e infine da Pot‰mkin.Immediatamente un'impercettibile ondata di inquietudine attraversò la corte; i servitori, gliufficiali e tutti gli altri membri del seguito imperiale incominciarono a chiedersi quale fosse lamigliore strategia per entrare nelle grazie di Zavadovsky.Supposero che Pot‰mkin fosse stato allontanato e soppiantato dal nuovo amante. Ma,osservando più attentamente, si accorsero che Grigorij Pot‰mkin godeva ancora dei favoridell'imperatrice. Non aveva completamente liberato l'appartamento in cui Zavadovsky si erainsediato, e sebbene Caterina avesse regalato al -marito il palazzo Aniªckov per trasferirvi la suaresidenza, una volta che fosse stato magnificamente ridipinto, Pot‰mkin preferiva starlevicino, all'interno del palazzo imperiale o in una casa adiacente al parco.Nel marzo del 1776 Caterina informò la corte che Grigorij Pot‰mkin avrebbe assunto da allorain poi il titolo di -sua serena altezza o -principe Pot‰mkin . Sebbene Zavadovsky fosse divenutoil suo amante abituale, Pot‰mkin rimaneva ancora il suo -signore e padrone , il suo soloconsorte, colui che regnava con lei.Un nuovo ordine ebbe il sopravvento.

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Proprio mentre Caterina era impegnata a impostare la sua nuova vita sentimentale, le giunse lanotizia che la granduchessa Natalia era incinta. La nuora, che dapprima Caterina aveva salutatocome una -donna d'oro , vitale, pura e affascinante, con il tempo si era rivelata una delusione.Era infatti volubile, superficiale e molto meno intelligente di quanto Caterina avesse sperato. -Amava gli estremismi scrisse Caterina a Grimm; in particolare, si innamorò perdutamente diAndrej Razumovskij, uno dei compagni prediletti del granduca.Paolo non sospettava che Natalia gli fosse infedele, ma tutta la corte era a conoscenza dellarelazione e quando fu annunciata la gravidanza di Natalia, molti avanzarono illazioni sulla realepaternità del bambino.Inoltre, il figlio che Natalia portava in grembo, soprattutto se fosse stato un maschio (cosa chetutti si auguravano ardentemente) e nell'eventualità che Paolo fosse salito al trono dopoCaterina, sarebbe stato il primo erede in linea dinastica. La continuità della dinastia dipendeva,dunque, dalla nascita di un erede in buona salute.Nelle prime ore del 10 aprile del 1776 il granduca inviò un servitore ad avvisare la madre cheNatalia era entrata in travaglio. L'anziana contessa Marija Rumjanªceva, che si trovava a corteda sessant'anni e aveva fatto nascere centinaia di bambini sani, era l'ostetrica dellagranduchessa; a portata di voce c'erano poi i dottori che avrebbero assistito la partoriente se letecniche tradizionali delle levatrici non fossero state sufficienti.Le ore passavano e i cortigiani si raccolsero in capannelli fuori della camera della partoriente,aspettando la notizia della nascita del bambino.Dall'interno della stanza giungevano vari rumori, ma nessun servitore uscì ad annunciare lavenuta al mondo del principe. I cortigiani rimasero in attesa per tutta la sera, ma a mezzanotte siritirarono nei loro appartamenti, pensando che sarebbero stati svegliati prima dell'alba dallabuona novella del parto di Natalia.Nel corso di quella lunga domenica, l'imperatrice si recò più volte in visita alla nuora,intrattenendosi a parlare con la contessa Rumjanªceva.Certamente, in quel frangente, Caterina si ricordò del suo primo, straziante e doloroso travaglio,di come era stata abbandonata in balia della morte e delle lunghe ore di sofferente agonia. Perquesto, fece in modo che Natalia godesse di tutte le comodità possibili.La mattina seguente, l'imperatrice tornò nella camera della granduchessa.Natalia era esausta: non si era ancora sgravata del suo fardello e la contessa era preoccupata.L'imperatrice ordinò allora a due ostetrici tedeschi, il dottor Kruse e il dottor Tode, di visitare lanuora, ma al termine del loro accurato accertamento non venne presa nessuna decisione. Ichirurghi erano pronti a incidere il ventre della granduchessa: un intervento drastico che forseavrebbe salvato il bambino, sacrificando però la vita della madre.Venne deciso di non procedere all'operazione.Quali che furono le circostanze che determinarono questa scelta, essa si dimostrò fatale.Caterina rimase in attesa mentre Natalia continuava a combattere con coraggio, senza tuttaviatrovare la forza per espellere il bambino. Alle urla strazianti seguirono grida più rauche, poisoltanto lamenti. Il volto della granduchessa, solcato di lacrime, era pallidissimo. Ormai iltravaglio durava da quarantotto ore e furono mandati a chiamare altri medici. La contessaRumjanªceva, stanca e scoraggiata, disse all'imperatrice che temeva che né Natalia né ilbambino potessero più essere salvati. I medici confermarono la sua opinione; nel grembo non sirilevavano più movimenti: molto probabilmente il bambino era morto.Ma si trattava pur sempre di un membro della famiglia imperiale e bisognava fare ogni sforzoper salvarlo, e per salvare anche la madre. I dottori potevano sbagliarsi.Caterina, che da quando era iniziato il travaglio di Natalia aveva dormito poco e avvertiva deiforti spasmi alla schiena in concomitanza con le contrazioni della povera nuora, eraprofondamente colpita da quel tragico evento.-Nella mia vita non mi ero mai trovata in una situazione più difficile, in una posizione piùdolorosa scrisse in seguito a Grimm.-Mi dimenticai di bere, mangiare e dormire e non so in che modo le forze mi sostennero. Erastraziante rimanere in piedi ad assistere impotenti a tutto quel dolore, mentre Natalia si avviavalentamente verso la morte tra sofferenze atroci. Intorno al letto c'erano quattordici persone tramedici, chirurghi e levatrici, oltre a uno stuolo di cameriere e servitori. Ma nessuno poteva piùfare nulla.Natalia impiegò cinque giorni a morire. Quando alla fine spirò, qualcosa si spezzò nel cuore diCaterina.

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-Diventai di pietra scrisse.Il ventre della defunta granduchessa venne inciso e rivelò un bambino maschio -perfettamenteformato . Era talmente grosso che la granduchessa, che presentava una deformazione allacolonna vertebrale, non era riuscita a partorirlo. Quella tragica esperienza fu per tuttitraumatica e aggravò la delusione generale. Paolo si abbandonò a manifestazioni incontrollate dirabbia e di dolore: ruppe sedie, frantumò specchi e cercò anche di uccidersi. Caterina, in unmaldestro tentativo di ricondurlo alla ragione, gli presentò le prove dell'infedeltà della defuntamoglie, ottenendo soltanto di aumentare la sua cieca frustrazione e di accrescere l'odio del figlioper lei.Presa nei preparativi per il funerale della granduchessa nel monastero Nevskij e con la corte inlutto stretto, Caterina trascorse un malinconico quarantasettesimo compleanno, certa che sequella terribile prova non l'aveva annientata, niente avrebbe più potuto farlo.

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Capitolo XXV.All'età di cinquant'anni, l'imperatrice Caterina aveva ormai strabiliato il mondo occidentale. Lamodesta figlia di un soldato non blasonato era diventata sovrana di un vastissimo impero chespaziava dal Baltico alla Siberia. Gli obiettivi che aveva raggiunto erano moltissimi: avevacompiuto grandi conquiste militari, firmato trattati di pace, emanato leggi; si era fattapromotrice delle arti, guida illuminata di un popolo enormemente arretrato. In tutta Europa sitessevano le sue lodi; ovunque si riunissero delle persone colte si udiva pronunciare il suo nome.E se anche su di lei gravava l'ombra di un oscuro sospetto - quello di avere orchestratol'assassinio del marito per salire sul trono - molti anni di un governo estremamente generosoavevano finito per dissolverla.Il principe De Ligne - un emissario del governo austriaco di straordinaria sensibilità, inviato aSan Pietroburgo per migliorare la stretta cooperazione militare tra la Russia e l'Austria riuscì aconoscere profondamente l'imperatrice. La descrisse nel momento in cui aveva raggiunto lasoglia del mezzo secolo. -Il suo volto scrisse -rivelava genio, senso di giustizia, coraggio,profondità, serenità, dolcezza, calma e decisione. E aggiungeva: -La franchezza e l'allegriaalbergavano sulle sue labbra; si notava appena che era piccola di statura .Se Caterina, che non era in effetti una donna molto alta, sembrò piccola a De Ligne fu anche acausa della sua crescente pinguedine (-in Russia la gente presenta una certa tendenza aingrassare notò il principe De Ligne). Con il corpo appesantito e i capelli grigi pettinatiall'indietro e raccolti in una crocchia, Caterina dava un'impressione di sobrietà e di buonsenso.Di solito vestiva in maniera elegante, ma sobria; agli occhi dei visitatori europei il suo stileappariva quasi severo, in un periodo in cui alla corte francese le donne dedicavano molte ore allascelta di abiti estremamente fantasiosi e di acconciature piene di riccioli, alte decine dicentimetri.Il barone de Corberon, cercando di valutare Caterina, confessò di esserne rimasto disorientato.Ammise che l'imperatrice era una donna fuori del comune, ma non riusciva a capacitarsi diquello -straordinario insieme di coraggio e timore, sicurezza e debolezza, fermezza e incertezza.Balzando continuamente da un estremo all'altro scrisse -offre migliaia di aspetti differenti dellasua personalità a chi la osserva, che tenta invano di afferrarla e cogliere la sua vera natura e che,deluso dalla inutilità dei suoi sforzi, finisce per metterla fra le migliori attrici, non riuscendo ametterla tra le grandi sovrane .Corberon era sconcertato, in parte per la sua incapacità di conciliare l'umanità di Caterina con lasua maestosità e le sue straordinarie qualità, in parte perché l'imperatrice era in effetti unapersona volubile, capace di trasformarsi, quando voleva, da sovrana in padrona di casainformale o in arguta conversatrice.Non si metteva mai in posa: la sua naturalezza e la sua schiettezza la rendevano singolare nelpanorama di quell'epoca artificiosa. Non si preoccupava di nascondere di fronte ai cortigiani ivari aspetti della sua personalità; eccetto, naturalmente, la sua disposizione al pianto e la suadebolezza, che cercava di celare con parziale successo. Come scrisse la sua corrispondente,madame Bielke, Caterina -con una mano emanava le leggi mentre con l'altra ricamava .La reputazione della zarina ricevette un duro colpo quando Zavadovsky diventò il favoritoufficiale, mentre Pot‰mkin continuava a essere considerato il suo consorte e riceveva maggioriricompense di prima.I moralisti storcevano il naso e spettegolavano come mai avevano fatto in passato. Ma non erasolo un problema morale: anche quelli che non condannavano la sregolatezza della vita privatadi Caterina osservarono prontamente che il suo comportamento la danneggiava politicamente.Come sovrana, non poteva permettersi di seguire liberamente ogni sua inclinazionesentimentale o sessuale: aveva il dovere di pensare prima all'onore del suo alto incarico. Eadesso, quell'onore, lo stava mettendo in pericolo.L'ambasciatore inglese James Harris, amareggiato dal fatto di non essere riuscito a ottenerel'appoggio dell'esercito russo nella battaglia contro i coloni americani, inviò ai suoi superiori aLondra un ritratto veramente poco adulatorio dell'imperatrice. Secondo Harris, Caterina avevarecentemente subito una metamorfosi ed era realmente peggiorata. Nei primi otto anni del suoregno, sosteneva l'ambasciatore, l'imperatrice aveva governato con molto criterio e dignità. Manegli ultimi tempi si era fatta influenzare troppo da Federico il Grande. Era diventata cinica,aveva perso il suo equilibrio morale. La cosa peggiore era che la sua -propensione alla sensualitàera del tutto incontrollata e la conduceva a -eccessi che degradavano una donna in ogni sferadella sua vita .

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Secondo Harris, la rottura con Grigorij Orlov aveva costituito un grave errore perchéquest'ultimo, anche se non era un uomo eccessivamente brillante, era -integerrimo eassolutamente onesto .Orlov non aveva mai adulato l'imperatrice. Dopo di lui, Caterina si era circondata diopportunisti che avevano tentato di corromperla e aveva permesso alla loro adulazione diinfluenzare il suo giudizio. Le sue -indegne tendenze prendevano continuamente il sopravventosu di lei ed ella vi si abbandonava senza ritegno.-La corte scrisse Harris -che aveva governato con la più grande dignità e con estremo decoro, eradiventata un teatro di depravazione e immoralità.Questa decadenza era stata così rapida che nel breve periodo in cui sono stato in questo paese èavvenuta una profonda rivoluzione nelle abitudini e nei costumi tradizionali dei cortigiani.Soltanto un miracolo avrebbe potuto salvare l'imperatrice dalla sua sventurata condizione,comunicò Harris al governo, aggiungendo che, secondo il suo parere, non era probabile chequesto miracolo avvenisse all'età di Caterina. Secondo Harris, dietro a tutto questo c'era l'ombradi Pot‰mkin. Quell'uomo dominava completamente Caterina. Non aveva scrupoli e usava lasua profonda conoscenza della debolezza dell'imperatrice e la sua sensualità per mantenere ilproprio insano potere su di lei. La spaventava dicendole che il figlio aveva intenzione dispodestarla e che poteva contare solo su di lui per scongiurare il tentativo di Paolo. Inoltre,Pot‰mkin aveva fatto in modo di minare la fiducia che Caterina nutriva nei confronti degliOrlov, i suoi più fidi alleati per vent'anni, dicendole che Aleksej aveva cercato di avvicinarsi algranduca Paolo in attesa di un colpo di stato e mettendo in ridicolo Grigorij perché avevasposato una bambina.Nel complesso, se dobbiamo credere alle descrizioni degli ambasciatori stranieri, la corte sitrovava in uno stato davvero deplorevole. In realtà, l'imperatrice stava sopportando con calma ladisapprovazione e lo scherno dei suoi detrattori. De Ligne l'aveva soprannominata l'-Imperturbabile . E imperturbabile si può dire che lo fosse davvero, perché riusciva a mantenereun notevole equilibrio nella sua vita divisa tra il lavoro, la ricreazione del corpo (amava farelunghe camminate e recarsi a caccia ogni volta che i suoi impegni glielo consentivano), il piaceredi stare con gli amici e la compagnia dei favoriti.Nel corso degli ultimi anni Settanta, i favoriti si alternarono con una certa velocità. Il timidoZavadovsky, che aveva finito per innamorarsi dell'amante imperiale e aveva sofferto moltoquando era stato sostituito con il focoso ussaro Simon Zoriªc, si lamentò di essere stato tenutosotto stretta sorveglianza.Zoriªc era alto, bello e portava i baffi; aveva un debole per i giochi d'azzardo e in generale nonera molto onesto quando si trattava di soldi (una volta Caterina confidò ai suoi più intimi amiciche si aspettava sempre -che facesse qualcosa di sconveniente ). Una volta commise il graveerrore di litigare con Pot‰mkin, il che provocò il suo allontanamento dalla corte dopo soloundici mesi. Il suo successore, Ivan Rimskij-Korsakov - un dandy che amava i vestiti ricamati etempestati di diamanti venne soprannominato da Caterina -Pirro, re dell'Epiro per il suodelizioso profilo greco. Tradì l'imperatrice amoreggiando con la contessa Bruce e lasciò la cortedopo poco più di un anno.Tuttavia, nessuna di queste relazioni riuscì a soddisfare il bisogno di amore romantico e dispontanea intimità sessuale dell'imperatrice. Zavadovsky divenne geloso e Caterina si scoprìinsofferente di fronte alle sue richieste di attenzioni. (-Appena posso gli scrisse -resto sola convoi, ma il potere regale, lo confesso, interferisce molto. ) All'inizio egli aveva -nutrito la miapassione anima e corpo gli scrisse, ma in seguito il suo infantilismo, le sue crisi di pianto e iperiodi di depressione portarono alla definitiva rottura; tuttavia, nonostante il cuore infranto,Zavadovsky continuò a mantenere la sua posizione in molti incarichi ufficiali. Né Zoriªc néRimskij-Korsakov erano più soddisfacenti di Zavadovsky e dopo tre anni di quel bizzarroménage à trois l'imperatrice si sentiva derubata della sua pace affettiva.Caterina, che aveva scritto con sconvolgente consapevolezza che il suo cuore -non volevarimanere un'ora senza amore , non aveva ancora trovato il modo di assicurarsi quell'amoresenza rinunciare al potere, a una relazione continuativa o al completo appagamento. A quantosembrava, i vari partner sessuali le procuravano al contempo gioie e dolori: o perché eranoinfedeli come Rimskij-Korsakov, o perché erano mutevoli di carattere e immaturi, osemplicemente perché erano superficiali. Erano certamente attraenti, ma erano ben lontani daoffrirle tutto ciò che Pot‰mkin era riuscito invece a darle. Ma non c'era solo la sua delusionepersonale: a questa si aggiungeva la costante preoccupazione che Pot‰mkin, la cui gelosia e

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possessività erano sempre evidenti, potesse intromettersi di prepotenza e cacciare tutti coloroche considerava seriamente suoi rivali.

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adulteri dalla sua corte: un compito che equivaleva a quello di ripulire le stalle di Augia e che larese ridicola agli occhi del mondo. (Caterina, per esempio, l'aveva soprannominata -santa Teresa.) Questo grande modello di morigeratezza riusciva a malapena a pronunciare il nome della suaviziosa alleata russa e, quando parlava di lei, la indicava semplicemente come -quella donna .

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esaminare il funzionamento delle scuole e degli ospedali, delle corti e degli uffici esattoriali, inmodo da poterne venire prontamente informata al suo arrivo.

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partecipazione dell'Austria. Anche quando mostrò a Giuseppe i ritratti dei nipotini, Alessandrodi due anni e Costantino di uno, nati dal secondo matrimonio di Paolo, riuscì a tornare suldiscorso: il secondogenito era stato chiamato Costantino da Costantinopoli, la città che ellaintendeva conquistare, e il ritratto del bimbo era stato dipinto su un drappo tradizionale greco.Un giorno, disse Caterina, il piccolo Costantino regnerà su una nuova Grecia, che la Russia avràliberato da secoli di oppressione turca.

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più grave di un semplice mal di gola. Caterina fece allora convocare uno specialista tedesco daSan Pietroburgo, che le disse bruscamente in tedesco che Lanskoij aveva una febbre maligna aprognosi letale.

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fine al dilagare di volgari pettegolezzi sul suo conto. Circolavano atroci aneddoti sulla morte delmite e giovane poeta, secondo i quali Caterina l'aveva sfinito con le sue insaziabili pretesesessuali. Era morto nel suo letto, cercando invano di soddisfare l'insana passionedell'imperatrice. L'aveva costretto a trangugiare afrodisiaci velenosi, pozioni così forti cheavevano fatto gonfiare il suo corpo fino all'inverosimile. L'aveva avvelenato, così come avevacertamente fatto con suo marito Pietro: prova ne era il fatto che il suo cadavere emanava unfetore insopportabile e che gli arti erano separati dal tronco.

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Capitolo XXVI.Centinaia di fiaccole ardenti illuminavano l'immenso cortile del palazzo imperiale di CarskoeSelo nelle ultime ore che precedevano l'alba del 7 gennaio del 1787. Una spessa coltre di nevenascondeva il giardino, il ghiaccio ricopriva le leggiadre volute del cancello di ferro e le quattrostatue classicheggianti che dominavano l'ingresso erano semisepolte dalla neve.Le torce crepitavano nell'aria fredda e chiara; il sibilo e lo schioppettio delle fiammesovrastavano il cigolio delle ruote delle carrozze, lo scalpitio degli zoccoli dei cavalli, le urla deiservi e lo scricchiolio delle casse di legno.Erano in corso i preparativi per allestire le quattordici enormi carrozze da viaggio, montate surotaie di legno, che avrebbero accolto i prestigiosi occupanti. Le ruote erano state fatte riplaccared'oro e i pannelli policromi erano ritoccati di fresco. Nella carrozza dell'imperatrice, la piùgrande e la più sfarzosa di tutte, si trovavano combustibile per la stufa, ceste di provviste,coperte riscaldate, abiti, l'occorrente per la toilette e, per precauzione, una scorta di medicinali.Il freddo pungente gelava la barba degli uomini e congestionava le mani tremanti dellecameriere, mentre i preparativi per il viaggio imperiale continuavano. Quasi duecento slitteerano state riempite di bauli e casse, barili di birra, vino e miele, sacchi di grano, ceste colme diformaggi, frutta e altre provviste, biancheria di ogni genere, coperte orlate di pelliccia e bracieri:vale a dire tutti i generi necessari per un viaggio che si prevedeva assai lungo.Gli stallieri e gli sguatteri si occupavano delle migliaia di cavalli che avrebbero dovuto trainare lecentinaia di carrozze, mentre paggi e domestici, cameriere e cuoche si azzuffavano perconquistarsi un posto in quella imponente processione.L'imperatrice stava per intraprendere il viaggio più lungo e ambizioso della sua carriera:intendeva raggiungere i territori meridionali dell'impero e mostrare ai turchi tutto lo splendoredel suo impero e il suo immenso potere militare. Questa lunga visita era stata decisa un annoprima e per molti mesi gli ufficiali del suo seguito si erano occupati dei preparativi, sotto lasupervisione puntuale di Caterina.L'imperatrice era entusiasta. Quel viaggio appagava la sua brama di conquista ed era un modoper fare conoscere ai sudditi ciò che la zarina e il suo deputato e talvolta consorte Pot‰mkinavevano realizzato fino a quel momento. Era ansiosa di partire.Molti a corte avevano cercato di dissuaderla. Dopotutto, aveva quasi cinquantotto anni, ledicevano; era afflitta da svariati malanni e dolori, segni dell'età, e non poteva aspettarsi di averepiù l'energia necessaria per compiere un'impresa di quel tipo.-Tutti mi prospettavano ostacoli e disavventure scrisse Caterina in una lettera a Grimm. -Volevano spaventarmi mettendomi in guardia contro la fatica del viaggio, l'aridità dei deserti e ilclima insalubre. Questa gente mi conosceva ben poco continuava. -Non sapeva che,ostacolandomi, mi incoraggiava: ogni difficoltà che mi veniva prospettata costituiva un nuovosprone per me.A cinquantotto anni Caterina era ancora ostinata e testarda come era sempre stata, decisa adandare dritta per la sua strada. Questa cocciuta determinazione era diventata una sua qualitàpredominante. (-Dio esaudisci i nostri desideri, ed esaudiscili in fretta era l'augurio con cuiaccompagnava tutti i suoi brindisi.)Quasi tutti coloro che la incontravano rilevavano questa sua caratteristica: l'ambasciatore Harrisparlò di lei come di -una donna vanitosa e davvero viziata cui non si rifiutava nulla; l'imperatoreGiuseppe pensava che fosse una sua sfortuna il fatto che nessuno intorno a lei osasse porle deilimiti. (-State attento alla forza e all'impetuosità delle sue opinioni confidò Giuseppeall'ambasciatore inglese a Vienna.)Tutti i suoi segretari sentivano il peso delle sue pretese insistenti; anche se in passato l'avevanoconsiderata la più gentile delle sovrane, adesso era talvolta irascibile e non era semplice trattarecon lei. (-è particolarmente orgogliosa del suo potere criticò Harris -e attaccata in modo ostinatoalle sue opinioni; inoltre, è gelosa o insoddisfatta di quasi tutti coloro che le si avvicinano. )Anche Pot‰mkin disse ad Harris che l'imperatrice -era diventata diffidente, impaurita e dicorte vedute , ma non sappiamo se lo scaltro Pot‰mkin avesse concordato con l'ambasciatoresoltanto per motivi di opportunismo politico.Tuttavia, per ogni pettegolezzo che circolava sull'irascibilità dell'imperatrice ce ne erano altridue che lodavano il suo calore e la sua semplicità spontanea; anche se il suo carattere non erapiù quello di una volta, Caterina era ancora capace di mostrare una genuinità che gli ospiti acorte trovavano sbalorditiva.Inoltre, all'imperatrice piaceva aiutare personalmente i membri del suo seguito e chiunque

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avesse bisogno di lei.

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Grimm che nessuno degli ospiti perse il naso o un orecchio in seguito al congelamento. Caterinaera in ottima salute, non aveva problemi di digestione, mal di testa né dolori alle gambe.Trascorreva le lunghe ore di viaggio conversando con Mamonov che in quel periodo erainteressato alla lettura di Georges-Louis Leclerc Buffon e voleva procurarsi una copia dell'operacompleta del naturalista francese - e con gli altri ospiti.

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una violenta bufera molte galere rimasero incagliate sul basso fondale.

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potesse avere una scusa per dichiarargli guerra. Il risultato dell'audace impresa non era certo,ma l'imperatrice era ottimista.

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centro, sulla sommità di una collina, brillò il monogramma imperiale disegnato da diecimilarazzi. Nello stesso momento la terra tremò. Non si era mai vista una tale potenza concentrata inun unico luogo: la Russia appariva davvero potentissima, se non addirittura invincibile.

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Capitolo XXVII.Quando l'imperatrice rientrò a San Pietroburgo, gli eventi precipitarono.Tutto accadde più velocemente di quanto Caterina si fosse aspettata. Il suo viaggio in Tauride el'esibizione della potenza militare russa avevano provocato l'arresto, da parte degli ottomani, delministro russo a Costantinopoli, provocando così lo scoppio della guerra.Appena tornata dal suo viaggio, Caterina dovette dunque affrontare immediatamente la crisi.Alla fine di agosto del 1787 convocò il consiglio e ordinò a Pot‰mkin di muovere rapidamentecontro il nemico, convinta che fossero necessarie solo poche settimane per lanciare un'offensivasu larga scala. Chiese ad Aleksej Orlov, l'eroe della celebre battaglia di €eªsme, di assumere ilcomando della flotta del mar Nero, alla quale erano state aggiunte navi appartenenti alla flottadel Baltico. Con disappunto di Caterina, Orlov rifiutò: era invidioso di Pot‰mkin e agognava diavere il comando supremo dell'esercito per surclassarlo. Se non gli fosse stata assegnata unaposizione superiore a quella del rivale, disse all'imperatrice, non avrebbe preso servizio.Caterina aveva bisogno di Orlov, ma non poteva rischiare di offendere Pot‰mkin. (Lo temeva,scrisse un acuto osservatore, -come una moglie teme un marito iroso .) Aveva piena fiducia inPot‰mkin. Senza di lui, come una volta gli scrisse in una lettera, si sentiva una donna -senzabraccia . E, quindi, dovette deludere Orlov.Durante le prime settimane di guerra sembrava che i russi facessero un passo avanti e dueindietro. Il generale Suvorov difese la città di Kinburn, che era in mano russa, da un assaltoturco, ma la flotta di Pot‰mkin, che avrebbe dovuto essere invincibile, riportò gravi perdite inseguito a una violenta bufera e non poté dare battaglia ai turchi.In effetti la flotta era stata allestita molto in fretta.Ossessionato dall'idea che tutto doveva essere pronto per l'arrivo dell'imperatrice in Crimea,Pot‰mkin aveva ordinato agli artigiani di usare un legname di scarsa qualità, senza attenderequello più pregiato proveniente dalle foreste del Nord. I bastimenti erano perciò piuttosto fragilie non erano in grado di sopportare le burrasche e la furia dei combattimenti. Inoltre, la polvereda sparo e le munizioni scarseggiavano, gli equipaggi erano incompleti e le provvisteinsufficienti.Ma la cosa peggiore era che Pot‰mkin, il braccio destro di Caterina, era in preda alladepressione e ritardava l'invio a San Pietroburgo dei corrieri che recassero le cattive notizie sullaflotta.Quando finalmente prese la decisione di scrivere a Caterina, le chiese di sollevarlo dal comando:si era convinto che la penisola non potesse essere difesa e che l'imperatrice avrebbe fatto meglioa ritirare le truppe e lasciare quella terra in mano ai turchi.Queste parole erano le ultime che l'indomita Caterina volesse sentire.La sua risposta a Pot‰mkin fu gentile, quasi materna - sapeva infatti che una secca replicaavrebbe soltanto aggravato la sua depressione - e nel complesso incoraggiante. Lo pregò di nonabbandonarsi alla disperazione e di sferrare un attacco via terra, in attesa che arrivasse dalBaltico la flotta sostitutiva. E non gli disse che, secondo i rapporti che le giungevano dallecapitali occidentali, la guerra contro i turchi rappresentava soltanto una fase di una guerra piùvasta che avrebbe presto interessato tutta l'Europa.L'inverno del 1787-88 sottopose a dura prova il sistema nervoso di Caterina. Pot‰mkincontinuò a essere intrattabile e chiuso nel suo silenzio. L'esiguità del raccolto aveva provocatocarestie e aumento di prezzi nelle città, con i conseguenti disagi. Inoltre, l'imperatrice avevaavuto il timore che una pestilenza un pericolo sempre incombente alla frontiera con la Turchia -potesse intralciare la guerra e sconfiggere Pot‰mkin. Caterina doveva affrontare i detrattori diPot‰mkin, presenti sia all'interno sia fuori della corte.Aleksej Orlov continuava a criticare l'inerzia e l'inettitudine del principe di Tauride. Sui giornalioccidentali si lanciavano accuse a Pot‰mkin perché illudeva enormemente Caterina, usando laCrimea come un colossale palcoscenico dove contadini recuperati chissà dove sfilavanoattraverso villaggi di cartapesta.Anche le dame di compagnia di Caterina deridevano Pot‰mkin, scatenando così la violentarabbia della loro padrona, che ne fece fustigare alcune per punirle della loro insolenza.Per Caterina era certamente irritante dovere difendere Pot‰mkin di fronte ai suoi detrattori,quando nemmeno lei era soddisfatta di lui.Gli scriveva pregandolo di mandarle rapporti più frequenti, di non aspettare un mese e dicendoche il suo silenzio le arrecava incertezza e ansia. Soffriva di emicranie e il suo stomaco davasegni di ribellione. Era angosciata per la penuria di denaro e dovette chiedere prestiti sostenuti

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perché le spese continuavano a crescere. Era preoccupata perché, a causa dell'inerzia diPot‰mkin, l'imperatore Giuseppe esitava a sferrare il suo attacco. Temeva che il re Giorgio Iii ei suoi ministri, allarmati per la crescente influenza russa, potessero decidere di appoggiaresegretamente la Turchia. Ed era inquieta per le notizie che le giungevano dalla Svezia, dove suocugino, il re Gustavo, stava addestrando le truppe ed equipaggiando la flotta. Se la guerra controi Turchi fosse andata male, avrebbe dovuto affrontare un altro nemico al confine settentrionale.

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testa del suo reggimento, marciò per intercettarli, mentre le navi della flotta sul Balticoritardavano la prevista partenza per il mar Nero perlustrando la costa. L'odore della polvere dasparo invadeva le strade di San Pietroburgo; gli uomini facevano esercitazioni e marciavano atutte le ore del giorno e per gran parte della notte. Caterina controllava ogni cosa e assicuravasovente gli ufficiali dell'appoggio divino all'esercito russo; tuttavia, una volta rimasta sola nellasua stanza veniva sopraffatta da coliche feroci e tormentata dall'insonnia.

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Con enorme trepidazione scrisse infine a Caterina e le confessò tutto.-Bacio le vostre piccole mani e i vostri piedi e non so nemmeno io cosa sto scrivendo concluse,con il tono di un tenero amante. Ma aggiunse che sei mesi prima aveva promesso di sposare lasua amata Darija.Quando lesse la lettera di Mamonov e la sua sconvolgente confessione, Caterina svenne. Poi,quando riprese i sensi, fu assalita da sentimenti diversi: era stupita, disorientata, furiosa eprofondamente ferita. Si era accorta che c'era qualcosa che non andava e sapeva che presto otardi quel veleno nascosto sarebbe affiorato in superficie. Aveva litigato spesso con Mamonov acausa del suo interesse per le altre donne; e in verità, proprio le sue scenate di gelosia avevanocostituito uno dei motivi del loro allontanamento. (Un elemento ancora più determinante erastato l'effetto corrosivo dell'intrigo di corte. -Essere circondato dai cortigiani aveva confidatoMamonov a un amico, era come -essere circondato dai lupi in un bosco. ) Ma la scoperta diessere stata tradita a sua insaputa con una donna molto più giovane era stato un duro colpo perl'orgoglio di Caterina.Krapovickij scrisse nel suo diario che l'imperatrice aveva pianto molto leggendo la lettera diMamonov. Si era ritirata nei suoi appartamenti privati e aveva accordato il permesso di farlevisita soltanto alla vecchia amica Anna Naryªskin. Per alcuni giorni, mentre lottava contro ipropri sentimenti, si limitò a lavorare alla scrivania, concedendosi solo la consueta passeggiatadel dopocena. Ma alla fine maturò la sua decisione.Convocò Mamonov e Darija ªserbatov e annunciò formalmente il loro fidanzamento,garantendo loro centomila rubli e ricchi possedimenti.I giovani si inginocchiarono davanti a lei, commossi dal perdono e dalla generositàdell'imperatrice. Quando augurò loro felicità e prosperità, tutti i presenti piansero insieme aifuturi sposi.Anche se esteriormente si era ripresa dal tradimento, Caterina stava ancora leccandosi le ferite.-Ho ricevuto un'amara lezione scrisse, profetizzando infelicità per Mamonov e Darija esostenendo con Grimm che il suo ex favorito sarebbe stato -punito per tutta la vita a causa dellapiù idiota delle passioni, che l'aveva fatto diventare uno zimbello agli occhi di tutti e avevamostrato alla zarina la sua profonda ingratitudine.In realtà, era Caterina lo zimbello di tutti. In seguito alla sua rottura con Mamonov, disprezzatodai cortigiani per il suo egoismo, l'arroganza, la malvagità e l'astuzia, venne compatita ancora dipiù.L'imperatrice, che contrastava con coraggio gli eserciti dei turchi e degli svedesi, era statasconfitta da un semplice soldato della Guardia.Poteva riportare trionfi sul campo di battaglia, ma nella guerra di Cupido era perdente. Delresto, osservò qualcuno cinicamente, che cosa si aspettava una donna vecchia e malata unendosia un giovane virile?Poco tempo dopo l'avvenuta celebrazione delle nozze di Mamonov, si insediò ufficialmente ilnuovo favorito: si trattava di Platon Zubov, un ventenne attraente ed esile che era stato unufficiale della Guardia a cavallo. Zubov era più un nipote e un apprendista che un amante, e inrealtà è possibile che non ci sia stata intimità sessuale fra loro. Quando parlava di lui con altri,Caterina lo chiamava -il bambino . L'aveva scelto più per la sua innocenza, la sua mansuetudinee la sua mancanza di astuzia che per altro. Né poteva permettere che qualcuno le facesse ancoradel male. Zubov, secondo quanto Caterina scrisse a Grimm, aveva -un sincero desiderio di faredel bene .Era sicura che sarebbe stato leale, affettuoso e che avrebbe sopportato vicino a lei i giorni difebbre, le lunghe notti di insonnia, la gastrite e i lancinanti dolori alla schiena.-Si prende cura di me scriveva a Grimm -al punto che non so come ringraziarlo. Era finito iltempo in cui l'imperatrice cadeva preda delle passioni più insensate: da quel momento in poi lasua vita avrebbe seguito un corso più stabile e avveduto.Le notizie che giungevano da Parigi nell'estate del 1789 erano eccitanti per taluni e scoraggiantiper altri.Caterina riceveva rapporti quotidiani sugli spaventosi sconvolgimenti che si stavano verificandosulla scena politica francese. Il deludente re Luigi, spinto da una situazione di collassodell'economia, aveva convocato a Parigi i rappresentanti dei nobili, del clero e del Terzo Stato -che in pratica erano tutto il resto della popolazione - per prendere delle decisioni. Il Terzo Statoaveva rivendicato la propria autonomia e i diritti di libertà a nome dell'umanità.Impazziti, carichi di odio per la regina austriaca Maria Antonietta e vedendo che la monarchia

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stava ormai barcollando, i parigini si affollarono per le strade e diedero alle fiamme un odiatosimbolo della monarchia assoluta, l'antica fortezza della Bastiglia. All'inizio di agosto, in unanotte folle in cui lo spirito repubblicano era dilagato tra la gente, molti aristocratici avevanorinunciato ai loro privilegi e ai loro possedimenti per unirsi ai rappresentanti del popolo cheavevano proclamato la loro intenzione di riformare la Francia.

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La sera del 23 aprile la sontuosa residenza neoclassica di Pot‰mkin appariva adornata in modoincomparabile: era illuminata da migliaia di candele (si diceva che avesse comprato tutte lecandele di San Pietroburgo e che ne avesse ordinate altre a Mosca), rivestita di tappezzerieluccicanti, spessi tappeti e preziose opere d'arte. Tutti i servitori avevano livree nuove, le cucinestraripavano di vivande pregiate e le cantine erano colme di eccellenti vini. Tutti i segni dellerecenti cannonate - i vetri infranti, i frammenti di intonaco e i soprammobili danneggiati - eranostati rimossi e alla magnifica reggia era stato restituito l'antico splendore.Nel cortile arrivò la fila di carrozze da cui scesero gli invitati in costume. Il cocchio imperiale,fatto ridipingere e dorare per l'occasione, con le ruote intarsiate di diamanti, scivolò nel cortile ela piccola e maestosa imperatrice fu aiutata a scendere: era vestita con semplicità, i capellibianchi erano raccolti sul capo, il viso era segnato da rughe profonde ma i suoi occhi azzurrimostravano ancora segni di dolcezza e vivacità. Ordinò che non si badasse al cerimoniale ecamminò lentamente verso il salone da ballo.Un'orchestra di trecento musicisti incominciò a suonare e Caterina, mentre tutti gli ospiti laseguivano, attraversò l'enorme salone dai soffitti alti e prese posto su un palco da cui assistettealle danze.Il nipote Alessandro, un bel ragazzo di quattordici anni, si unì ad altre quaranta coppie perballare la quadriglia. Indossava un vestito blu tempestato di diamanti che metteva in risalto ilsuo corpo alto e ben proporzionato. Era biondo, con il viso delicato come quello di una ragazza eaveva un portamento principesco. Da anni la gente mormorava che sarebbe stato Alessandro, enon Paolo, a regnare alla morte dell'imperatrice.Quella notte, mentre osservava i passi dell'agile e grazioso nipote e le sue giravolte a tempo dimusica, Caterina pensava certamente alla successione.Alla fine delle danze, attraverso un lungo colonnato gli invitati si avviarono in un altro salone,un grande tempio sovrastato da una cupola, che presentava al suo interno solo alti vasi dimarmo di Carrara. Di fianco si apriva un'altra immensa sala piena di alberi e di cespugli fioriti.Qui non si sentiva più il freddo di aprile; l'aria umida era resa fragrante dal profumo dei fioriesotici e si vedevano le fontane di marmo da cui zampillava l'acqua alla luce tremolante dellecandele. Al centro di questo splendido giardino si estendeva un grande prato sul quale sorgevaun obelisco trasparente, le cui sfaccettature rifrangevano la luce in migliaia di riflessi policromi.Gli invitati erano meravigliati dalle invenzioni del loro ospite e dall'ingegnosità dei suoiservitori.Pot‰mkin aveva realizzato l'impossibile: aveva fatto costruire una grotta di ghiaccio propriovicino al giardino tropicale, in modo che le pareti gelide della caverna, luccicanti di brina,avrebbero assunto una pallida sfumatura verde che rifletteva il colore dell'erba e degli alberirigogliosi.Durante la cena l'imperatrice affascinò tutti quelli che conversarono con leiLa . sua estremaaffabilità non diminuisce la sua dignità scrisse il conte Esterhazy, che visitò la Russia nel 1791 etrascorse molte sere in compagnia di Caterina. -Le persone che vengono ammesse al suocospetto non osano parlare di affari di stato fin quando non è lei a toccare l'argomento. La suaconversazione è piuttosto interessante e varia. Quando parla di sé o degli avvenimenti del suoregno, lo fa con una modestia sublime, che la pone al disopra di qualsiasi complimento che sisarebbe tentati di fare.Gli invitati che non avevano mai visto l'imperatrice e che non sapevano nulla di lei, a eccezionedi ciò che avevano letto sui giornali stranieri e sulle pubblicazioni satiriche sempre piùnumerose che la attaccavano, erano stupiti di scoprire la sua amabilità, la sua naturalezza e lasua cultura.Si aspettavano di trovarsi di fronte a una strega dissoluta e trovavano invece una anzianasignora intelligente e loquace, che scherzava con dolcezza e sagacia sui cambiamenti dovutiall'avanzare dell'età. La sua personalità faceva un grande effetto, anche perché era una donnache non era mai troppo incentrata su di sé.Era tardi, quella sera, quando Pot‰mkin batté le mani inanellate facendo alzare il sipario delsuo teatro privato. Gli ospiti si affollarono per vedere due nuovi balletti - i ballerini venivanodalla Francia e dall'Italia - e due commedie, seguite da un concerto corale e da uno spettacolo didanze popolari originarie di ogni parte della Russia.Ebbe allora inizio un interminabile banchetto: il vasellame era d'oro e d'argento, il vino e lochampagne scorrevano a fiumi, la musica suonava e gli ospiti danzarono a lungo, fino a nottefonda. Verso mezzanotte, Caterina si sentì stanca e decise di congedarsi. All'improvviso fu allora

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intonata una musica assordante che paralizzò ogni movimento dei presenti: era un inno divittoria composto in onore dell'imperatrice.

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Capitolo XXVIII.Caterina era seduta alla sua scrivania, in camera da letto, e indossava una vestaglia di pesanteseta chiara; un copricapo bianco di crˆpe le nascondeva i capelli. Stava scrivendo una lettera aGrimm, intingendo la penna nel denso inchiostro del calamaio. Faceva freddo, nella sua stanza;fuori le strade erano ricoperte di neve e i vetri erano incrostati di ghiaccio. La neve e il freddoopprimente ricordavano a Caterina un altro giorno di febbraio di tanto tempo prima, e confidòall'amico i suoi pensieri.-Sono arrivata a Mosca cinquant'anni fa scrisse al suo corrispondente. -E non penso che arrivinoa dieci coloro che ricordano quel giorno. Compilò allora un elenco delle persone che eranoancora vive tra coloro che quella ragazza di quindici anni aveva incontrato appena arrivata inRussia: Ivan Beckij, che era stato l'amante della madre e adesso era un vecchio consunto e quasicieco, che aveva ormai perso il suo brio; la contessa Matuªskin, di dieci anni più anziana diCaterina, che era diventata una vecchia arzilla, da poco risposatasi; l'allegro Lev Naryªskin,quell'insuperabile buffone che da cinquant'anni intratteneva e divertiva Caterina; oltre a unavecchia e curva dama di compagnia. L'elenco finiva qui. -Questa, amico mio, è la prova piùirrefutabile della mia vecchiaia.Avrebbe presto compiuto sessantacinque anni. I giornali europei avevano annunciato moltevolte la sua morte. Da parte sua, aveva preparato un promemoria, una sorta di testamento,contenente le indicazioni da seguire al momento della sua dipartita. Voleva che il suo cadaverevenisse vestito con un abito bianco e sulla gelida fronte le venisse posta la corona d'oro conl'effigie -Ekaterina . I sudditi avrebbero dovuto portare il lutto solo per sei mesi (-meglio untempo breve ) e la cosa comunque non doveva impedire la celebrazione di spettacoli o altrifesteggiamenti tradizionali: Caterina non aveva nessun desiderio di funestare i divertimentialtrui.La lettera continuava su un tono più allegro. -Nonostante tutto diceva a Grimm -sono contentacome una bimba di cinque anni che gioca a moscacieca e i giovani, i miei nipoti e pronipoti,dicono che i loro passatempi sono più divertenti quando partecipo anch'io.In una parola, sono il loro pagliaccio.Caterina aveva sette nipoti, il più piccolo dei quali aveva solo due anni, ed ella riusciva,nonostante un reumatismo al ginocchio e il corpo sempre più pesante, a giocare rumorosamentecon loro facendoli correre e ridere per l'eccitazione.Voleva sempre accanto a sé qualcosa di giovane e vitale: qualche nipote, un cane o un piccoloscoiattolo. Era chiaro a tutti che non le piaceva stare sola. Quando Zubov era con lei, era spessoaccompagnato da una scimmia (e i maligni mormoravano che la vera scimmia era lui, lo stupidofavorito della vecchiaia dell'imperatrice).Caterina parlava a Grimm dei suoi ultimi progetti di scrittura: sapeva che avrebbero interessatopoche persone, ma servivano a stimolare e mantenere attiva la sua mente durante le lunghegiornate invernali. Stava studiando la storia medievale russa, e in particolare la fine delquattordicesimo secolo. Le piaceva decifrare i vecchi documenti e da qualche tempo i suoiinteressi si erano spostati su documenti ancora più antichi. Sentendosi a sua volta un pezzod'antiquariato, aveva incominciato a scrivere e a riscrivere le sue memorie. Aveva redatto giàsette volte la storia della sua infanzia, e nella narrazione si era sempre fermata agli ultimi annidel regno di Elisabetta. Continuare a raccontare dei suoi primi anni era per lei fonte disoddisfazione ed era quasi una catarsi, anche se significava rivivere, sebbene solo con lamemoria, gli orrori del suo matrimonio con Pietro e gli anni di paura e di angoscia sotto l'egidadella capricciosa Elisabetta che l'aveva scelta come moglie di Pietro e l'aveva voluta in Russia.La sua inclinazione filologica le era utile e le arrecava conforto, perché il processo di riscritturadelle sue memorie la obbligava a esaminare dei documenti che la aiutarono a capire perché lecose si erano svolte in un determinato modo.Una volta, frugando negli archivi del palazzo, le capitò tra le mani un vecchio baule pieno dicarte, coperto di polvere e rosicchiato dai topi. Ne esaminò il contenuto scrupolosamente.Le carte erano state redatte nel 1740 e la riguardavano, anche se marginalmente. Continuò astudiarle e più leggeva più si rendeva conto, con il senno di poi, del motivo per cui l'imperatriceera così sospettosa, quali fazioni temesse e perché la successione la preoccupasse tanto.Queste sue nuove riflessioni influenzarono l'ultima versione delle sue memorie.Terminata la lettera a Grimm, l'imperatrice si dedicò a un altro dei suoi interessi: la lettura.Portava gli occhiali e per leggere usava anche una lente di ingrandimento. -La nostra vista si èabbassata per il lungo servizio allo stato amava ripetere usando il pluralis maiestatis. Le

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piacevano i classici francesi e leggeva avidamente tutto quanto riguardasse le lingue antiche, e inparticolare le lingue parlate all'interno dei confini del suo impero. Si interessava anche diastronomia. Una volta chiese a Grimm se la massa del sole era diminuita, -dato che il materialedi cui sono fatti i pianeti si è staccato dal sole . Negli ultimi anni della sua vita leggeva anche testidi diritto e di filosofia del diritto, anche se altre preoccupazioni tendevano a farle trascurare lalettura.

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nell'efficienza. Una volta aveva detto a Zavadovsky che il suo tempo apparteneva -non a lei, maall'impero . Non aveva alcun diritto di sprecare le ore per curare il suo aspetto: prima di tuttovenivano le necessità dei sudditi.

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denunciando la tirannide di Caterina e del re prussiano Federico Guglielmo, avevano costrettoalla fuga, in preda al panico, migliaia di russi. Centinaia di persone erano state uccise.

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L'impegno personale di Paolo era diventato quello di vendicare il padre putativo, Pietro Iii che,come egli aveva solennemente giurato, alla morte di Caterina non sarebbe più rimasto unafigura dimenticata e reietta.Paolo non si era immischiato nella scelta della moglie di Alessandro, e anche quando, all'iniziodel 1796, Costantino si sposò con Giulia di Sassonia-Coburgo, rimase nell'ombra e lasciò chefosse l'imperatrice a combinare il matrimonio. La stessa situazione si verificò quando lamaggiore delle figlie di Paolo, Alessandra, di tredici anni, fu corteggiata per vie diplomatiche dalgiovane re di Svezia, Gustavo Iv (Gustavo Iii, padre del potenziale genero nonché nemico diCaterina, era stato assassinato molti anni prima).Alessandra, che secondo la nonna era molto carina e intelligente, non era stata la prima ragazzascelta da Gustavo, ma Caterina aveva deciso che la nipote doveva diventare regina di Svezia eaveva minacciato e blandito gli svedesi finché essi avevano ceduto. Il re, che aveva diciassetteanni, giunse a San Pietroburgo a metà agosto del 1796 per discutere gli ultimi dettagli delmatrimonio. Era accompagnato dallo zio, che era reggente, e da un seguito di alcune centinaia diservitori.Caterina agognava che tutto andasse per il verso giusto. Anche se camminava con difficoltà acausa del gonfiore alle gambe e non riusciva più a salire le scale, volle presenziare al balloorganizzato per dare il benvenuto agli ospiti svedesi. In quell'occasione ebbe modo di ammirareGustavo, che era biondo e aveva gli occhi azzurri, e si dichiarò soddisfatta di lui, purgiudicandolo timido e un po' impacciato in società.Sembrava che Gustavo e Alessandra stessero bene insieme, e in settembre vennero avviati ipreparativi per le nozze. I luterani espressero il desiderio che la principessa russa, di religioneortodossa, si convertisse.Caterina, che aveva abbandonato la sua educazione luterana e aveva abbracciato la fedeortodossa per sposare il granduca russo, non voleva che la nipote si piegasse a quella richiesta.Dopotutto, la Russia era una potenza più importante della Svezia e Alessandra si sarebbesposata con un re meno influente. Inoltre, Caterina aveva promesso alla Svezia una grandeelargizione in occasione del contratto di matrimonio: dunque, non sarebbe scesa a compromessisulla questione della fede.Trascorsero le settimane senza che si trovasse un accordo. Caterina diventò più categorica, glisvedesi non volevano trattare. Poi apparve un raggio di speranza: sembrava che Gustavo volesseaccordare ad Alessandra il permesso di praticare la fede ortodossa in privato, e con questadebole assicurazione Caterina propose che venisse celebrata una cerimonia ufficiale difidanzamento alla presenza del clero ortodosso.Il fragile compromesso aveva enormemente incoraggiato la zarina, che si sentì nuovamentepotente e ricominciò a fare ambiziosi progetti.Alessandra avrebbe sposato Gustavo, conservando la sua fede. Gli svedesi, adesso alleati fedelidella Russia, avrebbero vigilato sul Baltico mentre l'esercito russo, sfrecciando attraversol'Europa, avrebbe conquistato la Francia e restaurato la monarchia dei Borbone. Una voltasconfitti i temuti giacobini, Caterina sarebbe stata salutata come il -salvatore dell'Europa , la piùgrande eroina di tutti i tempi. Il diciottesimo secolo, noto come -secolo di ferro , sarebbe statoricordato come l'-età di Caterina Ii .Sentendosi ormai invincibile, Caterina ricevette il rappresentante di Gustavo, il conte Markov,che le consegnò una lettera formale del giovane re nella quale venivano ribadite le ultimecondizioni relative alla religione di Alessandra: non avrebbe sottoscritto che la futura sposapoteva mantenere la religione ortodossa, ma avrebbe fatto a questo proposito una promessainformale a voce.Caterina rimase stupefatta. La collera la fece avvampare, un lato del viso le si contrasse in unasmorfia mentre la bocca assumeva una piega grottesca. Le damigelle si precipitarono angosciatein suo soccorso, ma poterono soltanto osservare la loro padrona mentre lentamente ritornava insé. Passarono alcuni minuti prima che la zarina recuperasse il suo colorito abituale e riuscisse dinuovo a pronunciare qualche parola.Aveva avuto un ictus. Le dame di compagnia chiamarono i domestici, che a loro volta avvisaronoi ciambellani, i quali diffusero la terribile notizia per tutto il palazzo. Nel giro di un'ora l'interaSan Pietroburgo sapeva che Caterina era stata male ed era molto grave. Poteva avere un altroattacco in qualunque momento. Poteva morire nel giro di un giorno o di una settimana.Certamente non sarebbe sopravvissuta a lungo.I reggimenti della Guardia furono allertati. I cortigiani spaventati si riunirono segretamente per

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decidere come affrontare la crisi che sarebbe seguita alla ormai imminente dipartitadell'imperatrice. Si costituirono diverse fazioni e furono messe a punto delle strategie. Zubov, inangoscia per il suo futuro, si torceva le mani e pregava.

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A quell'ora i medici avevano ormai sentenziato che l'imperatrice non sarebbe sopravvissuta. Ilcappellano di palazzo depose l'ostia consacrata sulla lingua di Caterina e le unse il corpo scossodalle convulsioni, il viso e le mani. Intonò la solenne preghiera per i moribondi, e i presenti siinginocchiarono e la recitarono con lui.L'imperatrice, la -madre della patria , stava morendo: soltanto un miracolo, ormai, avrebbepotuto salvarla. Coloro che per decenni l'avevano servita, e perfino coloro che erano stati talvoltavittime della sua irascibilità, erano profondamente afflitti. I funzionari e i servitori in lacrime sistipavano nei gelidi corridoi in attesa di ricevere notizie dai medici.Caterina rimase tutta la notte su quel materasso, con il respiro corto e irregolare. La famiglia siradunò intorno a lei; Alessandro e Costantino, Paolo e Maria e i piccoli nipotini furono ammessiper pochi minuti. Paolo incominciò a dare ordini e venne obbedito: il passaggio dei poteri eraincominciato. Furono raccolte le carte di Caterina e consegnate al suo successore.La veglia continuò per ore e durò tutto il giorno successivo, il 6 novembre. Gli occhidell'imperatrice erano chiusi, lei non parlava, ma il suo vecchio corpo non voleva ancoraarrendersi alla morte. Il suo addome era scosso da spasimi, l'imperatrice si dibatteva cercandodi respirare come un pesce fuor d'acqua. Ogni tanto, un liquido nerastro e maleodorantefuorusciva dalle sue labbra appestando la stanza.Finalmente, poco prima delle dieci di sera, dalla gola uscì un rantolo e Caterina non si mossepiù. Si udì soltanto il pianto di chi rimaneva.Quasi subito le migliaia di campane di San Pietroburgo incominciarono a suonare. I lororintocchi solenni e riverenti riecheggiarono per la città, annunciando la triste notizia cheCaterina la Grande era salita in cielo. Ascoltando quei rintocchi i sudditi addolorati siinginocchiarono e si fecero il segno della croce, con i volti rigati di lacrime. La maggior parte diloro non ricordava un altro sovrano; alcuni aspettavano con ansia il regno dell'imperatore Paolo.Per tre settimane il corpo imbalsamato di Caterina rimase esposto nella sala del trono:indossava un abito di seta bianca con un lunghissimo strascico bordato di pelliccia. I soldati e imembri della famiglia imperiale rimasero in piedi accanto alla bara rivestita di velluto nero,mentre i fedeli in lutto sfilavano. Migliaia di persone parteciparono anche al funerale, che sisvolse la prima settimana di dicembre; la folla assiepata seguì la bara imperiale che venivaportata, attraverso la Neva coperta di ghiaccio, fino alla cattedrale dei Ss' Pietro e Paolo, dovevenivano tradizionalmente tumulati gli imperatori russi.Caterina non fece il suo ultimo viaggio da sola. Paolo aveva ordinato che il corpo di Pietro Iii,riesumato dalla tomba del monastero Nevskij, venisse portato nella cattedrale per essere sepoltoaccanto a quello della moglie: il nuovo imperatore voleva che sua madre e suo padre putativo,così estranei nella vita, potessero finalmente trovare pace l'uno accanto all'altra nell'eternità. 

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Nota sulle fonti.Il biografo che cerca di comprendere la personalità e la vita interiore di Caterina Ii gode del noncomune vantaggio di avere a disposizione i suoi diari, nelle diverse versioni stese da Caterina invari momenti della sua vita. Un'attenta lettura di questi diari, scritti in un francese mediocre maquanto mai espressivo e personale, ci rivela un'immagine abbastanza precisa della loro autrice,dei suoi gusti e delle sue opinioni, delle sue preferenze e della sua concezione della vita.Sfortunatamente, i diari terminano prima che Caterina diventi imperatrice. Per quanto riguardail periodo del suo regno, il biografo può attingere, oltre che agli altri scritti di Caterina e al suoepistolario, ai rapporti degli ambasciatori ospiti, a lettere e diari di contemporanei sia russi siaeuropei, alla descrizione della corte e della società russe del tempo fatte da viaggiatori, nonché aidocumenti politici e amministrativi.Per il lettore che desideri avere altre informazioni attendibili su Caterina non sono molti i libriche offrono un ritratto autentico dell'imperatrice; i più si limitano a fornire una visione banale oromanzata delle sue imprese, oppure a riprendere acriticamente l'immagine distorta che di leivenne data dalla propaganda rivoluzionaria francese. Catherine the Great, Life and Legend diJohn T' Alexander è una storia politica sobria ed erudita, benché un po' arida, del regno diCaterina, non priva di intuizioni sulla sua personalità.