Caro Obama Natale

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Caro Obama Natale... Il Natale che verrà pag 06 di Mimmo Attanasii dicembre 2008 un tizio, che ti ripeterà all’infinito due miracolose litanie: “…non ti preoccupare che ci penso io”, prima che vai a votare; “…vediamo che si può fare, ma non ti prometto nulla”, dopo che l’hai votato. Se c’è tanta prostituzione in giro, non è perché il mondo è pieno di puttane, ma perché ci sono tanti ben pensanti che credono dav- vero che tutto sia in vendita (scusa per la parolaccia ben pensanti , ma non trovo un sinonimo). Ti accarezzano, come fa il diavolo con l’anima. Questa letterina potrebbe essere una solenne promessa. Caro Obama Natale, tu, che appartieni al popolo degli americani , un popolo immortalato nei refrain di Renato Carosone e che ha pure contribuito a liberare l’Europa dal nazifascismo, fai che i no- stri governanti s’illuminino d’immenso, almeno per una volta sola nella loro vita. Come dice quel simpatico vecchietto di Giuseppe Ungaretti, che la sera recita in televisione i versi dell’ Odissea: « …qui si sta tutti come d’autunno sugli alberi le foglie». Fai dun- que capire loro che questa brutta guerra, combattuta tra israelia- ni ed egiziani , non porterà altro che odio e dolore fra i popoli negli anni a venire. Ferma, con la tua mano, i carri armati in Piazza San Venceslao, a Praga. Qualche studente, fosse anche un solo cinese, potrebbe in futuro ricalcare le tue gesta in Piazza Tienan- men. Dubcek sogna la sua primavera; come fanno tutti, quando l’inverno è troppo duro. Io sono solo un bambino; sento attorno a me parlare dell’ era hippie, di Woodstock, di rivoluzione culturale e sessantotto. Anche se qui a Teramo, veramente, si parla più del Cantagiro che deve arrivare giù al Campo Sportivo, dove gioca- no a gomito a gomito due squadre cittadine ma che presto gli hanno promesso costruiranno un nuovo stadio; e di un tizio che dice di aver vinto centocinquanta milioni alla Lotte- ria di Capodanno a Canzonissima. Altro che beat , rock o pop; qua al massimo ti danno Mino Reitano che ripete di continuo che una volta ha suonato con i Beatles quando ancora si chiamava- no Quarrymen. Mio fratello più grande si arrabbia sempre con mio padre; che però lui non c’è mai, poverino, sempre a servire cocktail con bandierine & ombrellino sul ponte della nave e deve pure sentirsi dire che è un matusa. E sgrida la mamma se lei ascolta alla radio Al Bano, che canta a squarciagola Nel Sole; poi si calma un pochino quando arriva Gianni Morandi con la canzone di protesta, C’era un ragazzo. Joan Baez o Jimi Hendrix il mangiadischi non li suona. I long playng non c’entrano lì dentro: sono troppo grandi! E a me, Caro Obama Natale, piacciono tanto quei dischi enormi, che mio fratello ci fuma sopra una sigaretta strana di nascosto. Ora ti chiedo se è davvero così importante che io sia bravo e porti a casa buoni voti o faccia o non faccia arrabbiare i miei genitori… che uno addirittura non lo vedo mai. E casca il mondo, se sciaguratamente dalla mia bocca viene fuori una bugia o una parolaccia a denti stretti . Dovrò crescere forte e ... scrivo a te, queste righe, dai confini lontani degli anni 60; un’epoca da attraversare con la testa fra le nuvole, nel bianco & nero di Caroselli e Rintintin, inseguendo la scia di un boom economico fatto di frigoriferi, televisori e lavatrici da pagare a rate il ventisette. Qui ci abbiamo pure la 600, perché l’Avvocato ha deciso di dare una macchina a tutti gli italiani. E gliel’ha data con gli sportelli controvento, così si vedono meglio le calze Omsa delle signorine quando scendono. Il mio papà lavora sulle navi. Una di quelle che portano a spasso sul mare i ricconi con il cappello bianco e il sigaro che non puzza mai; mentre mio nonno fuma un toscano morsi- cato con i denti, che fa schifo a tutti quanti. Papà mi ha raccontato che, qualche anno fa, sulla sua nave c’era un giovanotto di bella presenza, non molto alto, che cantava così bene che appena intonava ’O Sole mio in milanese si abbronzava come per incanto e le donne le faceva innamorare tutte quante. Dice poi che quando è sceso a terra, se n’è andato in giro a vendere spazzole elettriche e gli è riuscito così bene che la gente s’imbambolava a sentirlo raccontare barzellette e storielle come sul palco e gli finiva tutto il campionario. Secondo il mio papà, quello lì, se incontra la persona giusta, al momento giusto, con un pizzico di fortuna in più, di strada ne farà proprio tanta. Caro Obama Natale, fai che a nessuno al mondo serva più incontrare la persona giusta per avere successo nella vita o semplicemente per tirare avanti a campare. Dalle nostre parti, “giusto” non ha lo stesso significato che ha per il popolo ebraico. Sta scritto nel Talmùd che chi salva una vita, salva l’umanità intera: questo è un “Giusto”. Qui da noi, invece, vuol dire farsi tanto amico uno che ha una ics in mezzo al nome, fare affari con case & palazzi, inventarsi una televi- sione piena di culi, tette e cosce al vento, fra mortadelle e materassi da televendita; e poi, quando di colpo cambia il vento, la strambata decisiva e via andare con una repentina discesa in campo, in poli- tica, dove si sa che le caramelle si rubano solo ai bambini stando bene attenti ad arrivare un minuto prima dei comunisti che, invece, i bambini se li mangiano a colazione. Stringere un patto d’onore con

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CaroObamaNatale...

Il Natale che verràpag

06 di Mimmo Attanasiidicembre 2008

un tizio, che ti ripeterà all’infinito due miracolose litanie: “…non ti preoccupare che ci penso io”, prima che vai a votare; “…vediamo che si può fare, ma non ti prometto nulla”, dopo che l’hai votato. Se c’è tanta prostituzione in giro, non è perché il mondo è pieno di puttane, ma perché ci sono tanti ben pensanti che credono dav-vero che tutto sia in vendita (scusa per la parolaccia ben pensanti, ma non trovo un sinonimo). Ti accarezzano, come fa il diavolo con l’anima. Questa letterina potrebbe essere una solenne promessa. Caro Obama Natale, tu, che appartieni al popolo degli americani, un popolo immortalato nei refrain di Renato Carosone e che ha pure contribuito a liberare l’Europa dal nazifascismo, fai che i no-stri governanti s’illuminino d’immenso, almeno per una volta sola nella loro vita. Come dice quel simpatico vecchietto di Giuseppe Ungaretti, che la sera recita in televisione i versi dell’Odissea: « …qui si sta tutti come d’autunno sugli alberi le foglie». Fai dun-que capire loro che questa brutta guerra, combattuta tra israelia-ni ed egiziani, non porterà altro che odio e dolore fra i popoli negli anni a venire. Ferma, con la tua mano, i carri armati in Piazza San Venceslao, a Praga. Qualche studente, fosse anche un solo cinese, potrebbe in futuro ricalcare le tue gesta in Piazza Tienan-men. Dubcek sogna la sua primavera; come fanno tutti, quando l’inverno è troppo duro. Io sono solo un bambino; sento attorno a me parlare dell’era hippie, di Woodstock, di rivoluzione culturale e sessantotto. Anche se qui a Teramo, veramente, si parla più del Cantagiro che deve arrivare giù al Campo Sportivo, dove gioca-no a gomito a gomito due squadre cittadine ma che presto gli

hanno promesso costruiranno un nuovo stadio; e di un tizio che dice di aver vinto centocinquanta milioni alla Lotte-ria di Capodanno a Canzonissima. Altro che beat, rock o pop; qua

al massimo ti danno Mino Reitano che ripete di continuo che una volta ha suonato con i Beatles quando ancora si chiamava-no Quarrymen. Mio fratello più grande si arrabbia sempre con mio padre; che però lui non c’è mai, poverino, sempre a servire cocktail con bandierine & ombrellino sul ponte della nave e deve pure sentirsi dire che è un matusa. E sgrida la mamma se lei ascolta alla radio Al Bano, che canta a squarciagola Nel Sole; poi si calma un pochino quando arriva Gianni Morandi con la canzone di protesta, C’era un ragazzo. Joan Baez o Jimi Hendrix il mangiadischi non li suona. I long playng non c’entrano lì dentro: sono troppo grandi! E a me, Caro Obama Natale, piacciono tanto quei dischi enormi, che mio fratello ci fuma sopra una sigaretta strana di nascosto. Ora ti chiedo se è davvero così importante che io sia bravo e porti a casa buoni voti o faccia o non faccia arrabbiare i miei genitori… che uno addirittura non lo vedo mai. E casca il mondo, se sciaguratamente dalla mia bocca viene fuori una bugia o una parolaccia a denti stretti. Dovrò crescere forte e

. . . scrivo a te, queste righe, dai confini lontani degli anni 60; un’epoca da attraversare con la testa fra le nuvole, nel bianco & nero di Caroselli e Rintintin, inseguendo

la scia di un boom economico fatto di frigoriferi, televisori e lavatrici da pagare a rate il ventisette. Qui ci abbiamo pure la 600, perché l’Avvocato ha deciso di dare una macchina a tutti gli italiani. E gliel’ha data con gli sportelli controvento, così si vedono meglio le calze Omsa delle signorine quando scendono. Il mio papà lavora sulle navi. Una di quelle che portano a spasso sul mare i ricconi con il cappello bianco e il sigaro che non puzza mai; mentre mio nonno fuma un toscano morsi-cato con i denti, che fa schifo a tutti quanti. Papà mi ha raccontato che, qualche anno fa, sulla sua nave c’era un giovanotto di bella presenza, non molto alto, che cantava così bene che appena intonava ’O Sole mio in milanese si abbronzava come per incanto e le donne le faceva innamorare tutte quante. Dice poi che quando è sceso a terra, se n’è andato in giro a vendere spazzole elettriche e gli è riuscito così bene che la gente s’imbambolava a sentirlo raccontare barzellette e storielle come sul palco e gli finiva tutto il campionario. Secondo il mio papà, quello lì, se incontra la persona giusta, al momento giusto, con un pizzico di fortuna in più, di strada ne farà proprio tanta. Caro Obama Natale, fai che a nessuno al mondo serva più incontrare la persona giusta per avere successo nella vita o semplicemente per tirare avanti a campare. Dalle nostre parti, “giusto” non ha lo stesso significato che ha per il popolo ebraico. Sta scritto nel Talmùd che chi salva una vita, salva l’umanità intera: questo è un “Giusto”. Qui da noi, invece, vuol dire farsi tanto amico uno che ha una ics in mezzo al nome, fare affari con case & palazzi, inventarsi una televi-sione piena di culi, tette e cosce al vento, fra mortadelle e materassi da televendita; e poi, quando di colpo cambia il vento, la strambata decisiva e via andare con una repentina discesa in campo, in poli-tica, dove si sa che le caramelle si rubano solo ai bambini stando bene attenti ad arrivare un minuto prima dei comunisti che, invece, i bambini se li mangiano a colazione. Stringere un patto d’onore con

sano per prendere la vita di petto. Così mi hanno fatto capire i bulli del cortile e uno zio che dice sempre di avere gli attributi a posto, ma gli altri non l’hanno mai capito. Guelfi e Ghibellini, due fazioni in lotta per due ideali diversi per due secoli, in un Medioevo che non sento troppo lontano come vorrebbero invece farmi credere a scuola raccontandomi di Caravelle, Cri-stoforo Colombo e l’alba di una nuova era. Fuori in piazza, i grandi parlano di divorzio e referendum; destra o sinistra ma poi si turano il naso e alzano lo scudo crociato appena avvertono nell’aria il sentore di qualche novità. Comunque, giù in Molise, a Montenero di Bisaccia, c’è Tonino, il cugino del mio compagno di banco che, stufo ormai di come vanno le cose in Italia, presto salirà su al Nord a fare il poliziotto o il giudice, per cercare di cambiare questo nostro strano Paese. E di certo, dice il mio compagno, quello non è uno che si lava le mani come Ponzio Pilato dinanzi a grosse difficoltà; piuttosto, imporrà a tutti i malfattori un lavaggio particolare cosicché si vedranno un giorno tante mani pulite e tante altre ammanettate. E la maestra sarà contenta assai; lei che ha sempre detto che tra i manganelli rossi e quelli neri preferisce… Eh, è proprio vero! Che popolo straordinario, gli italiani. Sono appena passati cent’anni dall’Unità d’Italia, con due guerre mondiali alle spalle, un dittatore che faceva il maestrino e la pietas cristiana la domenica che ci

ricorda che nella cabina elettorale Dio ci vede, Stalin no… ‘mbé, mo’ sta a vedere che, siccome tutto questo non ci basta, fra qualche anno ci ritroveremo a fare i conti con un cantante di piano bar che vende aspirapolvere per comprarsi le case, e che alla fine ci si comprerà pure a noi con le figurine Miralanza, sottobraccio ad un Mike Buongiorno pagato per dire Allegria anche quando piove. Fino a quando, non arriverà uno sceriffo che ci azzecca sempre, con la stella luccicante sul gilet, a sparare nel mucchio ché tanto in mezzo a tanta gente qualche delinquente ci capita di sicuro, e riconquistare alla fine l’Italia dei valori. Garantisti o giustizialisti? Destra o sinistra? Don Camillo o Peppone? Sono un bambino e non ci capisco niente, io. In mezzo a questi soprannomi, aggettivi e sostantivi preferisco la semplice “O”: somiglia ad una palla e io, che a pallone ci gioco in strada, ho imparato che nel calcio vinci solo se sei il migliore. Come insegna un certo Luciano Moggi, patito di calcio nel vero senso della parola, che sta per lascia-re il posto fisso alle Ferrovie per andare a coronare il suo sogno sportivo in serie A. Voglio sperare che alla mia giovane età sia concesso di sbagliare più di una volta. E allora uno sbaglio lo faccio subito: voglio cominciare a credere un po’ di più nelle favole e un po’ di meno agli uomini. Brrr! Che freddo che fa in questa Notte di Vigilia… devo stare attento a non far ap-pannare i vetri della finestra sennò non si

vedranno più i miei occhi brillare nel buio. Caro Obama Natale… non temere, lo so che anche tu sei bambino come me in questi nostri mitici anni 60, colorati e rivoluzionari. Anni che vedranno giovani mettere dei fiori nei vostri cannoni, mentre chi giovane non lo è stato mai, li luciderà per il Vietnam. Anni che porteranno a John Lennon Imagin… are che: «You may say I’m a dreamer, But I’m not the only one, I hope someday you’ll join us, And the world will be as one» (Puoi dire che sono un sognatore, ma non sono il solo. Spero che ti unirai anche tu un giorno e che il mondo diventi uno). Siamo tutti e due troppo pic-coli e non possiamo farci niente a questo mondo, che gira così forte che soltanto i versi di Bob Dylan un giorno avranno la forza di raccontarlo ai figli che verran-no: “For the times they are a-changin’” (Perché i tempi stanno cambiando). Sei fortunato, tu, che puoi scegliere fra Joni Mitchell, Paul Simon o Neil Young. A noi invece è toccata una bi-folk ballad che più o meno suona così: “…Sotto a la capanne, dietro quella fratta, sotto a la capanne, quando ne so fatte!” Appoggia il dito fra la punta del naso e il mento. Abbassa lo sguardo e sentirai sulle tue labbra scorrere un sibilo lento… The answer is blowin’ in the wind (la risposta sta soffiando nel vento). “Ssst… Ssst…”Let it Be… (lascia che sia) u

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Con una manina si può salutare e fare ciao ciao; contare fino a cinque senza paura di perdere il filo, fare le cor-

na, bendarsi un occhio oppure esibirsi in un gran pernacchione a pugno chiuso. Mediaset invece ha voluto cancellare, togliere di mezzo, cassare la concorrenza. È di questi giorni un’inconsueta trovata promozionale di una delle tre televisioni del Cavalie-re d’Arcore: far apparire, in prima serata, di fianco al logo di Italia Uno, appunto, una simpatica manina, che si affanna a far sparire, eliminare, levare, cassare ad uno ad uno i nomi delle televisioni rivali, Raiuno due tre e La7, spuntati in video inspie-gabilmente dal nulla. E dopo tante bizzarre cassate, una cassata madornale ce la potevano pure risparmiare quelli di una nostra

emittente locale chiamata in una scuola provinciale ad effettuare riprese per uno spot natalizio. Alcuni alunni appartenenti ad una fascia sociale più debole, che addirittura hanno bisogno costante di un’assistenza a causa del proprio handicap, sono stati prontamente allontanati, messi in disparte con un gesto separa-tore e discriminatorio di un braccio che si frappone perentoria-mente fra la normalità e il disagio. Messi fuori dell’inquadratura, l’assistente degli studenti esclusi è andata subito a chiedere spiegazioni agli operatori didattici, i quali hanno voluto solenne-mente redarguirla ed invitarla presto a ricondursi in appropriati comportamenti più consoni al ruolo rivestito. Cioè: zitta e mosca sennò qui a lavorare non ci vieni più. Chissà se l’emittente in questione avrà il coraggio di denunciare l’accaduto? Attendiamo fiduciosi. Noi non possiamo fare altro che augurare giorni felici a quei cari ragazzi. Felicità che chi ha compiuto questo gesto ignobile forse non merita. Roba da Striscia la notizia… è vero. Ma stavolta, qualcuno ha seguito il nostro invito: «Dillo a Teramani, non scriverlo sui muri!» u

Che gelidamanina di Mimmo Attanasii

accade in Italia

e anche a Teramo, per non essere da meno

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06 di Mimmo Attanasiidicembre 2008

un tizio, che ti ripeterà all’infinito due miracolose litanie: “…non ti preoccupare che ci penso io”, prima che vai a votare; “…vediamo che si può fare, ma non ti prometto nulla”, dopo che l’hai votato. Se c’è tanta prostituzione in giro, non è perché il mondo è pieno di puttane, ma perché ci sono tanti ben pensanti che credono dav-vero che tutto sia in vendita (scusa per la parolaccia ben pensanti, ma non trovo un sinonimo). Ti accarezzano, come fa il diavolo con l’anima. Questa letterina potrebbe essere una solenne promessa. Caro Obama Natale, tu, che appartieni al popolo degli americani, un popolo immortalato nei refrain di Renato Carosone e che ha pure contribuito a liberare l’Europa dal nazifascismo, fai che i no-stri governanti s’illuminino d’immenso, almeno per una volta sola nella loro vita. Come dice quel simpatico vecchietto di Giuseppe Ungaretti, che la sera recita in televisione i versi dell’Odissea: « …qui si sta tutti come d’autunno sugli alberi le foglie». Fai dun-que capire loro che questa brutta guerra, combattuta tra israelia-ni ed egiziani, non porterà altro che odio e dolore fra i popoli negli anni a venire. Ferma, con la tua mano, i carri armati in Piazza San Venceslao, a Praga. Qualche studente, fosse anche un solo cinese, potrebbe in futuro ricalcare le tue gesta in Piazza Tienan-men. Dubcek sogna la sua primavera; come fanno tutti, quando l’inverno è troppo duro. Io sono solo un bambino; sento attorno a me parlare dell’era hippie, di Woodstock, di rivoluzione culturale e sessantotto. Anche se qui a Teramo, veramente, si parla più del Cantagiro che deve arrivare giù al Campo Sportivo, dove gioca-no a gomito a gomito due squadre cittadine ma che presto gli

hanno promesso costruiranno un nuovo stadio; e di un tizio che dice di aver vinto centocinquanta milioni alla Lotte-ria di Capodanno a Canzonissima. Altro che beat, rock o pop; qua

al massimo ti danno Mino Reitano che ripete di continuo che una volta ha suonato con i Beatles quando ancora si chiamava-no Quarrymen. Mio fratello più grande si arrabbia sempre con mio padre; che però lui non c’è mai, poverino, sempre a servire cocktail con bandierine & ombrellino sul ponte della nave e deve pure sentirsi dire che è un matusa. E sgrida la mamma se lei ascolta alla radio Al Bano, che canta a squarciagola Nel Sole; poi si calma un pochino quando arriva Gianni Morandi con la canzone di protesta, C’era un ragazzo. Joan Baez o Jimi Hendrix il mangiadischi non li suona. I long playng non c’entrano lì dentro: sono troppo grandi! E a me, Caro Obama Natale, piacciono tanto quei dischi enormi, che mio fratello ci fuma sopra una sigaretta strana di nascosto. Ora ti chiedo se è davvero così importante che io sia bravo e porti a casa buoni voti o faccia o non faccia arrabbiare i miei genitori… che uno addirittura non lo vedo mai. E casca il mondo, se sciaguratamente dalla mia bocca viene fuori una bugia o una parolaccia a denti stretti. Dovrò crescere forte e

. . . scrivo a te, queste righe, dai confini lontani degli anni 60; un’epoca da attraversare con la testa fra le nuvole, nel bianco & nero di Caroselli e Rintintin, inseguendo

la scia di un boom economico fatto di frigoriferi, televisori e lavatrici da pagare a rate il ventisette. Qui ci abbiamo pure la 600, perché l’Avvocato ha deciso di dare una macchina a tutti gli italiani. E gliel’ha data con gli sportelli controvento, così si vedono meglio le calze Omsa delle signorine quando scendono. Il mio papà lavora sulle navi. Una di quelle che portano a spasso sul mare i ricconi con il cappello bianco e il sigaro che non puzza mai; mentre mio nonno fuma un toscano morsi-cato con i denti, che fa schifo a tutti quanti. Papà mi ha raccontato che, qualche anno fa, sulla sua nave c’era un giovanotto di bella presenza, non molto alto, che cantava così bene che appena intonava ’O Sole mio in milanese si abbronzava come per incanto e le donne le faceva innamorare tutte quante. Dice poi che quando è sceso a terra, se n’è andato in giro a vendere spazzole elettriche e gli è riuscito così bene che la gente s’imbambolava a sentirlo raccontare barzellette e storielle come sul palco e gli finiva tutto il campionario. Secondo il mio papà, quello lì, se incontra la persona giusta, al momento giusto, con un pizzico di fortuna in più, di strada ne farà proprio tanta. Caro Obama Natale, fai che a nessuno al mondo serva più incontrare la persona giusta per avere successo nella vita o semplicemente per tirare avanti a campare. Dalle nostre parti, “giusto” non ha lo stesso significato che ha per il popolo ebraico. Sta scritto nel Talmùd che chi salva una vita, salva l’umanità intera: questo è un “Giusto”. Qui da noi, invece, vuol dire farsi tanto amico uno che ha una ics in mezzo al nome, fare affari con case & palazzi, inventarsi una televi-sione piena di culi, tette e cosce al vento, fra mortadelle e materassi da televendita; e poi, quando di colpo cambia il vento, la strambata decisiva e via andare con una repentina discesa in campo, in poli-tica, dove si sa che le caramelle si rubano solo ai bambini stando bene attenti ad arrivare un minuto prima dei comunisti che, invece, i bambini se li mangiano a colazione. Stringere un patto d’onore con

sano per prendere la vita di petto. Così mi hanno fatto capire i bulli del cortile e uno zio che dice sempre di avere gli attributi a posto, ma gli altri non l’hanno mai capito. Guelfi e Ghibellini, due fazioni in lotta per due ideali diversi per due secoli, in un Medioevo che non sento troppo lontano come vorrebbero invece farmi credere a scuola raccontandomi di Caravelle, Cri-stoforo Colombo e l’alba di una nuova era. Fuori in piazza, i grandi parlano di divorzio e referendum; destra o sinistra ma poi si turano il naso e alzano lo scudo crociato appena avvertono nell’aria il sentore di qualche novità. Comunque, giù in Molise, a Montenero di Bisaccia, c’è Tonino, il cugino del mio compagno di banco che, stufo ormai di come vanno le cose in Italia, presto salirà su al Nord a fare il poliziotto o il giudice, per cercare di cambiare questo nostro strano Paese. E di certo, dice il mio compagno, quello non è uno che si lava le mani come Ponzio Pilato dinanzi a grosse difficoltà; piuttosto, imporrà a tutti i malfattori un lavaggio particolare cosicché si vedranno un giorno tante mani pulite e tante altre ammanettate. E la maestra sarà contenta assai; lei che ha sempre detto che tra i manganelli rossi e quelli neri preferisce… Eh, è proprio vero! Che popolo straordinario, gli italiani. Sono appena passati cent’anni dall’Unità d’Italia, con due guerre mondiali alle spalle, un dittatore che faceva il maestrino e la pietas cristiana la domenica che ci

ricorda che nella cabina elettorale Dio ci vede, Stalin no… ‘mbé, mo’ sta a vedere che, siccome tutto questo non ci basta, fra qualche anno ci ritroveremo a fare i conti con un cantante di piano bar che vende aspirapolvere per comprarsi le case, e che alla fine ci si comprerà pure a noi con le figurine Miralanza, sottobraccio ad un Mike Buongiorno pagato per dire Allegria anche quando piove. Fino a quando, non arriverà uno sceriffo che ci azzecca sempre, con la stella luccicante sul gilet, a sparare nel mucchio ché tanto in mezzo a tanta gente qualche delinquente ci capita di sicuro, e riconquistare alla fine l’Italia dei valori. Garantisti o giustizialisti? Destra o sinistra? Don Camillo o Peppone? Sono un bambino e non ci capisco niente, io. In mezzo a questi soprannomi, aggettivi e sostantivi preferisco la semplice “O”: somiglia ad una palla e io, che a pallone ci gioco in strada, ho imparato che nel calcio vinci solo se sei il migliore. Come insegna un certo Luciano Moggi, patito di calcio nel vero senso della parola, che sta per lascia-re il posto fisso alle Ferrovie per andare a coronare il suo sogno sportivo in serie A. Voglio sperare che alla mia giovane età sia concesso di sbagliare più di una volta. E allora uno sbaglio lo faccio subito: voglio cominciare a credere un po’ di più nelle favole e un po’ di meno agli uomini. Brrr! Che freddo che fa in questa Notte di Vigilia… devo stare attento a non far ap-pannare i vetri della finestra sennò non si

vedranno più i miei occhi brillare nel buio. Caro Obama Natale… non temere, lo so che anche tu sei bambino come me in questi nostri mitici anni 60, colorati e rivoluzionari. Anni che vedranno giovani mettere dei fiori nei vostri cannoni, mentre chi giovane non lo è stato mai, li luciderà per il Vietnam. Anni che porteranno a John Lennon Imagin… are che: «You may say I’m a dreamer, But I’m not the only one, I hope someday you’ll join us, And the world will be as one» (Puoi dire che sono un sognatore, ma non sono il solo. Spero che ti unirai anche tu un giorno e che il mondo diventi uno). Siamo tutti e due troppo pic-coli e non possiamo farci niente a questo mondo, che gira così forte che soltanto i versi di Bob Dylan un giorno avranno la forza di raccontarlo ai figli che verran-no: “For the times they are a-changin’” (Perché i tempi stanno cambiando). Sei fortunato, tu, che puoi scegliere fra Joni Mitchell, Paul Simon o Neil Young. A noi invece è toccata una bi-folk ballad che più o meno suona così: “…Sotto a la capanne, dietro quella fratta, sotto a la capanne, quando ne so fatte!” Appoggia il dito fra la punta del naso e il mento. Abbassa lo sguardo e sentirai sulle tue labbra scorrere un sibilo lento… The answer is blowin’ in the wind (la risposta sta soffiando nel vento). “Ssst… Ssst…”Let it Be… (lascia che sia) u

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Con una manina si può salutare e fare ciao ciao; contare fino a cinque senza paura di perdere il filo, fare le cor-

na, bendarsi un occhio oppure esibirsi in un gran pernacchione a pugno chiuso. Mediaset invece ha voluto cancellare, togliere di mezzo, cassare la concorrenza. È di questi giorni un’inconsueta trovata promozionale di una delle tre televisioni del Cavalie-re d’Arcore: far apparire, in prima serata, di fianco al logo di Italia Uno, appunto, una simpatica manina, che si affanna a far sparire, eliminare, levare, cassare ad uno ad uno i nomi delle televisioni rivali, Raiuno due tre e La7, spuntati in video inspie-gabilmente dal nulla. E dopo tante bizzarre cassate, una cassata madornale ce la potevano pure risparmiare quelli di una nostra

emittente locale chiamata in una scuola provinciale ad effettuare riprese per uno spot natalizio. Alcuni alunni appartenenti ad una fascia sociale più debole, che addirittura hanno bisogno costante di un’assistenza a causa del proprio handicap, sono stati prontamente allontanati, messi in disparte con un gesto separa-tore e discriminatorio di un braccio che si frappone perentoria-mente fra la normalità e il disagio. Messi fuori dell’inquadratura, l’assistente degli studenti esclusi è andata subito a chiedere spiegazioni agli operatori didattici, i quali hanno voluto solenne-mente redarguirla ed invitarla presto a ricondursi in appropriati comportamenti più consoni al ruolo rivestito. Cioè: zitta e mosca sennò qui a lavorare non ci vieni più. Chissà se l’emittente in questione avrà il coraggio di denunciare l’accaduto? Attendiamo fiduciosi. Noi non possiamo fare altro che augurare giorni felici a quei cari ragazzi. Felicità che chi ha compiuto questo gesto ignobile forse non merita. Roba da Striscia la notizia… è vero. Ma stavolta, qualcuno ha seguito il nostro invito: «Dillo a Teramani, non scriverlo sui muri!» u

Che gelidamanina di Mimmo Attanasii

accade in Italia

e anche a Teramo, per non essere da meno