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relazione del progetto di tesidi Carlotta Rinaldini
Università degli studi della Repubblica di San Marino /
Università Iuav di venezia /Corso di laurea in Disegno Industriale
> 2013/2014 matricola n.50631
design come strumentodi liberazione
un possibile percorso
per favorire il reinserimento
del detenuto
“La qualità di un progetto dipende dal grado, sia pur minimo di un cambiamento culturale che innesca”
> Enzo Mari in Progetto e passione
somma-rio
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TEMA
(p.8-17)
RICERCA
(p.18-43)
PRO-BLEMA
(p.44-49)
come favorire il reinserimentoda dentro a fuori: il percorso del detenutodesign come strumento di liberazione
11.14.16.
20.26.28.30.34.36. 40.
46.48.
carcere e la pena: cenni sull’evoluzione storicail significato della penail valore del lavoro per il detenutola modalità di comunicazione chi lavora con i detenutivolontariato e carcereincontri con gli esperti
analisi dell’attuale situazione carcerariala vita dentro le mura
06. design come strumento di liberazione
design come strumento di liberazione 07.
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70.74.76.78.80.82.
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le fasi progettualiil modello del progettola struttura del progettopassato - presente - futuroanalisi testimonianze
il progetto esecutivocodici grafici del progettola stampa tipografica01. passato02. presente03. futuro
sperimentazione del progetto
bibliografia sitografiaringraziamenti
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ELABO-RAZIONE(p.50-67)
REALIZ-ZAZIONE(p.68-83)
CONCLU-SIONE
(p.84-87)
LEFONTI
(p.88-95)
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> Henri Cartier BressonCell of a modern proisonUSA, 1975
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come favorireil reinserimento
Oggi i temi legati al carcere e ai detenuti sono estremamente attuali, se ne parla spesso mostrando quasi esclusivamente le loro sfaccettature peggiori come il problema del sovraffollamento, i suicidi, gli atti di autolesionismo, le violenze dei diritti... Ma il carcere non è solo questo e il mio progetto, ha come intento, quello di cambiare prospettiva rispetto questo tema, considerando la prigione e chi vi è dentro come una risorsa e non solo come problema per la collettività.
La reale funzione del carcere è, infatti, quella di produrre libertà individuale e sicurezza collettiva. Lo scopo che deve perseguire è quello di praticare il reinserimento sociale, che favorisca la coesione e restituisca la speranza. All’interno del carcere, infatti, non vi sono solo persone che costituiscono pericolosità sociale, ma soprattutto persone che indubbiamente hanno commesso degli errori, ma che sono ancora in grado, se gli sono date le possibilità, di rialzare la testae di poter dare il loro contributo positivo alla società.
Il presupposto iniziale è che il lavoro penitenziario, così come la definisce la nostra Costituzione all’art. 27, acquisisce un ruolo sempre più strategico all’interno del percorso di reintegrazione e di rieducazione del detenuto nella società.
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Il lavoro così è lo strumento principale che da a queste persone la possibilità di riscattarsi per errori commessi e di esprimere le loro competenze significative.
Il progetto nasce dalla riflessione della condizione del detenuto “dentro” il carcere e del suo percorso di reintegrazione, fino al momento in cui sarà ”fuori” da esso e si reinserirà nel tessuto sociale.Un progetto di reinserimento deve prima di tutto tentare di recuperare la persona, aiutandolo a prendere consapevolezza dei suoi sbagli, e preparala al momento in cui uscirà dal carcere e si troverà di fronte la realtà.Il fine del mio progetto ha come principale obiettivo quello di accompagnare, in un iter di formazione, disciplina ed assistenza, chi si appresta ad uscire dalla residenza penitenziaria e rischia di trovarsi senza un’occupazione, senza credibilità e senza possibilità alcuna di inserirsi di nuovo nella società.Vuole metaforicamente essere l’immagine di un ponte di collegamento tra due mondi, solo apparentemente distinti: “dentro il carcere” e “fuori dal carcere” e aiuti il detenuto nel suo percorso che deve compire tra questi e gli dia la speranza per costruire un futuro diverso.
“Non credo che il sistema penitenziario italiano sia adeguato alla crescita della responsabilità. Perché la libertà va insieme alla responsabilità. Per fare ciò ci si dovrebbe educare attraverso un percorso adeguato.”
> Gherardo Colombodall’intervista “Oggi il carcere non rieduca”
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da dentro a fuori:il percorso del reinserimento
DENTRO /le mura del carcere
> le pauredi riadattarsi alla vita “norma-le”, di quello che succederà una volta scontata la pena e di non avere nessuno stimolo e appoggio da cui ricominciare
> le speranzedi ricevere opportunità e pos-sibilità per poter ricominciare una nuova vita (ottenere collo-quio di lavoro, riallacciarsi con i legami familiari, avere una casa, uno stipendio...)
PERCORSO /da dentro a fuor i
> reintegrazionecon la società attraverso un lavoro che dia la possibilità di riscattari, rendersi utili, ap-prendere un mestiere, sperare in un futuro migliore
> rieducazionericostruzione della propria identità, prendendo consape-volezza dei propri errori del passato, assumersi le proprie responsabilità, progettare una nuova strada da percorrere
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FUORI /mondo libero
> esclusioneostilità e pregiudizi da parte della società nel modo di con-siderare la realtà del carcere, paura di rimanere bollati a vita come delinquente
> aperturaatteggiamento di apertura da parte della società, che può favorire ed aiutare i detenuti nel loro reintegro all’interno del tessuto sociale
“Purtroppo il carcere, oggi, diventa sempre più il termometro dell’esclusione sociale, un termometro che ci dà dei segnali forti che non possiamo restare ancora a guardare.La pena carcerarianon può diventare una vendetta della società, deve essere un percorso di riabilitazione realizzato puntando al recupero di un soggetto che, altrimenti, una volta uscito si troverà tutte le porte chiuse”
> Don Giovanni Sandonà
direttore della Caritas
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Perché la scelta di questo titolo?
La scelta di questo nome è stata pensata, non con la presunzione di considerare la progettazione come qualcosa di taumaturgico che può risolvere tematiche complicate come quella del carcere, ma con la volontà di evocare i concetti principali da cui sono partita e che mi hanno accompagnata per l’interno iter progettuale fino alla sua concreta realizzazione.
PERCHÉ DESIGN?
_ Design perché ho cercato di capire come i principi della progettazione potevano essere applicati a un tema complesso come quello del reinserimento dei detenuti.
_ Design perché attraverso la comunicazione visiva ho cercato di dare un contributo rispetto questo problema, cercando di guardare oltre e trovare una soluzione inedita.
_ Design perché la prerogativa del progetto è quella di adottare una comunicazione sociale che favorisca l’integrazione e l’inclusione sociale di una particolare tipologia di individui, i detenuti, adottare una comunicazione che ha la volontà di mostrare questi sotto un altro punto di vista.
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STRUMENTO PERCHÉ?
_ Strumento perché il progetto ha come scopo una sua concreta realizzazione proponendo una partecipazione attiva del soggetto a cui è destinato.
_ Strumento perché il progetto è volto a realizzare una serie di intenti prima fra tutti essere da mediatore tra la società e i carcere.
_ Strumento perché il progetto vuole aiutare a porre le basi e portare testimonianza di un percorso complesso che ha come fine ultimo il reinserimento sociale e lavorativo del detenuto.
_ Strumento perché promuove un percorso riabilitativo e di sostegno della persona reclusa nella prospettiva del suo futuro.
LIBERAZIONE PERCHÉ?
_ Liberazione perché attraverso la scrittura in prima persona del detenuto, si vuole in qualche modo creare un momento di riflessione in cui possa evadere con la mente rispetto alla situazione di chiusura in cui si trova a vivere.
_ Liberazione perché il progetto promuove atteggiamenti di apertura e dialogo rispetto a chi sta dentro le mura e chi sta fuori.
_ Liberazione perché il progetto vuole farsi promotore di un nuovo modo di approcciarsi a questa problematica: liberare la società dai pregiudizi con cui è solita descrivere il carcere e i detenuti.
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“Il trattamento penitenziario deve essere conformead umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona.Il trattamento è improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine e nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose. Negli istitui devono essere mantenuti ordine e disciplina.Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili ai fini giudiziari.I detenuti o internati (persone sottoposte a misure di sicurezza per pericolosità sociale) sono chiamati o indicati con il loro nome.Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva.Nei confronti dei condannati e interanti deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi.Il trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni del soggetti.”
> Art. 27 della Costituzionedell’articolo Trattamento e rieducazione che apre la normativa penitenziaria
il carcere e la pena:cenni sull’evoluzione storica
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Il principio di umanità della pena,per cui non deve essere lesivo alla dignità delle persona umana, ed essere finalizzato non alla segregazione ed esclusione del detenuto ma al suo reinserimento nelle società,è l’esito di un lungo percorso degli studi della penalità.
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IL SISTEMA ROMANO
Il diritto romano conosceva pene di carattere privatistico e pene di carattere pubblicisti-co. Il carcere era considerato solo come mezzo di coercizio-ne allo scopo di assicurare il reo alla giustizia.
LA NASCITA DEL PROBLEMA PENITENZIARIO
Solo verso la metà del XVIII secolo il carcere fu inteso come luogo di espiazione delle pene deten-tive e acquistò rilevanza sociale.In tale epoca, affioravano alcuni principi innova-tori che ispireranno tutti i successivi orientamen-ti in materia penitenziaria:· il principio della umanizzazione della pena· il principio della pena come mezzo di prevenzio-ne e sicurezza sociale
7.
8.
CONGRESSI PENITENZIARIINTERNAZIONALI
Il 6 novembre 1890 viene isti-tuita la prima Commissione Penitenziaria Internazionale, nel 1929 una seconda Commis-sione Internazionale Penale e Penitenziaria. Venne ufficial-mente riconosciuta l’esistenza di un diritto penitenziario.
1.
IL CARCERE NELL’ANTICHITÀ
In tempi remoti il carcere era concepito come edificio atto a custodire il reo cui doveva essere inflitta la pena prevista per il crimine commesso.
Con il volume “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria, nel 1764, si inserisce un radicale processo di riforme illuministi-che, si intensificò il dibattito sulla finalità della detenzione, sull’abolizione della pena di morte e la necessità di riforme penitenziarie volte alla trasfor-mazione delle prigioni da luoghi di infamia e crudeltà in luoghi di rigenerazione del reo.
> Timelinesull’evoluzione storica della legislazione penitenziaria
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23.
LA NASCITADELL’ISTITUZIONE
CARCERARIA MODERNA
Nel secolo XVI si assiste ad un progressivo e sostanziale cam-biamento del concetto di pena e si forma il nucleo dell’ideolo-gia penale pre-illuminista.
4.
3.
L’ORDINAMENTO PENALE FEUDALE
Il carcere medievale, punitivo e privatistico si fonda sulla categoria etico-giuridica del “taglio-ne”, a cui si associa il concetto di espiatio, for-ma di vendetta basata sul criterio di pareggiare i danni derivati dal “reato”. L’unico tribunale era quello del signore, solo lui emana gli ordini. La pri-gione era solo un passaggio temporaneo nell’atte-sa dell’applicazione della pena reale.
Inghilterra 1557 nasce la prima “house of cor-rection” o “workhouse”, carat-terizzata dall’organizzazione rigida del tempo strutturato in gesti sempre uguali e ripetitivi.
5.
6.
LA FORMAZIONEDEI PRIMI ISTITUTI
CARCERARI MODERNI
Nella seconda metà del XVII se-colo si realizza una delle prime esperienze carcerarie moder-ne: a Firenze all’interno dell’O-spizio del S. Filippo Neri per giovani abbandonati. E’ il primo caso di isolamento cellulare a scopo correzionale.
10.
IL REGOLAMENTO DEL 1891
Nel 1889 venne emanato il codice penale Zanar-delli, Al 1889 risale anche la prima legge relati-va all’edilizia penitenziaria e agli stanziamenti di bilancio per farvi fronte. Questa riforma no-nostante ebbe il merito di porsi il problema della disponibilità delle strutture, In Italia continuava-no a mancare gli stabilimenti necessari per far scontare le pene secondo la normativa dettata dal codice penale e dal regolamento carcerario.
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1860/1862: LE RIFORMECARCERARIE DOPO L’UNITÀ
Raggiunta l’Unità, si avvertì in Italia la necessità di racco-gliere e uniformare, in maniera organica e sistematica, tutta la legislazione vigente in ogni settore del diritto e anche per il diritto penitenziario fu avver-tita la stessa esigenza.
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11.
1871 Rivista di discipline carcerarie fu uno strumento utile per ri-costruire le condizioni di vita dei luoghi di pena e rappresen-ta la voce ufficiale della Dire-zione generale delle carceri.
12.
RIFORME E CONTINUITÀ DELLE STRUTTURE CARCERARIE NELL’ETÀ GIOLITTINA
Nel periodo “giolittiano”, il regolamento del 1891 subì alcune importanti modifiche tendenti a miti-gare le condizioni disumane dei detenuti.Il decreto 14 novembre 1903, n. 484 sancì l’aboli-zione della camicia di forza, dei ferri e della cella oscura, l’impiego dei condannati in lavori di boni-fica di terreni incolti o malarici.
13.
1922/1923 RIFORME DELREGOLAMENTO PENITENZIARIO
Tra il 1921 e 1922 vennero emanate una serie di circolari innovatrici che determinarono alcuni miglioramenti nel tratta-mento dei detenuti, punatando alla sua rieducazione. Le prin-cipali modifiche riguardarono: il lavoro svolto in carcere dai detenuti; i colloqui; la corri-spondenza; la disciplina delle case di rigore.
LA LEGILAZIONEPENITENZIARIA NEL REGIME
FASCISTA:IL REGOLAMENTO ROCCO
Nel 1930 vennero approvati il nuovo codice penale “Codice Rocco” e nel 1931 il nuovo codi-ce di procedura penale. fedele traduzione dell’ideologia fasci-sta nel settore penitenziario, che rimarrà in vigore fino al 1975. I punti qualificanti del regolamento Rocco sono sono centrati sul considerare il car-cere come istuituzione chiusa e molto rigida nei confronti dei detenuti.
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IL SECONDO DOPO GUERRA
La conduzione del carcere, ne-gli anni successivi alla seconda guerra mondiale, fu la stessa di quella in vigore in epoca fa-scista. I principi fondamentali dell’isolamento dell’emargina-zione dei detenuti rimasero ben saldi.Il breve arco di tempo, tra il 1945 e i primi mesi del 1946, è caratterizzato da alcune tra le più clamorose rivolte della sto-ria carceraria italiana.
Nel 1948 venne istituita la pri-ma commissione parlamentare d’inchiesta sullo stato delle carceri della storia italiana.
16.
LA RIFORMA PENITEZIARIA DEL 1975
Il primo risultato legislativo delle attività parla-mentari sull’ordinamento carcerario arrivò nel 1975 con la legge 26 luglio 1975, n. 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure preventive e limitative della libertà” con cui venne varata la nuova riforma organica degli istituti di diritto penitenziario,La legge si compone di 91 articoli suddivisi in due titoli: il primo riguardante il trattamento peniten-ziario (artt. 1-58); il secondo riguardante l’organiz-zazione penitenziaria (artt. 59-91).Punti qualificanti di questa legge sono:· il principio della qualificazione del trattamento· la disciplina del lavoro in carcere· la creazione di nuove forme di operatori specia-lizzati· le misure alternative alla detenzione.Questa riforma costituisce le base delle riforme succedutosi fino ai giorni nostri.
17.
DOPO LA RIFORMA DEL 1975
10 ottobre 1986 n. 663 che va sotto il nome di “Legge Gozzi-ni”, modificherà alcuni aspetti della riforma del 1975. La legge Gozzini contempla dei benefi-ci che permettono ai detenu-ti che hanno mantenuto una buona condotta, e dimostrato il ravvedimento, di usufruire misure alternative al carcere e permessi premio per coltivare gli affetti familiari ed instaura-re rapporti di lavoro.Nel 2000 viene emanato un nuovo “Regolamento recante norme sull’ordinamento peni-tenziario e sulle misure privati-ve e limitative della libertà”
1960 venne presentato un primo disegno di leg-ge sull’ordinamento penitenziario che cercava di adeguare il sistema penitenziario italiano ai prin-cipi stabiliti dalle Regole minime dell’ONU (1955) e introduceva il criterio dell’individualizzazione del trattamento rieducativo basato sulla osservazio-ne della personalità.Vennero progettate figure nuove quali: gli educa-tori e i Centri del servizio sociale, e si introdusse il regime di “semilibertà”, ma le titubanze furono pari agli emendamenti. Questo disegno di legge costituirà la base di tutte le successive elabo-razioni.
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il significatodella pena
L’innovatività del nuovo regolamento di esecuzione ha come finalità quella di promuovere e agevolare un percorso “ricivilizzante”, attraverso il sostegno e l’accoglienza necessaria al reinserimento del reo. In carcere si va perché puniti e non per essere puniti.
La finalità della pena è quindi quella di avere una funzione sia rieducativa che riabilitativa per il detenuto; la pena è vista quindi in funzione di un cambiamento.Il principale strumento rispetto a questi obiettivi è:
“Il lavoro sulla personalità, sulle condizioni psicologiche, familiari e sociali, ma anche sulle pregresse variabili personali e socio-culturali che possono aver influenzato il comportamento in senso deviante.Funzionale al cambiamento non è quindi considerata, almeno in senso esclusivo, la pena in sé con la mera custodia, ma la progettazione - realizzazione di un programma di osservazione e trattamento individualizzato, che miri a modificare in senso sociale positivo gli orientamenti comportamentali di tipo deviante, attraverso l’offerta di sostegno psicosociale e risorse di cambiamento.”
> Patria Patrizi“Psicologia della devianza e della criminalità”Carocci, Roma 2011, p.67
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le principalifinalità della pena
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Attraverso il lavoro sulla personalità, sulle condizioni psico-logiche, familiari e sociali, ma anche sulle pregresse variabili personali e socio-culturali che possono aver influenzato il com-portamento in senso deviante. Il trattamento educativo deve essere individualizzato, ovvero calibrato alla specificità della persona, per ricavare le specifiche e particolari problematiche ed esigenze del detenuto.
Attraverso un più articolato uso di misure alternative si può ef-fettivamente favorire la reintegrazione attiva includere la per-sona detenuta in una logica di inclusione sociale, appartenenza alla comunità, continuità delle relazioni esterne.
Tramite il lavoro esterno, permessi premio e alle misure alterna-tive che hanno l’obiettivo di favorire un graduale, progressivo contatto con l’esterno, contribuendo alla rieducazione del reo e assicurarsi la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. Aprire così un dialogo con la collettività e con le istituzio-ne per favorire l’integrazione sociale del recluso.
RELATIVI ALLA PERSONALITÀ DEL DETENUTO — funzione r ieducativa e r iabil itativa
RELATIVI ALLA SICUREZZA SOCIALE— prevenire la recidiva e garantire la sicurezza
RELATIVI ALLA RELAZIONE CON IL MONDO— contatto diretto con l’esterno
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il valore del lavoroper il detenuto
“la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”
Il lavoro è considerato lo strumento fondamentale per attuare il reinserimento e la rieducazione del detenuto, assolvendo una funzione normalizzatrice e correttiva.
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UCAZIONE (PERSONA) REINSERIMENTO (SOCIETÀ)
- dare dignità
- svolgere un’attività produttiva
- maggiore consapevolezza delle proprie capacità
- sentirsi utili e parte attiva della società
- acquisire una competenza professionale
- forma di sostentamento
- sottrae dalle conseguenze negative dall’ozio
- sviluppa senso di responsabilitazione
- possibilità di riscattoper gli errori del passato
- anello di congiunzione tra carcere e mondo
- speranza di ricostruirsiuna nuova vita
- diminuire il rischio di recidiva
> Costituzione italianaarticolo 4
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> Fonte: Dipartimento Amministrazione Penitenziaria DAP, 2012
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>PARTECIPAZIONE AL LAVORO
>PERSONE DETENUTE AMMESSE AL LAVORO
IN CARCERE ALL’ESTERNO: detenuti che secondo particolari condizioni possono accedere alle misure alternative (esempio semilibertà, affidamento in prova ai servizi sociali)
> la percentuale di recidiva passa dal: 70% a meno del 10%
> la diminuzione della recidiva di un solo punto percentuale, secondo alcuni studi, equivale ad un risparmio per la società di circa 51 milioni di ero all’anno.
> nonostante questo i detenuti che lavorano sono una percentuale irrisoria per via di vari fattori: pregiudizi e discriminazioni e un generale disinteresse della società verso questa realtà
> Fonte: studio DAP “Le misure altenative alla detenione”, 2007
>IL RISCHIO DI RECIDIVA*
per i detenuti che lavorano
per i detenuti che non lavorano
*la RECIDIVA cioè ricommettere un reato, costituisce un parametro per misurare il successo dell’attività rieducativa
68,5%19%
totale dei presenti in carcere
numero carceri italiane
detenuti che non lavorano
detenuti che lavorano
di cui:
dipendenze amm. penitenziaria
dipendenze soggetti esterni
- 66.528
- 206
- 53.250
- 13.278
- 10.979
- 2.299
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la modalitàdi comunicazione
LA COMUNICAZIONE
COMUNICARE: dal latino communicare = “condividere”. “rendere comune”.Il termine fa così riferimento ad un rapporto, un’interazione, a una condivisione cioè all’instaurarsi di un legame.Cominciare significa “rendere comune” nel senso sia di far sapere/conoscere qualcosa a qualcuno,sia di mettersi in relazione con altri.Ogni comunicazione è uno scambio sociale, è un sistema aperto in continua interazione con l’esterno.
COLLOQUIO PROFESSIONALE DI SERVIZIO SOCIALE
COLLOQUIO: forma specializzata di comunicazione, dal latino com loqui (“parlare insieme”, parlare con”).
“Conversazione piuttosto importante tra due o più persone; dialogoper raggiungere un’intesa”
Il colloquio professionale nel servizio sociale rappresenta il mezzo privilegiato attraverso il quale l’assistente sociale entra in relazione con la persona.
> Zanichelli Dizionario della lingua italiana, 2007
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Il colloquio come percorso di aiuto è considerato lo strumento base per costruire un ponte metaforico con l’altro, promuovendo il coinvolgimento e la partecipazione della persona.
> Il colloquio è volto a:- instaurare una relazione significativa con la persona; - raccogliere informazioni utili alla conoscenza delle situazioni problematiche;- formulare una valutazione professionale; - progettare interventi concreti e condivisi;con la persona e verificarne i risultati.
> La comunicazione deve:- essere improntata sull’ascolto dell’altro incoraggiandoloa parlare molto di sé (porsi in un atteggiamento di chi vuol capire), offrendo uno spazio adeguato al suo modo di presentarsi e presentare i suoi problemi (mettersi nella prospettiva della persona/utente) e valorizzare la persona;- stabilire gli obiettivi e i contenuti della comunicazione per raggiungere a un fine condiviso di intenti;- essere formalmente organizzato e affrontare fatti e sentimenti spiacevoli;- formulare le domande per riuscire a comprendere la situazione problematica, in un contesto di comprensione dell’altro e di empatia in modo che la persona non si senta sopraffatta o accusata ma capita e compresa, senza essere giudicata per la propria situazione;- saper porre le domande per produrre un cambiamento nella persona.
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LE TECNICHE PER LA CONDUZIONEDI UN COLLOQUIO
> Saper mettere a proprio agio l’interlocutore per facilitare l’esposizione dei propri problemi.
> La capacità di ascolto in modo empatico, attento e partecipe, è molto importante perché è il solo modo possibile per mostrare reale interesse e disponibilità verso l’altro. Ascoltare l’altro significa implicitamente comunicargli la nostra stima e la nostra fiducia nelle sue possibilità e nelle sue risorse interne ed è lo strumento per valorizzare la persona.
> Formalizzare le domande pertinenti all’interno del colloquio. Le domande dovranno essere chiare e pertinenti, il più possibili comprensibili, non ambigue e corte.
> Le domande che devono essere evitatate sono:- quelle che presuppongono una domanda unica;- quelle che suggeriscono la risposta;- quelle doppie con più domande insieme;- quelle che iniziano con perché con come o che cosa;- quelle tendendenziose.
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FASE DI ACCOGLIENZA— inizio socializzazione su temi generali
FASE DI SVILUPPO— fulcro del colloquio
CONCLUSIONE DEL COLLOQUIO— recupero equil ibr io emotivo
le fasidel colloquio
Fase iniziale di conversazione partendo dalla ricostruzione di una biografia personale e dal contesto familiare e di vita.La ricostruzione della storia personale e familiare della persona aiuterà a comprendere insieme l’attuale fase del ciclo di vita e anche a contestualizzare gli eventi significativi e la connessio-ne con i problemi e le difficoltà insorte. Valutare la reale moti-vazione delle persone al cambiamento.
Stimolare la persona a parlare di sé e guidare l’interazione ver-so gli scopi prefissati, conoscenza e approfondimento della si-tuazione problematica. Importanza dell’ascolto come capacità di sentire ciò che l’altro racconta con empatia.
Durante il colloquio, soprattutto se sono stati affrontati argo-menti carichi di tensione emotiva, sarà necessario attenuare l’intensità prima della conclusione.
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chi lavoracon i detenuti
FUORI
DENTRO
COOPERATIVE DI TIPO Bdanno opportunità di lavoro ai deenuti ed ex detenuti
ASSISTENTI SOCIALIattività d’osservazione scientif ica della personalità dei detenuti e apporta il suo contributo in seno all’equipe d’osserva-zione e trattamento per la stesura del relativo programma individualizzato
U.E.P.E. uffici locali per l’esecuzione penale esterna
trattamento socio - educativo
MINISTERO DELLE GIUSTIZIAamministrazione giudiziaria civile pe-nale e minorile, dei magistrati e di quella penitenziaria, è organizzata in quattro dipartimenti.
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> Chi lavora con i detenuti?schema con delle istituzioni che ruotato attorno al carcere
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CARCERE
VOLONATARIATOorganizzano attività e laboratori volti al reinserimento
POLIZIA PENITENZIARIAopera alle dipendenze del d.a.p. e garantisce la sicurezza e col-labora alle attività di reinseri-mento sociale
AREA TRATTAMENTALEelabora un programma di tratta-mento rieducativo individualizzato
D.A.P.dipartimento dell’amm. penitenziaria
è uno dei dipartimenti del ministero della giustizia e si occupa della direzione generale degli istituti di prevenzione e pena.
S.E.R.T.servizio per le tossicodipendenze
riabilitazione tossicodipendenze
SERVIZIO CIVILEpercorsi alternativi al carcere
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volontariatoe carcere
Il progetto nasce soprattutto dalla riflessione del ruolo del volontariato all’interno del carcere, proprio perché uno dei suoi principali obiettivi è quello di affrontare il tema della pena in una prospettiva nuova, ponendosi come intermediario tra la società esterna e la società dei detenuti.La prospettiva che vuole adottare il volontariato è quella di voler incrementare il dialogo tra carcere e società creando, nell’opinione pubblica, un clima di riconciliazione, andando oltre ai pregiudizi e luoghi comuni, che ostacolano e vanificano spesso i tentativi di rieducazione e reinserimento.
L’azione del volontariato, così come il mio progetto, vuole fornire “momenti” di sostegno psicologico e morale per i detenuti, rispetto alla situazione di isolamento e solitudine in cui si trovano.
Questi momenti vogliono essere non solo momenti di sfogo e liberazione, ma propositivi e creativi che possano stimolare il detenuto a riscoprire le proprie risorse e le proprie potenzialità. Partecipazione e condivisione vogliono essere le qualità fondamentali da perseguire.
Con questa iniziale premessa cerco di chiarire maggiormente il ruolo del volontariato e come la sua attività di reinserimento sia estremamente vicina alla filosofia generale del mio progetto.
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37.
Il volontariato si trova oggi in un momento particolare diventando sempre più parte attiva della nostra società,imponendosi come soggetto autonomo partecipando in modo sempre più responsabile nelle istituzioni in cui opera. E proprio nel settore penitenziario che esso sta acquisendo maggiore efficienza e autonomia.Verso le realtà penitenziaria si sta maturando sempre di più il concetto, come già ribadito precedentemente, che essa debba essere sempre meno separata e distante dal resto della collettività e debba avere come fine agire in modo concreto alla rieducazione e risocializzazione del detenuto.
La consapevolezza maturata negli ultimi anni è quella che le attività di recupero dei detenuti non possono essere attuate solo all’interno del carcere, ma al contrario è fondamentale la partecipazione delle società esterna perché possa offrire opportunità di reinserimento per il detenuto.L’istituzione carceraria potrà essere sempre più funzionale hai suoi obiettivi se riuscirà ad aprire le porta a nuove opportunità di sviluppo e riesca a interrompere il circuito di emarginazione e pregiudizi.Il volontariato si rende sempre più partecipe dalla vita carceraria attraverso attività concrete e utili nelle prospettive di risocializzazione e rieducazione dei detenuti.
“L’uomo è un essere individuale e sociale in continuo divenire, proteso costantemente ed emotivamente alla ricerca della propria identificazione con obiettivi dinamici e, perciò, modificabili.
> C. CastelliVolontariato penitenziarioIl Ponte, LI, luglio-settembre 1995, 7-9, pp. 200-2
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38.
L’uomo-detenuto è una persona che, nella propria tensione e nella propria ricerca delle identificazioni possibili, è incorsa in erronee adesioni a modelli ed obiettivi, senza, però, perdere il proprio potenziale dinamico di modificazione.”
Il detenuto deve essere riconosciuto come essere umano e per questo suscettibile come altro individuo, ma che allo stesso tempo in grado di migliorarsi grazie al pentimento, avendo la capacità di esprimere correttamente le loro potenzialità di mutamento.
Il volontario, diventando consapevole delle storie dei detenuti, assume un’importantissima funzione sociale, esercitando il ruolo di chi vuole che il detenuto in carcere, possa realmente diventare responsabile dei propri atti, passati e futuri, affinché la negatività dell’atto commesso segni il punto di partenza per adottare in seguito modelli comportamentali positivi.Attraverso modelli alternativi e concreti, che tengano conto dell’individualità della persona (nel pieno rispetto del proprio vissuto e delle proprie attese), Il volontariato vuole aiutare a migliorarsi e a ritrovare fiducia in sé stessi, cercando di arricchire di contenutiil periodo della reclusione.
“I volontari rappresentano l’espressione della società civile, della cosiddetta società libera, che vuole considerare il carcere come parte del proprio mondo e non come qualcosa da allontanare e nascondere, insieme ai problemi che contiene.”
> A. MastantuonoVolontariato, cit. p. 83
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Il volontariato oltre a partecipare ad attività di risocializzazione all’interno degli istituti penitenziari, può anche favorire il diffondersi di una cultura di accettazione e apertura nei confronti di un possibile reinserimento.Come già sottolineato spesso la comunità esternaè incline all’all’indifferenza e ostilità e diffidenza nei confronti dei detenuti. Le persona e che passano per il carcere rischiano rischiano di essere bollate a vita come delinquenti.
Così come il volontariato si impegna ad aprire spazi di dialogo, informazione e confronto, anche il mio progetto ha l’ambizione di stimolare l’interesse della comunità esterna nei confronti del carcere e mostrare le persone che ne scontano li la pena in modo nuovo, più “umano”.
“Grazie all’opera dei volontari viviamoin una realtà penitenziaria proiettata al futuro. E questo ci dà speranza: la speranza di poter ricostruire la nostra esistenza sapendo che qualcuno - fuori - avrà meno paura di accoglierci.I volontari continuano ad essere una sorta di luogo mentale dove, che si sia colpevoli o innocenti, è possibile scoprire modi e tempi per ripensare alla propria vita, in una prospettiva di responsabilità ed autocritica”.
> Prima conferenza nazionale del Volontariato, 1995,parte di intervento fatto dalle detenute di Rebibbia
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40.
incontricon gli esperti
La mia ricerca relativa al carcere e dei detenuti, è stata supportata da incontri con chi in prima persona si occupa di queste tematiche.Le persone intervistate lavorano a stretto contatto con i detenuti, occupandosi proprio di favorire il loro reinserimento nel contesto sociale una volta scontata la pena. Gli intervistati hanno professionalità distinte e ognuna di esse si occupa della tematica del reinserimento del detenuto sotto diversi aspetti(dalla sua rieducazione a quello più specifico della ricerca del lavoro).
Hanno saputo spiegarmi la logica complessa del carcere, le sue principali problematiche, quali sono gli attori che entrano in gioco, le diverse tipologie di detenuto, l’importanza di accompagnarli nel loro percorso di detenzione perché possano reintegrarsi con il mondo una volta usciti senza ricadere nella recidiva e come il lavoro penitenziario acquisisca un ruolo sempre più strategico all’interno di questo percorso.
Questi colloqui sono stati per me fondamentali per capire quale contributo potevo dare all’interno di una tematica complessa come quella del mondo penitenziario e in che modo creare uno strumento che potesse aiutare al reinserimento della persona detenuta.
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FUORI
DENTRO
VOLONTARIATO CARITAS2. sportello di ascolto e consulenza
AREA TRATTAMENTALE3. casa circondariale rimini
LA FORMICA1. cooperativa sociale
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> Chi lavora con i detenuti?chi lavora dentro, chi fuori al carcere, rispetto alle istituzioni da me presi in esame
42.
CARITAS RIMINIassociazione di volontar iato “Madonna della Car ità”
> Annalisa Natale
Operatore che lavora per lo “Sportello carcere-centro ascolto”, all’interno del carcere. È uno dei servizi svolti dalla carits che ha come obiettivo quello di sostenere e accompagnare, median-te alcuni interventi ed azioni, i detenuti immigrati e quelli italiani (ascolto, facilitazione dei rapporti con le famiglie, le risposte a quali sono i diritti dei detenuti, sostegno morale e materiale, pos-sibilità di essere coinvolti in attività laboratoriali e ricreative…).
- Con Annalisa è avvenuto il primo colloquio rispetto alla tema-tica da me approfondite. Annalisa mi ha dato una panoramica generale dei meccanismi complessi che ruotano attorno al car-cere e quali sono i protagonisti e le istituzione che lavorano con i detenuti aiutandoli nel loro reinserimento sociale e lavorativo.
CASA CIRCONDARIALEcarcere di Rimini
> Dott. Vincanzo di Pardo responsabile dell’area educativa del carcere
Si occupa del trattamento riabilitativo della persona detenuta. Vincenzo di Pardo lavora all’interno della casa circondariale di Rimini. Lavorando in stretto contatto con i detenuti aiutando-li nel loro reinserimento tramite dei trattamenti riabilitativi, è stata la persona con la quale mi sono maggiorante relazionata per l’elaborazione non solo dei contenuti del mio progetto ma anche capire quale fosse il modo migliore per comunicarli.Il mio progetto prevede infatti la partecipazione diretta dei de-tenuti, e quindi è importante che i contenuti elaborati non siano banali e possano avere un reale utilità per queste persone.Inoltre mi ha spiegato le varie problematiche che vi sono all’in-terno del carcere e di come convivano diverse tipologie di dete-nuti ognuno con le proprie specificità.
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LA FORMICAcooperativa sociale di tipo B
> Nicola Pasotre si occupa degli inserimenti lavorativi
> Pietro Borghini presidente cooperativa
L’obiettivo principale di questa cooperativa è focalizzato pro-prio nella realizzazione professionale, personale ed economi-ca di quelle persone, che vivendo una difficile condizione di svantaggio sociale o fisico (disabili, invalidi, portatori d’handi-cap, ex tossici avviati alla riabilitazione, detenuti o ex detenuti soggetti alla pena detentiva esterna, ecc), rimangono normal-mente escluse dal mondo del lavoro e dai principali processi di inclusione sociale. Si occupa soprattutto della gestione della raccolta differenziata, contribuendo così alla diffusione di una cultura di sviluppo economico sostenibile.
- Nicola pastore, occupandosene in prima persona, mi ha illu-strato la procedura complessa e macchinosa di avviare un per-corso lavorativo con un detenuto nelle condizione di semiliber-tà. Nonostante la complessità, ha sottolineato come avviare un percorso lavoro soprattutto fuori dalle mura “per il detenuto si presenta come un’occasione per una svolta radicale, se il de-tenuto conserva buona memoria e piena consapevolezza delle scelte che lo hanno portato a delinquere e poi in carcere”. Con-tinua sostenendo come “questo aspetto si verifica nel colloquio preassuntivo ascoltando bene cosa racconta del suo passato: per dare garanzia di affidabilità la persona deve dare piena prova che il suo passato è stato superato ma assolutamente non dimenticato”.
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pro-blema
46.
analisi dell’attualesituazione carceraria
“Dallo stato delle carceri si misura il livello di civiltà di un Paese”
superiore ai 100.000superiore ai 50.000
superiore ai 1.000superiore ai 10.000
meno di 1.000
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> Paola Severino Min. della Giustizia all’apertura del suo intervento all’anno giudiziario a Catania, 2012
> Popolazione carceraria nel mondodati relativi al 2011
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> Fonte: Ministero della Giustizia2013
> LA POPOLAZIONE CARCERARIA IN ITALIA
> PROBLEMASOVRAFFOLLAMENTO
> I DETENUTI PERPOSIZIONE GIURIDICA
> I DETENUTI PER PRINCIPALITIPOLOGIE DI REATO
- condannati definitivi - contro il patrimonio
- in attesa di un primo giudizio - per droga
- appellati - contro la persona
- ricorrenti - legge armi
- misto - contro la pubblica amministrazione
- internati - associazioni di stampo mafioso
- da impostare - contro amm. della giustizia
- tot. detenuti presenti
- donne
- stranieri
- capienza tollerabile
66.528
23.436
2.847
47.045
39.697 34.228
12.231 27.001
6.621 23.837
4.365 10.329
1.607 8.203
1.207 6.516
103 6.497
detenuti stranieri
detenuti italiani
64%36%
153 detenuti ogni 100 posti letto
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48.
la vita dentrole mura
Nonostante le importanti modifiche di legge, il carcere continua a mettere dura prova l’equilibrio psicologico della persona.I principali problemi relativi alla vita dentro le mura sono:
> carcere come luogo di esclusione e isolamento, è una realtà insolita, caratterizzata da rituali spersonalizzanti, totalizzanti e violenti;
> il controllo dell’individuo è totale e pervasivo,riguarda tutti gli aspetti della vita quotidiana, tutte le sue relazioni, persino i valori morali;
> detenzione come privazione globale della libertà, tendendo a ridimensionare l’autonomia decisionale dell’individuo;
> l’istituzione penitenziaria livella le caratteristiche personali e tende a favorire l’acquisizione di abitudini, modi di agire e percepire, esigenze e desideri omologati;
> vengono limitate la sue sfere di azione e sensibilmente ridotta la sua prospettiva di vita dell’individuo con una progressiva mortificazione del sé;
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49.
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ura> spesso la condizione di detenzione può portare
forti sindrome depressive, in alcuni casi arrivare addirittura al suicidio;
> sovraffollamento che produce un disagio individuale e la quasi impossibilità per le figure operative di predisporre un idoneo sostegno individualizzato;
> situazioni problematiche dell’alloggio carcerario, isolamento e l’assenza di supporto familiare e sociale. Situazione di disagio, solitudine o anonimia relazionale, di difficile rappresentazione di prospettiva futura;
> i detenuti passano la maggior parte della loro giornata prevalentemente in cella, inattivi senza spazivitali, restando in angolo dimenticato, non per pensare al male fatto altri e a se stessi, ma perché schiacciati nella violenza del nulla.
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> Suicidi in carcere dati 2011
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elabo-razione
52.
le fasiprogettuali
> Nonostante i numerosi ostacoli che si frappongono al reinse-rimento sociale ed economico da chi viene da una situazione di detenzione, il progetto prevede l’individuazione di un piano inno-vativo per aiutare e facilitare il reinserimento sociale e lavorativo del detenuto, non tanto agendo sulle competenze tecniche ma sviluppare quelle capacità che permettono di riannodare o av-viare rapporti positivi con gli altri, una volta tornati a muoversi nella società. > L’intento è quello di costruire uno strumento per aiutare il detenuto a riconoscere “una nuova strada” per ricominciare, attraverso un percorso di responsabilizzazione e consapevolez-za che ripercorre le tappe fondamentali della sua vita.
> Il fine del progetto è quello di accompagnare in un iter di for-mazione, disciplina ed assistenza, chi si appresta ad uscire dalla residenza penitenziaria e rischia di trovarsi senza un’occupazio-ne, senza credibilità e senza possibilità alcuna di inserirsi di nuo-vo nella società.
1.IL CONCEPT
— i l design può essere strumento di innovazione sociale? — può dare risposta ai nuovi bisogni emergenti?— può essere uno strumento di l iberazione?
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> Riformulare il proprio profilo professionale in relazione alle proprie competenze e alle esperienze acquisite durante il periodo di reclusione
> Facilitare un futuro colloquio di lavoro.
> Riuscire ad avere una maggiore consapevolezza e fiducia delle proprie abilità e dei propri limiti.
> Offrire non solo uno spazio privato in cui raccontarsi ed essere punto di partenza per elaborare un progetto di rico-struzione della propria identità in un ottica di legalità, lavo-ro, impegno familiare e civile.
> Fornire uno strumento che possa aiutare alla meditazione personale su se stesso rispetto al suo passato in vista del suo futuro.
> Sostegno psicologico invividualizzato rispetto il proprio vissuto e le personali attitudini e vocazioni.
> “Luogo altro” in cui parlare di se, cercare di trovare solu-zioni concrete a problemi personali e pensare al dopo, pensa-re agli errori commessi ed diminuire così il rischio di recidiva.
> Dare senso al tempo della detenzione favorendo un per-corso di responsabilizzazione e di crescita personale
> Strumento che possa mobilitare l’opinione pubblica ad at-teggiamenti e mentalità più solidali e aperte.
> Aiuto per gli operatori che accompagna il detenuto nel difficile passaggio da dentro a fuori.
— cosa serve?— come usarlo?— quali sono le finalità?
2.OBIETTIVO -
SCOPO - FUNZIONE
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IV
54.
> Il percorso si è sviluppato in fasi distinte ed articolate, carat-terizzate ognuna, da specifici obiettivi.
> Il progetto tratta di temi dedicati al cambiamento, alla motiva-zione personale e alla rielaborazione dell’esperienze negative dentro e fuori dal carcere per trasformarla in “benzina utile” per andare avanti. > Temi rappresentati sotto forma di “contenuti operativi” coin-volgendo il detenuto a una sua partecipazione attiva.
4.TEMI
— quali sono i contenuti?
> Utilizzo della scrittura come mezzo di evasione.
> Rivolgersi al detenuto in prima persona con un linguaggio sem-plice e diretto.
> La persona (in questo caso il detenuto) viene assunta come protagonista della propria storia, come testimone privilegiato il cui punto di vista rappresenta la principale fonte di ricostruzione di ciò che è stato (passato), di ciò che è (presente) e di quello che spera possa essere (futuro).
> Uso di una comunicazione che promuova un coinvolgimento e la partecipazione della persona, che possa essere di sostegno e valorizzi la persona.
> Attraverso quesiti con domande aperte si vuole dare la possi-bilità di dare spazio all’espressione diretta del detenuto.
> Il risultato finale sarà la realizzazione di una sorta di diario per-sonale che possa essere condiviso e porti testimonianza del per-corso personale intrapreso dal soggetto durante la detenzione.
— quale linguaggio usare?— come comunicare con il detenuto?
3.MODALITÀ
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> Il progetto si articola attraverso una scansione temporale, la quale parte dal passato per arrivare al futuro in tre libretti di formato A5:
1) Passato: prima sezione pone spunti di riflessione sull’ espe-rienze passate. Fondamentale è partire partita dal passato, da ciò che è stato, cercando di stimolare il confronto più onesto possibile con sé stessi e il proprio vissuto, prendere consapevo-lezza dei propri errori.
2) Presente: seconda sezione pone l’attenzione sul presente al periodo di detenzione. Il centro del discorso si spostata sulle oc-casioni che si possono cogliere anche all’interno di un luogo non così favorevole come quello del carcere.
3) Futuro: terza sezione si concentra sullo scopo ultimo del per-corso: ricominciare a far parte della società. Tutte le questioni, i dubbi, le risorse, i sogni vengono indirizzati nel tentativo di ridefinire l’immagine di si stessi dare il coraggio di ricominciare e iniziare a dare forma ai propri progetti.
— com'è articolato?5.
STRUTTURA
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56.
il modellodel progetto
STRUMENTO:
_ di narrazione che solidifica storie _ che si fa portavoce di testimoniaze, descrivendo un possibile percorso positivo di riabilitazione e cambiamento della persona reclusa_ che fa della detenzione un momento riabilitativo
PROCESSO:
_ di facilitazione per l’interazione sociale e di dialogo tra diverse tipologie di individuo (reclusi e società libera)_ di conoscenza, di scambio, di relazione _ di attivazione di nuovi comportamenti di tolleranza e apertura
PROTAGONISTI :
_ operatori sociali (volontari, educatori, assistenti sociali) che fungono da pontetra mondo e carcere _ detenuto colui che vive la situazione di reclusione a cui e destinato lo strumento _ società libera che ha l’opportunità di conoscere le storie dei detenuti
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RECLUSO
SOCIETÀ OPERATORE
> atteggiamento di apertura di ascolto e comprensione > possibilità di liberarsi dagli stereotipi comuni
> figura di collegamento tra dentro (carcere) e fuori (società libera)> instaura con il detenuto un rapporto paritario> predispone il detenuto a parlare di se e compilare il libretto
> bisogno di essere ascoltato e di raccontarsi> testimone in prima persona del proprio percorso di riabilitazione> speranza di ricostruirsi un futuro nella società
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IV
58.
la strutturadel progetto
PASSATO /la mia vita pr ima
> la mia biografiadati anagrafici, usi e costumi
> i mie legamiI rapporti con la famiglia,
gli amici
> guardarsi dentroricordo di momenti, situazioni particolari che hanno segnato
la mia vita
> Il miei errorii miei problemi con la legge,il mio rapporto con le droghe
PRESENTE /la mia vita dentro
> la mia giornatavivere in carcere,
le opportunità, le attività a cui partecipo
> la cella con chi condivido la cella,
oggetti che possiedo
> cosa mi mancacosa ho perso, i miei bisogni,
le mie sofferenze...
> le mie riflessionii cambiamenti,
la consapevolezza
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“La vita può essere capita solo guardando indietro,ma deve essere vissuta guardando avanti”
> Soren Kierkegaard
FUTURO /la mia vita fuor i
> le paurela varie difficoltà a riadattarsi
alla “vita normale”, solitudine, i pregiudizi
> le speranzei sogni nel cassetto,
aspettative, autostima e fiducia nel proprio domani
> il lavorola ricerca del lavoro,esperienze, abilità
e competenze,come presentarsi
3.
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IV
60.
PASSATO
FUTURO
passato-presente-futuro
> Brain strormingstruttura del percorsodel progetto
RICORDI- situazioni
- momenti speciali
- memorie
FERITE- solitudine
- miserie
- infelicità
- mancanze
SPERANZE- sogni
- progetti
- voglia di ricominciare
- fiducia in sé
PAURE- difficoltà di riadattamento - legami con la famiglia
- pregiudizi - solitudine
- alloggio
- ricerca di un lavoro
- ricadere negli sbagli del passato
STORIA- chi sono
- paese di origine
ASPIRAZIONI- avere un lavoro
- riconoscere le proprie abilità
- essere utile
- fare parte della società
- specializzarsi
- stipendio regolare
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PRESENTE
> percorso verso la libertà
> responsabilizzazione
> spazio in cui raccontarsi
> voglia di ricominciare
> le proprie abilità
> cogliere le occasioni
> sincerità verso se stessi
> condividere esperienze
> maturare la consapevolezza
ERRORI- problemi con la legge
- sbagli - carcerazioni
- tossicodipendenze
- recidiva
RIFLESSIONI- come mi sento?- cosa sta cambiando in me?- sentirsi vuoti
- se potessi tornare indietro
- rabbia
- risentimenti
LEGAMI- famiglia
- amici
LA GIORNATA- la cella
- inerzia
- attività
- ozio
OPPORTUNITÀ- laboratori
- incontri
- progetti
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BISOGNI- sofferenze
- esigenze
- non essere capiti
- le cose perse
62.
> Testimonianze detenutiprese dal libro a cura di Antonella Bolloni Ferrare, Volete sapere chi sono io? Racconti dal carcere
La responsabilità del mio passato è interamente mia, senza sconti, così come la volontà, la forza e il coraggio di rivederlo e usarlo per essere un uomo migliore.
RICORDI
LEGAMI
PASSATO
analisitestimonianze
In quel che facevo, trovavo quella dose di adrenalina che rendeva interessante la mia vita.
Sono rimasto molto attaccato al mio passato, perché mi è mancato l’affetto della mia famiglia.Se devo ricordare un periodo bello della mia vita, è stato solo la nascita dei miei figli, poi per tutto il resto è stato una pagina di cronaca giudiziaria.
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FERITE
ERRORI
STORIA
Quando si leggono scritti di detenuti è facile imbattersi in autobiografie.Potrebbe sembrare mania di protagoni-smo, ma in realtà è necessità di farsi sentire, di far capire che le radici spes-so sono buone, sono le stesse di chi è in libertà.
L’eroina fu un’altra tappa e preparò le valigie di un viaggio che per un’infinità di anni non è potuto termi-nare in alcun porto. Il buco diventò la fossa in cui gettare tutti i mali.
Ci sono istanti nella vita che servono anni per ca-pire che hanno rappre-sentato scelte epocali, bivi dai quali non sei tor-nato più indietro.
> responsabilizzazione
> consapevolezza
> sincerità con sé stessi
> condividere esperienze
finalità
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BISOGNI
OPPORTUNITÀ
analisitestimonianze
Le cose che mi aiutano ad affrontare il carcere, sono l’amore, il calore, il sostegno dei propri cari. Bisogna riuscire a tenere il proprio corpo rinchiu-so, lasciando libera, al di fuori delle sbarre, la mente.
La vita in carcere non è solo fatta di sbarre e cancelli o essere rinchiuso in tre metri quadri a malapena. È fatta an-che di sentimento e rispetto verso ope-ratori e agenti di polizia che lavorano lì…
le opportunità non mancano dopo sta a te decidere se rimanere sul letto a rimuginarti il cervello.
La sopravvivenza in car-cere è dura. Ma devi agire in qualche modo. Devi pro-vare a costruire un qual-cosa anche li.
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65.
RIFLESSIONI
LA GIORNATA
Ci sono tanti modi di passare la gior-nata in carcere e nel passato li ho spe-rimentati tutti: vegetare sul letto, la-mentarsi del mondo, scaricare la propria rabbia sugli altri, imbottirsi di psicofar-maci, farsi ipnotizzare dalla televisione, smettere di curarsi e lasciarsi andare per aggravare la malattia e riuscire ad andarsene in un modo o nell’altro.
In carcere si diventa più riflessivi, perché non si fa niente di corsa, tutto è appeso alla speranza, che diventa la tua migliore e unica amica.
Per la gente fuori siamo criminali, assas-sini, rapinatori, ma anche in queste per-sone c’è del buono: abbiamo voglia di cambiare se ce ne danno l’opportunità e non è vero che in carcere si diventa sempre più delinquenti. Sta a noi cam-biare se lo vogliamo.
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PRESENTE
> responsabilizzazione
> consapevolezza
> sincerità con sé stessi
> condividere esperienze
> cogliere le occasioni
> voglia di ricominciare
finalità
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ASPIRAZIONI
La maggior parte del tem-po che trascorro qui lo passo a pensare a cosa fare una volta uscito dal carcere.
La prima cosa che cer-cherei di fare non appena esco dal carcere è recu-perare in tutti i modi il rapporto con mia figlia,
poiché oltre al colloquio non l’avevo mai vista.
Di preciso non so cosa farò “da grande”, ma una cosa è certa, farò di tutto per non lasciare mai più la mia famiglia. Di sogni ne ho tanti, ma per realizzarli oc-corre tempo, pazienza e volontà e ca-pacità.
analisitestimonianze
FUTURO
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67.
PAURE
SPERANZE
Mi aspetto dalla vita la possibilità di potermi ri-scattare e di realizzare tutto quello che intendo fare in futuro alla mia fa-miglia.
Quello che sogno dalla vita è di poter arrivare a fine mese e di non dover più commettere reati per sopravvivere.
Ma al posto dell’attesa speranzosa, pre-ferisco l’azione positiva, quell’azione che è consapevolezza di ciò che ormai è andato perduto e assomiglia a un im-pegno concreto di desiderare ancora una vita nuova. Una vita che compren-de quella forma di perdono interiore che devo darmi per non soccombere al dolo-re del passato.
> responsabilizzazione
> consapevolezza
> sincerità con sé stessi
> condividere esperienze
> cogliere le occasioni
> voglia di ricominciare
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finalità
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> Copertine dei tre diari: continuità tra passato - presente - futuro
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> Doppia pagina d'introduzione: nella facciata di sinistra vengono elencate le parole chiave e in quella di destra è presente un’illustrazione usando la griglia esagonale
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> Doppie pagine interne:citazione, indice, premessa
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> Particolari interni delle doppie pagine
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codici graficidel progetto
CARATTERI TIPOGRAFICI
SISTEMA CROMATICO
C: 85M: 24Y: 0K: 0PANTONE: 2925 C
C: 0M: 11 Y: 97K: 2PANTONE: 7405 eC
C: 0M: 94Y: 78K: 0PANTONE: 185 eC
C: 0M: 0Y: 0 K: 90
design come strumento di liberazione
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GRIGLIA PAGINA
> formato a5
> ILLUSTRAZIONI astratte che evocano il tema della sezione, sono realizzate usando la griglia esagonale
> PAGINA DI SX:
- la griglia è il risultato dell’intersezione di esagoni- viene è organizzata in modo che l’utente possa interagire con essa più liberamente- con questa griglia vengono realizzate illustrazioni astratte geometriche
> PAGINA DX:
- griglia a 6 colonne con margine di rilegatura di 5mm- incremento della linea di base ogni 12pt
148mm
210mm
17mm
15mm
12mm
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V
76.
la stampatipografica
I tre libretti vengono stampati su carta con modello CMYK. In vista di una loro concreta funzione e realizzazione, dovranno avere un prezzo più possibile economico.Le pagine verranno stampate su una carta uso manoabbastanza leggera, sulla quale sarà possibile scrivere con facilità. Mentre la copartina verrà stampata su un cartoncino più rigido (generalmente sui 250gr).Il libretto verrà poi rilegato con una semplice pinzatura per evitare ulteriori costi di rilegatura.Ogni libreto avrà un costo di circa 8 euro, pensando poi di fare più stampe il costo si abbasserà ulteriormente.
Date queste basilari indicazioni, la scelta del tipo di carta da utilizzare può essere a discrezione di chi ne farà uso (operatori, volontariati, educatori...), decidendo personalmente in base alle proprie preferenze e al budget a disposizione.
design come strumento di liberazione
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> Varie tipologie di carta esempi di stampa del progetto su diverse grammature di carte - pagine: carta pannosa 120gr
- copertina: cartoncino pannoso 250gr
- pagine: carta avorio 80gr- copertina: cartoncino mille righe avorio 250 gr
- pagine: carta uso/mano 120gr- copertina: cartoncino 250 gr
design come strumento di liberazione
V
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01.il passato
I.
LA MIA BIO-GRAFIA
II.
I MIEILEG-AMI
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01.
pas
sato
RIPARTIRE DA CIÒ CHE È STATO: LA MIA VITA PRIMA DEL CARCERE
III.
GUAR-DARSIDENTRO
IV.
I MIEIERRORI
design come strumento di liberazione
V
80.
02.il presente
I.
LA MIA GIOR-NATA
II.
COSAMIMANCA
incontripositivi
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81.
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02
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ESSERE “RINCHIUSI”:LA MIA VITA DENTRO IL CARCERE
III.
LE MIERIFLES-SIONI
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82.
03.il futuro
I.
LE MIEPAURE
II.
LE MIESPE-RANZE
design come strumento di liberazione
83.
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03
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OLTRE LE MURA LA LIBERTÀ:LA MIA VITA FUORI
III.
ILLAVORO
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conclu-sioni
86.
sperimentazionedel progetto
Dopo aver concluso le varie fasi progettuali, Il progetto è stato presentato e accolto con entusiasmo dal volontariato della Caritas di Rimini e presto sarà sottoposto a una reale sperimentazione nelle Casa Circondariale di Rimini, all’interno del corso di lettura e scrittura creativa.
Grazie all’aiuto di Nicola Pastore ho potuto presentare personalmente e far compilare i libretti a due detenuti in semi-libertà. Ho avuto la possibilità in prima persona di confrontarmi con la realtà: con gli utenti finali del mio progetto. Capire così la validità o meno del mio progetto, quali possano essere le mancanze e quali i punti di forza.
Il primo incontro è avvenuto con Fumey Messan, un’egiziano di 44 anni, in carcere dal 2005 con la condanna di 14 anni che oggi si trova a vivere i suoi due ultimi anni di pena. Fumey oggi è in semi-libertà: durante il giorno lavora in una cooperativa e rientra in carcere solo per dormire. Fumey si è presentato come uomo molto attivo ma con la paura di affrontare il suo futuro incerto. Si è reso subito disponibile, raccontandomi la sua vita, del legame con la famiglia, in modo sintetico ma con minuzia in ogni minimo dettaglio. Ha trovato interessante il mio progetto recependo subito le sue
> sperimenta-zione n°1
design come strumento di liberazione
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finalità. Già in passato aveva fatto incontri simili, ma con la differenza che le risposte venivano registrate in modo diretto dall’operatore stesso durante il colloquio e alla fine sentiva come se tutto quello che si erano detti non portasse a niente e rimanesse superficiale come lavoro di analisi. Sono rimasta colpita quando mi ha detto di come in passato aveva scritto molto della sua esperienza riempiendo centinaia di fogli, ma poi con il trasferimento da un carcere all’altro avesse deciso di buttare via tutto. Oggi si pente di questo ed è rimasto stupito quando gli ho detto quei libretti poi sarebbero rimasti a lui.
Il secondo incontro è avvenuto con Massimiliano Poli, anche lui sta scontanto gli ultimi anni di galera nel carcere di Rimini e come Fumey ora è in stato di semi-libertà, esce la mattina per andare a lavorare e la sera ritorna in carcere. Si presenta anche lui molto disponibile a compilare i libretti trovandolo interessante e utile. Mi parla del suo passato, della vita dentro le mura dicendomi come sia difficile esprimere quello che ha vissuto e che tutt’ora vive. La vita in carcere mi dice che non può essere descritta, è un mondo a parte. Mi spiega le sue dinamiche, di come non puoi mai far trapelare le tue debolezze “queste sono le regole del carcere, ti devi fare portare rispetto in ogni caso”. Sul suo volto leggo tanta malinconia, la sua paura più grande è quello che potrà accadere domani. La cosa che mi ha colpito di più è quando mi dice che quando è fuori alcune volte sente di stare meglio e di trovare dei momenti di felicità quando è chiuso in carcere, dove ormai ha costruito delle certezze.
> sperimenta-zione n°2
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lefonti
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bibliografia
> Patrizia Patrizi, Psicologia della devianza e della criminalità, Carrocci editore, Roma 2011
> A cura di Antonella Boletti ferrara, Volete sapere chi sono io? Racconti dal carcere, Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, Milano 2011
> Pietro Buffa, Prigioni. Amministrare la sofferenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2013
> Giuliano Camprincoli a cura di Monica Fagnoli, Lo sguardo che libera. Percorso di reinserimento sociale e lavorativo di detenuti presso la Casa Circondariale di Forlì, Società editrice “Il Ponte Vecchio”, Cesena 2002
> Keri Smith, Questo non è un libro, Maurizio Corraini, Milano 2013
> Gherardo Colombo, Il perdono responsabile. Perchè il carcere non serve a nulla, Ponte delle Grazie, Milano 2013
> Malcom Gladwell, Il punto critico. I grandi effetti dei piccoli cambiamenti, Bur edizioni, Milano 2000
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LE
FON
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blio
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> Foucault Michel, Surveiller et punir. Naissance de la prison, Gallimard, Paris 1975. Traduzione italiana da Alcesti Tarchetti: Sorvegliare e punire. Nascita della prigione. Einaudi, Torino 1976
> Ermanno Gallo - Vincenzo Ruggiero, Il carcere immateriale. La detenzione come fabbrica di handicap, Sonda, Milano 2004
> Ugo Ciaschimini, Servizio sociale minorile e giustizia penale. Codice istituzionale e dimensione territoriale, Carrocci Editore, Roma 2012
> Annamaria Zilianti e Beatrice Rovai, Assistenti sociali professionisti. Metodologia del lavoro sociale, Carrocci Faber, Urbino 2010
design come strumento di liberazione
VII
92.
sitografia
SITI ON-LINE
> http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_12_3.wp
> http://www.ristretti.org
> http://recuperiamoci.blogspot.it
> http://www.istitutosanti.org/sitografia_carcere.asp
> http://www.carcereliguria.it
> http://www.amministrazioneincammino.luiss.it
ARTICOLI ON-LINE
> Michele Brambilla, Cerceri. l’unica soluzione è il lavoro, 07 / 06 / 2013, in http://www.lastampa.it/2013/06/07/italia/cronache/carceri-lunica-soluzione-il-lavoro-tn4FfZg0yKsv0ti8DkkaxH/pagina.html
> Michele Brambilla, Quando la pena fa bene al detenuto, 09 / 06 / 2013 , in http://www.lastampa.it/2013/06/09/italia/cronache/lavorare-in-carcere-quando-la-pena-fa-bene-al-detenuto-TsCj8x698D64C9n9bkGzMI/pagina.html
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LE
FON
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/ si
togr
afia
> Davide Pelanda, Intervista a Gherardo Colombo: “oggi il carcere non rieduca”. 21 / 05 / 21012, in http://www.articolotre.com/2012/05/intervista-gherardo-colombo-oggi-il-carcere-non-rieduca/87421
> Il Ponte, Ero carcerato e mi avete visitato: il Centro di Ascolto del carcere, Rimini 02 / 05 / 2013, in http://www.newsrimini.it/news/2013/maggio/02/rimini/ero_carcerato_e_mi_avete_visitato__il_centro_ascolto_del_carcere.html
> Giambattista Scirè, Carceri italiane, cronaca di un disastro dimenticato, 20 / 04 / 2012, in http://www.linkiesta.it/carceri-sovraffollamento
> Internazionale, Troppi detenuti in carcere, 26 / 06 / 2013, in http://www.internazionale.it/news/italia/2013/06/26/troppi-detenuti-in-carcere/
DATI ON-LINE
> http://www.guida.redattoresociale.it/Scheda.aspx?id=370999
> http://ilbureau.com/infografica-carceri-i-numeri-delle-prigioni-italiane/#
> http://manuallywired.altervista.org/blog/sovraffollate-e-piene-di-stranieri-le-nostre-carceri/
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ringraziamenti
> AI MIEI GENITORI: Rino e Lauradedico questi tre anni di studi, che con loro amore incondizionato e la loro pazienza hanno sempre creduto in me. Li ringrazio per i loro consigli, per non avermi mai imposto nulla, ma lasciandomi sempre libera di fare le mie scelte.
> A MIA SORELLA: Silviache con la sua ironia e la sua forza, senza farsi sentire, riesce a prendermi per mano e rialzarmi tutte le volte che cado nello sconforto e penso di non farcela.
> AI MIEI AMICI: Chiara, Beatrice, Martina, Alessia, Jessica e Andrea con i quali ho condiviso parte della mia vita e che dopo tanti anni, oggi sono qui vicino a me festeggiare questo giorno importante. Li ringrazio perché i momenti più belli li ricordo vicino a loro.
> ALLE MIE COMPAGNE DI UNIVERSITÀ: Sara e Barbaracompagne di viaggio con le quali in questi anni non ho condiviso solo progetti, ma cose preziose come la stima, la fiducia e tanti sorrisi. Mi hanno insegnato tanto con la loro saggezza e hanno saputo vedere in me qualcosa di speciale.
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> ALLA TIPOGRAFIA: Galli Servicedove in questi ultimi mesi ho passato gran parte dei miei pomeriggi tra una prova di stampa e l’altra. Ringrazio loro per la loro gentilezza e disponibilità.
> AGLI ESPERTI: Nicola Pastore, Vincenzo di Pardoe Annalisa Natalegli incontri con loro sono stati per me fondamentali per giungere alla realizzazione finale del mio progetto, mi hanno fatto conoscere un mondo, quello del carcere, che conoscevo solo per immagini stereotipate. Li ringrazio per la loro disponibilità, per i consigli e per aver creduto nella validità del mio progetto.
> AL FOTOGRAFO: Konrad Lisper aver dato un contributo fondamentale nella realizzazione delle foto e del video di presentazione del progetto.
> AL MIO: Manuelche con il suo amore mi ha illuminato la vita. Lo ringrazio perché mi da la carica ogni giorni di svegliarmi e dare il meglio di me, perché in ogni momento mi è sempre stato accanto, credendo in me e nel mio sogno più grande: diventare una brava grafica.
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