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Q uante volte avete sentito queste frasi: “La vera pizza si mangia a Napoli”. Oppu- re: “Ti porto in un bar dove si beve il vero caffè napoletano”. Pizza e caffè, prima di essere due simboli della tradizione culinaria italiana, sono forse i due prodot- ti maggiormente connotativi del- la città partenopea. Ma la gastro- nomia di questa città spazia dai primi elaborati ai contorni stuzzi- canti, passando per una varietà di dolci difficile da eguagliare. Una città, mille cucine Probabilmente è merito della sua storia millenaria, un’altalena di sfarzo e miseria, se la cucina partenopea conserva e tramanda tanto le ricette più povere, come gli spaghetti aglio, olio e peperoncino, diventati col tempo il “salvacena” più rapido e gustoso, e la frittata di cipolle, quanto quelle più elabora- te, che ricordano l’arte barocca. Un esempio è il sartù di riso, un timballo al quale vengono aggiunte polpettine di carne, pezzi di salsic- cia, fegatini di pollo, piselli, funghi e formaggio, di solito provola o fior di latte. Nata per dare nuova vita agli avanzi, una prelibatezza è la frittata di pasta (trovate la ricet- ta a pagina 49), perfetta per gite fuori porta e giornate in spiaggia. Mentre per chi ama un gusto più continua a pag. 45 Itinerario goloso 43 NAPOLI oltre la pizza, al di là del caffè PANORAMI INDIMENTICABILI In basso, una veduta dalla chiesa di S. Antonio a Posillipo, dalla quale si può ammirare il castello più antico di Napoli, Castel dell’Ovo e il profilo del Vesuvio. In alto, un maestoso colpo d’occhio della città vista dall’alto. Profumi delicati della cucina di pesce incontrano cotture più elaborate. Merito della terra, del mare e dei loro regali

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Quante volte avete sentito queste frasi: “La vera pizza si mangia a Napoli”. Oppu-re: “Ti porto in un bar dove

si beve il vero caffè napoletano”. Pizza e caffè, prima di essere due simboli della tradizione culinaria italiana, sono forse i due prodot-ti maggiormente connotativi del-la città partenopea. Ma la gastro-nomia di questa città spazia dai primi elaborati ai contorni stuzzi-canti, passando per una varietà di dolci diffi cile da eguagliare.

Una città, mille cucine Probabilmente è merito della

sua storia millenaria, un’altalena di sfarzo e miseria, se la cucina

partenopea conserva e tramanda tanto le ricette più povere, come gli spaghetti aglio, olio e peperoncino, diventati col tempo il “salvacena” più rapido e gustoso, e la frittata di cipolle, quanto quelle più elabora-te, che ricordano l’arte barocca.

Un esempio è il sartù di riso, un timballo al quale vengono aggiunte polpettine di carne, pezzi di salsic-cia, fegatini di pollo, piselli, funghi e formaggio, di solito provola o fi or di latte. Nata per dare nuova vita agli avanzi, una prelibatezza è la frittata di pasta (trovate la ricet-ta a pagina 49), perfetta per gite fuori porta e giornate in spiaggia. Mentre per chi ama un gusto più

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NAPOLIoltre la pizza,al di là del caffè

PANORAMI INDIMENTICABILIIn basso, una veduta dalla chiesa di S. Antonio a Posillipo, dalla quale si può ammirare il castello più antico di Napoli, Castel dell’Ovo e il profi lo del Vesuvio. In alto, un maestoso colpo d’occhio della città vista dall’alto.

Profumi delicati della cucina di pesce incontrano cotture più elaborate. Merito della terra, del mare e dei loro regali

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delicato, via libera ai primi di pe-sce: i classici della cucina marinara sono di casa a Napoli: siamo infatti nella patria degli spaghetti con le vongole o con i frutti di mare, dei paccheri con la zuppa di pesce e del-la calamarata, dove pasta e pesce (i calamari, appunto) hanno la stessa forma ed è diffi cile distinguerli nel piatto. Fantasia senza limiti an-che nella preparazione dei dolci, a partire dalla sfogliatella, nelle due varianti “frolla” e “riccia” ripiena di ricotta profumata alla cannella e agli agrumi. I dolci delle feste sono la pastiera, originariamente pre-parata a Pasqua, ma diventata un piacere possibile tutto l’anno.

E se San Giuseppe si onora con le zeppole, fritte oppure al forno ripiene di crema e amarena, il Natale arriva carico di struffoli, palline di pasta fritte e lavorate con il miele fi no a formare una ciambella, decorata con frutta candita. Non ci siamo dimentica-ti del babà, anzi, ve ne regaliamo la ricetta sempre a pagina 49.

Verdure a sorpresaSe la gastronomia partenopea

è conosciuta in tutto il mondo, un aspetto della cucina napoletana me-no noto è il grande utilizzo di ver-dure e ortaggi. I prodotti della terra sono preferibilmente fritti, ripieni e carichi di condimento, ma restano un elemento imprescindibile della tavola. Le zucchine, l’alimento die-tetico e punitivo per eccellenza, so-no sfi ziose e profumate se cucinate alla scapece, condite con menta e aceto, ma anche pastellate e fritte insieme a carciofi e cavoli.

Le melanzane abbondano e si pre-parano in tanti modi: soffritte “a funghetto”, ripiene “a scarpone” o preparate alla parmigiana, ricetta che la Campania contende alla Sici-lia e all’Emilia Romagna. La scaro-

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ANGOLI E VICOLI: NASCOSTI, SCONOSCIUTI E SUGGESTIVIIl Largo Corpo di Napoli (nella foto a sinistra) è una piccola piazza situata a Spaccanapoli, al centro della quale troneggia una statua del dio Nilo, scolpita nel secondo secolo e voluta dagli alessandrini, che si trovavano nella zona per motivi commerciali. A destra, un suggestivo vicolo del centro storico.

Il limone di Sorrento è uno dei prodotti dalla associazione territoriale più immediata. Il frutto, che per fregiarsi di questa denominazione deve rispondere a determinate caratteristiche, è di qualità “ovale femminello” e ha un colore giallo citrino, un succo abbondante e una scorza profumatissima e ricca di benefici olii essenziali.

Capitale del Regno di Sicilia citeriore, anche nell’arte e nella cultura Napoli si dimostra essere una città degna di principi e re. Ecco, qui di seguito,

tre tappe davvero obbligate se la visitate: Cristo velato Una statua di marmo situata nella cappella San Severo e realizzata nel 1753 da Giuseppe Sanmartino. Grazie alla resa magistrale del velo, si è diffusa una leggenda secondo cui il committente, un chimico, avrebbe insegnato allo sculture come marmorizzare un vero e proprio velo di stoffa. Museo di Capodimonte Nel bosco all’interno dell’omonima reggia, si trova questa eccezionale galleria d’arte che custodisce le opere dei più grandi pittori, da Botticelli a Goya, da Caravaggio a Tiziano, da Raffaello al Parmigianino, più una grande sezione dedicata all’arte contemporanea. Complesso monumentale di Santa Chiara Comprende la Chiesa, il Convento e il Monastero, edificati nel ’300 per volere del sovrano Carlo d’Angiò. Impossibile andare via da questa cittadella senza aver fatto una passeggiata meditativa attraverso le colonne e gli affreschi seicenteschi che decorano i chiostri maiolicati del Monastero.

Qui l’arte sacra si esprime al meglioQui l’arte sacra si esprime al meglioDA NON PERDERE

Come l’oro, come il sole... è il limone!

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la, con uvetta, pinoli, olive di Gaeta e capperi, diventa il ripieno della famosa pizza. Il peperone si prepa-ra “abbottonato”, con pan grattato e ripassato in forno, in padella o fritto, se si tratta della versione che produ-ce ortaggi piccoli e verdi. Ma forse la verdura più tipica sono i “friarielli”, le infiorescenze delle cime di rapa, gusto amarognolo e consistenza te-nerissima, serviti insieme all’im-mancabile salsiccia. Un’accoppiata che funziona sulla pizza, nei panini imbottiti o come ricco contorno.

Bicchieri di carattereI piatti di pesce e le pietanze

vegetariane vogliono il bianco,

precisamente il Falanghina dei Campi Flegrei, un vino secco e fermo, dai riflessi verdognoli e un gradevole aroma fruttato.

Per accompagnare i sapori più robusti, come il salame napole-tano, leggermente affumicato e caratteristico perché la carne e il grasso sono tagliati a pezzi gros-si, adagiato su una fetta di “pa-ne cafone”, cresciuto a lievitazio-ne naturale, niente di meglio del corposo Aglianico, prodotto an-che in Campania. Un vino strut-turato che diventa più vellutato col passare del tempo e si fa ap-prezzare anche alla vista, grazie ai suoi bei riflessi granata.

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Emidia Melideo

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UN NOME, UN GESTOIl termine “mozzarella” deriva da “mozzare”, operazione ripetuta ancora oggi nei caseifici: si tratta di manipolare e staccare un pezzo di pasta filata, per creare la forma a sacchetto.

Proveniente solo dai comuni elencati nelle disposizioni legislative e prodotta solo con latte di

bufala. Gli innumerevoli tentativi di contraffazione e di commercializzazione di diversi prodotti denominati in modo più o meno fantasioso “mozzarella di bufala” hanno dato vita a un rigido disciplinare e al marchio Dop, a tutela e valorizzazione dell’origine di questo amatissimo formaggio. Che si presenta di un bianco lucido e porcellanato, con una sottilissima “buccia” che al taglio deve separarsi nettamente dalla parte interna, mentre un rivolo di liquido sieroso scende lentamente per attestarne la freschezza, che è la caratteristica più importante di questo prodotto caseario leggendario, indimenticabile sia a crudo, sia filante sulla pizza.

Mozzarella: cercate solo quella di bufala campana

Il pomodorino? È a “grappolo”

Talmente tipico da essere rappresentato persino

nel tradizionale presepe. Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio, tutelato con il marchio Dop, ha una pezzatura piccola (non più di 25 grammi) una forma caratterizzata da un apice appuntito e un sapore polposo e dolce, lievemente acidulo. La sua particolarità sta nel modo in cui viene conservato, legando vari grappoli al caratteristico “piennolo” che poi viene tenuto in sospensione in locali aerati. Così questo delizioso ortaggio “resiste” a lungo, fino alla primavera successiva alla raccolta.

Se è di Gragnano, si vede e si senteOmogenea, senza tagli o

fessure, vitrea nella sezione di frattura e di colore giallo paglierino. La pasta di Gragnano, insignita del marchio Igp il 14 ottobre 2013, si presenta con queste caratteristiche, mentre ha il pregio di mantenere la cottura e di risultare al palato soda ed elastica, nei fantasiosi formati capaci di esaltare i diversi sughi.

Foto Pastificio Di Martino

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Le rice� e napoletane

Preparazione

1 Scaldate leggermente il latte. Lasciate ammorbidire il

burro a temperatura ambiente. Setac-ciate in una ciotola la farina con un piz-zico di sale, unite lo zucchero e il lievito e mescolate, poi aggiungete il latte, le uova sbattute, il burro a pezzetti e sbat-tete con una frusta per 5 minuti.

2 Distribuite l’impasto in 8 stampini da babà da 3,5 cm di

diametro ben imburrati, riempiendoli per circa metà, copritelo con un ca-novaccio infarinato e lasciatelo lie-vitare per 1 ora e 30 minuti (dovrà

gonfi are fi no a raggiungere quasi il bordo). Cuocete i babà nel forno già caldo a 200 °C per 15 minuti.

3 Preparate nel frattem-po lo sciroppo. Sciogliete

in una casseruolina a fuoco basso lo zucchero con 1,5 dl di acqua, porta-te a ebollizione e lasciate sobbollire per 3 minuti. Unite il rum, spegnete e mescolate bene.

4 Sformate i babà ancora caldi e immergeteli subito nel-

lo sciroppo, girandoli con due palet-te in modo che si inzuppino bene. Serviteli tiepidi o freddi.

Frittata di pasta

Piccoli babà

Preparazione

1 Sbucciate la cipolla, tri-tatela fi nemente e rosolatela a

fuoco dolce in una casseruola con 4 cucchiai di olio. Unite la passata, un po’ di basilico spezzettato e la-sciate cuocere a fuoco dolce per 40 minuti, salando verso la fi ne.

2 Cuocete gli spaghetti in abbondante acqua bollen-

te salata, scolateli, conditeli con

il sugo preparato e lasciateli in-tiepidire. Sbattete le uova in una ciotola con il parmigiano, il peco-rino e un po’ di pepe, poi unite gli spaghetti e mescolate bene.

3 Versate il composto in una larga padella ben oliata e

lasciatelo cuocere a fuoco dolce fi nché si sarà rassodato nella par-te inferiore, quindi girate la frittata e portatela a cottura.

Ingredienti per 4 persone● 400 g di spaghetti o linguine ● 4 uova ● 400 g di passata di pomo-doro ● 1 cipolla ● basilico ● 30 g di parmigiano grattugiato ● 30 g di pecorino grattugiato ● olio di oliva extravergine ● sale ● pepe

Ingredienti per 8 persone● 125 g di farina più quella per la lavorazione ● 2 uova ● 60 g di burro più quello per gli stampini ● 60 g di zucchero ● 20 g lievito in polvere per dolci ● 3 cucchiai di latte ● sale. Per lo sciroppo: ● 200 g di zucchero ● 1 bicchiere di rum

Impepata di cozzeIngredienti per 4 persone● 2 kg di cozze ● 2-3 spicchi di aglio ● 1 grosso ciuffo di prezzemolo ● olio di oliva extravergine ● pepe

Preparazione

1 Private le cozze delle incrostazioni, raschiandole sotto l’acqua corrente, e del

bisso: per rendere l’operazione più rapida, la-sciate a bagno le cozze per un paio d’ore, in modo che si ammorbidiscano.

2 Mettete le cozze in una casseruola, uni-te l’aglio schiacciato, il prezzemolo tritato, un

fi lo d’olio e abbondante pepe, coprite e cuocete fi no a quando le cozze si saranno aperte. Elimina-te i gusci rimasti chiusi, mettetele su un piatto da porta, pepatele ancora e servitele ben calde.