Carlo F. Traverso (ePub) · tredici cantoni nel 1513. Oggi ne conta ventidue. La tirannide ed il...

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Storia di un secolo, dal 1789 ai giorninostri : Fasc. I (dal 1789 al 1821. Rivoluzionefrancese e Napoleone)AUTORE: Filopanti, Quirico (Barilli, Giuseppe)TRADUTTORE: CURATORE: NOTE: CODICE ISBN E-BOOK: 9788828102014

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze

COPERTINA: [elaborazione da] “Ritratto di unsanculotto” di Louis-Léopold Boilly (1761–1845). -Museo Carnavalet, Parigi, Francia –https://it.wikipedia.org/wiki/File:Sans-culotte.jpg.- Pubblico dominio.

TRATTO DA: Storia di un secolo, dal 1789 ai giorninostri : Fasc. I (dal 1789 al 1821. Rivoluzionefrancese e Napoleone), con una introduzione. -Milano : Tip. Edoardo Sonzogno Edit., 1891. - 61p. : ill. ; 16 cm. – (Biblioteca del popolo ; 234)

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TRATTO DA: Storia di un secolo, dal 1789 ai giorninostri : Fasc. I (dal 1789 al 1821. Rivoluzionefrancese e Napoleone), con una introduzione. -Milano : Tip. Edoardo Sonzogno Edit., 1891. - 61p. : ill. ; 16 cm. – (Biblioteca del popolo ; 234)

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CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 5 agosto 20102a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 29 gennaio 2020

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità standard 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

SOGGETTO:HIS000000 STORIA / Generale

DIGITALIZZAZIONE:Catia Righi, [email protected]

REVISIONE:Paolo Alberti, [email protected] Santamaria

IMPAGINAZIONE:Carlo F. Traverso (ePub)Marco Totolo (revisione ePub)

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 5 agosto 20102a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 29 gennaio 2020

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità standard 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

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IMPAGINAZIONE:Carlo F. Traverso (ePub)Marco Totolo (revisione ePub)

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4Rivoluzioni anteriori al 1789..........................................8RIVOLUZIONE FRANCESE......................................17NAPOLEONE..............................................................54

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4Rivoluzioni anteriori al 1789..........................................8RIVOLUZIONE FRANCESE......................................17NAPOLEONE..............................................................54

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STORIA DI UN SECOLODAL 1789 AI GIORNI NOSTRI

FASCICOLO PRIMODAL 1789 AL 1821

RIVOLUZIONE FRANCESE E NAPOLEONE

QUIRICO FILOPANTI

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STORIA DI UN SECOLODAL 1789 AI GIORNI NOSTRI

FASCICOLO PRIMODAL 1789 AL 1821

RIVOLUZIONE FRANCESE E NAPOLEONE

QUIRICO FILOPANTI

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STORIA DI UN SECOLO

INTRODUZIONE

Rivoluzioni anteriori al 1789.

La vita politica del genere umano è stata finora unalotta incessante fra la libertà e la tirannide. – MadamaStael disse che la libertà è antica, ma il dispotismo è re-cente. Il vero si è che il dispotismo ebbe sinora una du-rata ed una estensione di gran lunga maggiore che la li-bertà, benchè questa vada di continuo e rapidamenteguadagnando terreno.

La tirannia, monarchica od aristocratica, suol proce-dere con passi lenti ed insidiosi: i popoli, per lo contra-rio, si liberano con riscosse subitanee; e per lo più san-guinose, che si chiamano con moderno vocabolo Rivo-luzioni.

Prima di parlare di proposito intorno alla più granderivoluzione de' tempi moderni, farò una semplice men-zione di alcune altre che la precedettero, ed in qualcheguisa la prepararono.

La più celebre e più feconda fra le rivoluzioni anti-che, fu quella che avvenne a Roma nell'anno 244 dellacittà, ossia 509 anni avanti l'Era Cristiana, identicoall'anno 3492 dell'Era Adamitica o Massonica. Questa

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STORIA DI UN SECOLO

INTRODUZIONE

Rivoluzioni anteriori al 1789.

La vita politica del genere umano è stata finora unalotta incessante fra la libertà e la tirannide. – MadamaStael disse che la libertà è antica, ma il dispotismo è re-cente. Il vero si è che il dispotismo ebbe sinora una du-rata ed una estensione di gran lunga maggiore che la li-bertà, benchè questa vada di continuo e rapidamenteguadagnando terreno.

La tirannia, monarchica od aristocratica, suol proce-dere con passi lenti ed insidiosi: i popoli, per lo contra-rio, si liberano con riscosse subitanee; e per lo più san-guinose, che si chiamano con moderno vocabolo Rivo-luzioni.

Prima di parlare di proposito intorno alla più granderivoluzione de' tempi moderni, farò una semplice men-zione di alcune altre che la precedettero, ed in qualcheguisa la prepararono.

La più celebre e più feconda fra le rivoluzioni anti-che, fu quella che avvenne a Roma nell'anno 244 dellacittà, ossia 509 anni avanti l'Era Cristiana, identicoall'anno 3492 dell'Era Adamitica o Massonica. Questa

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bella e comoda Era, per convenzione, supponsi comin-ciata quattromila anni precisi avanti l'Era volgare.

Nel medesimo anno della creazione della Repubblicaromana fu restaurata la Repubblica di Atene col discac-ciamento del tiranno Ippia. Atene e Roma furono i duegrandi fari della libertà, delle scienze, delle lettere e del-le arti nel mondo antico, conseguentemente ancora dellaciviltà del mondo moderno.

Ma la decadenza della virtù produsse la caduta dellaRepubblica ateniese dapprima, poi della grande Repub-blica romana. Questa trasmutossi nell'Impero, che fu inprincipio una Monarchia temperata, o, come oggi si di-rebbe, costituzionale, indi in dispotismo quasi assoluto,tanto che soggiacque all'invasione dei barbari del setten-trione, principalmente Germani.

Nondimeno rimasero delle preziose reliquie dei Mu-nicipii organizzati dai Romani in tutta l'Italia, e pressogli altri popoli annessi. Carlo Magno fu proclamato im-peratore romano dal popolo romano nel giorno di Nataledell'anno 800 di Cristo.

Gli imperatori germanici, assumendo l'improprio tito-lo di Imperatori romani, opprimevano i Municipii o Co-muni italiani. Ma questi unironsi in una imperfetta spe-cie di confederazione, conosciuta sotto il nome di LegaLombarda, col reciproco giuramento dei loro delegati, aPontida, nell'anno 1167; e nove anni appresso, cioè nel1176, sconfissero l'imperatore Federico Barbarossa suigloriosi campi di Legnano.

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bella e comoda Era, per convenzione, supponsi comin-ciata quattromila anni precisi avanti l'Era volgare.

Nel medesimo anno della creazione della Repubblicaromana fu restaurata la Repubblica di Atene col discac-ciamento del tiranno Ippia. Atene e Roma furono i duegrandi fari della libertà, delle scienze, delle lettere e del-le arti nel mondo antico, conseguentemente ancora dellaciviltà del mondo moderno.

Ma la decadenza della virtù produsse la caduta dellaRepubblica ateniese dapprima, poi della grande Repub-blica romana. Questa trasmutossi nell'Impero, che fu inprincipio una Monarchia temperata, o, come oggi si di-rebbe, costituzionale, indi in dispotismo quasi assoluto,tanto che soggiacque all'invasione dei barbari del setten-trione, principalmente Germani.

Nondimeno rimasero delle preziose reliquie dei Mu-nicipii organizzati dai Romani in tutta l'Italia, e pressogli altri popoli annessi. Carlo Magno fu proclamato im-peratore romano dal popolo romano nel giorno di Nataledell'anno 800 di Cristo.

Gli imperatori germanici, assumendo l'improprio tito-lo di Imperatori romani, opprimevano i Municipii o Co-muni italiani. Ma questi unironsi in una imperfetta spe-cie di confederazione, conosciuta sotto il nome di LegaLombarda, col reciproco giuramento dei loro delegati, aPontida, nell'anno 1167; e nove anni appresso, cioè nel1176, sconfissero l'imperatore Federico Barbarossa suigloriosi campi di Legnano.

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La Lega Lombarda, susseguita dalla battaglia di Le-gnano, può in certa guisa considerarsi come la primoge-nita delle rivoluzioni moderne.

Un'altra vittoria della causa della libertà, ma fortuna-tamente compiuta senza spargimento di sangue, avvennetrentanove anni dopo Legnano, vale a dire nell'anno1215 allorchè i baroni inglesi, adunati a Runymede,strapparono al cattivo re Giovanni Senza Terra l'appro-vazione del celebre documento chiamato la Magna car-ta: imperfetta, ma ciò non ostante preziosa base dellaCostituzione e delle franchigie del popolo inglese.

Nel primo giorno dell'anno 1308 avvenne la rivolu-zione elvetica. Questa ebbe per iscopo ed effetto il sot-trarre i tre primi cantoni insorti, Schwitz (donde viene ilnome di Svizzera), Uri ed Unterwalden, alla sovranitàdella Casa d'Austria. I principali promotori della rivoltafurono Furst, Walter e Guglielmo Tell, genero di Furst.A chi non è noto l'incidente storico o leggendario delpomo? Dicesi che, avendo Guglielmo Tell ricusato il sa-luto ad un cappello, che il governatore austriaco Gesslercome segno di padronanza aveva posto sulla piazza diAltorff, il perverso e capriccioso tiranno, per vendettaprese il Tell, vantato come abile arciere, ed il giovinettosuo figlio, comandando al padre di abbattere colla frec-cia un pomo posato sul capo del fanciullo. Guglielmoeseguì con buon successo il pericoloso tiro fra gli ap-plausi della moltitudine.

Il fatto così raccontato è chiaramente inverosimile: nècredo che la critica sia ora in grado di appurare qual par-

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La Lega Lombarda, susseguita dalla battaglia di Le-gnano, può in certa guisa considerarsi come la primoge-nita delle rivoluzioni moderne.

Un'altra vittoria della causa della libertà, ma fortuna-tamente compiuta senza spargimento di sangue, avvennetrentanove anni dopo Legnano, vale a dire nell'anno1215 allorchè i baroni inglesi, adunati a Runymede,strapparono al cattivo re Giovanni Senza Terra l'appro-vazione del celebre documento chiamato la Magna car-ta: imperfetta, ma ciò non ostante preziosa base dellaCostituzione e delle franchigie del popolo inglese.

Nel primo giorno dell'anno 1308 avvenne la rivolu-zione elvetica. Questa ebbe per iscopo ed effetto il sot-trarre i tre primi cantoni insorti, Schwitz (donde viene ilnome di Svizzera), Uri ed Unterwalden, alla sovranitàdella Casa d'Austria. I principali promotori della rivoltafurono Furst, Walter e Guglielmo Tell, genero di Furst.A chi non è noto l'incidente storico o leggendario delpomo? Dicesi che, avendo Guglielmo Tell ricusato il sa-luto ad un cappello, che il governatore austriaco Gesslercome segno di padronanza aveva posto sulla piazza diAltorff, il perverso e capriccioso tiranno, per vendettaprese il Tell, vantato come abile arciere, ed il giovinettosuo figlio, comandando al padre di abbattere colla frec-cia un pomo posato sul capo del fanciullo. Guglielmoeseguì con buon successo il pericoloso tiro fra gli ap-plausi della moltitudine.

Il fatto così raccontato è chiaramente inverosimile: nècredo che la critica sia ora in grado di appurare qual par-

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te vi si possa trovare di verità; ma cosa certa si è che larivoluzione scoppiò, ed ottenne pieno effetto.

I tre cantoni sollevati strinsero fra loro una primaconfederazione. Sette anni dopo, essi sconfissero venti-mila austriaci nelle gole di Morgarten. Nè guari andòche a quei tre primi cantoni se ne aggiunsero altri, cosic-chè la Confederazione Svizzera raggiunse il numero ditredici cantoni nel 1513. Oggi ne conta ventidue.

La tirannide ed il cupo fanatismo di Filippo II, padro-ne della Spagna, dei Paesi Bassi, e di una gran partedell'Italia e dell'America, spinse a rivoluzione gli Olan-desi, divenuti protestanti. Si risguarda come il principiodella emancipazione dei Paesi Bassi una lega la quale fuconchiusa fra Guglielmo il Taciturno principe d'Orangeed i delegati delle provincie olandesi nel 1576. Lo stabi-limento di quella lega è conosciuto sotto il nome di Pa-cificazione di Gand.

L'anno 1648 vide un avvenimento storico, del qualenon di rado si parla scherzando, ma che non fu destituitodi una reale e considerevole importanza, cioè lo scop-piare della insurrezione della Fronda in Francia. Era al-lora nominalmente re di Francia un fanciullo di diecianni, cioè Luigi XIV, il quale divenne poscia potentissi-mo e celebratissimo; nominal reggente del regno era suamadre Anna d'Austria: ma re effettivo era Mazarino, ita-liano per nascita ed educazione, col titolo di primo mini-stro.

Il 5 agosto 1648 fu la cosiddetta giornata delle barri-cate. Il popolo di Parigi, ajutato più tardi da Condé e da

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te vi si possa trovare di verità; ma cosa certa si è che larivoluzione scoppiò, ed ottenne pieno effetto.

I tre cantoni sollevati strinsero fra loro una primaconfederazione. Sette anni dopo, essi sconfissero venti-mila austriaci nelle gole di Morgarten. Nè guari andòche a quei tre primi cantoni se ne aggiunsero altri, cosic-chè la Confederazione Svizzera raggiunse il numero ditredici cantoni nel 1513. Oggi ne conta ventidue.

La tirannide ed il cupo fanatismo di Filippo II, padro-ne della Spagna, dei Paesi Bassi, e di una gran partedell'Italia e dell'America, spinse a rivoluzione gli Olan-desi, divenuti protestanti. Si risguarda come il principiodella emancipazione dei Paesi Bassi una lega la quale fuconchiusa fra Guglielmo il Taciturno principe d'Orangeed i delegati delle provincie olandesi nel 1576. Lo stabi-limento di quella lega è conosciuto sotto il nome di Pa-cificazione di Gand.

L'anno 1648 vide un avvenimento storico, del qualenon di rado si parla scherzando, ma che non fu destituitodi una reale e considerevole importanza, cioè lo scop-piare della insurrezione della Fronda in Francia. Era al-lora nominalmente re di Francia un fanciullo di diecianni, cioè Luigi XIV, il quale divenne poscia potentissi-mo e celebratissimo; nominal reggente del regno era suamadre Anna d'Austria: ma re effettivo era Mazarino, ita-liano per nascita ed educazione, col titolo di primo mini-stro.

Il 5 agosto 1648 fu la cosiddetta giornata delle barri-cate. Il popolo di Parigi, ajutato più tardi da Condé e da

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altri grandi del regno, in odio al cardinale ministro, so-steneva le parti del Parlamento giudiziario, il quale do-mandava di partecipare ancora al potere legislativo.Combattuta da ambe le parti quasi più con faceto buonumore che con accanimento sanguinoso, la guerra civiledella Frombola terminò nel 1653 senza alcuna immedia-ta riuscita della causa della libertà: pur nondimeno pre-parò da lontano il trionfo della libertà in Europa, me-diante l'influsso che esercitò sulla letteratura francesedella seconda metà del secolo XVII, quando fiorivanoPascal, Bossuet, Corneille, Racine, Molière, Fénélon: eindirettamente sulla letteratura francese del secoloXVIII, allorchè fiorirono Voltaire, Rousseau, Monte-squieu, D'Alembert, Diderot, Buffon. L'opera di questiultimi grandi scrittori dal canto suo esercitò un potenteinflusso sopra la letteratura e la filosofia di tutta l'Euro-pa e dell'America.

Se la guerra civile della Fronda in Francia partecipòdei caratteri della tragedia ad un tempo e della comme-dia, la contemporanea rivoluzione d'Inghilterra fu un av-venimento interamente tragico. Carlo I, re d'Inghilterra edi Scozia, per la sua duplicità, e per aver violato i dirittipolitici degl'Inglesi, non meno che le franchigie religio-se degli Scozzesi, spinse gli uni e gli altri ad aperta ri-volta.

Lunga fu la contesa, e piena di peripezie, ora favore-voli al re, ora ai ribelli; ma alla fine l'indisciplinato co-raggio dei Cavalieri, come chiamavansi i realisti, fu so-praffatto dal valore entusiastico, pur tuttavia ben disci-

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altri grandi del regno, in odio al cardinale ministro, so-steneva le parti del Parlamento giudiziario, il quale do-mandava di partecipare ancora al potere legislativo.Combattuta da ambe le parti quasi più con faceto buonumore che con accanimento sanguinoso, la guerra civiledella Frombola terminò nel 1653 senza alcuna immedia-ta riuscita della causa della libertà: pur nondimeno pre-parò da lontano il trionfo della libertà in Europa, me-diante l'influsso che esercitò sulla letteratura francesedella seconda metà del secolo XVII, quando fiorivanoPascal, Bossuet, Corneille, Racine, Molière, Fénélon: eindirettamente sulla letteratura francese del secoloXVIII, allorchè fiorirono Voltaire, Rousseau, Monte-squieu, D'Alembert, Diderot, Buffon. L'opera di questiultimi grandi scrittori dal canto suo esercitò un potenteinflusso sopra la letteratura e la filosofia di tutta l'Euro-pa e dell'America.

Se la guerra civile della Fronda in Francia partecipòdei caratteri della tragedia ad un tempo e della comme-dia, la contemporanea rivoluzione d'Inghilterra fu un av-venimento interamente tragico. Carlo I, re d'Inghilterra edi Scozia, per la sua duplicità, e per aver violato i dirittipolitici degl'Inglesi, non meno che le franchigie religio-se degli Scozzesi, spinse gli uni e gli altri ad aperta ri-volta.

Lunga fu la contesa, e piena di peripezie, ora favore-voli al re, ora ai ribelli; ma alla fine l'indisciplinato co-raggio dei Cavalieri, come chiamavansi i realisti, fu so-praffatto dal valore entusiastico, pur tuttavia ben disci-

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plinato, delle teste tonde, o tosate, come si chiamavano iPuritani, e generalmente gli avversari del re. OlivieroCromwell che li guidava, era uomo dotato di un alto ge-nio militare e politico.

Addì 29 gennajo 1648, secondo il vecchio stile delcalendario inglese, ma 8 febbraio 1649 secondo il nuovostile, la Camera dei Comuni inglese condannò alla deca-denza dal trono per lui e per la sua famiglia, ed allamorte personale, Carlo Stuart re d'Inghilterra e di Sco-zia. Nel seguente giorno 9 febbrajo 1649, la ferale sen-tenza fu eseguita. Quel medesimo giorno è consideratocome il primo della Repubblica inglese.

Oliviero Cromwell ne fu il presidente col titolo diProtettore.

Ma essendo stata rovesciata la Repubblica, poco dopola morte di Oliviero, per la debolezza del suo successoree figlio Riccardo Cromwell, regnarono successivamentedue figli dello sventurato re decapitato: Carlo II, e Gia-como II. Furono cattivi principi ambedue, come il lorpadre.

Carlo II, morto senza figli, non regnò abbastanza perpagar il fio de' suoi vizii personali e del suo cattivo go-verno: ma Giacomo II, succeduto al fratello, e palese-mente convertito alla religione cattolica, ebbe a fuggireda Londra alla fine del 1688. Nel giorno 22 di marzo1689, un'assemblea appositamente convocata dichiarò ladecadenza di Giacomo II, e conferì la corona a Maria II,figlia del deposto re, ed al marito di essa Guglielmo diOrange, già Statholder di Olanda.

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plinato, delle teste tonde, o tosate, come si chiamavano iPuritani, e generalmente gli avversari del re. OlivieroCromwell che li guidava, era uomo dotato di un alto ge-nio militare e politico.

Addì 29 gennajo 1648, secondo il vecchio stile delcalendario inglese, ma 8 febbraio 1649 secondo il nuovostile, la Camera dei Comuni inglese condannò alla deca-denza dal trono per lui e per la sua famiglia, ed allamorte personale, Carlo Stuart re d'Inghilterra e di Sco-zia. Nel seguente giorno 9 febbrajo 1649, la ferale sen-tenza fu eseguita. Quel medesimo giorno è consideratocome il primo della Repubblica inglese.

Oliviero Cromwell ne fu il presidente col titolo diProtettore.

Ma essendo stata rovesciata la Repubblica, poco dopola morte di Oliviero, per la debolezza del suo successoree figlio Riccardo Cromwell, regnarono successivamentedue figli dello sventurato re decapitato: Carlo II, e Gia-como II. Furono cattivi principi ambedue, come il lorpadre.

Carlo II, morto senza figli, non regnò abbastanza perpagar il fio de' suoi vizii personali e del suo cattivo go-verno: ma Giacomo II, succeduto al fratello, e palese-mente convertito alla religione cattolica, ebbe a fuggireda Londra alla fine del 1688. Nel giorno 22 di marzo1689, un'assemblea appositamente convocata dichiarò ladecadenza di Giacomo II, e conferì la corona a Maria II,figlia del deposto re, ed al marito di essa Guglielmo diOrange, già Statholder di Olanda.

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Cento anni dopo la rivoluzione inglese del 1689(chiamata dagl'Inglesi del 1688 per un errore del lorocalendario) eruppe la rivoluzione francese del 1789, del-la quale parleremo a disteso nel seguito del presente vo-lume. Ma, tredici anni prima del 1789, fuvvi in Americaun altro rivolgimento politico, poco meno importantepel mondo che la grande Rivoluzione di Francia.

L'Inghilterra era padrona di quasi tutta l'America set-tentrionale, cioè di tutta quella vastissima distesa di ter-reno che forma ora gli Stati Uniti ed il Canadà.

Le colonie inglesidell'America; benchè pochis-simo popolate, ma in possessocome erano di un vastissimoterreno fertile e quasi vergineancora, godevano già di unaconsiderevole prosperità ma-teriale. Anche la coltura intel-lettuale vi aveva già fatto pro-gressi: tanto che BeniaminoFranklin, in origine stampato-re di Boston, fece la bella ed utile invenzione del para-fulmine. Ma i potenti della terra, siano individui, o col-lettività di persone, sono sempre inclinati ad abusaredella loro potenza. Così fecero gl'Inglesi in America, edebbero a pentirsene.

Non mi stancherò di affermare che le rivolte contro lalegge sono, in generale, degne di riprovazione e di casti-go, tranne il raro caso che i mali non sieno di una gravi-

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Cento anni dopo la rivoluzione inglese del 1689(chiamata dagl'Inglesi del 1688 per un errore del lorocalendario) eruppe la rivoluzione francese del 1789, del-la quale parleremo a disteso nel seguito del presente vo-lume. Ma, tredici anni prima del 1789, fuvvi in Americaun altro rivolgimento politico, poco meno importantepel mondo che la grande Rivoluzione di Francia.

L'Inghilterra era padrona di quasi tutta l'America set-tentrionale, cioè di tutta quella vastissima distesa di ter-reno che forma ora gli Stati Uniti ed il Canadà.

Le colonie inglesidell'America; benchè pochis-simo popolate, ma in possessocome erano di un vastissimoterreno fertile e quasi vergineancora, godevano già di unaconsiderevole prosperità ma-teriale. Anche la coltura intel-lettuale vi aveva già fatto pro-gressi: tanto che BeniaminoFranklin, in origine stampato-re di Boston, fece la bella ed utile invenzione del para-fulmine. Ma i potenti della terra, siano individui, o col-lettività di persone, sono sempre inclinati ad abusaredella loro potenza. Così fecero gl'Inglesi in America, edebbero a pentirsene.

Non mi stancherò di affermare che le rivolte contro lalegge sono, in generale, degne di riprovazione e di casti-go, tranne il raro caso che i mali non sieno di una gravi-

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tà suprema, e non ammettano la possibilità di un rime-dio legale e pacifico, ed i benefizii, ragionevolmente at-tendibili dal nuovo ordine vagheggiato di cose, non sia-no di maggior peso che i mali immediati o lontani che larivoluzione produrrà. Questo bilancio di beni e di malimilitava in favore della emancipazione delle colonie in-glesi dell'America dalla madre patria, e più chiaramenteancora dalla susseguente emancipazione delle colonieamericane spagnuole dalla dispotica Spagna.

Il parlamento britannico aveva l'ingiusta pretesa, con-traria alla costituzione inglese ed agli statuti delle colo-nie, di imporre nuovi tributi alle medesime senzal'assenso delle loro assemblee locali; anzi il governoaveva già mandato in America delle truppe, anche assol-date all'estero, per appoggiare colla violenza l'esazionedei non dovuti balzelli.

In un primo congressocoloniale adunatosi a Fila-delfia, fu decretata la resi-stenza, ed una raccolta divolontarii, dei quali si diedeil supremo comando a Gior-gio Washington. Un primoscontro sanguinoso dei vo-lontariiAmericani coi soldati Ingle-si aveva già avuto luogo aBunker's Hill, presso Bo-ston, nel 1775. Ivi i volon-

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tà suprema, e non ammettano la possibilità di un rime-dio legale e pacifico, ed i benefizii, ragionevolmente at-tendibili dal nuovo ordine vagheggiato di cose, non sia-no di maggior peso che i mali immediati o lontani che larivoluzione produrrà. Questo bilancio di beni e di malimilitava in favore della emancipazione delle colonie in-glesi dell'America dalla madre patria, e più chiaramenteancora dalla susseguente emancipazione delle colonieamericane spagnuole dalla dispotica Spagna.

Il parlamento britannico aveva l'ingiusta pretesa, con-traria alla costituzione inglese ed agli statuti delle colo-nie, di imporre nuovi tributi alle medesime senzal'assenso delle loro assemblee locali; anzi il governoaveva già mandato in America delle truppe, anche assol-date all'estero, per appoggiare colla violenza l'esazionedei non dovuti balzelli.

In un primo congressocoloniale adunatosi a Fila-delfia, fu decretata la resi-stenza, ed una raccolta divolontarii, dei quali si diedeil supremo comando a Gior-gio Washington. Un primoscontro sanguinoso dei vo-lontariiAmericani coi soldati Ingle-si aveva già avuto luogo aBunker's Hill, presso Bo-ston, nel 1775. Ivi i volon-

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tarii combatterono con gran valore, ma ebber la peggio,perocchè le cause destinate ad un finale successo inco-minciano per lo più sotto auspicii apparentemente sini-stri, ed il trionfo sicuro non si ottiene che a prezzo diuna indomita perseveranza.

Il Congresso di Filadelfia decretò la perpetua separa-zione, di diritto e di fatto, delle colonie Americanedall'Inghilterra, e la creazione di una nuova e grande na-zione, sotto la forma politica di una Repubblica federa-le, colla memoranda dichiarazione dell'Indipendenza nelgiorno 4 luglio 1776.

Dopo sei anni di sforzi incessanti, avendo da ultimoottenuto un soccorso anche dalla Francia, gli Americaniebbero definitiva vittoria nel 1781. Washington lasciò ilcomando dell'esercito, e tornò alla vita privata. Mal'anno 1789, memorabile principalmente per cagionedella grande rivoluzione francese, sarebbe stato memo-rabile ancora, benchè in minor grado, perchè durantequell'anno fu condotta a compimento e stabilità la costi-tuzione degli Stati Uniti di America, colla distinzione edautonomia delle varie provincie chiamate Stati, con duecamere legislative locali per ciascheduno Stato, due as-semblee, ed un presidente eletto di quattro in quattroanni, per tutta la Confederazione.

Il primo fu il grande Giorgio Washington che assunsela presidenza nel giorno 30 aprile 1789. Rieletto nel1793, non volle esser eletto una terza volta nel 1797, pa-rendogli esempio pericoloso per una repubblica una pre-sidenza più lunga di otto anni. Tornossene adunque alla

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tarii combatterono con gran valore, ma ebber la peggio,perocchè le cause destinate ad un finale successo inco-minciano per lo più sotto auspicii apparentemente sini-stri, ed il trionfo sicuro non si ottiene che a prezzo diuna indomita perseveranza.

Il Congresso di Filadelfia decretò la perpetua separa-zione, di diritto e di fatto, delle colonie Americanedall'Inghilterra, e la creazione di una nuova e grande na-zione, sotto la forma politica di una Repubblica federa-le, colla memoranda dichiarazione dell'Indipendenza nelgiorno 4 luglio 1776.

Dopo sei anni di sforzi incessanti, avendo da ultimoottenuto un soccorso anche dalla Francia, gli Americaniebbero definitiva vittoria nel 1781. Washington lasciò ilcomando dell'esercito, e tornò alla vita privata. Mal'anno 1789, memorabile principalmente per cagionedella grande rivoluzione francese, sarebbe stato memo-rabile ancora, benchè in minor grado, perchè durantequell'anno fu condotta a compimento e stabilità la costi-tuzione degli Stati Uniti di America, colla distinzione edautonomia delle varie provincie chiamate Stati, con duecamere legislative locali per ciascheduno Stato, due as-semblee, ed un presidente eletto di quattro in quattroanni, per tutta la Confederazione.

Il primo fu il grande Giorgio Washington che assunsela presidenza nel giorno 30 aprile 1789. Rieletto nel1793, non volle esser eletto una terza volta nel 1797, pa-rendogli esempio pericoloso per una repubblica una pre-sidenza più lunga di otto anni. Tornossene adunque alla

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modesta vita di privato cittadino nel 1797, e morì dopodue anni, cioè nel 1799. Gli Americani gli danno il benmeritato titolo di Padre della patria.

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modesta vita di privato cittadino nel 1797, e morì dopodue anni, cioè nel 1799. Gli Americani gli danno il benmeritato titolo di Padre della patria.

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RIVOLUZIONE FRANCESE

Fra tutti gli avvenimenti occorsi nel Mondo dalla ca-duta del Romano impero sino ad oggi, quello che haavuto il maggior numero di grandi e profonde conse-guenze sociali è stato la rivoluzione francese. Non èpossibile intender bene la storia nazionale di alcun paesedi Europa negli ultimi cento anni, senza conoscere lastoria particolare della rivoluzione francese, e quella diNapoleone Bonaparte.

Alla fine del secolo decimo ottavo tutta l'Europa, mapiù segnatamente la Francia, aveva mestieri di una radi-cale rinnovazione politica. Chi ignora che la Francia ènaturalmente una delle più fertili contrade di Europa?Nondimeno Saint-Simon nel 1725 scrisse al cardinalFleury, ministro di Luigi XV, che la miseria del popolooltrepassava ogni misura; che in Normandia si vivevadell'erba dei campi, e che il regno convertivasi in un va-sto spedale di disperati o moribondi. Di quella miseracondizione di cose molte erano le cagioni. Gran parte dicolpa ne ebbero le guerre di Luigi XIV, il suo sconfinatolusso, ed il pessimo sistema tributario: ma la principalradice di quei mali stava nel regime dispotico, fonte uni-versale di corruzione e di miseria. L'esazione delle tassesi faceva per appalto, e ne andavano esenti il clero e lanobiltà, possessori della maggior parte del territorio. Ilsacerdozio Cattolico, deviando dalle sante massime di

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RIVOLUZIONE FRANCESE

Fra tutti gli avvenimenti occorsi nel Mondo dalla ca-duta del Romano impero sino ad oggi, quello che haavuto il maggior numero di grandi e profonde conse-guenze sociali è stato la rivoluzione francese. Non èpossibile intender bene la storia nazionale di alcun paesedi Europa negli ultimi cento anni, senza conoscere lastoria particolare della rivoluzione francese, e quella diNapoleone Bonaparte.

Alla fine del secolo decimo ottavo tutta l'Europa, mapiù segnatamente la Francia, aveva mestieri di una radi-cale rinnovazione politica. Chi ignora che la Francia ènaturalmente una delle più fertili contrade di Europa?Nondimeno Saint-Simon nel 1725 scrisse al cardinalFleury, ministro di Luigi XV, che la miseria del popolooltrepassava ogni misura; che in Normandia si vivevadell'erba dei campi, e che il regno convertivasi in un va-sto spedale di disperati o moribondi. Di quella miseracondizione di cose molte erano le cagioni. Gran parte dicolpa ne ebbero le guerre di Luigi XIV, il suo sconfinatolusso, ed il pessimo sistema tributario: ma la principalradice di quei mali stava nel regime dispotico, fonte uni-versale di corruzione e di miseria. L'esazione delle tassesi faceva per appalto, e ne andavano esenti il clero e lanobiltà, possessori della maggior parte del territorio. Ilsacerdozio Cattolico, deviando dalle sante massime di

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Cristo protettore dei deboli e degli oppressi, era in legacoi forti e cogli oppressori.

Voltaire, colle potenti armi del ridicolo e di uno stilecolmo di chiarezza e di vivacità, combattè non solo leassurdità sostenute dai preti, ma ancora le verità salutari,insegnate in comune dalla religione Cristiana e dallabuona Filosofia. Così fece opera utile da una parte, per-niciosa dall'altra; più utile nondimeno che perniciosa;conciossiachè gli errori oppugnati con abilità e con per-severanza si dileguano; ma l'immortale verità, anchetemporaneamente offuscata dal sofisma, non tarda a ri-comparire fulgida e pura. Diderot e D'Alembert esegui-rono la colossale opera dell'Enciclopedia disposta perordine alfabetico. Luigi Blanc ingegnosamente la para-gona al lavoro di uno il quale atterrasse un edifizio peresaminarne una per una le pietre. L'opera demolitrice siprosegue ai giorni nostri con maggior furia che nel seco-lo XVIII: pur tuttavia l'analisi di cui la demolizione pre-sta il mezzo, è un lavoro proficuo, non fatale. Necessa-rio era il conoscer tutte una ad una le parti costituentidello scibile umano: l'intero edifizio sintetico risorgeràdalle sue rovine, più grande e più bello di prima.

Voltaire e gli Enciclopedisti erano i nemici dei sacer-doti e non dei tiranni. Demolirono, senza saper ricostrui-re checchessia, nè sul terreno della Religione, nè suquello della Politica; neppur su quello della Scienza, ariserva di qualche bel teorema di Meccanica generalescoperto da d'Alembert. Gian Giacomo Rousseau fu uneloquente e caldo amico della Libertà, e portò una prima

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Cristo protettore dei deboli e degli oppressi, era in legacoi forti e cogli oppressori.

Voltaire, colle potenti armi del ridicolo e di uno stilecolmo di chiarezza e di vivacità, combattè non solo leassurdità sostenute dai preti, ma ancora le verità salutari,insegnate in comune dalla religione Cristiana e dallabuona Filosofia. Così fece opera utile da una parte, per-niciosa dall'altra; più utile nondimeno che perniciosa;conciossiachè gli errori oppugnati con abilità e con per-severanza si dileguano; ma l'immortale verità, anchetemporaneamente offuscata dal sofisma, non tarda a ri-comparire fulgida e pura. Diderot e D'Alembert esegui-rono la colossale opera dell'Enciclopedia disposta perordine alfabetico. Luigi Blanc ingegnosamente la para-gona al lavoro di uno il quale atterrasse un edifizio peresaminarne una per una le pietre. L'opera demolitrice siprosegue ai giorni nostri con maggior furia che nel seco-lo XVIII: pur tuttavia l'analisi di cui la demolizione pre-sta il mezzo, è un lavoro proficuo, non fatale. Necessa-rio era il conoscer tutte una ad una le parti costituentidello scibile umano: l'intero edifizio sintetico risorgeràdalle sue rovine, più grande e più bello di prima.

Voltaire e gli Enciclopedisti erano i nemici dei sacer-doti e non dei tiranni. Demolirono, senza saper ricostrui-re checchessia, nè sul terreno della Religione, nè suquello della Politica; neppur su quello della Scienza, ariserva di qualche bel teorema di Meccanica generalescoperto da d'Alembert. Gian Giacomo Rousseau fu uneloquente e caldo amico della Libertà, e portò una prima

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pietra per la erezione dell'edifizio politico dell'avvenire,stabilendo il principio fondamentale della sovranità delPopolo. Montesquieu dimostrò, in una maniera più me-todica e più pratica di quella di Gian Giacomo, la supe-riorità del sistema rappresentativo usato in Inghilterra,in confronto del regime assoluto.

Le idee dei filosofi francesi espresse nella lor lingua,meno bella e meno splendida della madre latina, ma do-tata di una mirabile precisione e chiarezza, acquistaronoun'immensa popolarità, non pure in Francia ma ancoranegli altri paesi Cristiani, e prepararono indirettamenteil terreno per la grande rivoluzione francese del 1789.Cesare Beccaria pubblicava in Italia nel 1764 un piccoloma celebre libro contro la tortura e contro la pena dimorte; Leopoldo I, granduca di Toscana, ed il marcheseTanucci, ministro di Carlo III re di Napoli, furono cele-brati come grandi riformatori, perchè osavano di darqualche noja al clero; il conte di Firmian, governatoredella Lombardia per Maria Teresa, faceva pure dellepiccole riforme che parevano grandi cose. Esse, comequelle di Napoli e di Toscana, eran di fatto importanti,ma tutte insufficienti. Un capriccio dei regnanti potevarevocarle da un momento all'altro. Bisognava che si sca-tenasse l'uragano della rivoluzione Francese per ischian-tare dalle radici almeno una parte dei secolari e formida-bili abusi, dallo stretto di Gibilterra sino alle nevi dellaSiberia.

Il solenne preludio della grande rivoluzione fu la con-vocazione degli Stati generali a Versailles, residenza del

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pietra per la erezione dell'edifizio politico dell'avvenire,stabilendo il principio fondamentale della sovranità delPopolo. Montesquieu dimostrò, in una maniera più me-todica e più pratica di quella di Gian Giacomo, la supe-riorità del sistema rappresentativo usato in Inghilterra,in confronto del regime assoluto.

Le idee dei filosofi francesi espresse nella lor lingua,meno bella e meno splendida della madre latina, ma do-tata di una mirabile precisione e chiarezza, acquistaronoun'immensa popolarità, non pure in Francia ma ancoranegli altri paesi Cristiani, e prepararono indirettamenteil terreno per la grande rivoluzione francese del 1789.Cesare Beccaria pubblicava in Italia nel 1764 un piccoloma celebre libro contro la tortura e contro la pena dimorte; Leopoldo I, granduca di Toscana, ed il marcheseTanucci, ministro di Carlo III re di Napoli, furono cele-brati come grandi riformatori, perchè osavano di darqualche noja al clero; il conte di Firmian, governatoredella Lombardia per Maria Teresa, faceva pure dellepiccole riforme che parevano grandi cose. Esse, comequelle di Napoli e di Toscana, eran di fatto importanti,ma tutte insufficienti. Un capriccio dei regnanti potevarevocarle da un momento all'altro. Bisognava che si sca-tenasse l'uragano della rivoluzione Francese per ischian-tare dalle radici almeno una parte dei secolari e formida-bili abusi, dallo stretto di Gibilterra sino alle nevi dellaSiberia.

Il solenne preludio della grande rivoluzione fu la con-vocazione degli Stati generali a Versailles, residenza del

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re, il 5 maggio 1789. Sopra un eccelso trono sedevano ilre Luigi XVI e la regina Maria Antonietta, attorniati daiprincipi e dalle principesse. Nei più onorevoli posti del-la sala stavano i rappresentanti dei due ordini privilegia-ti: il clero a destra, la nobiltà a sinistra; gli uni e gli altrisfarzosamente abbigliati.

I rappresentanti del Terzo stato, ossia della semplicecittadinanza, modestamente vestiti di nero, furono, dopolungo attendere, introdotti per una porta laterale: ma essiprevalevano per numero, pel loro personale ardimento, eper l'appoggio ad essi prestato dalla pubblica opinione.Laonde non si osò esigere da essi l'umiliante ed indegnoatto di inginocchiarsi davanti al re, e davanti agli altridue stati, come nelle precedenti convocazioni degli Statigenerali. L'ultima convocazione degli Stati generali ave-va avuto luogo a Parigi nel 1614.

Il discorso del trono, letto del re, ed i lunghi discorsipronunciati da' suoi due ministri Barentin guardasigilli,e Necker delle finanze, diedero abbastanza a compren-dere che il governo voleva raggiungere il suo intento deisussidii alle esauste finanze, ma respingeva il giustissi-mo desiderio della nazione, di ottener la riforma deivecchi ed intollerabili abusi.

Dapprima le sedute dei tre ordini si tennero in luoghiseparati; ma, addì diciassette di Giugno, il terzo stato,ossia l'Assemblea dei Comuni, si dichiarò AssembleaNazionale. Gli altri due ordini, anche a preghiera del re,dopo vana resistenza, vennero ad assidersi alla rinfusacoi deputati dei Comuni. Ma la corte rimproverò il de-

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re, il 5 maggio 1789. Sopra un eccelso trono sedevano ilre Luigi XVI e la regina Maria Antonietta, attorniati daiprincipi e dalle principesse. Nei più onorevoli posti del-la sala stavano i rappresentanti dei due ordini privilegia-ti: il clero a destra, la nobiltà a sinistra; gli uni e gli altrisfarzosamente abbigliati.

I rappresentanti del Terzo stato, ossia della semplicecittadinanza, modestamente vestiti di nero, furono, dopolungo attendere, introdotti per una porta laterale: ma essiprevalevano per numero, pel loro personale ardimento, eper l'appoggio ad essi prestato dalla pubblica opinione.Laonde non si osò esigere da essi l'umiliante ed indegnoatto di inginocchiarsi davanti al re, e davanti agli altridue stati, come nelle precedenti convocazioni degli Statigenerali. L'ultima convocazione degli Stati generali ave-va avuto luogo a Parigi nel 1614.

Il discorso del trono, letto del re, ed i lunghi discorsipronunciati da' suoi due ministri Barentin guardasigilli,e Necker delle finanze, diedero abbastanza a compren-dere che il governo voleva raggiungere il suo intento deisussidii alle esauste finanze, ma respingeva il giustissi-mo desiderio della nazione, di ottener la riforma deivecchi ed intollerabili abusi.

Dapprima le sedute dei tre ordini si tennero in luoghiseparati; ma, addì diciassette di Giugno, il terzo stato,ossia l'Assemblea dei Comuni, si dichiarò AssembleaNazionale. Gli altri due ordini, anche a preghiera del re,dopo vana resistenza, vennero ad assidersi alla rinfusacoi deputati dei Comuni. Ma la corte rimproverò il de-

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bole, quantunque ben intenzionato re, per la sua condi-scendenza verso l'ordine plebeo; e, con atto di meschinoed illegale dispetto, fece chiudere la sala della adunanze,la quale consisteva in un'arena da cavallerizza, sotto ilpretesto che apparteneva a non so quale dei principi.Ahi! quanto amaro ed anche eccessivo sconto dovevanola corte ed i cortigiani pagare, per queste stolide provo-cazioni!

L'Assemblea andò a radunarsi in un altro luogo, con-sistente in un'arena che serviva al giuoco del pallone(jeu de paume) nel giorno 20 di giugno 1789. Ivi i depu-tati fecero il memorando giuro di non separarsi prima diaver dato una costituzione alla Francia.

Tre giorni dopo, il versatile re, pentito di aver favoritola fusione dei tre ordini, mandò il marchese di DreuxBrézé ad intimare la separazione e l'abbandono dellasala. Mirabeau diede in nome de' suoi colleghi una cele-bre risposta: — Andate a dire al vostro padrone che noisiamo qui per mandato di popolo, e che non ne uscire-mo se non per la forza delle bajonette.

La mattina del 14 luglio 1789 si sparse per Parigi lanotizia che i comandanti dei reggimenti stanziati a SanDionigi, avevano ricevuto l'ordine di avanzarsi sopraParigi, e di attaccare la città in sette punti nel susseguen-te giorno quindici; che le caserme degli Svizzeri eranopiene di munizioni, e che l'Assemblea nazionale dovevaessere sciolta. Il popolo si mise in moto da tutte le partidella vasta metropoli. Forse eravi una parola d'ordinedei Framassoni, dei Giacobini, o di altra origine secreta,

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bole, quantunque ben intenzionato re, per la sua condi-scendenza verso l'ordine plebeo; e, con atto di meschinoed illegale dispetto, fece chiudere la sala della adunanze,la quale consisteva in un'arena da cavallerizza, sotto ilpretesto che apparteneva a non so quale dei principi.Ahi! quanto amaro ed anche eccessivo sconto dovevanola corte ed i cortigiani pagare, per queste stolide provo-cazioni!

L'Assemblea andò a radunarsi in un altro luogo, con-sistente in un'arena che serviva al giuoco del pallone(jeu de paume) nel giorno 20 di giugno 1789. Ivi i depu-tati fecero il memorando giuro di non separarsi prima diaver dato una costituzione alla Francia.

Tre giorni dopo, il versatile re, pentito di aver favoritola fusione dei tre ordini, mandò il marchese di DreuxBrézé ad intimare la separazione e l'abbandono dellasala. Mirabeau diede in nome de' suoi colleghi una cele-bre risposta: — Andate a dire al vostro padrone che noisiamo qui per mandato di popolo, e che non ne uscire-mo se non per la forza delle bajonette.

La mattina del 14 luglio 1789 si sparse per Parigi lanotizia che i comandanti dei reggimenti stanziati a SanDionigi, avevano ricevuto l'ordine di avanzarsi sopraParigi, e di attaccare la città in sette punti nel susseguen-te giorno quindici; che le caserme degli Svizzeri eranopiene di munizioni, e che l'Assemblea nazionale dovevaessere sciolta. Il popolo si mise in moto da tutte le partidella vasta metropoli. Forse eravi una parola d'ordinedei Framassoni, dei Giacobini, o di altra origine secreta,

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pei capipopolo. Eravi però ancora qualche cosa per aria;un occulto ma comune istinto; una voce più intima, piùmisteriosa e più irresistibile che quella della Framasso-neria. Quella misteriosa ed irresistibile voce diceva: —Alla Bastiglia, alla Bastiglia!

Era la Bastiglia un'infame prigione di Stato, e al me-desimo tempo una fortezza, eretta non tanto ad esternadifesa di Parigi, quanto per tenerne a freno i cittadini. Lesue artiglierie infilavano la lunga e dritta arteria di ungrande e famoso quartiere popolare, chiamato il sobbor-go di Sant'Antonio. La guarnigione, fortunatamente esi-gua, componevasi di trentadue Svizzeri ed ottantadueinvalidi. Il giorno innanzi, il Comitato rivoluzionarioaveva distribuito cinquantamila picche. Ma non si pren-de colle picche una fortezza. Che fece pertanto il popo-lo? Andò all'ospizio degl'Invalidi e ne trasse ventottomi-la fucili nascosti nelle cantine, ed ancora delle sciabole edei cannoni.

Dapprima cominciò l'assedio della Bastiglia con unaparte di quei fucili. La guarnigione, riparata dietro i suoibaluardi, rispondeva vigorosamente colle fucilate e coicannoni, a palle grosse ed a mitraglia. Ma verso le quat-tro giunse coi cannoni degl'Invalidi la Guardia naziona-le, istituita il giorno prima, e rinforzata dalla guardiafrancese, la quale aveva abbracciato la causa del popolo.In breve le porte della Bastiglia caddero a terra, e la for-tezza fu invasa e presa; i prigionieri di Stato furono po-sti in libertà. Così il popolo ottenne piena e memorabilevittoria.

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pei capipopolo. Eravi però ancora qualche cosa per aria;un occulto ma comune istinto; una voce più intima, piùmisteriosa e più irresistibile che quella della Framasso-neria. Quella misteriosa ed irresistibile voce diceva: —Alla Bastiglia, alla Bastiglia!

Era la Bastiglia un'infame prigione di Stato, e al me-desimo tempo una fortezza, eretta non tanto ad esternadifesa di Parigi, quanto per tenerne a freno i cittadini. Lesue artiglierie infilavano la lunga e dritta arteria di ungrande e famoso quartiere popolare, chiamato il sobbor-go di Sant'Antonio. La guarnigione, fortunatamente esi-gua, componevasi di trentadue Svizzeri ed ottantadueinvalidi. Il giorno innanzi, il Comitato rivoluzionarioaveva distribuito cinquantamila picche. Ma non si pren-de colle picche una fortezza. Che fece pertanto il popo-lo? Andò all'ospizio degl'Invalidi e ne trasse ventottomi-la fucili nascosti nelle cantine, ed ancora delle sciabole edei cannoni.

Dapprima cominciò l'assedio della Bastiglia con unaparte di quei fucili. La guarnigione, riparata dietro i suoibaluardi, rispondeva vigorosamente colle fucilate e coicannoni, a palle grosse ed a mitraglia. Ma verso le quat-tro giunse coi cannoni degl'Invalidi la Guardia naziona-le, istituita il giorno prima, e rinforzata dalla guardiafrancese, la quale aveva abbracciato la causa del popolo.In breve le porte della Bastiglia caddero a terra, e la for-tezza fu invasa e presa; i prigionieri di Stato furono po-sti in libertà. Così il popolo ottenne piena e memorabilevittoria.

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Era uno di quegli avvenimenti, i quali fecero dire aFox, in Inghilterra, che gli angeli in cielo ne andavanolieti. Ma, ahimè! il popolo abusò della sua vittoria: e,sotto questo rapporto, per servirmi del linguaggio figu-rato di Fox, sarebbe a dirsi che ne gioirono le potenzeinfernali.

Quantunque i duci del movimento popolare volesserosalve le vite di tutto il presidio, riescirono a stento a sal-varne una parte; gli altri vinti, incominciando dal co-mandante o governatore Delaunay, furono spietatamentetrucidati; e corse qualche pericolo persino la vita dellafiglia del governatore.

Ma, per verità, è poi ella sempre giusta ed esatta quel-la denominazione di popolo, applicata collettivamentead un certo numero di persone che fanno il bene, comead un cert'altro numero di persone che fanno il male?Non lo è. L'ho adoperata ancor io, secondo lo stile co-mune; ma in omaggio alla verità è da farsi una distinzio-ne, rispetto alla Francia; ed una simile per tutti i paesidel mondo.

Nel 1789 la popolazione di tutto il regno di Franciaera di quasi venticinque milioni, e quella della sua capi-tale un mezzo milione. Quando si dice che il popoloFrancese fece la rivoluzione del 1789, fa di mestieri in-tendere che poche centinaja delle anime le più energichesi misero alla testa del movimento; che alcune centinajadi migliaja di persone seguiron quelle con entusiasmo,ed anche a rischio della loro vita; e che gli altri milionidi Francesi stettero a vedere dapprima con esitante opi-

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Era uno di quegli avvenimenti, i quali fecero dire aFox, in Inghilterra, che gli angeli in cielo ne andavanolieti. Ma, ahimè! il popolo abusò della sua vittoria: e,sotto questo rapporto, per servirmi del linguaggio figu-rato di Fox, sarebbe a dirsi che ne gioirono le potenzeinfernali.

Quantunque i duci del movimento popolare volesserosalve le vite di tutto il presidio, riescirono a stento a sal-varne una parte; gli altri vinti, incominciando dal co-mandante o governatore Delaunay, furono spietatamentetrucidati; e corse qualche pericolo persino la vita dellafiglia del governatore.

Ma, per verità, è poi ella sempre giusta ed esatta quel-la denominazione di popolo, applicata collettivamentead un certo numero di persone che fanno il bene, comead un cert'altro numero di persone che fanno il male?Non lo è. L'ho adoperata ancor io, secondo lo stile co-mune; ma in omaggio alla verità è da farsi una distinzio-ne, rispetto alla Francia; ed una simile per tutti i paesidel mondo.

Nel 1789 la popolazione di tutto il regno di Franciaera di quasi venticinque milioni, e quella della sua capi-tale un mezzo milione. Quando si dice che il popoloFrancese fece la rivoluzione del 1789, fa di mestieri in-tendere che poche centinaja delle anime le più energichesi misero alla testa del movimento; che alcune centinajadi migliaja di persone seguiron quelle con entusiasmo,ed anche a rischio della loro vita; e che gli altri milionidi Francesi stettero a vedere dapprima con esitante opi-

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nione, poscia con prevalente e calda approvazione.Quando si dice che il popolo di Parigi prese la Bastiglia,bisogna similmente intendere che l'operazione fu ese-guita da poche centinaja di persone, alla presenza di al-cune migliaja di altre persone, e col plauso di milioniquando si conobbe il riuscimento. Le poche centinaja, eforse decine, dei più animosi, camminando avanti aglialtri, affrontarono intrepidi le palle grosse e minute dellarocca; ma io tengo per fermo che furono essi pure quelliche volevan salvi i vinti, e che i veri autori della stragefurono coloro che stavan riparati negli angoli delle con-trade nel momento del pericolo. I magnanimi sono sem-pre pochi; il resto è gregge. Gregge umano però: badate!È nostro dovere il fare all'Umanità, anche a rischio dellanostra propria vita, quel maggior bene che per ciascunodi noi si può; ed uno dei mezzi per farlo è quello di rom-pere i suoi ceppi. I poveri schiavi liberati, non ancoraavvezzi a camminare, dapprincipio vacilleranno, faranprobabilmente qualche caduta, e forse saranno capaci diprendersela contro di noi, di calunniarci, di maledirci, diucciderci ben anche. Poco monta; la giustizia ci saràresa più tardi: ma a poco a poco gli schiavi liberati im-pareranno ad apprezzare la libertà persino ne' suoi abusi,ed infine a farne buon uso.

L'indomani della presa della Bastiglia essa fu demoli-ta e rasa dalle fondamenta. Lafayette, il quale erasi giàreso celebre e popolare combattendo come capo di vo-lontari francesi in favore dell'Indipendenza Americana,

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nione, poscia con prevalente e calda approvazione.Quando si dice che il popolo di Parigi prese la Bastiglia,bisogna similmente intendere che l'operazione fu ese-guita da poche centinaja di persone, alla presenza di al-cune migliaja di altre persone, e col plauso di milioniquando si conobbe il riuscimento. Le poche centinaja, eforse decine, dei più animosi, camminando avanti aglialtri, affrontarono intrepidi le palle grosse e minute dellarocca; ma io tengo per fermo che furono essi pure quelliche volevan salvi i vinti, e che i veri autori della stragefurono coloro che stavan riparati negli angoli delle con-trade nel momento del pericolo. I magnanimi sono sem-pre pochi; il resto è gregge. Gregge umano però: badate!È nostro dovere il fare all'Umanità, anche a rischio dellanostra propria vita, quel maggior bene che per ciascunodi noi si può; ed uno dei mezzi per farlo è quello di rom-pere i suoi ceppi. I poveri schiavi liberati, non ancoraavvezzi a camminare, dapprincipio vacilleranno, faranprobabilmente qualche caduta, e forse saranno capaci diprendersela contro di noi, di calunniarci, di maledirci, diucciderci ben anche. Poco monta; la giustizia ci saràresa più tardi: ma a poco a poco gli schiavi liberati im-pareranno ad apprezzare la libertà persino ne' suoi abusi,ed infine a farne buon uso.

L'indomani della presa della Bastiglia essa fu demoli-ta e rasa dalle fondamenta. Lafayette, il quale erasi giàreso celebre e popolare combattendo come capo di vo-lontari francesi in favore dell'Indipendenza Americana,

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fu nominato Generale in capo della Guardia nazionale diParigi.

Una vittoria nel campo militare o politico, e più gene-ralmente ogni riuscita, desume la sua importanza nontanto dalle materiali proporzioni del fatto, quantodall'effetto che essa esercita sulle menti umane. L'espu-gnazione della Bastiglia ebbe un'immensa importanzamorale, ed è riguardata come il capitale evento della ri-voluzione francese; cosicché il suo anniversario è statoscelto come festa nazionale della Francia.

Non eravi allora il telegrafo elettrico; neppure il tele-grafo aereo, che fu inventato da Chappe soltanto nel1790. Nella sera del 14 luglio 1789, allorchè fu recata alre in Versailles la notizia dell'avvenimento di Parigi,Luigi disse con un poco di malumore: è una sommossa.No, sire, fugli risposto: è una rivoluzione.

Adunque, in conformità colla legge misteriosa dellaquale tanti esempi addussi in altre opere, e che lega conmirabili coincidenze le date dei più grandi eventi istori-ci, la data della presa della Bastiglia ricorda le date dialtri grandi ed in parte analoghi avvenimenti. In quantoal giorno, il 14 luglio 1789 rammenta l'Era greca delleOlimpiadi, 14 luglio 776 avanti Gesù Cristo; il ratto del-le Sabine, 14 luglio 748 A. C.; e le tre contemporaneebattaglie delle Termopili, di Artemisio e di Imera, 14 lu-glio 480 A. C. Rispetto all'anno secolare, la data dellapresa della Bastiglia ricorda l'anno della fondazione deltempio di Salomone, 2989 E. A.; il primo anno del re-

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fu nominato Generale in capo della Guardia nazionale diParigi.

Una vittoria nel campo militare o politico, e più gene-ralmente ogni riuscita, desume la sua importanza nontanto dalle materiali proporzioni del fatto, quantodall'effetto che essa esercita sulle menti umane. L'espu-gnazione della Bastiglia ebbe un'immensa importanzamorale, ed è riguardata come il capitale evento della ri-voluzione francese; cosicché il suo anniversario è statoscelto come festa nazionale della Francia.

Non eravi allora il telegrafo elettrico; neppure il tele-grafo aereo, che fu inventato da Chappe soltanto nel1790. Nella sera del 14 luglio 1789, allorchè fu recata alre in Versailles la notizia dell'avvenimento di Parigi,Luigi disse con un poco di malumore: è una sommossa.No, sire, fugli risposto: è una rivoluzione.

Adunque, in conformità colla legge misteriosa dellaquale tanti esempi addussi in altre opere, e che lega conmirabili coincidenze le date dei più grandi eventi istori-ci, la data della presa della Bastiglia ricorda le date dialtri grandi ed in parte analoghi avvenimenti. In quantoal giorno, il 14 luglio 1789 rammenta l'Era greca delleOlimpiadi, 14 luglio 776 avanti Gesù Cristo; il ratto del-le Sabine, 14 luglio 748 A. C.; e le tre contemporaneebattaglie delle Termopili, di Artemisio e di Imera, 14 lu-glio 480 A. C. Rispetto all'anno secolare, la data dellapresa della Bastiglia ricorda l'anno della fondazione deltempio di Salomone, 2989 E. A.; il primo anno del re-

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gno dei Borboni, 1589; e la rivoluzione Inglese, 1688,1689.

Nell'Assemblea i più ardenti partigiani della rivolu-zione sedevano sui banchi posti alla sinistra del presi-dente. La sinistra, ossia il partito della rivoluzione, eraormai divenuto il più forte. Suoi capi erano Mirabeau,Lafayette, Barnave ed i tre fratelli Lameth. Però questiuomini, i quali nel linguaggio parlamentare, si potevanoallora chiamare di estrema sinistra, pur conservando leloro opinioni mentre procedeva innanzi l'opinione pub-blica, giunsero ad esser considerati uomini di destra, ce-dendo il luogo a Saint-Just, Desmoulins, Santerre, Dan-ton, Marat, Robespierre. Sin dal 1789 si formarono di-versi luoghi di raduno, o circoli politici, che si chiama-rono, con voce inglese divenuta anche francese, i clubs.Il più potente pel numero, per l'eloquenza e per l'idealede' suoi membri, fu quello dei Giacobini.

L'Assemblea nazionale, resasi più ardita per la vitto-ria del popolo nella presa della Bastiglia, aveva già as-sunto il nome di Assemblea Costituente in seguito algiuramento del Giuoco del Pallone. Con sollecita suc-cessione di decreti essa abolì tutti i privilegi feudali,proclamò la inviolabilità delle opinioni religiose, e sta-bilì la libertà della stampa.

Nel giorno 1° di ottobre 1789, ad imitazione della ce-lebre dichiarazione dell'Indipendenza Americana,l'Assemblea nazionale Francese fece la memorabile di-chiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, collaquale essa proclamò tutte le libertà già decretate; l'egua-

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gno dei Borboni, 1589; e la rivoluzione Inglese, 1688,1689.

Nell'Assemblea i più ardenti partigiani della rivolu-zione sedevano sui banchi posti alla sinistra del presi-dente. La sinistra, ossia il partito della rivoluzione, eraormai divenuto il più forte. Suoi capi erano Mirabeau,Lafayette, Barnave ed i tre fratelli Lameth. Però questiuomini, i quali nel linguaggio parlamentare, si potevanoallora chiamare di estrema sinistra, pur conservando leloro opinioni mentre procedeva innanzi l'opinione pub-blica, giunsero ad esser considerati uomini di destra, ce-dendo il luogo a Saint-Just, Desmoulins, Santerre, Dan-ton, Marat, Robespierre. Sin dal 1789 si formarono di-versi luoghi di raduno, o circoli politici, che si chiama-rono, con voce inglese divenuta anche francese, i clubs.Il più potente pel numero, per l'eloquenza e per l'idealede' suoi membri, fu quello dei Giacobini.

L'Assemblea nazionale, resasi più ardita per la vitto-ria del popolo nella presa della Bastiglia, aveva già as-sunto il nome di Assemblea Costituente in seguito algiuramento del Giuoco del Pallone. Con sollecita suc-cessione di decreti essa abolì tutti i privilegi feudali,proclamò la inviolabilità delle opinioni religiose, e sta-bilì la libertà della stampa.

Nel giorno 1° di ottobre 1789, ad imitazione della ce-lebre dichiarazione dell'Indipendenza Americana,l'Assemblea nazionale Francese fece la memorabile di-chiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, collaquale essa proclamò tutte le libertà già decretate; l'egua-

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glianza delle imposte per tutte le classi, e l'ammissibilitàdi tutti i cittadini alle funzioni pubbliche. Queste sem-brano cose ovvie ed elementari, ma non era così primadel 1789. Addì 14 di ottobre decretò il proprio trasferi-mento da Versailles a Parigi.

Essa ancora confiscò, ossia dichiarò patrimonio na-zionale, i beni del Clero, e creò una carta monetata, laquale prese il nome di assignati, perchè al loro rimborsoera assegnato il prezzo dei beni nazionali di mano inmano che si venderebbero. Dapprima gli assignati furo-no di molta comodità; ma poi la loro eccessiva moltipli-cazione, dalla prima e moderata emissione di 400 milio-ni di franchi, sino a 45 miliardi poco prima che fosseroaboliti nel 1796, aveva gettato sopra di essi un tal di-scredito, che un luigi d'oro da ventiquattro lire equivale-va ad ottomila lire nominali di assignati; e così i più tri-viali oggetti si vendevano a prezzi che ora parrebberofavolosi: per esempio un pollo 300 franchi.

Per distruggere la pericolosa autonomia delle anticheprovincie, d'origine feudale, l'Assemblea nazionale divi-se tutta la Francia in ottantatrè nuove e piccole provin-cie che furono chiamate i dipartimenti. Le dodici più ce-lebri e più importanti fra le antiche provincie sono que-ste: Isola di Francia, con Parigi capitale; Sciampagna,Borgogna; Provenza, con Aix (chiamata dai RomaniAquæ Sextiæ) per capitale amministrativa, ma Marsigliaquale città più grande e più importante; il Delfinato,avente per capoluogo Grenoble; il Lionese, con Lioneseconda città della Francia per capitale; la Linguadoca,

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glianza delle imposte per tutte le classi, e l'ammissibilitàdi tutti i cittadini alle funzioni pubbliche. Queste sem-brano cose ovvie ed elementari, ma non era così primadel 1789. Addì 14 di ottobre decretò il proprio trasferi-mento da Versailles a Parigi.

Essa ancora confiscò, ossia dichiarò patrimonio na-zionale, i beni del Clero, e creò una carta monetata, laquale prese il nome di assignati, perchè al loro rimborsoera assegnato il prezzo dei beni nazionali di mano inmano che si venderebbero. Dapprima gli assignati furo-no di molta comodità; ma poi la loro eccessiva moltipli-cazione, dalla prima e moderata emissione di 400 milio-ni di franchi, sino a 45 miliardi poco prima che fosseroaboliti nel 1796, aveva gettato sopra di essi un tal di-scredito, che un luigi d'oro da ventiquattro lire equivale-va ad ottomila lire nominali di assignati; e così i più tri-viali oggetti si vendevano a prezzi che ora parrebberofavolosi: per esempio un pollo 300 franchi.

Per distruggere la pericolosa autonomia delle anticheprovincie, d'origine feudale, l'Assemblea nazionale divi-se tutta la Francia in ottantatrè nuove e piccole provin-cie che furono chiamate i dipartimenti. Le dodici più ce-lebri e più importanti fra le antiche provincie sono que-ste: Isola di Francia, con Parigi capitale; Sciampagna,Borgogna; Provenza, con Aix (chiamata dai RomaniAquæ Sextiæ) per capitale amministrativa, ma Marsigliaquale città più grande e più importante; il Delfinato,avente per capoluogo Grenoble; il Lionese, con Lioneseconda città della Francia per capitale; la Linguadoca,

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che aveva per capitale Tolosa; la Guascogna, di cui lametropoli era Bordeaux; la Bretagna, la Normandia:l'Alsazia, con Strasburgo per capitale; e la Lorena, collasua capitale Metz.

Nel dì 14 luglio 1790 fu celebrato a Parigi il primoanniversario della presa della Bastiglia, sulla vasta spia-nata destinata agli esercizii militari, e detta il Campo diMarte ad imitazione dell'ancora più celebre CampoMarzio di Roma antica. Fu una grandissima festa popo-lare, alla quale accorsero in numero di settantamila, datutte le parti della Francia, i delegati delle ottantatrènuove provincie, o dipartimenti. Per la qual cosa fu de-nominata festa della Federazione.

V'intervenne anche il re Luigi XVI; ma l'esterna par-tecipazione di lui alle gioje patriotiche del popolo fupoco sincera. Al di là del confine erano già raccolti aCoblentz gli emigrati rivoluzionarii, a capo dei qualistava il conte d'Artois, fratello del re; ed era noto cheessi intrigavano per promuovere un'invasione di esercitistranieri in Francia. Una parte, dapprima piccola, delpopolo, incominciava a diffidare del re; ma era più gran-de ancora la diffidenza del re pel popolo; e perciò eglicommise il grave e colpevole errore di cercare la propriasicurezza al di fuori. Col fine di procurarsi un appoggioanche in seno all'Assemblea nazionale, egli corruppe se-gretamente, per mezzo d'una forte somma, dicesi d'unmilione di lire o più, l'eloquente ed audace tribuno Mira-beau. Però come avvenir suole in siffatti casi, fu denaroperduto, perchè Mirabeau vide rapidamente tramontare

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che aveva per capitale Tolosa; la Guascogna, di cui lametropoli era Bordeaux; la Bretagna, la Normandia:l'Alsazia, con Strasburgo per capitale; e la Lorena, collasua capitale Metz.

Nel dì 14 luglio 1790 fu celebrato a Parigi il primoanniversario della presa della Bastiglia, sulla vasta spia-nata destinata agli esercizii militari, e detta il Campo diMarte ad imitazione dell'ancora più celebre CampoMarzio di Roma antica. Fu una grandissima festa popo-lare, alla quale accorsero in numero di settantamila, datutte le parti della Francia, i delegati delle ottantatrènuove provincie, o dipartimenti. Per la qual cosa fu de-nominata festa della Federazione.

V'intervenne anche il re Luigi XVI; ma l'esterna par-tecipazione di lui alle gioje patriotiche del popolo fupoco sincera. Al di là del confine erano già raccolti aCoblentz gli emigrati rivoluzionarii, a capo dei qualistava il conte d'Artois, fratello del re; ed era noto cheessi intrigavano per promuovere un'invasione di esercitistranieri in Francia. Una parte, dapprima piccola, delpopolo, incominciava a diffidare del re; ma era più gran-de ancora la diffidenza del re pel popolo; e perciò eglicommise il grave e colpevole errore di cercare la propriasicurezza al di fuori. Col fine di procurarsi un appoggioanche in seno all'Assemblea nazionale, egli corruppe se-gretamente, per mezzo d'una forte somma, dicesi d'unmilione di lire o più, l'eloquente ed audace tribuno Mira-beau. Però come avvenir suole in siffatti casi, fu denaroperduto, perchè Mirabeau vide rapidamente tramontare

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il suo prestigio. Affranto dall'eccesso della concitazionementale e dai vizii, Mirabeau, nato nel 1749, morì nel1791, cioè in età di quarantadue anni.

Ai 20 di giugno 1791, anni-versario del giuramento delgiuoco del Pallone, il re presela fuga verso il confine setten-trionale, in compagnia dellasua moglie Maria Antonietta,dei loro due figli Maria Teresae Luigi, di sua sorella Elisabet-ta, e della governante dei duefanciulli. Il di lui fratello contedi Provenza, che poi fu LuigiXVIII, partì quel giorno stessoper altra via. Il lor fratello mi-nore, conte d'Artois, che fu poiCarlo X, presiedeva, come già ebbi a dire, l'emigrazio-ne. Luigi XVI era allora in età di 37 anni; la regina Ma-ria Antonietta ne aveva 36. Dei lor due figli, Maria Te-resa ne aveva 13, Luigi 6, e la principessa Elisabetta neaveva 27. Portavano dei passaporti falsi, e dei travesti-menti. Tutta la comitiva, contenuta in una sola carrozzada posta, aveva l'aspetto di una famiglia signorile inviaggio. Ed il povero erede di Clodoveo, di Carlo Ma-gno e di Luigi il Grande, qual parte faceva? Quella dicameriere della governante dei suoi figli! Questa avevail posto e l'aria di principal signora. Luigi XVI, che nonsapeva far la parte di re, era degno di compatimento se

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il suo prestigio. Affranto dall'eccesso della concitazionementale e dai vizii, Mirabeau, nato nel 1749, morì nel1791, cioè in età di quarantadue anni.

Ai 20 di giugno 1791, anni-versario del giuramento delgiuoco del Pallone, il re presela fuga verso il confine setten-trionale, in compagnia dellasua moglie Maria Antonietta,dei loro due figli Maria Teresae Luigi, di sua sorella Elisabet-ta, e della governante dei duefanciulli. Il di lui fratello contedi Provenza, che poi fu LuigiXVIII, partì quel giorno stessoper altra via. Il lor fratello mi-nore, conte d'Artois, che fu poiCarlo X, presiedeva, come già ebbi a dire, l'emigrazio-ne. Luigi XVI era allora in età di 37 anni; la regina Ma-ria Antonietta ne aveva 36. Dei lor due figli, Maria Te-resa ne aveva 13, Luigi 6, e la principessa Elisabetta neaveva 27. Portavano dei passaporti falsi, e dei travesti-menti. Tutta la comitiva, contenuta in una sola carrozzada posta, aveva l'aspetto di una famiglia signorile inviaggio. Ed il povero erede di Clodoveo, di Carlo Ma-gno e di Luigi il Grande, qual parte faceva? Quella dicameriere della governante dei suoi figli! Questa avevail posto e l'aria di principal signora. Luigi XVI, che nonsapeva far la parte di re, era degno di compatimento se

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neppure sapeva ben rappresentare quella di servente.Piuttosto è a deplorarsi che abbia pur voluto rappresen-tarla. Il capo di una grande nazione, si chiami re, conso-le, o presidente, non dovrebbe mai abbassarsi a così me-schine simulazioni per salvare la propria vita; neppureper salvar quella della sua privata famiglia.

Ogni cosa procedette senza difficoltà sino a Châlons;ma giunti che furono i fuggitivi a Sainte Menehould,poco prima di arrivare a Varennes, mentre si cangiavanoi cavalli, un certo Drouet, figlio del mastro di posta diVarennes, osservando il preteso famiglio, che di fami-glio non aveva i modi, credette di riconoscervi i tratti dipersona altre volte veduta. Dove mai? Nelle monete.Egli è di certo il re. I due fanciulli possono essere i suoifigli. Delle tre signore, una facilmente sarà la regina,un'altra la principessa Elisabetta. Non vi è tempo da per-dere, disse fra sè il giovine rivoluzionario. Salito pertan-to a cavallo, precorse la vettura reale, e andò a metteresossopra Varennes colla grande notizia. Fu suonata lacampana ad accorr'uomo: i tamburi chiamarono a rac-colta la guardia nazionale. Appena giunti a Varennes, ilre e la sua famiglia furono arrestati, indi ricondotti a Pa-rigi.

Per ajuto di memoria potete notare che un Drouet fula causa occasionale del grande avvenimento dei VespriSiciliani, e che quest'altro Drouet, di Varennes, ful'occasione di una serie di avvenimenti più grandi anco-ra. Io tengo per fermo che la proclamazione della Re-pubblica Francese, e gli altri eventi che ne furono la

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neppure sapeva ben rappresentare quella di servente.Piuttosto è a deplorarsi che abbia pur voluto rappresen-tarla. Il capo di una grande nazione, si chiami re, conso-le, o presidente, non dovrebbe mai abbassarsi a così me-schine simulazioni per salvare la propria vita; neppureper salvar quella della sua privata famiglia.

Ogni cosa procedette senza difficoltà sino a Châlons;ma giunti che furono i fuggitivi a Sainte Menehould,poco prima di arrivare a Varennes, mentre si cangiavanoi cavalli, un certo Drouet, figlio del mastro di posta diVarennes, osservando il preteso famiglio, che di fami-glio non aveva i modi, credette di riconoscervi i tratti dipersona altre volte veduta. Dove mai? Nelle monete.Egli è di certo il re. I due fanciulli possono essere i suoifigli. Delle tre signore, una facilmente sarà la regina,un'altra la principessa Elisabetta. Non vi è tempo da per-dere, disse fra sè il giovine rivoluzionario. Salito pertan-to a cavallo, precorse la vettura reale, e andò a metteresossopra Varennes colla grande notizia. Fu suonata lacampana ad accorr'uomo: i tamburi chiamarono a rac-colta la guardia nazionale. Appena giunti a Varennes, ilre e la sua famiglia furono arrestati, indi ricondotti a Pa-rigi.

Per ajuto di memoria potete notare che un Drouet fula causa occasionale del grande avvenimento dei VespriSiciliani, e che quest'altro Drouet, di Varennes, ful'occasione di una serie di avvenimenti più grandi anco-ra. Io tengo per fermo che la proclamazione della Re-pubblica Francese, e gli altri eventi che ne furono la

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conseguenza, eran cose volute e predisposte da una po-tenza irresistibile, come si fa palese a quelli che san ri-flettere, e che non ragionano da figli intellettuali dellescimie, pei prodigiosi riscontri di date fra i grandi avve-nimenti antichi e moderni. Nondimeno, se cotestoDrouet non si trovava là a quel tale momento, e se i so-vrani non avessero lo strano orgoglio di far coniare sullemonete la figura della lor testa separata dal busto, le or-dinarie probabilità fan credere che Luigi XVI avrebbequietamente varcato il prossimo confine, e la sua testanon sarebbe stata troncata sopra un palco. Forse la coali-zione settentrionale avrebbe soffocato la rivoluzionefrancese; forse non vi sarebbe stato nè un impero napo-leonico, nè una costituzione spagnuola, nè un imperoprusso-germanico, nè un regno d'Italia. L'Europa politi-ca, sociale ed intellettuale sarebbe tutt'altra cosa da ciòche ora ell'è. In meglio od in peggio? Io credo che lasintesi totale delle cose sarebbe peggiore di quanto ve-diamo. Così il bene suole spesso venire dal male.

L'Assemblea costituente decise che il re, pel suo ten-tativo di fuga, fosse temporaneamente sospeso dallefunzioni governative. A molti però sembrava troppomite quella penalità: perciocchè nutrivano il sospettoche il re andasse a concertarsi colle potenze straniereper un intervento armato: e così quella fuga assumeval'aspetto non pure di una diserzione, ma di un tradimen-to. Questo grave sospetto fu naturalmente tradotto in re-golar capo d'accusa nel processo giudiziario che un annoe mezzo più tardi lo condusse al patibolo; ma fin dal

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conseguenza, eran cose volute e predisposte da una po-tenza irresistibile, come si fa palese a quelli che san ri-flettere, e che non ragionano da figli intellettuali dellescimie, pei prodigiosi riscontri di date fra i grandi avve-nimenti antichi e moderni. Nondimeno, se cotestoDrouet non si trovava là a quel tale momento, e se i so-vrani non avessero lo strano orgoglio di far coniare sullemonete la figura della lor testa separata dal busto, le or-dinarie probabilità fan credere che Luigi XVI avrebbequietamente varcato il prossimo confine, e la sua testanon sarebbe stata troncata sopra un palco. Forse la coali-zione settentrionale avrebbe soffocato la rivoluzionefrancese; forse non vi sarebbe stato nè un impero napo-leonico, nè una costituzione spagnuola, nè un imperoprusso-germanico, nè un regno d'Italia. L'Europa politi-ca, sociale ed intellettuale sarebbe tutt'altra cosa da ciòche ora ell'è. In meglio od in peggio? Io credo che lasintesi totale delle cose sarebbe peggiore di quanto ve-diamo. Così il bene suole spesso venire dal male.

L'Assemblea costituente decise che il re, pel suo ten-tativo di fuga, fosse temporaneamente sospeso dallefunzioni governative. A molti però sembrava troppomite quella penalità: perciocchè nutrivano il sospettoche il re andasse a concertarsi colle potenze straniereper un intervento armato: e così quella fuga assumeval'aspetto non pure di una diserzione, ma di un tradimen-to. Questo grave sospetto fu naturalmente tradotto in re-golar capo d'accusa nel processo giudiziario che un annoe mezzo più tardi lo condusse al patibolo; ma fin dal

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giorno 17 luglio fu firmata da migliaia di personeun'istanza fieramente ostile al re: e quell'istanza diedeoccasione, come fra poco vedremo, ad una lunga seriedi luttuose conseguenze.

Nel giorno di giovedì 14 luglio 1791 si era celebratanel Campo di Marte, come nel precedente anno, la com-memorazione della presa della Bastiglia; ma, essendo ilsusseguente giorno 17 una domenica, e perciò festivo, sivolle in quel giorno replicare e compiere in qualche gui-sa la festa del quattordici. Eranvi a profusione alberidella libertà, festoni, ghirlande, vendite di commestibilie di bevande, giuochi, musica, balli popolari. Nel mezzodel campo era stato eretto l'altare della Patria. Il partitorepubblicano, il quale era divenuto di giorno in giornopiù numeroso e più potente nei due anni trascorsi dallarivoluzione del 1789, profittò dell'opportunità per espor-re sull'altare della Patria una petizione diretta all'Assem-blea legislativa, nella quale si domandava che il re ve-nisse posto in istato d'accusa. Una numerosa e continua-ta processione di persone andava a sottoscrivere la peti-zione. Ma la parte monarchica, quantunque avesse per-duto terreno, era forte ancora; avendo dal canto suol'opinione della maggioranza della nazione, ed in gene-re, la legalità, perchè la monarchia era tuttora il governolegale della Francia. Non aveva però dal lato suo la le-galità nella questione speciale se dovesse impedirsi col-la forza la sottoscrizione di quella istanza, perchè un de-creto dell'Assemblea guarentiva ai cittadini il diritto di

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giorno 17 luglio fu firmata da migliaia di personeun'istanza fieramente ostile al re: e quell'istanza diedeoccasione, come fra poco vedremo, ad una lunga seriedi luttuose conseguenze.

Nel giorno di giovedì 14 luglio 1791 si era celebratanel Campo di Marte, come nel precedente anno, la com-memorazione della presa della Bastiglia; ma, essendo ilsusseguente giorno 17 una domenica, e perciò festivo, sivolle in quel giorno replicare e compiere in qualche gui-sa la festa del quattordici. Eranvi a profusione alberidella libertà, festoni, ghirlande, vendite di commestibilie di bevande, giuochi, musica, balli popolari. Nel mezzodel campo era stato eretto l'altare della Patria. Il partitorepubblicano, il quale era divenuto di giorno in giornopiù numeroso e più potente nei due anni trascorsi dallarivoluzione del 1789, profittò dell'opportunità per espor-re sull'altare della Patria una petizione diretta all'Assem-blea legislativa, nella quale si domandava che il re ve-nisse posto in istato d'accusa. Una numerosa e continua-ta processione di persone andava a sottoscrivere la peti-zione. Ma la parte monarchica, quantunque avesse per-duto terreno, era forte ancora; avendo dal canto suol'opinione della maggioranza della nazione, ed in gene-re, la legalità, perchè la monarchia era tuttora il governolegale della Francia. Non aveva però dal lato suo la le-galità nella questione speciale se dovesse impedirsi col-la forza la sottoscrizione di quella istanza, perchè un de-creto dell'Assemblea guarentiva ai cittadini il diritto di

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petizione. Sventuratamente si volle rispondere alla peti-zione con un'istantanea e sanguinosa repressione.

Mentre un'innumerabile moltitudine di uomini, donnee fanciulli, erano intenti al ballo e ad altri divertimentipopolari, forti drappelli di guardia nazionale e di linea,tanto fanteria, quanto cavalleria, sboccarono d'improvvi-so da varie parti nel campo di Marte. Furono effettuatedelle cariche micidiali, delle quali rimasero vittime, se-condo alcuni rapporti, duecento persone; secondo altrisino seicento. La strage del campo di Marte, più ancorache un'altra avvenuta prima a Nancy, creò un fermentodi odio e di vendetta negli animi popolari contro la partemonarchica, e prestarono non già una giusta scusa, maun fatale eccitamento alle future stragi iniziate da partedemocratica.

Nonostante la dolorosa catastrofe del Campo di Mar-te, l'Assemblea costituente condusse a termine il lavorodella Costituzione. Questa lasciava al re poco più chel'ufficio di aggiungere il suo visto ai decreti di un'assem-blea sovrana da eleggersi dal popolo, oppure di opporviil suo veto. Il re, per altro, l'accettò, e la giurò nel giorno13 di settembre 1791.

Nell'ultimo giorno dello stesso mese la Grande As-semblea, che prima erasi intitolata gli Stati Generali, poiAssemblea Nazionale, ed infine Assemblea costituente,si sciolse, e le succedette immediatamente, nel giornoappresso, l'Assemblea legislativa. Per un magnanimodecreto della Costituente, nessuno dei membri di essapotè esser eletto a membro della nuova assemblea. Per

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petizione. Sventuratamente si volle rispondere alla peti-zione con un'istantanea e sanguinosa repressione.

Mentre un'innumerabile moltitudine di uomini, donnee fanciulli, erano intenti al ballo e ad altri divertimentipopolari, forti drappelli di guardia nazionale e di linea,tanto fanteria, quanto cavalleria, sboccarono d'improvvi-so da varie parti nel campo di Marte. Furono effettuatedelle cariche micidiali, delle quali rimasero vittime, se-condo alcuni rapporti, duecento persone; secondo altrisino seicento. La strage del campo di Marte, più ancorache un'altra avvenuta prima a Nancy, creò un fermentodi odio e di vendetta negli animi popolari contro la partemonarchica, e prestarono non già una giusta scusa, maun fatale eccitamento alle future stragi iniziate da partedemocratica.

Nonostante la dolorosa catastrofe del Campo di Mar-te, l'Assemblea costituente condusse a termine il lavorodella Costituzione. Questa lasciava al re poco più chel'ufficio di aggiungere il suo visto ai decreti di un'assem-blea sovrana da eleggersi dal popolo, oppure di opporviil suo veto. Il re, per altro, l'accettò, e la giurò nel giorno13 di settembre 1791.

Nell'ultimo giorno dello stesso mese la Grande As-semblea, che prima erasi intitolata gli Stati Generali, poiAssemblea Nazionale, ed infine Assemblea costituente,si sciolse, e le succedette immediatamente, nel giornoappresso, l'Assemblea legislativa. Per un magnanimodecreto della Costituente, nessuno dei membri di essapotè esser eletto a membro della nuova assemblea. Per

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la qual cosa questa fu un'Assemblea mediocre, mancan-dole egualmente i celebri oratori dell'Assemblea nazio-nale, e le energiche e disperate anime della futura Con-venzione.

Nondimeno l'Assemblea legislativa rialzò nobilmenteil guanto di sfida gettatole dalle potenze settentrionali.Morto l'imperatore Leopoldo eragli succeduto il suo fi-glio Francesco, il quale si chiamò dapprima FrancescoII imperatore di Germania, poscia Francesco I imperato-re d'Austria. Francesco II intimò alla Francia di ristabili-re il vecchio ordine di cose, e preparavasi evidentemen-te a sostenere la sua intimazione colla spada. L'Assem-blea legislativa rispose, nel giorno 20 di aprile 1792,con una dichiarazione di guerra contro l'imperatore diGermania. La Prussia si unì all'Austria. Il duca di Brun-swick, scelto a generale in capo degli eserciti alleaticontro la Francia, pubblicò un baldanzoso e violentomanifesto, in nome non solo del re di Prussia edell'imperatore di Germania, ma ancora dell'imperatoredi Russia e del re di Spagna. Le tracotanti parole diBrunswick, e l'avanzarsi delle truppe prussiane ed au-striache, lungi dal salvare la monarchia francese, ne pre-cipitarono la caduta.

Facile era a prevedersi che a Luigi XVI non rimane-vano che pochi mesi di regno. Perciò fu sparsa la predi-zione che la monarchia non sopravviverebbe alle foglie,cioè al prossimo autunno. Sapete già che le profezie siverificano spesso, non solo perchè chi le ha fatte calcolòle probabilità ordinarie, ma ancora perchè la profezia di-

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la qual cosa questa fu un'Assemblea mediocre, mancan-dole egualmente i celebri oratori dell'Assemblea nazio-nale, e le energiche e disperate anime della futura Con-venzione.

Nondimeno l'Assemblea legislativa rialzò nobilmenteil guanto di sfida gettatole dalle potenze settentrionali.Morto l'imperatore Leopoldo eragli succeduto il suo fi-glio Francesco, il quale si chiamò dapprima FrancescoII imperatore di Germania, poscia Francesco I imperato-re d'Austria. Francesco II intimò alla Francia di ristabili-re il vecchio ordine di cose, e preparavasi evidentemen-te a sostenere la sua intimazione colla spada. L'Assem-blea legislativa rispose, nel giorno 20 di aprile 1792,con una dichiarazione di guerra contro l'imperatore diGermania. La Prussia si unì all'Austria. Il duca di Brun-swick, scelto a generale in capo degli eserciti alleaticontro la Francia, pubblicò un baldanzoso e violentomanifesto, in nome non solo del re di Prussia edell'imperatore di Germania, ma ancora dell'imperatoredi Russia e del re di Spagna. Le tracotanti parole diBrunswick, e l'avanzarsi delle truppe prussiane ed au-striache, lungi dal salvare la monarchia francese, ne pre-cipitarono la caduta.

Facile era a prevedersi che a Luigi XVI non rimane-vano che pochi mesi di regno. Perciò fu sparsa la predi-zione che la monarchia non sopravviverebbe alle foglie,cioè al prossimo autunno. Sapete già che le profezie siverificano spesso, non solo perchè chi le ha fatte calcolòle probabilità ordinarie, ma ancora perchè la profezia di-

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minuisce le forze morali di coloro che ne sono minac-ciati, mentre accresce l'audacia e quindi anche la forzadi quelli ai quali promette la vittoria. La monarchia bor-bonica, di fatto, fu ufficialmente abolita il 21 settembre1792; ma la sua effettiva caduta fu anticipata dalla me-moranda insurrezione del 10 agosto (21 settèro del ca-lendario solstiziale).

La giornata del 10 agosto 1792 fu una vera battagliacampale, a Parigi, fra realisti e repubblicani. Le due par-ti avverse vi si preparavano già da alcuni giorni, ma piùmollemente la parte regia che l'altra. Alle Tuileries face-vano assegnamento, per la sperata vittoria, sul valore esulla fedeltà del reggimento svizzero che difendeva ilpalazzo. Sin dalla sera del 9 agosto, vigilia dell'attesoconflitto, erano pure accorsi alla reggia molti nobili ar-mati, ed alcuni battaglioni di guardia nazionale.

In quella notte non si coricarono nè il re, nè la regina,nè la principessa Elisabetta, nè le lor dame di compa-gnia. Spalancate erano le finestre per temperare l'estivaarsura colle fresche aure notturne. Si vedevano guizzarein cielo numerose stelle cadenti, dette dai francesi stellefilanti, essendo quella la notte del maggior flusso di talicorpuscoli che divengono incandescenti per eccesso dicalore e di elettricità, nel traversar rapidamente le regio-ni superiori dell'atmosfera terrestre. Si è scoperto ai no-stri giorni che lo sciame meteorico nella notte del 10agosto proviene dal parziale discioglimento di una co-meta, di cui il principale ed imponente avanzo, ancoracompatto, è la grande cometa del 1862. Il volgo chiama

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minuisce le forze morali di coloro che ne sono minac-ciati, mentre accresce l'audacia e quindi anche la forzadi quelli ai quali promette la vittoria. La monarchia bor-bonica, di fatto, fu ufficialmente abolita il 21 settembre1792; ma la sua effettiva caduta fu anticipata dalla me-moranda insurrezione del 10 agosto (21 settèro del ca-lendario solstiziale).

La giornata del 10 agosto 1792 fu una vera battagliacampale, a Parigi, fra realisti e repubblicani. Le due par-ti avverse vi si preparavano già da alcuni giorni, ma piùmollemente la parte regia che l'altra. Alle Tuileries face-vano assegnamento, per la sperata vittoria, sul valore esulla fedeltà del reggimento svizzero che difendeva ilpalazzo. Sin dalla sera del 9 agosto, vigilia dell'attesoconflitto, erano pure accorsi alla reggia molti nobili ar-mati, ed alcuni battaglioni di guardia nazionale.

In quella notte non si coricarono nè il re, nè la regina,nè la principessa Elisabetta, nè le lor dame di compa-gnia. Spalancate erano le finestre per temperare l'estivaarsura colle fresche aure notturne. Si vedevano guizzarein cielo numerose stelle cadenti, dette dai francesi stellefilanti, essendo quella la notte del maggior flusso di talicorpuscoli che divengono incandescenti per eccesso dicalore e di elettricità, nel traversar rapidamente le regio-ni superiori dell'atmosfera terrestre. Si è scoperto ai no-stri giorni che lo sciame meteorico nella notte del 10agosto proviene dal parziale discioglimento di una co-meta, di cui il principale ed imponente avanzo, ancoracompatto, è la grande cometa del 1862. Il volgo chiama

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le stelle cadenti del 10 agosto le lagrime di San Loren-zo, perchè quel giorno, nel calendario cristiano, è dedi-cato alla memoria del martire Lorenzo. Quello spettaco-lo, naturale ed anche grazioso, ma allora non ancoraspiegato, produceva nell'imaginazione della principessaElisabetta, ed in quella delle altre donne delle Tuileries,l'effetto di un lugubre augurio, ed eccitava le loro lagri-me.

La tristezza loro divenne maggiore quando, in sullamezzanotte, s'incominciarono a sentire di lontano i rin-tocchi di alcune delle campane che suonavano a stormo,per chiamar il popolo alla battaglia. Alle tre si incomin-ciò a battere la generale, coi tamburi, nel formidabilesobborgo di Sant'Antonio. Però il re, che spesso manda-va fuori delle persone ad esplorare i varii quartieri di Pa-rigi, prese un fallace augurio di vittoria alla parte sua,quando vennero a riferirgli che le campane ed i tamburifacevano poco effetto; cioè che pochi si muovevano. Eratroppo di buon'ora. I popolani, più sicuri del fatto loroche non era del suo il re, dormivano ancora. Non però iloro capi. I delegati delle sezioni rivoluzionarie, con unmovimento pieno di audacia ed abilmente combinato,invasero di buon'ora l'Hôtel de Ville, ossia il palazzo dicittà, ed assunsero violentemente le funzioni della vec-chia amministrazione municipale. Così nacque la famo-sa Comune di Parigi, e fu abile a rendere possenti servi-gi alla rivoluzione in quel giorno stesso e più avanti.

Alle sei il re discese nei giardini delle Tuileries ondepassar in rassegna le truppe: ma i soli Svizzeri ed i nobi-

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le stelle cadenti del 10 agosto le lagrime di San Loren-zo, perchè quel giorno, nel calendario cristiano, è dedi-cato alla memoria del martire Lorenzo. Quello spettaco-lo, naturale ed anche grazioso, ma allora non ancoraspiegato, produceva nell'imaginazione della principessaElisabetta, ed in quella delle altre donne delle Tuileries,l'effetto di un lugubre augurio, ed eccitava le loro lagri-me.

La tristezza loro divenne maggiore quando, in sullamezzanotte, s'incominciarono a sentire di lontano i rin-tocchi di alcune delle campane che suonavano a stormo,per chiamar il popolo alla battaglia. Alle tre si incomin-ciò a battere la generale, coi tamburi, nel formidabilesobborgo di Sant'Antonio. Però il re, che spesso manda-va fuori delle persone ad esplorare i varii quartieri di Pa-rigi, prese un fallace augurio di vittoria alla parte sua,quando vennero a riferirgli che le campane ed i tamburifacevano poco effetto; cioè che pochi si muovevano. Eratroppo di buon'ora. I popolani, più sicuri del fatto loroche non era del suo il re, dormivano ancora. Non però iloro capi. I delegati delle sezioni rivoluzionarie, con unmovimento pieno di audacia ed abilmente combinato,invasero di buon'ora l'Hôtel de Ville, ossia il palazzo dicittà, ed assunsero violentemente le funzioni della vec-chia amministrazione municipale. Così nacque la famo-sa Comune di Parigi, e fu abile a rendere possenti servi-gi alla rivoluzione in quel giorno stesso e più avanti.

Alle sei il re discese nei giardini delle Tuileries ondepassar in rassegna le truppe: ma i soli Svizzeri ed i nobi-

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li gridarono viva il re, i cannonieri e la guardia naziona-le, cattivo presagio per la monarchia, gridarono viva laNazione. Al di fuori del Palazzo cominciarono debol-mente le prime avvisaglie. Arriva un drappello poco nu-meroso ancora di Parigini, condotti da dei rivoluzionariMarsigliesi, e tirano qualche schioppettata. Roederer,forse messo là dalla Massoneria per promuovere la ca-duta della monarchia col minore spargimento di sangue,consigliò il re a cercar salvezza in seno all'Assemblea.Ma, disse il re, non sentite voi dai loro colpi, che i ribel-li son pochi? Non v'illudete, o Sire, rispose il procurato-re Sindaco della Comune (tale era la carica ufficiale diRoederer); i sobborghi sono ancora indietro, ma non tar-deranno ad arrivare. Ed infatti la folla rivoluzionaria siandava sempre ingrossando, e già si scorgevano in di-stanza dodici pezzi di cannone. La regina, di animo piùvirile che suo marito, consigliava la resistenza; ma fuaccolto il consiglio della paura. Alle sette il re, seguitodalla sua famiglia e da alcuni de' suoi ministri, varcò lasoglia del suo palazzo, ove non doveva mai più rientra-re, ed attraversò a piedi il vasto giardino delle Tuileriesper recarsi alla vicina residenza dell'Assemblea. Nelgiorno prima una bufera aveva svelte in gran quantità lefoglie degli alberi. Luigi Blanc racconta che il Delfino,nel camminare in compagnia de' suoi genitori, si diverti-va fanciullescamente a raschiare coi piedi il suolo, ed acacciare le foglie fra le gambe di suo padre. L'Assem-blea ricevette freddamente la regia famiglia, e la fece as-sidersi in una piccola tribuna riservata agli stenografi.

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li gridarono viva il re, i cannonieri e la guardia naziona-le, cattivo presagio per la monarchia, gridarono viva laNazione. Al di fuori del Palazzo cominciarono debol-mente le prime avvisaglie. Arriva un drappello poco nu-meroso ancora di Parigini, condotti da dei rivoluzionariMarsigliesi, e tirano qualche schioppettata. Roederer,forse messo là dalla Massoneria per promuovere la ca-duta della monarchia col minore spargimento di sangue,consigliò il re a cercar salvezza in seno all'Assemblea.Ma, disse il re, non sentite voi dai loro colpi, che i ribel-li son pochi? Non v'illudete, o Sire, rispose il procurato-re Sindaco della Comune (tale era la carica ufficiale diRoederer); i sobborghi sono ancora indietro, ma non tar-deranno ad arrivare. Ed infatti la folla rivoluzionaria siandava sempre ingrossando, e già si scorgevano in di-stanza dodici pezzi di cannone. La regina, di animo piùvirile che suo marito, consigliava la resistenza; ma fuaccolto il consiglio della paura. Alle sette il re, seguitodalla sua famiglia e da alcuni de' suoi ministri, varcò lasoglia del suo palazzo, ove non doveva mai più rientra-re, ed attraversò a piedi il vasto giardino delle Tuileriesper recarsi alla vicina residenza dell'Assemblea. Nelgiorno prima una bufera aveva svelte in gran quantità lefoglie degli alberi. Luigi Blanc racconta che il Delfino,nel camminare in compagnia de' suoi genitori, si diverti-va fanciullescamente a raschiare coi piedi il suolo, ed acacciare le foglie fra le gambe di suo padre. L'Assem-blea ricevette freddamente la regia famiglia, e la fece as-sidersi in una piccola tribuna riservata agli stenografi.

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Infrattanto la turba degl'insorti entrò nel palazzo realedelle Tuileries, senza incontrar resistenza per parte degliSvizzeri, resi titubanti per l'abbandono nel quale il re lilasciava. Un malaugurato colpo di fucile, tirato sullescale, non si sa, e poco importa il saperlo, da chi, acceseuna terribile e micidiale mischia. Dapprincipio cadderoin assai maggior numero gl'insorti che gli Svizzeri. Tra-fitti o scacciati gl'intrusi, gli Svizzeri fecero una sortita es'impadronirono di alcune artiglierie. Ma, mentre si cre-devano aver in pugno la vittoria, arrivarono gli uominidi altri due sobborghi, e fra essi quelli del più lontano epiù forte, cioè del sobborgo di Sant'Antonio. Gli Svizze-ri, dopo una disperata difesa, furono sopraffatti e massa-crati. Con essi perirono ancora molti cortigiani; nonperò le donne.

Il 10 agosto 1792 è una giornata decisiva nella storiadella Rivoluzione francese: imperocchè l'insurrezionevincitrice andò a circondare il palazzo dell'Assemblea,dove erasi rifuggito il re, e costrinse i deputati a dichia-rarlo prigioniero. Gli fu assegnato, come luogo di deten-zione, dapprima il palazzo del Lussemburgo, indi la car-cere detta il Tempio.

Trascorsero ventitrè soli giorni dalla sanguinosa gior-nata del 10 agosto, ed eccone un'altra più sanguinosa an-cora, ed interamente deplorabile agli occhi degli uominisavi ed onesti di qualsivoglia partito; cioè il 2 settembre1792. Il teatro della strage fu ancora Parigi.

Avanti di descrivere le carneficine avvenute in quelloe nei susseguenti giorni nelle carceri di Parigi, e per po-

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Infrattanto la turba degl'insorti entrò nel palazzo realedelle Tuileries, senza incontrar resistenza per parte degliSvizzeri, resi titubanti per l'abbandono nel quale il re lilasciava. Un malaugurato colpo di fucile, tirato sullescale, non si sa, e poco importa il saperlo, da chi, acceseuna terribile e micidiale mischia. Dapprincipio cadderoin assai maggior numero gl'insorti che gli Svizzeri. Tra-fitti o scacciati gl'intrusi, gli Svizzeri fecero una sortita es'impadronirono di alcune artiglierie. Ma, mentre si cre-devano aver in pugno la vittoria, arrivarono gli uominidi altri due sobborghi, e fra essi quelli del più lontano epiù forte, cioè del sobborgo di Sant'Antonio. Gli Svizze-ri, dopo una disperata difesa, furono sopraffatti e massa-crati. Con essi perirono ancora molti cortigiani; nonperò le donne.

Il 10 agosto 1792 è una giornata decisiva nella storiadella Rivoluzione francese: imperocchè l'insurrezionevincitrice andò a circondare il palazzo dell'Assemblea,dove erasi rifuggito il re, e costrinse i deputati a dichia-rarlo prigioniero. Gli fu assegnato, come luogo di deten-zione, dapprima il palazzo del Lussemburgo, indi la car-cere detta il Tempio.

Trascorsero ventitrè soli giorni dalla sanguinosa gior-nata del 10 agosto, ed eccone un'altra più sanguinosa an-cora, ed interamente deplorabile agli occhi degli uominisavi ed onesti di qualsivoglia partito; cioè il 2 settembre1792. Il teatro della strage fu ancora Parigi.

Avanti di descrivere le carneficine avvenute in quelloe nei susseguenti giorni nelle carceri di Parigi, e per po-

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ter trovare non già una scusa ma una spiegazione delleloro cause, giova il notare preliminarmente che gli eser-citi alleati avevano varcato il confine di Francia, ederansi già impadroniti di Longwy e di Verdun. Un corpodi seimila emigrati francesi, capitanati dal conted'Artois, accompagnava i Prussiani, e portava empia-mente le armi contro il lor proprio paese. Nel medesimogiorno 2 di settembre, nel quale ebber principio le straginelle prigioni di Parigi, il generale Dumouriez, coman-dante delle truppe francesi contro le truppe associate diPrussia e d'Austria, giunse a Sédan, e trovò una situazio-ne quasi disperata. Ventitrè mila soldati francesi, volon-tariamente accorsi sotto le bandiere, da opporre ad oltreottantamila soldati stranieri, ben armati, ben disciplinatie ben condotti. Chi osava allora predire o sperare iltrionfo di quel branco di volontari, inesperti e male ordi-nati? Fuggiranno, dicevasi, alla prima scarica nemica.La città di Sédan soccomberà al primo assalto. Fra pochigiorni Brunswick ed il re di Prussia saranno a Parigi.Così si sperava dai nemici della rivoluzione francese:così temevasi da' suoi amici.

Strani riscontri di nomi, di date e di circostanze! Il 2settembre 1870 Napoleone III, in quella stessa città diSédan, arrendendosi prigioniero, consegnò la sua spadaal re di Prussia. Era facile nel 1870 il prevedere che iPrussiani sarebbero in breve davanti a Parigi; e la previ-sione si verificò. Per fortuna della Francia e dell'Europanon avverossi l'analoga predizione nel 1792.

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ter trovare non già una scusa ma una spiegazione delleloro cause, giova il notare preliminarmente che gli eser-citi alleati avevano varcato il confine di Francia, ederansi già impadroniti di Longwy e di Verdun. Un corpodi seimila emigrati francesi, capitanati dal conted'Artois, accompagnava i Prussiani, e portava empia-mente le armi contro il lor proprio paese. Nel medesimogiorno 2 di settembre, nel quale ebber principio le straginelle prigioni di Parigi, il generale Dumouriez, coman-dante delle truppe francesi contro le truppe associate diPrussia e d'Austria, giunse a Sédan, e trovò una situazio-ne quasi disperata. Ventitrè mila soldati francesi, volon-tariamente accorsi sotto le bandiere, da opporre ad oltreottantamila soldati stranieri, ben armati, ben disciplinatie ben condotti. Chi osava allora predire o sperare iltrionfo di quel branco di volontari, inesperti e male ordi-nati? Fuggiranno, dicevasi, alla prima scarica nemica.La città di Sédan soccomberà al primo assalto. Fra pochigiorni Brunswick ed il re di Prussia saranno a Parigi.Così si sperava dai nemici della rivoluzione francese:così temevasi da' suoi amici.

Strani riscontri di nomi, di date e di circostanze! Il 2settembre 1870 Napoleone III, in quella stessa città diSédan, arrendendosi prigioniero, consegnò la sua spadaal re di Prussia. Era facile nel 1870 il prevedere che iPrussiani sarebbero in breve davanti a Parigi; e la previ-sione si verificò. Per fortuna della Francia e dell'Europanon avverossi l'analoga predizione nel 1792.

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Nel mattino di quel medesimo giorno 2 settembre1792, giunta la notizia che i Prussiani si erano impadro-niti di Longwy e di Verdun, Danton propose all'Assem-blea che ogni cittadino fosse tenuto, sotto pena di morte,di servir in persona, o consegnar le sue armi. Il grandetribuno rivoluzionario aggiunse con voce tonante: pervincere i nemici della Patria, che cosa ci abbisogna?«Audacia, audacia, ed ancora audacia.» La sua mozio-ne fu laudevolmente approvata dall'Assemblea, e glorio-samente dal Popolo eseguita.

Pur nondimeno il 2 settembre è per un'altra parte unalugubre data, che la Francia di buon grado cancellerebbese fosse possibile, non solo dalla storia contemporanea,ma da quella pure del precedente secolo. Imperocchè inquel giorno 2 di settembre 1792, trecento assassini, isti-gati dal feroce e maniaco Marat, invasero le carceri diParigi, e cominciarono a fare scempio dei prigionieripolitici. Questi erano principalmente preti e nobili. Lastrage si continuò anche nei tre susseguenti giorni, e sidice che il numero delle vittime fosse da otto o diecimila. Fra esse fuvvi ancora una principessa di SavojaCarignano, bella e virtuosa donna italiana, nata a Torinonel 1748, e nota nella storia sotto il nome di principessadi Lamballe, perchè sposò in Francia un principe diLamballe, del quale rimase vedova. La testa della Lam-balle fu portata sopra una picca sotto le finestre delTempio, per atterrire la regina, della quale l'infelice uc-cisa era stata amica.

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Nel mattino di quel medesimo giorno 2 settembre1792, giunta la notizia che i Prussiani si erano impadro-niti di Longwy e di Verdun, Danton propose all'Assem-blea che ogni cittadino fosse tenuto, sotto pena di morte,di servir in persona, o consegnar le sue armi. Il grandetribuno rivoluzionario aggiunse con voce tonante: pervincere i nemici della Patria, che cosa ci abbisogna?«Audacia, audacia, ed ancora audacia.» La sua mozio-ne fu laudevolmente approvata dall'Assemblea, e glorio-samente dal Popolo eseguita.

Pur nondimeno il 2 settembre è per un'altra parte unalugubre data, che la Francia di buon grado cancellerebbese fosse possibile, non solo dalla storia contemporanea,ma da quella pure del precedente secolo. Imperocchè inquel giorno 2 di settembre 1792, trecento assassini, isti-gati dal feroce e maniaco Marat, invasero le carceri diParigi, e cominciarono a fare scempio dei prigionieripolitici. Questi erano principalmente preti e nobili. Lastrage si continuò anche nei tre susseguenti giorni, e sidice che il numero delle vittime fosse da otto o diecimila. Fra esse fuvvi ancora una principessa di SavojaCarignano, bella e virtuosa donna italiana, nata a Torinonel 1748, e nota nella storia sotto il nome di principessadi Lamballe, perchè sposò in Francia un principe diLamballe, del quale rimase vedova. La testa della Lam-balle fu portata sopra una picca sotto le finestre delTempio, per atterrire la regina, della quale l'infelice uc-cisa era stata amica.

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Infrattanto i Prussiani, e con essi gli Austriaci, si inol-trarono di più nel territorio francese; ma per fortuna, in-vece dei vili che sgozzavano i prigionieri a Parigi, gli al-leati s'incontrarono a Valmy con dei valorosi.

Era il mattino del 20 settembre. L'esercito franceseoccupava l'altura di Valmy; quello degli alleati occupavaun'altra altura, chiamata la Luna, di fronte a quella. Labattaglia che si accese fu specialmente un combattimen-to di artiglieria, nel quale si computa che fossero tiratisino a ventimila colpi di cannone.

Ma, avendo i tedeschi tentato due assalti di fanteria,furono altrettante volte respinti. La battaglia di Valmyapparve dapprima indecisa; novecento fra morti e feritidalla parte francese; altrettanti dalla parte germanica. Ilseguito però degli eventi provò che era stata una veravittoria pei Francesi; perocchè Brunswick consigliò al redi Prussia delle proposte di pace. Furon fatte, e respinte.Da quel momento gli emigrati e gli stranieri cessaronodi deridere i volontarii come un'accozzaglia di calzolai esartori. Essi divennero il nucleo degli eserciti che sottola condotta di Bonaparte percorsero coi passi della vitto-ria tutte le parti dell'Europa. La battaglia di Jemappes,vinta dai Francesi il 6 novembre 1792, assicurò la com-pleta conquista del Belgio. Dalla parte opposta dellafrontiera francese, le truppe repubblicane si impadroni-rono della Savoja, e del contado di Nizza, paesi apparte-nenti al re di Sardegna, ossia al Piemonte.

Nel giorno stesso della battaglia di Valmy, 20 settem-bre 1792, la novella Assemblea, denominata la Conven-

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Infrattanto i Prussiani, e con essi gli Austriaci, si inol-trarono di più nel territorio francese; ma per fortuna, in-vece dei vili che sgozzavano i prigionieri a Parigi, gli al-leati s'incontrarono a Valmy con dei valorosi.

Era il mattino del 20 settembre. L'esercito franceseoccupava l'altura di Valmy; quello degli alleati occupavaun'altra altura, chiamata la Luna, di fronte a quella. Labattaglia che si accese fu specialmente un combattimen-to di artiglieria, nel quale si computa che fossero tiratisino a ventimila colpi di cannone.

Ma, avendo i tedeschi tentato due assalti di fanteria,furono altrettante volte respinti. La battaglia di Valmyapparve dapprima indecisa; novecento fra morti e feritidalla parte francese; altrettanti dalla parte germanica. Ilseguito però degli eventi provò che era stata una veravittoria pei Francesi; perocchè Brunswick consigliò al redi Prussia delle proposte di pace. Furon fatte, e respinte.Da quel momento gli emigrati e gli stranieri cessaronodi deridere i volontarii come un'accozzaglia di calzolai esartori. Essi divennero il nucleo degli eserciti che sottola condotta di Bonaparte percorsero coi passi della vitto-ria tutte le parti dell'Europa. La battaglia di Jemappes,vinta dai Francesi il 6 novembre 1792, assicurò la com-pleta conquista del Belgio. Dalla parte opposta dellafrontiera francese, le truppe repubblicane si impadroni-rono della Savoja, e del contado di Nizza, paesi apparte-nenti al re di Sardegna, ossia al Piemonte.

Nel giorno stesso della battaglia di Valmy, 20 settem-bre 1792, la novella Assemblea, denominata la Conven-

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zione, tenne la sua prima seduta provvisoria, per verifi-care le elezioni, e nominare i presidenti. Avevano otte-nuto dagli elettori il maggior numero di voti: Robespier-re, per primo, Danton secondo, Marat terzo. Il giorno 21settembre la Convenzione tenne la sua prima sedutapubblica, e votò la fine della Monarchia.

Nel seguente giorno, 22 settembre 1792, fu più rego-larmente decretata la fondazione della Repubblica Fran-cese. Quel giorno era il doppio anniversario delle duebattaglie greche di Platea e di Micale; l'anno era un cen-tenario della scoperta dell'America, 1492; ed il doppiocentenario delle antiche repubbliche di Roma e di Ate-ne, la prima delle quali fu proclamata per la prima voltanel giorno 24 febbrajo romano dell'anno Adamitico, omassonico, 3492; l'altra, cioè la repubblica Ateniese, furestaurata in un giorno ora ignoto, ma in quel medesimoanno.

Siccome il 22 settembre 1792 fu pure il giornodell'equinozio di autunno, gli autori del nuovo calenda-rio repubblicano profittarono abilmente di quella circo-stanza per far coincidere il principio del nuovo anno ci-vile con uno dei quattro punti cardinali dell'anno, ecoll'anniversario della Repubblica.

Lo sfortunato re Luigi XVI fu sottoposto a processodalla Convenzione, e da essa condannato a morte, per ti-tolo di cospirazione ed alto tradimento, il 17 gennajo1793. Egli negò l'alto tradimento, ed era suo diritto ilnegarlo perchè ciò che era alto tradimento agli occhi de'suoi giudici, non lo era agli occhi suoi, avendo egli cre-

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zione, tenne la sua prima seduta provvisoria, per verifi-care le elezioni, e nominare i presidenti. Avevano otte-nuto dagli elettori il maggior numero di voti: Robespier-re, per primo, Danton secondo, Marat terzo. Il giorno 21settembre la Convenzione tenne la sua prima sedutapubblica, e votò la fine della Monarchia.

Nel seguente giorno, 22 settembre 1792, fu più rego-larmente decretata la fondazione della Repubblica Fran-cese. Quel giorno era il doppio anniversario delle duebattaglie greche di Platea e di Micale; l'anno era un cen-tenario della scoperta dell'America, 1492; ed il doppiocentenario delle antiche repubbliche di Roma e di Ate-ne, la prima delle quali fu proclamata per la prima voltanel giorno 24 febbrajo romano dell'anno Adamitico, omassonico, 3492; l'altra, cioè la repubblica Ateniese, furestaurata in un giorno ora ignoto, ma in quel medesimoanno.

Siccome il 22 settembre 1792 fu pure il giornodell'equinozio di autunno, gli autori del nuovo calenda-rio repubblicano profittarono abilmente di quella circo-stanza per far coincidere il principio del nuovo anno ci-vile con uno dei quattro punti cardinali dell'anno, ecoll'anniversario della Repubblica.

Lo sfortunato re Luigi XVI fu sottoposto a processodalla Convenzione, e da essa condannato a morte, per ti-tolo di cospirazione ed alto tradimento, il 17 gennajo1793. Egli negò l'alto tradimento, ed era suo diritto ilnegarlo perchè ciò che era alto tradimento agli occhi de'suoi giudici, non lo era agli occhi suoi, avendo egli cre-

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duto in buona fede che l'intervento straniero poteva riu-scir utile alla Francia. Negò ancora la cospirazione, equi negò assolutamente il vero. La sua morte, perciò, fulegale in faccia al diritto delle genti: ma deplorabile da-vanti al sentimento umano, il quale abborre la pena dimorte in generale, e sopratutto in materia politica.

Debole fu la maggioranza che lo condannò senza ri-serva alla pena capitale; infatti, essendo il numero deivotanti 721 in tutto, i sì incondizionati furono, secondoBouillet, 366, e 355 i no: e quindi la maggioranza si ri-dusse a soli undici voti. Secondo Luigi Blanc, nella suaStoria della Rivoluzione, i voti per la morte senza condi-zione furono 387; e quelli per la detenzione perpetua otemporanea, o per la condanna a morte ma con appelloal popolo, furono 334; e così ebbevi una maggioranza di53 voti per la condanna capitale assoluta. La differenzadei computi proviene dalla circostanza che molti depu-tati, nel pronunciare il lor voto per appello nominale,aggiugnevano qualche dichiarazione, più o meno netta,più o men vaga. Fra queste ultime merita special men-zione quella di Vergniaud; cioè la morte, ma che si esa-minasse la questione se si doveva accordare l'appello alpopolo. È ben chiaro che il popolo in massa non avreb-be ratificata la sentenza dell'estremo supplizio. Molti de-putati diedero la secca e truce risposta: la morte. Fra co-storo fuvvi anche Sieyès. Non è vero che aggiugnesse:sans phrases, parole che sarebbero state esse stesse unafrase, spietata per l'infelice imputato, e sconvenienteverso altri deputati. Filippo d'Orléans, sopranominato

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duto in buona fede che l'intervento straniero poteva riu-scir utile alla Francia. Negò ancora la cospirazione, equi negò assolutamente il vero. La sua morte, perciò, fulegale in faccia al diritto delle genti: ma deplorabile da-vanti al sentimento umano, il quale abborre la pena dimorte in generale, e sopratutto in materia politica.

Debole fu la maggioranza che lo condannò senza ri-serva alla pena capitale; infatti, essendo il numero deivotanti 721 in tutto, i sì incondizionati furono, secondoBouillet, 366, e 355 i no: e quindi la maggioranza si ri-dusse a soli undici voti. Secondo Luigi Blanc, nella suaStoria della Rivoluzione, i voti per la morte senza condi-zione furono 387; e quelli per la detenzione perpetua otemporanea, o per la condanna a morte ma con appelloal popolo, furono 334; e così ebbevi una maggioranza di53 voti per la condanna capitale assoluta. La differenzadei computi proviene dalla circostanza che molti depu-tati, nel pronunciare il lor voto per appello nominale,aggiugnevano qualche dichiarazione, più o meno netta,più o men vaga. Fra queste ultime merita special men-zione quella di Vergniaud; cioè la morte, ma che si esa-minasse la questione se si doveva accordare l'appello alpopolo. È ben chiaro che il popolo in massa non avreb-be ratificata la sentenza dell'estremo supplizio. Molti de-putati diedero la secca e truce risposta: la morte. Fra co-storo fuvvi anche Sieyès. Non è vero che aggiugnesse:sans phrases, parole che sarebbero state esse stesse unafrase, spietata per l'infelice imputato, e sconvenienteverso altri deputati. Filippo d'Orléans, sopranominato

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Égalité, parente di Luigi XVI, ed uno dei pretendentialla sua corona, votò la morte, ma con frase; e ne riscos-se un mormorìo di meritato disprezzo. È una circostanzanotabile che non vi fu una sola voce di completa assolu-zione.

La ferale sentenza fu realmente eseguita il 21 genna-jo. Luigi mostrò maggior dignità in faccia alla morte chenon era solito mostrarne in vita. Salito sul palco disse alpopolo: Francesi, io muojo innocente. A Dio piaccia cheil sangue mio non ricada sulla Francia. Ma il rullo deitamburi troncò le sue parole, e la fatale ghigliottina lasua testa.

La sua ancor più infelice vedova, Maria Antonietta,rimase coi due figli e colla cognata nelle carceri del

Tempio. Il fanciullo Luigi,che prima aveva il titolo diDelfino, fu trattato conispeciale rispetto dalla ma-dre e dalla zia, come seavesse effettivamente ere-ditata la corona di suo pa-dre. I realisti e le potenzeestere lo chiamarono infat-ti Luigi XVII, e la Vandeasi sollevò in suo nome.Maria Antonietta, così al-legra e spensierata, ed an-che leggera, prima del

1789, rimase bella nella sventura; se non che, in una

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Égalité, parente di Luigi XVI, ed uno dei pretendentialla sua corona, votò la morte, ma con frase; e ne riscos-se un mormorìo di meritato disprezzo. È una circostanzanotabile che non vi fu una sola voce di completa assolu-zione.

La ferale sentenza fu realmente eseguita il 21 genna-jo. Luigi mostrò maggior dignità in faccia alla morte chenon era solito mostrarne in vita. Salito sul palco disse alpopolo: Francesi, io muojo innocente. A Dio piaccia cheil sangue mio non ricada sulla Francia. Ma il rullo deitamburi troncò le sue parole, e la fatale ghigliottina lasua testa.

La sua ancor più infelice vedova, Maria Antonietta,rimase coi due figli e colla cognata nelle carceri del

Tempio. Il fanciullo Luigi,che prima aveva il titolo diDelfino, fu trattato conispeciale rispetto dalla ma-dre e dalla zia, come seavesse effettivamente ere-ditata la corona di suo pa-dre. I realisti e le potenzeestere lo chiamarono infat-ti Luigi XVII, e la Vandeasi sollevò in suo nome.Maria Antonietta, così al-legra e spensierata, ed an-che leggera, prima del

1789, rimase bella nella sventura; se non che, in una

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notte, le incanutirono improvvisamente i capelli, benchènon avesse trentotto anni. Fu decapitata nel giorno 16ottobre 1793. Nel 1794, la giovane ed innocua Elisabet-ta, amorevole sorella di Luigi XVI, salì pure sul palco:infame per quelli che ve la mandarono e non per lei. Ilfanciullo Luigi fu dato in custodia ad un calzolajo pernome Simon, ufficiale della Comune. Siccome egli morìin età di dieci anni, l'otto giugno 1795, si è naturalmentesospettato e quindi asserito che la vita gli fosse abbre-viata dai mali trattamenti, forse anche dal veleno. Lasupposizione però non solo manca di prova positiva, manon ha l'appoggio di un'intrinseca probabilità. Si ignorase Simon fosse un uomo di mostruosa perversità, o diordinario carattere. Probabilmente non era uomo straor-dinario in alcun senso. Ora gli uomini ordinarii non hanmolto a cuore il lor dovere, ma assai più il proprio inte-resse. Qual era l'interesse, non meno che il dovere di Si-mon, nella sua qualità di custode del giovinetto principe,col derisorio titolo di suo istitutore? È chiaro che avràgoduto pel suo uffizio un qualche stipendio, superiore aquello che avrebbe guadagnato facendo le scarpe.L'interesse personale di lui, conseguentemente, era diconservar la vita del suo alunno, e non di abbreviarla.L'interesse poi della Repubblica era di tener in vita il fi-glio di Luigi XVI, affinchè le sue pretese non cadesseroin mani più temibili.

Ben vi erano per verità due persone le quali avevanoun reale interesse umano nella morte di quel povero fan-ciullo, ed erano i suoi due zii Luigi e Carlo, che più tardi

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notte, le incanutirono improvvisamente i capelli, benchènon avesse trentotto anni. Fu decapitata nel giorno 16ottobre 1793. Nel 1794, la giovane ed innocua Elisabet-ta, amorevole sorella di Luigi XVI, salì pure sul palco:infame per quelli che ve la mandarono e non per lei. Ilfanciullo Luigi fu dato in custodia ad un calzolajo pernome Simon, ufficiale della Comune. Siccome egli morìin età di dieci anni, l'otto giugno 1795, si è naturalmentesospettato e quindi asserito che la vita gli fosse abbre-viata dai mali trattamenti, forse anche dal veleno. Lasupposizione però non solo manca di prova positiva, manon ha l'appoggio di un'intrinseca probabilità. Si ignorase Simon fosse un uomo di mostruosa perversità, o diordinario carattere. Probabilmente non era uomo straor-dinario in alcun senso. Ora gli uomini ordinarii non hanmolto a cuore il lor dovere, ma assai più il proprio inte-resse. Qual era l'interesse, non meno che il dovere di Si-mon, nella sua qualità di custode del giovinetto principe,col derisorio titolo di suo istitutore? È chiaro che avràgoduto pel suo uffizio un qualche stipendio, superiore aquello che avrebbe guadagnato facendo le scarpe.L'interesse personale di lui, conseguentemente, era diconservar la vita del suo alunno, e non di abbreviarla.L'interesse poi della Repubblica era di tener in vita il fi-glio di Luigi XVI, affinchè le sue pretese non cadesseroin mani più temibili.

Ben vi erano per verità due persone le quali avevanoun reale interesse umano nella morte di quel povero fan-ciullo, ed erano i suoi due zii Luigi e Carlo, che più tardi

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giunsero al trono, e non vi sarebbero giunti se quel fan-ciullo viveva; ma quantunque, come uomini politici,Luigi XVIII sia stato un re mediocre, e Carlo X un recattivo, è poco credibile che l'uno o l'altro fossero talimostri di scelleraggine da far avvelenare il lor nipote.La brevità della sua vita nulla ha di straordinario in ge-nere, ed avvenne un altro calzante esempio nella suastessa famiglia, cioè nel di lui fratello maggiore Giusep-pe, il quale morì nel 1789, alla stessa età di dieci anni.

Unica scampata alle tragiche avventure della prigionedel Tempio fu la giovinetta Maria Teresa. La intera vitadi lei fu il fedele riflesso delle straordinarie vicende del-la sua stirpe. Fuggita coi genitori nel 1791, fermata conessi a Varennes, con essi incarcerata nel Tempio, ne fuliberata dopo la decapitazione del padre, della madre, edella zia. Riparatasi all'estero presso i suoi zii, che furo-no Luigi XVIII, e Carlo X, tornò con essi a Parigi nel1814, ma ebbe a fuggirne con essi dopo meno di unanno pel ritorno di Napoleone dall'isola d'Elba. Tornaancora in Francia dopo la battaglia di Waterloo, e sposail suo cugino duca d'Angoulême, ma le tocca fuggir dinuovo per la rivoluzione del 1830, e muore esule pressoil nipote, conte di Chambord, in età di settantatrè anni.

Il supplizio del re Luigi XVI rese vieppiù sfrenate lefurie della reazione in Francia e fuori. Nella Vandea, di-partimento occidentale posto sul golfo di Guascogna, epiù generalmente nell'occidente della Francia, si solle-varono contro il governo della Repubblica i nobili ed icontadini. Questa grande insurrezione monarchica, inco-

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giunsero al trono, e non vi sarebbero giunti se quel fan-ciullo viveva; ma quantunque, come uomini politici,Luigi XVIII sia stato un re mediocre, e Carlo X un recattivo, è poco credibile che l'uno o l'altro fossero talimostri di scelleraggine da far avvelenare il lor nipote.La brevità della sua vita nulla ha di straordinario in ge-nere, ed avvenne un altro calzante esempio nella suastessa famiglia, cioè nel di lui fratello maggiore Giusep-pe, il quale morì nel 1789, alla stessa età di dieci anni.

Unica scampata alle tragiche avventure della prigionedel Tempio fu la giovinetta Maria Teresa. La intera vitadi lei fu il fedele riflesso delle straordinarie vicende del-la sua stirpe. Fuggita coi genitori nel 1791, fermata conessi a Varennes, con essi incarcerata nel Tempio, ne fuliberata dopo la decapitazione del padre, della madre, edella zia. Riparatasi all'estero presso i suoi zii, che furo-no Luigi XVIII, e Carlo X, tornò con essi a Parigi nel1814, ma ebbe a fuggirne con essi dopo meno di unanno pel ritorno di Napoleone dall'isola d'Elba. Tornaancora in Francia dopo la battaglia di Waterloo, e sposail suo cugino duca d'Angoulême, ma le tocca fuggir dinuovo per la rivoluzione del 1830, e muore esule pressoil nipote, conte di Chambord, in età di settantatrè anni.

Il supplizio del re Luigi XVI rese vieppiù sfrenate lefurie della reazione in Francia e fuori. Nella Vandea, di-partimento occidentale posto sul golfo di Guascogna, epiù generalmente nell'occidente della Francia, si solle-varono contro il governo della Repubblica i nobili ed icontadini. Questa grande insurrezione monarchica, inco-

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minciata nel 1793, non ebbe fine che nel 1796. I più ce-lebri capi ne furono Cathelinau, Larochejaquelin, e Cha-rette. Il vincitore e pacificatore della Vandea fu Hoche.

Dopo la battaglia di Valmy, vinta come narrai il 20settembre 1792, Dumouriez ricuperò Verdun e Longwy,ed infine vinse la battaglia di Jemappes, ed occupò ilBelgio. Ma infrattanto quasi tutta l'Europa si univacoll'intento di distruggere la nuova repubblica. Eranogià in armi contro di essa, come sappiamo, Prussia edAustria; l'Inghilterra richiamò da Parigi il suo ambascia-tore, e dichiarò la guerra.Spagna pure ed Olanda siaggiunsero alla coalizione.Per prima risposta a questotriplice rinforzo della retro-grada lega, i Francesi inva-sero l'Olanda, e presero laforte città di Breda.Nell'assemblea della Con-venzione la violenta Monta-gna, capitanata da Robe-spierre, Danton e Marat, so-praffece i deboli Girondini, efece condannare a morte iprincipali lor capi. Vergniaud, il più eloquente e simpati-co dei loro oratori, disse con troppa verità che la rivolu-zione, simile a Saturno, divorava i proprii figli. Ebbe indestino di farne egli stesso l'esperimento.

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minciata nel 1793, non ebbe fine che nel 1796. I più ce-lebri capi ne furono Cathelinau, Larochejaquelin, e Cha-rette. Il vincitore e pacificatore della Vandea fu Hoche.

Dopo la battaglia di Valmy, vinta come narrai il 20settembre 1792, Dumouriez ricuperò Verdun e Longwy,ed infine vinse la battaglia di Jemappes, ed occupò ilBelgio. Ma infrattanto quasi tutta l'Europa si univacoll'intento di distruggere la nuova repubblica. Eranogià in armi contro di essa, come sappiamo, Prussia edAustria; l'Inghilterra richiamò da Parigi il suo ambascia-tore, e dichiarò la guerra.Spagna pure ed Olanda siaggiunsero alla coalizione.Per prima risposta a questotriplice rinforzo della retro-grada lega, i Francesi inva-sero l'Olanda, e presero laforte città di Breda.Nell'assemblea della Con-venzione la violenta Monta-gna, capitanata da Robe-spierre, Danton e Marat, so-praffece i deboli Girondini, efece condannare a morte iprincipali lor capi. Vergniaud, il più eloquente e simpati-co dei loro oratori, disse con troppa verità che la rivolu-zione, simile a Saturno, divorava i proprii figli. Ebbe indestino di farne egli stesso l'esperimento.

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Carlotta Corday, ammiratrice dei girondini, stimandodi far opera meritoria verso la patria, uccise Marat il 13luglio 1793. Ai 31 di ottobre dello stesso anno andaronoal patibolo Vergniaud, ed altri girondini. Danton puresalì intrepidamente al palco di morte il 5 aprile 1794.Egli era nato nel 1759, cioè in quello stesso anno in cuinacquero Vergniaud e Robespierre. Quest'ultimo nontardò tre mesi ad avere la stessa sorte. E così i due piùpotenti capi della rivoluzione morirono nella ancor gio-vanile età di trentacinque anni. Ma prima di estinguersi,Massimiliano Robespierre compiè un nobile atto, propo-nendo nel giorno 18 floreale, anno secondo, cioè 7 mag-gio 1791, un decreto, del quale i due primi articoli suo-navano così:

«La Nazione Francese riconosce l'esistenza dell'ENTE

SUPREMO, e l'immortalità dell'Anima. Essa riconosce cheil più degno omaggio all'ENTE SUPREMO è l'adempimentodei doveri dell'Uomo.»

Gli applausi coi quali fu ricevuto questo decreto per-sino nelle pubbliche tribune, l'unanimità con cui fu vota-to, la gioja colla quale fu accolto in ogni parte dellaFrancia, mostrano che quell'atto era in armonia colla ge-nerale opinione, e rispondeva ad un bisogno sentito nelcuore.

I mesi del calendario repubblicano, erano tutti di tren-ta giorni, e divisi in tre decadi. Il decadì, od ultimo gior-no di ogni decade, era festivo. Nel giorno di decadì 20pratile, ossia 8 giugno 1794, fu celebrata la festadell'Ente Supremo, con istraordinario entusiasmo in tut-

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Carlotta Corday, ammiratrice dei girondini, stimandodi far opera meritoria verso la patria, uccise Marat il 13luglio 1793. Ai 31 di ottobre dello stesso anno andaronoal patibolo Vergniaud, ed altri girondini. Danton puresalì intrepidamente al palco di morte il 5 aprile 1794.Egli era nato nel 1759, cioè in quello stesso anno in cuinacquero Vergniaud e Robespierre. Quest'ultimo nontardò tre mesi ad avere la stessa sorte. E così i due piùpotenti capi della rivoluzione morirono nella ancor gio-vanile età di trentacinque anni. Ma prima di estinguersi,Massimiliano Robespierre compiè un nobile atto, propo-nendo nel giorno 18 floreale, anno secondo, cioè 7 mag-gio 1791, un decreto, del quale i due primi articoli suo-navano così:

«La Nazione Francese riconosce l'esistenza dell'ENTE

SUPREMO, e l'immortalità dell'Anima. Essa riconosce cheil più degno omaggio all'ENTE SUPREMO è l'adempimentodei doveri dell'Uomo.»

Gli applausi coi quali fu ricevuto questo decreto per-sino nelle pubbliche tribune, l'unanimità con cui fu vota-to, la gioja colla quale fu accolto in ogni parte dellaFrancia, mostrano che quell'atto era in armonia colla ge-nerale opinione, e rispondeva ad un bisogno sentito nelcuore.

I mesi del calendario repubblicano, erano tutti di tren-ta giorni, e divisi in tre decadi. Il decadì, od ultimo gior-no di ogni decade, era festivo. Nel giorno di decadì 20pratile, ossia 8 giugno 1794, fu celebrata la festadell'Ente Supremo, con istraordinario entusiasmo in tut-

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ta la Francia. I fanciulli erano coronati di viole, le donneportavano dei mazzi di rose e d'altri fiori, gli uomini deirami di mirto e di quercia. Le persone si abbracciavanoanche senza conoscersi. Bello e commovente omaggioal Padre della Natura e dell'Umanità!

In questo mondo però, al rovescio di ciò che dobbia-mo attendere dalla Giustiziaeterna, molto di sovente siha premio per le malvagieopere, e castigo per le buo-ne.

Quantunque gli atei fos-sero pochi, essi erano tutta-via potenti, e di una feroceintolleranza.

E perciò, tornando dalgiardino delle Tuileries ovesi era celebrata la festadell'Ente Supremo, Robe-spierre udì susurrarsi nelle orecchie queste parole, chegli parvero, dice Blanc, l'alito di negri demonii: nonpago di esser dittatore, hai voluto esser pontefice: mor-rai. E, sotto il pretesto di punirlo del male che realmenteaveva fatto, moltiplicando le vendette della rivoluzione,lo punirono del bene, cioè della proclamazione del dog-ma dell'esistenza di Dio. Infatti, il 28 ottobre di quel me-desimo anno, Robespierre, in compagnia di altre venti-due persone, salì quel patibolo al quale per vero dire

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ta la Francia. I fanciulli erano coronati di viole, le donneportavano dei mazzi di rose e d'altri fiori, gli uomini deirami di mirto e di quercia. Le persone si abbracciavanoanche senza conoscersi. Bello e commovente omaggioal Padre della Natura e dell'Umanità!

In questo mondo però, al rovescio di ciò che dobbia-mo attendere dalla Giustiziaeterna, molto di sovente siha premio per le malvagieopere, e castigo per le buo-ne.

Quantunque gli atei fos-sero pochi, essi erano tutta-via potenti, e di una feroceintolleranza.

E perciò, tornando dalgiardino delle Tuileries ovesi era celebrata la festadell'Ente Supremo, Robe-spierre udì susurrarsi nelle orecchie queste parole, chegli parvero, dice Blanc, l'alito di negri demonii: nonpago di esser dittatore, hai voluto esser pontefice: mor-rai. E, sotto il pretesto di punirlo del male che realmenteaveva fatto, moltiplicando le vendette della rivoluzione,lo punirono del bene, cioè della proclamazione del dog-ma dell'esistenza di Dio. Infatti, il 28 ottobre di quel me-desimo anno, Robespierre, in compagnia di altre venti-due persone, salì quel patibolo al quale per vero dire

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egli meritava di andare, per avervi mandato Danton, etroppi altri ancora.

La rivoluzione Francese, per confessione di amici e dinemici, ha cangiato, in qualche guisa, la facciadell'Europa. Ripeto la domanda già da me fatta: l'ha mu-tata in meglio od in peggio? Senza dubbio in meglio dallato materiale. Imperciocchè l'abolizione della servitùdella gleba, dei maggioraschi, della mano morta, e deipiù odiosi balzelli; la diffusione dell'istruzione mediantele scuole elementari e la libertà della stampa; la diminu-zione, se non soppressione, d'innumerevoli abusi, di in-numerevoli vessazioni; la necessità di rispettare, od al-meno di conculcar meno di prima i diritti, gli interessi, ela dignità della classe più numerosa e più utile, cioè del-la classe produttrice, dacchè questa è divenuta non solonumericamente, ma ancora moralmente e politicamenteforte, sono le principali cagioni per cui la popolazionedell'Europa oggi è incirca il doppio di quanto era nel1789, e del fatto più consolante ancora che questa au-mentata popolazione è meglio nutrita, meglio vestita,meglio alloggiata che non era nel passato secolo. Il be-neficio materiale è dunque grande ed evidente. Non lo èaltrettanto il guadagno dal lato morale; credo però chesia reale ancora, benchè minore che il vantaggio mate-riale; conciossiachè l'innegabile e grande progressonell'istruzione universale, nella dignità di carattere, nellagelosa custodia dell'onore individuale non che nei senti-menti collettivi di patriotismo e di solidarietà umana,sono vantaggi morali di maggior peso, nel lor comples-

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egli meritava di andare, per avervi mandato Danton, etroppi altri ancora.

La rivoluzione Francese, per confessione di amici e dinemici, ha cangiato, in qualche guisa, la facciadell'Europa. Ripeto la domanda già da me fatta: l'ha mu-tata in meglio od in peggio? Senza dubbio in meglio dallato materiale. Imperciocchè l'abolizione della servitùdella gleba, dei maggioraschi, della mano morta, e deipiù odiosi balzelli; la diffusione dell'istruzione mediantele scuole elementari e la libertà della stampa; la diminu-zione, se non soppressione, d'innumerevoli abusi, di in-numerevoli vessazioni; la necessità di rispettare, od al-meno di conculcar meno di prima i diritti, gli interessi, ela dignità della classe più numerosa e più utile, cioè del-la classe produttrice, dacchè questa è divenuta non solonumericamente, ma ancora moralmente e politicamenteforte, sono le principali cagioni per cui la popolazionedell'Europa oggi è incirca il doppio di quanto era nel1789, e del fatto più consolante ancora che questa au-mentata popolazione è meglio nutrita, meglio vestita,meglio alloggiata che non era nel passato secolo. Il be-neficio materiale è dunque grande ed evidente. Non lo èaltrettanto il guadagno dal lato morale; credo però chesia reale ancora, benchè minore che il vantaggio mate-riale; conciossiachè l'innegabile e grande progressonell'istruzione universale, nella dignità di carattere, nellagelosa custodia dell'onore individuale non che nei senti-menti collettivi di patriotismo e di solidarietà umana,sono vantaggi morali di maggior peso, nel lor comples-

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so, che il cumulo sventuratamente troppo grande ancora,di mali provenienti dall'accresciuta corruzione. La qualenon potrà trovar freno e rimedio che in una restaurazio-ne razionale del senso religioso. La restaurazione delsentimento religioso sarà razionale e salutare allorchècesserà di essere il monopolio di un sacerdozio nemicodella libertà; e ciò avverrà quando i discendenti non giànaturali, come si vantano di essere, ma figli intellettualidelle scimmie, non avran più forza bastevole per impe-dire al senso comune del popolo di comprendere il si-gnificato delle armonie celesti e cronologiche.

Lo spettacolo offerto dalla Rivoluzione francese ne'suoi primi anni, è grandioso, meraviglioso, epico, con-solante. Ma i numerosi e sanguinosi eccessi di rigore,contro i reali o supposti nemici della libertà, procaccia-rono l'odioso ed infausto nome di regime del terrore alperiodo che cominciò colla morte di Luigi XVI, e finìcon quella di Robespierre. Le mostruose colpe e folliecommesse allora in Francia, screditando il puro nomedella vera Libertà, la quale è tutta ordine, e tutta giusti-zia, produssero la temporanea sommersione della libertàpopolare in Francia, e ritardarono non solo la sua espan-sione all'estero, ma ancora il suo risorgimento in Fran-cia. Vero è che le vittime del dispotismo sono state assaipiù numerose che quelle della più sfrenata licenza; magli eccessi da una parte non iscusano gli eccessi dellaparte opposta.

Le vittime, illustri od oscure, del regno del terrore fu-rono migliaja, e fra esse anche molte donne. Madama

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so, che il cumulo sventuratamente troppo grande ancora,di mali provenienti dall'accresciuta corruzione. La qualenon potrà trovar freno e rimedio che in una restaurazio-ne razionale del senso religioso. La restaurazione delsentimento religioso sarà razionale e salutare allorchècesserà di essere il monopolio di un sacerdozio nemicodella libertà; e ciò avverrà quando i discendenti non giànaturali, come si vantano di essere, ma figli intellettualidelle scimmie, non avran più forza bastevole per impe-dire al senso comune del popolo di comprendere il si-gnificato delle armonie celesti e cronologiche.

Lo spettacolo offerto dalla Rivoluzione francese ne'suoi primi anni, è grandioso, meraviglioso, epico, con-solante. Ma i numerosi e sanguinosi eccessi di rigore,contro i reali o supposti nemici della libertà, procaccia-rono l'odioso ed infausto nome di regime del terrore alperiodo che cominciò colla morte di Luigi XVI, e finìcon quella di Robespierre. Le mostruose colpe e folliecommesse allora in Francia, screditando il puro nomedella vera Libertà, la quale è tutta ordine, e tutta giusti-zia, produssero la temporanea sommersione della libertàpopolare in Francia, e ritardarono non solo la sua espan-sione all'estero, ma ancora il suo risorgimento in Fran-cia. Vero è che le vittime del dispotismo sono state assaipiù numerose che quelle della più sfrenata licenza; magli eccessi da una parte non iscusano gli eccessi dellaparte opposta.

Le vittime, illustri od oscure, del regno del terrore fu-rono migliaja, e fra esse anche molte donne. Madama

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Rolland, nel venir condotta al patibolo, avendo vista unastatua della libertà, esclamò: o Libertà, quanti delitti sicommettono in tuo nome!

La caduta di Robespierre determinò quella della con-venzione, e lo stabilimento di una nuova costituzione, laquale si chiama la costituzione dell'anno terzo (1795), edurò un poco più di quattro anni. La costituzionedell'anno terzo creò due consigli, ossia assemblee legi-slative, elette dal Popolo, ed un potere esecutivo, chia-mato il Direttorio, e composto di cinque direttori nomi-nati dai due consigli. Ai 18 di fructidor dell'anno quinto,ossia 4 settembre 1797, tre dei cinque membri del Diret-torio fecero un colpo di stato contro gli altri due colle-ghi, e contro i realisti. Ma chi commette un atto illegale,è spesso punito colla pena del taglione, cioè col soggia-cere egli stesso ad altre illegalità, e così il nuovo diretto-rio fu soppresso da un colpo di stato, commesso in unaltro giorno 18, che fu il troppo famoso 18 brumale.

I quattro anni del governo direttoriale furono per laFrancia un'epoca di decadenza morale all'interno, ma digloria militare al difuori. Nel 1795 la Repubblica Fran-cese terminò la conquista dell'Olanda, di che fece la re-pubblica Bàtava. Nei primi mesi del 1796 aveva già pa-cificata la Vandea all'interno, ed era vincitrice della legaretrograda, sul Reno, sui Pirenei, e sulle Alpi.

Al principio del medesimo anno il direttorio affidò ilcomando dell'esercito delle Alpi ad un giovane di venti-sei anni, il quale doveva correre colla vittoria, dall'unaall'altra estremità dell'Europa, ed estendervi la cognizio-

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Rolland, nel venir condotta al patibolo, avendo vista unastatua della libertà, esclamò: o Libertà, quanti delitti sicommettono in tuo nome!

La caduta di Robespierre determinò quella della con-venzione, e lo stabilimento di una nuova costituzione, laquale si chiama la costituzione dell'anno terzo (1795), edurò un poco più di quattro anni. La costituzionedell'anno terzo creò due consigli, ossia assemblee legi-slative, elette dal Popolo, ed un potere esecutivo, chia-mato il Direttorio, e composto di cinque direttori nomi-nati dai due consigli. Ai 18 di fructidor dell'anno quinto,ossia 4 settembre 1797, tre dei cinque membri del Diret-torio fecero un colpo di stato contro gli altri due colle-ghi, e contro i realisti. Ma chi commette un atto illegale,è spesso punito colla pena del taglione, cioè col soggia-cere egli stesso ad altre illegalità, e così il nuovo diretto-rio fu soppresso da un colpo di stato, commesso in unaltro giorno 18, che fu il troppo famoso 18 brumale.

I quattro anni del governo direttoriale furono per laFrancia un'epoca di decadenza morale all'interno, ma digloria militare al difuori. Nel 1795 la Repubblica Fran-cese terminò la conquista dell'Olanda, di che fece la re-pubblica Bàtava. Nei primi mesi del 1796 aveva già pa-cificata la Vandea all'interno, ed era vincitrice della legaretrograda, sul Reno, sui Pirenei, e sulle Alpi.

Al principio del medesimo anno il direttorio affidò ilcomando dell'esercito delle Alpi ad un giovane di venti-sei anni, il quale doveva correre colla vittoria, dall'unaall'altra estremità dell'Europa, ed estendervi la cognizio-

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ne e la pratica di alcuni dei più fondamentali principiidella grande rivoluzione francese, ma troncarne violen-temente il corso nella Francia stessa.

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ne e la pratica di alcuni dei più fondamentali principiidella grande rivoluzione francese, ma troncarne violen-temente il corso nella Francia stessa.

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NAPOLEONE

Il mondo ideale guidò sempre il mondo materiale, e,più che in altri tempi nel nostro, abbenchè i sedicentidotti facciano ora dei vani sforzi per ignorare e negarel'idealismo.

Tremendo cozzo di forze materiali è la guerra, ma piùancora di forze intellettuali.

Temistocle, Alessandro, Giulio Cesare, Napoleone,con eserciti numericamente inferiori disfecero innume-revoli turbe nemiche, perchè essi erano dotati di più altoingegno che i comandanti a loro opposti, ed altresì per-chè i Greci eran più colti che i Persiani, i Romani piùdei Galli, la Francia dal 1648 al 1848 più che il resto delcontinente Europeo.

Napoleone Bonaparte è la più grande figura che siaapparsa sul teatro della storia umana da Carlomagnosino ad oggi. Le sue gesta appartengono alla storia gene-rale del mondo, ma più specialmente alla storia partico-lare della Francia suo paese di adozione, ed a quelladell'Italia, suo paese di origine.

Napoleone nacque ad Ajaccio nell'isola di Corsica,addì 15 di agosto dell'anno 1769, figlio secondogenitodi Carlo Bonaparte e di Letizia Ramolino. Carlo Bona-parte era allora assai giovine, e prese la laurea nell'Uni-versità di Pisa in quel medesimo anno. Nello stessoanno nacquero pure il grande geologo e naturalista Gior-gio Cuvier, ed Arturo Wellington, che divenne il formi-

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NAPOLEONE

Il mondo ideale guidò sempre il mondo materiale, e,più che in altri tempi nel nostro, abbenchè i sedicentidotti facciano ora dei vani sforzi per ignorare e negarel'idealismo.

Tremendo cozzo di forze materiali è la guerra, ma piùancora di forze intellettuali.

Temistocle, Alessandro, Giulio Cesare, Napoleone,con eserciti numericamente inferiori disfecero innume-revoli turbe nemiche, perchè essi erano dotati di più altoingegno che i comandanti a loro opposti, ed altresì per-chè i Greci eran più colti che i Persiani, i Romani piùdei Galli, la Francia dal 1648 al 1848 più che il resto delcontinente Europeo.

Napoleone Bonaparte è la più grande figura che siaapparsa sul teatro della storia umana da Carlomagnosino ad oggi. Le sue gesta appartengono alla storia gene-rale del mondo, ma più specialmente alla storia partico-lare della Francia suo paese di adozione, ed a quelladell'Italia, suo paese di origine.

Napoleone nacque ad Ajaccio nell'isola di Corsica,addì 15 di agosto dell'anno 1769, figlio secondogenitodi Carlo Bonaparte e di Letizia Ramolino. Carlo Bona-parte era allora assai giovine, e prese la laurea nell'Uni-versità di Pisa in quel medesimo anno. Nello stessoanno nacquero pure il grande geologo e naturalista Gior-gio Cuvier, ed Arturo Wellington, che divenne il formi-

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dabile antagonista di Napoleone in Ispagna, e suo vinci-tore a Waterloo.

La sua famiglia era originaria di Firenze, e fu di parteGhibellina, dalla qual circostanza probabilmente derivail cognome di Buona parte, dato a' suoi antenati dagli al-tri Ghibellini; perciocchè ognuno chiama buono il pro-prio partito e le proprie opinioni, e cattivi tutti i partiti ele opinioni contrarie. Da Firenze un ramo della famigliapassò a San Miniato, ed un altro, o quello stesso, a Sar-zana, e di qui in Corsica. Si trovano altri Bonaparte, cheforse nulla avevan che fare colla famiglia del gran Cor-so, nel libro d'oro, ossia della nobiltà, di Bologna, ed inquello di Treviso.

Giunto al Consolato, o, secondo alcuni sino dal 1796,Napoleone giudiziosamente migliorò l'ortografia ed ilsuono del suo nome di famiglia, anche ad orecchie Ita-liane, e molto più per orecchie Francesi, chiamandosiBONAPARTE.

La Corsica, soggetta nei primi tempi ai Fenicii, ai Fo-cei, ai Cartaginesi, fu conquistata dai Romani dugentotrentasei anni prima della nascita di Gesù Cristo. Cadutol'impero Romano, i Corsi furono per qualche tempoquasi indipendenti, poi successivamente soggetti ai papi,ai Pisani, ai Genovesi; ma, per un trattato coi Genovesi,Luigi XV firmò l'editto della riunione della Corsica allaFrancia nel giorno 15 di agosto 1767, cioè precisamentedue anni prima della nascita di Napoleone. PasqualePaoli sin dall'anno 1755 erasi posto a capo dei Corsisuoi compatrioti per iscuotere il giogo dei Genovesi; ed,

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dabile antagonista di Napoleone in Ispagna, e suo vinci-tore a Waterloo.

La sua famiglia era originaria di Firenze, e fu di parteGhibellina, dalla qual circostanza probabilmente derivail cognome di Buona parte, dato a' suoi antenati dagli al-tri Ghibellini; perciocchè ognuno chiama buono il pro-prio partito e le proprie opinioni, e cattivi tutti i partiti ele opinioni contrarie. Da Firenze un ramo della famigliapassò a San Miniato, ed un altro, o quello stesso, a Sar-zana, e di qui in Corsica. Si trovano altri Bonaparte, cheforse nulla avevan che fare colla famiglia del gran Cor-so, nel libro d'oro, ossia della nobiltà, di Bologna, ed inquello di Treviso.

Giunto al Consolato, o, secondo alcuni sino dal 1796,Napoleone giudiziosamente migliorò l'ortografia ed ilsuono del suo nome di famiglia, anche ad orecchie Ita-liane, e molto più per orecchie Francesi, chiamandosiBONAPARTE.

La Corsica, soggetta nei primi tempi ai Fenicii, ai Fo-cei, ai Cartaginesi, fu conquistata dai Romani dugentotrentasei anni prima della nascita di Gesù Cristo. Cadutol'impero Romano, i Corsi furono per qualche tempoquasi indipendenti, poi successivamente soggetti ai papi,ai Pisani, ai Genovesi; ma, per un trattato coi Genovesi,Luigi XV firmò l'editto della riunione della Corsica allaFrancia nel giorno 15 di agosto 1767, cioè precisamentedue anni prima della nascita di Napoleone. PasqualePaoli sin dall'anno 1755 erasi posto a capo dei Corsisuoi compatrioti per iscuotere il giogo dei Genovesi; ed,

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avvenuta la cessione dell'isola alla Francia, continuò perqualche tempo, coll'ajuto dell'Inghilterra, a lottare perl'indipendenza assoluta della sua patria. Carlo Buona-parte abbracciò il partito della Francia, e la bella e co-raggiosa Letizia, già incinta di Napoleone, seguiva suomarito a cavallo. Sorpresa inaspettatamente dalle dogliedel parto, mentre era a chiesa per la festa della Vergineassunta al cielo, il 15 agosto 1769, diede alla luce il fu-turo vincitore dell'Europa sopra un tappeto che rappre-sentava un episodio dell'Iliade d'Omero. Anche il nomedi Napoleone ha una bella etimologia greca, significanteil leone della foresta.

Nell'età di dieci anni il piccolo Napoleone fu mandatoalla scuola militare di Brienne, in Francia, indi allascuola militare di Parigi, dalla quale uscì col grado disottotenente di artiglieria, all'età di sedici anni. Nei due

collegi si era distinto special-mente per lo studio delle mate-matiche, e per lo stile imagino-so ed enfatico delle sue compo-sizioni letterarie. Ne troveremoi germi migliorati ne' suoi pro-clami di generale. Era appassio-nato lettore di Storia, e special-mente delle vite degli uomini il-lustri di Plutarco. Vi attinse deipreziosi insegnamenti di scien-

za militare, e l'amor della gloria, ma sfortunatamentetroppo poco quelli della libertà, e della virtù.

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avvenuta la cessione dell'isola alla Francia, continuò perqualche tempo, coll'ajuto dell'Inghilterra, a lottare perl'indipendenza assoluta della sua patria. Carlo Buona-parte abbracciò il partito della Francia, e la bella e co-raggiosa Letizia, già incinta di Napoleone, seguiva suomarito a cavallo. Sorpresa inaspettatamente dalle dogliedel parto, mentre era a chiesa per la festa della Vergineassunta al cielo, il 15 agosto 1769, diede alla luce il fu-turo vincitore dell'Europa sopra un tappeto che rappre-sentava un episodio dell'Iliade d'Omero. Anche il nomedi Napoleone ha una bella etimologia greca, significanteil leone della foresta.

Nell'età di dieci anni il piccolo Napoleone fu mandatoalla scuola militare di Brienne, in Francia, indi allascuola militare di Parigi, dalla quale uscì col grado disottotenente di artiglieria, all'età di sedici anni. Nei due

collegi si era distinto special-mente per lo studio delle mate-matiche, e per lo stile imagino-so ed enfatico delle sue compo-sizioni letterarie. Ne troveremoi germi migliorati ne' suoi pro-clami di generale. Era appassio-nato lettore di Storia, e special-mente delle vite degli uomini il-lustri di Plutarco. Vi attinse deipreziosi insegnamenti di scien-

za militare, e l'amor della gloria, ma sfortunatamentetroppo poco quelli della libertà, e della virtù.

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Vide e non approvò la grande rivoluzione del 1789,ma si apparecchiò a trarne suo profitto. Nel 1793, giàcapitano, ridusse al dovere i federalisti Marsigliesi.Poco dopo fu nominato comandante dell'artiglieriadell'esercito francese che assediava Tolone, allora occu-pato dagli Inglesi. Tolone fu preso non ostante l'incapa-cità del generale francese che comandava le truppe asse-dianti, e per merito principalmente di Napoleone. Collamitraglia estinse l'insurrezione parigina contro la Con-venzione, nel giorno 13 vendemmiale dell'anno quarto,ossia 5 ottobre 1795.

Ma la grande ed incomparabile carriera militare diNapoleone comincia veramente colle sue prime vittoriecampali nel 1796. Siccome una delle principali caratteri-stiche del mio compendio storico è quella di esseremnemotecnico, insegnerò uno o due artifizii di memoriaper ben tenersi a mente questo millesimo del 1796, cheè una delle date fondamentali nello studio della cronolo-gia. Come materialmente la figura della cifra arabica 6 èil rovescio della cifra arabica 9, così l'anno secolare del-le prime vittorie di Napoleone, 96, è il rovescio, nellascrittura arabica, dell'anno della sua nascita, 69. L'anno1796 avanti l'Era volgare è un'altra data memorabile,cioè quella della morte di Ogige, secondo gli storici gre-ci Filocoro ed Ellanico, citati da Eusebio. Imperocchè,secondo questi autori, da Ogige, nel tempo del quale, di-cono essi, avvenne il gran diluvio, sino alla prima Olim-piade, corsero 1020 anni. Ora la prima Olimpiade fu nel776 e questo numero sommato col precedente fa appun-

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Vide e non approvò la grande rivoluzione del 1789,ma si apparecchiò a trarne suo profitto. Nel 1793, giàcapitano, ridusse al dovere i federalisti Marsigliesi.Poco dopo fu nominato comandante dell'artiglieriadell'esercito francese che assediava Tolone, allora occu-pato dagli Inglesi. Tolone fu preso non ostante l'incapa-cità del generale francese che comandava le truppe asse-dianti, e per merito principalmente di Napoleone. Collamitraglia estinse l'insurrezione parigina contro la Con-venzione, nel giorno 13 vendemmiale dell'anno quarto,ossia 5 ottobre 1795.

Ma la grande ed incomparabile carriera militare diNapoleone comincia veramente colle sue prime vittoriecampali nel 1796. Siccome una delle principali caratteri-stiche del mio compendio storico è quella di esseremnemotecnico, insegnerò uno o due artifizii di memoriaper ben tenersi a mente questo millesimo del 1796, cheè una delle date fondamentali nello studio della cronolo-gia. Come materialmente la figura della cifra arabica 6 èil rovescio della cifra arabica 9, così l'anno secolare del-le prime vittorie di Napoleone, 96, è il rovescio, nellascrittura arabica, dell'anno della sua nascita, 69. L'anno1796 avanti l'Era volgare è un'altra data memorabile,cioè quella della morte di Ogige, secondo gli storici gre-ci Filocoro ed Ellanico, citati da Eusebio. Imperocchè,secondo questi autori, da Ogige, nel tempo del quale, di-cono essi, avvenne il gran diluvio, sino alla prima Olim-piade, corsero 1020 anni. Ora la prima Olimpiade fu nel776 e questo numero sommato col precedente fa appun-

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to 1796. Io credo che Noè ed Ogige sono due personag-gi distinti, e reali. Tuttavia, lasciate in disparte le que-stioni se essi siano personaggi storici, o mitici, se vi siastato il diluvio o no; se ve ne sia stato uno, o più d'uno;ed ancora la quistione se Filocoro ed Ellanico abbianofatto bene o male il lor computo; il fatto da non potersicontestare e da non doversi trascurare è questo: che ladata del 1796 av. C., esatta o no, è la più antica data nu-merica che si abbia nella storia profana.

Al principio dell'anno 1796 Napoleone Bonapartesposò Giuseppina vedova del general Beauharnais, epoco appresso fu nominato generale in capo dell'esercitodestinato alla conquista dell'Italia. Questo stanziava al-lora a Nizza, alle porte dell'Italia, dove era penetrato ne-gli anni 1794 e 1795, ma ne era stato respinto. Consiste-va in trentamila uomini, mal vestiti e mal pagati, contrenta pezzi d'artiglieria. L'esercito Austro-Sardo eracomposto di 45,000 austriaci, e 35,000 Sardi, in tutto ot-tanta mila uomini, con dugento cannoni. Bonaparte sa-rebbe stato certamente battuto se avesse osato di assal-tarli uniti.

Ma l'insegnamento principale della Strategia è que-sto: battere colle nostre riunite le divise forze del nemi-co. A questo principio si inspirarono sempre i grandi ca-pitani, segnatamente Alessandro, Annibale, Scipione,Giulio Cesare, Federico il grande, Napoleone; ed aigiorni nostri il maresciallo Moltke. Bonaparte incomin-ciò tosto ad applicare quel precetto strategico al princi-pio della sua campagna del 1796.

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to 1796. Io credo che Noè ed Ogige sono due personag-gi distinti, e reali. Tuttavia, lasciate in disparte le que-stioni se essi siano personaggi storici, o mitici, se vi siastato il diluvio o no; se ve ne sia stato uno, o più d'uno;ed ancora la quistione se Filocoro ed Ellanico abbianofatto bene o male il lor computo; il fatto da non potersicontestare e da non doversi trascurare è questo: che ladata del 1796 av. C., esatta o no, è la più antica data nu-merica che si abbia nella storia profana.

Al principio dell'anno 1796 Napoleone Bonapartesposò Giuseppina vedova del general Beauharnais, epoco appresso fu nominato generale in capo dell'esercitodestinato alla conquista dell'Italia. Questo stanziava al-lora a Nizza, alle porte dell'Italia, dove era penetrato ne-gli anni 1794 e 1795, ma ne era stato respinto. Consiste-va in trentamila uomini, mal vestiti e mal pagati, contrenta pezzi d'artiglieria. L'esercito Austro-Sardo eracomposto di 45,000 austriaci, e 35,000 Sardi, in tutto ot-tanta mila uomini, con dugento cannoni. Bonaparte sa-rebbe stato certamente battuto se avesse osato di assal-tarli uniti.

Ma l'insegnamento principale della Strategia è que-sto: battere colle nostre riunite le divise forze del nemi-co. A questo principio si inspirarono sempre i grandi ca-pitani, segnatamente Alessandro, Annibale, Scipione,Giulio Cesare, Federico il grande, Napoleone; ed aigiorni nostri il maresciallo Moltke. Bonaparte incomin-ciò tosto ad applicare quel precetto strategico al princi-pio della sua campagna del 1796.

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Evitando l'erta salita delle grandi Alpi, che egli dove-va traversare arditamente quattro anni dopo, Bonapartein questa sua prima campagna si contentò di girare at-torno ad esse, traversando l'estremo e perciò basso spe-rone delle Alpi Marittime presso Nizza, cioè nel luogodi dove esse traggono il lor nome bagnandosi nel mareMediterraneo. Filò dapprima per l'amena Riviera di Po-nente, lungo il lido, sino alle vicinanze di Savona, mi-nacciando Genova, senza intenzione di entrarvi, ma peringannare Beaulieu, il quale, colto all'amo, mandò allavolta di Genova una parte delle sue forze, lasciando ilresto di qua dell'Apennino; ma d'improvviso Bonapartepiegò alla sua sinistra, salì per la strada che da Savonaconduce a Torino, e sorpassò la cresta dell'Apennino nelcircondario di Cairo, ora detto ancora Cairo Montenotte.Ivi il giovane guerriero doveva vincere la prima sua bat-taglia; più importante, per essere appunto la prima suabattaglia, che quella da lui vinta due anni dopo in vici-nanza di un altro Cairo assai più celebre, cioè la batta-glia delle Piramidi, presso il gran Cairo capitaledell'Egitto.

Da Cairo Montenotte, per chi viene dal mezzodì, in-comincia la discesa verso la gran valle del Po e verso lapianura Lombarda, che è la più celebre e più ricca pia-nura del mondo. Di là è aperta la via a Torino, a Milano,a Venezia, a Bologna. Beaulieu, avvedutosi del proprioerrore, affrettossi a rimediarlo come meglio per lui sipotè, richiamando indietro le sue truppe che andavanoalla volta di Genova, ed avvicinando ai Piemontesi quel-

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Evitando l'erta salita delle grandi Alpi, che egli dove-va traversare arditamente quattro anni dopo, Bonapartein questa sua prima campagna si contentò di girare at-torno ad esse, traversando l'estremo e perciò basso spe-rone delle Alpi Marittime presso Nizza, cioè nel luogodi dove esse traggono il lor nome bagnandosi nel mareMediterraneo. Filò dapprima per l'amena Riviera di Po-nente, lungo il lido, sino alle vicinanze di Savona, mi-nacciando Genova, senza intenzione di entrarvi, ma peringannare Beaulieu, il quale, colto all'amo, mandò allavolta di Genova una parte delle sue forze, lasciando ilresto di qua dell'Apennino; ma d'improvviso Bonapartepiegò alla sua sinistra, salì per la strada che da Savonaconduce a Torino, e sorpassò la cresta dell'Apennino nelcircondario di Cairo, ora detto ancora Cairo Montenotte.Ivi il giovane guerriero doveva vincere la prima sua bat-taglia; più importante, per essere appunto la prima suabattaglia, che quella da lui vinta due anni dopo in vici-nanza di un altro Cairo assai più celebre, cioè la batta-glia delle Piramidi, presso il gran Cairo capitaledell'Egitto.

Da Cairo Montenotte, per chi viene dal mezzodì, in-comincia la discesa verso la gran valle del Po e verso lapianura Lombarda, che è la più celebre e più ricca pia-nura del mondo. Di là è aperta la via a Torino, a Milano,a Venezia, a Bologna. Beaulieu, avvedutosi del proprioerrore, affrettossi a rimediarlo come meglio per lui sipotè, richiamando indietro le sue truppe che andavanoalla volta di Genova, ed avvicinando ai Piemontesi quel-

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le ch'egli aveva sul pendio settentrionale presso la crestadell'Apennino.

Ma prima che gli Austriaci ed i Piemontesi potesseroriunirsi, Bonaparte si gettò fra essi, ed inaugurò la lungae splendida serie delle sue vittorie colla battaglia diMontenotte. Aveva gli Austriaci alla sua destra, i Pie-montesi a sinistra. Il colonnello Rampon lo aveva prece-duto, ed avea preso e con eroici sforzi mantenuto labuona posizione di Montenotte. Quella battaglia fu tuttatra Francesi ed Austriaci, e durò due giorni: il 22 ed il23 di germinale, ossia 11 e 12 d'aprile 1796. Bonaparteli impiegò nell'attaccare e spinger indietro gli Austriaci;non solo per metterli allo sbaraglio se poteva, ma princi-palmente per allontanarli dai Piemontesi.

Avendo ottenuto questo secondo intento sin dalla seradel 12 aprile, Bonaparte, senza por tempo in mezzo, sivolse nel giorno 13 alla sua sinistra, e battè i Piemontesia Millesimo. Nel susseguente giorno ei si voltò di nuovoa destra, e diede una seconda e più forte rotta agli Au-striaci, i quali si erano ritirati a Dego. Nè di ciò pago an-cora, tornò a sinistra, e nel giorno 22 di aprile terminò disconfiggere i Piemontesi, che si erano ritirati pressoMondovì.

Universale e ben giusta è l'ammirazione per l'audaceed insiem sapiente tattica del giovane duce, il quale in sìpochi giorni ottenne quattro vittorie: Montenotte, Mille-simo, Dego e Mondovì. E i suoi soldati? Non sono egli-no fiore di prodi, questi uomini che senza mormorare,senza impaurirsi, senza riposarsi nè stancarsi, marciano

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le ch'egli aveva sul pendio settentrionale presso la crestadell'Apennino.

Ma prima che gli Austriaci ed i Piemontesi potesseroriunirsi, Bonaparte si gettò fra essi, ed inaugurò la lungae splendida serie delle sue vittorie colla battaglia diMontenotte. Aveva gli Austriaci alla sua destra, i Pie-montesi a sinistra. Il colonnello Rampon lo aveva prece-duto, ed avea preso e con eroici sforzi mantenuto labuona posizione di Montenotte. Quella battaglia fu tuttatra Francesi ed Austriaci, e durò due giorni: il 22 ed il23 di germinale, ossia 11 e 12 d'aprile 1796. Bonaparteli impiegò nell'attaccare e spinger indietro gli Austriaci;non solo per metterli allo sbaraglio se poteva, ma princi-palmente per allontanarli dai Piemontesi.

Avendo ottenuto questo secondo intento sin dalla seradel 12 aprile, Bonaparte, senza por tempo in mezzo, sivolse nel giorno 13 alla sua sinistra, e battè i Piemontesia Millesimo. Nel susseguente giorno ei si voltò di nuovoa destra, e diede una seconda e più forte rotta agli Au-striaci, i quali si erano ritirati a Dego. Nè di ciò pago an-cora, tornò a sinistra, e nel giorno 22 di aprile terminò disconfiggere i Piemontesi, che si erano ritirati pressoMondovì.

Universale e ben giusta è l'ammirazione per l'audaceed insiem sapiente tattica del giovane duce, il quale in sìpochi giorni ottenne quattro vittorie: Montenotte, Mille-simo, Dego e Mondovì. E i suoi soldati? Non sono egli-no fiore di prodi, questi uomini che senza mormorare,senza impaurirsi, senza riposarsi nè stancarsi, marciano

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e rimarciano, e combattono ripetutamente a destra ed asinistra? Non sono eglino i veri vincitori delle quattrobattaglie?

E non ne ha qualche poco di merito ancora ciò che daalcuni si chiama la fortuna, da me la Provvidenza, e chesembra divertirsi a produrre, or le vittorie or le sconfitte,e quegli scherzi di nomi, di circostanze, di anni e digiorni? Sapiente strategia, sapiente tattica! Senza dubbioBonaparte se ne fece veder maestro, dal principio allafine della sua mirabile carriera. Supponete nondimenoche quella stessa capricciosa Dea, o cosa, che si chiamala sorte, gli fosse stata contraria a Montenotte, che cosane penserebbero ora i dotti critici militari? Fu un erroreda principiante, direbbero, il non profittare della propi-zia occasione di pigliar prima Genova: quella dovevaessere la forte base per le future operazioni. Supponeteinvece che, dopo la vittoria di Montenotte, la fortuna sifosse chiarita avversa ai Francesi a Millesimo, oppure aDego. Allora i dotti critici direbbero: è chiaro; l'inesper-to comandante repubblicano non capì che bisognava in-seguire e spingere a fondo gli Austriaci, i quali avevanogià incominciato a piegare nella battaglia di Montenotte.Non era da perdersi il tempo andando a cercare i Pie-montesi: bisognava finirla cogli Austriaci, e non lasciarloro il tempo di riaversi. Supponete infine che, dopoaver vinto a Montenotte, a Millesimo, e a Dego, Bona-parte avesse avuto la peggio a Mondovì. Ah! gli stabene, esclamerebbero. Doveva egli ammazzar di fatica i

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e rimarciano, e combattono ripetutamente a destra ed asinistra? Non sono eglino i veri vincitori delle quattrobattaglie?

E non ne ha qualche poco di merito ancora ciò che daalcuni si chiama la fortuna, da me la Provvidenza, e chesembra divertirsi a produrre, or le vittorie or le sconfitte,e quegli scherzi di nomi, di circostanze, di anni e digiorni? Sapiente strategia, sapiente tattica! Senza dubbioBonaparte se ne fece veder maestro, dal principio allafine della sua mirabile carriera. Supponete nondimenoche quella stessa capricciosa Dea, o cosa, che si chiamala sorte, gli fosse stata contraria a Montenotte, che cosane penserebbero ora i dotti critici militari? Fu un erroreda principiante, direbbero, il non profittare della propi-zia occasione di pigliar prima Genova: quella dovevaessere la forte base per le future operazioni. Supponeteinvece che, dopo la vittoria di Montenotte, la fortuna sifosse chiarita avversa ai Francesi a Millesimo, oppure aDego. Allora i dotti critici direbbero: è chiaro; l'inesper-to comandante repubblicano non capì che bisognava in-seguire e spingere a fondo gli Austriaci, i quali avevanogià incominciato a piegare nella battaglia di Montenotte.Non era da perdersi il tempo andando a cercare i Pie-montesi: bisognava finirla cogli Austriaci, e non lasciarloro il tempo di riaversi. Supponete infine che, dopoaver vinto a Montenotte, a Millesimo, e a Dego, Bona-parte avesse avuto la peggio a Mondovì. Ah! gli stabene, esclamerebbero. Doveva egli ammazzar di fatica i

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suoi soldati a quel modo? Perchè non accordar loro unqualche giorno di riposo?

Anche il vecchio comandante austriaco era un sapien-te strategista a modo suo, e criticava Bonaparte. Ha vin-to, diceva Beaulieu; ma contro tutte le regole. È una cosìstrana guisa di far la guerra che non vi si raccapezzanulla! Ma intanto toccò a Beaulieu di ritirarsi più che difretta in Lombardia cogli sconquassati avanzi del suoesercito, lasciando nelle mani di Bonaparte ben novemi-la prigionieri, fra Austriaci e Piemontesi. Il vincitorenon perdette il tempo davvero, ma lo incalzò alle reni egli diede una ultima sconfitta presso il ponte di Lodi, il10 di maggio. In breve Bonaparte entrò nella grande cit-tà di Milano, accolto con ovazioni dalla popolazione.Imperocchè, subito dopo la sua vittoria di Mondovì, Bo-naparte, in un proclama rivolto a' suoi soldati, ed agl'Ita-liani, diceva: «Popoli d'Italia, l'esercito francese viene aspezzar le vostre catene. Il popolo francese è l'amico ditutti i popoli. Venite fiduciosi alle nostre bandiere: le vo-stre proprietà, la vostra religione, i vostri costumi saran-no scrupolosamente rispettati. Noi farem la guerra danemici generosi; e non la faremo che contro quelli chevi vogliono schiavi.»

Queste belle e larghe promesse non furon mantenuteche in un modo assai imperfetto, ma rivelavano nel gio-vane e fortunato generale anche il politico profondo. Edora, al suo entrare nella capitale della Lombardia, eglipubblicò quest'altro splendido e seducente manifesto:

«Soldati,62

suoi soldati a quel modo? Perchè non accordar loro unqualche giorno di riposo?

Anche il vecchio comandante austriaco era un sapien-te strategista a modo suo, e criticava Bonaparte. Ha vin-to, diceva Beaulieu; ma contro tutte le regole. È una cosìstrana guisa di far la guerra che non vi si raccapezzanulla! Ma intanto toccò a Beaulieu di ritirarsi più che difretta in Lombardia cogli sconquassati avanzi del suoesercito, lasciando nelle mani di Bonaparte ben novemi-la prigionieri, fra Austriaci e Piemontesi. Il vincitorenon perdette il tempo davvero, ma lo incalzò alle reni egli diede una ultima sconfitta presso il ponte di Lodi, il10 di maggio. In breve Bonaparte entrò nella grande cit-tà di Milano, accolto con ovazioni dalla popolazione.Imperocchè, subito dopo la sua vittoria di Mondovì, Bo-naparte, in un proclama rivolto a' suoi soldati, ed agl'Ita-liani, diceva: «Popoli d'Italia, l'esercito francese viene aspezzar le vostre catene. Il popolo francese è l'amico ditutti i popoli. Venite fiduciosi alle nostre bandiere: le vo-stre proprietà, la vostra religione, i vostri costumi saran-no scrupolosamente rispettati. Noi farem la guerra danemici generosi; e non la faremo che contro quelli chevi vogliono schiavi.»

Queste belle e larghe promesse non furon mantenuteche in un modo assai imperfetto, ma rivelavano nel gio-vane e fortunato generale anche il politico profondo. Edora, al suo entrare nella capitale della Lombardia, eglipubblicò quest'altro splendido e seducente manifesto:

«Soldati,62

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«Voi vi precipitaste come un torrente dall'alto degliApennini. Avete respinto, disperso tutto ciò che alla vo-stra marcia si opponeva. Il Piemonte, liberato dalla ti-rannide straniera, si abbandona ai naturali sentimenti dipace e di amicizia verso la Francia. Milano è in potervostro, e lo stendardo repubblicano sventola in tutta laLombardia. I duchi di Parma e di Modena van debitoridella loro esistenza alla vostra generosità.

«Tremino coloro che aguzzarono i pugnali della guer-ra civile in Francia; ma i Popoli vivan tranquilli. Noisiamo amici di tutti i popoli, ed in particolare dei di-scendenti de' Bruti e degli Scipioni, e di tutti i grandiche abbiam presi a modello. Ristabilire il Campidoglio,collocandovi onorevolmente le statue degli eroi che loreser celebre, e risvegliare il Popolo Romano assopitoda molti secoli di schiavitù, tale sarà il frutto delle no-stre vittorie, che formeranno epoca nella posterità. Vo-stra sarà la gloria immortale di aver cangiato l'aspettoalla più bella parte d'Europa. Il Popolo Francese libero,rispettato da tutto il Mondo, darà all'Europa una pacegloriosa, che lo risarcirà di tutti i sacrifizii che già da seianni egli sostiene.»

Nè qui si fermaron le fortune e le vittorie dell'esercitoFrancese. Nel dì 20 di giugno 1796 Bonaparte fece an-cora il suo ingresso in Bologna, seconda città degli StatiRomani. Il povero esercito del Papa fu sbaragliato sulSenio; fu organizzata la Repubblica Cisalpina in Lom-bardia, alla sinistra del Po, e la Repubblica Cispadanaalla destra del Po; ma questa in breve si fuse colla Cisal-

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«Voi vi precipitaste come un torrente dall'alto degliApennini. Avete respinto, disperso tutto ciò che alla vo-stra marcia si opponeva. Il Piemonte, liberato dalla ti-rannide straniera, si abbandona ai naturali sentimenti dipace e di amicizia verso la Francia. Milano è in potervostro, e lo stendardo repubblicano sventola in tutta laLombardia. I duchi di Parma e di Modena van debitoridella loro esistenza alla vostra generosità.

«Tremino coloro che aguzzarono i pugnali della guer-ra civile in Francia; ma i Popoli vivan tranquilli. Noisiamo amici di tutti i popoli, ed in particolare dei di-scendenti de' Bruti e degli Scipioni, e di tutti i grandiche abbiam presi a modello. Ristabilire il Campidoglio,collocandovi onorevolmente le statue degli eroi che loreser celebre, e risvegliare il Popolo Romano assopitoda molti secoli di schiavitù, tale sarà il frutto delle no-stre vittorie, che formeranno epoca nella posterità. Vo-stra sarà la gloria immortale di aver cangiato l'aspettoalla più bella parte d'Europa. Il Popolo Francese libero,rispettato da tutto il Mondo, darà all'Europa una pacegloriosa, che lo risarcirà di tutti i sacrifizii che già da seianni egli sostiene.»

Nè qui si fermaron le fortune e le vittorie dell'esercitoFrancese. Nel dì 20 di giugno 1796 Bonaparte fece an-cora il suo ingresso in Bologna, seconda città degli StatiRomani. Il povero esercito del Papa fu sbaragliato sulSenio; fu organizzata la Repubblica Cisalpina in Lom-bardia, alla sinistra del Po, e la Repubblica Cispadanaalla destra del Po; ma questa in breve si fuse colla Cisal-

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pina. Presidente nominale della repubblica Cisalpina eraMelzi; ma il presidente effettivo, e quasi padrone, era ilgeneral Bonaparte. Mercè la sua grande sagacità perso-nale, e pei suggerimenti della Framassoneria, egli seppetosto distinguere ed inalzare gli uomini più capaci; comeil duca Melzi di Milano, presidente della Repubblica Ci-salpina; l'avvocato Aldini ed il conte Marescalchi, am-bedue di Bologna, che poi furono suoi ministri nella Re-pubblica Italiana, e nel Regno d'Italia.

La tenace Austria mandò successivamente quattroeserciti contro Bonaparte. Battuto il primo, comandatoda Beaulieu, mandò il secondo, comandato da Wurmser;battuto quello di Wurmser, mandò il terzo esercito sottoil comando di Alvinzi; distrutto anche questo, mandò ilquarto comandato dall'arciduca Carlo; ma sempre conesito a lei infausto. Il Beaulieu, comandante del primoesercito, era nativo del Brabante, provincia dove si parlail francese, ma allora soggetta all'Austria, insieme colresto del Belgio; Wurmser, benchè nativo dell'Alsazia,allora unita alla Francia, era personalmente passato aiservigi dell'Austria. Alvinzi era di Transilvania; l'arcidu-ca Carlo era fratello dell'imperatore Francesco, ma, ciònon ostante, di opinioni liberali. Se il consiglio aulicoavesse mandato in Italia quei quattro eserciti in una vol-ta, è chiaro che secondo le ordinarie probabilità umanela vittoria sarebbe toccata all'Austria; imperciocchèl'esercito condotto da Bonaparte, quantunque insigne pelvalor dei soldati e pel genio del duce, sarebbe stato

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pina. Presidente nominale della repubblica Cisalpina eraMelzi; ma il presidente effettivo, e quasi padrone, era ilgeneral Bonaparte. Mercè la sua grande sagacità perso-nale, e pei suggerimenti della Framassoneria, egli seppetosto distinguere ed inalzare gli uomini più capaci; comeil duca Melzi di Milano, presidente della Repubblica Ci-salpina; l'avvocato Aldini ed il conte Marescalchi, am-bedue di Bologna, che poi furono suoi ministri nella Re-pubblica Italiana, e nel Regno d'Italia.

La tenace Austria mandò successivamente quattroeserciti contro Bonaparte. Battuto il primo, comandatoda Beaulieu, mandò il secondo, comandato da Wurmser;battuto quello di Wurmser, mandò il terzo esercito sottoil comando di Alvinzi; distrutto anche questo, mandò ilquarto comandato dall'arciduca Carlo; ma sempre conesito a lei infausto. Il Beaulieu, comandante del primoesercito, era nativo del Brabante, provincia dove si parlail francese, ma allora soggetta all'Austria, insieme colresto del Belgio; Wurmser, benchè nativo dell'Alsazia,allora unita alla Francia, era personalmente passato aiservigi dell'Austria. Alvinzi era di Transilvania; l'arcidu-ca Carlo era fratello dell'imperatore Francesco, ma, ciònon ostante, di opinioni liberali. Se il consiglio aulicoavesse mandato in Italia quei quattro eserciti in una vol-ta, è chiaro che secondo le ordinarie probabilità umanela vittoria sarebbe toccata all'Austria; imperciocchèl'esercito condotto da Bonaparte, quantunque insigne pelvalor dei soldati e pel genio del duce, sarebbe stato

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schiacciato per la sua grande inferiorità numerica, da-vanti ai quattro eserciti nemici riuniti.

La fortuna della Francia, credo anche dell'Europa edel Mondo, volle che quei quattro eserciti venissero allaspicciolata. Vero è che Bonaparte sarebbe stato sconfittoanche dagli eserciti nemici successivi, se, all'usanza deigenerali mediocri, avesse atteso il nemico fra le goledelle Alpi o degli Apennini, sotto il pretesto di profittaredi quelle favorevoli posizioni, invece di spingersi avan-ti, come fece con fulminea rapidità, per opporsi a queiquattro eserciti, uno alla volta, di mano in mano che ar-rivavano.

Beaulieu aveva gettato una ragguardevole guarnigio-ne entro la città di Mantova, forte per la natural prote-zione dei laghi del Mincio, e per formidabili opered'arte. Già da due mesi i Francesi assediavano Mantova,e vicina sembrava la resa. Ma intanto, attraverso alleAlpi, giù per le gole del Tirolo, arrivò il marescialloWurmser. Egli era un uomo sordo al punto che appenaudiva le cannonate; valoroso però, e perseverante. Con-duceva sessanta mila uomini di truppe fresche. Beaulieuavevane lasciato più di due mila. Bonaparte, coi piccolirinforzi mandatigli di Francia ne aveva appena quarantamila. Se non che la fortuna, la quale doveva continuarad arridere a Napoleone per lungo tempo ancora, volleche Wurmser, per la comodità della marcia e delle vetto-vaglie, dividesse il suo esercito in due parti; la più pic-cola, sotto Quosnadovich, scendeva per la riva destradel lago di Garda, mentre la divisione maggiore, sotto il

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schiacciato per la sua grande inferiorità numerica, da-vanti ai quattro eserciti nemici riuniti.

La fortuna della Francia, credo anche dell'Europa edel Mondo, volle che quei quattro eserciti venissero allaspicciolata. Vero è che Bonaparte sarebbe stato sconfittoanche dagli eserciti nemici successivi, se, all'usanza deigenerali mediocri, avesse atteso il nemico fra le goledelle Alpi o degli Apennini, sotto il pretesto di profittaredi quelle favorevoli posizioni, invece di spingersi avan-ti, come fece con fulminea rapidità, per opporsi a queiquattro eserciti, uno alla volta, di mano in mano che ar-rivavano.

Beaulieu aveva gettato una ragguardevole guarnigio-ne entro la città di Mantova, forte per la natural prote-zione dei laghi del Mincio, e per formidabili opered'arte. Già da due mesi i Francesi assediavano Mantova,e vicina sembrava la resa. Ma intanto, attraverso alleAlpi, giù per le gole del Tirolo, arrivò il marescialloWurmser. Egli era un uomo sordo al punto che appenaudiva le cannonate; valoroso però, e perseverante. Con-duceva sessanta mila uomini di truppe fresche. Beaulieuavevane lasciato più di due mila. Bonaparte, coi piccolirinforzi mandatigli di Francia ne aveva appena quarantamila. Se non che la fortuna, la quale doveva continuarad arridere a Napoleone per lungo tempo ancora, volleche Wurmser, per la comodità della marcia e delle vetto-vaglie, dividesse il suo esercito in due parti; la più pic-cola, sotto Quosnadovich, scendeva per la riva destradel lago di Garda, mentre la divisione maggiore, sotto il

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diretto comando del Maresciallo, veniva giù fra la sini-stra del lago e l'Adige. Se Bonaparte s'indugia, e lasciaoperare la congiunzione delle due divisioni alla puntainferiore del lago, egli è perduto. Fa d'uopo correr primacon tutto il suo esercito a battere una delle due divisioniaustriache, poi voltarsi contro l'altra. Ma per far ciò, bi-sogna rinunziare, per ora, alla presa di Mantova, ed ab-bandonare le grosse artiglierie di posizione e gli altrimateriali dell'assedio. Qui, dice Thiers, si rivelò nonsolo il gran capitano, ma il grand'uomo. Spesso ci tro-viamo nel bivio di dover rinunziare ad una fra due cosebuone e desiderate, ma inconciliabili; l'uomo ordinariotentenna; vorrebbe serbarle entrambe, e perde l'una el'altra. Non così fece Napoleone.

D'ordine suo il general Serrurier, il quale comandavail corpo d'assedio, inchioda i cannoni, brucia gli affusti,e raggiugne co' suoi uomini ilgenerale in capo. Erano già at-torno a lui Berthier, capo di sta-to maggiore, e gli altri generalisubalterni, specialmente queidue fulmini di guerra, comeCarlo Botta li chiama, Augeraue Massena, ed i prodi loro sol-dati. Con queste forze, Bona-parte si slancia prima controQuosnadovich e lo disfà a Lo-nato; indi si volge controWurmser, lo vince a Castiglione il 29 giugno 1796, a

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diretto comando del Maresciallo, veniva giù fra la sini-stra del lago e l'Adige. Se Bonaparte s'indugia, e lasciaoperare la congiunzione delle due divisioni alla puntainferiore del lago, egli è perduto. Fa d'uopo correr primacon tutto il suo esercito a battere una delle due divisioniaustriache, poi voltarsi contro l'altra. Ma per far ciò, bi-sogna rinunziare, per ora, alla presa di Mantova, ed ab-bandonare le grosse artiglierie di posizione e gli altrimateriali dell'assedio. Qui, dice Thiers, si rivelò nonsolo il gran capitano, ma il grand'uomo. Spesso ci tro-viamo nel bivio di dover rinunziare ad una fra due cosebuone e desiderate, ma inconciliabili; l'uomo ordinariotentenna; vorrebbe serbarle entrambe, e perde l'una el'altra. Non così fece Napoleone.

D'ordine suo il general Serrurier, il quale comandavail corpo d'assedio, inchioda i cannoni, brucia gli affusti,e raggiugne co' suoi uomini ilgenerale in capo. Erano già at-torno a lui Berthier, capo di sta-to maggiore, e gli altri generalisubalterni, specialmente queidue fulmini di guerra, comeCarlo Botta li chiama, Augeraue Massena, ed i prodi loro sol-dati. Con queste forze, Bona-parte si slancia prima controQuosnadovich e lo disfà a Lo-nato; indi si volge controWurmser, lo vince a Castiglione il 29 giugno 1796, a

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Roveredo il 4 settembre, e lo riduce a chiudersi in Man-tova.

Poco premeva a Bonaparte il rinnovar l'assedio diMantova, conciossiachè stava discendendo dalle Alpi unterzo esercito austriaco: quello condotto dal marescialloAlvinczy. Qui Bonaparte, per far paura al Direttorio,fingendo di averne egli più di quella che sentiva, scrisseche tutto era probabilmente perduto, per colpa dei ritar-dati rinforzi.

Bonaparte teneva le sue forze concentrate in Verona;Alvinczy commise il solito errore dei generali dappoco,di non tener abbastanza unite le sue. Il duce francese,per mezzo degli ordinarii esploratori, o fors'anche permezzo della Massoneria, apprese che Alvinczy avevauna estrema ala ad Arcole, sul fiume Alpone, alla di-stanza di un sette leghe, o ventotto chilometri, da Vero-na. Per ingannare le spie nemiche, Bonaparte uscì dinotte dalla città con tutto l'esercito nella direzione oppo-sta a quella dove voleva andare. I Veronesi, i quali alloraparteggiavano per l'Austria, credevano che si ritirasse eche fosse in marcia per Milano: ma, dopo breve tratto distrada, i Francesi piegarono a sinistra, ripassarono l'Adi-ge, ed il 15 di novembre giunsero sulla riva destradell'Alpone, di fronte ad Arcole, che stava sull'altrasponda.

Eravi sull'Alpone un ponte, ma custodito da buone ar-tiglierie austriache. S'impegnò il combattimento di fan-teria dall'una e dall'altra ripa del fiume, ivi arginato, ser-vendo gli argini di parapetto e riparo ai combattenti da

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Roveredo il 4 settembre, e lo riduce a chiudersi in Man-tova.

Poco premeva a Bonaparte il rinnovar l'assedio diMantova, conciossiachè stava discendendo dalle Alpi unterzo esercito austriaco: quello condotto dal marescialloAlvinczy. Qui Bonaparte, per far paura al Direttorio,fingendo di averne egli più di quella che sentiva, scrisseche tutto era probabilmente perduto, per colpa dei ritar-dati rinforzi.

Bonaparte teneva le sue forze concentrate in Verona;Alvinczy commise il solito errore dei generali dappoco,di non tener abbastanza unite le sue. Il duce francese,per mezzo degli ordinarii esploratori, o fors'anche permezzo della Massoneria, apprese che Alvinczy avevauna estrema ala ad Arcole, sul fiume Alpone, alla di-stanza di un sette leghe, o ventotto chilometri, da Vero-na. Per ingannare le spie nemiche, Bonaparte uscì dinotte dalla città con tutto l'esercito nella direzione oppo-sta a quella dove voleva andare. I Veronesi, i quali alloraparteggiavano per l'Austria, credevano che si ritirasse eche fosse in marcia per Milano: ma, dopo breve tratto distrada, i Francesi piegarono a sinistra, ripassarono l'Adi-ge, ed il 15 di novembre giunsero sulla riva destradell'Alpone, di fronte ad Arcole, che stava sull'altrasponda.

Eravi sull'Alpone un ponte, ma custodito da buone ar-tiglierie austriache. S'impegnò il combattimento di fan-teria dall'una e dall'altra ripa del fiume, ivi arginato, ser-vendo gli argini di parapetto e riparo ai combattenti da

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ambe le parti. Augerau, per animare i suoi soldati al pas-saggio del ponte, li precedette con una bandiera in pu-gno; ma dovettero retrocedere decimati dalla mitraglianemica. Durava da tre giorni la pugna sul piccolo fiumeAlpone; ma intanto le difficoltà erano cresciute per Bo-naparte. Imperocchè nel primo giorno Alvinczy si erameravigliato di sentir cannoneggiare dalla parte di Ar-cole. Credeva dapprima che si trattasse di qualche scor-reria di un semplice distaccamento; ma, avvedutosi chevi era il grosso dell'esercito nemico, vi accorse egli stes-so col suo.

Bonaparte si ostinava tuttavia a voler forzare il pas-saggio del ponte. Ad imitazione di Augerau, diè di pi-glio ad una bandiera, ed esclamò: non siete voi più i sol-dati di Lodi? Seguite il vostro generale. Lo seguirono,ma senza frutto. Il giovine Bonaparte era magro, palli-do, aveva neri e lunghi capelli, ed un classico profilo ro-mano; l'ascendente della sua fama era molto maggioreche quello del suo aspetto fisico; pur non di menol'audace assalto fu respinto. Nel parapiglia della fuga,Bonaparte cadde nella risaja sottoposta all'argine, e sta-va per esser fatto prigioniero degli Austriaci che inse-guivano i fuggiaschi: ma questi, accortisi del grave peri-colo del loro amato generale, tornarono indietro e ricac-ciarono di là dal ponte gli Austriaci. Allora Bonaparte siavvisò di ricorrere ad un miglior espediente. Fece getta-re un ponte di battelli sull'Alpone, e per quella via attac-cò di dietro e di fianco gli Austriaci postati nel villaggiodi Arcole e attorno ad esso. È un fatto singolare, che per

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ambe le parti. Augerau, per animare i suoi soldati al pas-saggio del ponte, li precedette con una bandiera in pu-gno; ma dovettero retrocedere decimati dalla mitraglianemica. Durava da tre giorni la pugna sul piccolo fiumeAlpone; ma intanto le difficoltà erano cresciute per Bo-naparte. Imperocchè nel primo giorno Alvinczy si erameravigliato di sentir cannoneggiare dalla parte di Ar-cole. Credeva dapprima che si trattasse di qualche scor-reria di un semplice distaccamento; ma, avvedutosi chevi era il grosso dell'esercito nemico, vi accorse egli stes-so col suo.

Bonaparte si ostinava tuttavia a voler forzare il pas-saggio del ponte. Ad imitazione di Augerau, diè di pi-glio ad una bandiera, ed esclamò: non siete voi più i sol-dati di Lodi? Seguite il vostro generale. Lo seguirono,ma senza frutto. Il giovine Bonaparte era magro, palli-do, aveva neri e lunghi capelli, ed un classico profilo ro-mano; l'ascendente della sua fama era molto maggioreche quello del suo aspetto fisico; pur non di menol'audace assalto fu respinto. Nel parapiglia della fuga,Bonaparte cadde nella risaja sottoposta all'argine, e sta-va per esser fatto prigioniero degli Austriaci che inse-guivano i fuggiaschi: ma questi, accortisi del grave peri-colo del loro amato generale, tornarono indietro e ricac-ciarono di là dal ponte gli Austriaci. Allora Bonaparte siavvisò di ricorrere ad un miglior espediente. Fece getta-re un ponte di battelli sull'Alpone, e per quella via attac-cò di dietro e di fianco gli Austriaci postati nel villaggiodi Arcole e attorno ad esso. È un fatto singolare, che per

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isgomentare o distrarre gli Austriaci, al momentodell'attacco principale dalla parte del nuovo ponte, Bo-naparte simulò un assalto dal lato opposto, cogli squillidi un gran numero di trombe; quasi ad imitazione delleggendario o storico incidente di Gedeone. Avendo conquesto stratagemma distratti, divisi, ed alquanto sgo-mentati i nemici, diè loro un vigoroso ed unito assalto,passando pel nuovo ponte, e li costrinse ad abbandonareil villaggio fuggendo. Così i Francesi vinsero la famosabattaglia di Arcole.

Quasi due mesi dopo, cioè il 14 gennajo 1797, ne vin-sero un'altra più decisiva a Rivoli: duci ancora, dalleparti opposte, Bonaparte ed Alvinczy. Poco omai costa-va il prender Mantova. Il vecchio Wurmser, dopo avermangiato, per fame, tutti i suoi cavalli, fece un'onorevo-le capitolazione.

Ma l'Austria non si dava ancora per vinta. DestituitoAlvinczy come incapace, mandò, come già preventiva-mente accennammo, un quarto esercito sotto la condottadell'arciduca Carlo, fratello dell'imperatore Francesco.L'arciduca Carlo godeva allora di bella fama guerriera,avendo comandato, con qualche successo, le truppe im-periali sul Reno, contro Jourdan e Moreau, ma fu battu-to in Italia da Bonaparte, che lo ricacciò di là dalle Alpie lo inseguì sino a Leoben. Ivi furono firmati i prelimi-nari di pace il 29 aprile 1797.

La pace definitiva fra l'Austria e la Francia fu stipula-ta col trattato di Campoformio, il 17 ottobre 1797.L'Austria cedè alla Francia i paesi d'impero alla sinistra

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isgomentare o distrarre gli Austriaci, al momentodell'attacco principale dalla parte del nuovo ponte, Bo-naparte simulò un assalto dal lato opposto, cogli squillidi un gran numero di trombe; quasi ad imitazione delleggendario o storico incidente di Gedeone. Avendo conquesto stratagemma distratti, divisi, ed alquanto sgo-mentati i nemici, diè loro un vigoroso ed unito assalto,passando pel nuovo ponte, e li costrinse ad abbandonareil villaggio fuggendo. Così i Francesi vinsero la famosabattaglia di Arcole.

Quasi due mesi dopo, cioè il 14 gennajo 1797, ne vin-sero un'altra più decisiva a Rivoli: duci ancora, dalleparti opposte, Bonaparte ed Alvinczy. Poco omai costa-va il prender Mantova. Il vecchio Wurmser, dopo avermangiato, per fame, tutti i suoi cavalli, fece un'onorevo-le capitolazione.

Ma l'Austria non si dava ancora per vinta. DestituitoAlvinczy come incapace, mandò, come già preventiva-mente accennammo, un quarto esercito sotto la condottadell'arciduca Carlo, fratello dell'imperatore Francesco.L'arciduca Carlo godeva allora di bella fama guerriera,avendo comandato, con qualche successo, le truppe im-periali sul Reno, contro Jourdan e Moreau, ma fu battu-to in Italia da Bonaparte, che lo ricacciò di là dalle Alpie lo inseguì sino a Leoben. Ivi furono firmati i prelimi-nari di pace il 29 aprile 1797.

La pace definitiva fra l'Austria e la Francia fu stipula-ta col trattato di Campoformio, il 17 ottobre 1797.L'Austria cedè alla Francia i paesi d'impero alla sinistra

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del Reno, ed i Paesi Bassi austriaci, ossia il Belgio, rice-vendo, in cambio di quest'ultimo, Venezia e le provincievenete; iniquo mercato, disastroso per Venezia e disono-revole per Bonaparte. In quel trattato l'Austria ricono-sceva la Repubblica Cisalpina, la quale, da più di unanno, era già stata formata del Milanese, prima soggettoall'Austria, dei ducati di Parma e di Modena, e delle Le-gazioni pontificie.

Il diplomatico austriaco, incaricato di stendere la mi-nuta del trattato di Campoformio, aveva messo per pri-mo articolo: Sua maestà apostolica, l'Imperatore di Ger-mania, riconosce la Repubblica Francese. Cancellatequell'articolo, disse sdegnosamente Bonaparte; la Re-pubblica Francese è come il Sole; non ha bisogno di es-ser riconosciuta. Belle parole, che aumentarono la po-polarità, già divenuta grandissima del giovane guerriero,ma non impedirono la distruzione della RepubblicaFrancese per opera di Bonaparte stesso, nel 1804; comeil riconoscimento della povera Repubblica Cisalpina,nel 1797, non le tolse di esser distrutta dall'Austria edalla Russia, nel 1799, mentre Bonaparte era in Egitto.

Mandato dal Direttorio, con una flotta e con un eser-cito, in Egitto, Bonaparte vinse la battaglia delle Pirami-di, il 21 luglio 1798. Prima della battaglia delle Pirami-di, disse: Soldati, dalla cima di quelle Piramidi quaran-ta secoli vi contemplano. La battaglia delle Piramidiaperse a Napoleone le porte della grande e vicina cittàdel Cairo, capitale dell'Egitto moderno, come Menfi, più

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del Reno, ed i Paesi Bassi austriaci, ossia il Belgio, rice-vendo, in cambio di quest'ultimo, Venezia e le provincievenete; iniquo mercato, disastroso per Venezia e disono-revole per Bonaparte. In quel trattato l'Austria ricono-sceva la Repubblica Cisalpina, la quale, da più di unanno, era già stata formata del Milanese, prima soggettoall'Austria, dei ducati di Parma e di Modena, e delle Le-gazioni pontificie.

Il diplomatico austriaco, incaricato di stendere la mi-nuta del trattato di Campoformio, aveva messo per pri-mo articolo: Sua maestà apostolica, l'Imperatore di Ger-mania, riconosce la Repubblica Francese. Cancellatequell'articolo, disse sdegnosamente Bonaparte; la Re-pubblica Francese è come il Sole; non ha bisogno di es-ser riconosciuta. Belle parole, che aumentarono la po-polarità, già divenuta grandissima del giovane guerriero,ma non impedirono la distruzione della RepubblicaFrancese per opera di Bonaparte stesso, nel 1804; comeil riconoscimento della povera Repubblica Cisalpina,nel 1797, non le tolse di esser distrutta dall'Austria edalla Russia, nel 1799, mentre Bonaparte era in Egitto.

Mandato dal Direttorio, con una flotta e con un eser-cito, in Egitto, Bonaparte vinse la battaglia delle Pirami-di, il 21 luglio 1798. Prima della battaglia delle Pirami-di, disse: Soldati, dalla cima di quelle Piramidi quaran-ta secoli vi contemplano. La battaglia delle Piramidiaperse a Napoleone le porte della grande e vicina cittàdel Cairo, capitale dell'Egitto moderno, come Menfi, più

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vicina al luogo delle Piramidi, fu, dopo Tebe, la capitaledell'antico Egitto.

Ma, undici giorni dopo la battaglia delle Piramidi,cioè il primo di agosto, 21 luglio giuliano, la flotta in-glese, comandata da Nelson, disfece la flotta francesenella baja di Aboukir, vicino ad Alessandria.

Tornato inaspettatamente in Francia, Bonaparte per-petrò il celebre colpo di stato del 18 brumale, anno VIII,ossia 9 novembre 1799 attuale, disperdendo, colle bajo-nette, i due consessi legislativi, e rovesciando il Diretto-rio. Il popolo francese, troppo compiacente, legittimò lasua usurpazione, nominandolo con tre successivi plebi-sciti, primo console per dieci anni, nel 1799, console avita, nel 1802, ed imperatore nel 1804.

Sotto il titolo di primo console, benchè avesse due al-tri compagni col titolo di consoli, Napoleone Bonaparteera già effettivamente dittatore o padrone della Francia.Uno dei primi e più importanti usi fatti da Bonaparte,del supremo potere da lui assunto, e dal popolo a luiconfermato, fu una nuova spedizione in Italia, per libe-rar la penisola dalle armi austriache e congiungerla dinuovo alla Francia. Per giugnere inaspettatamente allespalle del comandante austriaco, Melas, il quale assedia-va Genova, difesa da Massena, ed attendeva i Francesidalla parte della via, a lor più facile, di Nizza, il nuovoAnnibale, prescelse di passar le Alpi per uno de' lorogioghi centrali più ardui, cioè pel grande San Bernardo.

Piacemi di riferire il passaggio del San Bernardo collabella e pittoresca descrizione di Carlo Botta nella sua

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vicina al luogo delle Piramidi, fu, dopo Tebe, la capitaledell'antico Egitto.

Ma, undici giorni dopo la battaglia delle Piramidi,cioè il primo di agosto, 21 luglio giuliano, la flotta in-glese, comandata da Nelson, disfece la flotta francesenella baja di Aboukir, vicino ad Alessandria.

Tornato inaspettatamente in Francia, Bonaparte per-petrò il celebre colpo di stato del 18 brumale, anno VIII,ossia 9 novembre 1799 attuale, disperdendo, colle bajo-nette, i due consessi legislativi, e rovesciando il Diretto-rio. Il popolo francese, troppo compiacente, legittimò lasua usurpazione, nominandolo con tre successivi plebi-sciti, primo console per dieci anni, nel 1799, console avita, nel 1802, ed imperatore nel 1804.

Sotto il titolo di primo console, benchè avesse due al-tri compagni col titolo di consoli, Napoleone Bonaparteera già effettivamente dittatore o padrone della Francia.Uno dei primi e più importanti usi fatti da Bonaparte,del supremo potere da lui assunto, e dal popolo a luiconfermato, fu una nuova spedizione in Italia, per libe-rar la penisola dalle armi austriache e congiungerla dinuovo alla Francia. Per giugnere inaspettatamente allespalle del comandante austriaco, Melas, il quale assedia-va Genova, difesa da Massena, ed attendeva i Francesidalla parte della via, a lor più facile, di Nizza, il nuovoAnnibale, prescelse di passar le Alpi per uno de' lorogioghi centrali più ardui, cioè pel grande San Bernardo.

Piacemi di riferire il passaggio del San Bernardo collabella e pittoresca descrizione di Carlo Botta nella sua

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Storia d'Italia dal 1789 al 1814. Adolfo Thiers nellagrande sua Storia del Consolato e dell'Impero, certa-mente più lunga ed anche, in complesso, più bella e piùpregevole che la Storia di Carlo Botta, ebbe evidente-mente sott'occhio questa medesima descrizione, el'abbreviò assai più che io non farò, ma con effetto menbello e meno istruttivo.

«Bonaparte, cangiatore di sorti, dice il Botta, si avvi-cinava. L'impero d'Austria in Italia inclinava al suo fine.Aveva il Console, con meravigliosa celerità ed arte, adu-nato il suo esercito di riserva in Digione, donde accen-nava egualmente al Reno ed all'Italia. Ma avendo Mo-reau combattuto prosperamente in Germania, gli fu fattaabilità di condursi su quei campi, in cui tuttavia viveva-no i segni e le memorie delle sue fresche vittorie.

«Grande e magnifico era il disegno di Bonaparte perriconquistar l'Italia. Suo proponimento era di varcare,col grosso dell'esercito, il gran San Bernardo, col fine dicalarsi, per la Valle d'Aosta, nelle pianure piemontesi.

«L'esercito strano, e stranamente provvisto al malage-vole viaggio, saliva per l'erta alla volta di San Pietro, findove giunge la strada carreggiabile. Pure, spesse erte ri-pidissime, forre sassose, capi di valle sdrucciolanti siappresentavano. I carri, i carretti, le carrette pericolava-no. Accorrevano presto i soldati, a braccia sostenevano,puntellavano, traevano; e più si affaticavano e più met-tevano fuori motti, facezie, specialmente contro gli Au-striaci; e così passavano il tempo e la fatica.

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Storia d'Italia dal 1789 al 1814. Adolfo Thiers nellagrande sua Storia del Consolato e dell'Impero, certa-mente più lunga ed anche, in complesso, più bella e piùpregevole che la Storia di Carlo Botta, ebbe evidente-mente sott'occhio questa medesima descrizione, el'abbreviò assai più che io non farò, ma con effetto menbello e meno istruttivo.

«Bonaparte, cangiatore di sorti, dice il Botta, si avvi-cinava. L'impero d'Austria in Italia inclinava al suo fine.Aveva il Console, con meravigliosa celerità ed arte, adu-nato il suo esercito di riserva in Digione, donde accen-nava egualmente al Reno ed all'Italia. Ma avendo Mo-reau combattuto prosperamente in Germania, gli fu fattaabilità di condursi su quei campi, in cui tuttavia viveva-no i segni e le memorie delle sue fresche vittorie.

«Grande e magnifico era il disegno di Bonaparte perriconquistar l'Italia. Suo proponimento era di varcare,col grosso dell'esercito, il gran San Bernardo, col fine dicalarsi, per la Valle d'Aosta, nelle pianure piemontesi.

«L'esercito strano, e stranamente provvisto al malage-vole viaggio, saliva per l'erta alla volta di San Pietro, findove giunge la strada carreggiabile. Pure, spesse erte ri-pidissime, forre sassose, capi di valle sdrucciolanti siappresentavano. I carri, i carretti, le carrette pericolava-no. Accorrevano presto i soldati, a braccia sostenevano,puntellavano, traevano; e più si affaticavano e più met-tevano fuori motti, facezie, specialmente contro gli Au-striaci; e così passavano il tempo e la fatica.

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«Così arrivavano i repubblicani a San Pietro. Da SanPietro alla cima del San Bernardo, dove è fondato l'ere-mo dei religiosi a salute dei viaggiatori in quei luoghi dieternale inverno, non si apre più alcuna strada battuta.Quanto si rotolava fu posto ad essere tirato; quanto si ti-rava ad essere portato. Posero le artiglierie grosse neitruogoli (fatti ancora con alberi spaccati); i truogoli su-gli sdruccioli; e de' soldati, chi tirava, chi puntellava, chispingeva. Le minute sui robusti e pratichi muli si carica-vano. Seguitavano le salmerie, al medesimo modo tiratee portate.

«Infine guadagnarono la cima; dove non così tosto fu-rono giunti che l'uno con l'altro si rallegrarono come dicompiuta vittoria. Accrebbe l'allegrezza il vedere men-se, appresso all'eremo, rusticamente imbandite per operadei religiosi; provvidenza del Console che aveva loromandato denari all'uopo. Ebbero vino, pane, cacio. Ri-posaronsi fra cannoni e bagagli sparsi, fra ghiacci e neviagglomerate. I religiosi si aggiravano fra i soldati convolti dipinti di sedata allegrezza. Bontà e forza su quelsupremo monte s'accoppiava.

«Fu difficile e pericolosa la salita, ma ancora più dif-ficile e pericolosa la discesa, essendo più rapido e piùprecipitoso il pendio delle Alpi dalla parte italiana chedalla parte opposta. I soldati si calavano anche sdruccio-lando per la neve. Intanto le aure soavi d'Italia comin-ciavano a soffiare; grato annunzio del clima italico, mapericolose per la maggior frequenza delle valanghe.

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«Così arrivavano i repubblicani a San Pietro. Da SanPietro alla cima del San Bernardo, dove è fondato l'ere-mo dei religiosi a salute dei viaggiatori in quei luoghi dieternale inverno, non si apre più alcuna strada battuta.Quanto si rotolava fu posto ad essere tirato; quanto si ti-rava ad essere portato. Posero le artiglierie grosse neitruogoli (fatti ancora con alberi spaccati); i truogoli su-gli sdruccioli; e de' soldati, chi tirava, chi puntellava, chispingeva. Le minute sui robusti e pratichi muli si carica-vano. Seguitavano le salmerie, al medesimo modo tiratee portate.

«Infine guadagnarono la cima; dove non così tosto fu-rono giunti che l'uno con l'altro si rallegrarono come dicompiuta vittoria. Accrebbe l'allegrezza il vedere men-se, appresso all'eremo, rusticamente imbandite per operadei religiosi; provvidenza del Console che aveva loromandato denari all'uopo. Ebbero vino, pane, cacio. Ri-posaronsi fra cannoni e bagagli sparsi, fra ghiacci e neviagglomerate. I religiosi si aggiravano fra i soldati convolti dipinti di sedata allegrezza. Bontà e forza su quelsupremo monte s'accoppiava.

«Fu difficile e pericolosa la salita, ma ancora più dif-ficile e pericolosa la discesa, essendo più rapido e piùprecipitoso il pendio delle Alpi dalla parte italiana chedalla parte opposta. I soldati si calavano anche sdruccio-lando per la neve. Intanto le aure soavi d'Italia comin-ciavano a soffiare; grato annunzio del clima italico, mapericolose per la maggior frequenza delle valanghe.

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«Bonaparte trovò uno sgradevole ostacolo nel piccoloforte di Bard, che sbarrava la valle. Dopo averlo inutil-mente assaltato, il Console comandò ai soldati di arram-picarsi su per un monte di fianco, e di passare oltre iltiro del cannone. Restavano le artiglierie. Ad impedir ilrumore dei carretti, distendeva letame per la contradaprincipale di Bard, avviluppava con istrame i cerchi del-le ruote, e tirando velocemente e di notte tempo operavache le artiglierie riescissero felicemente oltre la terra. Siaccorgeva il castellano dell'arte usata dagli avversari, efolgorava con grandissimo furore fra il bujo della notte,ma la oscurità da una parte, la celerità dall'altra, furoncagione che i repubblicani patirono poco danno in que-sta straordinaria passata.»

Uscito omai a salvamento nella gran pianura italiana,Bonaparte entrò in Milano senza resistenza per parte de-gli Austriaci, ed accolto a braccia aperte dagl'Italiani.Infrattanto Melas frettolosamente volse indietro le suemarce, e s'incontrò coi Francesi presso Alessandria. Nenacque la celebre battaglia di Marengo. Parve dapprimadecisa in favore degli Austriaci, e Melas mandò dispaccidi pretesa vittoria a Vienna, ove se ne fecero vane feste;ma in sul cader del giorno, la mossa della riserva france-se, comandata da Dessaix, il quale vi perdette la vita, eduna impetuosa carica di cavalleria, condotta da Keller-mann, cagionarono la definitiva vittoria dei Francesi. Ilgiorno della battaglia di Marengo fu il 14 giugnodell'anno secolare 1800. Fu seguita dalla pace di Luné-ville, firmata il 9 febbrajo 1801, che dava alla Francia

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«Bonaparte trovò uno sgradevole ostacolo nel piccoloforte di Bard, che sbarrava la valle. Dopo averlo inutil-mente assaltato, il Console comandò ai soldati di arram-picarsi su per un monte di fianco, e di passare oltre iltiro del cannone. Restavano le artiglierie. Ad impedir ilrumore dei carretti, distendeva letame per la contradaprincipale di Bard, avviluppava con istrame i cerchi del-le ruote, e tirando velocemente e di notte tempo operavache le artiglierie riescissero felicemente oltre la terra. Siaccorgeva il castellano dell'arte usata dagli avversari, efolgorava con grandissimo furore fra il bujo della notte,ma la oscurità da una parte, la celerità dall'altra, furoncagione che i repubblicani patirono poco danno in que-sta straordinaria passata.»

Uscito omai a salvamento nella gran pianura italiana,Bonaparte entrò in Milano senza resistenza per parte de-gli Austriaci, ed accolto a braccia aperte dagl'Italiani.Infrattanto Melas frettolosamente volse indietro le suemarce, e s'incontrò coi Francesi presso Alessandria. Nenacque la celebre battaglia di Marengo. Parve dapprimadecisa in favore degli Austriaci, e Melas mandò dispaccidi pretesa vittoria a Vienna, ove se ne fecero vane feste;ma in sul cader del giorno, la mossa della riserva france-se, comandata da Dessaix, il quale vi perdette la vita, eduna impetuosa carica di cavalleria, condotta da Keller-mann, cagionarono la definitiva vittoria dei Francesi. Ilgiorno della battaglia di Marengo fu il 14 giugnodell'anno secolare 1800. Fu seguita dalla pace di Luné-ville, firmata il 9 febbrajo 1801, che dava alla Francia

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per limite il Reno, ed alla repubblica Cisalpina, divenutarepubblica Italiana, le Alpi, annettendole Venezia e tuttele provincie venete tolte all'Austria.

Nel 1804 un senatus-consulto, o decreto del Senato,ratificato, siccome già accennai, dal popolo con un nuo-vo plebiscito, conferì a Napoleone la dignità imperiale,dichiarandola ereditaria nella sua famiglia. Il 2 dicembre1804, il pontefice Pio VII; chiamato da Roma, compiè,nella chiesa cattedrale di Parigi, il rito religioso dellaconsacrazione, eccettuata l'imposizione della corona,che Napoleone si mise in capo colle sue proprie mani.Nel seguente anno, si coperse il capo colla corona diferro, a Milano, pronunciando parole più orgogliose chereligiose: «Dio me l'ha data; guai a chi la tocca!» ed as-sunse il titolo di re d'Italia.

Il novello imperatore preparava, a Bologna di Fran-cia, un'invasione della Gran Bretagna, ma ne fu impedi-to dalla sconfitta della sua flotta, che doveva proteggerela flottiglia di sbarco. La flotta francese, unita a quelladella Spagna, fu disfatta davanti al promontorio di Tra-falgar. La battaglia di Trafalgar avvenne nel giorno 21di ottobre 1805, anniversario corretto della scopertadell'America. La flotta franco-ispana era comandatadall'ammiraglio Villeneuve, la inglese dall'ammiraglioNelson, il quale, prima del combattimento, aveva pub-blicato un proclama degno dell'antica Lacedèmone:«L'Inghilterra aspetta che oggi tutti facciano il lor dove-re.» Ferito a morte, e saputo l'esito vittorioso, pronun-

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per limite il Reno, ed alla repubblica Cisalpina, divenutarepubblica Italiana, le Alpi, annettendole Venezia e tuttele provincie venete tolte all'Austria.

Nel 1804 un senatus-consulto, o decreto del Senato,ratificato, siccome già accennai, dal popolo con un nuo-vo plebiscito, conferì a Napoleone la dignità imperiale,dichiarandola ereditaria nella sua famiglia. Il 2 dicembre1804, il pontefice Pio VII; chiamato da Roma, compiè,nella chiesa cattedrale di Parigi, il rito religioso dellaconsacrazione, eccettuata l'imposizione della corona,che Napoleone si mise in capo colle sue proprie mani.Nel seguente anno, si coperse il capo colla corona diferro, a Milano, pronunciando parole più orgogliose chereligiose: «Dio me l'ha data; guai a chi la tocca!» ed as-sunse il titolo di re d'Italia.

Il novello imperatore preparava, a Bologna di Fran-cia, un'invasione della Gran Bretagna, ma ne fu impedi-to dalla sconfitta della sua flotta, che doveva proteggerela flottiglia di sbarco. La flotta francese, unita a quelladella Spagna, fu disfatta davanti al promontorio di Tra-falgar. La battaglia di Trafalgar avvenne nel giorno 21di ottobre 1805, anniversario corretto della scopertadell'America. La flotta franco-ispana era comandatadall'ammiraglio Villeneuve, la inglese dall'ammiraglioNelson, il quale, prima del combattimento, aveva pub-blicato un proclama degno dell'antica Lacedèmone:«L'Inghilterra aspetta che oggi tutti facciano il lor dove-re.» Ferito a morte, e saputo l'esito vittorioso, pronun-

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ziò, prima di spirare, queste altre nobili parole: Rendograzie a Dio. Ho fatto il mio dovere.

Reso dunque impossibile lo sbarco in Inghilterra, Na-poleone cambiò rapidamente il suo disegno, e, portato inGermania il già preparato esercito, prese Ulma, indiVienna, e vinse la celeberrima battaglia di Austerlitz il 2dicembre 1805. La battaglia di Austerlitz, combattutadai Francesi da una parte, contro gli Austriaci ed i Russidall'altra, fu detta la battaglia dei tre imperatori, perchèv'intervennero personalmente gl'imperatori di Francia,d'Austria e di Russia. Il caso, o l'industria di Napoleone,fece capitare quella battaglia nel giorno anniversariodella sua incoronazione.

Nel seguente anno 1806, il 14 di ottobre, Napoleoneprostrava la Prussia nella battaglia di Jena, e nel giorno14 di giugno 1807 egli celebrava a modo suo l'anniver-sario di Marengo vincendo la battaglia di Friedland con-tro la Russia. La battaglia di Wagram, da lui vinta con-tro l'Austria nel giorno 6 di luglio del 1809, fu coronatadalla pace di Vienna nel susseguente giorno 14 di otto-bre, terzo anniversario della battaglia di Jena. Anchequeste coincidenze furono probabilmente cercate a postada Napoleone, sapendo che, ragionevolmente od irragio-nevolmente, il popolo presta non piccola attenzione aglianniversari. I dotti superficiali si ridono dei pregiudizidel volgo, e ne hanno degli altri non meno assurdi nèmeno perniciosi. Gli uomini abili san trar partito daglierrori altrui. Colla pace di Vienna terminò la serie, non

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ziò, prima di spirare, queste altre nobili parole: Rendograzie a Dio. Ho fatto il mio dovere.

Reso dunque impossibile lo sbarco in Inghilterra, Na-poleone cambiò rapidamente il suo disegno, e, portato inGermania il già preparato esercito, prese Ulma, indiVienna, e vinse la celeberrima battaglia di Austerlitz il 2dicembre 1805. La battaglia di Austerlitz, combattutadai Francesi da una parte, contro gli Austriaci ed i Russidall'altra, fu detta la battaglia dei tre imperatori, perchèv'intervennero personalmente gl'imperatori di Francia,d'Austria e di Russia. Il caso, o l'industria di Napoleone,fece capitare quella battaglia nel giorno anniversariodella sua incoronazione.

Nel seguente anno 1806, il 14 di ottobre, Napoleoneprostrava la Prussia nella battaglia di Jena, e nel giorno14 di giugno 1807 egli celebrava a modo suo l'anniver-sario di Marengo vincendo la battaglia di Friedland con-tro la Russia. La battaglia di Wagram, da lui vinta con-tro l'Austria nel giorno 6 di luglio del 1809, fu coronatadalla pace di Vienna nel susseguente giorno 14 di otto-bre, terzo anniversario della battaglia di Jena. Anchequeste coincidenze furono probabilmente cercate a postada Napoleone, sapendo che, ragionevolmente od irragio-nevolmente, il popolo presta non piccola attenzione aglianniversari. I dotti superficiali si ridono dei pregiudizidel volgo, e ne hanno degli altri non meno assurdi nèmeno perniciosi. Gli uomini abili san trar partito daglierrori altrui. Colla pace di Vienna terminò la serie, non

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mai interrotta per quattordici anni, delle vittorie e dellefortune di Napoleone.

Cominciò il suo astro ad impallidire colla spedizionedi Spagna. Quel popolo orgoglioso e valoroso, potente-mente ajutato dall'Inghilterra, oppose all'invasione stra-niera un'ostinata resistenza, non tanto colle armate rego-lari, quanto con migliaia di piccole squadre volanti, oguerriglie, le quali sembravano in qualche guisa pullulardal suolo; sempre battute, ma sempre ritornanti all'attac-co. Dal 1808 al 1813 Napoleone perdette in Ispagnaquattrocento mila uomini, Francesi, Italiani e Polacchi.

Nel 1809 Napoleone fece prigioniero il pontefice PioVII, ed annesse Roma all'impero francese. Così Napo-leone era veramente re d'Italia, essendo padrone politicodi tutta la penisola, ma il regno nominale d'Italia necomprendeva una porzione minore della metà, consi-stente nella Lombardia, o antico ducato di Milano, nelVeneto, nell'ex-ducato di Modena, e nelle provincie diBologna, Ferrara, Ravenna e Forlì, antiche legazionipontificie. Ma intanto Parma, Ancona, Perugia, Roma,Genova e Torino facevano parte dell'impero francesepropriamente detto.

A Napoli regnava Gioacchino, marito alla più giovanefra le sorelle di Napoleone, Carolina. La maggior sorel-la, Elisa Baciocchi, era granduchessa di Toscana; Paoli-na, seconda sorella, era moglie del principe Borghesegovernatore del Piemonte. Sole sfuggivano al dominioNapoleonico le due grandi isole di Sicilia e di Sardegna.La Sicilia rimaneva in possesso dell'antico re di Napoli;

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mai interrotta per quattordici anni, delle vittorie e dellefortune di Napoleone.

Cominciò il suo astro ad impallidire colla spedizionedi Spagna. Quel popolo orgoglioso e valoroso, potente-mente ajutato dall'Inghilterra, oppose all'invasione stra-niera un'ostinata resistenza, non tanto colle armate rego-lari, quanto con migliaia di piccole squadre volanti, oguerriglie, le quali sembravano in qualche guisa pullulardal suolo; sempre battute, ma sempre ritornanti all'attac-co. Dal 1808 al 1813 Napoleone perdette in Ispagnaquattrocento mila uomini, Francesi, Italiani e Polacchi.

Nel 1809 Napoleone fece prigioniero il pontefice PioVII, ed annesse Roma all'impero francese. Così Napo-leone era veramente re d'Italia, essendo padrone politicodi tutta la penisola, ma il regno nominale d'Italia necomprendeva una porzione minore della metà, consi-stente nella Lombardia, o antico ducato di Milano, nelVeneto, nell'ex-ducato di Modena, e nelle provincie diBologna, Ferrara, Ravenna e Forlì, antiche legazionipontificie. Ma intanto Parma, Ancona, Perugia, Roma,Genova e Torino facevano parte dell'impero francesepropriamente detto.

A Napoli regnava Gioacchino, marito alla più giovanefra le sorelle di Napoleone, Carolina. La maggior sorel-la, Elisa Baciocchi, era granduchessa di Toscana; Paoli-na, seconda sorella, era moglie del principe Borghesegovernatore del Piemonte. Sole sfuggivano al dominioNapoleonico le due grandi isole di Sicilia e di Sardegna.La Sicilia rimaneva in possesso dell'antico re di Napoli;

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la Sardegna rimaneva del pari all'antico re di Sardegna odi Piemonte. La Corsica non ha mai cessato di apparte-nere alla Francia dal 1768 sino ad oggi.

Giuseppe, maggior fratello di Napoleone, dopo esserestato re di Napoli per due anni, fu nominato re di Spa-gna nel 1808; ma un'insurrezione popolare lo costrinse afuggire da Madrid il 29 luglio del medesimo anno; edessendovi tornato, dovette di nuovo e per sempre abban-donare quella capitale nel 1813, in seguito alla battagliadi Vittoria, vinta dagli Inglesi, Spagnuoli e Portoghesisotto la condotta di Wellington. Luigi, altro fratello diNapoleone, era re di Olanda. Girolamo, il più giovane,era re di Westphalia. Il solo fratello di Napoleone chenon possedeva un principato era Luciano, perchè carat-tere aveva indipendente an-zichennò, ed opinioni incli-nate alla Democrazia. Cadu-to il potente fratello ebbel'onorario titolo di principedi Canino da Pio VII. L'ordi-ne cronologico, o per età,degli otto figli di Carlo e Le-tizia Bonaparte è questo:Giuseppe, Napoleone, Elisa,Luciano, Luigi, Paolina, Ca-rolina e Girolamo. Napoleo-ne III era figlio di Luigi Bo-naparte, e di Ortensia Beau-harnais figlia di Giuseppina

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la Sardegna rimaneva del pari all'antico re di Sardegna odi Piemonte. La Corsica non ha mai cessato di apparte-nere alla Francia dal 1768 sino ad oggi.

Giuseppe, maggior fratello di Napoleone, dopo esserestato re di Napoli per due anni, fu nominato re di Spa-gna nel 1808; ma un'insurrezione popolare lo costrinse afuggire da Madrid il 29 luglio del medesimo anno; edessendovi tornato, dovette di nuovo e per sempre abban-donare quella capitale nel 1813, in seguito alla battagliadi Vittoria, vinta dagli Inglesi, Spagnuoli e Portoghesisotto la condotta di Wellington. Luigi, altro fratello diNapoleone, era re di Olanda. Girolamo, il più giovane,era re di Westphalia. Il solo fratello di Napoleone chenon possedeva un principato era Luciano, perchè carat-tere aveva indipendente an-zichennò, ed opinioni incli-nate alla Democrazia. Cadu-to il potente fratello ebbel'onorario titolo di principedi Canino da Pio VII. L'ordi-ne cronologico, o per età,degli otto figli di Carlo e Le-tizia Bonaparte è questo:Giuseppe, Napoleone, Elisa,Luciano, Luigi, Paolina, Ca-rolina e Girolamo. Napoleo-ne III era figlio di Luigi Bo-naparte, e di Ortensia Beau-harnais figlia di Giuseppina

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moglie di Napoleone. Eugenio Beauharnais, figlio puredi Giuseppina, e figliastro di Napoleone, fu vicerè d'Ita-lia. La massima che Napoleone, nel suo gigantescoegoismo, inculcava a tutti cotesti re, regine, e principi,suoi fratelli, sorelle, cognati, o figli adottivi, esigendonerigorosa osservanza, come la seguiva egli stesso per suoproprio conto, era questa: il primo vostro dovere è versodi me; il secondo verso la Francia; il terzo verso il popo-lo che vi è dato da reggere. Nel 1810, per cattiva ragio-ne di Stato, Napoleone ripudiò la sua moglie Giuseppi-na, che lo amava, e che era stata la promotrice della suaprima fortuna politica, per isposare Maria Luigia, figliadi Francesco, imperatore d'Austria.

Continuava infrattanto e facevasi vieppiù formidabilela resistenza degli Spagnuoli. Il 24 settembre 1810 leCortes costituenti tennero la loro prima seduta. Nel dì24 di febbrajo 1811 si trasferirono a Cadice, e nel marzo1812 stabilirono la celebre costituzione, chiamata perciòla costituzione del 1812, informata al principio della so-vranità popolare. Al 24 di agosto 1812 i Francesi furonocostretti a levar l'assedio di Cadice, il quale era duratodue anni e mezzo.

Non isgomentato dalle gravi difficoltà che aveva allemani, Napoleone andava audacemente in traccia di altrepiù formidabili ancora. Col sistema del blocco continen-tale, all'intento di rovinar l'Inghilterra, rovinò il com-mercio Europeo. Per punire la Russia che ricusava dipartecipare alla lega del blocco continentale cioèall'esclusione di tutte le merci importate da navi inglesi

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moglie di Napoleone. Eugenio Beauharnais, figlio puredi Giuseppina, e figliastro di Napoleone, fu vicerè d'Ita-lia. La massima che Napoleone, nel suo gigantescoegoismo, inculcava a tutti cotesti re, regine, e principi,suoi fratelli, sorelle, cognati, o figli adottivi, esigendonerigorosa osservanza, come la seguiva egli stesso per suoproprio conto, era questa: il primo vostro dovere è versodi me; il secondo verso la Francia; il terzo verso il popo-lo che vi è dato da reggere. Nel 1810, per cattiva ragio-ne di Stato, Napoleone ripudiò la sua moglie Giuseppi-na, che lo amava, e che era stata la promotrice della suaprima fortuna politica, per isposare Maria Luigia, figliadi Francesco, imperatore d'Austria.

Continuava infrattanto e facevasi vieppiù formidabilela resistenza degli Spagnuoli. Il 24 settembre 1810 leCortes costituenti tennero la loro prima seduta. Nel dì24 di febbrajo 1811 si trasferirono a Cadice, e nel marzo1812 stabilirono la celebre costituzione, chiamata perciòla costituzione del 1812, informata al principio della so-vranità popolare. Al 24 di agosto 1812 i Francesi furonocostretti a levar l'assedio di Cadice, il quale era duratodue anni e mezzo.

Non isgomentato dalle gravi difficoltà che aveva allemani, Napoleone andava audacemente in traccia di altrepiù formidabili ancora. Col sistema del blocco continen-tale, all'intento di rovinar l'Inghilterra, rovinò il com-mercio Europeo. Per punire la Russia che ricusava dipartecipare alla lega del blocco continentale cioèall'esclusione di tutte le merci importate da navi inglesi

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sul continente, dichiarò la guerra alla Russia. Ciò fu ca-gione che un esercito, chiamato col fastoso titolo diGrande Armata, composto di 450,000 soldati, tra Fran-cesi, Italiani, Polacchi, ed ancora Tedeschi della confe-derazione del Reno da lui creata, passò il Niemen il 23giugno 1812. Questo fiume della Polonia era stato fissa-to qual confine fra l'impero Francese e l'impero Russo,nel trattato di Tilsit, in seguito alla battaglia di Fried-land.

Ma la grande Armata di terra di Napoleone, benchèsiasi illustrata con grandi atti di valore, e perciò non ab-bia sortito un esito ridicolo come la grande Armata na-vale Spagnuola del secolo decimosesto, ebbe una finenon meno disastrosa che quella di Filippo secondo.

Dopo aver vinto, nel giorno 17 di agosto, la battagliadi Smolensko, i Francesi entrarono in Mosca il 14 disettembre, stile nuovo, ma 2 settembre, secondo lo stileGiuliano o Russo. Questa data richiama il grande incen-dio di Londra, nel giorno 2 settembre Giuliano, od In-glese e Russo, del 1666. In quello stesso giornodell'ingresso dei Francesi in Mosca, il generale russoRostopkin, governatore di Mosca, pose ad effetto unafiera e sublime determinazione che assicurò la salvezzadella Russia. Diede alle fiamme l'intera città.

Napoleone aveva calcolato di trovarvi il più fermoappoggio per continuar la guerra, ed un riparo contro irigori del prossimo verno. L'inaspettata ed improvvisadistruzione di Mosca capovolse in un istante tutto il suodisegno di guerra, e condannò la sua impresa ad una

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sul continente, dichiarò la guerra alla Russia. Ciò fu ca-gione che un esercito, chiamato col fastoso titolo diGrande Armata, composto di 450,000 soldati, tra Fran-cesi, Italiani, Polacchi, ed ancora Tedeschi della confe-derazione del Reno da lui creata, passò il Niemen il 23giugno 1812. Questo fiume della Polonia era stato fissa-to qual confine fra l'impero Francese e l'impero Russo,nel trattato di Tilsit, in seguito alla battaglia di Fried-land.

Ma la grande Armata di terra di Napoleone, benchèsiasi illustrata con grandi atti di valore, e perciò non ab-bia sortito un esito ridicolo come la grande Armata na-vale Spagnuola del secolo decimosesto, ebbe una finenon meno disastrosa che quella di Filippo secondo.

Dopo aver vinto, nel giorno 17 di agosto, la battagliadi Smolensko, i Francesi entrarono in Mosca il 14 disettembre, stile nuovo, ma 2 settembre, secondo lo stileGiuliano o Russo. Questa data richiama il grande incen-dio di Londra, nel giorno 2 settembre Giuliano, od In-glese e Russo, del 1666. In quello stesso giornodell'ingresso dei Francesi in Mosca, il generale russoRostopkin, governatore di Mosca, pose ad effetto unafiera e sublime determinazione che assicurò la salvezzadella Russia. Diede alle fiamme l'intera città.

Napoleone aveva calcolato di trovarvi il più fermoappoggio per continuar la guerra, ed un riparo contro irigori del prossimo verno. L'inaspettata ed improvvisadistruzione di Mosca capovolse in un istante tutto il suodisegno di guerra, e condannò la sua impresa ad una

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inevitabile catastrofe. Costretti ad abbandonare quel co-modo e sicuro nido, incalzati dai Russi e dal freddo chesopravvenne con una insolita e prematura crudezza, iFrancesi dovettero effettuare una ritirata frettolosa e di-sastrosa. Qualche rivalsa fu procurata all'intero esercitodal valore degl'Italiani comandati dal principe Eugenio.Abbenchè in numero assai minore di quello dei nemici,essi fermarono e respinsero ottantamila Russi nella san-guinosa battaglia di Malojaroslavitz, il 24 ottobre 1812.

Ma la neve era già alta sul suolo, e continuava a fioc-care, ostinata e densa, dal cielo. Molti morivano asside-rati dal freddo lunghesso la strada; molti ancora periro-no nelle gelide acque del fiume Beresina. Quel grave ecelebre disastro merita di esser riferito più distesamente.

Nella sua ritirata da Mosca, per recarsi in Polonia, edi là in Germania ed in Francia, Napoleone aveva giàpassato il Dniepper, antico Boristene, con poca difficol-tà; ma una più formidabile gliene opponeva la Beresina,mediocre tributario del Boristene, in compagnia del qua-le porta le sue acque al Mar Nero. Imperocchè l'unicoponte che esisteva sulla Beresina era stato distrutto daiRussi, e bisognava costruirne un nuovo, alla presenza ditre eserciti Moscoviti, uno sulla riva destra dove i Fran-cesi volevano andare, e due sulla sinistra del fiume, deiquali uno era al fianco dei Francesi, e l'altro alle lorospalle, inseguendoli. Per diminuire la difficoltà del pas-saggio reale, il 24 novembre Napoleone ordinò di simu-lare un tentativo di passar la Beresina al di sotto di Beri-scow, ma risalì lungo la riva sinistra del fiume per andar

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inevitabile catastrofe. Costretti ad abbandonare quel co-modo e sicuro nido, incalzati dai Russi e dal freddo chesopravvenne con una insolita e prematura crudezza, iFrancesi dovettero effettuare una ritirata frettolosa e di-sastrosa. Qualche rivalsa fu procurata all'intero esercitodal valore degl'Italiani comandati dal principe Eugenio.Abbenchè in numero assai minore di quello dei nemici,essi fermarono e respinsero ottantamila Russi nella san-guinosa battaglia di Malojaroslavitz, il 24 ottobre 1812.

Ma la neve era già alta sul suolo, e continuava a fioc-care, ostinata e densa, dal cielo. Molti morivano asside-rati dal freddo lunghesso la strada; molti ancora periro-no nelle gelide acque del fiume Beresina. Quel grave ecelebre disastro merita di esser riferito più distesamente.

Nella sua ritirata da Mosca, per recarsi in Polonia, edi là in Germania ed in Francia, Napoleone aveva giàpassato il Dniepper, antico Boristene, con poca difficol-tà; ma una più formidabile gliene opponeva la Beresina,mediocre tributario del Boristene, in compagnia del qua-le porta le sue acque al Mar Nero. Imperocchè l'unicoponte che esisteva sulla Beresina era stato distrutto daiRussi, e bisognava costruirne un nuovo, alla presenza ditre eserciti Moscoviti, uno sulla riva destra dove i Fran-cesi volevano andare, e due sulla sinistra del fiume, deiquali uno era al fianco dei Francesi, e l'altro alle lorospalle, inseguendoli. Per diminuire la difficoltà del pas-saggio reale, il 24 novembre Napoleone ordinò di simu-lare un tentativo di passar la Beresina al di sotto di Beri-scow, ma risalì lungo la riva sinistra del fiume per andar

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a trovare un passaggio a Studianka, dove anche Carloduodecimo re di Svezia aveva passato la Beresina nel1708, avviandosi ai campi per lui fatali di Pultava.

La Beresina ha una sezione eguale incirca a quella delTevere di Roma: un cento metri in larghezza, due o tredi profondità: troppa per esser guadabile. Mercè l'abilitàe la devozione del general Éblé, e de' suoi pontonieri, iquali ebbero a lavorare mezzo immersi nell'acqua e nelghiaccio, furon costruiti due ponti di cavalletti, uno piùsolido per le vetture, l'altro per la cavalleria e la fanteria.Cominciò il passaggio nella sera del 26 e continuò intutto il giorno seguente; ma intanto i Russi bersagliava-no i Napoleonici sopra ambedue le rive della Beresina.Oudinot, Ney, Victor, fecero grandi prodezze per coprireil passaggio, ma le palle e le granate delle artiglierie rus-se, giugnendo ciò non ostante sui ponti, sparsero la con-fusione fra quelli che passavano, e peggio su quelli cheal passaggio si accingevano. Come troppo di frequentesuol avvenire nelle folle disordinate, i fuggiaschi si im-pedivano, si rovesciavano gli uni sugli altri. Settantami-la persone si accalcavano per passare; ma quel fatale in-gombro fu cagione che non ne passò più della metà. Al-cuni si gettavano nel fiume, tentando di passare sulghiaccio, altri vi erano spinti dalla folla, ma molti di essieran tosto inghiottiti dalle onde frangendosi il gelo sottoil lor peso, altri venivan trasportati dalla corrente galleg-giando sui pezzi di ghiaccio più grossi; guari però nontardavano a sommergersi pur essi per la maggior parte.

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a trovare un passaggio a Studianka, dove anche Carloduodecimo re di Svezia aveva passato la Beresina nel1708, avviandosi ai campi per lui fatali di Pultava.

La Beresina ha una sezione eguale incirca a quella delTevere di Roma: un cento metri in larghezza, due o tredi profondità: troppa per esser guadabile. Mercè l'abilitàe la devozione del general Éblé, e de' suoi pontonieri, iquali ebbero a lavorare mezzo immersi nell'acqua e nelghiaccio, furon costruiti due ponti di cavalletti, uno piùsolido per le vetture, l'altro per la cavalleria e la fanteria.Cominciò il passaggio nella sera del 26 e continuò intutto il giorno seguente; ma intanto i Russi bersagliava-no i Napoleonici sopra ambedue le rive della Beresina.Oudinot, Ney, Victor, fecero grandi prodezze per coprireil passaggio, ma le palle e le granate delle artiglierie rus-se, giugnendo ciò non ostante sui ponti, sparsero la con-fusione fra quelli che passavano, e peggio su quelli cheal passaggio si accingevano. Come troppo di frequentesuol avvenire nelle folle disordinate, i fuggiaschi si im-pedivano, si rovesciavano gli uni sugli altri. Settantami-la persone si accalcavano per passare; ma quel fatale in-gombro fu cagione che non ne passò più della metà. Al-cuni si gettavano nel fiume, tentando di passare sulghiaccio, altri vi erano spinti dalla folla, ma molti di essieran tosto inghiottiti dalle onde frangendosi il gelo sottoil lor peso, altri venivan trasportati dalla corrente galleg-giando sui pezzi di ghiaccio più grossi; guari però nontardavano a sommergersi pur essi per la maggior parte.

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Non piccolo fu il numero di coloro che perirono neicombattimenti a destra e sinistra del fiume: in maggiornumero ancora furono quelli che rimasero indietro, e fu-rono fatti prigionieri sulla riva sinistra. Napoleone ordi-nò che i ponti si abbrucciassero alla settima ora mattuti-na del giorno ventotto. Il buon Éblé indugiò due ore.Alle nove eseguì il duro ma necessario comando, affin-chè il ponte non servisse ai nemici ad inseguir i Francesiin ritirata. Tale fu il famoso e tragico passaggio dellaBeresina.

Napoleone, correndo le poste, tornossene in Franciaper apparecchiare la riscossa. Gli avanzi della grande ar-mata proseguivano intanto, come potevano, la dolorosaritirata. Se il freddo fosse stato di maggior rigore nelpassaggio della Beresina, sarebbe stato minor male, per-chè il ghiaccio avrebbe avuto sufficiente solidità da so-stenere i fuggitivi, senza bisogno dei ponti. Ma, pochigiorni dopo, la temperatura discese, anche in Polonia,allo spaventevole punto di trenta gradi Réaumur sotto lozero, ossia trentasette e mezzo centigradi. I soldati cam-minavano serrati gli uni contro gli altri, per riscaldarsialquanto scambievolmente. I più deboli cadevano sullastrada ed erano calpestati da quelli che seguivano.Thiers stima trecentomila il numero di quelli che mori-rono di fuoco, di miseria, o di freddo; due terzi incircadella grande armata che pochi mesi prima aveva varcatoil Niemen, piena di baldanza e di fiducia. Molti rimase-ro prigionieri in Russia; pochi tornarono sani e salvi.

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Non piccolo fu il numero di coloro che perirono neicombattimenti a destra e sinistra del fiume: in maggiornumero ancora furono quelli che rimasero indietro, e fu-rono fatti prigionieri sulla riva sinistra. Napoleone ordi-nò che i ponti si abbrucciassero alla settima ora mattuti-na del giorno ventotto. Il buon Éblé indugiò due ore.Alle nove eseguì il duro ma necessario comando, affin-chè il ponte non servisse ai nemici ad inseguir i Francesiin ritirata. Tale fu il famoso e tragico passaggio dellaBeresina.

Napoleone, correndo le poste, tornossene in Franciaper apparecchiare la riscossa. Gli avanzi della grande ar-mata proseguivano intanto, come potevano, la dolorosaritirata. Se il freddo fosse stato di maggior rigore nelpassaggio della Beresina, sarebbe stato minor male, per-chè il ghiaccio avrebbe avuto sufficiente solidità da so-stenere i fuggitivi, senza bisogno dei ponti. Ma, pochigiorni dopo, la temperatura discese, anche in Polonia,allo spaventevole punto di trenta gradi Réaumur sotto lozero, ossia trentasette e mezzo centigradi. I soldati cam-minavano serrati gli uni contro gli altri, per riscaldarsialquanto scambievolmente. I più deboli cadevano sullastrada ed erano calpestati da quelli che seguivano.Thiers stima trecentomila il numero di quelli che mori-rono di fuoco, di miseria, o di freddo; due terzi incircadella grande armata che pochi mesi prima aveva varcatoil Niemen, piena di baldanza e di fiducia. Molti rimase-ro prigionieri in Russia; pochi tornarono sani e salvi.

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Napoleone intanto, colla sua prodigiosa attività, alle-stì un altro esercito. Egli ebbe un fugace lampo di buonafortuna il due di maggio 1813, vincendo Prussiani eRussi a Lutzen, ove Gustavo Adolfo aveva già vinto duebattaglie nel decimosettimo secolo.

Se la temperanza fosse stata uno degli elementidell'indole del gran guerriero, egli si sarebbe appagatode' suoi splendidi successi a Lutzen ed a Bautzen, edavrebbe accolte le condizioni di pace, utili alla Francia,e per lui onorevoli, che dal resto dell'Europa erangli of-ferte. Ma con quel raggio, di cui egli ignorava la perfidafallacia, del ritorno della fortuna, rinacque nel suo ani-mo il temerario e colpevole disegno della monarchiauniversale. Ricomparve per lui la nera sorte della ritiratadi Russia, e quindi la buona fortuna dei popoli oppressi,o minacciati di oppressione, nel giorno 18 di ottobre1813. Per aiuto di memoria, associate, se volete, l'ideadel 18 brumale, allorchè Bonaparte si rese colpevole delfamigerato colpo di stato, colle date della prima edell'ultima delle battaglie da lui perdute, cioè 18 ottobre1813, battaglia di Lipsia, e 18 giugno 1815, battaglia diWaterloo.

Una prima battaglia di Lipsia fu combattuta il 16 diottobre 1813, con esito incerto: la seconda, più terribilee decisiva, fu combattuta da meno di centocinquantamila francesi contro quasi trecentomila alleati, nel gior-no 18 ottobre 1813. La battaglia si chiarì perduta perNapoleone nella sera di quel giorno. L'indomani fuvviancora spargimento di sangue, nella ritirata dei Francesi.

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Napoleone intanto, colla sua prodigiosa attività, alle-stì un altro esercito. Egli ebbe un fugace lampo di buonafortuna il due di maggio 1813, vincendo Prussiani eRussi a Lutzen, ove Gustavo Adolfo aveva già vinto duebattaglie nel decimosettimo secolo.

Se la temperanza fosse stata uno degli elementidell'indole del gran guerriero, egli si sarebbe appagatode' suoi splendidi successi a Lutzen ed a Bautzen, edavrebbe accolte le condizioni di pace, utili alla Francia,e per lui onorevoli, che dal resto dell'Europa erangli of-ferte. Ma con quel raggio, di cui egli ignorava la perfidafallacia, del ritorno della fortuna, rinacque nel suo ani-mo il temerario e colpevole disegno della monarchiauniversale. Ricomparve per lui la nera sorte della ritiratadi Russia, e quindi la buona fortuna dei popoli oppressi,o minacciati di oppressione, nel giorno 18 di ottobre1813. Per aiuto di memoria, associate, se volete, l'ideadel 18 brumale, allorchè Bonaparte si rese colpevole delfamigerato colpo di stato, colle date della prima edell'ultima delle battaglie da lui perdute, cioè 18 ottobre1813, battaglia di Lipsia, e 18 giugno 1815, battaglia diWaterloo.

Una prima battaglia di Lipsia fu combattuta il 16 diottobre 1813, con esito incerto: la seconda, più terribilee decisiva, fu combattuta da meno di centocinquantamila francesi contro quasi trecentomila alleati, nel gior-no 18 ottobre 1813. La battaglia si chiarì perduta perNapoleone nella sera di quel giorno. L'indomani fuvviancora spargimento di sangue, nella ritirata dei Francesi.

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I Tedeschi danno enfaticamente alla battaglia di Lip-sia il nome di battaglia dei popoli. Allora i troppo nume-rosi sovrani della Germania, majuscoli e minuscoli, sen-tendosi bisognevoli del popolare ajuto contro il formida-bile conquistatore, fecero al popolo delle promesse, cheposcia finsero di dimenticare; ma il popolo se ne ricor-dò.

Nel susseguente anno 1814 la Francia stessa fu invasadai suoi nemici fra loro alleati, cioè dagli esercitidell'Inghilterra, della Spagna, della Prussia, dell'Austriae della Russia, insomma di quasi tutta l'Europa. Napo-leone moltiplicò anche in quel gran frangente i prodigidella sua scienza strategica, del suo inarrivabile colpod'occhio militare, della sua audacia, della sua instanca-bile operosità. Tutto indarno! La sua cattiva ora, l'ora fa-tale per lui, era già da tempo suonata all'orologio dei se-coli. Ciò che il volgo chiama la fortuna, cioè un ignotocomplesso di cause note ed ignote, aveva cominciato adaccumulare contro di lui i disastri prima ancora dellaspedizione di Russia, vale a dire all'epoca del suo mag-gior delitto, che fu l'iniqua ed ostinata guerra da luimossa contro le altere e patriotiche popolazioni spa-gnuole.

Napoleone si vide costretto ad una prima abdicazionein favore di suo figlio, a Fontainebleau nel quarto giornodi aprile 1814. Il 20 aprile egli diede nello stesso luogoun commovente addio alle sue celebri guardie. Il magni-fico castello di Fontainebleau sventuratamente ricordavaancora un'altra colpa ed un altro errore, agli occhi miei

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I Tedeschi danno enfaticamente alla battaglia di Lip-sia il nome di battaglia dei popoli. Allora i troppo nume-rosi sovrani della Germania, majuscoli e minuscoli, sen-tendosi bisognevoli del popolare ajuto contro il formida-bile conquistatore, fecero al popolo delle promesse, cheposcia finsero di dimenticare; ma il popolo se ne ricor-dò.

Nel susseguente anno 1814 la Francia stessa fu invasadai suoi nemici fra loro alleati, cioè dagli esercitidell'Inghilterra, della Spagna, della Prussia, dell'Austriae della Russia, insomma di quasi tutta l'Europa. Napo-leone moltiplicò anche in quel gran frangente i prodigidella sua scienza strategica, del suo inarrivabile colpod'occhio militare, della sua audacia, della sua instanca-bile operosità. Tutto indarno! La sua cattiva ora, l'ora fa-tale per lui, era già da tempo suonata all'orologio dei se-coli. Ciò che il volgo chiama la fortuna, cioè un ignotocomplesso di cause note ed ignote, aveva cominciato adaccumulare contro di lui i disastri prima ancora dellaspedizione di Russia, vale a dire all'epoca del suo mag-gior delitto, che fu l'iniqua ed ostinata guerra da luimossa contro le altere e patriotiche popolazioni spa-gnuole.

Napoleone si vide costretto ad una prima abdicazionein favore di suo figlio, a Fontainebleau nel quarto giornodi aprile 1814. Il 20 aprile egli diede nello stesso luogoun commovente addio alle sue celebri guardie. Il magni-fico castello di Fontainebleau sventuratamente ricordavaancora un'altra colpa ed un altro errore, agli occhi miei

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meno gravi che quelli della guerra di Spagna, ma purgravi ancora: cioè la prigionia, a Fontainebleau,dell'innocuo e benevolo pontefice Pio VII. Napoleone loaveva posto in libertà poco prima, cioè quando vide chese non era liberato da lui si sarebbero arrogato comoda-mente un tal merito gli alleati.

Fra le cagioni non misteriose delle rovesciate sorti diNapoleone havvi questa, che negli anni per lui felici,malgrado i molti e gravi suoi torti, egli era tuttavia ilprimo soldato del progresso umano, e perciò aveva consè i popoli; negli ultimi anni, per lo contrario, egli eradivenuto, se non il capo, certamente il più terribile istru-mento della causa retrograda; e perciò aveva sollevatocontro di sè il sentimento collettivo delle nazioni.

Tornato dall'isola d'Elba, che eragli stata data in so-vranità, Napoleone rientrò in Parigi addì 20 marzo 1815,principio dei così detti cento giorni. Promulgò una costi-tuzione liberale, convocò le due camere all'inglese: matroppo tardi. Avevano accordato una simile costituzioneanche i Borboni, al loro ritorno nel precedente anno; edil popolo non poteva aver fede in un liberalismo Borbo-nico, nè in quello di Napoleone. Intanto un esercito In-glese, un altro di Prussiani, un terzo di Austriaci, unquarto di Russi, arrivarono quasi simultaneamente aiconfini francesi. Napoleone non aveva in pronto che unesercito di centoventi mila uomini; gli alleati ne aveva-no quattro o cinque volte di più.

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meno gravi che quelli della guerra di Spagna, ma purgravi ancora: cioè la prigionia, a Fontainebleau,dell'innocuo e benevolo pontefice Pio VII. Napoleone loaveva posto in libertà poco prima, cioè quando vide chese non era liberato da lui si sarebbero arrogato comoda-mente un tal merito gli alleati.

Fra le cagioni non misteriose delle rovesciate sorti diNapoleone havvi questa, che negli anni per lui felici,malgrado i molti e gravi suoi torti, egli era tuttavia ilprimo soldato del progresso umano, e perciò aveva consè i popoli; negli ultimi anni, per lo contrario, egli eradivenuto, se non il capo, certamente il più terribile istru-mento della causa retrograda; e perciò aveva sollevatocontro di sè il sentimento collettivo delle nazioni.

Tornato dall'isola d'Elba, che eragli stata data in so-vranità, Napoleone rientrò in Parigi addì 20 marzo 1815,principio dei così detti cento giorni. Promulgò una costi-tuzione liberale, convocò le due camere all'inglese: matroppo tardi. Avevano accordato una simile costituzioneanche i Borboni, al loro ritorno nel precedente anno; edil popolo non poteva aver fede in un liberalismo Borbo-nico, nè in quello di Napoleone. Intanto un esercito In-glese, un altro di Prussiani, un terzo di Austriaci, unquarto di Russi, arrivarono quasi simultaneamente aiconfini francesi. Napoleone non aveva in pronto che unesercito di centoventi mila uomini; gli alleati ne aveva-no quattro o cinque volte di più.

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Non eravi possibilità di riuscimento pel reduce impe-ratore che nel solito artifizio strategico del quale egli erasovrano maestro, cioè tentare di battere successivamentei nemici divisi. Stavano per congiungersi insieme pressoBruxelles, nel Belgio, i Prussiani sotto la condottadell'impetuoso Blucher, e gl'Inglesi sotto il duca di fer-ro, l'inflessibile Wellington. Qui accennerò per inciden-za ad un elemento storico degno di menzione anche inun compendio come questo. Bruxelles non era alloracome presentemente la capitale del regno separato delBelgio, il quale fu fondato soltanto quindici anni più tar-di; ma era la seconda città del regno dei Paesi Bassi, tol-to a Luigi Bonaparte, e dato dagli alleati a Guglielmod'Orange.

Wellington conducevanon solo gl'Inglesi, ma an-cora Olandesi, Belgi, An-noveresi, ed altri Tedeschiassoldati dall'Inghilterra;in tutto circa centomila uo-mini. Blucher ne avevaquasi altrettanti. I cento-venti mila soldati di Napo-leone eran pieni di fede ed'entusiasmo per lui, madiffidavano dei maresciallie dei generali.

Napoleone giunse aventi chilometri di qua da Bruxelles, e a dieci miglia di

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Non eravi possibilità di riuscimento pel reduce impe-ratore che nel solito artifizio strategico del quale egli erasovrano maestro, cioè tentare di battere successivamentei nemici divisi. Stavano per congiungersi insieme pressoBruxelles, nel Belgio, i Prussiani sotto la condottadell'impetuoso Blucher, e gl'Inglesi sotto il duca di fer-ro, l'inflessibile Wellington. Qui accennerò per inciden-za ad un elemento storico degno di menzione anche inun compendio come questo. Bruxelles non era alloracome presentemente la capitale del regno separato delBelgio, il quale fu fondato soltanto quindici anni più tar-di; ma era la seconda città del regno dei Paesi Bassi, tol-to a Luigi Bonaparte, e dato dagli alleati a Guglielmod'Orange.

Wellington conducevanon solo gl'Inglesi, ma an-cora Olandesi, Belgi, An-noveresi, ed altri Tedeschiassoldati dall'Inghilterra;in tutto circa centomila uo-mini. Blucher ne avevaquasi altrettanti. I cento-venti mila soldati di Napo-leone eran pieni di fede ed'entusiasmo per lui, madiffidavano dei maresciallie dei generali.

Napoleone giunse aventi chilometri di qua da Bruxelles, e a dieci miglia di

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qua dal fatale Waterloo, mentre Inglesi e Prussiani nonavevano più che due comode marcie da compiere percongiungersi. Senza perder tempo, Napoleone si gettòsui Prussiani a Ligny nel giorno 16 di giugno, e li supe-rò, cercando di ributtarli alla sua destra lungi dagl'Ingle-si. Ma non fu una vittoria decisiva, perchè il marescialloNey, il quale comandava l'ala sinistra a Quatre Bras, edil maresciallo Grouchy comandante l'ala destra pressoVavres, stettero inerti. Tradirono? Non interamente; maerano svogliati. Napoleone nulla più aveva da offrir loroal di sopra del bastone di maresciallo che già avevano.

Nondimeno nel giorno 17 Napoleone mandò replicatiordini a Grouchy di inseguir Blucher, e di cercare adogni patto di impedirne la congiunzione con Wellington;poi tornar indietro onde prender parte alla battaglia chestava per darsi contro gl'Inglesi. Napoleone intanto sivolse alla sua sinistra, apprestandosi ad attaccar gl'Ingle-si l'indomani 18 giugno. L'esercito Inglese occupavauna eccellente posizione difensiva a cavaliere di un col-le poco alto, ma lungo otto chilometri, chiamato il mon-te di San Giovanni; appiè del quale, dietro a lui, dallaparte di Bruxelles, stava il villaggio di Waterloo. La me-moranda battaglia prese quel nome non perchè ivi preci-samente siasi combattuto, ma perchè Wellington vi tene-va il suo quartier generale, e di là spediva i dispacci. Ar-turo Wellington, già insigne per le sue vittorie nell'Indiae nella penisola Iberica, e specialmente per le linee dalui costrutte a Torres Vedras onde coprire Lisbona, perla battaglia di Salamanca, da lui vinta il 21 luglio 1812,

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qua dal fatale Waterloo, mentre Inglesi e Prussiani nonavevano più che due comode marcie da compiere percongiungersi. Senza perder tempo, Napoleone si gettòsui Prussiani a Ligny nel giorno 16 di giugno, e li supe-rò, cercando di ributtarli alla sua destra lungi dagl'Ingle-si. Ma non fu una vittoria decisiva, perchè il marescialloNey, il quale comandava l'ala sinistra a Quatre Bras, edil maresciallo Grouchy comandante l'ala destra pressoVavres, stettero inerti. Tradirono? Non interamente; maerano svogliati. Napoleone nulla più aveva da offrir loroal di sopra del bastone di maresciallo che già avevano.

Nondimeno nel giorno 17 Napoleone mandò replicatiordini a Grouchy di inseguir Blucher, e di cercare adogni patto di impedirne la congiunzione con Wellington;poi tornar indietro onde prender parte alla battaglia chestava per darsi contro gl'Inglesi. Napoleone intanto sivolse alla sua sinistra, apprestandosi ad attaccar gl'Ingle-si l'indomani 18 giugno. L'esercito Inglese occupavauna eccellente posizione difensiva a cavaliere di un col-le poco alto, ma lungo otto chilometri, chiamato il mon-te di San Giovanni; appiè del quale, dietro a lui, dallaparte di Bruxelles, stava il villaggio di Waterloo. La me-moranda battaglia prese quel nome non perchè ivi preci-samente siasi combattuto, ma perchè Wellington vi tene-va il suo quartier generale, e di là spediva i dispacci. Ar-turo Wellington, già insigne per le sue vittorie nell'Indiae nella penisola Iberica, e specialmente per le linee dalui costrutte a Torres Vedras onde coprire Lisbona, perla battaglia di Salamanca, da lui vinta il 21 luglio 1812,

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e per quella di Vittoria, pur vinta da lui nel 21 giugno1813, era destinato ad ottenere il 18 giugno 1814 unavittoria ancora più splendida.

Avvenne che nella notte fra il 17 ed il 18 levossi unfiero temporale, e cadde una dirotta pioggia, la quale in-zuppando il terreno rendevalo per qualche tempo inca-pace a sostenere il passaggio delle artiglierie. Questacircostanza favoriva Wellington, che si teneva sulla di-fensiva aspettando l'arrivo dei Prussiani; ed era sfavore-vole a Napoleone, impaziente di assalire. Egli stimò ne-cessario l'indugio sino alle undici del mattino per lasciaral terreno il tempo di asciugarsi sotto i raggi del soleestivo. Quella pioggia e quel ritardo furono due anellinella fatale catena de' suoi disastri; conciossiachè se egliavesse potuto cominciar l'assalto di primo mattino,come agognava di fare, è probabile che Napoleoneavrebbe avuto agio di consumar la disfatta degl'Inglesiprima che a loro arrivasse il soccorso Prussiano.

Alle undici e mezza antimeridiane Napoleone diede ilsegnale della battaglia, ardentemente bramato dai suoisoldati. In obbedienza al segnale, tuonarono immediata-mente centoventi pezzi d'artiglieria francesi. Cavalieri efanti e francesi slanciaronsi innanzi col lor solito impe-to; e fra molte vicende andavan guadagnando terreno.Tutt'a un tratto Napoleone, esplorando l'orizzonte colsuo cannocchiale dall'altura della Belle Alliance, difronte a quella di San Giovanni dove era Wellington, siaccorse di una specie di ombra nera, la quale parevamuoversi in lontananza alla sua destra, dalla parte di Va-

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e per quella di Vittoria, pur vinta da lui nel 21 giugno1813, era destinato ad ottenere il 18 giugno 1814 unavittoria ancora più splendida.

Avvenne che nella notte fra il 17 ed il 18 levossi unfiero temporale, e cadde una dirotta pioggia, la quale in-zuppando il terreno rendevalo per qualche tempo inca-pace a sostenere il passaggio delle artiglierie. Questacircostanza favoriva Wellington, che si teneva sulla di-fensiva aspettando l'arrivo dei Prussiani; ed era sfavore-vole a Napoleone, impaziente di assalire. Egli stimò ne-cessario l'indugio sino alle undici del mattino per lasciaral terreno il tempo di asciugarsi sotto i raggi del soleestivo. Quella pioggia e quel ritardo furono due anellinella fatale catena de' suoi disastri; conciossiachè se egliavesse potuto cominciar l'assalto di primo mattino,come agognava di fare, è probabile che Napoleoneavrebbe avuto agio di consumar la disfatta degl'Inglesiprima che a loro arrivasse il soccorso Prussiano.

Alle undici e mezza antimeridiane Napoleone diede ilsegnale della battaglia, ardentemente bramato dai suoisoldati. In obbedienza al segnale, tuonarono immediata-mente centoventi pezzi d'artiglieria francesi. Cavalieri efanti e francesi slanciaronsi innanzi col lor solito impe-to; e fra molte vicende andavan guadagnando terreno.Tutt'a un tratto Napoleone, esplorando l'orizzonte colsuo cannocchiale dall'altura della Belle Alliance, difronte a quella di San Giovanni dove era Wellington, siaccorse di una specie di ombra nera, la quale parevamuoversi in lontananza alla sua destra, dalla parte di Va-

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vre. Che è? Da quella banda eranvi jeri i Prussiani, pen-sava Napoleone: ma vi è o dovrebbe esservi di mezzoGrouchy, al quale ho spedito reiterati ordini di venir adattaccare gl'Inglesi.

Non era Grouchy: era Blucher, il quale guidando ot-tantamila Prussiani andava ad unirsi a Wellington.Grouchy lo aveva lasciato passare! Ma prima che i Prus-siani giungessero, gli Inglesi ebbero a soffrire ancora al-tre perdite molte e gravi. Ney si era scosso alfine, e perriparare alla sua vacuità d'azione nel giorno 16, moltipli-cava gli atti di audacia, anche soverchia ed intempesti-va, perciò nocevole. Noto per incidenza che Ney erasipel suo valor personale acquistato il titolo ufficiale diprincipe della Moskowa, ed il soprannome non ufficiale,ma più onorevole, di bravo dei bravi. Nel 1814 abbrac-ciò la parte dei Borboni, e udendo del ritorno di Napo-leone dall'isola d'Elba, si vantò con Luigi XVIII che gliavrebbe condotto il Corso entro una gabbia; ma quandoincontrò Napoleone che gli disse: venite a me, bravo de'bravi, si sentì soggiogato dall'ascendente morale del suoantico capo, e tornò al servizio di lui. La versatilità delcarattere di Ney ed il suo coraggio personale spieganol'opposta condotta di lui ne' due successivi giorni 16 e18 di giugno. Ney però fece poscia una nobile fine, es-sendo condannato a morte dalla Camera dei pari, dellaquale era membro, per la sua defezione ai Borboni, e fu-cilato.

Torno alla battaglia di Waterloo. Mentre Ney esegui-va delle cariche brillanti ma temerarie contro gl'Inglesi,

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vre. Che è? Da quella banda eranvi jeri i Prussiani, pen-sava Napoleone: ma vi è o dovrebbe esservi di mezzoGrouchy, al quale ho spedito reiterati ordini di venir adattaccare gl'Inglesi.

Non era Grouchy: era Blucher, il quale guidando ot-tantamila Prussiani andava ad unirsi a Wellington.Grouchy lo aveva lasciato passare! Ma prima che i Prus-siani giungessero, gli Inglesi ebbero a soffrire ancora al-tre perdite molte e gravi. Ney si era scosso alfine, e perriparare alla sua vacuità d'azione nel giorno 16, moltipli-cava gli atti di audacia, anche soverchia ed intempesti-va, perciò nocevole. Noto per incidenza che Ney erasipel suo valor personale acquistato il titolo ufficiale diprincipe della Moskowa, ed il soprannome non ufficiale,ma più onorevole, di bravo dei bravi. Nel 1814 abbrac-ciò la parte dei Borboni, e udendo del ritorno di Napo-leone dall'isola d'Elba, si vantò con Luigi XVIII che gliavrebbe condotto il Corso entro una gabbia; ma quandoincontrò Napoleone che gli disse: venite a me, bravo de'bravi, si sentì soggiogato dall'ascendente morale del suoantico capo, e tornò al servizio di lui. La versatilità delcarattere di Ney ed il suo coraggio personale spieganol'opposta condotta di lui ne' due successivi giorni 16 e18 di giugno. Ney però fece poscia una nobile fine, es-sendo condannato a morte dalla Camera dei pari, dellaquale era membro, per la sua defezione ai Borboni, e fu-cilato.

Torno alla battaglia di Waterloo. Mentre Ney esegui-va delle cariche brillanti ma temerarie contro gl'Inglesi,

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arrivarono i Prussiani, e si azzuffarono colla destra fran-cese. Dapprima la giovane guardia francese fu battuta.Ma due battaglioni della Vecchia Guardia, la quale eratutta composta dei più prodi veterani, attaccarono dalcanto loro i Prussiani, e ad essi inflissero una parzialema sanguinosa rotta. Napoleone tentò di trar profitto diquesto transitorio successo contro i Prussiani per finirlacontro gl'Inglesi. Mandò pertanto nuove istruzioni aNey, e, ponendosi alla testa di altri battaglioni della Vec-chia Guardia, assalì egli stesso furiosamente la più fortee decisiva posizione degl'Inglesi, la quale si chiamava laHaie sainte, la santa siepe. Il generale inglese Picton fuucciso. Kempt, il quale prese il posto di Picton, mandòuna staffetta a Wellington a domandar rinforzi, perchènon aveva più che due o tre mila uomini. Muojano tutti,rispose freddamente Wellington. Dei cattivi soldati,udendo una tal risposta, invece di star là a morir tutti, sene sarebbero andati via lestamente colle lor propriegambe; ma quelli erano degni soldati britannici, e rima-sero al loro posto. Il general Hill, luogotenente di Wel-lington, gli disse: nel caso che per disgrazia foste uccisoqui, quali ordini mi lasciate? Quello di farvi ammazzaranche voi e tutti gli altri prima di cedere, rispose Wel-lington.

Infrattanto i Prussiani, cavalleria e fanteria, tornaronoall'assalto. Lo sgomento, invase le fila francesi. Il fatalee contagioso grido sauve qui peut! si salvi chi può, lan-ciato dapprima dalla divisione Durutte, la quale era ri-masta distrutta quasi per metà, propagossi a poco a poco

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arrivarono i Prussiani, e si azzuffarono colla destra fran-cese. Dapprima la giovane guardia francese fu battuta.Ma due battaglioni della Vecchia Guardia, la quale eratutta composta dei più prodi veterani, attaccarono dalcanto loro i Prussiani, e ad essi inflissero una parzialema sanguinosa rotta. Napoleone tentò di trar profitto diquesto transitorio successo contro i Prussiani per finirlacontro gl'Inglesi. Mandò pertanto nuove istruzioni aNey, e, ponendosi alla testa di altri battaglioni della Vec-chia Guardia, assalì egli stesso furiosamente la più fortee decisiva posizione degl'Inglesi, la quale si chiamava laHaie sainte, la santa siepe. Il generale inglese Picton fuucciso. Kempt, il quale prese il posto di Picton, mandòuna staffetta a Wellington a domandar rinforzi, perchènon aveva più che due o tre mila uomini. Muojano tutti,rispose freddamente Wellington. Dei cattivi soldati,udendo una tal risposta, invece di star là a morir tutti, sene sarebbero andati via lestamente colle lor propriegambe; ma quelli erano degni soldati britannici, e rima-sero al loro posto. Il general Hill, luogotenente di Wel-lington, gli disse: nel caso che per disgrazia foste uccisoqui, quali ordini mi lasciate? Quello di farvi ammazzaranche voi e tutti gli altri prima di cedere, rispose Wel-lington.

Infrattanto i Prussiani, cavalleria e fanteria, tornaronoall'assalto. Lo sgomento, invase le fila francesi. Il fatalee contagioso grido sauve qui peut! si salvi chi può, lan-ciato dapprima dalla divisione Durutte, la quale era ri-masta distrutta quasi per metà, propagossi a poco a poco

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a tutte le fila dell'esercito. Invano Napoleone cercò difermare o riunire i fuggiaschi. Il disastro era gigantesco,completo, irremediabile. La giornata di Waterloo, ultimapugna del più gran guerriero dei tempi moderni, era unadecisiva sconfitta.

Unica resistette, sino a vera ed ultima distruzione, laVecchia Guardia; la famosa, eroica Guardia. Gli avanzide' suoi battaglioni, spinti alla rinfusa nella valle fraMonte San Giovanni e la Bella Alleanza, non si voleva-no arrendere. A quel momento, dice Thiers, si ascoltòquel grido che traverserà i secoli: «la Garde meurt, etne se rend pas»; la Guardia muore, non si arrende.Adesso, nato il gusto del bruttismo che usurpa il nomedi verismo, non si vorrebbe che quell'eroico grido tra-versasse neppure il nostro secolo. Traverserà i secolidirò io pure con Thiers. Victor Hugo afferma che Cam-bronne, comandante della Vecchia Guardia, all'intima-zione nemica di arrendersi abbia risposto con una solaparola, qualche poco simile alla parola meurt, ma igno-bile. Se il gran poeta avesse trovato una bella cosa de-gna di lui, ancorchè verissima e documentata, gli si sa-rebbe a stento creduta. Ne ha detto una brutta, e proba-bilmente falsa od inesatta; gli si crede in parola.

Che monta? Vorrebbe sempre dire lo stesso: non ciarrendiamo. Ciò che importa si è che non vi fu soltantola parola, o le parole, ma i fatti. I battaglioni della Guar-dia si formarono in quadrati, per coprire nel lor centro iferiti. Attaccati dalla cavalleria nemica, i prodi Veteraniuccisero cavalli e cavalieri colle loro scariche. Attaccati

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a tutte le fila dell'esercito. Invano Napoleone cercò difermare o riunire i fuggiaschi. Il disastro era gigantesco,completo, irremediabile. La giornata di Waterloo, ultimapugna del più gran guerriero dei tempi moderni, era unadecisiva sconfitta.

Unica resistette, sino a vera ed ultima distruzione, laVecchia Guardia; la famosa, eroica Guardia. Gli avanzide' suoi battaglioni, spinti alla rinfusa nella valle fraMonte San Giovanni e la Bella Alleanza, non si voleva-no arrendere. A quel momento, dice Thiers, si ascoltòquel grido che traverserà i secoli: «la Garde meurt, etne se rend pas»; la Guardia muore, non si arrende.Adesso, nato il gusto del bruttismo che usurpa il nomedi verismo, non si vorrebbe che quell'eroico grido tra-versasse neppure il nostro secolo. Traverserà i secolidirò io pure con Thiers. Victor Hugo afferma che Cam-bronne, comandante della Vecchia Guardia, all'intima-zione nemica di arrendersi abbia risposto con una solaparola, qualche poco simile alla parola meurt, ma igno-bile. Se il gran poeta avesse trovato una bella cosa de-gna di lui, ancorchè verissima e documentata, gli si sa-rebbe a stento creduta. Ne ha detto una brutta, e proba-bilmente falsa od inesatta; gli si crede in parola.

Che monta? Vorrebbe sempre dire lo stesso: non ciarrendiamo. Ciò che importa si è che non vi fu soltantola parola, o le parole, ma i fatti. I battaglioni della Guar-dia si formarono in quadrati, per coprire nel lor centro iferiti. Attaccati dalla cavalleria nemica, i prodi Veteraniuccisero cavalli e cavalieri colle loro scariche. Attaccati

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dall'artiglieria cadevano ad uno ad uno, ma manteneva-no e riformavano ancora i quadrati, assottigliandoli. Di-minuiti sempre più di numero, convertono i quadrati intriangoli, ma riparano ancora entro le lor fila i compagniferiti; continuano sempre a difendersi come tanti leoni.Ridotti infine a centocinquanta, dopo aver fatto un'ulti-ma scarica, si precipitano sulla cavalleria nemica, ucci-dendo colle bajonette uomini e cavalli, e soccombonoessi medesimi, in un sublime ed ultimo sforzo.

Esecrazione alla guerra: ma quando guerra abbia adesservi, pugnate da valorosi per la vostra Patria; da valo-rosi morite per essa se fa di mestieri, come i trecentoSpartani di Leonida, come la Vecchia Guardia di Napo-leone.

Tornato a Parigi, Napoleone abdicò come nel 1814,ed andò a Rochefort colla speranza di potersi imbarcareper gli Stati Uniti di America. Ma il mare era guardatocon grande vigilanza dalle crociere Inglesi. Gli sovven-ne che Temistocle, esiliato da Atene, domandò ed otten-ne l'ospitalità del re di Persia, contro il padre del qualeaveva combattuto a Salamina. Il caduto imperatore fran-cese, adunque, andò a bordo del Bellerofonte, vascelloinglese, e scrisse al principe reggente: vengo come Te-mistocle ad assidermi al focolare del Popolo inglese; mail principe di Galles ed i suoi ministri non eran gente dalasciarsi molto muovere da sentimenti cavallereschi, oda classiche citazioni. Fecero passar Napoleone dal Bel-lerofonte al Northumberland, altro legno da guerra in-glese, che lo condusse all'isola di Sant'Elena, in mezzo

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dall'artiglieria cadevano ad uno ad uno, ma manteneva-no e riformavano ancora i quadrati, assottigliandoli. Di-minuiti sempre più di numero, convertono i quadrati intriangoli, ma riparano ancora entro le lor fila i compagniferiti; continuano sempre a difendersi come tanti leoni.Ridotti infine a centocinquanta, dopo aver fatto un'ulti-ma scarica, si precipitano sulla cavalleria nemica, ucci-dendo colle bajonette uomini e cavalli, e soccombonoessi medesimi, in un sublime ed ultimo sforzo.

Esecrazione alla guerra: ma quando guerra abbia adesservi, pugnate da valorosi per la vostra Patria; da valo-rosi morite per essa se fa di mestieri, come i trecentoSpartani di Leonida, come la Vecchia Guardia di Napo-leone.

Tornato a Parigi, Napoleone abdicò come nel 1814,ed andò a Rochefort colla speranza di potersi imbarcareper gli Stati Uniti di America. Ma il mare era guardatocon grande vigilanza dalle crociere Inglesi. Gli sovven-ne che Temistocle, esiliato da Atene, domandò ed otten-ne l'ospitalità del re di Persia, contro il padre del qualeaveva combattuto a Salamina. Il caduto imperatore fran-cese, adunque, andò a bordo del Bellerofonte, vascelloinglese, e scrisse al principe reggente: vengo come Te-mistocle ad assidermi al focolare del Popolo inglese; mail principe di Galles ed i suoi ministri non eran gente dalasciarsi molto muovere da sentimenti cavallereschi, oda classiche citazioni. Fecero passar Napoleone dal Bel-lerofonte al Northumberland, altro legno da guerra in-glese, che lo condusse all'isola di Sant'Elena, in mezzo

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all'Oceano Atlantico, non lungi dal tropico del Capricor-no. Ivi egli si estinse nel giorno 5 di maggio 1821. Fusepolto appiedi di un salice piangente, in vicinanza diuna fontana delle di cui acque Napoleone amava di ab-beverarsi in quell'ardente ed arida isola. Nel 1840 la suasalma quasi ancora intatta, venne trasportata a Parigi. Iviriposa sotto la cupola degl'Invalidi, entro un avello dimarmo, ove è scolpita la più breve e più eloquente iscri-zione del mondo:

NAPOLÉON.

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all'Oceano Atlantico, non lungi dal tropico del Capricor-no. Ivi egli si estinse nel giorno 5 di maggio 1821. Fusepolto appiedi di un salice piangente, in vicinanza diuna fontana delle di cui acque Napoleone amava di ab-beverarsi in quell'ardente ed arida isola. Nel 1840 la suasalma quasi ancora intatta, venne trasportata a Parigi. Iviriposa sotto la cupola degl'Invalidi, entro un avello dimarmo, ove è scolpita la più breve e più eloquente iscri-zione del mondo:

NAPOLÉON.

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INDICE

Introduzione. — Rivoluzioni anteriori al 1789.Rivoluzione Francese.Napoleone.

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Introduzione. — Rivoluzioni anteriori al 1789.Rivoluzione Francese.Napoleone.

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