CARLO COCCIOLI E IL SUO PICCOLO KARMA

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WWW.ENZOBARILLA.EU – ALL RIGHTS RESERVED – RIPRODUZIONE VIETATA 1 © Enzo Barillà, agosto 2020. All rights reserved. Riproduzione vietata. www.enzobarilla.eu CARLO COCCIOLI E IL SUO “PICCOLO KARMA” Enzo Barillà Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Carlo Coccioli, evento che riporta alla ribalta letteraria questo scrittore, più conosciuto all’estero che in Italia. Carlo Coccioli è uno scrittore e giornalista cosmopolita che scrive in italiano, e direttamente in francese e spagnolo. Carlo Coccioli è un eroe della Resistenza, medaglia d’argento al valor militare. Carlo Coccioli è un mistico alla ricerca di Dio. Carlo Coccioli affronta instancabilmente il tema del dolore e della sofferenza di tutte le creature, siano esse umane, animali o piante. Coccioli è tutto questo, e ancor di più, ma sarebbe errato privilegiare solo uno di questi aspetti per farne un’icona, valorizzandolo a scapito degli altri. «Carlo, il messicano. Ma quante formule si sono sprecate per lui? Vagabondo Spirituale, Scrittore Alieno, Anarchico dello spirito, Autore assente, Omosessuale innamorato di Dio, anticlericale di molta fede… Carlo Coccioli. Difficile trovare uno scrittore italiano insieme più strampalato, scomposto, inquieto, tante volte illeggibile, a suo modo geniale.» 1 Occorrerebbe aver dimestichezza con tutta la vasta opera dello scrittore – sono stati censiti 42 suoi libri in tre lingue – per essere in grado di formulare un giudizio letterario, compito al quale non mi sento chiamato. Lo scopo delle mie note si limita pertanto a tracciare un profilo umano di questo Autore e proporre alcune considerazioni di carattere astrologico. 1 Luigi Mascheroni, Ritratto di Carlo Coccioli, Il Foglio, 12/8/2006.

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CARLO COCCIOLI E IL SUO “PICCOLO KARMA”
Enzo Barillà
Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Carlo Coccioli, evento che riporta alla ribalta letteraria questo scrittore, più conosciuto all’estero che in Italia.
Carlo Coccioli è uno scrittore e giornalista cosmopolita che scrive in italiano, e direttamente
in francese e spagnolo. Carlo Coccioli è un eroe della Resistenza, medaglia d’argento al valor militare. Carlo Coccioli è un mistico alla ricerca di Dio. Carlo Coccioli affronta instancabilmente il tema del dolore e della sofferenza di tutte le
creature, siano esse umane, animali o piante. Coccioli è tutto questo, e ancor di più, ma sarebbe errato privilegiare solo uno di questi
aspetti per farne un’icona, valorizzandolo a scapito degli altri. «Carlo, il messicano. Ma quante formule si sono sprecate per lui? Vagabondo Spirituale,
Scrittore Alieno, Anarchico dello spirito, Autore assente, Omosessuale innamorato di Dio, anticlericale di molta fede… Carlo Coccioli. Difficile trovare uno scrittore italiano insieme più strampalato, scomposto, inquieto, tante volte illeggibile, a suo modo geniale.»1
Occorrerebbe aver dimestichezza con tutta la vasta opera dello scrittore – sono stati censiti
42 suoi libri in tre lingue – per essere in grado di formulare un giudizio letterario, compito al quale non mi sento chiamato. Lo scopo delle mie note si limita pertanto a tracciare un profilo umano di questo Autore e proporre alcune considerazioni di carattere astrologico.
1 Luigi Mascheroni, Ritratto di Carlo Coccioli, Il Foglio, 12/8/2006.
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Non ho però tralasciato di leggere Piccolo Karma. Minutario di San Antonio in Texas
(1987), da alcuni considerato il suo testo più famoso, e diversi articoli di giornale, tutti post mortem, a cui ho aggiunto la visione del filmato di un’intervista rilasciata nel 1990 alla Televisione della Svizzera Italiana. E nemmeno mi sono lasciato sfuggire l’ascolto della puntata della trasmissione radio di Fahrenheit del 14/5/2020 (Rai3), dedicata alla commemorazione del centenario della nascita di Coccioli. Il sito www.carlococcioli.com, curato dal nipote Marco, è ricco di informazioni biografiche. Sono queste le fonti a cui ho attinto.
Occorre ora ripercorrere alcune tappe fondamentali della vita del Nostro, nato a Livorno il 15 maggio 1920 alle ore 4:25 (ora rilevata dal sito internet www.carlococcioli.com).
Nel 1927 è in Cirenaica al seguito del padre, ufficiale del Regio Esercito Italiano, poi nel 1938 a Tripoli. Nel 1939, alla vigilia dello scoppio della guerra, Carlo è a Fiume, ma nel 1941 viene sfollato e lo troviamo a Firenze.
«Chiamato al servizio di leva obbligatoria, nel luglio del 1942 Carlo termina il corso
ufficiali a Rieti. A fine agosto dell'anno successivo è in una caserma di Torino, come sottotenente del novantunesimo reggimento di fanteria, quando, dopo l'armistizio dell'8 settembre, la caserma è circondata da truppe tedesche. Riesce a fuggire, visita brevemente la madre a Firenze, poi torna a Torino e con alcuni compagni compie un percorso di fortuna fino ad Arezzo, poi a Cerbaia dove assume il comando, con il nome di Francesco, di una compagnia di partigiani. Nella formazione Giustizia e Libertà, gli è affidata la terza brigata Rosselli.
A dicembre dello stesso anno discute a Roma, sede universitaria provvisoria, la tesi lungamente preparata, dal titolo: I racconti di animali nelle letterature orali africane, ed ottiene la laurea con lode.
Nel 1944, catturato dai tedeschi in Toscana, a San Felice presso Ema, è condotto nella prigione di San Giovanni al Monte di Bologna. Partecipa ad una drammatica evasione, armi in pugno, e attraversa la Linea Gotica. Dopo un breve soggiorno nella brigata comunista Stella Rossa raggiunge la linea del fronte presso Rifredi, alla periferia di Firenze, e attende l'arrivo degli alleati. Si ritrova quindi addetto alle truppe alleate e recupera la formazione partigiana di cui era comandante.
A guerra conclusa, gli viene conferita la medaglia d'argento al valore militare per gli avvenimenti della Resistenza. Assieme ad Antonio Predieri pubblica un libro sulla resistenza dal titolo 11 Agosto.»2
Ho voluto verificare le motivazioni che stanno alla base del conferimento dell’onorificenza
e, avendole trovate, le riporto sotto.
2 www.carlococcioli.com
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In queste motivazioni, non viene riferito che l’evasione ebbe luogo dal carcere bolognese di San Giovanni in Monte, il 9 agosto 1944. Una lapide commemorativa è ancor oggi visibile in loco, pur se il carcere è stato convertito in una residenza universitaria.
Nel 1949 è a Parigi, e inizia la vita nomade. Stringe un rapporto d’amore con un certo
Michel che si conclude nel 1954; si reca in Canada e in Messico nella cui capitale – sempre nel 1954 – si trasferisce definitivamente. Lì morirà il 5 agosto 2003, senza nel frattempo rinunciare a numerosissimi viaggi in Italia, Europa e nelle Americhe. Negli Stati Uniti soggiornerà volentieri e comprerà una casetta in San Antonio, Texas, da dove viaggerà avanti e indietro con la sua residenza messicana.
Commenta così la sua irrequietudine di nomade di terre e di spirito: «Cerco di sfuggire all’essenziale. L’essenziale sarebbe, fra l’altro, la mia incapacità di
prendere una decisione circa il luogo in cui vivere. Da anni cerco di tornare in Italia, o in Europa, e non mi riesce. San Antonio in Texas, preteso “paese dell’anima”, non è stato, e non è, che un alibi. Dal Messico non sono capace di andarmene ma non ho più voglia di restarvi. Articoli, lettori, discepoli, vecchie care amicizie: un ricatto sentimentale. Anche per il Messico, come per l’amore, nec tecum nec sine te. Tutto quello che penso, dico, respiro, scrivo, è nostalgia. Ma di che cosa? E forse non so che avrei un’uguale nostalgia del Qui se avessi la forza di trasferirmi Là? Sono caduto in una trappola. O meglio: nel 1953, quando lasciai Parigi per il Canada e poi per il Messico, l’orrenda vventura di cui nel mio paese, in Italia, non ho mai scritto nulla, mi sono suicidato. Sì, mi sono suicidato!, avevo tutto e ho lasciato tutto, sono fuggito in un esilio di cui non conosco più i motivi. D’altra parte i miei morti sono in Messico.»3
3 Carlo Coccioli, Piccolo karma. Minutario di San Antonio in Texas, Mondadori, Milano, 1987, p. 34.
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Il migliore e l’ultimo è il primo romanzo, pubblicato dalla prestigiosa casa editrice fiorentina Vallecchi nel 1946. È un buon inizio, ma con Il cielo e la terra (Vallecchi, 1950) lo scrittore acquista notorietà internazionale. Il libro è valorizzato da una entusiastica recensione del notevole storico, accademico e romanziere francese Henri Daniel-Rops, di formazione cattolica.
L’Osservatore Romano, quotidiano facente capo alla Santa Sede, pubblica un lungo articolo datato 22 maggio 2020, da cui traggo:
«“Testimonianza di un eccezionale talento (l’autore ha trent’anni) questo romanzo
testimonia anche una preoccupazione specificamente metafisica che pone Coccioli sulla stessa linea di un Kierkegaard, di un Léon Bloy, di un Bernanos”: così si esprimeva, all’indomani della comparsa della traduzione francese, il saggista e romanziere Henri Daniel-Rops, recensendo Il cielo
e la terra di Carlo Coccioli (1920-2003). Non che quel libro, pubblicato da Vallecchi nel 1950, fosse l’opera d’esordio del giovane
scrittore, livornese per nascita ma cosmopolita per vocazione. Il debutto ufficiale, con il romanzo Il migliore e l’ultimo, risaliva infatti al 1946. Il cielo e la terra segnava però la prima significativa rivelazione e, in pari tempo, la precoce consacrazione del Coccioli trentenne a livello internazionale. La sottolineatura anagrafica di Daniel-Rops intendeva in effetti valorizzare la sorprendente maturità di una narrativa nella quale la vastità, la profondità e la complessità della tematica religiosa sono calate in un contenitore formale di notevole duttilità e raffinatezza, secondo un’orchestrazione di sapienza assai più che giovanile: una partitura dove il percorso diegetico del narratore — prima esterno e poi interno, egli stesso partecipe delle ultime vicende raccontate — si intreccia efficacemente, in un’iridescente alternanza di registri espressivi, con le piste tracciate da lettere, relazioni, pagine di diario, attribuite di volta in volta sia al protagonista, il sacerdote Ardito Piccardi, sia a un drappello di personaggi secondari a lui inscindibilmente legati.
L’encomio di Daniel-Rops, del resto, rispecchiava in Francia il plauso tributato a Il cielo e la
terra anche dall’intellighenzia italiana. Cui si associava l’ottima accoglienza da parte del pubblico, attestata da numerose ristampe, oltre che dalle traduzioni in una quindicina di lingue. Ma dietro l’angolo di questo exploit si nascondeva il fatidico agguato del nemo propheta in patria. Nacque ben presto un “caso Coccioli”, consistente in una sorta di larvata frizione tra lo scrittore espatriato fin dal 1949 e il nostro establishment culturale.»4
Già dal 1949 Coccioli si sente “condannato alla diversità ed estraneità”5, ma la rottura
definitiva con l’Italia e il suo establishment culturale e letterario avverrà nel 1952, a seguito della pubblicazione del romanzo Fabrizio Lupo.
«Dopo Il cielo e la terra, del 1950, il suo vero libro-choc è il romanzo Fabrizio Lupo uscito
nel ’52 in Francia e poi nel ’78 in Italia con il quale Coccioli – in quel momento un cristiano che ha scoperto la propria “diversità”, attraverso la storia-documento di un cattolico gay – affronta il tema scandaloso del rapporto tra omosessualità e fede (“Dio e il sesso sono state le colonne portanti della mia vita”, disse in vecchiaia).
4 Marco Beck, Cronaca di un’amnesia annunciata, 22/5/2020, https://www.osservatoreromano.va/it/news/2020-
05/cronaca-di-un-amnesia-annunciata.html 5 Sono le parole di Coccioli pronunciate durante l’intervista alla Televisione svizzera del 1990.
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Uno così – omosessuale, eretico delle lettere, in odore di destra per giunta – in Italia non poteva starci a lungo. E infatti se ne andò in “esilio volontario” – come disse – per sfuggire alle regole e alle umiliazioni di una società letteraria che non lo voleva accettare.»6
La vita dello scrittore è un’inesausta ricerca di Dio. Nel corso di una sua fugace
partecipazione al Maurizio Costanzo show, il conduttore gli chiede: «E allora, di che cosa parlano i suoi libri?». E Coccioli: «Di Dio! Di cosa altro vuole che parlino? C’è forse qualcos’altro di cui parlare?»7
Coccioli aveva dedicato una stanza della sua casa a Città del Messico alle “Presenze Invisibili”. Ce la descrive così:
«A Città del Messico c’è il mobiletto rosso della sala del piano superiore. È il luogo dove in
casa mia si concentra il Sacro. Sul mobiletto rosso pompeiano stile messicano rococò ornato d’oro e di specchietti … c’è una fulgida litografia del signore Krishna che suona il flauto; una fotografia a colori di Sai Baba; un crocifisso di Oaxaca, una Bibbia in ebraico; le quattro lettere del Nome che gli ebrei non pronunciano; un quadro ottocentesco della Madonna dei Dolori; … la formula Bismillahi, in nome di Dio, da me dipinta in caratteri arabi su una tavoletta; un frammento idolo azteco; una stella di Davide; una menorah di ottone; i Vangeli; le scritture dei Mormoni; una mano di Fatma; i vari santini fra i quali un macilento San Lazzaro col povero cane; … una scatoletta contenente vibuti ossia la polvere che Sai Baba materializza; un’immagine di madre Teresa di Calcutta; i testi vedici scivaitici, naturalmente in sanscrito, del Shri Rudram; il Missel-Vspéral8, in latino e in francese, de la Societé de Saint-Jean l’Évangéliste pubblicato da Desclée et Compagnie nel 1932; un disegno rappresentante il santo indù Babaji tratta dal libro Autobiografia di uno yogi di Paramahansa Yogananda.»9
Volendo semplificare al massimo il percorso di ricerca spirituale del Nostro, lo potremmo
schematizzare grosso modo così: cristianesimo => islam => ebraismo => induismo => buddismo => animismo10. Senza che tuttavia l’uno escluda l’altro. “bruciava incenso, pregava al Muro del Pianto, innalzava lodi alla Vergine Maria, recitava i mantra indiani, leggeva il Corano in arabo, danzava con gli Hare Krishna”11…
Riporto ora una preghiera che egli recitava abitualmente: “Angeli di Dio, che siete i nostri custodi, illuminate, custodite, reggete e governate noi, uomini, animali, piante, che vi fummo affidati dalla Pietà Celeste; così sia. In nome dell’Eterno: l’angelo Michele sia alla nostra destra, l’angelo Gabriele alla nostra sinistra, l’angelo Uriele davanti a noi, l’angelo Raffaele dietro di noi, e su di noi la Gloria dell’Onnipotente. E tu, Yidam, presenza soccorritrice, non mi abbandonare.”12
«È quasi mezzanotte. Di colpo ho avuto il bisogno di “sentire” quelle che in Messico chiamo (e
anche qui le) Presenze Invisibili. … Ho preso un bastoncino d’incenso e, dopo averlo acceso in cucina, sono andato in giardino. Nel buio mi sono avvicinato agli alberi, ho detto parole alla loro anima, e a qualsiasi filo di erba, agli innumerevoli animali che hanno più diritto di me a questo spazio, di cui perciò io sono l’ospite. Mi sono messo a recitare, a voce bassa, gutturalmente, il suo Aum (o nella forma di Om), il suo massimo, che sparge benedizioni. Era un canto profondo che a
6 Luigi Mascheroni, Ritratto di Carlo Coccioli, Il Foglio, 12/8/2006.
7 Giulio Mozzi, Coccioli, lo scrittore sciocco che s’innamorò di Dio, 10/2/2009,
https://tritone52.wordpress.com/2009/02/10/carlo-coccio-di-giulio-mozzi/ 8 Messale
9 Carlo Coccioli, Piccolo karma. Minutario di San Antonio in Texas, Mondadori, Milano, 1987, p. 23, 24.
10 «Sono stato incolpato di essere animista. La “calunnia” è corretta. Vedo o intuisco anime dappertutto.» (Piccolo
karma, cit., p. 33) 11
Luigi Mascheroni, op. cit. 12
Carlo Coccioli, op. cit. p. 227
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un determinato momento ho avuto l’impressione che si staccasse da me: e assumesse una personalità propria. Intanto agitavo, al buio, il bastoncino d’incenso. E poi l’Aum è stato seguito da altre parole. Mi è venuto alla bocca un mantra antichissimo, il mantra del signore Shiva… Sentivo come se gli animali che con gli occhi non vedevo, le piante che vedevo appena ma che chiaramente percepivo, mi fossero grati dell’umile e meraviglioso omaggio al dio della natura, degli animali, degli alberi, degli emarginati, dei diversi…»13
La sua sete di conoscenza è inestinguibile. “Io sono un figlio della cultura, un mostro di
erudizione, un fenomeno di sapienza, eccetera. Ho studiato una quindicina di lingue orientali; ho letto decine di migliaia di libri.”14
Con tutta la sua erudizione, lo scrittore affronta il problema del Male e della sofferenza, che lo
tormenta per tutta la vita. «Non ho bisogno di un teschio sul comodino per pensare alla morte. È assai bene incastonata
nella mia vita. Morte e Male: buoni compagni: vanno a braccetto. Il problema del Male, l’obiezione del Male, lo scandalo del Male: la terminologia fa parte di me. Se professionalmente fossi un teologo, dedicherei la mia vita a investigare il Male. Si spende la vita cercando di conciliare il concetto di un Dio onnipotente e clementissimo con la presenza o meglio l’onnipotenza del Male. Le diverse teologie offrono tentativi di spiegazione (per esempio: la Rottura dei Vasi degli ebrei cabalisti). Nessuna di esse mi soddisfa. Non trovo accettabile che la dottrina del karma.»15
Conviene a questo punto cercare di comprendere questo concetto di karma, come inteso dal
Coccioli, e che per lui rappresenta la risposta al problema della sofferenza degli innocenti. Ancora una volta ascoltiamo le sue parole.
«… è ormai nella mia mente un trattato sul Karma. Questa parola che spiega e giustifica… che cosa? Tutto. Se io mangio riso con fagioli è karma.
Se scorgo un uccello volare è karma. Karma quale risposta all’Obiezione del Male che ha tormentato il mio vivere: un Dio
immensamente buono, e immensamente potente, da una parte; dall’altra, l’immenso infinito dolore degli innocenti: questo scandalo.
So a memoria (la mia favolosa memoria!), e da molto tempo, le poche righe che costituiscono iol dilemma che Lattanzio attribuisce a Epicuro.
“Dio - dice Epicuro - o vuole togliere i mali, ma non può; oppure può, ma non vuole; oppure
non vuole e non può; oppure vuole e può. Se vuole, ma non può, è impotente; il che è inammissibile
in Dio. Se può, ma non vuole, è invidioso; il che pure è alieno da Dio. Se non vuole e non può,
allora è invidioso e impotente; e anche questo non può attribuirsi a Dio. Se vuole e può, il che
soltanto conviene a Dio, allora da dove vengono i mali? o perché non li toglie?”
Per salvare l’onore di Dio bisognava escogitare una spiegazione… ed è stata formulata, perché
no, milioni di anni fa?, l’altissima dottrina del karma. Uno è ciò che ha voluto essere . Siamo le conseguenze, i figli delle nostre azioni. Causa effetto. Azione reazione. Tutto ciò presuppone, evidentemente, un oceano di esistenze anteriori a quella che viviamo ora.
L’idea di karma attenua un poco il supremo orrore dell’universo. (Un oceano di esistenze anteriori a questa che vivo ora… Non starò scherzando?)»16
13
idem, p. 36, 37.
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«Il dramma massimo è il problema del Male. Da due o da tremila anni magari da cinquemila il pensiero dell’umanità, da Krishna a Budda, da Budda a Freud, percepisce il male e se ne angoscia. È difficile ammettere simultaneamente un dio onnipotente e il mondo che soffriamo! … Il pensiero indù ha escogitato il concetto di karma: una meccanica di castighi e ricompense che ciascuno dà a sé stesso prescindendo da castigatori o premiatori. La l’Occidente, che ignora il Karma e rimane fisso sull’idea di Dio immensamente potente e immensamente buono, si mortifica, si strazia davanti all’intollerabile contraddizione del Male regnante! Allora si presenta un disegnatore di Hollywood e, sapendolo o senza saperlo, si trasforma in mistico e in teologo e in demiurgo. Non rimane nel campo delle teorie: scende alla pratica. Semplicemente rifà il mondo. Il nuovo mondo si chiama Epcot o Magic World17 o come volete; ed è questo.»18
Come si vede, il tema religioso s’intreccia con quello della sofferenza dei deboli, degli
emarginati e degli innocenti, e nella soluzione del primo si trova, per Coccioli, la soluzione del secondo.
Lo scrittore, come afferma più volte, è persona di spiccata e acuta sensibilità che, nel vivere
quotidiano, si traduce nella compassione e senso di vicinanza e rispetto per tutti gli esseri viventi, siano essi umani, animali o piante.
«Non ho nemmeno bisogno di domandarmi “chi” o “che cosa” è Dio se ho compassione!
Compassione per ogni essere vivente che, nella misura in cui vive, soffre: gli esseri umani innocenti, gli animali, le piante. Compassione come estremo diritto di coloro che non hanno più diritti. Compassione come diritto insopprimibile di coloro che vivono. Compassione incondizionata: anche il più abietto degli abietti avrà diritto a una briciola di compassione (sì: anche un furbo!)»19.
«È probabile che il culto della compassione sia l’ultima risorsa dell’uomo che ha percorso un
complesso itinerario religioso e ha fallito in ognuna della tappe. Il caso di Budda è esemplare.»20 «Quando immagino un giaina camminare con delle campanelline agli stinchi per “avvertire” gli
insetti del pericolo rappresentato dai suoi passi, una gran tenerezza m’invade. Vorrei morire per rinascere tra i giaina!
Non è più semplice supporre che io sia stato un gianina in una precedente incarnazione? Potrebbero apparire maniache le infinite cure con cui evito di calpestare una formica quando scendo i tre scalini rossi della verandina.»21
«Seduto sulla poltrona rossa … guardo una zanzara punzecchiarmi il ginocchio sinistro
attraversando addirittura col suo aculeo la stoffa del pantalone. E constato con piacere che non ho in me nessun istinto assassino, né di difesa. … Tutti abbiamo il diritto a vivere anche le zanzare.
Non danneggiare, non ammazzare, non distruggere quel che vive: questa è la massima dimensione di santità alla quale può giungere un essere umano.»22
«Sono andato un momento in cucina, scalzo, a prendere un bicchiere. La grande luce al neon mi
ha rivelato due degli scarafaggi di cui non ignoro che la notte, solo la notte, escono dai loro domicili segreti. Sono grandi, agilissimi, intelligentissimi, e ho l’impressione che siano anche puliti. … Mi guardano, quando entro in cucina all’improvviso, di notte, tutti tesi; ma non fuggono, rimangono lì
17
Si riferisce al Magic Kingdom Park in Florida, ideato da Walt Disney, che aveva visitato per alcuni giorni insieme ad amici nel novembre 1985, rimanendone profondamente impressionato.
18 idem, p. 257
19 idem, p. 207.
20 idem, p. 227
21 idem, p. 87.
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con le antenne tremanti, e ho l’impressione che vogliano trasmettermi un messaggio. … È colpa mia se amo questi scarafaggi? È colpa mia se amo i topi di casa di Città del Messico? È colpa mia, e sono pazzo, se sento gli animali come fratelli o figli miei, ma davvero amati!, e tutte le piante, perfino i fili d’erba?»23
La morte di Oliver, il suo amatissimo cagnolino, come conseguenza di un incidente stradale
causato da un colpo di sonno di Coccioli alla guida, gli provoca enormi sensi di colpa. «Segue il problema dell’anca destra il cui femore è stato sostituito da uno artificiale nell’ultimo
dei tre interventi chirurgici causati dall’incidente automobilistico. Dolori, questi, che accetto senza fiatare perché mi ricordano che Oliver è morto per colpa mia, per colpa mia, per colpa mia.»24
«… a dispetto del mio femore metallico e della spina dorsale di Javier due volte trattata e
operata. … Rivedo (di Oliver) il suo musetto triangolare con la bocca rossa come aperta al riso. Fra l’erba verde era un agnellino irradiante allegria. Ora tratto con riguardo anche la pianta più trascurabile per timore che vi sia incarnato. Mi sorprendo cercandolo. Gli parlo a bassa voce, intensamente, ogni notte prima di coricarmi.»25
«Sopraffatto dalla morte di Oliver, collerico e al tempo stesso inerte, quando i miei amici
complottavano per dirmi: “Dimenticalo, bisogna che tu lo dimentichi!”, io gridavo (non a loro: a me): Dimenticarlo? Non lo dimenticherò mai, dovessi morire per non dimenticarlo! e difatti non l’ho dimenticato. Sta vicino a me. Lo sento e a volte lo tocco.»26
Trovo alquanto singolare – lo confesso – che il grande dolore e relativo senso di colpa non si
riverberi che incidentalment27 sul fedele e giovane assistente Javier28, il quale rimase immobilizzato per mesi in un letto d’ospedale a causa delle lesioni alla schiena riportate (oltre agli interventi chirurgici necessari a ristabilirsi). Forse perché Javier sopravvisse, e Oliver invece morì?
Coccioli era anche giornalista di successo, oltre che prolifico scrittore. Ho contato
numerosissimi suoi articoli pubblicati sul Corriere della Sera a partire dal 4 febbraio 1962: reportage, interviste, scritti di costume, a volte stilati in Città del Messico oppure in loco, in vari Paesi dell’America Latina nei quali viaggiava di frequente, perfettamente padrone della lingua. E poi i quotidiani e le riviste latinoamericane a cui collaborava regolarmente… Se consideriamo anche i diritti d’autore relativi ai libri, abbiamo la certezza del benessere finanziario di questo Autore, proprietario di immobili in Messico e a San Antonio, Texas, e che amava cambiare spesso automobile.
Come si rapportava al denaro – Lutero lo considerava “sterco del diavolo” – quest’uomo così dotato sotto il profilo spirituale, che si professa amante della povertà anziché della ricchezza? Leggendo ancora una volta il suo diario texano, troviamo la risposta. Ricordo che le note scritte nel Piccolo karma furono scritte nel 1985, quando l’A. aveva 65 anni compiuti.
«Ogni tanto la scoperta che sono quasi ricco. Nessuno mi ha mai lasciato eredità né ho vinto
lotterie internazioni: ma il denaro dev’essere cresciuto da solo. Ho scritto molto, ho pubblicato molto, ho lavorato come un forzato, e non certo pensando al denaro. Ho viaggiato in seconda classe invece di viaggiare in prima. Ho trasportato pesi, tutta la mia vita, su queste povere spalle. Avrei
23
idem, p. 40. 25
idem, p. 173. 26
idem, p. 177. 27
Coccioli ne fa menzione un’unica volta, almeno in questo libro. 28
in seguito figlio adottivo, ed erede universale.
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potuto pagarmi dei facchini, e invece no. Non ho lussi eccetto qualche piatto di porcellana e delle posate d’argento; cose indispensabili quando si mangia grani di riso. Non ho mai fatto, né voluto fare, un’operazione commerciale. Se si tratta di me, aborrisco il commercio. Non ho mai avuto abili agenti letterari, nemmeno negli Stati Uniti, dove del resto ho sempre guadagnato meno che altrove. Eppure scopro che, per lo meno nel contesto del mio discreto significato di ricchezza, sono quasi ricco. E mi vengono subito le vertigini. E non so né voglio spendere denaro! Il denaro dà certa sicurezza, forse sì, ma insudicia. Allora?»29
«Com’ero felice quando possedevo pochissimo! … Non so disfarmi del denaro che mi accorgo
di possedere, e che simboleggia d’altronde ai miei occhi una vita di lavoro non priva di successo, eccetera eccetera … Non so buttare via questi soldi e nemmeno, oh disgrazia, amministrarli. Mi irritano, mi perseguitano, non mi permettono di dimenticarli! Tutto ciò provoca in me una stanchezza, una sonnolenza, e perfino una modesta forma di disperazione. Dio, mi dispiace disturbarTi con queste minuzie: però aiutami! Ma per favore, Dio, aiutami senza togliermi questi soldi!»30
Coccioli sembra dibattersi in una contraddizione che lo inquieta. Eppure in una precedente
riflessione aveva già individuato una soluzione. «Rispetto del denaro in sé e di chi lo possiede: è una manifestazione culturale. Qualcosa come
un’eredità psichica calvinista: se un uomo ha denaro è perché Dio gli è stato propizio. L’idea è del tutto scervellata? Anche secondo la dottrina karmica la ricchezza non può essere che un frutto di buone azioni in un’esistenza anteriore. Quanto dico dimostra fino a qual punto un uomo possa vivere su livelli distinti. Amo la povertà. Non sono stato amico di ricchi se non per eccezione. Mi piacciono pèareti nude, i materassini sui pavimenti. Ho orrore dello spreco. Per me la povertà è la più alta forma dell’eleganza. Ma perché “livelli distinti”? È definitivamente lo stesso livello. Perché solo chi ami la povertà, e in qualche modo la viva, può avere un’idea corretta della ricchezza.»31
Come si può vedere, con la dottrina del karma tutto trova una spiegazione. Propongo ora qualche nota di carattere astrologico. Nel grafico della carta del cielo natale notiamo per prima cosa la presenza di ben tre pianeti
angolari: Luna all’Ascendente, Marte al Discendente e Plutone al Fondo Cielo. Una ricerca statistica condotta da Michel Gauquelin su un campione di 1.352 nominativi di
scrittori ha riscontrato la presenza dell’angolarità della Luna all’Ascendente o al Medio Cielo in 292 casi anziché in 225 teorici, ossia 67 più del previsto. La probabilità che tale risultato fosse meramente casuale è pari a 1:100.000.32
Certo, pur essendo senz’altro notevole, l’esito non ha raggiunto la prodigiosa cifra di 1:5.000.000 come nell’“effetto Marte” dei campioni sportivi, ma è comunque un risultato ragguardevole.
Fatto ciò, ha studiato le biografie di scrittori famosi allo scopo di enucleare parole chiave che li accomunano, e li presenta come segue.
«Ecco alcuni lati del carattere frequenti negli scrittori conosciuti, nati con la Luna dopo il
sorgere e la culminazione: “Affabile, amabile, numerosi amici, chiacchierone, bohémien, bonario, buono, brav’uomo,
affascinante, di buon cuore, animatore, di buona compagnia, compiacente, contemplativo, vanitoso,
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idem, p. 110. 31
Michel Gauqueli, La Cosmo-psychologie, CEPL, Paris, 1974, p. 51
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disordinato, devoto, distratto lamentoso, dolce, ragazzone, perdigiorno, generoso, gentile, gentleman, d’umore lunatico, imprevedibile, indulgente, influenzabile, ingenuo, instabile, alla moda, moderato, mondano, ozioso, semplice, negligente, vagabondo, indolente, pigro, poeta, puerile, peno di relazioni, sognatore, servizievole, stravagante, superficiale, sobrio, privo di tenacia, timido, tollerante.”»33
Ovviamente non tutti i tratti caratteriali sono riferibili a un singolo scrittore, né tanto meno tutti
a Coccioli, ma è interessante rilevare che alcuni gli sono propri, come “di buon cuore, contemplativo, devoto, d’umore lunatico, vagabondo, sognatore”.
André Barbault dedica un libricino al segno zodiacale del Cancro, in cui dedica molto spazio
anche alla Luna. Mi ha colpito questo brano, che si adatta molto bene a un brano di Coccioli nel Piccolo karma
34: “Non lo vediamo quindi eternamente oscillante tra due sogni, due nostalgie? È legato al paese e spinto verso il lontano; se è lontano, non fa che sognare il paese natale; tornato a casa, sogna lidi, contrade esotiche o immaginarie.”35
A tale quadro lunare va abbinato, per formare un tutt’uno inscindibile, la componente nettuniana della personalità, che si manifesta molto evidentemente nel misticismo e nella ricerca del divino. Ho trattato estesamente il simbolismo di Nettuno in altra mia produzione 36 a cui mi permetto di rimandare, dove ho evidenziato la decisiva presenza di Nettuno negli oroscopi di santi, guru e mistici. Il cielo natale di Carlo Coccioli evidenzia un trigono molto preciso tra Luna e Nettuno, quest’ultimo in stretta congiunzione con Giove.
Per quanto riguarda la posizione di Marte angolare al Discendente, ne troviamo testimonianza negli atti di eroismo che gli hanno valso la decorazione di medaglia d’argento al valor militare. Lo scrittore, nel corso dell’intervista rilasciata alla Televisione della Svizzera Italiana, ebbe a dichiarare che a un certo punto della sua vita aveva pensato di intraprendere la carriera militare, seguendo così le orme del padre, ufficiale dei bersaglieri. Il collocamento in casa VII dell’oroscopo potrebbe anche indicare una predisposizione alla polemica e ai contrasti, come in effetti s’è verificato con il suo atteggiamento di rifiuto dell’ambiente letterario italiano, nel dopoguerra monopolizzato da una ristretta cerchia di scrittori capeggiata da Moravia.
Plutone al Fondo Cielo dovrebbe render conto del tormentoso tentativo di trovare una soluzione al problema del Male e della sofferenza degli innocenti. Anche a questo proposito mi permetto di rimandare a un mio studio monografico dl simbolismo del pianeta in questione.37
Le manifestazioni collegate alla posizione del Sole nella casa II, tradizionalmente legata al denaro, trovano, come abbiamo visto, preciso e sorprendente riscontro nelle riflessioni dello scrittore in questo ambito, riportate sopra.
Ora Carlo riposa a Città del Messico “dove è spirato serenamente il 5 agosto del 2003. Negli ultimi istanti, essendogli stati offerti gli estremi sacramenti, li ha rifiutati con gentilezza.”38
29° Leone 2020 (21/08/2020)
Michel Gauquelin, Il dossier delle influenze cosmiche, Astrolabio, Roma, 1974, p. 111. 34
cfr. il brano di p. 34 dell’opera, già riportato all’inizio di questo saggio. 35
André barbault, Cancer, Seuil, Paris, 1989, p. 44. 36
I mille volti di Nettuno, autopubblicato presso Amazon, 2015. 37
Incursione nei regni inferi. Analisi astropsicologica di Plutone, autopubblicato presso Amazon, 2016. 38
www.carlococcioli.com
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