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Comitato ScientificoBiblioteca Reale: Giovanni Saccani, Antonietta De Felice, Pier Franco Chillin

Arma dei Carabinieri:Marcello Bergamini, Ernesto Sacchet

Museo Nazionale del Risorgimento Italiano:Roberto Sandri Giachino

Archivio di Stato di Torino:Maria Gattullo, Cecilia Laurora

Archivio Storico della Città di Torino: Annalisa Besso, Maura Baima

Coordinamento Comitato Scientifico: Riccardo Lorenzino

Progetto e realizzazioneRiccardo Lorenzino – Hapax Torino

Ricerche e testiLorena Barale, Maria Gattullo, Cecilia Laurora, Annalisa Besso, Maura Baima, Riccardo Lorenzino, Chiara Pilocane, Pier Franco Chillin, Maria Elena Ingianni, Federica Scomparin

Progetto Graficowww.earthdesign.itAdattamenti graficiHapax EditoreImpaginazione e graficaLucia Storgato - Torino

RingraziamentiStefano BenedettoAnnalisa BessoMaura BaimaLuciana ManzoGisella GervasioGiuseppe Toma Enrico Vaio

Marco Carassi

Umberto LevraRoberto Sandri Giachino

Barbara BertiniLuisa GentileEdoardo GarisAnnamaria Lucania

Benedetto LaurettiErnesto SacchetMarcello Bergamini

Collezione Aliberti, Castello di Castellaro di Saluzzo (CN)

Restauro e Legatoria: Il Torchio - Torino

Si desidera ringraziare Emanuele Faccenda per gli studi condotti sull’Arma dei Carabinieri dai quali la mostra ha tratto grande ispirazione.

CON IL CONTRIBUTO DI:

ARCHIVIO DI STATO DI TORINO

MOSTRA REALIZZATA GRAZIE A:

Palazzo Carignano

Proprietà letteraria riservata.I diritti di traduzione, di memorizzazioneelettronica, di riproduzione e diadattamento totale o parziale conqualsiasi mezzo (compresi i microfilm e lecopie fotostatiche) sia dei testi sia dellefotografie sono riservati per tutti i Paesi.

© novembre 2014 Hapax Editore – TorinoISBN 978-88-88000-64-0Tel. 011 3119037 – Fax 011 3083336e-mail: [email protected]

Stampa: Graf Art – Venaria (TO)

Le didascalie si articolano in tre livelli di lettura.

Il simbolo indica i dati descrittivi del documento o dell’oggetto e la sua collocazione.

Il simbolo pone in evidenza i passi salienti del documento.

Il simbolo commenta il documento o l’oggetto collocandoli nel loro particolare contesto storico e culturale, con particolare riferimento alle tematiche della mostra.

La trascrizione dei documenti è per quanto possibile fedele al testo originale.

Note per lettura del testo

1814, 8 luglioManifesto di Ignazio Thaon de Revel sul Buon Governo, registro a stampa.ASTo, Sezioni Riunite, Camera dei conti, Piemonte, Art. 693, Ordini, registro 224

Il “Buon Governo” era una terminologia introdotta legislativamente da Vittorio Emanuele I nelle Regie Patenti del 13 luglio 1814, ed indicava un istituto che sovraintendeva alla polizia e quindi aveva funzioni di comando sul Corpo dei Carabinieri Reali. Un delicato doppio meccanismo dunque, due poteri forti che verranno unificati e poi nuovamente divisi,

in un difficile equilibrio di poteri.

Manifesto per mantenere il buon Ordine

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Introduzioni 7

Prefazione 10

Il percorso storico 12

La Restaurazione e il ritorno di Vittorio Emanuele I 14

La nascita del Corpo dei Carabinieri Reali 16

L’immagine dei Carabinieri 20

1815 - 1821 Dalla rivoluzione delle estere contrade all’insurrezione nei Regj Stati 22

Il difficile insediamento di Carlo Felice 24

Il nuovo Regolamento del 1822 27

La politica dei riconoscimenti 30

Le Riforme di Carlo Alberto 32

Il riordinamento del Corpo dei Carabinieri: 1832 34

L’Arma veglia attenta 36

Alessandro Soffietti, sfuggito ai Carabinieri 38

Il carabiniere a cavallo Giovanni Battista Scapaccino 42

Giovanni Battista Scapaccino, medaglia d’oro al valore militare 44

Biblioteca Reale: l’Archivio dei Carabinieri Reali 46

I Carabinieri e il territorio 48

La Prima Guerra d’Indipendenza e Pastrengo 56

Gli Squadroni da Guerra dal campo di battaglia di Pastrengo all’attacco di Peschiera 58

L’immagine dei Carabinieri 60

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1821

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1849

OrganizzazioneAssociazione MetaMorfosiPietro Folena, PresidenteVittorio Faustini, Direttore generaleElisa Massetti, Responsabile settore mostre

Segreteria organizzativaElisa InfantinoGuido IodiceGiuliana La Verde

Progetto di allestimentoGiuliano Macchiacon Brunella Bronchi

AllestimentoG. Bang S.r.l. - Spoleto

Ufficio stampaMaria Grazia Filippi

Consulenza legaleAndrea Catizone

Responsabile amministrativoAntonio Opromolla

AssicurazioneRotas S.r.l. - Milano

TrasportiMontenovi S.r.l. - Roma

Una produzione Hapax - MetaMorfosi

Con la dicitura verticaleDOCUMENTI, sono stati inseriti nel volume alcuni ulteriori materiali non riprodottifotograficamente.

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Le celebrazioni del Bicentenario della fondazione dell’Arma dei

Carabinieri sono state l’occasione per condurre una riflessione su quanto

la storia dell’Arma si intrecci intimamente con la storia del nostro Paese.

Non c’è evento cruciale che non abbia interessato, negli ultimi secoli, la

prestigiosa istituzione. Va solo ricordato quanto, a partire proprio dalla

vicinanza alla storia d’Italia, l’Arma, abbia sviluppato uno speciale rap-

porto con il patrimonio culturale della Nazione e sia chiamata attraverso

il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale a tutelare e vigilare sulle testimo-

nianze della nostra arte.

La mostra “I Carabinieri del Re” nasce con l’intento di rendere omaggio

ai luoghi e alle ragioni dell’istituzione dell’Arma, mostrando, spesso per

la prima volta in un’esposizione pubblica, documenti rari e di sicuro

interesse storico.

Questi documenti rappresentano una fonte importante non solo per lo

storico, ma anche per lo studioso di economia, di diritto, di scienze so-

ciali, e testimoniano come i Carabinieri mantengano oggi una radicata

presenza nella cultura e nella società contemporanee.

Mario Turetta

Direttore Regionale per i beni culturali e paesaggistici del Piemonte

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Le esposizioni o sono scoperte, avventure, narrazioni evocative, o hanno poco sen-

so. “I Carabinieri del Re” è il romanzo dei primi passi della formazione di una coscienza

della nazione, che nell'Arma e nei suoi colori – dal Risorgimento alla Resistenza – trova

uno dei suoi simboli.

Il collezionismo e la raccolta di opere, carte, cimeli, con Carlo Alberto diventa nel

XIX secolo una grandiosa esperienza di conservazione e valorizzazione del patrimo-

nio culturale. Tirare fuori dalla polvere degli archivi di una straordinaria istituzione

culturale quale la Biblioteca Reale di Torino, che racconta prima di tutto l’avventu-

ra intellettuale di Carlo Alberto, le carte originali, i documenti e le tracce dei primi

decenni dell’Arma dei Carabinieri, è un’operazione che con quest’esposizione – prima

a Torino e poi a Roma, al Museo dell’Arma – non solo ha un indubbio valore scientifico,

ma diventa un’esperienza e un’emozione per un pubblico più vasto.

MetaMorfosi, protagonista in questi anni di mostre dedicate ai più grandi maestri del

Rinascimento e dell’arte italiana, non è nuova al tentativo di valorizzare carte e docu-

menti (dall’originale del trattato Dei delitti e delle pene, di Cesare Beccaria, nel 2011,

ai primi manoscritti del Cantico delle Creature nel 2014). Oggi sosteniamo l’impresa

voluta da Giovanni Saccani, infaticabile direttore della BRT, e resa possibile col soste-

gno di una casa editrice torinese di grande qualità, come Hapax di Riccardo Lorenzino.

La mostra di Torino e quella di Roma – realizzata, quest’ultima, grazie alla pronta

disponibilità del Comandante Generale dell’Arma Gen. Leonardo Gallitelli, e del

Direttore dello splendido Museo dell'Arma, Gen. Niccolò Paratore – concludono nel

migliore dei modi le celebrazioni per il Bicentenario dei Carabinieri.

Ci piace considerare questo evento prima di tutto come un omaggio a tutti i carabinieri

che hanno contribuito alla storia giovane e tormentata dell’Italia, e in questi decenni

repubblicani hanno pagato prezzi altissimi nella lotta alla mafia, al terrorismo, alla cri-

minalità, nelle missioni di pace; e come un omaggio a quelle eccellenze internazionali,

come il Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale dei Carabinieri, che danno prestigio e

credibilità al nostro Paese.

Pietro Folena

Presidente di MetaMorfosi

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ioneLe biblioteche sono straordinari luoghi della memoria scritta e le Biblioteche Pub-

bliche Statali ricoprono un posto tanto strategico quanto importante nel panorama delle

biblioteche pubbliche italiane.

La Biblioteca Reale di Torino, in particolare, racchiude nel suo patrimonio meravigliosa-

mente poliedrico non solo materiale bibliografico importantissimo, ma anche archivistico,

grafico, fotografico, artistico e archeologico che la rende biblioteca storica di conservazio-

ne tra le più importanti in Italia, archivio di valore assoluto, museo nel museo, gabinetto

dei disegni (basti citare i fogli di Leonardo da Vinci) tra i più importanti al mondo.

Grazie a questa eterogeneità del suo patrimonio la “Reale” ha realizzato momenti esposi-

tivi che hanno valorizzato di volta in volta le diverse “anime” che la compongono.

In questa occasione – come in poche altre – la Biblioteca ha potuto contare su quasi tutte

le sue peculiarità: la mostra sull’Arma dei Carabinieri infatti comprende l’unico archivio

conosciuto delle “Relazioni confidenziali dei Comandanti dell’Arma a re Carlo Alberto”,

gli acquerelli di Francesco Gonin, volumi d’epoca con i primi regolamenti dei Carabinie-

ri, rare Gazzette, incisioni, litografie.

Grazie a questo variegato patrimonio, la Biblioteca Reale, nell’ambito delle celebrazioni

per i 200 anni della fondazione dell’Arma dei Carabinieri, ha organizzando un evento

espositivo, in collaborazione con l’Archivio Storico della Città di Torino, l’Archivio di

Stato di Torino, il Museo del Risorgimento di Torino e l’Arma dei Carabinieri. La mostra

dal titolo “I Carabinieri del Re”, si è svolta dall’11 settembre al 18 ottobre 2014, nei locali

della Biblioteca Reale di Torino.

La mostra, sempre in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri, è approdata ora al Museo

Storico dell’Arma di Roma, integrata dai cimeli del Museo romano.

Il percorso espositivo abbraccia il periodo che va dal 1814 alla fine del regno di Carlo

Alberto, 1849, per ricordare l’Arma in un momento cruciale della storia d’Italia, dalla sua

fondazione alla prima guerra di liberazione dall’oppressione austriaca, attraverso i sovrani

che regnarono in quegli anni, Vittorio Emanuele I, Carlo Felice, Carlo Alberto.

La valorizzazione del prezioso patrimonio bibliografico nell’ambito delle celebrazioni di

questa importante ricorrenza è occasione per consolidare i legami tra istituzioni culturali

diverse, che hanno il dovere di conservare il patrimonio culturale della nazione, ma anche

di renderlo visibile al pubblico.

È con grande piacere che accolgo l’iniziativa celebrativa dell’Arma, istituzione basilare

per il Paese e punto di riferimento per la tutela della legalità. Nel corso degli anni i Cara-

binieri hanno accompagnato la vicende storiche con la loro presenza, nel regno di Sarde-

gna prima, e nell’Italia unita poi, in eventi militari, sociali, di salvaguardia del territorio,

in missioni di pace.

Rossana Rummo

Direttore Generale per le Biblioteche, gli Istituti Culturali e il Diritto d’Autore

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Il Bicentenario dell’Arma dei Carabinieri è stata la fortunata occasione per

valorizzare importanti documenti presenti negli Archivi e nelle collezioni Torinesi,

testimonianze che hanno dato origine e vita a questa mostra: l’Archivio di Stato,

l’Archivio Storico della Città di Torino, il Museo Nazionale del Risorgimento Italia-

no, l’Arma dei Carabinieri e collezionisti privati, ma non solo. Questa ricorrenza è

coincisa anche con il riordino che la Biblioteca Reale sta conducendo sul proprio

archivio (unico nel suo genere) che non ha riscontro con nulla di analogo in altri

archivi, relativo alle Relazioni del comandante in Capo del Corpo dei Carabinieri al

Re. Tali documenti sono un’importante fonte non solo storica ma trasversale a mol-

te discipline: economia, statistica, linguistica, antropologia, e fanno riferimento agli

anni del regno di Carlo Alberto.

Una mostra quindi, non solo giustamente celebrativa, ma che ha messo anche in

relazione fatti di archivio e narrazioni sull’Arma, presentandole al pubblico con la

freschezza che solo i documenti sanno suggerire.

Ancora una volta crediamo che le Istituzioni Culturali abbiano saputo far dialogare

le proprie raccolte, riconducendole a quell’unità richiesta dalla Storia, sui fatti che le

hanno coinvolte direttamente o indirettamente come enti deputati alla memoria. Tut-

to questo nella prospettiva di una narrazione in cui si attualizza il passato e si rende

presente ciò che normalmente non è tale restituendolo ai cittadini.

Giovanni Saccani

Direttore della Biblioteca Reale di Torino

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Il percorso storico copre un arco temporale che origina dalla fondazione del Corpo dei Carabinieri nel 1814

durante il regno di Vittorio Emanuele I, passando poi al regno di Carlo Felice iniziato nel 1821 e conclusosi nel 1831,

per chiudersi con il regno di Carlo Alberto, 1831-1849.

Un diverso colore segnala il periodo di regno dei tre sovrani sabaudi che hanno accompagnato la nascita e la

stabilizzazione dell’Arma.

I principali fondi archivistici utilizzati:

• Archivio e collezioni della Biblioteca Reale di Torino - BRT

• Archivio di Stato di Torino - ASTo

• Archivio Storico della Città di Torino

• Collezioni del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano

• Arma dei Carabinieri e collezioni private

Vittorio Emanuele I (Torino, 1759 – Moncalieri, 1824)

Succedette al fratello Carlo Emanuele IV nel 1802, regnando solamente sulla Sardegna, unica parte dei suoi domini non conquistata dai francesi, dove rimase fino alla sconfitta di Napoleone Bonaparte nel maggio 1814. Con il congresso di Vienna e la Restaurazione, riacquistò i suoi vecchi territori, con l’aggiunta di quelli dell’ex Repubblica di Genova, e rientrò a Torino accolto da calorose manifestazioni di entusiasmo popolare. Soppresse i dipartimenti e le prefetture introdotti dal governo francese, articolò il territorio in 7 divisioni e ripristinò le vecchie province ristabilendo solo alcune normative di antico regime. Nel 1814 istituì con Regie Patenti il Corpo dei Carabinieri Reali per garantire la pubblica sicurezza e dotarsi di truppe scelte e fedeli alla corona. Scoppiati i moti del 1821, il 13 marzo abdicò in favore del fratello Carlo Felice, allora a Modena, ed in sua assenza nominò reggente il nipote Carlo Alberto.

Sconfessata la Costituzione proclamata da Carlo Alberto, si appellò alle truppe rimaste fedeli per riprendere possesso della capitale. I primi anni del suo regno furono caratterizzati da una dura repressione politica e da una vasta epurazione dell’esercito; fu chiusa l’università di Torino e molti professori subirono severe ammonizioni e sanzioni, giustificate anche con accuse di corruzione. Sentendosi isolato nella società piemontese, Carlo Felice individuò nei cattolici reazionari una forza sulla quale poter contare. Nel corso del suo regno si impegnò in una politica di riforme, dall’ordinamento giudiziario alle iniziative economiche, dal mecenatismo alla istituzione di scuole.Con le Regie Patenti del 1822 introdusse significativi cambiamenti nell’Arma. Il Regolamento prevedeva una rifondazione del Corpo dei Carabinieri e ne ridefinì le gerarchie con una sorta di commissariamento dell’Istituto e per altro verso invece gettò le basi per il suo definitivo consolidamento; soppresse inoltre il Ministero di Polizia unificando le competenze con quello degli Interni. Morì il 27 aprile 1831 a Torino e volle essere sepolto nell’abbazia di Altacomba in Savoia, come da antica tradizione sabauda.

Carlo Felice (Torino, 1765 – Torino, 1831)

Regno: 1802 - 1821

Regno:1821- 1831

Il 27 aprile 1831, a Carlo Felice succedette sul trono Carlo Alberto di Savoia-Carignano. Il nuovo sovrano si era messo in cattiva luce dinnanzi ai conservatori a causa del suo ambiguo comportamento durante i moti del 1821 e credette di dover riabilitare la propria immagine. Rientrato dunque nella capitale dopo aver risieduto nel castello di Racconigi, si propose inizialmente con un atteggiamento intransigente nei confronti di movimenti liberali. Nel 1832 promosse un riordinamento del Corpo dei Carabinieri, che prevedeva un forte ridimensionamento dei relativi stanziamenti di bilancio e avviò decisive riforme in ambito economico, amministrativo e culturale, particolarmente visibili nella capitale. Il regno di Carlo Alberto è ricordato innanzitutto per la concessione dello Statuto, il 4 marzo 1848, che rimase formalmente in vigore sino alla Costituzione repubblicana, e per la dichiarazione di guerra all’Austria che segnò l’inizio delle guerre risorgimentali. Abdicò il 23 marzo 1849 in favore del figlio Vittorio Emanuele in seguito alle pesanti sconfitte subite nella prima guerra d’indipendenza; morì pochi mesi dopo a Oporto, in esilio.

Carlo Alberto(Torino, 1798 – Oporto, 1849)

Regno:1831- 1849

I principali interventi legislativi e i regolamenti stilati durante il regno dei tre sovrani e riferiti al

Corpo dei Carabinieri (prescindendo dalle modifiche occorse nel naturale assestamento delle leggi)

sono stati:1814 Fondazione del Corpo dei Carabinieri Reali

1816 Nuove regole per il Corpo dei Carabinieri Reali

1822 Nuovo regolamento per il Corpo dei Carabinieri Reali

1832 Riordinamento del Corpo dei Carabinieri Reali

Il percorso storico

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REVittorio Emanuele 1802 - 1821

I

Chiamati Noi dalla rinuncia dell’amatissimo mio Fratello il Re Carlo

Emanuele e per dritto di successione al Trono dei nostri Augusti Avi,

preme al nostro cuore, dopo sedici anni d’acerbissimi affanni e di

luttuosissime vicende, d’essere quanto prima fra di voi, amatissimi

Sudditi, qual tenero padre fra mezzo a’ suoi figli. […]

L’Europa è libera, e le popolazioni hanno riacquistato insieme ai legittimi

loro Sovrani il rango distinto, che prima occupavano fra le Nazioni.

Vittorio Emanuele I, succeduto a Carlo Emanuele IV sul trono di Sardegna,

preannuncia il suo ritorno, promette libertà e felicità con il rientro dei

legittimi sovrani e dichiara abolita la coscrizione militare.

A lui si deve la creazione dell’Arma dei Carabinieri (13 luglio 1814).

«

La Restaurazione è il processo di

ristabilimento del potere dei sovrani

assoluti in Europa, ossia dell’Ancien

Régime, in seguito alla sconfitta di

Napoleone. A oltre venticinque anni

di distanza dall’inizio della rivoluzione

francese, la geografia politica del

continente venne interamente

ridisegnata dagli Imperi di Austria

e Russia e i Regni di Prussia e Gran

Bretagna, nel tentativo di annullare gli

effetti delle campagne napoleoniche

e di riportare la situazione a quella

del 1791.

I provvedimenti di Vittorio Emanuele I

furono tra i più reazionari d’Italia ed

ebbero come cardine l’abolizione dei

codici napoleonici e il ripristino dei

vecchi privilegi ecclesiastici e nobiliari.

La creazione del Corpo dei Carabinieri

fu uno dei primi atti della dinastia

sabauda dopo la Restaurazione.

1814, 8 luglioManifesto di Ignazio Thaon de Revel sul Buon Governo, registro a stampa.ASTo, Sezioni Riunite, Camera dei conti, Piemonte, Art. 693, Ordini, registro 224

Il “Buon Governo” era una terminologia introdotta legislativamente da Vittorio Emanuele I nelle Regie Patenti del 13 luglio 1814, ed indicava un istituto che sovraintendeva alla polizia e quindi aveva funzioni di comando sul Corpo dei Carabinieri Reali. Un delicato doppio meccanismo dunque, due poteri forti che verranno unificati e poi nuovamente divisi, in un difficile equilibrio di poteri.

Manifesto per mantenere il buon Ordine

La Restaurazione e il ritorno di Vittorio Emanuele I «

1814, 14 maggio, GenovaVittorio Emanuele I, re di Sardegna, annuncia il suo ritorno, Genova, 14 maggio 1814, manifesto a stampa.Archivio Storico della Città di Torino, Collezione Simeom, C 8316

“Sedici anni d’acerbissimi affanni”

1818, 25 luglioCollocazione della pietra fondamentale della Chiesa della Gran Madre in Torino addì 25 luglio 1818, acquaforte su rame, s.d.Biblioteca Reale di Torino, coll. Inc III 298

I Carabinieri svolgono il servizio d’ordine durante la cerimonia per la posa della prima pietra della Chiesa della Gran Madre, alla presenza del Re Vittorio Emanuele I. Sono ben riconoscibili lungo il palco e in basso a sinistra grazie ai celebri caplon, termine con cui la popolazione indicava confidenzialmente i Carabinieri, riferendosi ai vistosi copricapi dell’epoca, costituiti da una coppia di ventagli alti 40 centimetri, a cui si poteva aggiungere, nell’uniforme in gran tenuta, un piumetto turchino di ulteriori 20 centimetri.

Posa della prima pietra per la Gran Madre in Torino

Una canzone per il Re1814Bartolomeo Gastaldi, Per il felicissimo ritorno di S.M. Vittorio Emanuele I, Re di Sardegna, in Piemonte, Stamperia Reale, Torino, 1814Biblioteca Reale di Torino, coll. Misc 440 (4)

O de’ Sabaudi Regi inclito, e prodeFiglio, che riedi nell’avito regno,All’apparir del Tuo Regale aspetto,Tale il Piemonte si ravviva, e gode:In servitù ristrettoGemea fra se neglettoIl genio subalpino ebbro di sdegno:Or dal fulgor, che in lui da Te discende,L’antica gloria, e maestà riprende.…Qual di felice età ridente immagoS’offre al Piemonte, e che avvenir prepara.Maggior di quella che chiamò dell’oroDe’ poeti il pensar robusto, e vago.D’alme virtudi il coroPorge dolce ristoroA quante genti il sol quaggiù rischiara,Desta dell’amicizia i sensi innati,E fa gli abitator lieti, e beati.

Conservata tra le Poesie Patrie, all’interno del fondo Miscellanea a stampa, questa canzone dell’Avvocato Bartolomeo Gastaldi, costituita da undici strofe, celebra in toni encomiastici il ritorno dall’esilio di Vittorio Emanuele I in seguito alla Restaurazione e la sua figura, esaltandone le qualità politiche e le virtù personali e preannunciando per il Piemonte e il Regno di Sardegna un avvenire radioso.

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REVittorio Emanuele 1802 - 1821

I

Nel disegno del Re di ripristinare la sua autorità, uno dei punti cardine fu

quello di dotarsi di un corpo di truppe di pubblica sicurezza.

A Vittorio Emanuele I si deve infatti la creazione del Corpo dei Carabinieri

Reali: il 13 luglio 1814. In questa data vennero pubblicate le Regie Patenti

con cui il sovrano dava avvio alla riforma del sistema di polizia; tale riforma

rappresenta la fondazione dell’Arma.

La formazione del Corpo dei Carabinieri Reali, nel contesto della restaura-

zione politica e della riorganizzazione militare risultò una fondazione sa-

bauda e monarchica seppur sul modello della gendarmeria francese.

La scelta del nome risponde ad una triplice esigenza: far dimenticare i ter-

mini in uso nel periodo dell’occupazione francese, mettendo in risalto l’ita-

lianità del nome in contrapposizione a “gendarme”; identificare la nuova

formazione militare con la carabina, arma di cui erano sempre stati dotati i

reparti scelti dell’esercito; ristabilire una continuità con l’Ancien Régime, in-

fatti tale definizione era già in uso presso i reggimenti settecenteschi sardi.

Il carabiniere deve presentarsi a tutti come un “soldato nuovo”, tutore

dell’ordine e della sicurezza, esempio di legalità e rettitudine, dotato di

un’uniforme che colpisca l’immaginario popolare. Nato come un corpo scel-

to dell’esercito, esso era reclutato su base volontaria tra le truppe di fanteria

e di cavalleria: la condizione del carabiniere doveva coincidere con una to-

tale dedizione all’Arma.

Nell’articolo 1 delle Determinazioni di Sua Maestà per la Formazione del

Corpo de’ Carabinieri Reali, troviamo l’organico ipotizzato come ottimale,

indicato teoricamente in 803 unità, cifra che verrà raggiunta soltanto nel

novembre del 1814, quando appare già gravemente insufficiente in consi-

derazione anche delle richieste che giungono numerose dal territorio.

1814, 14 agosto“Determinazioni di Sua maestà per la Formazione del Corpo de’ Carabinieri Reali”, registro manoscritto.ASTo, Sezioni Riunite, Ministero della guerra, Regia Segreteria di guerra (1717-1801), Stabilimenti militari in genere, reg. n. 8, 1797-1815

Nell’agosto del 1814 venne approvato un regolamento per l’istituzione del Buon Governo e del Corpo dei Carabinieri. In questo regolamento, e precisamente nell’art. 4 delle Determinazioni, vengono fissate le caratteristiche dell’uniforme, pur non particolarmente dettagliate; di fatto sono completate nella loro descrizione dal disegno del figurino della divisa, che ne rappresenta la prima raffigurazione ufficiale.

Determinazioni del Sovrano per un nuovo Corpo

La nascita del Corpo dei Carabinieri Reali

Nella trascrizione manoscritta delle Determinazioni del 14 agosto, troviamo l’elenco dei primi ufficiali incaricati dal Re per il comando del Corpo dei Carabinieri. Si deve notare che il Presidente-capo del Buon Governo è il conte Thaon di Revel, affiancato, ma subordinato nelle funzioni, come capo esecutivo, dal conte Luigi Provana di Bussolino (si occuperà dei bisogni pratici e logistici dei carabinieri); non tragga in inganno quindi che in questo elenco venga definito Colonnello Comandante, qualifica che non deve essere presa alla lettera.

1815, ante 18 gennaio “Idea per una nuova organizzazione del Buon Governo”, foglio manoscritto.ASTo, Corte, Materie Economiche, Polizia in genere, mazzo 2

L’istituzione del Buon Governo, nel luglio 1814, prevedeva fra le altre cose la creazione del Corpo dei Carabinieri Reali, e rendeva ovviamente necessario un “Progetto d’istruzioni” che avrà un iter piuttosto lungo, con lettere, appunti del sovrano, di ministri, ecc., e che vedrà la luce poi il 18 gennaio del 1815.

Appunti per il Sovrano

1815, ante 18 gennaio “Osservazioni alla sfuggita” sull’Idea per l’organizzazione del Buon Governo, foglio manoscritto.ASTo, Corte, Materie Economiche, Polizia in genere, mazzo 2

Nel quadro di assestamento del Corpo si inseriscono questi ed altri appunti teorici i quali sfoceranno in un primo tentativo di “Progetto d’istruzioni” che vedrà poi la luce il 18 gennaio 1815, e avrà come uno dei punti cardine l’unificazione del comando del Buon Governo con il comando dei Carabinieri.

Appunti per il Sovrano

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REVittorio Emanuele 1802 - 1821

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1815, 1 aprile“Obbligo del visto dei Carabinieri Reali”, stampa su carta.ASTo, Materie Economiche, Polizia 1814-1815, mazzo 2

Il manifesto costituisce un estratto dell’articolo 5 del manifesto del 1° aprile 1815, con cui si rende noto l’obbligo per i viaggiatori di ottenere il visto dei Carabinieri.La firma di questo documento è particolarmente importante poiché ci segnala il momento in cui la carica di Presidente del Buon Governo e il comando del Corpo dei Carabinieri sono unificati, nella persona del conte Lodi (terzo comandante generale).

Per le strade di frontiera

1816, 22 luglio, Torino“Corpo Reale de’ Carabinieri. Stato delle Suppellettili necessarie nelle Camere della Caserma destinate per l’alloggio della Stazione di detto Corpo stabilita in Torino”, documento manoscritto.Archivio Storico della Città di Torino, Carte Sciolte, n. 5197

«…pagliaricii, matterassi, coperte di lana, capezzali, paia di lenzuoli, panche da letto, panche da sedere, sedie per i sottufficiali, tavole con cassinette, secchie, tavole per mangiare, lampade, pale, forche di ferro, marmitte, collo, ossia crivello, catena di ferro, tinello coperto, coffani per la biada, stuffe, scope di bosco, di meliga.»

Il documento, che reca lo stemma di Torino ed è firmato nel Palazzo di Città dal decurione, elenca le suppellettili necessarie per le camere d’alloggio dei sottufficiali e carabinieri e per gli altri locali della caserma.

Le necessità di una caserma

1816, Torino“Corpo dei Carabinieri Reali. Stato dimostrativo dell’entrata e consumazione de foraggi dalli 19 a tutto li 31 decembre 1816”, documento manoscritto. Archivio Storico della Città di Torino, Carte Sciolte, n. 5200

Il documento contabile segnala quanto fieno, paglia e biada siano consumati e quale sia la spesa complessiva.

Le spese per i foraggi

1815, 6 agosto Lettera del marchese di Garessio al conte Vidua, con la quale vengono segnalati abusi commessi dai Carabinieri Reali, foglio manoscritto. ASTo, Corte, materie economiche, Polizia in genere, mazzo 2

La fusione dei due istituti (Buon Governo e Carabinieri) avvenuta il 18 gennaio 1815, vedeva il Corpo dei Carabinieri sottratto alla sfera di azione di altre autorità, quali i governatori, gli avvocati fiscali, i giudici, cosa che creò non poche ostilità e possibili abusi di potere. Il marchese di Garessio firmatario di questa lettera, era Carlo Emanuele San Martino di San Germano, e ricopriva la carica di Governatore della Savoia. Nella sua denuncia (invierà a Torino fitti rapporti di rimostranze) egli evidenzia come la nuova gendarmeria presenti notevoli mancanze derivanti dall’impreparazione individuale e da carenze nella catena di comando, ed arrivando poi al nocciolo del problema, cioè la concentrazione del potere. I due istituti verranno nuovamente separati con le Regie Patenti del 15 ottobre 1816.

Difficoltà derivanti dalla concentrazione di potere

1816, 15 ottobreRegie Patenti con cui Vittorio Emanuele I fissa le attribuzioni e le incombenze dei Carabinieri Reali, fascicolo a stampa su carta, copia non firmata.ASTo, Corte, Materie Economiche, Polizia in genere, mazzo 3

Con queste Regie Patenti vengono nuovamente separati il Buon Governo e il comando dei Carabinieri Reali, nel difficile processo legislativo che vedrà impegnato il governo nella tessitura di una tela legislativa come contesto di riferimento e raccordo fra i due istituti, e con le altre autorità.Questo documento sancisce che il braccio di ferro fra Carabinieri e Governatori si concluda a vantaggio di questi ultimi, originando così un ministero di Polizia autonomo. Il 9 novembre, con ulteriori Determinazioni, viene ripartita in modo razionale la struttura gerarchica.

I poteri nuovamente separati

1816, 9 novembreRegie Determinazioni per l’organizzazione e il regolamento del Corpo dei Carabinieri Reali.ASTo, Sezioni Riunite, Ministero della Guerra, Regia Segretaria di Guerra, reg, n. 9, pag. 367 e seg.

Con queste Determinazioni venivano rese esecutive le Regie Patenti del 15 ottobre e si cerca di riordinare le precedenti statuizioni dando forma ad una organizzazione più puntuale del Corpo. Vengono ripartite in modo razionale le strutture gerarchiche dall’alto verso il basso, in divisioni, compagnie, luogotenenze e stazioni: il vero cuore pulsante dell’intero organismo.

Una nuova organizzazione

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iCARABINIERIdel

REVittorio Emanuele 1802 - 1821

I

L’immagine dei CarabinieriLa vastissima produzione iconografica riferita ai Carabinieri

non è casuale e non potrebbe essere esaustiva in questa ras-

segna. I suoi caratteri distintivi però si manifestano imme-

diatamente, anzi le prime rappresentazioni contengono già

quei caratteri attorno ai quali si costruirà non solo l’immagi-

ne ma la percezione stessa di questo Corpo nell'orizzonte

mentale di ogni cittadino italiano.

La prima iconografia e via via quella che seguirà (che si

compirà compiutamente dopo l'Unità) incarna quei valori

di dedizione, fedeltà e di vicinanza nel quotidiano che non

possono essere pensati semplicemente come spontanei, ma

frutto di una costruzione ad hoc al fine di "aumentare o

organizzare il consenso intorno a un istituto tanto impor-

tante per i Savoia perché scelto come loro rappresentante

e simbolo di alcuni valori perenni, primo fra tutti la fedeltà

alla monarchia". Non si deve dimenticare infatti

che quella carica di simpatia e spirito popolare

ha faticato a imporsi come tale, e non è entrata

subito negli animi del tempo con la loro presen-

za istituita nel restaurato Regno di Sardegna.

1821Giuseppe Stagnon, Carabinieri Reali a piedi, in “Uniformi delle Truppe di S.S.R.M.”, tavola 14, litografia acquerellata, Torino, 1821Biblioteca Reale di Torino, coll. L 54.22

La raccolta di litografie dedicate a Carlo Felice, Re di Sardegna, presenta un quadro esaustivo delle uniformi dell’epoca. In essa non potevano mancare alcune rappresentazioni del Corpo dei Carabinieri, nonostante fossero passati solo pochi anni dalla sua creazione. Oltre alle raffigurazioni dei vari corpi dell’esercito, l’opera è impreziosita da alcune tavole conclusive, con incisioni di ricami, bottoniere, galloni e livree degli ufficiali e dei soldati. Non casuale, nell’immagine della terza litografia, la presenza di un piccolo cane, tradizionalmente il migliore amico dell’uomo e ancora oggi mascotte dei Carabinieri a cavallo per le sue qualità e virtù.

Ultimo di una famiglia originaria del Verbano, dedita fin dal Seicento alle incisioni di sigilli e mappe su rame, Giuseppe Stagnon (1777 - post 1821) fu incisore dei Regii Sigilli e di S.A.S. il principe di Carignano. Tra le varie opere realizzate presso la corte sabauda, oltre alle uniformi dell’esercito piemontese, meritano di essere ricordati gli intagli su rame dei ritratti di Carlo Emanuele IV e di Felice di Savoia.

L’immagine dei Carabinieri

Questi due cavalieri sono rappresentati in un

paesaggio semplice affinché emergano con for-

za i protagonisti. L'ufficiale con la sciabola sguai-

nata crea una riuscita simmetria, mentre l’altro

cavaliere ha in mano un fucile ed è più marziale,

più stilizzato.

Molto significativa, la terza litografia, che rap-

presenta due carabinieri reali a piedi, ritratti di

fronte ad un palazzo aristocratico, hanno un at-

teggiamento informale, quello in secondo piano

si distende e saluta qualcuno, mentre quello in

primo piano, con il caratteristico incrocio della

bandoliera in cuoio bianco, regge il fucile con la

baionetta inastata e ha la testa lievemente incli-

nata verso un piccolo cane, elemento non inseri-

to a caso e che tanta fortuna avrà nella ritrattisti-

ca futura, creando un binomio simbolico.

Pervade già in questa litografia una certa aria di

vicinanza ai cittadini, alla quotidianità della pre-

senza dei carabinieri nella vita di tutti i giorni,

immagini che evolveranno poi nella rappresen-

tazione dell'Arma in azioni sia di repressione sia

di salvataggio e prevenzione.

Ricordiamo l'editoria specializzata che inizierà

prestissimo, già nel 1818, su iniziativa del colon-

nello comandante marchese D'Oncieu de La Bâtie

attraverso la circolare periodica (una sorta di rivi-

sta sociale dove coraggiosamente non vengono

nascoste le punizioni verso carabinieri meno vir-

tuosi) per "l'indirizzo morale del Corpo".

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iCARABINIERIdel

REVittorio Emanuele 1802 - 1821

I

1815 - 1821Dalla rivoluzione delle estere contrade all’insurrezione nei Regj Stati

Il grande nemico che incarnava la gran parte dei timori di Vittorio Emanuele I, Napoleone Bonaparte, il 26 febbraio 1815 aveva lasciato l’Elba cui era stato confinato dalle potenze europee, e il 1° marzo era sbarcato nei pressi di Cannes e aveva iniziato un’incontrastata marcia di risalita del territorio francese,

aggirando la Provenza, di cui conosceva le simpatie realiste, e dirigendosi verso i rilievi alpini del Delfinato. A Grenoble fu accolto con esultanza sia dalla popolazione civile, sia dalla guarnigione militare di stanza alla fortezza cittadina. Di qui Napoleone aveva poi raggiunto facilmente Parigi il 19 marzo, dando inizio ai suoi famosi Cento Giorni. Tuttavia, dopo la disfatta napoleonica a Waterloo, avvenuta il 18 giugno, l’Armata d’Italia, composta da truppe austro-sarde, aveva iniziato la riconquista dei territori savoiardi. Per il Corpo dei Carabinieri si trattò del primo coinvolgimento in un evento bellico, che si articolò in una molteplicità di funzioni, tra cui quello di polizia militare sul fronte, e che culminò poi nel “battesimo del fuoco” proprio nella battaglia di Grenoble. Alcune stazioni dei Carabinieri nei paesi di Montmélian, Maltaverne e Saint-Pierre d’Albigny, nei territori della Savoia sabauda, erano state attaccate dai francesi e i militari era stati fatti catturati: alcuni riuscirono a liberarsi e a ricongiungersi all’esercito piemontese, altri furono tradotti come prigionieri di guerra ad Auxerre, in territorio francese.Il 5 luglio il Generale Vittorio Sallier De La Tour, al

comando dei 15.000 uomini dell’esercito piemontese, si diresse verso la piazzaforte di Grenoble, difesa da 70 cannoni di grosso calibro ma ormai abbandonata dagli artiglieri addetti al loro impiego. Sotto i suoi spalti si radunò anche un reparto scelto di Carabinieri Reali a cavallo: si trattava di un piccolo drappello di 34 uomini, guidato dal tenente Michele Taffini d’Acceglio e formato dal sottotenente Giovanni Battista Cavassola, da 5 sottufficiali e da 27 soldati.L’indomani, 6 luglio 1815, nel quadro delle operazioni con cui il Generale Sallier De La Tour accerchiò e attaccò Grenoble ottenendone entro sera il pieno controllo e la capitolazione, il drappello dei Carabinieri a cavallo si distinse in una carica che contribuì – insieme a quella dei cavalleggeri dell’esercito sardo – ad accelerare l’abbandono delle posizioni francesi attorno alla città.Nell’assalto rimase ferito il carabiniere Giacomo Alessi, già prigioniero di guerra ad Aiguebelle dal 15 al 20 giugno, e anche il suo cavallo riportò ferite che lo resero inabile al servizio. Il generale De La Tour scrisse al ministro della Guerra per proporre per il milite la medaglia d’argento al valor militare, mentre il cavallo ferito fu venduto all’asta per dotare il carabiniere di una nuova cavalcatura.Ma il valore e l’efficienza dimostrata dai Carabinieri sul campo di battaglia di Grenoble ebbero conseguenze assai più significative per il Corpo. Sei mesi più tardi fu proprio il Ministero della Guerra (e non la Segreteria di Stato) a comunicare la promozione al grado di Colonnello del Comandante generale Carlo Lodi di Capriglio: ad appena un anno dalle Regie Patenti del 13 luglio 1814 con cui era stato creato il Corpo dei Carabinieri, essi avevano saputo dimostrare e consolidare pienamente l’importanza del proprio ruolo fra le Forze Armate del Regno di Sardegna.

La Battaglia di Grenoble

1821, agosto, TorinoGiovanni Maria Cavasanti, Notizie istoriche riflettenti il Corpo dei Reali Carabinieri, specialmente negli ultimi svolgimenti politici, riproduzione anastatica del manoscritto originale conservato alla Biblioteca Reale di Torino (Ms. Sal 171).Museo Storico dell'Arma dei Carabinieri, Roma, Sala de I Carabinieri nella storia d’Italia

«[…] in una parola tutti i risultati che dipendono direttamente dalla vigilanza dell’Arma ottennero sempre a favore di essa la soddisfazione di S.M., e gli applausi universali; ma non così utile poteva essere l’azione del Corpo per distruggere le trame che si ordivano dai nemici del Governo, e per prevenire, come si era fatto nel 1815, che la scossa della rivoluzione delle estere contrade si facesse sentire nei Regj Stati, non è già che dall’epoca dei sconvolgimenti delle cose di Spagna non si fosse raddoppiata su tutti i punti la sorveglianza dei Carabinieri Reali divenuta dunque vieppiù scrupolosa da che si seppero pure i disordini accaduti in Napoli, ed i nascosti raggiri dei male intenzionati del paese per mettere in derisione il Governo, ed intorbidar la pubblica quiete, ma il risultato di siffatta vigilanza riducendosi alla sola informativa delle notizie che si raccoglievano, dipendeva intieramente dalla Autorità cui erano queste comunicate il farne l’uso opportuno, e promuovere l’azioni dei Carabinieri. Le circostanze stesse della sollevazione dell’Università mostrarono ad evidenza che persino in tali urgenze era il Corpo paralizzato; ed infatti, fu disapprovato il Cav.re Sertorio Ajutante Maggiore in secondo per aver impiegata la forza nell’occasione del noto ammutinamento dei Studenti nel Teatro d’Angennes, che dissipò con solo otto Carabinieri malgrado che in numero di 150 e più pretendessero togliere dal Corpo di Guardia un loro compagno arrestato da un Ajutante di Piazza e di più fu ordinato dalla Polizia ai Carabinieri Reali, ed gli Uffiziali stessi di non dar retta alle parole offensive, che dai Studenti si dirigevano in ogni incontro a tutti gli individui del Corpo e di tollerarne persino gli insulti, limitando al solo caso d’assoluta necessaria difesa l’uso delle armi; disposizione che causò al Corpo moltissimo pregiudizio, e che incoraggì i malevoli negli infernali loro proggetti, talmente che al primo avviso dell’insurrezione manifestatasi nella Regia Università, le pattuglie dei Carabinieri Reali essendovi accorse furono impunemente insultate […]»

Con la restaurazione della dinastia borbonica sul trono di Francia (8 luglio 1815) e la deportazione di Napoleone Bonaparte sull’isola di Sant’Elena, Vittorio Emanuele I poté sentirsi rassicurato sul fatto “che la scossa della rivoluzione delle estere contrade [non] si facesse sentire nei Regj Stati”, ma di lì a pochi anni l’eco delle insurrezioni in Spagna (con la rivolta di Cadice del 1° gennaio 1820, che costrinse il sovrano a concedere nuovamente la Costituzione del 1812 e diede inizio al Trienno Liberale) e nel Regno delle Due Sicilie (a Napoli gran parte dell’esercito aderì agli ideali della carboneria e nel luglio 1820 si sollevò per ottenere dal re una costituzione simile a quella spagnola) tornò a minacciare la “tenuta” dell’assolutismo

sabaudo. I Carabinieri Reali dovettero dunque intensificare la propria azione di sorveglianza e soffocamento di ogni forma di dissidenza liberal-democratica.Il nuovo comandante del Corpo, il Colonnello Giovanni Maria Cavasanti, nel suo memoriale si lamenta con il nuovo re Carlo Felice del fatto che “il risultato di siffatta vigilanza [si riduceva di fatto] alla sola informativa delle notizie che si raccoglievano” e che “le circostanze stesse della sollevazione dell’Università mostrarono ad evidenza che persino in tali urgenze era il Corpo paralizzato”.Cavasanti si riferisce esplicitamente ai fatti del “noto ammutinamento dei Studenti nel Teatro d’Angennes” (teatro lirico sito nei pressi del quartiere universitario), dai quali sarebbe scoccata la scintilla dei moti del 1821 in Piemonte. Durante il carnevale, la sera dell’11 gennaio 1821 – mentre sul palco si esibiva Carlotta Marchionni della “Compagnia Reale Sarda” – quattro studenti erano infatti entrati a teatro sfoggiando il berretto frigio rosso con la coccarda nera, i colori della Carboneria. La provocazione politica non passò inosservata: due di loro furono arrestati dai Carabinieri, gli altri due si costituirono in seguito su consiglio dell’assessore dell’Università. La notizia del duplice arresto, avvenuto in violazione del privilegio del foro dell’ateneo (per arrestare uno studente occorreva infatti un mandato del magistrato della Riforma della Regia Università), provocò la sollevazione di centinaia di studenti, che occuparono il cortile dell’Università e vi si barricarono, dopo aver ingaggiato una sassaiola contro la Polizia.Ignorando l’intercessione in loro favore da parte del Rettore e del conte Prospero Balbo, il governatore di Torino Ignazio Thaon di Revel ordinò l’assalto del palazzo: la Forza Pubblica insegue i giovani su per i piani superiori e nella cappella, ferendone una trentina a colpi di baionetta e sciabola e arrestandone oltre sessanta. Ciò che il Colonnello Cavasanti lamenta in queste pagine del suo memoriale è proprio la disapprovazione da parte della Polizia dell’uso della forza con cui otto carabinieri ebbero la meglio su 150 studenti in rivolta nel teatro, e – soprattutto – che i suoi uomini abbiano dovuto subire senza facoltà di reagire insulti e parole ingiuriose, senza potersi avvalere delle armi se non in casi di assoluta necessità: anche in occasione della sassaiola contro la Forza Pubblica, i Carabinieri avevano avuto ordine di non reagire né intervenire militarmente, limitandosi a far ala alla truppa diretta a sedare con le armi il tumulto.La miccia innescata quasi casualmente dai quattro universitari nel Teatro d’Angennes sfociò, due mesi più tardi, nella rivoluzione liberale del marzo 1821, volta all’ottenimento di una Costituzione simile a quella spagnola del 1812. Vittorio Emanuele I, incapace di sostenere le pressioni esercitate sulla corona, il 13 marzo abdicò in favore del fratello Carlo Felice.

1821, 15 marzo, Torino

Attestato di benemerenza con cui si riconosce l’esemplare condotta tenuta dal Corpo dei Carabinieri nel corso dei moti rivoluzionari del 1821.

«Lettera diretta dalla Civica Amministrazione della Città di Torino al Colonnello Comandante il Corpo de’ Carabinieri Reali», Museo Storico dell'Arma dei Carabinieri, Roma, Sala de I Carabinieri nella storia d’Italia

Alberto Spagnoli, La carica dei Carabinieri a Grenoble, olio su tela, Museo Storico dell'Arma dei Carabinieri, Roma, Sala de I Carabinieri nella storia d’Italia

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iCARABINIERIdel

RECarlo F elice 1821 - 1831

Il difficile insediamento di Carlo Felice

Il proclama di Govone1821, 13 ottobre, GovoneProclama di Re Carlo Felice nell’imminenza del suo insediamento sul trono sabaudo. Museo Storico dell'Arma dei Carabinieri, Roma, Sala de I Carabinieri nella storia d’Italia

«Per la costante rinuncia dell’ottimo Re mio augusto fratello, Noi pigliammo le redini del nostro Regno fra gravissimi turbamenti.[…]Lontani Ci occupammo per ridonare l'ordine e la tranquillità a’ nostri Stati, e senza il concorso degli eserciti, che generosamente Ci offersero gli alti e potenti nostri Alleati, vedemmo ristabilita la calma colla cooperazione di un solo Corpo ausiliare, che non ebbe a oltrepassare che di poco i confini del Regno.[…]Guerrieri nostri fedeli, se sciagurati individui dell’Esercito hanno macchiato le loro bandiere, il grido d’esecrazione, con cui li disperdeste, ha conservato alle vostre il primiero splendore, e la grazia Sovrana.Noi Ci compiaceremo nel riconoscere coloro, che nelle passate vicende più vivi mostrarono i sensi d'amore al proprio dovere, e di divozione alla persona del Re mio fratello e mia.[…]Di voi, abitanti della nostra capitale, Ci è noto il contegno; se un’audace fazione vi sorprese col tradimento e colla forza, se corrotti giovani ingrossarono il numero de’ ribelli, la vostra tristezza in quelle scene funeste, era non dubbia interprete dei vostri sentimenti e della vostra fede; e la continuazione di questi nobili sentimenti Ci renderà grato il soggiornare presso di voi, e vi assicurerà la nostra Sovrana benevolenza.[…] Ritorneranno così i tempi avventurati, in cui, disprezzate le ingannevoli, e perverse teorie dei giorni nostri, imperava il vero principio, che la Religione, i buoni costumi, l’affetto paterno del Re, l’obbedienza e la divozione de’ sudditi sono le sole basi immutabili della felicità de’ Popoli.Dato a Govone li tredici ottobre mille ottocento ventuno».

Può stupire l’espressione “costante rinuncia” riferita all’abdicazione di Vittorio Emanuele I, avvenuta il 13 marzo 1821: in effetti, Carlo Felice fu tutt’altro che lieto di trovarsi a salire al trono grazie ad una rivoluzione, e sulle prime considerò nulla la decisione di suo fratello, poiché estorta con la violenza. D’altronde, allo scoppio della rivoluzione liberale di marzo, egli si trovava nel Ducato di Modena e, contestualmente all’abdicazione, al giovane Carlo Alberto di Savoia-Carignano era stata affidata la reggenza del Regno di Sardegna. Nel caos seguito alle dimissioni istantanee di tutti i ministri e alla spaccatura che si era consumata in seno all’esercito e alla burocrazia, la sera stessa del 13 marzo il reggente concesse l’agognata Costituzione “spagnola” per la quale era esplosa l’insurrezione, con riserva dell’approvazione del nuovo re.

L’entusiasmo della popolazione durò pochi giorni. Carlo Felice, da Modena, depose immediatamente il reggente e revocò ogni sua concessione. L’intervento armato austriaco (“un solo Corpo ausiliare, che non ebbe a oltrepassare che di poco i confini del Regno”) al fianco delle truppe piemontesi fedeli alla corona soffocò entro i primi dieci giorni di aprile la rivoluzione liberale.Cionondimeno Vittorio Emanuele I non recedette dalla sua decisione di lasciare il trono (ecco spiegato il carattere di continuità suggerito dall’aggettivo “costante”) e il 19 aprile ratificò la propria abdicazione. Il 25 aprile Carlo Felice assunse così la dignità ed il titolo di re “fra gravissimi turbamenti”.Nei confronti degli insorti fu intrapresa una persecuzione a tappeto. Per quanto riguarda le frange dell’esercito che avevano fatto proprie le istanze liberali (“sciagurati individui dell’Esercito hanno macchiato le loro bandiere”) e si erano sollevate in armi per ottenere la Costituzione, in Piemonte venne nominata una Commissione militare per indagare sulla condotta degli ufficiali e dei sottufficiali, ed entro ottobre furono destituiti 627 ufficiali, mentre altri 300 risultavano in attesa di sentenza. Dopo la prima ondata repressiva e di epurazione dell’esercito, della burocrazia e degli intellettuali piemontesi, all’inizio dell’autunno Carlo Felice si risolse finalmente a tornare nei suoi Stati. Il 10 ottobre giunse nell’amato castello di Govone dove scrisse il presente proclama, e quattro giorni più tardi entrò nella capitale, animato da sentimenti di répugnance extrème verso la città in cui si era consumato uno scandale orrible.

Continua nella pagina seguente

Un Brevetto dei Carabinieri Reali1822, 11 dicembre, VeronaBrevetto Reale con cui Carlo Felice conferisce al Maresciallo d’Alloggio sovrannumerario Francesco Bornese la nomina a Maresciallo d’Alloggio effettivo.

Brevetto di nomina di un Maresciallo d’alloggio del Corpo a firma di Carlo Felice, Museo Storico dell'Arma dei Carabinieri, Roma, Sala de I Carabinieri nella storia d’Italia

Assento (= patente) di Carlo Felice, re di Sardegna, a favore di Francesco Bornese, nominato maresciallo d’alloggio effettivo dei Carabinieri Reali (1822, dicembre 11, Verona). Il documento reca la firma del sovrano, e - unita ad essa da un tratto di penna verticale - quella del suo segretario di gabinetto, il conte Radicati di Cocconato. In basso a sinistra è apposto il sigillo reale minore, di cera sotto carta, recante lo stemma del Re; la protezione in carta è ritagliata a foggia di croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.Carlo Felice si trovava a Verona per partecipare all’omonimo congresso, convocato dalla Santa Alleanza (Austria, Prussia, Russia) per discutere, tra gli altri problemi, la situazione politica dell’Italia all’indomani della repressione dei moti liberali del 1821.

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Carlo F elice 1821 - 1831

Il nuovo Regolamentodel1822Con le regie patenti del 12 ottobre 1822, Carlo Felice introdusse significative novità cer-cando di rendere più agili i rapporti tra i vari funzionari militari, politici ed amministrativi. Le innovazioni poi apportate dal nuovo regolamento organico generale rappresenta-rono una vera e propria “rifondazione” del Corpo. Il rinnovamento dell’immagine del Corpo si fonda soprattutto su alcuni importanti aspetti: l’istituzione della categoria degli Allievi Carabinieri, l’estensione alla Sardegna di nuove Divisioni e la regolamentazio-ne dell’operato attraverso un più stretto controllo dell’ordine interno e della disciplina. Dopo le insurrezioni del ’21 il Ministero di Polizia venne soppresso e il servizio passò alla dipendenza degli Interni. La nuova riorganizzazione aveva previsto l’unione delle funzioni di pubblica sicurezza per consentire un controllo capillare su tutto il territorio dello Stato da parte di un’autorità ci-vile e politica. Venne introdotta la figura dell’ispettore generale dei Carabinieri il cui ruolo consiste nel vigilare sulle operazioni di contabilità, sul vestiario e sulla disciplina e relazio-nare al sovrano tutte le notizie provenienti dai comandi inferiori (in quegli anni il ruolo è ricoperto da Gaspare Gerolamo Roget di Cholex). ll Regolamento Generale del Corpo dei Carabinieri Reali emanato il 16 ottobre 1822 restò in vigore per oltre settant’anni, e venne sostituito dal Regolamento Organico e dal Regolamento d’Istruzione e di Servizio approvati il 1° maggio 1892.

Carlo Felice diventò re nel 1821 dopo l’abdicazione del fratello maggiore Vittorio Emanuele I. I moti liberali in Piemonte presero l’avvio nei primi mesi del 1821, ed ebbero come epicentro l’Università di Torino. Contrario ad attaccare i ribelli, ma ancora di più a concedere la Costituzione spagnola, Vittorio Emanuele I abdicò a favore del fratello Carlo Felice, temporaneamente a Modena, nominando reggente Carlo Alberto. L’operato dei Carabinieri Reali nella capitale e nelle altre località del Regno di Sardegna venne coordinato dal fedelissimo Comandante

Generale, Colonnello Giovanni Maria Cavasanti e contribuì ad accrescere l’identificazione fra Carabinieri e Restaurazione. Il “corpo eletto” non uscì tuttavia indenne dai moti, poiché anche tra i carabinieri numerosi furono i tentennamenti e le adesioni agli ideali liberali, seppur prontamente puniti con sanzioni, prepensionamenti e in taluni casi con la pena di morte. L’Arma usciva tuttavia rafforzata dall’esperienza dei moti sancendo un’indissolubile legame con la monarchia e dimostrandosi garanzia di legalità restaurata per il sovrano.

I moti del ’21

1822, 12 ottobre Regie Patenti Regolamento Corpo Carabinieri Reali.ASTo, Corte, Materie Giuridiche, Editti Originali, mazzo 53/bis

Una tappa importante nella stabilizzazione del Corpo e quindi della sua organizzazione è rappresentato dal Regolamento del 1822.È un vero e proprio riordinamento della materia che fa seguito alle numerose e disarticolate norme precedenti. Le novità riguardavano:• L’Istituzione degli Allievi Carabinieri• L’estensione alla Sardegna delle divisioni di Carabinieri• Un più stretto controllo dell’ordine interno e della disciplina

Il nuovo Regolamento del 1822

1821, Torino“Agli Uffiziali del corpo dei Carabinieri Reali. Omaggio di riconoscenza dei loro bass’uffiziali tributato nell’occasione in cui fecesi un pranzo di gioia, li 23 aprile 1821”, sonetto celebrativo a stampa.Archivio Storico della Città di Torino, Collezione Simeom, C 8326

«Qual giorno più aggradevole,Qual giorno più felice,In cui la fè immutabileAl Re attestar ci lice!»

Pranzi di gioia

Stele in largo Marconi a Torino.L’11 marzo 1821, davanti alla Chiesa di San Salvario, scoppiarono i moti carbonari guidati da Annibale Santorre di Santarosa,

Ministro della Guerra di Carlo Alberto. In questo luogo, oggi, è collocata una stele commemorativa dell’accaduto. Al vertice dell’obelisco vi è una stella a cinque punte, simbolo della Massoneria. La società segreta svolse infatti, anche a Torino, un ruolo importante nel Risorgimento: molti federati e carbonari, promotori dei moti del

‘21, provenivano dai suoi ranghi.

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1821, 9 agosto, ModenaLettera d’encomio indirizzata da Carlo Felice al Colonnello Cavasanti per l’esemplare comportamento dei suoi uomini durante i moti del 1821.

«Circolare del Re Carlo Felice al Cavaliere Cavasanti Colonnello del Corpo de’ Carabinieri Reali». Museo Storico dell'Arma dei Carabinieri, Roma, Sala de I Carabinieri nella storia d’Italia

«Cavaliere Cavasanti. Il Corpo de’ Carabinieri ha chiaramente dimostrato ne’ mesi di Marzo e di Aprile quanto valgano un forte ordinamento una continua vigilanza ed una stretta disciplina. Esso ha saputo nel medesimo tempo sostenere i diritti della Nostra Corona, e contribuire alla tranquillità delle famiglie coll’opporre un freno all’audacia de’ faziosi e dei malevoli. […] Anche in Savoja, Genova, Nizza e ne’ campi di Novara si è distinto per intrepidezza e per esemplare fedeltà. La condotta di pochi traviati non può menomamente oscurare l’onore del Corpo intiero. Ben ci son note tutte le circostanze, tutte le seduzioni che si adoprarono, e tutte le insidie che gli furon tese. […] Esprimete per noi a questi [Ufficiali] ed a tutti i Marescialli d’alloggio, Brigadieri e Carabinieri questi sentimenti, e dite loro di quanto piacere Ci sarà l’incontrarli i primi alla frontiera de’ Nostri Stati».

Da Modena, ove Carlo Felice si trovava ancora nel cuore dell’estate 1821, il nuovo Re di Sardegna ordina la celere istruzione dei processi contro gli insorti, riservando le pene più severe ai militari.A marzo, sotto il governo provvisorio insediatosi dopo l’abdicazione di Vittorio Emanuele I, la nuova Direzione di Polizia aveva tentato invano di assoggettare ai propri comandi il Corpo dei Carabinieri, considerato il reparto più prestigioso delle forze armate del Regno. Nella capitale la concentrazione di carabinieri era aumentata sino alle 400 unità e il nuovo governo costituzionalista, ben conoscendo i sentimenti lealisti del Corpo, ne temeva un colpo di mano e soprattutto ch’esso decidesse di raggiungere a Novara le truppe dell’esercito fedeli al re.Il 1° aprile, infatti, il Colonnello Cavasanti non sopportando ulteriormente l’inattività forzata cui era stato costretto e presagendo un imminente attacco costituzionalista alla caserma centrale di piazza Carlina, lasciò improvvisamente la capitale alla volta di Novara. Tuttavia, appena la colonna si mosse dai propri quartieri, un piccolo drappello di Carabinieri a cavallo si diresse al galoppo verso le milizie costituzionaliste concentrate nei pressi del Palazzo reale, gridando a gran voce il proposito di unirsi a loro: riconosciuta la divisa, vennero accolti a fucilate.Gli storici ipotizzano che essi avessero tentato una manovra diversiva per proteggere l’uscita della gran parte del Corpo da Torino o che avessero tentato di insinuarsi nelle file costituzionaliste per disaggregarle. In ogni caso nemmeno i loro nemici credettero per un istante che il fedelissimo braccio armato della corona sabauda potesse mai ammutinarsi.Rientrato trionfalmente a Torino l’11 aprile, il Colonnello Cavasanti si adoperò per confermare il prestigio e l’onore del Corpo. Alle funzioni amministrative e alle prestazioni militari magistralmente condotte, unì momenti “diplomatici” fra i suoi sottoposti – ufficiali, sottufficiali e truppa – con cui seppe risaldare non solo agli occhi dell’opinione pubblica, ma soprattutto fra le proprie fila, il senso dell’integrità morale e civile del Corpo, del suo alto ruolo militare e della sua inadombrabile fedeltà al sovrano.Una volta ristabilito l’assolutismo monarchico, fra i sottufficiali e la truppa si contarono ben 99 elementi sotto procedimento penale, anche se le pene comminate non si rivelarono troppo severe. Fra gli ufficiali dodici uomini furono riconosciuti colpevoli, e uno di loro sarà giustiziato.Scrive Cavasanti nel suo memoriale: “lo traviamento di alcuni pochi individui [del Corpo] non ha potuto oscurare menomamente la sua riputazione; le taccie sono personali, e spariscono al cospetto del nuovo lustro che tante azioni distinte gli hanno acquistato”.Nuova luce si getta in questi termini sulla lettera di encomio di Carlo Felice, quasi una replica al sentire di Cavasanti di cui il sovrano addirittura riecheggia le parole: “La condotta di pochi traviati non può menomamente oscurare l’onore del Corpo intiero”.

La condotta del Corpo nel conflitto tra costituzionalisti e lealisti

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RE

L'uniformeFra i molti capitoli di cui è composto, il Regolamento prevedeva inoltre una descrizione puntigliosa dell’uniforme dei Carabinieri, per la cavalleria e la fanteria. Erano previste tre tenute: da parata, dei giorni festivi e ordinaria. L’uniforme contemplava ancora in alcuni piccoli dettagli lo stile adottato sotto il dominio napoleonico, ma ben evidenziava l’immagine nuova del militare sabaudo. Bottoni bianchi, asole in argento, ricami e pennacchi, panni rossi e turchini servivano per meglio identificare il Carabiniere.Vengono inoltre elencati gli armamenti, gli arredi e gli accessori per la cura del cavallo.

La Tabella della PagheL'ordinamento del Corpo dei Carabinieri e le relative paghe, stabiliti con la "Determinazione Sovrana" del 9 novembre 1816, vennero modificati proprio con il nuovo Regolamento del 1822.Oltre a richiedere una rigorosa obbedienza ai militari, il Regolamento disponeva anche una Tabella delle Paghe che teneva conto sia dei gradi dei carabinieri sia delle razioni di foraggio, distinguendo inoltre tra fanteria e cavalleria.Il grado più basso era quello di Allievo, istituito per la prima volta proprio nel 1822, e l’addestramento che ad essi veniva imposto era indispensabile per preparare le reclute e verificarne l’affidabilità etica e politica.

1822, 16 ottobreRegolamento generale del corpo dei Carabinieri Reali approvato da S.M. il 16 ottobre 1822, Torino, tipografia di Chirio e Mina, stampatori dell’Ispezione generale del Corpo dei Carabinieri Reali, 1822. Biblioteca Reale di Torino, coll. L 25.37

«Il Corpo de’ Carabinieri Reali è una fonte istituita per invigilare sulla pubblica sicurezza, per assicurare nell’interno dello Stato ed in campo presso le Regie Armate, la conservazione dell’ordine, e la esecuzione delle leggi.Una vigilanza attiva, non interrotta, e repressiva costituisce l’essenza del suo servizio» (Parte Prima, Capitolo I - Dell’istituzione dei Carabinieri Reali).

Il Regolamento generale emanato da Carlo Felice nel 1822 costituirà la base di tutti i regolamenti successivi. Si tratta di un volume di oltre 200 pagine, con una serie di allegati, in cui viene disciplinato ogni aspetto del Corpo: l’organizzazione, il personale, le relazioni con le autorità, i dettagli di servizio, l’ordine interno, la disciplina, ecc. I principi duraturi previsti dal regolamento prescrivevano che i carabinieri dovessero essere in servizio almeno in due (fatta eccezione la trasmissione di dispacci urgenti), dovessero sempre considerarsi in servizio, in ogni circostanza e a ogni ora, e dovessero mantenere un contegno distinto, dignitoso, fermo e urbano, ma nello stesso tempo umano e imparziale.

Il Regolamento del 1822

Il giuramento al reCon questo solenne impegno morale il carabiniere assumeva un duplice vincolo, verso

il Sovrano e verso Dio. Secondo l'ideologia della Restaurazione, l'unione di trono e

altare era fondamentale per la conservazione dell'ordine sociale. Il giuramento veniva

prestato infatti in chiesa in presenza del vescovo o di un ecclesiastico incaricato.

Il Regolamento del 1822 dedicava inoltre un intero capitolo ai doveri religiosi: senza i

principi della morale cattolica non possono esservi onestà e valore e chi non professa la

fede cristiana non può aspirare alla stima pubblica e del re.

La fedeltà e lo spirito di sacrificio erano esclusivamente rivolti al sovrano e all'ordine re-

staurato, in accordo con le finalità anti-eversive del nuovo corpo. Solo nel 1848 e dopo

la concessione dello Statuto albertino la formula verrà modificata, rispecchiando il cam-

biamento sotto il nuovo regime costituzionale. La nuova formula reciterà: "Io giuro di es-

sere fedele a S.S. R. M. [ Sua Sacra Real Maestà] ed ai suoi Reali predecessori, di osservare

lealmente lo Statuto, le leggi dello Stato e di adempiere a tutti li doveri che sono inerenti

alla mia qualità di militare col solo scopo del bene inseparabile del Re e della Patria".

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RECarlo F elice 1821 - 1831 31

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RE

La politica dei riconoscimentiLe gratificheLa concessione di gratifiche a militari meritevoli o che si sono

distinti in particolari situazioni di pericolo rientravano in una

ben precisa politica degli incentivi che rappresentava un

chiaro investimento da parte della casa reale per garantirsi la

fedeltà delle forze dell’ordine. I Registri delle Relazioni a Sua

Maestà riportano numerosi casi di gratifiche, e l’immagine

che ne scaturisce è quella di un monarca generoso, attento

ai suoi figliuoli, quasi fosse un pater familias. Vengono così

elargiti premi per gli arresti di sediziosi, per i salvataggi di vite

umane e per lo zelo dimostrato “Riconoscendosi sempre uti-

li sifatti incoraggiamenti dell’Arma de’ Carabinieri Reali che

ognora si rende sempre più interessante, il Primo Segretario

di Stato per gli affari Interni ne riferisce a V. M. raccomandan-

do alla sovrana magnificenza la zelante ed utile azione del

Carabiniere…”.

Il nuovo corpo tardò però a generare consensi tra la popo-

lazione e i carabinieri furono spesso vittime di insolenze,

aggressioni o insulti. I ripetuti attacchi subiti dai

carabinieri in Lomellina evidenziano l’effet-

tiva fragilità del consenso ricevuto: lentezze

burocratiche, diffidenza e scarso accoglimento

accompagneranno i primi anni di vita dell’Arma.

Tra il 1815 e il 1822 per ben sei volte a Palestro

scoppiarono rivolte contro i carabinieri costrin-

gendo il Ministero degli Interni all’invio di

un distaccamento di truppa stabile a spese

del comune.

Il salvataggio di una donna

1822, 27 settembreMemoria del reclamo del Colonnello dei Carabinieri per conservare la gratificazione di «£ 50 per ogni fuggitivo dalla Galera arrestato» (lettera, 2 gennaio 1822).ASTo, Corte, Segreteria di Stato per gli Affari Interni del Regno di Sardegna, Alta Polizia, Relazioni a Sua Maestà, vol. 346

Il Colonnello reclama una maggiorazione di pagamento per l’arresto di un evaso dalle carceri. Il compenso di lire 50 era stato indicato nelle Regie Patenti del 15 ottobre 1816, ma in quelle del 17 novembre 1821 esso risulta ridotto a sole 10. Il militare invia pertanto una lettera del Ministero di Guerra specificando che tale variazione fu un errore del copista.

1822, 8 marzoRelazione per la gratificazione di 120 lire a favore del carabiniere Tonello per il salvataggio di una donna in pericolo di annegamento, volume manoscritto cartaceo.ASTo, Corte Alta Polizia, Gabinetto di Polizia, mazzo 346, p. 686

«…osa di proporre alla Sovrana Munificienza […] che spera voglia degnarsi di accordare alla bella azione del Carabiniere Tonello […] una gratificazione straordinaria di Lire Centoventi […] ciò che servirà senza dubbio a maggior stimolo pel Pregio e pubblico Vantaggio».

Il Primo Segretario di Stato per gli Affari Interni propone al sovrano di accordare al carabiniere Tonello, di servizio a Sainte-Marie-de-Cuines (Savoia), una ricompenza di 120 lire, da trarsi dai fondi di Polizia, per aver tratto in salvo, il 27 febbraio 1822, una certa Margarita Vachet, sopraffatta dall’impeto delle acque del fiume Arc che stava tentando di guadare.Il carabiniere Tonello della Stazione di La Chambre, di passaggio vicino al fiume Arc, in servizio di corrispondenza, «si slancia nelle acque e dopo lunghi stenti giunge ad afferrar la donna e riesce di trarla in sciutto semiviva incurante del pericolo». Questa vicenda, insieme a molte altre esposte nei registri delle Relazioni a sua Maestà, è volta a diffondere un’immagine del Carabiniere zelante e onesto che vigila costantemente sulla pubblica sicurezza mettendo a repentaglio la sua propria esistenza per soccorrere deboli e sventurati.

1822 , 15 AprileASTo, Corte, Segreteria di Stato per gli Affari Interni del Regno di Sardegna, Alta Polizia, Relazioni a Sua Maestà, vol. 346, n° registro 40, n° protocollo 977

«Per spedizione di un distaccamento di truppe in Palestro a carico di quel Comune per rimanervi finché saranno scoperti ed arrestati li colpevoli di rivolta ai Carabinieri Reali».

L’8 aprile del 1822 i Carabinieri Reali della Stazione di Robbio furono attaccati, offesi e malmenati da una turba di giovinastri in prossimità di Palestro. Non vi furono feriti, ma il Governatore di Novara, nel riferire l’accaduto, espresse preoccupazione per la situazione venutasi a creare negli anni in Lomellina e richiese misure di rigore nei confronti degli spiriti torbidi di quel Comune. Risulta evidente che l’immagine del nuovo militare, nei primi anni incerti della Restaurazione, non generasse i consensi desiderati dagli ideatori e nei territori di nuova acquisizione, come la Lomellina, più refrattari al dominio piemontese, e venisse accolta con generale diffidenza.

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RECarlo A lberto1831 -1849

Il nuovo re Carlo Alberto, educato nella Parigi

napoleonica, vicino in gioventù ai patrioti romantici, era

rimasto profondamente deluso dalle società segrete in

occasione dei moti rivoluzionari del 1821 e sembrava

essersi definitivamente allontanato dal liberalismo. Il suo

ideale era una monarchia assoluta, ma non dispotica,

fortemente religiosa e nazionale, e avversa all’Austria.

Nei primi mesi del suo regno fu la componente

reazionaria a prevalere e la repressione delle attività

cospiratrici fu durissima: essa culminerà nel 1833 con

spietate reazioni poliziesche contro ufficiali e borghesi

che avevano aderito agli ideali mazziniani.

Già a partire dall’anno di insediamento si colgono però

piccoli gesti anticipatori della politica riformatrice che

viene attuata a partire dalla seconda metà degli anni

Trenta.

Nacquero infatti la Commissione per la preparazione

dei codici (presieduta da Giuseppe Barbaroux che

preparò i Codici albertini), la Commissione superiore

di statistica, i Congressi e i Consigli provinciali, si diede

impulso all’istruzione primaria e videro la luce importanti

istituzioni. Nel 1832 venne inoltre aperta la Reale Galleria

di quadri, primo nucleo della futura Galleria sabauda,

ospitata in Palazzo Madama e diretta Roberto Tapparelli

d’Azeglio, e nacque la Giunta per le Antichità e Belle Arti;

l’anno successivo fu fondata la Regia Deputazione sopra

gli studi di Storia Patria.

Carlo Alberto istituì inoltre la Biblioteca, situata all’interno

di Palazzo Reale, per raccogliere primariamente opere di

storia degli Stati sabaudi e su argomenti di storia militare,

di numismatica e araldica. La crescita del patrimonio

comportò la sua sistemazione negli attuali ambienti della

residenza reale, allestiti e progettati dall’architetto di

corte Pelagio Palagi. Nel 1839 il sovrano acquisì nuove

collezioni di eccezionale valore tra cui i disegni di grandi

maestri italiani e stranieri dal XIV al XVIII secolo e tredici

fogli autografi di Leonardo da Vinci.

Si è dunque di fronte ad una prima, intensa attività

riformatrice tesa allo svecchiamento delle strutture.

Dopo il colera del 1835, che fece numerose vittime, si

ebbe una svolta nel clima sociale e politico: si incominciò a

dar impulso alla beneficenza, all’assistenza e cautamente

anche all’istruzione popolare. Sull’onda di questa

temperie progressista, Carlo Alberto cominciò a varare

riforme amministrative, economiche e sociali.

Importantissima fu inoltre la politica economica avviata

da Carlo Alberto, orientata sempre più, come nel

resto dell’Europa, verso il libero scambio. Gli indicatori

quantitativi per l’età carloalbertina mostrano una crescita

spettacolare della popolazione, degli scambi e della

produzione industriale. Essa fu particolarmente visibile

nella capitale e questo rinnovamento economico fece

emergere anche numerosi problemi come la condizione

degli operai nelle fabbriche.

In questo quadro si inserisce anche il riordinamento del

Corpo dei Carabinieri avviato con le Regie Patenti del

9 febbraio 1832.

La riorganizzazione del 1832I provvedimenti emanati da Carlo Alberto interessarono anche l’esercito,

che era stato sostanzialmente trascurato durante la reggenza di Carlo Feli-

ce nonostante la pubblicazione del Regolamento del ’22. Il riordinamento

del Corpo lascia intravedere però profonde lacune organizzative: l’esercito

carloalbertino è ancora strutturato per una guerra difensiva e poco adatto

invece ad un’azione offensiva sul campo.

Nelle Regie Patenti del 1822 si stabiliva che il numero di effettivo dei Ca-

rabinieri dovesse raggiungere le 3100 unità, ma dalla relazione di Matteo

Agnès des Geneys del 31 luglio 1827 si apprende che le unità effettive sono

solamente 2166. Carlo Alberto nella riorganizzazione del 1832 (che si com-

pone di numerosi provvedimenti) decise di contenere la forza complessiva

a 2054, sancendo l’eliminazione di alcune cariche intermedie e la riduzione

delle paghe annuali ai carabinieri semplici ma non agli ufficiali.

Questa riduzione del numero dei militari, dovuta soprattutto ad un ridi-

mensionamento delle spese dello Stato, portò inoltre al ritiro dei Cara-

binieri dalla Sardegna e alla soppressione delle divisioni di Cagliari e Sassari.

In sostituzione venne creato il Corpo dei Cavalleggeri e per ritardi burocra-

tici nel passaggio delle consegne le due truppe coesistettero per circa un

anno e mezzo.

Tale austerità e attenzione alle spese è però in contrasto con la politica dei

riconoscimenti, da Carlo Alberto rinnovata negli anni successivi, come si

può constatare nella vicenda Scapaccino.

Variabili sensibili vennero

apportate anche all’unifor-

me: è in questo periodo che

compare la caratteristica

striscia rossa sul pantalone.

1832, 23 dicembreASTo, Riunite, Riordinamento del corpo CC. RR. - 23 dicembre 1832. Regia Segreteria di guerra e marina, Gabinetto, Decreti Reali

Il provvedimento per il riordinamento del Corpo dei Carabinieri Reali. Nelle prime righe si ribadisce con forza il concetto di ridimensionamento delle unità e il restringimento alla sola “terraferma” delle Divisioni, che si concretizzerà nella soppressione delle divisioni della Sardegna.

1832, 23 dicembreASTo, Riunite, Riordinamento del corpo CC. RR. - 23 dicembre 1832. Regia Segreteria di guerra e marina, Gabinetto, Decreti Reali

Questa tabella, richiamata nell’art. 1 e allegata al provvedimento di riordino del Corpo dei Carabinieri Reali, definisce il numero di unità e suddivisioni dell’organico dell’Arma. Un provvedimento quindi volto, fra le altre cose espresse dal Decreto, a “restringere il servizio del Corpo de’ Carabinieri Reali”. Esso inoltre descrive l’organizzazione gerarchica anche in rapporto ai gradi dell’Armata.La firma è quella del “Reggente il Ministero di Guerra e Marina”, Carlo Giuseppe San Martino d’Agliè.

Le Riforme di Carlo Alberto

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RECarlo A lberto1831 -1849

Il riordinamento del Corpo dei Carabinieri: 1832

1844, Firenze«Carta moderna degli stati sardi di terraferma», in Atlante geografico degli Stati Italiani delineato sopra le migliori e più moderne mappe per servire di corredo alla corografia fisica storica e statistica dell’Italia di Attilio Zuccagni-Orlandini. Incisione acquerellata di Vincenzo Stanghi e Giacinto Maina su disegno di G. Pozzi.Archivio Storico della Città di Torino, Collezione cartografica, 142.

Il Regno di Sardegna comprendeva i territori delle attuali regioni italiane Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Sardegna, una piccola parte della Lombardia (Voghera), e la Contea di Nizza e il Ducato di Savoia, oggi francesi, qui raffigurati con le suddivisioni amministrative. Le informazioni più complete sulla popolazione del Regno sardo sono quelle pubblicate nel 1839 dalla Regia Commissione Superiore di Statistica, e riferibili all’anno precedente. Si rileva inoltre che la popolazione generale del Regno era nel detto anno di 4.650.368 individui: 4.125.755 negli Stati di Terraferma, cioè i possedimenti sabaudi sul continente, e 524.633 nell’isola di Sardegna. Sulla cartina (pag. 34) sono state evidenziate con un copricapo storico dei Carabinieri le Compagnie indicate nella Tabella sottostante.

1832, 23 dicembreASTo, Riunite, Riordinamento del corpo CC. RR. del 23 dicembre 1832, Regia Segreteria di guerra e marina, Gabinetto, Decreti Reali, registro 5, pag. 679 e seguenti, manoscritto.

Dalla tabella emerge con chiarezza il disegno di Carlo Alberto di ridimensionare l’organigramma dell’Arma: venne ridisegnata la geografia delle divisioni militari degli Stati di Terraferma cercando di contenere la forza complessiva dei Carabinieri distribuiti nel regno. Vennero escluse le divisioni sarde, istituite nel 1822 con Carlo Felice, e in alcune zone vennero ridotte sensibilmente le stazioni. La tabella, citata nell’articolo 2 del decreto del 1832, riporta con estrema chiarezza i territori coperti dall’attività dell’Arma e le rispettive ripartizioni in compagnie, luogotenenze e stazioni e inoltre ci racconta indirettamente l’estensione dello Stato nel 1832.

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RECarlo A lberto1831 -1849

L’Arma veglia attentaNelle missive confidenziali tra la Direzione di

Polizia Generale e il primo Segretario di Stato per

gli Affari Interni Antonio Maria Francesco di Paola

Bartolomeo Tonduti conte de l’Escarène compaiono

numerosi riferimenti ai sospettati di carbonarismo.

Tra questi, in particolare, un certo Enrico Melloni di

Parma arrestato a Novi il 14 aprile 1832.

L’anno seguente, in una Relazione confidenziale a

sua Maestà conservata nell’archivio del Corpo dei

Carabinieri Reali depositato presso la Biblioteca

Reale di Torino, apprendiamo che il carbonaro è

ancora attentamente sorvegliato dall’Arma.

1832, 14 aprile, GenovaDocumenti riguardanti il “sospettato” avvocato Enrico Melloni, documento cartaceo manoscritto.ASTo, Corte, Alta Polizia, Gabinetto di Polizia, mazzo 143 (fascicolo Melloni)

«I nemici dell’ordine sono però avviliti più che mai, basterebbe che si usassero loro meno riguardi per persuaderli che non sono temuti e forse desisterebbero dalle loro imprese. La mia biografia su essi (se così è lecito chiamarla) fornirà alla circostanza il mezzo

di porre in opera quelle misure preservative che il governo credesse di adottare. So che una di quelle stampe di catechismo o istruzione agli Italiani ha circolato nelle mani di qualche giovinotto e fu pure assicurato ch’era sortita dalle mani di un uffiziale».

Nel rapporto confidenziale si rende nota la circolazione di una “istruzione agli Italiani”, stampata in Marsiglia. Negli stessi giorni erano giunti a Genova il figlio del marchese Coccapani, il Melloni, Pietro Imperatori d’Intra, Giuseppe Finelli di Milano, la cui presenza in città «eccitò la straordinaria sorveglianza» dei Carabinieri. Si susseguirono perquisizioni e pedinamenti che svelarono incontri clandestini a casa del marchese.

Il “sospettato” Enrico Melloni

1832, 15 aprile, GenovaDocumenti riguardanti il “sospettato” avvocato Enrico Melloni, documento cartaceo manoscritto.ASTo, Corte, Alta Polizia, Gabinetto di Polizia, mazzo 143 (fascicolo Melloni)

In questa relazione confidenziale si dà notizia dell’arresto di Enrico Melloni, avvenuto la mattina del 14 aprile alle 3, nella città di Novi. Nella perquisizione che venne ordinata furono rinvenute nove lettere sigillate, tre delle quali non lasciavano dubbio ch’egli appartenesse alla setta rivoluzionaria. Vennero inoltre ordinate perquisizioni nelle case dell’avvocato Vincenzo Gozo, assente, e dell’avvocato Carlo Mazzarotti.

L’arresto di Melloni: “un carbonaro dei Capi”

I moti di iniziativa mazziniana presero

l’avvio dal Piemonte tra il 1833 e il

1834, con una rete estesa a vari centri

nell’obiettivo di farli insorgere contro il

Re, passando dal pensiero all’azione.

Nella capitale l’attività cospirativa della

Giovine Italia si presentava però debole

e con resistenze dovute anche ad un

preesistente tessuto cospirativo, essendo

la città uno dei centri della massoneria.

Mazzini organizzò e finanziò una nuova

spedizione militare che, comandata

dal generale Gerolamo Ramorino,

prevedeva l’invasione della Savoia

combinata con un’insurrezione della

Marina militare a Genova sotto il

comando di Giuseppe Garibaldi.

Dopo una serie di ritardi, la spedizione

venne finalmente decisa per il mese di

febbraio del 1834, ma fallì sul nascere:

resosi conto delle scarsissime speranze

di riuscita, Ramorino diede l’ordine

di ritirarsi. Garibaldi si imbarcò per

Marsiglia e venne qui a sapere della

sua condanna a morte in contumacia.

Tuttavia, una colonna di fuoriusciti

proseguì l’azione puntando sulla Savoia.

I moti mazziniani

1832, 21 aprile, GenovaDocumenti riguardanti il “sospettato” avvocato Enrico Melloni, documento cartaceo manoscritto.ASTo, Corte, Alta Polizia, Gabinetto di Polizia, mazzo 143 (fascicolo Melloni)

Pietro Beretta, Carlo Massarolli, Vincenzo Gozo e Enrico Melloni, già detenuto «per delazione di lettere influenti a delitti politici», vennero convocati in caserma e severamente ammoniti in seguito all’intercettazione del carteggio con il signor Cesare Cabella di Piacenza. Dinanzi alle minacce di arresto, promisero di conservare in avvenire la più «illibata condotta». Il Melloni decise di partire lo stesso giorno per Parma. Al termine della lettera viene ribadita la volontà di continuare la sorveglianza.

Rilasciati ma “segretamente sorvegliati”

1833, 8-25 marzoRelazione confidenziale a Sua Maestà.Biblioteca Reale di Torino, Archivio Carabinieri (1832- 1848), Relazioni confidenziali

«Un tal Melloni Enrico, parmiggiano, uomo pericoloso in materia politica, e già per tale stato arrestato in aprile dello scorso 1832, ritornò testé in Genova, proveniente da Pisa, ed ivi si trova tuttavia. L’Arma veglia attenta su’ suoi andamenti».

Enrico Melloni

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RECarlo A lberto1831 -1849

Alessandro Soffietti,sfuggito ai Carabinieri

“Che canaglia”1833, 27 giugno, TorinoASTo, Corte, Alta Polizia, Gabinetto, Atti distinti per divisione, Torino, cart. 2, n° 365 dal 1846, mazzo 230, fasc. 5 (1833-1846)

Lettera dei Carabinieri Reali di Torino al Generale Maggiore Primo Segretario di Stato per gli Affari Interni relativa alla conferma dell'arresto di Alessandro Soffietti.Il Comandante Cravetta della Compagnia di Torino, avendo ricevuto conferma del mancato arresto dell'avvocato Alessandro Soffietti, si ritrova nella condizione di non poterlo condurre alle carceri di Saluzzo. Chiede dunque al Vicariato di dare al più presto conferma dell'avvenuto arresto.

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RE

1833, 19 giugno, TorinoDocumenti riguardanti il “sospettato” avvocato Alessandro Soffietti, documento cartaceo manoscritto.ASTo, Corte, Alta polizia, Gabinetto di Polizia, mazzo 230 (fascicolo Soffietti)

Lettera d’accompagnamento della relazione dell’Ufficio del Vicariato e Sovra-Intendenza Generale di Politica e Polizia al Primo Segretario di Stato degli Interni in merito alla notizia raccolta da testimoni oculari che il giovane avvocato torinese Alessandro Soffietti, in compagnia dell’amico Ilario Roggero, si era rivolto ingiuriosamente a dei Padri Gesuiti incontrati per strada, «gridando loro dietro ad alta voce e ripetutamente Che canaglia e fece l’atto di sputtar loro indosso; il Roggero vi prese parte ridendo sguajatamente dell’entusiasmo del Soffietti».

A seguito dei moti del ’21, l'attività di sorveglianza

politica, svolta con agenti regolari e informatori prez-

zolati, si era affinata e controllava studenti, personale

dell’università, pubblici funzionari, teatri e tipografi,

annotando discorsi e perquisendo abitazioni. A queste

funzioni si conformò il nuovo corpo dei Carabinieri.

Seguiamo quindi le relazioni dei Carabinieri che cerca-

no di arrestare l’avvocato Alessandro Soffietti – ma in-

vano; lui è già scappato – le lettere che ci raccontano il

suo esilio, e l’immagine che emerge con forza dalla car-

te, quella della madre: Paola Gianotti, vedova Soffietti.

Lo sguardo dei Carabinieri è piuttosto acuto più sulla

madre che sul figlio che è fuggito, e la relazione riser-

vata al Re compilata dal Comandante Richeri del 17

novembre 1833 è degna di un piccolo romanzo e crea

un contrappunto fra il tempo storico con le sue perio-

dizzazioni e le singole vite che lo hanno direttamente

vissuto. Attraverso di loro si percepiscono la complessi-

tà della storia e le sue contraddizioni. E così l’avvocato

Soffietti, che dopo anni di esilio rinnega i suoi pensieri

liberali per chiedere la grazia al Re e tornare in patria,

facendo sembrare lontanissimi gli anni in cui assiste in

Svizzera al Guglielmo Tell di Rossini e avverte attraver-

so la musica l’anelito della libertà contro l’aristocrazia

e il Re – una tematica toccata da Giuseppe Mazzini

nel suo saggio Filosofia della musica del 1836, che

attribuirà alla musica un ruolo sociale e civile – e ci

restituisce un’immagine del teatro d’opera come vero

specchio della società ottocentesca.

Sistemi di valori a confronto, quindi, quelli del governo

del Re, quelli del Corpo dei Carabinieri, quelli dei perso-

naggi coinvolti. Punti prospettici che attraverso i docu-

menti ci restituiscono il gusto di conoscere nuovamente

taluni periodi della nostra storia.

Alessandro Soffietti era stato condannato poiché era

stato visto da alcuni passanti ingiuriare e sputare ad-

dosso a dei Padri Gesuiti vicino ai portici di Palazzo di

Città in contrada Doragrossa. I Carabinieri Reali, per or-

dine del Primo Segretario di Stato per gli Affari Interni,

vennero incaricati di tradurre Soffietti nelle carceri di

Saluzzo, ma quando si recarono presso l’abitazione del

condannato sita a Torino, al primo piano della casa Ga-

vona, porta n° 12, «contrada delli Due Buoi», scopriro-

no che il giovane avvocato aveva già lasciato la capitale

per raggiungere Genova.

Costretto a viaggiare tra Francia e Svizzera mantenne

sempre i contatti con l’Italia, soprattutto con la madre,

che si era dimostrata abilissima nello smistamento di

lettere e nell’intrattenere rapporti stretti con notabili

torinesi. Per questi motivi venne posta sotto sorveglian-

za dai Carabinieri Reali, e si trovò a fingere anche un

mancamento durante una perquisizione in casa.

La vedova Soffietti era stata segnalata come latrice di

corrispondenze in materia politica ed aveva viaggiato

tra Lione e Ginevra senza subire controlli prima di var-

care la frontiera poiché viaggiava con il corriere.

Nel 1845 Soffietti si trovava a Lione e inviò a Carlo

Alberto una supplica per poter rientrare in Piemonte.

Il 19 marzo 1846 la pratica venne definitivamente chiu-

sa e l’Ispettorato Generale di Polizia concesse al fuoru-

scito di rientrare definitivamente in patria.

Un arresto mancato

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RECarlo A lberto1831 -1849

1834, 26 gennaio, Ginevra Documenti riguardanti il “sospettato” avvocato Alessandro Soffietti, documento cartaceo manoscritto.ASTo, Corte, Alta polizia, Gabinetto di Polizia, mazzo 230 (fascicolo Soffietti)

«Sono inalterabilmente deciso di non più ritornare in Italia per grazia di Carlo Alberto, né lui dominante od alcun altro al mondo che s’innalzi al di sopra del popolo d’un sol pollice. Dichiaro di più che: la mia divisa in un coll’immensa maggiorità della gioventù italiana è Eguaglianza, Libertà, Umanità applicata alla nostra patria, l’Italia, che vogliamo Unita ed Indipendente. Affermo inoltre che per i suddetti principii ho sempre cospirato; che essi mi impedirono di ottenere ogni qualunque impiego regio; che pei suddetti mi trovo lungi dalla patria la quale in qualunque parte del mondo mi trovi sarà sempre in cima de’ miei pensieri; ad essa pospongo Vita, Salute, Ricchezze ed Onore e se per qualunque accidente ritornassi in patria, dominante un Re, raddoppierei di forze per abbatterlo; e forse il patibolo mi attenderebbe o la palla soldatesca […]. Non voglio credere che tu veda raramente gli amici, atteso il Carnevale, giacché ti conosco e so che mentre i nostri fratelli gemono in galera ed in carcere su tutta la superficie d’Italia è impossibile non dirò già di frequentare lo spettacolo che ciò ravviva gli abbattuti spiriti, ma di darsi a quei baccanali degni solo dei Re e degli aristocratici. Ti scrivo coll’anima ancora inebbriata della divina musica del Guglielmo Tell rappresentato ieri sera e che mi scosse talmente sia pel soggetto veramente popolare e patriottico come pei numeri maestosi del gran Rossini che mi fu impossibile di chiudere occhio tutta la notte. Il solito amore di tutte le opere entra quasi per nulla in questa ma tutta versa sulla liberazione dell’Elvezia dagli artigli dell’Austria».

Lettera dell’avvocato Alessandro Soffietti alla madre, nella quale, dalla Svizzera, le esprime i propri sentimenti politici e patriottici.

Non tornerò più in Italia

1834, 17 novembre, Genova Relazione confidenziale a Sua Maestà sui movimenti della signora Paola Gianotti, vedova Soffietti, madre dell’esule Alessandro, rifugiato a Ginevra come Giuseppe Mazzini, documeto cartaceo manoscritto.Biblioteca Reale di Torino, Archivio Carabinieri (1832-1848), Relazione confidenziale del 17 novembre 1833

«Dalle informazioni fatte assumere sul conto e sulle relazioni della signora vedova Soffietti, di cui è oggetto nella precedente relazione, risulta essere la medesima intrigantissima, e di avere effettivamente molte aderenze colle persone conosciute per essere animate da sentimenti liberali. Essa dimostra una continua inquietudine, va tuttodì girovagando, sorte da una casa, e rientra nell’altra, e direbbesi che cerca così di deludere la sorveglianza che si è verso di lei stabilita. Ella è assai opulente, ed ama di figurare, essendo piuttosto vanatella. Tiene molti amici ed aderenti in ogni ceto di persone, tra le quali frequenta più assiduamente l’architetto Allegro, l’avvocato Miaglia (liberalissimi); certo signor Armegna ricevitore del regio Lotto nella contrada delle Fragole; il già negoziante Falletti ora commesso nelli Uffici delli Incendi ed il signor Ferrero impiegato nelle regie gabelle.Quest’ultimo possiede una vigna sulla collina di Torino, ove nella bella stagione soleva la vedova Soffietti recarsi. Costei tiene poi molte relazioni con lo spedizioniere Misterletti, suo cognato, per di cui mezzo si creda spedisca e riceva la sua corrispondenza col figlio in Ginevra. Nel seguito di siffatte risultanze si è disposto che si tengano di vista tutte le sucitate persone, e si è d’ogni cosa informata la Regia Segreteria di Stato per gli Affari Interni.Il comandante la luogotenenza di Saint Julien con sua lettera del 9 andante riferisce che nella precedente settimana, sul cantone di Ginevra, ed a poca distanza da quella città si fecero varie riunioni patriotiche con molto concorso di partiggiani d’ogni nazione; e fra le altre si cita più specialmente quella tenutasi in Chiene in casa del medico Jacquier, ove intervennero i più caldi repubblicani tra i quali i compilatori dei diabolici giornali “Le Precurseur de Lyon et l’Europe Centrale”. A Laney, la casa dell’avvocato Chaumontel è divenuta una continua seduta. Costui, famoso egoista e nemico giurato di ogni governo, travaglia senza posa a far proseliti rivoluzionari, anche nella classe degli oziosi e vagabondi, purché possa trarne profitto.Mazzini era aspettato a Ginevra, ove già trovasi da alcuni giorni S. E. l’ambasciatore di Russia, il quale è intenzionato di farne minutamente esplorare gli andamenti. Soffietti continua ad andare e venire da Ginevra a Lione, e sempre con nuovi ceffi di sua sfera.In questi giorni ha fatto gran rumore in Svizzera e si è fatto un grande smercio a favore della Giovine Italia, d’una stampa rappresentante La libertà che fa il giro d’Europa, della quale se ne fece acquisto d’una copia dal preffato comandante di luogotenenza che si rassegna qui unita. Li rivoluzionari che sono in Isvizzera pare siano pure de lui persuasi di non poter presentemente riuscire nel loro intento, ma prosieguono ciò nondimeno a darsi del moto per tenere in apprensione i governi e risvegliati li di loro aderenti.

Il maggior Generale dei Carabinieri Reali Richeri».

Il 13 novembre lo stesso Richeri aveva già informato il Primo Segretario di Stato per gli affari interni sulle relazioni della vedova Soffietti (cfr. Archivio di Stato di Torino, Corte, Alta Polizia, Gabinetto, Atti distinti per divisione, Torino, cart. 2, n° 365 dal 1846, mazzo 230, fasc. 5, aa. 1833-1846).

Vedova intrigantissima

1845, 1 settembre, Lione Documenti riguardanti il “sospettato” avvocato Alessandro Soffietti, documento cartaceo manoscritto.ASTo, Corte, Alta polizia, Gabinetto di Polizia, mazzo 230 (fascicolo Soffietti)

«L’infelice mia madre, aggravata dai mali inseparabili dalla vecchiaja e quasi cieca, abbisogna del mio ajuto e della mia presenza, fattasi più che mai necessaria per por fine ad alcune liti cui essa soccombe da più anni, e dar sesto definitivo agli intralciati affari di famiglia».

Supplica di Alessandro Soffietti a Carlo Alberto al fine di rientrare in Piemonte, poiché «la di lui salute richiede pure alcun ristoro dell’aria natale, sola capace di restituirgli le smarrite forze del corpo e implora il sovrano colla massima riverenza ed inalterabile devozione».

Tornare dall’esilio

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RECarlo A lberto1831 -1849

Il carabiniere a cavallo Giovanni Battista Scapaccino Il progetto rivoluzionario di Mazzini proseguì nonostante la ritirata imposta dal generale Gerolamo Ramorino e una colonna di fuorusciti puntò sull’Alta Savoia, e in partico-lare sulla cittadina di Les Échelles, piccolo comune situato sulla frontiera nella regione del Rhône-Alpes.Qui avvenne l’episodio consacrato al massimo grado di celebrità per simboleggiare lo spirito di sacrificio ed esal-tare l’immagine dell’Arma: l’omicidio di Giovanni Battista Scapaccino. Il carabiniere, nativo di Incisa (comune in provincia di Asti, che nel 1928 prese il nome di Incisa Scapaccino in ricordo del militare ucciso, decaduta la denominazione risalente al 1863 di Incisa Belbo), arruolatosi volontario il 13 dicem-bre 1822 nel Reggimento “Piemonte Reale Cavalleria”, nel 1830 passò nel Corpo dei Carabinieri Reali e fu desti-nato alla Stazione di Les Échelles, in Savoia. La sera del 3 febbraio 1834, sulla strada che da Chambéry conduceva alla Stazione dei Carabinieri, si imbatté in un drappello di fuoriusciti. Secondo la ricostruzione sabauda poi diffusa, gli insorti intimarono al militare a cavallo di riconoscere la bandiera tricolore, ma il carabiniere rifiutò gridando “Viva il Re!” e venne immediatamente raggiun-to da uno o più colpi di pistola, rimanendo vittima della sua inviolabile fedeltà e del suo esemplare coraggio.Il caso Scapaccino venne mitizzato non solo “dall’alto” ma anche “dal basso”, passando prima attraverso i pronti ri-conoscimenti dell’Arma e del Re e poi della popolazione.

Il conferimento della prima Medaglia al valore dell’eserci-to (sabaudo prima, italiano poi) fu solo il primo tassello della costruzione di una immagine mitografica di Scapac-cino come simbolo della fedeltà dell’Arma. Il momento della morte del carabiniere venne immortalato dal pittore Michele Bisi e successivamente, su committenza di Carlo Alberto, da un quadro di Francesco Gonin distribuito in ri-produzioni litografiche in tutte le stazioni dei carabinieri.

1834-1843Michele Bisi, Nel Carabiniere Scappaccini la fede giurata al Re e alla sua milizia poté più che l’amor della vita; chi l’uccise ne consacrò il nome all’immortalità, in “Disegni di autori piemontesi ed esteri 1834-1843”, tavola 36.Biblioteca Reale di Torino, coll. Varia 217

L’opera ritrae l’agguato al carabiniere Scapaccino prima del suo tragico epilogo. Le Alpi innevate sullo sfondo servono ad ambientare la scena, rigidamente divisa in due zone: a sinistra i rivoltosi mazziniani armati di fucili e bandiera tricolore e a destra il carabiniere, sceso da cavallo, con il braccio teso e la mano alzata nel tipico atteggiamento di chi oppone un rifiuto.La vicenda di Giovanni Battista Scapaccino, primo Carabiniere a essere decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare (“Per aver preferito di farsi uccidere dai fuorusciti, nelle mani di cui era caduto, piuttosto che gridare viva la repubblica a cui volevano costringerlo, gridando invece viva il Re - Ponte des Echelles”), si inserisce nei moti mazziniani. La sera del 3 febbraio 1834, il militare, imbattutosi negli insorti lungo la strada per Chambéry al ritorno da una missione esplorativa, fu ignobilmente ucciso per essersi rifiutato di riconoscere il tricolore come sua bandiera e di rinnegare il giuramento di fedeltà al Re.Michele Bisi (1788-1874), allievo e seguace di G. Longhi a Milano, fu un pittore storico, paesaggista e ritrattista, ma soprattutto incisore di riproduzioni di celebri opere d’arte (da maestri antichi e contemporanei). I temi da lui trattati spaziarono dai soggetti sacri ai paesaggi ai soggetti storici, tramite l’utilizzo di diverse tecniche pittoriche (a olio, tempera, acquerello). Il suo nome è ricordato per la Pinacoteca del Palazzo Reale delle Scienze e delle Arti di Milano (Pinacoteca di Brera), pubblicata in tre volumi con i nobili tipi della Stamperia Reale, per la quale incise 55 delle 248 tavole, dirigendo l’esecuzione delle restanti.

Giovanni Battista Scapaccino

“Gazzetta Piemontese”, 4 febbraio 1834 Biblioteca Reale di Torino

La Gazzetta Piemontese, giornale ufficiale del Regno di Sardegna, aveva tiratura quasi quotidiana ed era letta da una ristrettissima élite. Il giornale fu rifondato dalla dinastia sabauda dopo la chiusura in epoca napoleonica.L’articolo riporta la notizia del piano ordito da alcune centinaia di fuoriusciti italiani, rinforzati da elementi polacchi e francesi, di fare incursione in Savoia, da tempo studiato e preparato da Mazzini e dai suoi compagni.Tali informazioni circolavano già da alcuni giorni tra Losanna, Ginevra e la Savoia e il Governo si stava premunendo per respingere l’insurrezione preannunciata.

La “Gazzetta Piemontese” del 1834

“Gazzetta Piemontese”, 6 febbraio 1834Biblioteca Reale di Torino

L’articolo annuncia all’esiguo ed elitario numero di lettori la prima notizia ufficiale della morte del carabiniere Scappacini (le prime notizie ancora frammentarie riportano infatti una forma errata del nome di Scapaccino), vilmente assassinato. Nel trafiletto viene inoltre descritta la spedizione lealista partita da Le Pont-de-Beauvoisin e data per certa la notizia della morte di un caporale della brigataSavona, poi rivelatasi errata.Due giorni dopo il giornale riporta un’ulteriore notizia tratta dal rapporto del tenente colonnello Adriano D’Onnier.

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RECarlo A lberto1831 -1849

Giovanni Battista Scapaccino, medaglia d’oro al valore militare

Il 22 febbraio 1834 il governatore di Alessan-dria, il conte Giuseppe Gabriele Galateri di Genola, venne incaricato di rendere esecutiva la volontà regia di onorare la memoria del ca-rabiniere reale a cavallo Giovanni Battista Sca-paccino con una solenne cerimonia funebre. La funzione prevedeva il conferimento della Medaglia d’oro al valor militare concessa da Carlo Alberto e di una pensione annua di lire 100 per la famiglia del defunto. Accanto alle due relazioni ufficiali vi è quella confidenziale, redatta lo stesso giorno, che svela quale fosse il clima politico nel piccolo comune di Incisa e nella fattispecie gli incagli ecclesiastici nei confronti del Re e dell’Arma.

1834, 27 febbraioDue copie di rapporto diretto al Governatore della Divisione di Alessandria dal signor Tenente Colonnello del Primo Reggimento della Brigata d'Aosta, document cartaceo manoscitto.ASTo, Corte, Alta Polizia, Gabinetto di Polizia, Alessandria, 1834, mazzo 94, cart. 1

Il governatore di Alessandria si fece rappresentare dal cavaliere Vittorio Garretti di Ferrere, tenente colonnello del reggimento di Aosta, che venne inviato a Incisa il 24 per seguire personalmente le operazioni legate alla cerimonia funebre del carabiniere Scapaccino. Giunto in paese, il Garretti convocò il sindaco e il giudice di mandamento per decidere tempi e modalità delle esequie. Durante la messa solenne di requiem in onore del carabiniere caduto venne apposta al feretro la medaglia d’oro e Garretti di Ferrere dinanzi agli astanti pronunciò le seguenti parole: «Ecco l'onorevole decorazione che S.M. si è degnata di concedere alla memoria del bravo carabiniere Scapaccino; l'azione eroica di questo valoroso soldato onora la sua famiglia, onora il Corpo cui esso apparteneva, ed onora il paese che gli diede la nascita, molti, ne sono certo, invidiano la sua sorte, particolarmente noi Militari, ansiosi tutti d'incontrare l'occasione di poter imitare un così bell'esempio di coraggio e di fedeltà all'Ottimo Nostro Sovrano». La medaglia venne poi consegnata alle sorelle, poiché il padre ed i fratelli erano assenti.Allegata alla relazione, la "Nota" redatta dal sindaco Bertolini delle famiglie bisognose del comune di Incisa, suddivise per parrocchie, in cui sono nominate le tre sorelle del carabiniere e "l’avolo infermo"; ad essi vennero assegnate nel complesso 20 lire.

1834, 1 marzoDocumenti riguardanti il carabiniere Giovanni Scapaccino, documento cartaceo manoscritto.ASTo, Corte, Alta Polizia, Gabinetto di Polizia, mazzo 94, fascicolo 12

La relazione confidenziale che venne inviata a Giuseppe Gabriele Galateri di Genola da Vittorio Garretti di Ferrere elenca in dettaglio gli «incagli che nacquero in questa circostanza per parte dell’autorità ecclesiastica». Essendo assente il parroco della chiesa di San Giovanni Battista, Luigi Bracco, si rivolse al vice parroco con il quale «fu combinato il cerimoniale della funzione fissata per il 27». La sera stessa Garretti chiese al curato di coinvolgere il parroco dell’altra chiesa cittadina, ma si accorse subito che «questa proposizione non le andava a genio». All’indomani seppe che mancava il numero sufficiente di preti per le celebrazioni dal pulpito e mandò un espresso all’arciprete di Neive, nipote del parroco assente, ma le sue richieste non vennero nuovamente prese in considerazione.

Gli incagli ecclesiastici

1834, 2 marzoDocumenti riguardanti il carabiniere Giovanni Scapaccino, documento cartaceo manoscritto.ASTo, Corte, Alta Polizia, Gabinetto di Polizia, mazzo 94, fascicolo 12

Trasmissione della copia del rapporto ricevuto sulle esequie di Scapaccino ad Incisa da parte del conte Giuseppe Gabriele Galateri di Genola al Primo Segretario di Stato agli Interni. Il Governatore propone che «a seguito piccol scandalo colà in tal tempo avvenuto per parte di quel vice parroco», gli vengano comminati «quindici giorni di ritiro in qualche seminario o convento».

Le esequie di Scapaccino 1834, 24 marzo, Torino

ASTo, Corte, Alta Polizia, Gabinetto di Polizia, Alessandria, 1834, mazzo 94, cart. 1

Il Promemoria della lettera riporta: «Il parroco è nel dicontro citato anonimo

segnalato come di pessimo carattere, scandaloso, brigante, liberale, torbido, ipocrita, prepotente; ed il medico Petrini suo ospite e protetto come liberale, scandaloso, irreligioso, immorale».

Lettera inviata al Governatore di Alessandria relativa a scritti ricevuti contro il sacerdote Luigi Bracco, titolare della parrocchia di San Giovanni Battista di Incisa e il medico Petrini di Castelnuovo Calcea in provincia d’Asti.

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RECarlo A lberto1831 -1849

Biblioteca Reale: l’Archivio dei Carabinieri Reali

L’Archivio storico dei Carabinieri Reali di proprietà della Biblio-

teca Reale di Torino è un patrimonio unico e di grande impor-

tanza: ricchissimo di dati, rappresenta una fonte preziosa per

la storia del Corpo, per la storia politica, sociale ed economi-

ca del Regno di Sardegna, e, non in ultimo, per la storia della

criminologia italiana (senza dimenticare la complementare fonte archivistica conservata

nell’archivio del Re presso l’Archivio di Stato di Torino).

I documenti coprono un arco cronologico che va dal 1833 al 1847 e le notizie che vi sono

raccolte interessano tutte le regioni appartenenti al Regno: l’attuale Piemonte, la Ligu-

ria, la Valle d’Aosta, parte della Lombardia, parte della Francia (la Savoia) e, seppur in

misura minore, la Sardegna.

Dal punto di vista tipologico l’archivio è uniforme: è infatti interamente costituito da

fascicoli, per lo più rilegati, con relazioni presentate al Re dal comandante generale

dei Carabinieri Reali.

Le relazioni, che si dividono in ordinarie, riferite a fatti accaduti nell’arco di una settima-

na o poco più, e straordinarie, presentate occasionalmente e dedicate in genere a fatti

ritenuti di particolare rilevanza, testimoniano il radicamento del Corpo sul territorio e il

rapporto diretto che questo aveva con il Re all’epoca.

Le notizie raccolte nelle relazioni ordinarie sono di natura assai varia: la maggior parte

è riferita a reati (omicidi, furti, aggressioni a scopo di rapina, risse, incendi dolosi, truffe,

diserzioni) e all’attività di polizia svolta dai Carabinieri (indagini e arresti, perquisizioni,

sorveglianza e tutela di personaggi politici), ma vi sono anche segnalazioni di calamità

naturali (incendi casuali, alluvioni, valanghe e così via) e di fatti ritenuti comunque rile-

vanti (suicidi, ritrovamenti di bambini esposti, alterchi, spostamenti di navi nei porti liguri

e sardi ecc.).

Le relazioni straordinarie, che sono talora dedicate ad un unico accadimento, talora a

più fatti, riguardano molto spesso avvenimenti politici e bellici, ma sono anche riservate a

catastrofi naturali di particolare entità (con relativi interventi di salvataggio svolti dai Ca-

rabinieri Reali), a fatti ‘mondani’ interessanti relativi alla corte e a personaggi di spicco sia

locali sia stranieri in visita nel Regno e, talvolta, anche a fatti ‘ordinari’ omessi o dimentica-

ti nelle relazioni settimanali. Laddove le relazioni ordinarie sono in media cinquanta per

anno, il numero di relazioni straordinarie e confidenziali varia molto da un anno all’altro:

si va dalle 68 attestate per il 1840, a sole 11 per il 1835, fino al caso del 1836, che è del

tutto privo di relazioni straordinarie; per questi anni non si può escludere che il materiale sia

andato in parte o del tutto perduto.

Insieme ad alcuni fascicoli si trova, infine, materiale allegato,

per lo più collegato ad uno dei fatti riferiti nella relazione: ad

esempio l’elenco delle persone danneggiate in un incendio che

è stato descritto nella relazione, o le copie di scritti diffamatori

della cui affissione si è parlato nel fascicolo.

All’interno delle due macro-tipologie di relazione le notizie era-

no organizzate in modo lievemente diverso a seconda delle cir-

costanze, dell’epoca e delle abitudini del compilatore.

Per le relazioni ordinarie – denominate in genere, semplice-

mente, ‘Relazioni a S.M.’ – troviamo i diversi fatti talora nume-

rati progressivamente ad iniziare da 1 per ogni fascicolo, talora

in una serie progressiva che include tutti gli accadimenti ‘ordi-

nari’ dell’anno. Ad iniziare dalla metà del 1835 ogni relazione

ordinaria venne dotata di un ‘Transunto numerico’ dei fatti

(compendio numerico delle tipologie dei fatti accaduti), regi-

strato nella prima pagina e organizzato tipologicamente. Inoltre, a metà del 1839 le relazio-

ni ordinarie furono ulteriormente arricchite con l’introduzione di brevi regesti marginali che

sintetizzavano il contenuto del verbale indicando, per altro, quasi sempre il luogo nel quale

il fatto era accaduto e, di frequente, parte dei nomi delle persone coinvolte.

Per quanto attiene alle relazioni straordinarie, queste furono così denominate ad iniziare

dalla fine degli anni Trenta; in precedenza troviamo diverse definizioni, quali ad esempio

‘Rapporto confidenziale’ o ‘Notizie confidenziali’. Anche al loro interno le relazioni straordi-

narie rivelano una certa varietà: oltre alle ovvie difformità nella lunghezza dell’esposizione,

rileviamo infatti l’uso di dedicare relazioni straordinarie o confidenziali alternativamente ad

uno solo o a più fatti. Nel caso della registrazione di più fatti, questi erano talora numerati

progressivamente (ad iniziare da 1 per ogni relazione), talora semplicemente divisi gli uni

dagli altri da uno spazio bianco o per mezzo di una linea di inchiostro, ma non numerati. In

rarissimi casi compare anche per le relazioni straordinarie un regesto marginale.

Le relazioni presentate al Re erano di regola sottoscritte dal comandante generale dei Carabi-

nieri Reali (carica istituita da Carlo Alberto nel 1832, in sostituzione dell’ispettore generale) e

nell’archivio troviamo, dunque, le firme di Luigi Maria Richeri di Montichieri, comandante

dal 1832 al 2 luglio 1835, e di Michele Taffini d’Acceglio (d’Aceglio nelle carte), coman-

dante dal 1835 al 1847.

Esistono inoltre alcuni fascicoli datati all’epoca del Richeri sottoscritti

dal suo vice-comandante, Silvestro Lanzavecchia di Buri.

Fra gli allegati si notano, infine, alcuni

rapporti sottoscritti dal comandante di

compagnia Marcellino Cravetta di Villanovetta,

indirizzati al di Buri e da questi allegati alla

relazione da lui presentata al Re.

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RECarlo A lberto1831 -1849

I Carabinierie il territorioNegli anni Trenta del XIX secolo, sotto Carlo Alberto, si in-

tensificò il rapporto tra i Carabinieri e il territorio da loro

sorvegliato e difeso. Si generò inoltre un rapporto più stret-

to tra il monarca e il corpo, costantemente aggiornato dalle

relazioni dei Rapporti ordinari e dalle Relazioni confi-

denziali. Queste ultime, dal contenuto molto sovente più

strettamente politico, informavano il re sulle turbolenze

politiche nel periodo tra il 1821 e il 1834.

Tale corrispondenza evidenzia lo zelo dei Carabinieri Reali

che vegliavano attenti su sospettati politici e avevano parti-

colarmente a cuore il fragile ordine pubblico. Sorveglianza,

sicurezza, protezione e soccorso divennero parole chiave

per il corpo, sancendo un legame con il territorio caratteriz-

zato da timore e rispetto.

Queste relazioni hanno stretti legami con altre fonti docu-

mentarie e le arrichiscono con punti prospettici nuovi.

1834, 22 agosto, TorinoRelazione confidenziale a Sua Maestà su un’opera letteraria fatta tradurre da Giuseppe Mazzini.Biblioteca Reale di Torino, Archivio Carabinieri (1832-1848), Relazione confidenziale del 22 agosto 1834

«Il noto fuoriuscito Mazzini ha testé tradotta in Italiano dal Francese l’opera rivoluzionaria intitolata les Paroles d’un Croyant, stata pubblicata in Lugano (Svizzera) e posta in Vendita dalla Stamperia Ruggini. Si sono date energiche disposizioni per impedire che sia introdotta nei Regi Stati. Se ne umilia un esemplare.Il Comandante Generale de’ Carabinieri Reali Richeri».

Sebbene non si conservi più l’esemplare allegato alla relazione presentata al Re, il comandante generale Richeri di Montichieri era riuscito a procurarsi una copia della traduzione fatta da Mazzini de les Paroles d’un Croyant.

Mazzini traduce opere rivoluzionarie

1833, 8 ottobre, TorinoRelazione confidenziale a Sua Maestà sugli spostamenti di Giuseppe Mazzini.Biblioteca Reale di Torino, Archivio Carabinieri (1832-1848), Relazione confidenziale dell’8 ottobre 1833

«Il famoso Mazzini viaggia in Svizzera coll’Inglese Scott sotto il nome di Roggini, o Orgini. Egli si tiene in relazione coi Polonesi per mezzo del Luogotenente Colonnello Antonini, originario Italiano, rimasto in Pologna nel 1812.Il Comandante Generale de’ Carabinieri Reali Richeri».

Controllare i rivoluzionari e i personaggi politicamente sospetti è parte preponderante dell’attività dei Carabinieri Reali negli anni Trenta del XIX secolo: fra i “sorvegliati speciali” spicca il genovese Giuseppe Mazzini.

Mazzini avvistato in Svizzera

Il vocabolario segreto dei Carbonari

1833, 30 agosto, TorinoRelazione confidenziale a Sua Maestà relativa ad opuscoli rivoluzionari con Nota de’ termini carbonari ad essa allegata.Biblioteca Reale di Torino, Archivio Carabinieri (1832-1848), Relazione confidenziale del 30 agosto 1833

«Un sacerdote, della Spezia, che ebbe a far consegnare alcuni opuscoli rivoluzionari, ricevuti in Confessione, come da mia ultima umil relazione, ricevè nuovamente nel Tribunale di Penitenza, li qui sotto calendati che fece rimettere nello stesso modo a quell’Uff.le Comd.te l’Arma, e per via gerarchica, furono, con apposito rapporto rimessi a S.E. il Sig.r Gov.re di Genova.Dessi sono1° Appello agl’Italiani2° Istruzioni segrete pei Corpi de’ Volontarj.3° Insegnamento Popolare. Istruzione pel popolo Italiano. 4° Adresse des Italiens, a la Chambre des Deputés.5° Discour de Général Lafayette à la Chambre des Députés.6° Insegnamento popolare Giovane Italia.7° Nota de’ termini di convenzione, di cui si servono i rivoluzionarj per la loro corrispondenza.Di questa Nota se ne umilia quivi Copia.Il Comandante Generale de’ Carabinieri Reali Richeri».

Una serie di testi “proibiti” sono stati affidati in confessione ad un sacerdote di La Spezia, il quale, come già fatto in precedenza, li consegna alle autorità preposte. Fra questi notiamo un vocabolario in codice utilizzato dai rivoluzionari, che si conserva ancora in allegato alla relazione.

Opuscoli rivoluzionari consegnati a un sacerdote

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RECarlo A lberto1831 -1849

1834, 10 marzo, TorinoRelazione confidenziale a Sua Maestà sull’arresto di un tal Felice Garibaldi.Biblioteca Reale di Torino, Archivio Carabinieri (1832-1848), Relazione confidenziale del 10 marzo 1834

«In Toscana si è arrestato un sedicente Felice Garibaldi, il quale dovea essere tradotto in questi Regi Stati nella supposizione che sia il noto ricercato Giuseppe Maria Garibaldi».

Le indagini dei Carabinieri Reali sui ricercati politici si concludono spesso con perquisizioni o con arresti, talora effettuati anche al di fuori del Regno. Non tutti i fermi, tuttavia, sono seguiti dai processi giudiziari: non sono infatti rari gli scambi di persone, così come accade nel caso di Felice Garibaldi, che – nonostante le sue giuste proteste – viene scambiato per il fratello Giuseppe.

Felice di non essere Giuseppe

1834, 31 marzo, TorinoRelazione confidenziale a Sua Maestà sul riconoscimento di Felice Garibaldi e sull’attività cospirativa del fratello Giuseppe.Biblioteca Reale di Torino, Archivio Carabinieri (1832-1848), Relazione confidenziale del 31 marzo 1834

«Dalle risultanze del Processo instruttosi per la Trama Rivoluzionaria ch’erasi ordita in Genova, li principali gravami cadono sul ditenuto Mondini Edoardo, compagno del fuggiasco Garibaldi, sui marinai Parodi Lucio e Delorso Giuseppe, stati arrestati nella sera delli 4 febbraio con le lanterne sospette. Su tutti e tre coincidono le testimonianze dell’oste della Colomba, e del gerente il Caffè di Londra, i quali li viddero praticare e raccogliersi insieme col Garibaldi nella giornata del 4 febbraio. Il Felice Garibaldi stato tradotto in Genova dalla Toscana, si è riconosciuto essere il fratello del sucitato Giuseppe Garibaldi, il quale come sedutore dei sergenti, e di alcuni individui del volgo figura nel Processo, essere il principale Emissario rivoluzionario di detta Trama. L’Anzidetto Felice Garibaldi, sebbene non abbia contro di se i carichi dell’Emissario fratello, si ritiene tuttavia come atto a fornire un elemento di rischiarimento sulla massa del Processo.Il Comandante Generale de’ Carabinieri Reali Richeri».

Gli accertamenti del caso consentono di riconosce che il Garibaldi arrestato in Toscana all’inizio del mese non è il ricercato Giuseppe, bensì il fratello Felice. Seppur non coinvolto nelle trame politiche, Felice può comunque essere un utile testimone nei processi che si svolgono contro i rivoluzionari.

Relazione confidenziale

1833, 27 maggio-3 giugno, TorinoRelazione confidenziale a Sua Maestà sul liberalissimo Vincenzo Gioberti.Biblioteca Reale di Torino, Archivio Carabinieri (1832-1848), Relazione confidenziale del 30 maggio 1833

«Il 31 detto circa le ore 8 pomeridiane, venne dai Carabinieri Reali arrestato certo signor teologo Vincenzo Gioberti dottore colleggiato di Torino d’anni 30 circa, perché molto e da lungo tempo sospetto di avere raggiri criminosi in punto politico. L’arrestato, dopo essere stato trattenuto pochi minuti nell’ufficio del comandante, dove, ha confessato di essere sempre stato, d’essere e che sarà sempre liberalissimo, venne dai Carabinieri Reali stessi arrestanti, accompagnati da un ajutante di piazza, tradotto in questa cittadella.Quindi il commissario di Polizia signor Gay, assistito da due carabinieri Reali d’uniforme, si recò nell’abitazione del Gioberti sita in casa Massola contrada delle orfane 4° piano, ad eseguire una perquisizione ne’ suoi scritti. Gli si rinvennero molte carte, ma di nessun rilievo, e solo gli si rinvenne tre lettere che fanno conoscere che era in relazione coi fuggitivi avvocati Scovazzi e Bertolino. Questo teologo Gioberti Vincenzo è quello stesso di cui ebbi a trattenere V. S. Eccellenza con mia confidenziale lettera delli 8 aprile prossimo preterito n° 8 Relazione Confidenziale in quell’epoca, già erami stato indiziato siccome molto sospetto in punto politico.

Torino il 3 giugno 1833

Il Comandante la Compagnia Cravetta».

L’arresto di Vincenzo Gioberti

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RECarlo A lberto1831 -1849

Francesco Gonin (1808-1889) è stato un importante pittore e incisore italiano, molto attivo a Torino e nell’Italia settentrio-nale. Fu tra i primi autori a sperimentare la litografia e rea-lizzò numerosi ritratti di personaggi illustri e paesaggi. Di-venne famoso per le mirabili illustrazioni de I Promessi Sposi (nell’edizione del 1840), su scelta personale di Alessandro Manzoni, e delle poesie di Carlo Porta. In seguito si dedicò anche all’affresco (per esempio per la sala da ballo di Palazzo Reale, insieme al Bellosio, e per alcune sale del castello di Racconigi) e alla scenografia, divenendo anche scenografo del Teatro Regio.Nell’album sulle uniformi dell’esercito disegnate ad acque-rello per il Re Carlo Alberto tra il 1836 e il 1838, Gonin ha dedicato ben quattro tavole, sulle ventuno complessive, ai Carabinieri, a testimonianza di come il Corpo dei Carabinie-ri avesse ormai assunto un’importanza molto significativa all’interno del Regno, anche nell’immaginario collettivo.

1836Carabinieri a Piedi, BRT, Militaria 188, tavola 7

La scena dipinta da Gonin descrive un momento della vita di tutti i giorni in una caserma dei Carabinieri. Una pattuglia a cavallo esce dall’atrio di un palazzo (forse per una normale giornata di servizio o forse per una particolare missione), un militare consegna una busta a un altro carabiniere e una guardia sorveglia l’ingresso. Altri due carabinieri sono ritratti in atteggiamento più informale mentre dialogano: il primo, in piedi, indossa un abito da fatica (giubba blu su pantaloni bianchi con copricapo “alla polacca”), mentre il secondo, seduto, è un allievo carabiniere, come indica la sigla AC sul fermaglio della bandoliera.

s.d.Carabinieri in campagna, BRT, Militaria 188, tavola 8

Questa illustrazione estremamente realistica descrive un episodio dell’attività quotidiana dei Carabinieri, mentre sorprendono due malfattori all’interno di un casolare, forse impegnati a dividersi le monete del bottino visibili sul terreno o forse a giocare d’azzardo. L’immagine tratteggiata da Gonin è un vero e proprio corpo a corpo, durante il quale due carabinieri, uno armato di una carabina con la baionetta innestata e un altro con la sciabola sguainata, hanno la meglio sui briganti. L’autore utilizza un gioco di chiaroscuri, creati sapientemente dalla presenza del fuoco acceso, per mettere in risalto la scena centrale, mentre sullo sfondo si possono notare altri militari e una persona, vittima o complice, che scappa nella loro direzione. Un ulteriore contrasto è creato dalla differenza nell’aspetto dei contendenti: eleganti e composti i militari, nonostante la drammaticità dell’azione; laceri e sporchi i malviventi, presto sopraffatti dai tutori dell’ordine.

1836Carabinieri a cavallo, BRT, Militaria 188, tavola 10

Durante il passaggio di una carrozza reale (di cui non conosceremo mai i passeggeri), i Carabinieri presidiano come misura di sicurezza una via laterale e sorvegliano il transito della stessa. La regolamentazione del Corpo del 1822 prescriveva tre tipi di tenuta, da indossare in base alle diverse circostanze: una tenuta da parata (per le festività solenni, le scorte al Re e alla famiglia reale e i servizi d’onore, prerogative che spettavano di diritto ai Carabinieri, secondi soltanto alle Guardie del Corpo di Sua Maestà), una tenuta dei giorni festivi (per la domenica, le feste patronali e le altre feste non solenni), e una tenuta ordinaria (per il servizio di tutti gli altri giorni).

1836Carabinieri Ufficiale e Trombetta, BRT, Militaria 188, tavola 9

I Carabinieri sono ritratti davanti all’ingresso di una caserma di Torino, probabilmente la caserma di piazza Carlo Emanuele II, meglio conosciuta dai torinesi come piazza Carlina, prima sede dell’Arma istituita con le Regie Patenti da Vittorio Emanuele I nel 1814, “per assicurare il buon ordine e la tranquillità”, e successivamente intitolata al capitano Chiaffredo Bergia (1840-1892), per il valore dimostrato durante la lotta contro il brigantaggio.Tra i militari raffigurati spicca la figura di un trombettiere: la presenza dei trombettieri era già prevista nei progetti preliminari alla fondazione del Corpo (con otto “trombetti” nelle piante organiche), ma la loro posizione negli schieramenti di battaglia e nelle parate fu regolamentata definitivamente soltanto nel 1820, con l’Istruzione provvisoria elementare per i carabinieri, preparata e resa esecutiva dal colonnello Comandante del Corpo, Alessandro di Saluzzo di Menusiglio. I trombettieri costituirono il nucleo originario dei musicanti da cui, attraverso vari riordinamenti, si giunse alla creazione della Fanfara e infine della Banda musicale dell’Arma dei Carabinieri, attiva ancora oggi e conosciuta in tutto il mondo.

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RECarlo A lberto1831 -1849

“Gazzetta Piemontese”, 9 novembre 1840 Biblioteca Reale di Torino

La Gazzetta Piemontese, giornale ufficiale del Regno di Sardegna, aveva tiratura quasi quotidiana ed era letta da una ristrettissima élite.Il giornale fu rifondato dalla dinastia sabauda dopo la chiusura in epoca napoleonica.L’articolo del 9 novembre 1840 riporta la notizia presentata lo stesso giorno anche a sua Maestà in una “Relazione straordinaria” relativa ai disastri provocati dalle piogge torrenziali a Verrès in Valle d’Aosta, a dimostrazione del fatto che la circolazione di notizie nel regno era in quegli anni estremamente efficace e puntuale.È interessante notare il diverso taglio della notizia: uno di carattere giornalistico, l’altro di carattere ufficiale e rivolto ad un sovrano.

La “Gazzetta Piemontese” del 1840

1840, 9 novembre, Torino Relazione straordinaria a Sua Maestà sulla catastrofe provocata dalle forti piogge a Verrès.Biblioteca Reale di Torino, Archivio Carabinieri (1832-1848), Relazione confidenziale del 9 novembre 1840

«Stamane si sono ricevuti da Verrès più precisi ragguagli sulla catastrofe colà avvenuta in conseguenza delle dirotte pioggie. I lavori per dissotterrare i cadaveri rimasti sotto la rovina delle case vennero ricominciati, ed i cadaveri trovatisi erano quattordici. Radunatosi il 5 andante il doppio Consiglio, presieduto dal Vice Intendente di Aosta, si fece il calcolo dei morti, e si riconobbe che mancavano alla popolazione n° 63 persone: i forestieri poi colà di passaggio, di ritorno dalla fiera di Aosta, e rimasti uccisi, vennero calcolati a dodici; così che il numero delle persone perite in quella circostanza sarebbe di settantacinque.Per riguardo al grosso bestiame sembra che vi siano periti cento capi, di cui settanta del paese, e trenta di passaggio, alloggiati nell’albergo dello Scudo di Francia. Le case diroccate si riconobbero finalmente in numero di 25.Siccome i lavori per isgombrare i rottami delle case, e dissotterrare i rimanenti cadaveri, non potranno essere terminati che fra un mese; così quel Generale Comandante la Divisione, Monsignor Vescovo, il Vice Intendente e l’Uffiziale dei Carabinieri Reali, divisavano di partire il giorno 6, per tornare ad Aosta.Quella stazione fu intanto incaricata di vegliare a seconda del caso, tanto per riconoscere i cadaveri, come per provvedere per gli oggetti che si troveranno ond’essere consegnati agli eredi che legalmente saranno riconosciuti dalla Podestà Giudiziaria.La Comunale Amministrazione si è poi riservata di spedire atto consulare a favore de’ Carabinieri Reali di quella stazione, per la lodevole condotta tenuta in quel frangente e di indicarvi il nome delle persone da essi salvate.

Il Comandante Generale de’ Carabinieri Reali Taffini d’Aceglio».

La catastrofe a Verrès del 1840

1840, 3 febbraio, TorinoRelazione confidenziale a Sua Maestà sull’arresto di Vincenzo e Francesca coniugi Rubino e Perosino Vincenzo, per fattucchierie.Biblioteca Reale di Torino, Archivio Carabinieri (1832-1848), Relazione confidenziale del 3 febbraio 1840

«N. 155 Arresto di Vincenzo e Francesca coniugi Rubino e Perosino Vincenzo, per fattucchierie.

Il 16 gennaio prossimo preterito, si sparse voce che la cascina di m.r L’Eveche, sita sulle fini di Antignano (Asti), fosse dominata dagli spiriti e fantasmi, che pendente la notte facevano dei spaventevoli rumori e schiaffeggiavano segnatamente tre giovanette, che nella stalla di essa cascina dormivano.Non fu fattibile al Brigadiere Comandante la stazione di S. Damiano, né al s.r Parroco di Antignano, né al Commissario di Polizia d’Asti, che colà recaronsi, di rilevare la causa dei supposti spiriti, che venivano anche in loro presenza rinnovati, motivo per cui indusse il Maresciallo d’Alloggio a Cavallo Tonelli 3° Luigi, Comandante interinale la Luogotenenza d’Asti, d’ivi recarsi in compagnia di due Carabinieri.Colà giunto ordinò che tutte le persone della medesima uscissero, ed ivi lasciar sole le giovani comunemente credute invase dal predetto spirito. Difatti ebbe a riconoscere veri autori delle supposte

Il Comandante Generale de’ Carabinieri Reali Taffini d’Aceglio».

Spiriti e fantasmi ad Antignano

1840, 9 marzo, TorinoRelazione a Sua Maestà su un biglietto anonimo trovato affisso presso il Caffè Fiorio.Biblioteca Reale di Torino, Archivio Carabinieri (1832-1848), Relazione confidenziale del 9 marzo 1840

«La mattina del 7, in vicinanza del Caffè Fiorio si rinvenne affisso ad una colonna un biglietto scritto nei seguenti termini = Dite, perché Brofferio è dipinto col mantello, perché nasconde macchia sotto quello.

Il Maggior Generale Comandante dei Carabinieri Reali Taffini d’Aceglio».

1840, 9 marzo, TorinoRelazione a Sua Maestà su un furto al Caffè Fiorio ed arresto del ladroBiblioteca Reale di Torino, Archivio Carabinieri (1832-1848), Relazione confidenziale del 9 marzo 1840

«La notte del 1° al 2, un ladro, trovando la porta aperta, s’introdusse nell’abitazione dell’esercente il Caffè Fiorio, ove prese le chiavi della bottega, si introdusse in questa e vi rubò la somma di £ 1000 circa, che trovavansi in uno scrigno.Nella notte del 2 al 3 gli Arcieri del Vicariato arrestarono un certo Appendini, riconosciutosene autore, a cui trovaronsi indosso sei pezze da £ 100: il rimanente si trovò nascosto sotto il letto di sua casa.

Il Maggior Generale Comandante dei Carabinieri Reali Taffini d’Aceglio».

Ironie su Brofferio Furto al Caffè Fiorio

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RECarlo A lberto1831 -1849

La Prima Guerra d’Indipendenza e PastrengoIn seguito alle insurrezioni di Milano (18 marzo) e di Venezia (22 marzo), il 23 marzo 1848 il

re Carlo Alberto dichiarò guerra all'Austria ed attraversò il Ticino.

Ritiratosi l'esercito austriaco nel quadrilatero formato dalle fortezze di Peschiera, Mantova,

Legnano e Verona, i piemontesi posero l'assedio alla prima e superarono il Mincio.

Nel tentativo di tagliare le comunicazioni tra le fortezze austriache, il 29 aprile Carlo Alberto

ordinò un'offensiva sui colli a destra dell'Adige, poco a nord di Verona. Il giorno dopo (30

aprile), nei pressi di Pastrengo, una dozzina di carabinieri con compiti di scorta personale e

di avanguardia del re Carlo Alberto e del suo Stato Maggiore, si imbatterono nell'improvvi-

sa azione di fuoco di una unità nemica. Temendo per l'incolumità del sovrano, il maggiore

Alessandro Negri di Sanfront guidò tre squadroni di Carabinieri (gli “Squadroni da Guerra”)

in una carica, che prese poi il nome di Carica di Pastrengo. La carica ruppe e mise in fuga l'u-

nità nemica, mentre il resto dell'esercito conquistò le posizioni con il risultato di far ritirare

l'armata austriaca verso Verona. Questo primo, e casuale, successo non venne però sfruttato

da Carlo Alberto, che non approfittò della ritirata concentrandosi sull'assedio di Verona.

Per premiare l’eroismo dei tre squadroni, con Regio Decreto del 17 giugno 1909, la ban-

diera dei Carabinieri venne insignita della prima Medaglia d’argento al valor militare.

Guerra dell’Indipendenza italiana, Campagne dell’esercito piemontese nel 1848, «Battaglia di Pastrengo», in “Campagnes de l’Armèe Piemontaise 1848-1849”, tavola 4, disegno di Stanislao Grimaldi del Poggetto, litografia acquerellata a colori, s.d.Biblioteca Reale di Torino, coll. K 3.30

La litografia raffigura il momento precedente la Carica di Pastrengo. Carlo Alberto, posto sulla sommità di un colle, scruta con il cannocchiale le truppe schierate; l’autore rappresenta la scena evidenziando il punto d’osservazione sabaudo. Il sovrano è circondato da alcuni ufficiali a cavallo mentre poco più lontano un gruppo di carabinieri attende ordini e osserva una mappa del territorio. L’insieme rappresentato è immagine di ordine e tranquillità in contrasto con il rumore e la confusione generata dalla battaglia che si scorge lontana, sulla destra del disegno. L’opera di Angelo Daniele, realizzata qualche anno più tardi, rappresenterà invece una concitata mischia tra gli schieramenti avversari.

Carlo Alberto a Pastrengo, 30 aprile 1848 (Guerrieri di Casa Savoia), disegno di Angelo Daniele, litografia F.lli Doyen, Torino, 1857Biblioteca Reale di Torino, coll. Z XVIII (38)

Considerando l’alto tasso di analfabetismo diffuso tra la popolazione, la litografia poteva divulgare meglio dei libri determinati messaggi stereotipati.La litografia, tratta da un disegno dell’artista sabaudo Angelo Daniele e stampata dalla Litografia torinese dei fratelli Michele e Leonardo Doyen, datata 1857, si concentra sulla battaglia cruenta tra i due eserciti, austriaco e sabaudo. I carabinieri in prima linea sono rappresentati in un intenso duello, corpo a corpo, con armi alla mano e morti e feriti sul campo. Rispetto alla litografia di Stanislao Grimaldi cambia totalmente il punto di vista dell’artista: la compostezza lascia spazio alla concitazione e l’osservatore è posto ora al centro dell’azione e non più in una posizione lontana ed estranea ai fatti. La didascalia posta sotto all’immagine è tuttavia fuorviante: il sovrano appare al riparo su di un colle, circondato da dignitari di corte, quasi dominasse la battaglia senza tuttavia prendervi ancora parte.

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RECarlo A lberto1831 -1849

Gli Squadroni da Guerra dal campo di battaglia di Pastrengo all’attacco di Peschiera

Sebastiano De Albertis, La carica di Pastrengo, 1880, olio su tela, Museo Storico dell'Arma dei Carabinieri, Roma, Sala Pastrengo.

Il pittore milanese, allievo dell’Accademia di Brera e giovane esponente della Scapigliatura, partecipò ventenne alle Cinque Giornate di Milano e combatté come volontario in tutte e tre le Guerre d’Indipendenza.Gran parte della produzione pittorica del De Albertis s’intrecciò con le campagne militari cui prese parte, riverberandone sulla tela i sentimenti e le emozioni. Dal primo verismo della Scapigliatura l’artista passò progressivamente ad un realismo di carattere impressionistico, maturato attraverso le tecniche del bozzetto e dell’acquerello. Le scene di vita militare sono rievocate con passione, vivacità, immediatezza e straordinaria dinamicità: nascono così i celebri dipinti ad olio degli anni Ottanta e Novanta, caratterizzati dal tocco veloce, dalle impressioni istantanee, dal senso inarrestabile del divenire.Nel 1880, per dipingere La carica di Pastrengo, si consultò direttamente con il Generale Angelo Bernardino Morelli di Popolo, che trentadue anni addietro, con il grado di capitano, aveva comandato uno degli Squadroni da Guerra dei Carabinieri protagonisti dell’evento bellico. Di fronte alla tela, acquistata da Re Umberto I ed esposta alla Società Promotrice delle Belle Arti di Torino, sfilarono ininterrottamente i reduci: “I militari specialmente, che s'erano trovati in quella o a simili cariche, restavano lì immobili, per ore, ad ammirare commossi, a ricordare" (“L’illustrazione italiana”). L’impeto e il tumulto della celeberrima carica sono in epoca contemporanea rievocati nell’ambito del Carosello Storico dell’Arma dei Carabinieri.

1848

Taccuino del Capitano Luigi Incisa di Camerana, in cui sono elencati i nomi di tutti i suoi sottoposti che combatterono con lui nella Battaglia di Pastrengo.Museo Storico dell’Arma dei Carabinieri, Roma, Sala Pastrengo

I tre Squadroni da Guerra dei Carabinieri che presero parte alla campagna militare del 1848 erano comandati nel loro insieme dal Maggiore Comandante Alessandro Negri di Sanfront, e – rispettivamente - dai Capitani Carlo Augusto Brunetta d’Usseaux, Luigi Incisa di Camerana e Angelo Bernardino Morelli di Popolo.

L’attacco di Peschiera1848, 19 maggio, Somma CampagnaLettera del Capitano Morelli di Popolo alla moglie Luigia.Lettera del Capitano Angelo Bernardo Morelli di Popolo del 19 maggio 1848, Museo Storico dell'Arma dei Carabinieri, Roma, Sala Pastrengo

«Cara Luigia,ieri il mio squadrone fu scortato a scortare il Re a Peschiera che finalmente fu

attaccata verso un’ora dopo mezzogiorno.Per una di quelle piogge perseveranti e che a dispetto de’ migliori mantelli si ficcano in poco tempo tra carne e pelle si partì verso le ore undici e si giunse sul luogo all’ora su indicata; non appena il Re prendeva posto scendendo da cavallo col suo seguito sopra uno de’ colli che immediatamente dominano il forte a meriggio del medesimo quando quattro colpi delle nostre batterie annunziarono alli Imperiali che si apriva l’attacco; dopo un istante di aspettazione partirono dalla fortezza tre colpi che immediatamente si succedevano, e questi ad intenzione di salutare il Re mentre due si ficcavano ai piedi o meglio ai fianchi del colle con gran fracasso di alberi rotti e schiantati, il terzo colpiva sulla sommità ed il proiettile batteva il suolo a dieci passi a lato del Re e di rimbalzo si gettava dietro di noi nella valle; questo colpo segnò il luogo dove stabilirsi dovea il Re a godere dello spettacolo che si preparava dove la palla colpì

esso andava a sedersi. […]Se una buona breccia per cui possa darsi un assalto a quelle mura non si apre dal nostro parco d’assedio, o se la fame, che già per quanto s’intese da un disertore si fa là dentro sentire non lo costringe suo malgrado ad arrendersi l’affare andrà ancora per le lunghe.La razione del soldato si è di due pugni di granturco che si fa cuocere in brodo di cavallo di cui una piccola porzione viene altresì dispensata ai presidianti, e rimangono tredici cavalli soli di quaranta appartenenti ad Usseri che si trovano nel forte allorché si vide bloccato, oltre a questi però si hanno due buoi i quali si fanno giornalmente passeggiare sugli spalti. […]»

La lettera descrive minuziosamente gli esiti della prima giornata della battaglia che avrebbe condotto alla presa di Peschiera del Garda, uno dei quattro caposaldi del Quadrilatero difensivo asburgico.Re Carlo Alberto aveva posto il figlio Ferdinando di Savoia al comando della divisione che il 18 maggio 1848 aveva attaccato la fortezza austriaca di Peschiera, già assediata da cinque giorni. I bombardamenti si protrassero ininterrottamente per tre giorni, guadagnando le trincee che avrebbero facilmente garantito il successo degli assalti finali.Il Generale austriaco von Rath, descritto dal capitano Morelli di Popolo nella sua lettera come un uomo anziano, indurito dalla lunga carriera militare e leso nel fisico a causa di un ictus (“più poco perde colla vita e gioca il suo resto con vantaggio”) rifiutò di arrendersi confidando invano nel soccorso delle truppe di Radetzky. La fortezza di Peschiera cadde tre giorni più tardi, il 30 maggio 1848.Nel quadro delle battaglie della Prima Guerra d’Indipendenza, ai tre Squadroni Carabinieri furono successivamente conferite due Medaglie di bronzo al valor militare: “per essersi distinti nel fatto d’arme presso Verona il 6 maggio 1848” e “per i fatti d’arme del 24, 25 e 27 luglio 1848 alle gole di Staffalo, sulle alture di Sommacampagna, ed il dì 4 agosto stesso anno fuori le porte di Milano e nell’incominciato assedio di Peschiera”.

Da Pastrengo verso Peschiera1848, 2 maggio, Somma Campagna

Lettera del Capitano Morelli di Popolo alla moglie Luigia.Lettera del Capitano Angelo Bernardo Morelli di Popolo del 2 maggio 1848, Museo Storico dell'Arma dei Carabinieri, Roma, Sala Pastrengo

«[…] Ieri l’altro si ebbe uno scontro della ala sinistra e della riserva coll’inimico sulle alture di Pastrengo, e l’Austriaco fu battuto con perdita di molti de’ suoi sia uccisi che prigionieri de’ quali se ne contano trecentosettanta compresi quattro Uffiziali. Fu desso costretto ad abbandonare una posizione e lasciare al suo destino cioè ad un perfettissimo blocco il forte di Peschiera che un Corpo d’Armata di diecimila uomini voleva mantenere in comunicazione con Verona.Tal corpo come ti dissi completamente battuto fu costretto a sbandarsi ritirandosi parte in Verona e parte pelle valli del Tirolo, ed ebbi la fortuna di essere spettatore di tale giornata dapprima quindi come attore poiché li caricai col mio squadrone cacciandone parte nelle mani dei cacciatori del reggimento Piemonte che ne fé buon numero di prigioni. […] La vita in campagna è faticosa ed è ciò che più mi spiace, poiché il pericolo del campo s’affronta allegramente, ma lo stare tre notti intiere senza quasi dormire per li continui allarme, lo mantenersi tre giorni intieri con sola insalata senz’olio e con sola polenta senza sale, senza mai assaggiare pane o carne è cosa che infastidisce o

Un testimone oculare1908, 3 settembre, SandràLettera di Alessandro Caliari al Capitano Vittorio Gorini.Lettera di Alessandro Caliari del 3 settembre 1908, Museo Storico dell'Arma dei Carabinieri, Roma, Sala Pastrengo

«Nel 1848 avevo soltanto 18 anni, però essendo nativo di Sandrà, distante quattro chilometri da Pastrengo e per di più nel 1848 feci il vivandiere seguendo passo passo le truppe, ricordo bene i fatti e posso parlare con sicurezza di Pastrengo perché si tratta quasi del mio paese di nascita e tuttora vi abito. Ricordo che ad un certo punto della battaglia e cioè verso

le 2 dopo mezzogiorno, il risultato era incerto […]. Il Re aveva assistito al combattimento stando alla Mirandola, poi discese sul Tione e si portò col suo seguito sul monte Valena, di fronte alle “Bionde”.Ad un dato momento una perlustrazione di pochi carabinieri a cavallo fu

presa a fucilate da un plotone di tedeschi che si era imboscato presso la strada sotto il monte Bionde.I Carabinieri corsero indietro ad avvertire ed allora i tre squadroni ed anche il Re si slanciarono alla carica su Pastrengo.Al vedere quella massa di soldati in uniforme di parata a caricare ed anche sua Maestà il Re che dava l’esempio, si propagò l’entusiasmo a tutti. Le altre truppe di fanteria si slanciarono a baionetta in canna e Pastrengo fu preso.»

Questa testimonianza scritta indirizzata al Capitano dei Carabinieri Vittorio Gorini fu sollecitata al veterano della Seconda Guerra d’Indipendenza dall’onorevole Luigi Montresor, di Bussolengo, che l’anno precedente aveva pronunciato proprio a Pastrengo il discorso per la propria candidatura alla Camera dei Deputati.Nei ricordi dell’anziano, alimentati dai racconti dei conterranei (“questo posso dire per la pura verità perché in gran parte vidi io ed in gran parte lo sentii sempre ripetere da persone presenti al fatto”), l’audace carica dei Carabinieri a Pastrengo aveva ormai assunto l’aura epica e trionfale con cui divenne celebre nell’epopea risorgimentale.L’anno successivo, con Regio Decreto del 17 luglio 1909, alla bandiera dell’Arma venne conferita la prima Medaglia d’argento al valor militare “per la gloriosa carica che con impeto irrefrenabile e rara intrepidezza eseguirono i tre squadroni da guerra dei carabinieri reali decidendo le sorti della battaglia in favore all’Esercito Sardo – Pastrengo 30 aprile 1848”.

Continua nella pagina seguente

dimagra, e questa è la sorte che mi toccò da tre giorni e da tre notti in qua. […]»

La lettera del Capitano Morelli di Popolo, destinato nel marzo 1848 al comando del terzo dei tre Squadroni Carabinieri mobilitati nella Prima Guerra d’Indipendenza, racconta con elegante ma commossa sobrietà la brillante vittoria di Pastrengo (30 aprile) che avrebbe spianato la strada alla presa di Peschiera (30 maggio), accennando solamente alla travolgente carica dei Carabinieri (“li caricai col mio squadrone cacciandone parte…”) che mise in rotta le truppe austriache decretando l’esito della battaglia. Il Capitano preferisce soffermarsi sulle inquietudini (e i sacrifici alimentari!) dei giorni successivi, trascorsi occupando coi suoi uomini i paesi dai quali il nemico si stava a poco a poco ritirando - Santa Giustina, Bussolengo e Pescantina - e dove Carlo Alberto si sarebbe acquartierato col proprio Stato Maggiore (“cinque ore circa ci mantenemmo in quel paese da noi soli ed erano ne’ dintorni cinquemila circa li Austriaci che se ci avessero attaccati con vigore neppur uno di noi sarebbe sopravvissuto”). Lo stesso giorno in cui il Capitano narrò questi fatti alla moglie, il re segnalò nell’ordine del giorno dell’Esercito la coraggiosa e decisiva carica dei tre Squadroni Carabinieri in servizio presso il suo Stato Maggiore.

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L’immagine dei Carabinieri

1831Corpo dei Carabinieri Reali, in “Uniformi delle truppe di S.S.R.M. Re di Sardegna”, tavola 9, acquerello di Pedrone, litografia a colori di Demetrio Festa, Torino, 1831.Biblioteca Reale di Torino, coll. N 94.25

La litografia raffigura un carabiniere a cavallo in servizio in città, sotto lo sguardo della cittadinanza. La presenza dei militari per le strade rispondeva appieno ai compiti civili di ordine pubblico e di controllo del territorio, assegnati ai Carabinieri Reali fin dalla loro istituzione, insieme a quelli di polizia giudiziaria e ai compiti di difesa della patria e di polizia militare. Il forte legame dell’Arma con il territorio nazionale è testimoniato dal numero delle stazioni dei Carabinieri, passate, dopo duecento anni, dalle prime 113 alle successive 4590.

Demetrio Festa, figlio di Felice Festa, che introdusse a Torino l’arte litografica, seguì le orme del padre conducendo lo stabilimento litografico di famiglia e affidandone la direzione a Michele Doyen. Fu autore soprattutto di litografie di vedute torinesi.Seppure firmato solo con il cognome, il disegno può essere attribuito a Lorenzo Pedrone, attivo a Torino nella prima metà del XIX secolo: dotato di notevoli qualità artistiche, condusse una vita sregolata che lo condusse alla miseria e alla morte per alcolismo. Il suo contributo fu significativo nella raffigurazione di soggetti militari dell’esercito sardo, disegnati a penna e a matita litografica.

1831Corpo dei Carabinieri Reali, in “Uniformi delle truppe di S.S.R.M. Re di Sardegna”, tavola 9, acquerello di Pedrone, litografia a colori di Demetrio Festa, Torino, 1831.Biblioteca Reale di Torino, coll. N 94.25

1844Armata Sarda, in "Uniformi Antichi e Moderni". Album dedicato a S.M. il Re Carlo Alberto, Torino 1844 (Litografia Doyen).Biblioteca Reale di Torino N. 106.18,Tavola 5

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1853Armata Sarda, in “Uniformi Militari dell’Armata Sarda”, tavola 5, disegno di Lorenzo Pedrone, litografia F.lli Doyen, Torino, 1853.Biblioteca Reale di Torino, coll. N 94.7

All’interno di una tavola raffigurante anche i Cavalleggeri dell’esercito sabaudo, sono presenti, a sinistra, un carabiniere a piedi e un carabiniere a cavallo. Come facilmente intuibile, il termine “carabiniere” deriva proprio dalla principale dotazione d’arma, ovvero la carabina, anche qui raffigurata. Sin dal principio si trattò di un corpo militare speciale, arruolato inizialmente tra i militari d’eccellenza dei reparti dell’esercito del Regno. Definiti prima Arma dell’Esercito, i Carabinieri divennero poi “l’Arma” per antonomasia.

Michele Doyen (1809-1871), formatosi in Francia, suo paese di origine, e trasferitosi a Torino nel 1829 per dirigere la litografia Festa, fu uno dei pionieri della stampa litografica e della cromolitografia, affinandone tecniche e procedimenti. In seguito fondò la ditta Doyen e C. e, con il fratello Leonardo, la Fratelli Doyen, che divennero tra i più importanti centri di produzione dell’epoca risorgimentale, contribuendo in modo significativo alla diffusione della cultura e dell’arte.

1880Corazzieri, Guardie e Carabinieri Reali, in “L’Esercito Italiano. Schizzi militari raccolti e disegnati da Quinto Cenni”, tavola 2, litografia a colori di Quinto Cenni, Milano, 1880.Biblioteca Reale di Torino, coll. N 94.1

Da sinistra a destra sono raffigurati un Vicebrigadiere a piedi, un Carabiniere a cavallo, un Ufficiale dei Corazzieri (in tenuta estiva), un Corazziere, un Ufficiale dei Carabinieri (in grande tenuta) e un ufficiale dei Corazzieri (in gran tenuta).La nascita dei Corazzieri sembra risalire al 1868, in occasione del matrimonio tra Umberto di Savoia, principe ereditario, e la principessa Margherita di Savoia-Genova. Il Re Vittorio Emanuele II decise di farli scortare da un apposito squadrone di cavalleria composto dai Carabinieri, come era avvenuto per il suo matrimonio con la principessa Maria Adelaide di Lorena, durante il quale la scorta indossava una speciale divisa costituita anche da elmo e corazza. Dopo il matrimonio del figlio, lo squadrone non fu sciolto, come avvenuto nel 1842, ma restò attivo come guardia personale di scorta e d’onore del sovrano.Quinto Cenni (1845-1917) dedicò la sua attività artistica soprattutto a scene e costumi militari di ogni epoca e di ogni esercito del mondo, realizzando la maggior parte delle sue opere ad acquerello. Fu illustratore dell’“Emporio pittoresco” e de “L’Illustrazione italiana”.

1863Uniformi Militari Italiani, Torino 1863.Biblioteca Reale di Torino N. 93.25,Tavola 6

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