CAPOLAVORO 01 - settembre 2011

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prendete in mano la vostra vita p.1 • un fantoccio p.3 anche la nostra è vera p.4 UNA NUOVA STORIA... SETTIMANALE D’ARTE E VITA n°01 - set 2011

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il primo numero della rivista d'arte e vita dei giovani di San Pio X

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• prendete in mano la vostra vita p.1• un fantoccio p.3• anche la nostra è vera p.4

UNA NUOVA STORIA...

SETTIMANALED’ARTE E VITA

n°01 - set 2011

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Tratto dal discorso ai Giovani liguri di Giovanni Paolo II di Domenica, 22 settembre 1985

PRENDETE IN MANO LA VOSTRA VITA...LA VOSTRA VITA...

“Gesù, fissandolo, lo amò”. Ecco, qui si capisce quanto è importante parlare con gli occhi e guardare negli occhi. Io ho molto meditato questo passo del Vangelo in cui si parla di questo incontro tra Gesù e il giovane, e sono arrivato anche a una conclusione: c’è una conversazione, un dialogo indispensabile che va fatto con gli occhi, guardando l’altro; questo ci insegna Gesù. Imparate anche voi quest’arte. Non vi è dubbio che almeno una volta, voi giovani cattolici, questo sguardo l’avete incrociato e che l’insieme di tante occasioni formative è valso, quanto meno, a farvi balenare negli occhi e nel cuore “lo sguardo amorevole” di Gesù. Da questo sguardo è suscitata anche in voi “l’aspirazione a qualcosa di più”, mediante la quale il giovane viene come portato, per mano dello Spirito Santo, di tappa in tappa, fino a formulare in sé l’interrogativo: che cosa devo fare? Signore, che cosa vuoi da me? “Qual è la tua volontà? Io desidero compierla”. In questa aspirazione “a qualcosa di più”, che è implacabile nell’animo giovanile, e per questo benefica e benedetta, io desidero confermarvi. È Pietro,

“roccia” per chiamata divina, come dice anche il canto che è stato composto per questa occasione, che vi esorta a non appiattirvi nella mediocrità, a non assuefarvi ai desideri mondani, a non voler vivere solo a metà, con aspirazioni ridotte o, peggio, atrofizzate. Il Papa è venuto per invitarvi al cammino, alla novità continua da cercare dentro di voi, con la vostra stessa vita. Giovani genovesi, non “lasciatevi vivere”, ma prendete nelle vostre mani la vostra vita e vogliate decidere di farne un autentico e personale capolavoro!

UN AMICIZIA VERA

La preghiera sia la vostra arma segreta e potente. Per essa vi irrobustite dinanzi alle sfide del vivere quotidiano, e acquisite quel realismo cristiano che è indispensabile per diventare maturi. Ma soprattutto, grazie alla preghiera, voi potete vivere in effettiva e costante comunione con Dio. Ecco, amici, alcune mete essenziali per il vostro futuro che - lo ripeto - è anche il futuro di Genova, dell’Italia, dell’Europa e del mondo. Esso dipende in gran parte da voi, giacché Dio non vi fa mancare la sua grazia. Così io vi penso, così vi seguirò.

Giovanni Paolo II

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Il fantoccio è un dipinto ad olio su tela di cm 267 x 160 realizzato tra il 1791 e il 1792 dal pittore spagnolo Francisco Goya.

È conservato al Museo del Prado di Madrid.

È uno degli ultimi disegni fatti da Goya per la regia arazzeria di Santa Barbara di Madrid.

GOYATrasferitosi nel 1763 a Madrid, partecipa senza successo al concorso indetto dall’Accademia di Belle Arti di San Fernando di Madrid per l’assegnazione di una borsa di studio. Presso Francisco Bayeu, divenuto pittore di corte, lavora come apprendista. Al bando successivo del 1766, Goya ritenta, sempre senza risultato, l’ammissione all’Accademia di Madrid. In ricerca di

IL FAN-TOCCIO

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una qualificazione professionale maggiore, nel 1770 intraprende un viaggio in Italia a proprie spese per studiare i maestri dell’antichità classica e rinascimentale. Visita Venezia, Siena, Napoli e Roma dove ha contatti con molti giovani artisti europei. A Parma, nel 1771,

partecipa a un concorso di pittura indetto dall’Accademia di Belle Arti, ottenendo però solo il secondo posto alle spalle di Paolo Borroni (1749-1819). L’opera presentata da Goya ha il titolo Annibale vincitore, che rimira per la prima volta dalle Alpi l’Italia.

ANCHE LA NOSTRAÈ VERA

ANCHE LA NOSTRAÈ VERA

ANCHE LA NOSTRA

Chi non riesce a concepire l’amicizia come un affetto reale, ma la considera soltanto un travestimento, o una rielaborazione, dell’eros, fa nascere in noi il sospetto che non abbia mai avuto un amico. Noi, invece, sappiamo bene che si può provare, sì, attrazione e amicizia per una stessa persona, ma sappiamo anche che, in un certo senso, niente è più lontano dall’amicizia di una passione amorosa. Gli innamorati si interrogano continuamente sul loro amore; gli amici non parlano quasi mai della loro amicizia. Gli innamorati stanno quasi tutto il tempo faccia a faccia, assorti nella contemplazione l’uno dell’altro; gli amici, fianco a fianco, assorti in qualche interesse comune. Ma, soprattutto, l’eros (finché dura) lega necessariamente due sole persone. Il due, invece, lungi dall’essere il numero distintivo dell’amicizia, non è nemmeno il più congeniale a questo tipo di legame. Ed è importante capire il perché. In ciascuno dei miei amici c’è qualcosa che solo un altro amico sa mettere pienamente in luce. Da solo non ho la grandezza sufficiente per stimolarlo ad agire al meglio delle sue possibilità; ho bisogno di altre luci, a sostegno della mia, per illuminare tutte le sue

sfaccettature. Ora che Charles è morto, non vedrò più le reazioni di Ronald a una tipica battuta «da Charles». Non è affatto vero che ora che Charles se n’è andato Ronald è più mio, in quanto è tutto «per me»; la verità, semmai, è che ora ho meno anche di Ronald.Da ciò consegue, dunque, che l’amicizia è il meno geloso degli affetti. Due amici sono ben lieti che a loro se ne unisca un terzo, e tre, che a loro se ne unisca un quarto, a patto che il nuovo venuto abbia le cane in regola per essere un vero amico. Essi potranno dire allora, come le anime beate in Dante: «Ecco che crescerà li nostri amori», poiché in questo amore «condividere non significa perdere».

Unica tra tutti gli affetti, essa sembra innalzare l’uomo al livello degli dèi, o degli angeli.