Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

52
Q U A D R I M E S T R A L E D A R T E E D A R T I G I A N A T O Poste Italiane. Spedizione in A.p. 70% - D.C./ D.C.I. TORINO - n° 28/2010 - L.662/96 - Anno X - Numero 28 - Maggio 2010 - € 6,20 - ISSN 1971-7512 VIVERE IN UN ECOVILLAGGIO VIVERE IN UN ECOVILLAGGIO a della bellezza A r t i g i a n e i n R e t e PASSIONE ARTIGIANA PASSIONE ARTIGIANA N . 2 8 - M A G G I O 2 0 1 0 Sguardi sulle imprese artigiane piemontesi al femminile La ricerca continua di Michela Pachner L’audace sfida della stilista Serpica Naro Doppio gioco S p e c i a l e L’Artigianato... per i maestri e per gli appassionati ARTIGIANATO AL FEMMINILE L’ecovillaggio di Torri Superiore. Un’esperienza di donne e artigianato ARTIGIANATO AL FEMMINILE

description

Capodopera, rivista quadrimestrale d'Arte e Artigianto a cura di Associazione Scuole Tecniche San Carlo, Antica Università dei Minusieri, Unione Ex Allievi San Carlo. Nadia Camandona Editore

Transcript of Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

Page 1: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

QUADRIMESTRALE

D’ARTE E D’ARTIGIANATO

Post

e Ita

liane

. Spe

dizio

ne in

A.p

. 70%

- D.

C./ D

.C.I.

TOR

INO

- n° 2

8/20

10 -

L.66

2/96

- An

no X

- Nu

mer

o 28

- M

aggi

o 2

010

- € 6

,20

- ISS

N 19

71-7

512

VIVERE IN UNECOVILLAGGIOVIVERE IN UNECOVILLAGGIOa della bellezza

Artigiane in RetePASSIONE ARTIGIANAPASSIONE ARTIGIANA

N. 28 - MAGGIO 2010

Sguardi sulle imprese artigiane piemontesi al femminile

La ricerca continua di Michela Pachner

L’audace sfida della stilista Serpica Naro

Doppio gioco

Speciale

L’Artigianato... per i maestri e per gli appassionati

ARTIGIANATO AL FEMMINILE

L’ecovillaggio diTorri Superiore. Un’esperienza di donne e artigianato

ARTIGIANATO AL FEMMINILE

COPERTINA28.qxd:Layout 1 13-09-2010 12:02 Pagina 1

Page 2: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

SEDE DI ASTIVia Scarampi, 24 - 14100 AstiTel. 0141/32.44.17 Fax 0141/32.44.17http://asti.scuolesancarlo.orge-mail: [email protected]

SEDE DI ALESSANDRIAVia Maria Bensi 2D - 15100 AlessandriaTel. 0131/24.07.81 Fax. 0131/34.33.89 http://alessandria.scuolesancarlo.orge-mail: [email protected]

SEDE DI BOVESVia Borgo San Dalmazzo, 19 - 12012 Boves (CN)Tel. 0171/39.01.48 Fax 0171/39.01.71http://cuneo-boves.scuolesancarlo.orge-mail: [email protected]

SEDE DI CUNEOVia Franco Andrea Bonelli, 5 - 12100 CuneoTel. 0171/68.14.95 - 0171/18.72.113 Fax 0171/18.72.110 http://cuneo-boves.scuolesancarlo.orge-mail: [email protected]

SEDE DI TORINOCFP GABRIELE CAPELLOV. Pergolesi, 119 - 10154 TorinoTel. 011/20.55.793 - 011/20.58.104 Fax 011/20.58.440http://scuolesancarlo.org e-mail: [email protected] FOLIGNOV. Foligno, 2/14A - 10149 Torino (TO)Tel: 011.0811129 Fax: 011.0811129http://torino2.scuolesancarlo.org e-mail: [email protected] SANTA PAOLAC.so Trapani, 25 - 10141 Torino (TO)Tel: 011.3833387 Fax: 011.3808738http://torino3.scuolesancarlo.org e-mail: [email protected]

SCUOLE SAN CARLOFormazione dal 1848

SEDE DI BIELLAC.so G. Pella, 10 - 13900 BiellaTel: 015.0154500 Fax: 015.0154500http://biella.scuolesancarlo.orge-mail: [email protected]

Torino

Cuneo

Alessandria

AstiAsti

COPERTINA28.qxd:Layout 1 13-09-2010 12:02 Pagina 2

Page 3: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

EDITORIALE

2 10 anni con Capodopera di Nadia Camandona

SCUOLE SAN CARLO

3 Il bilancio di genere di Emiliana Losma4 La nostra relazione è qualche cosa di diverso di Gabriella Rossi6 Notizie dalle sedi a cura della Redazione

UNIONE EX ALLIEVI

9 Donne e artigianato di Michela Goi

UNIVERSITÀ DEI MINUSIERI

13 La sede storica torinese di Silvia Quaranta

REGIONE PIEMONTE

15 Nel mondo della donna artigiana di Michela GoiPROVINCIA DI TORINO

17 La Consigliera di Parità di R. Dho e G. Rossi19 Donne e artigianato di Marco ManeroCONFEDERAZIONI ARTIGIANE

21 CNA Impresa Donna a cura di Michela Goi

SPECIALE ARTIGIANATO AL FEMMINILE

22 Artiste di Corte di Michela Goi23 La ricerca continua di Michela Pachner di Michela Goi24 La Regina del plexiglas di Stefano De Angelis25 L’audace sfida della stilista Serpica Naro di G. Rossi27 Doppio Gioco a cura della Redazione28 La forza rivoluzionaria della manutenzione di G. Rossi31 Immagina che il lavoro... di Gabriella Rossi32 Abitare in un ecovillaggio di Gabriella Rossi35 L’esperienza del microcredito di Stefania DoglioliPASSIONE ARTIGIANA

37 La creatività in piazza di Michela Goi39 L’artigianato... per i maestri e per gli appassionati di Silvia QuarantaARTIGIANI INSOLITI

41 Una tela di pietra di Silvia QuarantaARTIGIANATO IN ITALIA

43 La Fondazione Cologni di Michela GoiDONNE ARTIGIANE

44 Le cose di Elisabetta a cura della Redazione45 Piera Livraghi a cura della Redazione46 Fior di Pesco a cura della RedazioneFORMAZIONE

47 Istituto Orafi Ghirardi a cura della Redazione

ANNO X NUMERO 28 MAGGIO 2010Quadrimestrale d’Arte e d’Artigianato

Associazione Scuole Tecniche San CarloAntica Università dei MinusieriUnione Ex Allievi San Carlo

Direttore responsabile Vito GuglielmiDirettore editoriale Nadia CamandonaComitato ScientificoSergio TonePresidente Associazione Scuole Tecniche San CarloStefano PasqualePresidente Antica Università dei MinusieriBruno ZaninPresidente Unione Ex Allievi San Carlo

Hanno collaborato a questo numeroCentro Studi e Documentazione Femminile di Torino,Stefano De Angelis, Roberta Dho, Stefania Doglioli,Michela Goi, Emiliana Losma, Marco Manero, EricaPellegrino, Silvia Quaranta, Gabriella Rossi

Referenze fotograficheArchivio Capodopera, Archivio Scuole San Carlo, Na-dia Camandona, René Caucasio, Serena Ciarcià, Cen-tro Studi e Documentazione Femminile di Torino,Chorus, CNA Torino, Stefano De Angelis, FondazioneCologni, Istituto Orafi Ghirardi, Itinerart, Piera Livra-ghi, MIP, Michela Pachner, Veronica Prampolini, Al-berto Ramella, Marta Sanna

Direzione e AmministrazioneAssociazione Scuole Tecniche San CarloVia Pergolesi, 119 - 10154 TorinoTel. 011/2055793 - Fax 011/2058440E-mail [email protected]

Redazione e SegreteriaNadia Camandona EditoreStrada Volvera 21 - 10043 Orbassano TOTel. 011/23413523-23416460 - Fax 011/09652268E-mail [email protected]

StampaGRAFICAT TORINO di Catasso G. & C Sncvia Cuniberti, 47 - 10151 Torino

Servizio AbbonatiTel. 011/23413523-23416460 - Fax 011/09652268E-mail [email protected] annuale 18,00 €ccp 30821151 oppure bonifico bancario UnicreditBanca, Torino. IBAN: IT 14 R 02008 01124000001648942 intestato “Associazione ScuoleTecniche San Carlo”, causale “abbonamento annualeCapodopera”.

Ufficio Pubblicità Nadia Camandona Editore - Silvia QuarantaTel. 011/23413523-23416460 - Fax 011/09652268E-mail [email protected] - [email protected]

Poste Italiane. Spedizione in A.p. 70% - D.C.I. TORINOn° 28/2010 L. 662/96Registrazione del Tribunale di Torino n° 5476 del 26/02/2001

Le opinioni espresse negli articoli pubblicati dalla rivistaCapodopera impegnano esclusivamente i rispettivi autori. Articolie immagini inviati alla rivista, anche se non pubblicati, verrannorestituiti solo previa richiesta.

LA TIRATURA DI QUESTO NUMERO È DI 3.000 COPIE

In copertina. La festa della santa donna, 2000. Terracotta di Silvia Levenson

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:58 Pagina 1

Page 4: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

2

L’ARTIGIANATO È ANCHE DONNAE itorialed

Festeggiamo quest’anno i 10 anni dellarivista Capodopera, ma chi ha seguitodall’inizio la nostra avventura, sa che

l’idea risale al 1996 e che inizialmente il giorna-lino dell’Antica Università dei Minusieri edegli ex allievi delle Scuole San Carlo, si chia-mava “La buscaja”. Di strada ne abbiamo fattamolta e lo possiamo constatare ogni giorno, coni numerosi lettori che ci seguono e che ora pro-vengono da tutta Italia e che ci leggono su cartama anche su Internet. Ci riserviamo però questa “celebrazione” con ilnumero di dicembre 2010 e per ora comincia-mo a festeggiare quest’anno di traguardo e, sispera, di rinnovato slancio, con un numerodedicato interamente al femminile.In questi anni le donne sono state svariate volteprotagoniste dei nostri articoli, ma spesso, pen-sando all’artigianato, rischiamo di cadere nelluogo comune di pensare che si tratti di unaprofessione più adatta all’universo maschile. Iostessa ho vissuto sulla mia pelle, come donna

restauratrice, al termine del corso di restauroarredi lignei presso le Scuole San Carlo diTorino, diciassette anni fa, la difficoltà di trova-re lavoro presso artigiani, prevalentementeuomini, che perplessi mi chiedevano se volevoveramente sporcarmi le mie “delicate” manine!Anch’io, come Capodopera e insieme aCapodopera, di strada ne ho percorsa e ora tiroorgogliosamente le fila di una serie di esperien-ze che mi hanno fortificata come donna, ma mihanno anche fatto comprendere che più cheuna differenza di “genere” si tratta di affronta-re quotidianamente una differenza di “mente”,quella che ci rende così uguali e così diversinon solo tra uomini e donne, ma anche tra per-sone dello stesso sesso. Ciò che conta è ilrispetto per ciò che è diverso che invece diessere percepito come “pericoloso” dovrebbeessere colto come occasione di crescita e dinuova conoscenza.Putroppo è triste constatare come ancora si sialontani dal raggiungimento di questa cosiddet-ta parità, che non si riferisce al mero luogocomune sulla possibilità di poter accedere aglistessi lavori, cosa che in un modo o nell’altrostiamo già facendo, ma di essere valorizzati,ognuno, per le proprie speciali e uniche pecu-liarità, qualsiasi esse siano.In questo numero abbiamo affrontato l’argo-mento da un punto di vista più ampio di quel-lo dell’artigianato, anche perchè, tra le paginedi storia che vi proponiamo, emerge un’imma-gine femminile profondamente radicata in unquotidiano fatto di cura delle cose, di manuten-zione in senso lato, di rispetto per ciò che cir-conda l’uomo e ne permette lo sviluppo dellavita e della civiltà. In questi termini emergequindi la figura della donna come artigiana delmondo, non necessariamente legata a una pro-fessione riconosciuta, ma come elemento unifi-cante tra la società che progredisce tecnica-mente e le radici profonde che essa ha nellaterra, nella natura, in tutti quegli elementi chefanno dell’uomo e della donna “artigiani” dellaloro vita.

A destra.Un’allieva al lavoro su undipinto nella sede di Astidell’Associazione Scuole

Tecniche San Carlo.

10 anni con CapodoperaSi festeggia al femminile

Nadia CamandonaDirettore editoriale di Capodopera

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:58 Pagina 2

Page 5: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

Grazie alla possibilità offerta dal corso “Don-ne Politica e Istituzioni percorsi formativiper la promozione delle pari opportunità

nei centri decisionali della politica” (organizzatodal CIRSD e su iniziativa della Presidenza delConsiglio dei Ministri, Dipartimento Diritti e PariOpportunità e in collaborazione con la Scuola Su-periore della Pubblica Amministrazione), le ScuoleTecniche San Carlo saranno il primo ente di forma-zione professionale del territorio piemontese a spe-rimentare la lettura del Bilancio di genere. Di checosa si tratta e da quali motivazioni nasce la neces-sità di una lettura di genere delle risorse economi-che? Facciamo un passo indietro e ripercorriamoinsieme le tappe della nascita di questo preziosostrumento culturale. Nell’ambito della IV Confe-renza Mondiale sulle donne tenutasi a Pechino nelsettembre 1995, i governi si impegnarono a pro-muovere l’indipendenza economica delle donneper mezzo di cambiamenti nelle strutture econo-miche. La necessità di realizzare un’analisi di ge-nere del bilancio deriva dalla constatazione chequest’ultimo non è uno strumento neutro, ma cheanzi riflette gli stereotipi sociali e la distribuzionedel potere. Di conseguenza i modelli di svilupposocio-economico influenzano le scelte politiche edeconomiche producendo impatti ed effetti diversisu donne e uomini. Queste ultime, infatti, rivelanospesso una gender blindness ovvero una “cecità” ri-spetto ai generi, che penalizza soprattutto ledonne. Tra gli obiettivi strategici, quindi, c’è laristrutturazione e la ridefinizione della spesapubblica per promuovere l’accesso delle donnealle risorse produttive, riconoscendo i loro biso-gni fondamentali nel campo sociale, della forma-zione e della salute. Il gender budgeting (bilancio digenere) diventa quindi uno strumento innovati-vo di mainstreaming che consiste nella riclassifica-zione del bilancio di un ente pubblico o privatoper aree sensibili rispetto al genere. La primasperimentazione di analisi di genere dei bilancipubblici risale al 1984 in Australia.

Successivamente si è sviluppata in Gran Breta-gna (1989) e in Canada (1993). Nel luglio del2003 il Parlamento Europeo con la risoluzione sulgender budgeting rivolge agli stati membri la richie-sta di «valutare quale sia l’impatto della politicaeconomica dell’ente su donne e uomini al fine diraggiungere una maggiore efficacia nell’elabora-zione e attuazione di strategie e meccanismi chediminuiscano il gap di genere». In Italia l’appli-cazione è avviata in fase sperimentale da alcuniEnti e Amministrazioni pubbliche mediante pro-tocolli e progetti di applicazione. Negli ultimidue anni anche la Regione Piemonte ha predi-sposto il proprio bilancio di genere, presentando-lo unitamente al Rapporto sulla CondizioneFemminile. L’esplicita volontà di operare perdiffondere questa buona prassi su tutto il territo-rio è contenuta nella proposta di Legge Regiona-le n. 328 (“Disposizioni per l’istituzione dei bi-lanci di genere” e nel Disegno di Legge Regio-nale n. 342 “Integrazione delle politiche di pariopportunità di genere nella Regione Piemon-te”). L’introduzione della contabilità sociale inambito pubblico corrisponde alla considerazioneche un’azione amministrativa, un investimento,un fenomeno sociale, non possono essere misura-ti soltanto finanziariamente. Il bilancio non ha ache fare soltanto con questioni contabili: è uncorpo vivo che riflette le dinamiche dell’econo-mia e della società, le riflessioni degli attori socia-li e le reazioni dei decisori politici; è uno stru-mento, non un fine in sé, che richiede costantereinterpretazione e ridefinizione. Il bilancio digenere è uno strumento innovativo poiché intro-duce e comporta un cambiamento culturale e or-ganizzativo in quanto richiede una ristrutturazio-ne delle entrate e delle uscite al fine di promuo-vere la parità tra i sessi nelle diverse fasi delle po-litiche di bilancio (previsione, attuazione e rendi-conto). I budget formulati secondo una prospet-tiva di genere servono quindi a riposizionare unsoggetto sociale nel quadro delle negoziazioni. 3

ASSOCIAZIONE SCUOLE TECNICHE SAN CARLO

Bilancio di Genere

Emiliana LosmaCentro Studi e Documentazione Pensiero Femminile, Torino

Il bilancio di genere: uno strumentodi consapevolezza, efficienza e benessereQUEST’ANNO IN SPERIMENTAZIONE PRESSO LE SCUOLE TECNICHE SAN CARLO

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:58 Pagina 3

Page 6: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

Alcune politiche hanno un impatto diretto sul ge-nere e sono più facili da riconoscere, altre paiononeutre ma, indirettamente, impattano comunquesulla vita di uomini e donne. Anche le politicheambientali, quelle dei rifiuti, le politiche del lavo-ro e della formazione, quelle dello sport e dellacultura se affrontate con l’ottica della “differenzadi genere” possono rivelare ampi margini di azio-ne attraverso cui elaborare numerose iniziativevolte a promuovere la parità tra i sessi. L’analisi dibilancio attraverso il genere offre benefici e stru-menti, e soprattutto un nuovo strumento decisio-nale utile a meglio comprendere e soddisfare leesigenze della popolazione e a ragionare in modopiù mirato sulla distribuzione delle risorse alleistituzioni, agli organismi di rappresentanza e alleassociazioni che a vario titolo si relazionano conl’ente in un’ottica di negoziazione, confronto epartecipazione attiva e a tutte le cittadine e ai cit-tadini che possono godere di politiche e servizimeno preconfezionati e distanti dalla realtà, mapiù mirati alle loro reali esigenze. Proprio per questo motivo abbiamo deciso diprendere in considerazione il bilancio di un en-te di formazione, che gestisce risorse pubblichemirate alla formazione della cittadinanza, per va-lutare il rapporto tra entrate e uscite rispetto algenere. Non solo per quanto riguarda studenti estudentesse, ma anche per quanto riguarda ilcorpo docente e l’organizzazione dell’associazio-ne stessa. Da una parte, visto che i corsi sono finanziati inbase al numero di allievi frequentanti, si prende-rà in considerazione il numero degli allievi divisi

per genere e, trattandosi di una scuola multietni-ca, si cercherà di ragionare anche sui numeri in ri-ferimento alle nazioni di provenienza. Essendouna scuola professionale con corsi di aggiorna-mento per adulti sarà interessante ragionare sul-l’età dei frequentanti e sul loro stato civile. Cer-cheremo poi di capire se questi corsi offrono realipossibilità d’inserimento nel mondo del lavoro,con i relativi dati. E ragioneremo sulla dispersio-ne scolastica per capirne le cause. Inoltre sarebbeinteressante valutare e pianificare se tra le entratedelle Scuole Tecniche San Carlo ci sono contribu-ti più o meno specifici per favorire la conciliazio-ne, le pari opportunità, contrastare la violenza, so-stenere le fasce deboli e l’inclusione sociale di mi-nori stranieri. Per quanto riguarda invece il perso-nale lavoreremo sulla visione di genere nell’orga-nizzazione del servizio. I dati relativi al personale prenderanno in consi-derazione il genere, l’età, i tipi e la lunghezza me-dia dei contratti in modo da poter fornire ulterio-ri dati di supporto alle politiche aziendali sulla ge-stione dei contributi. Ogni realtà organizzativa o produttiva, che si inse-risca in un determinato contesto è chiamata a of-frire il proprio contributo per la crescita e il benecomune, in un atteggiamento di responsabilitàverso l’intera comunità, mirando a ristrutturare leentrate e le uscite al fine di promuovere l’ugua-glianza tra i sessi. Le Scuole San Carlo, sperimen-tando tra le prime la lettura del bilancio di gene-re, confermano la loro attenzione verso la costru-zione di una civiltà oltre che più formata anchepiù rispettosa ed equa tra i generi.

Spesso capita tra colleghe discambiarsi riflessioni, dubbi e

opinioni sul nostro “esserci” nelprocesso educativo e formativodel nostro lavoro. Che cosa si porta e che cosa cirestituisce lo scambio tra inse-gnante/allievi? In questa relazio-ne, che non è neutra, prima ditutto noi portiamo i nostri corpi, ilnostro essere sessuate al femmi-nile, le nostre esperienze, lenostre abilità e sensibilità, ilnostro taglio con maggiore ominore accento dato dalle natura-li differenze esistenti tra di noi. Nella nostra storia recente permolto tempo educazione e istru-zione, per le donne, hanno segui-to percorsi differenti, nel senso

che le donne venivano educate(da altre donne) al proprio ruolo di“femmine dellʼuomo” mentreerano tenute lontane dallʼistruzio-ne o “istruite quanto basta” nelcaso di giovani donne del cetoborghese o aristocratico (lʼistru-zione come “ornamento”) o nelcaso se ne riconoscesse lʼutilità(per le commercianti, per lemonache e converse, ecc.)La formazione come docenti ènata in istituzioni separate rispet-to a quelle maschili.Negli ultimi quarantʼanni è andatacrescendo la componente femmi-nile soprattutto nellʼinsegnamento(nei vari ordini di scuola, e in par-ticolare, nella scuola dellʼinfanziaed elementare), sia a seguito di

un generale aumento della fem-minilizzazione della forza lavoro,sia in virtù della peculiarità dellʼin-segnamento, per quanto concer-ne tempi, modalità e contenutirelazionali.La composizione degli operatoridel nostro ente di formazione con-ferma quanto detto sopra, infattile donne rappresentano il 55%del corpo docenti. Con unʼequiva-lente ripartizione di genere nellematerie teoriche e una divisioneclassica dei ruoli di genere neilaboratori, in cui però spicca latitolarità femminile della falegna-meria di Cuneo e Boves, ChiaraFornaro (non solo per genere maanche per generazione). Ci chiediamo allora, partendo

dalle nostre specifiche esperien-ze come si declina il nostro speci-fico sessuale a partire dalla rela-zione con le allieve e gli allievi.Quali sono le nostre sensazioni,quale secondo noi la strada dapercorrere. Siamo consapevoliche tutto questo richiederebbe unmaggior spazio di approfondi-mento ma in occasione di questonumero di Capodopera dedicatoal lavoro delle donne proveremoa imbastire un primo spunto diriflessione sulla lettura e valoriz-zazione della differenza nella for-mazione, partendo da quello chespesso è un problema: la relazio-ne (conflittuale) con gli allievi. Partendo dal concetto che lʼau-torità è componente di questa

La nostra relazione è qualche cosa di diverso…Gabriella RossiReferente di Parità Ente Scuole Tecniche San Carlo

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:58 Pagina 4

Page 7: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

5

relazione (o dovrebbe esserlo)che pone i termini in disparità eaffidamento nonché fiducia nelsapere dellʼaltro/altra porremoquesto primo interrogativo sullaconferma/sconferma culturaledellʼautorità femminile in unasocietà che è ancora fresca daltotalitarismo pubblico (e privato)dellʼautorità paterna (intesa comesovranità). E sulla relazione generazionale,perché è con gli adolescenti chevengono espressi maggiormentei conflitti legati al non riconosci-mento dellʼautorità. Relazioneche si presenta spesso ostile, fra-gile, da maneggiare con cura, maproprio per questo virale, ricca eirrinunciabile. Quando parliamo di difficoltà ainstaurare una relazione autore-vole tutti noi docenti sappiamo dicosa stiamo parlando. Ad esem-pio a Torino, qui nel quartiere diBarriera di Milano nello scambiotra noi colleghe osserviamo che inostri allievi faticano maggior-mente a riconoscere lʼautoritàdella relazione leggendo mag-giormente il senso del potere intermini gerarchici tra chi ne ha dipiù e chi ne ha di meno (laborato-rio/teoria, insegnanti/direttore,insegnanti uomini/donne). Autorità a cui la nostra relazioneè legata, su cui si gioca la nostraconferma e buona parte dellavalutazione del proprio lavoro.

Sofia Minieri nella sua esperienzadi Asti pone infatti maggiormentelʼaccento sulla questione di auto-rità dellʼinsegnamento e sulla dif-ferenza personale di ognuno dinoi nellʼapproccio con lʼaula:“considerando che insegnareattiene a unʼinnata vocazione, intal senso la relazione del docente,maschio o femmina che sia, con ilgruppo classe misto, non ritengocomporti differenziazioni. Certo,ogni individuo pone se stesso nelfare, i propri vissuti, le modali-tà/strategie costruite nel corsodegli anni di insegnamento,insomma un background che vaad agevolare la trasmissione deisaperi. Dʼaltra parte gli allievi,maschi o femmine, non instaura-no una relazione differente condocenti di genere diverso, piutto-sto credo che i giovani riconosca-no lʼautorevolezza, la voglia di tra-smettere cultura in modo sentito,la voglia di non creare iniquità, ildesiderio di dare ad ognuno/a pariopportunità e pari dignità. E poi mi

chiedo: lʼeventuale differenza diapproccio degli/delle allievi/e neiconfronti dei/delle docenti èrimandabile a una base culturale-storica?”

Sempre sul tema dellʼautorità ilsentire di Cristina CampeseReferente di Parità di Alessandriaci dice che: “purtroppo la miaesperienza al momento non èpositiva... secondo me il ricono-scimento del ruolo è lʼimpresa daaffrontare... in aula, piccoli ograndi che siano gli allievi, è sem-pre indispensabile avere ed ema-nare una buona consapevolezzadi sè, di quello che si è e di quel-lo che si fa e sa, cercando di nonfarla scalfire dagli attacchi a 360°che arrivano, sia dai grandi chedai piccoli...”

Entrando nel merito del nostrosentire circa la relazione di gene-re con gli allievi le impressioninello scambio tra di noi hanno tro-vato alcuni fondamenti comunianche tra diverse sedi e realtàterritoriali.

Sempre Cristina Campese dellasede di Alessandria ci dice che:“trovo molto difficoltoso stare inrelazione con allievi che hanno cul-turalmente aspettative diversesulla donna, per cui rifiutano larelazione classica sociale chepassa dal contatto visivo; con que-sti allievi che hanno solo il contattocorporeo (spinte, scontro) comemezzo per stare con te, è moltoimpegnativo conservare ruolo eidea di sé e non farsi trascinare dalloro modo di comunicare, quindiper esempio dalla voglia di spinge-re via fisicamente allontanando.”

Parlando invece di differenza disguardo e aspettative nei con-fronti dei docenti dice ancoraCristina Campese: “sia dallʼespe-rienza personale che da quantoraccolgo in giro come riflessioni econfronto dʼidee tra colleghe/i,esiste una differenza di aspettati-ve da parte dellʼallievo nei con-fronti dellʼinsegnante, donna euomo; quello che posso dire èche da una donna gli adulti siaspettano una sorta di ʻmaterna-geʼ, di essere presi in braccio-carico, come se da una donna sipotesse essere scusati più facil-mente che non da un uomo;credo che questo funzioni anchenei confronti di quegli uominiche, per indole o educazione,

sono propensi a parlare con gliallievi, oltre che a far fare, diven-tando così (almeno nella mia real-tà) più ʻfemminili ̓e quindi ʻmater-niʼ, accoglienti, onnicomprensivi.Questo con la conseguenza checon un insegnante comprensivo cisi permette maggiormente didiscutere, controbattere e ribellar-si, anche fortemente alcune volte(!) Con i ragazzi, dipende moltodallʼeducazione individuale, perme. Non noto differenza di atteg-giamento, per esempio, tra ragaz-zi italiani e stranieri nei confronti diinsegnanti donne: chi sa (da fami-glia, media, esperienze varie) chepuò permettersi di ʻallargarsi ̓conle donne, cerca di farlo anche ascuola, italiano o straniero chesia. Nei confronti degli insegnatiuomini, invece, spesso ho riscon-trato un bisogno di identificarsi inun insegnante ʻidealeʼ, nel sensodi ʻproprio quello che cerco-hobisognoʼ, che con le insegnanti èimpossibile.”

Silvia Andreis delle sedi di Cuneoe Boves conferma il sentirecomune di molte di noi nel con-fronto con lo sguardo maschiledegli adolescenti: Xdalla miaesperienza mi sembra di poterdire che i ragazzi maschi consi-derino la donna meno autorevoledellʼuomo, riconoscendo mag-giormente lʼautorità paterna.Sono più portati a metterti allaprova, a stuzzicare, a provocareper vedere come reagisci mentrecon lʼuomo questo avviene meno,hanno più rispetto e meno sfida.Sfidano lʼautorità, per vedere sedebole, per testarla. Perchésecondo me in casa hanno esem-pi di ruoli differenti in cui appuntolʼautorità (sovranità) paterna èmaggiormente agita. Magari conlʼinsegnante uomo sono più pro-pensi a provare a mettersi allapari… fare battute sul sesso… oaltri tipi di battute, cercando lacomplicità ʻtra uomini ̓ e magarilʼinsegnante uomo a certe battutepresta meno attenzione e la rela-zione si mette più sullo scherzomentre a noi donne genera fasti-dio… sentendo maggiormente laspinta del ricondurci a corpo… citocca di più emotivamente e nonlo sentiamo tanto come scherzo.”

E noi? Che sguardo portiamo inaula? Diverso dai nostri colleghi?Il miglior ritratto, quello conclusi-vo di questo primo confronto suigeneri ce lo regala Cristina

Campese: “classico collegio docen-ti; tema: lʼandamento della classe;le donne sanno tutto sulle relazio-ni dei ragazzi con la famiglia, lafidanzata, gli amici, i sogni, ecc.;gli uomini sanno a che puntosono rispetto al programma, cosacʼè da fare, come stanno i ragaz-zi con se stessi rispetto allʼidea disé come uomini. Le aspettativedegli insegnati sono diverse: gliuomini vogliono vedere la fine delprocesso, mentre le donne sonoattente al processo in atto (ledonne guardano come viene pro-dotto lʼoggetto, mentre gli uominiguardano lʼoggetto, se sta neicanoni richiesti per esempio...”Entrambe parti necessarie perlʼaccoglienza piena della perso-na, nella sua totalità di individuo.Il punto importante è il nostroriconoscimento della ricchezzadella specificità dei nostri sguardi,maschili e femminili, verso i gio-vani e le giovani che abbiamopreso in carico nellʼaccompagnar-li alle soglie del mondo adulto.E la competenza femminile nellapratica di relazioni è gia ampia-mente riconosciuta nelle scuoleprimarie e dʼinfanzia e ci auguria-mo continui ad affermarsi anchecon adolescenti e adulti.Sicuramente è una bella sfida pernoi operatrici delle Scuole SanCarlo calate in territori “difficili”ma certo è che fare pratica direlazione e riconoscere questanecessità non può che portaredel bene, a beneficio di tutti, mae-stre, maestri, allievi e scuole...

Per concludere restando legata aquanto detto poco sopra daCristina Campese vi propongo leparole di Giannina Longobardi,che non insegna alle Scuole SanCarlo ma è maestra e filosofa diDiotima, comunità filosoficadellʼUniversità di Verona e ci diceche: “Lʼunica cosa che dobbiamofare è autorizzare lʼamore. Nellascuola superiore questa autoriz-zazione non circola affatto.Lʼamore per ragazze e ragazzi èclandestino, non previsto, incon-fessato, guardato con sospetto.Finito lʼobbligo lʼamore non halegittimità, deve prevalere la tec-nica: il sentimento e la preoccu-pazione sono debolezze femmi-nee. Non sono vostri figli, nonfate le chiocce, non fate lemamme, ci dicono. Possiamorispondere che sì, sono nostrifigli.”

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:58 Pagina 5

Page 8: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

a cura della Redazione

ASSOCIAZIONE SCUOLE TECNICHE SAN CARLO

Notizie dalle Sedi

Quando l’abito diventa poesia A Boves un atelier di modaErica PellegrinoResponsabile della sede di Boves

La novità di questʼanno formativo è senza dubbio il corso di Stilista rivolto adisoccupati in possesso di titolo di studio superiore e finanziato dalla

Provincia di Cuneo. Un percorso formativo certamente ambizioso che scom-mette sulle possibilità di impiego in un settore, quello della moda, tanto belloquanto fragile. Lavorando da qualche anno con le aziende di moda presentisul territorio, abbiamo constatato che la produzione rimasta in provincia riguar-da principalmente i settori dellʼalta moda, dellʼabito da cerimonia e dellʼintimo,essendo ormai appannaggio dei paesi in via di sviluppo gli altri tipi di lavora-zioni. Di questo si è parlato negli incontri con i rappresentanti dellaConfartigianato Piemonte Moda e in particolare il presidente, ClaudioAmbrogio, ha sottolineato quanto sia lunga la formazione di un operatore delsettore a causa della complessità del lavoro e delle molteplici competenze datrasmettere. Nella progettazione e confezione di un abito importante, comepossono essere quelli da cerimonia, le cose da conoscere e di cui tener contosono innumerevoli, dallo stile, alla scelta dei materiali, alle finiture, ai decori.Avere una persona già in parte formata può essere un grande vantaggio perle aziende. «Il settore moda» ci spiega Ambrogio «comprende realtà produtti-ve molto variegate; si va dalla progettazione del capo, alla creazione delmodello, al taglio dei tessuti, alla confezione dellʼabito, alla stiratura. Peresempio è molto importante saper stirare un abito e la figura della stiratrice èspesso ricercata dalle pulitintolavanderie, le quali lamentano anche la difficol-tà nel riconoscere la composizione dei tessuti al fine del loro lavaggio.»«Non è vero che il settore della moda non offre possibilità lavorative» sottoli-nea il presidente «spesso le mie dipendenti passano a negozi della concorren-za e non è da sottovalutare anche la possibilità di mettersi in proprio partendocon il lavorare per negozi e lavanderie.» Gli iscritti al corso Stilista sono tutte donne con una forte motivazione al per-corso e una grande passione per la creazione di abiti.

Alcune hanno già lavorato nellʼambito della moda,ma vorrebbero migliorare la propria specializza-zione per meglio collocarsi allʼinterno delle azien-de; altre hanno coltivato fin da piccole questa pas-sione, cercando di svilupparla attraverso la parte-cipazione a brevi corsi o da autodidatte.Parlando con la professoressa Spinelli, docente dilaboratorio e imprenditrice del settore, si sta valu-tando la possibilità di supportare le allieve nellacreazione di una cooperativa che operi nellʼambi-to della moda a trecentosessanta gradi, cercandodi utilizzare al meglio i talenti di ognuna di loro.Intanto le lezioni continuano in un clima di grandeentusiasmo, gli abiti creati fanno bella mostra di sésui manichini e a breve avranno inizio i tirocininelle aziende selezionate per mettere in pratica lecose apprese.

In alto.Le allieve del corso di stilista e i loro bozzetti.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:58 Pagina 6

Page 9: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

A Cuneo la cultura del fareErica PellegrinoResponsabile delle sedi di Boves e Cuneo

del territorio attraverso la manipolazione di materiali e lʼutilizzo di strumenti dilavoro, con lʼintento di valorizzare i mestieri manuali. Troppo spesso ancora oggiil lavoro artigianale, portatore di cultura e di intelligenza pratica, viene visto comeripiego anziché come risorsa e scelta professionale vincente; attraverso i labora-tori didattici si vogliono avvicinare giovani e adulti alla cultura del fare.I laboratori didattici saranno ubicati nei locali dellʼEx Filanda Favole e presso leScuole Tecniche San Carlo e la Scuola Edile di Boves, rimarranno aperti duran-te tutta la durata della manifestazione e la partecipazione è gratuita. Una navet-ta permetterà ai gruppi di raggiungere agevolmente le diverse strutture, mostran-do al contempo le bellezze della città di Boves, nota ai più per la nascita delleprime formazioni partigiane e per lʼeccidio perpetrato a danno della popolazionecivile dalle formazioni nazifasciste. Il percorso didattico avrà inizio nei locali dellaEx Filanda Favole, recentemente ristrutturati grazie a un progetto regionale,dove i partecipanti potranno assistere alla presentazione del progetto, ricevereinformazioni circa lʼubicazione dei laboratori didattici e visitare alcune vetrineespositive sullʼattività delle scuole professionali e delle associazioni di categoria.Nel corso delle quattro giornate sono previste numerose altre iniziative quali con-certi, cene a tema, vendita di prodotti tipici, possibilità di visite guidate. Una bellaoccasione per scoprire nuovi territori e realtà ancora poco conosciute!Per maggiori informazioni potete visitare il sito del Comune di Boves:www.comune.boves.cn.it, o quello delle Scuole Tecniche San Carlo:www.scuolesancarlo.org, nella sezione Cuneo e Boves.

Laboratori didatticisull’artigianato e sull’agricoltura

Nelle giornate dal 3 al 6 giugno la città di Bovesospiterà unʼimportante manifestazione sul mondo

dellʼartigianato e del tessuto produttivo della Provinciadi Cuneo che è parte integrante del progetto “La portadelle Alpi” (www.laportadellealpi.eu). Unʼiniziativa, questa, che vuole definire un territoriofacendo sì che gli attori che intervengono possanopresentare i loro valori turistici, commerciali e artisti-ci nello stesso modo, con le stesse opportunità.Lʼevento, promosso dalla Confartigianato di Cuneo,dalla Confcommercio, dalla Coldiretti, dal Comunedi Cuneo e dal Comune di Boves, ha come momen-to significativo lʼattivazione di laboratori didattici sul-lʼartigianato e lʼagricoltura in cui sperimentare lamanualità e apprendere tecniche per la lavorazionedi materiali diversi. Obiettivo della manifestazione vuol essere quello difar conoscere la ricchezza del tessuto produttivo

Aperti per fiera dal 26 agosto al 5 settembreLe Scuole Tecniche San Carlo alla Grande Fiera d’Estate di CuneoLa GFE compie 35 anni e ci vedrà presenti con uno stand allʼinterno dello spazio espositivo riservato ai soggetti istitu-zionali. Per lʼoccasione verranno esposti i migliori manufatti realizzati nel corso dellʼanno formativo appena concluso,dai mobili agli abiti, e i nostri operatori saranno a disposizione di chi vuole saperne di più. Vi aspettiamo numerosi!

San Carlo a porte apertesabato 5 giugno dalle 10.30 alle 18.30

presso la Sede di Torino, Via Pergolesi 119

Le Scuole San Carlo in collaborazione con lʼUnione ex Allievi organizzano una giornata diapertura al pubblico con musica, spettacoli , dimostrazioni di laboratorio e lʼirripetibile oppor-tunità di acquistare i nostri manufatti e le nostre t-shirt sostenendo le Scuole San Carlo.Sfileranno le allieve dei corsi di sartoria con le loro creazioni.Tra gli ospiti Beppe Brondino & Madame Zorà, Mago Valej & Minù e Marco Sereno, cisbalordiranno con giochi di magia.

Contatti e informazioni: Tel. 011/2055793 - [email protected] - http://scuolesancarlo.org/torino

I contribuenti che desiderano destinare il 5 PER MILLE allʼAssociazione Scuole Tecniche San Carlo possono indicare il Codice Fiscale 07585390011nellʼapposita casella della dichiarazione dei redditi dellʼanno 2009

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 7

Page 10: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

PER LA SUA PUBBLICITÀ SU CAPODOPERATel. 011/23413523 011/23416460 Fax 011/09652268 E-mail: [email protected] www.nadiacamandonaeditore.to

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 8

Page 11: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

9

Anna Maria Montaldo è la direttrice dellaboratorio di falegnameria del TeatroRegio di Torino.

La sua intenzione di occuparsi di falegnameria,e inizialmente di restauro, è sempre stata chia-ra. A vent’anni decide di iscriversi al corso direstauro ligneo presso le Scuole San Carlo,lavorando nel frattempo presso un restauratore.A scuola si trova a essere l’unica ragazza dellaclasse, ma qui la differenza è più legata al diva-rio d’età, perché i compagni sono tutti adole-scenti.Sono i suoi insegnanti a indirizzarla al corso pertecnico di palcoscenico, dove le componentifemminile e maschile si equivalgono. Ma men-tre le altre ragazze sono interessate per lo piùalla scenografia, Anna si orienta verso la fale-gnameria, ovvero la costruzione di quelle strut-ture che fanno da sostegno alle scenografie.Il suo lavoro è piuttosto inconsueto per unadonna, infatti Anna è a capo di una squadra dilavoro composta esclusivamente da uomini.Eppure non lamenta particolari problemi nel-l’inserirsi in un ambiente maschile: il rapportocon i colleghi è sempre stato paritario. Le diffi-coltà affrontate non sono state poche, ma tuttelegate al percorso lavorativo in sé piuttosto cheall’essere donna. Diventare capo è stato fatico-so per il bagaglio di esperienze necessario aquesto tipo di ruolo, in cui fermezza e diploma-zia sono fondamentali per il coordinamento e lascelta dei collaboratori, che devono essere qua-lificati e capaci di lavorare in team. Ma con laconvinzione che il tempo e la pratica le hannoportato, Anna non ha nessun problema a essere

ASSOCIAZIONE SCUOLE TECNICHE SAN CARLO

Unione Ex Allievi

DONNE e Artigianato

Michela Goi

riconosciuta e rispettata dai nuovi collaboratori.Una fatica tutta femminile è quella di concilia-re il lavoro con l’impegno di mamma, che peròsi è rivelato utile sul fronte del lavoro. La scel-ta della maternità è arrivata in un momento dif-ficile in laboratorio, ma al rientro Anna si rendeconto che le sue priorità sono cambiate e se ilsuo impegno non è diminuito, ora lo gestiscecon più distacco.Nonostante tutto, la sua convinzione per lescelte fatte non è mai venuta meno, né è sce-mato l’amore per la professione, nonostante lelavorazioni richieste non siano sempre varie ecreative e occorra far fronte alla scarsità d’inve-stimenti nel settore ottimizzando i costi senzanulla togliere alla qualità. Ma il laboratorioormai ha il suo “stile”, un metodo di lavoro cheporta alla realizzazione di strutture assoluta-mente sicure ma anche belle da vedere senza lascenografia. E questo è il frutto del lavoro di ungruppo che si è consolidato nel corso degli anni.L’anomalia di Anna è forse destinata a finire,perché mentre ci racconta la sua vicenda, inlaboratorio si aspetta l’arrivo di una stagistadelle Scuole San Carlo. E lei è estremamentecuriosa di avere finalmente una collega donna emagari ritrovarci un po’ di se stessa e conferma-re l’idea che le donne nel lavoro sappiano met-tere senso del dovere, resistenza e costanza nel-l’impegno.

UNA DONNA

IN TeatroAnna Maria Montaldo allavoro presso il laboratoriodi falegnameria del TeatroRegio.

Foto: Alberto Ramella.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 9

Page 12: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

10

Marta Sanna è una restauratrice diopere d’arte su carta. Ha studiatoall’Istituto d’Arte Passoni e nel 2007

ha terminato il corso di restauro del materialecartaceo alle Scuole San Carlo. A 30 anni lavora in proprio già da cinque nellaboratorio Lucchini e Sanna snc che gestiscecon un socio, dopo alcune esperienze da dipen-dente tra cui quella presso la Bottega Fagnola.Il settore del restauro cartaceo conta la presen-za di molte donne, per questo probabilmenteMarta dice di essersi trovata a dimostrare lapropria professionalità più per il fatto di esseregiovane che per l’essere una ragazza. Ma l’am-biente è piuttosto ristretto e quando ci si faconoscere dai clienti, anche grazie al passaparo-la, non ci sono più perplessità da vincere. Néracconta di aver avuto problemi nel lavorare dadipendente, anzi, il confronto con capi e colle-ghi si è sempre svolto alla pari. Nondimeno,per quanto non ci sia alcun tipo di discrimina-zione, rimane l’impressione che alle donneoccorra una marcia in più, in un lavoro che giàdi per sé richiede una grande passione. Martaparla di un “maschilismo involontario” di fron-te al quale è necessario dimostrare la propriacapacità.La vera difficoltà consiste nel conciliare lafamiglia e un lavoro molto impegnativo, in cuiè richiesto un costante aggiornamento anchetramite corsi, e per di più svolto in proprio. Con un mestiere di questo tipo è sempre com-plicato scegliere il “momento giusto” per avereun figlio: Marta ricorda di aver lavorato fino algiorno precedente il parto e dopo non è rimastaa casa più di due mesi; ora sua figlia ha 18 mesie il lavoro non ha orari. Certamente avere un socio è d’aiuto e nonmanca il sostegno della famiglia, ma al di fuoridella cerchia famigliare e lavorativa il sostegnoalle madri lavoratrici è del tutto carente.Il caso di Marta Sanna dimostra che è possibileconciliare i diversi aspetti della vita di unadonna ed essere assolutamente soddisfattedelle scelte compiute, mettendo però in contodedizione e disponibilità a lavorare duramente.

IL RESTAUROCarta È DONNA

Marta Sanna al lavoro nelsuo laboratorio.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 10

Page 13: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

Parlando di donne che lavorano nel settoredell’artigianato non potevamo non rac-contare anche del nostro editore, Nadia

Camandona. Terminato il corso di restauro degliarredi lignei delle Scuole San Carlo nel 1993,inizia l’anno successivo a lavorare come restau-ratrice e a insegnare nella scuola, dove tienecorsi fino al 2005. L’idea della casa editrice pren-de forma nel 2006, un cambiamento evidenterispetto alle esperienze precedenti che però daqueste ha tratto la sua linfa.Nadia Camandona ha sempre avuto il desideriodi mettersi in proprio, ma l’esperienza da dipen-dente è stata indispensabile per imparare a darsidei ritmi, lavorare con altre persone e da questeimparare. Lasciare un posto fisso non è statofacile, ma il lavoro a scuola non le bastava più,né sembrava soddisfacente l’idea di tornare alrestauro e alle consulenze di antiquariato.Dopo essersi licenziata ci sono voluti appenapochi mesi per mettere a fuoco il nuovo proget-to. Avendo fondato “Capodopera” nel 1996 (altempo con il titolo “La buscaja”), pubblicatoalcuni libri e scritto le dispense per i corsi, ilpensiero va all’editoria e in particolare a un’edi-toria focalizzata sull’artigianato, un mondo chegià ben conosce. Il passo successivo è stato rivolgersi al Mip, ilservizio della Provincia di Torino per mettersi inproprio, che fornisce nozioni sul funzionamentodi un’azienda, in particolare sotto l’aspetto buro-cratico e finanziario. Ma il tutor la mette davan-ti a problematiche oggettive: la crisi dell’edito-ria, la concorrenza, la difficoltà a trovare autorivalidi e a farli conoscere. Ma il progetto messo apunto si rivela convincente. A questo punto laNadia Camandona Editore è coinvolta nel pro-getto Mentoring della Regione Piemonte, tuttoal femminile, che prevede l’affiancamento allaneo imprenditrice di un’imprenditrice dellostesso settore, un progetto che ha visto la parte-cipazione di 14 nuove imprese conclusosi con lapiena soddisfazione di tutti i soggetti coinvolti.L’esperienza si è rivelata indispensabile,anche grazie all’ottimo rapporto umano oltre

che professionale che si è instaurato con la men-tore, Silvia Ramasso della Neos Edizioni. Ledue case editrici infatti continuano a essere incontatto, condividendo spazi espositivi alle fieree alimentando lo scambio di esperienze .La presenza della mentore è stata utile ancheper l’inserimento nell’ambiente degli editori edelle relative associazioni. E qui, almeno all’ini-zio, si percepisce un po’ di diffidenza verso unadonna imprenditrice, ma le barriere iniziali inrealtà sono normali in un ambiente molto con-correnziale e con il tempo vengono meno.Anche in questo caso la questione che emerge èquella del carico di lavoro che grava su unadonna che lavora e al contempo ha una famiglia,soprattutto perché con un lavoro autonomo l’im-pegno è continuo e non ci sono orari. NadiaCamandona, comunque, ha trovato nel lavoro inproprio la soddisfazione delle sue aspettative,forte delle esperienze lavorative precedenti. Eora sarebbe per lei più difficile rinunciare allasua attività che tornare a essere dipendente, per-ché la possibilità di scegliere liberamente nellavoro paga ogni sacrificio.

Da due anni alla Nadia Camandona Editorelavora anche Silvia Quaranta, ex allieva delleScuole San Carlo e restauratrice del legno. Silviaha lavorato come restauratrice dal 2004 al 2007,ma l’impossibilità di aprire un proprio laborato-rio l’ha portata a cambiare strada. Sarebbe statonecessario, infatti, poter sostenere le spese dellapartita Iva e di un negozio, ma in mancanza diuna clientela fissa, che all’inizio di un’attività èmolto difficile avere, tutto questo non è statopossibile. Qualche difficoltà in più è arrivatacerto dall’essere una ragazza che fa un mestieremanuale, in alcuni casi molto faticoso, in cui ci sisporca le mani. Ma forse avrebbe seguito lo stes-so percorso anche se fosse stata un uomo. E ilsuo lavoro si svolge anche adesso nell’ambitodell’artigianato, Silvia continua a mantenere icontatti con gli artigiani conosciuti nel corsodegli anni, per esempio con l’Università deiMinusieri. Inoltre ora il suo campo d’interesse siè ampliato anche a settori che non riguardanosolo il restauro ligneo, a forme di artigianatonuove e ricche di stimoli.La voglia di restaurare non è venuta meno e cosìcontinua a fare lavori per sé e per gli amici. Ilcambiamento è stato grande: dopo il lavoro inlaboratorio, tutto il giorno in piedi tra i mobili,ora Silvia passa le sue giornate al computer, mala passione per l’artigianato è rimasta la stessa.

11

DAL RESTAURO ALL’ EditoriaD’ARTE

A sinistra.Nadia Camandona alla Fiera delLibro di Imperia con i suoi librid’arte e i nuovissimi libri elettro-nici di cui è la prima rivenditriceindipendente in Italia.

Dall’alto.Nadia Camandona e SilviaQuaranta alla Festa del Libro diOrbassano.

Nadia Camandona con il lega-tore Ivo Guzzon, autore del librodedicato alla legatura d’arteQuinta di copertina, durante lapresentazione alla Fiera delLibro di Torino nel 2008. Dasinistra: Nadia Camandona, IvoGuzzon, legatore insignitodell’Eccellenza Artigiana,Gianpaolo Minazzi dellaRegione Piemonte, settoreArtigianato, e Mario Guilla.

Lo stand al Salone del Libro diTorino 2009 con la mentoreSilvia Ramasso della NeosEdizioni.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 11

Page 14: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

Vendesi aria di montagna e acqua di sorgenteper sverniciare serramenti. Non richiesta autorizzazione al-cuna. Rifiuti come concime biologico, operai contenti. Co-sto €/kg 0,50. Tutto il resto è utile. Proprio fessi queglisverniciatori conto terzi che si complicano la vita con pro-blemi superflui… A chi importa di quei 100 lt/mq di ac-qua di lavaggio per manufatto (valori di media statistica),quei 3 kg/mq di sverniciatore, quei 4 kg/mq di svariaticodici rifiuti che nessuno vuole come fertilizzante e che(scandalo!) nessuno vuole bere. E che peggio ancora, co-sa davvero strana, pochi vogliono respirare. Contento sa-rà quel cliente che ignaro o poco interessato pagherà lametà del giusto. Otterrà un servizio da un artigiano che,amante delle favole, il giorno dopo tornerà a far più bel-lo il mondo sverniciando di nascosto. Non sarebbe meglioinvece professionalizzarsi e formare una rete, un sistema,anziché annegare in una tinozza?

Chorus, azienda operante nel settore del restauro e manutenzione serramentiRICERCA FIGURA DI SUPPORTO COMMERCIALEOpportunità di sviluppo operativo in proprio. Si richiedono: - manualità; - esperienza o interesse specifico.

Chorus Sverniciature esegue dal 1987opere di pulizia tecnica per il restauro ela manutenzione del legno (porte, persia-ne, finestre, mobili eccetera). Opera in tut-to il nord e il centro Italia e ha consoli-dato una capillare rete di collaborazionicon aziende, alle quali offre consulenzae formazione per la gestione dell’attivitàdi manutenzione, restauro e riedizioneserramenti, secondo le peculiarità locali.Applica le proprie competenze in materiagestionale, ambientale e di sicurezza sullavoro, nell’ottica di una filiera che portia un marchio di qualità nel rispetto delconsumatore. Questa ambizione passa at-traverso una normalizzazione dei capitola-ti d’intervento secondo metodi e tecnichefocalizzati su natura, epoca, stato, tipolo-gia e finitura del manufatto. Medianteuna codifica dei gradi di finitura, porosi-tà, idoneità ai cicli protettivi e condizionidi qualità normative, si interviene con op-portuni principi attivi, attrezzature e siste-mi di levigatura che garantiscano una re-sa della superficie pari alla necessità diprogetto nei tempi stabiliti.

OFFERTA DI LAVORO

PROFESSIONESVERNICIATORE

TEL. 011.8170750 www.sverniciatura.it

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 12

Page 15: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

13

ANTICA UNIVERSITÀ DEI MINUSIERI

Il Museo

Silvia Quaranta

Il 21 marzo 2010, come ogni anno, l’AnticaUniversità dei Minusieri ha organizzato lafesta in occasione di San Giuseppe, il santo

protettore dei falegnami, e anche quest’anno ilpresidente Stefano Pasquale e i membri delConsiglio di Amministrazione hanno accoltotutti i soci nella sede storica di vicolo Santa Ma-ria a Torino, ma questa volta ci attendeva unabella novità.Si cominciava a percepire il cambiamento giànello scendere le scale, perché siamo stati av-volti dal profumo della tinteggiatura data di fre-sco e una volta scesi… ecco la sorpresa. La se-de storica aveva ripreso vita.L’eleganza della sede, l’ordine e l’attenzioneper le modifiche apportate hanno emozionatotutti i presenti. Lo stupore sui loro volti facevatrasparire l’emozione che li aveva colti. Per me, giovane socia, è stato emozionante ve-dere l’euforia e la soddisfazione nelle espres-sioni di coloro che per mesi hanno lavorato af-finché si raggiungesse questo risultato.Sono uomini che credono fortemente neiprincipi fondamentali dell’associazione, cre-dono nell’artigianato e nell’importanza che ha

festeggiare ogni anno San Giuseppe, che non èsolamente un’occasione per ritrovarsi insiemeagli amici, ma è un modo per ricordare coloroche hanno creato l’Antica Università dei Minu-sieri, coloro che hanno creduto fortemente chequesti valori dovessero essere tramandati finoai giorni nostri.Alcuni membri del consiglio e qualche socio so-no figli di artigiani che hanno contribuito allacrescita dell’associazione, ed è per questo mo-tivo che il nuovo volto della sede storica assu-me un valore rilevante.Tutti i soci con i quali ho parlato quel giornoesprimevano la loro gratitudine nei confronti dichi aveva lavorato per il “rinnovamento”, madietro la grande gioia si nascondeva un velo dimalinconia per la nostalgia degli anni in cui al-l’artigiano e al suo lavoro veniva dato il giusto

La sede storica torineserinnovata per accogliere nuove iniziativedell’Università dei Minusieri

A sinistra.Lo spazio dedicato ai capid’opera e alla bandieradell’Associazione.

A destra.La zona centrale della salache può ospitare confe-renze ed eventi.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 13

Page 16: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

14

valore, nostalgia perché un tempo c’era la cer-tezza che il proprio lavoro sarebbe stato traman-dato alle generazioni future, nostalgia perché ilgiovane che si avvicinava al mondo dell’artigia-nato lo faceva perché spinto dalla passione.Ed è proprio la passione il sentimento domi-nante che ha mosso i membri del consiglio af-finché la sede storica ritornasse agli antichisplendori.Tutto questo per far capire ai giovani artigianiche l’amore e la passione per il proprio lavorodurano nel tempo. É per questo motivo chel’associazione, che quest’anno festeggia i suoi374 anni, è pronta ad accogliere tutti coloro chedesiderano far parte di quella che si può defini-re una grande famiglia.Una volta finiti i festeggiamenti e spentesi leluci della sede storica, non c’era malinconia suivolti della gente, ma la certezza che con oggi isoci abbiano riscoperto il sentimento che dal1636 dà vita all’associazione: la passione e laconvinzione per quello che si fa e per quelloche si rappresenta.

Una donna presidente dell’Ente Parco La Mandria dov’è ospitato il MuseoVivo dei Minusieri

Lʼarchitetto Emanuela Guarino è presidente dellʼEnte Parco La Mandria e socia dello studio AEG Guarino Vlaicarchitetti associati, per questo ci interessa il suo parere in merito al mondo dellʼartigianato, che conosce attraver-

so le esperienze di cantiere legate alla sua professione di architetto e ai contatti con il Museo Vivo dellʼAnticaUniversità dei Minusieri che ha la sua sede proprio al Borgo Castello della Mandria.Guarino mette in evidenza lʼevoluzione continua che caratterizza il settore ma che non è percepita dallʼopinionecomune. Lʼartigiano infatti non è più legato solamente ai mestieri tradizionali: è questo, anzi, lʼambito che più scontala difficoltà a garantirsi un adeguato ricambio generazionale, a trovare una continuità che assicuri la sopravvivenzadi competenze consolidatesi nel corso del tempo.Ma lʼartigiano oggi si trova a far fronte a problemi di varia natura: il quadro legislativo è poco chiaro e non semprecorrispondente alle esigenze dei lavoratori del settore, senza contare lʼostacolo della burocrazia.E se lʼeccellenza è lʼunica possibilità, perché è impossibile competere con chi abbassa i costi spostando la produzio-ne allʼestero o pur restando in Italia fa lavori “in serie”, allora serve davvero un sostegno a chi lavora bene.Ma il punto di vista di Emanuela Guarino ci interessa anche in relazione al tema di questo numero. Lo studio AEG ècomposto interamente da donne e contrariamente a quello che i luoghi comuni potrebbero suggerire, lʼambiente dilavoro è assolutamente positivo. Le donne hanno onestà intellettuale, capacità di lavorare in team e soprattutto met-tono in campo una forte solidarietà reciproca: difficilmente, infatti, sottovalutano le esigenze famigliari delle colleghe,avendo ben presente in prima persona quali sono le difficoltà della conciliazione. Per di più, in un ambiente tutto alfemminile non si creano le rivalità che potrebbero essere stimolate dalla presenza di uomini davanti ai quali emerge-re e che non sempre sono ripagate dal successo professionale. Le difficoltà emergono piuttosto quando si tratta dientrare in contatto con lʼuniverso maschile. In cantiere un uomo viene immediatamente riconosciuto nel suo ruolo,mentre di fronte alle maestranze una professionista, per quanto brava, deve vincere una certa diffidenza iniziale perdirigere i lavori. Questo non esclude affatto che si stabiliscano ottimi rapporti dopo le perplessità iniziali, ma resta ilfatto che una donna deve conquistare e dimostrare la sua credibilità. E se tra le quotidiane difficoltà a mettere insie-me gli impegni famigliari e quelli lavorativi, capita di avere con sé i figli, non manca un certo timore nel portarli in can-tiere o in riunione. La dedizione al lavoro permette di venire a capo di ogni ostacolo, ma lʼauspicio di EmanuelaGuarino è che la mentalità diffusa vada verso il cambiamento.

La ricca raccolta diannuari dell’Associazione.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 14

Page 17: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

15

Sulla base dei dati forniti dall’Osservatoriodell’artigianato della Regione Piemonte,sappiamo che nella nostra regione le im-

prese artigiane guidate da donne, intese comele imprese in cui una donna ricopra la carica so-ciale più importante, sono 22.729. Nel 2003 leimprese al femminile erano già oltre 20.000 erappresentavano il 15,6% del totale.Le donne impiegate nell’artigianato sono in au-mento, in particolare tra le dipendenti. Quantoal solo lavoro indipendente, l’incremento è sta-to piuttosto ridotto, ma se le coadiuvanti e le la-voratrici in proprio sono addirittura diminuite,si è rilevato un forte aumento delle imprendi-trici, delle libere professioniste e delle socie dicooperative.Oltre che in aumento, le imprese femminili sidimostrano anche “in buona salute” sotto ilprofilo del fatturato, soprattutto in relazione al-la crisi in corso. Né si avvertono differenze sen-sibili nel ricorso alle agevolazioni pubbliche traimprese a conduzione femminile o maschile.Ma vediamo le caratteristiche di queste impre-se. Al confronto con i colleghi uomini, le im-prenditrici piemontesi sono più giovani (conun’età media intorno ai 41 anni), hanno azien-de di dimensioni analoghe e il 75% di loro haavuto almeno un’esperienza formativa nel set-tore della propria attività. Inoltre sono in pos-sesso di un titolo di studio più elevato, in parti-colare quelle che lavorano in ambiti considera-ti tradizionalmente maschili, come la metal-meccanica e i servizi alle imprese: più del 40 %ha frequentato almeno la scuola superiore.Addentrandoci nella sfera relazionale, scopria-mo che il 58% delle donne alla fondazione del-l’impresa non è coniugata né convivente, mapiù della metà ha figli. Dati che potrebbero si-gnificare un’inconciliabilità del lavoro con lapresenza di una famiglia oppure una maggiore

indipendenza delle imprenditrici rispetto al-l’istituzione matrimoniale. Di sicuro il 34% del-le donne intervistate, in particolare le più gio-vani, pensa che la mole di lavoro non sia com-patibile con la famiglia o gli impegni personali.Il carico d’impegni familiari, d’altro canto, puòscoraggiare molte donne dall’intraprenderequesto genere di carriera, ma questo è un cam-po d’indagine diverso. Tratto comune delle donne imprenditrici èsenz’altro la determinazione e l’autodetermina-zione: le motivazioni della fondazione diun’impresa sono per lo più legate alla volontàdi mettere in atto un proprio progetto e di esse-re libere nel lavoro. E questi obiettivi superanole ambizioni legate al reddito e alla posizionesociale. Si tratta, nella grande maggioranza deicasi, di scelte maturate senza condizionamenti,

Nel mondo della

Donna Artigiana

REGIONE PIEMONTEOsservatorio dell’Artigianato

Michela Goi

Foto: gentile concessione diPrincipessa Valentina

A sinistra. Samantha Panza, insignitadell’Eccellenza Artigiana,nel suo atelier di Asti.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 15

Page 18: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

16

vista la bassissima percentuale di aziende ere-ditate dalla famiglia d’origine e la scarsa pre-senza di familiari nelle imprese.Il 41,4% delle donne intervistate ritiene chel’essere donna sia stato un fattore discriminan-te: quasi la metà ne è stata avvantaggiata peraver intrapreso lavori ritenuti tipicamente fem-minili o rivolti alla donne, mentre il 24,2% hadovuto fronteggiare diffidenze e pregiudizi le-gati alla presunta incapacità femminile di con-ciliare professionalità e famiglia. Ma se dopo ilsuperamento di queste difficoltà iniziali, gliostacoli a cui fanno fronte successivamente leimprenditrici non sono diversi da quelli degliuomini, è pur vero che la presenza numericadelle donne è ancora decisamente bassa e dun-que le vere barriere che le tengono lontane dal-l’imprenditoria sono da ricercare a monte ri-spetto alla nascita dell’impresa.Un segnale positivo viene dagli addetti delleaziende al femminile, che sono donne per oltrel’80%: ecco che allora queste imprese si dimo-strano, per usare la definizione del rapporto sul-l’imprenditorialità, “agenti di femminilizzazio-ne” del mercato del lavoro e saranno un aiutoper il cambiamento di mentalità di cui si sentela necessità.

Si è detto che tra le lavoratrici indipendenti, lecoadiuvanti famigliari sono diminuite nel de-cennio 1993-2003 e il ruolo del coadiuvantenon è appannaggio femminile, anzi, dei quasi8.000 coadiuvanti piemontesi, gli uomini sonola maggioranza. Ma questa figura si rivela parti-colarmente interessante da un punto di vistafemminile perché rispecchiando la situazionedi aziende a conduzione famigliare, fornisce da-ti anche sul ruolo sociale della donna.Per coadiuvanti familiari si definiscono i fami-liari del titolare che “lavorino abitualmente eprevalentemente nell’azienda” (Legge 4 luglio1959 n. 463). Nata per tutelare in particolare ilavoratori dell’agricoltura, e specialmente glieredi, questa figura è caratterizzata da minimicontributi previdenziali e assicurativi e non è fi-scalmente autonoma. Questo profilo è scelto quasi sempre per ridur-re i costi in azienda, ma determina posizioni digrande debolezza, per esempio in caso di divor-zio. Se si considera la crescente instabilità del-l’istituzione matrimoniale (le coadiuvanti, in-fatti, sono per lo più le mogli dei titolari), que-sta figura si trova a essere sempre meno garan-tita, nella misura in cui i suoi compensi sono danegoziare in via informale in seno alla famigliaanziché essere contrattualizzati. Molte di loroeffettivamente trovano nel loro lavoro più che

altro un compenso di natura morale, ovvero laconsapevolezza di ricoprire un ruolo fondamen-tale per la propria famiglia, individuata come lavera fonte di garanzie sul fronte della fiducia edella conciliazione, anche se in realtà la presen-za di figli non fa necessariamente diminuire lamole di lavoro da sbrigare. Il lavoro, comunque, è percepito anche dai ma-riti come una sorta di estensione dei compitisvolti a casa. Anche perché di solito, nella divi-sione del lavoro, è il titolare a occuparsi dellaproduzione, del cosiddetto “mestiere”, mentrela coadiuvante gestisce l’amministrazione, lavendita o altre attività terziarie, elementi rite-nuti non centrali quanto più le aziende sono ge-stite in modo tradizionale. Diversa la situazionetra le generazioni giovani, tra le cui fila si vedeuna maggior condivisione delle decisioni con ititolari. Un cambiamento davvero auspicabilein una categoria eterogenea per caratteristichema omogenea molto spesso per la scarsa consa-pevolezza di queste donne rispetto alla loro po-sizione fiscale e giuridica.

Tutti i dati sono stati forniti dall’ Osservatoriodell’artigianato Regione Piemonte; per le im-prenditrici la fonte è Imprenditorialità femminilenell’artigianato in Piemonte, a cura di A. Tavella eS. Cominu, 2004, Osservatorio dell’artigianatoRegione Piemonte (Assessorato all’artigianato -Direzione Commercio e Artigianato).

A destra.Un’allieva del corso di

Restauro ligneo presso leScuole San Carlo di

Torino.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 16

Page 19: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

17

La Consigliera di Paritàuna preziosa alleata per il rispetto delle differenze sul luogo di lavoroCOME, QUANDO E PERCHÉ RIVOLGERSI A LEI

La Consigliera di Parità è la figura istitu-zionale prevista dal Ministero del Lavo-ro per promuovere le politiche di pari

opportunità tra uomini e donne nel lavoro econtrastare le discriminazioni di genere.É nominata con decreto dal Ministero del La-voro, di concerto con il Ministero delle Pari Op-portunità, su designazione delle Regioni e del-le Province interessate ed è scelta in base allasua specifica competenza ed esperienza in ma-teria di lavoro femminile, di normative sulla pa-rità e pari opportunità e di mercato del lavoro.Nell’esercizio delle proprie funzioni è un pub-blico ufficiale e ha obbligo di segnalazione al-l’Autorità giudiziaria per i reati di cui viene aconoscenza. É membro a tutti gli effetti rispet-tivamente delle commissioni regionali e pro-vinciali tripartite. Partecipa inoltre ai tavoli dipartenariato locale e ai comitati di sorveglianza;è componente delle commissioni di pari oppor-tunità del corrispondente livello territoriale.Proviamo a vedere insieme come intervenirenelle situazioni di discriminazioni sul luogo dilavoro. Abbiamo chiesto alle consigliere di Pa-rità della Provincia di Torino, Laura Cima eIvana Melli di raccontarci la loro attività.

Cosa vuol dire subire una discriminazione e co-me contrastarla? Ce ne parlano le Consigliere di Parità della Pro-vincia di Torino.Può succedere di intuire, sospettare oppure dicapire esplicitamente che il “trattamento” me-no favorevole che ci riguarda rispetto a un’al-tra/o persona o collega di lavoro dipenda da unacaratteristica della nostra esistenza.Il genere, l’essere donna o uomo, può esseremotivo di discriminazione qualora la “differen-za” venga vissuta in modo negativo, come unproblema, anche senza che ci siano concretimotivi per ritenerlo. Il fatto può coglierci di sor-presa, stupirci, ma i dati ci dimostrano che suc-cede purtroppo ancora troppo spesso, anche sela discriminazione non appare in modo chiaro,esplicito. Spesso si nasconde dietro a comporta-menti o modalità che non sembrano creare di-stanze ma che, nei fatti, le determinano.

Cosa s’intende per discriminazione? Potete farci un esempio?Partiamo da due esempi che ci aiutano a capireconcretamente cosa siano le discriminazioni:diretta e indiretta.La richiesta all’atto dell’assunzione di una fir-ma di dimissione in bianco, per esempio, è unadiscriminazione diretta rivolta alle donne in vi-sta di una futura maternità. Per quanto punitadalla legge, questa prassi è ancora diffusa e pur-troppo non sufficientemente contrastata.Esistono poi discriminazioni meno evidenti(indirette) come la consuetudine di prevedereriunioni aziendali nel tardo pomeriggio (dopole 17.00). Di per se la scelta non è “dannosa”ma, nei fatti, colpisce le persone che hannoproblemi di conciliazione dei tempi (perchécon figli piccoli per esempio) e queste sono in

PROVINCIA DI TORINOLe Pari Opportunità

Roberta DhoGabriella Rossi

17

Le Consigliere di Paritàdella Provincia di TorinoLaura Cima e Ivana Melli.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 17

Page 20: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

18

gran prevalenza donne. La prassi non è quindipropriamente “neutra” rispetto al genere.

Come interviene la Consigliera di Parità?Come suggerisce il termine “consigliera”, indi-viduato ormai quasi vent’anni fa quando la figu-ra è stata istituita, abbiamo il compito specificodi indirizzare la persona in difficoltà verso la mi-glior risoluzione del problema. L’Ufficio dellaConsigliera, quindi, accoglie e ascolta i quesitidi lavoratrici e lavoratori attraverso contatto te-lefonico, e-mail o attraverso il sito Internet e neicasi più complessi incontrando la persona.Nell’ambito del colloquio, in forma privata inun locale destinato a tale scopo, determiniamola tipologia del caso, se sia pertinenza dell’Uffi-cio o se debba essere rinviato ad altri servizi(Sindacato, Servizi sociali, Centri per l’impiegoo altro) e cerchiamo di indicare le possibili econcilianti vie d’uscita dalla situazione.

La Consigliera di parità può procedere senzache ci sia il consenso del/la lavoratore/trice?No, la lavoratrice o il lavoratore una volta infor-mati dovranno decidere, ove sia il caso, se ri-chiedere l’intervento della Consigliera. La no-stra azione è volta a mediare tra il punto di vi-sta dell’azienda e del/la lavoratore/trice checonvochiamo al fine di ricercare le vie di conci-liazione amichevoli. Nella gran parte delle si-tuazioni questa procedura, talvolta supportatada altri soggetti, come i sindacati che ci affian-cano nella mediazione, funziona e il caso si con-clude con una conciliazione. Non sempre, però.Si creano allora gli estremi per un’azione legalee la Consigliera ha la facoltà di procedere in se-de giudiziaria. Finora le nostre cause sono sem-pre andate a buon fine per la lavoratrice, ma legaranzie non bastano, spesso le persone sonorestie ad affrontare un percorso legale.

É possibile identificare un profilo della personache subisce discriminazioni sul lavoro?L’analisi che annualmente svolgiamo sui casitrattati ci permette di individuare delle costan-ti nelle persone che si rivolgono a noi.

Nell’ultimo anno 2009 gli 86 casi trattati riguar-davano nel 93% una donna, in gran prevalenzadi nazionalità italiana, di età compresa tra i 30 ei 40 anni e spesso con 1 figlio/a.Questo perchè il problema per cui ci si rivolgea noi è, prevalentemente, legato alla concilia-zione lavoro e famiglia. La maternità (rientri,demansionamenti, congedi parentali, ecc.) siconferma quale momento più “critico” nei rap-porti delle donne con il lavoro, gli altri fannocapo alla voce discriminazioni (24%), tra cuimobbing e molestie, seguono i casi multipli(12%), cioè con più richieste di intervento.É inoltre impiegata con contratto a tempo in-determinato in un’azienda privata con più di 15dipendenti, prevalentemente nel settore deiservizi e, non in ultimo, ha un titolo di studiomedio alto (il diploma 42%, la laurea triennale10%, specialistica 6%).Per noi è quindi difficile intercettare le proble-matiche di chi svolge lavori precari o delle don-ne immigrate che si sentono poco tutelate e so-no meno informate. Questo basta per farci ca-pire come l’emersione del problema, che regi-striamo attraverso la nostra attività, sia una pic-cola fetta del disagio lavorativo che molte don-ne vivono.

Come è possibile che tuttora le donne debbanoaffrontare situazioni così discriminanti sul lavoro?Di fatto non esistono oggettive motivazioni aquesto fenomeno: le donne conseguono mi-gliori risultati scolastici a tutti i livelli, entranonel mercato del lavoro con maggior determina-zione, hanno grande volontà di crescere e fles-sibilità nell’apprendere e nell’adattarsi.Eppure la cultura organizzativa delle aziende èancora poco capace di superare la visione dellamaternità come un ostacolo e a valorizzare la ri-sorsa donna.La carenza dei servizi per la cura di bambini,anziani, malati e la scarsa condivisione dei ruo-li familiari fa il resto. Per questo ci impegniamoper cambiare la cultura e la mentalità: in azien-da per far capire che ambienti più accoglienti,inclusivi, con organizzazioni flessibili e non di-scriminanti favoriscono la produttività e lacompetitività aziendale. Non è mai il contrarioe gli esempi non mancano.Cerchiamo di agire anche sull’informazione:essere consapevoli dei propri diritti e dei propridoveri da parte delle lavoratrici è un primo im-portante tassello per contrastare le discrimina-zioni.

Le consigliere e la Rete direferenti di parità delle

Agenzie Formative dellaprovincia di Torino.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 18

Page 21: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

Il Piemonte è la quinta regione in Italia pernumero di imprese guidate da donne: leimprese femminili sono circa 111.000, quasi

un quarto del totale, una percentuale che cre-sce con costanza, anche se lentamente, negliultimi anni.L’artigianato però si configura ancora come unsettore “difficile” da questo punto di vista, incui le donne rimangono una parte minoritariadell’occupazione totale, con una presenza con-centrata su alcuni comparti, soprattutto quellodel benessere (estetica, acconciatura, palestre,eccetera). D’altra parte il numero di lavoratriciartigiane (sia dipendenti che indipendenti) haregistrato una crescita molto significativa nel-l’ultimo decennio. Sempre più imprenditrici eoccupate nel settore, quindi, con un’occupazio-ne femminile che è aumentata di quasi il 29%(contro il 6% di quella maschile) nel periodo trail 1999 e il 2007, come ricorda il “Rapporto sul-l’artigianato in Piemonte” (Regione Piemonte,edizione 2007-2008).

Di fronte a questa crescita ci si chiede se cisiano degli elementi particolari nell’approccioall’impresa delle donne che scelgono il mestie-re dell’artigiano. Un quesito a cui non è pernulla semplice rispondere, anche per chi pro-fessionalmente si occupa di nascita di nuoveimprese. Abbiamo provato a porgere questadomanda a consulenti e imprenditrici con cuicollaboriamo, nell’ambito delle attività svoltedal programma Mip della Provincia di Torino.Mip è infatti uno Sportello per la Creazioned’impresa rivolto a coloro che vogliono aprireuna nuova attività. Vengono realizzati con gliaspiranti imprenditori (e naturalmente impren-ditrici) percorsi gratuiti di accompagnamento etutoraggio, che sono gratuiti grazie al sostegnodell’Unione europea (Fondo Sociale Europeo),

dello Stato italiano (Ministero del Lavoro, dellaSalute e delle Politiche Sociali) e della RegionePiemonte.

Attraverso i pareri raccolti dagli operatori diMip, si tratteggia una figura femminile consa-pevole delle difficoltà poste dalla sfida impren-ditoriale, ma anche capace di grande creativitàe volontà nell’affrontarla.Come ben sintetizza Enrica Gay, consulenteMip e coordinatrice del gruppo GiovaniImprenditori della CNA Torino: «Credo che glielementi che caratterizzano principalmentel’artigiana siano la tenacia e il senso pratico.Spesso le donne, oltre a gestire il proprio lavo-ro, hanno in mano l’organizzazione dell’econo-mia domestica: bollette, spesa, figli (anche serispetto al passato molta strada è stata fatta inquesto senso, per arrivare a una maggiore“autonomia” dei mariti!).Per gestire questa mole di impegni sono sicura-mente necessari risolutezza, capacità di orga-nizzazione e anche coraggio, come pure capaci-tà di ascolto e pazienza: qualità preziose per chiaffronta la sfida di creare e dirigere una nuovaimpresa».«Sicuramente la scelta di mettersi in propriocondiziona la vita di una persona e la mette allaprova, ma la stimola e la porta a dare il megliodi sé.» confermano Erica Lazzarini e MarziaJourdan, fondatrici di “Io Mangio Gofri”,un’interessante piccola impresa con sede aRoure, in Val Chisone.L’azienda produce e commercializza i gofri, tra-dizionali pani croccanti della valle, e altri pro-dotti enogastronomici tipici. Erica e Marziahanno maturato la loro idea d’impresa collabo-rando con le associazioni locali durante le festeestive, e appassionandosi alle tradizioni e allacultura legata al gofri.

19

Donne e ArtigianatoSguardi sulle imprese artigiane piemontesi al femminile

PROVINCIA DI TORINOL’artigianato del Gusto

Marco ManeroReferente progetto MIP Mettersi InProprio della Provincia di Torino

Per informazioni sul servizio Mip:www.mettersinproprio.it

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 19

Page 22: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

20

Un tratto distintivo di “Io Mangio Gofri” è lacapacità di cooperare con vari soggetti per lapromozione e la diffusione del proprio prodot-to. Collaborazioni diverse e “a tutto tondo”: daquelle più immediate, con le imprese della Val

Chisone che producono i golosi ingredienti perle farciture oppure ottime birre artigianali loca-li, a quelle più articolate, per esempio con ope-ratori turistici, organizzatori di eventi in tuttaItalia e con gli enti pubblici nell’ambito di pro-getti di salvaguardia e promozione dei prodottilocali.«Penso che il nostro percorso formativo, che hacompreso esperienze completamente diverseda quello che facciamo oggi come artigiane, ciabbia agevolato nell’essere più aperte, perincontrare le persone e lavorare insieme aloro.» sottolinea Marzia Jourdan.

Se la tenacia e la capacità di ascolto e collabora-zione sono tratti distintivi per ogni buonaimprenditrice, c’è forse un punto che più di

ogni altro può caratterizzare l’impresa “al fem-minile”: l’abilità nel comprendere la propriaclientela.«Può sembrare banale, ma non lo è», confermaMario Parenti di Valentina Communication,società ideatrice del Salone nazionale dell’im-prenditorialità femminile “Gamma Donna”,«molti degli acquisti sono decisi da donne, echi meglio di un’altra donna può interpretare illoro processo di scelta?Durante l’organizzazione della terza edizionedi “Gamma Donna” (che si è tenuto a Torinonel gennaio scorso, nda) ci siamo ad esempioimbattuti in un’interessante ricerca, il progetto“Rethink Her”, che ha studiato come le donnesiano fondamentali per una percentuale tra ilsettanta e il novanta per cento di tutte le deci-sioni di acquisto nel mondo. Si tratta di un ele-mento interessante e di cui tenere conto perogni impresa, tanto che è stato proposto comeprincipale tema di riflessione al quinto “ForumInternazionale della Comunicazione e delBranding”, tenutosi lo scorso marzo aBarcellona».

Interpretando questo interessante spunto, sipotrebbe quindi dire che la capacità di inter-pretare i desideri delle proprie clienti può rap-presentare un punto di forza straordinario del-l’artigianato al femminile. Le artigiane pie-montesi potranno senz’altro crescere, sia in ter-mini quantitativi che qualitativi, nella misurain cui saranno in grado di soddisfare i bisognidella propria clientela, non solo in termini diqualità del prodotto ma anche di capacità dicomunicare con essa.

Foto: Baby Photolab Villar Perosa

In alto. Erica Lazzarini e MarziaJourdan di “Io Mangio

Gofri”.

In basso.La preparazione del

“gofri”.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 20

Page 23: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

21

CONFEDERAZIONI ARTIGIANESpazio Donna

a cura di Michela Goi

Cna Impresa Donna è nata all’inizio deglianni ’90. Sono più di 30.000 le imprendi-trici artigiane in Piemonte. Ad esse si

aggiungono 8.000 familiari che operano a variotitolo all’interno delle aziende. Cna ImpresaDonna le sostiene, le tutela nella loro vita azien-dale, promuove lo sviluppo delle loro imprese,cerca le forme più utili alla conciliazione con laloro vita familiare. La nostra esperienza ci permet-te di assistere le donne nel momento più delicatodi un’attività autonoma: la costituzione dell’im-presa. Spesso le scelte compiute al momento dellanascita dell’impresa possono ripercuotersi sull’in-tera vita aziendale. Per questo consigliamo lefuture donne imprenditrici di confrontarsi con inostri operatori prima di avviare l’attività per sce-gliere un inquadramento contributivo e fiscaleadatto a tutti i componenti dell’impresa. Gli spor-telli attivati grazie alla Regione Piemonte ci per-mettono inoltre di dare un’informazione puntuale

e precisa su un’importante legge rivolta alleimprenditrici, alle lavoratrici autonome e alleprofessioniste: la legge 53/2000 sulla concilia-zione. L’art. 9 della legge consentirebbe alleimprenditrici in maternità di ottenere un contri-buto per poter pagare un/una dipendente o col-laboratrice per farsi sostituire in azienda nelperiodo della maternità. Si tratta di un’opportu-nità molto importante a cui però è attualmentedifficile accedere per una serie di problemiburocratici non ancora superati. La Cna, conaltre associazioni imprenditoriali femminili, sista battendo da tempo affinché questa legge,fondamentale per le imprenditrici, abbia appli-cazione regionale e quindi sia più facile e snel-la la procedura per accedere ai fondi. Abbiamoinoltre proposto la possibilità di prevedereanche semplici sgravi fiscali per le imprenditri-ci che vogliano farsi sostituire nell’impresadurante i periodi di assenza per maternità o chedebbano ricorrere a delle figure di sostituzioneper curare i genitori malati. In questi mesi inol-tre, grazie alla collaborazione con Cna Artisti,abbiamo promosso la nascita di una banda com-posta interamente da elementi femminili, la“Lady’s Orchestra” per promuovere, anche conla musica, l’immagine e l’importanza dell’im-prenditoria femminile nella nostra regione.

CNA Impresa Donna30.000 imprenditrici artigiane solo in Piemonte

Negli ultimi anni, in merito allʼimprenditoria femminile, la CNA Piemonte, in collaborazione con il “Comitato ImpresaDonna” di CNA Emilia Romagna e di Ecipa Piemonte, Emilia Romagna e Bologna, ha sviluppato il progetto mul-

tiregionale “Sviluppo manageriale delle donne titolari di impresa” che ha visto la partecipazione di 14 imprenditrici.Lʼazione è nata nel quadro delle attività istituzionali del Comitato Impresa Donna della Cna per sostenere e migliora-re le capacità manageriali delle donne titolari e coadiuvanti impegnate in ruoli chiave nelle piccole imprese e impre-se artigiane. Le donne, nel corso del progetto, sono state affiancate da imprenditrici esperte (mentor) che hanno tra-smesso la loro esperienza nel campo della gestione aziendale e del marketing. Unʼaltra attività, “Le Donne possono:network e partnership” prevedeva la realizzazione di un corso per acquisire competenze nellʼambito delle strategiedi marketing e della commercializzazione al fine di diventare competitive nella gestione dei processi verso i mercatiesteri e la partecipazione alla Fiera Nazionale delle Imprenditrici nellʼambito della Fiera di Bologna tenutasi dal 9 al17 giugno 2001. Inoltre, nellʼambito dello stesso progetto, è stata realizzata unʼazione di orientamento rivolta a 58donne disoccupate/inoccupate interessate ad avviare una loro attività in proprio e che necessitavano di informazio-ni, orientamento, assistenza tecnica e consulenza per poter avviare lʼimpresa. A ottobre 2003 Cna Impresa Donna eConfartigianato Donne Imprese hanno organizzato un incontro sui temi del welfare, della conciliazione e dei conge-di parentali con le on. Armosino e Turco. La Cna Piemonte partecipa inoltre al progetto “Le manager dellaConciliazione e dellʼempowerment” (soggetto attuatore Confartigianato Imprese Torino) unitamente a ConfartigianatoImprese Torino, Casartigiani, Confcooperative, Apid, Coldiretti. Gli sportelli per la legge 54, per il sostegno alle imprenditrici in difficoltà sono tuttʼora attivi in tutte e otto le provincepiemontesi.

In alto.Laura Pianta e AnnaCasale, rispettivamentecoordinatrice e presidentedi Cna Impresa DonnaPiemonte.

A sinistra.Il debutto della “Lady'sOrchestra”.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 21

Page 24: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

SPECIALEArtigianato al femminile

Michela Goi

Nell’occuparci delle donne nell’artigianatoe nell’arte, non potevamo non prenderein considerazione il loro ruolo anche in

una prospettiva storica. Non solo per suggerireuna lettura che fa luce su quelle figure note a chis’interessi di arte piemontese, ma anche per resti-tuire alle donne la loro tradizione all’interno dellastoria e della storia dell’arte e non più considerar-le come eccezioni brillanti in un mondo maschile.Il libro che proponiamo è il volume Artiste di cor-te. Da Emanuele Filiberto a Vittorio Emanuele II,Torino, Thélème 2004, scritto da Allegra Alace-vich per la collana Donne del Piemonte, ideatae curata dal Centro Studi e DocumentazionePensiero Femminile. Si tratta di un regesto del-le artiste nate o attive nel territorio sabaudo, dicui sono puntualmente forniti dati biografici,opere e le relative fonti archivistiche e biblio-grafia.Abbiamo chiesto all’autrice di raccontarci conquali intenti si sia accostata alla ricerca e qualidei dati emersi si siano rivelati particolarmenteinteressanti.

«È da una manciata d’anni che la storia dell’ar-te riconosce al genio femminile una piena capa-cità di rappresentazione del mondo, a cui per al-tro la secolare e obbligata subalternità culturalepermette di attribuire una sensibilità acuta eoriginale. Alla generalizzata ammissione del-l’esistenza di singole artiste decantate nel corsodei secoli (come Artemisia Gentileschi e Ange-lica Kauffman), fa eco un rifiuto della storiogra-fia a indagare gli ambiti in cui le donne operaro-no. Attraverso Artiste di Corte ho cercato di deli-neare tale panorama nel Regno piemontese(1563-1865), realtà che per essere giudicata ne-cessita di confronti impraticabili, dal momentoche per ora altri studi analoghi non sussistono.L’analisi mette comunque a fuoco un aspettodella condizione femminile – quello artistico –molto originale rispetto a ciò che viene ufficial-mente tramandato.In primis la formazione delle artiste avvenivapresso botteghe-atelier e la creazione che nederivava era tutt’altro che dilettantesca: fino altardo Settecento la maggior parte di loro vivevadei proventi della propria arte (come le sorelle

Caccia). Un’altra smentita alle teorie correnti èche le artiste si istruissero e lavorassero sulla sciadelle orme paterne: si delinea una trasmissionedel sapere artistico secondo la linea genealogicafemminile (famiglia Gili), oppure da madre a fi-glio (la Clementina). È da rilevare che le tecni-che artistiche adoperate non sono limitate allasola pittura, ma spaziano in ambiti sia di caratte-ristica presenza femminile sia di minore fre-quentazione della donna: ci sono le miniatrici,le vignettiste e caricaturiste, le disegnatrici a la-pis e a carboncino, le disegnatrici di botanica, letopografe, le pittrici a olio, a smalto e a pastello;i supporti – oltre la tela e la carta – sono anchel’avorio, la stoffa, l’ardesia, la ceramica e la per-gamena.Altresì sorprendenti due ulteriori dati: la fortepresenza in Piemonte di artiste straniere – tra lealtre Fede Galizia, Elisabetta Sirani e RosalbaCarriera, ammirate per la loro originalità e perfe-zione di stile – e il numero elevatissimo di arti-giane, con stuoli di intagliatrici di marmo, indo-ratrici, orefici, di direttrici di piccole fabbriche ecommerci che fornivano dai rubinetti alla ferra-menta; e ancora titolari di tintorie, di stamperie,di vetrerie nonché ricamatrici, tessitrici, tappez-ziere, materassaie e anche ‘cava macchie’.Auspicabile sarebbe la realizzazione di una mo-stra e l’edizione di un catalogo, testimoni impre-scindibili del mondo dell’arte, soprattutto diquello femminile, finora rimasto nascosto.»

Allegra Alacevich22

Artistedi Corte

Artiste di corte, daEmanuele Filiberto aVittorio Emanuele IIdi Allegra Alacevich

Il testo fa parte di una collana cura-ta dal Centro Studi del PensieroFemminile di Torino, pubblicatodall'editore Thélème grazie alsostegno della Regione Piemonte.

Il volume ha lo scopo diricordare alcune artisteche in Piemonte hannooperato dalla fine delCinquecento aOttocento inoltrato; alcontrario di ciò che sipensa sono numerosele donne che partecipa-rono attivamente allavita artistica piemonte-se. Ben più di cento trapittrici, scultrici, fotogra-fe e altre figure si dilet-tarono o vissero dʼartenei secoli passati in unaterra che sembra averleaccolte senza limitazio-ni. Alcune giunsero daaltre zone italiane - daLombardia, Lazio,Veneto... - e dall'estero -dallʼAustria, dallaFrancia, dalla Spagna...- per soddisfare i sovra-ni sabaudi e committen-ze per lo più religiose earistocratiche; moltisono i nomi pressochésconosciuti (CaterinaArellano, Rosa Meda eClementina Pregliasco,solo per ricordarne alcu-ni), ma altrettanto nume-rosi quelli eccellenti(Sofonisba Anguissola,Orsola Caccia, AngelikaKauffmann...)Nella pubblicazione sene riportano vita eopere, con il fine di invo-gliare il lettore a goderedella produzione artisti-ca femminile e di appro-fondirne i mille risvolti.Accompagnano il testoalcune immagini di qua-dri inediti realizzate daRoberto Chiarlo.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 22

Page 25: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

23

In alto. L’installazione Acquitrino.

In basso.Il terrazzo.

Entrare nella casa-studio dell’artista tori-nese Michela Pachner è entrare nel suomondo. È logico aspettarsi che la casa di

un artista ne ospiti le opere, ma qui lo spazio neè del tutto strutturato. L’effetto è inizialmentespaesante, perché si vedono accostati opere,oggetti, fotografie e, naturalmente, i mobili diuna casa in cui si abita. L’impressione è quelladi vedere le opere quasi troppo da vicino, sen-za la guida fredda eppure rassicurante di un al-lestimento museale.Alle pareti si vedono le conchiglie dipinte su le-gno con colori alla nitro, con la contraddizioneevidente tra soggetto e supporto naturali e tec-nica artificiale. Ci sono i Luminosi in plexiglass,dove sottili tratti colorati compendiano i ritrattidi personaggi noti, tra cui Einstein. Accanto auna poltrona, quasi come una pianta d’apparta-mento, c’è l’installazione esposta nel 1972 allagalleria Stein, Aquitrino, fatta di navette per latessitura montate su aste in ferro fissate a unabase dello stesso materiale. Non mancano nem-meno gli acciai degli anni Settanta con macchi-ne e velivoli e uno, eccentrico rispetto agli altri,che ritrae suo figlio a figura intera. Ma questo,mi dice Michela Pachner, lo ha realizzato pro-prio quando tutti si aspettavano che continuas-se a raffigurare macchine o aerei, per non sog-giacere a uno schema.Queste pareti affollate di opere testimonianoun lavoro guidato dal cambiamento, dall’evolu-zione e dalla ricerca costante della sincerità.Michela Pachner studiava pittura con Casorati,ma quando capì che stava iniziando a replicarein maniera meccanica quanto imparato, cambiòstrada, interessandosi all’astratto.

Le sue scelte artistiche riflettono le sue sceltecome donna: a vent’anni si sposa con un restau-ratore che diventerà antiquario, ne impara an-che il mestiere, ma sa che questa non è la suastrada. Né le basta la gratificazione dell’abilitàdel marito, cosa tutt’altro che scontata negli an-ni Cinquanta.Negli anni Settanta inizia a lavorare su materia-li diversi: fossili, minerali, legni che vengonodipinti o assemblati. Il terrazzo dello studio ècome un grande collage di oggetti d’uso, vesti-ti, pezzi di legno e ferro dipinti e colorati. Og-getti assolutamente anonimi che perdono la lo-ro funzione originaria ma anche il loro anonima-to. Mi sembra di vedere anche qui un invito aguardare con occhi diversi quello che quotidia-namente si dà per scontato. Anche l’arte deveessere guardata così. Di fronte alle fotografiedell’ultima mostra, organizzata nel novembredel 2004 presso l’Associazione Piemonte Arti-stico Culturale, l’artista mostra la maniera geo-metrica in cui le opere sono disposte: ordinate,in fila. E mi fa notare che se le opere sono qual-cosa di davvero naturale possono disporsi se-condo il loro senso, come un’onda che fluisca inlibertà. Che è quello che succede all’internodella casa.Nonostante me lo fossi proposta, non ho parla-to di problematiche femminili con Michela Pa-chner. Mi sembra che la sua tensione continuaverso la genuinità e la rottura degli schemi, lavolontà di avere e suscitare negli altri unosguardo non filtrato sul mondo comprendano insé il superamento di ruoli e di stereotipi che pe-sano sul mondo femminile. E in fondo l’arteserve anche a mostrarci che qualcosa di diversoè possibile.

La ricerca continua diMichela Pachner

Michela Pachnernasce a Torino nel1926. Il padre è unmedico appassionato diarte, la madre è pittrice.Frequenta il liceo arti-stico a Genova e suc-c e s s i v a m e n t elʼAccademia Ligustica.Torna a Torino nel1946, dove studiaallʼAccademia Albertinaed è poi allieva diCasorati. Nel 1972 par-tecipa al gruppo“Rivolta femminile” diCarla Lonzi. Si interes-sa di antipsichiatria elavora con malati psi-chici negli ospedali diCollegno e Grugliascocon lʼart therapy.Nellʼ80 è in India e siavvicina alla filosofia diOsho.Le sue opere sonostate esposte con conti-nuità nelle gallerie tori-nesi, dal 1962 al 1974;nei successivi quindicianni si sono susseguiteperformance allʼaperto,in teatri e altri spazi.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 23

Page 26: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

SPECIALEArtigianato al femminile

Stefano De Angelis

24

In alto.Struttura, 1951, plexiglas trasparente e opacizzato.

In basso.Struttura multicolore cerchi e fili, 1968, plexiglas, na-

stri adesivi colorati e fili di nylon.

La Reginadel plexiglas

Solo una persona che non aveva paura di guar-dare sempre avanti rimanendo affascinatadallo spazio e da tutto ciò che rappresentava

la modernità e il futuro poteva pensare al plexiglasscome una nuova forma d’arte. Regina CassoloBracchi, protagonista certa del futurismo al femmi-nile, negli anni Cinquanta ha trasformato il plexi-glass allargandone la sfera di azione con scultureche trasformavano un materiale freddo e duro inqualcosa di elegante e docile. Precisa nella vita enell’organizzazione del suo lavoro lasciando poco oniente al caso, l’architettura delle forme era per leiqualcosa di mentale, ragionato, ma comunquesempre ispirato in prima battuta dall’istinto versociò che appariva indistinto. Da sempre le sue operesono state costruite spesso con materiali per l’epo-ca inusuali e poco graditi dalla critica, come latta,celluloide, marmo, alluminio, fil di ferro e appuntoplexiglass, trasparente e quasi impalpabile.La straordinaria avventura artistica di Regina,scomparsa trentasei anni addietro, è stata riper-corsa interamente alla Fondazione AmbrosettiArte Contemporanea di Palazzolo sull’Oglio inprovincia di Brescia, che ha voluto ricordare l’ar-tista lombarda dedicandole la più completaantologica mai realizzata dal titolo “Regina.Futurismo, arte concreta e oltre”, curata daPaolo Campiglio e realizzata grazie al contributodel Museo di Mede e alla collezione privata diZoe e Gaetano Fermani, della scultrice grandiamici e ammiratori.

La mostra si distribuisce lungo le piccole e cura-te sale di Palazzo Panella, sede dellaFondazione, ed è stata suddivisa in sei momen-ti, partendo dagli esordi degli anni Venti sinoalle ultime produzioni degli anni Settanta. Intutto più di 140 opere, non solo sculture maanche bozzetti e disegni, proprio per meglio illu-strare il lungo lavoro che stava alla base di ogniscultura di Regina Cassolo Bracchi, che nonsmetteva mai di prendere appunti.Proprio l’autonomia artistica ha reso Reginaammirata e cercata da quegli artisti che voleva-no rompere gli schemi, come Marinetti e Fillia,che trovavano nel suo pensiero una risposta con-vincente. Regina entrò nel gruppo dei futuristimilanesi e partecipò a diverse esposizioni, a par-tire dalla “Mostra in onore di UmbertoBoccioni” del 1933, sino a quando fu lei stessa avolersi allontanare perché riteneva di doverandare oltre. E quando nel 1951 Regina aderisceal MAC, incomincia anche a modellare le primesculture in plexiglass, esponendo i suoi lavori indifferenti occasioni con Munari già a partire dal1952.Negli anni successivi seguì un’intensa produzio-ne di opere plexiglass solo o associato ad altrimateriali, spesso nominate semplicementeStruttura, in una contrapposizione fra trasparen-ze opacizzate e accesi cromatismi: sculture chescendono dall’alto con invisibili fili di nylon,come ad esempio Struttura del 1964, oppure pic-cole opere da tavolo come Struttura multicolorecerchi e fili del 1968 o ancora Omaggio a Charles P.Conrad e Alan Bean del 1970 in plexiglass colora-to e carta disegnata. Tutte e tre sono esposte aPalazzolo sull’Oglio per una mostra che ha resti-tuito pienamente il valore artistico e poeticodelle opere di Regina Cassolo Bracchi, nata aMede nel 1894 e spentasi a Milano nel 1974 conla certezza e la superbia di aver realizzato sem-pre strutture dall’equilibrio instabile, «in unastraordinaria libertà creativa di forme e motivi,di accoppiamenti cromatici e inedite policro-mie» come scrive Paolo Campiglio nel testo incatalogo, edito dalla stessa FondazioneAmbrosetti.

Regina Cassolo Bracchinasce a Mede (Pavia) il21 maggio 1894.Frequenta lʼAccademiadi Brera e successiva-mente si perfezionapresso lo scultore tori-nese Giovanni BattistaAlloati. Nel 1921 sposail pittore Luigi Bracchi esi trasferisce a Milano.Nel 1931 espone lenuove invenzioni plasti-che in alluminio, latta,celluloide, cera, comeLa signora provinciale.Nel giugno 1933 aderi-sce al gruppo futurista,quindi sottoscrive ilManifesto tecnicodellʼAeroplastica futuri-sta e nel 1951 aderisceal Movimento dʼArteConcreta. Nel 1952 ini-zia a lavorare strutturein plexiglass. Dal 1963Regina compone unaserie di disegni dedica-ta al suono delle cam-pane, preludio alLinguaggio del canarino;quindi produce sculturein plexiglas ispirate alleimprese dellʼastronautarussa ValentinaTereshkova. Regina sispegne a Milano nellanotte tra il 13 e il 14settembre del 1974.

“Regina. Futurismo, arte concreta e oltre”

Fondazione Ambrosetti16 gennaio - 7 maggio 2010

Via Giacomo Matteotti 53,Palazzolo sull’Oglio (BS)

lunedì/venerdì 9-13/ 4.30-18.30sabato, domenica e festività su

appuntamentowww.fondazioneambrosetti.it

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 24

Page 27: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

25

Chi è Serpica Naro, la stilista anglo nipponi-ca svelatasi al mondo grazie a una dellemaggiori operazioni di marketing creativo

che la Milano della moda ricordi da diversi anni?La sua prima comparsa pubblica avviene pro-prio alla Milano Fashion Week Donna nel 2005.Residente a Tokio, Serpica Naro è una giovanedesigner anglonipponica, che nel 2005 grazie aun profilo seducente e trasgressivo, riesce senzaalcuna fatica a essere inclusa nel calendariodella più ambita vetrina modaiola italiana, laSettimana della Moda di Milano. Laureata al Bunka Fashion College, conquistagli addetti ai lavori per la scelta di tessuti hightech, di avveniristiche tecniche di taglio checontemplano l’invenzione del mascheramento eper l’uso spregiudicato di tessuti rifrangenti efasciature nelle collezioni moda. Nel suo pro-porsi al pubblico, è soprattutto una sperimenta-trice eclettica e suggestiva. Serpica Naro noninnova perché è lei l’innovazione. Dalla realiz-zazione degli irriverenti eco-pannolini, all’ambi-zioso progetto giapponese del Droplife System,rivoluzionario trattamento per le pelli secche. Ma il vero potenziale di Serpica Naro non risie-de tanto nei suoi vestiti, quanto nell’ideale cheincarna. Una bellezza asiatica con una cicatricesulla guancia. Una vita di trasgressione vissuta acavallo tra Londra e Tokyo, il legame visceralecon l’underground, gli incontri discutibili con ipersonaggi più controversi che circolano dietro

le quinte sono il pendolo che oscilla di fronteagli occhi del mondo. E arriviamo a febbraio del 2005. Milano,Settimana della Moda. Serpica è pronta al suodebutto su questa passerella. Sul palco si presenta la sua pr Nadja Fortuna ela sfilata apre al grido di «We are not low class,we are not high class, we are the new class».Ecco sfilare 8 modelli “che rappresentano consarcasmo alcuni aspetti della precarietà”. Abitiche nascondono la maternità per non esserelicenziate, gonne anti-mano morta piene ditrappole per topi, minigonne sexy per fare car-riera più in fretta, abiti da sposa per donnesenza cittadinanza italiana, perché l’unico modoper averla è sposare un italiano, le magliette conil numero di giorni che mancano al licenziamen-to. Per finire, le vere produzioni di chi lavoracome precaria del textil design ma rifiuta i circui-ti ufficiali della moda: i modelli autoprodottidella linea londinese Sailor Mars, la IndustrialCouture milanese, la collezione spagnola di YoMango. Ecco. La beffa è svelata.Serpica Naro, semplicemente, non esiste. Serpica Naro è l’anagramma di San Precario, ilsanto falso protettore dei lavoratori precari, èfrutto dell’ingegno delle menti precarie del set-tore moda.Esiste tuttavia la sua collezione di abiti, cheviene presentata come previsto, con tanto diapprovazione della Camera della Moda.Sono bastati circa duecento lavoratrici e lavora-tori precari del mondo della moda, coordinatidal collettivo Chainworkers, per creare, gestiree imporre all’attenzione del pubblico e delleistituzioni internazionali una finta stilista, contanto di sito internet di riferimento, show room,redazioni, tre uffici stampa di cui uno inglese,uno italiano e uno giapponese, un book che laCamera della Moda ha approvato a pieni voti,uno stile invidiato dai concorrenti più blasonati.È la forza sovversiva della creatività delle donnee uomini che sperimentano nuove strategie disopravvivenza e di conflitto sull’assurdo mecca-nismo lavorativo in cui sono loro malgrado pre-senti con la propria creatività. Ma era solo que-sto l’obiettivo di Serpica Naro? Sbeffeggiare e

L’audace sfida della stilistaSerpica Naro L’INNOVAZIONE VA DI MODA

SPECIALEArtigianato al

femminile

Gabriella RossiCentro Studi eDocumentazionePensiero Femminile,Torino

In alto. A sinistra.Una creazione di Serpica Naro.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 25

Page 28: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

Serpica Naro è quindi ora una community dedi-cata alla moda autoprodotta, è un brand colletti-vo che ripensa la produzione di stile oltre la pre-carietà. Un collettivo composto per 80% dadonne che sul sito serpicanaro.org espongono leproprie creazioni. Vestiti, gioielli, accessori…oggetti preziosi, materiali differenti… lana,vetro, tessuti, metallo, stili estremi tra loro,attenzione all’ambiente. Lo spazio Style-Lab, lavetrina di Serpica Naro a cui ogni creativa puòaderire, è tutto questo e molto di più. E offre lapossibilità di entrare in un luogo, reale o virtua-le, in cui si è certi che tutto quello che si com-pra è prodotto artigianalmente da piccoli pro-duttori/produttrici o filiere produttive garantiteche salvaguardano il più possibile la deprecariz-zazione del lavoro. Un luogo in cui scambi libe-ri e no profit, sia di abiti che di idee, sono favo-riti e incoraggiati. Secondo le creatrici diSerpica, oggi combattere la precarietà lavorativae di vita non significa necessariamente attivarsiin lotte sindacali ma anche sperimentare diver-se economie.Infatti il marchio Serpica Naro è un metabrand,quindi libero di essere utilizzato da tutte a pattoche le creazioni che gli appongono il marchiosiano liberamente riproducibili, e che i prodottiderivati siano rilasciati secondo la medesimalicenza (le etichette SerpicaNaro sono scaricabi-li dal sito). Essa mette a disposizione, in condi-visione, la creatività, l’abilità, ma anche la capa-cità e la decisione di non fare uso di pratiche disfruttamento lavorativo nella catena produtti-va/distributiva e la necessità di reinnestare nelsociale il valore che produce.Attraverso la licenza Serpica Naro si condivido-no tutti i diritti che normalmente la legge riser-va al proprietario del marchio stesso: il vero pro-prietario di un processo sociale è la collettivitàche sa condividere. Ciò che il progetto SerpicaNaro vuole valorizzare non è il capo di questo oquella stilista, ma la viralità dei meccanismi dipartecipazione nei processi sociali e la messa inrelazione delle varie creatività.Uno spazio in cui liberare e potenziare il propriostile, in cui mettere in pratica la propria radica-lità per costruire un forte legame con il mondo,sino a cambiarlo. Uno spazio aperto a tutte etutti coloro che vorranno condividere questavisione della produzione. «Come le nonne erano quelle che ci insegnava-no a lavorare a maglia senza volere niente incambio, noi abbiamo creato una nonna colletti-va di nome Serpica Naro.»

26

denunciare il meccanismo macchinoso del-l’evento moda?«Ridendo, ci si è chiesti se questa invenzione(l’anagramma Serpica Naro) potesse diventareun l(u)ogo di reti di auto produzioni tessili dicontrapposizione alla moda. In un momento diestasi collettiva ci siamo convinte di poterciinventare il personaggio e inserirlo nel circuitoufficiale Milano Moda Donna seconda vetrinamondiale dopo Parigi del Prêt-à-Porter.Per presentare una nuova stilista bisognava sot-toporsi al giudizio di una commissione mostran-do una collezione di capi, i buyers (cioè i com-pratori: show room, negozi che vendono vestitidi Serpica, ecc.), recensioni di riviste specializ-zate o meno sullo stile di questa stilista, ilnumero della registrazione del marchio, la parti-ta Iva della società e la sede di riferimento.Quello che era necessario era uno stile credibi-le, un sito adeguato, un book altrettanto credi-bile, un ufficio stampa, un (nostro) uomoall’avana che in questo caso è Tokyo e tantissi-mo aiuto da chi in questo settore ci lavora.Leggendo la Storia della moda di Enrica Morini,studiando gli atti del convegno dei giovani e lamoda, informandoci attraverso precarie e preca-ri che lavorano nelle redazioni dei giornali disettore, avvalendoci della loro collaborazione ecorrezioni, spremendo neuroni ed energie, coin-volgendo sempre più persone, inventandosenza pudore, in pochi giorni, si è riuscito acreare tutto ciò. La Camera della Moda, ufficiopolitico della omonima settimana, dopo unadecina di giorni ci comunicava la nostra avvenu-ta iscrizione.» Ma l’intenzione di Serpica non si ferma davantialla denuncia delle condizioni lavorative del set-tore e della messa a nudo della fragilità delsistema selezione moda. Infatti successivamen-te all’evento pubblico della Fashion Week,Serpica da buona iperattiva ha girato un po’l’Europa facendo workshop/presentazioni incontatto con collettivi affini e sta portando avan-ti diversi progetti. Il più sentito è la Com+unity Serpica Naro, chemette a disposizione delle piccole autoprodu-zioni un luogo virtuale dove condividere talentie saperi. La “com+unity” è rivolta in particolarmodo a tutte le autoproduzioni e le piccole eti-chette di stile alternativo, non solo italiano. È anche uno strumento che promuove un siste-ma economico sostenibile, a filiera corta, liberodai sovrapprezzi fuori misura imposti spesso dairivenditori. Quest’anno sono stati messi in cantiere diversiprogetti, alcuni già operativi, altri in via di defi-nizione.

Il logo di Serpica Naro.

Dall’alto. Alcune creazioni di Serpica Naro.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 26

Page 29: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

27

Vetro fuso e terracotta per una mostra tut-ta al femminile giocata sulla metaforadell’abito-casa. Protagoniste sono Silvia

Levenson e Enya Daniela Idda, che hanno ac-colto l’invito di Stefano Vitali a esporre insiemele loro opere alla Galleria Avanguardia Antiqua-ria di Milano sino al prossimo 26 giugno. Nascecosì la mostra “Doppio Gioco”, a cura di An-drea Balzola, che mette a confronto due artistecon differenti tecniche di lavoro, ma unite daun comune sentire. «La nostra unione» sottoli-nea Enya «ricorda le ‘affinità elettive’ di cuiparla Goethe. Crediamo entrambe che l’artenon abbia una vera appartenenza rispetto l’arti-sta, ma che sia l’artista stesso a contribuire alviaggio dell’arte lasciando un segno anche disé, ma non solo di sé. Questa visione ci ha per-messo di sperimentare quanti temi unissero inostri lavori, soprattutto nei desideri futuri.Non è il passato a creare la nostra unione arti-stica ma lo sguardo verso il futuro.»

Entrambe lavorate principalmente con mate-riali fragili ma anche molto affascinanti, vetro eterracotta. Come siete arrivate a questa scelta?«Nella terracotta» continua Enya «ho trovato lapossibilità di ‘costruire’. Le mie sculture nonsono mai gestuali né pensate di getto, ma cre-scono dal basso verso l’alto, e il mio compito èfar si che non cadano. E poi sono sarda, nata e

cresciuta in mezzo alla bentonite e al caolino. Emi piace la storia di Costantino Nivola, per meun grande maestro, che prima di essere artistaera muratore. Con la terracotta racconto l’ambi-guità del vuoto da abitare: per una bambina lacasa di Barbie è la sua casa, la sposa sogna unacasa perfetta, dove quasi non c’è vita, poiché seci fosse esisterebbe anche il seguito di ‘visserofelici e contenti’, che non è sempre piacevole.»

Diversa la storia delle sculture in vetro di SilviaLevenson: «Un giorno vidi il lavoro dell’artistasvedese Bertil Valien e rimasi affascinata dalfatto che si potesse usare il vetro per fare arte.E da allora ho iniziato anch’io a sperimentarequesta tecnica. Sappiamo che il vetro ci proteg-ge e ci isola nelle case ma sappiamo anche chepuò rompersi e farci del male: lavoro su questaambiguità fra la perfezione formale e la fragili-tà. Tutto il mio lavoro è una riflessione sullacondizione umana e sui rapporti interpersonali,sulle difese e le strategie che ci creiamo per af-frontare la vita ogni giorno. Dunque i vestiti divetro sottolineano la fragilità e più che altro leinutilità delle nostre corazze e armature.»Insomma una mostra da vedere, in cui alle gran-di terrecotte di Enya, cui interessa tanto l’ester-no quanto l’interno di un’opera d’arte-racconto,si affiancano le opere di Silvia, amare ma nonsenza una via d’uscita. «L’ironia e il paradosso lasciano sempre unaporta aperta: quella che ci fa sorridere o riflette-re. La mia visione della vita si riassume nellescarpette con il chiodo: c’è sempre qualcosa chedisturba, ma continuiamo pur sempre a cammi-nare, o almeno così mi sembra».

Doppiogioco

Dall’alto.Silvia Levenson.

Debutto in società, 1999, ges-so, metallo, filo spinato, vetro,cm 80 x 80x160. Collezione Maria Cilena, Milano.

In basso. A sinistra.La sposa, 2010.

In basso. A destra.La festa della santa donna,2000, terracotta, h 130 cm.

SPECIALEArtigianato al

femminile

A cura dellaRedazione

“Doppio gioco. Silvia Levenson e EnyaDaniela Idda”Galleria AvanguardiaAntiquaria6 maggio - 26 giugnoVia Canonica 20, Milanoda lunedì a venerdì 10-19.30 orario continuatosabato 10.30-13.30/16.00-19.30

www.avanguardiantiquaria.com

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 27

Page 30: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

SPECIALEArtigianato al femminile

28

Il significato della parola manutenzione (inlatino manus-tensiones) è tenere in mano.Tenere in mano inteso come attività di cu-

ra. Manutenzione, quindi, come funzione dellacura. Se pensiamo al lavoro di cura l’associazio-ne con il lavoro delle donne è abbastanza im-mediata. E quest’ultimo possiamo leggerlo nelsuo significato politico, storico, filosofico e sim-bolico. Ma se proviamo a giocare con le paroledette sopra e a far danzare il pensiero tra un si-gnificato e l’altro, possiamo metterle in relazio-ne e magari scoprire analogie e chiavi di lettu-re tra loro intrecciate. Partiremo da un puntosolo apparentemente distante.Se per un attimo prendiamo in prestito il pen-siero politico di Vandana Shiva, attivista india-na nella salvaguardia dell’ambiente e della bio-diversità, possiamo vedere come risulti possibi-le parlare di significato intimo del lavoro arti-giano mettendolo in relazione con la cura del-l’ambiente e della società in cui viviamo. So-cietà intesa dentro e fuori di noi.Il concetto di manutenzione è un concetto con-servativo che mira al mantenimento, al pren-dersi cura, al ridare vita, a ri-comporre. Se cisoffermiamo un momento a osservare il pensie-ro normativo culturale ed economico della so-cietà “moderna” a cui apparteniamo, possiamonotare come essa risulti essere in realtà in con-trasto con il pensiero della manutenzione e delconservativo, essendo il modello economicodominante basato invece sul consumo, sull’ac-cumulo, sul concetto di usa e getta. Produci econsuma, consuma e produci. Più si produce epiù si è moderni. Il Prodotto Interno Lordorappresenta il parametro della ricchezza e si ba-sa sull’accumulo quantitativo, mentre la ric-chezza di una nazione viene calcolata sulla pos-sibilità di consumo delle famiglie.L’economia del consumo/accumulo non preve-de un simbolico conservativo e nega infatti cul-turalmente la funzione della cura, emarginandosocialmente il lavoro di cura, svalorizzandolosia sul piano simbolico che economico. Banaleosservare come i lavori di cura in generale sia-no infatti quasi sempre relegati ai gradini piùbassi della scala sociale (badanti, addetti alle

pulizie, operatori ecologici, eccetera) per nonparlare del lavoro domestico (definito lavoro diriproduzione), totalmente invisibile nel suo ap-porto alla sopravvivenza della specie umana eall’economia. In Italia, se tutto questo lavorovenisse calcolato risulterebbe pari al 32,9% delPil, cioè circa 433mila milioni di euro, un terzodel PIL annuale.Potremmo infatti definirla produzione-ombra.Tutto quel tempo speso a pulire, riordinare, sti-rare, accudire gli anziani, allevare i bambini,preparare il cibo, viene svolto quasi esclusiva-mente dalle donne nella totale invisibilità e as-senza di riconoscimento. La presenza di una re-lazione quando il lavoro è svolto a beneficiodell’altrui sopravvivenza (madri, sorelle, figlie,mogli), determina lo sconto sul piano politico diquesto gesto fondamentale per l’esistenza.Normale che sia così. Scontato. Naturale. La re-sponsabilità della cura riguarda un solo genere.Ma lasciando per un attimo da parte l’invisibili-tà del valore del lavoro di cura (lavoro delledonne) e relativo conflitto tra i generi, portereiinvece di nuovo l’attenzione sul significato del-la cura in relazione al mondo.Vandana Shiva, che trae il suo pensiero filosofi-co dalla tradizione induista secondo cui esiste-rebbero un principio maschile di trasformazio-ne e uno femminile di cura e manutenzione, cimette in guardia rispetto ai pericoli che lo squi-librio di questi due principi può (e sta) generan-do, poiché dal loro equilibrio dipende l’equili-brio del mondo, inteso qui come luogo da abi-tare. L’equilibrio di cui ci parla Vandana Shivava alla radice di quanto accennato sopra e ricon-duce a una visione ciclica dell’esistenza e a unanon separazione (operata in occidente a partireda Cartesio) di mente/corpo – natura/cultura.La critica che viene mossa al sistema occidenta-le è di svilire ed emarginare il principio di ma-nutenzione e di cura. Questa scissione generauno squilibrio mettendo la natura fuori di noi,facendola diventare “altro da noi”, come cosasubalterna, da dominare, da controllare. Cosìcome si è tentato in epoca patriarcale (e si ten-ta ancora in molte società) di dominare la par-te femminile dell’umanità nella sua potenza

Gabriella RossiCentro Studi e

DocumentazionePensiero Femminile,

Torino

La forza rivoluzionaria della manutenzionecome cura del mondo

Nel gesto artigiano si

compie quellafusione tra

spirito e materia che si svela nel

“saper fare”,“saper come

toccare”

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 28

Page 31: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

29

tempo fa. Tutto questo ha in sé dell’illogicità, laprima, invisibile forse nella sua ovvietà, nontiene conto del fatto che le risorse naturali nonsono infinite.Nelle società dello spreco non c’è posto per lamanutenzione e la conservazione, l’unicità del-le cose, il piccolo. Prende spazio invece l’uni-formità. Il modello di economia maggiormenteimperante nella nostra società ha come conse-guenza la standardizzazione delle merci fino adarrivare all’appianamento di tutte le differenze,all’omologazione dei prodotti, al deperimentoveloce. Nella produzione artigianale ogni cosaè unica. Uguale solo a se stessa, con l’improntadi chi l’ha creata. Nel gesto artigiano si compiequella fusione tra spirito e materia che si svelanel “saper fare”, “saper come toccare”. Le com-petenze acquisite sono quelle che permettonodi “fare anima con le cose”, si parla di “saggez-za del saper fare”.La cura che noi dedichiamo alla conservazionedel nostro piccolo mondo, il nostro quotidiano,i nostri cari, è il gesto che ci permette di entra-re in relazione con il mondo. Ci restituisce ilsenso del nostro stare e del nostro fare. È unoscambio pari. Tra chi cura e chi/cosa è curato.Che pone al centro la relazione. Così come nelgesto di cura primario, la funzione materna.Pensiamo al significato delle parole. Al sensodel modo di dire Mettere al mondo un figlio. Pen-siamo alla manutenzione della vita - a partire daquella dei bambini - che vengono, non solo cu-rati, ma “tenuti in mano” o “portati per mano”lungo tutto il cammino dell’ esistenza. La leva-trice accompagna il bambino nella sua fuoriu-scita dal canale del parto e lo accoglie in questomondo, “tenendolo in mano”. La parola leva-trice deriva dalla funzione di “elevare” il bam-bino neonato verso il cielo, per mostrarlo al co-smo e agli dei. Levana era il nome della divini-tà romana che sovrintendeva al parto; non sololo vegliava, ma permetteva al padre il riconosci-mento del neonato attraverso il gesto del mo-strarlo al mondo.Se torniamo alla semplice manutenzione di unoggetto, a partire dal gesto artigiano possiamori-conoscere ed essere consapevoli di cosa que-sto gesto è in grado di trasmetterci. La manu-tenzione è, allora, il mantenimento della natu-ra dell’oggetto attraverso la manutenzione. Siparla quindi di “consapevolezza della qualità”.Manutenzione come lavoro di cura, quindi, disé e del mondo. Manutenzione come gesto ri-voluzionario ed ecologista che mira alla conser-vazione, al mantenimento della vita contro lasterilità dell’usa e getta. Se per un attimo pen-sassimo a una società che ponesse al centro il

riproduttiva impedendo di agire la propria li-bertà di autodeterminazione, guarda caso pro-prio a partire dalla sessualità e riproduzione.L’associazione corpo-natura-donna come entitàda dominare a vantaggio dell’associazione men-te-cultura-uomo hanno portato alla svalorizza-zione del femminile e all’acquisizione di privi-legi in termini di potere del maschile.La scissione di cui sopra ha generato la tenden-za a dominare il principio riproduttivo, a voler-sene appropriare, la forza riproduttiva delladonna è un qualcosa di temibile, fa paura. Separliamo di potere biopolitico e all’espropria-zione del sapere/potere sul corpo delle donnepensiamo, per esempio, alle politiche demogra-fiche, in mano alle leggi (quasi sempre scritteda uomini) e alla scienza. Pensiamo a come pro-prio spesso il corpo delle donne nel suo poten-ziale riproduttivo sia oggetto di scambio discontri politici (e per questioni numeriche an-che in questo caso si tratta prevalentemente diuomini) in cui si dibatte su come normare tuttociò (aborto, contraccezione, procreazione assi-stita). La legge quasi mai parla di corpi maschi-li, intesi nella loro accezione sessuata. La leggeparla di un corpo solo, quello femminile, comequalcosa da normare e controllare.Ma tornando alla visione di Vandana Shiva ve-niamo sollecitati a osservare come questo prin-cipio di dominazione delle forze naturali daparte dell’umanità sia lo stesso che sta generan-do la distruzione planetaria dal punto di vistaambientale.Senza soffermarci troppo a lungo sul conflittotra i generi possiamo trovare (purtroppo) facil-mente altri esempi di prevaricazione e squili-brio di un principio sull’altro a macro livelloambientale. Pensiamo all’invasività dell’indu-strializzazione da cui dipende lo scioglimentodei poli, alla manipolazione delle sementi e iconseguenti brevetti che obbligano i contadinia comprare semi sterili condannandoli a unaschiavitù economica senza fine, dalla privatiz-zazione delle risorse naturali (non ultima in ca-sa nostra quella dell’acqua).Oppure pensare alla condizione di sottosvilup-po in cui versano le culture a produzione agri-cola e artigianale rispetto alle culture basate sulconsumo. Lo stesso vale sul piano simbolico.Con un modello prevaricante sull’altro.Torniamo ora all’econonomia. Oggi la capacitàdi consumo determina la ricchezza. Si parla in-fatti spesso di civiltà dello spreco, basata suproduzione-accumulo-progresso. Letti comeun tutt’uno. Le imprese si reggono sui consu-mi. Si è bravi cittadini se si consuma, ci racco-mandava anche uno spot televisivo di qualche

Manutenzionecome gesto rivoluzionarioed ecologistache mira allaconservazio-ne, al mante-nimento dellavita contro lasterilità del-l’usa e getta

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 29

Page 32: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

senso della cura si potrebbe arrivare a concepi-re un modello produttivo diverso, rispettosodell’ambiente e dei soggetti che lo vivono. Va-lorizzando e conseguentemente riportando inequilibrio tutto quell’operare che oggi vive nel-l’invisibilità se non addirittura nel disprezzo.Il pensiero filosofico di Vandana Shiva ci diceche la speranza per un “altro mondo possibile”nasce all’interno di un modello di civilizzazionein sintonia con l’idea che l’umanità è stretta-mente interconnessa con tutto il resto delleespressioni di vita. Non esiste una gerarchia fis-sa e immutabile – forzatamente verticale edescludente – ma un mondo fatto di relazioni traparti equivalenti: tutte, a loro modo, importantiper la continuazione della Vita, e tutte che ri-chiedono, a loro modo, cura e manutenzione. Il compito è, allora, quello di muovere da que-sto intento, dispiegando così tutte le nostre pos-sibilità di cura e manutenzione del mondo.Se il nostro cammino esistenziale si basasse suuna civilizzazione della cura e manutenzione, si

cambierebbe radicalmente l’ordine delle coseanche dal punto di vista sociale.Non a caso, le donne ci ricordano ogni momen-to che, a partire da questa revisione di valori, sipuò trasformare il mondo, mettendosi in rela-zione con il mondo. L’ingresso delle donne nellavoro, per il mercato ha messo in discussione latotale organizzazione del lavoro (che non pre-vedeva la cura e la relazione con altro diversodal produttivo), il cui scricchiolio è sotto gli oc-chi di tutte e tutti, davanti al quale il lavoro nonpuò che adeguarsi e ripensarsi.Il famoso slogan che ci riporta a un percorso dipace “Un altro mondo è possibile” diventa im-maginabile come realtà solo se cambia anche ilmodello produttivo, il rapporto che abbiamocon le cose che produciamo, e il loro perché. Sedecidessimo di curare e “manutentare” conconsapevolezza il mondo, sarebbe bello ricor-darsi di tenere sempre ben presente che il ge-sto che stiamo compiendo, per quanto piccolo,corrisponde a un prezioso atto rivoluzionario.

VANDANA SHIVA E L’ECOLOGIA SOCIALE

Filosofa e scienziata indiana è considerata la teorica più nota di una nuova scienza: lʼecologiasociale. É nata nel 1952 a Dehra Dun, nell'India del nord. Ha studiato nelle università inglesi e

americane laureandosi in fisica. Tornata a casa dopo aver terminato gli studi, rimase traumatizzatarivedendo lʼHimalaya: aveva lasciato una montagna verde e ricca dʼacqua con gente felice, poi eraarrivato il cosiddetto “aiuto” della Banca Mondiale con il progetto della costruzione di una grande digae quella parte dellʼHimalaya era diventato un groviglio di strade e di miseria, di polvere e smog, congente impoverita non solo materialmente. Decise così di abbandonare la fisica nucleare e di dedicar-si allʼecologia. Nel 1982 ha fondato nella sua città natale il Centro per la Scienza, Tecnologia e Politicadelle Risorse Naturali di Dehra Dun in India, un istituto indipendente di ricerca che affronta i più signi-ficativi problemi dellʼecologia sociale dei nostri tempi, in stretta collaborazione con le comunità localie i movimenti sociali. Vandana Shiva fa parte dellʼesteso movimento di donne che in Asia, Africa e

America Latina critica le politiche di aiuto allo sviluppo attuate dagli organismi internazionali e indica nuove vie alla crescita economica rispet-tose della cultura delle comunità locali, che rivendicano il valore di modelli di vita diversi dallʼeconomia di mercato. La scienziata denunciale conseguenze disastrose che il cosiddetto “sviluppo” ha portato nel Terzo Mondo. Lo sviluppo anziché rispondere a bisogni essenziali degliesseri umani minaccia la stessa sopravvivenza del pianeta e di chi vi abita. Le conseguenze dello sviluppo sono la massiccia distruzioneambientale, un enorme indebitamento che spinge i paesi a fare programmi di aggiustamento strutturale basati sulla scelta di spendere menoin salute pubblica, scolarizzazione e sussistenza, rendendo la gente più povera.Nel 1991 Vandana Shiva ha fondato Navdanya, un movimento per proteggere la diversità e lʼintegrità delle risorse viventi, specialmente deisemi autoctoni (native seeds) in via di estinzione a causa della diffusione delle coltivazioni industriali. Navdanya crea così banche di semen-ti, promuove la conversione allʼagricoltura biologica e stabilisce legami diretti produttore-consumatore per la disponibilità e la sicurezza ali-mentare. Navdanya contribuisce anche alla creazione di ARISE, unʼorganizzazione nazionale per lʼagricoltura biologica, la più ampia e dina-mica rete di promozione dellʼagricoltura sostenibile. Nella visione di Vandana Shiva, la riproduzione femminile e la riproduzione agricola sonodue processi vitali che hanno la stessa capacità di sottrarsi e di resistere alla mercificazione.Vandana Shiva ci offre unʼanalisi degli effetti del modello di sviluppo occidentale da un punto di vista femminista ed ecologista, mettendo inrelazione due aspetti tra loro interconnessi: la natura e la distruzione ecologica, la donna e lʼemarginazione femminile.La conoscenza scientifica moderna ha creato un concetto di sviluppo basato sulle categorie riduzioniste del pensiero e dellʼazione scienti-fica. Il concetto di sviluppo in modo particolare si fonda sullo sfruttamento delle donne e della natura. Così come la svalutazione e il misco-noscimento del lavoro e della produttività della natura hanno condotto alle crisi ecologiche, allo stesso modo la svalutazione e il miscono-scimento del lavoro femminile hanno creato sessismo e disuguaglianza tra uomini e donne.Si verifica così la distruzione di culture e di altri modi di vivere per far posto a culture competitive il cui grado di civiltà è dato solo dal mer-cato. Il danno maggiore prodotto dalla civiltà industriale, secondo Vandana, è stata lʼequazione donna-natura e la definizione di entrambecome passive, inerti, materia prima da manipolare. A suo avviso invece «le donne sono le depositarie di un sapere originario, derivato dasecoli di familiarità con la terra, un sapere che la scienza moderna, cartesiana e maschilista, ha condannato a morte». Per il patriarcato occi-dentale la cultura è altro dalla natura, dalla donna e così gli uomini hanno creato uno sviluppo «privo del principio femminile, conservativo,ecologico» e fondato «sullo sfruttamento delle donne e della natura». I contributi della Dott.ssa Shiva a favore dalle donne sono riconosciu-ti in tutto il mondo. Il libro Staying Alive ha cambiato in modo fondamentale la percezione della donna del Terzo Mondo. Nel 1990 scrisseper la FAO una relazione su Donne e Agricoltura intitolata Most Farmers in India are Women (La maggior parte degli agricoltori in India sonodonne). Ha fondato la sezione femminile del Centro Internazionale dello Sviluppo Montano (ICIMOD) di Kathmandu.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 30

Page 33: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

“… Puoi dimostrare che non ha senso separaretempo di vita e tempo di lavoro e quindi pre-tendi che cambi il concetto di lavoro e di

tempo di lavoro. E a partire da qui, dal lavoro intesocome unità di lavoro retribuito e di relazioni, preten-di di ridefinire l’economia, la teoria sociale e politi-ca… Tutto ciò ipotizza un cambiamento di civiltà(primum vivere) oltre che di misure e di regoleeconomiche… Non possiamo più permettere chesiano le condizioni di lavoro, spesso nemiche deinostri più elementari desideri, a cambiarci nel-l’intimo, come persone…” Lo scorso ottobre laLibreria delle donne di Milano pubblica il nume-ro di “Sottosopra” interamente dedicato al lavo-ro, sotto forma di manifesto redatto in 10 punti. Il titolo è Immagina che il lavoro.

Un manifesto del lavoro delle donne e degliuomini scritto da donne e rivolto a tutte e tuttiperché il discorso della parità fa acqua da tutte leparti e il femminismo non ci basta più.Il manifesto è frutto di un percorso collettivo diriflessione avviato da anni dal gruppo di lavorodella Libreria delle donne di Milano in cui con-vergono donne di diverse età. È rivolto a tutti,uomini e donne, sfidando tutte e tutti per far sìche l’utopia del titolo (cioè l’immaginazione)possa, attraverso la pratica della relazione eun’acquisizione maggiore di consapevolezza, tra-sformarsi in una realtà più vicina ai nostri deside-ri senza escludere le relazioni.Pubblichiamo di seguito un estratto del manife-sto riguardante il lavoro di cura.

31

Immagina che il lavoro...

Noi donne italiane siamo famose presso i piùattenti studiosi internazionali per la nostra

dedizione domestica, in particolare per le ecce-zionali cure che riserviamo alla casa: la casa ita-liana media, in effetti, è scintillante come unoshowroom, rispetto a una francese o anglosas-sone. Anche gli uomini italiani sono famosi tra glistudiosi: continuano a fare gli eterni bambini chepassano dalle cure della mamma a quelle di unamoglie/compagna che gli stiri le camicie (in Italia,infatti, le camicie non stiro non hanno mai avutosuccesso). In sintesi: il lavoro domestico delle ita-liane è il più alto in assoluto tra i paesi ricchi,mentre quello dei maschi italiani è il più basso. In cifre, questi gli estremi della media giornaliera:- lavoro domestico degli uomini: 1h 55 ̓italiani - 2h 24 ̓norvegesi;- lavoro domestico delle donne: 5h 47 ̓italiane - 3h 36 ̓norvegesi.Avete notato? Anche nei Paesi più ricchi, parita-ri e dotati di servizi, le donne continuano a copri-re più lavoro domestico degli uomini. Ma primadi gridare allʼingiustizia (che cʼè) mettiamo insalvo una verità: la cura dellʼesistenza non è eli-minabile dalle nostre vite, è vitale in senso stret-to e finora, anche con i migliori servizi al mondo,non ha mai occupato meno di 3 ore in media algiorno per ogni persona adulta tra i 20 gli 80anni (6 ore per coppia/famiglia). Non è archeo-logia, residuo del passato. È lo scambio vivo emateriale di cui sono intessute le nostre esisten-ze di umani. E questo lavoro non è neppuredestinato a ridursi. Anzi è matrice del futuro.Tende a crescere perché il sistema sociale edeconomico sposta sui singoli individui nuoveresponsabilità. Lʼagenda degli obiettivi di ogni

L’arte della “manutenzione” dell’esistenza: matrix del futuro, non archeologia domestica.Questo lavoro non è eliminabile. Anzi aumenterà.

singolo uomo e donna, infatti, si fa sempre piùfitta: essere belli, giovani, in buona salute, disuccesso, realizzati, benestanti e felici è un granlavoro, sempre più specializzato e complesso,fonte di insicurezze, stress emotivi che vannocurati nel privato. E poi cʼè lʼinvecchiamento pro-gressivo della popolazione, che farà aumentareil numero di persone dipendenti. Il problema è:chi fa tutto quel lavoro e chi lo farà, con qualelibertà, con quali riconoscimenti. A oggi, in tutti iPaesi è fatto “naturalmente” di più dalle donne.Di questo lavoro, complesso ed essenziale, checonnette, dà senso e forma alla vita quotidianadi adulti e bambini, generi e generazioni, gliuomini, nella loro pretesa indipendenza, sonomeno consapevoli, benché assai bisognosi.Molti si impegnano, ma raramente ne vedono leconseguenze per il mercato, in economia, nellapolitica.Quanto a noi donne: è evidente che, per garan-tire la manutenzione dellʼesistenza nostra ealtrui, limitiamo, se possiamo, la nostra presen-za sul mercato del lavoro ed è anche per questoche, spesso, facciamo meno carriera e siamomeno pagate. Domanda: le donne lavoranomeno per il mercato perché trovano il mixvita/lavoro più vivo e interessante, oppure subi-scono il lavoro per lʼesistenza come necessitàpratica e imperativo culturale? Forse sono incammino per scoprirlo. Forse vorrebbero poterscegliere, cambiare gli equilibri nelle diverse fasidella loro vita. Il mix vita/lavoro è un segnaleforte e suggestivo che intreccia libertà e costri-zione.Che, a volerci metter mano, sarebbe ricco dipensieri stimolanti per il futuro di tutti. Il discorso

della parità invece, semplificando, proponecome soluzione la “equa” spartizione tra i duesessi del lavoro in casa e di relazione. Ma unatale spartizione non è definibile con una normae non è neppure auspicabile che lo sia: è chiaroa tutti che così facendo ogni convivenza diven-terebbe un inferno. E, poi, come e chi sanzione-rebbe i fannulloni/e? A questo punto il discorsodella parità tira fuori unʼaltra parola magica perrimuovere il conflitto: conciliazione tra i duelavori per entrambi i sessi. Ma, come abbiamovisto, in tutti i Paesi, compresi i più virtuosi nor-dici, il tempo parziale e la flessibilità degli orarisono richiesti soprattutto dalle donne.Questo accade perché ci trasciniamo dietrorimasugli della vecchia divisione del lavoro tra isessi? Oppure perché a molte quel lavoropiace? Oppure perché nella convivenza il con-flitto tra donna e uomo è poco gestibile e lalegge certo non aiuta? Questi sono gli interroga-tivi che i semplificatori non si pongono mai. Si fastrada a questo punto la consapevolezza che ildiscorso di parità e di uguaglianza, quando ha ache fare con la differenza tra i sessi ˗ che è inestrema sintesi differenza nella relazione con ilmondo e con lʼaltro ˗ perde ogni connotato dinobiltà e appare, invece, una semplificazioneche non approda a nulla. Parificare, conciliare echissà che altro ancora, in realtà coprono il con-flitto che cʼè nel lavoro, in quello produttivocome in quello di riproduzione dellʼesistenza.Con la differenza che questʼultimo si ribella allalegge e alla monetarizzazione. Esso infatti hauna posta in gioco più ambiziosa: tenere in vitala relazione amorosa nel conflitto e fare espe-rienza della libertà e del limite.

Immagina che il lavoro,a cura del Gruppo lavorodella Libreria delle donne di Milano, in “Sottosopra” ottobre 2009.Info:[email protected]

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 31

Page 34: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

SPECIALEArtigianato al femminile

Gabriella RossiCentro Studi e

DocumentazionePensiero Femminile,

Torino

Dall’alto.Lavori all’ecovillaggio di

Torri Superiore.

32

Per raccontare la natura degli eco villaggioccorre parlare di relazione e condivisione.Condivisione di spazi, condivisione di

esperienze, affetti, professionalità, risorse eco-nomiche e intellettuali. Condivisione di unavisione.Un modello di vita in maggior sintonia con lanatura e i suoi tempi che si basa sulla solidarie-tà, la partecipazione di ciascuno alle decisionidel gruppo, all’eco-sostenibilità.Sperimentando un modo diverso di vivereinsieme. Sottraendosi all’individualismo tipicodelle nostre società avanzate. All’economia chenega il legame tra chi produce un bene e chi loutilizza. L’ecovillaggio è una sperimentazioneche tenta di ricostruire una nuova socialitàbasata su un senso di comunità, di appartenen-za. Per esempio un tempo (e ancor oggi in real-tà distanti o per lo più rurali) l’accudimento deipiù piccoli non era solo una questiona privata,era affidata alla collettività. La comunità funge-va da maternage e da controllo della sicurezzadei più piccoli. Con l’avanzamento della fami-glia monoparentale e con il disgregamentodelle reti di protezione famigliare tutto questoè andato perduto, con un impoverimento del-l’universo affettivo di adulti e bambini. La spe-rimentazione della vita comunitaria, lettoanche nella responsabilità collettiva, ci permet-te di costruire la comunità con un forte vantag-gio per la crescita affettiva del singolo (oltre cheun notevole risparmio di energie).Liberando il tempo e aumentando la socialitàne trae miglioramento la qualità della vita.Questa scelta porta beneficio anche sul pianodella riduzione dei costi economici e ambienta-li, dal momento che nella condivisione di spazie risorse, per esempio, gli elettrodomestici ven-gono utilizzati collettivamente e di conseguen-za vi è un consumo nettamente minore rispetto

UN MODELLO DI VITA SOSTENIBILE, UN’UTOPIA CHE DIVENTA REALTÀ

Abitare in un ecovillaggio

a un normale condominio in cui ogni nucleofamiliare possiede il proprio elenco di elettro-domestici: lavatrici, televisori, frigorifero, deco-der, modem, auto.Ma non è solo questo, leggiamo infatti dal sitodella Rete Italiana dei Villaggi Ecologici(RIVE) che i due elementi fondativi di un eco-villaggio sono l’intenzionalità e l’ecosostenibili-tà. E che per comunità intenzionale s’intende«un gruppo di persone che hanno scelto di lavo-rare insieme con l’obiettivo di un ideale o unavisione comune».In Italia esiste circa una ventina di ecovillaggi,pochi se messi a paragone con la realtà america-na che conta circa 2.000 comunità, il 90% dellequali negli Stati Uniti, ma l’attenzione versoquesto processo di trasformazione della societàattraverso un vivere insieme diverso è in conti-nuo aumento. Un desiderio di cambiamentoche mette al centro la relazione e la cura, la con-servazione delle risorse comuni e naturali.Gli eco villaggi in Italia sono legati tra loroattraverso la rete RIVE e a livello europeo dalGEN-Europe che è l’associazione europeadegli ecovillaggi. Il GEN-Europe favorisce losviluppo di ecovillaggi come modello di inse-diamenti umani sostenibili attraverso lo scam-bio di comunicazioni, la partecipazione, l’edu-cazione e il lavoro in rete. Fornisce assistenzanello sviluppo di ecovillaggi, comunità sosteni-bili e reti in Europa, nel Medio Oriente e inAfrica.Promuovendo il concetto di ecovillaggi soste-niamo la protezione dell’ambiente, la cura dellaTerra e la costruzione di comunità armoniose.Qui di seguito presentiamo l’ecovillaggio diTorri Superiore, nell’entroterra ligure, unesempio di recupero e conservazione di unborgo tardo medioevale del XIV secolo abban-donato per anni.

“Immaginiamo un mondo di trasparenza e di fiducia, un pianeta in cui le diverse cultu-re siano unite nella creazione di comunità in armonia reciproca con tutte le forme di vitae con la Terra, soddisfacendo al tempo stesso i bisogni della nostra generazione e di quellefuture”

(Tratto dal sito di RIVE, Rete Italiana dei Villaggi Ecologici: http://www.mappaecovillaggi.it/)

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 32

Page 35: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

L’ecovillaggio di Torri Superiore.

33

Torri Superiore è un piccolo gioiello diarchitettura popolare situato ai piedidelle Alpi liguri, a pochi chilometri dal

Mar Mediterraneo e dal confine francese, vici-no alla città costiera di Ventimiglia. Originariodel XIII secolo, il complesso è notevole nonsolo per l’architettura compatta, ma anche per ilbuono stato di conservazione. Il villaggiomedievale è composto da tre corpi principali,separati da due vicoli interni in parte coperti.Oltre 160 vani con soffitti a volta (a botte o acrociera) solo collegati da un intricato labirintodi scale e terrazzi. La pietra, la calce e la sabbiautilizzate originariamente per la costruzioneerano di origine locale e provenivano dalla valleo dal letto del vicino torrente Bevera.Il villaggio è stato in gran parte restauratoall’inizio degli anni Novanta ad operadell’Associazione Culturale Torri Superiore.L’Associazione è stata fondata nel 1989 con loscopo sociale di restaurare e ripopolare il villag-gio medievale in stato di abbandono. Nel corsodegli anni successivi, un dettagliato studiodella struttura degli edifici ha condotto all’ela-borazione di un complesso progetto di restauroche bilancia le parti a uso pubblico e quelle a

uso privato, sostenendo la creazione di unacomunità residente e contribuendo alla creazio-ne di un ecovillaggio e di un centro culturaleaperto al pubblico.L’Associazione Culturale ha in seguito destina-to una grande parte dell’ecovillaggio a centroculturale e ricettivo (una Casa per Ferie perl’ospitalità, un punto ristoro e strutture per atti-vità formative, corsi e seminari). La strutturaricettiva è gestita dalla società cooperativa TureNirvane, fondata nel 1999 da alcuni membridell’Associazione Culturale, e composta da 5donne e 2 uomini. Viene sostenuta a titolovolontario dalla comunità residente in compitiquotidiani come gli acquisti, le pulizie e la cuci-na. Nel 2002 la cooperativa ha ottenuto, comeazienda a maggioranza femminile, i contributiprevisti dalla Legge 215/92 “Agevolazioni perl'imprenditoria femminile” per le attrezzaturedella casa per ferie (cucina, impianti, arredisale).L’attento piano di restauro prevede la conserva-zione e riqualificazione dei caratteri medievalidella struttura attraverso l’uso di materiali natu-rali ed eco-compatibili, dei principi della bioe-dilizia e di interventi strutturali in armonia con

UNA COOPERATIVA A MAGGIORANZA FEMMINILE PER UN VILLAGGIO SOSTENIBILE

L’ecovillaggio di Torri Superiore

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 33

Page 36: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

34

l’ambiente circostante. Nelle opere di restaurosono state utilizzate pietra naturale locale, calce(per gli intonaci e le pitture murali) e materialiisolanti naturali. Tutti i serramenti sono in legnosostenibile e vengono usati smalti e colori eco-logici. Infatti, sin dall’inizio, l’idea di restaurareil villaggio si è fondata su principi ecologici e lapartecipazione alla Rete Globale degliEcovillaggi e al movimento della Permaculturaha aiutato il gruppo a focalizzare e realizzaremolti obiettivi pratici.Torri Superiore e l’Ecovillaggio sono una cosasola: l’Ecovillaggio comprende tutti i membriresidenti e non, e anche gli ospiti della struttu-ra ricettiva sono invitati a seguirne i principi. Gli obiettivi generali dell’Associazione edell’Ecovillaggio, compresi i programmi di eco-turismo, sono decisi dall’Assemblea degli asso-ciati che si riunisce due volte l’anno. Si contano30 membri, sia residenti che non, e segue prin-cipi di sostenibilità, cooperazione e solidarietà.Dal 1999 al 2003 Torri Superiore è stata lasegreteria del GEN-Europe (Global EcovillageNetwork) con competenze anche su MedioOriente ed Africa; è tutt’ora la sede legale dellarete GEN a livello internazionale.

Oltre alla cooperativa a maggioranza femminile,a Torri Superiore molte attività lavorative rivol-te all’esterno sono gestite da donne, tra cui unlaboratorio di ceramica al tornio e gruppi di pra-tica di Iyengar Yoga.Il laboratorio di ceramica produce in piccoleserie stoviglie per l’uso quotidiano (tazze, cioto-le, zuccheriere, ecc.) lavorate interamente amano. I lavori vengono realizzati al tornio, rifini-ti e colorati con ingobbio (argilla colorata) e/osmalti. I materiali usati non contengono piomboné altre sostanze tossiche, e sono adatti per usoalimentare. La cottura è a 1150°C, una tempe-ratura alta che permette di realizzare oggettimolto resistenti agli urti che possono esserelavati anche in lavastoviglie. Claudia Stark orga-nizza su richiesta anche corsi di ceramica peradulti e bambini.I gruppi di pratica di Iyengar Yoga sono seguitida Valentina Tafuto che attualmente insegnacon il livello Introductory II, e sono apertianche gli ospiti dell’ecovillaggio. Gli strumentidi lavoro dell’Iyengar Yoga sono prevalente-mente le asana (le posizioni) e il pranayama,controllo ritmico del respiro. Lo Yoga affonda lesue radici nell’etica sociale e personale, attra-verso l’attenzione sul corpo, il respiro, la mente,conduce alla coscienza del Sé, puro e libero daogni dualità.

L’Associazione attiva inoltre numerosi corsi eseminari, come per esempio il corso di autopro-duzione domestica di saponi e creme naturalitenuto da Lucilla Borio. Il corso teorico-praticodura due giorni, e insegna a fare da sé i prodot-ti per l’igiene personale, con semplici attrezza-ture domestiche, ingredienti naturali e pocaspesa, nell’ottica della riduzione dei consumi edella decrescita felice. Sono tenuti da donneanche i corsi di feltro ad acqua e sapone e pro-duzione domestica di birra.É inoltre attiva una collaborazione pluriennalecon l’unione artigianale tedesca “Axt undKelle” composta da carpentieri e artigiani dellegno, l’unica ad accettare anche donne.Secondo lo statuto dell’unione, gli artigiani eartigiane aderenti viaggiano per due anni svol-gendo il tirocinio e offrendo gratuitamente illoro lavoro a organizzazioni senza fini di lucro.A livello generale, tutti i lavori svolti a TorriSuperiore sia a livello professionale sia comevolontariato (manutenzione delle strutture,agricoltura, gestione del centro ricettivo, arti-gianato) sono ispirati ai principi di assoluta pari-tà tra i generi ed equità. Il rispetto reciproco, la parità tra i generi, la nonspecificità dei ruoli, l’ascolto dell’altro nella suatotalità, offre la possibilità a ognuno e ognuna diesprimere liberamente i propri talenti e i propridesideri scegliendo cosi la propria forma di con-divisione, sentendo intorno a sé il clima caldodella fiducia.

La produzione ceramica aTorri Superiore.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 34

Page 37: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

35

L’idea del microcredito si diffonde grazieal lavoro di Bank, la “banca villaggio”fondata nel 1976 da Muhammad Yunus

in Bangladesh. Questa banca rurale nasce perconcedere prestiti e supporto organizzativo aipiù poveri, riuniti in gruppi di beneficiari(Solidarity Group), tradizionalmente esclusi dalsistema di credito tradizionale. Sull’esempiodella Grameen Bank, che oggi è la quinta bancadel Bangladesh, diverse Organizzazioni NonGovernative (ONG) internazionali hanno adot-tato nel corso degli ultimi vent’anni programmidi microfinanza/microcredito, al fine di integra-re progetti d’intervento a sostegno dell’econo-mia locale dei Paesi in via di Sviluppo. É cosìche si sono attivate: Accion Internacional, CareInternacional, FINCA International, ACO-DEP (Asociacion de Consultores para elDesarrollo de la Pequena y Microempresa).Allo stesso tempo, si è diffuso nel contestoeuropeo un approccio al microcredito sostan-zialmente differente, che considera quelli chesono gli aspetti socio-economici più propria-mente caratteristici del vecchio continente. In Europa e in Italia gli esempi di microcreditosi rifanno alle esperienze di finanza etica. Neglianni Settanta in Italia si costituiscono le MAG(Mutue Auto Gestione), che raccolgono rispar-mio dai soci per utilizzarlo a favore di progettinell’ambito dell’economia sociale e della coo-perazione internazionale. Numerose ONG italiane hanno poi adottato lostrumento del microcredito nei loro programmidi sviluppo, ritenendolo un importante mezzoper la ridefinizione delle politiche di sviluppoeconomico. A Padova un solido sistema compo-sto da tre istituzioni ha dato vita a un importan-te centro di intervento nel campo del microcre-dito e della finanza etica: la Banca popolareEtica; il Consorzio Etimos; la Fondazione.Oltre all’erogazione di servizi finanziari di cre-dito e risparmio, l’istituzione di microfinanzapuò supportare lo sviluppo delle micro/piccoleattività economiche (micro/small economic acti-vities) anche attraverso l’erogazione di servizi diformazione e assistenza tecnica, in relazione

alle necessità specifiche del target group.Se è vero che il credito è uno strumento ingrado di aumentare gli investimenti produttivi,è altrettanto vero che una buona gestione del-l’attività può migliorare l’efficienza; l’introdu-zione di nuove tecnologie può incrementare laproduttività delle micro/piccole attività econo-miche e un miglior accesso ai mercati puòaumentarne il volume di vendite.Il piccolo o micro credito è sbarcato in regionicome Toscana, Sicilia, Campania, Piemonte,Molise, Puglia, Sardegna e Lazio e si è organiz-zato in città o provincie come Milano, Torino,Bologna, Roma, Cagliari, Venezia, Firenze,Napoli e Siena e sono in corso progetti perl’apertura di nuovi sportelli in qualche altraprovincia italiana.In merito alle categorie di soggetti ai qualiviene erogato, il microcredito sociale o per soli-darietà perlopiù riguarda le donne. Infatti,come si enuclea dal terzo rapporto sul micro-credito, il connubio tra donne e microcredito èideale: il 90% dei progetti finanziati riguarda ilmicrocredito al femminile.Sin dalla sua trasformazione da sistemi primiti-vi e tradizionali a sistemi strutturati e organiz-zati in modo moderno, il microcredito ha indi-viduato nelle donne il soggetto privilegiato alquale riferirsi. I motivi sono tanti e ormai giàacquisiti perfino dalle organizzazioni nazionalie internazionali di cooperazione allo sviluppo esi possono riassumere con l’affermazione cheper la lotta alla povertà e alla disgregazionesociale nei paesi sottosviluppati (ma probabil-mente non soltanto), la crescita e l’allargamen-to dell’emancipazione economica e socialedelle donne è un percorso inevitabile.Il microcredito alle donne è uno degli strumen-ti più utilizzati che, anche se relegato esclusiva-mente agli aspetti economici, può avere lacapacità di investire anche il ruolo complessivodelle donne nella società e quindi avere uneffetto moltiplicatore di incentivo a trasforma-zioni sociali e culturali.Naturalmente i dati si riferiscono prevalente-mente ai paesi poveri e/o in via di sviluppo.

L’esperienza del microcreditoNASCITA E REALTÀ PIEMONTESE

SPECIALEArtigianato al

femminile

Stefania DoglioliCentro Studi Donne in rete,Torino

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 35

Page 38: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

36

Nei paesi cosiddetti ricchi la situazione è diver-sa nel senso che non c’è molta differenza tra ilmicrocredito femminile e maschile dal punto divista dell’accesso numerico a questa risorsa, mapermangono le considerazioni sull’importanzadi questo strumento per le donne in quantocostituiscono una parte debole sul mercato dellavoro.In un volume curato da Marcella Corsi vengo-no raccolti una serie di contributi sul tema del-l’esperienza di microcredito nei paesi delMediterraneo, traendo spunto da una ricercapromossa dalla Fondazione Risorsa Donna inoccasione dell’Anno Internazionale delMicrocredito (2005).

A parte le ovvie differenze che si riscontranonelle diverse aree e che dimostrano come nonsia possibile una gestione anche di interventiteoricamente semplici come il microcreditosenza adeguarne le regole e i meccanismi allerealtà locali, emerge un giudizio sostanzialmen-te positivo sia dai dati relativi ai risultati delmicrocredito, sia nei giudizi direttamenteespressi dalle donne intervistate.Un risultato diverso sembra emergere in rela-zione ai risultati relativi agli effetti sull’empo-werment degli interventi di microcredito.I risultati sono contraddittori e in parte delu-denti rispetto alle aspettative del gruppo diricerca, giacché in molti casi appaiono (special-mente in Europa) casi di empowerment negativo.In realtà, come viene anche rilevato nel volu-me, la cosa non deve stupire: infatti è moltodifficile isolare il ruolo del microcredito rispet-to ai numerosi fattori che possono aver influen-zato e reso in qualche modo inefficace il micro-credito stesso. Dalla ricerca, per esempio, sembra emergerecome rilevante limite all’efficacia del microcre-dito la relazione tra lavoro domestico e lavoroesterno delle donne.Un altro aspetto va però messo in luce e ricalcala relazione fra sviluppo economico e svilupposociale. L’effetto traino dello sviluppo econo-mico rispetto allo sviluppo sociale, anche seancora molto caro specialmente agli economi-sti, è da molte parti messo seriamente indiscussione. Di conseguenza anche il microcre-dito, sebbene per sua natura sia accompagnatoanche da meccanismi che investono la sferasociale, ha indubbiamente un aspetto prevalen-te di intervento nel campo economico.Aspettarsi un semiautomatico feedback incampo sociale può risultare illusorio: ciò natu-ralmente non vuol dire che sia inefficace o

addirittura inutile, vuol solamente dire che vi sidebbono accompagnare e combinare interventiche investano direttamente gli aspetti sociali,normativi e culturali. Interventi in questi campi sono ovviamente piùcomplicati o addirittura in alcuni casi possonoessere pericolosi, specialmente quando si trat-tano problemi di genere.Sul territorio piemontese le esperienze dimicrocredito sembrano interessare maggior-mente soggetti migranti e sarebbe davverointeressante indagare correttamente la genesidi questo fenomeno.

Le esperienze sul territorio da unaricerca della camera di commerciodi Torino

Almaterra – il microcredito per le donne, rivol-ta alle socie dell’associazione, italiane e immi-grate, ha due finalità:1. iniziare o allargare una piccola attività auto-noma produttrice di reddito; gli interventi sonoal massimo di 5 mila euro.2. realizzare spese improvvise e urgenti; gliinterventi vanno da poche centinaia di euro aun massimo di 3 mila euro.La socia presenta la domanda, l’associazioneprocede a un’istruttoria che passa al comitato digestione di “Finanza Etica”. La restituzione èpensata in base alle possibilità della donna chechiede il microcredito. Almaterra svolge una funzione di garante neiconfronti di Finanza Etica.Per quanto riguarda il microcredito scolasticocome strumento per abbattere il drop out, il65% dei presidi degli istituti di scuola superio-re legherebbe i finanziamenti ai risultati scola-stici, riservandoli agli studenti più meritevoli. Il 35% dei presidi lo legherebbe alle difficoltàeconomiche, indicando il finanziamento comelo strumento utile a colmare lo “svantaggio ini-ziale, favorendo migliori risultati scolastici in unsecondo momento”. Con i criteri del reddito familiare incrociato conla media dei voti o del reddito familiare incro-ciato con la soglia minima dei voti (per esempiola sufficienza).Ruolo degli istituti scolastici: 44 su 64 istitutivorrebbero essere coinvolti in un progettomicrocredito, non solo come “consulenti”, macome “selezionatori” degli alunni da finanziare.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 36

Page 39: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

37

PASSIONEARTIGIANAAssociazioni

Michela Goi

La creatività in piazza

Itinerart, Associazione Mestieri ManualiCreativi in Piazza, compie nel 2010 il suodecimo anno di attività, ma la prima idea

del progetto nasce già tra gli anni Settanta eOttanta. L’associazione conta nel suo nucleo 40soci che lavorano vetro, cuoio, legno, ceramicao si occupano di maglieria, tessitura, gioielli.Molti sono artigiani iscritti all’albo, alcunihanno l’Eccellenza Artigiana, altri sono opera-tori dell’ingegno.Abbiamo parlato con alcuni membri del consi-glio direttivo, Erica Agazzani e CristianaZanirato, che lavorano il vetro, MarinaCostantino, tessitrice, e con il presidenteMaurizio Pittaluga, che lavora il cuoio, per farciraccontare obiettivi e iniziative dell’associazione.I membri dell’associazione non condividonosolo un mestiere ma una scelta di vita, quella difare della creatività una professione, al di fuoridi una logica produttiva in senso stretto. Unapproccio al lavoro che accomuna artigiani pro-fessionisti che vogliono uscire dall’isolamentodella propria bottega, artigiani di strada e arti-giani che hanno il laboratorio in casa.Singolarmente ciascuno può partecipare a fiere

ed eventi, ma spesso capita di trovarsi in conte-sti esclusivamente commerciali, tra bancarelledi semplici rivenditori, perché nella definizio-ne di artigiano rientra anche chi importa oassembla i propri prodotti. Né chi organizza lefiere necessariamente conosce le esigenze del-l’artigiano, lo sa valorizzare o pensa ad adegua-te strutture espositive. La forza dell’associazio-ne sta proprio nel proporre agli enti un gruppocon una propria identità, che possa essere cre-dibile come soggetto e nel contempo connota-re l’evento così da evidenziare realmente lecaratteristiche dell’artigianato creativo di fronteal pubblico. Itinerart, infatti, ha vinto il concor-so del Comune di Torino per diventare sogget-to accompagnatore, ovvero per organizzare escegliere i partecipanti del mercatino che sitiene la prima domenica di ogni mese in viaCesare Battisti. E i prossimi progetti da realiz-zare con il Comune sono due “speciali”, uno suvetro e ceramica e uno sulla moda.Va sottolineato che l’esperienza dei mercatinon è una mera occasione di vendita, masoprattutto un modo per mostrare in che cosaconsista davvero un oggetto d’artigianato, con

L’esigenza di dare coesio-ne agli artigiani chevogliono uscire in piazzanon è soltanto una realtàlocale, Itinerat infatti è col-legata alla rete nazionaleArmesma, AssociazioneNazionale Arti e MestieriManuali creativi in Strada,formata da associazioniche intendono scambiarsile piazze ed esporre fuoridalle proprie regioni. Econ Armesma, è stataorganizzata la prima mani-festazione nazionale: il 21maggio presso la salaconferenze della BibliotecaNazionale Universitaria,via Carlo Alberto 3, si èsvolto un convegno sul-l’artigianato dal titolo “Artia mano e creatività: unaproposta per il futuro”, incollaborazione con ilMinistero per i Beni e leAttività Culturali. Il 22 e23 maggio, in via CesareBattisti, ha avuto luogo unmercato dove si sono riu-niti circa cento banchi datutta Italia.

Per informazioni:www.armesma.it

La manifestazione dell’8marzo a Eataly.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 37

Page 40: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

38

Dall’alto.Laboratorio dimostrati-

vo sulla lavorazionedella ceramica raku.

Il mercatino di via Ce-sare Battisti.

Laboratorio dimostrati-vo sulla tecnica del

mosaico.

Un laboratorio interatti-vo per bambini per co-struire giochi in legno.

la sua unicità e la sua qualità esecutiva, tantopiù necessario in un momento di crisi genera-lizzata degli acquisti e in un mondo in cui ilpubblico si trova sotto gli occhi per lo piùoggetti prodotti in serie. A questo scopo i mer-catini di Itinerart prevedono laboratori dimo-strativi e interattivi per bambini, così da tra-smettere non soltanto la consapevolezza delletecniche del lavoro manuale ma anche il gustodi provare e imparare. La passione per l’insegnamento si rivela unpunto chiave di queste professioni, una caratte-ristica naturale per mestieri che non sono impo-stati sulla pura volontà di vendere e devonosopperire al venir meno dei meccanismi padre-figlio con cui un tempo si trasmettevano i sape-ri e la passione.L’importanza di un’associazione come Itinerartconsiste anche nel far capire le proprie esigen-ze dal punto di vista fiscale. Le piccole produ-zioni non possono e non vogliono identificarsicon la grande imprenditoria, ma a queste condi-zioni è quasi impossibile trovare una posizionefiscale adeguata che concili gli studi di settorecon le esigenze di chi vive della propria creati-vità e non può impostare la produzione sull’in-cremento continuo dei guadagni. Non solo: le iniziative promosse necessitereb-bero di finanziamenti per i tempi e i costi cherichiedono a organizzatori e partecipanti, cosìcome i servizi di formazione e avviamento allavoro, perché presso l’associazione si trovanoistruzioni sulla normativa vigente e chi si avvi-cina al lavoro artigiano può confrontarsi con col-leghi più esperti.

Per circostanze del tutto casuali, il giorno in cuiho conosciuto personalmente alcuni membridell’associazione è il 6 marzo, nel corso di unmercatino organizzato per la festa della donnanella piazzetta di Eataly, in cui espongono soloartigiane. A questo punto non c’è quasi bisognodi chiedere come l’associazione si ponga rispet-to alla questione della donna: l’associazione hauna forte componente femminile e il consigliodirettivo è totalmente composto da donne(oltre alle persone già ricordate, del consigliofanno parte anche Graziella Arnaud, settore ali-mentare, Monica Casa, vetro Tiffany, eFiorenza Poncino, ceramica terzo fuoco).Impossibile, quindi, che si riscontrino problemilegati al genere.Così il lavoro di questi artigiani si dimostra,oltre che sostenibile, decisamente etico.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 38

Page 41: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

39

Curiosando sul social network più famosodel mondo, Facebook, mi sono imbattu-ta su un profilo che ha fin da subito atti-

rato la mia attenzione in quanto parlava di arti-gianato. Ho contattato le fondatrici del gruppo“L’Artigianato … per i maestri e per gli appas-sionati” che ho scoperto essere donne. E qualeoccasione migliore per parlare con loro, vistoche questo numero della rivista è interamentededicato alle donne? É nata una bellissimaintervista che ha fatto emergere la passione cheha mosso queste ragazze e ha reso concreta unaloro idea.

Ragazze, raccontatemi un po’ di voi.Siamo due ragazze di 25 anni che s’interessanoquotidianamente, per lavoro e per passione, aldesign, all’arte e alla moda. I nostri nomi sono rispettivamente SerenaCiarcià e René Caucasio.Serena Ciarcià: sono nata e cresciuta nella pro-vincia di Ragusa, originaria di Comiso. Ho fre-quentato, subito dopo il diploma di maturitàscientifica, il corso di Laurea in Design eDiscipline della Moda a Urbino. Tutto questoha comportato il mio trasferimento nelleMarche, dove lavoro da 3 anni presso una casadi moda marchigiana come stilista.René Caucasio: è il mio nome d’arte, anch’io diorigine siciliana, mi occupo di design d’arreda-mento, ricerco nuove tendenze e sono unadesigner freelance.

Amiamo entrambe tantissimo il nostro lavoro,ne siamo orgogliose. É il mestiere che abbiamosempre voluto fare e ne siamo molto felici.Parallelamente coltiviamo la nostra passioneper l’artigianato e per gli antichi mestieri.Avendo entrambe un lavoro full-time (di cui,ribadisco, siamo fiere), ci dedichiamo al nostroprogetto comune sull’artigianato nei ritagli ditempo e nei weekend.

Com’è nato il vostro approccio al mondo del-l’artigianato?Siamo appassionate di artigianato da sempre,seguiamo da anni l’attento lavoro di alcuninostri conoscenti che operano nel settore.Amiamo la cura dei dettagli, l’originalità di unpezzo unico, l’armonia artistica che può creareognuno con il proprio stile, la manifatturaeccellente, il poter creare con le proprie manivere opere d’arte. Grazie anche al nostro lavoroabbiamo sviluppato nel tempo un amore parti-colare per le armonie di colori e volumi.

Cosa vi ha spinto a creare questo gruppo suFacebook?Il nostro obiettivo è quello di promuovere l’ar-tigianato, facilitare i contatti fra artigiani e pos-sibili acquirenti, avvicinare sempre più gliappassionati del settore alle tecniche e aimanufatti meravigliosi che sono racchiusi inquesto settore; rendere pubblico ciò che oggi èdiventato per svariate ragioni “invisibile”. Ciriferiamo in particolare ad antichi mestieri chehanno portato in alto i termini di stile, qualità,creatività, ingegno. Tali mestieri sono assorbitidall’immaginario collettivo odierno come pro-fessioni non più attuali, ormai in disuso, perchéil Novecento, come sappiamo tutti, ha anchecreato il mito dell’industrializzazione, dellaproduzione in serie. Si è ormai quasi del tuttoperso ciò che prima era l’originalità segnata amano in ogni oggetto. Siamo convinte che gliartigiani nascosti dentro le loro piccole botteghe,dietro ai banconi di bancarelle vaganti per lecittà meritino di più. Si avverte sulla pelle, oggi,la necessità di trovare qualcosa di originale, diautentico, di meno macchinoso e più naturale.

PASSIONEARTIGIANA

Artigiane in Rete

Silvia Quaranta

L’Artigianato... per i maestri e per gli appassionati

A sinistra.Serena e René, fondatrici suFacebook del gruppo “L’Arti-gianato... per i maestri e gliappassionati”.

Dall’alto.Il logo del gruppo.

La locandina pubblicitaria.

Un’artigiana iscritta al gruppo:Nicoletta Quintino, scenografae pittrice.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 39

Page 42: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

40

Come avete messo in pratica la vostra idea?Da subito abbiamo capito che per fare bene ciòche avevamo in mente e partire col piede giu-sto avevamo bisogno di qualcosa di grande. E lostiamo costruendo giorno per giorno. Il proget-to (per ragioni di natura burocratica) a brevepartirà e potremo renderlo pubblico. Con lasperanza che questo possa aiutare tanta gentein gamba! Nell’attesa, impazienti, qualche set-timana fa abbiamo deciso di creare un grupposul social network Facebook per cominciare aconoscere meglio coloro che diventeranno poi iprotagonisti del nostro progetto!Abbiamo scelto il nome “L’artigianato… per imaestri e per gli appassionati” perché il tema dibase deve essere appunto l’artigianato e perchési propone di abbracciare sia i professionisti(maestri), sia gli hobbisti (appassionati).

Quanti sono attualmente gli utenti?Nel giro di pochi giorni i membri del grupposono cresciuti tantissimo. A oggi siamo più di3.000 persone racchiuse in un’unica pagina.

In che modo partecipano?Sono tutti molto partecipi alle iniziative, propo-sitivi, curiosi e attenti! Tutti con una granvoglia di farsi avanti, di mostrare i propri lavori,di rendere pubbliche le proprie creazioni. Nonc’è un solo giorno in cui la bacheca resti vuota.Ogni giorno sono presenti nuove attività inte-ressanti, nuovi spunti creativi, centinaia di fotodelle nuove creazioni dei membri, consigli,opportunità per partecipare a concorsi, e moltoaltro. Talvolta qualcuno ci presenta opportuni-tà di lavoro per alcuni artigiani membri delgruppo e noi, ovviamente, siamo felici di poterfare da tramite regalando ad alcuni di loro que-sta piacevole sorpresa.Ciò che riescono a fare è incredibile. Noi nesiamo entusiaste! Le loro storie, i loro vissuti, iloro manufatti preziosi o delle volte spiritosi edivertenti ogni giorno ci danno la carica permigliorare il nostro progetto per loro. Abbiamoun ottimo rapporto con tutti i membri, un rap-porto di rispetto, curiosità e stima reciproca, incui la gentilezza e la cordialità non mancanomai. Ci rendiamo così conto che ciò che stiamofacendo, ciò che vogliamo portare avanti è dav-vero qualcosa d’importante, che merita l’atten-zione e la partecipazione di tutti.Siamo tanto orgogliose di loro, hanno una forzaincredibile, sono tutti originali nella loro creati-vità personale!

Come si svilupperà il progetto nato suFacebook?A breve il progetto sarà pronto a partire e final-mente potremo invitare tutti i membri delgruppo e della fan page, nonché chiunque siainteressato a partecipare attivamente.Capirai bene che non possiamo spiegartene neldettaglio lo sviluppo perché non vogliamo rovi-nare la sorpresa a nessuno. Ormai è quasi tuttopronto e a tempo debito saremo liete d’invitar-vi, fornirvi le spiegazioni dovute e risponderead altre domande.

Avete in mente altri progetti?Abbiamo già in mente un terzo step. Un gran-de evento che possa contenere tutti. Ma èancora in stato embrionale e necessita non solodi tanto lavoro ma anche dell’aiuto di enti terzi.Ne riparleremo più avanti. Al momento lenostre forze si concentrano sulla messa in attodel progetto di cui ti abbiamo parlato.

Avete avuto difficoltà, come donne, nell’ap-proccio con l’artigianato?Finora il nostro è stato un lavoro fluido, stimo-lante sotto vari punti di vista e molto creativo.Le nostre idee per migliorare il progetto sonoin continua evoluzione e questo per noi è moltoimportante perché ciò vuol dire che c’è unabuona dose di sensibilità e capacità interpreta-tiva verso il prodotto in questione.Probabilmente in futuro ci farebbe comodo ilsupporto di sponsor che ci aiutino ad averemaggiore visibilità, ma al momento è ancorapresto per poter immaginare quali problemati-che potremo riscontrare.

Questo è stato il mio incontro con René eSerena. Vi terremo aggiornati qualora ci fosserosviluppi in merito al progetto. Nel frattempo, se siete interessati, potete visi-tare il loro gruppo su Facebook ai seguenti link:gruppo: http://bit.ly/artigianato1fanpage: http://bit.ly/artigianato2

Dall’alto.Elvira Riso,

creatrice di gioielli-bijoux.

Marina Surdo, creatrice di og-getti unici da regalo in pasta di

mais, fimo e prosculpt.

Marta Mangos, pittrice.

Monica Silva, fashion designer.

A destra.Ilaria Anselmi, Maestra D'Arte in oreficeria, scenografa.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 40

Page 43: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

41

ARTIGIANIINSOLITI

Arte di pietra

Silvia Quaranta

Veronica Prampolini, accantoalla sua passione per l’artigia-nato, dedica il restante tempolibero al sostegno delle donneaffette da endometriosi tramitel’Associazione APE Onlus, cheda cinque anni si occupa difare informazione creandoconsapevolezza su questapatologia femminile così diffu-sa ma anche così poco cono-sciuta. Nata nell’ottobre 2005da un gruppo di donne conesperienza di endometriosivissuta in prima persona, conl’obiettivo di diffondere infor-mazioni e conoscenza sullamalattia e cercare di ottenerediritti e riconoscimento daparte degli enti governativipreposti. L’associazione A.P.E.è aperta a tutti, uomini edonne coinvolti direttamente oindirettamente con la malattia.Per saperne di più potete visi-tare il sitowww.apeonlus.info

Veronica Prampolini è un’artigiana diReggio Emilia per passione, dipingeresassi per lei è un hobby nato per caso,

che però con il passare del tempo è divenutoun secondo lavoro.Tutto è nato quella volta che raccolse un sassodi fiume e mai avrebbe immaginato che quelsemplice gesto sarebbe stato l’inizio di qualco-sa che ancora oggi, a distanza di dieci anni, con-tinua a fare.Così ha cominciato a raccogliere sassi di mare,lisci e levigati, sassi di fiume, ruvidi ma dalleforme curiose e irregolari e addirittura sassidelle rotonde stradali o delle fioriere dei centricommerciali.È la forma del sasso che le suggerisce cosadipingere.Quando li guarda lei non vede “sassi” ma tarta-rughe, coccinelle, gattini, cagnolini, carote, fra-gole, pomodori, zucche, cestini di fiori.Solitamente non interviene sulla forma delsasso, è sufficiente lavarlo bene, togliere leincrostazioni e i residui di terra con una spazzo-la sotto il getto dell’acqua corrente e dipinger-lo usando colori acrilici, che sono inodori emolto coprenti. A sasso ultimato spruzza unospray fissante per colori acrilici a base d’acqua,o di tipo opaco o lucido.

Le sue composizioni colorate diventano bom-boniere per battesimi, matrimoni e cerimoniein genere, presenti per feste di compleanno,segnaposti da tavola, calamite, ciondoli e tuttociò che le suggerisce la fantasia.In passato cercava il contatto con la gente, par-tecipando ai mercatini di artigianato artisticoorganizzati dalla sua città, Reggio Emilia.Adesso attraverso il suo sito internet viene con-tattata da chi ama regalare creazioni personaliz-zate, ed essendo un hobby, riuscire a ritagliaredel tempo libero dal lavoro e dalla famiglia nonè un’impresa facile.Pur non essendo un’artigiana per professione,la passione per ciò che fa si percepisce da comedescrive in modo amorevole le sue creazioni,interpretando la forma del sasso e dandoglinuova vita.Guardando le foto, non si può non rimanerecolpiti dalla precisione con la quale dipinge,facendo emergere espressioni e caratteristichedei suoi soggetti. Non solo dipinge seguendo ilsuo istinto o un’ispirazione, ma alle volte dipin-ge soggetti su richiesta o anche ritratti di ani-mali sulla base delle foto ricevute dai suoiclienti.

I sassi sono presenti nella sua quotidianità,sulla sua scrivania che è il suo angolo creativo,sul tavolo della sua cucina, in balcone, in mac-china, in ufficio e a volte persino in tasca.Questo è il vero significato dell’artigianato,essere mossi dall’amore per ciò che si fa.È artigiano anche colui che non svolge questomestiere di professione, ma che realizza operecon passione e devozione, e nel caso diVeronica regalando sorrisi alla gente.

Una tela di pietrawww.verosassi.it

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 41

Page 44: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 42

Page 45: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

Parlando di artigianato, si affronta spesso ilnodo problematico della trasmissione deisaperi ai giovani e il pregiudizio diffuso

che il lavoro artigiano si limiti a ricalcaremestieri del passato da tutelare come specie invia d’estinzione.La Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte diMilano ha scelto di fare da ponte tra l’artigiana-to d’eccellenza e il mondo della formazione,con un aggiornamento costante sugli sviluppipiù attuali dei cosiddetti mestieri d’arte.L’ambito in cui si muove la fondazione, infatti,è quel settore che mette in gioco caratteristicheprettamente artigianali, come la produzione dioggetti dotati di una loro funzione, e connota-zioni artistiche quali la preziosità e il numerolimitatissimo nella produzione.La fondazione nasce a Milano nel 1995 pervolere di Franco Cologni, fondatore della primafiliale di Cartier nel 1969, dal 2002 amministra-tore della Compagnie Financière RichemontSA, che ha assorbito la maison, e fondatoredelle scuola milanese di design CreativeAcademy.Sul fronte dei giovani, grazie alla fondazione imestieri d’arte diventano parte del percorsoformativo universitario: nel 2009/2010 è stataistituita la cattedra di Sistemi di Gestione deiMestieri d’Arte presso il corso di laurea magi-strale in Economia e Gestione dei BeniCulturali e dello Spettacolo dell’UniversitàCattolica del Sacro Cuore di Milano. In contesto non accademico è nata invece lacollaborazione con RE.T.I.C.A., ReteTerritoriale per l’Innovazione della CreativitàApplicata, grazie alla quale l’approccio aimestieri avviene tramite lo strumento dei

laboratori: sperimentando attivamente la pro-pria manualità, i giovani possono scegliere con-sapevolmente una professione.Per diffondere una maggiore conoscenza deimestieri d’arte, la fondazione propone anchedue collane. Nella divulgativa “Mestieri d’ar-te” si trovano monografie relative ai singolimestieri, tra cui l’orologiaio, l’incisore di mone-te, il tipografo, il costruttore di monete e altroancora, e accanto all’inquadramento storico nonmanca l’attenzione alle prospettive occupazio-nali odierne.Dal 2000 la collana scientifica pubblica i risul-tati delle ricerche e gli atti dei convegni delCentro di ricerca Arti e mestieri, fondato nel1997 in collaborazione con l’UniversitàCattolica e attivo sulle tematiche dell’artigiana-to eccellente lombardo ma anche europeo.L’ultimo volume pubblicato è Mestieri d’arte eMade in Italy. Giacimenti culturali da riscoprire, acura di Paolo Colombo con Alberto Cavalli eGioachino Lanotte, Venezia, Marsilio Editori2009, volto ad analizzare le prospettive produt-tive dei mestieri tradizionali in opposizione allelogiche sempre più stringenti del trasferimentoall’estero delle lavorazioni.Nuovi interessanti progetti sono in programmaper il 2010.Il 19 aprile sarà presentato il volume di AndreaBranzi Ritratti e autoritratti di design, Venezia,Marsilio Editori, in cui il famoso designer pre-senterà le biografie dei grandi maestri deldesign italiano anche attraverso la propria espe-rienza pluridecennale nel settore. Il libro costi-tuirà un’efficace panoramica sulla storia deldesign e farà il punto su ciò che questa profes-sione è oggi, attraverso un punto di vista privi-legiato.Il biennio 2010/2011 prevede la seconda edi-zione del premio giornalistico “BenvenutoCellini”, la cui prima edizione si è tenuta nel2008/2009, mirato a premiare i migliori articoli,servizi radiotelevisivi e reportage fotograficiche abbiano come tema i mestieri d’arte.Il 2011, invece, vedrà la pubblicazione deglistudi del Centro di ricerca sulla storia delleEsposizioni universali dalle origini nel 1851fino all’edizione di Shanghai 2010.

43

ARTIGIANATOIN ITALIA

Associazioni

Michela Goi

ARTIGIANATO D’ECCELLENZA IN LOMBARDIA

La Fondazione Cologni

Nelle immagini vi proponiamoalcuni maestri d’arte che col-laborano con la FondazioneCologni.

A sinistra.Interno della Bottega d’arteCeramica Gatti, di DavideGatti, una storica bottega diFaenza nata all’inizio del No-vecento.

A destra.Particolare di un ricamo rea-lizzato nell’atelier di PinoGrasso. Grasso realizza dacinquant’anni ricami per l’altamoda e il prêt-à-porter.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 43

Page 46: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

a cura della Redazione

DONNE ARTIGIANELa passione per le “cose”

44

Il negozio di Elisabetta Rebuschi sorprendeper la sua varietà. Vi si trova bigiotteria eoggettistica di ogni tipo per abbellire la pro-

pria casa, ma soprattutto si scoprono tutte letecniche per creare o decorare oggetti e mobililasciando emergere la propria vena creativa.Una passione di lunga data per la pittura e lamanualità hanno condotto Elisabetta Rebuschiad acquisire le diverse competenze nell’ambitodelle decorazioni creative che oggi trasmettegrazie a dimostrazioni e corsi che si tengono nelnegozio, dove naturalmente si possono acqui-stare tutti i materiali necessari. Per chi voglia fare da sé i propri gioielli ci sonocorsi di bigiotteria che insegnano a utilizzaremateriali come corda, pietra e cristalliSwarovski, e si può imparare anche la tecnicamiyuki, che permette di realizzare bracciali diperline colorate con disegni geometrici.Sarà soddisfatto anche chi ama la pittura.Grazie allo stencil, infatti, si può dipingere conmascherine traforate di diversa forma perdecorare stoffa o altri tipi di supporti, oppurerealizzare decorazioni in rilievo con appositepaste. Con le lezioni di country painting, di tradizio-ne nordeuropea e americana, si impara a dipin-gere soggetti graziosi e naif senza bisogno diparticolari abilità disegnative: si trasferisce ildisegno desiderato per esempio su una cornice,

dopodiché si riempiono le campiture con colo-ri vividi e uniformi.Con il découpage si possono rivestire scatole,vasi o altro con carte colorate e decorate. Unadelle possibili applicazioni prevede l’utilizzodella carta di riso, sottile, resistente e dotata diun aspetto traslucido con filamenti più opachiresiduo della lavorazione. La bellezza di questa carta risalta particolar-mente se applicata su vetro, che in questomodo somiglia quasi all’alabastro. Le tecnichedi invecchiamento consentono, invece, di dareagli oggetti una patina di antico. Lo shabby, per esempio, riproduce l’effettodella vernice usurata grazie alla sovrapposizio-ne di due strati di colore, di cui quello piùsuperficiale viene asportato in alcuni punti cosìda simulare una scrostatura naturale. Con il cra-klé, invece, si riproducono crepe e fessure checaratterizzano l’invecchiamento di legno, vetroo terracotta.In ambito anglosassone e americano è nato ilmondo dello scrapbooking, un insieme di tec-niche con cui si decora la carta, un modo perpersonalizzare biglietti o album di fotografie edare la giusta cornice ai propri ricordi.Queste sono solo alcune delle possibilità cheoffre Le cose di Elisabetta, un luogo davveroricco di stimoli per chi ama esprimersi con lamanualità o vuole imparare a farlo.

Le cose di Elisabetta

Le cose di ElisabettaVia Monferrato 15/O

Torino

Da sinistra.Elisabetta Rebuschi.

Il suo negozio.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 44

Page 47: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

Sono cinque anni che Piera Livraghi realiz-za i suoi prodotti e l’esordio della sua atti-vità è stato quasi casuale. Le capitò di fare

una sciarpa che si rivelò troppo lunga e così dal-l’avanzo nacque una borsetta abbinata. Il risul-tato era così fantasioso che fu subito moltoapprezzato in uno showroom. Ora, dopo anni dilavoro, la gamma di creazioni offerte nel nego-zio di via San Secondo è decisamente varia.In un ambiente accogliente come un salotto iclienti possono trovare borse, sciarpe, cappelli eanche cravatte, tutti tessuti a macchina dallatitolare e realizzati al massimo in due esempla-ri. Oltre agli accessori si realizzano anche coper-te tricot e lampade, di cui Livraghi disegna lastruttura e confeziona le fodere. Il negozio offreanche un servizio di rammendi su maglia.Caratteristica comune di ogni accessorio è lacreatività nelle forme, nei colori e nei materia-li. Una creatività che nasce dalla passione diinventare continuamente senza un progettoiniziale vincolante: le borse o le sciarpe si arric-chiscono di dettagli nel corso della lavorazione.I filati stessi sono personalizzati con la mesco-lanza di fili di vari colori per ottenere sfumatu-re particolari, oppure di materiali diversi, comecotone e seta, per avere una migliore consisten-za. Nel negozio si scopre anche una lavorazionedi grande effetto: per ottenere applicazioni oinserti si cuciono i filati insieme a una velina

che li riveste e che si scioglierà a contatto conl’acqua. Il risultato è un tessuto privo del con-sueto intreccio di trama e ordito, senz’altro piùdecorativo. L’unicità dei prodotti consisteanche nell’utilizzo di materiali diversi accostatialla maglia, come il cuoio punzonato, il pizzo ela carta plastificata, ma anche le pietre preziosee i cristalli Swarovski. La qualità artigianale èevidente anche nelle finiture. Per ogni borsettaè accuratamente scelta la chiusura così come lafodera, perché anche le parti meno visibilidevono dare il piacere di essere guardate a chipossiede l’oggetto. Non è tenuta in conto solol’estetica, perché le borse sono studiate neldettaglio anche per quanto riguarda gli scom-parti interni e alcune di esse contengono veri epropri beauty case. Ma le idee di Piera Livraghinon finiscono qui: ha infatti in programma diacquistare un telaio così da realizzate accessorie prodotti sempre più personalizzati.

45

DONNE ARTIGIANECreatività di maglia

a cura della Redazione

Piera LivraghiVia San Secondo68bisTorino

Piera Livraghi

Da sinistra.Piera Livraghi al lavoro nelsuo atelier.

I suoi lavori.

In basso.La vetrina.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 45

Page 48: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

46

Inegozi “Fiordipesco” della signoraFernanda Cinesini sono a Torino, in viaMonferrato ai numeri 15 e 20.

Al numero 15 c’è il piccolo laboratorio nelquale si realizzano paralumi e lampade, mentreal numero 20 si accolgono i clienti che deside-rino abbellire o rinnovare la propria casa concomplementi in stoffa, confezionati con tessutidi pregio.La signora Cinesini ha iniziato la sua attività aRoma, frequentando la bottega di un antiqua-rio, nei pressi del Pantheon. In seguito, trasfe-ritasi a Torino, ha aperto il suo negozio di lam-pade.Ancora oggi esso primeggia con le sue creazio-ni che per forma, dimensioni, originalità dei

materiali o dei supporti, eccellenza nelle rifini-ture, soddisfano le esigenze più prestigiose.Le lampade del restaurato Castello diRacconigi sono state confezionate in questopiccolo laboratorio che a buon diritto aspira all’“Eccellenza Artgiana”.Negli anni la signora Cinesini ha collaboratocon numerosi architetti e ha realizzato progettidi grande importanza, tra i quali i tendaggi peril casinò di Saint-Vincent e per numerose resi-denze in Costa Azzurra, in Valle d’Aosta eParigi. Tutti i lavori dei negozi Fiordipesco sono unici,costruiti artigianalmente per ciascun cliente.La signora Fernanda guida, con il suo gusto, lescelte fra i tessuti di Pierre Frey, Rubelli,Fischbacher, Dedar, Colefax e Waverly, realiz-za divani, poltrone, tendaggi, copriletti e para-lumi armoniosamente composti in ambientieleganti.

a cura della Redazione

DONNE ARTIGIANECose preziose Fior di pesco

Fior di PescoVia Monferrato 20/A

Torino

In alto.Fernanda Cinesini con le

sue creazioni.

In alto. A destra.Fernanda Cinesini con la

sua collaboratrice.

In basso. A sinistra.Alcune lampade.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 46

Page 49: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

L’Agenzia Formativa E.G. Ghirardiaffonda le sue radici nella scuola orafafondata nel 1904 dal cavalier Ghirardi.

Oggi l’istituto si rivolge in particolare al settoredell’obbligo scolastico, con un triennio e bien-ni integrativi. Da dieci anni sono state istituiteanche due specializzazioni post diploma: i corsiper Tecnico di produzione accessorio d’ambito,in cui si imparano le tecniche di lavorazione didiversi materiali (tessuto, resina, metalli, legnoe altro) e Tecnico stile e design, che prevedeuno stage. Per l’area della Formazione continua a doman-da individuale esistono corsi serali focalizzati inparticolare sull’oreficeria. L’istituto collaborainoltre con alcune scuole superiori, tra cuil’Istituto d’Arte A. Passoni e il Primo LiceoArtistico con percorsi per le disabilità e orienta-mento per l’ultimo anno. L’orientamento vienesvolto anche nelle scuole medie attraverso uncorso di design per rendere meno teorici imetodi tradizionali.Le vetrine della scuola mostrano i lavori degliallievi, chiamati a realizzare un oggetto specifi-co ma assolutamente liberi sui materiali daimpiegare. Si vedono allora portabottiglie inlegno o metallo con intarsi diversi, borsette rea-lizzate dalla fodera alle finiture con chiusure oapplicazioni in resina, lampade in vetro lavora-to. Si tratta di realizzazioni estremamentediverse tra loro accomunate però dall’attenzio-ne per il momento progettuale.

Fin dalle origini, l’istituto ha insegnato la curaper la fase disegnativa e conserva ancora oggiun vasto archivio di disegni, fin dall’epoca incui gli orafi torinesi erano incaricati di realizza-re le repliche dei gioielli di casa Savoia dadonare alle delegazioni straniere in visita allacittà.L’inserimento lavorativo degli allievi è del97%, anche perché la politica della scuola èquella di professionalizzare gli allievi anticipan-do le esigenze del mercato. E al momento ilsettore predominante è quello dell’accessoriopersonalizzato, categoria in cui non si includesolo quello tradizionalmente inteso, legato allamoda, ma che più in generale comprende lefiniture di tutti i prodotti di alta qualità. Unacomponente su cui il “made in Italy” investesempre di più per vincere la concorrenza e dif-ferenziarsi. Per questo occorre, per il nuovoartigiano, saper affrontare le lavorazioni legateai materiali più disparati, così da poter lavorareanche in settori quali la nautica e l’automotive.L’istituto Ghirardi ha anche promosso la nasci-ta del progetto “Work no work”, un incubatoreformativo che ha la sua sede un’ex area indu-striale dismessa di Borgaro. Qui si potrannoincontrare gli allievi più meritevoli della scuo-la, gli artigiani e i professionisti in genere perscambiarsi esperienze e competenze, in unospazio che sarà al contempo una vetrina e unospazio per sperimentare.

47

FORMAZIONEScuole d’Arte

a cura della Redazione

Istituto Orafi Ghirardi

Agenzia FormativaE.G. GhirardiScuola orafi Via San Tommaso 17Torinotel. [email protected]

In alto.Alcuni lavori in fase di ese-cuzione presso l’agenziaformativa Ghirardi.

In basso.Un anello realizzato dagliallievi.

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 19:59 Pagina 47

Page 50: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

48

NEI PROSSIMI NUMERISPECIALE ARTIGIANI SUL WEB

I DIECI ANNI DELLA RIVISTA CAPODOPERATUTTI I SETTORI DELL’ECCELLENZA ARTIGIANA AD ARTÒ

I contribuenti che desiderano destinare il 5 PER MILLE allʼAssociazione Scuole Tecniche San Carlo possono indicare il Codice Fiscale 07585390011nellʼapposita casella della dichiarazione dei redditi dellʼanno 2009

PUBBLICHI I SUOI PRODOTTI NEL NUOVISSIMO CATALOGO WEB !PER L’ AZIENDA

- Il catalogo completo dei suoi prodotti e servizi a un prezzo molto conveniente rispetto alla stampa tradizionale.- Possibilità di diffusione di gran lunga superiori al prodotto stampato.- Il catalogo web sarà di vostra proprietà. Non ci sono scadenze e potrete inserirlo liberamente su tutti i siti che

riterrete opportuni e inviarlo via e-mail a tutti i vostri contatti. - Se avete un sito web il vostro catalogo potrà collegarsi direttamente alla vostra home page o alla pagina che

desiderate.- Si possono inserire tutte le pagine che si desiderano.- É sufficiente fornirci un semplice file PDF.

COSA PUÒ OFFRIRE AI SUOI CLIENTI- Facilità di consultazione con pagine sfogliabili virtualmente.- Possibilità dʼingrandire o rimpicciolire le pagine.- Visualizzazione a pieno schermo.- Possibilità di stampare le pagine desiderate.- Ricerca automatica del testo allʼinterno del catalogo.- Possibilità di inserire i segnalibri nelle pagine che si desidera rivedere.

UN ESEMPIOhttp://nadiacamandonaeditore.to/cdo/26/ oppure http://nadiacamandonaeditore.to/cdo/28/Digitando questi indirizzi si può sfogliare la rivista Capodopera che utilizza tutte le funzionalità sopra descritte.

PREZZI: a partire da 90,00 €I prezzi variano a seconda del numero di pagine che si vogliono inserire e se si forniscono o meno i files già impaginati e trasformati in PDF.

CONTATTATE I NOSTRI UFFICI PER UN PREVENTIVO GRATUITO:tel. 011/23416460 - 23413523 cell. 349/5250237 fax 011/09652268 e-mail: [email protected]

Strada Volvera, 21 - 10043 Orbassano (TO)

CAPODOPERA 28.qxd:Layout 1 18-05-2010 20:00 Pagina 48

Page 51: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

COPERTINA28.qxd:Layout 1 13-09-2010 12:02 Pagina 3

Page 52: Capodopera | n° 28 | Maggio 2011

In c

aso

di m

anca

to re

capi

to re

stitu

ire a

llʼuf

ficio

di C

.M.P.

C.R

.P. T

O NO

RD V

ia C

ebro

sa, 5

- 10

136

Setti

mo

T.se

(TO)

, per

la re

stitu

zione

al m

itten

te c

he s

i im

pegn

a a

paga

re la

rela

tiva

tarif

fa

COPERTINA28.qxd:Layout 1 13-09-2010 12:02 Pagina 4