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ALICE BUOLI

OLTRENEBBOLTRENEBBIAIA

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Custodisco gelosamente la mia infanzia. Non la dimenticherò mai, come non scorderò le persone che l'hanno fatta esistere.

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Parte Prima

Seamròg

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Alice Buoli OLTRENEBBIA

1 sempre la solita storia- Bianca!… Bianca! Aprì la finestra.- Bianca!… Bianca! Oh, no… ci risiamo. Nel viottolo non c'era nessuno. - Deve smetterla di allontanarsi senza dirmi niente. Questa è proprio l'ultima volta.

***

Immerso nel verde irlandese c'era un piccolo villaggio fatto di casette di legno e di botteghe artigianali. C'era inoltre, ai piedi della collina, una scuola graziosa colorata di un rosso vivace e sanguigno, frequentata dai pochi bambini che vivevano nel villaggio. Il tetto ricavato dal tronco di betulla risaltava in modo particolare tra il paesaggio, così come l’intero edificio, che spezzava la monotonia della veduta. Nella scuola di Seamròg (Scimrog) gli alunni imparavano a leggere e a scrivere in irlandese, studiavano la geografia, la storia e la musica. In un'accogliente casetta, al limitare del villaggio, viveva Bianca.Bianca era una minuta bambina dal visino rosato e dai deliziosi capelli castani, che sotto il sole d’Irlanda parevano fili dorati. I suoi genitori erano irlandesi. Il suo adorato nonnino invece era un avventuriero italiano, giunto in Irlanda nel mezzo della giovinezza. In questa terra, da lui sconosciuta, incontrò Rosie, una splendida fanciulla dai capelli lunghi e mossi color miele, e subito se ne innamorò. Per lei abbandonò la vita di mare, i compagni di mille avventure e la sua “Dea dei venti”, la caravella costruita dopo lunghi anni di lavoro. Dalla bellissima nonna Bianca non aveva ereditato granché, tranne un simpatico nasino all’insù e la golosità per i lamponi. Portava sempre i suoi sandali preferiti, di colore marrone, sui quali erano ricamate a zig zag delle foglie d’edera. Indossava un grembiulino bianco sopra una gonna rossa e una camicetta di un tessuto grezzo che ricordava il lino. Le piaceva giocare con il suo gatto Pantofola, un batuffolo di pelo bianco e rosso dai lunghi baffi e dalla coda paffuta. Giocavano vicino al bosco dell’Oltrenebbia, un luogo chiamato così perché circondato da una fitta nebbia oltre la quale nessuno aveva mai osato andare. I suoi genitori non volevano che andasse in quel posto: vi erano strane leggende tramandate dai vecchi saggi del villaggio. Si raccontava che nel cuore della foresta ci fosse la “Fossa del Diavolo”, una grande voragine che inghiottiva ogni cosa. E si diceva che al suo interno vi abitassero nove streghe. Ogni anno, nella notte dei morti, le megere tornavano sulla terra e rapivano dei bambini da portare come dono al Male in persona. Sceglievano bene le loro vittime…dovevano essere bambini CATTIVI!- Sempre la solita storia! - ripeteva annoiata Bianca ai genitori assillanti.

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Nascevano così dibattiti che non servivano a nulla, perché alla fine Bianca faceva sempre di testa sua e le parole dei genitori le entravano da un orecchio e le uscivano dall’altro.Intanto il tempo passava e le passeggiate nei pressi dell’Oltrenebbia diventavano sempre più frequenti, finché un giorno…Il sole stava tramontando dietro le colline. Bianca decise che era ora di tornare a casa.Il villaggio in tutto il suo splendore brillava di una calda luce arancione e la sua casetta vicino al calzolaio era più bella che mai. La bambina sostò per un attimo davanti alla porta, prese in braccio Pantofola che quel giorno non l’aveva seguita ed entrò in casa.

2 a casaLa mamma non c’era e Tommy stava piangendo. Bianca salì le scale di fretta, entrò nella sua cameretta e mise sul letto Pantofola. Poi prese in braccio il bambino che cullato tra le sue braccia smise di piangere e si riaddormentò. Il piccolo Tommy aveva un viso dolce e sereno; le sue guanciotte rosse sembravano delle pesche mature, delicate e vellutate. Aveva i capelli biondi cortissimi che facevano una buffa cresta sulla testa. Le labbra appena socchiuse respiravano l’aria con leggerezza e le manine paffute, che uscivano appena dalle coperte, sembravano di porcellana.Bianca contemplava il fratellino. Ad un tratto il suo sguardo, attirato da un insolito rumore, si spostò sulla finestra che dava sul retro, dalla quale si potevano vedere l’orto e il pollaio. Una sagoma scura avanzava verso la porta del piccolo edificio.Era la mamma che, raccolte le uova per la cena, si affrettava a tornare in casa.La bambina scese in cucina e iniziò ad apparecchiare la tavola: prese la tovaglia a quadretti rossi, i piatti e i bicchieri in legno, dimenticandosi dei tovaglioli che aveva cucito la nonna. Mentre li andava a prendere, sentì la porta posteriore aprirsi. Quel giorno la mamma indossava una gonna verde.- Dove sei stata tutta la giornata? - A giocare! - rispose Bianca.- Dove? La mamma sembrava seccata.- Vicino al bosco. La bambina abbassò lo sguardo. Sapeva che da lì a poco la mamma sarebbe sbottata. Iniziò a piangere.

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- Ti avevo detto di non andare in quel brutto posto, possibile che tu non capisca? Te le ho raccontate decine di volte le leggende sull’Oltrenebbia e tu ti ostini a non ascoltarmi! Lascia solo che parli di questo a tuo padre e … forse allora capirai. Bianca si asciugò le lacrime. Non poteva fare nulla, aveva disobbedito ai genitori e suo padre non l’avrebbe solo sgridata. Corse in camera e si sdraiò sul letto. Con la manina accarezzava Pantofola: sentiva il morbido pelo sotto il suo palmo, le piaceva sprofondare con le dita in quel soffice mantello.- Ah, Pantofola, come vorrei essere libera di andare ovunque! Sarebbe bello rotolarsi per terra, come fai tu, senza paura di sporcarsi… e di essere sgridati! Chiuse gli occhi e si addormentò.Suo padre era appena rientrato a casa dopo una giornata di lavoro e sembrava molto stanco. Si grattò la folta barba bruna. - Dov’è Bianca? - chiese alla moglieNessuno rispose.- Ne ha combinata una delle sue, vero? - disse in tono non troppo scherzoso.- Sì. - Spiegati.- E' andata di nuovo a giocare vicino all’Oltrenebbia. - E tu?- E io cosa?- L’hai sgridata? - Poco fa. - E ora … scommetto che è in camera sua! La moglie non fece in tempo a rispondere che l’omone girò l’angolo e cominciò a salire le scale. Arrivato di sopra, scostò lentamente la porta. Dopo aver sbirciato nella stanza, si accorse che Bianca dormiva.Gli piaceva molto guardare la figlia immersa nei sogni. Si tranquillizzò e le mandò un bacio affettuoso.- Buonanotte piccina. Dopodiché se ne andò.

3 rosso infuocato, giallo e arancioneAl primo raggio di sole Bianca era già in piedi. Si strofinò gli occhi e fece qualche passo insicuro verso il catino. Toccò l’acqua con un dito e sentì che era gelata.- Come faccio a lavarmi? Ho già i brividi! - disse la bambina arricciando il naso.Dopo essersi vestita scese in cucina. Prese i quattro biscotti che la mamma aveva preparato il giorno prima: due li mangiò subito, gli altri li mise in cartella. Una cartella un po’ strana, fatta a sacco, con una cinghia per tracolla e tutta macchiata per colpa di Tommy e dei suoi gessetti colorati.

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Tommy era molto piccolo e i suoi disegni non avevano ancora delle forme ben precise: la mamma amava definirli opere d’arte, per Bianca non erano altro che segni indecifrabili.La borsa era ugualmente graziosa e a lei piaceva così, unica nel suo genere.Se la gettò sulle spalle e s’incamminò verso la scuola. Cantava e pensava allo stesso tempo. Pensava all’Oltrenebbia.- E se … ci andassi per dare un’occhiata? Un’occhiatina non farà certo male! E se poi lo scoprissero mamma e papà? Mah … non lo sapranno mai, penseranno che io sia a scuola. SÌ!Prese il secondo sentiero a sinistra: sembrava molto antico, tracciato com'era con pietre rosse. Ai margini c’erano alberi alti e poderosi, con lunghi rami e fitte chiome che coprivano il sole, mentre la corteccia era completamente circondata da rampicanti.Ogni volta che passava per quel sentiero, Bianca era invasa da brividi pungenti, che come topi le salivano per la schiena tanto che, uscita dal passaggio, era sempre pallida in viso e pareva una pezza appena lavata. Ora davanti a lei si estendeva il grande bosco, meraviglioso soprattutto in quella stagione, quando le foglie degli ontani, delle querce, dei faggi, dei castagni e delle betulle sfavillano di uno splendido rosso infuocato con sfumature dal giallo all’arancione.Sull'immenso prato davanti all’Oltrenebbia Bianca stava correndo a piedi nudi e si divertiva un mondo: credeva di volare. Senza nemmeno accorgersene si trovò immersa nella nebbia. Si guardò intorno. Ora tutto le pareva sfocato, indistinguibile.Il panico iniziò a salire e malgrado si sforzasse di mettere a fuoco le sagome degli alberi, l’unica cosa che la bimba riusciva a percepire erano i banchi di nebbia, fitti e maledettamente gelidi.Tutto si muoveva intorno a lei e strati appannati si sovrapponevano alla sua vista. Le nubi intrise d’umido la stavano imprigionando.Di nuovo si guardò intorno in cerca di una via d’uscita quando, vicino a quello che pareva un albero, vide una figura scura che la osservava. Bianca lanciò un urlo e l’essere misterioso scomparve nel buio tetro del bosco.La mano di nebbia che la intrappolava si dissolse lasciando un velo sottile dal quale Bianca riuscì a scorgere il villaggio tanto desiderato.Senza perder tempo si precipitò fuori e corse fino alla scuola non voltandosi mai indietro.

4 pensieri durante la lezioneArrivò a scuola sconvolta con gli occhi pieni di lacrime. Entrò in classe. La lezione era già cominciata.

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- Come mai questo ritardo? - chiese la signora O’Connor.Bianca non rispose. - Stai bene? - le domandò l’insegnante.- Mi scusi Mrs O’Connor; mi sono svegliata tardi e ho corso per tutto il tragitto.Si giustificò in questo modo e si sedette al proprio banco.La maestra era una donna come tante altre, all’incirca sui trent’anni. Aveva sempre i capelli raccolti, che a Bianca ricordavano le trecce di pane di David il fornaio. Le sue lezioni erano noiose e interminabili, così Bianca pensava ad altro. - Cosa poteva essere quell’ombra? Un fantasma, un mostro orribile, una strega o… il Demonio in persona?C’erano molte leggende, una per ogni personaggio: la nebbia che era una selva di fantasmi, i mostri Blu che tramavano nell’ombra e odiavano la luce, la fossa del Diavolo, le Nove Sorelle …- Che confusione!Suonò la campanella e la bambina mise da parte i suoi pensieri, riordinò i libri e li infilò nella sacca. Si preparò in fila per uscire da scuola.Fece la solita strada, stando però ben attenta a non passare vicino all’Oltrenebbia, e corse direttamente a casa. L’aria giocava con i suoi capelli e le sfrecciava accanto. I suoi pensieri erano come il vento, le passavano veloci nella testa e la rendevano confusa.Arrivata davanti a casa, Bianca vide Pantofola sulla soglia dell’uscio che l’aspettava.Il gatto era felice di vederla: fece le fusa tra le sue gambe e un sonoro miagolio in segno di saluto accompagnò la bimba dentro casa.Un profumo familiare si espanse tutt’intorno a lei e il suo stomaco con un leggero formicolio le fece capire che era vuoto.- Cosa c’è per pranzo? - Minestrone, stufato di manzo e patate. Con un brillante sorriso, Bianca abbracciò la mamma, si tolse la cartella e si sedette a tavola insieme a Tommy.Papà non tornava mai per pranzo, mangiava qualcosa al lavoro e veniva a casa solo la sera.

5 non me la sentoErano appena passati due giorni dal tragico avvenimento nel bosco incantato e la voglia di passeggiare per i verdi prati e di giocare con Pantofola vicino all’Oltrenebbia era già tornata.Bianca prese la cartella, ci infilò la tovaglia a quadri e si preparò un panino con la marmellata. Poi chiamò Pantofola che, fedele come sempre, la seguì.

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Imboccò la strada più lunga che passava attraverso le vigne. L’uva era già stata raccolta, ma le foglie violacee, mosse dalla leggera brezza, parevano grappoli maturi, buoni e invitanti.Ora davanti a lei c’era il Tetri, un piccolo fiumiciattolo dalla limpida acqua dove, verso il villaggio, le donne lavavano i panni. Bianca, per arrivare sull’altra sponda, aveva posto ai margini del letto del fiume un lungo asse di legno che attraversava a gattoni.Passata tranquilla sul suo ponticello, la piccola si trovò nella “TERRA DI NESSUNO”. Era un territorio selvatico ricoperto di rovi spinati: tra di essi Bianca aveva trovato un passaggio. Appena sbucati da quel cunicolo c’era la parte più bella del percorso, circondata da cespugli tozzi che in autunno si arricchivano di bacche squisite, dolci come lamponi.Ogni tanto lei e Pantofola si sedevano vicino a una piantina e a bocca piena mangiavano velocemente quei frutti rossi che non li saziavano mai. Il loro cammino però continuava e al di fuori della bontà del boschetto di bacche si apriva lo splendore dell’Oltrenebbia.- Fermiamoci qui Pantofola, non me la sento di avvicinarmi. Così, stesa la tovaglia sull’erba, i due amici si misero ad osservare attentamente la foresta incantata. - Guarda, guarda bene la forma del bosco … sembra quasi un cerchio! Sembra che gli alberi al di fuori di quel perimetro non si possano espandere … ma perché? Su, presto, andiamo a chiederlo al nonno!E di filata tornarono al villaggio.

6 chi è che ride nonno?Il nonno era molto vecchio e aveva i capelli arruffati. Un paio di lunghi baffi gli scendevano dal naso fino alle ginocchia ed erano legati agli estremi da gruppi di conchiglie agostrizzi. - CONCHIGLIE LEGGENDARIE! – ripeteva il nonno con aria da intrepido bucaniere, alzando il braccio con l’immaginaria spada sguainata.Bianca fin da piccola era affascinata da quei gusci arrotolati che avevano sulla corazza punte aguzze cosparse da pori e modellate dalla natura.Quando il nonno camminava le conchiglie tintinnavano tra loro e sembravano risatine di bambini.- Chi è che ride nonno!?! - chiedeva sempre la piccola nella speranza di una risposta accettabile.- Blu blu blu , bla bla bla … le conchiglie! - borbottava il nonno.- Era ovvio! Come hai fatto a non arrivarci prima Bianca… - si affliggeva la bambina.

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Per lui era una specie di vizio ripetere quel “blu blu , bla bla”, un modo per concentrarsi o per pensare ad altro (e questo Bianca non l’aveva ancora capito).In paese tutti lo chiamavano Ampu. Era talmente vecchio che nessuno ricordava il suo vero nome.Posato una spanna sopra la sua testa, un cappello di paglia e squame color melma lo seguiva levitando in ogni movimento.All’interno del cappello c'era la tana di Artemisio, un piccolo uccellino dal petto blu con una striscia d’oro che dalla testa arrivava fino alla coda percorrendo tutto il dorso. L’uccellino non volava molto; si limitava ad uscire per salutare e saltellando felice tra la paglia intrecciata mostrava fiero quanto brillava la sua piuma dorata nella penombra della casa.Ampu amava Artemisio e amava anche Bianca. Non appena la vide entrare le andò incontro, l'abbracciò e la fece accomodare sul suo tappeto orientale vicino al camino.Bianca si sedette. L’odore di fior di magnolia la faceva rilassare e le dava tranquillità. Era così ogni volta. La miriade di mensole piene zeppe di strani boccettini e di bizzarri cofanetti le acchiappavano l’attenzione e per qualche minuto i suoi occhi sgranati giravano da ogni parte. - Oh, nipotina mia, da quanto tempo non ci si vede… come stai? - Bene grazie e … - Ma come sei cresciuta! Ogni giorno che passa diventi sempre più bella. La sai una cosa? Assomigli tanto alla nonna… - Nonno?!? - Blu blu blu , bla bla bla… - NONNNNOOOO! Dovrei chiederti una cosa! – esclamò Bianca tirando il baffo di Ampu che rise tintinnando.- Ah, sì, dimmi cara. Il vecchio ometto ora la guardava in silenzio ed i suoi dolci occhi scuri la osservavano curiosi.- Lo sapevi che l’Oltrenebbia ha la forma di un cerchio? - Certo! - rispose sbrigativamente il nonno.- Perché? - Vedi Bianca … un tempo l’Oltrenebbia occupava tutta la vallata, e quindi anche il nostro villaggio. Poi arrivò l’uomo che iniziò a tagliare gran parte del bosco. Così un giorno tetro gli spiriti maligni che abitavano quel luogo s’infuriarono perché la loro casa, un tempo estesa in tutta la laguna, era ora terribilmente ristretta ad un piccolo terreno. I saggi del villaggio tuttavia trovarono una soluzione: ordinarono di scavare un grosso cerchio attorno al bosco e di cospargerlo di sale. Piccola mia, devi sapere che sul sale non cresce alcuna pianta ed è per questo che l’Oltrenebbia non ha potuto allargarsi. Il cerchio inoltre ci protegge dagli spiriti del male, che dalla “loro casa” non possono più uscire.

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La storia era terminata. Bianca fissava immobile il nonno: i suoi grandi occhi color nocciola sembravano persi nel vuoto, come se nella sua testa stesse accadendo qualcosa di strano, di misterioso e incomprensibile per il vecchio saggio.La bambina si smosse di colpo:- Grazie nonno! Ora devo andare. Ci vediamo presto! Di buon passo si diresse verso la porta inseguita dalla scia di profumo. Si voltò indietro dopo essersi ricordata di una cosa importante.- Oh scusa… ciao Artemisio! L’uccellino fece due giri in volo e le regalò un uovo che custodiva gelosamente all’interno del cappello.- Se avrai fortuna nascerà con la piuma dorata, altrimenti sarà un semplice petti-blu che appena sarà in grado di volare se ne andrà come un qualsiasi altro uccello. Buona fortuna Bianca! - Grazie di tutto!

7 vedere… sapere…Il mattino seguente Bianca si svegliò allo spuntar del sole, come le era solito fare, e s’incamminò per andare a scuola.Questa volta Pantofola l’aveva seguita, forse per la voglia di giocare o forse per la fame di lucertole. Sta di fatto che trotterellava felice vicino alle gambe della sua padroncina e faceva le fusa in continuazione.La bimba d’istinto controllò la meridiana della scuola: segnava le sette e dieci. - Le lezioni iniziano alle otto, abbiamo mezz’ora di tempo! Sistemò Pantofola nella sacca e cominciò a correre per il sentiero di pietre rosse che conduceva all’Oltrenebbia.L’erba dei prati vicino al bosco era cresciuta ed era ricoperta da una brillante rugiada così che Bianca non poteva nemmeno correre sullo splendido tappeto verde. Doveva seguire il sentiero mentre sognante pensava a quanto sarebbe stato divertente immergere Pantofola nell’erba bagnata, con il suo musino fradicio che spuntava schifato. Passeggiava spensierata, quando ad un tratto si fermò stupita. Il suo sguardo era fisso verso il bosco. Dall’espressione impressa sul volto pareva stesse accadendo qualcosa di terribile.Nella fitta nebbia che circondava la foresta si era aperto un varco che aveva la forma di una piccola porta, oltre la quale si scorgeva un paesaggio bellissimo. Gli alberi avevano foglie metalliche d’oro e d’argento e all’orizzonte si distingueva un laghetto trasparente, sul quale il sole appoggiava i propri raggi.Bianca si mosse. Si avvicinò al passaggio segreto e vi infilò la testa. Capì che era tutto reale e non stava di nuovo sognando.

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Il desiderio di vedere e di sapere cosa ci fosse all’interno dell’Oltrenebbia si era finalmente avverato e la bambina felice non riusciva a credere ai suoi occhi.Incantata, guardava attentamente la magica veduta. Pantofola con un balzo veloce uscì dalla borsa e si gettò a capofitto in quello splendido mondo.Appena il gatto mise piede sul morbido terreno ricoperto di muschio, la porta dietro si chiuse, lasciando Bianca immersa nella nebbia.

8 la figura sfocataBianca tra i singhiozzi chiamava il suo gatto che chissà dov'era finito.La bambina si voltò velocemente. La paura e l’angoscia la stavano invadendo.Questa volta non c’era traccia del villaggio. Tutto era di un pallido grigio opaco e restare fermi significava soffocare. L’aria era densa e la situazione si faceva sempre più difficile. Bianca camminava a tentoni, nel suo cuore aveva una forte paura di ciò che avrebbe potuto accadere.Si guardò intorno: la nebbia e un nero cupo la avvolgevano sempre più.Con passo deciso si fece strada nel labirinto creatosi davanti a lei. La speranza di rivedere la sua famiglia si faceva sempre più sfocata.All’improvviso una leggera luce celeste le restituì un po' di fiducia.Si mise a correre con le poche forze rimaste, fino a che la nebbia si dissolse, trasformata in strisce di vapore sbarluccicose.Da queste nuvole scendevano scaglie di ghiaccio che non bagnavano e non toccavano terra, ma semplicemente volavano.Il terreno era cosparso da bianchi scogli dalle striature marroni, tra i quali spuntavano alghe solletichevoli. - Wow! È fantastico qui! – lo stupore sostituì velocemente la paura.Mentre la bambina si dirigeva a scoprire da dove provenisse quella luce bluastra che l’aveva salvata, le alghe color aragosta la fecero finalmente sorridere.Un fiumiciattolo che somigliava al Tetri scorreva ai suoi piedi e proprio dall’acqua ghiacciata si espandeva la luce. Dietro di lei sentì un rumore scrosciante. Una cascata di acqua e diamanti scendeva tra la pietra e bagnava due leoni in quarzo affumicato. I felini stavano seduti e pietrificati guardavano la bambina.L’acqua che sprizzava sembrava cosparsa da tante piccole stelle.Bianca si avvicinò a quello splendore e guardando bene tra i flussi della cascata vide tutta sfocata la solita figura nera. La pallida mano dell’essere si muoveva verso di lei. La bambina fece due passi indietro, ma subito dopo scivolò e cadde nell’acqua gelata. Tremava, il volto tra le mani, gli occhi serrati… Il suo cuore non riusciva a sopportare le violente emozioni e questa volta lo spavento era stato veramente grande. Battevano i suoi denti e batteva il suo cuore, forte.

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Passavano i minuti e Bianca era ancora lì, immobile, distesa per terra, tra lo scorrere dell’acqua. I suoi capelli si agitavano trascinati dalla corrente e capricciosi seguivano i flutti.Si ristabilì lentamente e si fece forza. Aggrappata a un leone, riuscì a rimettersi in piedi. Le gambe gli tremavano ancora, ma era giunto il momento di affrontare la paura. Con un balzo si gettò contro il muro d’acqua che proteggeva l’interno della cascata. Lo superò. Si accorse di avere davanti un possente muro di ghiaccio. Quell’ombra era di nuovo sparita. Alla piccola Bianca non rimase che tornare sulla sponda del fiume. Il buio e la nebbia del bosco la circondavano. L'unica via d’uscita era il ruscello. Prese un tronco d'albero secco trovato lì vicino e si fece trasportare dalla corrente. Sul fondale si vedevano luccichii di pesci argentati che nuotavano svelti tra le onde, e il tronco della bambina creava nell'acqua una divertente e spumosa scia di bollicine. La piccola guardò il paesaggio intorno a lei. Notò che stava cambiando: apparivano i primi alberi dorati e il sole illuminava un sentiero di vetri colorati.

9 occhi lugubriBianca si rassicurò,tuffandosi nel ruscello e nuotando verso la riva. L’acqua era diventata calma e tiepida: era un piacere sguazzarci dentro!Arrivata sulla sponda si guardò i vestiti bagnati, diede loro una strizzata e incominciò a saltellare lungo il sentiero di vetri colorati.Fiancheggiavano il viale enormi querce dall’aspetto millenario e dalla strana corteccia ricca d’insenature. La piccola bimba le guardava impressionata dal basso verso l’alto e s’immaginava sagome di giganti intrappolati nel legno rugoso.- Oh! Che coincidenza! Quella quercia laggiù assomiglia tanto al mio nonnino! Corse istintivamente incontro alla quercia. Sentì la pianta ripetere: “Blu blu blu, bla bla bla”. - Che impressione! - Bianca era stupita. - Veramente sconvolgente! Quella che nel tronco doveva essere la bocca di Ampu però non si muoveva, e di certo il suono proveniva proprio da lì! Concentrandosi meglio sull’udito, la bambina capì che la voce usciva dalle grosse narici e quindi dall’interno dell’arbusto.- Nonno! Nonno caro! Sono io, la tua nipotina! Si sentiva stupida a parlare dentro a una narice.La voce ripeteva sempre la solita frase: “Blu blu blu, bla bla bla…”La quercia di sicuro l’aveva riconosciuta, ma come poteva fare Bianca a seguire le parole di Ampu? Girò e rigirò, fissò e osservò, ma la corteccia era ben salda e non c’era niente che poteva ricordare, neanche vagamente, un passaggio segreto.Guardò incerta tra i rami…

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- Niente di niente! – e seccata diede un calcio a quell'albero noioso, che continuava a parlare: “Blu blu blu, Bla bla bla”.- OPS! Il calcio della bambina aveva improvvisamente interrotto la voce vaneggiante del nonno. Cercando di non fare altri danni, Bianca provò a riattaccare il legno caduto. Abbassandosi, vide che sotto la corteccia erano incise tante piccole lune di varie dimensioni e misure.- A cosa serviranno tutte queste forme? Smise di pensare. Non era nemmeno a metà del percorso, il sole stava ormai tramontando e il manto bluastro della sera scendeva veloce sopra di lei.- Sarà meglio trovare un posto riparato dove passare la notte – si disse.Guardandosi attorno trovò proprio quello che stava cercando: un tozzo albero era la casa ideale e aveva anche l'aspetto accogliente. Lunghi rami carichi di foglie facevano da tetto in caso di pioggia e durante il giorno ombreggiavano l’ambiente circostante. Bianca si avvicinò all’albero, gli rivolse delle occhiate perplesse e dopo vari tentativi riuscì ad arrampicarsi sulla ruvida parete lignea. Piano piano arrivò in cima. Da lì vedeva la grandiosa foresta che brillava agli ultimi bagliori del sole ed era bella come la prima volta, quando l’aveva scoperta con Pantofola.I rami della pianta parevano una mano socchiusa, nel palmo della quale Bianca si costruì un letto di foglie ben nascosto dalle fronde verdi.Appena fu coricata vide le prime stelle comparire nel cielo: assomigliavano agli occhi di Tommy e della mamma. La bimba sentì forte la mancanza della sua famiglia. Si addormentò stanca tra i ricordi indimenticabili, mentre una timida lacrima le scivolava sulle labbra.Dietro un secco arboscello due occhi lugubri la osservavano, e appoggiate sul tronco sottile spuntavano piccole mani esangui.Nel cielo una luna piena stregata vegliava sull’Oltrenebbia, mentre dal villaggio risplendevano le prime fiaccole.La ricerca di Bianca era appena cominciata e cinque uomini erano già dati per dispersi. Scomparsi nel nulla. Il terrore incombeva tra le lacrime e lo sconforto. I vecchi saggi, con le loro superstizioni, davano per morta la bambina.

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Parte Seconda

Oltrenebbia

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10 l'appiccicosa polvere giallaIl mattino seguente il cielo era coperto di nubi e una lieve pioggia cadeva sulla quercia. Bianca si era già messa in cammino ed era arrivata all’ingresso della foresta dorata. Un velo di nebbia circondava i primi alberi incantati, quando la strana porticella che dava sul laghetto al centro della foresta apparve di nuovo. La bimba non esitò e, come aveva fatto Pantofola, vi si scaraventò dentro. Procedeva veloce nelle profondità della terra, schivando stalattiti e stalagmiti, sfiorando corsi d’acqua tra pareti rocciose.Le sprizzavano dai piedi e dalle braccia scie viola e rosse che scintillando s’intrecciavano fulminee. Bianca sembrava una fenice.Pensava a Pantofola che come un pipistrello grasso volava tra le grotte, inseguito da fasci multicolori.- Che buffo! Avrei voluto essere lì, per spanciarmi dalle risate! – La bambina rideva fra sé.La sua direzione cambiò di colpo, Si intrufolò in un cubicolo stretto. Il terriccio intorno a lei emanava un’appiccicosa polvere gialla.La bambina guardò in alto e si accorse che il tunnel in cui stava volando si rimpiccioliva terribilmente.Dentro di lei un fastidioso formicolio non le dava pace. Era ormai vicinissima alla strettoia.Un prurito incessante la attraversava e si sentiva compressa e schiacciata come un panno strizzato.Guardò ancora una volta verso l’alto, chiuse violentemente gli occhi e … il suo corpo si vaporizzò.

11 si stupìUn rumore incessante la fece svegliare di soprassalto.Accasciata sull’erba, Bianca aveva un piede incastrato nella tana di una talpa. Quest’ultima le morsicava la suola della scarpina cercando con insistenza di cacciarla dalla sua casa.La testa le pulsava in modo fastidioso, aveva la vista appannata e riusciva a distinguere solo alcune chiazze verdi non molto distanti.

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A fatica riuscì ad estrarre la gamba, seguita da un orrendo esserino peloso dai verdi dentoni bavosi.Quella sottospecie di “talpa” mostrava solo il muso arrabbiato, ma si capiva benissimo che dalla testa partiva uno strato roccioso cosparso di erba secca.- Come una corazza! – pensava la bimba.- FFFFF… SGNA SGNA! – l’animale era veramente infuriato.- Vattene via! Bianca dovette allontanarsi per evitare un attacco della bestiola.Finalmente un sorriso le comparve sulle labbra: sotto i piedi sentiva il morbido tappeto di muschio e poteva toccare i raggi del sole riflessi nel lago.Si stupì! Il cielo era coperto di nubi e l’acqua sprigionava una splendente luce solare.La pelle della bambina era tutta un bagliore.Mentre guardava la sua immagine riflessa la voglia di farsi un bagno divenne più forte che mai. Molleggiandosi sui piedi fece un lungo balzo a rana e si immerse in quella sorgente luminosa.Intorno a lei c’era un mondo sereno e armonioso: una miriade di pesciolini colorati sguazzavano tra i coralli e delle conchiglie spettacolari ricoprivano il fondale.Un gruppo di ricci marini roteava intorno a lei, come se stesse danzando. Da ogni riccio spuntavano fanciulle minuscole che alzavano fiere le braccia mostrando le pinne sfumate. Indossavano gonnelline d’alga e avevano piccolissime scarpette tempestate da aculei violacei.I ricci dai quali erano uscite facevano da cappello e gli esili corpicini erano cosparsi da squame perlate.Una di loro si avvicinò a Bianca e disse qualcosa di incomprensibile alle orecchie della bambina. Vedendo che la bimba la guardava accigliata e perplessa ripeté:- Seguici! Ora la voce era chiara e comprensibile.- Chissà quante lingue parla? – pensava la bimba, che senza esitare seguì lo strano gruppo di “ricci con le gambe”.Dopo una bella nuotata le fanciulle si fermarono indicando un luccichìo che a fatica affiorava dalla sabbia bianca. L’acqua però deformava l’oggetto lucente e anche sforzando la vista i contorni definivano sempre forme astratte modificate dal muoversi della corrente.Ormai alla piccola mancava il respiro. Risalendo veloce si accorse che la superficie dell'acqua rifletteva il suo corpo come uno specchio. Riconosceva a stento il vero fondale da quello proiettato magicamente sopra di lei.

12 la curiositàRiuscì ad affiorare sulla superficie dell'acqua. Sentiva le gambe stanche e pesanti.

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Alleviò i crampi con un massaggio veloce, quando sentì qualcosa di viscido appena sotto il ginocchio destro.Uscì per un istante dall’acqua. Seduta sul muschio, vide che la sua pelle si stava tramutando in squame. Le prime erano già apparse sotto il ginocchio.La bambina ebbe un presentimento: non doveva restare troppo tempo nel lago altrimenti sarebbe diventata chissà quale assurda creatura. Ma la sua curiosità era al di sopra di ogni timore. E così, passato lievemente il dolore, decise di rituffarsi nel fondale marino per scoprire ad ogni costo cosa fosse l’intrigante luccichìo indicato dalle graziose fanciulle. Nuotava veloce cercando di non sprecare tempo e ossigeno.La strada che i ricci le avevano indicato era ancora chiara nella sua testa e più la bimba si avvicinava al bagliore, più esso prendeva forma distintamente.Scavando un po’ sotto la sabbia scoprì che l’oggetto, illuminato da un tiepido raggio di sole, era uno splendido ciondolo appena corroso dall’acqua salata.Bianca afferrò la catenina e si apprestò a salire in superficie.Guardò in alto e vide la sua immagine riflessa nello specchio del lago: aveva un volto pallido e occhiaie verdi profonde le segnavano il viso. Si spaventò.Non riusciva a convincersi: era proprio lei quella riflessa davanti ai suoi occhi? Mise una mano fuori dall’acqua per vedere se l’altra figura seguiva i suoi movimenti, ma con grande orrore si accorse di avere il braccio completamente coperto di squame. Doveva assolutamente uscire!Cercò di urlare, ma l’acqua le invase la bocca. Per un attimo perse le forze. Ssprofondava giù come un sasso, pesante, incapace di reagire.In lontananza una nube di macchie violacee stava avanzando verso di lei.Prima era solo una massa di insignificanti puntini, ma avvicinatasi, Bianca riconobbe i primi che aprivano la strada a centinaia di ricci.Alcune fanciulle accerchiavano Bianca e sembravano disperate nel tentativo di aiutare in qualche modo la bambina. Una vocina stridula iniziò a dare fulminee indicazioni e tutto il gruppo eseguiva in perfetta unità.La spinta verso l’alto fu tale che a Bianca venne la nausea. Poco dopo si trovò fuori all’aria aperta, in superficie. Finalmente un fresco venticello le sfiorava il viso, ancora una volta era salva e doveva tutto a quel branco di ricci amici.- Grazie di tutto! – disse Bianca, ma davanti a lei non c’era più nessuno.

13 tra i flutti rossastriUn sacchettino melmoso le scivolò dalla mano.ANTIDOTUS: le nostre alghe migliori per guarire dai malumori. - Cosa significa? Di che malumori sta parlando? – e incuriosita aprì l’involucro.

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Un intruglio d’erbe appallottolate, dall’aspetto gustoso, si presentò agli occhi della bambina e un profumo d’antica pergamena le solleticò le narici.Nell’aria tuttavia una puzza di pesce si espandeva rapidamente.- Da dove viene questo tanfo?! - pensò.Non le ci volle molto per capire che la causa era lei e speranzosa inghiottì il bocconcino d’alghe che, tra l’altro, era anche molto saporito.Lo stomaco fece un profondo e rumoroso “BLUCH”, come un sasso lanciato nell’acqua, e poi silenzio.- Oh! Che sciocca, me ne stavo dimenticando…Un po’ stordita, osservò attentamente il ciondolo, per il quale aveva rischiato la vita: aveva la forma di un sole raggiante e pareva di rame. Sul retro s’intravedeva un’iscrizione - Indecifrabile! – disse la bambinaLo rigirò tra le dita. Un luccichio svelato da un piccolo raggio sfuggito alle fronde degli alberi balzò allo sguardo di Bianca. Al centro del gioiello, tra una spirale incisa nel metallo, una pietra incastonata spiccava di un arancione dorato. Guardando più attentamente tra le sfumature dell'ambra, scaglie di un oro purissimo fecero rimanere d'incanto la bimba.- Che sogno di un ciondolo!Lo contemplò un'ultima volta e se lo mise al collo.Notò in quell'istante che l'antidoto aveva funzionato: le squame erano sparite ma il fetore di pesce ancora non l'abbandonava, anzi creava una scia nauseante dietro di lei.In compenso la terribile vicenda del lago era finalmente conclusa e i suoi ultimi effetti stavano ormai svanendo. Certo, non avrebbe mai dimenticato quelle graziose fanciulle che le avevano, con molti sforzi, salvato la vita.Ora era il suo momento… Doveva trovare Pantofola.I cinque sensi della bambina percepivano ogni cosa: erano tesi, attenti, e talvolta scattavano al minimo ma inutile segnale. Gli alberi, tutti uguali, diventavano sempre più fitti man mano Bianca si allontanava dal lago di luce. Un forte vento, proveniente da ovest, spirò di colpo carico di polvere rossastra. Mentre la bimba camminava coprendosi gli occhi, sentì che sotto i suoi piedi qualcosa stava cambiando: la terra, prima resa morbida dal muschio, era diventata sabbiosa e calda. Si fermò.La nube di polvere dava una tregua, così che gli occhi di Bianca poterono vedere quello che non avevano visto finora.Un acquitrino di melma purpurea mista ad ogni qual tipo di fanghiglia investiva e soffocava una ventina di alberi davanti a lei. Gli arbusti dalle foglie dorate marcivano, immersi con il tronco in quella poltiglia densa e nauseante. Le foglie metalliche cambiavano colore trasformandosi, accartocciandosi e divenendo rugose come la pelle dei rospi.

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Soffi di vento polverosi turbinavano e roteavano qua e là. Sembravano divertirsi, ghignosi, nel travolgere violentemente quelle povere piante vicine alla morte.Il paesaggio così desolato sconvolse Bianca: mai la piccola aveva visto un simile scempio.Di colpo un forte strattone la fece cadere a terra. Dopo aver sbattuto la testa, fu trascinata tra la sabbia sporca verso quella palude melmosa.Dolorante e con lo sguardo appannato, Bianca si accorse di una mano decomposta con unghie acuminate aggrappata saldamente alla sua caviglia.Tra i flutti rossastri dello stagno, artigli appuntiti di un nero spaventoso apparivano di continuo dando vita a una superficie spinosa inquietante. La mano scheletrica strinse sempre più con forza la presa. Le unghie, nere come la notte, penetrarono con forza nella carne della bambina. Si aprì una ferita profonda.Gridi di sofferenza si riversarono su tutto il bosco dorato. Gli ululati stridenti emanati dalle spaventose creature della palude parevano risa eccitate alla vista di tanto terrore. Con le ultime forze Bianca cercò di aggrapparsi ad alcune radici che uscivano gracili dalla sabbia. Fitte di dolore le attraversavano rapide il corpo e la rendevano incapace di reagire.Gli artigli si erano impadroniti sempre più del suo corpo e riuscivano a trascinarla con più facilità verso quel baratro.Una saetta nera apparve all'improvviso nel celeste del cielo. Le urla strazianti provenienti dalla fanghiglia aumentarono a dismisura divenendo un'unica struggente voce, non più eccitata ma sgomenta e distrutta dal terrore.La presa che imprigionava la bambina si affievolì di colpo.La mano si rizzò sulla sua gamba e tirò un urlo di sfida verso qualcosa o qualcuno che la minacciava. Poi un colpo ben assestato fece sbattere sopra la sabbia la creatura, che tentò di fuggire strisciando nella palude. Fu bloccata con ferocia e catapultata contro un albero dorato.L'arbusto tintinnò freneticamente e la mano si contorse, distorta come un viscido serpente, e cadde a terra immobile.

14 segnale di pericoloBianca era sdraiata sul suolo. Dalla ferita usciva molto sangue. I tagli profondi non le permettevano di muovere il piede.Il male l'aveva stordita. Cercò ugualmente di alzarsi, ma la testa le girava troppo. Riuscì a malapena a reggersi sui gomiti. Si guardò la gamba. Il sangue gocciolava copioso sulla sabbia. Si voltò impressionata. Davanti a lei, seduto sulle due zampe, un felino la osservava.

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Era un essere maestoso, grosso più di un leopardo e dal profilo di un gatto egizio. Aveva una pelliccia liscia e lucida di un nero smaltato e gli occhioni color ocra ricordavano in modo sorprendente la dorata e arida sabbia del deserto. Le sottili orecchie e le cristalline vibrisse sembravano percepire attentamente ogni rumore e non solo: Bianca avvertiva che il felino distingueva nettamente le emozioni che provava.Lo splendido animale portava al collo, legato ad un intreccio ritorto di un legno magico, un ametista grezzo che brillava assorbendo i raggi argentei della luna. Gli artigli ancora saldi al terreno erano in allerta pronti a scattare al minimo segnale di pericolo.La tensione e la paura della bambina erano percettibili nell'aria, sebbene le oscure creature fossero retrocesse nella poltiglia rossa. Ormai la sera era calata, anche se Bianca sembrava da poco essersene accorta, e il faccione della luna appariva più cupo che mai.Tutto ad un tratto qualcosa di caldo e umido si mise a scorrere sulla mano della bimba.Il terrore salì di nuovo e il cuore di Bianca tornò a palpitare nervosamente. La testa scattò velocemente e scoprì che l'orrido presagio non era altro che un affettuoso bacio dell'imponente felino che la invitava ad avere fiducia. Con una carezza Bianca ricambiò il gesto, anche se nella sua testa pulsavano ancora le forti fitte alla caviglia.In quel momento l'animale, che capiva lo stato d'animo della bambina, fece apparire un sentiero che sembrava risplendere di luce argentea. Infatti l'ametista, che aveva imprigionato i raggi lunari, ora li stava liberando e indicava il sentiero, un tempo nascosto, da percorrere.La bambina riprovò ad alzarsi. Non riusciva a reggersi. L'animale la scrutò immobile, poi la sollevò da terra e la calò dolcemente sulla sua schiena.La coda della creatura strinse con forza la ferita, che smise di sanguinare provocando una sensazione di sollievo alla bambina.La strada sulla quale si incamminarono era cosparsa di foglie metalliche che tintinnavano ad ogni passo e riflettevano con sfumature ramate il volto di Bianca.

15 dai, esci bel micione!Un profumo di fiori sconosciuti circondava Bianca. Tutt'intorno intrecci di rami le facevano da nascondiglio. Un caldo manto scuro l' avvolgeva mentre una soffice arietta le sfiorava il viso. Il maestoso felino l'aveva salvata ed ora dormiva accanto a lei.La profonda ferita era stata medicata con uno strato di foglie sminuzzate che emanavano un delicato profumo di menta.Due occhi gialli apparvero tra il pelo morbido. Guardavano dolcemente Bianca.

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L'animale allungò le zampe anteriori e stiracchiò la pelle, mentre un inaspettato sbadiglio mostrò le splendenti fauci bianche.Il ceppo di un vecchio albero spuntava dall'erbetta mostrando sfumature dall'effetto ipnotico. I cerchi che rappresentavano le età che l'albero aveva compiuto nella sua vita erano davvero tanti. Bianca osservò il ceppo: qualcosa di strano le apparve per un istante.L'impronta di una grossa zampa felina brillò, cristallina, come le vibrisse del gatto che in quel momento la stava guardando.Una lanterna di vetro bluastro pendeva sulla sua testa. Intrecci di fiori arancioni la ricoprivano rampicando su di essa.Dentro un varco tra i rami era posizionato un treppiede rotondo imbandito di frutta secca. Tra nocciole, noci e arachidi spiccavano tre belle mele rosse. Bianca le guardava desiderosa di sprofondare i suoi denti in quella polpa succosa.L'animale prese delicatamente in bocca una mela e la offrì alla bambina, che si stupì di come un frutto così fragile fosse rimasto intatto tra le fauci del felino.Dopo aver assaporato la mela, Bianca vide di nuovo l'impronta brillare, distintamente, sul tronco.- Sheba - pronunciò una voce femminile soave ma convincente.Il gatto rizzò improvvisamente il pelo e divenne aggressivo.- Ho qui per te un mazzo di drosere corvineum… introvabili! Dai, esci bel micione!Versetti e moine cercavano di attrarre il felino che soffiava di rabbia e non si muoveva dal suo nascondiglio, impassibile.La voce si fece sempre più lontana e poi sparì completamente, lasciando l'effetto di un'eco reiterante e insopportabile vibrare in ogni drosera. Finalmente tutto tacque.- Sheba! E' così che ti chiami, vero?Il gattone si strusciò con la testa sulla spalla di Bianca e fece le fusa in segno di approvazione e compiacimento.- Come sei affettuoso… - disse la bambina - Ma dove mi trovo?Il felino creò un piccolo passaggio con il suo ciondolo lunare e Bianca capì finalmente dov'era. Anzi, capì soltanto di trovarsi in un giardino curato e ben tenuto, che però non aveva mai visto e mai ne aveva sentito parlare. In lontananza si scorgeva un gazebo, dal quale veleggiavano tendaggi sottili mossi dal vento, di un tessuto pallido bordeaux semitrasparente, che alla luce delle candele sfumava in colori più caldi e fiammanti.Le drosere rampicanti salivano intorno alle fredde colonne di marmo bianco. I fiori raggiungevano la cupola di vetro sulla quale si ergeva una mano di marmo con una sfera di cristallo sul palmo. La boccia, appena visibile, sembrava custodire qualcosa di nero, un bocciolo, che la bambina non riusciva bene a distinguere.

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16 la tana segretaUn sentiero di conchiglie conduceva al gazebo. Ai due lati, due file di grossi vasi di terracotta ognuno contenente una drosera uscivano per metà dal terreno. Solo due erano vuoti. La luce del sole al tramonto faceva risaltare ancora di più i fiori arancioni, che parevano pietre preziose.Bianca era terribilmente attratta da quei gioielli. I suoi occhi si facevano sempre più pesanti e difficili da tenere aperti.Il gatto fu rapido nell'agire. Alla vista della maledizione che stava per compiersi, afferrò la bimba per un piede e la trascinò dentro il rifugio sicuro.Bianca sbatté per tre volte le palpebre e riprese conoscenza. Gli occhi erano rossi e le bruciavano a causa dello sforzo compiuto per tenerli aperti. Subito abbracciò Sheba in un misto di riconoscimento e di paura. Le apparve un'immagine di lei a quattro anni, abbracciata alla mamma che la tranquillizzava e le sussurrava di non avere paura del buio. Anche in quel momento qualcuno la stava rassicurando...Tornò in sé. Una cosa le era chiara: incombeva una maledizione su quelli che al tramonto ammiravano lo splendore di quei fiori. La sera stava ormai calando. Il freddo dell'autunno si faceva sentire e penetrava con forza attraverso i rami intrecciati. Dal sottotronco una scintilla fiammante schizzò come una fontana sull'erba sottile e un fuocherello scoppiettante uscì dall'anello centrale del ceppo.Il fuoco ardeva ma il tronco non si consumava.La tana segreta e inaccessibile si fece in pochi istanti calda e accogliente. La cena di caldarroste fu pronta e servita.La sera aveva avvolto ogni cosa. La lanterna blu rasserenava la piccola che si sentiva protetta e coccolata da un'armonia di elementi appena percepibile.La luce aveva la nitidezza dell'acqua di sorgente. Bianca si lasciò cullare dalla soffice erbetta scaldata dalla fiamma del tronco. Il buio l'avvolse. La lanterna si era spenta per un attimo. Subito dopo era apparsa una luce diafana che si nascondeva fra i vetri blu della lampada.Il fuoco si spense. Bianca ebbe paura. Solo gli occhi del felino, sempre al suo fianco, la tranquillizzarono. Il gatto mosse le zampe anteriori verso la bambina e la nascose sotto di sé.La solita luce lunare creata dall’ametista aprì una piccola feritoia tra le drosere distorte dove gli occhi della bambina riuscivano a vedere il giardino all’esterno.Una donna incappucciata fino ai piedi apparve dal gazebo. Con passo felpato muoveva in modo esile il mantello di velluto marrone.Capelli di un rosso rame uscivano a boccoli dal cappuccio e vivaci seguivano il passo deciso della figura slanciata.Un delicato ma non perfetto naso spuntava tra le pieghe del velluto mentre il resto del viso era totalmente in ombra.

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Si fermò davanti a una pietra circolare al centro del giardino decorata tutt’intorno da scaglie aguzze di cristallo grezzo che uscivano irregolari dal terreno.Sulla pietra porosa erano incisi il sole e luna uniti ma ben distinti l’uno dall’altra.Avevano gli occhi in avorio e parevano muovere le palpebre.Appena la donna a piedi nudi salì sull’obelisco una forza astratta la spinse verso l’alto facendola librare a mezz’aria.Un forte vento la investì, inondando le vesti e facendo risaltare il profilo del suo corpo sottile.Pieghe ribelli seguivano l’impetuosa corrente creando uno scenario impressionante e sbalorditivo.Bianca si accorse di colpo del cappuccio. Sceso sulle spalle, mostrava il volto della figura più giovane di quanto la piccola avrebbe potuto immaginare.

17 la signora dei senzavoltoLa pelle aveva il candore di una perla d’oceano e sembrava morbida, setosa.Gli occhi scuri e profondi risaltavano in modo particolare grazie ad una polvere di viola intenso che li circondava.Il colore richiamava l’uva profumata e matura o le prugne saporite che cadono a fine estate. Al collo portava un pettorale egizio d'oro che rifletteva la luce sul suo viso niveo.Parole sussurrate al vento uscivano dalle labbra lucide e brillanti come petali di drosera appena sbocciata.Le braccia sinuose tracciavano linee concentriche nell’aria e le dita affusolate intrecciavano fili invisibili.Piano piano la luna venne assorbita completamente dalla notte e un'eclissi portò il buio ovunque.Un sibilo profondo ruppe il silenzio che si era creato intorno a ogni cosa.La bimba si strinse forte al petto di Sheeba mentre qualcosa di oscuro stava per compiersi.Poi un sospiro e tra gli intrecci di fiori si accesero lumini delicati lungo tutta la strada di conchiglie. Ora la figura aveva abbandonato per terra il mantello e mostrava il limpido vestito di un vivace verde muschio.Una fascia bordeaux le stringeva la vita e la gonna di veli strisciava trascinando petali e fiori secchi.Le sue labbra sussurravano parole illeggibili e le palpebre anch’esse violacee si chiusero dolcemente lasciando cospargere l’aria di quella densa polverina.Essa come una scia d’un dolce profumo si lasciò assorbire vorticando dalle drosere nei singoli vasi.Da ogni otre si materializzò una sagoma umana difficile da mettere a fuoco ma con caratteristiche maschili.

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Le figure molto alte rimasero immobili sopra la propria drosera; avevano lunghe tuniche marroni che coprivano volto e piedi, dalle spalle squadrate scendevano fasce di stoffa che terminavano a punta appena sotto i fianchi.Sul petto veniva mostrato con importanza uno stemma raffigurante gli elementi principali dell'Oltrenebbia:la nebbia, ovunque presente;gli alberi, saggi e antichi, custodi di immense ricchezze;l’acqua, dei limpidi laghi o delle più tetre paludi;il vento, che segreti sa e li trascina con sé.Le ombre maschili giravano e rigiravano tra le mani contorte sfere di luce bianca e trasparente, contenenti qualcosa di indecifrabile.La ragazza dai capelli rossi, la quale continuava il suo rito, fece apparire uno specchio di soli rubini splendenti che mise in equilibrio sul palmo vellutato.Una luce delicata come la luna ma vitale come il sole sembrò uscire dal buio. Guardandosi attentamente intorno, Bianca capì che la mano di marmo sopra il gazebo si era aperta. Il bocciolo nero emanava tutto quel sinistro bagliore e grazie allo specchio si rifletteva sulle creature senza volto donando loro la vita.“I miei tesorini! Siete proprio perfetti, del resto vi ho creato io!”Una risatina tra i denti echeggiò nella notte e la signora dei Senzavolto guardava soddisfatta i ciondoli, raccolti, rubati e custoditi dalle creature oscure.Poi seria osservava con volto tetro i due vasi vuoti dai quali evaporava ancora la polverina viola dei suoi occhi e rivolta agli spiriti disse:“Avete una notte per cercare i pezzi mancanti… Trovateli! E domattina tornate al sorgere del sole, se le drosere particolari dei vostri vasi saranno ancora aperte vi assorbiranno dandovi la linfa per vivere al loro interno. Se invece, quando arriverete saranno già chiuse svanirete nel nulla insieme ai vostri ciondoli”.I quattro uomini muovendosi a raso terra, volarono in ogni direzione. Erano così snodati nei loro movimenti che parevano aria. Tra l’oscurità del bosco s’intravedevano le scie biancastre lasciate dalle sfere di luce, che veloci schivavano con facilità i fitti alberi e seguivano i rapidi spostamenti degli spiriti incappucciati.

18 impallidendoBianca guardò con preoccupazione il ciondolo solare nascosto sotto la maglietta. Sentiva e sapeva che le avrebbe procurato pericoli e difficoltà. Ttrovare Pantofola diventava pressoché impossibile. Lei per il momento era al sicuro, protetta da Sheeba e da un nascondiglio introvabile. Non poteva però restare lì a lungo: avrebbe messo in pericolo la vita del felino che l’aveva salvata troppe volte. Doveva andarsene!

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La donna dai rossi capelli fiutava l’aria. Percepiva qualcosa che l’attirava misteriosamente. La paura nel cuore della bimba divenne forte: Sheeba la sentiva palpitare attraverso le vibrisse.Il gatto attendeva, la signora se ne sarebbe andata e allora il suo piano avrebbe avuto inizio.Guardò per un po’ la bimba immersa nei suoi pensieri e poi ritornò sulla figura al centro del giardino di drosere. Era sparita, così, da un momento all’altro.L'ametista al collo dell'animale illuminò una rapida via per raggiungere l'esterno. La luce passava tra gli intrecci dei rami, delle foglie e dei fiori e li guidava verso un'uscita sicura, lontano dalle insidie della fredda regina.Il passaggio non dava sul giardino. Un buio avvolgente regnava tra gli alberi dorati.L’eclissi nascondeva la luna; solo alcune scintille di qualche strano animale vagavano qua e là nella foresta. Una leggera nebbiolina saliva appena dal terreno.Bianca ricordava ancora con terrore l’esperienza nel grigio labirinto mentre cercava di ritrovare Pantofola.Era in ansia. Insieme al felino camminava cauta senza fare rumore e con passo lento cercava di schivare alberi, cespugli e qualsiasi altra cosa l’avrebbe ostacolata.Seguiva Sheeba in ogni suo movimento sicuro; gli occhi di arida sabbia parevano vedere meglio in quella oscurità.In lontananza una scia familiare si avvicinava sospetta. Bianca la scrutava impallidendo.- Uno dei Senzavolto! Sheeba, ci sta raggiungendo!Lo spirito si guardava intorno e annusava l’aria perplesso.Sentiva una forte presenza che si avvinghiava intorno al ciondolo rendendolo difficile da controllare. La sfera biancastra perdeva energia interrompendosi per poi ricomparire dopo pochi secondi.D’un tratto un timido raggio di sole uscì dalla pietra arancione che la piccola teneva attorno al collo. Il fascio sottile danzò nel buio girando su se stesso. Dall’altra parte un fioco luccichio verdastro uscì sotto forma di ramo secco. Ballava contorto insieme al raggio di luce.Appena i due si incontrarono, Bianca fu catapultata per terra da una forza inspiegabile.Lo spirito sembrava impazzire dal forte dolore e disperato portava le mani alla testa, che pareva dovesse scoppiare da un momento all’altro.Il Senzavolto prosciugato di tutta la sua linfa vitale era magro, quasi trasparente e l’immenso strazio non l’abbandonava.

19 visioniI colori degli alberi, del cielo, delle persone, si mischiavano tra di loro.

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Una carezza.Il Personaggio seduto sul prato parlava e attendeva. A braccia aperte.Un sorriso pieno d’amore spiccava in tutto quel frastuono di luci e di immagini.L’erba si muoveva al venticello caldo e portava con sé un delicato profumo di marzapane.Poi un applauso di gioia. Infine il vuoto.Una sensazione di nostalgica solitudine calava nel cuore e un’eterna prigionia soffocava anche l’ultima speranza.Un forte bisogno d’aria svegliò traumaticamente Bianca.Le visioni avevano lasciato un segno profondo nella mente della bambina e risuonavano in ogni suo pensiero come flash disturbati di una vita passata.Il buio della notte la spaventava ancora, ma la vista dello spirito morente le portò un po’ di sollievo. I fasci erano ancora uniti ma un colpo molto forte li disgregò completamente, facendoli tornare all’interno dei ciondoli.La signora dei Senzavolto con un balzo leggiadro scavalcò lo spirito in fin di vita che si lamentava ancora al suolo.- Che razza di incapace! - e un’occhiata fulminante trapassò l’oscurità rivolta verso Bianca e il maestoso animale.Sheeba afferrò prontamente la piccola e scattò il più lontano possibile correndo tra i cespugli, diretto verso una meta che solo l’animale sembrava conoscere.Bianca sentiva mal di testa, anche se l’aria fresca sul suo viso la rigenerava un poco.La donna pareva non interessarsi a tutto ciò. Con un gesto richiamò a se la luce bianca che avvolse di nuovo il ciondolo intrappolandolo nella sfera luminosa.Dalla nera drosera sopra il gazebo uscì la linfa vitale che diede forze al Senzavolto alleviandogli le sofferenze della morte.La corsa del felino s’interruppe bruscamente davanti ad una porticina trasparente.- Ho già utilizzato questo tipo di passaggio - ansimò la bimba.Poi guardò Sheeba negli occhi e un sentimento caldo brillò nei loro cuori. Ci fu un abbraccio carico di affetto che si interruppe bruscamente.La donna delle drosere li aveva raggiunti. Con la forza dei suoi misteriosi poteri trascinava il nero animale che cercava di liberarsi a tutti i costi. Bianca era disperata e non sapeva come muoversi. Fece per correre incontro a Sheeba ma l’animale rizzò il pelo, contrariato.La piccola allora capì che doveva andare via e oltrepassare quella strana porta alla quale era stata condotta con tante fatiche.Un salto, un ultimo pensiero rivolto all’amico e poi… chissà se l’avrebbe mai rivisto!Chiuse gli occhi e con un nodo alla gola si buttò verso la salvezza.Ebbe il coraggio di guardare di nuovo fuori e il volto lugubre della signora dei Senzavolto parve improvvisamente entrare in quell’invisibile passaggio. Bianca si trovò ad un palmo di naso quel volto carico di odio e di disprezzo.I denti digrignavano nello sforzo di cercare di entrare, ma una spinta opposta alla sua la rigettò nella buia foresta.

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20 cos'è quella cosa?Qualcosa non funzionò come l’ultima volta.Una galleria di grossi massi si apriva davanti a Bianca, illuminata da deliziose lanterne rosse.La bimba osservava con aria pensierosa le pareti vicino a lei.Si mise così a camminare lentamente, ricordando l’ultimo avvenimento della sua vita, e le immagini di quanto accaduto si offuscavano sempre più e sembravano scivolare dalla memoria.Capita sempre così, pensò, quando vuoi tenerti impressa una determinata cosa finisci per dimenticarla, alcuni pezzi vengono a mancare ed il puzzle non è più completo.Era già fuori dal tunnel ed un venticello freddo la fece rabbrividire. L’inverno era alle porte. Si avvertì nell’aria una sensazione di subbuglio: rumori e grida si udivano provenire da non molto lontano.Attorno a lei un cielo di un profondo blu non la spaventava, anzi pareva proteggerla.Era su un’altura dalla quale vedeva ogni cosa: vaste estensioni di nebbia, la cascata, il bosco dorato ed altri luoghi a lei sconosciuti a di un fascino impensabile. Si divertì a localizzare i Senzavolto ed ecco che uno vagava sul sentiero di vetri colorati, l’altro era nascosto tra la vegetazione vicino al fiume, uno un po’ tonto guardava la sua immagine riflessa nel lago di luce e l’ultimo era al limitare dell’Oltrenebbia.Poco più distante si avvistavano le luci del villaggio che erano uno splendore agli occhi di Bianca.Il suo punto di riferimento, il suo ritorno, la sua famiglia. Una strana sensazione la sfiorò. - Il nonno mi sta guardando da quella piccola finestra. Ne sono sicura. Infatti la piuma di Artemisio brillò di gioia solo per l’adorata bambina.- Ora pensiamo a noi - si disse Bianca carica di energia.Davanti a lei si apriva un sentiero stretto di legno e corde. Sotto, la notte abbracciava il vuoto. La passerella aveva un tetto di foglie e grappoli di ciliegie mature congelate.Dai rami pendevano bolle di vetro madreperlate nelle quali vagavano strane scritte:Serafino graffio e strofino, Ponte della tana, “Mangiabbuffa” Taverna, Borgo Lieto, …Uscita.Toccando una sfera, una buffa voce con una schiacciatissima “F” diceva frasi del tipo: "PONTE DELLA TANA: potrete osservare le nostre ottime ciliegie che si scongelano in tarda primavera. Il giardiniere Rufus Bulbaporo provvede alla manutenzione delle pregiate e rare piante, mentre il legno centenario della passerella perdura forte e resistente nei secoli.Oppure: "USCITA: non troverete niente di meglio al di fuori di Borgo Lieto- Borgo Lieto?!? - una ciliegia ghiacciata le cadde in testa interrompendola.SCATTACLOMP SCATTACLOMP SCATTACLOMP SCATTACLOMP SCATTACLOMP.

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Un sacco di piume rotolava a gran velocità verso di lei. Due magre zampe gialle roteavano senza sosta creando una nube di polvere e penne biancastre.- Cos’è quella cosa? - disse Bianca sconvolta e di scatto si mise a correre. Ogni tanto si girava incuriosita.- Un becco, due ali… un bargello penzolante… è una gallina!!! MA È ENORME! L’animale rotondo come un grosso gomitolo faceva rimbalzare le sue cosce lardose facendo oscillare il ponte a dismisura.Bianca si fermò di colpo, convinta di affrontare la gallina a pochi metri da lei, ma questa deviò la sua corsa e con tutte le sue forze si lanciò a capofitto dalla passerella verso il blu del cielo.Il pennuto convinto di poter volare sbatté freneticamente le piccole ali, perse altre piume e si fermò incerto nell’aria. Rimase sospeso per pochi secondi. Mentre guardava il vuoto sottostante un senso di vertigine fece capolino in tutto il suo corpo grassoccio. Sembrava sentirsi veramente male quando con tutto il suo peso precipitò a picco con le ali aperte svolazzanti.Bianca si affacciò dal ponte e vide la gallina diventare sempre più piccola, un puntino bianco nel cielo denso.Un grido di terrore usci dal becco giallastro dell’animale e arrivò con potenza all’orecchio della bambina.Un tonfo assordante fece spaventare molti uccelli che dormivano sugli alberi e che apparvero tra il blu del cielo come piccole farfalle bianche.Bianca non sapeva se ridere o preoccuparsi per la povera gallina distesa al suolo sotto una decina di alberi. Un coro di voci la distrasse dai suoi pensieri.- UEEPPA’, UEEPPA’ Era come una canzoncina, accompagnata da battiti di mani, di piedi e di mani contro piedi.La bambina girò lentamente la testa - E adesso cosa mi capiterà? Un attimo di tregua non c’è qui?! Un sorriso le si allargò sul viso alla vista di quegli strani e giocosi personaggi. Erano gnomi adulti di robusta corporatura ma superavano di poco la sua altezza. Avevano vestiti stracci, graffiati e rattoppati di colori scuri e poco lavati. I loro nasi erano a mezzaluna stretti e ricurvi. Gli occhi rotondi e più larghi del dovuto, brillavano alla luce delle torce infuocate che tenevano stretti tra le mani grassocce. Indossavano simpatici berretti dai quali ciondolavano ciliegie di vetro e campanelli a forma di ciliegie. Alla vista della bambina gli gnomi restarono paralizzati.- ALL’ ERT !- All’erta? - Ripeté Bianca, dopo essersi accorta delle cerbottane puntate contro di lei.- OHOOHOHOOH - Dissero in coro gli stravaganti ometti che stupiti cercavano gli sguardi dei compagni mandandosi segnali confusi.- Sa parlare il nostro linguaggio! - Sbottò uno gnomo dal tono di voce pesante e poderoso.

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Una testa di capelli color miele sbucava a balzi dietro il gruppo ben unito che borbottava ancora come una pentola di fagioli. Nessuno se n’era accorto tranne la piccola, che incuriosita cercava di capire o di vedere a chi appartenessero.

21 brigilda 213

- Su, via, fate largo brontoloni! La paffuta signora si fece spazio tra la folla di gnomi.Bianca drizzò la testa come un gufo incuriosito, ansiosa di scoprire cosa si muoveva tra il gruppo scompigliato dagli spintoni.- Ma non vedete che è solo una bambina?- Ghe gos’è una bambina? - chiese un ometto tarchiato con il muco che gli scendeva dal naso. La signora lo guardò torvo senza dare una risposta.- Vieni qua piccina!Bianca osservava accigliata le lunghe trecce, le rotonde guance infuocate e il gonnellone ricamato. Arrossì quando la donna gnomo la abbracciò in segno di accoglienza e la invitò a seguirla.Il ponte conduceva ad un villaggio di alberi di ciliegie e un cartello di legno riportava la scritta di Borgolieto.I ciliegi si affacciavano alla piazzetta circolare. Bianca si guardava attorno.Gli arbusti parevano salici piangenti e creavano una fila di portici che collegava le varie abitazioni tra di loro. - Ah, che dimenticanza! Io sono Brigilda, e la mia casa è laggiù. Verrai a stare da me, se ti va… almeno per passare la notte! Al centro della piazza c'era un grosso camino di mattoni rossi tempestati di sassi deformi e sporgenti.Il camino era quasi spento: usciva solo un lieve e bizzarro fumo grigiastro che salendo si confondeva col cielo.Entrati nei folti portici si stavano dirigendo verso l’albero numero 213.Non che ci fossero 213 ciliegi, ma i numeri erano sballati e passavano dall’1 al 17 al 180 e così via…Dopo aver passeggiato per qualche minuto, Brigilda si fermò picchiando per terra col tacco della scarpetta di legno mentre Bianca, colta alla sprovvista, rimbalzò sul gonnellone imbottito della simpatica signora.- Eccoci, siamo arrivati. - disse a bassa voce vedendo il gruppo di gnomi dietro di lei.La bambina si voltò troppo tardi e quei brontoloni si erano già dileguati.Poi osservò Gilda infilare un dito in una delle tante serrature; ne scelse una arrugginita con un pettirosso smaltato, la fece girare due volte a destra e una a

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sinistra. Estrasse il dito: un ditale dalla forma di coda di drago le si era avvinghiato attorno e si muoveva meccanicamente.- Oh, avanti, stai ferma fizzistrizzi! Bianca la guardò con occhi sgranati.- Non ci badare… - continuò lei.- Hanno da poco derubato la mia casa e la nuova fizzistrizzi non funziona ancora bene. - Fissistrizzi!? - pensò Bianca - Ma dove sono finita? … Chiamarla chiave non sarebbe stato più semplice? Che stranezze… Bianca cercava di capire in qualche modo come andassero le cose in quell'insolito villaggio. Ma più si sforzava di trovare spiegazioni, più si accorgeva che anch'esse erano alquanto bizzarre.- Potresti girarti un momento? Sai… per sicurezza... non vorrei che…La bimba fece un cenno di assenso con la testa e si girò, lasciando la gnoma concentrata sul da farsi. Sentì un cigolio e un rumore simile ad uno sbatter d’ali, seguito da un arrotolarsi di piccoli ingranaggi. Con la coda dell’occhio Bianca vide aprirsi una botola nel terreno, tra le radici dell’albero, che doveva sicuramente portare all’interno della casa.Bianca si voltò. Gilda la stava attendendo con un radioso sorriso e le indicava la piattaforma di legno nel tunnel sottostante.La fizzistrizzi che aprì la botola era sparita dal dito paffuto e un versettino agitato proveniva dalla serratura. Dopo qualche ligneo scalino la piattaforma non si rivelò altro che un ascensore manuale. Bianca guardava stupita la serie di corde che tirava Brigilda e intanto scendevano sempre di più. La signora suonò un campanello, forse per comunicare il suo arrivo, e poi indaffarata ritornò a maneggiare la corda sgualcita. Le sue guance accese si gonfiavano ad ogni strattone e le sopracciglia bionde erano inarcate per lo sforzo.Dopo qualche minuto toccarono pesantemente terra levando il classico polverone da legno tarmato. Una porta a sesto acuto presentava la scritta Gli amici sono i Benvenuti in una calligrafia antica, con riccioli e ghirigori, appena leggibile. Grosse viti in ferro caratterizzavano la porta al centro della quale pendeva un grosso battente.- A te l’onore di bussare! - disse la padrona in tono sciolto e disinvolto.Bastò un colpo, un attimo di silenzio e un rumore di passi si avvicinò dall’altra parte della porta. In un istante una mano sciupata la aprì, mostrando ciò che Bianca proprio non si aspettava.Un coso ricoperto da un folto pelo scompigliato e con quattro piccole zampe color castagna le piombò addosso. Cominciò ad annusarla incuriosito.Sprizzava vivacità mentre saltava da ogni parte e dopo il primo brusco impatto la bimba riuscì a stento a trattenere la voglia di sfogarsi liberamente in modo così allegro e spontaneo. Si lasciò andare ridendo di gusto insieme alla paonazza Brigilda che grattava la testa disordinata del cucciolo.

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Una figura davanti a loro sorrideva tra la barba lunga girata come sciarpa attorno al collo.Un berretto blu aveva stampato tante cicciose galline e una lunga camicia da notte riportava gli stessi disegni ripetuti in modo originale. Le babbucce in tinta rattoppate conferivano al personaggio un'immagine trasandata.Lo gnomo invitò le due ad abbassare la voce.- Hem, come hai detto che ti chiami? - La signora si rivolse a Bianca."Non l’ho detto" pensò. - Ehm… Bianca - disse a voce alta in modo che lo gnomo potesse sentire.- Sì, Bianca, graziosissimo nome… Ecco: lui è Callisto, mio marito da più di vent’anni. Quanto tempo è passato eh, Callisto caro? Anche lui abbracciò la bambina, anche se in modo più distaccato, e rispose: - Non siamo cambiati di una virgola.- Ora avanti, entriamo in casa, ci sono orecchie indiscrete qui fuoriUn abbraccio caldo le arrivò anche dall’abitazione, piccola ma studiata alla perfezione nei dettagli. Una soffice luce di camino si rifletteva sulle assi ben assestate delle pareti e un tavolo basso e rotondo occupava la casa.

22 quel branco di babbei

- Gradisci una tisana? Bianca accettò distrattamente. In quel momento era troppo occupata ad osservare la casa. - Accomodati pure - la distolse Callisto.Sugli schienali delle sedie si notavano disegni di erbe, radici e spezie. Bianca si sedette su quelli che parevano fiori di lavanda essiccati e raccolti in un cuscino giallastro molto odoroso. - Vedo che hai già conosciuto Muffa, il nostro lemming domestico L’animale spuntò da una testa vicino al camino che la bimba non aveva notato.- Si… - rispose Bianca fermata da un’altra domanda.- Da dove vieni? - Già la cosa si complicava, Gilda era sparita e…- Lei conosce Seamròg? - rispose a disagio.- Nella mappa del mondo esplorato dai nani, gnomi e piccole creature è segnato come un posto molto lontano! - Potrei… - Sì, fai pure - disse gentilmente Callisto.Bianca si alzò diretta al camino, la mappa su pergamena era appesa sopra la cuccia di Muffa e occupava gran parte della parete. Seamròg era situato a nord, lontano da Borgolieto ad una delle estremità della cartina. Casette stilizzate rappresentavano il

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villaggio, una legenda diceva: Una cinquantina di abitanti popola il piccolo paese e una grossa A di amici rimandava ad una vecchia data del trattato di pace fra le due razze di uomini. Bianca sollevata si girò verso Callisto con un lieve sorriso.- Non è così semplice - spiegò lo gnomo.Da molte generazioni non comunichiamo più con i saggi di Seamròg a causa delle innumerevoli divergenze Morbasco, il capo assemblea nonché garante del trattato, fu cacciato dall’ordine dei saggi molti anni orsono e di Seamròg non abbiamo più notizie. La storia dei disboscamenti ai danni dell’Oltrenebbia è giunta a noi da fonti ben attendibili grazie al primo ministro Elgiso.Questa cosa non è andata giù a molti.Non ti preoccupare, non ce l'ho con te, ma con quel branco di babbei che espulsero Morbasco dall'ordine dei saggi!Dopo un attimo di meditato silenzio riprese:- Sì, loro, con quelle inutili leggende credono ancora che noi gnomi Blusbo siamo piccoli animaletti graziosi per far giocare i loro bambini. Altro che parità di razze… Bah!Entrarono in sala a passi ciondolanti. Un vassoio di legno era invaso dal vapore caldo degli infusi e si espandeva per tutta la casa. Profumi incompatibili tra di loro si mischiavano. - Menta piperita, liquirizia con scaglie di ciliegia B. verde per te, Bianca! Callisto, tisana al rabarbaro ed erbe medicinali in arrivo! Con questa di sicuro avrai sonni tranquilli! Piccola, appena hai finito la tisana ti mostro il tuo letto. Raggiungimi quando vuoi, io ti aspetto in cucina! Il silenzio che si creò dopo che Gilda se ne andò fu carico di pensieri.La bambina guardava il soffitto attraverso filamenti di vapore. Le ciambelle appese alle travi ricoperte di zucchero erano veramente invitanti.Callisto era sprofondato nella sua mente. Gli occhi fissavano vuoti la bambina, che mostrava disagio.Bevve a sorsi veloci la calda tisana. Non vedeva l'ora di togliersi quegli imbarazzanti occhi di dosso. Appoggiò la tazza delicatamente sul tavolo e se ne andò verso quella che sembrava essere la cucina. Oltrepassò una tenda di stelle infilate in un filo di spago e si ritrovò in un ambiente di forma circolare. Al centro brillava tra le braci il fuocherello, contornato da grossi sassi striati di verde. Attorno alle pareti risaltavano vecchie credenze stracolme di porcellane e oggetti in legno, mentre grosse anfore riempivano gli spazi vuoti tra i mobili. Da ogni mensola e da ogni scaffale pendeva un pizzo e un merletto diverso, tutti di vari colori, alcuni fatti a mano e altri stampati.Nel suo insieme la cucina si presentava allegra e pomposa ma anche un po’ disordinata. Uno spazio dedicato alle tisane fumava dietro a Brigilda e molti boccettini di pout-pourrì attiravano l’attenzione di Bianca. Tutti i vasetti avevano la propria targhetta incollata sopra, scritta e decorata.

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Una fascia di piastrelle verdi somigliava a tante rane che si muovevano e saltavano sulla parete. Da una mensola penzolavano pattine e mestoli di varie misure, mentre grosse ceste piene di frutta e verdura spuntavano sopra e sotto le credenze. Un tappetino a forma di pannocchia fece notare a Bianca la pompa dell’acqua. Gilda aspettava con il solito sorriso. - Avrai tempo domani di osservare la casa, ora ti accompagno a letto.Aveva già il candelabro in mano anche se solo una candela era accesa. Uscirono insieme dalla cucina e imboccarono un corridoio nel buio. Bianca seguiva la signora alla cieca tastando l’aria. La candela non rifletteva molta luce ed i bagliori mostravano parti di corteccia da ogni lato del muro. Una porta mimetica ruotò spinta da Gilda e la stanza fu rischiarata dalla piccola fiamma. Un groviglio di tende s’intravedeva grazie ai fasci di luce tremula, e una cesta di vimini era preparata quasi come la cuccia di Muffa.- Questo è il tuo lettuccio - le sussurrò la signora gnomo in un orecchio.Bianca affondò nelle coperte e guardò Gilda attraversare la stanza e sparire nel buio.Non sapeva dove si trovava e non riusciva a prendere sonno. La sua testa rimuginava il discorso di Callisto e le sue domande non avevano risposte.- Chi era Morbasco? Nessuno gliene aveva mai parlato, forse perché non si interessava molto dei saggi del villaggio. Eppure era impossibile che non avesse mai sentito prima d’ora quel nome. Alcuni indizi ripercorsero la sua mente: è stato cacciato, era un personaggio importante dei saggi. Ma se così bravo che motivo c’era di espellerlo?Magari non vive più a Seamròg ed è per questo che non ne parlano. E’ meglio lasciar perdere, almeno per questa notte. Dormiamo. Gli occhi di Bianca si chiusero senza alcun risultato. il sonno non arrivava. Passò diverso tempo a osservare le pieghe della tenda, finché esse cominciarono a vibrare all'improvviso mosse da un leggerissimo vento. Nella stanza non c'erano finestre, eppure il tessuto si lasciava trasportare in modo più veloce e inquieto. Si alzò un sospiro pietoso e affannato, che in poco tempo inondò i timpani della bambina: dove sei?… dove sei?… dove sei?…In realtà la voce pareva quasi l'ululato del vento e solo le sue orecchie captavano quelle parole. L'eco delle drosere inondava la sua mente. La maledizione alla quale era scampata aveva portato effetti negativi su di lei. Dormire quella notte risultò ancora più difficile. Tutto ritornò a posto nel giro di pochi secondi, quasi come non fosse successo niente. La tenda era di nuovo immobile. Bianca si sotterrò completamente sotto le coperte promettendosi di non uscire.Uno spiraglio nel lenzuolo catturava l’aria circostante, lasciando filtrare un po’ di ossigeno.Bianca non pensò più a nulla, con le mani alle orecchie e gli occhi chiusi sperava con tutta se stessa di riuscire ad addormentarsi. Quando Gilda la svegliò era già mattina. La tanto attesa e desiderata mattina.

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23 sezione terza classe

La stanza si presentava solare. Il soffitto era cosparso da tante piccole lucine come se dall’intreccio di rami colasse una resina luminosa. I rami erano nascosti dalle trasparenze dei tessuti che scendevano sulle pareti. Solo brillanti puntini luccicavano e balzavano all’occhio anche attraverso le tende.Il faccione di Gilda sorridentissimo la guardava ancora.La signora teneva fra le mani un morbido maglione e dei calzettoni di lana a righe verde scuro e arancio tendente al marroncino. Non ebbe nemmeno il tempo di strofinarsi gli occhi e di collegare il cervello a quello che stava accadendo…- Su, tesoro, indossali, così vedo se devo fare delle modifiche! Bianca di malavoglia si lasciò in pratica vestire da Brigilda. - Si, può andare. Ora corri, va' a lavarti che sei già in ritardo! - Dove devo andare? - chiese la piccola.- Oh, che sbadata… seguimi Uscirono nel corridoio.Colate di resina luminosa scendevano dal soffitto e davano luce all’ambiente. Una porticina nella corteccia fu aperta dalla signora gnomo. Comparve una stanzetta con 4 tinozze: una era stracolma di acqua e schiuma, le altre vuote.- Mettiti pure a tuo agio, nessuno ti disturberà! Mi raccomando, non fare troppo tardi. Asciugamani sgualciti erano riposti in un mobiletto traballante e dall’aspetto scontroso. Sostanze giallo acido si aggruppavano come grosse placche al pavimento. Ai lati della tinozza c'erano due pesci stilizzati di marmo rosato.- Pes - sina… E - bol - li - lesse incerta Bianca.- Ah, si! Pessina Ebolli - Un getto di acqua calda schizzò dalla bocca aperta del pesce e arrivò direttamente nella vasca. Sull’altra statua c’era inciso “Pessina frigidarium” ma la bambina non si azzardò a pronunciarlo.Il bagno fu rilassante, a parte il sapone. La normale saponetta quadrata e profumata, che di solito si usa per lavarsi, era sostituita da un blocco secco di sostanza giallastra simile a quella del pavimento. Odorava di rosmarino misto a cannella. Tornò ancora inzuppata nella stanza da letto e si accorse di altre due ceste/letto nascoste con astuzia tra le tende e i veli. Indossate le buffe e calde calze a rigoni provò il maglione di lana che le faceva da vestito. Era di un bel bianco pecora! Aveva cappuccio, tasche capienti esterne e interne e dei bottoni in legno chiaro.Appena fu pronta corse in cucina, ma nel salotto si accorse che dei volti assonnati la osservavano immobili e tenevano in mano fette di ciambelle alla marmellata di ciliegie. Anche Bianca si bloccò, sfoderò uno dei suoi rari sorrisi smaglianti e si

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sedette sulla sua, ormai, sedia di lavanda essiccata. Prese una tazza di tisana e iniziò a bere, mentre i due bambini davanti a lei erano ancora basiti. Gilda li svegliò: - Buongiorno Bianca! Questi sono Margie e Tick. Hanno 11 anni. Come te, giusto? - Sì, esatto! Hem, piacere di conoscervi! - Il piacere è nostro! - Parla per te Margie! - ribatté Tick.- Piccolo infante che non sei altro! - lo ammonì Gilda.- Infante? - ripeté Bianca.- Infante è qualcuno che ha la testa da poppante - sghignazzò la bambina.Margie aveva gli stessi occhi del padre: tondi e verdastri. Tick era biondo e sfoderava un naso a uncino tipico degli gnomi Blusbo.Vestivano in modo molto simile a lei.Il bambino portava pantaloni castagna rattoppati di marroni diversi e un maglione a righe gialle e verdi. Margie indossava calze identiche alle sue e una salopette rossa smangiata dalle tarme che non si addiceva per niente alle calze. Un bel cappellino stravagante risaltava sulla sua testa con ricamato il nome della Borgolieto III classe.- E’ il momento di incamminarci verso scuola. Bianca: io e te faremo la spesa! - le disse Gilda.Uscirono allo scoperto. Callisto se ne doveva essere andato già da un pezzo. Un frusciare di voci di passanti affollavano i portici. Ovunque Bianca passasse, tutti si voltavano a guardarla allibiti. Alcuni scuotevano la testa, altri sembravano perfino sorriderle.La scuola di Borgolieto era in parte in superficie e in parte sottoterra. L’edificio era a cinque piani anche se Bianca ne vide solamente tre. La sezione terza classe era stracolma di bambini della sua età. In pochi la notarono, ma la voce passò in fretta da orecchio a orecchio tanto che per un attimo parve la stessero tutti fissando. A fatica riusciva a seguire Gilda. La scuola era situata lontano dalla piazza e un porticato la collegava ad essa. Dalla cerchia di alberi si staccavano due strade parallele sempre seguite da ciliegi abitati da gnomi. Una portava alla scuola, l’altra ad un edificio che pareva di grande importanza. La confusione del III piano frastornava Bianca. Una grande vetrata dava su un balcone occupato per la maggior parte da un vecchio albero.Il ciliegio pareva guardarla. Fece vibrare la sua chioma e lasciò cadere delicatamente una piccola sfera di cristallo nella quale ondeggiava la scritta “per Bianca”. La bambina si fece spazio tra la folla di studenti e si fermò davanti all'enorme maniglia della vetrata. Una fila di foglie intarsiate nel legno arricchiva maggiormente la serratura spruzzata d’oro. Con due mani Bianca cercò di girare il pesante maniglione ma gli sforzi furono inutili: la porta era chiusa a chiave, una grossa chiave che lei non possedeva.La piccola boccia si avvicinava e la guardava dall’altra parte della vetrata. La biglia prese velocità e passò rapidamente attraverso il buco della serratura arrivando tra le mani di Bianca. La scritta volteggiante all’interno cambiò e diceva: “L’albero della

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Saggezza!. Posò la sfera nella tasca quando si accorse, incredula, di aver dimenticato l’uovo di Artemisio nei vecchi vestiti.Le prese un senso di vuoto allo stomaco. Si guardò intorno. Gilda era completamente sparita. Centinaia di teste andavano per la loro strada: nessuno pareva poterla aiutare. La sua mano quasi d’istinto prese a torturare il legaccio della borsa.

24 un finto libro

Fece alcuni passi avanti, incerta su dove dirigersi.Gilda quella mattina indossava un soprabito di juta che aveva un odore insolito, simile al latte vecchio di pecora.- Dispersa piccola Bianca? Un uomo alto dal volto sconosciuto, capelli neri a caschetto che toccavano le orecchie, la osservava.- Ci conosciamo? - chiese la bimba osservando qualcosa di insolito nel personaggio, qualcosa che in quel momento le sfuggiva. L'uomo si mosse verso di lei con passi agili, gli occhi sempre coperti dall’ombra scura del caschetto lucido.- Non vorrei che finisse col ficcare il naso in faccende che non la riguardano. Nasconda meglio il ciondolo che tiene al collo: molti… ucciderebbero per possedere quel gingillo! Lieto di averla incontrata… - Oh, tesoro, sei qui! Temevo di averti perduta! - Gilda l’abbracciò fortemente.- Chi è quell’uomo? - Chi? Quale? Dove? - Quello laggiù… l’umano - indicò Bianca con lo sguardo.- Ah si, è il professor Shanor! Insegna ”Passato e Avvenire”, in poche parole la storia di Borgolieto! E’ un uomo distaccato e freddo nei sentimenti. E puzza anche di cane bagnato nei giorni di pioggia! Uscirono ridendo dalla scuola.Non c'era ormai più nessuno nei corridoi e Bianca ammirò le grandi pergamene srotolate sulla parete di muschio e corteccia.Ogni pergamena descriveva una materia insegnata nel terzo livello: Erbologia, Calcoli, Scrittura Antica, Linguaggio, Passato e Avvenire, Interpretazioni di segni e sogni, Studio del bene e del male. Bianca diede una sbirciatina alla cartella di Passato e Avvenire:

Conoscenza degli stratagemmi politici, storici caratterizzanti il periodo oscuro di Borgolieto. Quindi studio approfondito del passato in preparazione al futuro. Capire il governo e le sue diramazioni. Comprendere le metodologie di personaggi importanti che diedero una svolta e presero provvedimenti definitivi nella nostra grandiosa Riforma fondata sull’esigenza degli gnomi Blusbo.

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Professor: T. ShanorOre di lezione: 5Aula: n° 27 A/Z

Ritornò di pari al passo con Gilda e insieme si apprestarono ad uscire.Grazie a un’ultima occhiata la bambina vide le scale a chiocciola che portavano ai piani superiori e ai sotterranei dove c’erano le prime due classi.In un angolo, su un piedistallo, si apriva un finto libro di legno che esaltava le doti e le qualità dell’Albero della Saggezza.- Interessante! Gilda, aspettami fuori, ti raggiungo subito!Si avvicinò al libro ma non trovò quello che stava cercando; la scrittura era indecifrabile e anzi le ricordava gli scarabocchi di Tommy.- Almeno lui li avrebbe capiti. Aveva le mani fredde. Dopo essersele infilate nelle tasche si ricordò della boccia custodita in una di esse. La prese e pensò a cosa mai le potesse servire. Squadrò più volte il libro. La copertina era ciò che preferiva contemplare prima di leggerne uno. Osservò l’atrio e le scale: via libera.Si rannicchiò sotto il poggialibro e d’istinto fece combaciare la sfera ad una incavatura nel legno. Sentiva dentro di lei che mani fatate l’avevano incisa non con scalpelli bensì con piume linde. Lesse attraverso la biglia quello che prima non comprendeva e capì: l’Albero della Saggezza non prevede avvenimenti futuri e non risponde a futili richieste; sa riconoscere chi è di animo oscuro e illumina di sapere coloro che hanno sincerità nel cuore e che sono alla ricerca della verità. Un cuculo spuntò dalla corteccia del muro e cantò così a squarciagola da rintontire Bianca per qualche minuto.La prima ora di lezione era finita. La bambina staccò velocemente la biglia. Sapeva che entro pochi secondi si sarebbe scatenato il putiferio.Corse appena in tempo fuori dall’edificio schivando un’ondata di studenti del II anno.- Tutto a posto cara? - le disse Gilda mentre evitava una grossa sfera luminosa in cui vagava la scritta “Lettera per Marvis Callagan”.Davanti a loro la strada diritta portava alla piazza fumante.- Fumo!?! - urlò Bianca a occhi sgranati. - Un incendio, Gilda! La piazza brucia! Ma la signora pareva non capirla. Incrociava le sopracciglia con aria incredula.- Perché te ne stai lì imbambolata? La tua casa, il villaggio, bruceranno! Guarda anche tu! - Bianca, tesoro, quello è il pulviscolo incantoso. - Eh? - Pulviscolo incantoso: non inquina l’ambiente, fa crescere meglio le nostre ciliegie. Su, andiamo, tutto sarà più chiaro quando arriveremo in piazza.Molte sfere con scritte luminose ondeggiavano nell’aria, dirette ai loro destinatari.

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25 1a LETTERAA Seamròg un anziano signore chiamava il suo uccellino.- Esci dal nido, piccolo Artemisio, ho qui un bel viaggetto per te! Ampu sventolava tra le dita incise dal tempo una pergamena arrotolata che aveva scritto la sera prima…Era già oscuro il paesaggio fuori dalla finestra, una notte di cielo coperto da carichi nuvolosi. Perfino la luna impaurita si era dileguata tra l’intensità del manto.I nuvoloni parevano incombere ovunque.Il nonno rinchiuso nel suo caldo nido era già all’opera.- Questo papiro è rifinito alla perfezione. Ah, non ne fanno più così oggigiorno! Inzuppò la penna di pavone bianco nel nero inchiostro e si strofinò la fronte. Si perse dopo pochi istanti nei suoi pensieri.- Ah, si… cosa stavo facendo? - Gli gnomi sono molto intelligenti - gli rispose- Ma che sto dicendo! CONSONANTE, VOCALE, ABCD, ah sì, la lettera! Stavo iniziando a scrivere! "Carissime Cognate…” Ma sì, aggiungiamo anche bellissime…

Carissime e sempre bellissime cognate, come passate i vostri anni migliori? Io sono in gran forma. Vi scrivo per parlarvi e quindi mettervi al corrente di cosa è successo alla vostra, nonché mia, nipotina Bianca. Credo che qualcosa già saprete… voi sapevate sempre tutto prima di me grazie a quegli odiosi piccioni pettegoli. Com’è che si chiamavano? Ah, sì!, gli Impiccioni. Vi avranno di certo riferito qualcosa sulla piccola Bianca. Ma se non lo hanno fatto, vi sto scrivendo apposta per informarvi di questo. Bianca si è inoltrata nell’Oltrenebbia suppergiù un mese fa, equivalente a tre lune piene in Val di Monte. I saggi di Seamròg sono convinti che sia morta e due squadre di ricerca non hanno fatto ritorno al paese. Io inizio a pensare che il cervello, quei buzzurri, lo usino in casi eccezionali, o avranno perso alcune rotelle arrugginite? E’ una situazione veramente critica e mio figlio vuole partire al più presto per cercare Bianca. Rischia la vita e lui lo sa, ma non riesce a starsene a guardare e intanto persone del villaggio vengono dichiarate disperse! Gli ho già detto 194 volte di stare tranquillo… Due giorni fa Bianca mi ha guardato da un’altura: io non l’ho vista, ma Artemisio si! Quindi so per certo che è viva!A causa di questa spiacevole scomparsa vi devo chiedere di trovarci assolutamente a casa mia per la prossima luna nuova. E’ una riunione di vitale importanza. Il patto del Quadrifoglio si ritrova di nuovo.”

- Ecco. Impronta digitale e… cari, affettuosi, semplici? Si!

Semplici saluti

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Ampu

- Pronto per la partenza? Artemisio scrollò la coda e guardò corrucciato il cielo sereno.- Indirizzo: Val di Monte, CASA DEL PENTOLONE BRUCIATO! L’uccellino partì a raffica barcollando un po’ a causa dell’enorme papiro.In realtà la lettera era corta, e Ampu aveva scritto il minimo indispensabile. Era Artemisio ad essere uno fra i più piccoli volatili del mondo, in ogni caso più grosso di un colibrì. Di questo ne andava fiero.Ampu pensava preoccupato, in silenzio. Aveva mandato l’uccellino a cui teneva moltissimo a svolgere una missione delicata e si chiedeva se avesse fatto la cosa giusta.Artemisio era perfetto per quel viaggio: piccolo e veloce sarebbe riuscito a nascondersi ovunque. Solo la preziosa piuma dorata avrebbe potuto causargli pericolo. Il suo luccichio avrebbe infatti attirato cacciatori di taglie, predatori o semplicemente collezionisti di rarità da vendere al mercato nero.- Speriamo bene - pronunciò il nonno scrutando una volta ancora il cielo azzurro. Si stupì di come il temporale della notte precedente non si fosse sfogato. Sembrava essere svanito lasciando la quiete prima della battaglia.- Un gigante solitario - esclamò Ampu mentre osservava la casa in cerca di qualcosa che potesse servirgli. - Ah ecco! - e si diresse sicuro verso una strana tavolozza incastrata nella bocca di una maschera africana appesa al muro. Era ricoperta di polvere, ed alcune impronte di Artemisio spiccavano qua e là. Gonfiando le guance, Ampu cercò di soffiare via lo sporco che nascondeva i disegni del legno. Uno strato leggero come una pellicola opaca rimase sulla tavola ed imperterrito non si smuoveva. Il vecchio prese una spugna di mare e la immerse in un secchio d’acqua tiepida che teneva vicino al camino, la strizzò sul legno e fece scivolare via la polvere. Inserì il pollice nel foro dell’impugnatura e avvicinò il viso consunto alla superficie liscia, estraniandosi dall’ambiente che lo circondava.- Venti, venti potenti soffiate sulle mappe dei tempi. Il temporale che ieri notte spaventava il villaggio ora mostratemelo con il vostro passaggio Un turbinìo scosse la tavolozza. Dapprima comparvero i quattro venti che si spostavano veloci e rapidi. Poi la superficie divenne scura e carica di cattivi presagi e preoccupazioni. I nuvoloni erano densi e si muovevano lentamente sopra gli alberi dell’Oltrenebbia.Ampu scostò la testa. La tavola rifletteva il cielo tempestoso sopra il soffitto di travi e Ampu lo osservava con il naso all’insù. Lo vedeva come se lui si trovasse proprio tra gli alberi dell'Oltrenebbia, sotto quel cielo cupo. Artemisio per fortuna volava nella direzione opposta. La sua mente fu attraversata bruscamente da un fulmine che gli ricordò Bianca, e cominciò a preoccuparsi. Il nonno non sapeva minimamente dove si trovasse ora la

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sua nipotina. La tavola gli mostrava ciò che aveva chiesto: il temporale che stava cercando imperversava sull'Oltrenebbia. Quel temporale, proiettato sopra la sua testa, portava dentro di sé una grande potenza distruttiva. La tavola rifletteva sempre più dettagliatamente l'ambiente sul quale passavano i nuvoloni. Erano apparsi i primi alberi dal tronco sottile e slanciato che si allungavano verso il cielo. Era tragico trovarsi nel finto bosco e non poter fare nulla. Non bastavano le piccole arti magiche da lui praticate e i poteri di un tempo li aveva ormai abbandonati. Il nonno osservò ancora gli alberi attorno a lui. Tutto quello che lo circondava era un’illusione.- Un’illusione reale - disse il nonno prima si riporre la tavolozza.

26 ho rovesciato il pentoloneArtemisio volava su cieli tranquilli, schivava umide nuvole e correnti ribelli. A volte sbagliava direzione e con nuovo impegno tornava indietro. Si fidava ciecamente del suo istinto e del suo orientamento. Sorvolava picchi scoscesi dai quali vedeva le cime selvagge e sentiva nell’aria l’odore di sole. Sapeva che avrebbe dovuto attraversare chilometri e chilometri di oceano e doveva risparmiare le forze. Non poté però rinunciare ad un’ultima giravolta e scendendo in picchiata vicino agli alberi fece il pieno di insetti e moscerini.La lunga permanenza sul mare significava cibo scarso, per non dire raro e di pessimo gusto. Ora le alture diventavano colline e le colline lasciavano spazio ai noiosi quadrati di terra in pianura. Le zone pianeggianti erano poco estese e si trasformavano in fiordi, alcuni a picco sul mare, altri modellati dal vento e dall’acqua salata. Creavano un paesaggio particolare; movimentato dagli alti e i bassi degli scogli.Il mare era calmo e si infiltrava curioso nelle piccole insenature arrivando in punti perfino introvabili. La brezza solleticava le ali dell’uccellino mentre seguiva con lo sguardo la schiuma delle onde infrangersi sulla battigia.Poco dopo fu in mare aperto, accerchiato solo dall’acqua, un’enorme macchia blu verdastra dove il movimento delle onde diventava monotono e ripetitivo.Il paesaggio era interrotto da alcuni pescherecci che sembravano isolotti dispersi.Un gruppo di gabbiani chiacchieroni volava non poco distante. Lo stormo spossato e disunito si agitava nel cielo. Era già tardo pomeriggio e il sole opaco nel cielo lentamente scendeva aspettando l’incontro con l’oceano. Le ore passavano uguali e infinitamente lunghe. Il sole sul mare donava all’Irlanda gli ultimi bagliori invernali, quando tra i deboli raggi apparve una storta torretta che dapprima pareva uno scoglio insignificante.Artemisio si sentì più leggero e ritrovò le forze perdute. Era invaso da uno sfrenato entusiasmo, aveva fatto un ottimo lavoro e l’obbiettivo che aveva davanti ne era la prova. Ora il tempo volava via e l’uccellino sfrecciava spensierato intonando un

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allegro motivetto. La torre di grigi mattoni aveva la punta in pendenza e pareva non cadere per miracolo, come se fili trasparenti e resistentissimi la tenessero su. Una piccola casa rimaneva seminascosta su un fianco della torretta coperta da un mantello di edera sempreverde. Minuscoli puntini scuri si alzarono uno dopo l’altro dal tetto rotondo e minacciosi schizzavano come chiodi nel freddo cielo. L’uccellino si lanciò verso la casetta più veloce che poteva, mentre gli scorbutici IMpiccioni lo seguivano a ruota. Grossi e goffi gli IMpiccioni rimasero indietro. Artemisio trovò una finestrella aperta tra le foglie dei rampicanti. Una puzza di bruciato seguita da un denso fumo occupava la stanza. Voci femminili parlavano tra loro da zone diverse urlando in dialetto irlandese.Passi pesanti e veloci facevano scricchiolare il pavimento di assi.- Aprite tutte le finestre! - Aprile tu, io sto spegnendo il fuoco! - Ma cosa spegni il fuoco, leva il pentolone… è la millesima volta che si brucia! - Io te l’ho sempre detto di non giocare con la magia, ma tu eri odiosa e testarda da bambina! - Vedi di finirla! Ah! - Cos’è successo? - Ho rovesciato il pentolone - C’è del minestrone per tutta la casa? Sei sempre la solita imbra.. - Piantatela voi due! Abbiamo un’ospite! - Un’ospite? - dissero le altre due all’unisono.Celestina aveva sempre avuto la capacità di sentire la presenza delle persone anche se, come in quel caso, non vedeva ad un palmo del suo naso.Una brezza marina attraversò la stanza portandosi via il fumo e la puzza di bruciato. La donna aveva lo sguardo leggero posato sull’uccellino mentre le altre due si guardavano attorno. Artemisio si posò sulla spalla della signora e con il becco sfilò la pergamena che portava legata alla zampa. Iris e Rosina stupite videro finalmente l’ospite misterioso.- Ma che bell’uccellino! Fatti accarezzare! Le due non la smettevano più di fare moine e versettini cantilenanti ad Artemisio che frastornato non sapeva come liberarsi di loro.Nel frattempo Celestina aveva letto e riletto attentamente la lettera. Si schiarì la voce e disse:- Sentite, questo è l’uccellino di Ampu, Bianca è in pericolo e non so per quale ragione si trova nell’Oltrenebbia, da qualche parte. Ampu ci chiede di riunirci la prossima luna nuova.In questo tempo che ci rimane, troveremo e sottolineo troveremo, un metodo per localizzare Bianca! - Usiamo gli IMpiccioni - propose Rosina- Non mi sembra il caso… quei volatili non svolgono nemmeno il ruolo di pettegoli, figurati se accettano di fare i piccioni viaggiatori! Idea bocciata! Voglio che cerchiate ovunque e con il massimo impegno qualsiasi cosa potrebbe servirci… al lavoro! -

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Celestina salì al primo piano, l’unico abitabile, della torre e si mise a frugare tra i libri e le cianfrusaglie dell’ipotetica soffitta. Era una donna intelligente con la testa sulle spalle. L’età non le aveva invecchiato la mente ancora fresca e scattante. I suoi capelli grigi erano gonfiati dalla permanente e avevano lievi sfumature blu-viola. Portava un paio di occhiali con la montatura in vetro rosa e un maglione indaco che le scendeva sui fianchi chiuso solo da un bottone all’altezza del collo. Mostrava sempre uno splendido sorriso di quelli che emanano affetto. Si vedeva ancora dentro di lei la bellissima donna di un tempo.Anche le sorelle erano e rimanevano sempre donne stupende.Tutte e tre avevano le loro foto da diciottenni appese in salotto in cui mostravano tutto il loro fascino. C'era la voglia di vivere nei loro occhi. Iris si trovava in cucina a sfogliare libri di ricette scritti da Celestina, la cuoca di casa.Era una donna non molto alta e cicciottella. Negli ultimi anni era diventata un po’ sorda e questo la portava ad alzare il tono della voce.Concentrata nella lettura, Iris non si accorse di avere la testa appiccicata al libro di ricette, non vide neanche Rosina che ridacchiò passandole vicino. Rosina aveva i capelli lunghi raccolti in un foulard panna a cerchi marroni e bluet. Aveva un seno prosperoso che risaltava maggiormente a causa delle gambette magre e scarne. Era lei la pasticciona del gruppo. Si dimenticava spesso e facilmente le cose prendendo tutto sul ridere.Rosina fece le sue ricerche fuori all’aperto, riparandosi dal freddo con uno scialle pesante. Per tutta la vita aveva allevato anatre polli e conigli e pensava che loro l’avrebbero aiutata.Portò con se un papiro prendiappunti e i suoi grossi occhiali che le ingrandivano gli occhi azzurri. Era la più vecchia ma di questo non se n’era mai preoccupata e neppure l’avrebbe mai fatto. Dopo di lei Celestina e per finire Iris la più piccola. Piccola per modo di dire perché portava sulle spalle più di sessant’anni. Immerse nelle ricerche le tre donne non pensavano che un boccettino di vetro vagava nell’Oceano diretto alla casa del Pentolone Bruciato.

27 un passo indietroAlla partenza di Artemisio, Ampu era corso di fretta e furia alla costa e guardava il mare pieno di speranza.- Arriverà in tempo? - la sua mente ormai pensava solo a quello.Ci rifletteva con tanta angoscia che il cervello sembrava scoppiargli. Non avrebbe mai trovato risposta alla sua domanda; doveva solo aspettare e l’attesa era lunga e sofferta.

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28 ne ho le prove- Ho trovato qualcosa! - urlò Iris.- Credo di aver recuperato un libro importante! - ribatté Celestina.- Riuniamoci in sala. Avvisa Rosina. Davanti alla finestra, su una colonnina di marmo, era poggiato un corno celtico che il mare aveva sputato sulla riva di Val di Monte. Iris vi si avvicinò, e dopo essersi schiarita la voce vi urlò dentro.- Rosinaaa - il terribile suono si diffuse in tutto l’arcipelago e smise poco dopo, risucchiato dall’oceano.La sorella uscì dal fienile ed entrò in casa. Si guardò intorno sorpresa:- Che c’è? Celestina ed Iris l’aspettavano sul divano color carota, e le indicavano con entusiasmo di sedersi tra loro. - Abbiamo convocato questa riunione perché forse crediamo di aver trovato una soluzione… Prego sorella: a te l’onore. Fu il momento della più giovane.- Allora… io ho trovato il filtro dell’insonnia, la tisana sapiente ed il budino prendiforma.Il primo permette di entrare tramite il dormiveglia nella mente della persona, ma serve un capello della persona scelta e noi non l’abbiamo. Inoltre possiamo creare danni al sistema celebrale della bambina senza neanche accorgercene. La tisana permette di imparare in un attimo tutte le formule, gli antidoti, gli incantesimi, ma siamo troppo vecchie e comunque le formule più importanti le sappiamo e sulle ricette di Celestina nient’altro ci può aiutare. Per finire il budino prende le sembianze di qualsiasi persona. I contro sono che, non possiamo inserire nel budino/Bianca il suo cervello quindi il sosia va istruito e.. - Non ci serve un’altra Bianca! - la fermò Rosina.- Beh magari modificando un po’ queste ricette si può creare qualcosa di utile ?! - Vorrei ricordarti che non abbiamo tempo - continuò Rosina.- Sentiamo… tu cosa avresti fatto? - Iris stava inviperendosi.- Ora tocca a me! - dovette intervenire prontamente Celestina per sedare le due.- Io ho trovato questo! - e mostrò ad entrambi un manuale guida del trasporto scritto da Fabiola Spinnet.- Ho trovato alcune cose interessanti. Mi sono assai stupita! E’ la prima volta in vita mia che sentito parlare delle Invisibilie… Iris e Rosina si guardavano sbalordite, poi fissavano di nuovo Celestina e ancora incrociavano gli sguardi.- Eh sì, porte stupefacenti direi… nell’Oltrenebbia ce ne sono una decina, il libro ne parla proprio in questa riga. E’ molto difficile trovarle perché sono pure come l’acqua e trasparenti come l’aria. In più una volta oltrepassata la porta non sai cosa ti aspetta al di là. Insomma: o ti va bene o sei fregato. Ora le altre due la guardavano con sguardi avviliti e depressi.

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- Su, non vi ho ancora detto la ciliegina sulla torta! - Ovvero?! - chiesero in coro Iris e Celestina come bambine curiose.- Ho scovato i camini trasportatori! - C’è una piccola mappa che indica dove sono situati gli antichi camini trasportatori e un’iscrizione spiega come si usano e a cosa servono… - In sintesi… - chiese Iris che non aveva assolutamente voglia di ascoltare tutta la pappardella del libro.- In sintesi i camini servono per trasportare messaggi in breve tempo da un camino all’altro e per finire al destinatario della lettera. Non si tratta comunque di una lettera normale bensì di una sfera di vetro nella quale vaga il nome del destinatario a caratteri luminosi.Siamo molto fortunate perché sull’isola della Ninfea è situato uno di questi camini… ci manca solo una cosa… - Cosa, cosa?? - dissero in coro le sorelle.- Il pulviscolo incantoso - Cioè? - La polvere per accendere il camino. Però credo di avere la soluzione. Sono sicura che tu da piccola quella formula l’avevi imparata Rosina aveva gli occhi pensanti e la mente assente. Cercava di trovare un indizio, un ricordo di quel periodo, ma il vuoto colmava ormai quella parte della sua vita.- Io non ricordo assolutamente niente delle lezioni di ricette con la nonna; avevo poco più di nove anni! E poi, sei sicura che la nonna mi abbia insegnato quella formula? - Si ne sono certa - rispose prontamente Celestina.- E ho le prove Tirò fuori da sotto il grembiule un quadernino malconcio dalle pagine gialle e stropicciate. Rosina lo riconobbe subito. Era il suo diario d’infanzia. Glielo aveva regalato una prozia Norvegese di nome Yolanda.Celestina lo sfogliò fermandosi su una pagina datata al 4 giugno.

4 GiugnoOggi ho mangiato la ciambella col buco.La nonna me l'ha preparata perché sono stata molto brava.Ho imparato la mia prima formula magica. Ci ho messo due settimane per impararla e anche Yolanda è stata molto contenta quando ha ricevuto la mia prima sfera. Sono riuscita però a illuminare solo la scritta “baci” mentre la polvere incantosa la so fare alla perfezione. Sono stata proprio bravissima.

Ti aspetto sempre cara sorellina

P.S: Quando esci dalla pancia della mamma?

- Ok, ok… - disse Rosina - ricorrerò al metodo che usavo da bambina per ricordare le cose.

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Uscì di fretta dalla casetta.Celestina e Iris si guardavano preoccupate: sapevano entrambe quello che avrebbe fatto Rosina.

29 estraniarsiLa sera era ancora giovane, ma d’inverno pareva già notte. Il buio e la quiete erano spezzati dalle onde del mare che spumeggiavano tra i fiordi.L’anziana signora percorreva di gran passo un sentiero difficile tra gli scogli. L'immenso paesaggio marino, non più nascosto dalla folta vegetazione, mostrava ora tutto il suo splendore. Era da tanto che Rosina non ammirava più l’oceano di notte. Si meravigliò ancora una volta. Senza saperlo sentì che tutto ciò le era mancato da morire. Non era più una ragazzina e il freddo non giovava all'artrite. Continuò per la sua strada finché si trovò su uno scoglio piatto, proteso sul mare, che le onde tuttavia non sfioravano.Lo scoglio bagnato brillava nel blu denso della sera, cosparso di sabbia fine e salata. Rosina si sedette sulla punta con le gambe a penzoloni.I piedi erano immersi fino alle caviglie nell’acqua salata, fredda ma piacevole. Uno spicchio di luna si ammirava vanitoso nello specchio dell’Oceano e un soffio di vento le sfiorava i capelli grigi.La donna si distese a pancia in su e guardò per qualche istante il cielo stellato. Poi lasciò scivolare la sua testa giù dallo scoglio, mentre il mare freddo cullava i soffici capelli. Ora anche la sua fronte era immersa nell’acqua. Le onde calme passavano una dopo l’altra. Rosina le sentiva arrivare e andarsene allo stesso tempo.Nella sua mente ci fu un mescolarsi di ricordi, luoghi e date. Il grosso disordine della memoria stava per essere riordinato, bastava solo che la donna scegliesse il momento desiderato. Il sangue le pulsava alla testa. Le ci volle un po’ per trovare i pochi ricordi di bambina. Settant’anni ormai la dividevano da essi.Scoprì di aver custodito alcuni momenti dell’infanzia che nemmeno si ricordava. Era difficile per Rosina concentrarsi perché li aveva in parte dimenticati. Si raccolse profondamente. Riuscì ad estraniarsi.La soffice luce lunare illuminava i tratti del suo viso. Per un istante un bagliore parve mostrare la bambina che viveva dentro di lei.Il suo corpo era cambiato, la pelle liscia cancellava le rughe, il grigio diventava biondo. Senza neanche accorgersene Rosina era di nuovo bambina. I ricordi passavano freschi e limpidi nella sua mente, quando qualcosa andò a sbattere contro la sua fronte. Aprì un occhio e poi l’altro. Tutto si era interrotto. Vide un’ampolla sottosopra mossa dal mare che si avvicinava, s’allontanava e si riavvicinava.L’afferrò incuriosita e si sedette sulla punta dello scoglio. Stappò con i denti il sughero del boccettino e ne estrasse un piccolo rotolo di pergamena sigillato in

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ceralacca. Prese da una tasca interna gli occhiali da vista e li indossò. Le grosse lenti le facevano gli occhi a palla.Lesse velocemente il contenuto del messaggio. Si guardò freneticamente da una parte e dall’altra con la bocca fremente di parlare. Si ricordò di essere sola.Allora iniziò a correre, mentre i calzettoni di lana color carne le scendevano di continuo. Spalancò la porta ansimando, con i capelli bagnati. Fu accolta dalle sorelle.- Cos’è successo?- Stai bene? Rosina cercò più volte di rispondere ma non vi riuscì. Le mancava il fiato e le parole uscivano dalla sua bocca spezzettate senza capo o coda.Alla fine Rosina si rassegnò. Allungò l’ampolla a Celestina che lesse:

Urgente. Prevista tempesta sull’Oltrenebbia. Stanotte. Avvisare Bianca il più presto possibile.Un saluto sincero.

AM

Celestina sgranò gli occhi e lasciò cadere il boccettino che si ruppe in mille pezzi. Il tempo era troppo poco. Iris scosse energicamente la sorella che in pochi istanti si riprese e iniziò a dare ordini.- Rosina: scrivi tutto ciò che ti sei ricordata sulla polvere incantosa. Iris: prepara un pentolone, due mestoli e una ciotola capiente munita di coperchio. Io andrò a prendere quello che è rimasto in soffitta - Ovvero? - domandò la sorella tirandosi indietro i capelli bagnati- La nostra dispensa di ingredienti. Rosina aveva ricordato quella giornata con la nonna per pochi istanti, ma i primi ingredienti erano ancora chiari nella sua mente.- Sabbia di luna piena, 3 cucchiai. Polvere di conchiglie, 2 cucchiai. Algamalva, un pizzico. Miscelare con due mestoli di acqua dell’Oceano… e poi… - le sfuggiva di sicuro qualcosa, un fiore, del fuoco. Aveva trascorso pochi attimi nel suo corpo da bambina e…- Dai, iniziamo con questi Arrivò Celestina stracolma di ciotole, ampolle, contenitori in legno, insomma carica di tutto ciò che aveva trovato.- Ingredienti conservati per centinaia di anni! - esclamò la signora con una scatola aperta sotto il naso.- ACQUA DI OCEANO…

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30 gradisci una cena indesiderata?Bianca camminava curiosa lungo la via di ciliegi mentre sfere luminose le volavano intorno ciondolando sopra la testa.Il camino che aveva notato al suo arrivo sfornava, insieme alla polvere incantosa, quelle bocce di vetro trasparenti. Riportavano notizie di cronaca, lettere, fatture, messaggi urgenti, moduli da compilare eccetera.Gilda le spiegò che a Borgolieto era proibita la pubblicità.La piazza era piena di gente tutta indaffarata nelle compere. I negozianti esponevano delle bancarelle davanti alle loro botteghe.La signora gnomo prese da una tasca una lista ammuffita e lesse:- Pane, farina, semi di girasole… Riparare Fizzistrizzi, 1 scatola di chiodi 2 cm. Entrarono per prima cosa da Camillo il Buongustaio. Lo gnomo portava un cappello gonfio di un tenue azzurro sporco di farina e spezie varie.Era un po’ sordo e urlava nelle orecchie ai clienti per poi mettersi a cantare come un pazzo. Camillo era alto, grasso e con delle enormi orecchie a punta che gli spuntavano dal cappello.I suoi movimenti e i suoi gesti gli conferivano grande importanza, ma si vedeva che era uno gnomo alla buona. Bianca era sicura che a lui piacesse molto il proprio lavoro e che lo conoscesse alla perfezione.Dopo il Buongustaio si diressero da Serafino Graffio Strofino e Gilda tirò fuori la Fizzistrizzi difettosa.La porse al piccolo gnomo, magro e molto basso che la guardò attentamente. I suoi occhi scuri erano incorniciati da piccoli occhiali ovali e i capelli grigi arruffati spuntavano a ciocche dalla bruna bombetta. Le pareti della stanza erano divise da scaffalature in pietra a vista e grandi cassettiere avevano maniglie e serrature diverse.In un angolo c'era il forno e gli attrezzi da fabbro erano riposti intorno ad esso. Serafino controllò la Fizzistrizzi con una lente d’ingrandimentio e poi la indossò. La coda di drago in miniatura si scatenò e strideva dispettosa, ma il piccolo gnomo non sembrava preoccupato né adirato.Con tutta la calma del mondo si girò, prese uno spruzzino a pompa dal banco degli attrezzi e investì la chiave di vapore giallastro. La coda imbizzarrita starnutì e si addormentò dolcemente cullandosi a destra e a sinistra.- Ecco fatto: la sua Fizzistrizzi è a posto per un po’. Non si deve preoccupare, è in ottime condizioni, deve solo insegnarle un po’ la disciplina Uscirono con una scatola di chiodi dal negozio e accompagnati da un suono di allegri campanelli se ne tornarono a casa.Lungo la strada incontrarono gnomi dai vestiti ingombranti ricchi di pizzi e rattoppati troppe volte.Bianca non aveva mai visto capelli così strani.

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La gente ogni tanto la osservava incuriosita e parlottava alle sue spalle.- Gilda, domani me ne vado, devo partire, non posso fermarmi per troppo tempo Calò un po’ di tristezza nel cuore della bimba: le piaceva Borgolieto. Non l’aveva ancora conosciuto che già doveva lasciarlo. Si affrettarono ad entrare in casa. Gilda le aveva promesso una festosa cena di addio. Insieme iniziarono a cucinare e a sbrigare qualche faccenda. Brigilda mandò Bianca a ritirare la posta sfera davanti alla porta. Aveva ricevuto le previsioni meteorologiche, un messaggio dalla scuola e le notizie di politica per Callisto.Tre pesanti palle di vetro da portare in cucina.- Ancora queste previsioni del tempo! Bianca, butta fuori questa robaccia. Noi abbiamo Muffa che è meteoropatico!La bambina ritornò alla porta mentre Gilda apriva la sfera proveniente dalla scuola. - E’ Tick… - urlò la signora dalla cucina.- Avvisa che stasera verrà da noi a cena il professor Shanor, quello che hai incontrato questa mattina.- Perché viene qui, a cena… oggi? - chiese la bambina stupita e preoccupata allo stesso tempo.- Deve parlarmi della situazione scolastica di mio figlio. E' normale per noi invitare i maestri a casa. Bianca, abbandonata nei suoi pensieri, si era comodamente seduta sulla sedia di lavanda. Quell’uomo la rendeva nervosa e non le piaceva per niente. Il modo con cui parlava, la sua voce, le frasi a doppiosenso. E cosa ci faceva un umano tra gli gnomi?Abitava nell’Oltrenebbia o forse era stato cacciato da qualche villaggio come Seamròg? Perché insegnava in una scuola, quali ragioni lo avevano portato ad insegnare a dei bambini, chi l’aveva mandato a Borgolieto?Macinò per molto tempo queste domande nella testa. Domande a cui non avrebbe mai risposto da sola. Venne distratta per un momento da Gilda. - Vado a fare il bucato. Desideri che ti lavi anche la sacca? Ma Bianca! Alla parola bucato la bimba, ricordandosi dell’uovo di Artemisio, schizzò come un fulmine nella camera da letto. I suoi vestiti erano piegati e posati sulle coperte ordinate della cuccia. Bianca frugò velocemente nelle tasche. Fu sollevata nel toccare il piccolo uovo ancora intatto.- Non è che avresti della lana di scarto da regalarmi? Per piacere! - urlò alla signora gnomo pensando fosse rimasta in cucina, ma girandosi la vide lì davanti alla porta che la guardava.- Certo tesoro! - ed entrò in una stanza nascosta dalla corteccia del muro. Grazie alla gentilezza di Gilda la bambina avvolse l’ovetto in un soffice nido che oltre a tenerlo caldo attutiva gli eventuali urti.Poi la signora andò a prendere Tick e Margie a scuola nominando Bianca custode della casa insieme a Muffa. Il grosso roditore faceva gli stessi versolini agitati ma bastava qualche carezza per tranquilizzarlo.

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Il cibo era sul fuoco e la tavola apparecchiata aspettava solo la famiglia riunita. Un lungo cigolio, delle voci e… il primo ad entrare in casa sbattendo la porta fu Tick che fece una linguaccia a Bianca e corse spedito in camera. Poi entrarono mamma gnomo e Margie che salutarono affettuosamente la bimba. Appena il cibo fu pronto e servito arrivò calmo e sereno Callisto, pronto ad assaporare il caldo minestrone di verdure fumante nella ciotola. Bianca non parlò molto durante il pranzo. Si limitava ad ascoltare fratello e sorella parlare della mattinata a scuola. - Papà, questa sera verrà a cena il professore Shanor, insegnante di Passato e Avvenire. - Così la nostra ospite potrà parlare con qualcuno della sua specie… - la piccola abbassò la testa ma Gilda la accarezzò pregandola di non farci caso. La bambina le sorrise.- E a cosa è dovuta questa visita improvvisa? - chiese Callisto stanco dei disastri del figlio.- Niente di nuovo… devo sostenere alcuni corsi di recupero… - Lo sai che questa situazione proprio non mi piace - Callisto mandava giù a fatica, il tono di voce si alzava e le guance si gonfiavano a vista d’occhio.- Questa sera saluteremo Bianca con un banchetto in suo onore - Gilda cercò disperatamente di fermare sul nascere il litigio tra i due.- Oh, di già te ne vai?! Che peccato! - aggiunse Margie.- Dove sei diretta? - continuò lei slacciandosi la salopette.- Ma che domande indiscrete! - l’ammonì la madre, salvando Bianca come aveva già fatto per Tick.Gilda aveva capito alla perfezione ciò di cui la bimba non voleva parlare. Le due si scambiarono sguardi di affetto sincero. Terminò tranquillamente il pranzo con una fetta di ciambella al miele.Callisto ritornò al lavoro e anche la signora gnomo era immersa nel riordinare la tavola e la cucina. Margie si mostrò molto amichevole e le due passarono tutto il pomeriggio insieme.- Questo è il diario di famiglia. Raccoglie le testimonianze dei nostri antenati -Il libretto cucito a mano con filo di spago parlava di vicende, occasioni speciali e incontri con creature straordinarie. - Mio nonno faceva parte del Consiglio dei vecchi saggi… Eccolo qua tra Morbasco e Nefeseo! Il viso di Morbasco a Bianca era molto familiare. - Queste pagina è interamente occupata da un ritratto della famiglia reale - continuò Margie voltando subito la facciata.- Al centro c’è il re Dalas, imperatore del regno della Fiamma Diurna dove le riviere erano pacifiche e dove le radure offrivano riposo e frescura. Io non me lo ricordo ma i miei genitori si. Era un regno felice dove innumerevoli razze diverse vivevano libere insieme. Il re mantenne la pace per tutti gli anni che governò; i sudditi si fidavano e sapevano che lui li poteva aiutare in ogni difficoltà. Dalas aveva un figlio, il suo unico

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erede: è questo ragazzo alla sua destra con il sorriso sulle labbra e la mano sulla spalla del padre. E’ caduto da cavallo. Morto. A diciassette anni. Dovette passare molto tempo perché il re si riprendesse dalla perdita del ragazzo e proclamò ai popoli la libertà di gestirsi da soli.Razze diventarono indifferenti le une alle altre. Non si sentivano più uniti ma distaccati autonomi. Sai, io ho degli amici di famiglia alla collina rocciosa che vedo due o tre volte l’anno. Il viaggio è lungo ma piuttosto piacevole! Bianca era rimasta colpita dalla storia del regno di Dalas e guardava i volti felici dei familiari. Il re seduto sul trono aveva uno sguardo sereno e benevolo. Portava in modo elegante una semplice corona che stava d’incanto sopra la sua testa.Era un uomo molto bello e sua moglie sembrava fatta apposta per lui, con quei capelli ricci raccolti e tirati su.Osservò viso per viso i personaggi del ritratto, quando i suoi occhi si spalancarono improvvisamente alla vista di quella figura. - Qualcosa non va? - chiese Margie preoccupata.- E questa chi è?

31 un falso sorriso- Quella con i boccoli? - indicò Margie.- No, questa ragazzina dal volto viziato! - il dito appiccicato alla rigida figura.- E’ la nipote del re, si chiamava Kalen - Perché si chiamava? - s’incuriosì Bianca.- Alla morte dell’erede al trono, il re non poteva avere altri figli, lei avrebbe dovuto prendere il suo posto e diventare regina della Fiamma Diurna. La decisione improvvisa, ma meditata di Dalas modificò i suoi piani. Il re morì improvvisamente, avvelenato e ci fu una gran polemica in tutto il regno. Vennero arrestati e chiusi nelle segrete numerosi servi e cortigiani ma la vicenda che fece più scandalo fu la messa al bando di Kalen. La regina non ne parlò molto. Spiegò solamente che prove concrete erano venute a galla e la colpevole aveva confessato tutto minacciando la famiglia reale.Da quel momento della nipote senza scrupoli non si seppe più nulla ma il desiderio di potere e di dominio ce l’aveva nel sangue. - Ragazze, mi aiutate con le ghirlande? - Gilda era appena entrata in sala ritrovo carica di fiori invernali, bacche e ramoscelli sempreverdi. Addobbarono la casa in modo adorabile. Bianca iniziava a capire. La regina dei Senzavolto non era altro che la nipote assassina del re e chissà come mai voleva a tutti i costi i ciondoli dell’Oltrenebbia. Bianca si sentiva sempre di più in pericolo. Doveva assolutamente ripartire. Muovendosi l’avrebbero difficilmente rintracciata. Forse era meglio se partiva la notte stessa senza lasciare tracce.La tavola era tutta fiorita e ogni ciotola aveva il suo ramoscello di bacche.

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La sera era ormai calata e la famiglia, compresa Bianca, stava aspettando l’ospite in ritardo.Ogni tanto la signora gnomo ritoccava le ghirlande, puliva e ripuliva i mobili spostava le sedie per poi rimetterle al loro posto.Un campanello suonò proveniente dalla superficie.Gilda scattò come una molla e confusa barcollava in tutte le direzioni. Callisto andò ad aprire la porta. Spuntò dal buio dell’atrio il viscido sguardo del professore seguito dal suo lucido caschetto che sfiorava appena le orecchie.- Buonasera - dissero in coro facendo un inchino.Bianca restò spiazzata, immobile e senza dire una parola.- Non è uso salutare? - la punzecchiò il professore con gli occhi che si facevano due fessure.- Oh, Bianca non intendeva mancarle di rispetto. Vero tesoro? La bimba annuì abbozzando un falso sorriso.- Prego si accomodi, la cena è già pronta. Gilda?! - la signora corse in cucina tutta sorridente.- Gradisce un aperitivo della casa signor Shanor? - intervenne Callisto, che accompagnò il professore davanti al camino.I due si sedettero a parlare del più e del meno mentre sorseggiavano una bevanda color melograno.- A tavola! - urlò Gilda che manteneva i suoi modi di fare anche in presenza di ospiti. Tutti si sedettero. Shanor davanti a Bianca la osservava di nascosto ma la bimba sentì sempre più pesante lo sguardo su di lei.Un minestrone di cereali fumava nelle scodelle. Inizialmente i discorsi tra genitori e professori si orientavano specificatamente a Tick che si limitava a mangiare in silenzio (cosa più unica che rara). Poi all’arrivo dello spezzatino di carne le domande rivolte alla bambina diventarono sempre più frequenti. Il professore pareva molto interessato a lei. - Da dove vieni… tesoro? - sbofocchiò Shanor in tono presuntuoso quasi di presa in giro. - Da Seamròg, signore! - rispose Bianca di malavoglia. - E cosa ci fa qui una bambina, da sola? -- Potrei chiedere la stessa cosa! -- Su cara non essere sgarbata! - la ammonì Gilda.- Scusa, ma mi è sembrato troppo invadente! – gli sussurrò all’orecchio.Il discorso sviò ma non così facilmente e il professore di certo non si sarebbe arreso.Alla fine della cena Brigilda entrò intonando un motivetto festoso. Sollevava un’enorme torta dedicata a Bianca, che si portò le mani alla bocca in segno di stupore.Era la torta più invitante che avesse desiderato, con una spirale di ciliegie che saliva ai due piani superiori. Era interamente ricoperta di glassa al lampone, mentre all’interno, alternati al pandispagna, c'erano strati di fiordilatte e di crema alla frutta.- Deliziosa! - dichiarò la bambina guardando felice la mamma gnomo.

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L’espressione di Shanor era sempre impassibile e impenetrabile. Nessun sentimento di gioia toccava il suo cuore e nemmeno lo sfiorava. Si limitò a dire - no grazie - alla fetta di torta in arrivo.

32 le brutte notizie arrivano sempre all'unisono

Gilda accompagnò i ragazzi nella loro camera.Rimboccò le coperte ad uno ad uno e arrivata Bianca le sussurrò: - Domattina ti chiamo al sorgere dell’alba! La bimba la guardava. Sapeva che la mattina dopo se ne sarebbe andata e le dispiaceva infinitamente non poterlo dire a nessuno. Gilda se ne andò chiudendo la porta.Si sentiva nel corridoio la voce strascicata del professore.Ci fu un lungo sibilo e un tonfo fece tremare le pareti della stanza. I passi della signora passavano rapidi nel corridoio di corteccia. Lentamente la porta si aprì e una luce rossa fece capolino nella camera.- Bianca, Bianca, svegliati. E' arrivata una sfera urgente per te! La bimba faceva finta di dormire e aveva ascoltato ogni cosa. In un attimo si liberò delle coperte e balzò in piedi. Uscì dalla stanza. Brigilda la condusse in uno sgabuzzino.- Qui potrai leggere in pace la tua sfera, ma non fare rumore. Callisto voleva aprirla, ma gliel’ho impedito. Gli ho promesso che l’avremmo letta insieme domattina, lontano dagli sguardi indiscreti del professore. Nessuno deve sapere che l’hai letta… Chiuse veloce la porticina.La signora aveva fatto molto per lei. Non solo l’aveva ospitata, ma non aveva nemmeno indagato, si era fidata senza chiedere niente in cambio e l’aveva aiutata sfidando gli sguardi e le voci degli gnomi del villaggio.Bianca guardò stupefatta la sfera color porpora. Chi la cercava così urgentemente nel cuore della notte? Voleva scoprirlo. Ma se fosse stata una trappola di Kalen?- Forza e coraggio! - si disse, e toccò la piccola scritta che volava sotto il suo nome: “Per Bianca. Aprire”.La sfera si staccò in due parti dalle quali uscì la proiezione di tre figure ben definite. Parlò solamente una:- Cara Bianca, speriamo di essere in tempo ad avvisarti. Un anomalo temporale si sta muovendo sull'Oltrenebbia. Sei in grave pericolo…Un tuono poco lontano interruppe il contatto. La bimba aveva riconosciuto le zie, tuttavia non c’era tempo di ascoltare tutto il messaggio. Troppo tardi: il temporale sembrava alle porte.

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Bianca di soppiatto tornò nella stanza. Prese la sacca e vi gettò dentro in fretta i vecchi vestiti lavati da Gilda. Si accorse che stava tremando. Il cielo borbottava sempre più irrequieto sulla sua testa. Uscì dalla stanza e si trovò completamente immersa nel buio. La luce del camino proveniente dalla sala ritrovo era spenta, e le voci di Callisto e del professore sparite improvvisamente.Tornò nella camera e cercò di svegliare Margie. La piccola si girava tra le coperte e con fatica aprì gli occhi agli scossoni di Bianca. - Margie aiutami, dobbiamo uscire di qui. I tuoi genitori sono scomparsi. A quelle parole la bimba sgranò gli occhi.- Devi fare silenzio, senti… Dal corridoio provenivano passi lenti e sospetti.- Se fosse uno dei tuoi genitori ti avrebbe già chiamato… su alzati, solo tu sai come uscire di qui. - E Tick? - sussurrò Margie spostando preoccupata la tenda che copriva la sua cuccia.- E' sparito anche lui! - la bimba si mise a piangere.- Ti prego, senti, dobbiamo nasconderci, piangere non migliorerà la situazione Margie alzò lo sguardo verso Bianca. - E’ tutta colpa tua!Improvvisamente la feritoia sopra di loro si ruppe in mille pezzi. Le schegge di vetro caddero taglienti sul pavimento squarciando le tende e i veli che nascondevano i letti. Margie si alzò e si indirizzò verso la porta del corridoio. La pioggia entrava incessante tra il vetro frantumato della finestra. Un tuono squarciò il cielo facendo tremare ogni cosa. Le due bambine si rannicchiarono vicine. Alcuni oggetti cadevano dalle pareti e s’infransero al suolo.Decisero di proseguire a gattoni. Si sentì sbattere la porta d’ingresso seguita da un vento gelido che invase la casa. La pioggia cadeva a raffica, gli alberi in superficie venivano sradicati e cadevano al suolo. Altri tuoni rompevano il freddo silenzio. Bianca seguiva la piccola gnomo senza sapere dove fossero dirette. A un certo punto ebbe uno strano presentimento e si voltò. Vide due occhi gialli puntati sui suoi.Quegli occhi li aveva già incontrati, ma mai così minacciosi. - Sheeba - sussurrò. Una mano improvvisa la prese per il collo e la sollevò da terra. La bimba muoveva a vuoto le gambe nel tentativo di liberarsi. Il dolore le impediva di parlare, il viso era rigato dalle lacrime. Margie era rimasta paralizzata dalla paura, gli occhi sgranati persi nel vuoto. Dal buio partì un colpo che la fece rotolare per terra priva di sensi.Con passo silenzioso la figura trascinò Bianca nella sala ritrovo. Dal buio della casa spuntarono nella stanza, uno dopo l’altro, i Senzavolto, che volteggiavano come avvoltoi affamati attorno a Bianca. Si diressero in superficie.La mano al collo era troppo stretta, il corpo di Bianca si faceva sempre più pesante. La testa cadde in avanti.

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Pioggia e vento spazzavano via ogni cosa. Il bagliore di un lampo fece rinvenire la piccola. L’acqua le schizzava sul viso forte e pungente. Attorno a lei c'era la distruzione: alberi in fiamme, spezzati dalla furia del temporale, rami e frasche imprigionati dalla fanghiglia. Gnomi distrutti, fradici, che cercavano di salvare le proprie abitazioni e le proprie famiglie. I lampi spezzarono il cielo nero che ora pareva graffiato e squarciato. La grandine prese il posto della pioggia e le foglie metalliche del bosco dorato si staccarono dai rami con la forza tagliente di una lama. Un alone percepibile nell’aria riparava la parata dei Senzavolto seguiti da Shanor e Bianca. Si trovavano in un luogo protetto. Sopra le loro teste i chicchi di ghiaccio rimbalzavano, il vento non penetrava e le foglie dorate graffiavano le pareti di vetro. - Kalen ci sta riparando per un viaggio più tranquillo? - disse la bimba.- No, la principessina non si scomoderebbe tanto… Sei stato tu vero? Il professore aveva lo sguardo cupo tenuto in ombra dal nero caschetto grondante di acqua.Bianca nonostante tutto riusciva ancora a pensare ed era sicura di aver visto in Shanor gli occhi ocra di Sheeba. Ecco quale scopo aveva il felino nei piani di Kalen… ecco perché la regina l’aveva cercato tanto...Man mano che uscivano dal bosco dorato, il cielo si rasserenava e cominciavano ad intravedersi le prime stelle tra gli striscioni di nuvole.La luna splendeva gelida e cadaverica.L’aria pungente sfiorava le gote rosse e brucianti dal freddo, la magia che li proteggeva si era sciolta come la tempesta.L’ululato del vento stava spazzando via le ultime nuvole.Davanti a loro si apriva il giardino delle drosere e il sentiero tracciato dagli otri mostrava un’aria inquietante.La regina dei Senzavolto chiamava a sé gli spiriti e guardava compiaciuta la bambina che le veniva incontro.- E’ uscita una splendida luna… non ti pare? - Bianca girò la testa dall’altra parte.- Ti piace come ho trasformato il tuo amico Sheeba? Tu, portala qui - si rivolse con aria di disprezzo al professore Shanor.Fu gettata sul cerchio in pietra come un sacco di patate.Kalen si era inginocchiata e la guardava dritta negli occhi.- Sai cosa me ne farò di te? Bianca la guardava con aria di sfida.- Ti toglierò semplicemente l’anima. Anzi, il bocciolo nero lo farà al mio posto! - Perché scomodarsi tanto, vero? Tu non sei altro che un’assassina! - E tu non sei altro che una sfacciata che farà una brutta fine! Così dicendo si librò nell’aria e diede inizio al suo rito.Il vento travolse il corpo slanciato della ragazza che si lasciava andare e trasportare lassa. Bianca vedeva muovere le sue labbra in frasi sconosciute, la testa appena

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piegata all’indietro rivolta verso il cielo. I suoi occhi erano chiusi e brillavano di quella strana polvere viola.Si bloccò. Qualcosa non funzionava. L’astro perlaceo sparì di colpo come coperto da un nero mantello. Spiccavano nel buio le scie biancastre dei Senzavolto.- Che cosa sta succedendo?! - urlò rabbiosa l’insensibile regina.Un rumore simile al rosicchio d’un topo suonava strano in quel contesto.- Shanor, lo so che tu vedi! Dimmi quello che vedi! Il professore pareva essersene andato quando si sentì un gemito di dolore.Non obbedire a un ordine era come andare incontro a un'orribile punizione. La luna riapparve proprio come se n'era andata, portando agli occhi di Kalen l’orrida scoperta.La fuga di Bianca.

33 erano troppo lenteL’erba era alta e ancora carica di pioggia. La bimba non aveva mai corso così veloce. Pensava soltanto a correre.Il cappuccio nero le cadeva sopra gli occhi e le rendeva difficile seguire il percorso tracciato dalla nera figura.Una terribile paura le faceva palpitare il cuore. Nel buio dei cespugli i rami e gli alberi diventavano macchie indistinte fuse tra loro.Una manina appena tiepida la tirava per un braccio, cercando di aumentare la velocità. Foglie ancora foglie e radici contorte uscivano insidiose dal terreno di muschio. La bambina seguiva ciecamente i movimenti e i cambiamenti di direzione che le erano proposti, schivando grovigli di rami all’ultimo istante. Con fatica furono fuori dalla foresta.Davanti a loro scintillava al chiarore della luna il lago di luce al centro della radura.Era nel suo fondale che Bianca aveva trovato il ciondolo portatore di guai e di nuove scoperte…Era una sensazione strana vedere la superficie rischiarata dalla luce candida ma fredda della luna. Era molto diversa dall’ultima volta che Bianca l’aveva vista illuminata dal sole dorato. Ora pareva una lastra di ghiaccio. L’acqua era ferma come bloccata dal tempo, silenziosa. La bambina incantata non credeva ai suoi occhi, era immobile e non si era accorta che la nera figura si dirigeva di corsa verso il laghetto.Un fruscìo dietro le spalle la fece sobbalzare. Bianca si rese conto di essere rimasta indietro. Voltandosi vide la figura nel suo nero mantello sulla superficie dell’acqua. La bimba le corse incontro ma si fermò sulla sponda, e affacciandosi vide chiaro e ben definito il suo volto. Allungò una mano. Quella che doveva essere acqua era una lastra di specchio gelida come il ghiaccio. La figura si voltò di scatto come se anche lei avesse sentito qualcosa e scappò di nuovo

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nel bosco prendendo una diversa direzione. Fece vibrare il suo mantello nell’aria e sparì nel buio tra i rami e il fogliame.Bianca rincorse la sua scia, scivolò più volte sulla lastra liscia e raggiunse velocemente il punto dove era sparito l’ultimo lembo del mantello. Una mano sottile le tirò un calzino facendole segno di abbassarsi e di fare silenzio.Il fruscìo dalla parte opposta del laghetto aumentò. La curiosità di Bianca verso i cespugli che si muovevano non era certo grande quanto quella di scoprire chi si celasse sotto lo scuro cappuccio.Vedeva appena il suo profilo indefinito nel buio, il naso corto e rotondo e il mento morbido. Sentiva il suo respiro trattenuto per non fare rumore.Si voltò di nuovo. Il fruscìo si era fermato.Bianca strinse gli occhi cercando di vedere qualcosa nel buio, ma niente di niente.Guardò la figura accanto a lei. Era ancora con lo sguardo impassibile, come se stesse cogliendo qualcosa che Bianca non sentiva né vedeva. La bambina ritornò a scrutare nel buio quando due occhi gialli si accesero.Il panico riprese il sopravvento. Si placò solo nel momento in cui vide l’autocontrollo negli occhi di chi l’aveva salvata. La manina bianca prese quella della bimba, quasi a voler trasmettere una sensazione di fiducia. Con l’altra mano contò: “uno, due, tre…” e si mise a correre più veloce che poteva.Corsero senza mai voltarsi indietro. Sentivano i passi da mezzuomo di Sheeba che le inseguiva vorace, balzando come una pantera.Gli alberi della foresta dorata si facevano più distanti e più liberi gli uni dagli altri e il percorso meno intricato. Il bosco stava per lasciare il posto ai prati delle colline, in cui nascondersi era quasi impossibile. Bianca pensava che non ce l’avrebbero mai fatta: erano troppo lente. E il felino si avvicinava sempre di più.La catena di colli non dava vie d’uscita: erano come davanti ad una strada chiusa da alte mura.Quando tutto sembrava finito, apparve tra il nero della notte una piccola caverna illuminata da una lucina rossa che attirò la loro attenzione.Solo la piccola figura sembrava possedere la virtù della calma davanti ai pericoli, e anche con l’acqua alla gola riusciva a ragionare. Bianca fece però il grave errore di voltarsi indietro.Il professore era nel suo corpo originale di felino e aveva nelle zampe una forza sconvolgente. Ansimava e nei suoi occhi brillavano cattiveria e determinazione.Era ormai molto vicino. Stava per spiccare un balzo quando Bianca fu scaraventata per terra mentre la parete di roccia si chiudeva davanti alle fauci dell’animale. La persona avvolta nel suo manto stava girando con fatica una manovella in legno dalla forma di un timone.Erano chiuse all’interno della caverna appena illuminata.Echeggiava tra le rocce il rumore dei passi. Giunse un tintinnìo. Quattro colonne di quarzo reggevano il soffitto di guglie e sporgenze. Al centro c'era un cofanetto poggiato sopra un masso muschiato. Il carillon emanava dal suo interno

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una luce soave sprigionata da un piccolo angelo di cristallo. La compagna avvolta nel mantello c'era seduta davanti. - Mia sorella riusciva a farlo suonare, anche se non ho mai capito come facesse! Provenivano dall’esterno le voci del professore e di Kalen che urlava come una pazza.- Come facciamo a uscire di qui?La piccola figura diede le spalle a Bianca, si diresse verso la parete rocciosa e si staccò qualcosa dal collo.Spinse con le dita l’oggetto in un solco nella roccia. Accompagnata da un fruscìo di foglie, si aprì una porta di pietra mimetizzata con la parete della caverna.

34 dubbiPassarono un campo di grano al centro del quale spiccava un albero solitario. Al termine si apriva una nuova foresta più buia della notte. Gli alberi nodosi erano inghiottiti dall’oscurità e si vedevano solo i contorni delle chiome spoglie e aguzze. - Dobbiamo entrare lì dentro? - chiese Bianca deglutendo a fatica, timorosa di ascoltare la risposta. Che non le venne data.La bambina ricominciò a correre a ginocchia alte, seguendo la figura che la precedeva.Di sicuro l’avrebbe condotta in un posto sicuro, ma quel luogo pareva troppo minaccioso ai suoi occhi. Bianca sperava che fidarsi di quella sconosciuta non fosse stato uno sbaglio.E se stava andando dritta nelle mani del nemico?In una trappola studiata a fondo da Kalen, per incastrarla?Perché allora quando la regina dei Senzavolto la teneva in pugno se l’era lasciata sfuggire?Molte cose non coincidevano. Nel frattempo si era fermata e lasciò decidere al suo istinto. Aveva davanti a lei due scelte: seguire colei che l’aveva salvata o tornare indietro rischiando di cadere nelle grinfie delle principessina assassina.Avrebbe anche potuto cambiare strada, vagare e perdersi nell’Oltrenebbia.Le sue gambe ripresero a correre fino a quando si bloccarono.Era entrata nel buio e non vedeva altro che rami contorti e secchi e radici. Ragnatele cariche di rugiada brillavano ai raggi sottili della luna.L’astro biancastro penetrava tra i rami con fatica e piccoli spiragli creavano giochi di luce e riflessi.Bianca aveva perso di vista la sua guida. Sparita, volatilizzata. Si guardava intorno nervosa.- Pensavo non mi volessi seguire! - le disse mostrandosi da dietro un albero, con il cappuccio nero sempre davanti agli occhi.- Su, andiamo! - continuò indifferente senza aspettare la risposta di Bianca.

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La bambina si vergognò molto. La figura aveva capito in pieno quello che pensava ma non aveva nessun diritto di parlare in quel modo, con quel tono di voce. Ora seguirla diventava obbligatorio e convivere con quel caratteraccio sarebbe stato più faticoso.Detestava dipendere dagli altri e odiava non sapere dove fosse e dove stesse andando.Continuò di malavoglia la strada indicata tra i rovi.Guardò con perplessità alcune canne di bambù che spuntavano dal terreno. Pensò che molte cose non erano al loro posto in quel luogo e andò avanti rassegnata.Tutto diventò più strano quando i bambù si fecero spazio tra gli alberi e i cespugli. Bianca capì di trovarsi in una palude solo quando sprofondò nel terreno e l'acqua salmastra le arrivò alle ginocchia. Dovette farsi aiutare per uscire anche se avrebbe preferito fare da sola. Al centro dell’acquitrino spuntava un isolotto occupato da un salice piangente carico di foglie che l’inverno non aveva spazzato via.Davanti a loro galleggiavano sull’acqua melmosa dei grossi sassi simili a gusci di tartaruga che creavano un percorso per raggiungere l’isola. Alcuni draghetti colanti, simili a cavallucci marini con le ali, coloravano di rosso la tetra palude e lasciavano scie di luce scarlatta tra le fitte canne che spuntavano come funghi dall’acqua stagnante.Banchi di nebbia si spostavano sospetti.- Su andiamo… non perdiamo tempo. La sagoma misteriosa saltava con facilità da un guscio all’altro ma Bianca giudicò l’impresa piuttosto ardua, da equilibristi esperti. Il mantello che indossava le era d’intralcio e l’appesantiva più del dovuto. Si accorse che i gusci dietro di lei sparivano, inghiottiti dall’acqua: un’idea geniale per cancellare le loro tracce. Su quell’isolotto nessuno le avrebbe più raggiunte, anche se a Bianca pareva strano riuscire a seminare Kalen così facilmente. La sua compagna già l’aspettava dal salice e la guardava sorridendo.La bimba era davvero buffa!

35 il mio nuovo amicoL’ultimo balzo fu un sollievo per Bianca che si coricò al suolo stremata. - Cosa fai? Vuoi farti scoprire? Alzati, dobbiamo entrare! Su! Allungò una mano che la bambina accettò con disappunto.Spostarono insieme le fronde come se fossero tende e s’incamminarono nei loro mantelli neri verso il tronco possente. Alcune grosse radici accoglievano una piccola casetta dal tetto di paglia e una calda luce usciva appena da una delle finestre.- E' casa tua? - chiese Bianca.La risposta fu un semplice assenso con la testa.- Ho fatto bene a fidarmi di lei - pensò la piccola rincuorata mentre le veniva aperta la porta davanti.

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Le braci nel camino brillavano come diamanti e la figura si affrettò a gettare altra legna per alimentare il fuoco. Poi si tolse la mantella e Bianca la vide per la prima volta in viso. Portava una fascia blu legata dietro la testa sotto i capelli bagnati.Il suo viso era bianco come il latte e gli occhioni viola rispecchiavano i bagliori del fuoco. Indossava un vestitino nero stretto in vita con le maniche corte a sbuffo. Il resto delle braccia era avvolto da nastri blu che richiamavano il colore della fascia tra i capelli e dalla gonna nera a pieghe spuntava un tulle colore del mare di notte. Due poltroncine in stoffa ocra con fiori rosa antico erano girate verso il camino.In un angolo c'era uno scrittoio munito di carta e penna di civetta e un candelabro di vetro reggeva una candela consunta. Sopra al camino un ritratto mostrava la numerosa famiglia.- Abiti qui da sola? - domandò Bianca.No. Buffalmacco e Puccio mi fanno compagnia - e indicò i due gufetti nani appaiati sulla cornice in marmo del camino.- Loro non fanno molta compagnia - continuò lei rattristata.- Al contrario il mio nuovo amico è stato davvero affettuoso. E girando la poltrona a fiori disse: - Ecco, ti presento… Ci fu un attimo di sospensione.- Pantofola! - urlò Bianca correndo verso di lui e abbracciandolo mentre il gattone faceva le fusa felice.Era stata così in pensiero per lui. Aveva affrontato le difficoltà dell’Oltrenebbia per trovarlo e ora lui era lì tra le sue braccia. Le lacrime la presero di sorpresa.Il suo inseparabile gatto le ricordava tanto la casa, la mamma, il papà, Tommy e il nonno. Immagini che la facevano emozionare. Malinconia e felicità che si combinavano insieme.- Ah… vi conoscete! - disse la bambina stupita e distaccata, quasi dispiaciuta della scoperta.In cuor suo le sarebbe dispiaciuto lasciare Pantofola per poi ritrovarsi di nuovo sola.La situazione si tranquillizzò. Le due si sedettero davanti al camino con tazze di camomilla bollente.- Non ci siamo ancora presentate. Io mi chiamo Bianca e vengo da Seamròg. Una mattina di sole è comparsa una strana porticina tra la foschia davanti all’Oltrenebbia. Mi ci sono avvicinata, quando Pantofola con un balzo è saltato dentro al passaggio. Prima che potessi fare qualcosa il passaggio si è chiuso e… - Io sono Ivi. Ti ho visto varie volte, alla cascata e al limitare del bosco. Non capivo se eri amica o nemica e non sapevo che cosa eri venuta a fare in questo posto… Poi ti ho visto mentre uscivi dal lago di luce con il ciondolo. Non sapevi che potere racchiudeva e non lo sai neanche adesso. Allora ho deciso di proteggerti… ed eccoci qui. Tu con il ciondolo di mia sorella Fedora e io con il mio…Le mostrò il pendente. La luna crescente ricamata d'argento diventava piena completata da una pietra color iris.

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- Potresti spiegarmi perché è così importante questo ciondolo? Ivi era molto seria, quasi preoccupata.La storia che stava per raccontare svelava aspetti amari della sua esistenza, ma questo Bianca non poteva saperlo e così cominciò. La bambina aveva diritto di sapere ogni cosa. - Quelle che vedi nel dipinto sono le mie sorelle. Io sono quella più piccola, in braccio a mio padre. Al suo fianco c'è mia madre Linda che abbraccia affettuosamente Fedora. Fedora era una ragazza sui vent’anni e sfoggiava dei lunghi capelli a boccoli. Teneva in modo particolare ai suoi capelli e mostrava un sorriso caldo, un sorriso che Bianca aveva già visto nelle sue visioni.- Mia madre vendeva pietre speciali al mercato del regno di Dalas. I minerali erano la sua passione! Li studiava attentamente, imparava a conoscere le loro benefiche proprietà e li vendeva alla gente. Un giorno di festa Linda incontrò Kalen, che le chiese di creare il suo futuro scettro da regina. Mia madre si rifiutò. Lei amava la bontà del re e aveva giurato che finché fosse rimasta in vita avrebbe servito solo lui. Un unico re e non aspiranti regine! Mia madre morì improvvisamente, e chissà perché con lei sparirono anche i suoi libri dove vi erano annotati i poteri dei minerali e delle pietre preziose. Così, perseguitati da Kalen, io e la mia famiglia abbiamo vagato di bosco in bosco lasciando la nostra città d’origine. Alla nascita di ogni figlia tuttavia Linda aveva confezionato un ciondolo con le pietre dell’Oltrenebbia. Pietre diverse limpide come le acqua, sagge come un vecchio albero, fertili come la terra sottili come la nebbia, calde come il sole candide come la luna e leggere o impetuose come il vento. Tutto cadde in disgrazia alla morte del re. La principessina scoprì dell’esistenza dei ciondoli che avevano acquistato la vita e l’amore alla morte di mia madre. Sembrava che le virtù di Linda si fossero trasferite nei ciondoli. Kalen iniziò a perseguitarci. Voleva a tutti i costi diventare la regina della Fiamma Diurna e con il potere dei ciondoli e della natura ci sarebbe riuscita con facilità. Coltivò un giardino di drosere annaffiandole una ad una con acqua mista a minerali e aspettò… Un giorno nacque il bocciolo nero, in grado di rubare l’anima e di trasferirla nel nostro caso dentro i Senzavolto creati dalla crudeltà della loro signora. Tutte le mie sorelle mi hanno difesa perché ero la più piccola, a costo di perdere la vita o peggio l’anima. Sono rimasta solo io, ma adesso che ci sei anche tu e hai trovato il ciondolo di Fedora, insieme possiamo farcela! Pantofola mi è stato di grande aiuto. Grazie al suo fiuto ho ritrovato le mie sorelle. Sono imprigionate in una cascata, resa ghiacciata dalla Signora dei Senzavolto.

36 chi ci può aiutare?Bianca cercava di memorizzare il più possibile mentre accarezzava Pantofola appallottolato sulle sue ginocchia.

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- Ok! - disse la bambina fiduciosa - E ora che facciamo? - continuò sperando che Ivi avesse in mente qualcosa.- Per prima cosa andiamo a dormire… Ci penseremo domattina - e si alzò dalla poltrona, diretta verso il mucchio di paglia in un angolo della casa.Prese un lenzuolo pulito e glielo stese sopra, in modo che i fili secchi non pungessero e una coperta pesante per proteggerle dal freddo quando il camino si fosse spento.- Accomodati pure - la aiutò Ivi e Pantofola seguì trotterellando la sua padroncina.Al risveglio di Bianca Ivi era già in piedi e aveva preparato due zuppe di latte e panbiscotto seccato al sole.- Una buona colazione ti darà carica per un'intera giornata! - affermò la bambina legandosi la fascia tra i capelli. Anche il gatto aveva la sua ciotola di latte e allungava felice la lingua per assaporarlo.- Che bontà! - disse Bianca - Dagli gnomi non ho bevuto nient'altro che tisane e ritornare alle vecchie abitudini è proprio una goduria! - Ora però dobbiamo metterci al lavoro. Chi ci può aiutare? Pantofola saltellò eccitato.- Oltre a te? - continuò Ivi, grattandogli dietro le orecchie- Le mie tre zie mi hanno avvertito del temporale usando le sfere portamessaggi di Borgolieto. Loro ci potrebbero aiutare! - Anche se… - la interruppe- … sono troppo lontane - finì Bianca.Ivi non le sembrava più così antipatica, anzi erano spesso in sintonia. Inoltre avevano obiettivi comuni che le avrebbero unite e trasformate in ottime amiche.- Io controllo bene i poter del mio ciondolo… e conosco l'Oltrenebbia come le mie tasche! Immagino che tu non riesca ad usare il ciondolo, vero? La bambina annuì con dispiacere; le sarebbe piaciuto essere più utile ma non sapeva in che modo.- Ah! Può servire la sfera dell'Albero della Saggezza?- Tu possiedi quella sfera? - chiese stupita Ivi facendo tremare il tavolo antico- Sì. Me l'ha donata lui in persona!- Perché è una cosa rara?- Devi essere proprio una persona speciale, mia cara Bianca! - La ragazzina la guardava con quei suoi occhioni viola.Chissà cosa stava pensando? Si grattò il naso e Bianca notò le delicate lentiggini.- Su, andiamo. - Ivi era veramente determinata.- Dove? - All'Albero della Saggezza!- Come ho fatto a non arrivarci subito?Bianca estrasse dalla tasca il boccino e le due si presero per mano. Era apparsa la scritta "Apri", a differenza della prima volta che riportava solo la scritta "per Bianca". La sfera infatti poteva essere aperta solo in caso di assoluto bisogno. Appena toccata la scritta le due si ritrovarono sulla balconata cosparsa di foglie.

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- Sapevo che saresti venuta. - L'albero parlò. Le sue parole erano portate dal vento che vibrava tra le fronde.- Dimmi pure, non avere paura. - Ivi spinse avanti Bianca.- Su, vai! - le disse sorridendo- Pensa bene a ciò che chiederai perché io risponderò a una sola delle tue domande. La bambina si sedette a gambe incrociate e guardava i rami intrecciati sopra la sua testa. Pensava.Ivi corse da lei e le sussurrò qualcosa in un orecchio. - Sì! - esclamò Bianca- Hai deciso? - L'albero parlava piano scandendo bene le parole e pareva in una dimensione in cui il tempo scorre più lento.Anche le foglie che cadevano dai rami si dondolavano nell'aria, piroettavano e si appoggiavano sul terreno con calma, tranquillità.- Vorrei sapere come si distrugge il bocciolo nero.- Domanda alquanto arguta, difficile… Vediamo… Il bocciolo nero detesta la luce del sole ma questa basta solo ad appassirlo un po'… Credo che tutto stia nel tempo. Io sono molto vecchio ma se fossi nella vostra dimensione sarei già morto. E' impensabile che un fiore rimanga bocciolo per molto tempo, e se cresce poi appassirà. Kalen ha fatto un gran bel lavoro, crudele certo, ma grande. Buona fortuna, ragazze mie.- Se ne andato?! - disse Bianca sconvolta. - Ci ha lasciato senza darci la soluzione…- Calmati. Se tu sapessi leggere tra le righe capiresti che tutto ciò che ci serve lo conosciamo. Su, torniamo a casa; stanotte gliela faremo pagare a Kalen!

37 non puoi mollare cosìErano sedute al calduccio davanti al camino.- Adesso potresti spiegarmi?! Perché, credo che il mio cervello quando l’albero parlava si sia perso!- Allora… - iniziò Ivi.- La luce del sole lo indebolisce e noi abbiamo il ciondolo per questo, poi ha detto, la dimensione… il tempo… tutta la soluzione sta lì! - Faccio fatica a seguirti. Organizziamoci in modo che tu ti occuperai del bocciolo -- Va bene! Sarà un onore per me! - annunciò Ivi salendo in piedi sulla poltrona il dito puntato verso il cielo.- Pantofola: a te il compito di distrarre i Senzavolto! Il gatto drizzò la testa compiaciuto, sentendosi importante per la missione affidatagli - Bianca devi esercitarti - Io?! - chiese stupidamente la bimba additandosi.- Vedi qualcun’altra di nome Bianca! - le fece notare Ivi con espressione accigliata.

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Uscirono insieme dalla casetta La palude non cambiava molto di giorno anzi era sempre buia e sinistra.- Ora concentrati e fidati con tutto il tuo cuore di te stessa. Respira e convinciti che ogni cosa non è come la vedi. Passarono ora. Tentativi e altri tentativi. Il risultato migliore fu una leggera scia di caldo, anzi tiepido vapore!- Su, non scoraggiarti. Ce la farai! Se no ricorreremo al piano n° 2. - Ovvero?! - domandò Bianca con il morale sottoterra.- Ci guarderemo e scapperemo più veloce che possiamo. - Bella alternativa! - Lo so, l’ho ideata io! – si vantò Ivi che riusciva a scherzare anche in un momento come quello.Piano piano giunse la sera e Pantofola agitato saltava a destra e a manca. Le piccole indossarono i neri mantelli per mimetizzarsi nel buio tra i cespugli e lasciarono la casa protetta dal salice piangente.Bianca aveva paura; cercava tutto sommato di non pensarci e naturalmente di non farlo notare a Ivi. La minuta ragazzina era sempre molto sicura di sé.Passarono attraverso il campo di grano e giunsero di corsa nel bosco dorato.- Davanti a noi si dipartono i cespugli di drosere. Da qui il più totale silenzio! Ah, ci dovremo dividere! Quando i Senzavolto con Sheeba seguiranno Pantofola tu potrai uscire. Andiamo. Adesso o mai più! Ivi sapeva bene quello che stava per fare e Bianca non poté che annuire.- Mi raccomando, abbi fiducia in te! - fu l’ultima cosa che le disse.Entrambe si muovevano in silenzio, con il gatto nascosto nella sacca. Da quella posizione avevano una bella visuale sul giardino e Kalen aveva chiamato a se i Senzavolto.Sheeba però non si vedeva nei dintorni. Ivi salutò la compagna portandosi con se Pantofola. I suoi occhioni viola erano carichi di speranza.Bianca stava immobile rannicchiata aspettando il momento giusto per dare inizio al piano.La ragazzina seguita dal gatto camminava delicata quasi in punta di piedi schivando rami e cespugli che ormai conosceva alla perfezione.- Tu, amico mio aspetta qui! Quando non vedrai più la mia figura scappa e allontanati il più possibile.Ivi gli diede una grattatina dietro le orecchie e poi ripartì lentamente verso il gazebo. Sentì il rumoroso frusciare del gatto tra gli arbusti e la voce di Kalen che risuonava nell’aria.- Voi, spiriti dei miei stivali, andate immediatamente a vedere chi si nasconde nel mio giardino! Le sue urla, i suoi capricci, erano ordini da eseguire.I Senzavolto si misero alla caccia dell’intruso sparendo tra il buio dei cespugli di drosere.

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Bianca seguiva ogni cosa, ma tremava. Pensava a Ivi e il timore di essere scoperte tuonava nella sua testa. La Signora degli spiriti camminava nervosa senza meta e direzione. Nessuno di loro l’aveva mai vista in quello stato. Ivi era pronta. Prima di uscire dalla folta vegetazione sentì un fruscio dietro di lei. Si voltò.Niente: solo fiori e foglie immobili.Decise di spuntare ugualmente allo scoperto e velocemente si nascose dietro una colonna di marmo del gazebo.Spiò al centro del giardino, Kalen batteva i tacchi rabbiosa.- Bene i Senzavolto hanno abboccato! - sussurrò guardandosi bene attorno.Poi localizzò il punto dove probabilmente era nascosta la sua compagna e le fece cenno di uscire. Bianca che stava attenta ad ogni piccola cosa vide il braccio candido di Ivi spuntare appena dietro i rampicanti della colonna.- E’ il mio momento - si disse sottovoce.Respirò a fondo aspettò un istante e si buttò fuori all’improvviso prendendo Kalen alla sprovvista.- Ho riflettuto a fondo! - le urlò la bambina.- Eee…- continuò la principessina allungando il collo come un viscido serpente.- Credo sia giusto darti il mio ciondolo.- Bene, facciamola finita! - Ad una condizione - proseguì Bianca piena di sé.- Con molto piacere… - rispose con un ghigno la Signora.- Sii… che te lo vieni a prendere! - gli rinfacciò la bambina che già correva a perdifiato tra i cespugli di drosere.Ivi nel frattempo si stava arrampicando con facilità sull'antica colonna quando qualcosa la colpì alle spalle e la scaraventò a terra. Sheeba era già sopra di lei mostrando le fauci acuminate. La foresta dorata si apriva davanti a Bianca che ormai sperava soltanto di riuscire a raggiungere il lago di luce. Guardò per un istante il cielo e vide la luna sorriderle. Stava ansimando, non aveva più energie. Inciampò e cadde stremata. Mentre si alzava una melodia di tintinnii si sentì tra le foglie metalliche sul tappeto muschiato. Si rialzò e riprese a correre. Vedeva solo e sempre alberi come in un incubo. Poi la radura. Il lago come la sera precedente aveva una superficie di specchio ghiacciata dai raggi della luna. Bianca si inginocchiò e guardò la sua immagine riflessa sul lago. Cercò di concentrarsi pensando alla famiglia e alla voglia di tornare a casa per rivederla, ma l’arrivo di Kalen la distrasse terribilmente. Si guardò intorno sperando nell’aiuto di Ivi e non trovandola si sentì spiazzata, abbandonata e incapace di agire. Osservò il suo viso dentro al gelido specchio.- Non puoi mollare così - si disse.Respirò a fondo e con tutte le sue forze sentì crescere dentro di lei il desiderio di farcela per tutte le persone a cui Kalen aveva distrutto la vita.- Cosa credi di fare! Tu… non si niente in confronto a me!

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A queste parole una violenta luce apparve dal ciondolo di Bianca. Una luce così accecante come il sole d’estate e così calda che sciolse la superficie di specchio lunare. La bambina non riusciva a credere al miracolo appena compiuto. Apparve proprio in quel medesimo momento Sheeba. L’animale correva con una forza e un impeto inquietante mentre i suoi occhi brillavano come due fiaccole nel nero della notte.- Sheeba attacca! - comandò la principessa aizzando il dito contro Bianca.- E’ la fine - pensò la piccola.Sheeba correva sempre più rapido come una nera saetta, e quando fu vicino alla sua padrona le balzò addosso con tutta la rabbia che aveva nel cuore e la spinse dentro il lago di luce solare.- Nooo! - urlò lei con metà del corpo nell’acqua. Era ancorata col le unghie al collo del felino che pareva soffrire in silenzio.- Lascialo, lascialo! - urlò Bianca.Riusciva a capire che Sheeba stava per abbandonare la presa che lo teneva aggrappato al terreno.- Non farlo! Ti prego, non puoi abbandonarmi di nuovo! La bimba aveva il volto bagnato dalle lacrime che le scendevano senza sosta. Sheeba, come aveva già fatto, non le diede retta.- Cosa stai facendo, infame, tirami fuori da qui! - Kalen era disperata.Il felino guardò Bianca per l’ultima volta con un immenso affetto sprigionato dai suoi occhi e si lasciò ingoiare dall’acqua di luce.- Tu la paghe… La Signora dei Senzavolto non riuscì nemmeno a terminare la frase che già sprofondava a picco sotto il corpo dell’imponente animale. Ivi era apparsa tra gli alberi con un braccio sanguinante e nell’altro la sfera del bocciolo nero.Toccò a lei sigillare il lago e con il potere del suo ciondolo ripristinò la superficie di specchio ghiacciata. Nessuno sarebbe più potuto uscire fino al sorgere del sole… la mattina seguente.

38 la grande emozioneBianca corse incontro all’amica.- Come stai? - Mi dispiace veramente tanto per Sheeba - rispose la ragazzina vedendo il volto in lacrime di Bianca. Le due esitarono appena e si abbracciarono mentre la piccola singhiozzava sulla spalla di Ivi. - Pensiamo a sbarazzarci di questo - le ricordò mostrandole il bocciolo nero. Bianca annuì.

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Dal ciondolo solare uscì un lampo di luce che crepò la sfera nella quale era contenuto il fiore di pece. Ivi allora alzò il piede sopra la boccia.- Ho sempre desiderato farlo. Con soddisfazione sprofondò la scarpetta nel vetro. Frantumi e schegge schizzarono ovunque. Il bocciolo respirando la nuova aria si aprì rapido, mostrò la sua misteriosa corona di petali a appassì piegando la testa al suolo così velocemente come era sbocciato.- Domattina il sole lo ucciderà! - disse Ivi rivolta a Bianca ancora sconvolta.- Su col morale, pensa a Kalen ! Si trasformerà in un’orribile creatura squamosa! Le due abbozzarono un sorriso interrotto da uno sguardo preoccupato. Si stavano dimenticando forse di qualcosa?- I Senzavolto. Pantofola! Seguimi! Ivi iniziò a correre diretta al giardino di drosere.- Raccogli il ramo più grosso che riesci a trovare!Arrivarono di fretta sul sentiero di conchiglie e la bambina dai neri capelli scattò di voga contro il primo vaso, il bastone stretto in pugno. Fece girare l’arma nell’aria e colpì forte l’otre di terracotta, infrangendolo. Lo spirito arrivò dall’oscurità risucchiato nel fondo del vaso e così tutti gli altri a mano a mano che le due colpivano e distruggevano. Fu una liberazione per loro, uno sfogo. Si asciugarono la fronte bagnata dal sudore. Poi si guardarono sorridendo.Una bianca scia di luce attirò la loro attenzione. - I ciondoli! - dissero all’unisono, così insieme s’incamminarono con calma per la via a loro indicata. Bianca reggeva l’amica con il braccio ferito.- Mi devi ancora spiegare cos’è successo tra te e Sheeba! - chiese la bambina curiosa, ma lei non rispose.- Guarda! - le disse.I ciondoli nelle loro sfere colavano radunati e parevano una costellazione di stelle cadenti.Era uno spettacolo unico!Le scie di luce diafana danzavano nel blu e s’intrecciavano come criniere cristalline di cavalli alati. I ciondoli si fermarono a mezz’aria davanti alla cascata ghiacciata dove erano imprigionate le sorelle di Ivi. La cascata ricominciò a sgorgare in tutto il suo fragore.Kalen aveva perso i suoi poteri, trasformata in una creatura acquatica, e ora il suo incantesimo stava svanendo sotto gli occhi delle bambine. Con stupore notarono che il ghiaccio si scioglieva lentamente e diveniva fasci di limpida acqua. Le pietre incastonate nei gioielli crearono un luminoso arcobaleno notturno che s’immergeva nel vapore tra gli schizzi d’acqua.Ancora una volta la magia le aveva lasciate a bocca aperta. Rimasero ad ammirare lo spettacolo della natura quando dall’acqua uscì una mano e poi un viso solare che somigliava tanto a quello di Ivi.

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Le due si guardarono, era molto tempo che non lo facevano. Per la prima volta Bianca vide l’amica piangere, piangere di gioia e di stupore. Ivi si tuffò nell’acqua, non potè frenare il suo impulso e si abbandonò nelle braccia della sorella.- Allie, mi sei mancata moltissimo! - Anche tu - sussurrò la sorella accarezzandole la testa.Poi le mostrò una cosa che ancora non aveva visto. La fece voltare e Ivi trovò davanti a lei tutte e cinque le sorelle che aspettavano solo di essere abbracciate.Il tempo passato da sola l’aveva distrutta. Era una grande emozione per lei ritrovare la sua famiglia riunita. Vi furono abbracci, festeggiamenti, carezze e pianti.Era giunto il momento per i ciondoli di ritornare al loro posto e anche Bianca dovette restituire il suo a Fedora.Che fine aveva fatto di nuovo Pantofola?Questa volta fu facile ritrovarlo. Si era arrampicato su un albero dorato non molto lontano e miagolava terrorizzato. Ritornarono felici alla casetta sotto il salice ridendo e scherzando per tutto il percorso. - Sheeba mi assalì e mi graffiò il braccio gettandomi al suolo. Poi accadde una cosa molto strana, il mio ciondolo lunare chiamò l’ametista del felino che riprese coscienza di quello che stava facendo. Annusò l’aria e sparì nel buio tra gli alberi dorati diretto a salvare Bianca.Allie, Fedora, Krissi, Melania, Amalia ed Emily accolsero con gioia Bianca che aveva aiutato la loro sorellina a salvarle e a liberare le loro anime.Già la mattina seguente Bianca era pronta a partire: poteva finalmente tornare a casa.Le sorelle di Ivi la salutarono tutte con le braccia alzate mentre la ragazzina decise di accompagnarla.- Non si sa mai che ti perdi di nuovo! - le disse.Bianca rivide i luoghi in cui aveva passato gli ultimi mesi della sua vita e pensò che le sarebbero mancati. Il sole accompagnava i loro passi.- Ci rivedremo, vero? - Certo. Tutti i giorni! - rispose Ivi con un radioso sorriso. Ma le sorprese non erano ancora finite perché un piccolo scricchiolio annunciò l’arrivo di un nuovo amico.- Dalle tue tasche adesso escono anche uccellini? - chiese stupita l’amica. Vide che Bianca era altrettanto sorpresa.Un piccolo uccellino dalla coda dorata spiccava il suo primo volo davanti ai loro occhi.- Chiamalo Piccolo! - esclamò Ivi.- Si, mi piace! Lo rispecchia perfettamente! L’uccellino sembrava già essersi affezionato a Pantofola e contento gli zampettava sulla testa beccandogli le orecchie. Il gatto geloso cercava di scacciarlo con la zampa anche se sotto sotto era un piacere giocare con lui.- Ora ti devo lasciare, il bosco termina qui! Buona fortuna amica mia, e non dimenticarti di venirmi a trovare!

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- Si! - disse Bianca decisa.La loro amicizia era solo all’inizio ma entrambe sapevano sarebbe durata a lungo.- A domani! - urlò la bimba mentre correva diretta a casa vedendo Ivi ricambiarle il saluto.Volava dalla gioia. Vedeva che intorno a lei non era cambiato niente. Il sole stava tramontando dietro le colline. Il villaggio in tutto il suo splendore brillava di una calda luce arancione e la sua casetta vicino al calzolaio era più bella che mai. La bambina sostò per un attimo davanti alla porta, prese in braccio Pantofola sollevata e felice di averlo ritrovato. Entrò in casa.

39 ci sono sempreEntrò spalancando la porta gridando.- Sono tornata. Mamma, papà, sono a casa! I genitori si precipitarono all’ingresso.- Figlia mia! - urlò la mamma mentre il padre sollevava la bimba per abbracciarla.Scoppiarono in un'infinità di pianti e di baci che proseguirono in cucina. Seduti al tavolo c'erano Iris, Rosina e Celestina con il nonno Ampu che giocavano con Tommy. Alla vista della loro nipotina scoppiarono in un forte applauso.Ampu strinse a sé la bimba e le sussurrò:- Avventura fantastica, eh?! Ma mi dovrai raccontare ogni cosa! - e le sorrise con un'aria brillante. Bianca ricambiò il sorriso: - Anche tu mi dovrai spiegare… Morbasco… come mai ti hanno cacciato dall'ordine dei vecchi saggi?- Semplice. Io non sono vecchio! - Che la festa abbia inizio! - proclamò Rosina ancora emozionata.

Le persone più care ci sono sempre, in ogni momento. Non ti dimenticano e si fanno in quattro per aiutarti. E gli amici sono più preziosi dell’oro. Era bello per Bianca essere di nuovo a casa.

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Alice Buoli OLTRENEBBIA

QUA QUA QUA, BLA BLA BLACon questo libro ho dato libertà alla mia fantasia di bambina. C'è una cosa che non mi va della vita: crescere. Ho diciassette anni, e più cresco, più voglio rimanere piccola. Dentro di noi c’è un pezzetto della nostra infanzia, ed io adoro sentirla in ogni momento. Non dimenticate i vostri sogni e cercate di realizzarli al meglio. Bianca rimarrà nel mio cuore. La vedrò correre per i prati, guardare il cielo e immaginare che le nuvole siano strane creature.

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