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CAPITOLO III LA VITA APOSTOLICA E IL MINISTERO APOSTOLICO AL SERVIZIO DEL POPOLO DI DIO Sommario: 1. Presentazione.- 2. Chiamata sequela e missione degli Apostoli.- 3. I servitori del popolo sacerdotale: sacerdoti ministri.- 4. Linee portanti della sequela evangelica degli Apostoli.- 5. Fedeltà alla missione dello Spirito Santo.- 6. Guida pastorale.- 7. Orientamento bibliografico. 1. PRESENTAZIONE Ogni credente è chiamato a esercitare un servizio ai fratelli, rendendosi così complemento o strumento vivo di Cristo (Col 1,24). Ognuno è un altro Cristo a seconda della propria vocazione e missione. Le vocazioni e i ministeri sono, infatti, segno della presenza attiva di Gesù risuscitato nella Chiesa e nel mondo (cfr. Cap. VIII). Alcuni seguaci di Cristo, gli Apostoli, sono stati eletti per essere espressione o segno personale di Cristo in quanto capo, Sacerdote e Buon Pastore (Lc 6,12-16; Mc 3,13-19; PO 1,3). Gesù ha voluto prolungarsi nella sua Chiesa attraverso servizi e ministeri (Mt 28,20). Gesù ha voluto lasciare, tra il suo popolo sacerdotale, questo segno speciale del suo essere, del suo agire e della sua esperienza, nella linea di servizio dall'ultimo posto, senza privilegi, né vantaggi umani (Lc 22,28). I servizi che gli Apostoli (e i loro successori e immediati collaboratori) prestano al popolo sacerdotale sono un prolungamento dell'azione di Gesù, come suoi inviati che partecipano del suo essere e, in modo speciale, della sua missione. Gesù comunica loro (adesso attraverso il sacramento dell'ordine) una grazia speciale dello Spirito Santo (Gv 16,14), perché siano la sua gloria e trasparenza (Gv 17,10), per garantire il significato della sua parola (Lc 10,16; Gv 15,26-27) per continuare la sua presenza (Mt 28,20), il suo sacrificio della nuova alleanza (Lc 22,19), la sua azione

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CAPITOLO III

CAPITOLO IIIPRIVATE

LA VITA APOSTOLICA E IL MINISTERO APOSTOLICO

AL SERVIZIO DEL POPOLO DI DIO

Sommario: 1. Presentazione.- 2. Chiamata sequela e missione degli Apostoli.- 3. I servitori del popolo sacerdotale: sacerdoti ministri.- 4. Linee portanti della sequela evangelica degli Apostoli.- 5. Fedeltà alla missione dello Spirito Santo.- 6. Guida pastorale.- 7. Orientamento bibliografico.

1. PRESENTAZIONE

Ogni credente è chiamato a esercitare un servizio ai fratelli, rendendosi così complemento o strumento vivo di Cristo (Col 1,24). Ognuno è un altro Cristo a seconda della propria vocazione e missione. Le vocazioni e i ministeri sono, infatti, segno della presenza attiva di Gesù risuscitato nella Chiesa e nel mondo (cfr. Cap. VIII). Alcuni seguaci di Cristo, gli Apostoli, sono stati eletti per essere espressione o segno personale di Cristo in quanto capo, Sacerdote e Buon Pastore (Lc 6,12‑16; Mc 3,13‑19; PO 1,3).

Gesù ha voluto prolungarsi nella sua Chiesa attraverso servizi e ministeri (Mt 28,20). Gesù ha voluto lasciare, tra il suo popolo sacerdotale, questo segno speciale del suo essere, del suo agire e della sua esperienza, nella linea di servizio dall'ultimo posto, senza privilegi, né vantaggi umani (Lc 22,28).

I servizi che gli Apostoli (e i loro successori e immediati collaboratori) prestano al popolo sacerdotale sono un prolungamento dell'azione di Gesù, come suoi inviati che partecipano del suo essere e, in modo speciale, della sua missione. Gesù comunica loro (adesso attraverso il sacramento dell'ordine) una grazia speciale dello Spirito Santo (Gv 16,14), perché siano la sua gloria e trasparenza (Gv 17,10), per garantire il significato della sua parola (Lc 10,16; Gv 15,26‑27) per continuare la sua presenza (Mt 28,20), il suo sacrificio della nuova alleanza (Lc 22,19), la sua azione salvifica e sacramentale (Gv 20,21; Mc 16,20) e la sua azione pastorale (Mt 28,19; At 1,8). Questa è la missione del ministero apostolico dei dodici Apostoli e dei loro successori e immediati collaboratori.

Questa scelta e ministero è un servizio o diaconia speciale, che partecipa all'umiliazione («kenosis») di Cristo (Fil 2,5‑8), per essere segno di come il Buon Pastore ama e per costruire la Chiesa come comunione («koinonia») con Cristo e con tutti i fratelli (1 Pt 5,3; 1Cor 9,19; Mc 10,44).

La spiritualità di questa vocazione si concretizza nel seguire, imitare e unirsi al Buon Pastore (carità pastorale), seguendo l'esempio della vita apostolica dei Dodici, che si modella nella fedeltà allo Spirito Santo come garante e agente della consacrazione e della missione ricevuta da Cristo (cfr. Lc 4,18; At 1,4‑8).

2. CHIAMATA, SEQUELA E MISSIONE DEGLI APOSTOLI

L'elezione degli Apostoli e dei loro successori e immediati collaboratori è stata e continua a essere iniziativa di Cristo: «ha scelto coloro che ha voluto» (Mc 3,13; cfr. Gv 15,16). Il Signore si avvicina alla situazione concreta in cui vive ciascuno per pronunciare il seguimi come dichiarazione d'amore (Gv 1,43; Mt 4,18‑22; 9,9).

La sequela apostolica equivale a condividere la vita con Cristo (Mc 3,14; cfr. Gv 15,27) come amicizia profonda (Gv 15,9‑15).

Visto che gli Apostoli si sarebbero convertiti in segno del Buon Pastore, furono chiamati a imitare il suo modo di vivere, in povertà, obbedienza e castità (Mt 8,21; 12,50; 19,12).

La nota di disinteresse assoluto si trova nel rapporto stretto con la sequela per amore (Mt 19,27), per correre la stessa sorte di Cristo Sposo e amico (Mc 10,38; Gv 11,16; 21,18‑19).

Gesù volle dar loro il nome di Apostoli, inviati, per sottolineare la loro identità missionaria (Lc 6,13). Rendere testimonianza a Cristo supponeva una condivisione di vita con Lui (Gv 1,35‑46; 1Gv 1,1ss.; Gv 15,26‑27). In tal modo partecipavano della stessa vita e missione di Cristo (Gv 17,18; 20,21) di predicare e guarire, annunciando la penitenza e il perdono (Mt 10,5‑42; Mc 6,7‑13; Lc 10,1‑10). Questa missione si riassume in una triplice prospettiva: insegnare, battezzare (santificare) e guidare (Mt 28,19‑20; Mc 16,15‑20; Lc 24,45‑49).

Secondo i testi appena citati, Gesù ha trasmesso ai suoi questa realtà pastorale e sacerdotale in modo stabile, attraverso diverse tappe:

-- elezione,

-- invio (prima e dopo la risurrezione),

-- istituzione dell'eucaristia (ultima cena),

-- istituzione del sacramento del perdono (risurrezione),

-- comunicazione dello Spirito Santo (Pentecoste).

Il Concilio Vaticano II riassume così queste tappe dell'istituzione apostolica: «Il Signore Gesù, dopo d'avere pregato il Padre, chiamati così coloro che ha scelto, ne scelse dodici perché vivessero con lui e per mandarli a predicare il regno di Dio; costituì i dodici a modo di collegio, cioè, di gruppo stabile, a capo del quale scelse Pietro... Prima li mandò ai figli d'Israele e poi a tutte le genti... Nel giorno di Pentecoste furono pienamente confermati per svolgere questa missione» (LG 19).

Conviene riconoscere lo stretto legame esistente tra l'eucaristia e l'istituzione del sacerdozio ministeriale: «con le parole "fate questo in memoria di me" (Lc 22,19; 1Cor 11,24) Cristo costituì come sacerdoti i suoi Apostoli». Effettivamente, l'eucaristia è la «sorgente e il culmine di tutta l'evangelizzazione» (PO 5; cfr. LG 11) . In tal modo, Cristo «lasciò alla sua amata sposa, la Chiesa, un sacrificio visibile, come esige la natura degli uomini». È il mistero pasquale, celebrato (e reso presente) nell'eucaristia, che deve essere annunciato e vissuto da tutta la comunità ecclesiale e per tutta la comunità umana.

Gli Apostoli, per incarico di Cristo, hanno trasmesso questa realtà sacerdotale attraverso l'imposizione delle mani (sacramento dell'ordine): «Lo stesso Signore, affinché i fedeli formassero un solo corpo, nel quale tutti i membri svolgono la stessa funzione (cfr. Rm 12,4), tra gli stessi fedeli scelse alcuni come ministri, perché nella società dei credenti esercitassero il sacro potere dell'ordine per offrire il sacrificio e perdonare i peccati, e svolgessero pubblicamente l'ufficio sacerdotale degli uomini in nome di Cristo. Così, quindi, mandati gli Apostoli come Lui era stato mandato dal Padre, Cristo, per mezzo degli stessi Apostoli, rese partecipi della sua stessa consacrazione e missione i loro successori, che sono i vescovi, il cui incarico ministeriale, in grado subordinato, fu dato ai presbiteri, affinché, costituiti nell'ordine sacerdotale, fossero cooperatori dell'ordine episcopale per compiere la missione apostolica affidata da Cristo» (PO 2; cfr. LG 28).

La missione sacerdotale, come partecipazione alla funzione pastorale di Cristo, risulterebbe incompleta se fosse separata dalla vocazione e dalla sequela; si correrebbe il rischio di professionalismo privilegiato, senza esigenze evangeliche. Cristo conferisce la missione sacerdotale a coloro che Egli ha chiamato per condividere la sua stessa vita di Buon Pastore. La carità pastorale, come sequela e imitazione di Cristo, è la linea maestra della spiritualità sacerdotale. Senza questa linea evangelica, il sacerdote come persona non potrebbe incontrare la propria identità.

3. I SERVITORI DEL POPOLO SACERDOTALE:

SACERDOTI MINISTRI

Ogni cristiano è servitore degli altri fratelli che formano la comunità ecclesiale. Vocazione e carismi si concretizzano in servizi e ministeri. Nelle comunità fondate dagli Apostoli vi erano alcuni ministri (servitori) che esercitavano una certa direzione o responsabilità, anche se in dipendenza da loro: i vescovi (At 20,28; 1Tm 3,2), presbiteri (At 11,30; 15,2ss.; 1Tm 5,17), guide, presidenti, liturghi, diaconi, ecc. (Eb 13,7ss.; 1Ts 5,12; Ef 4,11; 1Cor 1,2; Rm 15,6; 1Tm 3,12; Fil 1,1).

Questa terminologia, un po' fluttuante, si stabilizzò con un significato preciso nel II secolo. Sin dal III secolo, i vescovi e presbiteri vengono chiamati «sacerdoti» (San Cipriano e San Ippolito di Roma)

La diversità di carismi e servizi di ogni comunità troverà in questi ministri, stabiliti dagli Apostoli, un principio di unità, armonia e comunione ecclesiale.

L'autorità apostolica li considerò collaboratori immediati. Il rito dell'imposizione delle mani, come trasmissione di una grazia permanente dello Spirito Santo, era ciò che in seguito sarà chiamato sacramento dell'ordine (cfr. At 6,1‑6; 13,1‑3; 14,23; 1Tm 4,14; 2Tm 1,6; Tt 1,5). Dopo la morte degli Apostoli, troviamo in tutte le Chiese locali vescovi, presbiteri e diaconi, che costituiscono il Presbiterio in stretta comunione con il vescovo (cfr. San Ignazio d'Antiochia).

Si tratta, dunque, di ministri che continuavano, ognuno a seconda del suo grado, i ministeri apostolici.

Questi ministri non si chiamano «sacerdoti» fino al secolo III (con Tertulliano, san Cipriano, san Ippolito, ecc.). Però, sulla scia di Cristo Scerdote, i riti e i gesti ministeriali hanno avuto sempre una terminologia sacrificale e cultuale. Sono «ministri della nuova alleanza» (2Cor 3,6) che ha sempre carattere di sacrificio. Sono servitori di Cristo Mediatore (1Tm 2,5), sommo Sacerdote e Vittima (Eb 9,11‑15). Sono, dunque, ministri e servitori del popolo sacerdotale (1 Pt 2,4‑10; Ap 1,5‑6; 5,9‑10; 20,6).

Il fatto di esercitare la presidenza durante la celebrazione del sacrificio eucaristico a nome e in persona di Cristo Sacerdote sarà determinante per generalizzare il titolo di sacerdote ministro. Ciò nonostante, bisognerà ricordare sempre che è un servizio multiforme, che comprende armonicamente l'annuncio della parola, il servizio dei sacramenti e la costruzione della comunità nella comunione. I sacerdoti ministri sono testimoni qualificati della morte e risurrezione di Cristo con la propria vita e con la missione dell'annuncio, della celebrazione e della comunicazione del mistero pasquale.

Gli Apostoli hanno ricevuto questa realtà sacerdotale direttamente dallo stesso Gesù, dalla sua umanità vivificante come sacramento fontale. Adesso i sacerdoti ministri (sacerdozio ministeriale), attraverso il sacramento dell'ordine, ricevono questa realtà sacerdotale, che li rende partecipi nell'essere, nell'agire e nell'esperienza vissuta di Cristo Sacerdote e Buon Pastore. Con il sacramento dell'ordine si conferisce la consacrazione sacerdotale (carattere e grazia) ai chiamati dalla Chiesa (attraverso il vescovo), per esercitare i ministeri apostolici nel grado di vescovo, presbitero e diacono. I diaconi non vengono chiamati sacerdoti.

«Essendo chiaro dalla testimonianza della Scrittura, dalla tradizione apostolica e dal consenso unanime dei Padri, che attraverso la sacra ordinazione, che si compie con la parola e i segni esterni, si conferisce la grazia, nessuno può dubitare che l'ordine è veramente e propriamente uno dei sette sacramenti della santa Chiesa. Dice infatti l'Apostolo: Ti ammonisco che faccia rivivere la grazia di Dio che è in te attraverso l'imposizione delle mie mani» (DS 959).

Questa realtà sacerdotale, partecipata da Cristo, ha tre aspetti principali:

-- elezione divina o vocazione del Signore, manifestata attraverso la Chiesa,

-- consacrazione o partecipazione all'essere e all'operare di Cristo, attraverso il sacramento dell'ordine,

-- missione o invio da parte di Cristo e attraverso la Chiesa.

L'elezione o vocazione al sacerdozio ministeriale continua ad essere un dono e iniziativa del Signore (cfr. n.2). È una grazia o carisma. L'elezione di tutti in Cristo (cfr. Ef 1,3ss.) si concreta nel sacerdote ministro come segno di Cristo in quanto Sacerdote, capo e Buon Pastore, per operare in suo nome.

Questa vocazione giunge all'eletto per mezzo di mediazioni ecclesiali: famiglia, educatori, testimonianze, dottrina, comunità in generale, gerarchia... «Tuttavia, questa voce del Signore che chiama non si deve pensare in nessun modo che giunga in forma straordinaria alle orecchie del futuro presbitero. Piuttosto deve essere ascoltata e riconosciuta attraverso i segni che quotidianamente fanno conoscere ai cristiani prudenti la volontà di Dio; segni che i presbiteri devono prendere in considerazione con attenzione» (PO 11; cfr. OT 2). La Chiesa, attraverso il vescovo e i suoi collaboratori, garantirà l'esistenza della vocazione sacerdotale durante il periodo di formazione e specialmente nel momento di ricevere il sacramento dell'ordine (cfr. il capitolo VIII).

La consacrazione sacerdotale è partecipazione all'unzione di Cristo (Lc 4,18; Gv 10,36). L'umanità di Cristo è unta nell'incarnazione per opera dello Spirito Santo, cioè, è unita ipostaticamente (o in unione di persona) al Verbo. Il sacerdote ministro partecipa di questa unzione o consacrazione per mezzo del carattere e della grazia che conferisce il sacramento dell'ordine. «Con l'effusione sacramentale dello Spirito Santo che consacra e manda, il presbitero viene configurato a Gesù Cristo Capo e Pastore della Chiesa e viene mandato a compiere il ministero pastorale. In tal modo, il sacerdote è segnato per sempre e in modo indelebile nel suo essere come ministro di Gesù e della Chiesa» (PDV 70).

Il carattere sacramentale dell'ordine è un segno o qualità indelebile, che configura il sacerdote ordinato con Cristo Sacerdote perché possa agire in suo nome. «Il sacerdozio (ministeriale)... è conferito attraverso quello speciale sacramento con il quale i presbiteri, per mezzo dell'unzione dello Spirito Santo, rimangono segnati con il carattere specifico, e così si configurano con Cristo Sacerdote, potendo così operare come nella persona di Cristo capo» (PO 2).

Ogni cristiano ha ricevuto il carattere del battesimo (e della confermazione) che configura a Cristo Sacerdote. Il carattere del sacramento dell'ordine conferisce una facoltà di agire a nome e in persona di Cristo Sacerdote, maestro e pastore (cfr. PO 2,6; LG 28).

Il carattere è una partecipazione al potere e alla missione sacerdotale e pastorale del Signore, che destina al servizio di Cristo presente nell'eucaristia, nella sua Chiesa e nel mondo (cfr. San Tommaso, III, q.63, a.16). «Il permanere di questa realtà, che lascia un segno per tutta la vita (dottrina di fede, conosciuta nella tradizione della Chiesa con il nome di carattere sacerdotale), dimostra che Cristo associò a sé la Chiesa, in modo permanente, per la salvezza del mondo e che la stessa Chiesa è definitivamente consacrata a Cristo per compiere la sua opera. Il ministro, la cui vita porta con sé il marchio del dono ricevuto per mezzo del sacramento dell'ordine, ricorda alla Chiesa che il dono di Dio è definitivo. Nella comunità cristiana che vive nello Spirito, e nonostante le sue mancanze, è pegno della presenza salvifica di Cristo» (Sinodo dei Vescovi del 1971).

La grazia speciale ricevuta nel sacramento dell'ordine (differente dal carattere) aiuta a esercitare santamente la funzione e la missione sacerdotale. In tal modo ci rendiamo «strumenti vivi di Cristo Sacerdote» (PO 12), in sintonia con la sua carità di Buon Pastore. E, dunque, una grazia che delinea la fisionomia del sacerdote, per aiutarlo ad essere segno chiaro o espressione di Cristo. Ha uno stretto rapporto con il carattere, creando una certa unità che bisogna permanentemente ravvivare (2Tm 1, 6). È una «forza speciale».

-- una sfumatura di carità pastorale per tutte le virtù sacerdotali,

-- una sintonia d'esperienza con gli atti sacerdotali che si compiono,

-- unione con Cristo in quanto Sacerdote e Vittima,

-- essere strumento cosciente e volontario (responsabile) di Cristo,

-- santità per essere «dispensatore dei misteri di Dio» (1Cor 4,1).

Partecipare fedelmente e responsabilmente alla missione di Cristo è una conseguenza della vocazione e della consacrazione sacerdotale. La missione, che ha le sue radici nella realtà sacerdotale, ha bisogno di rendersi esplicita attraverso l'incarico della Chiesa. È, dunque, la missione di Cristo affidata agli Apostoli (Gv 17,18; 20,21), estesa adesso alla Chiesa e ricevuta per suo mezzo, secondo i diversi gradi e modi di partecipazione. È una missione esercitata nella comunione ecclesiale.

Tutta la missione della Chiesa è profetica, cultuale e regale, cioè, si esercita attraverso l'annuncio della Parola, la celebrazione liturgica (specialmente eucaristica e sacramentale) e i suoi servizi di carità e direzione della comunità. Il sacerdote esercita tale missione a nome di Cristo capo e Buon Pastore, in comunione con la Chiesa e in un equilibrio armonico e integrale d'annuncio, celebrazione e comunicazione del mistero pasquale di Cristo (PO 4‑6; cfr. capitolo IV).

4. LINEE PORTANTI DELLA SEQUELA

EVANGELICA DEGLI APOSTOLI

La sequela evangelica degli Apostoli è stata chiamata «vita apostolica» o modo di vivere degli Apostoli («apostolica vivendi forma»). Gesù ha dato facoltà di prolungare la sua parola, il suo sacrificio e la sua azione salvifica ad alcuni dei suoi discepoli che avevano lasciato tutto per seguirlo. Il servizio sacerdotale degli Apostoli è strettamente legato alla continuità evangelica. La linea di tutta la vita apostolica la riassume san Pietro: «Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito» (Mt 19,27).

La vita apostolica è incontro con Cristo, rapporto personale con lui, scelta fondamentale per mezzo di lui, sequela e imitazione, con l'intenzione di prolungarlo nel tempo e nello spazio.

I testi fondamentali dove appaiono le linee di forza di questa sequela apostolica sono i seguenti:

-- La chiamata per una sequela senza condizioni: Mt 4,18‑22; Mc 3,13‑19.

-- L'invio con le caratteristiche della vita missionaria di Cristo: Mt 10,1‑42 (4,23‑25); Lc 9,1‑6; 10,1‑2; Mc 6,7‑13.

-- La figura del Buon Pastore: Gv 10,1‑21 (Lc 15,1‑7).

-- L'ultima cena (eucaristia) e la preghiera sacerdotale: Gv 13‑17 (Lc 22,1‑39)

-- La vita evangelica del Signore: Mt 8,21 (povertà); Gv 10,18 (obbedienza del Buon Pastore); Mt 18,12 (castità per il regno).

-- Lo stile di servizio nel dirigere la comunità: 1 Pt 5,1‑5

-- Il riassunto della vita apostolica di Paolo: At 20,17‑38.

Queste linee appaiono in san Paolo attraverso i suoi scritti e negli Atti degli Apostoli:

-- chiamata per iniziativa divina: Gal 1,5 (At 9,1‑19)

-- unione con Cristo: Gal 2,19‑20; Fil 1,21; 2Tm 1,12

-‑ ministro di Cristo e della sua Chiesa: 1Cor 4,1; Cor 5,20; Col 1,25ss.

-- dispensatore dei misteri di Dio e riconciliatore degli uomini con Dio: 2Cor 5,18.

-‑ strumento di grazia: 2Cor 3,8.

-‑ ministro dell'eucaristia: 1Cor 11,23‑24.

-‑ custode dell'autenticità della Parola: 1Tm 6,20.

-- servitore della comunità ecclesiale con umiltà e Povertà: At 20,17‑38: Fil 2,1-11.

-- carità evangelizzatrice e zelo apostolico senza confini: 2Cor 5,14; 11,28.

La sequela evangelica e radicale di Cristo è, principalmente negli Apostoli, amicizia profonda (Gv 13,1; 15,9‑17.27). Solamente a partire da questo amore si possono capire le esigenze della sequela (Mt 8,18‑22). Si tratta di condividere la stessa sorte di Cristo o di bere il suo calice d'alleanza (Mc 10,38; cfr. Lc 22,19‑20; Gv 18,11). Nei momenti di difficoltà è l'amore quello che può far superare positivamente la situazione (Gv 6,67‑68; 16,20‑22).

La sequela, in rapporto alla missione apostolica, ha queste caratteristiche:

-- carità come quella del Buon Pastore: dedizione, virtù pastorali, servizio, vicinanza

-- missione totalizzante e universale: sotto l'azione dello Spirito Santo, per evangelizzare i poveri e tutti i popoli

-- fraternità apostolica a servizio della comunità ecclesiale: unità apostolica soprattutto nel Presbiterio, per costruire la comunione della Chiesa locale.

La vita apostolica o vita evangelica degli Apostoli è sintonia di vita e d'impegno con la carità e la missione del Buon Pastore, nel suo amore al Padre (Eb 10,5‑7; Gv 4,34; 10,18; 17,4; Lc 23,46), nel suo amore agli uomini (Mt 11,28‑30; 14,14; 15,32; Gv 10,14ss.), fino a dare la vita in sacrificio per tutti (Gv 10,11ss.; Mt 20,28) (cfr. Cap. II,2). È la carità pastorale che ha la sua radice nella consacrazione e che orienta alla missione, per un servizio umile e povero nell'essere un pane mangiato, dando se stesso agli altri (cfr. Cap. V).

Da questa carità emana la missione totalizzante e universale come partecipazione e prolungamento della stessa missione di Cristo (Gv 17,18; 20,21), che si dirige verso tutti i popoli perché non ha frontiere storiche, geografiche, culturali e settoriali (cfr. At 1,8; Mt 28,18‑20; Mc 16,15‑16; cfr. Cap. IV).

La fraternità apostolica è una conseguenza dell'essere prolungamento di Cristo. L'unità o comunione di Cristo con il Padre e lo Spirito Santo si esprime nella sua stessa unità di vita, in armonia con i progetti salvifici di Dio amore: «colui che vede me, vede il Padre» (Gv 14,9; 12,45‑46). Questa stessa unità di comunione si riflette nella comunità ecclesiale, specialmente negli apostoli: «che tutti siano una sola cosa, come tu, Padre, sei in me e io in te..., e il mondo creda che tu mi hai mandato... e li hai amati come hai amato me» (Gv 17,21‑23). Nella Chiesa locale, la comunione o unità fraterna nel Presbiterio è portatrice e segno efficace di questa unità ecclesiale (cfr. Cap. VII).

Nel cammino storico della Chiesa, la vita evangelica degli apostoli (vita apostolica) trova la sua forza nella celebrazione eucaristica del mistero pasquale (SC 7,10,47). Il ministero di rendere presente il sacrificio redentore di Cristo, morto e risorto, richiede non solo l'annuncio e l'esperienza dello stesso, ma anche la costruzione del Presbiterio e della comunità ecclesiale nella comunione o unità di «un solo corpo» (Rm 12,5). A partire dalla celebrazione eucaristica (come annuncio, celebrazione e comunicazione), l'azione apostolica tende a fare dell'umanità intera una comunione di fratelli. Il primo passo di questa comunione, che è riflesso della comunione in Dio amore, uno e trino, sarà la realtà di comunione ecclesiale nel gruppo apostolico e nella comunità dei credenti.

Queste linee portanti della sequela evangelica degli apostoli si andranno concretizzando in ogni epoca storica, in modo da formare la base della fisionomia spirituale del sacerdote. L'applicazione corretta dipenderà dalla fedeltà alle nuove grazie dello Spirito Santo nelle circostanze sociologiche, culturali e storiche. Il sacerdote deve essere «profumo di Cristo» (2Cor 2,15) o sua «trasparenza» (Gv 17,10) nelle circostanze di luogo e di tempo per l'uomo concreto.

5. FEDELTÀ ALLA MISSIONE DELLO SPIRITO SANTO

Ogni battezzato (e cresimato) ha ricevuto il marchio (carattere) e il pegno permanente dello Spirito Santo (Ef 1,13‑14). Attraverso il sacramento dell'ordine, il sacerdote ministro ha ricevuto un nuovo marchio o nuova grazia permanente dallo stesso Spirito (1Tm 4,14; 2Tm 1,6‑7), che lo rende partecipe dell'unzione e missione di Cristo Sacerdote e Buon Pastore (Lc 4,18; Gv 10,36). La vita e il ministero sacerdotale sarà un costante rinvigorimento di questo dono dello Spirito, con un atteggiamento di discernimento e di fedeltà. La vita spirituale è una «vita secondo lo Spirito» (Rm 8,4‑9).

Gesù, Sacerdote e Buon Pastore, fu concepito nel seno di Maria per opera dello Spirito Santo (Mt 1,18‑25; Lc 1,35), guidato dallo Spirito per immergersi nel deserto (Lc 4,1) e per evangelizzare i poveri (Lc 4,14.18). Lo stesso Gesù si presentò come il «consacrato e inviato dallo Spirito» (Lc 4,18; cfr. Is 61,2ss. e 11,1ss.). Lo Spirito d'amore rimane permanentemente su Gesù (Gv 1,33) per guidarlo nella dedizione totale della sua vita per la redenzione del mondo (Eb 9,14).

L'azione dello Spirito Santo in tutta la storia di salvezza si concretizza specialmente nella vita e nel ministero di Gesù: «Colui che Dio ha mandato, parla con il linguaggio di Dio, infatti Dio ci ha dato lo Spirito senza misura» (Gv 3,34). Lo Spirito nella Sacra Scrittura è missione (salah), messaggio o parola (dabar) e forza spirituale (ruah).

Il ministro e apostolo prolunga Cristo che predica sotto l'azione dello Spirito (Lc 4,14; Gv 3,34), annuncia il battesimo «nello Spirito Santo» (Gv 1,33), si sacrifica nell'amore dello Spirito (Eb 9, 14) e trasmette una vita nuova o nuova nascita nello stesso Spirito (Gv 3,5). L'identità apostolica di Cristo e di tutti i suoi apostoli si manifesta nella «gioia» dello Spirito per appoggiare i progetti salvifici del Padre (Lc 10,21).

Gesù ha promesso lo Spirito Santo per ogni credente (Gv 7,37‑39). Nella promessa fatta agli Apostoli, durante l'ultima cena e il giorno dell'ascensione, il Signore parla di:

-- presenza: Gv 14,15‑17; 16,7

-- illuminazione: Gv 16,13

-- azione santificatrice: Gv 16,14; At 1,5

-- azione evangelizzatrice: Gv 15,26‑27; At 1,8.

L'azione dello Spirito Santo trasforma gli apostoli in gloria o segno di Cristo Sacerdote (Gv 16,14; 17,10). La missione che Cristo affida loro porta la forza dello Spirito (Gv 20,21). Riuniti nel cenacolo con Maria (At 1,14), gli Apostoli e la prima comunità di discepoli il giorno di Pentecoste furono «ripieni di Spirito Santo» (At 2,4). Da questo momento, la comunità ecclesiale riceverà spesso delle nuove grazie dello Spirito per «annunciare con coraggio la Parola di Dio» (At 4,31). I momenti del cenacolo con Maria saranno continuamente dei momenti di rinnovamento e di fecondità apostolica (AG 4; EN 82; RH 22; DEV 25,66; RMa 24; RMi 92).

La fedeltà allo Spirito Santo si concretizza per il sacerdote ministro e per ogni apostolo in:

-- custodire il deposito della fede: 2Tm 1,14

-- fiducia nella sua azione santificatrice ed evangelizzatrice: Rm 15,13‑19

-- ravvivare permanentemente la grazia ricevuta nell'ordinazione: 2Tm 1,6

-- vivere in rapporto con la sua presenza e in sintonia con la sua azione, come Paolo «prigioniero dello Spirito»: At 20,22.

Il Concilio Vaticano II descrive la vita dell'apostolo in unione continua con lo Spirito Santo, visto che è lui che «senza sosta accompagna l'azione apostolica» (AG 4).

Il sacerdote ministro concretamente:

-- edifica la Chiesa come tempio dello Spirito, poiché è stato unto da lui con questo fine (PO 1)

-- è attento alle sue luci e spinte per evangelizzare i poveri, discernere e far nascere carismi e vocazioni, collaborare nell'evangelizzazione universale (PO 6,9,10)

-- è docile alla sua azione per santificarsi nell'esercizio del ministero (PO 12‑13)

-- si lascia condurre da lui, per imitare e seguire il Buon Pastore nella sua vita di povertà e carità pastorale (PO 17).

Il discernimento dell'azione dello Spirito da parte del sacerdote, presuppone un cuore contemplativo e una vita povera (PO 17‑18). La sua stessa fedeltà alla volontà salvatrice di Dio sarà la migliore regola di discernimento: «cosciente della propria debolezza, il vero ministro di Cristo lavora con umiltà, cercando di sapere ciò che è gradito a Dio e, come avvinto dallo Spirito, si fa condurre in tutto dalla volontà di colui che vuole che tutti gli uomini si salvino; volontà che possono scoprire e compiere in tutte le circostanze quotidiane della vita, servendo tutti coloro che gli sono stati affidati da Dio nell'ambito dell'incarico che ha ricevuto e nei molteplici avvenimenti della sua vita» (PO 15).

Le regole del discernimento personale e comunitario si imparano in sintonia con l'agire di Cristo e sotto l'azione dello Spirito:

-- verso il deserto: orazione, sacrificio, silenzio contemplativo... (Lc 4,1)

-- per evangelizzare i poveri; carità, servizio, umiltà, vita quotidiana di «Nazaret»... (Lc 4,14‑19)

-- vivendo nella gioia pasquale di Cristo risorto: speranza, trasformazione della sofferenza in amore... (Lc 20,21; Gv 16,7.22).

Il discernimento e la fedeltà sacerdotale alla missione dello Spirito trovano una speciale applicazione nel campo della direzione spirituale e dei consigli pastorali a persone e comunità. Il ministero sacerdotale (cfr. Cap. IV) abbraccia pure il cammino dell'orazione e della perfezione. L'azione profetica, santificatrice e odegetica (orientatrice) del sacerdote ministro, deve raggiungere pure questi campi di santità e perfezione cristiana.

È lì dove si realizzerà in modo speciale il discernimento personale e comunitario.

Il sacerdote aiuta i fedeli a discernere e a seguire le luci dello Spirito Santo quando si annuncia e si ascolta (o si medita) la parola, quando si celebra il mistero pasquale di Cristo nella liturgia e quando si incita a vivere profondamente la vita cristiana di carità e di apostolato.

Bisogna educare i fedeli «perché raggiungano la maturità cristiana; per favorirla, i presbiteri li aiuteranno, affinché negli avvenimenti stessi, grandi o piccoli, possano vedere chiaramente che cosa esige la realtà e qual è la volontà di Dio» (PO 6).

Per «conoscere i segni dei tempi» il sacerdote deve «ascoltare volentieri i laici, considerando fraternamente i loro desideri e riconoscendo la loro esperienza e competenza nei diversi campi dell'attività umana» (PO 9).

La fedeltà e il discernimento dello Spirito, nella vita e nel ministero del sacerdote avrà luogo specialmente nella risposta alla propria vocazione, nel processo della vita spirituale e dell'orazione, nell'azione apostolica e nella convivenza comunitaria. I segni della volontà di Dio, manifestati negli eventi, si scoprono «con l'aiuto dello Spirito Santo e si valutano alla luce della Parola divina» (GS 44).

6. GUIDA PASTORALE

Riflessione biblica:

-- Elezione come iniziativa di Cristo e dichiarazione d'amore: Mc 3,13; Mt 4,18‑22; 9,9; Gv 1,43; 15,16.

-- Sequela di Cristo per condividere la sua vita: Mc 3,14; 10,38; Gv 15,9‑15; Mt 19,27.

-- Missione di annuncio e di testimonianza: Mt 10,5‑42; Mc 6,7‑13; Lc 9,1‑6; 10,1‑10.

-- Annuncio, celebrazione e comunicazione del mistero pasquale: Lc 22,19‑20; 1Cor 11,23‑26.

-- Servitori del popolo sacerdotale: 1 Pt 2,4‑10; 5,1‑5; Ap 1,5‑6; 5,9‑10.

-- Seguire Cristo come gli Apostoli (vita apostolica): Mt 4,19‑22; 19,27; Mt 8,21; 19,12; Gv 10,18.

-- La fedeltà alla presenza, luce e azione dello Spirito Santo: GV 14,15‑17; 15,26‑27; 16,7.13; At 1,5‑8; 20,22; Rm 15,13‑19; 2Tm 1,6.

Studio personale e revisione di vita in gruppo:

-- Il servizio armonico e responsabile dell'annuncio, celebrazione e comunicazione del mistero pasquale (PO 4‑6; SC 7,10,47; PDV 16).

-- Il carattere sacerdotale del sacramento dell'ordine come segno permanente dell'amore di Cristo per la sua Chiesa (1Tm 4,14; 2Tm 1,6; PO 2).

-- Agire in nome di Cristo, capo e Buon Pastore (PO 2,6,12; LG 28; PDV 13).

-- Le linee della vita apostolica: carità di Buon Pastore (PO 15‑17; PDV 23-24), disponibilità missionaria (PO 10; PDV 16-18), fraternità (PO 7‑9).

-- Discernimento e fedeltà allo Spirito Santo nella vita e nel ministero sacerdotale (Lc 4,1‑19; 10,21; PO 1,6,9,10,12,13,17; PDV 27,33; Puebla 198‑219).

-- Servitori della comunità ecclesiale: «I ministeri ordinati, prima che per le persone che li ricevono, sono una grazia per l'intera Chiesa» (ChL 22).

Documenti attuali sulla vita sacerdotale e consacrata:

Ad omnes personas consacratas communitatum Religiosarum et Inst. Saec. Anno Mariali vertente (Lett. Apost. di Giovanni Paolo II: 22.5.1988: AAS 80, 1988, 1638-1652).

Ad Gentes (conc. Vaticano II: 7.12.1965: AAS 58, 1966, 947-990) n.38-40.

Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium (1990) cann. 323-398, 410-571.

Codex Iuris Canonici (1983) cann. 232-295, 572-746.

Direttive sulla formazione... (Istr. della Congregazione per la vita consacrata: 2.2.1990: AAS 82,1990, 470-532).

Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri (Congregazione per il Clero, 1994).

Evangelii nuntiandi (Esort. Apost. di Paolo VI: 8.12.1975: AAS 58, 1976, 5-76) 68, 69.

Evangelica Testificatio (Esort. Apost. di Paolo VI: 29.6.1971: AAS 63, 1971, 497-526).

I cammini del Vangelo (Lett. Apost. di Giovanni Paolo II ai religiosi di America Latina: 29.6.1990: AAS 83, 1990, 22-45).

Lumen Gentium (concilio Vaticano II: 21.11.1964: AAS 57, 1965, 5-71) 28-29, 43-47.

Mutuae Relationes (note direttive... Cong. per la vita consacrata: 14.5.1978: AAS 70, 1978, 473-506).

Optatam Totius (concilio Vaticano II: 28.10.1965: AAS 713-727).

Perfectae Caritatis (concilio Vaticano II: 20.10.1965: AAS 58, 1966, 702-712).

Pastores dabo vobis (Esort. Apost. di Giovanni Paolo II, 25.4.1992).

Provida Mater (Cost. Apost. di Pio XII, Ist. Secolari: 2.2.1947: AAS 39, 1947, 114-124).

Presbyterorum Ordinis (concilio Vaticano II, 7.12.1965: AAS 58, 1966, 991-1024).

Renovationis Causam (Istr. della Congregazione per la vita consacrata: 6.1.1969: AAS 61, 1969, 103-120).

Redemptionis Donum (Esort. Apost. di Giovanni Paolo II: 25.3.1984: AAS 76, 1984, 513-546).

Ratio Fundamentalis Inst. Sacerdotalis (norme della Congregazione per l'Educazione Cattolica: 6.1.1970): AAS 62, 321-384).

Redemptoris Missio (Enciclica di Giovanni Paolo II: 7.12.1990: AAS 83, 1991, 249-340) 67-70.

Summi Dei Verbum (Lett. Apost. di Paolo VI: 4.11.1963: AAS 55, 1963, 979-995).

Venite Seorsum (Istr. della Congregazione per la vita consacrata: 15.8.1969: AAS 61, 1969, 674-690).

Alcune affermazioni basilari del concilio e postconcilio

sulla vita sacerdotale:

Presbyterorum Ordinis:

- «Al servizio di Cristo Maestro, Sacerdote e Re» (n.1)

- «Agire in nome e nella persona di Cristo Capo» (n.2)

- «Consacrazione e missione» (n.2)

- «Consacrati interamente all'opera per la quale il Signore li assume» (n.3)

- (Ministri della parola, dei sacramenti, della eucaristia, educatori del Popolo di Dio. Equilibrio minist.) (n.4-6)

- «Sono tutti tra loro uniti da intima fraternità sacramentale» (n.8) (nella Chiesa «sacramento»)

- «Riconoscere i segni dei tempi» (n.9)

- «Missione universale» (n.10)

- «Gioia pasquale»... «dare a Cristo la più grande testimonianza d'amore» (n.11) (pastorale delle vocazioni)

- «Strumenti vivi di Cristo Sacerdote» (n.12)

- «Raggiungeranno la santità... se nello Spirito di Cristo eserciteranno le proprie funzioni» (n.13)

- «Ascetica propria del pastore d'anime» (n.13)

- «Unità di vita»... «carità pastorale» (n.14)

- (Virtù del Buon Pastore) (nn.15-17)

- (Mezzi di spiritualità) (n.18)

- «Non sono mai soli» (n.22)

Pastores dabo vobis:

- «La vita spirituale del sacerdote viene improntata, plasmata, connotata da quegli atteggiamenti e comportamenti che sono propri di Gesù Cristo Capo e Pastore della Chiesa e che si compendiano nella sua carità pastorale» (n.21)

- «Il sacerdote è chiamato ad essere imagine viva di Gesù Cristo Sposo della Chiesa... È chiamato, pertanto, nella sua vita spirituale a rivivere l'amore di Cristo sposo nei riguardi della Chiesa sposa. La sua vita dev'essere illuminata e orientata anche da questo tratto sponsale, che gli chiede di essere testimone dell'amore sponsale di Cristo» (n.22)

- «Espressione privilegiata del radicalismo sono i diversi consigli evangelici, che Gesù propone nel Discorso della Montagna (cfr. Mt 5-7) e tra questi i consigli, intimamente coordinati tra loro, d'obbedienza, castità e povertà; il sacerdote è chiamato a viverli secondo quelle modalità, i più profondamente secondo quelle finalità e quel significato originale, che derivano dall'identità propria del presbitero e la esprimono» (n.27)

7. ORIENTAMENTO BIBLIOGRAFICO

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Vedere alcuni temi nelle note di questo capitolo: sacramento dell'ordine (nota 4), carattere sacramentale (nota 7), Spirito Santo (note 12 e 13). Sul sacerdozio comune dei fedeli e sulla vita consacrata, vedere il capitolo II.

    � Affronteremo uno studio sistematico sulla vocazione e la formazione sacerdotale nel capitolo VIII, presen�tando il corrispondente orientamento bibliografico. AA.VV., Vocazione comune e vocazioni specifiche, UPS, Roma 1993.

    � Sessione XXII del Concilio di Trento, can. 2; DS 1752.

    � Sessione XXII del Concilio di Trento, cap. I; DS 1739�1741. Studieremo il tema dell'eucaristia nel ca�pitolo IV n.4.

    � Nella Traditio Apostolica, san Ippolito parla del «sacerdozio» del Vescovo (rito di ordinazione). Dal secolo III in poi, i vescovi e i presbiteri vengono chiamati «sacerdoti» (come presidenti dell'eucaristia). Vescovi, presbiteri e diaconi vengono anche chiamati ministri "ordinati" (gradazione del sacramento). Sul sacramento dell'ordine: P.F. BRADSCHAW, Ordination Rites of the Ancient Churches of Est and West, Pueblo Pub., New York 1990; S.P. McHENRY, Three significant moments in the theological development of sacramental character of Orders: Its origin, standardization, and new direction in Augustine, Aquinas and Congar, Diss. Fordham University 1983; J. LÉCUYER, Le sacrement de l'ordination, recherche historique et théologique, Beauchesne, Paris 1981; N. MITCHEL, Mission and ministry: History and Theology in the Sacrament of Orders, Willington 1982; M. NICOLAU, Ministros de Cristo, sacerdocio y sacramento del orden, BAC, Madrid 1971; K. OSBORNE, Priesthood: A Ministry of the ordained Ministry in the Roman Catholic, New York 1988; L. OTT, Le sacrement de l'ordre, Cerf, Paris 1971. Sulla spiritualità del rito dell'ordinazione: J. ESQUERDA BIFET, Espiritualidad sacerdotal según el nuevo rito de orde�nación, «Teología del Sacerdocio» 4 (1972) 329�363; G. FERRARO, Ravviva il dono, catechesi liturgica sul sacerdozio ministeriale, Paoline, Milano 1986.

    � Sessione XXIII del Concilio di Trento, cap. 3; DS 1766.

    � Sessione XXIII del Concilio di Trento, cap. 4 e can. 4, DS 1767�1770, 1774.

    � Documento del Sinodo dei Vescovi del 1971: Il sacerdozio ministeriale, parte 1, n. 5. J. COPPENS, Le caractère des ministères selon les écrits du Nouveau Testament, «Teología del Sacerdocio» 4 (1972) 11 �39; J. ESQUERDA BIFET, Síntesis histórica de la teología sobre el carácter, «Teología del Sacerdocio» 6 (1974) 21I�262; J. GALOT, La nature du caractère sacrementel, Etude théologique, Desclée, Bruges 1957; S.P. McHENRY, Three significant moments in the theological development of sacramental character of Orders: Its origin, standardization, and new direction in Augustine, Aquinas and Congar, Diss. Fordham University 1983; A. HUERGA, Evolución progresiva de la teología del carácter en los siglos XI-XII, «Teología del Sacerdocio» 5 (1973) 97�148; C. SEPE, Il carattere sacramentale come fondamento teologico dell'unità e della specificità del sacerdozio comune e del sacerdozio ministeriale, «Lateranum» 47 (1981) 94-97; L. OTT, Le sacrement de l'ordre, Cerf, Paris 1971. Vedere l'orientamento bibliografico di questo capitolo per ciò che riguarda gli studi sul sacerdozio ministeriale.

    � Cfr. SAN TOMMASO, De Veritate, q. 27, a. 5, ad 2.

    � Sul sacerdozio ministeriale e la donna, gli orientamenti del magistero attuale seguono la tradizione apo�stolica. Vedere: Dichiarazione Inter Insigniores (15 ottobre 1976) della Congregazione per la Dottrina della Fede. Vedere un commneto alla Dicchiarazione sull'ammissione della donna al sacerdozio: «Apollinaris» 50 (1977) 95-118. Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis (Giovanni Paolo II, 22 maggio 1994) n.4. Lettera apostolica Mulieris Dignitatem (Giovanni Paolo II, 15 agosto 1988) n.26; Esortazione aposto�lica Christifideles Laici (30 dicembre 1988, n.49). Vedere altri studi nell'orientamento bibliografico.

    � Sulla spiritualità sacerdotale in San Paolo, cfr. Ia nota 3 del capitolo II.

    � Sulla carità pastorale e le virtù del Buon Pastore, vedere il Capitolo V. Sulla vita apostolica, vedere il n. 5 del Capitolo VII. Cfr. PDV 15-16,42,60 (in rapporto agli Apostoli).

    � Alcuni aspetti del sacerdozio ministeriale in rapporto allo Spirito Santo: AA.VV., La pneumatología en los Padres de la Iglesia, «Teología del Sacerdocio» 17 (1983); M. CARPRIOLI, Lo Spirito Santo e il sacerdote. In margine al dibattito conciliare sul Decreto «Presbyterorum Ordinis», «Teresianum» 41 (1990) 589-616; CL. DILLENSCHNEIDER, The Holy Spirit and the Priesthood, London, 1965; G. RAMBALDI, Docilità allo Spirito Santo, liberta dei figli di Dio e obbedienza dei presbiteri secondo el Decreto «Presbyterorum Ordinis», «Gregorianum» 48 (1967) 481�521; G. VODOPIVEC, Lo Spirito Santo e il ministero ordinato, «Euntes Docete» 36 (1983) 329-306.

    � Sui carismi dello Spirito Santo, il discernimento e la fedeltà alla sua azione: R. BUTTERWORTH, The Spirit in Action, St. Paul Pub., England 1979; L. BOUYER, Le Consolateur, Cerf, Paris 1980; Y. CONGAR, Credo nello Spirito Santo, I�III, Queriniana, Brescia 1982; F.X. DURR�WELL, L'Esprit Saint de Dieu, Paris 1983, J. ESQUERDA BIFET, Il soffio dello Spirito, in Cenacolo con Maria, EMI, Bologna 1987; E.F. FARREL, Surprised by the Spirit, Dimension Books, New Jersey 1973; D. GRASSO, I carismi nella Chiesa, Brescia 1982; G. RAMBALDI, Uso e significato di «carisma» nel Vaticano II, «Gregorianum» 56 (1975) 141-162; E. SCHWEISER, El Espiritu Santo, Sígueme, Salamanca 1985. Vedere altri studi nella nota 12.