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CAPITOLO 6 MODELLI PREVISIONALI CRITERIA Studio dell’effetto della tecnica agronomica sul rilascio di nutrienti (azoto) in falda nella pianura piacentina. 6.1 Premessa I nutrienti di origine agricola (azoto e fosforo) sono da alcuni anni oggetto di grande attenzione per l’effetto che inducono sulla qualità dell’ambiente. La loro presenza è la principale causa delle azioni di eutrofizzazione dei corpi idrici superficiali, fluviali e lacustri, nonché delle zone marine a ridosso di estuari di una certa importanza: questa è una situazione tipicamente rappresentata dal mare Adriatico prospiciente il delta del Po che raccoglie tutte le acque della pianura padana. Altrettanto vulnerabili appaiono le acque di falda, la cui concentrazione in nitrati è ormai oggetto di continua attenzione: le acque di percolazione delle aree agricole rappresentano uno dei principali veicoli di trasporto dei nitrati. Tipico esempio di apporti derivanti dall’agricoltura a carattere puntuale sono gli sversamenti dei nutrienti in aree limitate (pratica ormai vietata) o la collocazione temporanea di letame in attesa di una sua distribuzione; apporti a carattere diffuso sono rappresentati dalla pratica della fertilizzazione dei terreni. I primi, legati per esempio a perdite dalle zone di raccolta di deiezioni animali, non sono di norma oggetto di valutazione attraverso modelli di simulazione, mentre la fertilizzazione dei campi è direttamente dipendente dalla pratica agricola di pieno campo e può essere simulata attraverso l’uso di modelli dei sistemi colturali che considerino i vari comparti del sistema “suolo-pianta-atmosfera-gestione agronomica”. In questo contesto la perdita di azoto e di fosforo dal terreno è subordinata ai movimenti dell’acqua; il ruscellamento superficiale e sottosuperficiale trasporta i nutrienti presenti nella soluzione circolante dei primi strati di terreno, mentre il sedimento asportato per erosione, trasporta le frazioni dei nutrienti legate alle particelle di suolo (processo particolarmente importante per il fosforo). La lisciviazione per percolazione profonda, al di sotto dello strato radicato e diretta verso la falda più superficiale, riveste un’importanza elevata per la frazione di azoto nitrico ad essa associato, mentre assai minore è il suo effetto sul trasporto dell’azoto ammoniacale e del fosforo. D’altra parte il fosforo e l’azoto ricoprono un ruolo essenziale nei processi vitali delle piante come la fotosintesi, la formazione delle proteine e le trasformazioni di energia in ogni forma vivente; giocano inoltre un ruolo importante nel sostegno e nella costituzione della fertilità del suolo, in particolare nelle realtà ad agricoltura intensiva. I differenti tipi di suolo presentano notevoli differenze in termini di dinamica dei processi di assorbimento e di liberazione dei nutrienti, regolati in questo processo dalle condizioni meteorologiche e dall’attività delle piante. Se in questo ciclo, un ruolo importate è determinato dalle fonti naturali che permettono di reintegrare in parte le frazioni di azoto e fosforo disponibili per le piante, non vi è dubbio che l’agricoltura necessita dell’apporto di questi fertilizzanti per ottenere produzioni economicamente sostenibili. La politica di sostegno dei prezzi attuata negli anni ’80 – ’90 ha inoltre favorito l’uso eccessivo dei mezzi di produzione, ivi compresi i fertilizzanti di sintesi, a favore di un incremento dei prodotti, alzando notevolmente il punto di equilibrio e quindi la produttività marginale dei singoli fattori; inoltre, con l’avvento degli allevamenti intensivi la distribuzione dei carichi di letame e di liquame prodotti (smaltimento) ha prevalso per un certo periodo su un uso oculato del fertilizzante organico. Questi due fattori combinati hanno determinato nel recente passato una sovradistribuzione dei nutrienti rispetto alle necessità delle piante e quindi rispetto alla loro capacità di assorbimento, con un arricchimento di nutrienti presenti nel terreno ed il loro rilascio e trasporto nei flussi idrici superficiali e profondi, con concentrazioni a volte tali da indurre ricadute indesiderate sulla qualità delle acque. Interventi correttivi sono stati attuati nell’ultimo decennio per ridurre l’impatto dell’agricoltura sulla qualità delle acque ed in modo particolare sono stati avviati programmi di riduzione dei carichi di fertilizzanti, definiti sulla base del fabbisogno reale delle colture, del tipo di fertilizzante utilizzato, del tipo di terreno e delle condizioni climatiche locali. Possiamo senza dubbio affermare che l’effetto di questa nuova politica si è già avvertito e in generale si osserva una sostanziale riduzione dei fertilizzanti utilizzati, in particolare quelli di origine sintetica; permane ancora qualche dubbio sull’effetto deterrente di questa politica nelle zone ad elevata concentrazione di allevamenti intensivi. Al momento però questa inversione di tendenza non è ben visibile analizzando i dati della qualità delle acque e questo conferma che si tratta di un processo lento, con una deriva di anni/ decenni. Diventa però essenziale valutare l’entità nel tempo dei fattori che alimentano questi processi, al fine di coglierne la dinamica e valutare la coerenza delle azioni di salvaguardia attuate rispetto agli obiettivi previsti a medio e lungo periodo per quanto attiene alla qualità delle acque. In particolare nel presente studio sono stati posti a confronto i carichi di nutrienti impiegati in agricoltura negli anni ’80–’90 con i valori consigliati nel Codice di Buona pratica Agricola, realizzato in attuazione della Direttiva Nitrati 99

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CAPITOLO 6 MODELLI PREVISIONALI

CRITERIA

Studio dell’effetto della tecnica agronomica sul rilascio di nutrienti (azoto) in falda nella pianura piacentina.

6.1 Premessa I nutrienti di origine agricola (azoto e fosforo) sono da alcuni anni oggetto di grande attenzione per l’effetto che inducono sulla qualità dell’ambiente. La loro presenza è la principale causa delle azioni di eutrofizzazione dei corpi idrici superficiali, fluviali e lacustri, nonché delle zone marine a ridosso di estuari di una certa importanza: questa è una situazione tipicamente rappresentata dal mare Adriatico prospiciente il delta del Po che raccoglie tutte le acque della pianura padana. Altrettanto vulnerabili appaiono le acque di falda, la cui concentrazione in nitrati è ormai oggetto di continua attenzione: le acque di percolazione delle aree agricole rappresentano uno dei principali veicoli di trasporto dei nitrati. Tipico esempio di apporti derivanti dall’agricoltura a carattere puntuale sono gli sversamenti dei nutrienti in aree limitate (pratica ormai vietata) o la collocazione temporanea di letame in attesa di una sua distribuzione; apporti a carattere diffuso sono rappresentati dalla pratica della fertilizzazione dei terreni. I primi, legati per esempio a perdite dalle zone di raccolta di deiezioni animali, non sono di norma oggetto di valutazione attraverso modelli di simulazione, mentre la fertilizzazione dei campi è direttamente dipendente dalla pratica agricola di pieno campo e può essere simulata attraverso l’uso di modelli dei sistemi colturali che considerino i vari comparti del sistema “suolo-pianta-atmosfera-gestione agronomica”. In questo contesto la perdita di azoto e di fosforo dal terreno è subordinata ai movimenti dell’acqua; il ruscellamento superficiale e sottosuperficiale trasporta i nutrienti presenti nella soluzione circolante dei primi strati di terreno, mentre il sedimento asportato per erosione, trasporta le frazioni dei nutrienti legate alle particelle di suolo (processo particolarmente importante per il fosforo). La lisciviazione per percolazione profonda, al di sotto dello strato radicato e diretta verso la falda più superficiale, riveste un’importanza elevata per la frazione di azoto nitrico ad essa associato, mentre assai minore è il suo effetto sul trasporto dell’azoto ammoniacale e del fosforo. D’altra parte il fosforo e l’azoto ricoprono un ruolo essenziale nei processi vitali delle piante come la fotosintesi, la formazione delle proteine e le trasformazioni di energia in ogni forma vivente; giocano inoltre un ruolo importante nel sostegno e nella costituzione della fertilità del suolo, in particolare nelle realtà ad agricoltura intensiva. I differenti tipi di suolo presentano notevoli differenze in termini di dinamica dei processi di assorbimento e di liberazione dei nutrienti, regolati in questo processo dalle condizioni meteorologiche e dall’attività delle piante. Se in questo ciclo, un ruolo importate è determinato dalle fonti naturali che permettono di reintegrare in parte le frazioni di azoto e fosforo disponibili per le piante, non vi è dubbio che l’agricoltura necessita dell’apporto di questi fertilizzanti per ottenere produzioni economicamente sostenibili. La politica di sostegno dei prezzi attuata negli anni ’80 – ’90 ha inoltre favorito l’uso eccessivo dei mezzi di produzione, ivi compresi i fertilizzanti di sintesi, a favore di un incremento dei prodotti, alzando notevolmente il punto di equilibrio e quindi la produttività marginale dei singoli fattori; inoltre, con l’avvento degli allevamenti intensivi la distribuzione dei carichi di letame e di liquame prodotti (smaltimento) ha prevalso per un certo periodo su un uso oculato del fertilizzante organico. Questi due fattori combinati hanno determinato nel recente passato una sovradistribuzione dei nutrienti rispetto alle necessità delle piante e quindi rispetto alla loro capacità di assorbimento, con un arricchimento di nutrienti presenti nel terreno ed il loro rilascio e trasporto nei flussi idrici superficiali e profondi, con concentrazioni a volte tali da indurre ricadute indesiderate sulla qualità delle acque. Interventi correttivi sono stati attuati nell’ultimo decennio per ridurre l’impatto dell’agricoltura sulla qualità delle acque ed in modo particolare sono stati avviati programmi di riduzione dei carichi di fertilizzanti, definiti sulla base del fabbisogno reale delle colture, del tipo di fertilizzante utilizzato, del tipo di terreno e delle condizioni climatiche locali. Possiamo senza dubbio affermare che l’effetto di questa nuova politica si è già avvertito e in generale si osserva una sostanziale riduzione dei fertilizzanti utilizzati, in particolare quelli di origine sintetica; permane ancora qualche dubbio sull’effetto deterrente di questa politica nelle zone ad elevata concentrazione di allevamenti intensivi. Al momento però questa inversione di tendenza non è ben visibile analizzando i dati della qualità delle acque e questo conferma che si tratta di un processo lento, con una deriva di anni/ decenni. Diventa però essenziale valutare l’entità nel tempo dei fattori che alimentano questi processi, al fine di coglierne la dinamica e valutare la coerenza delle azioni di salvaguardia attuate rispetto agli obiettivi previsti a medio e lungo periodo per quanto attiene alla qualità delle acque. In particolare nel presente studio sono stati posti a confronto i carichi di nutrienti impiegati in agricoltura negli anni ’80–’90 con i valori consigliati nel Codice di Buona pratica Agricola, realizzato in attuazione della Direttiva Nitrati

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(91/676/CEE), recepito con l’adozione dei Disciplinari di Produzione Integrata della Regione Emilia-Romagna. (DPI) e con la delimitazione delle aree vulnerabili. Lo studio di aspetti così complessi si avvale sempre più dell’uso di modelli di simulazione, in particolare di modelli per la simulazione della dinamica dei sistemi colturali, che considerano le interazioni tra il suolo la pianta l’atmosfera e la gestione colturale. Per lo studio condotto nella provincia di Piacenza relativo al trasporto nelle acque di percolazione dei nutrienti di origine diffusa derivati dall’attività agricola, è stato utilizzato il modello CRITERIA, realizzato da ARPA-Emilia Romagna, Servizio IdroMeteorologico. L’obiettivo riguarda la messa a punto di una metodologia atta a valutare l’efficacia delle tecniche di contenimento dell’inquinamento di origine diffusa, valutando la variazione delle concentrazioni dei nutrienti in relazione ad una diversa gestione dei carichi e delle tecniche di distribuzione.

6.2 Dati utilizzati per lo studio Lo studio è stato realizzato considerando il periodo che va dal 1980 al 2005, ritenendo più impattante sull’attuale situazione delle acque la gestione agronomica che ha caratterizzato gli anni ’80 e i primi anni ’90: in quel periodo infatti la tecnica di produzione era orientata a massimizzare le rese utilizzando ingenti quantitativi dei fattori di produzione, in modo particolare fertilizzanti e fitofarmaci. Sono state poste a confronto 2 tecniche agronomiche: tecnica tradizionale volta a massimizzare le rese, ampiamente utilizzata negli anni ’80 – ’90; tecnica prevista dai DPI, attualmente prevalente rispetto alla tecnica tradizionale, caratterizzata da una consistente

riduzione di fertilizzante utilizzato. Sulla base dei dati del censimento dell’agricoltura 2001, sono state ipotizzate 4 diverse rotazioni colturali caratteristiche dell’area considerata: rotazione 1 = medica (4 anni) / frumento / mais; rotazione 2 = frumento / bietola / mais / pomodoro; rotazione 3 = mais / girasole; rotazione 4 = frumento / bietola / pomodoro.

Le prime 3 rotazioni sono state sottoposte a fertilizzazione organica con aggiunta di un’eventuale quota di fertilizzante chimico per raggiungere la quantità di concime prestabilita; la quarta rotazione invece è stata sottoposta esclusivamente a fertilizzante chimico, come da prassi usuale. Le quantità di azoto massime impiegate nelle diverse rotazioni sono state ricavate dalle tecniche agronomiche prevalenti riportate in bibliografia per quanto riguarda l’applicazione dei carichi del periodo ’80 – ’90, e i valori riportati nei DPI per il periodo attuale. Le concimazioni organiche (letame e liquame) sono state definite sulla base delle leggi vigenti in materia, che definiscono un valore massimo di azoto organico per ettaro pari a 340 Kg, mentre nelle aree vulnerabili il limite è di 170 Kg/ha. Pertanto, si è adottata la quota di 340 Kg/ha per il primo periodo, e data la prevalenza delle aree vulnerabili nel territorio della pianura piacentina, nel secondo periodo, successivo alla delimitazione delle aree vulnerabili, la dose massima è stata posta uguale a 170 Kg/ha su tutta l’area. L’azoto organico è stato distribuito nelle rotazioni secondo il criterio agronomico (letamazione nelle rotazioni con prato, normalmente presente nelle colture delle aziende zootecniche a produzione di latte, mentre il liquame è stato impiegato nelle rotazioni con colture industriali). Le epoche di concimazione sono state individuate sulla base del tipo di fertilizzante (organico, chimico) e con una successione delle lavorazioni tale da distribuire la frazione organica in uno o più momenti dell’anno all’interno delle combinazioni colturali. La frazione organica è stata distribuita tutta in corrispondenza dell’aratura, interrando in modo uniforme la dose di N nei primi 50 cm di terreno: questa semplificazione non considera in modo adeguato il fatto che il liquame trova nella consuetudine un impiego notevole in superficie, soprattutto sui prati di graminacee e di erba medica al 3° e 4° anno (si tratta sempre di una semplificazione operativa, che meriterebbe probabilmente di un’ adeguata analisi data la sua possibile rilevanza in merito al rischio di inquinamento delle acque superficiali); nel presente studio si tralascia però l’analisi della frazione di nutrienti soggetta a ruscellamento e quindi la semplificazione adottata comporta ricadute marginali nell’analisi dei risultati. L’aratura è stata suddivisa tra autunnale ed estiva in relazione alla precocità delle colture, al fine di disporre di situazioni alternative per l’interramento del concime organico nei due momenti dell’anno. La fertilizzazione chimica viene effettuata alla semina o in copertura, in relazione al ciclo di sviluppo della pianta, interrando il concime nei primi 10 cm nel caso in cui la fertilizzazione coincida con la sarchiatura, nei primi 5 cm se l’operazione viene effettuata in corrispondenza della semina ed in superficie nel caso della concimazione in copertura dei cereali autunno-vernini. Le quantità agronomiche desunte dal censimento sono state utilizzate su base comunale: pertanto nella quantificazione delle dosi di azoto organico impiegato è stato preso come riferimento l’azoto prodotto negli allevamenti residenti nel comune, mentre la suddivisione delle rotazioni è stata effettuata sulla base delle superfici delle singole colture a livello comunale. Sono stati quindi definiti alcuni criteri di priorità, desunti dalla prassi agronomica, sia per la scelta delle

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rotazioni sulla base delle superfici delle diverse colture, sia per la scelta dei quantitativi di azoto organico da apportare alle diverse rotazioni. Per quanto riguarda la dose di azoto organico per unità di superficie sono stati utilizzati i volumi massimi ammessi considerando il fatto che l’agricoltore preferisce distribuire per motivi organizzativi il massimo volume ammesso su un singolo appezzamento invece che suddividere il letame in dosi minori su diversi appezzamenti. La tabella 6.1 riporta i valori di azoto in forma organica e minerale utilizzati nel presente studio, suddivisi per il periodo ’80 – ’90 (a) e per il periodo ’95 – ‘2005 (b).

(a) periodo

1980-1990

Tecnica tradizionale

Tecnica DPI

Rotazione N organico N chimico N totale N organico N chimico N totale 1 170 50 220 85 38 123 2 170 175 345 85 102.5 187.5 3 340 200 540 170 125 295 4

(b)

periodo 1995-2005

Tecnica tradizionale

Tecnica DPI

Rotazione N organico N chimico N totale N organico N chimico N totale 1 118 118 75 75 2 225 225 136 136 3 369 369 215 215 4 197 197 113 113

Tab. 6.1. Azoto medio annuo distribuito nelle diverse rotazioni prese in esame. L’N organico (a) considerato per le rotazioni 1 e 2 è prevalentemente in forma di letame, mentre l’N della rotazione 3 è prevalentemente in forma di liquame. La tabella (b) riporta i valori di N chimico (urea) distribuito nelle diverse rotazioni sulla superficie residua, calcolata dalla differenza della SAU interessata dalle diverse colture e la frazione della stessa interessata da concimazione mista definita (organico + chimico), stimata in base alle consuetudini della zona. La rotazione 4 non prevede azoto organico.

Lo studio è stato realizzato considerando la tecnica irrigua tipicamente adottata nella zona, e oltre che per le colture normalmente non irrigue (frumento), non sono state previste irrigazioni per il girasole. Pertanto l’irrigazione è stata considerata per il prato di medica, il mais, la bietola e il pomodoro, con turni irrigui variabili da 12 a 15 gg, con volumi irrigui per turno rispettivamente di 60 mm per la medica, 50 mm per la bietola, 40 mm per il mais ed il pomodoro; le date di irrigazione ed i volumi complessivi considerati sono stati calcolati mediante lo schema del bilancio idrico presente nel modello CRITERIA. Considerando obiettivo primario il confronto delle due tecniche di produzione (tecnica tradizionale e DPI) rispetto al rischio di percolazione dei nitrati, il modello è stato applicato considerando un periodo meteorologico standard (periodo 1990 – 2000), applicato ai due modelli produttivi; questo ci permette di valutare il rischio a prescindere dalla variabilità climatica. Per l’applicazione del modello al territorio provinciale sono stati utilizzati gli strati informativi relativi ai data base geografici e amministrativi, e la carta dei suoli del territorio di pianura della regione Emilia-Romagna alla scala 1:50.000. Nella valutazione del bilancio idrico sono state effettuate due ipotesi: la prima relativa al semplice bilancio confinato, senza possibili effetti di ricarica da falda; la seconda, ipotizzando la ricostituzione delle riserve idriche del suolo nello strato di terreno inferiore a 50 cm a carico dei flussi idrici di una falda sospesa (l’umidità viene riportata alla capacità di campo in presenza di un deficit al termine del periodo invernale). Considerando la particolare configurazione dell’area esaminata con la falda media prevalentemente confinata a profondità superiori a 15 – 20 m, si è optato per applicare la prima ipotesi.

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6.3 Caratteristiche del modello CRITERIA e basi-dati Il modello CRITERIA è caratterizzato da un’interfaccia per la gestione geografica da una parte, e la messa a punto degli algoritmi maggiormente rilevanti nella simulazione del sistema suolo-acqua-pianta, dall'altra: è uno strumento altamente modulare in cui le diverse parti possono essere sostituite o aggiornate; imita la logica della struttura hardware dei personal computer: esiste una piastra madre (l’ambiente di gestione geografica) a cui si possono aggiungere e sostituire diversi chip (gli applicativi di gestione dei dati, il modello di simulazione dei processi, ecc.), che devono consentire all’utente di simulare a piacere i diversi aspetti dei sistemi colturali quali la crescita delle piante, il consumo e il fabbisogno idrico, la comparsa di stress produttivi, la dinamica dei nutrienti, i flussi idrici superficiali e profondi, il trasporto dei nutrienti e dei pesticidi. Il modello è stato concepito per applicazioni alla scala di campo o alla scala territoriale, con unità di integrazione temporale e risoluzione spaziale definibili dall’utente, anche in base alla risoluzione delle diverse basi informative utilizzate per l’elaborazione. Da un punto di vista concettuale non esistono limitazioni alla possibilità di utilizzare passi diversi di integrazione spaziale per le diverse componenti informative del sistema, lasciando alle funzioni proprie di intersezione del sistema la scelta delle unità elementari di calcolo (tralasciando nella fase di calcolo le combinazioni ripetute), fatto salvo l’attribuzione dei risultasti alle medesime combinazioni. Il passo temporale utilizzato per il presente studio è il giorno, mentre quello spaziale è una griglia di 1 km. L’unità di informazione è condizionata ovviamente dalla qualità del modello, ma anche dalla risoluzione e qualità delle basi informative da cui derivano i dati di base utilizzati. Le applicazioni a scala territoriale necessitano dei seguenti strati informativi: Carta dei suoli Le informazioni sui suoli derivano dalla banca dati e dai relativi strati informativi del Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli; per l’applicazione dei modelli di bilancio idrico e di bilancio dei nutrienti è stata utilizzata la carta digitale dei suoli alla scala 1:50.000 della pianura emiliano-romagnola. Nella carta, i suoli sono distinti in unità territoriali (delineazioni) significativamente diverse tra loro per tipologia dei suoli che le compongono, profondità ed altre caratteristiche fisiche e idrologiche. Il database associato alla carta dei suoli comprende le caratteristiche dei suoli che ricadono nelle varie delineazioni (uno o più suoli per delineazione), distinti in orizzonti, variabili, rilevati fino ad una profondità massima di 180 – 200 cm. Per ogni delineazione viene considerato solamente il suolo prevalente presente nella delineazione. Un’ulteriore interpolazione è stata effettuata per la scelta del suolo da attribuire alla griglia di applicazione del modello, considerando il suolo prevalente sotteso alla griglia di 1 km. Carta meteorologica Carta delle precipitazioni e delle temperature in formato raster con passo temporale orario o giornaliero. Se l’archivio meteorologico è composto dai dati-stazione la cui distribuzione è random, CRITERIA dispone di una funzione per la spazializzazione dei dati con un passo di griglia e metodo di interpolazione definibile dall’utente. Per quanto riguarda la stima dell’evapotraspirazione potenziale (ETP), i valori del parametro possono essere letti direttamente dal data base meteorologico, oppure stimati attraverso i principali metodi proposti dalla letteratura, selezionabili dall’utente. Nel presente studio, realizzato in un’area omogenea di pianura, sono stati utilizzati il metodo dell’inverso della distanza al quadrato per l’interpolazione dei dati ed il metodo di Hargreaves per la stima dell’ETP. La griglia di interpolazione spaziale è di 5 Km e il passo temporale giornaliero. Ordinamenti colturali Il calcolo viene effettuato per ogni singola cella definita dalla combinazione suoli–meteo (sovrapposizione geografica dei rispettivi tematismi) considerando gli ordinamenti colturali associati al territorio imposti dall’utente. E’ possibile definire ordinamenti colturali diversi per le varie zone, ma questo prevede una notevole conoscenza del territorio e una risoluzione spaziale molto elevata (1 – 3 ha), con notevole dispendio di lavoro e tempo di calcolo. Normalmente l’attribuzione di rotazioni specifiche alle diverse unità colturali presenti sul territorio, effettuata sulla base di osservazioni dirette, viene effettuata per studi a livello di singolo appezzamento o di azienda agricola; per elaborazioni a scala territoriale più ampia si preferisce utilizzare un sistema di interpolazione finale, definendo un numero limitato di rotazioni colturali sulla base delle colture presenti nell’area, applicando ogni singola rotazione in tutti i punti di elaborazione del modello e ridistribuendo i risultati finali in relazione al peso percentuale delle diverse colture (e quindi delle rotazioni) rispetto alla SAU. Nel presente studio è stata utilizzata questa seconda modalità di distribuzione delle colture. Lo stesso criterio deduttivo è stato utilizzato per definire il carico di nutrienti, considerando una razionale distribuzione dei carichi in relazione alla disponibilità di fertilizzante organico prodotto nella zona, dei fabbisogni nutritivi delle colture e delle consuetudini (vedi § 7.3). 6.4 Analisi dei risultati Nel presente studio ci siamo limitati a valutare alcuni aspetti dei risultati forniti dalla simulazione che possono solo parzialmente descrivere la complessità del sistema analizzato, ma ci aiutano a percepire il possibile impatto che le due tecniche agronomiche possono determinare sulla qualità delle acque: a tal fine sono stati analizzati i risultati medi

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(valori ricavati dalla media decennale di tutte le rotazioni considerate) relativi all’irrigazione, al drenaggio e alla lisciviazione. L’irrigazione stimata dal modello fornisce alcune utili indicazioni per valutare la coerenza tra le simulazioni effettuate ed i quantitativi di acqua realmente apportati con le irrigazioni, acqua questa che contribuisce a modificare il regime idrico dei suoli rispetto al solo regime pluviometrico e che influisce sui flussi idrici superficiali e profondi e quindi sul drenaggio. Il drenaggio è a sua volta l’elemento che determina il trasporto dei nutrienti verso le falde e quindi la sua entità è direttamente correlata alla concentrazione e alla quantità complessiva di azoto lisciviato. Irrigazioni Come si può osservare dalla fig. 6.1, il volume irriguo presenta una elevata variabilità all’interno del territorio, legata prevalentemente alla distribuzione dei suoli: i valori oscillano da 30 a oltre 2000 m3/anno con un valor medio stimato compreso tra 1000 – 1500 m3/anno, coerente con gli apporti reali della zona, al netto delle perdite di adduzione e distribuzione; mediamente nel periodo estivo si determina quindi un deficit idrico, più o meno sensibile in relazione al tipo di terreno e al particolare andamento meteorologico dell’annata, caratterizzato da terreno prevalentemente asciutto lungo il profilo, ridotta mineralizzazione e scarso rischio di formazione di flussi idrici verticali (drenaggio) e, di conseguenza, scarso dilavamento dell’azoto. L’irrigazione è pratica ordinaria nel periodo giugno-agosto, per ricostituire il 60 - 70% circa delle riserve idriche del terreno; incrementa così il rischio di dilavamento a seguito di eventuali precipitazioni successive, ma soprattutto, incrementa il rischio di dilavamento nel periodo autunno-invernale a seguito di una un maggior umidità del suolo al termine della stagione estiva.

Criteria

Confini

Irrigazione annuale media (mm)236.00 - 260.00212.00 - 236.00188.00 - 212.00164.00 - 188.00140.00 - 164.00116.00 - 140.0092.00 - 116.0068.00 - 92.0044.00 - 68.0020.00 - 44.00

Fig. 6.1. Mappa dell’irrigazione media annua (mm/anno) relativa all’andamento meteorologico del periodo 1990 – 2000 e alla distribuzione media delle rotazioni colturali considerate nel presente studio. Drenaggio Il drenaggio assume valori mediamente compresi tra 50 e 150 mm/anno con valori estremi di 20 mm nei terreni più tenaci e 450 mm nelle ghiaie in corrispondenza del torrente Nure (Fig. 6.2). Nel complesso quindi i flussi di drenaggio sono modesti o elevati rispetto al resto del territorio regionale di pianura e questo è dovuto principalmente al particolare regime climatico della provincia di Piacenza, influenzato dal crinale appenninico e dalla relativa vicinanza del Mare Ligure. I valori di drenaggio e di irrigazione non sono influenzati significativamente dalla concimazione, pertanto le fig. 6.1 e 6.2 sono rappresentative per entrambe le tecniche a confronto.

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Criteria

Confini

Drenaggio annuale medio (mm) 1987-2000531.00 - 590.00472.00 - 531.00413.00 - 472.00354.00 - 413.00295.00 - 354.00236.00 - 295.00177.00 - 236.00118.00 - 177.0059.00 - 118.000.00 - 59.00

Fig. 6.2. Mappa del drenaggio medio annuo (mm/anno) relativo all’andamento meteorologico del periodo 1990 – 2000 e alla distribuzione media delle rotazioni colturali considerate nel presente studio. Lisciviazione La lisciviazione, similmente al drenaggio, è stata determinata considerando i quantitativi di azoto trasportati al di sotto dello strato potenzialmente radicabile, definito per il presente studio come lo strato di terreno che si trova ad una profondità superiore a 2 m. La lisciviazione presenta all’interno del territorio una elevata variabilità, legata prevalentemente alla variabilità della carta dei suoli e quindi all’entità del drenaggio. I valori di azoto trasportati nei flussi di lisciviazione sono stati analizzati sia in termini di quantitativi assoluti medi per anno (kg/ha), sia in termini di concentrazione (mg/l). Di seguito vengono riportati i risultati relativi alle due tecniche a confronto: Tecnica convenzionale Il modello Criteria stima una percolazione media di azoto (nitrico + ammoniacale) compresa tra 20 e 90 kg/ha, con una classe prevalente compresa tra 20 e 30 kg/ha (fig. 6.3); la frazione di gran lunga prevalente è costituita dall’azoto nitrico (circa 20 volte superiore all’azoto ammoniacale), fatta eccezione per la pianura nord-orientale, dove il rapporto tra le due frazioni si riduce considerevolmente. Analizzando invece le concentrazioni, si osserva una maggiore variabilità, con valori prevalentemente compresi tra 10 e 60 mg/l; vaste zone della pianura settentrionale presentano valori compresi tra 40 e 60 mg/l (valori nel complesso critici rispetto ai limiti posti dalla normativa vigente per le acque potabili) e in alcune aree si stimano picchi di 90 – 100 mg/l (fig. 6.4).

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Criteria

Confini

Lisciavizione media annua N_TOT (Kg/ha)216.00 - 240.00192.00 - 216.00168.00 - 192.00144.00 - 168.00120.00 - 144.0096.00 - 120.0072.00 - 96.0048.00 - 72.0024.00 - 48.000.00 - 24.00

Fig. 6.3 Stima dell’azoto totale (nitrico + ammoniacale) medio annuo lisciviato (kg/ha), considerando la tecnica tradizionale.

Fig. 6.4 Stima della concentrazione dell’azoto totale (nitrico + ammoniacale) medio annuo lisciviato (mg/l) considerando la tecnica tradizionale.

Criteria

Confini

Conc. NTOT nel flusso drenante (mg/l)90.00 - 100.0080.00 - 90.0070.00 - 80.0060.00 - 70.0050.00 - 60.0040.00 - 50.0030.00 - 40.0020.00 - 30.0010.00 - 20.000.00 - 10.00

Tecnica DPI La distribuzione della lisciviazione assume una conformazione prevalente simile a quella stimata nella simulazione relativa alla tecnica tradizionale, anche se assai diverse sono le quantità di azoto trasportato. Il modello Criteria stima una percolazione media di azoto (nitrico + ammoniacale) compresa tra 0 e 30 kg/ha, con una classe prevalente compresa tra 0 e 10 kg/ha (fig. 6.5). Anche per le concentrazioni si osserva una maggiore variabilità, con valori prevalentemente compresi tra 3 e 15 mg/l; vaste zone della pianura settentrionale presentano valori compresi tra 3 e 10 mg/l (fig. 6.6), notevolmente inferiori rispetto ai valori stimati per la tecnica tradizionale (circa ¼) e compatibili con gli obiettivi di qualità delle acque prefissati dalla Regione Emilia-Romagna. Conclusioni Lo studio è stato condotto considerando il periodo compreso tra il 1980 e il 2005, caratterizzato da tecniche agronomiche in grado di influenzare in modo significativamente diverso la qualità delle acque di falda. In particolare si ritiene che l’attuale situazione critica per quanto concerne il rispetto dei limiti di legge relativi alla concentrazione dei nitrati nelle falde sia in gran parte dovuta alle tecniche agronomiche attuate nel periodo ’80 – ’90, dove l’obiettivo era rappresentato dall’incremento del prodotto, ottenuto in gran parte utilizzando ingenti quantitativi dei fattori di

105

produzione, soprattutto fertilizzanti e pesticidi; viceversa l’attuale livello produttivo basato su una tecnica più rispettosa dell’ambiente (tecniche di produzione integrata, DPI), se rispettata, non dovrebbe costituire un pericolo per la qualità delle acque.

Fig. 6.5 Stima dell’azoto totale (nitrico + ammoniacale) medio annuo lisciviato (kg/ha), considerando la tecnica DPI.

Fig. 6.6 Stima della concentrazione dell’azoto totale (nitrico + ammoniacale) medio annuo lisciviato (mg/l), considerando la tecnica tradizionale. L’attuazione nell’ultimo decennio del Regolamento 2078/92 e di Agenda 2000 (Reg. 1257/99) attraverso l’applicazione dei disciplinari di produzione integrata, e la riduzione dei prezzi dei principali prodotti agricoli legata alla globalizzazione dei mercati, hanno determinato una progressiva riduzione dell’uso dei fertilizzanti chimici: si può stimare un uso attuale di fertilizzanti chimici prossimo al 60 – 65 % rispetto ai valori impiegati nei primi anni ’90, con una consistente riduzione di eccesso di azoto rispetto al fabbisogno nutritivo medio delle colture. Ciò porterebbe ad una riduzione della percentuale di azoto perso per lisciviazione, essendo significativamente inferiore il surplus di azoto.

Criteria

Confini

Lisciviazione media annua N_TOT (Kg/ha)108.00 - 120.0096.00 - 108.0084.00 - 96.0072.00 - 84.0060.00 - 72.0048.00 - 60.0036.00 - 48.0024.00 - 36.0012.00 - 24.000.00 - 12.00

Criteria

Confini

Conc. NTOT nel flusso drenante (mg/l)27.00 - 30.0024.00 - 27.0021.00 - 24.0018.00 - 21.0015.00 - 18.0012.00 - 15.009.00 - 12.006.00 - 9.003.00 - 6.000.00 - 3.00

Per verificare tale ipotesi è stato realizzato uno studio valutando l’effetto delle due tecniche sulla qualità delle acque di drenaggio, utilizzando il modello CRITERIA. I risultati dimostrano una consistente differenza del rischio sotteso alle due tecniche: con la tecnica tradizionale la concentrazione dell’azoto nelle acque di drenaggio si approssima o supera in ampie zone del territorio i limiti di legge vigenti per i pozzi della rete di monitoraggio; viceversa con l’applicazione dei DPI, la concentrazione si riduce a circa ¼ rispetto ai valori lisciviati negli anni ’80 – ’90. Le aree a maggiore criticità emerse dall’analisi dei risultati del monitoraggio (NO3) e dell’indagine mirata di idrologia isotopica (15N), riportati rispettivamente nei capp. 4 e 6, appaiono nel complesso sovrapponibili alle zone individuate nel presente studio, con valori di lisciviazione superiori a 40 mg/l: questo conferma i buoni risultati ottenuti con l’applicazione di questo modello.

106

Appendice

Descrizione del Modello CRITERIA Di seguito vengono descritte le funzioni principali del modello per il calcolo del bilancio idrico e del bilancio dell’azoto.

Il bilancio idrico L'acqua costituisce il principale veicolo di trasporto per le molecole interessate ai fenomeni di inquinamento diffuso sia superficiale (ruscellamento) che profondo (lisciviazione). L’aspetto idrico riveste quindi particolare rilievo nella valutazione dell’impatto ambientale delle attività di carattere agricolo e per questo la presente versione di CRITERIA include approcci deterministici ed empirici per l'interpretazione dei movimenti unidimensionali dell’acqua nel suolo. E’ opportuno comunque tenere conto del fatto che CRITERIA è concepito per simulazioni di carattere territoriale per le quali l'approccio modellistico più semplice è in molti casi indispensabile a causa della mancanza dei parametri necessari alle rappresentazioni più fini e dettagliate dei fenomeni analizzati.

Caratteristiche idrologiche del suolo

Le principali caratteristiche idrologiche dei suoli vengono di solito schematizzate con il rapporto funzionale tra contenuto idrico e potenziale matriciale da una parte, e il rapporto funzionale tra conducibilità idrica e contenuto idrico, dall'altra. In CRITERIA la conducibilità idraulica è presa in considerazione solo nel suo valore massimo (alla saturazione) ed è eventualmente ridotta per la formazione di croste superficiali e per la suola d'aratro, mentre il rapporto funzionale tra il contenuto idrico volumetrico (θ) e il relativo potenziale matriciale (ψ) è espresso dall’equazione di Driessen (1986) nella forma:

( )( )θ γ ψ= ∗ −S eM02ln - 0.1

dove θ è il contenuto idrico volumetrico [m3 m-3], ψ è il potenziale matriciale rapportato al potenziale unitario[cm cm-1], SM0 è il contenuto idrico volumetrico a 1 cm di potenziale matriciale [m3 m-3], e γ è un coefficiente empirico [-]. In fig. 6.7 si riportano alcuni andamenti tipici della curva di ritenzione idrica ottenuta con l’applicazione dell’equazione di Driessen.

0

2000

4000

6000

8000

10000

12000

14000

16000

0.0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6

Cont. idrico [m3m-3]

Pot. matriciale [cm] Sabbioso-Franco

Limoso

Argilloso-Limoso

Figura 6.7 Esempi di andamento del valore di potenziale matriciale al variare del contenuto idrico volumetrico utilizzando l’equazione di Driessen.

L’utente fornisce nel data base dei suoli i valori del medesimo. In assenza di valori caratteristici di SM0 e γ forniti dall'utente per ogni profilo pedologico CRITERIA utilizza i valori proposti da Driessen e riportati di seguito nella tabella 6.2 che assegna i valori dei parametri in funzione della classe tessiturale.

107

n Classe tessiturale SM0 γ

1 Molto sabbioso 0.395 0.1000 2 Sabbioso 0.391 0.0288 3 Sabbioso-Franco 0.439 0.0330 4 Franco-Sabbioso 0.504 0.0207 5 Franco-Limoso 0.509 0.0185 6 Franco 0.503 0.0180 7 Limoso 0.455 0.0169 8 Franco-Sabbioso-Argilloso 0.432 0.0096 9 Franco-Limoso-Argilloso 0.475 0.0105 10 Franco-Argilloso 0.445 0.0058 11 Argilloso-Sabbioso 0.453 0.0085 12 Argilloso-Limoso 0.507 0.0065 13 Argilloso 0.54 0.0062

Tabella 6.2 Valori tabulari di riferimento per i parametri dell’equazione di Driessen in funzione della classe tessiturale

Nel database dei suoli l’utente può anche fornire il valore di contenuto idrico per i due punti caratteristici della curva tensiometrica: la capacità di campo (CC) e il punto di appassimento permanente (PAP). Qualora i dati non fossero disponibili, CRITERIA li stima nella subroutine SUB_Ini_Profilo. Il valore di CC è definito come il contenuto idrico al potenziale di 100 cm, mentre il PAP come il contenuto idrico a 16000 cm. Nella medesima subroutine la frazione di scheletro (S) presente in ogni strato l è utilizzata nel calcolo dell'altezza d'acqua utilizzabile (U) tramite l'espressione:

( )( APClll PCShU −−= 1 ) - 0.2 dove h è lo spessore dello strato. L’equazione di Driessen - 0.1 tuttavia presenta dei limiti. Essa ha validità per un intervallo di valori di potenziale superiori a 1 cm. Per potenziali inferiori a 1 il valore dell'esponenziale nell’equazione tende nuovamente ad aumentare in valore assoluto (grafico a destra della fig. 6.8) determinando una diminuzione del contenuto idrico calcolato in luogo dell'atteso aumento come evidenziato dal grafico a sinistra della fig. 6.8. Nel modello quando il potenziale scende sotto il valore di 1 cm, il contenuto idrico è pari a SM0.

0

1

2

3

4

5

0.2 0.3 0.4 0.5Cont. idrico [m3m-3]

Pot. matriciale

[cm]

0

10

20

30

40

50

0 2 4 6Pot. matriciale [cm]

esponente

Figura 6.8 Andamento del contenuto idrico volumetrico e del fattore esponenziale dell’equazione di Driessen con valori di potenziale matriciale prossimi allo 0.

L'equazione inoltre non è molto adatta a rappresentare i suoli sabbiosi di cui non coglie l’andamento tipico caratterizzato da un valore matriciale (variabile) intorno al quale il suolo assume un comportamento quasi discontinuo: per valori inferiori ad esso, a piccolissime variazioni di potenziale corrispondono ampie variazioni di contenuto idrico, mentre per valori superiori a considerevoli variazioni di potenziale corrispondono ridottissime variazioni di contenuto idrico. Graficamente i suoli molto sabbioso presentano pertanto un andamento “a ginocchio” mal rappresentato dall’equazione in questione. Per ovviare alle imprecisioni che si vengono a deteminare su alcuni tipi di suolo utilizzando l’equazione di Driessen sono state implementate nuove pedofunzioni tratte dalla letteratura internazionale e verificate sui suoli della pianura

108

Padana nell’ambito di uno specifico programma di lavoro all’interno del progetto SINA. Le pedofunzioni attualmente disponibili riguardano i modelli di Van Genuchten e di Campbell, quest’ultimo utilizzato nel presente studio.

Apporti idrici al sistema

Precipitazioni I dati meteorologici utilizzati nella presente versione, possono essere importati da diverse fonti esterne come specificato nella sezione relativa all’interfaccia geografica ed hanno un passo giornaliero. Irrigazione Nel database per ogni coltura sono definiti volumi tipici di intervento irriguo e coefficienti di sensibilità allo stress idrico utilizzati dal modello per calcolare, in funzione della fase fenologica, la frazione di acqua facilmente utilizzabile al di sotto della quale la pianta entra in stress. Sono stati implementati alcuni vincoli che permettono una miglior gestione agronomica delle irrigazioni automatiche tenendo conto anche della consuetudine e delle eventuali limitazioni. A tal fine è possibile definire le date iniziale e finale come limite degli interventi irrigui, e fissare il turno irriguo, cioè i giorni che devono intercorrere tra una irrigazione e la successiva. Il modello definisce il momento irriguo quando la variabile (AcquaUtile), che integra le altezze d’acqua facilmente utilizzabile sullo strato di terreno interessato dalle radici, assume valori minori di 0. Il momento dell’irrigazione è in ogni caso condizionato dalle regole descritte al paragrafo precedente. Per non incrementare i fenomeni di drenaggio, le altezze di irrigazione eventualmente maggiori delle altezze di acqua necessarie per riportare l’intero strato di terreno simulato alla capacità di campo, vengono trascurate (questo può avvenire nelle prime fasi di sviluppo delle colture, ma anche in questo caso il limite delle date imposte dall’utente ne riduce notevolmente la probabilità). Pertanto in questi casi l'intero profilo viene riportato alla capacità di campo. L’infiltrazione

Infiltrazione massima L’infiltrazione massima viene calcolata per ogni strato con la seguente formula (Driessen,1986):

it

A

itit

dpsatOMax P

A

PPT

SI *101*1**10 5.0 +

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

θ

θ−= - 0.3

dove: IMax è la quantità massima di infiltrazione giornaliera [mm d-1] SO è la sortività standard [cm d-0.5] θ è il contenuto idrico volumetrico dello strato [m3 m-3] θsat è il contenuto idrico volumetrico alla saturazione [m3 m-3] Tdp è il numero di giorni trascorso dall’ultimo apporto idrico Pit è il numero di passi di integrazione al giorno (generalmente 1) AA è la conducibilità idraulica al fronte di umettazione [cm d-1]

La sortività rappresenta il tasso di infiltrazione determinato dalla sola tensione matriciale. La sortività standard è definita per suoli con contenuto idrico nullo, i cui valori di riferimento sono riportati in tab. 6.3 con riferimento alle classi tessiturali.

Classe tessiturale AA [cm d-1] Sortività [cm d-0.5]

Molto sabbioso 119.23 50.16 Sabbioso 30.33 21.44 Sabbioso-Franco 17.80 19.20 Franco-Sabbioso 9.36 17.57 Franco-Limoso 5.32 14.46 Franco 3.97 11.73 Limoso 8.88 13.05 Franco-Sabbioso-Argilloso 16.51 19.05 Franco-Limoso-Argilloso 1.18 6.15 Franco-Argilloso 0.76 4.70 Argilloso-Sabbioso 2.94 10.74 Argilloso-Limoso 0.80 4.98 Argilloso 0.15 1.93 Tabella 6.3 Valori di riferimento della velocità di infiltrazione al fronte di umettazione e della sortività in funzione delle diverse classi tessiturali (Driessen, 1986).

109

L'effetto della sortività decresce linearmente con il progressivo inumidimento del suolo, ed è proporzionale all'inverso della radice quadrata del tempo. Nell'equazione - 0.3 si individuano 3 parametri di ingresso (SO θsat e AA) e due variabili di stato (θ e Tdp). Nella presente versione di CRITERIA, il parametro Pit è posto pari a 1. Analizziamo prima i parametri di input. La conducibilità idraulica satura Ksat , che risulta essere in relazione empirica con il parametro AA tramite l'espressione AA=0.62 Ksat, è indubbiamente il parametro che incide maggiormente nella determinazione dell’infiltrabilità, potendo variare di alcuni ordini di grandezza all’interno della stessa unità colturale. Inoltre Ksat , e AA di conseguenza, hanno un'influenza molto superiore alle altre variabili nell'equazione stessa .

0

5

10

15

20

25

30

35

40

0 5 10 15 20

Giorni trascorsi dall'ultima pioggia

Infiltrazione massima

(cm d-1)

0

5

10

15

20

25

30

35

40

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5

Contenuto idrico volumetrico (m3 m-3)

Infiltrazione massima

(cm d-

1 )

Figura 6.9 Grafico in alto: andamento dell’infiltrabilità in funzione del contenuto idrico volumetrico. Grafico in basso: andamento dell’infiltrabilità in funzione del numero di giorni trascorsi dall’ultima pioggia.

La sortività ha generalmente un'influenza minore sul valore dell'infiltrabilità: infatti, assumendo valori che variano da 5 a 20 cm d-0.5 , corrispondenti a tutti i suoli con eccezione delle classi tessiturali estreme, provoca un incremento massimo di circa il 20-30% di IMax. Infine il valore di contenuto idrico volumetrico alla saturazione (θsat) influisce poco nel calcolo finale essendo normalizzato attraverso il rapporto con il contenuto idrico. La fig. 6.10 mette in evidenza graficamente gli andamenti dell’infiltrabilità massima al variare della sola sortività (grafico in alto) e al variare della sola conducibilità idraulica alla saturazione (grafico in basso). Analogamente la fig. 6.9 presenta l’andamento grafico della variabile in esame al solo variare delle variabili θ e Tdp . La variabile θ (grafico in alto) determina percentualmente le stesse variazioni della sortività e determina valori di infiltrabilità pari a quelli della Ksat con valori di umidità volumetrica prossimi alla saturazione. L'influenza della variabile temporale dei giorni trascorsi dall'ultima pioggia (Tdp) è modesta (grafico in basso) sia in valore assoluto si in paragone percentuale con le variazioni apportate dalle altre variabili. Tutte le variabili presenti sull’asse delle ascisse sono state fatte variare in range di valori riscontrabili in casi reali.

110

0

5

10

15

20

25

30

35

40

0 10 20 30 40 50 60

Conducibilità idraulica alla sat. [cm d-1]

Infiltrazione massima

(cm d-1)

0

5

10

15

20

25

30

35

40

0 10 20 30 40 50

Sortività [cm d-0.5]

Infiltrazione massima

(cm d

-1 )

Figura 6.10 Grafico in alto: andamento dell’infiltrabilità in funzione della sortività. Grafico in basso: andamento dell'infiltrabilità in funzione della Ksat .

Pur non considerando il rapporto funzionale tra contenuto idrico volumetrico e conducibilità idraulica, l’importanza del contenuto idrico volumetrico, all’inizio dell’evento di infiltrazione, è presa in considerazione. Tuttavia considerando la fisica del suolo appare chiaro che questo tipo di semplificazione, presente nella versione di CRITERIA, tende a sovrastimare le altezze di acqua infiltrabili nel suolo. Le due figure costituiscono quindi una visualizzazione della sensibilità dell'equazione - 0.3 al variare dei principali parametri di ingresso e variabili di stato. Nel modello il calcolo dell'acqua potenzialmente infiltrabile è ottenuto dalla media dell'infiltrabilità sui primi 50 cm (variabile IMaxmedio).

La crosta superficiale La velocità di infiltrazione relativa ai primi 50 cm è corretta da un coefficiente (Crosta) che tiene conto dell’attitudine del terreno a formare croste sotto l'azione battente delle piogge. “Crosta” è definito da un coefficiente iniziale e da uno finale compresi tra 0 e 1, con quello iniziale maggiore di quello finale. Coefficienti pari all’unità indicano nessun effetto di incrostazione, mentre valori pari a 0 indicano la presenza in superficie di uno strato impermeabile. Il coefficiente Crosta varia linearmente dal valore iniziale al valore finale in funzione della sommatoria delle piogge tra due lavorazioni. La sommatoria delle piogge che ha effetto sulla formazione di croste è posta al massimo a 150 mm. I limiti iniziale e finale dei coefficienti variano in relazione al contenuto di limo e di argilla del suolo.

Suola d’aratura Le altezze d’acqua infiltrabili possono anche essere ridotte attraverso due coefficienti, definibili per ogni strato, qualora si presentino lungo il profilo strati di suolo più compatti dovuti al tipo di lavorazione (per esempio la cosiddetta suola d’aratura) o a fenomeni di stratificazione. Il metodo di inserimento della suola d’aratro è simile a quanto descritto per la crosta superficiale

111

I flussi preferenziali: le crepe Per terreni con un contenuto di argilla superiore al 18%, il modello considera la presenza o meno delle crepe e l’eventuale infiltrazione preferenziale. Il volume delle crepe è calcolato per ogni strato se il contenuto idrico volumetrico è inferiore ai 2/3 della capacità di campo, ed è al massimo pari al volume corrispondente al deficit tra la saturazione e il contenuto idrico stesso. Se è presente dell’acqua che non ha avuto modo di infiltrarsi, questa riempie le crepe a partire dal fondo della crepa stessa, riportando il contenuto idrico volumetrico alla saturazione.

La ridistribuzione CRITERIA opera, ove esista un deficit idrico, una ridistribuzione dell’acqua d'infiltrazione, in eccesso rispetto alla capacità di campo, per riportare gli strati alla capacità di campo.

Il ruscellamento

Ruscellamento superficiale Per calcolare le altezze di ruscellamento superficiale riveste particolare importanza l'altezza massima dell’invaso superficiale (volume fittizio che riproduce l'altezza o volume efficace delle pozzanghere). Il ruscellamento è presente quando questa altezza, che varia con le lavorazioni e diminuisce col tempo, viene superata dagli apporti idrici al netto dell'infiltrazione.

Ruscellamento ipodermico Il ruscellamento ipodermico viene considerato nel caso di presenza di scoline. Lo strato del terreno interessato al calcolo è quello tra la superficie del terreno e il fondo della scolina. Le altezze d’acqua considerate per il calcolo del ruscellamento ipodermico sono determinate a partire dall’eccesso idrico presente dopo l’infiltrazione negli strati di terreno posti al di sopra del limite inferiore delle scoline. I valori così ottenuti sono moltiplicati per la velocità di infiltrazione massima (Ksat), considerando in tal modo il suolo come mezzo isotropo, e ridotti tramite un coefficiente (Vaso) che tiene conto del fatto che solo una porzione della superficie è interessata al fenomeno. Chiaramente la considerazione più accurata di questo fenomeno richiederebbe una soluzione bidimensionale del moto dell’acqua, tuttavia nella presente versione di CRITERIA non si è voluto trascurare una stima del processo di ruscellamento ipodermico, presente in molte situazioni agrarie.

L’evapotraspirazione potenziale Il dato di ETP (evapotraspirazione potenziale) espresso in mm d-1 rappresenta un dato di ingresso del modello e dipende dall’andamento climatico; tuttavia, qualora il dato non fosse disponibile, CRITERIA lo stima usando la formula di Hargreaves che utilizza valori giornalieri massimi e minimi di temperatura dell’aria. A tale scopo vengono utilizzate due funzioni della forma seguente:

( ) ( )( ) ( ) ( )⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ +

π=

MSdL

dLMSRsc OsindF

dsinFsinODR

coscos60*24aAstronomic - 0.4

dove:

( )( )

[ ]

( )( ) ( )dLN

NN

NMS

L

R

d

sc

dFNNN

NgarcO

radlatitudineFannodellgiornog

gDgsind

dmMJRdmMJ

tantan

5708.1*

tan

'0172.0cos033.01

39.10712.0409.0][082.0][aAstronomic

5.0

12

12

−=

+⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

−=

==

+=−=

= −−

−−

utilizzando tale funzione e i dati di temperatura massima e minima giornaliera si può stimare l’ETP [mm d-1] con la funzione di Hargreaves:

112

( ) 21

minmaxminmax 8.17

2456.2om0023.0 TT

TTicaAstronETP −⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +

+= - 0.5

dove: Astronomica è la funzione calcolata in precedenza Tmax e Tmin sono le temperature massima e minima giornaliere dell’aria [°C]

Definito il valore di evapotraspirazione potenziale giornaliero, esso è poi suddiviso nella quota evaporativa a carico del suolo e in quella traspirativa a carico della pianta.

L’evaporazione

Evaporazione massima L’evaporazione viene calcolata a carico dei primi 20 cm del suolo. Il valore di evaporazione potenziale è calcolato a partire dell’evapotraspirazione potenziale ridotta in funzione della copertura vegetale seconda la formula:

( )e RCrcAIEV LKLKM EE −−= *

0 - 0.6 dove: EM è la evaporazione massima [mm d-1]

E0 è l’evaporazione potenziale [mm d-1] definita come 1.1*ETP per correggere la differenza di albedo tra la vegetazione e il terreno KEV è un coefficiente di estinzione dell’evaporazione (range 0-1) LAI è il valore di LAI della coltura al momento del calcolo [m2 m-2] Krc è il coefficiente di estinzione dell’evaporazione per effetto dei residui colturali LRC è l’indice di area dei residui colturali portati a 0 dopo circa 30 giorni

Per ottenere un’evaporazione dal suolo uguale o inferiore al 10% dell’ETP al completamento dello sviluppo della superficie fogliare il valore del coefficiente di estinzione dell’evaporazione non deve essere minore di 0.6 In fig. 6.11 è riportato l’andamento dell’evaporazione in funzione del LAI.

0

1

2

3

4

5

6

7

0 1 2 3 4 5 6 7

LAI

Evap. potenziale [mm d-1]

Figura 6.11 Andamento dell’evaporazione potenziale in funzione del LAI. Se è presente sul terreno dell’acqua libera (ponding water) risultante dopo il calcolo dell’infiltrazione e del ruscellamento, l’evaporazione potenziale (in tutto o in parte) è a carico di quest’ultima. L’evaporazione massima è pertanto ridotta ottenendo la variabile EM1.

Evaporazione reale L’evaporazione reale a carico del suolo è calcolata secondo l’equazione:

113

( )E E eR Mkevap= − −

151 - 0.7

dove: ER è l’evaporazione reale a carico dei primo 20 cm del suolo [mm d-1] EM1 è l’evaporazione massima diminuita della parte evaporata dalle pozzanghere [mm d-1] kevap è il coefficiente di evaporazione

Quest’ultimo coefficiente è calcolato in funzione dello stato idrico del suolo dei primi 20 cm, con un’equazione di riduzione lineare a partire dalla capacità di campo. In fig. 6.12 è riportato un esempio dell’andamento del valore di evaporazione reale in funzione del coefficiente di riduzione (kevap).

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1Coefficiente di riduzione

Evap. reale [mm]

Figura 6.12 Andamento dell’evaporazione reale in funzione del coefficiente di riduzione (kevap).

La traspirazione

Traspirazione massima Per il calcolo della traspirazione reale viene dapprima calcolata la traspirazione massima in funzione della traspirazione potenziale e del valore di LAI secondo la formula:

( )e AItr LKCTMM TKT −= 1* 0 - 0.8

dove: TM è la traspirazione massima in assenza di stress idrico [mm d-1]

12

31.0 +

−= AI

CTML

K

TPET 9.00 =

LAI è il valore del LAI nel momento del calcolo Quando il LAI è minore di 3, KCTM è uguale a 1. Il valore massimo di KCTM è 1.1 In figura 6.13 si riporta un esempio di andamento di TM in funzione del LAI.

114

0

1

2

3

4

5

6

7

8

0 2 4 6

LAI

TM [mmd-1]

8

Figura 6.13 Andamento dei valori di traspirazione massima in funzione del LAI.

Traspirazione reale La traspirazione reale è calcolata a partire dalla traspirazione massima moltiplicata per una funzione della tensione matriciale dello strato interessato dalle radici. Tale funzione deriva dalla sommatoria dei valori di tensione matriciale di ogni strato, pesati per la densità radicale ed è limitata da una tensione critica tipica di ogni coltura. Tale valore critico è funzione dell’ET0, il suo andamento è esemplificato nella fig. 6.14.

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

0 2 4 6ET0 [mm d-1]

Tensione critica [cm]

8

Figura 6.14 Andamento del valore della tensione critica in funzione di ET0.

Dopo aver calcolato la traspirazione reale su tutto il profilo, l’asporto di acqua da parte delle radici per ogni strato viene calcolato a partire dagli strati con potenziale matriciale più basso in valore assoluto e proporzionalmente alla densità radicale.

Il drenaggio Le altezze di drenaggio sono calcolate per ogni intervallo di integrazione come differenza:

Dren Input Runoff Deficit= − − - 0.9 dove Dren è il flusso al di sotto dell’ultimo strato simulato [mm]

Input sono le altezze di acqua in entrata come pioggia o come irrigazione [mm] Runoff sono le altezze di acqua perse per ruscellamento superficiale o sottosuperficiale [mm] Deficit è la differenza tra il contenuto idrico alla capacità di campo e il contenuto idrico del profilo [mm].

Il calcolo del drenaggio è effettuato dopo la considerazione dei processi di infiltrazione e eventuale ruscellamento e prima dei calcoli relativi all’evapotraspirazione.

115

LA COLTURA

Lo sviluppo della parte epigea Criteria può essere utilizzato in due modalità: modalità semplificata, dove le funzioni di crescita delle varie parti della pianta sono regolate dall’accumulo termico mediante funzioni empiriche; modalità analitica, dove la crescita dei vari organi è regolata dai processi di fotosintesi e respirazione, propri delle varie colture. Le colture sono considerate, nel presente studio, come elementi fittizi che interagiscono nel bilancio idrico del sistema. Non viene fatta alcuna stima di accumulo di biomassa. Le variabili di maggiore interesse sono pertanto lo sviluppo dell’apparato fogliare (espresso nel LAI) per la parte epigea e lo sviluppo, inteso come velocità di crescita e distribuzione nello spazio, dell’apparato radicale, l’assorbimento di azoto in relazione alle funzioni del LAI e dell’apparato radicale.

LAI: colture prative Per le colture prative la funzione di calcolo del LAI è uguale per tutti i periodi di crescita vegetativa (che ricordiamo essere definiti da un certo numero di gradi giorno accumulati) ed è della forma:

(( ))L L

L L

eAI b k arad sseX= +

+ − +minmax min

*.103 1 - 0.10

dove: Lmin è il valore minimo di LAI Lmax è il valore massimo di LAI b è un coefficiente di segno negativo krad è un coefficiente di segno positivo asseX è il rapporto tra i gradi giorno accumulati dall’inizio della fase vegetativa rispetto al totale della fase medesima.

Per quanto riguarda il coefficiente b si può dire che maggiore è b, maggiore è il ritardo nel raggiungere il valore massimo del LAI. Con valori superiori a 5, in valore assoluto, non si raggiunge il massimo. Il range consigliato per il coefficiente b è -3<b<-8. Per quanto riguarda il coefficiente k_rad le considerazioni sono analoghe, ma in valore assoluto l’effetto del coefficiente è opposto. Valori maggiori di 1 portano il LAI praticamente subito al valore massimo. Range consigliato 0.3<k_rad<0.8. In fig. 6.15 è riportato un grafico di esempio dell’andamento del LAI, con valori di b e di k_rad rispettivamente di -4 e 0.5.

0

1

2

3

4

5

6

7

8

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1

frazione della fase fenologica

LAI

Figura 6.15 Andamento del valore del LAI in funzione della frazione della fase fenologica per le coltura prative.

LAI: colture erbacee o arboree Per quanto riguarda le colture erbacee e arboree CRITERIA presenta una funzione di crescita del LAI suddividendo il periodo di crescita della coltura in 4 sottoperiodi. Per semplificazione li chiameremo fasi fenologiche pur non rispettandone la definizione rigorosa per tutte le colture considerate. Per la fase 1 l’equazione che regola la crescita del LAI è la seguente:

116

111

1 −= kfAI

fase

eL - 0.11

dove ffase1 è la frazione della fase 1 espressa in gradigiorno k1 è un coefficiente

k1 assume valori positivi non superiori al LN(2) (pari a circa 0.7) per non eccedere il valore minimo di LAI della fase successiva che è 1. Per la fase 2:

( ) 12 2max2 +−= fase

AI fLL - 0.12

dove: Lmax è il massimo valore di LAI della coltura ffase2 è la frazione della fase 2 espressa in gradigiorno

Si presenta pertanto un incremento lineare del valore del LAI da 1 a laimax-1. Per la fase 3:

( ) ⎟⎠⎞⎜

⎝⎛ −+−= e kf

AI

fase

LL 23*

max3 11 - 0.13

dove: Lmax è il massimo valore di LAI della coltura ffase3 è la frazione della fase 3 k2 è un coefficiente

k2 è un coefficiente che deve essere posto a valore negativo. Quando è prossimo allo 0 tende ad annullare la crescita del LAI durante questa fase poiché il secondo addendo dell’equazione tende a 0. Con valori elevati (>1.5 in valore assoluto) si tende ad esaurire la crescita del LAI nella terza fase fenologica. Per la fase 4:

4

3

4

max4

*101kfase

AI

kf

LL

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+

= - 0.14

dove: Lmax è il massimo valore di LAI della coltura ffase4 è la frazione della fase 4 k3 e k4 sono coefficienti e devono essere >0

La funzione determina un decremento del valore del LAI procedendo verso la fine della coltura. L’effetto dei due coefficienti sulla velocità del decremento è simile: valori bassi accelerano il processo, valori alti tendono a posticiparlo o ad annullarlo. Vengono qui riportati alcuni ambiti numerici perché la funzione simuli correttamente il fenomeno: - per k3 si sconsigliano valori compresi tra 8 e 30 e si sconsigliano valori inferiori a 5. Per valori fissi di k4, valori bassi di k3 velocizzano il decremento del LAI; - per k4 valori <2.5 si ottengono decrementi durante tutta la fase 4

valori maggiori posticipano l’inizio del momento di riduzione valori <1 vengono sconsigliati poiché determinano un vero e proprio “gradino” di diminuzione del LAI.

In figura 6.16 si riporta un esempio dell’andamento del valore del LAI in funzione delle diverse fasi vegetative. I valori di LAI massima, k1, k2, k3 e k4 sono stati posti rispettivamente a 7, 0.75, -2, 12 e 4.

117

0

1

2

3

4

5

6

7

0 1 2 3fasi fenologiche

LAI

4

Figura 6.16 Andamento del valore del LAI in funzione delle diverse fasi fenologiche per le colture erbacee e arboree

Lo sviluppo della parte ipogea

Approfondimento dell’apparato radicale L’apparato radicale è considerato in modo fittizio come strumento per il calcolo della traspirazione. L’accrescimento dell’apparato radicale non è previsto per le colture prative, erbacee e arboree con inerbimento, per le quali il profilo di radici è definito all’inizio della simulazione e considerato costante lungo tutto il periodo. Per gli altri tipi di colture l’algoritmo usato è il seguente:

(( ))e sseXrad akboot

ootR

R *max

103.1 +−+= - 0.15

dove: Rootmax è il massimo approfondimento radicale [m] b è un coefficiente krad è un coefficiente asseX è il rapporto tra i gradi giorno accumulati dall’inizio della simulazione e la somma necessaria per il completamento della terza fase

Si tratta di un algoritmo del tutto analogo a quello usato per la crescita della superficie fogliare nel caso delle colture prative, ma considerando il valore iniziale pari a 0.

Forma dell’apparato radicale Per le colture annuali è previsto un accrescimento radicale per il quale è definito il giorno di inizio, un valore di massimo approfondimento e una certa somma di gradi giorno necessari per il raggiungimento del medesimo. Viene calcolato per ogni passo di integrazione la densità radicale per ogni strato del terreno interessato dalle radici, posta 1 la densità totale. La sua suddivisione segue un funzione trapezoidale in cui è possibile definire i due lati del trapezio stesso: il maggiore in corrispondenza dello strato superficiale e il minore posto all'ultimo strato di terreno interessato dalle radici.

bilancio idrico giornaliero Il bilancio viene calcolato con passo giornaliero considerando i vari termini sopra descritti attraverso l’uso della classica funzione del bilancio idrico:

),(),()1,()1,(),1(),( jijijijijiji TrErFluxFluxUU −−−+= +−− - 0.1616

dove: U(i,j) è l’umidità al giorno attuale dello strato jesimo [mm] U(i-1,j) è l’umidità al giorno precedente dello strato jesimo [mm] Flux(i,j-1) è il flusso idrico del giorno proveniente dallo strato superiore [mm] Flux(i,j+1) è il flusso idrico del giorno diretto verso lo strato inferiore [mm] Er(i,j) è l’evaporazione effettiva dello strato [mm] Tr(i,j) è la traspirazione effettiva dello strato [mm]

Per il presente studio il terreno è stato suddiviso in strati unitari dello spessore di 2 cm, per uno spessore efficace di 2 m. Il flusso idrico che fuoriesce dall’ultimo strato costituisce il drenaggio.

118

Il ciclo dell’azoto In CRITERIA è presente la simulazione del ciclo dell’azoto e della sostanza organica ad esso associato. La struttura logica utilizzata per questo lavoro è stata tratta dal modello di simulazione LEACHN (Hutson e Wagenet, 1992) e SOILN che rappresentano dei punti di riferimento internazionali per quel che riguarda la modellizzazione matematica del ciclo dell'azoto nel sistema pianta-suolo-acqua.

N-NO3

N-NH4

Strati suolo

Humus

Litter

S.O.

12

3

4

Pianta

5

6

7

8 9

chimici

Fertilizzanti

organici

atmosfera

suolo

Lisciviazione

Residui colturali

= tassi [d-1]

1 min. humus

2 organicazione

3

4

nitrificazione

ammonificazione

5

uptake6

mineralizz. radidci7

8 denitrificazione

volatilizzazione

min. litter

9

LEGENDA

divisione o aggiunta di flusso

output

input

piogge o irrigazioni

Figura 6.17. Schema logico del ciclo dell'azoto e della sostanza organica introdotto in CRITERIA.

Il codice è stato riscritto per adattarlo alla struttura di CRITERIA e sono state apportare alcune semplificazioni che tenessero conto del livello di dettaglio richiesto in CRITERIA e dello scopo del suo utilizzo. I modelli SOILN e LEACHN sono in effetti nati con l'obiettivo di fornire uno strumento di lavoro nell'ambito della ricerca, privilegiando pertanto il dettaglio e la precisione sia nella richiesta di dati in ingresso al modello stesso, sia nella fase di calcolo. Per omogeneità con il resto del codice presente in CRITERIA e per mantenere valido l'obiettivo di fondo di CRITERIA, che deve essere uno strumento adatto per studi operativi a livello territoriale, sono state operate alcune semplificazioni, in particolare in merito alla suddivisione della sostanza organica in soli due comparti invece che nei tre originari. Nella Figura 6.17 è presentato simbolicamente lo schema logico del ciclo dell'azoto e della sostanza organica introdotto in CRITERIA. In esso si distinguono anzitutto delle voci in ingresso nel sistema di simulazione (input, contraddistinte dal colore giallo) e delle voci in uscita (output, contraddistinte dal colore azzurro). Tra le voci di input è necessario specificare che le possibili risalite capillari da falde sotterranee di acque che possono essere più o meno ricche in sostanze azotate (es. nitrati), sono da intendersi alla stregua di fertirrigazioni e vengono comunque tenute in conto da CRITERIA.

119

La sostanza organica è suddivisa in due comparti, l’humus, più stabile, e lo scarto vegetale (litter1), più facilmente degradabile, che vengono descritti nel paragrafo riguardante la sostanza organica. Questi due comparti della sostanza organica interagiscono con l'azoto minerale sotto forma ammoniacale, immobilizzandone o liberandone una parte a seconda delle condizioni del rapporto C/N, nonché dell’umidità e della temperatura del terreno. L'apporto di sostanza organica al suolo deriva dai residui colturali, incluso l'apparato radicale, e dagli eventuali apporti di fertilizzazione. I flussi di sostanza azotata in uscita dal sistema (assorbimento della pianta, lisciviazione) sono strettamente collegati ai flussi idrici. Il trasporto è veicolato dall'acqua in fase di traspirazione per quel che riguarda l'assorbimento della pianta, e in fase di percolazione per quel che riguarda la lisciviazione. E' necessario fare alcune considerazioni in merito ai tassi di trasformazione dell’azoto tra le sue diverse forme, necessari all'interno di CRITERIA ed alla definizione dei loro valori. Allo stato attuale sono stati inseriti nei database dei parametri di CRITERIA valori medi tratti da un attento lavoro di ricerca bibliografica (Ducco, 1997) che naturalmente richiedono una ulteriore fase di adeguamento dei valori in relazione alle tipologie pedoambientali presenti nella regione Emilia-Romagna.

La sostanza organica Nella presente versione di CRITERIA è stata introdotta la gestione dei comparti della sostanza organica secondo lo schema presentato da Johnsson (1987) con alcune semplificazioni. Lo stesso approccio concettuale è presente in altri modelli di simulazione quali LEACHM e SOILN.

I diversi comparti La sostanza organica presente nel terreno è suddivisa in due comparti denominati litter e humus. Il primo concettualmente riunisce i due comparti definiti da Johnsson come concime (manure) e scarti vegetali (litter) identificabili in pratica con la sostanza organica facilmente decomponibile. A questo comparto appartengono in effetti: la sostanza organica proveniente dalle liquamazioni, dalle letamazioni, dalle eventuali operazioni ammendanti, i residui colturali epigei (stocchi, colletti, ecc.), ipogei (l'apparato radicale), la massa microbica dei microrganismi interessati alle diverse fasi di trasformazione della sostanza organica stessa. Litter e humus sostanzialmente differiscono per la diversa velocità di mineralizzazione. Le trasformazioni relative al comparto litter sono esemplificate in Figura 6.18.

litter-C

litter-N

humus-Nhumus-C

fe

1-fe

fe*fh (1-fh) fe

CO2

NO3+NH4

Figura 6.18. Schema dei rapporti e delle trasformazioni tra litter e humus.

1 Il termine litter viene usato nel seguito del testo in un'accezione sintetica che include concettualmente molte forme di sostanza organica più facilmente degradabile di quella considerate stabile.

120

I calcoli sulle quantità soggette alle trasformazioni sono fatte a partire dal carbonio, che deve essere considerato il vero motore di tutti i processi. L’azoto trasformato viene in effetti calcolato considerando il rapporto C/N del comparto stesso. Nello schema proposto sono determinanti due fattori di trasformazione, o efficienze: Fe, che indica la quota di carbonio destinato al riciclo interno dei pool e Fh, che indica la quota di carbonio che dal comparto litter si trasferisce all’humus. Le efficienze Fe e Fh sono moltiplicate per il tasso di mineralizzazione del litter, che rappresenta un valore in ingresso, e per due ulteriori coefficienti di correzione legati al contenuto idrico volumetrico (Wcorr) e alla temperatura del terreno (Tcorr). In Figura 6.19 sono presentati in grafico gli andamenti dei valori di Wcorr e Tcorr. I valori di Wcorr devono essere letti lungo la linea spezzata ottenuta dall’incontro delle tre rette, e si nota come per i consueti valori di umidità del suolo non si producono effetti sul coefficiente (Wcorr = 1). I valori di Tcorr riportati in grafico sono ricavati dall’equazione seguente:

( )10

10

TTQT

basesuolo

corr

= dove Tsuolo e Tbase, espresse in °C, rappresentano rispettivamente la temperatura dello strato di terreno e la temperatura a cui le trasformazioni microbiche sono ottimali.

T suolo vs Tcoor con diversi valori di Q10

0

1

2

3

4

5

6

0 5 10 15 20 25 30 35T suolo (C°)

T co

rr

Q10=2.3

Q10=2.5

Q10=3

0

0.5

1

1.5

2

2.5

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6Contenuto idrico volumetrico (m3 m-3)

Wco

rr

Water correction factor

Figura 6.19. Andamenti dei coefficienti Wcorr e Tcorr in funzione rispettivamente del contenuto idrico e della temperatura del suolo.

Per il comparto litter la quantità di C trasformata in anidride carbonica, la quantità trasformata in humus e la quota di riciclo interno vengono calcolate ad ogni passo temporale. Nel litter non viene quindi calcolato alcun apporto nuovo di carbonio per trasformazione, mentre per l’humus c’è anche apporto di carbonio, derivante dalla trasformazione del litter. Per quanto riguarda l’azoto mineralizzato dal litter, rilasciato sempre sotto forma ammoniacale, esso viene calcolato moltiplicando la somma delle rispettive quantità di carbonio interessate alle diverse trasformazioni per un tasso di mineralizzazione, secondo l’equazione seguente:

RF

NCR e−=

1min

dove Rmin [d-1] è il tasso di mineralizzazione, C/N è il rapporto carbonio-azoto del litter, Fe è il coefficiente di efficienza di trasformazione del pool e R è il rapporto C/N dell’humus, che rimane stabile per l’intera simulazione. Qualora tale tasso sia negativo, diventa tasso di immobilizzazione, con relativo asporto di azoto nel terreno da parte del comparto. Come già ricordato, l’elemento chiave di questo processo è il rapporto C/N del litter, evidenziato nel grafico di fig. 6.20.

121

Tassi di trasformazione di N vs C/N poolPool litter e manure

-0.1

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90

C/N

RateC

N

FeRO

= −⎛

⎜⎜

⎟⎟

1

Fe=Efficiency factorRO=C/N humus

Tass

o di

min

eral

izza

zion

e (d

-1 )

Figura 6.20 Variazione del tasso di mineralizzazione del litter in funzione del rapporto C/N.

Per quanto riguarda l’azoto mineralizzato dall’humus, esso è invece calcolato semplicemente moltiplicando la quantità di azoto presente nel comparto per il tasso di mineralizzazione, opportunamente corretto per la temperatura e il contenuto idrico volumetrico. Questa apparente semplificazione nasce dalla considerazione che il rapporto C/N dell’humus non varia in tempi relativamente brevi e che quindi la perdita di carbonio per mineralizzazione determina perdite proporzionali di azoto. In figura 6.21 si mostrano alcuni andamenti del tasso di mineralizzazione dell’humus al variare della temperatura e del contenuto idrico volumetrico.

0

0.00005

0.0001

0.00015

0.0002

0.00025

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6Water content (m3 m-3)

Tass

o di

min

eral

izza

zion

e (d

-1) 10 °C

15 °C

20 °C

25 °C

30 °C

Figura 6.21 Andamento del tasso di mineralizzazione dell’humus al variare del contenuto idrico volumetrico per diverse temperature del suolo.

Fertilizzazioni In CRITERIA è prevista la possibilità di simulare gli effetti delle fertilizzazioni azotate apportate alle diverse colture. Per ogni coltura è in effetti disponibile uno standard di fertilizzazione, incluso nelle "storie colturali standard" disponibili nei database a corredo del modello. È’ inoltre possibile, a cura dell'utente, definire trattamenti fertilizzanti particolari, registrando la data dell'operazione e l'entità della fertilizzazione (cioè la quantità di azoto fornito, espressa in kg ha-1), la sua forma chimica (organico o inorganico) e la profondità di interramento del fertilizzante stesso.

Apporti da acque di irrigazione o di pioggia; apporti di falda Qualora questi apporti siano noti, è possibile tenere conto delle quantità di azoto presenti sia nell’acqua di pioggia sia in quella di irrigazione. Le prime possono essere importanti soprattutto vicino ai centri urbani, arrivando ad apportare fino a 40 kg ha-1 anno-1 di azoto sotto forma nitrica (Mosello e Morselli, 1992).

122

Se viene attivata l’opzione di calcolo della risalita di falda può essere preso in esame anche il contenuto di nitrati, ed eventualmente lo ione ammonio, presente nelle acque di falda. In situazioni di acquiferi inquinati e relativamente prossimi al piano di campagna, l’effetto di fertirrigazione delle acque di risalita può risultare non trascurabile.

Assorbimento da parte della coltura L’assorbimento da parte della coltura è da porsi in relazione con la traspirazione reale, calcolata come asporto di acqua da ogni singolo strato. L’azoto asportato è quello presente nell’acqua che dal suolo passa all’apparato radicale per essere poi traspirata. Per ogni coltura è comunque fissato un livello massimo di asporto annuale (espresso in kg ha-1), suddiviso per valori massimi giornalieri in base ad una funzione della lunghezza del periodo di crescita della coltura. Il periodo di crescita della pianta, definito dalle date di emergenza e di raccolta, è suddiviso in due parti, rispettivamente 1/3 e 2/3 del periodo totale. Il valore massimo di asporto, che rappresenta l'asporto totale (epigeo ed ipogeo) in condizioni di assenza di stress idrico e azotato, è calcolato per ogni giorno nella variabile NPA. In pratica CRITERIA calcola per ogni giorno il valore di un coefficiente utilizzando la seguente formula durante il primo terzo del periodo di crescita:

87.31 878.8 FGScoeff =

e la seguente nel periodo restante:

coeff FGS FGS FGS FGS22 30 66 3 485 0 93 0 899= + − −. . . . 4

dove FGS è la frazione della stagione di crescita ottenuta dividendo il numero di giorni trascorsi dalla semina per il numero totale di giorni dell'intero periodo calcolati dall'emergenza alla raccolta della coltura. Il coefficiente così calcolato viene messo a fattore di NPA per ottenere il massimo valore giornaliero dell’asporto. E’ previsto inoltre un recupero dell’eventuale deficit accumulato, per un valore massimo del 70% nella stagione di crescita, e pari a

( ) ( )NPA NAFGS

−−1 0

0 3.

.7

fino alla raccolta. Il valore NA rappresenta la quantità effettivamente asportata giornalmente dalla piante. Il deficit rappresenta la quota di azoto asportabile giornalmente che per ridotta traspirazione o per mancanza di azoto nel terreno la pianta non può assorbire. Questa quota di azoto viene resa ancora disponibile per la pianta fino a tre giorni dopo il presentarsi del deficit stesso. Come sopra descritto dopo i 7/10 della stagione di crescita il possibile recupero di assorbimento è ridotto. L’assorbimento è considerato a carico prima della forma ammoniacale e poi di quella nitrica. Qualora una parte dell’azoto giornalmente asportabile non sia assorbito dalla pianta (o per scarsa traspirazione o per mancanza di azoto nella soluzione circolante del terreno), esso viene messo a disposizione come incremento di asporto limitatamente ai tre giorni successivi. Nel caso delle colture poliennali (come l’erba medica) viene considerato un valore massimo giornaliero fisso per tutti i giorni dell’anno.

I flussi nel suolo I flussi verticali di lisciviazione di azoto all’interno del terreno dipendono dai flussi idrici essendo naturalmente l’acqua il principale veicolo di trasporto. Essi sono riferiti alle due forme principali di azoto, quella nitrica e quella ammoniacale.

Flussi di nitrati Considerando ogni strato il calcolo della quantità di nitrati che passa nello strato sottostante è effettuato con un metodo che potremmo definire “a pistone”: la quantità di acqua che arriva dallo strato sovrastante riempie gli spazi presenti nello strato e, se risulta in eccesso, sostituisce in tutto o in parte la soluzione presente. Il ricalcolo delle concentrazioni di ogni strato avviene solo alla fine del processo di infiltrazione. La soluzione che defluisce dall’ultimo strato è considerata lisciviazione profonda e costituisce uno dei risultati della simulazione.

Flussi di ione ammonio I flussi di lisciviazione dello ione ammonio vengono calcolati analogamente a quanto avviene per i nitrati.

Flussi da e verso i depositi di sostanza organica La sostanza organica, suddivisa nei suoi due comparti, rifornisce di azoto ammoniacale il sistema simulato tramite il processo di mineralizzazione. Per quanto riguarda il comparto denominato litter, qualora il rapporto C/N sia troppo alto, si verifica il fenomeno dell’immobilizzazione di azoto, che viene sottratto alla soluzione circolante al fine di abbassare il rapporto C/N medesimo a favore dei processi ossidativi.

123

Idrolisi dell’urea L’idrolisi dell’urea [g m-2] è calcolata secondo la seguente equazione:

dove Nurea è la quantità di urea presente in ogni strato [g m-2] mentre Ridr [d-1] è il tasso di idrolisi corretto in base a temperatura e umidità del terreno.

( )eNN Ridr

ureaidr

−−= 1

Nitrificazione La nitrificazione [mg m-2] viene calcolata attraverso la seguente equazione:

( )eN Rrapp

NONNHN nitr

itr

−−⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−= 1__ 3

4

dove: N_NH4 e N_NO3 sono le concentrazioni ione ammonio e di nitrati nel suolo [mg m-2], rapp è il limite massimo del rapporto delle due concentrazioni, Rnitr è il tasso di nitrificazione [d-1] corretto per la temperatura e contenuto idrico In CRITERIA la nitrificazione è l’unica fonte di nitrati derivante dal ciclo dell'azoto.

Volatilizzazione La volatilizzazione, che in CRITERIA viene calcolata solo nei primi 0.1 m di terreno, è data dal valore minimo tra

[ ]tNH

tN

δθ

δδ 42 5.0

=

e

[ ] ( )( )δ

δ

θ

δ

μ δNt

NH et

vol t2 4 1=

dove: [NH4] è la concentrazione dello ione ammonio (mg m-2), θ è il contenuto idrico volumetrico (m3 m-3), mentre μvol è il tasso di volatilizzazione richiesto come parametro in gresso.

Volatilizzazione vs Contenuto idrico volumetrico

0

10

20

30

40

50

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5

Contenuto idrico volumetrico (m3 m-3)

Vola

tiliz

zazi

one

(mg

m-2)

limite massimo tasso=0.1 tasso=0.3 tasso=0.5

Figura 6.22 Andamento della volatilizzazione in funzione del suo tasso e del contenuto idrico del suolo.

La Figura 6.22 presenta i flussi di volatilizzazione a costante concentrazione di ione ammonio al variare dell’umidità del terreno e del tasso μvol. Il limite di calcolo evidenziato nel grafico corrisponde al valore μvol = 0.6 che pertanto rappresenta di fatto il valore massimo attribuibile al tasso medesimo.

Denitrificazione La denitrificazione, Ndenitr [mg m-2] nell’equazione seguente, segue una cinetica di Michaelis-Menten:

[ ][ ] U

csatNONNONRN dendenitr −

=3

3

__

124

dove: Rden è il tasso potenziale di denitrificazione(d-1), csat è la costante di semi-saturazione, [N-NO3] è la concentrazioni di nitrati (mg l-1), U è il contenuto idrico del terreno. Il tasso di denitrificazione viene aggiustato in base al contenuto idrico volumetrico ed alla temperatura. Nella Figura 6.23 si presenta l’andamento del valore di correzione per l’umidità, mentre quello relativo alla temperatura è lo stesso della sostanza organica.

0

0.5

1

1.5

0.2 0.3 0.4 0.5Contenuto idrico volumetrico (m3 m-3)

Fatto

re d

i cor

rezi

one

0.6

Fattore di correzione per la denitrificazione

Figura 6.23 Variazione del fattore di correzione applicato alla denitrificazione in funzione del contenuto idrico del suolo.

125

IPNOA I NITRATI DI ORIGINE AGRICOLA NELLE ACQUE SOTTERRANEE: UN INDICE PARAMETRICO PER L’INDIVIDUAZIONE DI

AREE VULNERABILI.

6.5 Premessa L’origine della presenza dei nitrati nelle acque sotterranee non è da attribuirsi esclusivamente alla attività agricole e zootecniche; infatti le principali fonti inquinanti sono costituite da scarichi industriali (25%), rete fognaria civile (20%), agricoltura (18%), zootecnia (17%), anche se il comparto agro-zootecnico incide complessivamente per il 35%. Risulta estremamente difficoltoso valutare e quantificare i meccanismi di rilascio e di migrazione degli inquinanti da fonti multiple e diversificate, che investono ampie porzioni di territorio; ed è soprattutto importante ottenere strumenti di valutazione comparativi sulle porzioni di territorio a differente rischio di contaminazione. E’ stata quindi sviluppata una metodologia che fornisca una graduatoria di pericolosità da nitrati di origine agricola che, se sovrapposta alla valutazione della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi, porti alla valutazione del rischio potenziale di contaminazione delle acque sotterranee da nitrati di origine agricola a scala provinciale e regionale; il metodo tiene conto sia del carico di azoto proveniente da ciascuna tipologia di attività agricola (quantità di azoto disponibile sul suolo e potenzialmente trasportabile verso le acque sotterranee), sia di indicatori sintetici relativi ai fattori ambientali.

6.6 Pericolo potenziale di contaminazione da nitrati di origine agricola

Da un punto di vista chimico-fisico, il trasporto dei nitrati nelle falde acquifere coinvolge due fasi:

1) il ciclo dell’azoto nel terreno

2) il dilavamento dei nitrati ed il trasporto verso le acque superficiali.

Negli ultimi anni sono stati eseguiti numerosi studi sui modelli idrogeologici per la simulazione del trasporto di nitrati nell’acquifero (Frissel et al., 1981; Nielsen et al., 1982; Willigen & Neeteson, 1985; Vanclooster et al., 1993; Liu et al., 1997; Lafolie et al., 1997; Ling Ge & El Kadi, 1998); la maggior parte di questi modelli sono applicabili solamente a scala di campo, mentre la gestione territoriale e le strategie di intervento per la tutela del patrimonio idrico avvengono normalmente a scala di bacino.

L’impiego dei modelli consente di analizzare in modo quantitativo e dinamico gli effetti delle variazioni dei parametri ambientali come l’uso del suolo, l’applicazione dei fertilizzanti ed il clima sulla percolazione dei nitrati a livello di tutto il bacino; attualmente sono disponibili alcuni modelli per stimare i flussi di nitrati a scala di bacino, che generalmente utilizzano un approccio complesso meccanicistico, integrando tutti i processi coinvolti nel dilavamento dei nitrati mediante equazioni matematiche.

Questo tipo di modelli, se applicati a scala di bacino, richiedono una ingente mole di dati, per cui la valutazione del rischio risulta molto laboriosa; per questo motivo negli ultimi anni vengono presi sempre più in considerazione gli indicatori di tipo parametrico, che, contrariamente ai modelli matematici, utilizzano parametri di tipo fisico ed idrologico difficilmente monitorati: questi indici sono caratterizzati da un numero di input limitato e facilmente reperibili. Il vantaggio di questa metodologia risiede nella facilità di analizzare gli effetti sinergici delle incertezze dei parametri considerati, anche se non può dare previsioni quantitative sulle concentrazioni di nitrati nei vari comparti ambientali.

6.7 IPNOA: Indici di Pericolosità da Nitrati di Origine Agricola Gli IPNOA sono degli indici parametrici che ricalcano l’approccio degli IPA (Indici di Pericolosità Agricola)

elaborato da Trevisan et al. (2000). Questi indicatori utilizzano un approccio di tipo parametrico che consiste principalmente di due fasi:

1) vengono individuate le categorie di fattori che concorrono alla valutazione del pericolo potenziale di contaminazione delle acque sotterranee;

2) a ciascun fattore viene attribuito un punteggio in funzione dell’importanza che esso assume nella valutazione complessiva finale.

Tutte le attività agricole che generano o possono generare un impatto sulle acque sotterranee vengono considerate fattori di pericolo (FP), mentre quei fattori che modificano il pericolo in funzione delle caratteristiche del sito e delle pratiche agricole in esso adottate sono identificabili come fattori di controllo (FC).

Mediante i fattori di pericolo viene stimata la quantità di azoto applicata sulla superficie agraria che, a seconda del contenuto naturale di azoto del terreno, delle caratteristiche climatiche del sito e delle pratiche agronomiche adottate, può rappresentare, in diversa misura, un pericolo per la qualità delle acque sotterranee. L’operazione di congiunzione di tutte le variabili di base considerate viene effettuata previo ordinamento e classificazione delle stesse, attribuendo a ciascuna classe un indice che caratterizza il carico di azoto (nel caso degli FP) o l’incidenza (positiva o negativa o neutra) dei fattori coinvolti nel fenomeno di dilavamento dei nitrati (FC). Tale parametrizzazione, oltre ad attenuare gli eventuali errori di stima e la soggettività delle misure, consente anche di rappresentare graficamente i risultati ottenuti.

126

Tutta la metodologia, sia nelle attività di gestione e di analisi dei dati sia nella creazione dei prodotti cartografici, si avvale dei sistemi informativi geografici (GIS).

Il metodo sviluppato risulta simile alla metodologia RiNA (Rilascio di Nutrienti nelle Acque) proposto da Giardini e coll. (1997), i quali considerano, tuttavia, anche il rilascio di fosforo e prevedono delle misure sperimentali dei rilasci annui di N e P in un numero rappresentativo di aree campione.

La valutazione della distribuzione del carico di nitrati di origine agricola potenzialmente gravante sulle acque sotterranee di un determinato territorio richiederebbe il calcolo della quantità annua di azoto prodotto dalle diverse fonti di contaminazione a livello di campo. Tuttavia, data la notevole difficoltà nel reperire dati quantitativi attendibili che possano essere georeferenziati a tale scala di dettaglio, le pressioni ed i carichi vengono riferiti all’assetto comunale dell’area studio. In ogni caso, poiché la metodologia tiene conto esclusivamente del comparto agricolo, tutti i dati fanno riferimento alle quantità di azoto applicate per ettaro di superficie agraria utile. Dato il livello di trattazione della metodologia, tale assunzione non limita in modo significativo la possibilità di ottenere una valutazione comparativa sulle differenti porzioni di territorio.

6.8 Fattori di pericolo Sebbene il ciclo biogeochimico dell’azoto sia uno dei cicli naturali degli elementi più studiato, i principali processi

di scambio di tale elemento tra i diversi comparti ambientali hanno subito nel tempo profonde modifiche ad opera dell’uomo. Risulta pertanto difficile definire, su vasta scala sia spaziale che temporale, il bilancio di massa e la distribuzione ambientale di azoto. In particolare, la valutazione del pericolo potenziale di contaminazione da azoto delle acque sotterranee dovrebbe tenere conto, oltre che della vulnerabilità intrinseca dell’acquifero, di tutti gli apporti di azoto sia di origine naturale che antropica, e dei centri di pericolo puntuali e non-puntuali o diffusi (Civita, 1994; Tabella 6.4). Nel presente lavoro è stato preso in considerazione esclusivamente il carico di azoto di origine agricola, ivi compreso quello proveniente dal settore zootecnico, immesso da sorgenti diffuse.

CENTRI DI PERICOLO FONTI PUNTUALI FONTI NON-PUNTUALI (DIFFUSE)

Insediamenti industriali • • • • •

• •

Stoccaggi di materie prime Perdite di sottoservizi Serbatoi fuori terra ed interrati Scarichi liquidi senza trattamento Immissione nel sottosuolo di

rifiuti liquidi

Ricaduta degli aereosol Smaltimento di reflui

Discariche di rifiuti

Insediamenti urbani • • •

• Serbatoi interrati Fognature Fosse settiche

Smaltimento reflui

Infrastrutture di collegamento

Attività agricole •

• •

Scarichi di acque di lavaggio delle attrezzature agricole

Depositi di contenitori di prodotti agrochimici

Fertilizzanti organici (letame solido, liquido e compost)

Fertilizzanti inorganici Fitofarmaci

Attività zootecnica • Raccolta deiezioni animali (cumuli, pozzi neri, vasche e lagoni)

FONTI NATURALI e ANTROPOGENICHE Deposizioni atmosferiche

Tabella 6.4 – Principali centri di pericolo: fonti puntuali e non puntuali di inquinamento da nitrati delle acque sotterranee (modificato da Civita, 1994).

Come è avvenuto per gli IPA (TREVISAN et al. 2000) sono state individuate tutte le principali attività agricole che generano o possono generare una contaminazione da nitrati nelle acque sotterranee. Tuttavia, a differenza degli indici di pericolosità agricola che si basano principalmente sulle differenti classi di uso del suolo (territori modellati artificialmente, agricoli, boscati, ambienti naturali, etc.) la metodologia degli IPNOA considera esclusivamente le

127

superfici coltivate (seminativi, colture permanenti, prati stabili e zone agricole eterogenee), che costituiscono la fonte principale dell’inquinamento potenziale da nitrati. Il metodo qui riportato fornisce una valutazione “statica” del fenomeno, poiché i carichi di azoto vengono calcolati su base annua in relazione ad un solo tipo di coltura. E’ comunque possibile arrivare ad una visione “dinamica” considerando gli avvicendamenti colturali tipici della zona studio.

In particolare, i fattori di pericolo degli IPNOA includono i fertilizzanti organici e non-organici ed i fanghi di depurazione. Dato che l’apporto di azoto proveniente dall’applicazione dei prodotti fitosanitari è irrilevante, questa attività non è stata inclusa nei fattori di pericolo.

Nei paragrafi successivi vengono esaminate le singole categorie di fattori di pericolo. E’ importante sottolineare che nella determinazione dei carichi di nitrati ai suoli agricoli si è assunto che gli

agricoltori operino normalmente secondo le buone pratiche agricole in modo tale che gli apporti non superino la capacità di metabolizzazione da parte della vegetazione e della microflora del terreno.

FERTILIZZANTI MINERALI

I concimi minerali sono rappresentati da sali azotati: naturali come il nitrato del Cile o di sintesi; nitro-ammoniacali; ammoniacali; amidici, come la calcio-cianamide (CaN2) e l’urea e da sali fosfatici.

Nel periodo compreso fra il 1990 e il 1993 la quantità totale di concimi minerali impiegata fa registrare un incremento del 15%, mentre nel 1994 si è avuta una diminuzione dell’11% rispetto all’anno precedente (MINISTERO DELL’AMBIENTE, 1997). In termini di elementi, quello distribuito in quantità maggiore è l’azoto, seguito dal fosforo (P2O5) e potassio (K2O). Le regioni nelle quali si ha un impiego maggiore di fertilizzanti nel 1994 risultano essere, nell’ordine, l’Emilia Romagna, la Lombardia ed il Veneto. Secondo Assofertilizzanti (Associazione Nazionale Fertilizzanti) il consumo degli azotati nel 1998 ha registrato una contrazione del 2% rispetto all’anno precedente, attestandosi su circa 1.850.000 tonnellate di prodotti.

Data la quasi impossibilità di reperire nel territorio italiano dati a livello provinciale e/o comunale sulla quantità di fertilizzanti impiegati in agricoltura, nel presente studio la stima del carico di nitrati da fertilizzanti minerali ai suoli agricoli è stata calcolata in base ai valori di azoto asportato dalle singole colture riportate in letteratura (GIARDINI,1992; BURL, 1996; CORTINA et al., 1999). E’ stato presupposto, quindi, che l’entità delle concimazioni azotate non superi il reale fabbisogno delle piante. E’ noto infatti che certe piante, come le leguminose, non richiedono alcuna concimazione azotata, grazie alla azotofissazione simbiotica; altre, come le graminacee, sono avide di questo elemento, tanto da richiederne dosi alquanto alte. Da queste informazioni sono state elaborate le classi di pericolo riportate in Tab. 6.5.

APPORTO DI N (Kg/ha)

COLTURE CLASSE DI PERICOLO

(FPfm)

0 Leguminose (soia, pisello, erba medica, ….)

1

1-25 Prato, melo, pero 2

26-100 Avena, segale, barbabietola, triticale, girasole, lino, colza, vite

3

100-180 Frumento, orzo, riso, patata 4

> 180 Mais, ulivo, pioppo 10-12° anno 5 Tabella 6.5 – Carichi di azoto da fertilizzanti minerali per le principali colture e relative classi di pericolo.

FERTILIZZANTI ORGANICI

Per fertilizzazione organica si intende l’apporto artificiale di sostanza organica (di origine animale, vegetale o mista) al terreno agrario al fine di migliorarne la fertilità. I residui organici di origine zootecnica e vegetale conseguenti all’esercizio di attività di allevamento vengono comunemente chiamati reflui zootecnici. Con il termine refluo ci si riferisce sia al letame che al liquame: il primo è costituito da una mescolanza delle deiezioni animali con i materiali della lettiera ed è palabile, il secondo deriva dalla miscela delle deiezioni con le acque di lavaggio usate per le pulizie dei ricoveri e delle sale di mungitura, o per favorire l’evacuazione delle deiezioni dalle vasche.

La problematica dei reflui è da anni all’osservazione di organi competenti che hanno emanato leggi e regolamenti a diversi livelli:

128

− Comunitario: Direttiva 676/91 conosciuta come “Direttiva nitrati” obbliga a limitare il carico massimo di azoto organico distribuibile a 340 kg/ha che si riducono a 170 kg/ha nelle zone le cui acque sono già inquinate da composti azotati o potrebbero esserlo (zone “vulnerabili”).

− Nazionale e di bacino: D. Lgs 152/99 e successive integrazioni e modificazioni che, per consentire l’utilizzazione agronomica dei reflui limita il carico massimo di azoto per unità di superficie a 170 kg/ha nelle zone vulnerabili e 340 kg/ha in quelle non vulnerabili e demanda alle Regioni la disciplina dell’utilizzazione agronomica degli effluenti.

Deliberazione 12/96 dell’Autorità di Bacino del fiume Po che impone i limiti minimi allo stoccaggio dei reflui (120 giorni per bovini da latte e 180 giorni per suini) e alcuni divieti allo spandimento.

− Regionale: le quattro regioni padane, Piemonte, Lombardia, Veneto e Emilia Romagna hanno predisposto normative tecniche sullo spandimento dei liquami zootecnici; per l’Emilia Romagna vige la Legge Regionale 50/1995, che attribuisce alla Province il rilascio dell’autorizzazione allo spandimento e stoccaggio .

Sia il letame che i liquami hanno una composizione estremamente variabile a seconda degli animali, della natura

della lettiera, della proporzione tra paglia e deiezioni, della alimentazione degli animali, del tipo di allevamento del bestiame, delle cure apportate alla conservazione, dello stato di decomposizione, ecc. E’ facile immaginare, quindi, che i dati analitici pubblicati varino considerevolmente. Uno studio condotto dalla Regione Piemonte e dall’Università di Torino (GRIGNANI & ZAVATTARO, 1999), ha evidenziato che esiste una notevole variabilità (oscillazione dal valore medio tra il 30 ed il 100%) nella composizione dei reflui zootecnici non solo tra diverse aziende zootecniche, ma anche all’interno della stessa azienda. Oltre alla variabilità legata alle caratteristiche qualitative, anche l’aspetto della quantità totale di refluo distribuito in campo è spesso poco controllabile dall’agricoltore. Queste informazioni confermano la complessità di predire la quantità di azoto proveniente dalle deiezioni animali che viene apportata in un determinato territorio.

Si è cercato quindi di sviluppare una metodologia di calcolo per cui, quantificato il patrimonio zootecnico esistente in ciascun comune d’interesse, si eseguono le seguenti elaborazioni: (Fig. 6.24):

1. Determinazione del carico zootecnico 2. Determinazione della superficie agricola utilizzabile (SAU); 3. Determinazione del contenuto di azoto per tipo di refluo 4. Calcolo del carico di azoto per ettaro di SAU (superficie agraria utilizzata).

CARICO ZOOTECNICO A LIVELLO COMUNALE

Figura 6.24 - Schematizzazione della procedura per il calcolo del carico di azoto totale derivante dallo spandimento dei reflui zootecnici sui suoli agrari.

Come è stato già accennato tutte le elaborazioni vengono intese a livello comunale. Di seguito vengono riportati i coefficienti di conversione proposti dall’ ERSAL (si veda L.R. Lombardia 37/93) per

la stima del peso vivo (Tabella 6.6) e per la stima della produzione media annua di deiezioni (Tabella 6.7), ed i valori medi del contenuto di azoto nei diversi tipi di reflui (Tabella 6.8). La Tabella 6.9 riprende le modalità di calcolo del peso vivo medio annuo, per diverse categorie di animali, corrispondente ad una produzione di 340 kg di azoto, riportate nell’allegato 5 del D.L. 258/00 contente le disposizioni correttive e integrative del D.L. 152/99.

SUPERFICIE INTERESSATAA LIVELLO COMUNALE

CONTENUTO DI NNEI REFLUI

Carico tot di N per ettaro di sup.

agricola utilizzata

Kg N / ha SAU*anno

ha SAU

N° capi/ha (per specie)

t p.v./ha (per specie)

Reflui annui/ha (per specie)

m3/ha*anno

Tab.2.4

Contenuti medi di N per tipo di refluo

(Tab. 2.6 e 2.7)

Tab.2.5

129

Kg/capo

Bovini 400

Suini 100

Avicoli 2

Tab. 6.6 – Coefficienti di conversione ERSAL per il calcolo del peso vivo per tipo di allevamento.

Tipo di deiezioni m3/t p.v./anno

Letame bovino 16

Liquame bovino 23

Liquame suino 44

Tab. 6.7 – Coefficienti di conversione ERSAL per il calcolo della produzione media annua di deiezioni.

Tipo di deiezioni Kg azoto/m3

Letame bovino 5,0

Liquame bovino 3,8

Liquame suino 3,2

Tab. 6.8 – Coefficienti ERSAL per il calcolo dell’azoto prodotto con le deiezioni.

Specie allevata Peso vivo medio per anno (tonnellata)

Suini 3

Bovini 4

Avicoli 2.1

Cunicoli 2.4

Ovicaprini 3.4

Equini 4

Tab. 6.9 – Peso vivo medio annuo corrispondente ad una produzione di 340 kg di azoto, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione, da considerare ai fini dell’assimilazione alle acque reflue domestiche (da Allegato 5, D.L. 258/00).

Si tenga presente che il dato relativo al carico unitario rappresenta, secondo la metodologia di rilevazione, la distribuzione sulla massima superficie potenzialmente concimabile e non su quella effettivamente concimata. In teoria, secondo la Legge R. 50/95 ogni regione individua nel piano di utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici (PUA), lo strumento attraverso il quale raccogliere sistematicamente le informazioni sulla gestione dei reflui. In pratica però gli archivi contenenti le informazioni dettagliate sulle aziende zootecniche non sono ancora completi, rendendo impossibile l’identificazione esatta del terreno su cui viene distribuito l’azoto organico prodotto dalle singole aziende. Al momento, quindi, l’approccio prevede il calcolo del carico medio comunale del carico di azoto dei reflui zootecnici.

Analogamente a quanto è stato fatto per i fertilizzanti inorganici, gli indici di pericolosità dovuta ai fertilizzanti organici, sono stati definiti secondo lo schema delle 5 classi (Tabella 6.10)1.

1 Si tenga presente che la Comunità Europea stabilisce che nelle zone vulnerabili non si possa spandere sul suolo più di 170 kg/ha di azoto proveniente dai reflui zootecnici.

130

APPORTO DI N (Kg/ha)

CLASSE DI PERICOLO (FPfo)

0 1

1-150 2

151-300 3

300-500 4

> 500 5 Tabella 6.10 – Carichi di azoto da fertilizzanti organici e relative classi di pericolo.

FANGHI DI DEPURAZIONE

Le recenti leggi anti-inquinamento hanno indotto aziende industriali e comunità a munirsi di impianti di depurazione

delle acque di scarico. Le parti solide che si separano durante questa depurazione costituiscono i cosiddetti “fanghi” il cui smaltimento costituisce un grave problema. L’impatto ambientale del riciclaggio agricolo è ancora oggetto di studio ed ancora non sono accertati i limiti del loro impiego. Infatti, a seconda dei diversi tipi di processi di depurazione cui vengono sottoposti, i fanghi presentano diverse caratteristiche e composizione (Tab. 6.11). La variabilità fra i fanghi è inoltre fortemente legata all’origine degli scarichi.

I fanghi che possono essere impiegati sono (GIARDINI, 1992): − fanghi di fogna derivanti dagli impianti di depurazione delle acque degli insediamenti civili; − fanghi derivati dai cicli di lavorazione, nonché dal trattamento di effluenti di industrie agroalimentari; − fanghi derivati da impianti di potabilizzazione delle acque dolci superficiali mediante processo di

chiariflocculazione con calce. La composizione dei fanghi, come si è detto, è molto variabile (Tab. 6.11) ma i risultati di esperimenti effettuati da

21 laboratori europei, dosando fanghi in vasi lisimetrici hanno evidenziato che le perdite di azoto con le acque di percolazione costituiscono un fenomeno di entità paragonabile a quello provocato da fertilizzanti chimici, e che non desta preoccupazioni finché le dosi annue applicate rimangono inferiori a 20 t/ha.

MATERIALE [N] % s.s.

Fanghi 2,0 – 6,0

Compost di fanghi 1,0 – 1,6

Compost urbano 0,8 – 1,0

Fanghi da cartiera 0,2 – 2,3

Tab. 6.11 – Intervalli di concentrazione di azoto in alcuni materiali organici di rifiuto (fonte: GENEVINI & MEZZANOTTE, 1987).

In Italia, il Decreto Legislativo 99/92 disciplina l’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, ponendo le

seguenti condizioni (art. 3): 1. devono essere stati sottoposti a trattamento; 2. devono essere idonei a produrre un effetto concimante e/o ammendante e correttivo del terreno; 3. non devono contenere sostanze tossiche e nocive e/o persistenti, e/o bioaccumulabili in concentrazioni dannose

per il terreno, per le colture, per gli animali, per l’uomo e per l’ambiente in generale. In particolare, tra le caratteristiche agronomiche e microbiologiche richieste nei fanghi destinabili all’utilizzazione in

agricoltura (Allegato I B), il valore di azoto totale deve essere superiore a 1,5 % s.s.. Grazie alle richieste di autorizzazione obbligatorie per chi intende utilizzare in attività agricole i fanghi di

depurazione, è possibile conoscere in dettaglio: i quantitativi di fango prodotto e quelli forniti per uso agricolo; •

• •

la composizione (e quindi il contenuto di azoto) e le caratteristiche dei fanghi; i luoghi previsti di utilizzazione dei fanghi (con l’identificazione sui mappali catastali e la superficie dei terreni sui quali si intende applicare i fanghi);

131

le colture in atto e quelle previste; • • i dati analitici dei terreni sui quali avviene lo smaltimento. Da queste informazioni è quindi possibile valutare il carico di azoto proveniente dal riciclaggio dei fanghi di

depurazione in agricoltura e, tramite i valori riportati in Tabella 6.12, assegnare le rispettive classi di pericolo.

APPORTO DI N (Kg/ha)

CLASSE DI PERICOLO (FPfd)

0 1

1-150 2

151-500 3

500-1500 4

> 1500 5 Tabella 6.12 – Carichi di azoto da fanghi di depurazione e relative classi di pericolo.

Nel caso in cui le informazioni riguardanti lo spandimento dei fanghi siano carenti, ovvero non georeferenziate e/o

con contenuto di azoto sconosciuto, è possibile calcolare il carico a livello comunale sulla base di 3 considerazioni, piuttosto arbitrarie, partendo dalla quantità di fango fresco distribuita:

1. i fanghi hanno l’80% di umidità; 2. il contenuto di azoto è pari al 40% della sostanza secca; 3. i fanghi sono distribuiti sul 70% della SAU comunale.

6.9 Fattori di controllo

Il comportamento degli elementi fertilizzanti somministrati al terreno, sia sotto forma organica che minerale, è determinato principalmente dalla combinazione dei fattori climatici, pedologici e agronomici che regolano il bilancio idrologico di un territorio, di un comprensorio agricolo, di un’azienda. Nel metodo degli IPNOA questi fattori, detti fattori di controllo (FC), possono aumentare o diminuire il pericolo di perdite di nitrati dai suoli (i fattori variano da 0,90 a 1,10) rispetto alle condizioni normali di riferimento. Nei paragrafi successivi vengono esaminati in dettaglio i principali parametri che interagiscono e che hanno effetti sul dilavamento dei nitrati. CONTENUTO DI AZOTO NEL TERRENO

Per fare una concimazione veramente razionale bisognerebbe sapere quanto azoto il terreno fornirà ed apportare la differenza con apporti esterni. E’ questa la maggior difficoltà perché la mineralizzazione delle riserve organiche varia da terreno a terreno e da annata ad annata. Per questo motivo ci è sembrato opportuno considerare, tra i fattori di controllo, la reale consistenza delle riserve azotate dei diversi tipi di terreno. Giardini (1992) riporta una classificazione dei terreni agrari in base al contenuto in azoto e, considerando che circa il 70% dei terreni coltivati in Italia possiede un contenuto di tale elemento nutritivo che va dallo 0,1 allo 0,2%, è plausibile considerare come valore di riferimento (FCa = 1) l’intervallo 0,15-0,22% N (Tab. 6.13). Il punteggio degli FCa relativo a ciascun intervallo è stato assegnato in base al concetto che il pericolo delle perdite di nitrati per dilavamento è maggiore ove i terreni sono eccessivamente dotati di azoto.

Contenuto

di azoto (%)

Classificazione

suoli

Punteggio

IPNOA (FCa)

> 0,5 Eccessivamente dotati 1,04

0,22 – 0,5 Ricchi 1,02

0,15 – 0,22 Ben dotati 1,00

0,1 – 0,15 Mediamente dotati 0,98

< 0,1 Poveri 0,96

Tab. 6.13 – Fattore di controllo “contenuto di azoto nel suolo” (FCa) e valori per il calcolo degli IPNOA.

132

CLIMA Il clima, con tutti i suoi parametri e fattori, primi fra tutti le precipitazioni totali e la loro distribuzione stagionale,

influenza notevolmente la quantità di ione nitrato trasportato nell’acquifero. Questo fattore di controllo è stato considerato con le stesse modalità seguite per gli indici IPA, cui si rimanda per maggiori spiegazioni (CAPRI et al., 1999).

Precipitazioni (mm/anno) e Temperatura (°C)

Classificazione Regione climatica

Punteggio IPNOA (FCc)

> 1200 ; 6-15 Alpina 1,10

1050-1150 ; 13 Peninsulare interna 1,08

950-1100 , 14-16 Ligure 1,06

800-1000 ; 12 Padana settentrionale 1,04

600-1000 ; 15-16 Peninsulare tirrenica 1,02

600-800 ; 12-13 Padana meridionale 1,00

500-900 ; >16 Peninsulare ionica 0,98

600-700 ; 13-14 Peninsulare adriatica 0,96

<600 ; 15-17 Insulare 0,94

Tab. 6.14 – Fattore di controllo “clima” (FCc) e valori per il calcolo degli IPNOA. PRATICHE AGRICOLE

I problemi legati all’eccesso di N non devono essere visti solo come dovuti alla eccessiva dose di fertilizzante aggiunta, ma anche come conseguenza di errate modalità di applicazione e di non idonee tecniche di gestione colturale. In tabella 6.15 vengono elencate le pratiche agricole che possono aumentare o diminuire il pericolo di contaminazione da nitrati. Rispetto agli Indici di Pericolosità Agricola è stato introdotto il fattore “Modalità di concimazione” ed eliminati il fattore “Pendenza”, che viene considerato solitamente nella valutazione della vulnerabilità intrinseca, e, ovviamente, “Smaltimento fanghi” assunto come Fattore di Pericolo nella metodologia IPNOA.

I differenti tipi di lavorazione ed i relativi punteggi sono stati ampiamente descritti in CAPRI et al. (1999). Per quanto riguarda, invece, le modalità di concimazione si tenga presente che vi sono diversi sistemi di distribuzione dei fertilizzanti che influenzano differentemente la mobilità dei nitrati nel suolo. In particolare la localizzazione del concime (FCpa=0,96) è una operazione molto comune in alternativa allo spargimento uniforme, considerato condizione normale di riferimento (FCpa=1). Anche la concimazione fogliare (irrorazione sulle piante di una soluzione acquosa contenente elementi nutritivi che verranno assorbiti dalla parte epigea delle stesse) poiché interessa una superficie ridotta, diminuisce il pericolo di contaminazione di nitrati (FCpa=0,94). Al contrario, la fertirrigazione, intesa come la distribuzione di concimi organici o minerali con l’acqua irrigua, è il sistema che potenzialmente trasporta maggiori quantità di nitrati verso le acque sotterranee (FCpa=1,02).

Tipo di lavorazione Punteggio

IPNOA (FCpa)

Modalità di

concimazione

1,04 Fertirrigazione

Tradizionale 1,00 Distribuzione su tutta la superficie

0,98 Via fogliare

Minima 0,96 Localizzazione

Non lavorazione 0,94

Tab. 6.15 – Fattore di controllo “pratiche agronomiche” (FCpa) e valori per il calcolo degli IPNOA.

133

IRRIGAZIONE L’influenza dell’irrigazione sulle perdite di azoto per dilavamento è talmente ovvia che non merita ulteriori

precisazioni. Analogamente agli IPA, anche negli IPNOA l’assenza di irrigazione, viene valutata come FCi=1 (Tab. 6.16)2.

Sistema di

irrigazione

Punteggio

IPNOA (FCi)

Sommersione 1,06

Scorrimento 1,04

Aspersione 1,02

No irrigazione 1,00

Tab. 6.16 – Fattore di controllo “irrigazione” (FCi) e valori per il calcolo degli IPNOA.

6.10 La formula degli IPNOA

La stima del pericolo potenziale di inquinamento da nitrati di origine agricole si ottiene moltiplicando tra loro i fattori di pericolo (FP) ed i fattori di controllo (FC) come indicato nella seguente equazione:

IPNOAg = (FPfm + FPfo +FPfd) × (FCa × FCc × FCpa × FCi)

dove: FPfm = fattore di pericolo determinato dai fertilizzanti minerali; FPfo = fattore di pericolo determinato dai fertilizzanti organici FPfd = fattore di pericolo determinato dai fanghi di depurazione FCa = fattore di controllo rappresentato dal contenuto di azoto nel suolo; FCc = fattore di controllo rappresentato dal clima: FCpa = fattore di controllo rappresentato dalle pratiche agronomiche; FCi = fattore di controllo rappresentato dall’irrigazione.

E’ importante precisare che il calcolo dell’incidenza complessiva dei fattori di controllo viene effettuato moltiplicando i singoli fattori, limitando in tal modo il peso di tali parametri rispetto al reale impatto del carico di azoto valutato tramite i fattori di pericolo.

Infine, i valori grezzi dell’Indice (IPNOAg) vengono suddivisi, sulla base dei percentili delle 135125 possibili combinazioni, in una scala da 1 a 6 in modo da discriminare in modo apprezzabile i diversi punteggi (Tabella 6.17). Ad ogni classe viene assegnato un giudizio del grado di pericolo ed una colorazione per la rappresentazione cartografica. Valori di indici di pericolosità (IPNOA) maggiori indicano ovviamente maggiore pericolo potenziale nel dato contesto geografico, mentre valori inferiori significano che il pericolo di contaminazione da nitrati di origine agricola è poco rilevante o assente.

VALORE IPNOAg CLASSE PERICOLO POTENZIALE

2,54 – 3,18 1 Improbabile

3,19 – 5,88 2 Molto basso

5,89 – 7,42 3 Basso

7,43 – 9,31 4 Moderato

9,32 – 11,10 5 Alto

11,11 – 17,66 6 Elevato

Tabella 6.17 – Indici di Pericolosità da Nitrati di Origine Agricola e relativi giudizi.

2 Per le spiegazioni riguardo gli altri sistemi di irrigazione si veda CAPRI et al. (1999).

134

6.11 Rischio potenziale di contaminazione delle acque sotterranee da nitrati di origine agricola

Per RISCHIO di inquinamento si intende la probabilità di accadimento di un evento inquinante di data magnitudo e distribuzione (CIVITA, 1998). La valutazione del rischio è fatta parametricamente considerando: la vulnerabilità intrinseca delle formazioni acquifere ai fluidi inquinanti (caratteristiche litostrutturali,

idrogeologiche e idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi); il pericolo di inquinamento (espresso come indice parametrico di inquinamento, ossia quanto una determinata

attività umana può inquinare); il valore relativo della risorsa (che dipende dalla destinazione d’uso e dall’importanza socio-economica che

riveste). Il rischio potenziale si calcola come prodotto fra le classi di pericolosità e le classi di vulnerabilità della risorsa:

Rpot = Ip x Iv E’ preferibile che il numero di classi sia lo stesso per ambedue le grandezze: si è ricorsi alla metodologia CNR-IRSA, 1996, che prevede 6 classi di vulnerabilità, individuate come in tab. 6.18

CLASSE di RISCHIO

PUNTEGGIO di Rischio

Rpot = Ip x Iv

GRADO di RISCHIO

1 2 3 4 5 6

1-2 3-4 5-6 7-10 11-18 19-36

Molto basso Basso

Moderato Alto

Elevato Estremamente elevato

Tab. 6.18 Classi di vulnerabilità e corrispondenti classi di rischio. 6.12 Convalida del metodo Quando viene creato un modello predittivo, si valuta la sua capacità previsionale mediante fitting con i dati di campo effettivamente riscontrati: in questo caso però, dovendo valutare una graduatoria delle porzioni di territorio a differente rischio di contaminazione, è impossibile effettuare una validazione nel senso stretto del termine, con una funzione matematica che descriva le differenze fra risultati predetti e osservati. E’ possibile invece confrontare i dati delle analisi chimiche delle acque dei pozzi delle falde profonde e delle falda superficiale con il grado di rischio valutato nella zona in cui è localizzato il pozzo: nella zone dove è stimato rischio molto basso la concentrazione di nitrati dovrebbe essere bassa; viceversa, ad aree ad alta concentrazione dovrebbe corrispondere rischio molto alto. Considerando la classificazione chimica dei corpi idrici sotterranei del D. Lgs 152/99 e D. Lgs 258/2000, tabella 20, è stata elaborata la tabella 6.19.

Concentrazione di nitrati

(mg/l)

Classe di rischio

(prevista)

0-5 5-25 25-50 >50

1-2 2-3 4 5

Tabella 6.19 Valori comparativi per la convalida del metodo. L’attribuzione delle classi di rischio, operata applicando la tabella 6.19, prevede però che trend crescenti di serie storiche di nitrati nei pozzi considerati portino a classificare il rischio alto o molto alto; contaminazioni sporadiche di singoli pozzi isolati sono da attribuire ad inquinamenti locali , da sorgenti puntiformi con classe di rischio 1, 2 o 3. 6.13 La cartografia di base e la creazione dei temi Il sistema informativo utilizzato per la gestione, l'analisi e la visualizzazione dei dati georeferenziati è ESRI ArcView 3.0a. L'area oggetto di studio è composta dalla pianura e dalla prima collina della provincia di Piacenza, per una superficie complessiva di 1625 km2 per il calcolo degli IPNOA ridotta a 1306 km2 per la determinazione del rischio potenziale di contaminazione delle acque sotterranee. La scelta di questa area è dovuta al fatto che l'uso del suolo è disponibile solo per l'area di pianura.

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La mappa di base della provincia di Piacenza con i confini comunali (scala 1:50000) è stata suddivisa in una griglia quadrata di 2866 celle con 70 colonne e 67 righe. Gli Elementi Finiti Quadrati (EFQ) hanno il lato di 1 km e a ciascuno di essi vengono assegnati i punteggi dei singoli fattori di pericolo (FP) e di controllo (FC) per il calcolo del pericolo potenziale di contaminazione delle acque sotterranee, l'indice di vulnerabilità intrinseca calcolato con il metodo della zonazione uniforme, ed infine l'indice di rischio potenziale calcolato secondo la formula (Rpot = Ip x Iv). Tutti i dati utilizzati per il calcolo degli IPNOA sono stati riportati su un sistema di coordinate univoco (UTM). Per quanto riguarda i dati puntuali (es. precipitazioni e temperature medie riferite alle stazioni meteorologiche) viene assegnato un valore esclusivamente alla cella che contiene il punto, mentre per assegnare il valore alle altre celle si usano i normali algoritmi di interpolazione del sistema informativo. Per ogni parametro considerato nel calcolo degli IPNOA e del rischio potenziale viene realizzata una mappa sempre mediante ArcView 3.0a. Le carte finali degli IPNOA, del rischio potenziale e della vulnerabilità sono ottenute mediante una sovrapposizione dei tematismi, per cui il valore di ogni cella della carta finale risulta dalle operazioni di calcolo specifiche (sommatorie o prodotti) dei valori delle corrispondenti EFQ delle altre mappe. Così facendo è possibile aggiornare in qualsiasi momento le carte dei parametri modificando l'assegnazione dei valori ad una o più celle. Nelle varie cartografie ottenute ad alcune celle è stata assegnata la classe "Urbano", queste sono zone edificate (esempio: la città di Piacenza e gli altri comuni della pianura) che non rientrano nel calcolo degli IPNOA, del rischio potenziale o di altri parametri perché non sono terreni d'interesse agricolo. 6.14 Calcolo degli IPNOA

FATTORI DI PERICOLO (FP) Fertilizzanti minerali (FPfm) •

Per la classificazione delle celle, secondo la tabella riguardante le classi di pericolo dei fertilizzanti minerali, è stata presa in considerazione la carta dell'uso del suolo, per mezzo della quale sono state individuate le principale colture diffuse nell'area. L'uso del suolo è stato suddiviso nelle seguenti categorie: colture a base di bietola, grano e orzo, mais, medica ed erbai vari, pomodoro, soia, pioppo, vite, ed inoltre bosco misto, zone umide, zone urbane e zone non vegetate; le colture orticole minori e la frutticoltura non sono state classificate, in quanto di scarsa diffusione (tab. 6.20).

Bacino:

PIAN B-T* TIDONE PIAN T-T TREBBIA NURE CHIAV ARDA STIRONE TOTALI

Classi Ha Ha Ha Ha Ha Ha Ha Ha Bietola 293 147 753 910 1109 1256 1350 10 5829Grano-Orzo 1341 1293 1162 2673 1657 3562 4977 73 16738Mais 301 324 494 779 401 1380 3455 39 7171Medica 3038 2175 1558 2483 894 3069 6046 355 19617Pomodoro 680 612 880 2917 1560 3289 3325 18 13281Soia 694 198 644 496 99 595 3767 0 6494

*PIAN B-T =Bardonezza e pianura tra Bardonezza e Tidone, Tidone, PIAN T-T =Pianura tra Tidone e Trebbia, Trebbia, Nure, Chiavenna, Arda e Cavo Fontana, Stirone. Tabella 6.20 Stima delle superfici investite per i principali seminativi e per ogni bacino, classificate con tecniche di remote sensing corrette statisticamente, per l’annata 1998 (fonte: Provincia di Piacenza). Nel 1998 si è stimato un consumo complessivo di concimi azotati pari a 3989 t, la maggior parte dei quali sono stati impiegati sui cereali autunno-vernini (1650 t) e sul mais (1040 t). Ad ogni coltura è stata attribuita una classe di pericolo in funzione delle concimazioni azotate. Il valore attribuito ad ogni cella è stato calcolato assumendo che la coltura con la classe di pericolo più elevata influenzasse tutta la cella, qualunque fosse la sua distribuzione nell'area. Le classi di pericolo per gli FPfm più diffuse sulla pianura sono la classe 4 (circa il 30% del territorio) e la classe 5 (più del 60%), quest'ultima maggiormente presente nella zona Est della pianura piacentina. Nei comuni di Alseno, Castell’Arquato e Fiorenzuola, ad esempio, la classe di pericolo è la 5, e risulta coltivato in tutte le celle corrispondenti a zone di questi comuni il mais.

Fertilizzanti organici (FPfo) •

Per il fattore di pericolo dato dall'uso dei fertilizzanti organici si è utilizzata la mappa catastale che è stata combinata con i dati riguardanti la quantità di azoto totale e la tipologia di reflui zootecnici (bovino e/o suino) utilizzati per ogni appezzamento. Da questa prima sovrapposizione si ottengono i kg/ha di azoto per ogni appezzamento catastale. Per determinare la classe di pericolo di ogni cella, anche in questo caso, si considera che il valore attribuito alla cella sia dato dall'appezzamento con maggior pericolo a prescindere dalle sue dimensioni. Le celle con tutti gli appezzamenti non soggetti a fertilizzazione organica, rientrano nella classe 1 (kg N/ha = 0). Osservando i risultati ottenuti, si può notare che le classi di pericolo più diffuse sul territorio della provincia sono la 3 e la 4. La classe 4 (300-500 kg N/ha) ha una presenza maggiore nella zona Nord-Est della provincia tra i comuni di Cadeo, Castelvetro Piacentino, Villanova sull'Arda, Besenzone, Cortemaggiore e Monticelli d'Ongina; Monticelli e Sarmato sono gli unici comuni ad avere celle con la classe di pericolo 5 (kg N/ha > 500).

Fanghi di depurazione (FPfd) I dati a nostra disposizione sullo smaltimento dei fanghi di depurazione erano:

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- la posizione degli appezzamenti dove era stato effettuato lo spargimento dei fanghi; - l'estensione degli appezzamenti; - la quantità di N totale apportato per appezzamento. Da questi dati si è ricavata la quantità di kg/ha di azoto per ogni cella (N tot appezzamento/ha appezzamento) così da poterla classificare secondo la procedura di calcolo testé descritta. Lo spargimento dei fanghi di depurazione sui suoli agricoli interessa solo alcune zone per un totale di 178 celle. Dai risultati si può notare un utilizzo elevato di fanghi nel comune di Alseno e una buona presenza anche nel comune di Fiorenzuola d'Arda e Agazzano. Le classi riscontrate nella pianura di Piacenza sono la 2 (1-150 kg N/ha) e la 3 (151-500 kg N/ha). Il fattore di pericolo complessivo per ogni cella della pianura è uguale alla somma di tutti i fattori di pericolo presi in considerazione: FPtot = FPfm + FPfo + FPfd

FATTORI DI CONTROLLO (FC) Contenuto di azoto nel terreno (FCa) •

Dall'analisi di 4262 campioni prelevati in provincia di Piacenza nello strato arabile si è visto che il contenuto di azoto nei terreni varia da un minimo di 0,02% ad un massimo di 0,69%, con un valor medio di 0,143%. Arbitrariamente e cautelativamente si è attribuito a tutta la provincia un valore medio che porta a classificare i suoli come eccessivamente dotati in azoto (>0,5%) con il punteggio FCa=1,04.

Clima (FCc) La stima di questo fattore di controllo è stata fornita dai dati provenienti dalle 30 stazioni meteorologiche, distribuite sul territorio piacentino, dall'anno 1989 al 2000. I dati giornalieri presi in considerazione sono la temperatura media e le precipitazioni medie annue (fonte: Provincia di Piacenza, Rete Agrometeorologica). Sono stati determinati i valori medi annui della temperatura e delle precipitazioni per ogni stazione considerata. Il risultato ottenuto ha evidenziato che tutte le stazioni meteorologiche sono inserite nella classe di controllo 1, tipica della Padana meridionale, con precipitazioni che variano da 600-800 mm/anno e temperatura tra i 12-13°C. La media precisa della provincia è di 738,8 mm/anno di piogge e 12,5°C di temperatura.

Pratiche agricole (FCpa) La mancanza di dati specifici localizzabili geograficamente riguardanti il tipo di lavorazione del terreno e la modalità di concimazione, ci ha portato ad ipotizzare che si pratichi una lavorazione di tipo tradizionale e che i concimi vengano distribuiti su tutta la superficie di interesse agricolo. La classe di controllo è la numero 1 (FCpa= 1,00).

Irrigazione (FCi) Per quanto riguarda l'irrigazione si è preso atto che nella provincia di Piacenza dove vi siano colture irrigue (mais, erba medica, soia, pomodoro, barbabietola, grano e orzo) l'apporto di acqua viene fatto per aspersione (FCi = 1,02). Dove non vi è irrigazione, FCi = 1.

6.15 Il pericolo potenziale di contaminazione da nitrati di origine agricola nella provincia di Piacenza.

Dall'applicazione del set di dati a tutta l'area di studio si è ottenuta una mappa, con l'utilizzo di ArcView 3.0a, che rappresenta il pericolo potenziale di contaminazione da nitrati di origine agricola (ottenuto mediante IPNOA) nella pianura della provincia di Piacenza. I risultati dimostrano che gran parte dell'area studio (il 56% circa) ricade nella classe di pericolo potenziale 5 (alto). Questa classe risulta distribuita omogeneamente su tutta la pianura. Le classi 3 e 4 (rispettivamente pericolo basso e moderato) coprono il 32,5% della pianura. Sono presenti in piccole percentuali sia la classe 2 (con pericolo potenziale molto basso, nella zona vicino alla collina) che la 6 (con pericolo potenziale elevato), quest'ultima particolarmente concentrata nei comuni di Cadeo, Fiorenzuola d'Arda e Alseno. Dalla mappa si può notare che in prossimità delle colline ci sono aree con pericolo potenziale minore, forse perché in quelle zone non ci sono colture che ricevono dosi eccessive di fertilizzanti minerali e/o organici. Tra i fattori di controllo, l'irrigazione e il contenuto di azoto nel terreno sono parametri che influiscono sul risultato finale dell'indice. 6.16 La vulnerabilità intrinseca delle acque sotterranee La Provincia ha fornito la cartina riguardante la vulnerabilità intrinseca dell'acquifero della pianura di Piacenza, determinata attraverso il sistema della zonazione uniforme. Questa mappa è stata rielaborata con la stessa maglia utilizzata per il calcolo degli IPNOA. Sono presenti tutte le 6 classi di vulnerabilità, la più rappresentata nell'area studio è la 4. 6.17 Il rischio potenziale di contaminazione delle acque sotterranee da nitrati di origine agricola nella provincia di Piacenza Il calcolo del rischio potenziale di contaminazione delle acque sotterranee da nitrati di origine agricola con la procedura proposta nel presente studio e la susseguente elaborazione delle cartografie numeriche ha fornito i risultati rappresentati nella mappa di rischio. Vi è una distinzione delle classi di rischio in base al punteggio normalizzato. Da questo

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osserviamo che sono rappresentate cinque classi di rischio sulle sei possibili e precisamente classi con rischio basso, medio, alto, elevato e estremamente elevato.

Figura 6.25 Mappa di pericolo potenziale di contaminazione delle acque sotterranee da nitrati di origine agricola (IPNOA). Su 1306 EFQ della pianura considerata ci sono 408 celle (31,2% circa) di classe 6 (rischio estremamente elevato) che ricopre gran parte dei comuni di Calendasco, Monticelli d'Ongina e Castelvetro. Il 54,4% dell'area studio fa parte della classe 5 (rischio elevato) distribuita omogeneamente sul territorio. Sono presenti anche la classe 4 (18,3%, grado di rischio alto, specialmente nei comuni di Cortemaggiore, Besenzone, Fiorenzuola d'Arda, Cadeo e Agazzano), la 2 (rischio basso) e la 3 (rischio medio). Le zone che rientrano nelle classi di rischio 4, 5 e 6 sono zone dove, oltre ad un elevato valore IPNOA, vi è una elevata vulnerabilità intrinseca dell'acquifero.

Figura 6.26 Mappa di rischio potenziale di contaminazione delle acque sotterranee da nitrati di origine agricola (IPNOA).

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6.18 Convalida dell'approccio Per la convalida di questo metodo è possibile confrontare i dati delle analisi chimiche delle acque dei pozzi delle falde profonde e della falda superficiale con il grado di rischio valutato nella zona dove si trova il pozzo. I dati forniti dall'ARPA sono relativi alle concentrazioni di nitrati nelle acque dei pozzi nei periodi di Aprile '99, Ottobre '99, Aprile 2000 e Ottobre 2000 da questi abbiamo ricavato il valore medio di NO3 in mg/litro. E' logico che le aree dove è stato stimato un grado di rischio estremamente elevato dovrebbero coincidere con valori di concentrazione di nitrati alti, viceversa zone dove vengono misurate basse concentrazioni di nitrati dovrebbero corrispondere ad una valutazione di rischio molto basso. Considerando la classificazione chimica dei corpi idrici sotterranei in base ai parametri riportati nel D.L. 258/2000, è stata elaborata la seguente Tabella 6.21:

Concentrazione di NO3 Classe di rischio prevista

0 - 5 1 - 2 5 - 25 2 - 3 25 - 50 4 - 5 >50 5 - 6

Tabella 6.21 Corrispondenza fra la concentrazione di NO3 (mg/l) e Classi di Rischio previste E' importante evidenziare che per confrontare simili fattori bisogna tener conto sia del tempo che dell'area sulla quale si opera. Vi possono essere numerosi fattori variabili nel tempo quali: la concentrazione di azoto nel suolo, lo stato di saturazione del terreno, i quantitativi di acque disponibili per l'infiltrazione, la soggiacenza della falda, etc. Questi fattori possono incidere fortemente sulla quantità degli apporti di azoto alle falde. Da non dimenticare inoltre che la contaminazione di un pozzo non necessariamente riflette una contaminazione generale degli acquiferi locali o regionali e che l’assenza di una sostanza in un pozzo non necessariamente garantisce che quella sostanza non è presente nelle porzioni più superficiali dell'acquifero. Per ovviare a questi tipi di problemi, la procedura di validazione da noi proposta prevede che il confronto della Carta di rischio potenziale avvenga con delle serie storiche dei dati analitici dei pozzi per valutare l'andamento temporale delle concentrazioni di nitrati. Applicando quindi la tabella precedente, una corretta valutazione del rischio potenziale di contaminazione da nitrati di origine agricola prevede che le corrispondenze tra i dati analitici dei pozzi e le classi di rischio vengano rispettate. Tuttavia è necessario considerare che un'evoluzione con valori crescenti delle concentrazioni dei nitrati nei pozzi deve comunque corrispondere ad una valutazione del rischio alto o molto alto e che contaminazioni sporadiche rilevate in singoli pozzi possono essere attribuiti ad inquinamenti locali, soprattutto di tipo puntiforme e ricadere quindi nelle classi di rischio 1, 2 o 3. Una volta considerate queste premesse, si possono fare interessanti osservazioni per la provincia di Piacenza: si può notare infatti che nei 59 pozzi analizzati i valori vanno da un minimo di 0,1mg/l ad un massimo di 68,5 mg/l, che è stato riscontrato nel comune di Pontenure, località Paderna. Dalla figura 6.26 e dai dati delle campagne di monitoraggio è stato possibile osservare che i pozzi con maggior contenuto di nitrati sono sempre localizzati in aree a rischio elevato od estremamente elevato (range di concentrazione compreso tra 20 e 50 mg/l); nelle aree a minore rischio sono localizzati solamente pozzi con basso contenuto di nitrati (valori compresi tra 5 e 15 mg/l). Diversi pozzi con basse concentrazioni di nitrati ricadono comunque in aree ad elevato rischio: emblematica è la zona Nord-Est della Bassa Pianura Orientale, che è stata oggetto di ulteriori approfondimenti. In questa zona infatti è noto che l’acquifero sotterraneo risulta confinato, nettamente riducente, con marcata presenza di specie ridotte quali Fe, Mn, NH4, solfuri; in queste condizioni ossido-riducenti l’azoto è presente nelle sue forme ridotte, e non in quelle ossidate, come il nitrato. Per spiegare questa “anomalia” nella descrizione delle proprietà di vulnerabilità del territorio, così come rappresentate poi nella mappa di rischio potenziale di contaminazione delle acque sotterranee da nitrati di origine agricola (Fig. 6.26), si è studiato un ulteriore Fattore di controllo da inserire nella formula del calcolo dell’indice IPNOA, che tenesse conto dell’ambiente RedOx presente in falda; tale fattore viene riferito alle coppie RedOx del Ferro e del Manganese, e calcolato in base alle concentrazioni di questi due elementi nel terreno. Concentrazioni maggiori rispetto a quelle di riferimento portano a una riduzione del pericolo di contaminazione. L'applicazione alla zona oggetto di indagine (dati non riportati) effettivamente mostra una riduzione del pericolo, stante i tenori dei due metalli più elevati dei valori di riferimento. Fattori di controllo per situazioni riducenti FC =1 se Ferro totale (mg/kg) <25000 e Manganese totale (mg/kg) <750 FC = 0.98 se Ferro totale (mg/kg) <29000 e Manganese totale (mg/kg) <960 FC = 0.96 se Ferro totale (mg/kg) <34000 e Manganese totale (mg/kg) <1100 FC =0.94 se Ferro totale (mg/kg) >34000 e Manganese totale (mg/kg) >1100 Nel caso in cui solo una delle due condizioni è rispettata si adotta un valore intermedio cioè 0.99, 0.97, 0.95.

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Capitolo 7 Il piano d’azione

7.1 Il Forum di Agenda 21 della Provincia Nel dicembre 2001 il Forum dell’Agenda 21 locale indicava 40 obiettivi prioritari che i gruppi tematici che si occupavano delle tre dimensioni della sostenibilità (ambientale, sociale, economica), avevano selezionato. Tra questi, alcuni obiettivi specifici riguardavano la tutela delle acque. Nella Tabella 7.1 sono sintetizzati sia gli obiettivi che le azioni previste, fatti propri dal Piano d’Azione di Agenda 21 della Provincia di Piacenza. E’ nell’ambito di queste iniziative che si inserisce l’adesione da parte della Provincia al Progetto europeo Aquanet, all’interno del programma Interreg III B Asse 4, con il progetto locale “NITRATI”. Aquanet è stato varato ufficialmente, dopo un lavoro preparatorio cominciato nel 2001, nel gennaio 2002. In precedenza vi erano state iniziative sia di carattere tecnico che di divulgazione circa gli studi che la Provincia di Piacenza ed ARPA, Sezione di Piacenza, avevano condotto negli anni precedenti. Si può citare l’elaborazione della Carta della Vulnerabilità degli acquiferi, le pubblicazioni “Nitrati-Acqua e suolo da salvaguardare”-Atti del Convegno GEOFLUID del 5 ottobre 2000, “Fertilizzanti azotati e nitrati: Come-Quando-Dove-Perché”, opuscolo informativo sulla corretta fertilizzazione dei suoli, del febbraio 2002 ed il Convegno “Nitrati e risorsa idrica a Piacenza”, organizzato in collaborazione con le associazioni Col diretti, Unione Agricoltori, CIA nel marzo dello stesso anno.

Il piano d’azione Aquanet Se l’obiettivo generale del Piano d’azione è quello di una diminuzione del livello dei nitrati sia nelle acque sotterranee che superficiali destinate alla potabilizzazione, un obiettivo non secondario, una volta individuati i punti di debolezza del sistema locale, è quello di una sinergia di azioni che, partendo dall’informazione e dalla sensibilizzazione dei soggetti interessati, passi attraverso azioni di controllo e di promozione di interventi, soprattutto in agricoltura, per la promozione di un diverso tipo di coltivazioni meno idro e azoto-esigenti.

La realizzazione della campagna informativa: le iniziative già condotte e quelle da sviluppare Sul problema dei nitrati non si parte da zero, ma da una serie di iniziative e contatti che la Provincia e l’ARPA hanno sviluppato con le associazioni di categoria ed i tecnici nel corso degli ultimi anni, in particolare nel settore agricolo. Infatti sono stati individuati e selezionati i principali soggetti interessati al problema della fertilizzazione corretta in agricoltura, ai quali si è proposto e si proporrà di collaborare alla campagna informativa, ottimizzandone gli strumenti, i tempi, le modalità organizzative. E’ stato concordato, ad esempio, di utilizzare, come momenti di incontro per gli agricoltori, il periodo invernale e comunqueil periodo dell’anno in cui sono meno presenti pratiche agricole per favorire l’adesione alle iniziative stesse ed inoltre di articolare una serie di incontri delocalizzati sul territorio presso le sedi delle associazioni di categoria, presenti in molti Comuni della provincia.

L’informazione nel progetto locale “Nitrati” La campagna informativa è iniziata con la presentazione del progetto Aquanet e soprattutto del progetto locale “Nitrati” in un Convegno del 20/03/2002, in cui sono stati illustrati i dati fino ad allora disponibili, da cui si è partiti per lanciare questo nuovo progetto, indicandone le finalità e gli obiettivi. La campagna proseguirà con la distribuzione del Report con i risultati del progetto. I soggetti destinatari: tecnici del settore agro-alimentare pubblico e privato; Amministrazioni ai vari livelli; mondo della ricerca (Università, ecc.); Associazionismo agricolo, ambientale, alimentare.

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obiettivi specifici settoriali

azioni

prevenire e contenere il dissesto idrogeologico

vincolare pianificazione territoriale a criteri ecologici e di sostenibilità

interventi di ingegneria naturalistica nelle regimazione idrauliche

manutenzione reticolo idrografico

condizionamento attività estrattive in alveo a migliore regimazione idraulica

interventi di regimazione (invasi, coni di espansione, difese spondali)

incentivare permanenza in montagna

limitare efflussi superficiali

migliorare la qualità dei corsi d’acqua e delle acque sotterranee

miglioramento regimazione

recupero DMV

Invasi

accordi di programma fra attori coinvolti

incentivi e norme per contenere impatti di attività produttive e civili

maggiore controllo sulla perforazione di pozzi

recupero autodepurazione (es. zone tampone)

aumentare la consapevolezza del valore della risorsa acqua

campagna sensibilizzazione su stili di vita sostenibili e sul valore della risorsa acqua

promozione principi di bioarchitettura nei regolamenti edilizi

informazione e formazione dei tecnici del settore edile

coordinamento organi preposti alla gestione dell’acqua

migliorare infrastrutture

separare circuiti raccolta reflui civili e industriali (reti duali)

incentivare tecnologie irrigazione e coltivazione a basso consumo

incentivare impianti a basso consumo idrico nelle abitazioni, scuole, edifici pubblici

recupero acque piovano per usi civili e industriali

campagna informativa su riduzione e contro sprechi

tariffa su consumi

ridurre e ottimizzare i consumi d’acqua per i differenti usi: civili, industriali, agricoli

incentivi agricoltura biologica

certificazioni EMAS e ISO 14001

valutare e misurare i carichi inquinanti di aria, acqua, energia (da mobilità urbana e attività industriali)

formazione di alternative per ridurre e spostare traffico fuori da zone residenziali (traffico pubblico su punti interscambio, aumento isole pedonali)

incentivare adozione di sistemi di gestione ambientale da parte dei produttori

coordinamento tra enti preposti

riduzione degli scarichi idrici inquinanti

controllo depuratori/scarichi

riciclo delle acque

realizzazione fognature su tutto il territorio

ridurre uso di sostanze chimiche in agricoltura

favorire produzioni agricole integrate e biologiche

favorire sviluppo di biomassa per la produzione di bio-carburanti

Tabella 7.1: Obiettivi e azioni dell’Agenda 21 della Provincia di Piacenza.

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Il sito internet: www.aquanetpc.it

Tutto il progetto, le informazioni, i dati, i modelli di diffusione andranno ad implementare il sito internet: www.aquanetpc.it, appositamente dedicato al progetto locale. Questo sito, gestito dalla Provincia in stretta collaborazione con ARPA, si distinguerà per il suo carattere informativo-divulgativo. L’idea è stata quella di proporre e ripercorrere le fasi del progetto:

conoscenza dell’inquinamento; rete di monitoraggio; stima dei carichi inquinanti azotati; identificazione delle cause di inquinamento; idrologia isotopica; data-base; modelli matematici di previsione e diffusione.

Ma l’intenzione è anche quella che questo sito diventi uno strumento utile anche dopo la chiusura del progetto stesso. Dal sito infatti potranno essere aggiornati i dati e le informazioni sui nitrati e la loro diffusione nelle acque piacentine; si potrà verificare l’evoluzione della situazione nel tempo ed il contenuto di nitrati nelle acque come indicatore di qualità ambientale.

Altre azioni previste oltre la scadenza del progetto

E’ indubbio però che oltre ai momenti informativi e formativi siano necessarie alcune azioni che vanno al di là delle data di scadenza del progetto (31/10/2004). In particolare alcune problematiche sono da tenere sotto controllo o da promuovere, come ad esempio:

intensificazione dei controlli sui liquami e i fanghi (stoccaggio, piani di spandimento, spandimenti abusivi);

proposta al mondo agricolo di rotazione delle colture prevalenti (pomodoro, mais) con colture meno idro-esigenti e azoto-esigenti;

promozione dei piani per l’ottenimento dei marchi DOP e IGP.

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7.2 CONCLUSIONI Come già detto nel cap. 1, tra le possibili sorgenti di inquinamento da nitrati delle acque sotterranee vi sono: • apporti atmosferici (trascurabili, <5% del totale); • scarichi da acque reflue (fonti puntuali); • apporti di origine agro-zootecnica, stoccaggio e spandimento sul suolo di liquami e fanghi

(fonti diffuse). Nel corso del progetto sono stati valutati gli scarichi e soprattutto gli apporti da agricoltura e zootecnia; nel caso degli scarichi, é stata effettuata un’indagine di dettaglio su un’area particolarmente critica, appartenente ad una delle “aree-problema” individuate nel territorio provinciale (le 4 aree individuate già nel 1997 si trovano localizzate a ovest del Torrente Tidone, con epicentro Sarmato; nella cintura intorno a Piacenza, che progressivamente si congiunge con l’area della conoide distale del Nure, con epicentro Pontenure; nella zona apicale della conoide dell’Arda, con epicentro Alseno, vedi cap. 4). Nell’area in questione, ubicata nel bacino del T. Nure in Comune di Pontenure, dove era stata rilevata la concentrazione più alta di nitrati mai riscontrata (>100 mg/l), sono stati individuati dal Servizio Ambiente della Provincia gli scarichi produttivi e civili; gli scarichi in corpo idrico superficiale (C.I.S.) sono risultati tutti in regola con le prescrizioni contenute nelle autorizzazioni ed entro i limiti di concentrazione ammessi, proprio nell’area più inquinata. Si é quindi passati ad analizzare le sorgenti diffuse ed i loro impatti, utilizzando l’idrologia isotopica (cap. 5), i modelli previsionali (IPNOA e CRITERIA, cap. 6), ed altri studi condotti in situazioni ambientali analoghe (Mantovi & al., Geofluid 2000). I risultati ottenuti permettono di affermare che: • in condizioni meteorologiche di particolare siccità il flusso idrico rimane limitato al primo

metro di suolo, dove gli apporti di azoto ricevuti si concentrano e rimangono localizzati, anche per le modeste asportazioni colturali;

• in condizioni meteorologiche di notevole piovosità si determina un maggiore approfondimento del flusso idrico e gli apporti di azoto determinano dispersione di nitrati nel terreno (questi fenomeni sono stati descritti nel cap. 6 – CRITERIA, nelle mappe di distribuzione del drenaggio, del ruscellamento, della lisciviazione di azoto - nelle forme ammoniacale, nitrico e totale - e di concentrazione di azoto, nelle tre forme, nel flusso drenante);

• la scarsa presenza di nitrati nella zona nord-orientale della provincia risulta imputabile non solo alla natura riducente dei suoi suoli, ma anche ai bassi valori di drenaggio che la caratterizzano;

• sarebbe opportuno aggiornare la Carta della Vulnerabilità della provincia, considerando gli effetti della particolare natura chimico-fisica dei suoli della sua porzione più nord-orientale: a tal proposito l’elaborazione delle mappe di isoconcentrazione di ammoniaca (figura 7.1, dati 2000), mostra che l’area nord-orientale della provincia, chimicamente riducente e per questo priva della forma ossidata dell’azoto, risulta “complementare” alla distribuzione dei nitrati; un progetto specifico per determinare il rapporto isotopico dell’N nell’ammoniaca é in corso proprio in questa zona ed anche qui l’idrologia isotopica dovrebbe discriminare fra ammoniaca di origine animale e ammoniaca di origine geologica;

• risulta determinante la corretta gestione agronomica dei reflui zootecnici, basata su un generale riconoscimento del valore di risorsa, e non solo di rifiuto, degli stessi.

La gestione dei liquami da spandimento é in effetti uno dei problemi che, nel corso dello svolgimento del progetto, é stato evidenziato come particolarmente significativo e impattante per i suoi effetti sull’ambiente; il problema non é nuovo e ben noto, tanto che la Regione Emilia Romagna ha emanato nel 1995 la L. R. n°50, “Disciplina dello spandimento sul suolo dei liquami provenienti da insediamenti zootecnici e dello stoccaggio degli effluenti di allevamento”. Nel cap. 2.9.2 (Caratterizzazione dell’area di studio) viene richiamato lo stato degli allevamenti esistenti sul territorio; nel cap. 6 (Modelli previsionali - CRITERIA e IPNOA) la fertilizzazione organica (liquamazione/letamazione) é una delle variabili su cui sono stati testati i 2 modelli: le stime dei risultati confermano come l’utilizzo degli effluenti zootecnici sia critico, soprattutto nelle zone vulnerabili del territorio.

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Figura 7.1 Distribuzione delle isoconcentrazioni di ammoniaca, anno 2000.

In questa ottica, la Provincia di Piacenza-Servizio Agricoltura ha commissionato la realizzazione della cartografia provinciale di riferimento per lo spandimento dei liquami sul suolo, nell’ambito di uno studio geologico e idrogeologico per la zonizzazione del territorio in aree idonee e non-idonee, sulla base della vulnerabilità degli acquiferi; in questo modo la provincia: 1. approva a scala locale (1:25.000) la Carta di vulnerabilità degli acquiferi redatta dalla

Regione Emilia Romagna (D.C.R. 570/97); 2. predispone uno strumento di consultazione immediata per chi deve redigere la domande di

autorizzazione; 3. individua facilmente i divieti esistenti sul territorio. L’elaborato ha prodotto una suddivisione del territorio in zone in cui:

lo spandimento é vietato; lo spandimento é ammesso fino a 170 kg/ha/anno (zone vulnerabili); lo spandimento é ammesso fino a 340 kg/ha/anno (zone non vulnerabili); lo spandimento é soggetto a prescrizioni.

Il prodotto ottenuto consiste di 25 tavole a scala 1:25.000, su base topografica della Carta Tecnica Regionale; é disponibile in formato digitale e scaricabile in formato .pdf dal sito della Provincia http://www.provincia.pc.it/agricoltura/cartografia_liquami.htm. In figura 7.2 é rappresentata la carta come appare sul sito. La carta é stata presentata e distribuita secondo i canali classici di divulgazione: Comuni, ARPA, AUSL, Associazioni di categoria agricole, giornali, ecc. Contenuti principali della Carta Aree di divieto Le aree su cui vige il divieto di spandimento si possono suddividere in: • Aree non adibite a suolo agricolo - tra queste rientrano le aree urbanizzate e le aree

occupate da bosco o da calanchi. • Riserve naturali - sono oggetto di divieto di spandimento le aree incluse nella Riserva

naturale del Piacenziano. • Zone esondabili - il divieto di spandimento vale nelle aree esondabili (fascia A1 del PTCP)

e comunque per una fascia di 10 metri lineari dal limite degli invasi ed alvei di piena ordinaria dei laghi, bacini e corsi d’acqua naturali.

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• Zone di divieto individuate dalla Provincia come aree classificate dal PTCP come “ A3 - alveo di piena con valenza naturalistica”;

• Zone di divieto di cui all’art. 21 della L. 152/1999 - riguarda le zone di rispetto delle sorgenti e dei pozzi ad uso pubblico. Sia per quanto riguarda le sorgenti che i pozzi ad uso pubblico, è oggetto di divieto l'area compresa nel raggio di 200 metri lineari dalla captazione.

Figura 7.2 – Rappresentazione della carta degli spandimenti. Aree vulnerabili

Nelle aree classificate “vulnerabili” lo spandimento di liquami zootecnici e di altri effluenti di allevamento, così come di fanghi di depurazione, è ammesso in quantità non superiore ad un contenuto di azoto pari a 170 kg per ettaro all’anno, elevabile a 210 kg qualora il richiedente dimostri una corretta utilizzazione dei liquami in relazione ai fabbisogni delle colture mediante la presentazione di un Piano di Utilizzazione Agronomica. Nelle aree “non vulnerabili” il quantitativo massimo di azoto somministrabile è pari a 340 kg per ettaro all’anno.

Aree soggette a prescrizioni

Sono alcune zone sulle quali è necessario prestare particolare attenzione nello spandimento dei liquami per evitare il peggioramento delle condizioni ambientali o di situazioni di dissesto idrogeologico.

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• Aree che necessitano di adeguate sistemazioni idraulico-agrarie atte ad evitare fenomeni di ruscellamento del liquame;

• Aree di frana attiva (dall’Inventario del Dissesto della Regione Emilia Romagna); • Aree con pendenza superiore al 15 %. • Aree per le quali è prescritto l’obbligo di metodi di coltivazione compatibili con l’ambiente

fluviale e torrentizio. Sono le aree classificate come Fascia A2 nel PTCP. • Sorgenti naturali di pianura, le risorgive e i fontanili per un intorno di almeno 10 m. La rappresentazione in dettaglio é riportata in figura 7.3: le aree non spandibili sono chiaramente individuate in legenda (rosa); quella vulnerabili in giallo; quelle con prescrizioni, tratteggiate. Figura 7.3 Rappresentazione di dettaglio della Carta degli Spandimenti.

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