Capitolo 6 LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE - … · di Newton alla teoria della relatività di...

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Capitolo 6 LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.1 La natura del paradosso Negli ultimi duemila anni il paradosso ha affascinato la mente umana e continua ad affascinarla anche ai giorni nostri. In realtà, alcune delle più importanti conquiste che la logica, la matematica e la epistemologia hanno compiuto nel nostro secolo hanno a che fare — o sono strettamente legate — col paradosso, soprattutto 10 sviluppo della metamatematica o teoria della dimostrazione, la teoria dei tipi logici, e i problemi di coerenza, computabilità, de- cidibilità e simili. Dalla nostra posizione di outsider non iniziati, sentiamo la frustrazione che la natura complessa e esoterica di tali argomenti comporta e tendiamo a metterli da parte giudicandoli troppo astratti perché abbiano importanza per la nostra vita. Forse la memoria di qualche lettore tornerà ai paradossi classici che ha sentito nominare quando andava a scuola, anche se è probabile che 11 ricordi più che altro come curiosità. Lo scopo di questo capitolo e di quelli seguenti è di dimostrare che c'è qualcosa nella natura del paradosso che ha per tutti noi un'importanza immediatamente pragmatica e anche esistenziale; il paradosso non solo pervade l'in- terazione e influenza U nostro comportamento e la nostra salute mentale {sez. 6.4), ma sfida anche la nostra fede nella coerenza, e quindi nella fermezza ultima, del nostro universo (sez. 8.5 e 8.63). Inoltre, nella sez. 7.4 cercheremo di dimostrare che il paradosso intenzionale nello spirito della massima di Ippocrate "Le cose simili sono curate da cose simili " — ha un importante potenziale terapeutico; nella sez. 7.6 ci occuperemo brevemente del ruolo del paradosso in alcune delle più nobili attività della mente umana. Ci 184 LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.11 auguriamo che da questa trattazione risulti chiaro che prendere in considerazione il concetto di paradosso è estremamente importante e non significa certo ritirarsi in una torre d'avorio, anche se do- vremo esaminare anzitutto la fondazione logica del paradosso. » 6.11 - DEFINIZIONE Si può definire il paradosso come una contraddizione che deriva dalla deduzione corretta da premesse coerenti. Questa definizione ci consente di escludere subito tutte quelle forme di paradossi ' falsi ' che si basano su un errore nascosto nel ragionamento o su qualche fallacia intenzionalmente incorporata nella discussione.* Tuttavia, già a questo punto la definizione diventa confusa perché la divisione dei paradossi in veri e falsi è relativa. Le premesse coerenti di oggi non è affatto improbabile che siano gli errori o le fallacie di domani. Per esempio, il paradosso di Zenone su Achille e la tartaruga che Achille non poteva sorpassare non c'è dubbio che sia stato un pa- radosso ' vero ' finché non si è scoperto che le serie convergenti infinite (in questo caso la distanza che costantemente diminuisce tra Achille e la tartaruga) hanno un limite finito. 2 Una volta che si sia fatta questa scoperta e si sia dimostrata la fallacia di una ipo- tesi a cui finora si era dato credito, il paradosso viene dissolto. E' un punto che Quine chiarisce bene: La revisione di uno schema concettuale non è un fatto senza precedenti. In piccolo si fa ad ogni progresso della scienza, e in grande in occasione di grandi progressi come la rivoluzione copernicana e il passaggio dalla meccanica di Newton alla teoria della relatività di Einstein. Possiamo 1 Un esempio classico di questo genere di paradossi è la storia dei sei uomini che volevano sei camere singole, mentre l'albergatore ne aveva solo cinque. Egli pensò di ' risolvere ' il problema accompagnando il primo cliente alla camera n. 1 e chiedendo a un altro cliente di aspettarlo là in compagnia del primo per pochi minuti. Poi accompagnò il terzo cliente alla camera N. 2, il quarto alla camera N. 3, e il quinto alla camera N. 4. Dopo di che ritornò alla camera N. 1, si fece seguire dal sesto signore che era rimasto là ad aspettarlo e gli diede la camera N. 5. Voilà! (La fallacia sta nel fatto che il secondo e il sesto cliente sono trattati come se fossero una sola persona). 2 Per una spiegazione di questo paradosso e della sua fallacia, si veda Northrop (112). 185

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Capitolo 6

LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE

6.1

La natura del paradosso

Negli ultimi duemila anni il paradosso ha affascinato la menteumana e continua ad affascinarla anche ai giorni nostri. In realtà,alcune delle più importanti conquiste che la logica, la matematicae la epistemologia hanno compiuto nel nostro secolo hanno a chefare — o sono strettamente legate — col paradosso, soprattutto10 sviluppo della metamatematica o teoria della dimostrazione, lateoria dei tipi logici, e i problemi di coerenza, computabilità, de-cidibilità e simili. Dalla nostra posizione di outsider non iniziati,sentiamo la frustrazione che la natura complessa e esoterica di taliargomenti comporta e tendiamo a metterli da parte giudicandolitroppo astratti perché abbiano importanza per la nostra vita. Forsela memoria di qualche lettore tornerà ai paradossi classici che hasentito nominare quando andava a scuola, anche se è probabile che11 ricordi più che altro come curiosità. Lo scopo di questo capitoloe di quelli seguenti è di dimostrare che c'è qualcosa nella naturadel paradosso che ha per tutti noi un'importanza immediatamentepragmatica e anche esistenziale; il paradosso non solo pervade l'in-terazione e influenza U nostro comportamento e la nostra salutementale {sez. 6.4), ma sfida anche la nostra fede nella coerenza, equindi nella fermezza ultima, del nostro universo (sez. 8.5 e 8.63).Inoltre, nella sez. 7.4 cercheremo di dimostrare che il paradossointenzionale — nello spirito della massima di Ippocrate "Le cosesimili sono curate da cose simili " — ha un importante potenzialeterapeutico; nella sez. 7.6 ci occuperemo brevemente del ruolo delparadosso in alcune delle più nobili attività della mente umana. Ci

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LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.11

auguriamo che da questa trattazione risulti chiaro che prendere inconsiderazione il concetto di paradosso è estremamente importantee non significa certo ritirarsi in una torre d'avorio, anche se do-vremo esaminare anzitutto la fondazione logica del paradosso.

»

6.11 - DEFINIZIONE

Si può definire il paradosso come una contraddizione che derivadalla deduzione corretta da premesse coerenti. Questa definizione ciconsente di escludere subito tutte quelle forme di paradossi ' falsi 'che si basano su un errore nascosto nel ragionamento o su qualchefallacia intenzionalmente incorporata nella discussione.* Tuttavia,già a questo punto la definizione diventa confusa perché la divisionedei paradossi in veri e falsi è relativa. Le premesse coerenti di oggi nonè affatto improbabile che siano gli errori o le fallacie di domani.Per esempio, il paradosso di Zenone su Achille e la tartaruga cheAchille non poteva sorpassare non c'è dubbio che sia stato un pa-radosso ' vero ' finché non si è scoperto che le serie convergentiinfinite (in questo caso la distanza che costantemente diminuiscetra Achille e la tartaruga) hanno un limite finito.2 Una volta che sisia fatta questa scoperta e si sia dimostrata la fallacia di una ipo-tesi a cui finora si era dato credito, il paradosso viene dissolto. E'un punto che Quine chiarisce bene:

La revisione di uno schema concettuale non è un fattosenza precedenti. In piccolo si fa ad ogni progresso dellascienza, e in grande in occasione di grandi progressi comela rivoluzione copernicana e il passaggio dalla meccanicadi Newton alla teoria della relatività di Einstein. Possiamo

1 Un esempio classico di questo genere di paradossi è la storia dei seiuomini che volevano sei camere singole, mentre l'albergatore ne aveva solocinque. Egli pensò di ' risolvere ' il problema accompagnando il primo clientealla camera n. 1 e chiedendo a un altro cliente di aspettarlo là in compagniadel primo per pochi minuti. Poi accompagnò il terzo cliente alla camera N. 2,il quarto alla camera N. 3, e il quinto alla camera N. 4. Dopo di che ritornò allacamera N. 1, si fece seguire dal sesto signore che era rimasto là ad aspettarloe gli diede la camera N. 5. Voilà! (La fallacia sta nel fatto che il secondo e ilsesto cliente sono trattati come se fossero una sola persona).

2 Per una spiegazione di questo paradosso e della sua fallacia, si vedaNorthrop (112).

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6.12 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

sperare che col tempo ci si abitui persine ai più grandicambiamenti e che si trovino naturali i nuovi schemi.C'è stata un'epoca in cui la dottrina secondo la quale laterra gira intorno al sole era definita il paradosso coper-nicano, anche da chi la accettava. E forse verrà un giornoin cui enunciati di verità privi di indici impliciti, o disimili salvaguardie, sembreranno davvero insensati comeli fanno apparire oggi le antinomie. (120, pp. 88-89)

6.12 - I TRE TIPI DI PARADOSSO

II termine ' antinomie ', che si legge nell'ultima frase del branosopracitato, richiede una spiegazione. Talvolta si usa ' antinomia 'invece di ' paradosso ' o viceversa, ma la maggior parte degli au-tori preferisce limitare il suo uso ai paradossi che si presentano neisistemi formalizzati come la logica e la matematica. (Il lettore puòchiedersi quali sono gli altri campi in cui è possibile che i paradossisi presentino; sono quelli della semantica e della pragmatica comemostreremo in questo capitolo e in quello successivo, mentre nel-l'ottavo capitolo considereremo come e dove i paradossi possonoentrare nell'esperienza esistenziale dell'uomo). Una antinomia, se-condo Quine (120, p. 85), "produce un'autocontraddizione, in basealle regole accettate del ragionamento". Stegmiiller (247, p. 24)è più specifico e definisce una antinomia come una asserzione cheè sia contraddittoria che dimostrabile. Così se abbiamo una asser-zione Sì e una seconda asserzione che è la negazione della prima,—Si (la quale significa non Si, oppure "Si è falsa"), allora le dueasserzioni si possono combinare a una terza asserzione S* in cuiSk = 5-! & —Si. Si ha quindi una contraddizione formale, perché nullapuò essere se stesso e non essere se stesso, vale a dire sia vero chefalso. Ma — continua Stegmiiller — se si può mostrare medianteuna deduzione che sia Sì che la sua negazione —Si sono dimostrabili, al-lora anche S* è dimostrabile e si ha una antinomia. Ogni antinomia èdunque una contraddizione logica, sebbene — come vedremo — nonogni contraddizione logica è una antinomia.

C'è poi una seconda classe di paradossi che differiscono dalleantinomie soltanto in un unico aspetto importante: non si presen-tano nei sistemi logici e matematici — e quindi non si fondanosu termini come numero o classe formale — ma derivano piut-

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tosto da certe incoerenze nascoste nella struttura di livello del pen-siero e del linguaggio.3 Spesso ci si riferisce a questo secondogruppo come alle antinomie semantiche o definizioni paradossali.

Infine, c'è un terzo gruppo di paradossi che è quello che è statomeno esplorato ma che è anche quello che più ci interessa, perchéi paradossi che si presentano nelle interazioni in corso determinanoil comportamento. Definiremo questo gruppo paradossi pragmaticie. in seguito vedremo che si possono dividere in ingiunzioni parados-sali e in predizioni paradossali.

In compendio, ci sono tre tipi di paradossi:(1) paradossi logico-matematici (antinomie),(2) definizioni paradossali (antinomie semantiche),(3) paradossi pragmatici (ingiunzioni paradossali e predizioni pa-

radossali),che — entro la struttura della teoria della comunicazione umana —corrispondono chiaramente ai tre settori principali di questa teoria:il primo tipo alla sintassi logica, il secondo alla semantica, e il terzoalla pragmatica. Presenteremo ora esempi di ciascun tipo e ci sfor-zeremo di mostrare come i paradossi pragmatici, così poco noti, sisviluppano, per così dire, dalle altre due forme.

3 È una distinzione che facciamo sulla scorta di Ramsey (121, p. 20), a cuisi deve la seguente classificazione:

Gruppo A: (1) La classe di tutte le classi che non sono membri di se stesse.(2) La relazione tra due relazioni quando una non intrattiene

se stessa con l'altra.(3) La contraddizione di Burali Forti sul massimo numero ordinale.

Gruppo B: (4) " Io mento ".(5) II più piccolo numero intero non nominabile in meno di 29

sillabe.(6) II più piccolo ordinale indefinibile.(7) La contraddizione di Richard.(8) La contraddizione di Weyl riguardante il termine ' etero-

logico '. *(Si noti che Ramsey preferisce il termine ' contraddizione nella teoria degliinsiemi ' a quello di paradosso). Tutti questi paradossi sono descritti da

Bochénski (29).

* F. P. Ramsey, / fondamenti della matematica e altri scritti di logica, trad. it.di E. Belli-Nicoletti e M. Valente, Milano, Feltrinelli, 1964, p. 36.

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6.2 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

6.2

Paradossi logico-matematici

II più famoso paradosso di questo gruppo è sulla " classe ditutte le classi che non sono membri di se stesse ". Esso si basa sulleseguenti premesse. Una classe è la totalità di tutti gli oggetti chehanno una certa proprietà. Quindi la classe dei gatti contiene tuttii gatti passati, presenti e futuri. Avendo stabilito questa classe,tutti gli altri oggetti che rest'ano nell'universo si possono conside-rare la classe dei non-gatti, perché tutti questi oggetti hanno in co-mune una proprietà definita: essi non sono gatti. Ora ogni asserzioneche implichi che un oggetto appartiene ad entrambe queste classisarebbe una semplice contraddizione, perché nulla può essere nellostesso tempo un gatto e un non-gatto. Ma non è accaduto nientedi straordinario: che ci sia questa contraddizione dimostra sempli-cemente che è stata violata una legge fondamentale della logica eche la logica stessa non ne soffre.

Lasciamo stare gatti e non-gatti individuali e salendo a un li-vello logico più elevato, cerchiamo di capire che cosa sono leclassi. E' evidente che le classi possono essere o non essere membridi se stesse. La classe di tutti i concetti, per esempio, è ovviamenteessa stessa un concetto, mentre la nostra classe di gatti non è essastessa un gatto. Dunque, a questo secondo livello, l'universo èancora diviso in due classi, quelle che sono membri di se stesse equelle che non lo sono. Inoltre, ogni asserzione che implichi cheuna di queste classi è e non è membro di se stessa equivarrebbe auna semplice contraddizione da mettere da parte senza pensarciulteriormente.

Tuttavia, se l'operazione analoga viene ripetuta ancora una voltaal successivo livello più elevato, ci si trova subito nei guai. Nondobbiamo fare altro che unire tutte le classi che sono membri" dise stesse in un'unica classe, che chiameremo M., e tutte le classiche non sono membri di se stesse nella classe N. Se ora vogliamodeterminare se la classe N è o non è membro di se stessa, si finiscesubito nel famoso paradosso russelliano. Non dimentichiamo che ladivisione dell'universo in classi che contengono se stesse (self-mem-bership) e in classi che non contengono se stesse (non self-member-ship) è esaustiva; non ci possono essere, per definizione, ecce-zioni di sorta. Per cui questa divisione deve ugualmente appli-

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carsi alle stesse classi M e N. Quindi se la classe N è membro di sestessa, non è un membro di se stessa, perché N è !;t classe delle classiche non sono membri di se stesse. D'altra parte, se A: non è membrodi se stessa, allora soddisfa la condizione di contenere se stessa:è un membro di se stessa proprio perché non è membro di se stessa,perché il non-contenere se stessa è la distinzione essenziale di tuttele classi che compongono N. Questa non è più una semplice con-traddizione, ma una vera antinomia, perché il risultato paradossalesi basa su una rigorosa deduzione logica e non sulla violazione delleleggi della logica. A meno che non si celi da qualche parte unafallacia che investa tutta la nozione di classe e di membership èinevitabile che la conclusione logica sia che la classe N è un membrodi se stessa se e soltanto se non è un membro di se stessa, eviceversa.

In realtà, si tratta di una fallacia. Russell l'ha resa evidente conla sua teoria dei tipi logici. Per dirla assai in breve, questa teoriapostula il principio fondamentale che, come dice Russell (164), qua-lunque cosa presupponga m i n &ii elei/tenti di una collezione non deveessere un termine della collezione. In altre parole, il paradosso rus-selliano è dovuto alla confusione dei tipi logici, o livelli. Unaclasse è di un tipo più elevato dei suoi membri; per postulare que-sto, abbiamo dovuto salire di un livello nella gerarchla dei tipi.Dire, dunque, come abbiamo detto, che la classe di tutti i concettiè essa stessa un concetto non è falso ma privo di significato, comevedremo tra poco. Questa distinzione è importante, perché se l'as-serzione fosse semplicemente falsa, allora la sua negazione dovrebbeessere vera, ed è chiaro che non lo è.

6.3

Definizioni paradossali

Questo esempio della classe di tutti i concetti fornisce un pontecomodo per passare ora dai paradossi logici a quelli semantici (ledefinizioni paradossali o antinomie semantiche). Abbiamo visto chenon sono identici il ' concetto ' a un livello più basso (membro) eil ' concetto ' al livello più elevato immediatamente successivo (clas-se). Eppure si usa lo stesso nome, ' concetto ', sia per membro cheper classe e in tal modo l'identità linguistica crea un equivoco. Per evi-

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6.3 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

tare questa insidia, si debbono usare indicatori di tipo logico —indici "nei sistemi formalizzati, virgolette o corsivi negli altri casi —dovunque esista la possibilità di una confusione dei livelli. Perrestare al nostro esempio, è dunque chiaro che il concetto j e ilconcetto 2 non sono identici e che si debba respingere l'idea delself-membership di una classe. Diventa anche chiaro che in questicasi le radici del male sono le incoerenze del linguaggio piuttostoche della logica.

Forse la più famosa delle antinomie semantiche è quella del-l'uomo che dice di se stesso: " Io sto mentendo ". Se seguiamoquesta asserzione fino alla conclusione logica, troviamo ancora chee vera soltanto se non è vera; in altre parole, l'uomo mente sol-tanto se dice la verità e viceversa dice la verità se mente. In questocaso, non si può più usare la teoria dei tipi logici per eliminarel'antinomia, perché le parole o le combinazioni di parole non hannouna gerarchia di tipo logico. A quanto ne sappiamo è stato ancoraBertrand Russell quello che per primo ha trovato una soluzione.Nell'ultimo paragrafo della sua introduzione al Tractatus Logico-Philosophicus di Wittgenstein, suggerisce quasi per caso " che ognilinguaggio ha, come dice Wittgenstein, una struttura della quale,nulla può dirsi in quel linguaggio, ma che vi può essere un altrolinguaggio che tratti della struttura del primo linguaggio e pos-segga a sua volta una nuova struttura, e che una tale gerarchia dilinguaggi può non avere alcun limite" (133}.* E' una idea cheè stata sviluppata, soprattutto da Carnap e da Tarski, in unateoria che ora è nota come la teoria dei livelli di linguaggio. Peranalogia con la teoria dei tipi logici, questa teoria salvaguarda dallaconfusione dei livelli. Postula che al livello più basso del linguaggiole asserzioni vengono fatte sugli oggetti. Questo è il regno dellinguaggio oggetto. Ma nel momento in cui vogliamo dire qual-cosa su questo linguaggio, dobbiamo usare un metalinguaggio, e unmetametalinguaggio se vogliamo parlare su questo metalinguaggio,e così via in una catena regredente teoricamente infinita.

Applicando questo concetto dei livelli di linguaggio all'antino-mia semantica del mentitore, ci si rende conto che la sua asserzione,sebbene sia costituita soltanto di tre parole, contiene due asserzioni.Una è al livello-oggetto, l'altra è al metalivello e dice qualcosa suquella al livello-oggetto, cioè che non è vera. Al tempo stesso, quasi

* L. Wittgenstein, Tractatus Logico-Philosophicus, Introduzione di B. Russell,a cura di G.C.M. Colombo, Milano-Roma, Fratelli Bocca, 1954, p. 157.

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LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.4

con un gioco di prestigio, si indica che questa asserzione nel me-talinguaggio è essa stessa una delle asserzioni su cui s'è fatta lameta-asserzione, che è essa stessa una asserzione nel linguaggio og-getto. Nella teoria dei livelli di linguaggio questo genere di rifles-sività delle asserzioni che implicano la propria verità o falsità (oproprietà analoghe come la dimostrabilità, la definibilità, la decidibi-lità, e simili) sono l'equivalente del concetto di self-membership diuna classe nella teoria dei tipi logici; entrambe sono asserzioni privedi significato. 4

Naturalmente, seguiamo con riluttanza la • dimostrazione che dan-no i logici che l'asserzione del mentitore è priva di significato. Anoi sembra che ci sia una trappola da qualche parte, ed è una sen-sazione rafforzata da un'altra famosa definizione paradossale. In unpaesello, così comincia la storia, c'è un barbiere che rade tutti gliuomini che non si radono da soli. Ancora una volta questa defini-zione da una parte è esauriente ma dall'altra ci fa finire subito nelparadosso se si cerca di collocare il barbiere stesso o tra coloroche si radono da soli o tra coloro che non si radono da soli. E unavolta di più una deduzione rigorosa dimostra che non ci può essereun barbiere simile; tuttavia restiamo con un senso di disagio, per-ché non ammetterlo? Con questo dubbio ostinato nella mente,diamo ora un'occhiata alle conseguenze comportamentali — prag-matiche — del paradosso.

6.4

Paradossi pragmatici

6.41 - INGIUNZIONI PARADOSSALI

II paradosso del barbiere viene quasi sempre presentato nellaforma sopracitata, ma esiste almeno una versione che è leggermen-te diversa. E' quella che usa Reiclienbach (123); in questa versione

4 Un esempio delizioso di asserzione riflessiva che nega la propria asserzionein un contesto interattivo lo troviamo nella vignetta a fronte della pagina 224. *

* È probabile che a uno scrittore italiano, più che paradossale, sembri poco lu-singhiero ricevere le lodi di un editore così sgrammaticato (dice "You sure write

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6.41 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

— a quanto sembra per nessun motivo particolare — il barbiere èun soldato a cui viene ordinato dal capitano di radere tutti i sol-dati della compagnia che non si radono da soli, ma nessun altro. Na-turalmente, Reichenbach giunge alla sola conclusione logica " chenon esiste un barbiere simile a quello della compagnia, nel sensoche abbiamo precisato ".

Qualunque possano essere state le ragioni dell'autore a presen-tare la storia in questa forma alquanto inconsueta, l'esempio checi da è quello di un paradosso pragmatico. In definitiva, non c'èalcuna ragione per cui non si possa dare una simile ingiunzione —malgrado la sua assurdità logica. Gli elementi essenziali di questocaso sono i seguenti:

(1) Una forte relazione complementare (ufficiale e subordinato).(2) Entro lo schema di questa relazione, viene data una ingiun-

zione che deve essere obbedita ma deve essere disobbeditaper essere obbedita (l'ordine definisce il soldato come unoche si rade da solo se e soltanto se egli non rade se stesso,e viceversa).

(3) La persona che in questa relazione è nella posizione one-down non è in grado di uscir fuori dallo schema e quindidi dissolvere il paradosso commentandolo, cioè metacomuni-cando su di esso (sarebbe un atteggiamento di ' insubordi-nazione ').

Una persona presa in una simile situazione è in una posizione in-sostenibile. Quindi, mentre da un punto di vista puramente logicoun barbiere del genere non esiste e l'ordine del capitano è privo di si-gnificato, nella vita reale la situazione appare assai diversa. I pa-radossi pragmatici, le ingiunzioni paradossali in particolare, sono inrealtà ben più frequenti di quanto si sia disposti a credere. Nonappena cominciamo a considerare il paradosso in contesti interattivi,il fenomeno cessa di essere soltanto una occupazione affascinante

' del logico e del filosofo della scienza e diventa una faccenda di as-soluta importanza pratica per la salute mentale dei comunicanti,siano essi individui, famiglie, società o nazioni. Qui di seguitodiamo parecchi esempi, che vanno dal modello puramente teoricoai casi clinici, mentre quelli intermedi sono tratti dalla letteraturae da campi affini.

good! " anziché " You certainly write well! "), ma a quanto ne sappiamo uno studiosulle differenze di personalità degli scrittori italiani e americani non è stato ancoracompiuto. [N.d.T.]

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LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.42

6.42 - ESEMPI DI PARADOSSI PRAGMATICI

Esempio 1. Scrivere Chicago è una città popolosa sintatticamentee semanticamente è corretto. Ma è sbagliato scrivere Chicago è tri-sillaba, perché in tal caso si devono usare le virgolette: ' Cbicago 'è trisillaba. La differenza tra questi due usi della parola sta nelfatto che nella prima asserzione la parola si riferisce a un oggetto(una città), mentre nel secondo esempio la stessa parola si riferiscea un nome (che è una parola) e quindi a se stessa. I due usi dellaparola ' Chicago ' sono perciò chiaramente di un diverso tipo logico(la prima asserzione è nel linguaggio oggetto, la seconda nel me-talinguaggio) e le virgolette funzionano come indicatori di tipo lo-gico (cfr. 108, pp. 30-1, n.).5

Proviamo ora a immaginare una possibilità singolare: che qual-cuno condensi le due asserzioni su Chicago in una sola (Chicago èuna citta popolosa ed è trisillaba) e la detti alla sua segretaria, minac-ciandola di licenziarla se non può o non vuole scriverla corretta-mente. E' naturale che la segretaria non può farlo (e neppure noilo potremmo, come dovrebbe essere chiaro da quanto abbiamo dettosopra). Quali sono, dunque, gli effetti comportamentali di questacomunicazione? — perché è questo che interessa la pragmaticadella comunicazione umana. L'assurdità dell'esempio in questionenon dovrebbe diminuire la sua importanza teorica. Non c'è alcundubbio che comunicazioni di questo tipo creino una situazione in-sostenibile. Poiché il messaggio è paradossale, ogni reazione ad essoall'interno dello schema stabilito dal messaggio deve essere ugual-mente paradossale. Non è proprio possibile comportarsi in modologico e coerente in un contesto illogico e incoerente. Fino a quandola segretaria rimane entro lo schema stabilito dal suo principale,ha soltanto due alternative: cercare di accondiscendere e natural-mente fallire, o rifiutarsi di scrivere. Nel primo caso può essere

5 A questo punto si deve rendere omaggio al matematico Frege, che già nel1893 metteva in guardia:

E' probabile che l'uso frequente di virgolette sembri strano; le usoper distinguere i casi in cui sto parlando del segno stesso e quelliin cui sto parlando del suo significato. Per quanto possa sembrarepedante, tuttavia lo ritengo necessario. E' sorprendente come unmodo inesatto di parlare o di scrivere, che in origine si può averadoprato solo per convenienza e brevità, con la piena consapevo-lezza che era inesatto, possa alla fine confondere il pensiero, unavolta che se ne sia perduta la consapevolezza. (48, p. 4; corsivinostri)

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6.42 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

accusata di incompetenza, nel secondo di insubordinazione. Occorrefar notare che di queste due accuse la prima in qualche modo equi-vale a quella di debolezza mentale e la seconda a quella di cattivavolontà. Che sono accuse non troppo lontane da quelle classiche difollia e di cattiveria di cui abbiamo parlato nei capitoli precedenti.In tutti e due i casi è probabile che la segretaria reagisca in modoemotivo, per es. piangendo o arrabbiandosi. A tutto questo si puòobiettare che chiunque sia sano di mente non si comporterebbecome questo principale che abbiamo inventato noi. Ma si tratta di unargomento che non regge. Perché almeno in teoria — e molto pro-babilmente anche secondo il punto di vista della segretaria — cisono due ragioni possibili per un comportamento simile: o il prin-cipale cerca un pretesto per licenziare la segretaria (e per raggiun-gere questo obiettivo è ricorso a un espediente così odioso) oppurenon è sano di mente. Si noti che, ancora una volta, cattiveria ofollia sembrano essere le sole spiegazioni.

Si ha una situazione completamente diversa se la segretaria nonrimane entro lo schema stabilito dall'ingiunzione, ma lo commenta;in altre parole, se non reagisce al contenuto della direttiva del prin-cipale ma comunica sulla comunicazione di lui. In tal modo escefuori dal contesto creato dal principale e non resta presa nel di-lemma. Ma far questo di solito non è facile. Una ragione è che èdifficile comunicare sulla comunicazione (un punto su cui abbiamomolto insistito nei capitoli precedenti): la segretaria dovrebbe espor-re i motivi che rendono insostenibile la situazione e che effetto hasu di lei una situazione simile; comunque, non sarebbe certo unaimpresa da poco. Un'altra ragione per cui la metacomunicazione nonè una soluzione semplice è che il principale, usando la sua autorità,può rifiutarsi di accettare la comunicazione della segretaria al me-talivello e etichettarla come una prova ulteriore della sua incom-petenza e insolenzà. 6

6 L'esperienza di bloccare le metacomunicazioni per impedire a qualcuno diuscire da una situazione insostenibile era ben nota a Lewis Carroll. Torniamo adAlice dopo che la Regina Bianca e la Regina Rossa l'hanno fatta quasi impaz-zire con le loro domande (si veda la sez. 3.22); esse le fanno vento con ciuffie foglie finché lei non si riprende e il lavaggio del cervello continua:

" Adesso sta bene di nuovo ", disse la Regina Rossa. " Conoscile lingue? Come si dice in francese violindì? "

" Ma violindì non significa niente " replicò Alice con voce seria." E chi ha detto che significhi qualcosa " disse la Regina

Rossa.Alice pensò che questa volta c'era un mezzo per togliersi dai pa-

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LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.42

Esempio 2. Le definizioni di sé paradossali del tipo di quella delmentitore sono abbastanza frequenti, almeno nella nostra esperien-za clinica. Il loro significato pragmatico risulta più chiaro se si tienepresente che queste asserzioni non soltanto trasmettono un conte-nuto privo di significato da un punto di vista logico ma definisconola relazione del Sé con l'altro. Perciò, quando si presentano nel-l'interazione umana, non conta tanto che l'aspetto di contenuto(' notizia ') sia privo di significato quanto che l'aspetto di relazione(' comando ') non si possa né eludere né capire chiaramente. Diquesto problema diamo qui di seguito esempi diversi che abbiamoestratto quasi a caso da interviste raccolte recentemente:

(a.) Intervistatore: Quali sono, signor X, secondo lei, iprincipali problemi della sua famiglia?

Signor X: La mia parte in quello che è il nostroproblema sono le bugie che dico perabitudine... molta gente può usare un'al-tra espressione — uhm — la chiameràfalsità o esagerazione o spararle gros-se, o in molti altri modi — ma la veritàè che si tratta di menzogne...

Abbiamo buone ragioni di credere che quest'uomo non si fosse maiimbattuto nel paradosso del mentitore e che non avesse certo l'in-tenzione di canzonare l'intervistatore. Però in realtà lo ha canzo-nato perché come si può continuare di fronte a un messaggio direlazione così paradossale?

(b.) I membri di una famiglia (composta dai genitori e da unfiglio di venti anni, piuttosto obeso, che sarebbe mentalmente ri-tardato) stanno cercando tutti insieme di attribuire un significatoal proverbio " sasso che rotola non raccoglie muschio " che è unadelle domande di una 'intervista familiare strutturata' (159):

Padre: E" un proverbio che per conto nostro, mio e dimia moglie, vuoi dire che se non siamo sfaccen-

sticci. " Se mi dite che cosa significa violindì, io vi dirò come si dice infrancese! " esclamò trionfante.

Ma la Regina Rossa assunse un'aria sdegnosa e disse: "Le Reginenon fanno mercanteggiamenti ".* (corsivi nostri)

Op. cit., pp. 211-212.

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6.42 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

dati e siamo attivi, come un sasso che rotola, chesi muove, allora, ah, non si diventa troppo...grassi, allora uno ha la mente più sveglia...

Figlio: E' così?Madre: Capisci adesso?Figlio: Sì.

Madre: (sovrapponendosi) - capisci?Figlio: (sovrapponendosi) si, HO CAPITO.Padre: (sovrapponendosi) ... che farebbe bene ai-Figlio: (interrompendolo)... al ritardo mentale...Padre: (continuando) ... tenersi occupati...

Madre: Oh — ' un sasso che rotola ' ... ti pare chevuoi dire questo...

Figlio: (interrompendola) Be', insomma, superare il ri-tardo mentale.

Madre: Be'...Padre: (interrompendola) Tenersi occupati AIUTEREBBE,

il senso è questo — credo che sia proprioquesto.

Come debbono trattare i genitori, o il terapeuta, un ' ritardato men-tale ' 7 che parla dei modi di superare il suo ritardo mentale e ado-pra persine il termine? Come il mentitore, il ragazzo salta dentro efuori lo schema stabilito dalla diagnosi (una definizione del Sé)portando la diagnosi all'assurdo in un modo veramente schizofreni-co. L'uso del termine esclude la condizione che il termine denota.

(e.) In una seduta coniugale congiunta, furono discussi i rap-porti sessuali dei coniugi e fu sondato il loro atteggiamento indi-viduale verso svariati comportamenti sessuali; dalla discussione ri-sultò in modo evidente che la masturbazione era un argomento chemetteva il marito molto a disagio. Egli disse che ' a essere propriofranco ' sebbene i rifiuti della moglie lo 'costringessero ' spesso amasturbarsi, era torturato dalla paura di essere un anormale e un

7 Era stato più volte attribuito al paziente, mediante un test psicologico, unquoziente di intelligenza di circa 50-80. Prima dell'intervista sopracitata il pa-ziente si era rifiutato di sottoporsi a un test col pretesto che non era in gradodi capire quello che gli si chiedeva. (In seguito, durante il trattamento tera-peutico, la diagnosi fu di schizoftenia: la sua guarigione procedette in modosoddisfacente; e il suo rendimento in parecchi campi supera di molto quantoc'era da aspettarsi dai test precedenti).

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LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.42

peccatore (era cattolico e riteneva che la masturbazione fosse unpeccato mortale). Il terapeuta replicò di non potersi pronunciaresul problema del peccato, ma che da numerose indagini risultavache il gruppo a cui il marito apparteneva presentava una frequen-za di anormalità e di deviazioni più bassa di ogni altro gruppo re-ligioso, anche se l'incidenza della masturbazione tra i cattolici erapiù alta di quanto molti si sarebbero aspettati. Il marito derise l'at-tendibilità dei dati di queste indagini, affermando che " i cattolicimentono sempre sul sesso ".

Esempio 3. Forse la forma più frequente in cui il paradosso entranella pragmatica della comunicazione umana è una ingiunzione cherichiede un comportamento specifico, che proprio per sua naturanon può essere che spontaneo. Il prototipo di questo messaggio èquindi: " Sii spontaneo ! ". Chiunque riceva questa ingiunzione sitrova in una posizione insostenibile, perché per accondiscendervi do-vrebbe essere spontaneo entro uno schema di condiscendenza e nonspontaneità. Ecco alcune varianti di questo tipo di ingiunzione pa-radossale:

(a) " Dovresti amarmi ";(b) " Voglio che tu mi domini " (richiesta di una moglie al

marito passivo);(e) " Dovresti divertirti a giocare con i bambini, come tutti gli

altri padri ";(d) " Non essere così ubbidiente " (genitori che si rivolgono al

proprio figlio che ritengono che dipenda troppo da lorp); __(e) "Sai che sei libero di andare, caro; non preoccuparti se co-

mincio a piangere " (da un romanzo di W. Styron, 150, p. 33).I clienti del superbordello del Balcone di Genet sono tutti presi inquesto dilemma. Le ragazze sono pagate per recitare le parti com-plementari di cui i clienti hanno bisogno per vivere i loro sogni, matutto rimane una mistificazione, perché esse sanno che il peccatore nonè un peccatore ' vero ', che il ladro non è un ladro ' vero ', ecc.Analogamente, questo è anche il problema dell'omosessuale che bra-ma un rapporto intenso con un ' vero ' maschio, per scoprire poialla fine che quest'ultimo è sempre, deve essere sempre, un altroomosessuale. In tutti questi esempi, l'altro nella peggiore ipotesirifiuta di accondiscendere o nell'ipotesi migliore fa la cosa giusta perla ragione sbagliata e in tal caso la ' ragione sbagliata ' è la condi-scendenza stessa. In termini di simmetria e di complementarità,queste ingiunzioni sono paradossali perché richiedono la simme-

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tria nello schema di una relazione stabilita come complementare. Laspontaneità prospera nella libertà e svanisce sotto il vincolo.8

Esempio 4. Le ideologie in particolare tendono a restare impi-gliate nei dilemmi del paradosso, soprattutto se la loro metafisicaè l'antimetafisica. I pensieri di Rubashov, il protagonista di Dark-ness at Noon * di Koestler, sono paradigmatici a questo proposito:

II Partito negava la libera volontà dell'individuo, e nellostesso tempo ne esigeva il volontario olocausto. Gli ne-gava la capacità di scegliere fra due alternative, e nellostesso tempo chiedeva che scegliesse sempre quella giusta.Gli negava il potere di distinguere il bene dal male, enello stesso tempo parlava pateticamente di colpevolezzae di tradimento. L'individuo era posto sotto il segno dellafatalità economica, rotella di un meccanismo d'orologeriach'era stato caricato per l'eternità e non poteva essere néarrestato né influenzato, e il Partito chiedeva che larotella si rivoltasse contro l'orologio e ne mutasse il corso.C'era un errore nel calcolo; l'equazione non reggeva. *(84, p. 257)

E' nella natura del paradosso che non reggano le ' equazioni' ba-sate su di esso. Dove il paradosso contamina i rapporti umani,compare la malattia. Rubashov ha capito i sintomi, ma cerca invanola cura:

Tutti i nostri principi erano giusti, ma i risultati sono sba-gliati. Questo è un secolo malato. Abbiamo diagnosticato la

' La libertà stessa è simile al paradosso. Per Sartre la sola libertà che nonabbiamo è quella di non essere liberi. Sulla stessa linea è il codice civile svizzero,uno dei più illuminati d'Europa, che stabilisce (articolo 27): " . . . Nessunopuò rinunciare alla sua libertà 'o limitarla a un grado tale che violi la leggeo la moralità. " E Berdyaev, riassumendo il pensiero di Dostoevkij, scrive:

Non si può identificare la libertà con la bontà, la verità o laperfezione; essa è di per sé autonoma, è la libertà e non la bontà.Ogni identificazione o confusione della libertà con la bontà o laperfezione implica una negazione della libertà e un rafforzamentodei metodi di costrizione; la bontà cessa di essere bontà se è stataresa obbligatoria. (22, pp. 69-70)

* A. Koestler, Buio a mezzogiorno, trad. it. di G. Monicelli, Milano, Monda-dori, 1966.

* Ibidem, p. 285.

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malattia e le sue cause con esattezza microscopica, maogni qual volta abbiamo applicato il bisturi nuovi malisi sono sviluppati. La nostra volontà era pura e ferma,avremmo dovuto essere amati dal popolo. Ma il popoloci odia. Perché siamo tanto odiati?

Abbiamo portato A popolo la verità e sulle nostre lab-bra essa suona come una bugia. Abbiamo portato la libertàed essa appare nelle nostre mani come una sferza. Ab-biamo portato la vera vita, e dove risuona la nostra vocele piante si avvizziscono e s'ode un fruscio di foglie sec-che. Abbiamo portato la promessa del futuro, ma la nostralingua balbettava e ringhiava... * (84, p. 58)

Esempio 5. Se confrontiamo il brano sopracitato con il raccontoautobiografico di uno schizofrenico (15], risulta evidente che il suodilemma è intrinsecamente lo stesso di Rubashov. Il paziente vienemesso dalle sue ' voci ' in una situazione insostenibile e viene poiaccusato di mistificazione e di riluttanza quando si trova a non poteraccondiscendere alle loro ingiunzioni paradossali. Quello che rendeil racconto così straordinario è che sia stato scritto quasi 130 annifa, molto prima che si cominciasse a elaborare una moderna teo-ria psichiatrica:

Ero tormentato dai comandi di quello che credevofosse lo Spirito Santo, che mi ordinava di dire altre cose,e ogni volta che tentavo, ricevevo rimproveri tremendi peraver cominciato a parlare con la mia voce invece che conquella che mi era stata data. Sia ora che in passato, questicomandi che si contraddicono sono — e sono stati — lacausa del mio comportamento incoerente; la mia confu-sione totale e definitiva dipende tutta da queste fantasie.Perché mi hanno comandato di parlare, sotto pena di tor-menti terribili e sotto l'incubo di provocare la colleradello Spirito Santo e di incorrere nella colpa della ingra-titudine più abbietta; ma ogni volta che tentavo di par-lare, mi rimproveravano con asprezza e insolenzà perchénon avevo usato la voce di uno spirito che mi era statomandato; e ancora ho tentato e ancora ho sbagliato, equando confessai dentro di me che non sapevo cosa do-vessi fare, mi hanno accusato di falsità e di mistificazione;

* Ibidem, pp. 68-69.

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6.42 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

e di non voler fare veramente quello che mi era statocomandato. Allora ho perduto la pazienza e ho cominciatoa dire una dietro l'altra le cose che volevano farmi direperché ero deciso a mostrare che non era la paura né lamancanza di volontà che me lo impedivano. Ma quando l'hofatto, ho sentito — come era sempre successo prima —che mentre parlavo mi dolevano il palato e la gola, eallora mi sono convinto che non mi stavo ribellando solocontro Dio ma anche contro la natura; e sono ripiombatonella solita sensazione tormentosa di non avere né gra-titudine né speranza. (15, pp. 32-3)

Esempio 6. Quando intorno al 1616 le autorità giapponesi comin-ciarono una persecuzione sistematica dei convcrtiti al cristianesimo,diedero alle loro vittime la possibilità di scegliere tra una sentenzadi morte e una abiura che era tanto complessa quanto paradossale.Questa abiura aveva la forma di un giuramento. Ce ne riferisceSansom in uno studio sull'interazione tra la cultura europea e quel-la asiatica:

Ogni apostata doveva ripetere le ragioni per cui rin-negava il Cristianesimo, pronunciando una formula pre-stabilita [...]. La formula è un tributo involontario allapotenza del Cristianesimo perché i convcrtiti — che ave-vano abiurato la loro religione generalmente costretti conla forza — venivano fatti giurare, per una logica assaicuriosa, chiamando a testimoni proprio le potenze che ave-vano appena rinnegato: il Padre, il Figlio, lo SpiritoSanto, Santa Maria e tutti gli angeli [...] se infrangeròquesto giuramento possa io perdere la grazia di Dio persempre e cadere nello stato miserabile di Giuda Iscariota.Ci si allontanava anche di più dalla logica col giuramentoagli dèi buddisti e scintoisti che costituiva la parte finaledella formula. (134, p. 176)

Vale la pena di analizzare dettagliatamente le conseguenze di questoparadosso. I giapponesi si erano imposti l'onere di cambiare la fededi tutto un gruppo di persone, uno sforzo notoriamente arduo se siconsidera la potenza e l'intangibilità di ogni fede. Devono essersisubito resi conto che i metodi di persuasione, coercizione, o cor-ruzione erano del tutto insufficienti perché tali metodi possonoimporre una devozione tutta a parole, lasciando il dubbio che ,la

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mente dell'ex-convertito non sia ' veramente ' cambiata. Ed è ovvioche il dubbio si protrarrà anche di fronte alla profusione diattestazioni di sincerità da parte degli apostati, non solo di quelliche hanno abiurato con convinzione ma anche di tutti quelli chevogliono salvare la pelle perché è chiaro che anche chi vuole conser-vare la fede nel profondo del cuore non si comporterà diversamente.

Di fronte al problema di operare ' veramente ' un cambiamentonella mente di qualcuno, i giapponesi ricorsero all'espediente del giu-ramento. Ma capirono con chiarezza che un giuramento simile — perquanto potesse coinvolgere i convcrtiti — li avrebbe legati soltantose lo avessero prestato al Dio cristiano oltre ohe alle divinità bud-diste e scintoiste. Ma era una ' soluzione ' che li metteva subitoalle prese con la indecidibilità delle asserzioni riflessive. Si ritenevache la formula prescritta per il giuramento derivasse il suo poterevincolante da una invocazione alla divinità stessa che i convcrtiti do-vevano abiurare proprio con il giuramento. In altre parole, venivafatta una asserzione entro uno schema di riferimento chiaramentestabilito (la fede cristiana) che asseriva qualcosa su questo schemae quindi su se stessa, vale a dire negava lo schema di riferimento enegando lo schema negava il giuramento stesso. Occorre ora porreuna attenzione particolare sulle due parole che abbiamo sottolineatonella frase precedente; entro e su. Mettiamo che C sia la classedi tutte le asserzioni che si possono fare entro la struttura del Cri-stianesimo. Dunque, ogni asserzione su C si può definire una meta-asserzione, cioè un'asserzione su tutto un gruppo di asserzioni. Oraè chiaro che il giuramento è sia un un membro di C, poiché invocala Trinità, sia al tempo stesso una meta-asserzione che nega C —quindi su C. E' un'impasse logica che ormai conosciamo bene. Nes-suna asserzione fatta entro un dato schema di riferimento può nellostesso tempo uscir fuori dallo schema, per così dire, e negare sestessa. E' il dilemma di chi è preso da un incubo mentre sogna;non servirà a niente tutto quello che cerca di fare nel sogno.9 Puòsfuggire all'incubo soltanto se si sveglia, il che significa uscir fuori dal

9 Cfr. Througb thè Looking Glass che (come del resto Alice in Wonderland) piùche un libro per bambini è un piccolo manuale di problemi di logica. Tweedledume Tweedledee stanno parlando del Re Rosso che dorme:

. . . " Adesso sta dormendo ", disse Tweedledee " e chissà cosasta sognando ".

Disse Alice: " Questo non può saperlo nessuno. "•' Perché? Sta sognando te! " esclamò Tweedledee, battendo le mani

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6.42 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

sogno. Ma il risveglio non fa parte del sogno, è uno schema comple-tamente diverso; è un non-sogno, per così dire. In teoria, l'incubo po-trebbe continuare per sempre, come accade per certi incubi di schizo-frenici, perché nulla entro lo schema ha il potere di negare lo schema.Ma questo — mutatis mutandis — è proprio l'obiettivo che i giappo-nesi intendevano raggiungere col giuramento.

Anche se non esistono testimonianze — a quanto ne sappiamo —degli effetti del giuramento sui convcrtiti o sulle autorità che loavevano fatto prestare, non è difficile congetturare quali possanoessere stati. Per i convcrtiti che hanno prestato il giuramento il di-lemma è abbastanza chiaro. Abiurando, restavano entro lo schemadi una formula paradossale e in tal modo venivano presi nel pa-radosso. Naturalmente le loro possibilità di uscir fuori dallo schemadevono essere state assai scarse. Ma poiché erano stati costretti aprestare il giuramento, i convcrtiti debbono essersi trovati in untremendo dilemma religioso e personale. Il problema della coercizionelasciamolo da parte; poniamoci piuttosto la domanda: il loro giu-ramento era valido o no? Se volevano restare cristiani un atto con-creto come il giurare non rendeva valido il giuramento e li scomu-nicava? Ma se erano sinceri quando dicevano di voler abiurare ilCristianesimo, giurare in nome di quella fede non li legava stretta-mente ad essa? In ultima analisi qui il paradosso diventa un pro-blema metafisico; un giuramento lega di per sé non solo chi lo pre-sta ma anche il dio in nome del quale viene prestato. Nell'espe-

con aria di trionfo ."E quando smetterà di sognarti, dove andrai afinire? "

" Dove sono adesso, naturalmente " rispose Alice."No, non è vero! " replicò Tweedledee con tono sprezzante. "Non

andrai a finire in nessun posto, perché tu sei soltanto una specie dicosa nel suo sogno! "

" Se il Re si svegliasse, " aggiunse Tweedledum " tu spariresti. . . bum! . . . come la fiamma di una candela. "

"Niente affatto!" esclamò Alice indignata. "E ammettiamo pureche io sia soltanto una specie di cosa nel suo sogno; mi piacerebbesapere allora che cosa slete voi. "

" Idem! " disse Tweedledum." Idem, idem! " gridò Tweedledee.Egli urlò così forte che Alice non potè fare a meno di dire: "At-

tento! Ho paura che lo sveglierai, se continuerai a far tanto rumore. "" Perché ti preoccupi che si svegli, " disse Tweedledum " se non

sei altro che una cosa nel suo sogno? Lo sai benissimo che tu nonsei vera. "

" Io sono vera " disse Alice, e si mise a piangere.*

* Op. cit., pp. 156.

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LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.42

rienza del convcrtito, non veniva dunque lo stesso Dio a trovarsi inuna posizione insostenibile e se Egli era in una posizione insoste-nibile, dove era in tutto l'universo una speranza di soluzione?

Ma il paradosso deve anche aver influenzato gli stessi persecutori.E' impossibile che non siano stati consapevoli di aver posto conla loro formula il dio cristiano al di sopra della propria divinità.In tal modo, invece di espurgare dalle anime dei convcrtiti ' il Pa-dre, il Figlio, lo Spirito Santo, Santa Maria e tutti gli angeli ', lihanno posti sul trono anche nella loro religione. Per cui alla finedevono essersi trovati inviluppati dalla loro stessa mistificazione,che negava ciò che asseriva e asseriva ciò che negava.

A questo punto possiamo sfiorare un argomento collaterale, vo-gliamo dire il lavaggio del cervello che dopo tutto si fonda quasiesclusivamente su un paradosso pragmatico. In linea di massima sipuò dire che la storia del genere umano mostra che ci sono duetipi di persone che vogliono sottomettere la mente degli altri: co-loro che ritengono una soluzione accettabile la distruzione fisicadei loro oppositori senza preoccuparsi affatto di quello che pen-sano ' veramente ' le loro vittime, e coloro che per un interesse esca-tologico degno di miglior causa se ne preoccupano moltissimo. Sipuò supporre che i secondi siano propensi a denunciare una scan-dalosa mancanza di spiritualità nei primi, ma questo non ha alcunaimportanza. In ogni caso, al secondo gruppo interessa anzituttocambiare la mente dell'uomo, la sua eliminazione fisica è soltantoun aspetto secondario. O' Brien, il torturatore che Orwell presentain 1984, è un'autorità esperta sull'argomento e le spiegazioni che neda alla sua vittima sono queste:

" Per ogni eretico che veniva arso sul rogo, ve n'eranoaltri mille che sorgevano al suo posto. E perché tuttoquesto? Perché l'Inquisizione faceva strage dei suoi ne-mici apertamente, alla luce del sole, e li uccideva quandoessi ricusavano ancora di pentirsi, anzi, li uccideva proprioperché ricusavano di pentirsi. Gli uomini morivano perchénon volevano saperne di abbandonare la loro fede [...].Più tardi [...] ci furono i nazisti tedeschi e i comunistirussi [...]. Noi non ripetiamo errori di questo genere.Tutte le confessioni che si fanno qui sono perfettamentesincere. Siamo noi stessi che le facciamo diventare sin-cere [...]. Sarai annullato nel passato, così come sarai

.annullato nel futuro. Tu non sarai mai esistito".

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6.42 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.42

" E allora perché vi affannate tanto a torturarmi? "pensò Winston. [...]

O'Brien accennò un sorriso: " Tu sei una falla nel no-stro disegno, Winston. Sei una macchia che dev'essere can-cellata. Non ti ho detto forse, appena un minuto fa,che noi siamo del tutto diversi dai persecutori del pas-sato? A noi non basta l'obbedienza negativa, né la piùabietta delle sottomissioni. Allorché tu ti arrenderai anoi, da ultimo, sarà di tua spontanea volontà. Noi non di-struggiamo l'eretico perché ci resiste: fino a che ci re-siste ci guardiamo bene dal distruggerlo. Noi lo conver-tiamo, ci impossessiamo dei suoi pensieri interni, glidiamo una forma del tutto nuova. Polverizziamo in luiogni male e ogni illusione. Lo riportiamo al nostro fianconon solo apparentemente, ma nel senso più profondo egenuino, nel cuore e nell'anima. Ne facciamo uno dei nostri,prima di ucciderlo. E' intollerabile, per noi, che ancheun solo pensiero partecipe dell'errore possa esistere inqualche parte del mondo, pur se nascosto e innocuo " *(113, p. 258; corsivi nostri)

Si tratta infatti del paradosso ' sii spontaneo ' nella forma piùnuda. Naturalmente, il lettore non ha il minimo dubbio cheO'Brien sia pazzo, ma mentre O'Brien è soltanto un personaggiodi fantasia, la sua follia è quella di un Hitler, Himmler, Heydriche compagni.

Esempio 7. Una situazione sostanzialmente simile a quella deiconvcrtiti giapponesi e dei loro persecutori è quella che venne acrearsi nel 1938 tra Sigmund Freud e le autorità naziste, salvo chein questo caso il paradosso fu imposto dalla vittima ai suoi perse-cutori e per di più fu imposto in modo tale da permettergli diandarsene. I nazisti avevano promesso a Freud un visto d'uscitadall'Austria a condizione che sottoscrivesse una dichiarazione da cuirisultasse che era stato " trattato dalle autorità tedesche e in par-ticolare dalla Gestapo con tutto il rispetto e la considerazionedovuti alla mia fama di scienziato ", ecc. (81, p. 226). Anche se nelcaso personale di Freud la dichiarazione rispondeva a verità, nelcontesto più vasto della spaventosa persecuzione degli ebrei vien-

nesi, il documento veniva ad avallare una vergognosa pretesa diequità da parte delle autorità, con lo scopo evidente di usare lafama internazionale di Freud per la propaganda nazista. La Gestapoaveva dunque interesse che Freud sottoscrivesse il documento, men-tre Freud deve essersi trovato di fronte al dilemma di sottoscri-verlo (e quindi di aiutare il nemico a spese della propria integritàmorale) o rifiutarsi (e patire qualunque conseguenza avesse potutoderivarne). In termini di psicologia sperimentale, doveva affron-tare un conflitto di evitamento-evitamento (sez. 6.434). Freud riu-scì a rovesciare le posizioni intrappolando i nazisti nella loro stessamistificazione. Quando l'ufficiale della Gestapo gli portò i docu-menti per la firma, Freud chiese se gli era permesso aggiungereun'altra frase. L'ufficiale acconsentì, sicuro com'era della sua po-sizione one-up, e Freud scrisse di suo pugno: " Posso vivamenteniccomandare la Gestapo a chicchessia". Ora la situazione era ca-povolta. La Gestapo, che in un primo momento aveva costrettoFreud a lodarla, non poteva certo fare obiezione per aver ricevutouna lode supplementare. Ma per chiunque sapesse sia pure confusamen-te cosa stava accadendo a Vienna in quei giorni (e il mondo co-minciava a saperlo ogni giorno di più) il sarcasmo di quella ' lode 'era così devastante da rendere il documento privo di ogni valore aifini della propaganda. In breve, Freud aveva invalidato il docu-mento con una asserzione che aderiva al contenuto della dichiara-zione ma nello stesso tempo lo negava con il sarcasmo.

Esempio 8. In Les Plaisirs et les Jours * Proust ci da un esempiostupendo del paradosso pragmatico che si ha quando c'è contraddi-zione, come spesso accade, tra un comportamento socialmente ap-provato e l'emozione individuale. Alexis è un tredicenne che va atrovar lo zio che sta morendo per una malattia incurabile. Ripor-tiamo la conversazione tra Alexis e il suo precettore.

Parlando arrossì:" Signor Legrand, è meglio che lo zio creda che io

non so nulla della sua morte? "" E' meglio che non lo creda, Alexis "." E se me ne parla? "" Non ve ne parlerà "." Non me ne parlerà? " chiese Alexis stupito, poiché

* G. Orwell, 1984, trad. it. di G. Baldini, Milano, Mondadori, 1964, pp. 237-238. *- M. Proust, / piacer: e i giorni, trad. it. di M. Ferro, Milano, Sugar, 1968.

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6.42 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

era l'unica cosa che non avesse previsto: ogni volta cheimmaginava una visita allo zio lo udiva parlare della suaprossima morte con la dolcezza di un sacerdote.

" Ma, e se parla? "" Gli direte che sbaglia "." E se mi verrà da piangere? "" Avete già pianto tanto stamattina, non piangerete più "." Non piangerò più ! " esclamò Alexis desolato, " così

crederà che non soffro, che non gli voglio bene ".E scoppiò in lacrime.. (118, pp. 19-20)*

Alexis pensa che se nasconde la sua ansia (perché Alexis è in ansiadavvero per lo zio) allo zio può sembrare che non lo sia e chequindi non gli voglia bene.

Esempio 9. Un giovanotto ebbe il sentore che i suoi genitori nonapprovavano che filasse con una certa ragazza che aveva intenzionedi sposare. Il padre del ragazzo era un bell'uomo, dinamico e ricco,che dominava completamente la moglie e i tre figli. La madre erauna donna silenziosa e chiusa in se stessa che in diverse occasioniera andata in clinica ' per riposare ' (la sua posizione era comple-mentare one-àown). Un giorno il padre invitò il figlio nel • suostudio — una procedura riservata soltanto alle dichiarazioni moltosolenni — e gli disse: " Louis, c'è una cosa che dovresti sapere.Noi Alvarados sposiamo sempre donne migliori di noi ". Parlò conmolta franchezza e lasciò il figlio assai perplesso perché non riusci-va a capire che cosa implicasse l'asserzione del padre. Comunquecercasse di interpretarla giungeva sempre a conclusioni contraddit-torie che lo lasciavano sconcertato e gli facevano dubitare se erasaggio sposare quella ragazza.

L'asserzione del padre si presta alle seguenti interpretazioni. NoiAlvarados siamo gente superiore; tra l'altro, la posizione socialedelle donne che sposiamo è altolocata. Ma la prova ultima di talesuperiorità è non solo nettamente in contrasto con i fatti che ilgiovanotto può osservare ma implica anche che g4i uomini Alva-rados sono inferiori alle proprie mogli. E questa implicazione negaquanto l'asserzione intendeva sostenere. Se è vera l'asserzione (incui il padre definisce anche se stesso e la moglie) secondo cui gliAlvarados sono persone superiori, allora non è vero che essi sonoinferiori alle proprie mogli.

* Ibidem, pp. 5-6.

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LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.42

Esempio 10. Lo psichiatra chiese a un giovanotto che aveva incura d'invitare i genitori (che abitavano in una città un po' lon-tana) a partecipare ad almeno una seduta di terapia congiunta.Durante la seduta fu chiaro che i genitori erano d'accordo tra lorosoltanto quando si coalizzavano contro il figlio, mentre in moltiargomenti importanti non erano affatto d'accordo. Risultò anche chequando il figlio era piccolo, il padre aveva avuto un esaurimentonervoso che l'aveva tenuto lontano dal lavoro per cinque anni eche in questo periodo aveva vissuto con il. denaro della moglie (cheera ricca). Più tardi, nel corso dell'intervista, il padre criticò aspra-mente il figlio; lo accusò di non avere molto senso di responsabi-lità, di non riuscire ad essere indipendente e di non avere successo.A questo punto intervenne il terapeuta e fece notare con circospc-zione che forse padre e figlio avevano in comune più di quantopensassero... Nessuno dei due uomini riuscì ad afferrare l'idea cheil terapeuta aveva insinuato, ma intervenne subito la madre e loaccusò di voler mettere zizzania in famiglia. Poi guardò il figlio conaffetto e ammirazione e disse: " Tutto sommato, è una faccendatanto semplice. L'unica cosa che vogliamo dalla vita è che il matri-monio di George sia felice come il nostro ". Se la questione sipone in questi termini, la sola conclusione è che il matrimonio èfelice quando è infelice e — di conseguenza — infelice quando èfelice.

Ci pare che valga la pena fare una nota in margine. L'incontroaveva depresso il ragazzo che quando venne alla seduta successivaper l'intervista individuale non sapeva a che cosa attribuire il suoumore. Quando gli venne fatto notare che il desiderio espresso dasua madre era paradossale, gli venne in mente che era proprio veroe il suo viso si illuminò come se si fosse appena accesa una lampada.Disse che probabilmente la madre aveva detto per anni ' cose delgenere ', ma che non era mai riuscito a localizzarle e identificarlecome aveva fatto in quel momento. Sognava spesso di portare qual-cosa di pesante, di lottare con qualcosa, di essere trascinato in bassoda qualcosa, senza mai poter capire ' che cosa ' fosse.

Esempio 11. Una madre stava parlando al telefono con lo psi-chiatra della figlia schizofrenica e si lamentava delle ricadute dellaragazza. Ma di solito quando diceva che la figlia era ricaduta vo-leva dire che la ragazza si era mostrata più indipendente e che avevabattibeccato con lei. Da qualche giorno, per esempio, la figlia eraandata a stare per conto suo in un appartamento, una decisione cheaveva abbastanza infastidito la madre. Il terapeuta le chiese di fare

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6.43 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

un esempio di quello che lei definiva comportamento disturbato ela donna rispose: " Oggi, per esempio, volevo che venisse a pranzoda me e abbiamo avuto da discorrere perché lei credeva di nonaver voglia di venire ". Quando il terapeuta le chiese come era an-data a finire la discussione, la madre disse con rabbia: "Natural-mente l'ho convinta a venire perché sapevo bene che in fondovoleva venire e che non ha mai il coraggio di dirmi di no ". L'opi-nione della madre è che quando la ragazza dice ' no ' significa chevuoi venire, perché lei sa meglio della figlia quello che passa nellasua mente confusa. Ma quando la ragazza dice 's ì '? 'Sì' nonvuoi dire ' sì ', vuoi dire soltanto che la figlia non ha mai la forzadi dire ' no '. Sia la madre che la figlia sono dunque legate daquesto modo paradossale di etichettare i messaggi.

Esempio 12. Greenburg ha pubblicato recentemente una raccoltaincantevole (e per certi aspetti tale da far drizzare i capelli) di co-municazioni paradossali di madri. Ecco una perla:

Regala a tuo figlio Marvin due camicie sportive. Laprima volta che ne mette una, guardalo con tristezza edigli col tuo Solito Tono di Voce: " Quell'altra non tipiace? " (58, p. 16)

6.43 - LA TEORIA DEL DOPPIO LEGAME

Bateson, Jackson, Haley e Weakland hanno descritto per primigli effetti del paradosso nella interazione umana, in un saggio in-titolato " Toward a Theory of Schizophrenia ". (Per una teoria dellaschizofrenia), (18), pubblicato nel 1956. Questo gruppo di ricer-ca ha studiato il fenomeno della comunicazione schizofrenica da unpunto di vista che è radicalmente diverso da tutte quelle ipotesisecondo cui la schizofrenia è anzitutto un disturbo intrapsichico ( d i -sordine del pensiero, funzione debole dell'Io, sommersione dellacoscienza ad opera del materiale del processo primario, o fenomenisimili) che poi influenza anche le relazioni del paziente con gli altrie infine le relazioni degli altri col paziente. E' sul versante oppostoche Bateson e i suoi collaboratori compiono il loro approccio: essisi chiedono quali sequenze di esperienza interpersonale provochereb-bero il comportamento (piuttosto che essere causate da esso) chegiustificherebbe la diagnosi di schizofrenia. Lo schizofrenico, ipotiz-zano, " deve vivere in un universo in cui le sequenze di eventi

208

LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.431

sono tali che le sue abitudini di comunicazione non convenzionaliin qualche modo saranno appropriate" (18, p. 253). E' una ipotesiche li ha portati a postulare e a identificare certe caratteristicheessenziali di tale interazione, per cui hanno coniato il termine doppiolegame. Queste caratteristiche sono anche il minimo comune deno-minatore che sottende la miscellanea di esempi — che altrimentisarebbe forse sconcertante — che abbiamo presentato nelle sezioniprecedenti di questo capitolo.

6.431Se ne ritocchiamo e allarghiamo un po' la definizione, è possibile

descrivere gli elementi di un doppio legame come segue:(1) Due o più persone sono coinvolte in una relazione intensa

che ha un alto valore di sopravvivenza fisica e/o psicologica peruna di esse, per alcune, o per tutte. Le situazioni in cui si hanno ti-picamente queste relazioni intense includono (ma non sono limitatead esse) la vita familiare (soprattutto l'interazione genitore-figlio);l'invalidità; la dipendenza materiale; la prigionia; l'amicizia; l'amore;la fedeltà a una credenza religiosa, a una causa o a una ideologia;i contesti influenzati da norme sociali o dalla tradizione; e la situa-zione psicoterapeutica.

(2) In un simile contesto viene dato un messaggio che è strut-turato in modo tale che (a) asserisce qualcosa, (b) asserisce qualcosasulla propria asserzione e (e) queste due asserzioni si escludono avicenda. Quindi, se il messaggio è un'ingiunzione, l'ingiunzione deveessere disobbedita per essere obbedita; se è una definizione del Sé odell'altro, la persona di cui si è data la definizione è quel tipo dipersona soltanto se non lo è, e non lo è se lo è. Il significato delmessaggio è perciò indecidibile nel senso descritto nella sez. 3.333.

(3) Infine, si impedisce al ricettore del messaggio di uscir fuoridallo schema stabilito da questo messaggio, o metacomunicando suesso (commentandolo) o chiudendosi in se stesso. Dunque anche seil messaggio è da un punto di vista logico privo di significato, èuna realtà pragmatica; egli non può non reagire ad esso, ma nonpuò neppure reagire ad esso in modo adeguato (non paradossale),perché il messaggio stesso è paradossale. Questa situazione spessosi ha quando viene proibito in modo più o meno evidente di mo-strare una qualsiasi consapevolezza della contraddizione o del veroproblema in questione. Una persona in una situazione di doppiolegame è quindi probabile che si trovi punita (o almeno che le sifaccia provare un senso di colpa) per avere avuto percezioni corrette,e che venga definita ' cattiva ' o 'folle ' per aver magari insinuato

209

6.432 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

che esiste una discrepanza tra ciò che vede e ciò che ' dovrebbevedere.10

La sostanza del doppio legame è dunque questa.

6.432Da quando questo concetto è stato formulato è diventato oggetto

della massima attenzione in psichiatrian e nelle scienze del com-portamento in genere ed è stato anche adottato nel gergo politico(97). Il problema della patogenesi del doppio legame divenne subito— ed è rimasto — l'aspetto più discusso e frainteso della teoria.E' quindi un punto che dobbiamo esaminare attentamente prima dicontinuare la nostra esposizione.

Non c'è alcun dubbio che il mondo in cui viviamo è ben lon-tano dall'essere un mondo logico e non c'è clubbio che tutti siamoesposti a doppi legami, eppure la maggior parte di noi riesce aconservare la propria salute mentale. Ma molte di queste esperienzesono isolate e spurie, anche se quando accadono possono esseretraumatiche. Una situazione molto diversa si presenta invece quandosi è esposti al doppio legame per lungo tempo e a poco a poco cisi abitua a tale situazione e la si aspetta. Questo, naturalmente,vale soprattutto per l'infanzia, quando tutti i bambini hanno latendenza a concludere che quello che accade a loro, accade in tuttoil mondo — è, per così dire, la legge dell'universo. E', dunque,chiaro che in questo caso non si tratta di un trauma isolato; sia-mo piuttosto di fronte a un modello ben determinato di interazione.Si può capire meglio la qualità interattiva di questo modello se si

10 Questo vale anche per le percezioni che una persona ha del comportamento edegli umori di un'altra. Cfr. il lavoro di Johnson e dei suoi collaboratori da cui ab-baimo tratto il brano che segue:

Quando questi bambini percepivano la rabbia e l'ostilità di un ge-nitore, come era avvenuto in molte occasioni, il genitore negava diessere arrabbiato e insisteva a dire che anche il bambino ammettevache lui non era arrabbiato, così il bambino si trovava di fronteal dilemma se credere al genitore o ai propri sensi. Se credeva aipropri sensi manteneva una salda presa sulla realtà; sa credeva alpadre, manteneva la relazione di cui aveva bisogno, ma distorceva lapropria percezione della realtà. (80, p. 143).

Laing (89) ha introdotto il concetto di mistificazione per un modello che è sostan-zialmente lo stesso.

11 Gli autori hanno ricevuto il Frieda Fromm-Reichmann Award 1961-62 del-l'Accademia di Psicoanalisi per l'importanza del contributo che hanno resoallo studio della schizofrenia.

210

LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.432

tiene presente che il doppio legame non può essere — per la na-tura della comunicazione umana — un fenomeno unidirezionale. Se,come abbiamo visto sopra (3), un doppio legame produce un com-portamento paradossale, allora sarà proprio questo comportamentoa ' legare doppio ' il ' doppio legatore '.12 Ma una volta che il mo-dello è scattato praticamente non ha alcun senso chiedere quando,come, e perché è stato istituito, poiché, come vedremo nel prossimocapitolo, i sistèmi patologici sono circoli viziosi curiosamente auto-perpetuantisi. In considerazione di tutto questo, noi siamo del pa-rere che non si possa rispondere alla domanda circa la patogenesidi un doppio legame nei termini di una relazione di causa-effetto,sulla base del modello medico della connessione esistente, per es.,tra infezione e infiammazione; il doppio legame non causa la schi-zofrenia. Tutto quello che si può dire è che dove il doppio legameè diventato il modello predominante della comunicazione, e dovel'attenzione diagnostica vien limitata all'individuo più manifesta-mente disturbato,13 si scoprirà che il comportamento di questo in-dividuo soddisfa i criteri diagnostici della schizofrenia. Soltanto inquesto senso un doppio legame si può considerare ' causativo ' equindi patogeno. Può sembrare una distinzione talmudica, ma noi

12 Questa reciprocità esiste anche quando tutto il potere sembra essere nellemani di una parte mentre l'altra è del tutto indifesa (per es. nella persecuzionepolitica) perché alla fine, come spiega Sartre (135), il torturatore è degradatoquanto la vittima. Si veda anche quanto ha scritto Weissberg (163) delle sue espe-rienze di vittima della Grande Purga nell'U.R.S.S., e il concetto di Meerloo (103)sul ' misterioso patto masochistico ' tra chi pratica il lavaggio del cervello e la suavittima.

Per uno studio particolareggiato sulla reciprocità del doppio legame nelle fa-miglie si veda Weakland (160); e anche Sluzki e collaboratori (144).

13 Non è possibile discutere in questo libro tutti gli aspetti e le ramificazioni dellateoria del doppio legame, ma occorre fare una breve digressione sul problema co-stituito dal grado del disturbo. L'esperienza ci ha più volte dimostrato che in unprimo momento può sembrare che i genitori degli schizofrenici siano individuicoerenti, ordinati, e che si possa prestar fede al mito che queste famiglie sarebberogente felice se non fosse per il fatto che hanno un figlio o una figlia psicotici. Maanche quando vengono intervistati in assenza del paziente, le loro grandi incoerenzedi comunicazione diventano subito evidenti. Vogliamo anche attirare l'attenzionesui numerosi esempi presentati da Laing e Esterson (90) e su uno scritto prece-dente, pionieristico, di Searles da cui è tratto il brano che segue:

Per esempio, la madre di un giovanotto gravemente schizofrenico,una donna molta emotiva che parlava con la velocità .di una mitraglia-trice, riversò su di me, in un flusso ininterrotto di parole, le seguentifrasi, che erano così piene di incoerenze, per il tono emozionale incui erano pronunciate, che mi lasciarono momentaneamente sbalordito:" Era tanto felice. Non riesco a capire quello che gli è capitato. Non

211

6.433 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

la riteniamo necessaria se si vuoi fare il passo concettuale dalla' schizofrenia come misteriosa malattia della mente individuale ' alla' schizofrenia come modello specifico di comunicazione '.

6.433Alle tre caratteristiche fondamentali di un doppio legame che

abbiamo indicato sopra (sez. 6.431), possiamo dunque aggiungerealtri due criteri per definire la connessione esistente tra il doppiolegame e la schizofrenia. Essi sono:

(4) Quando si ha un doppio legame di lunga durata, forse cro-nico, esso si trasformerà in qualcosa che ci si aspetta, qualcosa diautonomo e abituale, che riguarda la natura delle relazioni umanee del mondo in genere, una attesa che non ha bisogno di essereulteriormente rafforzata.

(5) II comportamento paradossale imposto dal doppio legame(punto (3) della sez. 6.431) a sua volta ha natura di doppio legame,e questo porta a un modello di comunicazione autoperpetuantesi. Ilcomportamento del comunicante più manifestamente disturbato, se10 si esamina isolatamente, soddisfa i criteri clinici della schizo-frenia.

6.434Da quanto abbiamo detto sopra il lettore avrà capito che i doppi

legami non sono semplicemente ingiunzioni contraddinone, ma veriparadossi. Abbiamo già considerato la fondamentale differenza esi-stente tra contraddizione e paradosso quando abbiamo esaminatole antinomie e scoperto che ogni antinomia è una contraddizionelogica ma che non ogni contraddizione logica è una antinomia. Lastessa distinzione vale per le ingiunzioni contraddittorie rispettoa quelle paradossali (doppi legami), ed è una distinzione della mas-sima importanza perché gli effetti pragmatici di queste due classidi ingiunzioni sono assai diversi. (Si vedano le illustrazioni a frontedella pagina 225).

Il nostro pensiero, la struttura logica del linguaggio, e in genere11 nostro modo di percepire la realtà si basano così saldamente sulla

era mai abbattuto. Gli piaceva il suo lavoro, accomodava le radio nelnegozio del signor Mitchell a Lewiston. Il signor Mitchell è un veroperfezionista. Prima di Edward credo che non c'è riuscito nessunoa stare in quel posto più di due o tre mesi. Ma è fantastico comeEdward andava d'accordo col signor Mitchell. Tornava a casa e di-ceva (la madre imita un sospiro di spossatezza): " Non ne possoproprio più! ". (142, pp. 3-4)

212

LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.434

legge aristotelica secondo cui A non può essere nello stesso temponon-A che questo tipo di contraddizione è troppo evidente peressere preso sul serio. Anche le contraddizioni imposte dalle occor-renze della vita quotidiana non sono patogene. Quando ci si trovadi fronte a due alternative che si escludono a vicenda, si devescegliere; una scelta precipitosa può presto rivelarsi errata oppure sipuò sbagliare per aver troppo esitato. Un dilemma simile è possi-bile che si presenti in qualunque situazione: da quella in cui unosi rammarica di non poter salvare capra e cavoli a quella, dispe-rata, di chi è intrappolato da un incendio al sesto piano di un edi-ficio in fiamme con le sole alternative di morire nel rogo o disaltare dalla finestra. Analogamente, negli esperimenti classici incui si pone un organismo in una situazione di conflitto (approccio-evitamento, approccio-approccio, evitamento-evitamento) la radice delconflitto è sempre rintracciabile in quegli elementi che equivalgonoa una contraddizione tra le alternative, che sono state offerte o im-poste. Questi esperimenti producono effetti comportamentali chevanno dall'indecisione, alla scelta sbagliata, a morire di fame persfuggire dalla punizione, ma tali comportamenti non presentano maila patologia peculiare che si osserva quando il dilemma è vera-mente paradossale.

Invece la presenza di tale patologia è evidente nei famosi esperi-menti di Pavlov in cui in un primo tempo si addestra un cane adifferenziare tra un cerchio e una ellissi e in un secondo tempo losi rende incapace di tale differenziazione quando l'ellisse viene amano a mano allargata in modo da sembrare sempre più simile aun cerchio. A nostro parere si tratta di un contesto che contienetutti gli elementi di un doppio legame nel senso che abbiamo so-pra precisato, tanto è vero che Pavlov ha coniato il termine ' ne-vrosi sperimentale ' per definire questi effetti comportamentali. Ilnodo del problema sta nel fatto che in questo tipo di esperimenti losperimentatore prima impone all'animale la necessità vitale di unadifferenziazione corretta e poi rende impossibile la differenziazioneentro tale schema. Il cane viene così gettato in un mondo in cui lasua sopravvivenza dipende dall'osservanza di una legge che viola sestessa: il paradosso alza la sua testa di Gorgone. A questo puntol'animale comincia ad esibire tipici disordini del comportamento;possono aversi manifestazioni di violenza crudele accanto a stati co-matosi e inoltre mostrerà in concomitanza i segni psicologici di unagrave eccitabilità.14

14 È significativo che gli animali che fin dall'inizio non sono stati addestrati a

213

6.435 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

Per riassumere. La distinzione più importante tra ingiunzionicontraddittorie e paradossali è la seguente. Di fronte a una ingiun-zione contraddittoria si sceglie una alternativa e si perde — o sipatisce — l'altra alternativa. Non è che il risultato sia quello piùsoddisfacente: abbiamo già accennato che non si può salvare caprae cavoli, e il male minore resta pur sempre un male. Ma l'ingiunzionecontraddittoria offre almeno la possibilità di compiere una scelta lo-gica. L'ingiunzione paradossale, invece, fa fallire la scelta stessa,nulla è possibile, e viene messa in moto una serie oscillante e au-toperpetuantesi.

Vorremmo annotare in margine un fatto di notevole interesse:l'effetto paralizzante del paradosso pragmatico non è affatto limitatoai primati o mammiferi; in generale gli effetti del paradosso ren-dono ugualmente vulnerabili anche gli organismi con un sistemanervoso e un cervello piuttosto rudimentali. Per cui è lecito sup-porre che questo processo coinvolga qualche legge fondamentale del-l'esistenza.

6.435Ma torniamo alla pragmatica della comunicazione umana e con-

sideriamo brevemente quali sono gli effetti comportamentali che pos-sono essere prodotti con maggiore probabilità dai doppi legami.Abbiamo fatto rilevare nella sez. 4.42 che in qualunque sequenzadi comunicazione ogni scambio di messaggi restringe il numero dellepossibili mosse successive. Nel caso di doppi legami, la complessitàdel modello è particolarmente vincolante e le reazioni pragmatichepossibili sono molto poche. Eccone alcune.

Di fronte all'assurdità insostenibile della sua situazione, è pro-babile che una persona concluda che deve essersi lasciata sfuggirequalche elemento d'importanza vitale che era inerente alla situa-zione o che le persone che contano in quel contesto gli avevanoofferto. Quest'ultima ipotesi sarebbe ulteriormente avvalorata dalfatto che agli altri la situazione pare che sia del tutto logica ecoerente. Che egli pensi che siano stati gli altri a nascondere questielementi d'importanza vitale sarebbe meramente una variazione deltema. In entrambi i casi — e questo è il punto centrale — saràossessionato dal bisogno di scoprire tali elementi, di dare un si-gnificato a ciò che continua ad accadere in lui e attorno a lui, e

differenziare, non mostrano questo tipo di comportamento in un contesto in cuila differenziazione è impossibile.

2J4

LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.435

alla fine sarà costretto ad estendere la sua ricerca ai fenomeni piùimprobabili e senza alcuna attinenza col significato e gli elementiche cerca di rintracciare. Questa deviazione dai problemi reali di-venta ancora più plausibile se si ricorda che un elemento essenzialedi una situazione di doppio legame è la proibizione di essere consa-pevoli della contraddizione che la situazione comporta.

D'altro canto può scegliere la reazione che le reclute scopronomolto presto e che è la migliore possibile alla logica ottundente (oalla mancanza di logica) della vita milita.re: prestare osservanza atutte le ingiunzioni prendendole alla lettera, guardandosi bene dalmostrare di avere idee personali. In questo modo, anziché impe-gnarsi in una ricerca interminabile di significati nascosti, scarterà apriori la possibilità che ci sia qualche altro aspetto delle relazioniumane che non sia il più letterale e superficiale o che un messaggiopossa esser più significativo di un altro. Come si può immaginare,un comportamento simile colpirebbe l'osservatore fino a sembrar-gli insensato, poiché l'incapacità di distinguere tra ciò che è ba-nale e ciò che è importante, ciò che è plausibile e ciò che non loè, senza dubbio è uno degli aspetti fondamentali dell'insensatezza.

La terza reazione possibile potrebbe essere quella di ritrarsi dallecomplicazioni della vita. Per mettere in atto una simile ' soluzione 'occorre isolarsi fisicamente quanto più possibile e inoltre bloccarel'ingresso dei canali di comunicazione perché la comunicazione nonconsente di isolarsi come si desidera. Quanto al blocco degli ingressi,bisogna ricordare il fenomeno della ' difesa percettiva ' che abbia-mo descritto brevemente alla sez. 3.234. Una persona che si difendein questo modo sembrerebbe all'osservatore una persona che si chiu-de in se stessa, inaccostabile, autistica. E' lecito supporre che pra-ticamente si possa ottenere lo stesso risultato — fuga dai viluppi deldoppio legame — con un comportamento iperattivo che sia cosìintenso e prolungato da sommergere la maggior parte dei messaggiche entrano. Queste tre forme di comportamento di fronte alla in-decidibilità di doppi legami reali o che ci si è abituati ad aspettarsirichiamano alla mente — come gli autori di questa teoria fannorilevare nel loro scritto originale — i quadri clinici della schizofre-nia, cioè rispettivamente i sottogruppi della schizofrenia paranoide,della ebefrenia, della catatonia (stuporosa e agitata). Bateson e i suoicollaboratori aggiungono:

Queste tre alternative non sono le uniche possibili.Il fatto è che una persona non può scegliere la sola alter-nativa che la aiuterebbe a scoprire quello che la gente

215

6.44 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA ,

vuoi dire; non è in grado — se non viene molto aiutata —di discutere i messaggi degli altri. Ma se non è in gradodi farlo, l'essere umano è simile a ogni sistema autorego-lantesi che abbia perduto il suo regolatore; gira entrouna spirale di deformazioni interminabili che sono peròsempre sistematiche. (18, p. 256)

Nelle pagine precedenti abbiamo fatto rilevare diverse volte che lacomunicazione schizofrenica è essa stessa paradossale e che quindiimpone il paradosso agli altri comunicanti; in tal modo si completaquesto ciclo vizioso.

156.44 - LE PREDIZIONI PARADOSSALI

Nei primi mesi del 1940 fece la sua comparsa un paradosso nuo-vo e particolarmente affascinante. Sebbene se ne ignori l'origine, ilparadosso suscitò molta attenzione e da allora se ne è discusso am-piamente in un gran numero di saggi, dei quali ben nove sonoapparsi sulla rivista Mina.16 Vedremo subito la particolare attinenzache questo paradosso ha con i fenomeni che stiamo studiando, perchéil suo fascino e la sua forza derivano dal fatto che senza una inte-razione in corso tra persone non sarebbe concepibile.

6.441Delle diverse versioni in cui il paradosso è stato presentato, noi

abbiamo scelto la seguente:

II direttore di una scuola annuncia agli allievi che cisarà un esame inatteso durante la prossima settimana, cioèin un giorno qualsiasi tra lunedì e venerdì. Gli studenti— un gruppo insolitamente raffinato a quanto sembra —gli fanno notare che, a meno che non violi i termini delproprio annuncio e non intenda dare un esame inatteso

15 Parti di questa sezione sono già state pubblicate (158).16 Per una rassegna di alcuni degli articoli precedenti e per una presentazione

esauriente di questo paradosso, si veda Nerlich (111); si veda anche Gardner (54)per un eccellente riassunto in cui presenta quasi tutte le versioni che sono statedate di questo paradosso.

216

LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.441

in un certo momento della settimana seguente, non potràesserci un esame simile. Perché — questo è il loro ra-gionamento — se non si è tenuto nessun esame entrogiovedì sera, allora non si può tenerlo inaspettatamentevenerdì, perché venerdì sarebbe l'unico giorno possibileche è rimasto. Ma se per questa ragione si esclude ve-nerdì, come possibile giorno d'esame, per la stessa ragionesi può escludere anche giovedì. E' chiaro che mercole-dì sera ci sarebbero rimasti soltanto due giorni: gio-vedì e venerdì. Abbiamo già dimostrato che venerdì sipuò escludere. Resta soltanto giovedì, ma un esame te-nuto di giovedì non sarebbe più inatteso. Naturalmente,per la stessa ragione si possono escludere mercoledì, mar-tedì, e infine anche lunedì: non ci si può essere un esameinatteso. Si può supporre che il direttore ascolti la loro' dimostrazione ' in silenzio e poi tenga l'esame, diciamo,giovedì mattina. Dal momento del suo annuncio egli ave-va programmato di tenere l'esame quel giovedì mattina.Essi, d'altro canto, sono ora di fronte a un esame com-pletamente inatteso — inatteso proprio perché hannoconvinto se stessi che l'esame non poteva essere inatteso.

Da quanto si è detto sopra non è troppo difficile distinguere i li-neamenti ormai familiari del paradosso. Da una parte, gli studentisi sono impegnati in quella che sembra essere una rigorosa dedu-zione logica derivata dalle premesse stabilite dall'annuncio del di-rettore e sono giunti alla conclusione che non ci sarebbe potuto essereun esame inatteso la settimana seguente. Dall'altra, è chiaro che i]direttore può tenere l'esame in un giorno qualunque della setti-mana senza violare affatto i termini del suo annuncio. L'aspettopiù sorprendente del paradosso è questo: se lo si esamina più davicino ci si rende conto che l'esame poteva tenersi anche di ve-nerdì ed essere ugualmente inatteso. In realtà, ciò che conta è lasituazione esistente il giovedì sera (gli altri giorni sono stati inclusisoltanto per abbellire la storia e rendere più complesso un aspettosecondario del problema). Da giovedì sera resta solo venerdì comegiorno possibile, 'ma questa constatazione rende del tutto prevedi-bile un esame di venerdì. " Deve essere domani, se proprio deveesserci un esame; non può essere domani perché non sarebbe inat-teso "; gli studenti la vedono così. Ora, è proprio questo processodeduttivo secondo cui l'esame è atteso e quindi impossibile cherende possibile al direttore di tenere un esame inatteso di venerdì

217

6.442 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

o anche in qualsiasi altro giorno della settimana, rispettando rigo-rosamente i termini del suo annuncio. Anche se gli studenti sirendono conto che la conclusione a cui sono giunti — secondo laquale non ci può essere un esame inatteso — è proprio la ragio-ne per cui è possibile tenere l'esame inaspettatamente, questa loroconsapevolezza non li aiuta affatto. L'unica cosa che dimostra èche se un giovedì sera aspettano che l'esame si tenga di venerdì edi conseguenza escludono la possibilità che venga dato, secondo leregole del direttore, allora l'esame può tenersi inaspettatamente,il che però lo rende del tutto prevedibile, cosa questa che a suavolta rende l'esame totalmente imprevedibile, e così via all'infinito.Per cui non si può predire.

Ecco, dunque, ancora un vero paradosso:(1) l'annuncio contiene una predizione nel linguaggio oggetto

(' ci sarà un esame ');(2 ) contiene una predizione nel metalinguaggio che nega la pre-

dicibilità di (1) cioè ''l'esame (predetto) sarà impredicibile';(3) le due predizioni si escludono a vicenda;(4) il direttore può impedire agli studenti di uscire fuori dalla

situazione creata dal suo annuncio e di ricevere informazionesupplementare che potrebbe metterli in grado di scoprire ladata dell'esame.

6.442Questo per quanto riguarda la struttura logica della predizione

del direttore della scuola. Quando si considerano le conseguenzepragmatiche, si possono trarre due conclusioni assai sorprendenti.La prima è che per realizzare la predizione contenuta nel suo an-nuncio, il direttore ha bisogno che gli studenti giungano alla con-clusione opposta (cioè, che un esame così come è stato annunciatoè logicamente impossibile), perché soltanto allora si sarà creata lasituazione in cui può diventare operante la predizione di un esameinatteso. Ma sostenere questo è come dire che il dilemma può sor-gere soltanto grazie alle osservazioni raffinate degli studenti. Seavessero avuto una intelligenza più tarda, è probabile che sarebbeloro sfuggita la sottile complessità del problema; probabilmenteavrebbero concluso che l'esame era imprevedibile e quindi avreb-bero posto il direttore in una posizione assurda. Perché non appenaessi — illogicamente — si rassegnano ad accettare il fatto chel'inatteso debba essere atteso, nessun esame sarebbe inatteso perloro in qualunque momento si tenga tra lunedì e venerdì. Non sem-bra, dunque, che la loro mancanza di logica renda più realistico il

218

LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.442

loro modo di vedere? Perché non c'è alcuna ragione per cui non sipossa tenere inaspettatamente l'esame in un giorno qualsiasi dellasettimana, ci sono soltanto questi studenti raffinati che trascuranoun fatto così innegabile.

Nel lavoro psicoterapeutico con pazienti schizofrenici intelligentisi è più volte tentati di concludere che si troverebbero molto me-glio, che sarebbero molto più ' normali ', soltanto se potessero unpoco smussare l'acutezza del loro pensiero e quindi attenuare l'ef-fetto paralizzante che ha sulle loro azioni. A modo loro sembra chediscendano tutti dal protagonista trogloditico del romanzo di Do-stoevskij Ricordi dal sottosuolo, il quale spiega:

Vi giuro, signori, che aver coscienza di troppe cose èuna malattia, una vera e propria malattia. (38) *

E qualche pagina più avanti:

... l'inerzia mi schiacciava. Il logico, legittimo, imme-diato frutto della coscienza è infatti l'inerzia, ossia un co-sciente starsene colle braccia conserte. Ne ho già accen-nato più sopra. Lo ripeto, e lo ripeterò finché avrò fiato:tutti gli uomini immediati e d'azione se sono attivi èperché son stupidi e limitati. Come si spiega ciò? Eccocome: essi, in conseguenza della loro limitatezza, scam-biano per cause prime quelle più prossime e appena con-comitanti, e in tal modo si convincono più presto e piùfacilmente degli altri d'aver trovato alla loro attività unsicuro fondamento, e così s'acquetano; e questo è l'im-portante. Giacché per cominciare ad agire occorre esserepreliminarmente tranquilli, e che dubbi non ne riman-gano pLinti. Be', e come farò per esempio io a essertranquillo? Dove le ho io le cause prime su cui poggiare,dove li ho i fondamenti? Dove li andrò a prendere? Iofo professione di pensiero, il che significa che per meogni causa originaria se ne tira dietro un'altra ancora piùoriginaria, e così via all'infinito. Questo è appunto ilsucco d'ogni coscienza e d'ogni pensiero. (38) *

* F. Dostoevskij, Ricordi dal sottosuolo, trad. it. di T. Landolfi, Firenze, Vallee,chi, 1964, p. 11.

* Ibidem, pp. 26-27.

219

6.443 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

O si ricordino le parole di Amieto (IV/4):

E siaoblio bestiale oppure il vile scrupolodi meditare troppo su un evento *(e allora nel pensiero sono tre partidi codardia e una sola di saggezza)io sto qui a dire ' devo farlo ' quandoho causa mezzi forza e volontàper compierlo. *

Se, come abbiamo visto nella sez. 6.435, il doppio legame deter-mina un comportamento che richiama i sottogruppi della schizo-frenia paranoide, della ebefrenia e della catatonia, sembra che le pre-dizioni paradossali presentino affinità col comportamento che richiamal'abulia e l'inerzia tipiche della schizofrenia semplice.

6.443Ma la seconda conclusione che si può trarre è forse anche più

sconcertante della prima che sembra una giustificazione della roz-zezza di pensiero. Il dilemma sarebbe ugualmente impossibile se glistudenti implicitamente non si fidassero del direttore. Tutta la lorodeduzione s'impernia sull'ipotesi che ci si possa e ci si debba fidaredel direttore. Un dubbio sulla sua lealtà non dissolverebbe il pa-radosso dal punto di vista della logica, ma certamente lo dissolve-rebbe dal punto di vista della pragmatica. Se non ci si può fidaredi lui, allora non c'è alcuna ragione di prendere sul serio il suoannuncio, e in tali circostanze la cosa migliore che gli studentipossano fare è aspettarsi un esame in un certo momento tra lunedìe venerdì. (Ciò significa che essi possono accettare soltanto quellaparte dell'annuncio che è a livello di contenuto (linguaggio oggetto),cioè: " Ci sarà un esame la prossima settimana ". e trascurare loaspetto di metacomunicazione che tratta della predicibilità). Si giun-ge così alla conclusione che non soltanto la logicità di pensiero maanche la fiducia ci rendono vulnerabili a questo genere di paradosso.

6.444Può sembrare che un paradosso simile nella vita reale si pre-

senti raramente, o forse mai. Comunque sia, è un discorso che non

* W. Shakespeare, Amlelo, trad. it. di E. Montale, Firenze, Vallecchi, 1949,p. 145.

220

LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.445

vale per la comunicazione schizofrenica. Riteniamo che una per-sona che rechi l'etichetta diagnostica di '' schizofrenico ' possa assu-mere sia la parte degli studenti che quella del direttore. Comegli studenti è preso nel dilemma (che abbiamo descritto sopra) dilogica e fiducia. Ma viene anche a trovarsi in una posizione assaisimile a quella del direttore perché si impegna come lui in messaggidi comunicazione che sono indecidibili. Nerlich, senza rendersi conto,ovviamente, di quanto le osservazioni conclusive del suo saggio fos-sero applicabili al nostro assunto, ha espresso alla perfezione questostato di cose: "Un modo per non dire niente è contraddirsi. E seuno riesce a contraddirsi dicendo che non sta dicendo niente, alloraalla fine non si contraddice affatto. Può salvare capra e cavoli "(111, p. 513).

Se, come abbiamo postulato nelle sez. 2.23 e 3.2, lo schizofrenicosta tentando di non comunicare, allora la ' soluzione ' del suo di-lemma è l'uso di messaggi indecidibili- che dicono di se stessi chenon stanno dicendo niente.

6.445Ma anche in settori diversi da quello delle comunicazioni pura-

mente schizofreniche si può constatare che le predizioni paradossaliturbano i rapporti umani. Si presentano, per esempio, ogni voltache una persona P, godendo implicitamente della fiducia dell'altro,O, minaccia di fare qualcosa a O, che renderebbe P indegno di fidu-cia. L'esempio che segue può illustrare tale interazione.

Una coppia sposata ricorre allo psichiatra perché la gelosia ec-cessiva della moglie rende insopportabile la vita di tutti e due. Siviene a sapere che il marito (una persona estremamente severa emoralistica) nutre un grande orgoglio per il suo stile di vita asceticoe per il fatto che " in tutta la mia vita, non ho mai dato motivo anessuno di non aver fiducia nella mia parola ". La moglie, cheproviene da un ambiente assai diverso, ha accettato la posizionecomplementare one-down.' Su un punto però non ha ceduto: nonè stata mai disposta a rinunciare al suo bicchierino prima di pranzo,un'abitudine che per il marito (che è astemio) è disgustosa e cheè stata il tema di innumerevoli litigi quasi dall'inizio del matri-monio. Circa due anni prima, in un accesso di rabbia, il marito leaveva detto: " Se non la pianti col tuo vizio, comincerò ad averneuno anch'io ", aggiungendo che sarebbe andato con altre donne. Laminaccia non aveva affatto cambiato il loro modello di relazione, ealcuni mesi dopo il marito aveva deciso di lasciarle bere i suoibicchierini per amore della quiete familiare. In quel preciso mo-

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6.446 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

mento era divampata la gelosia di lei, gelosia che aveva e ha questamotivazione: mio marito è del tutto degno di fiducia; perciò staper mettere in atto la sua minaccia di essere infedele, cioè indegnodi fiducia. Il marito, d'altro canto, è preso senza scampo nellarete della sua predizione paradossale, in quanto non può rassicu-rarla in modo convincente che la sua minaccia è stata dettata dal-l'impulso e che non dovrebbe essere presa sul serio. Si rendonoconto di essere presi in una trappola che essi stessi hanno costruito,ma non vedono alcuna via di uscita.

La struttura della minaccia del marito è identica alla strutturadell'annuncio del direttore. Secondo la moglie, lui sta dicendo:

(1) sono del tutto degno di fiducia (trustworthy);(2) ora ti punirò con l'essere indegno di fiducia (infedele, tra-

ditore);(3) perciò, resterò degno di fiducia con l'essere indegno di fidu-

cia, perché se adesso non distruggessi la tua fiducia nella miafedeltà (trustworthiness] coniugale, non sarei più degno difiducia.

Da un punto di vista semantico il paradosso sorge sui due diversisignificati di 'degno di fiducia'. Al punto (1) il termine è usatonel metalinguaggio per denotare la proprietà comune di tutte le sue(del marito) azioni, promesse e attitudini. Al punto (2) è usato nellinguaggio oggetto e si riferisce alla fedeltà coniugale. Lo stessovale per i due usi di ' atteso ' nell'annuncio del direttore. Ci sipuò attendere che tutte le sue predizioni si verifichino con certezza.In altre parole, l'aspettabilità è la proprietà comune che determinala classe delle sue predizioni. Quindi se l'aspettabilità di un mem-bro di questa classe — cioè una predizione specifica — viene ne-gata, si tratta della aspettabilità di un tipo logico diverso, cioèpiù basso di quello che è • la proprietà della classe, designata dallostesso termine. Da un punto di vista pragmatico, sia l'annunciodel direttore che quello del marito creano contesti che sono inso-stenibili.6.446 - La fiducia - II dilemma dei prigionieri

Nei rapporti umani, ogni predizione è in qualche modo colle-gata col fenomeno della fiducia. Se P consegna all'altro, O, un as-segno di conto corrente, O non sa in base all'informazione di cuidispone in quel momento se questo assegno è coperto o no. Inquesto senso le posizioni di P e di O sono assai diverse. P sa se

LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE 6.446

il suo assegno è coperto o no; O può soltanto fidarsi o diffidare dilui,17 perché non lo saprà finché non porterà l'assegno in banca.In quel momento la sua fiducia, o diffidenza, sarà sostituita dallamedesima certezza che P ha avuto fin dall'inizio. Nella comunica-zione umana non c'è alcun modo di far partecipare l'altro all'infor-mazione o alle percezioni di cui uno dispone esclusivamente persé. Nella migliore delle ipotesi l'altro può aver fiducia o diffidenza,ma non può mai sapere. D'altra parte, l'attività umana sarebbepraticamente paralizzata se la gente agisse soltanto in base all'infor-mazione di prima mano o alle percezioni. Quasi tutte le decisionisi fondano su questo o quel tipo di fiducia. C'è dunque sempre unarelazione tra la fiducia e i risultati che si otterranno e — in modopiù specifico — tra la fiducia e la predicibilità dei risultati.

Abbiamo finora considerato interazioni in cui una persona ha in-formazione di prima mano e l'altra può solo fidarsi o diffidare dellacomunicazione di tale informazione. Il direttore sa che darà l'esa-me giovedì mattina; il marito sa che non intende tradire la moglie;l'uomo che riempie un assegno sa (di solito) se è coperto o no.Ora, in ogni interazione del tipo ' dilemma dei prigionieri ', nes-suno dei due ha qualche informazione di prima mano. Entrambidevono fare assegnamento sulla fiducia che hanno nell'altro, suitentativi di valutazione del grado di fiducia che l'altro può avere,e sui loro sforzi di predire la procedura di decisione dell'altro chesanno che dipende in gran parte dalle sue (dell'altro) predizionisulle loro procedure. Tali predizioni, come ora vedremo, diventanoinvariabilmente paradossali.

Il ' dilemma dei prigionieri ' si può rappresentare mediante una ma-trice come la seguente:

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a2

b,

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8, —5

b..

—5, 8

— 3, — 3

17 È ovvio che la fiducia o la diffidenza di O siano influenzate dalle esperienzeche in passato ha avuto con P (se ne ha avute) e che il risultato del problema attualedetermini in che misura O si fiderà di P in futuro. Ma, per quelL che sono i nostrifini, è un aspetto che possiamo trascurare.

223

6.446 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

in cui due giocatori, A e B, hanno ciascuno due mosse alternative.1S

Cioè, A può scegliere o ^ o a2, e B può1 scegliere o bi o b2. En- 1trambi sono pienamente consapevoli dei guadagni e delle perditestabiliti dalla matrice. Dunque, A sa che se sceglie at e B b^ vin-ceranno cinque punti ciascuno; se invece B sceglie l'alternativab2> A perderà cinque punti e B ne vincerà otto. In una situazione ìjsimile si trova B rispetto ad A. Il loro dilemma è costituito dalfatto che ciascuno non sa che alternativa sceglierà l'altro, perchédebbono scegliere simultaneamente ma non possono comunicare |sulla loro decisione.

Di solito si presume che, indipendentemente dal fatto che il giocovenga giocato una sola volta o cento volte di seguito, la decisione |a2, b2 è quella più sicura, anche se comporta una perdita di trepunti sia per A che per B. 19 Naturalmente una soluzione più ragio- |nevole sarebbe a1( bj perché assicura a entrambi i giocatori unguadagno di cinque punti. Ma si può fare questa scelta soltanto acondizione che ci sia una fiducia reciproca. Perché se il giocatore |A, per es., ha giocato soltanto per elevare al massimo i suoi gua-dagni e ridurre al minimo le perdite, e se il giocatore A ha suffi-cienti ragioni per credere che il giocatore B si fida di lui e perciòsceglierà b1} allora il giocatore A ha tutte le ragioni per scegliere a2,poiché la decisione congiunta a2, bj da al giocatore A un guadagnomassimo. Ma se A è sufficientemente lucido, non può fare a menodi prevedere che B farà lo stesso ragionamento e quindi giocheràbo, piuttosto che b1; soprattutto se anche B crede che A si fidiabbastanza di lui e ha egli stesso abbastanza fiducia in A da credereche A giochi a l P Di conseguenza, siamo costretti malinconicamentea concludere che la decisione congiunta a,, b2, con una perdita per ;|entrambi i giocatori, sia la sola possibile.

Il risultato non è affatto teorico. Forse si tratta della più eleganterappresentazione astratta di un problema che abbiamo ripetutamenteincontrato nella psicoterapia del matrimonio. Coppie che vivono insilenziosa disperazione e che traggono il ' punteggio ' minimo dalleloro esperienze congiunte sono note agli psichiatri da molto tempo.

18 Non si dimentichi che il ' dilemma dei prigionieri ' è un gioco con sommadiversa da zero. La meta di ogni giocatore è dunque il proprio guadagno assoluto,senza badare al guadagno o alla perdita dell'altro. Quindi non solo la cooperazionenon viene esclusa (come accade nel gioco con somma zero), ma può anche esserela strategia ottimale. Neanche la randomizzazione delle mosse (nel caso di giochisuccessivi) è una strategia automaticamente desiderabile.

" Per una discussione dettagliata si veda Rapoport (122) e Schelling (140).

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(Vedi nota 4 a pag. 191)

FIGURA 1FIGURA

Nella figura 1 le due ingiunzioni semplicemente si contraddicono a vicenda. Si può obbedire dunquea una ingiunzione soltanto. Nella figura 2 (supponiamo che si tratti di un gioco verbale con unafunzione pratica) il cartello crea un paradosso mediante la sua riflessività: anzitutto occorre notarloper obbedire alla ingiunzione di ignorarlo. Ma l'atto concreto di notare il cartello si compie disob-bedendo alla ingiunzione stessa. Per cui si può obbedire al cartello soltanto disobbedendogli edisubbidirgli soltanto obbedendogli. (Si veda la sez. 6.434, dedicata alle semplici contraddizioni e

paradossi).

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6.5 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

si distinguono dalla semplice contraddizione soprattutto per quemotivo: mentre nel caso di una contraddizione la scelta è unazione, nei paradossi la scelta non è neanche possibile. Ci sonotipi di paradossi pragmatici: le ingiunzioni paradossali (doppi lemi) e le predizioni paradossali.

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