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CAPITOLO 5.

IL QUADRO NORMATIVO E GLI STRUMENTI OPERATIVI PER GLI INTERVENTI DI CONSOLIDAMENTO SISMICO

R. Landolfo, F.Portioli, M.D’Aniello Dipartimento di Costruzioni e Metodi Matematici in Architettura

5.1 Introduzione

Per “valutazione della sicurezza” si intende un procedimento quantitativo volto a veri-ficare una struttura esistente nei confronti delle azioni di progetto, ovvero a determi-nare l’entità massima delle azioni a cui la struttura è capace di resistere secondo i mar-gini di sicurezza richiesti. Le attuali norme tecniche per le costruzioni definiscono le procedure necessarie sia alla valutazione della sicurezza degli edifici esistenti che al progetto degli eventuali inter-venti strutturali atti a garantire i prefissati livelli di sicurezza. La valutazione della sicurezza degli edifici esistenti comporta la programmazione di un adeguato piano di indagini per la caratterizzazione delle proprietà dei materiali e l’identificazione geometrica della struttura, con importanti ricadute sui costi degli in-terventi di consolidamento. Le aleatorietà che intervengono nella definizione del modello strutturale di un edificio esistente, legate alla più o meno accurata identificazione delle caratteristiche geome-triche e meccaniche dell’opera in esame, sono considerate attraverso l’introduzione di specifici coefficienti di sicurezza. Tali coefficienti, denominati ‘fattori di confidenza’, modificano i parametri di capacità in ragione del livello di conoscenza raggiunto, ovve-ro in funzione del tipo e della numerosità delle indagini effettuate. La valutazione della sicurezza deve utilizzare, per quanto possibile, metodi di analisi che consentano di stimare in maniera appropriata sia la resistenza che la duttilità di-sponibile, tenendo conto dell’effettiva capacità dissipativa dei diversi meccanismi di rottura e adottando parametri prestazionali opportunamente diversificati. Allo scopo di offrire una panoramica delle analisi e delle indagini necessarie, si riporta di seguito una descrizione sintetica delle procedure di valutazione della sicurezza degli edifici esistenti di calcestruzzo armato in zona sismica.

5.2 La normativa di riferimento

Le norme tecniche di riferimento per la valutazione della sicurezza di edifici esistenti in calcestruzzo armato sono :

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- D.M. 14 gennaio 2008. “Norme Tecniche per le Costruzioni”. 2008. - CIRCOLARE 2 febbraio 2009 n. 617. “Istruzioni per l'applicazione delle

Nuove norme tecniche per le costruzioni” di cui al decreto ministeriale 14

gennaio 2008. (GU n. 47 del 26‐2‐2009 Suppl. Ordinario n.27).

- UNI EN 1992‐1‐1:2005. Eurocodice 2. Progettazione delle strutture di

calcestruzzo armato‐ Parte 1‐1: Regole generali e regole per gli edifici. 2005.

Inoltre è possibile fare riferimento alle seguenti norme europee, linee guida e docu-menti aventi per oggetto la valutazione delle caratteristiche fisico‐meccaniche del cal-cestruzzo in opera:

- UNI EN 12504‐2:2001. Prove sul calcestruzzo nelle strutture ‐ Prove non distruttive Determinazione dell'indice sclerometrico. s.l. : UNI, 2001.

- UNI EN 12504‐1:2002. Prove sul calcestruzzo nelle strutture. Carote, Prelievo, esame e prova di compressione. s.l. : UNI, 2002.

- UNI EN 12390‐3:2003. Prova sul calcestruzzo indurito ‐ Resistenza alla compressione dei provini. s.l. : UNI, 2003.

- BRITISH STANDARD 1881. Testing Concrete, part 120 – Methods for de-termination of the compressive strength of concrete cores. 1983.

- A.C.I. 214.4R‐03. Guide for Obtaining Cores and Interpreting Compres-sive Strenght Results. 2003.

- Reluis. LINEE GUIDA. Modalità di indagine sulle strutture e sui terreni per i progetti di riparazione/miglioramento/ricostruzione di edifici inagibili (Bozza). 2010.

- Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei LL.PP. Linee Guida per la messa in opera del calcestruzzo strutturale e per la valutazione del-le caratteristiche meccaniche del calcestruzzo indurito mediante prove non distruttive. febbraio 2008.

- Masi, A. La stima della resistenza del calcestruzzo in situ mediante prove distruttive e non distruttive. 2005.

5.3 Il metodo semiprobabilistico agli stati limite per la misura della sicurezza strut-turale

La misura di sicurezza degli edifici esistenti deve essere effettuata in base al metodo semi-probabilistico agli stati limite. Il metodo agli stati limite si inquadra nell’ambito degli approcci alla progettazione di ti-po prestazionale (performance-based design approach). Tali metodi si basano sull’identificazione di diversi livelli di prestazione e dei relativi requisiti che la struttura deve soddisfare (Landolfo, 2005). Il termine “semiprobabilistico” attiene alle modalità con le quali il metodo tratta le diverse aleatorietà connesse alle varie grandezze da cui dipende la sicurezza di una costruzione. Tali grandezze sono infatti variabili aleatorie e

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pertanto la misura di sicurezza deve essere in generale condotta in termini probabili-stici. Per tener conto di tutte le aleatorietà insite nelle diverse fasi del procedimento di veri-fica, i metodi semiprobabilistici operano in via semplificativa attraverso coefficienti di sicurezza applicati alle due variabili di riferimento delle azioni e delle resistenze dei materiali. I coefficienti sono calibrati in funzione della probabilità di successo con la quale la verifica del generico livello di prestazione deve essere soddisfatta. Per tale motivo tali metodi sono anche definiti come “metodi dei coefficienti parziali”. In particolare, nel metodo agli stati limite, così come formulato nell’attuale normativa, la verifica deve essere soddisfatta per diverse condizioni, relative sia a situazioni di e-sercizio che ultime, ovvero di collasso o di dissesto grave. Tali condizioni vengono defi-nite rispettivamente Stati Limite di Esercizio (SLE) e Stati Limite Ultimi (SLU). Nel caso degli edifici di nuova costruzione, le verifiche devono essere effettuate per ciascuno degli stati limite sulla base dei valori di progetto delle resistenze e delle azioni che si ri-cavano a partire dai valori di riferimento caratteristici e dei relativi coefficienti parziali di sicurezza, associati sia ai materiali che alle sollecitazioni. Per gli edifici esistenti, i va-lori di calcolo delle resistenze sono determinati sulla base delle indagini effettuate, come specificato nel seguito. Con particolare riferimento alle verifiche di sicurezza per azioni sismiche, gli stati limite di esercizio si distinguono in Stato Limite di Operatività (SLO) e Stato Limite di Danno (SLD), mentre gli stati limite ultimi si dividono in Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV) e Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC). Nello Stato Limite di Operatività, la struttura e gli elementi non strutturali non subi-scono danni ed interruzioni d’uso a seguito del terremoto. In corrispondenza dello Sta-to Limite di Danno, la costruzione subisce danni tali da non compromettere significati-vamente le prestazioni nei confronti delle azioni verticali ed orizzontali, consentendone comunque l’immediato utilizzo. Nel caso dello SLV la struttura subisce gravi danni ma conserva un adeguato margine di sicurezza nei confronti delle azioni laterali. Nello SLC, il margine di sicurezza rispetto al collasso per azioni orizzontali risulta più esiguo. In Figura 5.3.1 sono rappresentati i diversi stati limite, ovvero i livelli prestazionali ri-chiesti, con riferimento ad una curva di pushover di un edificio, che caratterizza la ri-sposta della struttura in termini di tagliante alla base e spostamento laterale di un pun-to di controllo, generalmente scelto sulla sommità della costruzione (Portioli 2011). Ciascuno stato limite è caratterizzato da diverse probabilità di superamento

RVP dell’azione sismica nel periodo di riferimento VR.

Il periodo di riferimento si calcola come prodotto R N UV =V C , con VN vita nominale

dell’edificio e CU coefficiente d’uso, funzione della classe d’uso della costruzione. Per costruzioni nella Classe d’uso II, ovvero soggette a normali affollamenti, il periodo di ri-ferimento può assumersi pari a 50 anni. In particolare, le probabilità di superamento dell’azione sismica di progetto per i diver-si stati limite considerati risultano rispettivamente pari al 81%, 63%, 10% e 5%.

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Figura 5.3.1. Stati limite per azioni sismiche (Hamburger, 2004).

Si precisa che nel caso degli edifici esistenti in c.a., la verifica può limitarsi al caso dei soli stati limite ultimi (SLU). In particolare le analisi possono essere condotte in via al-ternativa sia allo Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV) che allo Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC).

5.4 La procedura di valutazione della sicurezza

La procedura prevista dalle norme tecniche si compone di diverse fasi ed include: - l’analisi storico-critica del manufatto; - il rilievo; - la caratterizzazione meccanica dei materiali; - la definizione dei livelli di conoscenza e dei relativi fattori di confidenza; - la definizione delle azioni; - la modellazione e l’analisi strutturale; - la valutazione della sicurezza con particolare riferimento alle azioni sismi-

che; - il progetto dell’intervento strutturale.

Il numero ed il tipo di indagini effettuate determinano i livelli di conoscenza del manu-fatto, cui corrispondono diversi fattori di confidenza. Tali fattori rappresentano ulterio-ri coefficienti parziali di sicurezza e possono essere utilizzati sia per definire i valori di calcolo delle resistenze dei materiali che, all’occorrenza, per determinare le sollecita-zioni sugli elementi fragili della costruzione.

5.4.1 L’analisi storico-critica

L’analisi storico-critica del fabbricato è rivolta all’acquisizione della documentazione o-riginale di progetto ed all’analisi dei successivi interventi. La ricostruzione della storia del fabbricato è particolarmente utile per definire il numero ed il tipo di eventi sismici che hanno interessato in passato la struttura. Tali informazioni possono costituire un

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database di tipo sperimentale da utilizzare successivamente a supporto delle analisi di vulnerabilità.

5.4.2 Il rilievo della geometria e dei dettagli costruttivi

Il rilievo geometrico-strutturale è di fondamentale importanza per una corretta defini-zione del modello di calcolo del fabbricato esistente ai fini delle verifiche di sicurezza. Il rilievo deve essere condotto sia per le parti strutturali esterne, ovvero in vista, che con riferimento ai dettagli costruttivi, come ad esempio nel caso delle armature negli ele-menti in c.a. Il rilievo della geometria strutturale esterna deve essere compiuto in ogni caso ed in modo dettagliato, mentre si accettano diversi livelli di indagine per il rilievo dei dettagli costruttivi. Particolare attenzione dovrà essere posta inoltre allo stato di conservazione dei materiali e all’individuazione di eventuali quadri fessurativi. Nel caso delle costruzioni in cemento armato, tutte le informazioni relative alla geome-tria della struttura si desumono direttamente dalla documentazione originale di pro-getto oppure dal rilievo. Nel primo caso è comunque necessario procedere ad un con-trollo visivo a campione per verificare la congruenza tra i dati di progetto e la struttura effettivamente realizzata. Per quanto concerne i dettagli costruttivi e strutturali, come le armature, il rilievo può avvenire in modo indiretto, attraverso i disegni costruttivi o mediante verifiche in-situ. In assenza di informazioni particolareggiate è possibile procedere alla definizione dei dettagli costruttivi attraverso un progetto simulato, ovvero condotto in conformità alla normativa vigente all’epoca di costruzione del fabbricato.

5.4.3 Caratterizzazione meccanica dei materiali

Per la caratterizzazione meccanica dei materiali, occorre definire un piano di indagini, sia a supporto della fase di diagnostica che per la definizione dell’intervento struttura-le. Le indagini dovranno basarsi sia sulla documentazione disponibile, che su esami vi-sivi e prove sperimentali. In generale, le indagini mirate alla caratterizzazione meccani-ca dei materiali vengono distinte in indagini in-situ limitate, estese ed esaustive. Con riferimento alle costruzioni in cemento armato, l’identificazione delle proprietà dei materiali avviene in generale con il prelievo di campioni e l’esecuzione di prove di compressione o di trazione fino a rottura. I metodi di prova non distruttivi possono es-sere utilizzati a complemento delle prove di resistenza. Le prove in-situ devono essere utilizzate sia nel caso non siano direttamente reperibili informazioni dalla documenta-zione originale che a supporto dei certificati originali.

5.4.4 Livelli di conoscenza e fattori di confidenza

Le Istruzioni per l’applicazione delle Nuove norme tecniche definiscono diversi livelli di conoscenza (LC) in funzione dell’accuratezza del rilievo geometrico e dei dettagli co-struttivi, nonché del tipo e del numero di indagini effettuate per la caratterizzazione meccanica dei materiali.

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Tabella 5.4.1. Definizione del livello di indagini per gli edifici in calstruzzo armato.

Ai fini della scelta del tipo di analisi e dei valori dei fattori di confidenza, si distinguono i tre livelli di conoscenza:

- LC1: Conoscenza Limitata; - LC2: Conoscenza Adeguata; - LC3: Conoscenza Accurata.

Ai diversi livelli di conoscenza corrispondono differenti metodi di analisi e fattori di confidenza (FC). I fattori di confidenza sono utilizzati sia per definire le resistenze di calcolo dei materiali da utilizzarsi nelle formule per la capacità degli elementi struttura-li che per verificare la gerarchia delle resistenze tra elementi fragili e duttili nel caso di analisi statica lineare con spettro elastico, come specificato di seguito. Nelle Tabelle seguenti sono riporate le relazioni esistenti tra il livello di conoscenza perseguibile e le informazioni necessarie per la identificazione geometrica e meccanica del sistema strutturale; sono inoltre riportate le metodologie d’analisi ed i fattori di confidenza da usare per la valutazione della sicurezza strutturale per un assegnato li-vello di conoscenza. Tabella 5.4.2. Livelli di conoscenza e relativi fattori di confidenza

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5.4.5 Le azioni

Le azioni sismiche che agiscono sulle costruzioni in occasione di un terremoto dipen-dono dalle forze inerziali che subiscono le diverse masse della struttura per effetto del-le accelerazioni impresse dal moto del suolo. In generale, l’azione sismica è caratterizzata da tre componenti traslazionali, di cui due nel piano orizzontale tra loro ortogonali ed una lungo la direzione verticale. Ai fini delle verifiche di sicurezza ed in funzione del tipo di analisi, l’azione sismica può essere valutata, sulla base della pericolosità sismica del sito, sia mediante spettri di ac-celerazione che direttamente attraverso l’impiego di accelerogrammi. La pericolosità sismica è definita dai valori di accelerazione orizzontale massima al suo-

lo ag, dal valore massimo del fattore di amplificazione F0 e dal periodo di inizio *cT del

tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione orizzontale. Tali parametri so-no calcolati per diversi valori del periodo di riferimento e della relativa probabilità di superamento. La normativa fornisce tali valori in corrispondenza di un reticolo che divide il territorio nazionale in una maglia di dimensioni massime 10.0 x 10.0 km, i cui punti sono definiti in termini di latitudine e longitudine. Nel caso di analisi statiche ed analisi dinamiche modali, l’azione sismica viene calcolata sulla base degli spettri di risposta elastici in accelerazione. Lo spettro di risposta elastico in accelerazione restituisce le pseudo-accelerazioni spet-trali, che in via approssimata rappresentano le massime accelerazioni attese su di un sistema ad un sol grado di libertà con comportamento lineare, in funzione del suo pe-riodo di oscillazione T e per uno smorzamento convenzionale pari al 5%. Sia la forma spettrale che l’accelerazione orizzontale massima al suolo sono funzioni della probabi-

lità di superamento RVP . Lo spettro elastico è inoltre funzione della categoria di sotto-

suolo e delle condizioni topografiche, che possono generare effetti locali di amplifica-zione. In Figura 5.4.1 è riportata la forma dello spettro elastico in funzione dei diversi para-metri. In particolare, ag è l’accelerazione orizzontale massima su sito di riferimento ri-gido orizzontale, η è un fattore correttivo rispetto al coefficiente di smorzamento pari al 5%, S tiene conto della categoria di sottosuolo e delle condizioni topografiche, Fo è il fattore che quantifica l’amplificazione spettrale massima, con valore minimo pari a 2,2. I valori dei periodi di vibrazione TB, TC e TD sono funzione della categoria di sottosuolo,

del periodo di riferimento *cT e dell’accelerazione ag.

L’azione sismica si definisce attraverso lo spettro di progetto, che nel caso delle verifi-che agli SLU si ottiene dividendo le ordinate dello spettro elastico per un coefficiente q, denominato fattore di struttura. Il fattore di struttura tiene conto del comportamento anelastico della costruzione sog-getta ad azioni sismiche, ed in particolare delle capacità dissipative, delle sovraresi-stenze e degli incrementi del periodo proprio di oscillazione, che comportano global-mente una riduzione delle forze agenti rispetto al caso elastico (Petrini et al. 2004).

In generale, il fattore di struttura è definito dal prodotto 0 Rq q K , dove q0 rappresen-

ta il massimo valore di q e KR è un fattore riduttivo, che tiene conto delle caratteristi-che di regolarità in altezza della struttura.

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Figura 5.4.1. Spettro di risposta elastico in accelerazione delle componenti orizzontali, secondo le NTC08.

La stima del fattore di struttura dipende da diversi parametri, ed il suo valore deve es-sere accuratamente giustificato e verificato, soprattutto nelle analisi di vulnerabilità. La normativa prescrive l’uso di fattori di struttura diversi, in funzione del tipo di costru-zione e della tipologia strutturale, in accordo alle differenti capacità dissipative. Nel caso di analisi dinamiche non lineari l’azione sismica viene valutata attraverso l’uso di accelerogrammi, che possono essere sia naturali che artificiali. Le caratteristiche degli accelerogrammi in termini di durata, massima accelerazione, contenuto in frequenze e numero di cicli devono essere stabilite in funzione delle ca-ratteristiche sismiche del sito di costruzione. In particolare, gli spettri degli accelero-grammi artificiali devono presentare uno scarto dell’ordinata media rispetto allo spet-tro elastico di riferimento non superiore al 10%. Nel caso di accelerogrammi naturali, i segnali devono essere opportunamente scalati in modo da approssimare gli spettri di risposta elastici nel campo di periodi di interesse per il caso in esame. Calcolati gli effetti dell’azione sismica, occorre combinare le sollecitazioni con le altre azioni secondo la relazione:

d 1 2 2j kjF =E+G +G + ψ Q (5.1)

dove Fd è il modello delle azioni sulla costruzione che si ottiene dalla combinazione ed E, G1, G2 e Qkj rappresentano rispettivamente l’azione sismica, le azioni permanenti re-

lative ai pesi propri strutturali e non strutturali e le azioni variabili. 2jψ è un coefficien-

te riduttivo del valore caratteristico, denominato coefficiente di combinazione, attra-verso il quale si calcola il valore quasi permanente dell’ azione variabile e si tiene conto della simultaneità delle azioni.

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5.4.6 Metodi di analisi

Con specifico riferimento alle azioni sismiche, le verifiche di sicurezza possono essere effettuate attraverso uno dei seguenti metodi: analisi lineare statica, lineare dinamica (o dinamica modale), non lineare statica e non lineare dinamica. Nell’ analisi statica lineare l’azione sismica viene modellata attraverso un sistema di forze statiche equivalenti alle forze inerziali indotte dal terremoto, applicate in corri-spondenza delle diverse masse che si assumono generalmente concentrate in corri-spondenza dei diversi impalcati. Nell’analisi dinamica lineare, o dinamica modale, occorre determinare i modi di vibra-zione della struttura. Gli effetti dell’azione sismica sono calcolati per ciascuno dei modi di vibrare ed infine combinati tra loro. Le analisi lineari, in particolare quelle dinamiche, forniscono utili indicazioni sul com-portamento elastico di una struttura e indicano quali componenti elementi palsticizza-no per primi. Tuttavia, non consentono di individuare i successivi meccanismi di collas-so e la relativa ridistribuzione del danno. L’impiego delle analisi elastiche è, quindi, soggetto a restrizioni, come dettagliatamente discusso ; la loro utilizzazione per l’analisi delle prestazioni sotto sisma è quindi soggetta a restrizioni, come quelle di-scusse nel capitolo che riguarda la procedura LDP (=Linear Dynamic Procedure ) propo-sta dalle FEMA 356. Nel caso si ritenga necessario eseguire un’analisi non-lineare è possibile eseguire sia analisi dinamiche che statiche. Le analisi dinamiche non lineari si basano sulla risoluzione delle equazioni del moto della struttura soggetta ad un input sismico caratterizzato mediante accelerogrammi. In accordo alla NTC 2008 ed all’EC8, nel caso in cui si utilizzano almeno sette diversi gruppi di accelerogrammi, gli effetti sulla struttura sono calcolati sulla base dei valori medi più sfavorevoli ottenuti dalle analisi. Ai fini delle verifiche prestazionali, per strutture di particolare complessità ed impor-tanza è possibile, inoltre, procedere attraverso analisi dinamiche incrementali. In que-sto caso, occorre scalare progressivamente ciascuno degli accelerogrammi selezionati, analizzando la risposta della struttura in termini di duttilità e resistenza al variare dell’intensità dell’azione. Questo approccio, però, risulta spesso oneroso e a volte impraticabile. Sono stati quin-di proposti, e vengono continuamente perfezionati, metodi semplificati basati su pro-cedure statiche non lineari. L’analisi statica non lineare consente di definire le curve di capacità a partire dalla cur-va di pushover. In particolare, la curva di pushover esprime il tagliante alla base della struttura in funzione dello spostamento di un punto di controllo, generalmente scelto in corrispondenza della copertura. attraverso un sistema equivalente a quello considerato, ad un sol grado di libertà (Shi-bata & Sozen 1976). Le curve di capacità si ricavano a partire dalle curve di pushover, dividendo le forze per la massa partecipante e gli spostamenti corrispondenti per il fattore di partecipazione modale e l’ampiezza modale.

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Tabella 5.4.3 Metodi di analisi e livelli di conoscenza

5.4.7 La modellazione strutturale

I modelli strutturali della costruzione possono essere di vario tipo, a seconda del me-todo di analisi che si intende utilizzare. Il modello di calcolo deve essere tridimensiona-le e deve tener conto delle effettive distribuzioni di massa e di rigidezza. Per tale moti-vo, la modellazione strutturale viene generalmente implementata in programmi di calcolo basati sul metodo degli elementi finiti. Nelle analisi lineari, i modelli sono generati mediante elementi elastici il cui compor-tamento è definito sulla base delle teorie strutturali delle travi e delle piastre. Quando si effettuano analisi non lineari è necessario implementare dei modelli che considerino sia le non linearità geometriche e meccaniche. Le non linearità geometriche possono essere tenute in conto amplificando le sollecita-zioni del primo ordine con il metodo dei tagli fittizi (Horne & Merchant 1964), oppure risolvendo la struttura in grandi spostamenti. Per quanto concerne la non linearità meccanica, i modelli possono essere a plasticità diffusa o concentrata. Nel primo caso l’elemento viene suddiviso in fibre ortogonali al piano della sezione trasversale. A ciascuna fibra sono assegnate delle specifiche pro-prietà del materiale in funzione della posizione all’interno della sezione. Tali modelli sono particolarmente indicati per seguire il comportamento non lineare degli elementi in regime flessionale, ma non si prestano in genere a cogliere altri tipi di risposta, come quella a taglio. Per tali motivi ed a causa dell’elevato onere computazionale ad essi as-sociato, questo tipo di modellazione risulta particolarmente indicato nel caso di nuove costruzioni, progettate per evitare rotture fragili degli elementi come quelle a taglio. Nei modelli a plasticità concentrata la risposta anelastica viene modellata in parti di-screte del modello, generalmente attraverso l’introduzione di elementi cerniera non-lineari con diversi gradi di libertà, a seconda del tipo di rottura che si intende cogliere nell’analisi. Nel caso di analisi dinamiche non lineari è importante infine procedere ad un‘appropriata modellazione dei legami costitutivi in campo anelastico anche per azio-ni cicliche.

5.4.8 Le verifiche per azioni sismiche

Per quanto concerne le verifiche degli elementi strutturali, i controlli devono essere eseguiti sia in termini di resistenze che di duttilità e deformabilità. Nel caso degli edifici in c.a è necessario infatti verificare sia i meccanismi duttili che quelli fragili (Cosenza et. al. 2008; Manfredi et al. 2007).

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A tale riguardo si definiscono duttili i meccanismi che si attivano nelle travi, nei pilastri e nelle pareti inflesse in presenza di bassi valori dello sforzo normale. Sono fragili i meccanismi di taglio che si generano nelle travi, nei pilastri, nelle pareti e nei nodi. Possono presentare un comportamento fragile anche i meccanismi di rottura flessiona-li dei pilastri soggetti a valori di sforzo normale particolarmente elevato. Per quanto concerne l’analisi delle sollecitazioni, le caratteristiche assiali, flessionali e taglianti possono essere opportunamente modificate rispetto ai valori ottenuti dal cal-colo. Mentre gli sforzi sugli elementi duttili sono quelli ottenuti dall’analisi strutturale, le sol-lecitazioni sugli elementi fragili si calcolano in funzione del tipo di analisi impiegato. Nel caso di analisi statiche lineari con spettro elastico, i valori delle sollecitazioni pos-sono essere valutate sulla base di considerazioni di equilibrio con gli elementi duttili. Nelle analisi con spettro di progetto ridotto mediante fattore di struttura q, le solleci-tazioni sugli elementi fragili corrispondono all’azione sismica calcolata per q = 1.5. Le resistenze degli elementi vengono calcolate sulla base dei valori medi, dei fattori di confidenza e dei coefficienti parziali di sicurezza del materiale. In generale, i valori di calcolo delle resistenze degli elementi e dei meccanismi duttili o fragili sono ottenuti dividendo le resistenze medie per i fattori di confidenza. Nel caso degli elementi fragili primari tali valori devono essere ulteriormente ridotti attraverso il coefficiente parziale di sicurezza dei materiali. Per quanto concerne le verifiche, nel caso di analisi lineari con spettro elastico di strut-ture in c.a occorre procedere sia a controlli di deformabilità degli elementi duttili che di resistenza di quelli fragili. Le verifiche di sicurezza nelle analisi statiche lineari con fattore q consistono principal-mente in verifiche di resistenza dei diversi elementi nei confronti delle sollecitazioni si-smiche ridotte. Negli edifici in c.a. la verifica dei meccanismi duttili o fragili si esegue controllando che la sollecitazione indotta dalle azioni di calcolo sia inferiore o uguale alla resistenza dell’elemento. Nelle analisi lineari con spettro di progetto, è necessario in particolare verificare che la struttura nel suo insieme sia in grado di garantire delle capacità dissipative congruenti con il fattore q adottato. La verifica si può ritenere soddisfatta se risultano applicate le regole di progetto specifiche e di gerarchia delle resistenze indicate per le diverse tipo-logie costruttive. In via alternativa, è necessario verificare che la struttura possieda una capacità di spostamento superiore alla domanda. Sebbene la normativa consenta l’impiego dei metodi di analisi lineari, è preferibile nel caso degli edifici esistenti procedere, quando possibile, secondo analisi non lineari. Nel caso delle analisi non lineari, sia statiche che dinamiche, la procedura di verifica prevede il confronto tra la capacità di spostamento della struttura e la domanda sismi-ca. Nelle analisi statiche non lineari la verifica avviene confrontando la capacità del siste-ma equivalente con la domanda sismica. Sia la domanda sismica che la capacità del si-stema sono calcolate con riferimento al piano spettrale, dove sono riportate le pseudo accelerazioni in funzione dei massimi spostamenti attesi. L’intersezione tra la domanda e la capacità consente di individuare il punto di funzionamento o performance point, così come illustrato in Fig. 5.4.2. La verifica consiste nel controllare che la domanda in

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spostamento corrispondente al performance point sia compatibile con la massima ca-pacità. Le principali procedure analitiche per la valutazione delle prestazioni degli edifici esi-stenti attraverso analisi pushover e spettri di domanda sono le seguenti: •metodo dello spettro di capacità (CSM) •metodo del coefficiente di spostamento (DCM) •metodo N2 Per il metodo dello spettro di capacità si rinvia al documento ATC 40, mentre per il me-todo del coefficiente di spostamento occorre far riferimento allee FEMA 356. Il metodo N2 è implementato dall’EC8 e dalla norma italiana DM2008.

Figura 5.4.2. Ricerca della prestazione strutturale (Performance point) nel piano spettrale.

5.5 Strumenti e metodi di indagine

La geometria della struttura può essere desunta dai disegni originali o in base ad un ri-lievo. Nel primo caso è da eseguirsi un rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni. Nel caso in cui tale corrispondenza risulti non verificata è comunque da eseguirsi un rilievo ex‐novo della struttura in esa-me. I dati raccolti sulle dimensioni degli elementi strutturali devono essere tali da con-sentire la messa a punto di un modello strutturale idoneo ad un’analisi lineare per LC1 e ad una analisi lineare o non lineare per LC2 e LC3. Le NTC08 non specificano l’applicazione di apposite tecniche di rilevazione, si rimanda quindi all’applicazione delle tecniche di rilievo comunemente in uso, tali da descrivere con un accettabile grado di aleatorietà la geometria dell’opera in esame allo scopo di definire un modello geometrico coerente. Tali tecniche si basano sull’applicazione di appositi strumenti, ognuno dei quali caratterizzato da uno specifico grado di aleatorie-tà del rilievo. Questi, in base alla metodologia di riferimento, possono sommariamente raggrupparsi, nell’ordine, in strumenti per il rilievo diretto, per il rilievo indiretto, strumenti per il ri-lievo fotogrammetrico ed a tecnologia laser scanner.

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5.6 Categorie di interventi

Nelle Norme tecniche per le costruzioni sono classificate diverse categorie di interventi strutturali in funzione del livello di sicurezza che si intende conseguire. In particolare, le tipologie di intervento sulle strutture esistenti possono essere classifi-cate nelle seguenti categorie:

- interventi di adeguamento; - interventi di miglioramento; - riparazioni o interventi locali.

Gli interventi di adeguamento sono mirati ad ottenere i livelli di sicurezza previsti dalle norme ed in conformità alle nuove costruzioni. Si precisa che è obbligatorio procedere, ove necessario, ad interventi di adeguamento strutturale nei casi di sopraelevazione ed in quelli di ampliamento e variazione di destinazione d’uso che comportino incrementi dei carichi complessivi in fondazione superiori al 10%. La valutazione della sicurezza ed il progetto dell’intervento devono necessariamente riferirsi in questi casi all’intero fabbricato. Si definisce intervento di miglioramento l’insieme delle misure atte ad incrementare la sicurezza della costruzione esistente, senza peraltro l’obbligo di raggiungere i livelli previsti dalla norme. Le valutazioni della sicurezza pre- e post-intervento devono esse-re condotte con riferimento a tutte le parti dell’edificio oggetto degli interventi di mi-glioramento. Rientrano in questa categoria di interventi le sostituzioni di solai che comportano una significativa variazione di rigidezza nel piano. Infine, si definiscono di riparazione o di tipo locale gli interventi che vengono effettuati su singole parti o elementi della struttura, ed in generale relativi a porzioni limitate della costruzione, che non comportano modifiche sostanziali nella risposta globale. In questi casi la valutazione della sicurezza ed il progetto dell’intervento possono essere riferiti alle parti direttamente interessate. Per ciascuna tipologia costruttiva, la normativa e la circolare applicativa definiscono i criteri ed i tipi di intervento, nonché i modelli di riferimento per il calcolo delle capacità dissipative e resistenti. Tra le diverse specifiche relative al progetto dell’intervento di adeguamento o miglio-ramento, è prevista in particolare la verifica della struttura prima dell’intervento con identificazione delle carenze e del livello di azione sismica per la quale viene raggiunto lo SLU, la scelta del tipo di intervento e la verifica della struttura post-intervento, con determinazione dell’azione sismica per la quale viene raggiunto lo SLU.

5.7 Conclusioni

In questo capitolo è stata presentata una descrizione sintetica dei metodi di verifica per azioni sismiche, con riferimento agli edifici esistenti in calcestruzzo armato, allo scopo di evidenziare le diverse problematiche inerenti il problema della valutazione e della misura della sicurezza. Sono stati illustrati sia i criteri di progetto che i metodi di verifica introdotti nel nuovo quadro normativo, con riferimento ai diversi requisiti di resistenza, rigidezza e duttilità

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delle costruzioni e sulla base dell’ approccio prestazionale di tipo semiprobabilistico adottato per la misura della sicurezza. Alla luce del quadro presentato, appare chiaro come le differenze connesse alle diver-se procedure di verifica e di progettazione possono avere importanti ricadute sui costi dei diversi tipi di intervento e pertanto devono essere attentamente considerate in fa-se di progetto. Bibliografia

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