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Capitolo 3 Sorgenti artificiali di luce Il Sole è sicuramente la sorgente più comune e facilmente disponibile. In realtà però al giorno d’oggi molte attività sono svolte sotto sorgenti artificiali di tipo molto diverso. E’ quindi importante poter prendere in considerazione i principali parametri di tali sorgenti. 3.1 Lampade ad incandescenza Nelle lampade ad incandescenza un filamento di tungsteno (fig.3.1) è riscaldato e portato appunto all'incandescenza tramite il passaggio di una corrente elettrica, un esempio di quello che viene chiamato effetto Joule. La loro emissione è quindi in buona parte assimilabile a quella di un corpo nero. Un corpo nero ha la massima efficienza luminosa (95 Lm/W) quando arriva ad una temperatura di 6800 K. Tecnicamente non è però possibile trovare un materiale che sia stabile a temperature così elevate. Si ricorre quindi al tungsteno che tra tutti i metalli puri è quello che ha la temperatura di fusione più alta (3655 K) e il più basso tasso di evaporazione. La temperatura di utilizzo deve essere inferiore a quella di fusione, altrimenti la vita media della lampada sarebbe brevissima. La temperatura di utilizzo per le tradizionali lampade domestiche (dette anche GLS o general lighting service) è di circa 2850 K. Nonostante questa temperatura possa apparire assai elevata, meno del 10% della corrente che traversa il filamento è trasformata in energia luminosa, mentre la gran parte è trasformata in radiazione infrarossa. Una tradizionale lampada GLS da 60 W ha una vita media di circa 1000 ore e un’efficienza luminosa di 14,5 Lumen/Watt. All'interno del bulbo di vetro è praticato il vuoto (soprattutto per lampade inferiori ai 25 Watt) oppure è inserita una miscela di gas inerti, che non permette un'azione chimica tra il gas e le parti interne della lampada. Il primo gas inerte a essere utilizzato fu l'Azoto, ma ora si ricorre soprattutto all'Argon (85%), mantenendo una piccola percentuale di Azoto (15%), dato che l'Argon conduce assai meno il calore. In certi casi si utilizza anche il Krypton, gas che ha caratteristiche ancora migliori dal punto di vista della conduttività di calore, ma che presenta ancora oggi un costo più elevato che lo rende adatto solo a lampade dall'utilizzo assai particolare. Purtroppo il riscaldamento del tungsteno ne genera anche un'evaporazione, che provoca la rottura del filamento e quindi della lampada stessa. L’evaporazione del tungsteno è la ragione per cui il bulbo di vetro che contiene il filamento di tungsteno ha dimensioni abbastanza grandi. In questo modo il tungsteno evaporato, anche se si deposita sul bulbo scurendolo, non blocca eccessivamente l’emissione di luce della lampada.

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Capitolo 3 Sorgenti artificiali di luce Il Sole è sicuramente la sorgente più comune e facilmente disponibile. In realtà però al giorno d’oggi molte attività sono svolte sotto sorgenti artificiali di tipo molto diverso. E’ quindi importante poter prendere in considerazione i principali parametri di tali sorgenti. 3.1 Lampade ad incandescenza Nelle lampade ad incandescenza un filamento di tungsteno (fig.3.1) è riscaldato e portato appunto all'incandescenza tramite il passaggio di una corrente elettrica, un esempio di quello che viene chiamato effetto Joule. La loro emissione è quindi in buona parte assimilabile a quella di un corpo nero. Un corpo nero ha la massima efficienza luminosa (95 Lm/W) quando arriva ad una temperatura di 6800 K. Tecnicamente non è però possibile trovare un materiale che sia stabile a temperature così elevate. Si ricorre quindi al tungsteno che tra tutti i metalli puri è quello che ha la temperatura di fusione più alta (3655 K) e il più basso tasso di evaporazione. La temperatura di utilizzo deve essere inferiore a quella di fusione, altrimenti la vita media della lampada sarebbe brevissima. La temperatura di utilizzo per le tradizionali lampade domestiche (dette anche GLS o general lighting service) è di circa 2850 K. Nonostante questa temperatura possa apparire assai elevata, meno del 10% della corrente che traversa il filamento è trasformata in energia luminosa, mentre la gran parte è trasformata in radiazione infrarossa. Una tradizionale lampada GLS da 60 W ha una vita media di circa 1000 ore e un’efficienza luminosa di 14,5 Lumen/Watt. All'interno del bulbo di vetro è praticato il vuoto (soprattutto per lampade inferiori ai 25 Watt) oppure è inserita una miscela di gas inerti, che non permette un'azione chimica tra il gas e le parti interne della lampada. Il primo gas inerte a essere utilizzato fu l'Azoto, ma ora si ricorre soprattutto all'Argon (85%), mantenendo una piccola percentuale di Azoto (15%), dato che l'Argon conduce assai meno il calore. In certi casi si utilizza anche il Krypton, gas che ha caratteristiche ancora migliori dal punto di vista della conduttività di calore, ma che presenta ancora oggi un costo più elevato che lo rende adatto solo a lampade dall'utilizzo assai particolare. Purtroppo il riscaldamento del tungsteno ne genera anche un'evaporazione, che provoca la rottura del filamento e quindi della lampada stessa. L’evaporazione del tungsteno è la ragione per cui il bulbo di vetro che contiene il filamento di tungsteno ha dimensioni abbastanza grandi. In questo modo il tungsteno evaporato, anche se si deposita sul bulbo scurendolo, non blocca eccessivamente l’emissione di luce della lampada.

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Il principale vantaggio delle lampade che funzionano in base alla radiazione termica è quello di avere uno spettro di emissione continuo (fig.3.2), a differenza delle lampade a scarica che hanno un’emissione a righe. Un’emissione continua ha come effetto quello di una resa più equilibrata dei colori.

Uno svantaggio è sicuramente, oltre alla bassa vita media, la scarsissima efficienza luminosa, dovuta alla grossa emissione di radiazione infrarossa. Per ovviare a questo problema sono state introdotte sul mercato lampade alogene in cui il bublo di vetro è trattato con una deposizione che riflette l’infrarosso lasciando passare la radiazione visibile. In questo modo la radiazione infrarossa torna sul filamento riscaldandolo e si ha un miglioramento nell’efficienza luminosa.

3.2 Lampade alogene Per ridurre il problema della scarsa vita media della lampada ad incandescenza si può introdurre nel bulbo della lampada, in cui

Fig.3.1 Ingrandimento del filamento di tungsteno di una lampada da 60 W

Fig.3.2 Spettro di emissione di una lampada a incandescenza (si ricordi che il visibile arriva fino a 780 nm)

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generalmente è stato praticato il vuoto, una miscela di sostanze alogene quali lo Iodio e il Bromo che possono combinarsi con il tungsteno dando luogo a un alogenuro di tungsteno. Quando l’alogenuro di tungsteno si riavvicina al filamento, dove la temperatura supera i 2800 K, si separa nuovamente facendo depositare sul filamento il tungsteno. Tali lampade, dette alogene, hanno una vita media maggiore, anche se una rottura può generarsi ugualmente, visto che non è detto che il tungsteno torni a depositarsi nella zona da cui è precedentemente evaporato. Questo accorgimento permette di far raggiungere al filamento temperature assai più elevate (da 2900 a 3400 K) rispetto alle lampade GLS, ottenendo così una migliore efficienza luminosa, dato che con il crescere della temperatura aumenta la percentuale di energia emessa all’interno dello spettro del visibile; si può arrivare al 12% di energia emessa nel visibile con un’efficienza luminosa che per le lampade alogene è compresa tra i 18 e i 22 Lumen/Watt. L’ampolla delle lampade alogene è generalmente di piccole dimensioni poiché deve arrivare a temperature molto elevate per permette il funzionamento del ciclo alogeno ed è per questa ragione realizzata in quarzo. Essa deve essere maneggiata con attenzione poiché la presenza di grasso può provocare la rottura del bulbo. Spesso tali lampade sono utilizzate all'interno di riflettori dicroici. Tali strutture, rivestite da film sottili paragonabili a quelli dei trattamenti antiriflesso, permettono di ottenere una riflessione della parte luminosa dello spettro, evitando di riflettere nella stessa direzione anche il calore generato dalla lampada. In questo modo nella direzione voluta arriva solo la parte luminosa e non il calore. Sia alle lampade alogene che a quelle ad incandescenza è molto facile applicare tensioni diverse, per generare quantità di luce diversa (si dice in questi casi con un brutto termine importato dall’inglese che la lampada è “dimmerabile”). Utilizzare una tensione più bassa riduce la quantità di luce emessa, mentre una tensione alta aumenta la quantità di luce, ma riduce la vita media della lampada. 3.3 Lampade a scarica L’altra grande classe di lampade è quella formata dalle lampade a scarica. Nelle lampade a scarica si hanno due elettrodi posizionati ai vertici di un tubo di scarica che viene riempito di un gas. Quando è applicata una differenza di potenziale tra i due elettrodi inizia una scarica elettrica: si producono cioè elettroni liberi che vengono accelerati dal campo elettrico all’interno di un tubo. Gli

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elettroni eccitano gli atomi del gas che diseccitandosi emettono radiazione elettromagnetica. Se la velocità degli elettroni aumenta essi possono ionizzare gli atomi invece di eccitarli, generando un aumento nella scarica elettrica. Per questo principio di funzionamento queste lampade emettono radiazione seguendo le linee di emissione del gas che contengono. Per questa ragione l’emissione sarà un’emissione a righe, molto meno continua rispetto a quella delle lampade ad incandescenza. Inoltre queste lampade hanno sempre bisogno di un alimentatore che dia il via alla scarica. Peraltro le lampade a scarica permettono di raggiungere Temperature di Colore Correlate molto maggiori rispetto alle lampade ad incandescenza ed hanno generalmente un’efficienza luminosa maggiore. Esistono tipi molto diversi di lampade a scarica tra cui è necessario distinguere almeno le lampade fluorescenti, le lampade al sodio, le lampade al mercurio e quelle ad alogenuri metallici.

3.3.1 Lampade fluorescenti Le lampade fluorescenti, abbastanza utilizzate nell’uso domestico, sono un tipo di sorgenti a scarica realizzate con gas a bassa pressione. Il tubo contiene generalmente una miscela fatta di mercurio e di un gas inerte (generalmente l’argon), mentre non contiene più il Neon, nonostante nel linguaggio comune si tenda a continuare a chiamarli in questo modo. Gli elettroni eccitano gli atomi di mercurio che conseguentemente emettono radiazione ultravioletta, generalmente a 253,7 nm. Sulla superficie interna del tubo in vetro sono depositate delle sostanze fluorescenti che, colpite dalla radiazione ultravioletta, producono luce visibile. Il tipo di luce emessa dalle lampade fluorescenti viene così a dipendere in maniera critica dalla distribuzione delle sostanze fluorescenti; in questo modo è possibile realizzare lampade con emissioni molto diverse tra loro. Avremo così lampade “calde” aventi un’emissione simile a quelle ad incandescenza (2700 K), ma anche lampade molto fredde a 6500 K. Nei negozi e negli uffici sono molto diffuse lampade “cool white” (4100 K) e lampade a 3500 K. Va ricordato a questa proposito che lo spettro di emissione di una lampada fluorescente è molto diverso da quello di un corpo nero; conseguentemente quando il parametro temperatura di colore (più propriamente si dovrebbe parlare di temperatura di colore correlata) non descrive con estrema precisione l’emissione della lampada, ma fornisce solo un’idea di massima. Può capitare quindi che due lampade fluorescenti prodotte da ditte diverse (o semplicemente appartenenti a partite diverse) abbiano spettri di emissione diversi pur avendo la stessa temperatura di colore. Quello che è certo è che lo sviluppo delle tecnologie relative ai

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fosfori rendono le lampade fluorescenti molto migliori rispetto al passato. Le lampade fluorescenti hanno una vita media maggiore rispetto a quelle ad incandescenza, ma la loro durata è fortemente influenzata dal numero di accensioni e spegnimenti: ognuna di queste operazioni infatti riduce la vita della lampada. Il valore che viene fornito dalle aziende produttrici è generalmente calcolato con cicli di accensione di tre ore e e vale, per i modelli compatti, tra le 5000 e le 6000 ore. Per cicli di accensione di otto ore la vita media deve essere moltiplicata di un fattore 1,3, per dodici ore il fattore moltiplicativo è 1,5 mentre se la lampada rimane sempre accesa è 1,7.

A differenza delle lampade a incandescenza, queste lampade perdono leggermente in quantità di flusso luminoso emesso nel corso del tempo (i modelli tubolari ad esempio, che hanno una vita

Fig.3.3 Spettro di emissione di una lampada fluorescente

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media molto lunga, dopo 15000 ore vedono il loro flusso calato al 69 % di quello iniziale), inoltre impiegano generalmente qualche minuto per arrivare al massimo di emissione possibile dopo l’accensione. Sempre maggiore importanza stanno assumendo le lampade fluorescenti compatte, comunemente vendute nei grandi magazzini come lampade a risparmio energetico. Possono assumere le forme più svariate (Fig.3.4).

Un altro limite delle lampade fluorescenti è che la loro emissione non è continua temporalmente, dato che si basano sulle scariche elettriche che sono guidate dalla corrente alternata di rete, che in Italia ha una frequenza di 50 Hz (negli Stati Uniti di 60 Hz). Questo fenomeno, che fa si che la lampada in un certo senso si accenda e spenga molte volte al secondo, prende il nome di flickering (o “sfarfallamento”). Spiegare gli alimentatori elettronici e magnetici, cita da wikipedia americano flourescent lamp il fatto che si veda meglio sotto lampade con alimentatori elettronici. 3.3.2 Lampade al Sodio Le prime lampade al Sodio a diffondersi sono state quelle a bassa pressione, in cui cioè la pressione del gas all’interno del tubo (che in questo caso è appunto il Sodio) è bassa. In queste lampade, che

Fig.3.4: alcuni tipi di lampade fluorescenti compatte

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richiedono più tempo per accendersi, il gas non emette ultravioletto, ma emette direttamente luce giallastra: non vi è quindi bisogno di sostanze fluorescenti. Il minor numero di trasformazioni di energia necessari e il fatto che l’emissione di queste lampade sia quasi monocromatica su lunghezze d’onda non lontane dal picco massimo di sensibilità dell’occhio umano fa si che abbiano un’efficienza luminosa grossissima: essa può assumere valori tra i 100 e i 200 Lm/Watt, rispetto ad esempio ai 14 Lm/watt delle lampade ad incandescenza.

Il principale svantaggio di queste lampade deriva allo stesso modo dalla spettro di emissione. La resa del colore è pessima, dato che tutti gli oggetti appariranno di colore giallo più o meno saturo a secondo del contenuto di giallo che hanno. Per questa ragione l’utilizzo di tali lampade è stato molto ridotto, a vantaggio delle lampade al sodio ad alta pressione. Sodio alta pressione 3.3.3 Lampade al mercurio ad alta pressione 3.3.4 Lampade ad alogenuri metallici 3.4 Lampade ad induzione 3.5 LED (Light Emitting Diode)

Fig.3.5: Spettro di emissione di una lampada al sodio a bassa pressione paragonato con la curva di sensibilità dell’occhio V(λ). L’emissione è quasi monocromatica, ma molto vicina al picco di sensibilità.