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Capitolo 2 Richiami di elettromagnetismo ed ottica. In questo capitolo richiameremo, di norma senza dimostrazione, una serie di leggi e relazioni concernenti il campo elettromagnetico, la sua propagazione ed i fenomeni ottici. Lo scopo di questa parte, oltre quello immediato di riprendere equazioni e relazioni che saranno utilizzate in seguito, è quello di puntualizzare alcuni aspetti e di focalizzare l’attenzione su alcuni fenomeni che hanno particolare rilevanza per quanto concerne lo sviluppo e l’interpretazione della meccanica quantistica. Come vedremo nei capitoli successivi alcuni fenomeni fisici di carattere elettromagnetico ed ottico, o comunque strettamente connessi con questi ambiti, hanno avuto una importanza fondamentale nel sorgere e nell’affermarsi delle idee che stanno a fondamento della meccanica quantistica; inoltre le teorie ed i metodi utilizzati per lo studio dei fenomeni di tipo ondoso nell’ottica hanno avuto ampia applicazione nell’ambito della meccanica ondulatoria. Per una trattazione estesa e dettagliata degli argomenti contenuti nel capitolo si rimanda ancora ai numerosi testi esistenti fra i quali segnaliamo: P. Mazzoldi, M. Nigro e C. Voci: “Fisica vol. II”, EdiSES (Napoli, 1994) ; J. D. Jackson : “Classical electrodynamics”, Wiley (New York, 1999) ; E. Hecht and A. Zajac : “ Optics” , Addison-Wesley (Reading- Ma, 1974); M. Born and E. Wolf : “Principles of Optics”, Cambridge Univ. Press (Cambridge, 1999). 2.1 - Le equazioni di Maxwell. Considereremo adesso le equazioni fondame elettromagnetico (e.m.) all’interno di un mezzo materiale, omogeneo ed isotropo, non magnetico e prodotto in generale da cariche elettriche distribuite nello spazio con una densità ρ=ρ(r) e da correnti elettriche di densità j = j(r). In termini del vettore “campo elettricoE del vettore “spostamento dielettricoD, del “campo magneticoH e del vettore “induzione magneticaB le equazioni di Maxwell (EM) vengono scritte come : (I) ∇⋅ D = ρ (II) ∇⋅ B = 0 (III) ∇∧ E =- B t (IV) ∇∧ H = j + D t (2.1) dove E e D , H e B sono fra loro legati dalle “relazioni constitutive del mezzo” che per un mezzo non magnetico, omogeneo ed isotropo si riducono a:

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Capitolo 2

Richiami di elettromagnetismo ed ottica.

In questo capitolo richiameremo, di norma senza dimostrazione, una serie dileggi e relazioni concernenti il campo elettromagnetico, la sua propagazione ed ifenomeni ottici. Lo scopo di questa parte, oltre quello immediato di riprendere equazionie relazioni che saranno utilizzate in seguito, è quello di puntualizzare alcuni aspetti e difocalizzare l’attenzione su alcuni fenomeni che hanno particolare rilevanza per quantoconcerne lo sviluppo e l’interpretazione della meccanica quantistica. Come vedremo neicapitoli successivi alcuni fenomeni fisici di carattere elettromagnetico ed ottico, ocomunque strettamente connessi con questi ambiti, hanno avuto una importanzafondamentale nel sorgere e nell’affermarsi delle idee che stanno a fondamento dellameccanica quantistica; inoltre le teorie ed i metodi utilizzati per lo studio dei fenomeni ditipo ondoso nell’ottica hanno avuto ampia applicazione nell’ambito della meccanicaondulatoria. Per una trattazione estesa e dettagliata degli argomenti contenuti nel capitolo sirimanda ancora ai numerosi testi esistenti fra i quali segnaliamo: P. Mazzoldi, M. Nigro eC. Voci: “Fisica vol. II”, EdiSES (Napoli, 1994) ; J. D. Jackson : “Classicalelectrodynamics”, Wiley (New York, 1999) ; E. Hecht and A. Zajac : “ Optics” ,Addison-Wesley (Reading- Ma, 1974); M. Born and E. Wolf : “Principles of Optics”,Cambridge Univ. Press (Cambridge, 1999).

2.1 - Le equazioni di Maxwell.

Considereremo adesso le equazioni fondamentali per il campoelettromagnetico (e.m.) all’interno di un mezzo materiale, omogeneo ed isotropo, nonmagnetico e prodotto in generale da cariche elettriche distribuite nello spazio con unadensità ρ=ρ(r) e da correnti elettriche di densità j = j(r). In termini del vettore “campoelettrico” E del vettore “spostamento dielettrico” D, del “campo magnetico” H e delvettore “induzione magnetica” B le equazioni di Maxwell (EM) vengono scritte come :

(I) ∇ ⋅ D = ρ (II) ∇ ⋅ B = 0

(III) ∇ ∧ E = −∂B∂t

(IV) ∇ ∧ H = j +∂D∂t

(2.1)

dove E e D , H e B sono fra loro legati dalle “relazioni constitutive del mezzo” che per unmezzo non magnetico, omogeneo ed isotropo si riducono a:

D = εrε0E B = µ0H (2.2)

dove ε0 = 8.854 10-12 C2/Vm e µ0 = 4π 10-7 Tm/A sono rispettivamente la “costantedielettrica” e la “permeabilità magnetica” del vuoto e εr è la “costante dielettricarelativa” del mezzo. I numeri romani fra parentesi alla sinistra delle EM (2.1) sono statiintrodotti per comodità di riferimento successivo. Per quanto riguarda la densità di carica e di corrente la consistenza dellaquarta e della prima equazione di Maxwell comporta che sia verificata l’equazione:

∂ρ∂t

+ ∇ ⋅ j = 0 (2.3)

Questa va sotto il nome di “equazione di continuità” ed è l’espressione della legge di“conservazione della carica elettrica”: essa stabilisce che la variazione di caricaall’interno di un volume nell’unità di tempo è uguale al flusso di corrente attraverso lasuperficie che delimita il volume medesimo. Le EM forniscono anche le condizioni di raccordo fra due mezzi 1 e 2(omogenei, isotropi e non magnetici); in assenza di cariche e correnti superficiali,indicando col pedice n e t le componenti di un vettore rispettivamente perpendicolari etengenziali ad una data superficie, risulta:

E1t = E2t D1n = D2n

H1t = H2t B1n = B2n(2.4)

Queste relazioni stabiliscono che alla superficie di separazione fra due mezzi dielettrici(non si applicano in questa forma ai metalli) le componenti tangenziali di E ed H e quellenormali di D e B sono continue. In molte situazioni è più conveniente scrivere le EM in termini del “potenzialescalare “ φ e del “potenziale vettore” A introdotti come segue. Essendo B un vettore adivergenza nulla in tutti i punti dello spazio esso è esprimibile come rotore di un vettoreA ( vedi A) e di conseguenza risulta:

∇ ⋅ B = 0 → B = ∇ ∧ A

∇ ∧ E = −∂B∂t

→ ∇ ∧ E +∂(∇ ∧ A)

∂t= ∇ ∧ E + ∇ ∧

∂A∂t

= 0 →

→ ∇ ∧ (E +∂A∂t

) = 0 → E +∂A∂t

= −∇φ →

E = −∂A∂t

− ∇φ

(2.5)

Dalle Eq. (2.5) risulta che B ed E sono completamente specificati in termini delpotenziale scalare φ e del potenziale vettore A , i quali a loro volta sono determinaticompletamente dai termini di “sorgente” rappresentati dalle densità di carica e di

corrente. Le espressioni di A e φ non sono tuttavia univoche poichè il potenziale vettore èdefinito dalla prima delle Eq. (2.5) a meno del gradiente di una funzione ψ (v. A). Ilcanpo elettrico E e il campo di induzione magnetica B risultano quindi inalterati per letrasformazioni seguenti:

B = ∇ ∧ A = ∇ ∧ ′A A = ′A + ∇ψ

E = −∂A∂t

− ∇φ = −∂ ′A

∂t− ∇ ′φ φ = ′φ −

∂ψ∂t

(2.6)

Le trasformazioni di A e di φ (2.6) prendono il nome di “trasformazioni di gauge” e sidice che E e B sono “invarianti per trasformazioni di gauge”. Le equazioni a cui soddisfano i due potenziali sono ottenute dalla prima equarta EM; sostituendo direttamente in esse le precedenti espressioni di E e B si ha:

∇ ⋅ E = −∇ ⋅∂A∂t

− ∇ ⋅ ∇φ = −∂(∇ ⋅ A)

∂t− ∇2φ =

ρε0εr

∇ ∧ (∇ ∧ A) = ∇(∇ ⋅ A) − ∇2A = µ0 j − µ0ε0εr∂

∂t( ∂A

∂t+ ∇φ) = µ0 j −

εr

c2 ( ∂2A∂t 2 + ∇

∂φ∂t

)(2.7)

dove si sono utilizzate le relazioni (A..) e si è posto ε0µ0=1/c2 con c = 2.99792 108 m/svelocità della luce nel vuoto. Poiché, scegliendo opportunamente il “gauge” ossia lafunzione ψ che compare nelle Eq. (2.6), si può sempre scegliere A e φ tali da soddisfarel’equazione :

∇ ⋅ A = −εr

c2∂φ∂t

(2.8)

senza che E e B risultino alterati , si ha con tale scelta dalle Eq. (2.6):

1v2

∂2φ∂t 2 − ∇2φ =

ρε0εr

1v2

∂2A∂t 2 − ∇2A = µ0 j

(2.9)

dove si è introdotta la velocità della luce nel mezzo v = c/n con n = ε r indice dirifrazione del mezzo. Queste equazioni hanno la forma di equazioni delle onde nonomogenee con i termini di sorgente rappresentati da ρ e da j ; nel caso in cui esse sianofunzioni note le soluzioni delle Eq. (2.8) sono date dalle espressioni dei “potenzialiritardati”:

φ(r,t) =1

4πε0εr

d 3 ′r ρ( ′r , ′t )ret

R∫ R = r − ′r ′t = t −Rv

A(r,t) =µ0

4πd 3 ′r j( ′r , ′t )ret

R∫(2.10)

Le precedenti espressioni sono formalmente analoghe a quelle che determinano ipotenziali in elettrostatica e magnetostatica ( coincidono con esse nel limite v →∞per cui t’=t ), ma differiscono da esse per il fatto che le sorgenti che producono il campoin un determinato punto P al tempo t vanno considerate al “tempo ritardato” t’ = t – R/vanteriore a quello di osservazione di un ∆t corrispondente al tempo che la perturbazioneelettromagnetica impiega a percorrere la distanza R dal punto sorgente P’ al punto campoP.

P

r R

P’ d3r’ O r’

Tramite le Eq. (2.6) e (2.10) è quindi possibile determinare i campi E e B le cuiespressioni generali sono fornite nei testi citati, e in molti altri, a cui rimandiamo.

2.2 - Energia ed impulso associati con il campo elettromagnetico.

Un campo elettromagnetico che si propaga nello spazio trasporta, come previstodalle EM, energia ed impulso, ed anche momento angolare che però non consideriamo inquesti brevi richiami. Innanzitutto è necessario ricordare che una carica puntiforme q che si muovecon velocità v in un campo elettrico E ed un campo di induzione magnetica B è soggettaad una forza F data da:

F = qE + qv ∧ B (2.11)

Da questa espressione risulta immediatamente che il lavoro dL = F·ds compiuto dallaforza F in seguito ad uno spostamento ds = vdt della carica è dovuto unicamente alcampo elettrico. Il lavoro compiuto in un intervallo di tempo dt su un sistema di caricheche si muove dando luogo ad una densità di corrente j è quindi dato semplicemente da dL= j·Edt .Tenendo presente l’identità (a..):

∇ ⋅ (E ∧ H) = H ⋅ (∇ ∧ E) − E ⋅ (∇ ∧ H) (2.12)

e la terza e quarta EM (2.1) si ha allora per il lavoro per unità di tempo compiuto dalcampo e.m. sull’elemento di densità di corrente j nel volumetto dV:

d 2LdtdV

= j ⋅ E = (∇ ∧ H −∂D∂t

) ⋅ E = (∇ ∧ H) ⋅ E −∂D∂t

⋅ E =

= (∇ ∧ E) ⋅ H − ∇ ⋅ (E ∧ H) −∂D∂t

⋅ E = −∇ ⋅ (E ∧ H) −∂D∂t

⋅ E −∂B∂t

⋅ H(2.13)

Questa relazione può essere interpretata come l’espressione della conservazionedell’energia come segue. La quantità dWm = j·Edt rappresenta la variazione di energiameccanica, che eventualmente si potrà trasformare in calore, per unità di volume neltempo dt, mentre la quantità data da:

∂∂t

We =∂D∂t

⋅ E +∂B∂t

⋅ H =∂

∂t(ε0εr

2E2 +

µ0

2H 2 ) D = ε0εrE B = µ0H

We =ε0εr

2E2 +

µ0

2H 2

(2.14)

rappresenta la variazione per unità di tempo della “densità di energia” We del campoe.m. Definendo il “vettore di Poynting” Φ come:

Φ = E ∧ H =1

µ0

E ∧ B (2.15)

l’equazione (2.13) può essere riscritta sotto forma di “equazione di continuità” come:

∇ ⋅ Φ = −∂We

∂t−

∂Wm

∂t(2.16)

oppure in forma finita integrando su un volume V , delimitato dalla superficie S , edapplicando il teorema di Gauss (A..):

∇ ⋅ ΦV∫ dV = Φ

S∫ ⋅ ndS = −

∂∂t

( WedV + WmdVV∫

V∫ ) (2.17)

dove n è il versore normale all’elemento di superficie dS orientato positivamente versol’esterno. Le Eq. (2.16) oppure (2.17) esprimono in forma differenziale o integrale,rispettivamente, la conservazione dell’energia stabilendo che il flusso del vettore diPoynting attraverso la superficie S che delimita il volume V è uguale alla derivata,cambiata di segno , della somma dell’energia elettromagnetica e meccanica contenuta inV; il vettore di Poynting Φ rappresenta pertanto il “flusso di energia per unità di tempoe per unità di superficie”. Per esempio un flusso positivo, (verso l’esterno del volume)

comporta una diminuzione dell’energia complessiva del sistema di particelle contenutenel volume , energia nel suo complesso costituita da energia cinetica ed energia diinterazione (elettromagnetica e non) fra le particelle. Per determinare la quantità di moto associata col campo e.m. si può procederein modo analogo partendo, in base al II principio della dinamica, dalla variazione delladensità di quantità di moto meccanica Pm (quantità di moto per unità di volume) prodottadalla forza F data dall’Eq. (2.11):

∂Pm

∂t= ρE + j ∧ B = ε0εr (∇ ⋅ E)E + [B ∧ (ε0εr

∂E∂t

− ∇ ∧ H)] (2.18)

dove si sono espresse densità di carica e di corrente utilizzando la prima e quarta EM.Tenendo conto che:

∂(E ∧ H)∂t

=∂E∂t

∧ H + E ∧∂H∂t

∇ ⋅ B = 0 → (∇ ⋅ B)H = 0(2.19)

si ricava per la Eq. (2.18), utilizzando la terza EM:

∂Pm

∂t= [ε0εr (∇ ⋅ E)E + (∇ ⋅ B)H − B ∧ (∇ ∧ H) − ε0εrE ∧ (∇ ∧ E)] −

εr

c2∂(E ∧ H)

∂t(2.20)

Senza procedere oltre ci limitiamo a dire che il termine entro parentesi quadra può esserescritto come la divergenza del “tensore degli sforzi di Maxwell” %T per cui definendo la“densità di quantità di moto del campo e.m” Pe come:

Pe =εr

c2 E ∧ H =εr

c2 Φ =n2

c2 Φ =1v2 Φ (2.21)

possiamo scrivere l’ Eq. (2.20) sotto forma di una “equazione di continuità”:

∂Pm

∂t+

∂Pe

∂t= ∇ ⋅ %T (2.22)

In tal modo ad un campo elettromagnetico che si propaga risulta associato oltre che unflusso di energia, associato col vettore di Poynting Φ , anche una densità di quantità dimoto legata ad esso dalla relazione (2.21).

2.3 – Interazione fra campi elettromagnetici, cariche e correnti.

In questo paragrafo riepiloghiamo brevemente i più comuni tipi di interazioneche si hanno fra campi elettrici e magnetici e semplici sistemi di cariche e di correnti;

queste espressioni saranno nel seguito comunemente usate considerando nel casoquantistico l’interazione fra campi e cariche. Il punto di partenza per descrivere l’interazione fra cariche e correnti e campie.m. è ovviamente la forza F , data dall’Eq. (2.11). In essa compaiono due termini,quello di interazione col campo elettrico e la forza di Lorentz: per campi elettrici emagnetici statici questi possono risultare dello stesso ordine di grandezza ma per campie.m. di radiazione, essendo B ~ E/c , l’interazione col campo elettrico predomina sullaforza di Lorentz se le velocità non sono relativistiche ( v << c ). Nel descriverel’interazione fra campi e sistemi di cariche si può spesso semplificare le espressioni se ledimensioni del sistema sono molto minori della lunghezza d’onda caratteristica delcampo e.m. : in questo caso infatti si potrà considerare il campo come quasi costantespazialmente nella regione di spazio occupata dalle cariche e considerare unicamente lasua variazione temporale. Nel seguito, visti i sistemi che tratteremo tipicamente,considereremo soddisfatta questa ipotesi. Nel considerare l’interazione del sistema di cariche col campo e.m. le quantitàrilevanti sono di norma la carica totale Q e il momento di dipolo totale P ; se il sistema ècostituito da N cariche qi , ognuna nel punto individuato dal vettore posizione ri , essisono definiti come:

Q = qii =1

N

∑ P = qirii =1

N

∑ (2.23)

La forza complessiva agente sul sistema, se la carica totale Q ≠ 0 , è quindi data da:

F = ( qi )Ei =1

N

∑ + ( qiv ii =1

N

∑ ) ∧ B = QE +d( qiri )

i =1

N

∑dt

∧ B = QE +dPdt

∧ B (2.24)

qi vi r’i ri U

R O

Se invece il sistema di cariche è neutro ( Q = 0 ) e il sistema di correnti è localizzato ,come risulta per es. per atomi, molecole etc non ionizzati, nell’interazione col campo e.m.è necessario tener conto della variazione dei campi sulle dimensioni del sistema dicariche e si ha:

E(ri ) = E(R) + ′ri ⋅ ∇E + ... ri = R + ′ri

B(ri ) = B(R) + ′ri ⋅ ∇B + ...

F ≈ qi (E(R) + ′ri ⋅ ∇E)i =1

N

∑ + [qiv ii =1

N

∑ ∧ (B(R) + ′ri ⋅ ∇B)] =

= ( qi ′ri ) ⋅ ∇Ei =1

N

∑ + ( qiv ii =1

N

∑ ∧ ′ri ⋅ ∇B) = P ⋅ ∇E + M ⋅ ∇B

(2.25)

dove R è un vettore che individua un punto qualsiasi U all’interno della regione dispazio occupata dalle cariche e si è tenuto conto che se il sistema di correnti è localizzatole orbite delle singole cariche sono necessariamente chiuse e che, se il campo e.m. varialentamente rispetto ai periodi di rivoluzione delle cariche, si ha per l’interazione mediatasu un periodo:

1T

qiv ii =1

N

∑0

T

∫ dt =1T

qi v i0

T

∫i =1

N

∑ dt = 0 (2.26)

La quantità M è definita dalla relazione:

M =12

qiri ∧ v ii =1

N

∑ = mii =1

N

∑ mi =qi

2mi

ri ∧ miv i =qi

2mi

Li (2.27)

e prende il nome di “momento magnetico del sistema” di correnti. Come risultadall’ultima espressione il momento magnetico di ciascuna carica di massa mi può essereespresso in termini del momento angolare L i di ciascuna carica moltiplicato per ilrapporto fra la carica e la massa. Nel caso di un’orbita piana, equivalente ad una spirapiana di area S, il momento magnetico m risulta immediatamente dato, in base alla Eq.(2.27), da:

m =q2

1T

r ∧ vdt = q0

T

∫ vSn = iSn (2.28)

dove n è la normale alla superficie definite secondo la regola della vite destrorsa. Come risulta dalle Eq. (2.25) la forza agente sul sistema è il risultatodell’interazione di dipolo elettrico e magnetico con i campi elettrici e magneticirispettivamente e come è evidente è diversa da zero solo in presenza di un gradiente deicampi. Nel caso in cui si possano considerare costanti questi momenti di dipolo risultapoi che la forza può essere espressa in termini del gradiente dell’energia potenziale diinterazione fra il sistema di cariche e correnti ed il campo e.m Vint:

F = P ⋅ ∇E − M ⋅ ∇B = −∇(−P ⋅ E) − ∇(−M ⋅ B) = −∇Vint

Vint = −P ⋅ E − M ⋅ B(2.29)

E’ altresì utile considerare oltre la forza agente su questi sistemi di cariche e correntianche i relativi momenti, senza ripetere il dettaglio dei conti: essendo il sistemaequivalente ad un dipolo elettrico P ed un dipolo magnetico M ne risulta che il momentomeccanico agente su di esso, come per dei dipolo elementari, è dato da:

Mmech = P ∧ E + M ∧ B (2.30)

In particolare l’equazione di moto di un dipolo magnetico elementare m dimomento angolare L immerso in un campo di induzione magnetica B e per cui vale larelazione di proporzionalità m = gL (vedi per es. l’Eq. (2.27)) è data da:

dLdt

= m ∧ B →dmdt

= gm ∧ B (2.31)

Questa è l’equazione caratteristica di un moto di precessione stazionario (v. cap. 1 , Eq.(1…)) e pertanto un dipolo magnetico posto in un campo B costante ruota attorno alladirezione di B con velocità angolare costante ω = gB spazzando la superficie laterale di incono , ossia la sua proiezione lungo l’asse inviduato da B rimane costante nel tempomentre la sua proiezione nel piano perpendicolare ruota co velocità angolare ω. Lasituazione ora considerata si realizza comunemente per i momenti magnetici degli atomie dei nuclei immersi in un campo magnetico ed è alla base dei fenomeni di “risonanzamagnetica” ( N.M.R. ossia Risonanza Magnetica Nucleare, E.P.R. Risonanza ElettronicaParamagnetica , etc.).

2.4 – Onde elettromagnetiche.

Considereremo adesso le soluzioni delle EM (2.1) in una regione di spazio privadi cariche e correnti ( ρ = 0 , j = 0 ). In questo caso sia i potenziali φ ed A che i campi E eB soddisfano l’equazione delle onde omogenea; per il campo elettrico risulta:

∇2E −1v2

∂2E∂t 2 = 0 (2.32)

ossia che ogni componente del campo elettrico soddisfa l’Eq. (2.23) ed analogamente perB ed i potenziali.Nel caso unidimensionale l’Eq. (2.23) diviene:

∂2E∂x2 −

1v2

∂2E∂t 2 = 0 (2.33)

La soluzione generale di questa equazione è del tipo:

E(r,t) = f(x − vt) + g(x + vt) (2.34)

dove f e g sono due funzioni (vettoriali) arbitrarie degli argomenti (x-vt) e (x+vt): frappresenta un’onda piana progressiva, che si propaga nel verso delle x positive convelocità v, e g un’onda piana regressiva che si propaga, sempre con velocità v, nel versodelle x negative.

-v v t > 0 t = 0 t = 0 t > 0

g(x+vt) g(x’) f(x’) f(x-vt) x

Infatti il valore assunto dalla funzione f all’istante t = 0 nel punto x’ sarà uguale a quelloassunto dalla funzione ad un istante successivo t > 0 se gli argomenti sono uguali ovverose x’= x-vt ; quindi ad un determinato istante t considerato la funzione f assumerà glistessi valori nei punti x = x’ + vt traslati verso destra della quantità vt. Per la funzione gvalgono le stesse considerazioni salvo che i punti in cui assume gli stessi valori che ha a t= 0 son traslati della quantità vt verso sinistra. Fra tutte le possibili soluzioni rivestono particolare importanza le onde pianearmoniche che corrispondono ad onde sinusoidali del tipo:

E = E0 cos(kx ± ωt + ϕ ) = Re[E0ei(kx ±ω t +ϕ ) ] = Re[ ′E0e

i(kx ±ω t ) ] (2.35)

dove nelle varie rappresentazioni E0 è l’ampiezza, E0’ l’ampiezza complessa, ϕ la fase, ωla frequenza (angolare) e k il numero d’onda; la soluzione col segno + corrisponde adun’onda regressive mentre quella col segno – risulta essere un’onda progressiva. Perchèle espressioni (2.26) corrispondano effettivamente a soluzioni dell’equazione delle ondeω e k non possono assumere valori arbitrari ma devono soddisfare la seguente equazioneche si ottiene sostituendo direttamente nella Eq. (2.30) le soluzioni (2.26):

(k2 −ω 2

v2 )E = 0 ⇒ k2 =ω 2

v2 =n2ω 2

c2 =εrω 2

c2 (E ≠ 0)

k =nωc

=2π n

λω =

k cn

(2.36)

La relazione (2.27) prende il nome di “relazione di dispersione” e determina la frequenzain funzione di k (o viceversa), mentre λ è la “lunghezza d’onda” corrispondente. Nel caso piu generale di propagazione nello spazio tridimensionale si vedeimmediatamente che un’ onda del tipo (con notazione complessa):

E = E0eik⋅r − iω t k = kxi + ky j + kzk k = kx

2 + ky2 + kz

2 =ωv

=nωc

(2.37)

è una soluzione dell’equazione delle onde. Indicando con il termine di fase complessivadell’onda l’argomento dell’esponenziale ψ = k·r-ωt si vede immediatamente che le“superfici di fase” ψ = costante (fissato t equivalgono a k·r =cost ) corrispondono a pianiperpendicolari al vettore k e che una determinata superficie di fase si sposta con velocitàv = c/n nella direzione e nel verso indicato da k che prende il nome di “vettore d’onda” ;il suo modulo soddisfa la relazione di dispersione indicata nella (2.28) del tutto analoga aquella del caso unidimensionale.

z k e1 e2

P r ψ = cost

O y

x

Alle onde piane di argomento k·r-ωt ,che come si è detto si propagano nel versoindividuato da k, si dà il nome di onde progressive, mentre alle onde piane di argomentok·r+ωt che si propagano nel verso opposto a quello individuato da k si dà il nome di onderegressive. Ovviamente il concetto di “progressivo” e “regressivo” è del tutto relativo equindi semplicemente data un’onda piana con vettore d’onda k considereremo regressivaun’onda che si propaga con vettore d’ond –k. Per un’onda piana del tipo (2.28) , tenendo conto che ,in base a quanto detto inappendice circa l’azione dell’operatore vettoriale nabla su di essa (A..), possiamoeffettuare la sostituzione ∇ → ik , si ha per le EM nel vuoto:

k ⋅ E = 0 k ⋅ B = 0

k ∧ E = ωB k ∧ B = −ωv2 E

(2.38)

dove si è tenuto conto che il campo B deve avere la stessa dipendenza dal tempo e dallospazio di E . Le prime due Eq. (2.29) esprimono la “trasversalità” del campo e.m. ossia che ilcampo elettrico E ed il campo di induzione magnetica sono perpendicolari al vettored’onda k , mentre le altre due stabiliscono che i tre vettori E, B e k sono mutuamente

perpendicolari, e quindi che E è perpendicolare a B, ed inoltre che i loro moduli stannonel rapporto E/B = v = c/n. Tenuto conto di quanto ora detto, in particolare che E = vB e che i due campisono in fase, dalla definizione (2.14) si ha per la densità di energia e.m. associata con unaonda piana:

We =ε0εr

2E2 +

µ0

2H 2 = ε0εrE

2 =1

µ0

B2 = ε0εrE02 cos2 (kx ± ωt + ϕ ) (2.39)

L’espressione (2.30) rappresenta il valore istantaneo della densità di energia e come sivede questa è equipartita fra campo elettrico e campo magnetico. Per la densità media dienergia We , riferita ad un periodo o all’unità di tempo, si ha immediatamente dalla Eq.(2.30):

We =1T

Wedt =1T

ε0εrE2dt =

ε0εrE02

20

T

∫0

T

∫ (2.40)

Per quanto riguarda il vettore di Poynting dalla definizione (2.15) si ha invece:

Φ =1

µ0

E ∧ B =1

µ0

E ∧ ( kω

∧ E) = E2 kµ0ω

−(k ⋅ E)

µ0ωE = E2 k

µ0ω(2.41)

Tenendo conto della definizione (2.30) e che k = ω/v si può anche riscrivere l’Eq. (2.32)come.

Φ =E2

µ0vkk

= (ε0εrE2 ) vk

k= vWe

kk

(2.42)

Per il vettore di Poynting mediato sull’unità di tempo Φ si poi immediatamente:

Φ =1T

vWekk0

T

∫ dt = vWekk

= v(ε0εrE02

2) k

k= (cnε0E0

2

2) k

k= vWe

kk

(2.43)

Le Eq. (2.32-34) mostrano che il vettore di Poynting in un’onda piana ha la direzione delvettore d’onda k e che il suo modulo, corrispondente all’energia che attraversa unasuperficie unitaria perpendicolare a k nell’unità di tempo, è uguale all’energia contenutain un cilindro con area di base unitaria ed altezza pari a v. Il modulo del vettore di Poynting medio (2.34) definisce quella che si chiama“intensità” o “irradianza” dell’onda piana e viene misurata in W/m2.

B

E Φ k v

La precedente interpretazione “idrodinamica” è ulteriormente corroborata dallaconsiderazione della quantità di moto associata con l’onda piana; infatti se consideriamola definizione (2.21) si ha:

Pe =1v2 Φ =

We

vkk

Pe =1T

Pedt0

T

∫ =We

vkk

(2.44)

Come si vede da queste relazioni l’ impulso, che ha anch’esso la direzione del vettored’onda k, è espresso in modo formalmente analogo a quello di una massa m con energiacinetica T ossia come p = 2T/v = mv. A puro titolo di quantificazione delle grandezze in gioco vogliamo considerarel’intensità di una sorgente luminosa e il corrispondente impulso. Una normale lampadinaad incandescenza della potenza di 100 W ha un rendimento, in termini di luce visibileprodotta, di circa il 10% corrispondente a 10 W di luce emessa su tutto l’angolo solido.L’intensità corrispondente ad 1 m di distanza dalla sorgente è quindi di circa 2.5 W/m2 el’impulso per unità di volume è Pe = 2.5 /c ≈ 8 10-9 Ns/m3. Questa quantità per quantopiccola (circa 11 ordini di grandezza rispetto per es. all’analoga quantità calcolata perl’acqua che esce da un comune rubinetto) è comunque in grado di produrre effettirilevanti e misurabili.

2.5 - Polarizzazione.

Il campo elettrico dell’onda piana (2.26) ha una direzione fissa nello spazio,supponiamo nella direzione perpendicolare a k individuata dal versore e1: in questo casosi dice che l’onda è “polarizzata linearmente” con vettore di polarizzazione e1. Perdescrivere lo stato di polarizzazione generale di un’onda con vettore d’onda k abbiamoperò bisogno di un’altra onda polarizzata linearmente dato che le direzioni indipendentinel piano perpendicolare a k sono due: potremo nel modo piu conveniente scegliere ondepolarizzate perpendicolarmente a e1, quindi con vettore di polarizzazione e2. La soluzionegenerale per un’onda piana monocromatica di vettore d’onda k è quindi:

E(r,t) = E0eik⋅r − iω t = (e1E1 + e2E2 )eik⋅r − iω t (2.45)

Le ampiezze E1 e E2 nell’Eq. (2.36) sono complesse e quindi la relazione di fase fra le duepuò essere qualsiasi. Se esse hanno la stessa fase l’onda risulta polarizzata linearmente:la direzione del vettore di polarizzazione forma con il versore e1 un angolo θ dato dallarelazione tgθ = E2/E1 e l’ampiezza del campo elettrico risulta E0 = E1

2 + E22 . In questo

caso la direzione del campo elettrico è la stessa in tutti i punti e a tutti i tempi e la suaampiezza varia sinusoidalmente nel corso del tempo , fissato il punto , oppure nei varipunti dello spazio, fissato il tempo. In generale se la differenza di fase fra i due campi è diversa da zero lapolarizzazione sarà “ellittica” questo significa che in un determinato punto dello spaziol’estremo del vettore E descrive nel corso del tempo un’ellisse. Tralasciamo questo casogenererale e consideriamo invece un caso particolare di polarizzazione ellittica, che cisarà utile nel seguito, e precisamente quello in cui le ampiezze dei campi sono uguali inmodulo e lo sfasamento relativo è ± π/2, quindi E1 = i E2 = E.

r = 0 e2 e- t = 0 E e+ E ωt e1

λ/2 k

Il campo elettrico risultante diviene ora:

E(r,t) = Re[E(e1 ± ie2 )eik⋅r − iω t ] = E[e1 cos(k ⋅ r − ωt) m e2 sin(k ⋅ r − ωt)] (2.46)

L’Eq. (2.37) mostra che in questo caso, fissato per esempio un punto nello spazio, unosservatore in piedi nella direzione e nel verso di k vede il vettore E ruotare con velocitàangolare ω in verso anti-orario od orario a seconda che valga nella prima delle (2.37) ilsegno + o - rispettivamente. Si dice che nel primo caso l’onda si trova in uno stato di“polarizzazione circolare sinistrorsa” nel secondo in uno stato di “polarizzazionecircolare destrorsa” ed i corrispondenti versori di polarizzazione sono indicati con e+ ede- rispettivamente:

e± =12

(e1 ± ie2 ) (2.47)

I versori e+ ed e- costituiscono una base equivalente a quella rappresentata da e1 e e2 perla rappresentazione di uno stato di polarizzazione di un’onda e quindi si potrà scrivere ingenerale

E(r,t) = E0eik⋅r − iω t = (e+E+ + e−E− )eik⋅r − iω t (2.48)

Con fasi e ampiezze di E+ ed E- diverse la polarizzazione del campo risulterà ellittica,mentre con ampiezze uguali in modulo la polarizzazione risulterà lineare con unadirezione di polarizzazione dipendente dalla differenza di fase. Come si è detto le due rappresentazioni sono del tutto equivalenti e la sceltafra le due è questione di pura convenienza; per esempio nella trattazione dei fenomeni delparagrafo seguente è necessario utilizzare la polarizzazione lineare, ma nel caso in cui sidebba considerare il momento angolare associato con un’onda e.m risulta più convenienteed immediato descrivere il campo in termini di stati di polarizzazione circolare.

2.6 – Riflessione e rifrazione di un’onda piana.

Il caso più semplice di riflessione e rifrazione di un’onda, che serve da base dipartenza per lo studio di situazioni più complesse, lo si ha quando un’onda piana investeuna superficie di separazione fra due dielettrici piana e indefinita. I fenomeni cheillustremo tra breve hanno notevole importanza non solo intrinsecamente, dato che simanifestano quotidianamente in molteplici situazioni, ma anche perchè costituisco unanalogo ottico di fenomeni che avvengono a livello quantistico.

r

θr t n θt

θi 1 2

i

Supponiamo che lo spazio sia diviso da un piano in due regioni, che indichiamocon 1 e 2, con indice di rifrazione diverso n1 ed n2 rispettivamente; indichiamo con n ilversore normale al piano di separazione dei due mezzi che consideriamo omogenei edisotropi. Supponiamo che un’onda piana monocromatica di frequenza ω e vettore d‘ondak , con k = n1ω/c , venga inviata dall’infinito, nel mezzo 1 , verso la superficie diseparazione dei mezzi e indichiamo con θi l’angolo che la direzione di k forma con ilversore n , detto “angolo di incidenza”. Il vettore d’onda k ed n individuano un pianodetto “piano di incidenza” e potremo quindi scegliere convenientemente un sistema dirifrimento cartesiano con l’origine O sul piano di separazione dei mezzi, gli assi x e y nelpiano di incidenza , l’asse x perpendicolare al piano ed orientato positivamente da 1 a 2 econ il versore i = - n . Indichiamo con E1 ed E2 il campo elettrico nel primo e secondomezzo rispettivamente e analogamente per H, B e D. Alla superficie di separazione dei

due mezzi x = 0 dovranno risultare soddisfatte in ogni istante t ed in ogni punto (y, z) lecondizioni di raccordo (2.4); questo comporta che nei due mezzi i campi debbono averela stessa dipendenza dal tempo, e quindi la stessa frequenza, ed inoltre la stessadipendenza da y e z. Tenuto conto che il campo incidente, proveniente da x = - ∞ , è datoda.

E(r,t) = E0eik⋅r − iω t = (E0e

ikx x )eiky y − iω t k =n1ω

cky = k sinθi (2.49)

ne segue che in generale i campi elettrici nei due mezzi dovranno essere della forma:

E1(r,t) = E1(x)eiky y − iω t k =n1ω

cky = k sinθi

E2 (r,t) = E2 (x)eiky y − iω t k =n1ω

cky = k sinθi

(2.50)

e analogamente per gli altri campi. Sostituendo queste soluzioni nell’equazione delleonde risulta che E1(x) ed E2(x) devono essere soluzioni delle equazioni:

d 2E1(x)dx2 = −

n1ωc

2

− ky2

E1(x) = −

n1ωc

2

(1 − sin2 θi )E1(x) = −n1ω

c

2

cos2 θiE1(x)

d 2E2 (x)dx2 = −

n2ωc

2

− ky2

E2 (x) = −

n2ωc

2

−n1ω

c

2

sin2 θi

E1(x)

(2.51)

Le soluzioni di queste equazioni sono degli esponenziali del tipo:

E1(x) = A1eik1x x k1x = ±k cosθi = ±

n1ωc

cosθi

E2 (x) = A2eik2 x x k2 x = ±

ωc

n22 − n1

2 sin2 θi

(2.52)

dove A1 e A2 sono costanti e il segno + o - si riferisce ad onde progressive, che sipropagano nel verso delle x positive, o regressive rispettivamente. Le soluzioni (2.43)ci dicono che nel mezzo 1 avremo onde piane che si propagano nel mezzo con vettorid’onda:

ki =n1ω

c(cosθii + sinθi j) = k

kr =n1ω

c(− cosθii + sinθi j) =

n1ωc

(cosθri + sinθr j) θr = π − θi

(2.53)

ossia che si ha un’onda incidente di vettore d’onda ki = k e un’onda riflessa di vettored’onda kr che formano lo stesso angolo, ma da parti opposte, rispetto alla normale.

Per quanto riguarda la soluzione nel mezzo 2 si deve distinguere il caso in cui l’indice dirifrazione del secondo mezzo è maggiore di quello del primo, n2 > n1 , dal caso opposto.Nel primo caso k2x è sicuramente reale dato che il termine sotto radice è sempre > 0 e siha quindi una soluzione di tipo ondulatorio. La radice negativa corrisponde ad un’ondaregressiva proveniente da x = ∞ e dato che non vi sono sorgenti all’infinito puo essereomessa , la radice positiva corrisponde invece ad un’onda che si propaga nel verso delle xpositive e che costituisce l’onda trasmessa; se indichiamo con kt il suo vettore d’onda, dimodulo kt = n2ω/c risulta:

kt =n2ω

c(cosθti + sinθt j)

kty =n2ω

csinθt =

n1ωc

sinθi = kx → sinθt =n1

n2

sinθi (< 1)

ktx =n2ω

c1 −

n12

n22 sin2 θi

(2.54)

La seconda equazione individua la direzione del raggio trasmesso o rifratto che in caso siavvicina alla normale e va sotto il nome di “legge di Snell”. Una volta individuata la forma delle soluzioni nei mezzi 1 e 2 le condizioni diraccordo (2.4) determinano l’ampiezza dell’onda riflessa Er e dell’onda rifratta Et infunzione dell’ampiezza dell’onda incidente E0. La soluzione dipende dalla polarizzazionedell’onda incidente ed è necessario distinguere il caso in cui essa sia perpendicolare alpiano di incidenza da quello in cui giaccia nel piano di incidenza (questo è un caso in cuila scelta della polarizzazione lineare per la rappresentazione dei campi è obbligatoria). Lecorrispondenti soluzioni per un angolo di incidenza qualsiasi, note come “equazioni diFresnel”, sono riportate in molti testi; in questa sede ci limitiamo a determinare lasoluzione per incidenza normale ( θI = θr = θ t = 0 ) configurazione in cui le duepolarizzazioni considerate sono ovviamente equivalenti. In questo caso le condizioni su Be D sono automaticamente soddisfatte e quindi si devono considerare solo quelle sullecomponenti tangenziali di E e H. Tenendo conto che in questo caso per l’onda riflessa siha kr = -k abbiamo per i campi nei due mezzi:

E1 = E0eik⋅r − iω t + Ere

− ik⋅r − iω t = E0eikx − iω t + Ere

− ikx − iω t

E2 = Eteikt ⋅r − iω t = Ete

ikt x − iω t

H1 =1

iω∇ ∧ (E0e

ik⋅r − iω t + Ere− ik⋅r − iω t ) =

∧ (E0eikx − iω t − Ere

− ikx − iω t )

H2 =1

iω∇ ∧ Ete

ikt ⋅r − iω t =kt

ω∧ Ete

ikt x − iω t =n2

n1

∧ Eteikt x − iω t

(2.55)

Essendo tutti i campi tangenti alla superficie x = 0 , scegliendo le onde polarizzate lungol’asse y, si ha immediatamente dalle condizioni di raccordo:

E0 + Er = Et

E0 − Er =n2

n1

Et(2.56)

da cui risolvendo:

Er =n1 − n2

n1 + n2

E0 =1 − n12

1 + n12

E0 (< 0) n12 =n2

n1

Et =2n1

n1 + n2

E0 =2

1 + n12

E0 (> 0)(2.57)

Le soluzioni (2.48) forniscono l’ampiezza dei campi elettrici riflessi e rifratti , chedipende unicamente dall’indice di rifrazione relativo n12 e mostrano che il campo riflessoè sempre in opposizione di fase rispetto a quello incidente (n1 < n2) mentre quellotrasmesso è sempre in fase. Poichè ciò che si misura è l’intensità dell’onda incidente, riflessa e rifratta èopportuno riscrivere per esse le relazioni analoghe alle (2.48) ricordando checorrispondono al flusso medio del vettore di Poynting attraveso la superficie del piano x= 0. Tenendo conto delle definizioni (2.32) e (2.34) , per il vettore di Poynting si ha:

Φi = E0 ∧ H0 = E0 ∧ ( kω

∧ E0 ) Ii = Φi ⋅ i =cn1

Wikk

⋅ i =12

n1cε0E02

Φr = Er ∧ Hr = Er ∧ (kr

ω∧ Er ) Ir = −Φr ⋅ i = −

cn1

Wrkr

kr

⋅ i =12

n1cε0Er2

Φt = Et ∧ Ht = Et ∧ (kt

ω∧ Et ) It = Φt ⋅ i =

cn2

Wtkt

kt

⋅ i =12

n2cε0Et2

(2.58)

Definendo il “coefficiente di riflessione” r = Er/ E0 ed il “coefficiente ditrasmissione” t = Et/ E0 come il rapporto fra l’ ampiezza del campo riflesso o trasmessoe l’ampiezza del campo incidente e definire invece la “riflettività” R = Ir/ I0 e la“trasmissività” T = It/ I0 come il rapporto fra l’intensita dell’onda riflessa oppuretrasmessa e dell’onda incidente si ha dalle Eq. (2.48) e (2.49):

R =Ir

I0

= r 2 =n1 − n2

n1 + n2

2

=1 − n12

1 + n12

2

T =It

I0

=n2

n1

t 2 =n2

n1

2n1

n1 + n2

2

=4n12

1 + n12( )2

(2.59)

Si noti che T a differenza di R non è semplicemente il modulo quadro di t ma contiene ilrapporto n2/n1 come conseguenza del fatto che esso deriva dal rapporto fra i moduli del

vettore di Poynting in mezzi con indice di rifrazione diverso. Dalle espressioni (2.50)risulta poi immediatamente:

R + T = 1 (2.60)

Questa relazione è nient’altro che la conservazione dell’energia e corrisponde a dire chela somma dell’intensità riflessa e dell’intensità trasmessa è uguale all’intensità incidente. Quanto abbiamo detto finora vale nel caso che l’onda vada ad incidere sun unmezzo con indice di rifrazione più elevato rispetto a quello del mezzo da cui provienecome accade nel caso del passaggio dall’aria al vetro , all’acqua e ad un qualsiasi mezzodenso. Nel caso in cui invece il raggio vada ad incidere sulla superficie di separazione fraun mezzo e l’aria provenendo dall’interno del mezzo ( il vetro, l’acqua etc ) si realizzauna situazione in cui n1 > n2 . Questo caso deve essere trattato con cautela perchè laquantità k2x nell’Eq. (2.43) risulterà reale od immaginaria a seconda dell’angolo diincidenza. L’agolo di incidenza per cui k2x = 0 definisce l’agolo limite θL che discriminafra i due tipi di soluzione e precisamente risulta:

ω k2 x

c

2

= n22 − n1

2 sin2 θ L = 0 ⇒ θ L = sin−1 n2

n1

(2.61)

Se θi < θL , k2x è reale e pertanto nel mezzo 2 si ha una soluzione del tutto analoga aquella precedentemente trovata: essa corrisponde ad un’onda piana che si propaga lungola direzione individuata dall’angolo θt , dato dall’Eq. (2.45), ed in questo caso il raggiorifratto si allontana dalla normale. Aumentando l’angolo di incidenza aumenta l’angolodel raggio rifratto rispetto alla normale alla superficie finchè, in corrispondenzadell’angolo limite, esso risulta tangente alla superficie medesima ( θt = π/2 ). Per θi > θL

k2x risulta immaginario per cui la soluzione nel mezzo 2 è del tipo:

iγ = k2 x = ± i ωc

n22 − n1

2 sin2 θi = ± i n1ωc

(1 −n2

2

n12 ) − cos2 θi

E2 (x) = A2eik2 x x = A2e

− γ x E2 (r,t) = A2eik2 y ye− γ xe− iω t

(2.62)

Delle due radici solo quella col segno positivo sarà accettabile se il mezzo 2 si estendefino a + ∞ non essendo accettabili soluzioni divergenti all’infinito. In questo caso sirealizza un situazione particolare in cui il campo si propaga unicamente in direzioneparallela alla superficie con vettore d’onda k2y = ky = ksinθ i mentre si attenuaesponenzialmente con costante γ in direzione perpendicolare ad essa. L’onda che nerisulta è detta “non-omogenea” dato che in essa i piani di ugual fase ( y = cost) noncoincidono con i piani di uguale ampiezza ( x = cost) od anche “evanescente”. In questecondizioni si ha il fenomeno della “riflessione totale” dato che tutta l’intensità incidenteviene riflessa nel mezzo 1 e non si ha passaggio di energia dal mezzo 1 al 2. Si noti chel’ampiezza del campo elettrico all’interno del mezzo 2 non è comunque nulla ( lecondizioni di raccordo non lo consentono); esso si estende su dimensioni dell’ordine della

“lunghezza di penetrazione” l = 1/γ lunghezza che decresce man mano che l’angolo θi

aumenta.

θ L n 1 θL n 1

i r iI t

2 2 e t

Per quanto riguarda le espressioni delle ampiezze e fasi dei campi in funzionedell’angolo rimandiamo ai testi citati. Vogliamo concludere questa parte considerando qualitativamente che cosaavviene nel caso di riflessione totale di un’onda piana quando il mezzo 2 non è indefinitoma ha uno spessore finito d , essendo limitato da un terzo mezzo il cui indice dirifrazione supponiamo per semplicità uguale a quello del mezzo 1. Questa può essere lasituazione che si realizza per esempio quando il mezzo 2 è l’intercapedine fra due lastredi vetro parallele fra di loro. Il fascio proveniente dal mezzo 1 alla superficie diseparazione fra 1 e 2 subisce una riflessione totale e quindi la sua intensità si attenuaesponenzialmente nel mezzo 2 penetrando in esso per una lunghezza dell’ordine di l .

θL n 1 r i d

t 1 θL

Se lo spessore d è molto maggiore della lunghezza di penetrazione l’ampiezza del camposarà trascurabilmente piccola alla superficie di separazione 2-3 ed è come se il mezzo 2fosse indefinito. Se però lo spessore è dell’ordine di grandezza della lunghezza dipenetrazione ( d ~ l ) l’intensità del campo elettrico alla superficie di separazione 2-3 ènon trascurabile e di conseguenza si produce all’intefaccia una componente riflessa etrasmessa del campo secondo quanto imposto dalle condizioni di raccordo (2.4) . Nelmezzo 3 le soluzioni corrispondenti sono quelle di un’onda piana e quindi il fascioemerge in esso propagandosi con un vettore d’onda k3 = k uguale cioè a quello dell’ondaincidente nel mezzo 1. Si ha in questo caso il cosiddetto fenomeno della “riflesssione

totale frustrata” e costituisce l’analogo ottico di quello che quantisticamente è chiamato“effetto tunnel”.

cosθ cosθ

1 2 1 2 3cosθL cos θL

x d x

Nella figura si riassume graficamente questo tipo di comportamento riportando,con riferimento all’Eq (2.62), l’andamento del campo elettrico incidente e trasmesso nellevarie regioni di spazio per differenti valori dell’angolo di incidenza e di spessore dellaregione a basso indice di rifrazione (N.B. - il campo riflesso, che pure esiste, è statoomesso per motivi di chiarezza grafica). Nel primo caso, di un gradino di indice di rifrazione di altezza

1 − n22 / n1

2 = cosθ L , la regione a sinistra corrisponde alla regione di provenienzadell’onda e quella a destra alla regione di indice di rifrazione minore: se l’angolo diincidenza è minore dell’angolo limite (cosθ > cosθL) si ha un’onda trasmessa con vettored’onda k2x più piccolo (ossia lunghezza d’onda piu grande), altrimenti se l’angolo diincidenza supera l’angolo limite si ha nel mezzo 2 un’onda che si attenuaesponenzialmente. Nel secondo caso di una “barriera” di indice di rifrazione, della stessaaltezza del gradino ma di spessore finito d , per angoli maggiori dell’angolo limite si hacomunque un’onda trasmessa nel mezzo 3 (di indice di rifrazione uguale al mezzo 1 ) sel’ampiezza dell’onda attenuata esponenzialmente nel mezzo 2 non è del tutto trascurabilein corrispondenza della superficie di separazione fra i mezzi 2 e 3.

2.7 - Onde sferiche.

Nel caso in cui le sorgenti del campo e.m. abbiano simmetria sferica, cioè in unopportuno sistema di coordinate polari (r,φ,θ) risultino indipendenti dalle corrdinate φ eθ, ne risulterà un campo con le stesse caratteristiche ossia che dipende unicamente dalldistanza r . Tenuto conto dell’espressione del laplaciano in coordinate sferiche (A..) si haper l’equazione delle onde scalare (riferita quindi ad una delle componenti del campoelettrico):

∇2E(r) −1v2

∂2E∂t 2 =

1r2

∂∂r

(r2 ∂E∂r

) −1v2

∂2E∂t 2 =

1r

∂2 (rE)∂r2 −

1v2

∂2E∂t 2 = 0 (2.63)

Moltiplicando l’Eq. (2.61) per r si arriva pertanto ad una equazione delle ondeunidimensionale per la quantità (rE):

∂2 (rE)∂r2 −

1v2

∂2 (rE)∂t 2 = 0 (2.64)

Le soluzioni di questa equazione sono del tipo (2.32):

rE(r) = f (r − vt) + g(r + vt) → E(r) =f (r − vt)

r+

g(r + vt)r

(2.65)

ossia rappresentano onde sferiche che emanano dal centro delle sorgenti posto in r = 0 ,nel caso del termine f(r-vt), oppure implodono verso di esso nel caso del termine g(r+vt).In questo caso, da cui il nome , le superfici di uguale fase sono sfere centrate nell’originedel sistema e l’ampiezza del campo varia in modo inversamente proporzionale a 1/r. Nel caso che ci interesserà più frequentemente nel seguito, ossia di ondesferiche armoniche, le onde progressive, uscenti dall’origine, saranno del tipo:

E(r) = E0eikr − iω t

rk =

ωv

(2.66)

dove la relazione di dispersione , che lega k a ω , segue immediatamente sostituendol’espressione di E nell’equazione delle onde ed E0 è una costante che determinal’ampiezza dell’onda. Si ha poi per l’intensità dell’onda:

I(r) =12

cnε0 E(r) 2 =12

cnε0E0

2

r2 (2.67)

ossia varia in modo inversamente proporzionale al quadrato della distanza come richiestodalla conservazione dell’energia per cui la potenza che attraversa una data superficiesferica S =4πr2 deve essere costante, cioè indipendente dal raggio della medesima. Vogliamo infine ricordare che un’onda sferica a grande distanza dallesorgenti, poste in r = 0 , può essere approssimata localmente con un’onda piana; infatti seindichiamo con r il vettore che individua la posizione di un punto del fronte d’onda econ R il vettore posizione di un punto di riferimento arbitrario si ha:

r = R + ′r R ? ′r → r = R2 + 2 ′r Rcosθ + ′r 2 ≈ R + ′r cosθ = R +RR

⋅ ′r

E(r,t) = E0eikr − iω t

r≈ (E0

eikR

R)e

ik RR

⋅ ′r − iω t= ′E0e

ik⋅r '− iω t k = k RR

(2.68)

Come si vede localmente il campo ha la forma di un’onda piana con vettore d’onda kindividuato dalla direzione di osservazione , ossia da R , con un’ampiezza complessa E0

specificata nel termine entro parentesi della Eq. (2.66). L’approssimazione ora introdottaviene largamente usata in tutte le applicazioni in cui siamo interessati al “campo lontano”(“far field”) ossia alla forma del campo e.m. in una regione dello spazio a grandedistanza dalle sorgenti che lo producono.

O r

R r’