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POLITECNICO DI MILANO - DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA AEROSPAZIALE IMPIANTI E SISTEMI AEROSPAZIALI – Dispense del corso, versione 2011 Capitolo 12 – Comandi di volo Queste dispense possono essere liberamente scaricate dal sito internet del Politecnico di Milano. La vendita è vietata. - 12.1 - Capitolo 12 Comandi di volo

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POLITECNICO DI MILANO - DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA AEROSPAZIALE IMPIANTI E SISTEMI AEROSPAZIALI – Dispense del corso, versione 2011 Capitolo 12 – Comandi di volo

Queste dispense possono essere liberamente scaricate dal sito internet del Politecnico di Milano. La vendita è vietata.

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Capitolo 12

Comandi di volo

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12.1 Introduzione I comandi di volo costituiscono una parte degli impianti di bordo essenziale per la control-

labilità e manovrabilità della macchina. A seconda della categoria del velivolo, delle sue di-mensioni e velocità sono possibili diverse tecniche per asservire il movimento delle superfici aerodinamiche di controllo ai comandi del pilota.

Le soluzioni più comuni per alianti e piccoli velivoli dell’aviazione generale sono basate solo su collegamenti meccanici diretti ottenuti con cavi o aste; il pilota, agendo sulla barra di comando (o sul volantino, o sulla pedaliera) in cabina, trasmette un movimento ad un cinema-tismo che arriva fino alla superficie di governo; normalmente la forza che il pilota deve appli-care è funzione, oltre che delle dimensioni e altre caratteristiche del velivolo, della velocità di volo e dell’angolo di deflessione della superficie aerodinamica. Quando allora non è possibile,

attraverso queste soluzioni mec-caniche, avere degli sforzi di bar-ra sostenibili dal pilota, si deve ricorrere ad un potenziamento fi-nale del comando, tipicamente utilizzando energia idraulica o e-lettrica.

Una conseguenza della intro-duzione dei servomeccanismi nei comandi di volo è stata la possi-bilità di usare tecnologie di con-trollo attivo per la riduzione dei carichi di volo, la guida automa-tica, la stabilizzazione e la prote-zione da manovre fuori dall’inviluppo di volo.

Tecnologie più recenti si basano sulla trasmissione dalla cabina di un segnale elettrico, che viene opportunamente elaborato da un sistema di calcolatori e tradotto in comando di una su-perficie di governo (fly-by-wire).

Il numero ed il tipo di superfici di governo dipende dalla categoria del velivolo. La fig.12.1 mostra una soluzione classica, riferita ad un velivolo da trasporto. Si possono distinguere an-zitutto:

- le superfici di governo primarie, per il controllo attorno ai tre assi: equilibratore, timone direzionale ed alettoni;

- le superfici di governo secondarie: aerofreni, diruttori, ipersostentatori, alette di trim-maggio etc.

Alcune configurazioni di velivoli moderni possiedono superfici di governo particolari: - elevons, lungo il bordo d’uscita per il controllo di rollio (al posto degli alettoni) e bec-

cheggio (al posto dell’equilibratore) su configurazioni a delta senza impennaggio orizzontale; - flaperons, superfici indipendenti estese lungo tutta l’apertura alare per il controllo del rol-

lio (al posto degli alettoni) e dell’incremento di portanza (al posto degli ipersostentatori di bordo d’uscita);

- tailerons, stabilizzatori indipendenti per il controllo di rollio (al posto degli alettoni) e beccheggio (al posto degli equilibratori);

- ali a freccia variabile, per adattarsi a diverse condizioni di volo;

Fig. 12.1 – Superfici di comando su velivolo da trasporto

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- canard, con superficie aerodinamica aggiuntiva a prua per un ulteriore controllo del bec-cheggio e stabilizzazione.

I comandi primari sono ovviamente essenziali non solo per il compimento della missione, ma anche per la sicurezza; essi devono quindi essere caratterizzati da un’elevata affidabilità ed inoltre essere in grado di mantenere prestazioni elevate anche con guasti al sistema, è quindi generalmente richiesta un certo grado di ridondanza nel sistema.

I comandi secondari possono avere ridondanza inferiori quando un loro inutilizzo compor-ta solo restrizioni della missione senza pregiudizio della sicurezza ed è quindi accettabile una minore affidabilità.

12.2 Comandi diretti Come accennato è possibile un collegamento meccanico diretto tra cabina di pilotaggio e

superficie di governo quando il momento di cerniera viene agevolmente contrastato dallo sforzo muscolare del pilota, considerando il meccanismo completo dei suoi attriti. Sono usati due tipi di trasmissione del comando: ad aste e a cavi.

a

b Fig. 12.2 – Comando dell’equilibratore: a) ad aste; b) a cavi

Nel primo caso si utilizzano aste guidate lungo le varie regioni della struttura, con squa-

drette e bilancieri per cambiare la direzione e seguire un certo tracciato. La fig. 12.2a mostra un esempio di trasmissione ad aste per il controllo dell’equilibratore. Il bilanciere è qui neces-sario per invertire il senso di trasmissione ed ottenere l’accoppiamento classico tra il senso del movimento della barra di comando e quello dell’equilibratore (barra avanti – prua verso il basso).

I principali problemi connessi alla progettazione di un comando ad aste sono la rigidezza, le frequenze e modi propri (soprattutto quelli flessionali) e l’instabilità assiale. La rigidezza adeguata viene ottenuta, oltre che col dimensionamento, anche studiando un percorso per le

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aste la cui lunghezza non cambi sensibilmente durante le normali deformazioni strutturali del velivolo. Uno studio dei modi di vibrare permette di evidenziare possibili fenomeni di riso-nanza, tipicamente con le frequenze dei motori e soprattutto con quelle dei rotori nell’elicottero.

Il carico di instabilità assiale è dato da:

2

2

λπ EIP = ,

dove E è il modulo di Young del materiale, I il momento d’inerzia della sezione e λ la lun-ghezza libera d’inflessione; per non incorrere in problemi di instabilità occorre massimizzare il momento d’inerzia rispetto al peso, e questo può essere ottenuto con sezioni a tubo circola-re, e diminuendo la lunghezza delle aste con dei rompi tratta.

Un sistema di trasmissione a cavi si differenzia dal precedente anzitutto per il fatto che è necessaria una doppia linea di trasmissione, poiché il cavo non resiste a carichi di compres-sione. Per modificare direzione e verso della trasmissione si utilizzano in questo caso delle pulegge. Sulle linee bisogna prevedere l’impiego di tensionatori che compensino dilatazioni termiche e rilassamento dei trefoli.

Spesso la soluzione a cavi è preferita rispetto a quella ad aste, per la maggiore possibilità di seguire tracciati anche complessi e raggiungere regioni remote della struttura. La fig. 12.2b mostra, per lo stesso caso precedente del controllo dell’equilibratore, una soluzione a cavi.

Con una trasmissione a cavi, essendo il circuito chiuso, possono esistere dei problemi di al-lentamento o indurimento del comando sia dovuti alla geometria delle aste di rinvio, sia per le diverse dilatazioni termiche della struttura rispetto a quelle dei cavi che sono in acciaio.

Entrambe le soluzioni presentano vantaggi e svantaggi, nella maggioranza dei casi la solu-zione adottata è mista, con aste e cavi nelle diverse zone.

Per muovere la superficie di governo occorre compere un lavoro pari a:

∫=A

c MdL0

α

dove M è il momento di cerniera e A l’angolo massimo di rotazione.

In realtà il pilota deve compiere un lavoro maggiore perché occorre tenere conto del lavoro di deformazione della catena di comando e del lavoro dovuto agli attriti:

adcp LLLL ++=

È possibile definire un rendimento:

p

c

LL

che per sistemi complessi può assumere valori del 85÷90%. Esistono dei limiti nella forza massima che il pilotà può esercitare; cambiando opportuna-

mente i bracci di leva nella catena di comando si può ridurre lo sforzo di barra, ma esistono dei limiti anche nell’escursione di barra possibile legati sempre ad evidenti limitazioni del pi-lota.

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Il comando diretto meccanico è quindi possibile solo fino a determinati valori del lavoro richiesto, se questo valore viene superato occorre potenziare il comando e questo può essere fatto con alette sfruttando forze aerodinamiche o con motori attraverso servocomandi.

12.3 Servocomandi idraulici Un servocomando idraulico è un classico servomeccanismo controreazionato in posizione

nel quale l’input è fornito dal comando del pilota attraverso una catena di comando classica o attraverso un segnale elettrico e l’output è dato dalla posizione di un martinetto: dal confronto fra i due viene imposto lo spostamento del cursore di un distributore, la potenza viene fornita dall’impianto idraulico (fig.12.3).

Fig. 12.3 Servocomando idraulico Si possono avere servocomandi con comando e retroazione elettrici (fig. 12.4) o con colle-

gamento meccanico in parallelo o in serie (fig 12.5).

Fig 12.4 Collegamento elettrico

Posizione superficie

Distributore Attuatore

Comando pilota

Potenza idraulica

x x

y

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Fig. 12.5 Collegamento meccanico parallelo e serie Nel servocomando meccanico con collegamento in parallelo distributore e martinetto sono

due corpi separati; il segnale di ingresso agisce sul distributore attraverso una leva e lo spo-stamento del pistone del martinetto riporta il distributore nella posizione chiusa quando il pi-stone ha compiuto una corsa proporzionale all’ingresso (fig. 12.6) dove il coefficiente di pro-porzionalità è dato dai bracci di leva.

Fig. 12.6 Azionamento di un servocomando di tipo parallelo

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Molto più comunemente si impiegano però servocomandi con comando in serie; il distribu-

tore ed il cilindro del martinetto sono un corpo unico e il pistone è vincolato alla struttura; il segnale di ingresso agisce sul cursore del distributore provocando lo spostamento del cilindro del martinetto, il corpo del distributore lo segue e quando la corsa del cilindro è pari allo spo-stamento imposto al cursore del distributore questo si ritrova nella posizione chiusa.

Fig. 12.7 Azionamento di un servocomando di tipo serie Esiste un ritardo fra lo spostamento del cursore e quello del martinetto, ritardo funzione

delle caratteristiche di frequenza del segnale di ingresso e della dinamica dell’insieme servo-comando – superficie di comando; lo studio della stabilità del sistema e della sua risposta in frequenza è un aspetto molto importante nello sviluppo di un servocomando

Con un servocomando la forza da applicare sulla barra è solo quella corrispondente agli at-triti sulla linea di comando, cioè molto piccola; è necessario introdurre una forza che dia al pi-lota una sensibilità sul comando che sta applicando. Questo può essere fatto semplicemente con una molla che dà una forza proporzionale allo spostamento della barra, sistemi più sofisti-cati sono in grado di introdurre forze tenendo conto della velocità del velivolo o di altri fattori.

p R

y

y

x

F

y

x

F

F

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I martinetti che fanno parte del servocomando sono normalmente a stelo passante in modo da avere aree di lavoro uguali su entrambi i lati, questo serve ad assicurare una simmetria di funzionamento ed è assolutamente indispensabile per poter eseguire manovre in caso si emer-genza.

In caso infatti di mancanza della potenza idraulica è possibile mettere le due camere in comunicazione fra loro (se le due camere hanno uguale sezione la portata uscente da una e quella entrante nell’altra sono uguali e il pistone ed il cilindro possono avere un movimento relativo) e vincolare fra loro il cursore ed il corpo del distributore (Fig.12.8), in questo modo il comando può agire direttamente spostando il cilindro. Naturalmente in queste condizioni si riporta lo sforzo di barra a valori elevanti ed in alcuni casi si deve ridurre l’inviluppo di volo, ma il velivolo resta pilotabile anche senza potenza idraulica.

Fig. 12.8 – Dispositivi per intervento di emergenza

12.4 Fly-By-Wire Nei progetti recenti di velivoli si fa sempre più ricorso a dispositivi che permettono di ela-

borare, oltre ai comandi introdotti dal pilota, parametri misurati sul velivolo in modo da mi-gliorare le qualità del volo.

Esempi di sistemi di questo genere sono: • autopiloti; • dispositivi per il volo a bassa quota; • attenuatori di raffica; • aumentatori di stabilità; • limitatori di incidenza.

Dispositivi di questo genere sono nati già agli esordi dell'elettronica, ma hanno avuto note-vole sviluppo ed incremento delle possibilità con l’evoluzione dei calcolatori e delle tecnolo-gie elettroniche digitali: è possibile integrare varie funzioni in un unico sistema basato su cal-colatori; è possibile inoltre integrare tutte le funzioni in un calcolatore o utilizzare un certo numero di calcolatori, ognuno specializzato per un determinato compito e cooperante con gli altri.

p

Rp

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Sistemi così realizzati sono abbastanza complessi a causa delle ridondanze necessarie per raggiungere l'affidabilità richiesta.

Le funzioni devolute ai calcolatori diventano in alcune macchine tante e tali da spingere ad eliminare completamente la catena meccanica di comando: il comando, o meglio la richiesta del pilota (demand) è trasformata in un segnale elettrico ed inviata ad un gruppo di calcolato-ri, insieme a vari parametri di volo misurati. I calcolatori esaminano la richiesta e trasmettono un segnale alla valvola di comando, azionando il martinetto, eventualmente con un adatta-mento alla condizione di volo. Questa tecnologia prende il nome di fly-by-wire, è nata negli anni ’70 in ambito militare in versione analogica e, successivamente, esportata al civile e tra-sformata in digitale con la diffusione dei calcolatori digitali.

Il primo velivolo civile ad adottare questa tecnologia è stato il Concorde, che per molto tempo è rimasto un caso isolato; adesso vediamo applicazioni in altri velivoli, come per e-sempio l’Airbus delle serie 320, 330, 340, 380 e il Boeing 777. L’A320 è stato inoltre il primo velivolo di linea ad eliminare i 2 tradizionali volantini di comando davanti ai piloti e sostituir-li con due joystick a fianco dei piloti.

Fig. 12.9 – Rappresentazione schematica dell’architettura fly-by-wire

La fig. 12.9 rappresenta schematicamente l’architettura di controllo fly-by-wire con siste-

ma idraulico. I calcolatori generano un segnale basato sulla richiesta del pilota e adattato alle condizioni di volo; i dati di volo campionati e quindi utilizzati per l’elaborazione del comando sono diversi a seconda della categoria di velivolo, ma generalmente includono i seguenti:

• velocità di beccheggio, rollio ed imbardata e accelerazioni lineari; • angolo di incidenza e di deriva; • velocità e quota; • richieste di comando sulle superfici di controllo, sul carrello d’atterraggio, sul re-

gime motori etc. E' possibile dimostrare un'affidabilità del sistema pari o superiore a quella dei sistemi pu-

ramente meccanici. Questa affidabilità è ottenuta a costo di notevoli ridondanze a livello di componenti ed alimentazioni elettriche ed idrauliche: in genere il sistema è quadruplo.

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Per esempio il sistema di controllo di volo dell’A320 è costituito da 7 computer ed è stato realizzato da 2 differenti aziende, che sono state obbligate ad utilizzare processori, linguaggi di programmazione ed algoritmi differenti l’uno dall’altro: differenziando hardware e softwa-re in parallelo per eseguire la stessa operazione, si riduce la possibilità che un comando errato venga eseguito, perché questo dovrebbe implicare un conflitto tra i calcolatori e l’attivazione di un algoritmo di diagnosi.

Sempre sull’A320 esiste la possibilità, in caso di avaria completa dell’impianto elettrico, di comandare meccanicamente il timone direzionale e l’incidenza dello stabilizzatore: le prove di volo hanno dimostrato che è possibile un atterraggio utilizzando solo queste superfici, ma in realtà il dispositivo meccanico di emergenza ha lo scopo di dare tempo all’equipaggio per tentare di riattivare l’impianto.

Il Tornado è invece un tipico esempio di applicazione di tecnologia FBW su velivolo a bassa stabilità. Esso infatti, pur non essendo totalmente instabile, è molto difficilmente mano-vrabile, soprattutto per il fatto che è a geometria variabile e quindi avrebbe risposte ai coman-di completamente diverse a seconda della condizione di volo: questo richiederebbe al pilota un carico di lavoro inaccettabile. Il velivolo è quindi equipaggiato di sistemi di controllo ed aumento della stabilità attorno a tutti e tre gli assi ed un sistema di comando che rende le ope-razioni del pilota indipendenti dalle configurazioni del velivolo.

Nei sistemi fly-by-wire, o comunque basati sull'impiego di calcolatori, esistono problemi hardware, ma soprattutto problemi di realizzazione e di certificazione del software, che oltre-tutto deve essere basato sulle equazioni di volo del velivolo. Il sistema viene quindi collauda-to in modo molto estensivo, per ridurre al amassimo il rischio di errore. Attualmente il rischio di perdita totale del controllo del velivolo è pari a 2x10-6 per ogni ora di volo nel caso di un moderno velivolo militare; questo valore scende a 10-9 nel caso di un velivolo civile.

I vantaggi di una tecnologia fly-by-wire possono essere molteplici: • protezione dell’inviluppo di volo (i calcolatori rifiutano o adattano richieste di con-

trollo al di fuori dei fattori di carico previsti); • aumento di stabilità e controllo in tutto l’inviluppo di volo e possibilità di pilotare

velivoli instabili; • attenuazione degli effetti della turbolenza e delle raffiche, con riduzione dei carichi

di fatica ed aumento del comfort dei passeggeri; • controllo del volo con propulsori a spinta orientabile (velivoli a decollo verticale e

convertiplani); • riduzione della resistenza aerodinamica attraverso un trimmaggio adattativo; • aumento della stabilità durante lo sgancio di serbatoi o armamenti; • migliore interfacciabilità con sistemi automatici di controllo del volo; • riduzione di peso; • riduzione di manutenzione; • riduzione del tempo di addestramento piloti.

A bordo dei velivoli civili il modo operativo del sistema fly-by-wire cambia nelle 4 fasi di manovra a terra, decollo, volo e atterraggio. La transizione tra i modi è molto regolare ed im-percettibile al pilota. Nel modo di controllo al suolo, il comando dello sterzo della ruota di prua è adattato alla velocità di rullaggio; dopo il distacco da terra la protezione dell’inviluppo di volo viene gradualmente introdotta affinché il pilota non possa compiere manovre che su-perino il minimo e massimo fattore di carico, angolo di incidenza, stallo, velocità di volo, ve-locità di rollio ecc; infine, nella fase finale dell’avvicinamento, il funzionamento del sistema

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fly-by-wire passa gradualmente al modo atterraggio, il trimmaggio automatico è disattivato ed equazioni di volo modificate sono usate per il controllo del beccheggio.

La fig. 12.10 mostra lo schema di controllo fly-by-wire per l’Airbus 340. In questo caso sono usati 3 gruppi di calcolatori: un gruppo di 3 calcolatori per i comandi primari (FCPC), un gruppo di 2 per i secondari (FCSC) e un gruppo di due per i sistemi di aumento di portanza (SFCC). I computer dei comandi primari e secondari sono basati su diverso hardware; i com-puter dello stesso gruppo sono basati su diverso software. Un’altra coppia di calcolatori si oc-cupa dell’acquisizione dati di volo.

Nel disegno allegato vengono indicati i gruppi di calcolatori associati alle varie superfici di governo; l’A340 ha 3 sistemi idraulici indipendenti, comunemente chiamati blu, verde e gial-lo; sia la rete idraulica che quella del controllo fly-by-wire hanno un’architettura tale da otte-nere un’elevata ridondanza sul controllo del volo: gli alettoni interni ed esterni, gli equilibra-tori ed il timone sono controllati dai computer primari e secondari e potenziati dai tutti e tre gli impianti idraulici; i sistemi di aumento di portanza sono controllati dal gruppo di computer dedicati (SFCC) e complessivamente potenziati dai tre impianti idraulici; lo stabilizzatore, che ha ovviamente un’importanza secondaria, è controllato da un solo gruppo di computer e po-tenziato da due impianti idraulici.

Grazie a questa architettura un velivolo come l’A340 può essere comandato, almeno nei comandi essenziali, anche a seguito di avaria di due impianti idraulici e due gruppi di calcola-tori. Nell’eventualità di perdita del terzo gruppo di computer o del terzo impianto idraulico, è previsto un controllo manuale d’emergenza del timone direzionale degli equilibratori, al pari dell’A320.

Fig. 12.10 – Schema fly-by-wire dell’A340

Una tecnologia di tipo fly-by-wire è inevitabile per alcune categorie di velivoli come quelli

mostrati in fig. 12.11. Il primo esempio è il bombardiere Northrop B-2, la cui struttura è pro-gettata col principale requisito di ridurre la riflessione delle onde radar, e quindi di essere dif-

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ficilmente intercettato; ne risulta una forma aerodinamica priva delle classiche superfici di controllo, fortemente instabile. Nel secondo caso si vede il Bell-Boeing V-22, un convertipla-no in grado di passare da una configurazione tipo elicottero, con rotori ad assi verticali, ad una di tipo velivolo ad ala fissa, con rotori ad assi orizzontali; la transizione tra le due configura-zioni, in cui il sostentamento è dato in frazioni variabili dalla portanza alare e dalla spinta dei rotori, richiederebbe inusuali capacità di pilotaggio, ma è ben controllata da un sistema fly-by-wire.

Fig. 12.11 – Velivolo instabile e velivolo a spinta orientabile

12.5 Attuatori: stato dell’arte e sviluppi futuri Si è già detto che la tendenza attuale è quella di installare, laddove previsto un comando

potenziato, servocomandi idraulici dove la valvola di comando viene azionata dal pilota, tra-mite un segnale meccanico od elettrico.

Nella fig. 12.12 si mostra una valvola di comando pilotata elettricamente, per il controllo di un martinetto a 4 camere alimentato da due impianti idraulici indipendenti. Si può osserva-re che il sistema è tale per cui, in caso di avaria di un impianto, quest’ultime viene escluso ed il controllo continua con l’impianto ancora in funzione.

La posizione dell’attuatore viene trasformata in un segnale elettrico da un LVDT (linear variable displacement transducer) ed inviata ad un sommatore; la differenza tra il segnale e-lettrico del comando richiesto dal pilota ed il segnale dell’LVDT costituisce l’errore residuo; attraverso un controllo proporzionale integrativo derivativo (PID) si genera infine il segnale di corrente per il controllo del cursore della valvola. In realtà il sistema è un po’ più comples-so, perché prima del PID ci sono un filtro ed un amplificatore, ed inoltre si utilizza spesso come retroazione anche la posizione del cursore della valvola.

Fig. 12.12 – Servocomando idraulico

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I parametri più importanti per le prestazioni di un attuatore sono le forze massime, le velo-

cità massime, la risposta in frequenza e la rigidezza dinamica. Le forze massime si riferiscono alle due condizioni di movimento e sono notoriamente fun-

zione delle aree, della pressione idraulica e delle perdite di carico. Le velocità massime, pure definite nelle due direzioni di moto del pistone, sono funzione

del carico e, di solito, vengono definite a carico nullo ed al 70% del carico massimo. La risposta in frequenza viene definita in termini di guadagno e sfasamento dello sposta-

mento del pistone, sotto certe condizioni di carico. Infine la rigidezza dinamica, cui di solito si associa anche un fattore di smorzamento, è un

dato importante per il calcolo dei modi propri. Attualmente sono in fase di studio due tipologie innovative di attuatori: attuatori elettro-

meccanici (EMA) ed attuatori elettro-idrostatici (EHA). Il primo è costituito da un motore elettrico a da una scatola di riduzione che movimenta lo

stelo. Questo sistema è stato utilizzato per decenni per il controllo delle alette di trimmaggio, apertura portelli ed altri utilizzi che richiedono basse potenze, velocità e tempi di risposta; tut-tavia è possibile uno sviluppo di questo metodo, ed una sua applicazione al controllo del volo, con l’introduzione di motori elettrici ad alta tensione continua (270 VDC ), con relativi siste-mi di controllo basati su interruttori allo stato solido e microprocessori. Gli studi attuali sono finalizzati a rendere gli attuatori elettromeccanici leggeri ed affidabili quanto i corrispondenti attuatori idraulici.

Il secondo tipo di attuatore è invece costituito da un mini impianto idraulico integrato, comprensivo di pompa e serbatoio, per il movimento del martinetto, ed un motore elettrico ad alta tensione continua per l’azionamento della pompa, attivato solo quando riceve il segnale di comando.

12.6 Comandi di volo degli elicotteri I velivoli ad ala rotante sono sistemi più complessi rispetto ai velivoli ad ala fissa: sono

macchine asimmetriche, instabili e con una forte interazione tra i comandi di volo; questi ul-timi inoltre sono completamente differenti dai comandi presenti su velivoli ad ala fissa.

Un primo importante aspetto è il modo di trasmettere il movimento dai motori al rotore principale. Fatta eccezione per i pic-coli elicotteri, che possono avere motori a pistoni, normalmente sono installati motori a turbina. Quasi tutta la potenza viene con-vertita in energia meccanica, includendo anche quella necessaria ad azionare l’impianto idraulico ed elettrico. Per questo motivo il motore ha una doppia turbina, come mostrato in fig. 12.13: la turbina del compressore, calettata sull’asse e situata subito dopo la camera di combustione, ha lo scopo di trascinare il compressore stesso; la turbina di potenza, a valle della precedente

Fig. 12.13 – Motore a turbina di un

elicottero

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e non calettata sullo stesso albero, aziona il riduttore e quindi i rotori. Poiché questa turbina è libera dall’albero principale, il motore ha un’inerzia relativamente bassa e può cambiare regi-me senza transitori importanti; viceversa, alla turbina di potenza è associato un momento d’inerzia molto elevato, e quindi lunghi transitori per passare da una velocità di rotazione ad un’altra.

Solitamente sono presenti almeno due mo-tori, raramente uno solo; essi sono collocati sopra la cabina, in vicinanza della scatola di trasmissione, come mostrato in fig. 12.14.

Il controllo del volo nell’elicottero è ottenu-to modificando la configurazione del rotore principale e di quello di coda.

La forza di sostentamento è ottenuta dalle pale del rotore principale, solitamente in nu-mero compreso tra 2 e 6: cambiando il loro angolo di incidenza con la leva del passo col-lettivo, si modifica il loro coefficiente di por-tanza.

Il controllo in direzione longitudinale e laterale è ottenuto inclinando il rotore principale nelle varie direzioni, operando sulla leva del passo ciclico.

La fig. 12.15A mostra i principali componenti del controllo rotore. Tre attuatori sono suffi-cienti per il controllo sia del passo collettivo che di quello ciclico. I attuatori vengono coman-dati, attraverso le loro valvole, dalla cabina di pilotaggio tramite aste, cavi o tecnologia fly-by-wire. A seconda di come vengono azionati, essi sono in grado di spostare (passo collettivo) od inclinare (passo ciclico) il piatto oscillante inferiore, non rotante. Questo possiede un vin-colo a pattino col piatto oscillante superiore, rotante, a cui trasmette il movimento di trasla-zione o inclinazione; quest’ultimo controlla direttamente il calettamento delle singole pale del rotore principale, come chiarito dalla fig. 12.15B.

La variazione dell’angolo di calettamento modifica la portanza della singola pala; il passo collettivo agisce simultaneamente su tutte le pale, generando su tutte e quindi sul velivolo una variazione di forza di sostentamento; il passo ciclico invece modifica l’angolo di calettamento in modo tale da ottenere uno sbilanciamento della distribuzione di portanza ed un’inclinazione del rotore, ovvero una componente di forza longitudinale.

A

B Fig. 12.15 – Elementi del rotore e principio di funzionamento

Fig. 12.14 – Collocazione motori e

riduttore

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La modifica del passo collettivo comporta una variazione del coefficiente di resistenza del-

le pale stesse e quindi della coppia sull’asse del rotore principale; per evitare che il velivolo cambi rotta tale manovra dev’essere compensata variando il calettamento delle pale del rotore di coda, tramite la pedaliera. Inoltre si verificherà un cambiamento della velocità di rotazione dei rotori, che andrà compensata col controllo della potenza motori, ottenuto da una manopola sulla leva del passo collettivo. Questi effetti incrociati dimostrano la complessità del pilotag-gio dell’elicottero, che è quindi basata su una continua coordinazione dei passi ciclico e col-lettivo, del rotore di coda e dei motori. La guida di un elicottero è più complicata di quella di un velivolo ad ala fissa, e questa differenza è accentuata durante le manovre ed il volo in con-dizioni di turbolenza. Per questo motivo gli elicotteri moderni sono equipaggiati con sistemi di controllo automatico della potenza motori, sistemi di stabilizzazione del volo e piloti auto-matici, in grado di ridurre gli effetti incrociati dei comandi e quindi il carico di lavoro del pi-lota.

12.7 Bibliografia Autori vari, Avionic Systems, curato da D.H.Middleton, Longman Scientific and Technical,

1989 I.Moir, A.Seabridge, Aircraft Systems, Longman Scientific and Technical, 1992