Capitolo 1 - Grandezze fisiche - Francesco PoliAlfabeto dell'Universo...Il perché la matematica...

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1 Grandezze fisiche 1. La misura delle grandezze fisiche Qual è il campo d’indagine della fisica? La fisica è la disciplina che si occupa di studiare il funzionamento dell’Universo materiale. Quest’ambizioso compito è possibile perché, qualsiasi sia la scala alla quale si osserva la materia, il suo comportamento obbedisce a delle leggi . Con ciò intendiamo che, anziché essere irregolari e caotici, i fenomeni materiali si ripetono uguali a loro stessi (pensiamo al sorgere del Sole), seguendo regole che possono essere espresse tramite il linguaggio ma- tematico, e che consentono in una certa misura, di prevedere ciò che accadrà. Le leggi fisi- che permettono ad esempio di sapere in anticipo il tempo che occorre a un oggetto lascia- to cadere da un’altezza nota per toccare terra, oppure quanto gas dovrà bruciare nel for- nello perché un litro di acqua possa arrivare a bollire, e così via. Il perché la matematica permetta di formalizzare le leggi fisiche, rimane un interrogativo aperto; dice a questo proposito uno dei massimi fisici del XX secolo: “Il fatto che il linguaggio della matematica sia miracolosamente adatto a formulare le leggi fisiche è un dono meraviglioso, che non comprendiamo e non meritiamo 1 .” In che modo la fisica persegue questi obiettivi? Ci riesce attraverso lo studio delle interazioni della materia con se stessa e dei cambiamenti che ne conseguono. Quest’analisi è svolta in primo luogo trasformando in numeri i fenomeni osservati : un processo che si chiama misura e che risponde a domande elementari, del tipo quanto lungo? quanto grande? quanti sono? quanto dura? In seguito si formulano ipotesi su di un possibile modello teorico del fenomeno, e delle relazioni matematiche che legano i risultati delle misure effettuate, si prova cioè ad interpretare ciò che ci è noto in termini di ciò che potrebbe essere. Infine, si verifica se le relazioni trovate hanno la capacità di pre- vedere quello che accadrà in un nuovo evento. Sono quindi tre passi: 1. misurare, cioè quantificare, associando dei numeri ai fatti osservati, 2. ipotizzare relazioni matematiche fra questi numeri, che si chiamano leggi, 3. verificare la capacità di previsione delle leggi ipotizzate su dei nuovi eventi. 1 “L’irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali”, di Eugene Wigner, Nobel per la fisica nel 1963. Capitol o 1

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Grandezze fisiche

1. La misura delle grandezze fisiche

Qual è il campo d’indagine della fisica? La fisica è la disciplina che si occupa di studiare il funzionamento dell’Universo materiale. Quest’ambizioso compito è possibile perché, qualsiasi sia la scala alla quale si osserva la materia, il suo comportamento obbedisce a delle leggi. Con ciò intendiamo che, anziché essere irregolari e caotici, i fenomeni materiali si ripetono uguali a loro stessi (pensiamo al sorgere del Sole), seguendo regole che possono essere espresse tramite il linguaggio ma-tematico, e che consentono in una certa misura, di prevedere ciò che accadrà. Le leggi fisi-che permettono ad esempio di sapere in anticipo il tempo che occorre a un oggetto lascia-to cadere da un’altezza nota per toccare terra, oppure quanto gas dovrà bruciare nel for-nello perché un litro di acqua possa arrivare a bollire, e così via. Il perché la matematica permetta di formalizzare le leggi fisiche, rimane un interrogativo aperto; dice a questo proposito uno dei massimi fisici del XX secolo: “Il fatto che il linguaggio della matematica sia miracolosamente adatto a formulare le leggi fisiche è un dono meraviglioso, che non comprendiamo e non meritiamo1.” In che modo la fisica persegue questi obiettivi? Ci riesce attraverso lo studio delle interazioni della materia con se stessa e dei cambiamenti che ne conseguono. Quest’analisi è svolta in primo luogo trasformando in numeri i fenomeni osservati: un processo che si chiama misura e che risponde a domande elementari, del tipo quanto lungo? quanto grande? quanti sono? quanto dura? In seguito si formulano ipotesi su di un possibile modello teorico del fenomeno, e delle relazioni matematiche che legano i risultati delle misure effettuate, si prova cioè ad interpretare ciò che ci è noto in termini di ciò che potrebbe essere. Infine, si verifica se le relazioni trovate hanno la capacità di pre-vedere quello che accadrà in un nuovo evento. Sono quindi tre passi:

1. misurare, cioè quantificare, associando dei numeri ai fatti osservati, 2. ipotizzare relazioni matematiche fra questi numeri, che si chiamano leggi, 3. verificare la capacità di previsione delle leggi ipotizzate su dei nuovi eventi.

1 “L’irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali”, di Eugene Wigner, Nobel per la fisica nel 1963.

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Questo tipo di approccio si sviluppa nei secoli XVI e XVII grazie all’ingegno di Galileo Galilei (1564-1642) che per primo sostituì le osservazioni di carattere casuale ed estempo-raneo che avevano caratterizzato lo studio della natura nel mondo antico, con esperimenti progettati. In un esperimento non ci si limita a registrare ciò che accade ma si pianifica in an-ticipo e con chiarezza quali sono gli aspetti del fenomeno che si desidera indagare, ten-tando se possibile di scomporlo in costituenti elementari. Infine, si interpretano le misure cercando relazioni fra di esse che possano essere lette attraverso il linguaggio della ma-tematica e della geometria.

Che cosa ha di speciale il tipo di conoscenza così raggiunto? La differenza fra le conoscenze acquisite in campo fisico, e altri tipi di conoscenza, risiede nella loro falsificabilità. Con questo termine intendiamo la possibilità di progettare un esperimento il cui risultato possa stabilire se il contenuto di una certa legge è falso. Infatti, nessuna legge fisica va intesa come una spiegazione definitiva del fenomeno in esame, ma anzi è considerata una conquista ambita dagli scienziati lo scoprire una legge ancor più generale che, alla luce di nuovi esperimenti, ne sostituisca un’altra. Per capire, facciamo un esempio di teoria non scientifica: poniamo che qualcuno sostenga che l’intero Universo sia stato creato cinque minuti fa, comprensivo delle evidenze di passato, messe lì a bella posta per generare l’illusione che esso abbia una storia antica di tredici miliardi di anni. Ricordi nella nostra mente, reperti antichi, stratificazioni fossili, distribuzione opportuna del radiocarbonio per la datazione: tutto è venuto alla luce cinque minuti fa per opera di qualche entità superiore che si prende gioco della razza umana. Si tratta di un’ipotesi non scientifica in quanto non falsificabile. Non possiamo pensare a nessun esperimento che possa rivelarne la falsità, perché qualora dimostrassimo che ad esempio, una certa roccia è vecchia di un miliardo di anni, si potrebbe sempre rispondere che quelle particolari pro-prietà fisiche che la fanno apparire di quella età, sono state create insieme alla roccia stes-sa giustappunto cinque minuti fa. Che cosa vuol dire definire operativamente una quantità? Misurare significa avere una procedura che consenta di trasformare in numeri i risultati delle osservazioni. La possibilità di eseguire quest’operazione distingue in fisica, ciò che è reale da ciò che non lo è. Solo una quantità per la quale si siano descritti tutti i passi necessari ad eseguirne la misura, viene considerata oggetto di studio, e detta grandezza fisica.

Grandezza fisica: una quantità per la quale si ha una definizione operativa, cioè un proce-dimento da seguire per misurarla.

Perché il risultato di un’osservazione possa dirsi grandezza fisica è quindi necessaria non tanto una definizione teorica, ma piuttosto una serie di istruzioni pratiche che dicano co-me misurarla. Proviamo, a titolo di esempio, a dare le definizioni operative di alcuni con-cetti familiari:

• Per individuare operativamente il mezzogiorno, cioè il punto locale di massima elevazione del Sole, si pianta in terra un bastoncino e se ne osserva l’ombra per l’intera giornata. Il mezzogiorno è quel momento in cui l’ombra è più corta.

• Operativamente, il Nord locale è la direzione indicata dall’ombra di un bastoncino nell’istante in cui essa è più corta, cioè a mezzogiorno.

• La direzione verticale locale è definita operativamente dalla retta che passa per un fi-lo cui sia sospeso un oggetto (filo a piombo).

Come funziona il processo di misura? Per misurare una grandezza fisica bisogna scegliere un suo campione che faccia da riferi-mento, detto unità di misura. Si definisce poi una procedura che permetta di ricavare un numero, che esprima quanto la grandezza da misurare è più piccola o più grande dell’unità scelta. Dobbiamo quindi poter individuare multipli e frazioni dell’unità indivi-duata. Sono molte le quantità osservate per cui possiamo mettere in pratica questo proces-

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so: in questo capitolo ci occuperemo della lunghezza, del tempo e della massa. Ve ne sono altre però, per le quali ciò non è possibile, ad esempio non si può misurare la bellezza di un paesaggio né l’abilità di una persona, in quanto non si dispone dell’unità di misura. Quale potrebbe mai essere, infatti, il dipinto la cui bellezza vale “1”? E come individuare multipli e frazioni di questa presunta unità di misura, ad esempio il dipinto bello “2” oppure “1/2”? Questo non implica certo che la bellezza, l’amore, e tanti aspetti della realtà non esistano, ma solo che la loro indagine esula dal campo della fisica. Infatti, questioni che non hanno senso in fisica, possono mantenerlo in altri ambiti della conoscenza umana, come l’arte, la religione, la filosofia e così via. La scelta dell’unità di misura è arbitraria: i criteri seguiti in passato sono stati legati a ragioni di comodità, e tutte le grandezze ave-vano unità di misura confrontabili con le quantità che si era soliti maneggiare quotidia-namente. Negli anni più vicini ai nostri si è preferito ridefinire queste unità in termini di fenomeni fisici fondamentali, per permettere a chiunque lo desiderasse di riprodursi il campione in un laboratorio. Come si scelgono le quantità da assumere come grandezze fisiche? Fra tutte le quantità osservabili che hanno i requisiti per diventare grandezze fisiche, non è semplice capire quali siano gli aspetti di un fenomeno che è più vantaggioso misurare, e per quali invece il processo di misura risulti meno fruttuoso e meno fecondo di idee. Ad esempio è utile riflettere sul fatto che gli antichi Greci, con tutta la raffinatezza del loro pensiero filosofico e matematico, ritardarono nella conoscenza del mondo fisico perché, fra le altre cose, non seppero inventare la grandezza fisica detta accelerazione. Per accelera-zione intendiamo la rapidità con la quale cambia la velocità di un oggetto: l’idea di misu-rare una tale quantità ha permesso di interrogare la natura in modo molto efficace. Indi-viduare quali sono le grandezze fisiche più efficaci per descrivere le osservazioni è uno degli aspetti fondamentali del processo di conoscenza scientifica, e corrisponde al saper “porre le domande giuste” alla natura.

Le grandezze fisiche non sono qualcosa che si scopre, ma qualcosa che si inventa. Sono il prodotto della creatività umana che escogita i mezzi più efficaci per investigare il reale.

Il Sistema Internazionale di misura (SI) contempla sette grandezze fisiche dette fondamen-tali, nel senso che in termini di queste sono poi definite le unità di misura di tutte le altre. Esse sono: lunghezza (unità di misura il metro, simbolo m ), tempo (unità il secondo, s ), mas-sa (unità il kilogrammo, kg ), temperatura (unità il kelvin, K) , intensità di corrente elettrica (uni-tà ampere, A), intensità luminosa (unità la candela, cd), quantità di materia (unità la mole, mol).

Esercizi 1. Si dia la definizione operativa di giorno. [R]

2. Il tempo Che cos’è il tempo? Eh no, non si può rispondere alla domanda posta in questa forma! Come mai sappiamo tutti che cosa il tempo sia, ma se ci viene chiesto di definirlo, allora non lo sappiamo più? Il motivo di questo imbarazzo è che quando si chiede di definire un concetto, ciò che real-mente intendiamo è “spiegarlo in termini di altre idee più semplici”. Il tempo è invece un concetto primitivo, uno dei mattoni fondamentali del nostro modo di percepire il mondo intorno a noi: non c’è un livello più semplice al quale si può scendere. Piuttosto, avviene il con-trario: noi usiamo l’idea di tempo per definire gli altri concetti e spiegare le cose. Se tra-ducessimo questa idea in parole sarebbe un inganno, perché ci serviremmo di parole co-

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(nano: n)

(micro: )

(milli: m)

(kilo: k)

(mega: M)

(giga: G

)

9

9

6

6

3

3

1

0

2

3

6

9

110 0.000000001

101

10 0.000001101

10 0.001101

10 0.110

10 1

10 100

10 1000

10 1000000

10 1000000000

m

-

-

-

-

= =

= =

= =

= =

=

=

=

=

=

struite appoggiandosi anche su di essa. Se dicessimo ad esempio che “il tempo è la gran-dezza che permette di ordinare gli eventi”, un termine come “ordinare” si appoggia esso stesso al concetto di tempo. L’idea di ordine – chi viene prima e chi dopo – fa uso dell’idea di tempo che vuole precisare, quindi abbiamo a che fare con una definizione cir-colare. Del resto la stessa logica si sviluppa nel tempo e senza di esso non sarebbe possibile il pensiero, visto che per esporre un qualunque argomento si deve usare una successione di passaggi, quindi alcuni prima ed alcuni dopo. Possiamo invece dare la definizione operati-va di tempo, rispondere piuttosto alla domanda: come si misura il tempo? Qual è la definizione operativa di tempo Sono frequenti in natura dei fenomeni che si ripetono con uguali caratteristiche: l’alternarsi del giorno e della notte, le maree, il battito del cuore, le oscillazioni di un pendolo. Il tempo è misurato contando il numero di volte che un fenomeno di questo tipo - detto periodico - si ripete.

Definizione operativa di tempo Si sceglie un fenomeno fisico la cui durata faccia da unità di misura, e si costruisce un dispositivo, il cronometro, che ripeta un movimento con uguali caratteristiche ogni volta che è trascorsa un’unità di misura. La misura del tempo è data dal numero di ripetizioni che si contano.

Il pendolo è un possibile cronometro, ma è ampia la scelta offerta dai moderni orolo-gi meccanici o elettronici. Ciò che chiamiamo tempo, è dunque un modo di comparare le caratteristiche di un movimento noto, come quello delle lancette di un orologio, con un movimento ignoto, ad esempio un uomo che corre. I due processi potrebbero anche essere confrontati direttamente, senza introdurre una misura di tempo, che è in fondo un numero che esprime un moto campione con cui confrontarsi, e non qualcosa con un’esistenza indipendente dal processo che usiamo per misurarlo. L’idea di tempo è suggerita all’uomo dalla mutevolezza delle cose intorno a lui, cioè nasce da quella di cambiamento. Tuttavia, la sensazione che esista un tempo assoluto che scorre nell’Universo indipendentemente dalle cose e dallo spazio, non ha fon-damento in fisica, perché non esiste il modo di tradurre in una misura tale concetto. È infatti impossibile sincronizzare due cronometri molto lontani fra loro senza coin-volgere altre grandezze fisiche, come lo spazio che li separa. Per sincronizzare serve sapere quanto tempo occorre al segnale che parte dal primo orologio, per percorrere lo spazio che lo separa dal secondo, così che la misura di tempo diviene legata a quella della lunghezza, e quindi crolla l’idea di poter definire operativamente un tem-po assoluto, indipendente da ogni altra cosa. Qual è l’unità di misura del tempo? Galileo misurava il tempo usando lo sgocciolio come cronometro, e contando il nu-mero di gocce cadute dentro ad un bicchiere da un contenitore sospeso. La defini-zione dell’unità di misura del tempo, che nel SI è il secondo (simbolo s ) è stata raffi-nata nel corso degli anni. Ci si è serviti nel passato della misura ottenuta dividendo la durata del giorno in 86400 parti. Osserviamo che la cosa non era semplice, giac-ché esiste più di un modo di definire il giorno! Mentre la Terra completa un giro su se stessa, infatti, si muove anche intorno al Sole. Così quando una linea di mira2 tor-na a puntare verso la stessa stella lontana, si dice che è trascorso un giorno sidereo. Per puntare di nuovo verso il Sole le resta ancora da spazzare lo spicchio di rotazione che abbiamo indicato con a in figura. Questa seconda durata la chiamiamo giorno solare3. Oggi per motivi di precisione, stabilità e riproducibilità, si preferisce dare del secondo una definizione in termini di un fenomeno fisico fondamentale. Un secondo è la durata temporale che occorre all’atomo di cesio 133 per emettere 9192631770 creste di on-

2 Si ottiene la direzione di mira sovrapponendo un filo a piombo alla visione della stella. 3 La differenza fra i due è di circa 4 minuti

a

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de elettromagnetiche4. Non è una definizione di cui si può fare uso nel quotidiano, ma ha il vantaggio di non essere soggetta a variabilità, e poter essere riprodotta in qua-lunque laboratorio del mondo tramite un esperimento di ottica. Una volta fissata l’unità di misura, nel SI si stabilisce una scala in termini di multipli e di sottomulti-pli dell’unità seguendo una scala decimale: decimi di secondo, centesimi di secondo, migliaia di secondi e così via. Per indicarli si usano le potenze di dieci, dove l’esponente indica il numero di zeri che precede (esponente negativo) o segue (esponente posi-tivo) il numero 1 . Alcuni multipli e sottomultipli hanno nomi propri, come ricordato in tabella. Fra i sottomultipli ricordiamo il miliardesimo di secondo o nanosecondo

ns s-91 10= , (è circa il tempo che occorre ad un moderno microprocessore di PC per compere un singolo ciclo di calcolo; la luce percorre più o meno trenta centimetri in

ns1 ); il milionesimo di secondo o microsecondo, indicato con la lettera greca “mi” s s-61 10m = (è circa il tempo che impiega la luce per attraversare uno spazio di tre-

cento metri), ed il millisecondo ms s-31 10= . In un anno ci sono circa s31536000 Perché il minuto e l’ora non sono multipli decimali del secondo? Si usano due multipli del secondo – il minuto e l’ora - che cambiano di nome di 60 in 60,quindi s1min 60= , s1h 3600= . La scelta di appoggiarsi al numero 60 (che è rimasta anche nella misura in gradi degli angoli) è un antichissimo retaggio risalente agli assiro-babilonesi, che lo scelsero in quanto il più piccolo numero divisibile per 2 , 3 , 4 , 5 , 6 , 10 , 12 ,15 ,20 ,30 e quindi era agevole farne delle frazioni.

3. Lunghezza, area e volume

Cos’è la lunghezza? Stiamo di nuovo trattando un concetto primitivo, non quindi qualcosa che si deve defini-re, ma qualcosa con cui si definisce. E’ illusorio escogitare una frase che esprima cosa la lunghezza sia, ad esempio: “lo spazio occupato dall’oggetto in una data direzione”, per-ché staremmo appoggiandoci a termini come “spazio” e “direzione” che già contengono in sé l’idea che vogliamo precisare. Definire vuol dire esprimere tramite concetti più sem-plici, ma in ambito spaziale non esiste nulla di più semplice dell’idea di lunghezza. Da-remo quindi la definizione operativa di lunghezza, e già sappiamo che così si risponde alla domanda: come si misura la lunghezza?

Definizione operativa di lunghezza Si sceglie un oggetto dritto e sottile, che funga da unità di misura, se ne fanno multipli e frazioni e si costruisce una scala segnando delle marcature sopra a un qualunque suppor-to rettilineo. Poi si prende l’oggetto da misurare e si osservano le due tacche che sulla scala segnano l’inizio e la fine dell’oggetto. Si contano quindi le volte che la nostra unità (o le sue frazioni) sono comprese fra queste due marcature: il numero che si ottiene è la mi-sura della lunghezza.

In che modo è scelta l’unità di misura della lunghezza? Per praticità, sin dai nei tempi molto lontani dal nostro, si sono usate unità la cui esten-sione era più o meno simile alla scala di un uomo. Nell’antichità era diffuso il cubito5 che era la lunghezza dell’avambraccio, compresa fra il gomito e la punta del dito medio. In tempi più recenti si è adoperata la misura del piede di Re Luigi XIV. Con la rivoluzione francese si passò al metro, definito come la decimilionesima parte di un quarto della circonfe-renza terrestre. Anni dopo ne fu realizzato un campione, una sbarra in lega di platino- 4 Quando passa fra due livelli iperfini dello stato fondamentale 5 In latino cubitum = gomito.

010

410

810

1210

1610

2010

2410

410-

810-

1210-

1610-

Via Lattea

orbita

terrestre

raggio

della Terra 6400 km

1micronbatteri

luce visibile

atomo

nucleo

m

anno luce

limitidell'Universo?

9400miliardi di km

150 milionidi km

1 km

1 m

1nanometro

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iridio, materiale molto resistente alle deformazioni prodotte dagli sbalzi di temperatura, e quella fu assunta come standard. Oggi si preferisce dare del metro una definizione basata su di un fenomeno fisico: il metro è lo spazio percorso dalla luce in un secondo, diviso per 299792458 . Non si può certo fare uso nel quotidiano di questa definizione di metro, ma ha il vantaggio di non essere soggetta a variabilità, e poter essere riprodotta in qualunque laboratorio del mondo tramite un esperimento di ottica. Il Sistema Internazionale di mi-sura (SI), una volta scelta l’unità, utilizza sempre una scala decimale per multipli e sotto-multipli. Si assegnano dei nomi propri ad alcuni di questi con il criterio dei prefissi già vi-sto per il tempo. Alcuni rivestono particolare utilità pratica: fra i sottomultipli ricordiamo il micron ( m1m è un milionesimo di metro) che misura appropriatamente le lunghezze sulla la scala dei batteri e delle distanze fra le creste di onda della luce visibile. Il nanome-tro ( nm1 un miliardesimo di metro) misura la scala delle molecole: in anni recenti si sta sviluppando la cosiddetta nanotecnologia, termine che si riferisce alla possibilità di realizza-re macchine sulla scala molecolare, allo scopo di interfacciare con i dispositivi biologici.

Esercizi 2. In che modo Talete di Mileto (VI secolo a.C.) misurò l’altezza della piramide di Cheope?

Talete osservò il variare, durante il giorno, della lunghezza dell’ombra di un bastone piantato verticalmente in terra. Nel momento in cui l’ombra era lunga quanto il ba-stone, anche l’ombra della piramide, sommata a metà della lunghezza della sua base, era uguale all’altezza. Qual è la definizione operativa di area? L’area di una porzione di piano è il numero che esprime quante volte il suo contorno contiene una superficie quadrata scelta per unità di misura.

Definizione operativa di area Si sceglie un quadrato che funga da unità di misura e si realizza una griglia avente maglie quadrate di quella estensione. Si sovrappone la griglia alla superficie da misurare e si con-tano i quadretti racchiusi dal contorno, facendo valere metà quelli che sono tagliati. La loro somma esprime l’area cercata nell’unità di misura scelta.

I quadretti che sono tagliati dal contorno, alle volte saranno compresi dentro all’area da misurare per più della loro metà, alle volte per meno della metà. Non abbiamo alcun mo-tivo per ritenere che quelli che hanno la parte maggiore all’interno siano mediamente in numero superiore a quelli che hanno la parte maggiore all’esterno. In base a questa sim-metria, nel conteggio facciamo valere per un mezzo la loro area, confidando che i singoli eccessi e difetti si compensano tanto meglio quanto più è grande il numero dei quadretti.

Esercizi 3. Calcolare l’area della figura qui a lato.

Indichiamo con q l’area di uno dei quadretti della griglia sovrapposta alla figura, che sarà la nostra unità di misura. Si hanno 40 quadretti interi e 34 mezzi quadretti per un’area totale: 34

2(40 ) 57A q q= + ´ =

Che relazione di carattere generale sussiste fra lunghezza ed area? La geometria insegna che in alcuni casi il numero dei quadretti può essere ricavato senza effettuare materialmente il conteggio, ma partendo da misure di lunghezza: è il caso delle formule per il calcolo delle aree di rettangoli, triangoli, poligoni, cerchi, superfici laterali e totali di solidi e così via. Non si tratta di un metodo alternativo alla griglia, bensì di una scorciatoia per arrivare al risultato, che però rende bene evidente una relazione importan-te: l’area è sempre espressa dal prodotto di due misure di lunghezza. Analizziamo alcune formu-le, con ovvio significato dei simboli coinvolti:

q

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rettangoloA b h= ⋅ ; 12triangoloA b h= ⋅ ; 2

cerchioA Rp= ; 12 ( )trapezioA B b h= + ⋅

Come si vede, l’area è sempre il risultato del prodotto di due lunghezze, eventualmente uguali come nel caso del raggio per il cerchio. C’è solo un coefficiente numerico (detto fat-tore di forma) a fare la differenza, che vale 1 per il rettangolo, /1 2 per il triangolo, p per il cerchio e 4p per la sfera e così via. Quando si mette una grandezza in relazione con le grandezze fondamentali del SI, si dice che ne stiamo dando le dimensioni fisiche. Le di-mensioni permettono di sapere in quale relazione si trova la nuova unità di misura ri-spetto a quelle fondamentali, ed in che modo, a meno di eventuali coefficienti numerici, la grandezza si può ottenere partendo da queste. Le dimensioni fisiche dell’area sono per-tanto quelle di una lunghezza al quadrato. Si esprime questo concetto racchiudendone il simbolo fra parentesi quadre:

[ ] 2A L=

L’unità di misura dell’area diviene allora il quadrato che ha per lato l’unità di misura della lunghezza, nel SI il metro quadrato ( m2 ) e i suoi multipli e sottomultipli.

Esercizi 4. Il teorema di Pitagora continua a valere se, al posto dei quadrati, si costruiscono sui ca-teti e sull’ipotenusa dei poligoni regolari, ad esempio dei pentagoni?

L’area di un poligono regolare si calcola moltiplicando il semiperimetro per l’apotema, ma entrambi dipendono a loro volta dal lato. L’apotema si ottiene moltiplicando la misura del lato per un coefficiente numerico fisso. L’area di un poligono regolare è quindi sempre il prodotto di 2 per un opportuno fattore di forma f . Se dunque costruiamo tre poligoni regolari di lati i cateti 1 , 2 e l’ipotenusa 3 di un triangolo rettangolo, il teo-

rema di Pitagora assicura che 2 2 21 2 3+ = . Moltiplicando ambo i membri per f ha

l’uguaglianza fra le aree dei poligoni. Che relazione c’è fra le dimensioni e le equazioni della fisica?

Solo quando due grandezze hanno le stesse dimensioni fisiche, possono essere sommate, sottratte od uguagliate. In tal caso le grandezze si dicono omogenee.

Le equazioni che coinvolgono grandezze fisiche devono quindi avere entrambi i membri omogenei: una verifica di ciò e detta controllo dimensionale. L’idea di base è molto elemen-tare, spesso esposta ai bambini sin dai primi anni di scuola dicendo che “non si possono sottrarre mele da pere”. Si consideri l’esempio che segue per capire gli assurdi che risulta-no, se questa regola non viene rispettata.

Esercizi 5. Si trovi il lato x di quel quadrato che ha l’area uguale al perimetro.

Proviamo a fidarci della linea di ragionamento proposta da questo quesito, ugua-gliamo le espressioni per l’area e per il perimetro, e poi semplifichiamo: 2 24x x x= 4 x= 4x =

Si capisce l’assurdità della risposta trovata, 4x = , non appena ci si chieda quale sia l’unità di misura da associarvi. 4 cosa? metri, centimetri, pollici? Supponiamo che sia cm4 , avremmo allora un perimetro ed un’area di:

cm cm4 4 4 16x = ´ = 2 cm) cm2 2(4 16x = = Ma proviamo a trasformarli in metri cm m4 0.04= .Risulta ora:

m m4 4 0.04 0.16x = ´ = 2m) m2 2(0.04 0.0016x = = ed i numeri non sono più uguali fra loro! L’assurdo nasce dal fatto che si tratta di una domanda mal posta, visto che ci chiede di uguagliare due grandezze fisiche aventi dimensioni diverse. E’ un po’ come domandare quante mele occorrono per uguagliare un cesto di dieci pere: non ha senso.

1A

2A

1 2 ?A A+

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Cosa s’intende per sezione?

Si dice sezione di un oggetto l’area della figura intercettata da un piano che lo tagli.

Avremo quindi sezioni orizzontali, verticali ed oblique a seconda della direzione dei piani che le individuano. Qual è la definizione operativa di volume e che dimensioni fisiche ha? Bisogna scegliere un cubo che faccia da unità di misura, e realizzare una griglia in tre di-mensioni avente ogni maglia della grandezza di questo cubo. Si sovrappone la griglia all’oggetto da misurare e si contano i cubetti racchiusi dalla superficie che ne delimita il volume, facendo valere per intero quelli interni, e per metà quelli intercettati. La geome-tria ci mostra che in certi casi si può evitare il conteggio e utilizzare formule che esprimo-no il volume in funzione delle misure di lunghezza. Ne ricordiamo qualcuna, con ovvio significato dei simboli:

3cuboV s= 34

3sferaV Rp= 213conoV R hp= ⋅ 2

cilindroV R hp= ⋅

Si capisce subito che il volume è sempre il risultato del prodotto di tre lunghezze, even-tualmente uguali. Solo il coefficiente numerico detto fattore di forma distingue le formule , e vale 1 per il cubo (ed il parallelepipedo), /3p per il cono, p per il cilindro, /4 3p per la sfera e così via. Le dimensioni fisiche del volume sono allora quelle di una lunghezza al cubo:

[ ] 3V L=

l’unità di misura dell’area diviene il cubo che ha per lato l’unità di misura scelta per la lunghezza, quindi nel SI il metro cubo ( m3 ) ed i suoi multipli e sottomultipli. Molto usato per le sostanze fluide è anche il litro, che equivale a un millesimo di metro cubo, cioè un decimetro cubo: dm m3 3 31 1 10-= = .

Esercizi 6. Uno studente non ricorda più se la formula per calcolare la superficie della sfera sia 4 Rp , 24 Rp oppure 33 Rp . Con quale criterio può decidere? [R]

7. Il tiranno Gerone II chiese ad Archimede di Siracusa (287-212 a.C.) di misurare il volume della sua corona, senza danneggiarla, per verificare che fosse uguale a quello di un cubo d’oro dello stesso peso, e che quindi l’orafo non lo avesse ingannato. Sa-preste dire come vi riuscì? [R] 8. Un’ellisse è una curva ottenibile dilatando la circonferenza lungo la direzione di uno dei suoi diametri. Le lunghezze ,a b sono dette semiassi. Quale delle formule:

2 2(1) a bp , 2(2) a bp ,(3) abp , 4(4) abp , 2 2(5) 2a bp è quella che fornisce l’area racchiu-sa dall’ellisse? [R: 3 ]

4. La massa

Ogni oggetto tende ad opporre resistenza quando se ne vuole cambiare lo stato di moto: sia che si provi a muoverlo partendo da fermo, sia che si desideri variarne la rapidità con la quale si sta spostando, o la direzione nella quale il movimento sta avvenendo. Tale proprietà è detta inerzia del corpo, e la massa è la grandezza fisica che la misura.

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Per massa intendiamo la grandezza fisica che misura la resistenza offerta da un corpo a cambiare il proprio stato di moto.

La massa non va confusa con il peso, che esprime invece quanto intensamente un ogget-to viene attratto dalla Terra. Come vedremo, pur essendo legate, queste due quantità non coincidono. Per ora si rifletta solo sul fatto che se ci spostassimo su di un altro pianeta, il nostro peso, che misura l’attrazione da parte del corpo celeste che ci ospi-ta, cambierebbe, mentre la massa, che misura l’inerzia al movimento, resterebbe uguale. La massa non va nemmeno intesa come sinonimo di quantità di materia, una grandezza che nel SI si misura in moli, ed è legata piuttosto al conteggio del numero di particelle elementari (molecole o atomi) che compongono il corpo stesso. Una di-scussione più approfondita sull’idea di massa sarà svolta quando tratteremo la bran-ca della fisica che studia le cause del moto, detta dinamica, mentre adesso ci limitiamo a darne la definizione operativa.

Definizione operativa di massa Si costruisce uno strumento, la bilancia, formato dal supporto mobile in figura, il giogo, libero di ruotare attorno ad un coltello A appoggiato, avente dei piatti alle estremità pog-giati su due coltelli B e C. Diciamo che due corpi sui piatti hanno uguale massa se l’indice I del giogo è verticale. Si sceglie un oggetto unità di misura, e se ne fissano i sottomultipli con il criterio che un corpo ha massa metà quando ne occorrono due uguali per equilibra-re l’unità, vale un terzo se ne occorrono tre e così via. La misura della massa di un oggetto posto su di un piatto è il numero di unità e di sottomultipli che lo equilibrano sull’altro.

Nel SI l’unità di misura della massa è il cilindro6 di platino-iridio conservato nel mu-seo di Sèvres in Francia. Ad esso si dà il nome di kilogrammo (simbolo kg con la mi-nuscola). Un litro di acqua 7 ha con buona approssimazione una massa di kg1 . Ala-to abbiamo riportato la scala delle masse per alcuni oggetti significativi.

5. Proporzionalità fra grandezze La conoscenza delle dimensioni fisiche permette di calcolare rapidamente di quanto varia la misura al variare delle grandezze fondamentali in funzione delle quali è espressa. Se ad esempio raddoppiamo tutte le misure di lunghezza di un oggetto, la sua area crescerà di quattro volte, cioè del quadrato di 2 , dato che [ ] 2A L= , mentre

il suo volume, essendo [ ] 3V L= crescerà di otto volte cioè del cubo di 2 . Al rad-doppio del lato infatti, ognuno dei quadretti di cui si compone l’area si trova qua-druplicato, mentre ogni cubetto che costituisce il volume ne produce otto, come si vede in figura. E’ questo il motivo per cui, quando si cambia l’unità della lunghezza, ed il numero che ne esprime la misura varia di un certo fattore k , il numero che esprime l’area varia di 2k , e quello che esprime il volume di 3k , ad esempio

m cm1 100= ( 100k = ), m cm2 21 10000= ed m cm3 31 1000000= . Qualunque sia k si ha:

L kL¢ = 2A k A¢ = 3V k V¢ = Si dice perciò che le aree sono direttamente proporzionale al quadrato della lunghezza, ed i volumi sono direttamente proporzionali al cubo della lunghezza:

6 Si tratta di un oggetto delle dimensioni di un bicchierino da liquore 7 Solo se pura, ed alla temperatura di 4°C .

ACB

I

1210-

3010-elettrone

kg

protone

batteri

uomo

Terra

Sole

Galassia

2710-

210

2410

3010

4110

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se si moltiplica una grandezza fondamentale per un fattore, le grandezze da essa dipen-denti variano di un quantitativo pari a quel fattore elevato all’esponente dimensionale corrispondente.

Esercizi 9. A uno scultore viene commissionato un busto in marmo che abbia tutte le lunghezze due volte e mezzo maggiori della persona raffigurata. Calcolare di quanto aumenta il pe-rimetro del torace rispetto a quella della persona. Calcolare di quanto aumenta una se-zione del collo, e spazio in più occuperà il busto. Il perimetro del torace è una lunghezza quindi aumenta di 2.5 come tutte le misure di lunghezza; la sezione del collo è invece un’area, quindi viene moltiplicata per 22.5 6.25=; infine lo spazio occupato, cioè il volume del busto, si può ottenere moltiplicando quello della persona per un fattore 32.5 15.625= . 10. In un servizio di bicchieri, quelli da acqua hanno stessa forma ma dimensioni lineari più grandi di un fattore 1.4 rispetto a quelli da vino. Calcolare il rapporto fra la circonfe-renza di un bicchiere da vino e la circonferenza di uno da acqua. Calcolare il rapporto fra le sezioni di un bicchiere da vino ed uno da acqua. Se un bicchiere da acqua ha una capa-cità di 0.20 , calcolare la capacità di uno da vino. [R: 0.71 ;0.50 ;0.074 ] 11. Un sarto confeziona uno stesso abito per un padre e per un figlio. Sapendo che per il padre ha impiegato una volta e mezzo la stoffa che è servita per il figlio, si trovi il rapporto che c’è fra l’altezza del padre e quella del figlio, e fra il peso del padre e quello del figlio. [R: 1.22 ; 1.82 ] 12. Un rubinetto riempie una vasca in 15 minuti. Calcolare il tempo che impiegherebbe se il diametro del tubo venisse moltiplicato per un fattore 1.22 . [R: minuti10 ] 13. Si decide di aumentare di /1 3 tutte le lunghezze nel progetto di un edificio. Indicando con I il costo dell’intonacatura, e con C il costo del cemento, si dica di quanto aumenta il prezzo. [R: 7 37

9 27I C+ ]

14. Il contenuto di una brocca colma di acqua riempie 4 bicchieri. Calcolare quanti bicchieri potremmo riempire se tutte le dimensioni della brocca venissero triplicate. Calcolare di quale fattore dovremmo aumentare tutte le lunghezze dei bicchieri per-ché la brocca originale ne riempia 10. [R] 15. Gli animali grandi hanno proporzioni differenti da quelli piccoli perché mentre il peso cresce con il volume, la capacità di sostenerlo dipende dalla sezione delle zampe. Ingran-dendo di uno stesso fattore tutte le dimensioni lineari di una mucca si otterrebbero zampe troppo piccole perché reggano. Sapendo che l’altezza al garrese (schiena alla base del col-lo) di un elefante africano misura m3.5 e quella di una mucca m1.5 , si dica in che rap-porto stanno i diametri delle loro zampe. [R: 3.5 ]

6. Rapporti fra grandezze Quando eseguiamo una divisione fra numeri che non rappresentano grandezze fisi-

che - e che qui diremo numeri puri - in realtà intendiamo contare il numero di volte che occorre sottrarre il denominatore dal numeratore per ottenere zero. Se ad esempio dicia-mo che 380/25 15.2= significa che partendo da 380 , per arrivare a zero bisogna sot-trarre prima per quindici volte successive il numero 25 , e poi per due volte successive un

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decimo del numero 25 . La divisione è quindi una scorciatoia alla ripetizione di sottrazio-ni, e risponde alla domanda: “quante volte il numeratore contiene il denominatore?”. Esi-stono due tipi di rapporto che interessano le grandezze fisiche: i rapporti fra grandezze omogenee ed i rapporti fra grandezze di dimensioni fisiche differenti.

Qual è il significato del rapporto fra grandezze omogenee? Sono di questo tipo ad esempio il rapporto fra la lunghezza di due automobili 2 1/L L , il rapporto fra la durata di due spettacoli 2 1/t t , il rapporto 2 1/A A fra le aree di due terreni, fra i volumi di due edifici e così via. Quest’operazione esprime sempre un confronto, dicendo quante volte il numeratore è più grande (o più piccolo) del denominatore, cioè quante volte, partendo dal numeratore, occorre sottrarre il denominatore (o le sue frazioni deci-mali) per arrivare a zero. Qual è il significato del rapporto fra grandezze non omogenee? In questa categoria rientrano ed esempio il rapporto /L t fra una lunghezza e il tempo che si è impiegato a percorrerla, il rapporto /V h fra il volume di un edificio e la sua altezza, il rapporto /M V fra la massa di un blocchetto di ferro ed il volume che occupa.

Il rapporto fra due grandezze aventi dimensioni fisiche diverse esprime quanto della grandezza che sta al numeratore è associato ad una unità della grandezza che sta al deno-minatore. Esercizi 16. Acquistiamo al mercato 4 kg di pesche pagandole 3 euro. Che cosa rappresenta il rapporto /3 4 ? Che cosa rappresenta il rapporto /4 3 ?

In base all’interpretazione data sopra, il rapporto eurokg

34

dev’essere visto come il quan-

titativo di euro associato ad un kilogrammo, e cioè il prezzo al kilogrammo. Non differen-

temente la quantità: kg

euro4

3va letta come il quantitativo di kilogrammi associati ad un eu-

ro, e cioè quante pesche si possono comprare con 1 euro. 17. A un raduno in una piazza di m24000 si recano 1500 persone. Si dica che cosa rap-presentano i due rapporti /4000 1500 e /1500 4000 . [R] 18. Nella combustione del metano, g16 reagiscono con g64 di ossigeno. Si dica che cosa rappresentano i due rapporti /16 64 e /64 16 . [R] Che cosa s’intende per densità?

Dato un campione di un materiale di massa m , e di volume V , si dice densità di quella sostanza, il rapporto /m V .

L’interpretazione appena data dei rapporti fra grandezze non omogenee permette di leg-gere la densità come la quantità di massa associato ad una unità di volume della sostanza, cioè la densità è la massa di 31 m di sostanza. Bisogna quindi pensare al numero che esprime questo rapporto come ad un “pacchetto” da prendere della grandezza che sta a numera-tore per avere un’unità della grandezza a denominatore. La densità si indica con la lettera greca r (rho) e le sue dimensioni fisiche si ottengono a partire da quelle delle grandezze

fondamentali a cui è legata, [ ] 3MLr -= , pertanto si misura in kg/m3 . Mentre la massa e il volume contengono informazioni sulla quantità di sostanza, il valore di r ne descrive la qualità, quindi non dipende da quanto materiale è presente: la densità di una goccia è uguale a quella dell’acqua nel fiume da cui proviene.

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Esercizi 19. In un magazzino si hanno di kg10 di un certo materiale, del quale è noto che ogni metro cubo ha una massa di kg2 . Quanto volume occupa il campione? Qual è la densità della sostanza? Qual è il volume di un kilogrammo di materiale? Pensiamo al quantitativo kg2 come se fosse un pacchetto di un metro cubo della so-stanza. Quanti di questi pacchetti sono contenuti nel nostro campione di kg10 ? Per ri-spondere dobbiamo dividere:

kg m

kg/m3

3

105

2=

che è quindi il volume occupato dal campione. La misura della densità è la massa di un metro cubo di sostanza, quindi proprio il valore dato dal testo: kg/m32r = . Il volume di 1 kilogrammo di materiale si ottiene costruendo una frazione che abbia al numeratore il volume del campione ed al denominatore la sua massa, infatti così avremo il quantitativo del numeratore associato ad una unità del denominatore:

m m /kg kg

335

0.510

=

20. Che cosa esprime il rapporto /V m di un campione di massa m e volume V ? [R] Qual è il significato del numero pi greco? Il numero p è un rapporto e quindi esprime quanto del dividendo è associato ad una uni-tà del divisore. In particolare /C Dp = è il rapporto fra il perimetro C di qualunque cir-conferenza ed il suo diametro D . Quindi ad ogni tratto lungo m3.14 sul perimetro è as-sociato un tratto lungo m1 sul diametro.

Esercizi 21. Se circondassimo l’equatore terrestre con una circonferenza di filo di ferro più lunga esattamente di un metro di quella del pianeta, qual è il più grande animale che vi potreb-be passare sotto: una formica, un gatto od un elefante? Serve conoscere la misura del rag-gio della Terra per rispondere? [R] 22. In un magazzino si hanno di kg15 di un certo materiale, la cui densità è kg/m 32 . Di

quanto aumenta il volume occupato se aggiungiamo kg10 di materiale? [R: m35 ] 23. Vengono sciolti g200 di zucchero in 25 di acqua. Calcolare quanti litri di soluzione si devono prendere per avere g75 di zucchero. [R: 9.4 ] Cosa esprime il rapporto fra superficie e volume di un corpo? Il rapporto /A V , fra la superficie totale A di un oggetto ed il volume V che esso occu-pa, esprime quanti metri quadrati di area sono associati ad un metro cubo di volume oc-cupato dall’oggetto. Poiché la superficie cresce più lentamente del volume, è intuitivo che se si ingrandisce un oggetto, /A V diminuisce. Si dimostra subito che, essendo [ ] 2A L= e

[ ] 3V L= , per le dimensioni fisiche risulta:

2

31A L

V LL

é ù= =ê ú

ê úë û

cioè, per due oggetti che hanno la stessa forma, /A V è tanto più piccolo quanto più grandi sono le sue dimensioni lineari.

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Esercizi 24. Calcolare il rapporto superficie volume per due cubi aventi, il primo uno spigolo lun-go cm4 , ed il secondo uno spigolo doppio, lungo cm8 .

piccolo: ( )

2 cm) cm cm

-13

6 (41.5

4

A

V

´= = grande:

( )

2 cm) cm8 cm

-13

6 (80.75

A

V

´= =

Ci sono attività biologiche o meccaniche che dipendono dalle dimensioni lineari, altre dal-la superficie, ed altre ancora dalla massa e dal volume, quindi il rapporto /A V in alcuni casi si rivela fondamentale per la buona riuscita, e molte volte risulta vantaggioso cambia-re le dimensioni delle cose. Vediamone qualche esempio. Perché gli animali sono più grandi nelle regioni a clima freddo? Sebbene i fattori che regolano la presenza di una specie in una regione siano molteplici (disponibilità di cibo, predatori), si osserva che, con poche eccezioni – come il caso dell’elefante - più il clima è rigido, maggiori sono le dimensioni degli animali. Infatti, i grandi orsi vivono al nord, e in alta quota si trovano solo grandi uccelli, e sono sconosciu-te le specie di piccoli roditori. Il motivo è che gli animali (a sangue caldo) disperdono il calore generato dal cibo attraverso la superficie del proprio corpo. Se il rapporto /A V è grande, l’animale tende a perdere calore troppo rapidamente per sopravvivere in un am-biente freddo. Al contrario si trova a suo agio in un ambiente a temperature elevate, dove questa caratteristica è invece un vantaggio. A causa del loro elevato rapporto /A V , per poter mantenere la temperatura i topi debbono ingerire ogni giorno un quantitativo di ci-bo che va dal 25% al 50% della loro massa corporea, ed il colibrì addirittura più dell’intera sua massa. Gli abitanti di Lilliput avrebbero dovuto mangiare decine di volte al giorno per poter sopravvivere! Alcuni animali che vivono in regioni calde riescono ad ot-tenere un elevato rapporto superficie volume grazie alle parti esageratamente spropor-zionate del loro corpo: è il caso delle orecchie per gli elefanti o per le lepri.

Perché mastichiamo il cibo e spacchiamo la legna da ardere? Queste due attività hanno in comune l’obiettivo di aumentare il rapporto /A V . La ma-sticazione del cibo serve ad aumentare la superficie totale (a parità di volume) e rendere più efficiente l’assorbimento dell’energia nelle reazioni chimiche di digestione, che arri-vano prima ad attaccare tutte le molecole della sostanza. Spaccare la legna ne aumenta la superficie e velocizza la reazione di combustione perché si ha più materiale a contatto con l’ossigeno, con il quale si deve combinare.

Un uomo dieci volte più alto del normale potrebbe sopravvivere? Non potrebbero mai esistere Polifemo e King Kong, ed i motivi sono tali e tanti che non possiamo prenderli tutti in esame. Diciamo solo che se moltiplicassimo tutte le dimensioni lineari di un essere umano per uno stesso fattore k , le gambe non potrebbero sorreggerlo giacché la sezione delle ossa sarebbe aumentata solo di 2k , mentre la massa da sorreggere sarebbe cresciuta come il suo volume, di 3k . In ogni caso, sarebbe di aspetto assai poco gradevole, giacché il volume occupato dallo strato di pelle e grasso crescerebbe con 3k , ma la superficie della pelle - alla cui estensione è legata la capacità di sostenersi – aumen-terebbe solo di 2k .

Esercizi 25. In che modo il radiatore delle auto facilita il raffreddamento del motore? [R] 26. Perché gli insetti possono cadere senza riportare danni anche da altezze che sono centinaia di volte le loro dimensioni, mentre per un uomo ciò non è possibile? [R] 27. Si scioglie prima il sale fino o quello grosso? Perché? [R]

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1) 8.35299647

2) 8.3529965

3) 8.352996

4) 8.35300

5) 8.3530

6) 8.353

7) 8.35

8) 8.4

9) 8

7. Arrotondamenti Più cifre decimali di un numero si forniscono, tanto meglio è. Giusto? E invece è sbagliato. Nelle questioni pratiche di ogni giorno, siamo soliti arrotondare i va-lori numerici utilizzando un livello di precisione adeguato al contesto. Ad esempio di-ciamo: “sono alto un metro e ottanta”, “il mio peso è sessanta chili”, oppure “ho corso per mezz’ora”. Non serve conoscere l’altezza al millimetro, il peso al decimo di grammo, e precisare il tempo trascorso fino ai centesimi di secondo. Per di più, in molti casi si tratta di informazioni nemmeno disponibili, visto che, ad esempio, la nostra stessa altezza non è esprimibile al millimetro a causa delle variazioni nello spessore dei capelli. Allo stesso modo non si potrà riportare la lunghezza di un tragitto a piedi scendendo fino al centi-metro. Chi dicesse di aver passeggiato per m501.25 tenterebbe di fornire un livello di ac-curatezza inappropriato alla situazione, e di fatto impossibile da raggiungere a meno di non incanalare il tragitto entro una corsia delimitata come quelle di una pista da stadio.

Si ma in fisica è tutt’altra cosa. Giusto? Ancora sbagliato! In fisica si fa esattamente lo stesso: i valori che esprimono le grandezze devono essere scritti con un numero di cifre adeguato al contesto nel quale si sta operan-do. Innanzitutto perché vi sono alcune situazioni che coinvolgono costanti in cui il nume-ro “vero” di cifre è infinito: è ad esempio il caso di 3.1415926517...p = . Almeno in que-sti casi siamo costretti ad arrotondare, solitamente ci si ferma a due decimali 3.14p = . Ma principalmente perché non esiste quello che chiameremmo “il valore esatto di una mi-sura”. Non esiste perché (1) la grandezza da misurare è essa stessa soggetta a variabilità, (2) gli strumenti adoperati sono affetti da incertezze (per ogni strumento c’è un minimo valore al di sotto del quale non riesce a scendere), (3) perché lo stesso procedimento di misura può essere affetto da errori. L’informazione contenuta in queste incertezze sperimentali è importante quanto il valore stesso che misuriamo, e viene espressa attraverso il numero di cifre che si usano per la misura, che non può quindi essere arbitrario, ma deve corrispondere alla precisione con la quale lo strumento ha misurato.

Come si arrotonda un numero contenente decimali? Bisogna eliminare via via i decimali, iniziando da quello più a destra e scendendo fino al numero di cifre desiderato. Si dice che si è approssimato per difetto se la cifra immediata-mente a sinistra di quella eliminata rimane la stessa, si parla invece di approssimazione per eccesso quando tale numero viene incrementato di 1. Il criterio con il quale scegliere fra i due possibili arrotondamenti è di avere la minore differenza fra il numero arrotondato e quello iniziale.

Ma quali sono le regole da seguire? a) Se la cifra più a destra nel gruppo eliminare è più grande di 5 , si approssima per ec-cesso (il numero a sinistra è incrementato di 1 , ad esempio 3.57 3.6 ; se tale numero è 9 diventa 0 e si incrementa di 1 il numero ancora a sinistra, ad esempio 6.397 6.40 ). Se la prima cifra da eliminare è minore od uguale a 4 , allora si approssima per difetto (il numero a sinistra resta uguale, ad esempio 7.73 7.7 ). b) Se nel gruppo di cifre da eliminare la prima è proprio 5 , allora si approssima per ec-cesso se esso proviene da un’approssimazione per difetto (ad esempio 4.352 diventa 4.35 e poi 4.4 ) mentre si approssima per difetto se viene da un’approssimazione per ec-cesso (ad esempio 4.348 diventa 4.35 e poi 4.3 ). Se viceversa il gruppo da eliminare è costituito solo dal 5 , eventualmente seguito da un certo numero di zeri, si può approssi-mare sia per eccesso che per difetto, tanto la scarto fra il numero originario e quello arro-tondato è identica nei due casi.

Esercizi 28. Arrotondare progressivamente, fino alle unità, il numero 8.35299647 .

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15

30

27

4

2

24

30

10

10

10

10

10

10

-

-

-

massa di un elettrone

massa di un protone

massa di un chicco di riso

massa di un uomo

massa della Terra

massa del Sole

A

763254 405387 591298 679998

763250 405390 597300 680000

763300 405400 597000 700000

763000 405000 600000

770000 410000

800000 400000

Guardando la figura, nel primo passaggio si è arrotondato il 7 per eccesso e il 4 è diven-tato 5 . Nel secondo arrotondamento la cifra 5 poneva qualche dubbio essendo 65ugualmente distante dal 60 e dal 70 ma è scelto di procedere per difetto guardando alla storia passata del numero 647, più vicino a 600 che a 700 . Nel terzo arrotondamento la cifra 6 impone un’approssimazione per eccesso, facendo scattare il 9 a 10 . Questo co-stringe anche l’altro 9 alla sua sinistra a salire di uno, facendo infine scattare il 2 a 3 . Gli arrotondamenti quarto, quinto e sesto sono per difetto, mentre nel settimo il 5 si arroton-da per eccesso guardando al valore complessivo del gruppo di cifre da cui proviene. Come si arrotonda un numero intero? Approssimare un numero intero significa sostituire progressivamente le sue cifre con de-gli zeri partendo da quella più a destra. Il numero che viene prima della cifra o del gruppo rimpiazzato da degli zeri, è arrotondato per eccesso o per difetto con le regole sopra esposte. Si veda ad esempio la tabella A. Nel caso in cui l’ultima cifra a destra sia 5 biso-gna rifarsi ai decimali, e se questi non sono noti si può liberamente approssimare per di-fetto o per eccesso: si veda ad esempio la tabella B, in particolare l’alternativa, egualmente valida, proposta nelle ultime due colonne. Cosa si intende per ordine di grandezza di un numero? L’ordine di grandezza è un tipo di arrotondamento molto grossolano che si esegue sosti-tuendo al numero la più vicina potenza di 10 . I numeri maggiori di 1 sono approssimati con le potenze di 10 positive: diremo ad esempio che l’ordine di grandezza di 2741 è 1000 , cioè 310 , che l’ordine di grandezza di 64200 è 100000 (si dice pure che il numero è dell’ordine di 510 ), mentre l’ordine di grandezza di 3250000 è 1000000 cioè 610 . Per i numeri minori di 1 , l’ordine di grandezza si esprime attraverso le potenze negative di 10, ( 10.1 10-= , 20.01 10-= , 30.001 10-= , 40.0001 10-= e così via, nelle quali l’esponente rappresenta la posizione occupata dall’1 dopo la virgola). Pertanto l’ordine di grandezza di 0.0421 è 210- , quello di 0.0673 è 110- , l’ordine di grandezza di 0.00027 è

410- , quello di 0.0000048 vale 610- mentre quello di 0.0000079 è 510- . Nelle tabelle a lato sono riportati alcuni ordini di grandezza per le masse (in chilogrammi) e per le estensioni (in metri). L’utilità pratica dell’ordine di grandezza è poter confrontare numeri che sono molto differenti fra loro. Ad esempio possiamo facilmente rispondere a doman-de del tipo: quanti atomi occorre allineare per arrivare al diametro di una noce? La rispo-sta si ottiene semplicemente facendo il rapporto: /2 10 2 10 810 10 10 10- - - += = , cioè cento milioni. Oppure quanti uomini occorre mettere insieme per eguagliare la massa della Ter-ra? Ancora rapportando si ha /24 2 2210 10 10= , cioè 1 seguito da 22 zeri.

Esercizi 29. Si calcoli quanti pianeti come la Terra andrebbero allineati uno di seguito all’altro per ottenere la lunghezza percorsa dalla luce in un anno. [R: 910 ] 30. Procedendo per arrotondamenti successivi, si approssimino a due decimali, il va-lore della velocità della luce nel vuoto, che espressa in centinaia di milioni di metri al secondo vale 2.99792458 , ed il valore di 3.1415926517p = . [R]

8. Errori di misura Esiste il “valore vero” del risultato di una misura? La risposta può essere affermativa o negativa secondo il livello di precisione che si desidera raggiungere. Ogni volta che si ripete un processo di misura, è inevitabile ottenere un risultato anche di poco differente. Sono numerose le cause di errore che

B

345, 4 345, 7 415

345 346 420

350 350

415

410

4400

3

00

00 300

15

10

2

7

11

16

10

10

10

10

10

10

-

-

-

diametro di un elettrone

diametro di un atomo

diametro di una noce

diametro della Terra

distanza Terra - Sole

lunghezza di un anno luce

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non possiamo controllare: se ad esempio misuriamo col cronometro il tempo che im-piega un oggetto a cadere a terra partendo da una data altezza, il risultato al decimo di secondo cambierà ogni volta per la differente prontezza della nostra reazione su quando schiacciare il pulsante. Nel misurare una massa con la bilancia si trova un va-lore ogni volta di qualche grammo diverso a seconda di come viene allineato lo sguardo per leggere la posizione dell’ago, od anche di come viene posta la massa sul piatto. In al-cuni casi poi, non esiste proprio il valore “vero”, come quando si vuol misurare la lunghezza di una sbarra d’acciaio, e le variazioni di temperatura che dilatano il me-tallo8 cambiano in modo oggettivo quel che si vuole conoscere. In fisica si classifica-no le incertezze che affliggono il risultato delle misura in due categorie: gli errori si-stematici e gli errori casuali (o statistici). Cosa sono gli errori sistematici?

Si chiamano sistematici quegli errori che influenzano il risultato della misura in una sola dire-zione: o sempre in eccesso oppure sempre in difetto.

Essi sono riconducibili a fattori come un modo errato di adoperare lo strumento, oppure un difetto nello strumento (ad esempio una bilancia mal tarata, un metro dilatatosi per il calore, un cronometro difettoso). Sono fonte di errore sistematico anche i vizi concettuali nel procedimento, ad esempio trascurare l’attrito in uno scivolamento lungo un piano in-clinato, oppure assumere un valore non sufficientemente preciso per una costante (ad esempio 3p = ). Un fisico sperimentale non può eliminare la presenza di errori sistema-tici solo osservando le misure di una grandezza dal valore ignoto, proprio in quanto ottie-ne ogni volta risultati ugualmente alterati. La sola via per eliminarli è eseguire simulazioni che testino il procedimento di misura su grandezze dal valore già noto. Quanto più si so-no eliminate le sorgenti di errore sistematico tanto più l’esperimento si dice accurato. Cosa sono gli errori casuali?

Si dicono casuali quegli errori che alterano il risultato a volte in difetto ed a volte in eccesso con uguale probabilità.

Gli errori casuali nascono dal’ impossibilità che il procedimento oggettivo di misura si ri-peta identico a se stesso. Minimi spostamenti, tempi di reazione dello sperimentatore, lie-vi errori di lettura, variazioni nel valore stesso da misurare, o nella struttura dello stru-mento, imputabili a cambiamenti ad esempio di temperatura od umidità, producono una sorta di rumore di sottofondo che si sovrappone alla grandezza che si vuole conoscere. L’entità dell’errore casuale è diversa ogni volta: quanto più essa è piccola, tanto più la mi-sura si dice precisa. Poiché gli errori casuali non privilegiano mai le alterazioni in eccesso rispetto a quelle in difetto, il risultato è che, più grande è il numero n di volte che si ripete la misura, più la media aritmetica mx dei valori 1 2, ,..., nx x x ottenuti9:

1 2 ... inm

xx x xx

n n

+ + += = å

tende a produrre un risultato, vicino al “valore vero”, chiamando in questo modo la misu-ra che otterremmo se gli errori non ci fossero. Il motivo è che essendo tali errori appunto casuali, più misure si fanno, più i valori in eccesso compensano quelli in difetto, cioè la media aritmetica degli errori tende a diventare zero. Ovviamente la conoscenza di un maggior numero di misure contiene più informazioni di una sola misura. La statistica si occupa di estrarre queste informazioni, consentendoci ad esempio di prevedere con quale

8 dell’ordine del centesimo di millimetro al metro, per ogni grado di innalzamento di temperatura. 9 Il simbolo di sommatoria S (lettera greca sigma maiuscola) è un modo compatto di indicare l’addizione di più termini

dipendenti da un numero intero i , ad es.: 2 32 2 2 ...2i = + + +S

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probabilità una futura misura potrà produrre un dato risultato. Quindi mx costituisce il valore che è più probabile ottenere in un procedimento di misura di quella grandezza. In quali modi si può tenere conto dell’errore di misura? Una volta eliminate le cause di errore sistematico, costituisce un’importante informazione conoscere la precisione con la quale una grandezza fisica è nota. Pertanto, accanto al risul-tato della misura, va riportato un numero che esprima l’entità dell’errore casuale. Una possibile via per dichiarare l’incertezza sul valore misurato x è l’errore assoluto, indicato col simbolo xD (dall’alfabeto greco Delta-x ). Si usa la forma:

x xD

Questa scrittura vuole indicare che, a causa degli errori casuali di misura, il valore vero risulta compreso fra x x-D ed x x+D . Ad esempio, se diciamo che il risultato della mi-sura di una certa massa, espresso in chilogrammi, è 52.4 0.7 , non significa che il suo valore vero sia kg52.4 ma che piuttosto è compreso fra kg51.7 e kg53.1 . L’errore as-soluto permette di utilizzare la misura per svolgere dei calcoli tenendo conto dell’incertezza iniziale, ma di per sé non è un indicatore chiaro della precisione. Pensia-mo, infatti, a una misura di lunghezza affetta da un errore assoluto di m1 . Si tratta senz’altro di un buon risultato se la lunghezza stessa è dell’ordine dei chilometri, vicever-sa è un valore poco preciso se stiamo misurando distanze di una decina di metri. Si intro-duce pertanto l’errore relativo, rapporto fra l’errore assoluto xD ed il valore più proba-bile x preso in modulo:

| |

x

x

D=errore relativo

come tutti i rapporti, l’errore relativo esprime il quantitativo del numeratore associato ad un’unità del denominatore, cioè l’errore da cui è affetta ogni unità della misura eseguita.

E’ l’errore relativo, e non quello assoluto, a caratterizzare la bontà di una misura.

Consideriamo i due valori di distanza m(1000 10) e m(10 1) . Sebbene l’errore as-soluto sia dieci volte più piccolo nel secondo caso che non nel primo, la prima misura è senz’altro più valida della seconda, giacché l’incertezza è di una parte su cento (un errore relativo di /10 1000 0.01= ) contro una parte su dieci nel secondo caso (un errore relativo di /1 10 0.1= ). L’errore relativo è un rapporto fra grandezze omogenee, quindi un nume-ro puro, senza unità di misura. Infine, moltiplicando per 100 l’errore relativo si ottiene l’errore percentuale, che esprime l’incertezza in parti su cento:

100| |

x

x

D=errore percentuale

Come si ottiene l’errore casuale di una misura? Se l’operazione di misura è stata una sola, dobbiamo assumere come errore il più piccolo valore rivelabile dallo strumento usato, ad esempio il millimetro se usiamo una squadret-ta da disegno per le lunghezze, il decimo di secondo se questa è la cifra più piccola sul di-splay digitale del cronometro e così via. Questa stima dell’errore è grossolana: misure più precise si ottengono ripetendo più volte il procedimento, sulla base del principio che più dati contengono maggiore informazione di un solo dato, costruendo una misura della lar-ghezza della distribuzione dei dati ottenuti attorno alla media. Detti 1 2, ,... ,...ix x x i risul-

tati delle singole misure, si dice scarto dalla media la differenza fra ciascuno di essi ed mx :

i mx x= -scarto dalla media

scarto

mxix

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7.385 0.042 7.39 0.04

45.467 0.57 45.5 0.6

107.8 3.12 108 3

2584.5 67.3 2590 70

83.62 1 83.6 1

6.56 0.134 6.56 0.13

m mx x xs D

Lo scarto può avere segno positivo o negativo, ed esprime la distanza della misura ix dal-la media. Si può dimostrare10 che la somma degli scarti dalla media risulta sempre nulla:

( ) 0i mx x- =å

Non si tratta quindi di una via per stimare l’entità dell’errore da associare alla misura. Un valore positivo che stimi la distanza media fra le misure ed mx si ottiene facendo la me-

dia dei quadrati degli scarti e poi estraendo la radice quadrata ( 21 ( )i mnx x-S scarto qua-

dratico medio). In base ai risultati della teoria statistica (che qui non trattiamo), si può dimo-strare che è più conveniente usare un parametro leggermente più grande dello scarto quadratico medio, ottenibile dividendo per 1n - anziché per n :

2( )

1i mx x

ns

-=

Questo parametro, indicato con la lettera greca s (sigma minuscolo), si chiama deviazio-ne standard. La deviazione standard gode della proprietà per cui se si sono calcolati mx e s su di un numero n di misure sufficientemente grande (molte più di 10 ), una nuova misura ha il 68.3% di probabilità di essere compreso fra mx s- ed mx s+ . Essa permet-te di stimare quanto larga è la distribuzione delle misure attorno al valore più probabile.

Esercizi 31. La misura di una lunghezza ha fornito i valori: m2.51 , m2.55 , m2.48 , m2.56 ,

m2.54 . Se ne calcoli il valore più probabile e la sua deviazione standard. Le misure eseguite sono in tutto 5 , calcoliamone la media:

m m2.51 2.55 2.48 2.56 2.54

52.53mx

+ + + += =

calcoliamo la deviazione standard applicando la formula:

m2 2 2 2 2(2.51 2.53) (2.55 2.53) (2.48 2.53) (2.56 2.53) (2.54 2.53)

0.035 1

s- + - + - + - + -

= =-

Il risultato della misura è dunque: m(2.53 0.03)

Quante cifre deve avere l’errore? Per i nostri scopi andrà bene, in generale, approssimare l’errore tenendo una sola cifra non nulla (gli eventuali zeri fisseranno solo l’ordine di grandezza del numero). La cosa impor-tante è che la posizione di questa cifra deve essere la stessa dell’ultima cifra espressa nel valore più probabile della misura (salvo i casi in cui quest’arrotondamento fa perdere importanti in-formazioni). Se quindi le misure forniscono 13.81mx = e 0.4s = non scriveremo 13.81 0.4 ma piuttosto 13.8 0.4 . Non avrebbe, infatti, senso fornire la seconda cifra decimale quando si è già incerti della prima. Detto diversamente, la posizione della cifra più grande in s stabilisce quale deve essere la posizione della cifra più piccola in mx . Nella tabella a lato abbiamo alcuni esempi. Il penultimo e l’ultimo caso in tabella fanno eccezione perché gli arrotondamenti previsti dalla regola pratica sopra esposta sarebbero troppo grossolani. Infatti portare 83.62 fino ad 84 comporterebbe un arrotondamento di 0.38 , confrontabile con il valore dell’’incertezza. Per quanto riguarda 0.134s = , se aves-simo portato il suo valore a 0.1 si sarebbe sottostimato l’errore di oltre il 30% perdendo parte dell’informazione.

10 0( )

m mi m i m nx nxx x x x=S - S S- = - =

s

mxix

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B

A

C

D Esercizi 32. La dimensioni lineari delle due figure qui a lato sono state scalate di un fattore 0.6k = . Misurare le aree di entrambe tenendo conto che un quadretto ha lato cm0.25 e

dedurne il valore di k . Dire se il valore di k misurato coincide con quello teorico entro l’errore sperimentale, che in questo caso sarà il più piccolo valore misurabile con il nostro “strumento”. [R] 33. Si costruisca un pendolo con un filo lungo m1 , e si eseguano 10 misure del tempo T che impiega per compiere un’oscillazione completa (periodo). Si calcolino mT e s . Si ripeta l’esperienza misurando T tramite 10 oscillazioni complete ogni volta e dividendo per dieci il risultato. Perché il valore di s viene inferiore a prima? [R]

9. Eseguire dei calcoli con gli errori

E’ importante saper eseguire dei calcoli con numeri affetti da errore, perché spesso al-cune grandezze fisiche sono misurate per via indiretta, cioè attraverso operazioni aritmeti-che che coinvolgono altre grandezze. Pensiamo al volume di un parallelepipedo, che si ottiene moltiplicando fra loro le misure dei tre lati, ognuna affetta dal suo errore, oppure alla superficie di una sfera o al suo volume, che, misurato il raggio R con relativo errore, si ottengono rispettivamente attraverso le formule 24S Rp= e / 3(4 3)V Rp= . In questi esempi e altri ancora, risulta indispensabile conoscere il modo in cui l’errore si trasmette dalla misura diretta (dei lati, del raggio etc.) a quella ricavata algebricamente (superfici, volumi etc.). Le regole da seguire si dicono propagazione degli errori, e sono il risultato della teoria statistica che qui non sviluppiamo, ma che ci limitano a enunciare.

Come si propaga l’errore quando moltiplichiamo per un numero esatto? Se k è una costante esatta, ad esempio il numero dei lati di un poligono regolare, la gran-dezza moltiplicata per k sarà affetta da un errore assoluto anch’esso moltiplicato per k .

Esercizi 34. Calcoliamo il perimetro di un pentagono regolare il cui lato misura m(5.25 0.04) .

Abbiamo : m m m m5 (5.25 0.07) (5 5.25 5 0.07) (25.25 0.35) (25.3 0.4)´ = ´ ´ = =

Come si propaga l’errore quando si esegue una somma algebrica?

L’errore assoluto sulla somma o sulla differenza di due o più grandezze è sempre la somma degli errori assoluti sugli addendi. 35. La massa di una scatola piena di sabbia è kg(22.41 0.04) , la massa della stessa sca-tola vuota è kg(2.34 0.03) . Calcolare la massa della sabbia. Applicando la regola che in una differenza gli errori assoluti si sommano:

kg kg[(22.41 2.34) (0.04 0.03)] (20.07 0.07)- + =

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Come si propaga l’errore quando si esegue un prodotto od una divisione?

L’errore relativo sul prodotto o sul quoziente di due grandezze è sempre la somma degli errori relativi sui fattori.

Per il calcolo dell’errore assoluto bisogna dunque procedere per via indiretta: si calcola prima quello relativo sui fattori vari , si esegue la somma degli errori relativi e così si ot-tiene l’errore relativo sul risultato, si moltiplica questo per la misura della grandezza e si ha l’errore assoluto.

36. Si calcoli l’area di un rettangolo di lati m(35 2)a = e m(12.5 0.3)b = . La misura dell’area risulta m m2 2(35 12.5) 437.5ab = ´ = mentre gli errori relativi sono rispettivamente:

m m m m2 0.3

0.057 ( 5.7%) 0.024 ( 2.4%)35 12.5

a b

a b

D D= = = = = =

Applicando la regola abbiamo l’errore relativo sull’area:

0.057 0.024 0.081 ( 8.1%)ab

ab

D= + = =

che moltiplicato per la misura dell’area fornisce l’errore assoluto su di essa: m m2 20.081 (0.081 437.5) 35.4375ab abD = ´ = ´ =

da cui, riscrivendo l’errore in modo che abbia una sola cifra diversa da zero: m2(440 40)ab =

Come si propaga l’errore quando si eleva ad un numero k? Un elevamento a potenza è un prodotto di k volte lo stesso fattore, quindi in base alla regola dell’addizione degli errori relativi, l’errore relativo sul valore finale è dato dall’errore relativo sul valore iniziale moltiplicato per k . Anche in questo caso dun-que, per il calcolo dell’errore assoluto bisogna dunque procedere per via indiretta, passando per quello relativo.

Esercizi 37. Calcolare il volume di un cubo di spigolo m(15.6 0.3)a = . Risulta: m m3 3 315.6 3796.416V = = . L’errore relativo sul volume si ottiene molti-plicando per 3 quello sullo spigolo:

0.30.019 ( 1.9%)

15.6

a

a

D= = =

da cui si ottiene:

3 3 0.019 0.057 ( 5.7%)V a

V a

D D= = ´ = =

Moltiplicando per il volume si ha l’errore assoluto, che arrotondato in modo da avere una sola cifra diversa da zero risulta:

m m m3 3 30.057 (0.057 3796.416) 216.396 200V VD = ´ = ´ = =

da cui si ha infine: m3(3800 200)V = 38. Con una bilancia si misura la massa di 15 mele ottenendo il risultato di

kg(1.20 0.05) . Si scriva la massa di una mela con il suo errore assoluto. [R: kg(0.0800 0.0003) ] 39. Il volume di un serbatoio cilindrico risulta m3(142.4 0.2)V = e la sua altezza è

m(5.00 0.01)h = . Si esprima la superficie di base con il suo errore assoluto.

[R: m2(28.5 0.1) ]

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40. Si vuole conoscere la superficie di un cerchio con una precisione del 5% . Qual è la precisione (errore percentuale) con la quale dev’essere misurato il raggio? [R: 2.5% ]

10. Cifre significative Scrivere 10 km è lo stesso che scrivere 10000 m. Giusto? Non proprio. Se si tratta del risultato di una misura, allora dobbiamo pensare che la distanza 10 km provenga da un arrotondamento, e che quindi il valore originario fosse un numero compreso fra 9.5 km e 10.5 km. Viceversa, una distanza di 10000 m può provenire da un arrotondamento fatto su di una misura compresa fra 9999.5 m e 10000.5 m. In tal senso 10 km è una misura affetta da un errore del 10% mentre 10000 m è affetta da un errore dello 0.01%, e quindi due numeri contengono infor-mazioni diverse. Per esprimere la misura 10 km in modo che sia anch’essa affetta da un errore dello 0.01% dovremmo scrivere 10.000 km. Quindi esiste un modo sottinteso di dichiarare l’errore? Quando l’errore non è scritto espressamente, bisogna intendere che in ogni caso i numeri siano il risultato di una misura, e pertanto che la cifra più piccola ne defini-sca implicitamente la precisione. Quindi, in mancanza di altre informazioni, si sottin-tende che l’ampiezza dell’errore è pari a un’unità della cifra più a destra, simmetricamente disposto intorno alla misura. Se ad esempio scriviamo che la misura di una certa gran-dezza viene 35, usando come cifra più piccola le unità, vogliamo sottintendere che il numero è compreso fra 34.5 e 35.5. Pertanto una delle cifre che forniamo, cioè il 5, è incerta. Se scriviamo usando come cifra più piccola i decimi, cioè 35.0, vogliamo sot-tintendere che il numero è compreso fra 34.95 e 35.05, quindi delle tre cifre dichiara-te, due sono incerte (il 5 e lo 0). Se la cifra più piccola che scriviamo sono i centesimi, cioè 35.00, si sottintende che il numero è compreso fra 34.995 e 35.005, quindi delle quattro cifre dichiarate, tre sono incerte (il 5 ed i due 0), e così via.

Esercizi 41. Le misure di un serbatoio cubico hanno fornito uno spigolo di mm3500 ed una capacità di 43000 . Le si esprimano correttamente in unità del SI. Dobbiamo riportare lo spigolo in metri e la capacità in metri cubi. Ricordando che un metro sono mm1000 , e che dm31 1= , e quindi un metro cubo sono

dm= 31000 1000 , si ha:

mm m35003500 3.500

1000= = (e non m3.5 )

3m4300043000 43.000

1000= = (e non 3m43 )

Infatti le due misure originarie hanno incertezza: la prima sul millesimo di metro (mentre m3.5 avrebbe un’incertezza sul decimo di metro); la seconda sul litro, cioè sul millesimo di metro cubo (mentre 3 m43 avrebbe un’incertezza sul metro cubo). 42. Dopo aver detto quante sono le cifre certe del numero 15.800 lo si approssimi a meno di un’unità. Si ripeta l’esercizio per il numero 2.457 approssimandolo a meno di un decimo. [R: una; 16 ; tre; 2.4 ]

35.0

35.0534.95

0.1

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Cosa si intende per “cifre significative” di una misura’?

Si chiamano cifre significative tutte le cifre che costituiscono una misura, con esclu-sione degli eventuali zeri all’inizio.

I seguenti sono numeri a due cifre significative:

50 0.25 0.098 1.2 0.0060

mentre sono a tre cifre significative i valori:

401 0.154 0.0886 2.33 0.000700

Le cifre significative sono quelle che caratterizzano la misura, mentre gli zeri iniziali servono solo a stabilire l’ordine di grandezza del numero . Ad esempio se si è misu-

rata una massa con due cifre significative, ottenendo un risultato di g52 , la stessa

misura in chilogrammi, kg0.052 , ha sempre due cifre significative. Esercizi 43. Si dica quante sono le cifre significative dei numeri: a)1544 , b) 0.0004 , c) 32.60 , d)400.0 , e) 7200 . [R: a) 4 ; b) 1 ; c) 4 ; d) 4 ; e] 2, o 3, o 4] Che relazione esiste fra le cifre significative e l’errore? Sono le cifre significative a fissare l’errore relativo, quando questo non viene espresso. Se infatti consideriamo numeri che hanno esattamente le stesse cifre significative, come 0.321 , 3.21 , 32.1 , 321 , in esse si ha lo stesso errore relativo e percentuale (0.0005 0.005 0.05 0.50.321 3.21 32.1 321

= = =), indipendentemente dal loro ordine di grandezza. Se le ci-

fre significative di due misure non sono identiche ma sono sempre due o sempre tre e così via, l’errore relativo (e percentuale) è comunque confrontabile. In particolare:

• i numeri a una cifra significativa (da 1 a 9 con tutti i possibili ordini di

grandezza) hanno un errore percentuale, compreso fra 0.59

100 6%´ =

e

0.51

100 50%´ =

• i numeri a due cifre significative (da 10 a 99 con tutti i possibili ordini di

grandezza) hanno un errore percentuale, compreso fra 0.599

100 0.5%´ =

e

0.510

100 5%´ =

• i numeri a tre cifre significative (da 100 a 999 con tutti i possibili ordini di

grandezza) hanno un errore percentuale, compreso fra 0.5999

100 0.05%´ =

e

0.5100

100 0.5%´ =

e così via. Dalle regole di propagazione degli errori discendono alcune istruzioni pra-tiche per eseguire operazioni con le cifre significative.

Esercizi 44. Si dica fra quali numeri sono compresi, e con quale accuratezza percentuale sono conosciuti, i seguenti valori, e quali fra di essi sono noti con la maggiore e la minore precisione: a)2.0 ; b) 44.34 ; c) 0.060 ; d)140.0 ; e) 0.007 .

[R: a) 3% ; b) 0.01% ; c) 0.8% ; d) 0.004% valore più preciso; e) 7% valore meno preciso]

Come si eseguono moltiplicazioni e divisioni con le cifre significative?

Il risultato di una moltiplicazione o di una divisione contiene tante cifre significative quante ne ha il fattore che ne contiene di meno.

La Controfisica Le cifre significative non sono “le cifre note con certezza più la prima cifra incerta”. Questa definizione conduce in alcuni casi, a delle conclusioni para-dossali, ad esempio misure come 3000kg (compresa fra 2999.5kg e 3000.5kg) oppure 200m (compresa fra 199.5m e 200.5m) avrebbero zero cifre significative, visto che nessuna delle cifre che le compongono è certa.

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Moltiplicando un numero a tre cifre significative per uno a due cifre significative con la calcolatrice ad esempio si ottiene 7.34 3.7 27.158´ = , ma sarebbe errato scrivere il risultato così. Infatti, il primo fattore ha un’incertezza fra 0.5% e 0.05% , il secondo fra 0.5% e 5% , quindi non possiamo sperare che il risultato sia più preciso del 5% . Il numero 27.158 ha invece ben cinque cifre significative e quindi un errore percentuale fra 0.0005% e 0.005% . Per avere un errore come quello del fattore con maggiore in-certezza, il risultato deve invece contenere solo due cifre significative, quindi:7.34 3.7 27´ = . Se tuttavia si sta moltiplicando per un numero esatto dobbiamo agire come se esso avesse infinite cifre significative. Ad esempio un quadrato di lato

m2.431 ha perimetro m m4 9.431 37.72´ = . Nei calcoli intermedi è buona norma tenere una cifra significativa in più per procedere all’arrotondamento solo alla fine

Esercizi 45. Calcola: a)6.80 4.9´ , b) 0.013 31.04´ , c) /45 3.000 , d)28.2 0.0760´ e) 3.206 4.6´ . [R: a) 33 ; b) 0.40 ; c)15 ; d) 1.97 ; e) 15 o 14.7 ] 46. Un falegname sega in tre una tavola di legno lunga m5.75 , e poi taglia ancora a metà una delle parti. Calcolare le misure dei pezzi ottenuti.

[R: m1.92 ; m0.960 ] Come si eseguono somme e sottrazioni con le cifre significative?

Il risultato di una somma algebrica contiene tanti decimali quanti l’addendo che ne contiene di meno.

Poniamo, infatti, di sommare (o sottrarre) tre grandezze, una nota fino ai millesimi, una nota fino ai centesimi e la terza fino ai decimi. E’ chiaro allora che l’incertezza sui decimi della terza vanifica la maggiore precisione delle altre due e il risultato do-vrà essere espresso solo fino ai decimi, come nella somma:

10.345 3.23 9.1 10.4 3.2 9.1 22.7+ + = + + = In questo esempio nell’addendo 9.1 non abbiamo né centesimi né millesimi da addi-zionare a quelli presenti negli altri addendi, e non sarebbe corretto assumere che questi siano zero (cioè 9.1 è diverso da 9.100): dobbiamo arrotondare gli altri addendi prima di sommare. Val la pena di notare che il risultato ha più cifre significative del secondo e terzo addendo. Infine, se sommiamo un numero non affetto da errore ad uno incerto, è come se il primo avesse infiniti decimali, ed il risultato avrà gli stessi decimali del numero incerto. Uno stipendio di 950 euro (quindi un numero non affetto da errore) che subisca un aumento del 2.5%, pari a 23.75 euro produce un totale di 950+23.75=973.75 euro (e non 974).

Esercizi 47. Eseguire i seguenti calcoli: a)2.8 4.714+ ; b) 4.908 1.42378- ; c) 42.643 42.6- ; d)62.353 62.3- [R: a)7.5 ; b) 3.484 ; c) 0.0 ; d) 0.1 ] 48. Un orto ha i lati di lunghezza m12.85 , m32.6 , m16.39 e m14 . Calcolare quanto misura il suo perimetro. Quante sono le cifre certe nelle misure dei lati e in quella del perimetro? [R: m76 ] 49. Una stanza irregolare è alta m2.40 ed ha le pareti lunghe m10.25 , m12.6 ,

m13.39 e m15 . Calcolare la superficie totale delle sue pareti. Calcolare l’errore per-centuale, sulle misure dei lati e su quella dell’area, specificando le cifre certe. [R]

0.05% 0.5%¸

0.5% 5%¸

0.0005% 0.005%??¸

7.34 3.7 27.158´ =

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11. La notazione scientifica

Si usa spesso scrivere il risultato di una misura in una forma detta notazione scien-tifica, costituita da una cifra che va da 1 fino a 9 , seguita dalla virgola e da tante ci-fre, secondo quante di significative se ne desiderano per il numero, il tutto moltipli-cato per una potenza di10 . Vediamo la trasformazione di alcuni numeri in notazione scientifica:

445604 4.5604 10= ´ 2406.040 4.06040 10= ´ 30.00302 3.02 10-= ´ 150.00 5.000 10= ´

Esercizi 50. Trasformare in notazione scientifica i seguenti numeri, facendo bene attenzione a non alterare il numero di cifre significative: a)233000 ; b) 0.00047 ; c) 0.00000750 d)1609000

[R: a) 52.33000 10´ ; b) 44.7 10-´ ; c) 67.50 10-´ ; d) 61.609000 10´ ] Quali sono i vantaggi della notazione scientifica? a) La notazione scientifica consente innanzitutto di esprimere in modo compatto numeri con ordini di grandezza tali da non risultare maneggevoli con la notazione tradizionale. Si pensi a quantità molto piccole rispetto all’unità di misura internazio-nale, come la massa del protone: kg271.67 10-´ , oppure a quantità molto grandi

come la massa della Terra: kg245.97 10´ . b) Con la notazione scientifica è possibile eseguire calcoli che coinvolgono grandezze di ordini molto differenti, come nell’esempio che segue. Esercizi 51. Quanti protoni occorrono per eguagliare la massa della Terra? Il calcolo si esegue operando separatamente sulla parte decimale e sulla parte delle potenze di dieci:

kg kg

2424 27 51

27

5.97 10 5.9710 3.57 10

1.671.67 10+

= ´ = ´´

c) Vi sono numerosi casi in cui solamente l’utilizzo della notazione scientifica con-sente di eseguire i calcoli rispettando le regole sulle cifre significative. Poniamo di dover eseguire la moltiplicazione: 6789 1.34 9097.26´ = . Il risultato deve avere tante cifre significative quante il fattore che ne contiene meno, cioè tre. La notazione tradi-zionale non consente di soddisfare questa richiesta, mentre con quella scientifica:

36789 1.34 9.10 10´ = ´ . d) La notazione scientifica consente di scrivere l’approssimazione di un numero a meno di qualsiasi ordine di grandezza: si può cioè fare in modo che la cifra più pic-cola si riferisca a nostro piacimento ad un decimale, alle unità, alle decine, alle centi-naia e così via. Consideriamo il numero 145760 , che, così com’è proposto significa che il valore più probabile della misura risulta compreso fra 145759.5 e 145760.5 . Proviamo ora a scriverlo approssimato alle decine, alle centinaia e poi alle migliaia: approssimato alle decine: 51.4576 10´ (cioè compreso fra 145755 e 145765 ) approssimato alle centinaia: 51.458 10´ (cioè compreso fra 145750 e 145850 ) approssimato alle migliaia: 51.46 10´ (cioè compreso fra 145500 e 146500 ) In questo senso è possibile cambiare agevolmente unità di misura senza alterare la precisione del numero. Trasformiamo ad esempio la lunghezza m130 in millimetri. Se trasformassimo in mm130000 sbaglieremmo perché avremmo spostato l’incertezza originale, che era sul metro, ad un’incertezza di un millimetro. Viceversa

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si deve scrivere m mm5130 1.30 10= ´ , ed in questo modo si ha l’incertezza sempre dell’ordine della cifra che corrisponde ai metri. Come fare le moltiplicazioni e divisioni con la notazione scientifica? Per moltiplicare bisogna fare il prodotto delle cifre significative ed addizionare fra loro gli esponenti di 10 , per dividere bisogna calcolare il quoziente delle cifre signifi-cative e sottrarre all’esponente di 10 del dividendo l’esponente di 10 del divisore.

Esercizi 52. Facendo attenzione a rispettare le regole per le cifre significative, eseguire i se-guenti calcoli: a) 4 2(3.24 10 ) (6.1 10 )-´ ⋅ ´ ; b) 3 25.60 10 /2.0 10-´ ´ . a) 4 2 4 2 2 1(3.24 10 ) (6.1 10 ) (3.24 6.1) 10 19.764 10 2.0 10- - - -´ ⋅ ´ = ´ ´ = ´ = ´

b) 3

3 ( 3) 62

5.60 10 5.6010 2.8 10

2.02.0 10

- --

´= ´ = ´

´

53. Facendo attenzione a rispettare le regole per le cifre significative, eseguire i se-guenti calcoli: a) 14 3(4.14 10 ) (6.00 10 )´ ⋅ ´ ; b) 5 4(2.1 10 ) (3.519 10 )-´ ⋅ ´ ;

c) 15 76 10 /2.5 10-´ ´ ; d) 5 74.76 10 /5.5 10´ ´ .

[R: a) 1724.8 10´ ; b) 17.4 10-´ ; c) 222 10´ ; d) 20.87 10-´ ] Come si eseguono le somme algebriche con la notazione scientifica? Bisogna ricondurre gli addendi più piccoli alla medesima potenza di 10 che hanno quelli più grandi (e non il viceversa perché si cambierebbe la precisione implicita nei numeri) e poi sommare algebricamente la parte decimale. Nel sommare rispetteremo la regola già esposta, quella di fermarsi al decimale del numero che ne ha meno. Quindi se ad esempio due addendi sono noti uno ai decimi e uno ai centesimi, la somma algebrica si arresta ai decimi e così via. Esercizi 54. Facendo attenzione a rispettare le regole per le cifre significative, eseguire i se-guenti calcoli: a) 3 22.91 10 4.2 10´ - ´ ; b) 1 33.6 10 2.23 10-´ + ´ . a)Riconduciamo il secondo addendo all’esponente di 10 del primo, che è quello maggiore:

3 2 3 3 32.91 10 4.2 10 2.91 10 0.42 10 (2.91 0.42) 10´ - ´ = ´ - ´ = - ´ nel sommare osserviamo che entrambe le cifre sono note fino alle decine (lo erano anche prima di cambiare esponente) quindi alle decine arriverà anche la precisione del risultato: 32.49 10´ . b) Riportiamo entrambi i numeri all’esponente di 10 maggiore:

1 3 1 13.6 10 5.23 10 3.6 10 0.0523 10- - - -´ + ´ = ´ + ´ = arrotondiamo tutto alla prima cifra decimale:

1 1(3.6 0.1) 10 3.7 10- -= + ´ = ´ 55. Facendo attenzione a rispettare le regole per le cifre significative, eseguire i se-guenti calcoli: a) 4 54.9 10 6.12 10´ + ´ ; b) 6 42.44 10 3.3 10´ - ´ ; c) 6 36.2 10 2.35 10´ - ´ ; d) 4 35.12 10 2.3 10- -´ + ´ .

[R: a) 56.61 10´ ; b) 62.41 10´ ; c) 66.2 10´ ; d) 62.8 10-´ ]

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