Capacità di risposta del territorio al fabbisogno in tema di disponibilità di aree e immobili

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Federcasa Lombardia Associazione Regionale fra le Aziende Lombarde per l’Edilizia Residenziale Osservatorio Regionale sulla Condizione Abitativa Studi e Ricerche Tomo 10 Capacità di risposta del territorio al fabbisogno in tema di disponibilità di aree e immobili a cura del Centro Studi PIM Federcasa Lombardia Associazione Regionale fra le Aziende Lombarde per l’Edilizia Residenziale Osservatorio Regionale sulla Condizione Abitativa Studi e Ricerche Tomo 10 Capacità di risposta del territorio al fabbisogno in tema di disponibilità di aree e immobili a cura del Centro Studi PIM Casa e Opere Pubbliche

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Osservatorio Regionale sulla Condizione Abitativa Studi e Ricerche Federcasa Lombardia Milano, dicembre 2008

Transcript of Capacità di risposta del territorio al fabbisogno in tema di disponibilità di aree e immobili

Federcasa LombardiaAssociazione R egionale f ra l e Aziende

Lombarde per l’Edilizia Residenziale

Osservatorio Regionale sulla Condizione AbitativaStudi e Ricerche

Tomo 10Tom

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Capacità di risposta del territorio al fabbisognoin tema di disponibilità di aree e immobili

a cura del Centro Studi PIM

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Lombarde per l’Edilizia Residenziale

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Capacità di risposta del territorio al fabbisognoin tema di disponibilità di aree e immobili

a cura del Centro Studi PIM

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Capacità di risposta del territorio al fabbisognoin tema di disponibilità di aree e immobili

a cura del Centro Studi PIM

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Casa e Opere Pubbliche

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Lombarde per l’Edilizia Residenziale

Osservatorio Regionale sulla Condizione AbitativaStudi e Ricerche

Milano, dicembre 2008

Casa e Opere Pubbliche

Osservatorio Regionale sulla Condizione AbitativaStudi e Ricerche

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Capacità di risposta del territorio al fabbisognoin tema di disponibilità di aree e immobili

a cura del Centro Studi PIM

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Il presente documento costituisce Rapporto conclusivo relativo all’attività di ricerca “Capacità di risposta del territorio al fabbisogno in tema di disponibilità di aree e immobili” (CON_06_05) affidata da Federcasa Lombardia al Centro Studi PIM.

Milano, febbraio 2008

Referente per FEDERCASA Lombardia

Grazia Favole

Referenti per Regione Lombardia - U.O. Politiche per la Casa

Francesco Bargiggia

Emilio Casiraghi

Laura Catacchio

Valeria Milani

Centro Studi PIM - Gruppo di lavoro

Franco Sacchi (Direttore responsabile)

Pierluigi Nobile (Capo progetto)

Angelo Armentano

Sergio D’Agostini

Giovanna D’Angelantonio

Elena Granata

Christian Novak

Marco Vittorio Rota

Indice

Presentazione ..........................................................................................................................1

Prima parte

1 Dal fabbisogno ai bisogni ...............................................................................3

1.1 Una domanda abitativa variegata: tra nuovi bisogni e profili inediti ...................4

1.2 Altri motivi di allargamento del campo dei bisogni .............................................6

1.3 I bisogni compressi............................................................................................7

2 Per una definizione delle aree critiche...........................................................9

Seconda parte

3 Una visione di insieme sulla dimensione dell’offerta.................................12

3.1 La disponibilità di aree per funzioni residenziali nella Provincia di Milano .......12

3.2 La disponibilità di aree per funzioni residenziali negli altri “sistemi territori critici” ...............................................................................................................30

3.3 Risultati e limiti dell’indagine sulla pianificazione locale...................................33

4 I comportamenti del territorio.......................................................................44

4.1 Azione forte e autocentrata, strategia prudente e avveduta ............................44

L’esperienza di Brescia....................................................................................44

L’esperienza di Gorgonzola .............................................................................54

4.2 Azione integrata e aperta al contributo dei terzi...............................................57

L’esperienza di Cinisello Balsamo ...................................................................57

L’esperienza di Calcinato.................................................................................59

Le cooperative edilizie nel territorio lombardo .................................................61

4.3 Recupero di un ruolo pubblico entro contesti fortemente solcati dall’azione del mercato ....................................................................................62

L’esperienza di Busto Garolfo..........................................................................62

4.4 Ricerca di forme di cooperazione tra comuni...................................................66

L’esperienza di Milano - Corsico - Cesano Boscone .......................................66

L’esperienza di Bergamo - Ciserano - Dalmine ...............................................69

4.5 Attenzione al tema abitativo con capacità di cogliere di volta in volta le opportunità che si presentano..........................................................................76

L’esperienza di Seregno ..................................................................................76

4.6 Alta dotazione di patrimonio abitativo ereditato, sia pubblico che privato,

oggi di fronte a un passaggio di frontiera ..........................................................85

L’esperienza di Rozzano ..................................................................................85

L’esperienza di Pioltello ....................................................................................89

4.7 Rispondere alla sollecitazione di progetti emergenti a scala sovralocale .........91

L’esperienza di Sesto San Giovanni .................................................................91

L’esperienza di Rho ..........................................................................................95

L’esperienza di Pero .........................................................................................99

L’esperienza di Busto Arsizio..........................................................................100

Terza parte

5 Verso la costruzione di un Osservatorio ....................................................103

6 Modelli d’azione e temi emergenti...............................................................104

6.1 Azione forte e autocentrata, strategia prudente e avveduta ...........................105

6.2 Azione integrata e aperta al contributo dei terzi..............................................107

6.3 Recupero di un ruolo pubblico entro contesti fortemente solcati dall’azione del mercato ...................................................................................109

6.4 Ricerca di forme di cooperazione tra comuni..................................................110

6.5 Attenzione al tema abitativo con capacità di cogliere di volta in volta le opportunità che si presentano.........................................................................113

6.6 Alta dotazione di patrimonio abitativo ereditato, sia pubblico che privato, oggi di fronte a un passaggio di frontiera ........................................................115

6.7 Risposta alla sollecitazione di progetti emergenti a scala sovralocale............117

7 Questioni sotto osservazione......................................................................120

7.1 Dotazioni.........................................................................................................120

7.2 Risorse amministrative: culture, strategie d’azione, reti di interazione............121

7.3 Innovatività delle risposte ...............................................................................122

8 I processi virtuosi.........................................................................................124

8.1 Risultato quantitativo appropriato rispetto a dimensione demografica e tipologia/articolazione dei bisogni abitativi ......................................................124

8.2 Efficacia qualitativa, con rispetto a particolari categorie di bisogno e/o a modalità dello stesso di più urgente o difficile soluzione e/o ai tempi di apprestamento delle soluzioni.........................................................................125

8.3 Efficacia rispetto alle risorse impiegate (e dunque capacità di coinvolgimento risorse private) .......................................................................127

8.4 Capacità di risposta con visione sovracomunale ............................................128

8.5 Gli Accordi Quadro di Sviluppo Territoriale.....................................................129

9 Riflessione critica a margine di una ricerca...............................................133

9.1 Quale accezione di fabbisogno adottare.........................................................133

9.2 Come misurare la capacità di risposta del territorio? ......................................134

9.3 Le tre stagioni dell’azione pubblica sul versante della domanda abitativa .....135

9.4 Come sollecitare e sostenere la capacità dei comuni? ...................................136

9.5 Come sollecitare e sostenere la “capacitazione” del sistema .........................139

9.6 L’Osservatorio delle politiche per la casa in quattro mosse: conoscere,

promuovere, indirizzare, valutare ...................................................................140

9.7 Valutare. Ipotesi di selezione di indicatori rilevanti..........................................144

9.8 Uno spazio di lavoro comune .........................................................................14

Bibliografia......................................................................................................149

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Rapporto conclusivo

1

Presentazione

Il rapporto contiene i risultati dell’attività svolta dal Centro Studi PIM nell’ambito dell’“Osservatorio regionale per la condizione abitativa” istituito dalla Regione Lombardia, in attuazione del proprio dettato normativo, con il preciso compito di fornire un quadro conoscitivo costantemente aggiornato sulla materia. Il programma di attività dell'Osservatorio del 2004, la cui gestione era stata affidata dalla Regione a Federcasa Lombardia, prevedeva una specifica ricerca tesa a verificare le reali condizioni dell’offerta insediativa nel settore della residenza, per restituire elementi di conoscenza utili al processo di programmazione delle risorse pubbliche, a fronte delle difficoltà di allocazione dei finanziamenti disponibili per l’Edilizia Residenziale Pubblica. Da qui trae origine il progetto di ricerca, affidato al PIM, che esplicita già nel titolo le finalità e i contenuti, che sono stati poi parzialmente rivisti durante lo svolgimento del lavoro, in presenza sia di alcune correzioni delle politiche regionali in materia, più proiettate a sostenere proposte di intervento attraverso accordi quadro con gli enti locali piuttosto che affidandosi a bandi, sia di alcune criticità intrinseche ai dati rilevati in tema di disponibilità di aree. Il lavoro di ricerca si è articolato in due fasi: conoscitiva e progettuale, con la prima composta da due momenti: il primo si è occupato di individuare i “territori sensibili” regionali, ossia quegli ambiti caratterizzati da una più accentuata problematicità quali-quantitativa in tema di fabbisogno abitativo. Per raggiungere tale obiettivo, oltre a considerare le analisi e gli studi disponibili di più recente elaborazione, relativi all’intera regione e/o alle principali aree urbane, si sono elaborati i principali dati riguardanti: il censimento Istat 2001 sulle caratteristiche della popolazione e delle abitazioni; le domande Fondo Sostegno Affitti; le domande di Edilizia Residenziale Pubblica; gli sfratti esecutivi. L’altro momento - a valle dell'individuazione dei “territori sensibili” regionali - ha avuto soprattutto il compito di fornire il massimo degli elementi di conoscenza sulla effettiva capacità di risposta dei territori al fabbisogno; da un lato, con la individuazione delle disponibilità di aree e progetti di intervento, dall’altro con la verifica circa la presenza di un tessuto economico-sociale-culturale in grado di rendere effettiva la realizzazione di edilizia residenziale atta a soddisfare la domanda delle fasce meno protette. La fase progettuale, a fronte della interpretazione degli elementi analitici, si è incaricata di formulare una proposta relativa ai requisiti ed agli ambiti di osservazione utili alla costruzione di un “osservatorio permanente” della capacità di risposta ai bisogni abitativi. Sulla base del programma di lavoro previsto si è proceduto nelle prime fasi alla stesura di due documenti essenzialmente di carattere analitico, il primo nel giugno del 2005 ed il secondo nel luglio 2006. Si giunge ora alla redazione del rapporto conclusivo, che si compone di tre parti con i contenuti seguenti: • nella prima, il richiamo sintetico degli elementi analitici di lettura della condizione abitativa a

scala regionale che sono serviti all’identificazione dei “territori sensibili”; • nella seconda, la ripresa per intero del secondo rapporto, perché, oltre a restituire un quadro

dell’offerta di aree e delle problematicità relative alla sua lettura, fornisce un’ampia analisi dei diversi comportamenti comunali in termini di risposta ai fabbisogni abitativi. Le esperienze analizzate sono state ricondotte ad una serie di modelli-tipo, che, pur non rivestendo valore di universalità, sono ritenuti, tuttavia, in grado di intercettare le situazioni più rilevanti e significative ai fini della definizione di politiche per la casa rispondenti alle nuove domande abitative e capaci di attivarsi su fronti molteplici;

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� nella terza, l’illustrazione e l’approfondimento degli elementi di natura propositiva, che costituiscono la fase conclusiva della ricerca. Quest’ultima parte si articola in due porzioni: una prima, più legata allo sviluppo di linee interpretative delle esperienze indagate, che trovano riferimento nei capitoli 6 Modelli d’azione e temi emergenti, 7 Questioni sotto osservazione e 8 I processi virtuosi; una seconda, che trova sede nel capitolo 9 Riflessione critica a margine di un lavoro di ricerca, nella quale si coglie l'occasione dello studio per estendere la riflessione oltre i confini delineati dalle esperienze oggetto di indagine e per giungere a proporre/confermare nuovi modelli d'azione per le politiche regionali in materia di casa sociale. I temi trattati approfondiscono le possibilità di migliorare la “capacità” del sistema nell'attivare e nel gestire le politiche e gli interventi relativi all’edilizia sociale, giungendo infine a formulare una proposta di Osservatorio Casa fortemente innovativa e funzionale alla capacitazione del sistema.

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1 Dal fabbisogno ai bisogni

Ai fini di una migliore comprensione dei problemi che investono la condizione abitativa il modo tradizionale di guardare al fabbisogno non può più essere ritenuto sufficiente. Emerge l’esigenza di considerare in modo differente la natura della questione casa. Diverse e complesse sono le condizioni che concorrono a comporre il mosaico dei bisogni, che tendono ad assumere connotati inediti: il consolidarsi di una domanda abitativa variegata con nuovi profili che sfuggono alle più tradizionali modalità di rilevazione; i mutamenti e le trasformazioni sociali con il crescere di differenti forme di disagio (rischio povertà, marginalizzazione, ecc.), lo sviluppo di esigenze di maggiore e diffusa qualità dell'abitare; la comparsa di “bisogni compressi” cui si offrono soluzioni “precarie”. È l’insieme di questi elementi di ordine qualitativo che è indispensabile richiamare per concorrere a descrivere ed interpretare la condizione abitativa che, letta assieme ai più tradizionali dati quantitativi, consente di restituire un quadro informativo più aderente alla realtà. Tralasciando la ripresa dei concetti di fabbisogno abitativo, con le sue modalità di calcolo e di individuazione, che sono temi classici della pratica urbanistica tradizionale, indispensabili per il dimensionamento degli strumenti di pianificazione del territorio, si deve fare riferimento agli studi più recenti che mettono a fuoco il passaggio centrato su una sempre più attenta interpretazione dei bisogni abitativi. Negli ultimi decenni la domanda di casa è infatti ampiamente mutata: è diventata più articolata e complessa. Si è assistito ad una estensione delle forme di disagio, alla comparsa di nuove figure di portatori di bisogno abitativo ed ad una estensione del “rischio abitativo” a segmenti del ceto medio. Nella società postmoderna caratterizzata da incertezza, flessibilità, difficoltà revisionale la nozione di fabbisogno deve lasciare il posto a nuove categorie interpretative che permettano di interpretare e dare risposte a diversi tipi di povertà/disagio abitativo (inadeguatezza dell’alloggio, disagio da onerosità dei costi abitativi ecc.) e a diverse figure interessate (anziani, giovani, persone e famiglie in povertà estrema, immigrati). La nozione di fabbisogno presuppone inoltre che un incremento dell'offerta possa comunque rispondere alle “domande” o alle situazioni di “bisogno”, ad esempio producendo una diminuzione dei prezzi a fronte di una maggiore disponibilità di alloggi (azione calmierante) o facilitando la soddisfazione di specifici bisogni abitativi mediante la disponibilità sul mercato di una pluralità di tipologie edilizie (ampliare la possibilità di scelta). Tali modelli di risposta, benché ancora in auge in alcuni paesi europei particolarmente dinamici ed in ritardo rispetto ai paesi ad economia avanzata (si veda il caso di Madrid o dell’Irlanda), non sono applicabili al territorio lombardo, sia per carenza di spazio per nuove massicce edificazioni, sia per impossibilità economica di produrre nuova edilizia sociale a vasta scala. Tale approccio risulta particolarmente elusivo se ammettiamo che il problema cruciale è oggi quello delle popolazioni “deboli” in situazioni di disagio abitativo e non in grado di accedere o di trovare risposta attraverso le offerte abitative del libero mercato, dell’alloggio assistito e della cooperazione. Non si tratta quindi di definire un fabbisogno abitativo astratto o, peggio ancora, determinato in base a classi sociali o di reddito oggi del tutto disarticolate, si tratta invece di comprendere come nuovi bisogni e nuove figure sociali necessitino di risposte articolate, non predeterminate, risposte sociali in senso ampio, che non neghino l’evidenza dell’espansione di aree di disagio/esclusione abitativa e che siano orientate alla ricerca di politiche specifiche, differenziate, selettive. È quindi necessario che le politiche abitative sociali tendano a differenziare le strategie, tenendo conto delle priorità stabilite dalla diversa gravità dei problemi, adottando politiche di intervento diverse a seconda dei profili di problemi e a seconda degli obiettivi (riduzione dell'esclusione abitativa, prevenzione delle situazioni di rischio, ecc…). Un passaggio fondamentale che segna la distanza da un approccio articolato sul fabbisogno ed uno articolato sui bisogni è la necessità di distinguere e affrontare diversamente ma

Prima parte

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contemporaneamente “i due corni dell'intreccio tra processi di impoverimento/precarizzazione sociale e disagio/povertà abitativa: le situazioni di rischio diffuso e le situazioni gravi o estreme” . Tale passaggio comporta, ad esempio, l’accentuazione del ruolo sociale delle politiche abitative, attribuendo alle politiche di housing sociale anche specifiche funzioni di politica sociale, attraverso la fornitura di accompagnamento sociale, mediante una stretta integrazione tra housing e “sociale”, tra misure abitative e misure di lotta contro la povertà e contro l'esclusione sociale. L’obiettivo, qui espresso, di un’efficacia sociale specifica implica il superamento della tradizionale centratura quantitativa-oggettuale tipica delle politiche abitative. Tale passaggio, non ancora del tutto maturato e fatto proprio dai costruttori di politiche abitative, ha comportato spesso un ritardo dell'iniziativa pubblica e comunque una ridefinizione del ruolo del settore pubblico, uno spaesamento delle politiche che ha contribuito a dilatare la distanza fra bisogni e risposte. 1.1 Una domanda abitativa variegata: tra nuovi bisogni e profili inediti

I mutamenti che hanno interessato il nostro paese negli ultimi decenni restituiscono un quadro oggi caratterizzato da un’elevata complessità non solo per l’acuirsi della questione abitativa per le categorie sociali tradizionalmente interessate, ma per l’entrata in scena, talvolta in forme e proporzioni inaspettate di nuove figure portatrici di bisogni abitativi, in particolare si fa riferimento a nuove figure sociali precedentemente assenti o sottorappresentate nella società italiana e lombarda, ma che iniziano già alla fine degli anni Ottanta ad acquisire un peso crescente, quali gli immigrati stranieri, gli studenti universitari fuori sede, le popolazioni temporanee, i lavoratori precari, atipici e il crescente “popolo delle partite IVA”, i nuovi migranti dal meridione, le famiglie atipiche e i single. Il fenomeno più macroscopico è rappresentato dai consistenti flussi migratori che hanno interessato in particolare il territorio lombardo a partire dalla metà degli anni Ottanta e che hanno determinato all’inizio degli anni Novanta una nuova ed urgente domanda abitativa di alloggi economici ed inizialmente di piccole dimensioni. Tale domanda si è accresciuta negli anni Novanta non solo per l’aumento della presenza ma anche per la sua stabilizzazione. La serie di regolarizzazioni che ha scandito l’ultimo decennio ha sancito tale presenza e costruito i presupposti di un consolidamento del fenomeno migratorio, contribuendo a trasformare e a moltiplicare le domande abitative delle popolazioni immigrate. L’elemento più significativo di evoluzione della domanda abitativa è senza dubbio legato all’elevato numero di ricongiungimenti familiari e alla crescita del numero di bambini all’interno dei nuclei familiari immigrati. Un crescente numero di famiglie, in cui almeno uno dei genitori è ormai stabilmente inserito nel mercato del lavoro, desidera e può intraprendere un percorso di stabilizzazione che contempla anche una casa, non più vista e vissuta come una sistemazione provvisoria. Questa domanda di stabilità delle famiglie si traduce in una domanda di alloggi di taglio medio-piccolo, dotati di un livello accettabile di servizi, che rispondano alle necessità della vita famigliare e che siano accessibili dal punto di vista economico, data anche la necessità dei regolarizzandi e di chi intraprende procedure di ricongiungimento famigliare di certificare i requisiti minimi dell’abitazione. Tale certificazione obbliga, infatti, alla ricerca di una situazione contrattuale regolare e a ricercare situazioni alloggiative caratterizzate da un livello qualitativo sufficiente a rispondere ai parametri richiesti dalla legge. Una seconda situazione che si è affermata a partire dalla fine degli anni Novanta e che oggi è particolarmente rilevante, è la propensione delle famiglie immigrate all’acquisto della casa. I dati riferiti al contesto lombardo sono in questo senso eloquenti: nel 2001 gli immigrati maggiori di 14 anni proprietari di casa erano l’8,5%, nel 2002 l’8,9%, nel 2003 il 10,9%, una crescita dell’incidenza della proprietà particolarmente significativa. Alcuni gruppi etnici sembrano maggiormente propensi all’acquisto: a Milano si registra il 15,4% di asiatici proprietari a fronte del

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13,3% di sud americani, il 10,2% di nord africani, il 9,6% di altre popolazioni africane e quote molto più contenute di proprietari provenienti dall’Europa dell’est (5,9%)1 Sta, infine, crescendo la quota di imprenditori e commercianti, di più antico insediamento e con maggiori possibilità economiche e di credito, che decidono di acquistare alloggi come investimento e come “bene rifugio” per il futuro. Non necessariamente l’acquisto è indirizzato verso la famiglia, già sufficientemente ben alloggiata, ma spesso si tratta di un investimento alternativo a quelli di tipo finanziario (la rendita immobiliare offre tassi superiori agli investimenti in borsa e doppi rispetto alle obbligazioni). In taluni casi l’investimento su una casa è orientato a trovare una sistemazione a parenti, dipendenti delle proprie attività o per ospitare gratuitamente o a pagamento per periodi limitati connazionali appena arrivati. Una seconda figura emergente è quella degli studenti universitari fuori sede, che in particolare nel capoluogo esprimono una quota di domanda rilevante ed in aumento di alloggi in affitto ed in condivisione. La crescita di iscritti nelle università milanesi, la proliferazione di corsi di laurea, l’aumento e la specializzazione dell’offerta formativa, unitamente alla limitata capacità delle università lombarde di diffondere le proprie sedi sul territorio regionale (anche se molto si è fatto), ha alimentato un flusso di studenti dalla regione e dal resto del paese senza pari rispetto ai decenni precedenti. Il mercato dell’affitto è in alcune zone della città quasi esclusivamente orientato verso gli studenti universitari, sia per la consistenza della domanda, sia perché rappresentano un mercato più appetibile rispetto a quello ad esempio degli stranieri. Offrono generalmente migliori garanzie, ricercano più spesso alloggi arredati e per periodi limitati (generalmente legati all’anno accademico) e sono disposti a affrontare canoni elevati mediante la condivisione e ad accettare appartamenti di bassa qualità architettonica, proprio perché percepiti come temporanei. Accanto a studenti e immigrati in particolare nei centri capoluogo si sono diffuse nuove popolazioni temporanee, impiegate spesso con funzioni di alto livello nelle società e nei distretti economici e produttivi dell’ambito metropolitano. Cominciano ad incidere anche sul mercato degli affitti le società che affittano alloggi che permettano di ospitare i propri dirigenti o quadri per trasferimenti temporanei o come benefit. Una nuova domanda abitativa viene espressa inoltre da una nuova figura sociale, ormai predominante fra i lavoratori giovani, il popolo dei lavoratori atipici e delle partite IVA. Non si tratta in effetti di una domanda precisamente quantificabile né orientata verso alcuni settori di mercato rispetti ad altri, si tratta più che altro di una situazione, di persone che subiscono una maggiore instabilità, finanziaria, lavorativa, di localizzazione del luogo di lavoro, e che incontrano difficoltà a trovare risposte in un mercato degli affitti ridotto e orientato verso studenti e immigrati. Una nuova figura che sta riemergendo e che sembrava scomparsa è quella dell’immigrato dal meridione, che non arriva più come negli anni Sessanta, alla ricerca di un lavoro qualsiasi e senza la possibilità di trovare un alloggio, ma arriva o rimane dopo un percorso di studio spesso universitario, ma si deve confrontare con dei salari di ingresso non sufficienti al proprio mantenimento ed al mantenimento di una casa, orientandosi verso la fuoriuscita da Milano o verso la coabitazione. Infine, nuove figure di questo puzzle di bisogni abitativi emergono dalle nuove dinamiche famigliari già accennate, e si traducono in più famiglie, più single, in nuovi profili di famiglie monoparentali, in anziani assistiti nel proprio domicilio. Ognuna di queste figure sociali, anche se nessuna è del tutto nuova nella società contemporanea, è portatrice di bisogni abitativi propri, talvolta inediti per forme e distribuzione, si pensi al diffondersi degli alloggi protetti per anziani e a quanto incidano nella società lombarda sull’offerta complessiva. L’evoluzione delle forme famigliari contribuisce non solo alla complessificazione delle domande, ma accresce un processo di impoverimento e di disagio che colpisce più facilmente e più spesso le famiglie monoparentali che quelle che possono contare su due redditi.

1 Dati dell’Osservatorio Regionale sulle migrazioni, 2003.

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1.2 Altri motivi di allargamento del campo dei bisogni

La complessificazione dei bisogni non è solo esito dell’emergere di nuovi profili di popolazioni, di nuovi modelli di famiglie, dell’aumento della mobilità sul territorio, ma è anche in parte esito dello sviluppo negli anni ’80 e ’90 della ricchezza e delle aspettative abitative delle famiglie, in termini di superficie pro capite, di standard abitativi, di qualità dell’abitare, di un generalizzato aumento della qualità della casa della sua “abitabilità” nelle infinite sue articolazioni ed interpretazioni.2 La categoria del bisogno, non resta ancorata solo al concetto di standard vitale minimo, ma anche come desiderio di un alloggio più grande, più confortevole, in un quartiere più verde, meglio servito, solo occasionalmente più centrale. Nei dieci-quindici anni di crescita economica degli anni ’80 una cospicua parte delle nuove edificazioni hanno intercettato, e talvolta hanno alimentato, questo desiderio diffuso, dando avvio da un lato le espansioni dei centri di prima e seconda corona metropolitana, realizzando per via incrementale la città diffusa che caratterizza buona parte dell’alta pianura lombarda, dall’altro innescando processi di filtering up e sostituzioni nei settori dequalificati del mercato immobiliare (nuovi migranti vengono ad abitare le case lasciate libere dai migranti degli anni ’60). D’altro canto è la casa stessa e il significato e la funzione ad essa attribuita che è profondamente cambiata negli ultimi anni. Le nuove forme lavorative, sempre più slegate dal luogo di lavoro canonico e che investono lo spazio abitativo come luogo esso stesso di lavoro (esclusivo o complementare), hanno trasformato la stessa funzione dell’alloggio da luogo della famiglia ad un luogo complesso in cui lo studio, l’angolo per il computer hanno uno spazio crescente, sia nei casi di libera professione che per l’universo dei dipendenti o dei lavoratori flessibili. Si assiste ad una densificazione e complessificazione dei significati simbolici attribuiti alla casa,3 e alle forme di casa, che non è solo il classico appartamento ma è anche, in particolare nelle città maggiori il loft, il negozio riadattato, la casa con annesso sottotetto, ma anche, per taluni, l’appartamento piccolo in città e la casa per la famiglia in campagna o in una città minore, o la casa in cui si ospita con un certo grado di indipendenza il genitore anziano o una persona di servizio. Le nuove esigenze e le diverse aspettative rispetto alla casa hanno contribuito all’aumento della superficie dell’alloggio, ad una sua flessibilità (più ricercata che reale), ad un maggiore investimento economico nella casa. È parere diffuso ed in parte verificato nei fatti che oggi le famiglie lombarde vivono mediamente in case più grandi rispetto a pochi decenni fa, che la superficie di alloggio pro capite sia aumentata, che esistano ampie porzioni di territorio in cui i “dati medi” siano particolarmente confortanti e raffigurino una società benestante che non sembra avere problemi di alloggio. Negli ultimi anni si assiste, però, ad un movimento per taluni versi contraddittorio con quanto affermato e che registra una contrazione della dimensione della casa, sia nelle sue dimensioni complessive che nella dimensione delle sue stanze. Il mercato immobiliare nell’ambito della nuova costruzione propone alloggi che raramente superano i tre locali (gli alloggi più grandi sono quasi esclusivamente ville singole o a schiera) e difficilmente superano gli 80 mq. È sufficiente scorrere le offerte immobiliari per accorgersi dell’incidenza nei capoluoghi degli appartamenti di due locali rispetto all’offerta totale, in particolare per quanto attiene il mercato della locazione. Nonostante sia complessa una verifica mediante i dati censuari, il restringimento degli spazi abitativi sembra non aver coinvolto solo popolazioni a basso reddito, ma anche una quota rilevante del ceto medio, di chi ha cercato negli ultimi anni il primo alloggio, di popolazioni mobili e temporanee come studenti o lavoratori provenienti da altre regioni. I dati censuari mettono in evidenza che le dimensioni delle abitazioni sono considerate insufficienti dal 13,5% delle famiglie

2 Gasparini A. La sociologia degli spazi. Luoghi, città, società, Carocci, Roma, 2000. 3 Ibidem

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italiane: il disagio è elevato soprattutto per le famiglie residenti nelle aree metropolitane, mentre è minimo nei comuni di piccole dimensioni.4

1.3 I bisogni compressi

Una ulteriore componente, ancora poco esplorata, della complessificazione dei bisogni abitativi è rappresentata da una serie di esigenze, di desideri compressi, meno evidenti e meno rilevabili rispetto a quelli già evidenziati; una quota potenzialmente consistente (forse preponderante) di bisogni non registrati da dati, ma da studi specifici, da indagini campionarie o da riflessioni di carattere sociologico e antropologico. In particolare si fa riferimento all’allungamento della permanenza dei figli adulti presso la casa dei genitori, alla difficile ricerca di una indipendenza economica, alla precarizzazione della situazione sociale che spinge ad involuzioni nel processo di emancipazione abitativa e nella ricerca di un alloggio migliore o che meglio risponda alle esigenze di vita. Il fenomeno emergente e socialmente rilevante della convivenza forzata fra figli adulti e genitori, primariamente motivata dalla precarizzazione del lavoro, dall’allungamento degli studi, dall’inaccessibilità economica del bene casa, è un elemento nuovo e che contribuisce ulteriormente a scardinare l’idea consolidata del fabbisogno. In particolare nelle aree metropolitane, maggiormente al sud che al nord la percentuale di trentenni in famiglia è decisamente rilevante. Da una recente indagine dell’Istituto Demetra su oltre 3000 giovani emerge che il 17,5% dei figli maschi fra i 33 e i 37 anni nel sud e isole vive con i genitori, dato che scende per quanto riguarda il centro nord al 16,7%, mentre si registrano dati inferiori per quanto riguarda le donne, 12,2% al sud e isole, 11,9% al centro nord. L’indagine mette ancora in evidenza come sia in diminuzione la fuoriuscita dalla casa dei genitori dovuta al matrimonio, sottolineando ulteriormente le difficoltà che deve affrontare un single nella ricerca di una casa economicamente sostenibile, senza un contributo da parte dei genitori.

La famiglia ammortizza la domanda

La famiglia rappresenta quindi sempre più un ammortizzatore abitativo: la possibilità di rimanere in casa è una risposta possibile, talvolta la sola in un contesto sociale precario, per mantenere un determinato standard abitativo e di vita, mentre chi percorre una strada di indipendenza abitativa lo può fare grazie all’aiuto dei genitori, che secondo i dati della ricerca dell’Istituto Demetra contribuiscono regolarmente alle spese dei figli fuori casa in oltre il 30% dei casi. In altri casi l’aiuto all’indipendenza dei figli si traduce nell’acquisto da parte dei genitori di un alloggio (con un contributo o un affitto pagato da parte dei figli) o con l’offerta di garanzie bancarie per l’accensione di un mutuo. Quale sia la percentuale di tali adulti coabitanti con i genitori che rifletta realmente un bisogno abitativo è difficile da dirsi, ma l’ampiezza del fenomeno è di per se stesso cospicua. D’altronde è sempre difficile definire quando una convivenza sia espressione di un disagio abitativo, anche quando questa riguardi convivenze di altro genere, come quelle fra studenti fuori sede, fra giovani lavoratori, fra immigrati. Semmai si potrebbe avanzare un ragionamento sulle condizioni di tali coabitazioni, sulla disponibilità di spazio individuale, di privacy, sulle modalità della coabitazione, elementi che non emergono dai dati generalmente disponibili.5

Anche se si utilizzassero dati inerenti l’indice di affollamento (abitanti per stanza) questi non potrebbero mettere in evidenza le convivenze di carattere non famigliare, generalmente maggiormente riconducibili ad un disagio abitativo.

4 A.IR.E., Gruppo Class, Studio di fattibilità per la creazione di un osservatorio regionale sulla condizione abitativa, rapporto di ricerca, 2005.

5 Gasparini A., La sociologia degli spazi: Luoghi, città, società, Carocci editore, Roma, 2000.

Rapporto conclusivo

8

“L'indice di affollamento [...] prescinde dalle caratteristiche qualitative dell'alloggio, non permette di tener conto dei casi di coabitazione tra nuclei familiari distinti [...], non tiene conto della variazione degli spazi minimi necessari per svolgere le attività abitative elementari a seconda della dimensione del nucleo, non considera, infine, le diverse esigenze di spazio al variare dell'età, della posizione familiare, di portatori di handicap dei componenti della famiglia”6. Il ritorno del fenomeno delle coabitazioni fra giovani lavoratori, non solo scarsamente qualificati, rappresenta un’altra faccia della coabitazione particolarmente interessante e che evidenzia il crescente divario fra retribuzione e canoni di affitto, in particolare nelle grandi città e a Milano.

Tab 1. Variazione 1992 – 2001 della popolazione residente tra i 25 e i 35 anni

comune capoluogo resto provincia totale provincia

var % var % var %

Bergamo -10,1 3,2 1,7

Brescia -6,9 8,4 5,7

Como -13,8 2,8 0,2

Cremona -6,7 2,6 0,6

Lecco -0,4 2,0 1,7

Lodi -6,8 12,5 8,2

Mantova -12,2 8,7 5,8

Milano -6,7 -0,5 -2,6

Pavia -9,6 2,0 0,1

Sondrio -12,9 -5,5 -6,4

Varese -14,4 1,7 0,0

Totali -7,7 2,4 0,1

Elaborazioni Centro Studi PIM su dati censimento popolazione abitazioni 2001 e dati anagrafici 1992, ISTAT L’incidenza della ripresa di una forma di migrazione per lavoro e per studio dal meridione è ancora scarsamente documentata, ma a buon titolo può essere annoverata fra i fenomeni su cui porre attenzione. I fattori di attrazione dell’area metropolitana e di funzioni territoriali rilevanti (vedasi ancora l’aeroporto di Malpensa) attirano lavoratori da altri contesti metropolitani, così come le università di Milano attirano studenti che tendono frequentemente a stabilizzarsi e a trovare lavoro ed abitazione in Lombardia. Un’ultima componente di questo complesso mosaico di situazioni e di bisogni di abitazione è rappresentato dall’aumento delle separazioni e dei divorzi e dalla contestuale necessità di trovare un nuovo alloggio per il componente che esce dalla famiglia. Più spesso si tratta degli uomini, che si vedono costretti, oltre ad affrontare il mantenimento degli eventuali figli, in taluni casi parte dei debiti protratti per la prima casa e il costo di un secondo alloggio. La frequenza di uomini separati che proprio a causa della separazione vede la propria situazione alloggiativa peggiorare, fino alla richiesta di un alloggio in edilizia pubblica, alla convivenza o al ritorno presso i genitori, è un indicatore indiretto di un nuovo bisogno abitativo mal rappresentato e non ancora sufficientemente indagato.

6 Brancucci M., “Criteri di pianificazione edilizia continua ed equilibrio dinamico tra domanda e offerta”, in C. Cella, a cura di, L'abitare come problema della città, Alinea, Firenze 1995, p. 36.

Rapporto conclusivo

9

2 Per una definizione delle aree critiche

Nell’ambito della prima fase del lavoro, il cui intero svolgimento è riportato nel primo rapporto (giugno 2005) si sono condotte analisi finalizzate soprattutto alla individuazione delle aree territoriali della regione che sono caratterizzate da tensioni abitative la cui soluzione è soprattutto ostacolata dalle difficoltà che si incontrano nel predisporre una offerta adeguata alla domanda, principalmente perché la scarsità delle risorse territoriali pone severi limiti all’ampliamento dell’offerta abitativa. È in queste aree infatti che è soprattutto utile (e addirittura indispensabile) concentrare l’impiego delle risorse pubbliche al fine di supportare le amministrazioni locali e gli altri soggetti interessati nella predisposizione e implementazione delle politiche abitative. In queste zone, l’incrocio fra i diversi fattori determina situazioni critiche: infatti le aree a maggiore densità insediativa sono in genere anche quelle in cui è massima la pressione della domanda e in cui la scarsità di aree disponibili è a sua volta motivo delle maggiori crescite dei valori immobiliari, e dunque di un ampliamento della distanza fra le disponibilità economiche della domanda debole e i valori di prezzi e canoni dell’abitazione.

Fig 1. Classificazione dei comuni secondo il fabbisogno

Rapporto conclusivo

10

In questi contesti, appunto, non è sufficiente risolvere il problema di aumentare quantitativamente l’offerta ma è necessario anche, almeno per una parte significativa di essa, ridurre questa distanza. Altrimenti si continua a sospingere chi non ce la fa economicamente sempre più lontano da queste aree (o, addirittura, verso l’esclusione abitativa). È quindi necessario: trovare qui le risorse territoriali e immobiliari adeguate, indirizzare qui le risorse per contenere i costi e “ridurre la distanza”, ma anche creare le condizioni, politiche e operative, perché tali risorse vengano spese con il massimo di tempestività, efficienza ed efficacia.

Nella individuazione delle aree di approfondimento, non si pretende di essere esaustivi, nel senso di coprire tutti i territori regionali critici per uno o più dei motivi suddetti, ma piuttosto di toccare le principali tipologie di condizioni che possono presentare le maggiori difficoltà per le politiche abitative. In base alle considerazioni e alle analisi svolte, si è giunti così a selezionare i seguenti “sistemi territoriali critici” rispetto al soddisfacimento dei bisogni abitativi sociali.

Fig 2. Ambiti territoriali oggetto di analisi

1. Area metropolitana milanese

È certo l’area più critica. La presenza di Milano, che addirittura perde abitazioni nel decennio, condiziona tutta l’area metropolitana, dove si rileva una carenza assoluta di alloggi e una particolare concentrazione di soggetti deboli rispetto al mercato abitativo. Gli indicatori a tal fine più rilevanti sono: - densità elevata e carenza di aree edificabili; - mercato immobiliare con i prezzi più elevati della regione e con la massima crescita dal

‘97 a oggi;

Rapporto conclusivo

11

- massima competizione sul mercato abitativo - con elevata presenza di soggetti deboli o a rischio: anziani, immigrati, studenti, lavoratori temporanei, business population;

- peggioramento della pressione insediativa; - diminuzione dell’offerta in affitto; - numero molto elevato di sfratti, con richiesta di esecuzione, di domande ERP, domande

FSA; - relativamente alta partecipazione ai bandi PRERP.

Si è delimitata un’area vasta che comprende la quasi totalità della Provincia di Milano (Monza inclusa) e che a nord giunge fino ai confini provinciali, fino a saldarsi con le aree di studio di Varese e Lecco.

2. Area Varesina – Malpensa

Nell’area, che comprende grandi comuni come Busto e Gallarate, emergono i dati seguenti: - presenza di elevata densità nella fascia di conurbazione con la provincia di Milano; - aumento nel decennio della pressione insediativa; - mercato immobiliari con i valori medi più elevati, esclusi i capoluoghi; - domande ERP e FSA superiori alla media.

L’area delimitata comprende il capoluogo, la direttrice “varesina” e la conurbazione a est di Malpensa.

3. Area Lecchese

L’area presenta specificità che sembrano influenzare in maniera originale anche le politiche abitative. La provincia ha il più alto numero di occupati nel settore manifatturiero del paese, accanto a vocazioni turistiche di gran parte del suo territorio e ciò si riflette anche su alcuni indicatori, quali: - immigrati in forte crescita; - valori immobiliari elevati sia nel capoluogo che nell’hinterland; - aumento della pressione insediativa; - forte diminuzione nel decennio dello stock non occupato, nonostante la quota “turistica”; - domande ERP e FSA superiori alla media regionale.

L’area delimitata comprende alcuni comuni a nord del capoluogo, con indicatori di pressione abitativa con variazione intercensuaria fra le più elevate della Regione, e si estende verso sud fino ai confini con la Provincia di Milano.

4. Area Bresciana

L’area include la seconda città lombarda, ha forte tradizione produttiva e presenta specificità da approfondire per quanto riguarda le modalità di approccio delle amministrazioni alle politiche abitative. Gli indicatori che sollecitano approfondimenti sono soprattutto: - incidenza di immigrati molto elevata sia nel capoluogo che nel resto provincia; - domande FSA molto superiori alla media (con specificità qualitative nel capoluogo); - aumento nel decennio dello stock in affitto in diversi comuni medio-grandi dell’hinterland; - dimensione consistente e forte crescita di alcuni di questi centri; - ampia risposta ai bandi regionali PRERP.

L’area delimitata include il capoluogo e alcuni medi centri posti lungo la direttrice Bergamo-Verona..

5. Area Bergamasca

L’area bergamasca viene presa in considerazione, limitatamente a una fascia di comuni ristretta intorno al capoluogo, poiché proprio in essi sembrano concentrarsi alcuni fattori di criticità tipici delle aree ad alta densità, sottoposte a pressione per traboccamento dal comune centrale. Si tratta di comuni con dimensioni territoriali piuttosto piccole e nei quali è aumentata fortemente la pressione insediativa, anche in relazione all’accresciuta importanza dell’aeroporto di Orio al Serio.

Rapporto conclusivo

12

Zona Omogenea

(senza Milano)

15%Milano

2%

Resto della Provincia

83%

3 Una visione di insieme sulla dimensione dell'offerta

La costruzione del quadro conoscitivo sulla dimensione dell’offerta di aree per la realizzazione di funzioni residenziali viene svolta concentrando l'indagine sui “sistemi territoriali critici”. Tali ambiti erano stati individuati nel primo rapporto a conclusione della lettura ed interpretazione dei dati e delle informazioni sulla condizione abitativa di natura sociale nell’area regionale lombarda. Gli ambiti di indagine sono quindi: l’Area metropolitana milanese; l’Area Varesina – Malpensa; l’Area Lecchese; l’Area Bresciana e l’Area Bergamasca. Sono stati inoltre considerati gli altri capoluoghi provinciali, non già compresi negli ambiti, in quanto comuni identificati tra quelli ammessi a presentare proposte per gli Accordi Quadro di Sviluppo Territoriale.

3.1 La disponibilità di aree per funzioni residenziali nella Provincia di Milano

Dall’analisi svolta per valutare le aree residenziali residue7 nella provincia di Milano è risultato un potenziale di aree libere destinato a funzione residenziale, pari a 25.759.7418 mq per l’intero territorio provinciale. Si evidenzia tuttavia, lo scarso peso esercitato dalla città di Milano relativamente alla disponibilità di aree residenziali libere (2%) in riferimento al territorio analizzato, anche considerando l’area milanese allargata. Infatti come dimostra il grafico sottostante, considerando la Zona Omogenea9 si arriva a quasi un quinto della aree residue residenziali totali, circa 4,5 milioni di mq disponibili, pari al 17%.

Fig 3. Aree residenziali residue nella provincia di Milano

7 Le aree residenziali residue sono state valutate considerando come base il MISURC - Mosaico Informatizzato degli

Strumenti Urbanistici Comunali - (versione elaborata dal Centro Studi PIM) con dati aggiornati al 1998. I dati ricavati dalle aree risultanti ancora libere sono stati successivamente confrontati con le più recenti riprese aere disponibili relative alla provincia milanese risalenti all’anno 2002. L’utilizzo di questo strumento ha consentito una lettura omogenea dei diversi PRG e il confronto con le foto aeree ha permesso, di fatto, di aggiornare il dato all’anno 2002.

8 Sono state selezionate le aree con destinazione residenziale di completamento e di trasformazione e le aree polifunzionali che prevedono la presenza della funzione residenziale. Per ricavare la dimensione delle aree polifunzionali destinate a funzione residenziale sono state applicate delle percentuali differenti a seconda della diversa presenza delle funzionalità indicate.

9 Nella zona omogenea si sono considerati i 31 comuni dell’hinterland milanese appartenenti alla prima cintura (l.r. 22/98): Arese, Assago, Bareggio, Basiglio, Bollate, Bresso, Buccinasco, Cesano Boscone, Cinisello Balsamo, Cologno Monzese, Cormano, Cornaredo, Corsico, Cusago, Cusano Dilanino, Locate Triulzi, Novate Milanese, Opera, Pero, Peschiera Borromeo, Pieve Emanuele, Pioltello, Rho, San Donato Milanese, San Giuliano Milanese, Segrate, Sesto San Giovanni, Settimo Milanese, Trezzano sul Naviglio, Vimodrone.

Seconda parte

Rapporto conclusivo

13

È bene comunque sottolineare che nell’ambito della città di Milano e della sua zona omogenea un peso fondamentale è costituito dalle aree in trasformazione, che caratterizzano circa il 30% della disponibilità totale, come si può vedere nelle tabelle relative qui di seguito riportate. Analogamente risulta interessante il dato relativo alla destinazione polifunzionale, che si attesta per Milano al 33%, mentre per la zona omogenea è pari al 24%, ben al di sopra in entrambi i casi della media provinciale, che costituisce il 7%. Per quanto riguarda i dati relativi alla dimensione media delle aree disponibili risulta che l’ambito milanese presenta valori superiori alla media provinciale: 11.359 mq contro 3.791 mq per aree non soggette a pianificazione attuativa e 26.818 mq contro 9.349 mq per ambiti compresi in Piani attuativi. Altro dato interessante è il particolare peso, 78%, delle aree vincolate a pianificazione attuativa nel territorio milanese notevolmente superiore al 53% del resto della provincia. Nonostante l’alta percentuale di aree soggette a pianificazione esecutiva, si evidenzia che nell’area di Milano il solo 2% di queste riguarda iniziative di carattere pubblico, Piani di Zona di edilizia convenzionata o economico popolare. Le valutazioni fin qui fatte e riportate in tabella, relative al comune di Milano, hanno considerato esclusivamente i dati ottenuti dall’analisi dello strato del MISURC. Nella figura relativa al comune sono riportate anche le aree previste dalla delibera approvata dal CC nel maggio 200510 in materia di edilizia residenziale pubblica che il comune individua all’interno del proprio territorio per la localizzazione di interventi di PRERP, PCERS e per residenze universitarie (PRERP - case per studenti). Ai fini della localizzazione degli interventi l’Amministrazione ha valutato aree di proprietà comunale, di Aler e del CIMEP, inedificate o sottoutilizzate, con almeno una superficie di 10.000 mq, che possano permettere l’inserimento di edifici senza compromettere l’equilibrio con le infrastrutture e i servizi presenti nell’ambito urbano di riferimento.

Tab 2.a Aree per nuove funzioni residenziali nella provincia di Milano

Totale aree

disponibili (mq)

Polifun-zionale

Espansione Trasformazione Dimensione media aree non in P.A.

(mq)

Dimensione media aree in P.A. (mq)

N° Allog-gi

91% 9% Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z. Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z.

Provincia (senza Milano)

25.122.095 7%

53% 7% 57% -

3.791 9.349 57.422

65% 35% Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z.Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z.Milano 637.646 33%

78% 2% 59% -

11.359 26.818 1.457

71% 29% Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z. Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z.

Zona Omogenea (senza Milano)

3.922.463 24%

67% 7% 67% 1

4.205 13.751 8.966

Fonte dati: Centro Studi PIM – MISURC 2002 Allo scopo di valutare il grado di omogeneità della disponibilità di aree all’interno della provincia, è stata utilizzata la suddivisione territoriale fornita dai Tavoli Interistituzionali del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale vigente. Come possiamo notare dalla tabella qui di seguito riportata, la disponibilità di suoli è più o meno distribuita tra i vari Tavoli che si attestano tra il 3% del Nord-Milano e l’11% del Legnanese e del

10 Vedi Proposta di deliberazione di Consiglio Comunale – Prot. Gen. 301253 del 18 marzo 2004 – Oggetto:

integrazione del documento di inquadramento delle politiche urbanistiche comunali e definizione delle linee di indirizzo e dei criteri per la promozione dei programmi comunali per l’edilizia residenziale pubblica.

Rapporto conclusivo

14

2%

6%

28%

7%

11% 10% 11%

7%

3%

5% 5% 5%

0

500.000

1.000.000

1.500.000

2.000.000

2.500.000

3.000.000

3.500.000

4.000.000

4.500.000

5.000.000

5.500.000

6.000.000

6.500.000

7.000.000

7.500.000

Milano

Abbiatense-

Binaschino

Brianza

Castanese

Legnanese

Magentino

Martesana-Adda

Nord e Groane

Nord Milano

Rhodense

Sud Milano

Sud-Est Milano

mq

Martesana-Adda, ad eccezione del Tavolo della Brianza che costituisce il 28% dell’intera disponibilità11. A questo proposito si evidenzia come la disponibilità di aree nel Tavolo della Brianza, ben al di sopra della media, si traduca, se osservata più approfonditamente, in aree di dimensioni estremamente ridotte e al di sotto della media. Si tratta di 1.354 mq per aree non soggette a piani attuativi e di 3.313 mq per aree in pianificazione attuativa, anche se una non trascurabile percentuale è individuata come aree soggette a pianificazione esecutiva di iniziativa pubblica (12% delle aree in modalità attuativa).

Fig 4. Disponibilità di aree residenziali nella provincia di Milano

Fonte dati: Centro Studi PIM – MISURC 2002

Dall’approfondimento per Tavoli Interistituzionali si evidenzia il dato del Nord Milano (Bresso, Cinisello Balsamo, Cologno Monzese e Sesto San Giovanni), dove si nota una scarsa disponibilità di aree libere di completamento (27%), con un elevato utilizzo della pianificazione esecutiva di iniziativa pubblica, pari al 56% delle aree in pianificazione attuativa. Elevate risultano anche essere le percentuali di destinazione polifunzionale (51%) e di aree in trasformazione (63%), soggette per il 77% a pianificazione esecutiva. Una situazione particolare emerge con riferimento al Tavolo del Sud-Est Milano, dove si evidenzia che ben il 46% delle aree soggette a pianificazione esecutiva, appartiene a pianificazione soggetta ad iniziativa pubblica. Inoltre la dimensione media delle aree non soggette a Piani attuativi, che ammonta a 10.354 mq, risulta essere molto superiore alla media provinciale. Nel Sud-Milano si rileva invece una dimensione particolarmente elevata per le aree subordinate a piani attuativi (18.774 mq). Traducendo i dati finora espressi delle aree residenziali residue ricavate, in numero di alloggi12 si ha che l’intera provincia di Milano presenta una disponibilità di alloggi potenziali pari a 58.879

11 Il dato è influenzato anche dalla dimensione territoriale e demografica, diversa fra i “tavoli”, essendo l’area

Brianza di gran lunga la più estesa e popolata. 12 Il numero di alloggi è stato calcolato considerando l’80% del valore delle aree disponibili, il restante 20% è stato

detratto in quanto considerato come aree utilizzate per opere di urbanizzazione e standard. Si è poi applicato un indice territoriale medio pari a 1 mc/mq e l’alloggio è stato considerato con una cubatura media di 350 mc.

Rapporto conclusivo

15

unità, di cui 1.457 individuabili nella città di Milano e 57.422 nel resto della provincia, come riportato nelle tabelle precedenti.

Tab 2.b Aree per nuove funzioni residenziali nei tavoli interistituzionali del PTCP

Totale aree

disponibili (mq)

Polifun-zionale

Espansione Trasformazione Dimensione media aree non in P.A.

(mq)

Dimensione media aree in P.A. (mq)

N° Alloggi

93% 7% Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z. Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z. Abbiatense Binaschino

1.440.612 >1%

52% 6% 6% -

5.680 8.071 3.293

94% 6% Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z.Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z.Brianza 7.344.745 4%

52% 12% 68% -

1.354 3.313 16.788

96% 4% Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z. Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z. Castanese 1.767.323 0%

47% 2% 58% -

4.459 7.254 4.040

98% 3% Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z.Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z.Legnanese 2.723.902 14%

25% 5% 0% -

3.939 8.957 6.226

93% 7% Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z. Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z. Magentino 2.646.727 3%

41% 7% 44% -

3.905 10.674 6.050

90% 10% Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z.Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z.Martesana-Adda

2.745.541 7%

75% 4% 69% -

4.770 11.998 6.276

94% 6% Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z. Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z. Nord e Groane

1.688.835 19%

60% 5% 12% -

3.336 11.768 3.860

27% 63% Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Nord Milano

800.048 51%

67% 56% 77% -

3.857 14.181 1.829

97% 3% Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Rhodense 1.296.671 2%

75% 10% 26% -

3.446 9.917 2.964

84% 16% Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Sud Milano 1.338.500 7%

63% 5% 9% 5%

3.471 18.774 3.059

87% 13% Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Sud-Est Milano

1.329.189 2%

64% 46% 5% -

10.354 11.895 3.038

Fonte dati: Centro Studi PIM – MISURC 2002

Rapporto conclusivo

16

Fig 5. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Provincia di Milano

Rapporto conclusivo

17

Rapporto conclusivo

18

Fig 6. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Comune di Milano

Tab 3. Disponibilità di aree residenziali - Comune di Milano

Totale

aree

disponibili

(mq)

Polifun-

zionale

Espansione Trasformazione Dimensione

media aree

non in P.A.

(mq)

Dimensione

media aree

in P.A.

(mq)

Alloggi

65% 35%

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Milano 637.646 33%

78% 2% 59% -

11.359 26.818 1.457

Fonte dati: Centro Studi PIM – MISURC 2002

Rapporto conclusivo

19

Fig 7. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Abbiatense/Biaschino

Tab 4. Disponibilità di aree residenziali – Abbiatense/Binaschino

Totale

aree

disponibili

(mq)

Polifun-

zionale

Espansione Trasformazione Dimensione

media aree

non in P.A.

(mq)

Dimensione

media aree

in P.A.

(mq)

Alloggi

93% 7%

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Abbiatense

Binaschino 1.440.612 >1%

52% 6% 6% -

5.680 8.071 3.293

Fonte dati: Centro Studi PIM – MISURC 2002

Rapporto conclusivo

20

Fig 8. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Brianza

Tab 5. Disponibilità di aree residenziali – Brianza

Totale

aree

disponibili

(mq)

Polifun-

zionale

Espansione Trasformazione Dimensione

media aree

non in P.A.

(mq)

Dimensione

media aree

in P.A.

(mq)

Alloggi

94% 6%

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Brianza 7.344.745 4%

52% 12% 68% -

1.354 3.313 16.788

Fonte dati: Centro Studi PIM – MISURC 2002

Rapporto conclusivo

21

Fig 9. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Castanese

Tab 6. Disponibilità di aree residenziali – Castanese

Fonte dati: Centro Studi PIM – MISURC 2002

Totale

aree

disponibili

(mq)

Polifun-

zionale

Espansione Trasformazione Dimensione

media aree

non in P.A.

(mq)

Dimensione

media aree

in P.A.

(mq)

Alloggi

96% 4%

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Castanese 1.767.323 0%

47% 2% 58% -

4.459 7.254 4.040

Rapporto conclusivo

22

Fig 10. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Legnanese

Tab 7. Disponibilità di aree residenziali – Legnanese

Totale

aree

disponibili

(mq)

Polifun-

zionale

Espansione Trasformazione Dimensione

media aree

non in P.A.

(mq)

Dimensione

media aree

in P.A.

(mq)

Alloggi

98% 2%

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Legnanese 2.723.902 14%

25% 5% 0% -

3.939 8.957 6.226

Fonte dati: Centro Studi PIM – MISURC 2002

Rapporto conclusivo

23

Fig 11. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Magentino

Tab 8. Disponibilità di aree residenziali – Magentino

Totale

aree

disponibili

(mq)

Polifun-

zionale

Espansione Trasformazione Dimensione

media aree

non in P.A.

(mq)

Dimensione

media aree

in P.A.

(mq)

Alloggi

93% 7%

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Magentino 2.646.727 3%

41% 7% 44% -

3.905 10.674 6.050

Fonte dati: Centro Studi PIM – MISURC 2002

Rapporto conclusivo

24

Fig 12. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Martesana/Adda

Tab 9. Disponibilità di aree residenziali – Martesana/Adda

Totale

aree

disponibili

(mq)

Polifun-

zionale

Espansione Trasformazione Dimensione

media aree

non in P.A.

(mq)

Dimensione

media aree

in P.A.

(mq)

Alloggi

90% 10%

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Martesana-

Adda 2.745.541 7%

75% 4% 69% 1

4.770 11.998 6.276

Fonte dati: Centro Studi PIM – MISURC 2002

Rapporto conclusivo

25

Fig 13. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Nord Groane

Tab 10. Disponibilità di aree residenziali – Nord Groane

Totale

aree

disponibili

(mq)

Polifun-

zionale

Espansione Trasformazione Dimensione

media aree

non in P.A.

(mq)

Dimensione

media aree

in P.A.

(mq)

Alloggi

94% 6%

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Nord e

Groane 1.688.835 19%

60% 5% 12% -

3.336 11.768 3.860

Fonte dati: Centro Studi PIM – MISURC 2002

Rapporto conclusivo

26

Fig 14. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Nord Milano

Tab 11. Disponibilità di aree residenziali – Nord Milano

Totale

aree

disponibili

(mq)

Polifun-

zionale

Espansione Trasformazione Dimensione

media aree

non in P.A.

(mq)

Dimensione

media aree

in P.A.

(mq)

Alloggi

27% 63%

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Nord

Milano 800.048 51%

67% 56% 77% -

3.857 14.181 1.829

Fonte dati: Centro Studi PIM – MISURC 2002

Rapporto conclusivo

27

Fig 15. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Rhodense

Tab 12. Disponibilità di aree residenziali – Rhodense

Totale aree

disponibili (mq)

Polifun-zionale

Espansione Trasformazione Dimensione media aree non in P.A.

(mq)

Dimensione media aree in P.A. (mq)

N° Alloggi

97% 3% Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z. Pianificazione

Attuativa di cui

in P.Z. Rhodense 1.296.671 2%

75% 10% 26% -

3.446 9.917 2.964

Fonte dati: Centro Studi PIM – MISURC 2002

Rapporto conclusivo

28

Fig 16. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Sud Milano

Tab 13. Disponibilità di aree residenziali – Sud Milano

Totale

aree

disponibili

(mq)

Polifun-

zionale

Espansione Trasformazione Dimensione

media aree

non in P.A.

(mq)

Dimensione

media aree

in P.A.

(mq)

Alloggi

84% 16%

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Sud

Milano 1.338.500 7%

63% 5% 9% 5%

3.471 18.774 3.059

Fonte dati: Centro Studi PIM – MISURC 2002

Rapporto conclusivo

29

Fig 17. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Sud Est Milano

Tab 14. Disponibilità di aree residenziali – Sud Est Milano

Totale aree

disponibili (mq)

Polifun-zionale

Espansione Trasformazione Dimensione media aree non in P.A.

(mq)

Dimensione media aree in P.A. (mq)

N° Alloggi

87% 13%

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Pianificazione Attuativa

di cui in P.Z.

Sud-Est Milano

1.329.189 2%

64% 46% 5% -

10.354 11.895 3.038

Fonte dati: Centro Studi PIM – MISURC 2002

Rapporto conclusivo

30

3.2 La disponibilità di aree per funzioni residenziali negli altri “sistemi territoriali critici”

Lo studio prende in esame le aree, presenti nei comuni selezionati indicati in premessa, che nel MISURC, fornito dalla Regione Lombardia, sono classificate a destinazione funzionale “residenza”, “polifunzionale con presenza di residenza” e “residenza turistica” e si trovano nella condizione di “trasformazione” e “espansione”. Si precisa che per il comune di Sondrio, per sedici comuni della provincia di Como (tra cui lo stesso Como) e per due della provincia di Brescia, benché appartenenti agli ambiti di studio, non è stato possibile condurre l’analisi, in quanto al momento della rilevazione i loro PRG non risultavano compresi nel mosaico. La ricognizione dal MISURC ha portato a individuare più di 6500 aree, prevalentemente della categoria “residenza in espansione” (83,6%); le aree residenziali di trasformazione e polifunzionali di espansione coprono rispettivamente il 6,5% e il 6,4%; il 3,5% è relativo alle aree a destinazione polifunzionale di trasformazione; la residenza turistica è presente in modo del tutto marginale.

Tab 15. Aree a destinazione residenziale e polifunzionale desunte dal MISURC (agg. 1998)

superficie urbanizzata (CTR '94)

tot. aree a destina-zione residenziale e

polifunzionale

% in aree a Pianificazione Attuativa

mq mq

% in aree di completamento

in piano di zona

altre modalità

Varese 16.319.466 1.850.575 66,5 0,0 33,5 Altri comuni 162.579.032 13.206.904 51,2 4,1 44,7 Totale ambito 178.898.498 15.057.480 53,1 3,6 43,3 Como 0,0 0,0 Altri comuni 45.457.570 3.149.880 66,4 5,1 28,5 Totale ambito 45.457.570 3.149.880 66,4 5,1 28,5 Bergamo 19.644.657 404.105 45,5 0,0 54,5 Altri comuni 40.623.634 3.004.385 47,2 6,6 46,2 Totale ambito 60.268.291 3.408.490 47,0 5,8 47,2 Brescia 25.723.654 1.191.803 60,6 4,3 35,2 Altri comuni 96.251.913 6.404.767 44,4 3,5 52,1 Totale ambito 121.975.568 7.596.570 46,9 3,6 49,4 Pavia 14.250.151 713.454 39,9 3,5 56,7 Altri comuni 17.349.832 2.700.844 48,9 1,0 50,0 Totale ambito 31.599.984 3.414.298 47,0 1,5 51,4 Cremona 18.186.713 208.427 14,3 0,0 85,7 Altri comuni 0,0 0,0 Totale ambito 18.186.713 208.427 14,3 0,0 85,7 Mantova 16.458.473 888.257 15,7 3,2 81,1 Altri comuni 0,0 0,0 Totale ambito 16.458.473 888.257 15,7 3,2 81,1 Lecco 8.235.231 380.441 54,7 1,5 43,8 Altri comuni 41.502.234 4.526.012 39,8 7,1 53,1 Totale ambito 49.737.465 4.906.453 40,9 6,7 52,4 Lodi 8.138.031 376.161 14,3 28,3 57,5 Altri comuni 0,0 0,0 Totale ambito 8.138.031 376.161 14,3 28,3 57,5 Totale capoluoghi 126.956.377 6.013.223 47,4 3,6 49,0

Totale altri comuni 432.574.778 32.992.792 49,2 4,5 46,3

Totale generale 559.531.156 39.006.016 49,0 4,3 46,7

Fonte. elaborazione Centro Studi PIM su dati: MISURC Regione Lombardia

Rapporto conclusivo

31

Nella tabella 14 si può osservare come le aree con destinazione residenziale e polifunzionale assommino a 39 milioni di mq di cui il 15% nei comuni capoluogo (è da notare che nella somma manca il comune di Como e 16 comuni della sua provincia). Le aree a pianificazione attuativa rappresentano circa il 50% del totale; si differenziano i capoluoghi delle province di Cremona, Mantova e Lodi dove la quota in aree di completamento non supera il 16%. I comuni di Varese (67%) e Brescia (61%) si collocano all’estremità opposta.

Tab 16. Aree a destinazione residenziale desunte dal MISURC MISURC (agg. 1998)

superficie

urbanizzata

(CTR '94)

tot aree a

destinazione

residenziale

% in aree a

Pianificazione Attuativa

mq mq

% in aree di

completamento

in piano di zona

altre modalità

Varese 16.319.466 545.409 97,7 0,0 2,3 Altri comuni 162.579.032 10.191.355 49,6 5,3 45,1 Totale ambito 178.898.498 10.736.764 52,1 5,0 42,9

Como Altri comuni 45.457.570 2.904.081 67,5 5,5 27,0 Totale ambito 45.457.570 2.904.081 67,5 5,5 27,0

Bergamo 19.644.657 299.032 61,5 0,0 38,5 Altri comuni 40.623.634 2.429.555 43,6 8,2 48,2 Totale ambito 60.268.291 2.728.587 45,6 7,3 47,2

Brescia 25.723.654 841.808 79,1 6,0 14,9 Altri comuni 96.251.913 4.617.428 41,7 4,4 54,0 Totale ambito 121.975.568 5.459.237 47,4 4,6 48,0

Pavia 14.250.151 713.454 39,9 3,5 56,7 Altri comuni 17.349.832 2.447.836 48,2 1,1 50,7 Totale ambito 31.599.984 3.161.289 46,3 1,7 52,0

Cremona 18.186.713 208.427 14,3 0,0 85,7 Altri comuni Totale ambito 18.186.713 208.427 14,3 0,0 85,7

Mantova 16.458.473 399.508 32,6 7,1 60,3 Altri comuni Totale ambito 16.458.473 399.508 32,6 7,1 60,3

Lecco 8.235.231 316.651 57,8 1,8 40,4 Altri comuni 41.502.234 4.002.555 37,3 8,1 54,6 Totale ambito 49.737.465 4.319.206 38,8 7,6 53,6

Lodi 8.138.031 164.967 24,7 55,8 19,5 Altri comuni

Totale ambito 8.138.031 164.967 24,7 55,8 19,5

Totale capoluoghi 126.956.377 3.489.256 58,8 5,8 35,5

Totale altri comuni 432.574.778 26.592.810 47,7 5,4 46,9

Totale generale 559.531.156 30.082.065 49,0 5,5 45,6

Fonte. elaborazione Centro Studi PIM su dati: MISURC Regione Lombardia

Nella tabella 15 vengono prese in considerazione le sole aree a destinazione residenziale: circa 30 milioni di mq (77% del totale delle aree esaminate) di cui il 12% nei comuni capoluoghi. Se si considera la quota a destinazione residenziale si rileva un'incidenza sul totale (tabella 16) fortemente differenziata perché nei casi di Pavia, Cremona e ambito comasco, essa varia dal 90 al 100%, mentre in Varese città non raggiunge il 30%.

Rapporto conclusivo

32

Anche con riferimento alle sole aree residenziali la media di quelle aree in completamento è circa del 50% (cfr tab 15). Le città di Cremona, Lodi e Mantova hanno una quota inferiore (dal 15 al 33%); i comuni di Varese e Brescia, invece, hanno in aree di completamento dal 79 al 98%. In Piano di Zona in media abbiamo circa il 5,5% delle superfici residenziali; il Comune di Lodi si distingue con il 66%; mentre al lato opposto si collocano i comuni di Varese e Cremona con lo 0%. Le aree a destinazione polifunzionale e residenziale, prese in considerazione dallo studio, hanno complessivamente una superficie che è pari al 7% delle aree urbanizzate (desunte dalla CTR del 1994); mentre le aree solo residenziali pesano per il 5,4%. Per i soli capoluoghi le percentuali sono sensibilmente più basse, soprattutto relativamente alle aree a destinazione residenziale (rispettivamente 4,7% e 2,7%).

Tab 17. Percentuale delle destinazioni residenziali sul totale

superficie urbanizzata (CTR '94)

tot aree a destinazione residenziale e polifunzionale

tot aree a destinazione residenziale

% della destinazione

residenziale sul totale

mq mq mq %

Varese 16.319.466 1.850.575 545.409 29,5

Altri comuni 162.579.032 13.206.904 10.191.355 77,2

Totale ambito 178.898.498 15.057.480 10.736.764 71,3

Como

Altri comuni 45.457.570 3.149.880 2.904.081 92,2

Totale ambito 45.457.570 3.149.880 2.904.081 92,2

Bergamo 19.644.657 404.105 299.032 74,0

Altri comuni 40.623.634 3.004.385 2.429.555 80,9

Totale ambito 60.268.291 3.408.490 2.728.587 80,1

Brescia 25.723.654 1.191.803 841.808 70,6

Altri comuni 96.251.913 6.404.767 4.617.428 72,1

Totale ambito 121.975.568 7.596.570 5.459.237 71,9

Pavia 14.250.151 713.454 713.454 100,0

Altri comuni 17.349.832 2.700.844 2.447.836 90,6

Totale ambito 31.599.984 3.414.298 3.161.289 92,6

Cremona 18.186.713 208.427 208.427 100,0

Altri comuni

Totale ambito 18.186.713 208.427 208.427 100,0

Mantova 16.458.473 888.257 399.508 45,0

Altri comuni

Totale ambito 16.458.473 888.257 399.508 45,0

Lecco 8.235.231 380.441 316.651 83,2

Altri comuni 41.502.234 4.526.012 4.002.555 88,4

Totale ambito 49.737.465 4.906.453 4.319.206 88,0

Lodi 8.138.031 376.161 164.967 43,9

Altri comuni

Totale ambito 8.138.031 376.161 164.967 43,9

Totale capoluoghi 126.956.377 6.013.223 3.489.256 58,0

Totale altri comuni 432.574.778 32.992.792 26.592.810 80,6

Totale generale 559.531.156 39.006.016 30.082.065 77,1

Fonte. elaborazione Centro Studi PIM su dati: MISURC Regione Lombardia

Rapporto conclusivo

33

I capoluoghi, infatti, contribuiscono all’offerta insediativa in misura inferiore al loro peso, in termini di superfici urbanizzate. Le superfici urbanizzate dei capoluoghi rappresentano il 23% del totale, mentre le aree a destinazione residenziale nei loro strumenti urbanistici sono solo il 12% del totale, percentuale che sale al 15% se si considerano anche le aree a destinazione polifunzionale. Fa eccezione la città di Varese, per quello che riguarda le aree a destinazione polifunzionale e residenziale, che raggiungono l’11% della rispettiva “macchia grigia” . All’estremo opposto si colloca, oltre a Cremona, Bergamo (2,1% polifunzionale più residenza e 1,5% sola residenza). La destinazione polifunzionale è presente in modo sensibilmente superiore alla media nelle città di Varese, Mantova e Lodi. I comuni non capoluogo hanno, in media e rispetto alle superfici urbanizzate, aree di espansione o trasformazione più ampie: emergono i comuni della provincia di Pavia (15,6%, quasi esclusivamente a destinazione residenziale) e i comuni della provincia di Lecco (10,9%, anche qui quasi tutte a destinazione residenziale). Sul totale delle aree a destinazione residenziale e polifunzionale circa il 15% è in aree di trasformazione. I casi più significativi, dal punto di vista delle dimensioni delle singole aree, si trovano a Travagliato (tre aree per un totale di 110mila mq), Montichiari (58mila mq), Valbrembo (42mila mq) per le aree a destinazione residenziale; Saronno (267mila mq), Brescia (151mila mq), Varese (100mila mq) e Bergamo (86mila mq) per la destinazione polifunzionale. Nella categoria delle aree in espansione emergono alcuni casi rilevanti dal punto di vista delle dimensioni delle singole aree: per la destinazione residenziale, Brescia (un’area di 515mila mq), Rezzato (153mila mq), Castel Mella (98mila mq), Mantova (due aree per un totale di 138mila mq); per la destinazione polifunzionale Castegnato (due aree del totale di 350mila mq), Gallarate (due aree di 240mila mq in totale), Mantova (due aree per un totale di 195mila mq) e di Solbiate Olona (110mila mq). Da sottolineare il fatto che nel PRG di Mantova sono previsti 388mila mq a destinazione polifunzionale in espansione che sono il 44% del totale delle aree prese in considerazione dallo studio nell'area mantovana.

3.3 Risultati e limiti dell’indagine sulla pianificazione locale

Al fine di un impiego diretto per orientare la distribuzione delle risorse pubbliche a favore dell’edilizia residenziale sociale, la lettura dello stato della pianificazione locale costituisce un elemento indispensabile di conoscenza, ma ciò che è possibile rilevare attraverso la strumentazione disponibile presenta purtroppo limiti importanti. Il primo è proprio legato al grado di aggiornamento di tale informazione, che diviene disponibile soltanto a valle dell’entrata in vigore dello strumento di piano, in una condizione in cui l’adozione di varianti allo stesso diviene sempre più frequente e diffusa. Inoltre, mancando la possibilità di verificare con sufficiente tempestività lo stato di attuazione dello strumento, l’informazione fornita dal piano risulta insufficiente, dato che non è possibile valutare con la necessaria precisione e omogeneità territoriale quale quota di essa risulti ad oggi già attuata o in corso di attuazione. A ciò si è cercato di ovviare, limitatamente alla Provincia di Milano, per la quale è stato possibile verificare l’informazione giuridica del piano con lo stato di attuazione desumibile da riprese aeree aggiornate al 2001/2003. Da tale verifica si è potuto desumere che le aree individuate nel piano risultavano ad oggi attuate nella misura del 22 % e inoltre che, a partire dal 2000, si può notare una evidente accelerazione nel processo di utilizzazione delle stesse, che certamente trova una spiegazione nella vivacità di un mercato immobiliare che, avendo pressoché esaurito lo scambio e la valorizzazione dell’usato, si è rivolto con maggiore intensità verso la nuova produzione. Un secondo tipo di limite è dato dal fatto che, comunque, la lettura del piano fotografa una capacità insediativa teorica che per lo più è già definita giuridicamente con modalità incompatibili con la possibilità di realizzarvi edilizia residenziale sociale. Fanno eccezione i non molti casi di

Rapporto conclusivo

34

aree già destinate a Piano di Zona (ex L.167/62) nel piano urbanistico o che comunque il Piano stesso vincola, attraverso convenzione obbligatoria, in tutto o in parte a tale destinazione. Tale informazione, preziosa, è stata puntualmente rilevata e schedata, ma il suo peso è certamente sottostimato in quanto tale condizione non sempre è rilevabile dallo strumento urbanistico. In terzo luogo, va rilevato che l’informazione risulta purtroppo tanto più debole proprio laddove è massima invece la necessità di allocazione di risorse per l’ERP. Infatti, nell’area milanese e nei capoluoghi, dove i fabbisogni sono più elevati, la maggiore disponibilità di aree residenziali può derivare soltanto da aree di trasformazione, da accordi complessi pubblico-privato e simili e in generale da processi di cui la rappresentazione azzonativa della pianificazione locale offre una immagine sfocata, incompleta o addirittura inesistente. Si pensi ad esempio agli effetti della “legge Borghini” (l. r. 8 febbraio 2005 – n. 7) sulla possibilità di utilizzo, nei comuni ad alta tensione abitativa13, delle aree pubbliche a standard per edilizia residenziale sociale, opportunità che, non rilevabile nella pianificazione locale vigente, è stata già largamente impiegata negli Accordi Quadro di Sviluppo Territoriale finanziati col primo PRERP14. In conclusione, si può rilevare che l’indagine svolta può comunque fornire qualche utile indicazione sulle forme di intervento che meglio si adattano ai diversi contesti territoriali (in relazione alla loro capacità di recepirle) e, inoltre, sulla dimensione delle capacità insediative residenziali, in rapporto ai fabbisogni e in rapporto alla produzione residenziale pregressa (come misura della capacità del sistema produttivo locale). Anche a tal fine si è ritenuto opportuno, per una più immediata confrontabilità, tradurre in numero di alloggi la capacità insediativi potenziale rilevata. Per ottenere informazioni più specifiche sulla capacità dei contesti territoriali di rispondere alla domanda sociale (e non solo genericamente al fabbisogno residenziale), è necessario invece andare più in profondità, cercando di valutare le condizioni concrete con cui, nei diversi contesti, le amministrazioni locali e il sistema corrispondente dell’offerta, possono operare a tal fine e quale sia il grado di efficacia della loro azione. È quanto si è cercato di fare nella parte seguente, monitorando le politiche abitative recenti di “famiglie” di contesti territoriali tipici, capaci di coprire le principali condizioni in cui le amministrazioni locali si sono trovate ad operare nella risposta alla domanda sociale, con particolare riferimento all’impiego delle risorse pubbliche messe a disposizione dal primo PRERP.

13 Così come definiti dalla delibera g.r. 16.04.04 n. 7/17175, nelle tipologie “fabbisogno elevato” e “fabbisogno acuto

dei comuni capoluogo”. 14 E di cui, per quanto riguarda il comune di Milano, dove ha una rilevanza decisiva ai fini della residenza sociale, si è

comunque dato conto nella rappresentazione di fig.3.

Rapporto conclusivo

35

Fig 18. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Provincia di Bergam

o

Rapporto conclusivo

36

Fig 19. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Provincia di Brescia

Rapporto conclusivo

37

Fig 20. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Provincia di Como

Rapporto conclusivo

38

Fig 21. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Provincia di Cremona

Rapporto conclusivo

39

Fig 22. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Provincia di Lecco

Rapporto conclusivo

40

Fig 23. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Provincia di Lodi

Rapporto conclusivo

41

Fig 24. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Provincia di M

antova

Rapporto conclusivo

42

Fig 25. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Provincia di Pavia

Rapporto conclusivo

43

Fig 26. Disponibilità aree per funzioni residenziali – Provincia di Varese

Rapporto conclusivo

44

4 I comportamenti del territorio

Per comprendere i comportamenti del territorio considerato, sono state individuate 7 famiglie come tentativo di riassumere in modo idealtipico i comportamenti, le attitudini, le scelte progettuali delle amministrazioni lombarde nel campo della risposta al fabbisogno abitativo presente all’interno del proprio contesto di riferimento. Tali famiglie non hanno alcun valore di universalità ma intercettano situazioni rilevanti e particolarmente significative, in modo da rappresentare un suggerimento per una politica della casa sensibile alle nuove domande abitative e capace di attivarsi su fronti molteplici. In particolare, l’attenzione è stata rivolta a quelle situazioni che, contraddistinte da sostenuta pressione abitativa e evidente fabbisogno, nelle forme più diverse e con i più diversi risultati, si sono attivate intorno alla questione abitativa, hanno mobilitato energie, hanno promosso iniziative, hanno compiuto un percorso di ricerca di soluzioni. Le situazioni individuate, approfondite attraverso una selezione mirata di esperienze (ricostruite sinteticamente nel loro divenire attraverso interviste con soggetti locali) costituiscono anche occasione per intersecare l’azione di una molteplicità di soggetti: enti pubblici, mondo cooperativo, terzo settore, operatori privati, consorzi tra comuni, ai quali si è cercato di dar voce attraverso le interviste in allegato al presente volume.

4.1 Azione forte e autocentrata, strategia prudente e avveduta

Amministrazioni che hanno saputo nel tempo conservare il proprio patrimonio di aree disponibili, salvaguardarne parti rilevanti, ottemperare alle esigenze di una pianificazione prudente e saggia, senza rinunciare a politiche di investimento e di sperimentazione.

L’esperienza di Brescia

Il Comune di Brescia fra quelli presi in analisi in questo studio è il più complesso ed articolato sia per quanto attiene alle dimensioni demografiche e il complesso degli interventi in fase di realizzazione e previsti, sia per quanto attiene alla percentuale di edilizia residenziale pubblica rispetto al patrimonio abitativo complessivo, le politiche attivate e le competenze impegnate. L’amministrazione comunale e l’ALER, unitamente alle cooperative edilizie, che vantano una lunga tradizione di interventi, hanno nel tempo costruito un sistema di risposta al fabbisogno abitativo, che, anche se non sufficiente a rispondere a domande crescenti ed articolate, permettere di offrire risposte e costruire politiche non prive di elementi di innovazione. Uno degli strumenti principali per affrontare le politiche della casa sono stati in passato per il Comune di Brescia i Piani di Edilizia economico Popolare di cui alla legge 167/1962. Dal 1965 nei PEEP approvati, sono stati realizzati più di 12.300 alloggi, pari a circa il 40% della produzione di nuova edilizia. Una considerazione sulla capacità di risposta al fabbisogno abitativo da parte dell’amministrazione comunale di Brescia non può che tener conto della dimensione demografica del capoluogo, della complessità della domanda abitativa emersa dagli ultimi bandi e della velocità con la quale tale domanda varia nei tempi brevi. Rispetto ad altri contesti osservati emerge in modo piuttosto evidente che buona parte del fabbisogno è assorbito da un programmazione di ampio respiro di edilizia residenziale pubblica che contrariamente ad altre situazioni non ha visto periodi di stallo o di decremento ingente del patrimonio pubblico. In questo senso l’operazione di San Polo, quartiere satellite, a forte incidenza di residenza pubblica, progettato da Benevolo (estensore del vecchio Piano Regolatore), ha permesso di assorbire una parte consistente della nuova domanda di casa e dei numerosi trasferimenti seguiti alle opere di risanamento del quartiere del Carmine nel centro storico. Il quartiere San Polo, per le sue caratteristiche e per la sua dimensione è stato al centro delle politiche residenziali del Comune e dell’ALER, ed è oggi oggetto di politiche importanti, oltre che urgenti, di accompagnamento

Rapporto conclusivo

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sociale alla residenza e di politiche rivolte a scongiurare gli effetti sociali perversi dei grandi quartieri satelliti. L’Amministrazione è inoltre occupata nella realizzazione e nella programmazione di una serie di interventi di più limitate dimensioni sparsi nel territorio, con una particolare attenzione al recupero del centro storico (quartiere del Carmine in testa) e alla diversificazione dell’offerta residenziale, guardando in particolare agli anziani e ai giovani (studenti e lavoratori temporanei). Il tema della diversificazione della risposta è un tema centrale della strategia politica in atto, ed è concepita per sopperire da un lato ad una serie di domande abitative non propriamente sociali (canoni moderati o acquisto in edilizia convenzionata) dall’altro a favorire una maggiore mixitè sociale all’interno dei grandi quartieri residenziali pubblici, allo scopo di diluire le problematiche sociali emerse negli ultimi anni. La risposta complessiva, seppur diversificata e opportunamente progettata (equilibrato mix fra offerta specialistica, edilizia convenzionata, e sociale), non è in grado di coprire neanche parzialmente la domanda di alloggi a canone sociale emersa dall’ultimo bando (1945 domande), sia per la limitatezza dei nuovi interventi sia per la lentezza della rotazione nel patrimonio esistente. La limitatezza del turn over nell’Edilizia Residenziale Pubblica è in buona parte dovuta alla età media limitata del patrimonio edilizio, alla vendita da parte dell’ALER dei quartieri più vecchi e centrali e alla concentrazione della nuova edificazione nella grande operazione di San Polo realizzata a partire dagli anni ’70 e ancora non completata. Una parte consistente del patrimonio è quindi occupata da famiglie ancora giovani e che occuperanno in prospettiva ancora a lungo i medesimi alloggi. La capacità dimostrata da parte dell’Amministrazione di costruire politiche complesse, in collaborazione con l’ALER, il privato sociale, il mondo delle cooperative, nel partecipare ai bandi regionali ottenendo spesso i finanziamenti necessari alle operazioni programmate e la capacità espressa nella realizzazione dell’Accordo Quadro per lo Sviluppo Territoriale, unitamente agli strumenti atti a realizzare quote considerevoli di edilizia convenzionata definiti dal nuovo Piano Regolatore, danno corpo e sostanza alle politiche residenziali programmate a medio termine.

Il patrimonio pubblico in dotazione al comune

Ad oggi il patrimonio abitativo pubblico ammonta a 4.590 alloggi (1.817 del Comune + 2.773 ALER) circa il 16% degli alloggi in locazione sul territorio comunale. Gli alloggi sul territorio comunale sono 90.000 di cui il 68% in proprietà (61.200) il 32 % in locazione (28.800) e di questi il 16% ERP (4.590).

Tab 18. Il patrimonio di proprietà del Comune

Alloggi di edilizia sovvenzionata compresi n. 105 alloggi acquisiti dal Demanio in data 1.12.2004

1.817

Alloggi di edilizia agevolata 254

Alloggi con contratti diversi 21

TOTALE 2.092

Tab 19. Il patrimonio di proprietà ALER

Alloggi di edilizia sovvenzionata 2.773

Alloggi di edilizia agevolata 76

Alloggi con contratti diversi 89

TOTALE 2.938

Rapporto conclusivo

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Tab 20. Alloggi alienati ai sensi dell’ex legge 560

Aler 341

Comune di Brescia 176

L’Assessorato ai Servizi Sociali dispone, inoltre, di un centinaio di alloggi che destina agli anziani, alle madri sole con figli, alle persone disabili o in condizioni di marginalità sociale. Nonostante alcune dismissioni del patrimonio abitativo pubblico, la politica di investimenti in nuove residenze ha permesso anche negli anni ’90 di non registrare una riduzione drastica dell’offerta abitativa (almeno se paragonata ad altri contesti urbani maturi e meta di migrazioni). Il grande complesso di San Polo ha garantito nel bene e nel male una disponibilità rinnovata di alloggi, anche se ha prodotto una forse eccessiva concentrazione dei disagi connessi alle situazioni di povertà o sofferenza sociale in una zona esterna all’abitato già potenzialmente svantaggiata per la sua separatezza rispetto al centro. Lo stesso Piano Regolatore curato dal professor Bernardo Secchi e approvato nel 2002, pone al centro il tema della trasformazione delle aree dismesse e della realizzazione di nuova residenza. All’interno dei grandi comparti di trasformazione le norme tecniche prevedono una quota di edilizia convenzionata in vendita e in affitto permanente a canoni moderati e sociali. Le politiche per la casa si sono orientate a partire dal 2000, con la precedente amministrazione, verso la realizzazione, a completamento dell’intervento di San Polo, di nuovi comparti per l’edificazione a canone sociale con interventi diretti di ALER e del Comune o tramite la collaborazione con soggetti privati e cooperativi. Il processo di ampliamento della disponibilità di alloggi ERP si è sviluppato anche mediante l’acquisto, il recupero e la ri-locazione o vendita di edifici degradati nel centro storico, in particolare al quartiere del Carmine, all’interno del complesso piano di riqualificazione urbana (Progetto Carmine) in fase avanzata di attuazione. L’amministrazione sta inoltre delineando nuovi profili di politiche abitative innovative in collaborazione con il privato sociale per dare risposte alle nuove domande ormai consolidate, benché in continua evoluzione, come quella espressa dai nuovi migranti, dagli anziani, dagli studenti, dai lavoratori temporanei. L’amministrazione in collaborazione con l’ALER ha partecipato in questi ultimi anni alle varie forme di finanziamento su progetto che investano direttamente o indirettamente l’edilizia ERP (promosse a livello regionale o nazionale) con risultati alterni, ottenendo fondi per l’emergenza abitativa, ma non per i Contratti di Quartiere II. L’amministrazione è attualmente impegnata con una proposta articolata all’interno di un Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale che prevede la realizzazione delle nuove residenze di Edilizia Residenziale Pubblica a San Polino e forme di collaborazione pubblico privato per la realizzazione di residenze per soggetti specifici.

Natura ed evoluzione dei bisogni

All’interno della proposta di Accordo Quadro per lo Sviluppo Territoriale l’Amministrazione ha affrontato il tema del fabbisogno abitativo cercando di far emergere dai dati disponibili una quantificazione nel breve e nel medio periodo del fabbisogno di nuove abitazioni ed in particolare di nuovi alloggi di carattere sociale. Il fabbisogno di alloggi viene definito dall’intreccio di tre elementi: la domanda inevasa di alloggi ERP, le dinamiche demografiche, in particolare i dati relativi alla riduzione delle famiglie, all’immigrazione, e all’invecchiamento della popolazione, che incidono direttamente sulla variazione delle famiglie e quindi sulla necessità di alloggi e sulla loro dimensione, la previsione di espansione del Piano regolatore, letta in relazione con le dinamiche demografiche. Lo studio non tiene conto però di altri fattori che contribuiscono alla definizione del fabbisogno, fattori evidenti ma che sono più difficilmente quantificabili, quali la compressione del fabbisogno

Rapporto conclusivo

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(giovani in casa con i genitori fino ad età adulta a causa delle difficoltà di accesso al mercato immobiliare), la coabitazione forzata dei giovani lavoratori, la richiesta di residenza temporanea legata al lavoro o allo studio, la domanda di residenza speciale di accoglienza o di cura, il problema del sovraffollamento di parte degli alloggi del centro storico e di alcune zone limitrofe (Carmine, via Milano, zona Stazione). Un altro indicatore di un certo interesse potrebbero essere i dati che emergono dalle richieste di sostegno economico tramite il Fondo Sociale per l’Affitto, che non denunciano un reale fabbisogno di alloggi, ma la necessità di una maggiore quota di alloggi a canoni moderati o sociali, il che potrebbe tradursi nell’opportunità di realizzare un numero superiore di alloggi ERP.

Il fabbisogno desunto dalla domanda non soddisfatta

Nonostante il numero elevato degli alloggi ERP, le richieste inevase sono ancora numerose. Attualmente le famiglie in attesa di un alloggio popolare sono circa 2.000 e la loro articolazione rispecchia le più recenti evoluzioni della struttura famigliare (invecchiamento, riduzione dell’ampiezza dei nuclei, aumento della percentuale di invalidità, pari presenza di stranieri rispetto agli italiani).

Tab 21. Dati degli ultimi 4 bandi E.R.P.

Bando anno Domande Di cui di italiani Di cui di stranieri Assegnazioni

2000 1010 590 420 69

2001 880 530 350 78

2002 841 486 355 148

2004 (sec. sem.) 1945 20

Totali 295

Tab 22. Domande presentate nel 2° semestre 2004 (distinzione per numero componenti nucleo

familiare)

Numero componenti nucleo familiare

Numero domande presentate per tipologia di nucleo familiare

Di cui a canone moderato

13 1 -

12 1 -

10 1 -

9 1 -

8 4 -

7 21 -

6 70 -

5 155 3

4 275 16

3 336 17

2 416 19

1 664 44

TOTALE 1.945 99

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Tab 23. Distinzione per categorie speciali

Domande presentate da nuclei familiari contenenti soggetti riconosciuti con invalidità al 100% e con accompagnamento

63

Domande presentate da nuclei familiari contenenti soggetti riconosciuti con invalidità al 100% e senza accompagnamento

99

Domande presentate da nuclei familiari contenenti soggetti riconosciuti con invalidità al 60% 54

TOTALE (nuclei con all'interno componenti con invalidità a prescindere dall'età) 216

Domande presentate da nuclei con all'interno componenti con più di 65 anni, a prescindere dalla presenza di invalidità

265

Dai dati emergono l’altissima domanda di nuclei familiari composti da una sola persona, il 73% delle domande riguarda famiglie fino a tre persone per nucleo, e l’alta la presenza di anziani che in molti casi vivono da soli. Tali elementi contribuiscono in modo essenziale alla necessità di ridefinire complessivamente la struttura dell’offerta di alloggi ERP rendendo urgente la realizzazione, mediante nuova costruzione o ristrutturazione di alloggi a canone sociale di alloggi di piccole dimensioni e di alloggi con alcune caratteristiche tecniche adatte ad ospitare portatori di disabilità ed anziani. La domanda pregressa calcolata esclusivamente sulla differenza fra domande ed assegnazioni di alloggi ERP è quindi di 2.436 alloggi al 31 dicembre 2004 e di 1.925 al 15 settembre 2005 a fronte di un totale di alloggi ERP di 5.141 al 2001, 4.590 al 2005. Questo dato fa riflettere sullo squilibrio fra una nuova domanda sempre più diversificata, rispetto alla quale il normale turn over negli alloggi è ben lontano da soddisfare anche una minima percentuale delle richieste. D’altro canto gli interventi previsti di accrescimento del patrimonio sono comunque lontani dall’offrire una risposta proporzionata alla domanda.

Il fabbisogno desunto dall’evoluzione demografica

Il documento procede a definire anche un fabbisogno abitativo rispetto alle proiezioni statistiche di andamento della popolazione e delle famiglie. Il fabbisogno abitativo è stato determinato mediante proiezione statistica del numero delle famiglie residenti alla data del 31 dicembre 2001 (ultimo dato disponibile alla data di adozione del PRG). Il fabbisogno di alloggi al 2011 viene assunto convenzionalmente pari al numero delle famiglie residenti a Brescia al 31 dicembre 2001 (Fonte: Settore Statistica Comune di Brescia) sommato al numero degli alloggi non occupati (Fonte: ISTAT 2001) e diminuito del numero delle coabitazioni (Fonte: ISTAT 2001). La proiezione delle famiglie al 31 dicembre 2011 viene effettuata sulla base dei censimenti dei cinque anni precedenti il 2001 maggiorando il risultato del 2%, quota prudenziale a fronte delle possibili escursioni del fenomeno demografico. La valutazione riferita ai 5 anni precedenti (e non a 10) è determinata dal fatto che negli ultimi anni, oltre ad una dispersione sociale delle famiglie (si passa da 2,34 a 2,20 abitanti/famiglia) si è registrata una netta inversione di tendenza nell'andamento demografico, prevalentemente causata dai nuovi fenomeni migratori, che si ha ragione di ritenere stabile anche nel futuro, fatti salvi gli effetti delle sanatorie e regolarizzazioni di cittadini extracomunitari che facendo emergere fenomeni di irregolarità possono mettere in crisi qualsiasi proiezione demografica.

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Tab 24. Proiezioni alloggi al 31-12-2011

31-12-2005 31-12-2011 differenze

Alloggi = famiglie 88.687 98.389 9.702

Coabitazioni 1.689 1.873 185

non occupati 2.725 3.023 298

Alloggi 89.723 99.539 9.815

In base a tale proiezioni, assumendo una domanda annua pari a 980 nuovi alloggi, si può ragionevolmente ipotizzare una domanda nel quadriennio 2006/2009 pari a poco più di 3.900 alloggi esclusivamente per le variazioni demografiche previste.

La risposta al fabbisogno desunta dalle previsioni di nuova edificazione residenziale del Piano Regolatore

Il Piano Regolatore approvato definitivamente nel 2002 prevede un incremento di 10.217 nuovi alloggi (80 mq di superficie media) per i 10 anni successivi a fronte di un incremento di popolazione da 195.442 abitanti del 31 dicembre 2001 a 221.055 del 31 dicembre 2012. Come spesso è accaduto in passato, e come probabilmente accadrà in futuro, le previsioni di espansione residenziale o di trasformazione non si realizzano tutte entro i primi dieci anni di vita del Piano Regolatore, ed altre potrebbero invece presentarsi nel frattempo, grazie anche alla flessibilizzazione della pianificazione locale introdotta a partire dal 2001 dalle normative urbanistiche regionali e che trovano compimento nella legge quadro per l’urbanistica del 2005 (l.r. dicembre /2005). Il dato è quindi un indicatore di possibilità più che una certezza. Si possono realizzare interventi residenziali complessivi per oltre 10.000 alloggi, ma questa possibilità è vincolata da scelte di mercato e da strategie di investimento difficilmente programmabili. Rispetto alla domanda causata dall’evoluzione demografica per il quadriennio 2006-2009 (3900 alloggi) la domanda di nuovi alloggi in locazione è ipotizzabile in circa 1.250, tenendo conto del rapporto oggi esistente tra alloggi in proprietà ed alloggi affitto, pari rispettivamente al 68% ed al 32%. Il 16% della domanda ipotizzata per nuovi alloggi in locazione, pari a circa 200 alloggi, può ritenersi di edilizia residenziale pubblica, che vanno a sommarsi ai 1.925 desunti dalle domande ERP inevase. Tale stima non tiene però conto dei processi di impoverimento della popolazione, in parte causati dal crescere della percentuale di migranti, in parte dall’aumentare della popolazione anziana, in parte dai processi di precarizzazione del lavoro.

Gli interventi in corso nel campo abitativo

Bandi per realizzazioni ALER e Comune

Il PEEP vigente è stato definitivamente approvato nell'agosto del 2000. Il progetto approvato prevede la realizzazione di due insediamenti residenziali denominati Zona Al19 Violino e Zona Al2I San Polino. Nel primo insediamento è prevista la realizzazione di 140 alloggi mentre nel secondo gli alloggi da realizzare sono circa 1.870. I primi quattro comparti edificatori di cui al nuovo Piano di Zona per l’edilizia economico-popolare (980 alloggi per l’intera zona del Violino e per i primi tre comparti di San Polino) sono stati oggetto di un bando pubblico la cui pubblicazione risale al 3 marzo 2002 e che ha visto la proclamazione dei vincitori il 5 febbraio 2003. Obiettivo del bando era la valutazione dell’offerta tecnica (i progetti preliminari e la qualità degli stessi) e dell’offerta economica (la percentuale di ribasso sul costo base di realizzazione degli alloggi in affitto). Nel bando stesso era infatti previsto che, per ciascun comparto edificatorio, una quota pari al 25% della superficie lorda di pavimento con destinazione residenziale realizzata dagli operatori

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divenisse di proprietà del Comune di Brescia per essere destinata alla locazione permanente a canone sociale. Di fatto il bando, dal punto di vista degli alloggi da destinare all’affitto, ha dato i seguenti esiti: 234 alloggi fra i quali 80 destinati in assegnazione da parte del Comune all’ALER.

Il bando regionale per l’emergenza abitativa

La Giunta Regionale, in attuazione del Programma Regionale per l'edilizia residenziale pubblica, ha approvato, il 31 ottobre 2003, l’invito a presentare proposte per coprire l'emergenza abitativa al fine di soddisfare in tempi brevi la domanda di quei soggetti o nuclei familiari aventi una condizione economica tale da poter accedere agli alloggi a canone sociale. A tal scopo il Programma prevede un cofinanziamento pari all’80% dei costi convenzionali riconoscibili, a favore di interventi di acquisto, recupero e nuova costruzione di alloggi da destinare a canone sociale. Il Comune di Brescia ha presentato le relative domande in merito tese in sostanza all’acquisizione dei 234 alloggi da affittare di cui al proprio PEEP da costruire nei comparti Violino e a San Polino. La Regione Lombardia ha accolto totalmente le proposte deliberando un cofinanziamento per un importo complessivo di: € 16.099.330,79 di cui € 10.531.812,79 destinati direttamente al Comune di Brescia e € 5.567.518,00 destinati all’ALER per gli 80 alloggi del comparto 14.

Altri interventi

L’Amministrazione Comunale intende completare il quadro dell'intervento pubblico sul patrimonio ERP utilizzando 4.378.000 € di fondi regionali integrati da fondi comunali. Si prevede la realizzazione o il recupero da parte del Comune o dell' ALER di 96 alloggi da locarsi a canone sociale; per alcuni di questi alloggi si prevedono riserve a favore di particolari categorie e precisamente n. 26 per anziani e n. 12 per giovani coppie. Si prevede, inoltre, la realizzazione o il recupero di alloggi da parte della Congrega della Carità Apostolica da locare a canone moderato. Si sono individuati interventi in zone diverse della città, dal centro storico alla periferia. Anche i tipi di intervento sono diversificati: si punta in via principale al recupero di interi stabili ora degradati (ad esempio: via Verona, vicolo S, Urbano, Casa Serena in via S. Zeno); si mettono a norma alcuni alloggi inagibili inseriti in stabili già in buone condizioni (ad esempio: via Montenero, vicolo Medici); si acquistano alloggi nuovi da privati; si realizzano nuove costruzioni in aree già in disponibilità (S. Polo- lascito Arvedi). La programmazione degli interventi è stata effettuata congiuntamente dall’Assessorato alla Casa e dall’Assessorato ai Servizi alla Persona: questo ultimo ha messo a disposizione un edificio, Casa Serena che, dopo la ristrutturazione, entrerà a far parte del patrimonio ERP. Si otterranno prevalentemente alloggi di piccole dimensioni tenendo conto delle caratteristiche della domanda. ALER sta attuando oltre le operazioni immobiliari nei comparti Violino e San Polino altre operazioni nel centro storico, che si stanno orientando verso la ristrutturazione e la vendita a privati per permettere il finanziamento di interventi di manutenzione e nuova costruzione in aree periferiche. La logica imprenditoriale sottesa è chiaramente indirizzata ad avere una disponibilità economica per nuove operazioni, disponibilità che sempre più raramente è garantita da enti sovrapposti. ALER Brescia ha recentemente terminato con propri mezzi 36 alloggi per 50/55 lavoratori “single” (localizzati a San Polino). La struttura è stata gestita tramite una convenzione con l’Associazione Industriali Bresciani (AIB). Sono stati realizzati alloggi da 1 o 2 persone ed è stato proposto all’ABI di segnalare le aziende che avessero necessità di disporre di alloggi per i loro lavoratori dipendenti. L’ALER affitta direttamente alla ditta ed è garantito sul pagamento del canone di locazione, con una locazione ad equo canone (pari al 3,85% del valore dell’immobile). La risposta delle aziende è stata inferiore alle aspettative, sono stati affittati alle aziende solo 18 alloggi. Di fatto le aziende

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bresciane non hanno risposto con l’entusiasmo atteso, probabilmente per una serie di complicazioni che potevano emergere in caso di interruzione del rapporto lavorativo con l’affittuario. La totalità degli alloggi locati sono occupati da lavoratori stranieri.

Tab 25. Iniziative da parte del Comune, dell'ALER, di soggetti privati

Ubicazione n. Modalità

finanziamento Ente

realizzatore Canone applicato

Tempi ultimazione

lavori

Via Gatti/via Tiepolo 24 L. 560/98 Comune Canone Sociale Giug. 2006

Via Gatti/via Tiepolo 16 Contributo parziale

regionale A.L.E.R

4,5 % costo convenzionale

Genn. 2006

Cascina S. Antonio 18 Contributo Regionale A.L.E.R Canone sociale Febbr. 2007

Peep 2000: Violino 49 Contributo regionale Bando emergenza

abitativa anno 2004 Comune Canone sociale Dic. 2005

Peep 2000: S.Polino - ZonaA/2 Comparto

15 45

Contributo regionale Bando emergenza

abitativa anno 2004 Comune Canone sociale Dic. 2005

Peep 2000: S.Polino - ZonaAJ21

Comparto 21 60

Contributo regionale Bando emergenza

abitativa anno 2004 Comune Canone sociale Giug. 2007

Peep 2000: S.Polino ZonaAJ21

Comparto 14 80

Contributo regionale Bando emergenza

abitativa anno 2004 A.L.E.R Canone sociale Dic. 2005

Peep 2000: S.Polino piano edilizia

economico popolare 775 Privati Privati

Alloggi destinati alla

vendita a prezzi convenzionati

Est. 2007

Peep 2000: Violino piano edilizia

i economico popolare 94 Privati Privati

Alloggi destinati alla

vendita a prezzi convenzionati

Est. 2007

S.Polo Lascito Arvedi

29 Autofinanziamento Comune A prezzi

calmierati Giug. 2007

S.Polo Lascito Arvedi

20 Autofinanziamento A.L.E.R A prezzi

calmierati Giug. 2007

S.Polo: Lascito Arvedi

52 Finanziamento regionale bird

A.L.E.R Canone sociale Giug. 2007

Alloggi totale 1262

Di cui a canone sociale

304

Rapporto conclusivo

52

Interventi per la sicurezza dei comuni

In attuazione della legge regionale n. 8 del 21 febbraio 2000, “Interventi regionali per la sicurezza nei Comuni”, la Regione Lombardia, con la d.g.r. 7/6638 del 29 ottobre 2001, ha promosso un bando di finanziamento mettendo a disposizione dei Comuni capoluogo € 1.549.370,70 ( £3.000.000.000) per la realizzazione di “progetti di video - sorveglianza nei quartieri di edilizia residenziale pubblica”. I progetti devono essere promossi e proposti dai Comuni Capoluoghi di Provincia. Nel caso di Brescia, oltre al Comune a all’ALER, sono coinvolti la Questura di Brescia, il Comando dei Carabinieri ed il Comando della Polizia Municipale.

Opportunità offerte dal territorio

Nella Zona A/21 di S. Polino sono disponibili altre aree edificabili per circa 1.000 alloggi, a completamento del piano di edilizia economico popolare; le assegnazioni delle aree avverranno non prima della fine del 2008. Si tratta di aree urbanizzate e già di proprietà del Comune. II completamento del piano sarà favorito dai seguenti aspetti positivi:

a) eterogeneità dell’offerta tipologica (case singole e plurifamiliari delle più varie dimensioni e caratteristiche distributive), con una buona dotazione di spazi collettivi e pubblici e di una linea di trasporto pubblico “forte”;

b) possibilità, attraverso le procedure di rilevanza pubblica, di assegnazione delle aree edificabili, di coinvolgere operatori privati sia quali esecutori degli interventi (costruttori, venditori, ecc) sia quali partners economici. Si evidenzia che detti operatori, anche valutando l'esperienza maturata fino ad ora, sono particolarmente qualificati. Si tratta di imprese di costruzioni e di Cooperative edilizie in grado di affrontare interventi di grosse dimensioni, impegnativi dal punto di vista realizzativi, economico e di gestione, che operano ormai da decenni nell' ambito dell'edilizia economica popolare e sociale;

c) disponibilità per diverse modalità attuative degli interventi: realizzazione diretta da parte del Comune, acquisto di immobili, contratti di concessione, eventuali altre formule che sommano la realizzazione o acquisto degli immobili alla gestione degli stessi. Inoltre, in particolare per quanto riguarda gli interventi di edilizia sperimentale la possibilità di promozione ed incentivazione.

Il quadro degli interventi abitativi a medio periodo

Gli interventi a medio termine muovono in diverse direzioni: la realizzazione di nuovi interventi dal carattere misto, edilizia sovvenzionata, convenzionata, per categorie speciali; il recupero di situazioni di particolari criticità (torri di San Polo e centro storico); potenziamento dei canali convenzionali; forme di collaborazione con il privato sociale per l’offerta di alloggi assistiti per anziani; nuove politiche per le giovani famiglie; sperimentazione di nuove forme di housing sociale in collaborazione con il privato sociale e fondazioni. Le linee di intervento ipotizzate dall’Accordo Quadro per lo Sviluppo Territoriale sono essenzialmente le seguenti:

1. potenziamento del patrimonio ERP mediante:

a) acquisto di alloggi realizzati da privati (punto l0 - all. 1 della delibera); b) destinazione ad ERP di immobili facenti parte del patrimonio ordinario dell’Ente (punto 2 -

all. 1 della delibera); c) realizzazione di nuovi alloggi ( punto 1. - allegato 1 e allegato 2 della delibera);

2. recupero degli alloggi già ERP mediante:

a) ristrutturazione globale di interi stabili (punti 3,4, 8,9 – all. l della delibera);

Rapporto conclusivo

53

b) messa a norma di alcuni alloggi già inseriti in stabili utilizzati come patrimonio ERP (punti 5,6 e 7 - all. 1 della delibera). Il potenziamento ed il recupero di cui sopra vengono indirizzati essenzialmente nella direzione di ottenere alloggi di piccole dimensioni, per nuclei familiari composti da 1, 2, massimo 3 persone. Ci si indirizza, inoltre, nella messa a disposizione di alloggi a canone sociale, considerato che il 95% delle domande di cui sopra riguarda situazioni familiari con requisiti di canone sociale;

3. interventi per le famiglie con situazioni reddituali superiori al canone sociale, per le quali si prevede di fornire adeguate risposte alloggiative attraverso diverse iniziative: a) rafforzando la collaborazione già in atto con la Congrega della Carità Apostolica, per la

quale il Comune di Brescia ha chiesto alla Regione il riconoscimento di finanziamenti per la costruzione e la ristrutturazione di alloggi da locare a canone moderato. La Congrega della Carità Apostolica rappresenta un’altra importante risorsa presente sul territorio comunale dal punto di vista alloggiativo nell’ambito di locazioni a famiglie meno abbienti, in attuazione delle funzioni statutarie. L’ente sta attuando un programma di ristrutturazione e recupero dei propri immobili; parte di essi sono già stati ristrutturati e locati prevalentemente ad anziani. Sono più di 300 gli alloggi di proprietà della Fondazione, locati con contratti di cui all'accordo territoriale ex legge 431/98, “canale convenzionale”. L'accordo territoriale stipulato nel Comune di Brescia tra le parti sociali, tramite la mediazione del Comune medesimo, è stato il primo accordo a livello nazionale e prevede canoni variabili da un minimo di € 35/mq. per le zone periferiche ed alloggi in cattivo stato di manutenzione, fino ad un massimo di € 70/mq. per il centro storico ed alloggi in buono stato di conservazione.

b) mediante incentivazione delle locazioni di cui al canale concertato previsto dalla L.431/98.

c) con il contributo delle quote in edilizia convenzionata all’interno delle nuove realizzazioni edilizia privata in fase di attuazione per 7.000 mq. (dati Ribolla).

d) alloggi di edilizia economico popolare destinati alla vendita a prezzi concordati nelle zone del Violino e di S. Polino.

e) alloggi ALER in fase di realizzazione da locare a canone finanziario.

4. per le famiglie mono-nucleari, si potenzia il numero degli alloggi da riservare agli anziani che dispongono di limiate risorse economiche, alloggi posti in situazioni protette, da locare a canone sociale ad integrazione degli alloggi gestiti al di fuori dell’ERP dall'Assessorato ai Servizi Sociali, nell’ambito di un progetto innovativo di housing sociale. I livelli dei canoni si collocano in media al di sotto del canone moderato di cui al regolamento Regionale 10.2.2004 n. 1. Attualmente gli alloggi locati con il canone convenzionale sono circa 1.500, compresi gli alloggi della Congrega già citati. II trend del numero dei contratti stipulati con tale modalità è in costante crescita dal 2000 in avanti.

5. per le famiglie di nuova formazione si integrano i supporti alla natalità già in atto in altri ambiti comunali acquistando alloggi per le famiglie di nuove formazione.

6. progetto di housing sociale lascito Arvedi.

I progetti di housing sociale hanno riguardato per il momento gruppi di alloggi di poche unità, massimo dieci. Si presenta ora la possibilità di costruire un progetto più articolato e di più ampio respiro a S. Polo vecchio in un’area ricevuta a suo tempo in donazione dal Sig. Leonardo Arvedi. attraverso un lascito testamentario con vincolo di destinazione a favore degli anziani. Si è costruito un progetto per 97 alloggi secondo tipologie molto differenziate con la collaborazione dell’ALER di Brescia, che provvederà anche alla realizzazione delle opere in attuazione di appalti già espletati, per i quali sono iniziati da poco i lavori.

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La progettazione degli alloggi nell’area di lascito è stata guidata dall’esigenza di ampliare e rafforzare le soluzioni residenziali di tipo protetto come alternativa possibile al ricovero in RSA oltre a fornire risposta al bisogno abitativo dell’anziano si attua una soluzione capace di farsi carico dei bisogni più complessivi di sicurezza, di sostegno ad una autonomia precaria, di promozione della socializzazione. Il complesso prevede alcuni alloggi da destinare a “custodi sociali” (famiglie giovani, studenti universitari, ...) che saranno individuati dall’assessorato ai Servizi Sociali, in collegamento ad un centro di servizi collocato nella stessa area che svolgerà attività di animazione del tempo libero ed alla sede operativa del servizio di assistenza domiciliare della Circoscrizione, cui gli ospiti degli alloggi protetti potranno appoggiarsi per esigenze di natura sanitaria (medica, infer-mieristica, riabilitativa) o assistenziale (pasto a domicilio, bagno assistito, chiropodia, ecc...). Sempre tenendo conto dell’utenza cui gli alloggi intendono rivolgersi si è preferito progettare, oltre agli appartamenti di piccole dimensioni, anche appartamenti di metratura più ampia, tali da facilitare al massimo il movimento e l’organizzazione della vita quotidiana anche a persone con deficit motori e da poter permettere la presenza temporanea nell'alloggio di persone in grado di aiutare l’ospite ad affrontare eventuali periodi di malattia, evitando in questo modo il trasferimento in RSA. L'offerta alloggiativa del Complesso “Arvedi” risulta quindi essere estremamente differenziata per le caratteristiche tecniche degli alloggi, per le metrature, per le modalità di assegnazione per i livelli dei canoni da corrispondere, così come estremamente differenziata in funzione del bisogno dell' anziano sarà l’offerta di “servizi di protezione”. Le diverse modalità di assegnazione degli alloggi permetteranno inoltre di soddisfare le esigenze non solo della fascia economicamente disagiata, ma anche di utenti non sufficientemente “poveri” per accedere all’alloggio sociale di edilizia residenziale pubblica, ma nemmeno così benestanti da reggere i prezzi correnti del libero mercato abitativo.

L'esperienza di Gorgonzola

La collocazione del Comune di Gorgonzola, all'interno di questa famiglia di comportamenti in risposta al fabbisogno abitativo sociale, è dovuta a quella che è parsa una tradizionale attenzione a questo tema da parte dell'amministrazione, considerato che risulta essere stata tra le prime ad avere sperimentato l'applicazione dello strumento Piano di Zona ex L. 167/62.

Gorgonzola, localizzato in una zona dell’area metropolitana milanese caratterizzata da uno sviluppo territoriale legato all’espansione della rete dei trasporti metropolitani (linea Metropolitana) che la congiungono con l’area centrale, ha saputo mantenere nel tempo il suo ruolo di comune di riferimento per tutta l’ambito denominato Adda/Martesana. Il Comune, pur inserito in un ambito soggetto ad una notevole espansione per quanto concerne attività terziarie ed economiche, che ne hanno influenzato la crescita demografica ed economica, non è stato interessato da rilevanti fenomeni di immigrazione, di conseguenza si sono registrati livelli di domanda di alloggi stabili nel tempo. In generale le amministrazioni comunali che si sono succedute hanno privilegiato politiche, anche attraverso l’adozione strumenti di pianificazione, indirizzate ad un equilibrato processo di crescita mirate ad evitare un eccessivo sviluppo del patrimonio di edilizia residenziale, focalizzando l’attenzione alla conservazione del patrimonio edilizio esistente ed all’integrazione delle popolazioni straniere nell’assegnazione degli alloggi. Nonostante il Comune non abbia partecipato ai programmi regionali, ha dimostrato la propria capacità nella gestione del problema abitativo, attraverso iniziative quali: la promozione di una campagna informativa attraverso internet, l’istituzione dello Sportello Casa, in modo da massimizzare i tempi e le procedure nell’assegnazione degli alloggi, e la previsione di interventi finalizzati a soddisfare il fabbisogno abitativo emergente inserite nelle previsioni di Piano.

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Natura ed evoluzione dei fabbisogni

Gorgonzola risulta essere un comune a pressione abitativa non molto elevata, testimoniata da una crescita annua della popolazione di circa 150 abitanti, di cui una parte straniera. Tale situazione può essere fatta dipendere dal fatto che sul suo territorio non si sono collocate attività economiche tali da innescare processi trasformativi territoriali e sociali significativi. Una differente situazione si riscontra in realtà urbane vicine, quali Bussero, Gessate, Melzo, Pioltello e Cassina de Pecchi, che hanno assistito nel tempo ad una progressiva crescita di abitanti, legata ad attività economiche e terziario in alcuni casi di notevole importanza per quest’area. Le singole amministrazioni hanno risposto a tale fenomeno con interventi di edilizia residenziale pubblica, che oggi risultano essere in molti casi di difficile gestione.

Patrimonio pubblico in dotazione al comune

Il patrimonio di edilizia residenziale pubblica di Gorgonzola è composto da 117 appartamenti di proprietà comunale. Negli ultimi anni sono stati venduti 16 appartamenti, con il loro ricavo ne sono stati acquistati altri 7 che sono andati ad aggiungersi ai 110 presenti. A questi si aggiungono altri alloggi da convenzione in stabili di nuova costruzione, per un totale 6 alloggi.

Il patrimonio di ERP è composto da immobili di proprietà comunale ed ALER. Entrambe queste tipologie di alloggi possono essere affittate a canone sociale o moderato a seconda della situazione reddituale, patrimoniale e abitativa del richiedente. Le assegnazioni vengono decise dalla Giunta Comunale in base ad una graduatoria. L’Ufficio Case si occupa di tutte le pratiche inerenti sia agli alloggi di proprietà comunale che a quelli di proprietà ALER, con bandi di assegnazione in base alla normativa regionale. Rimane di competenza ALER ogni altra responsabilità sugli immobili di sua proprietà. Il Comune può attuare interventi di edilizia agevolata, realizzando abitazioni da assegnare in proprietà o in locazione ad equo canone o a canone concordato ad una fascia di utenza il cui reddito sia superiore a quella verso la quale si indirizza l’edilizia sovvenzionata. Il patrimonio ERS è suddiviso in comparti: - Villa Pompea (2002/2003): 6 stabili per circa 110 alloggi, realizzati in convenzione da privato, di

proprietà maggioritaria comunale; - Comparto 12 (luglio 2005): 61 alloggi, ai quali si aggiungono altri 9, per un totale di 70 alloggi.

In alcuni comparti il Comune ha stipulato delle convenzioni con operatori privati, che prevedono la realizzazione di alloggi da assegnare in proprietà o in locazione ad equo canone, secondo criteri stabiliti dall’Amministrazione Comunale. Il Comune è riuscito così ad ottenere per 8 anni (con contratti di affitto del tipo 4+4 anni) in affitto convenzionato un certo numero di alloggi: 14 alloggi con un canone mensile di circa 200/250€ (in Viale Spighi: 7 alloggi e in Vicolo Corridoni: 7 alloggi). Viene riconosciuto ai proprietari degli immobili il diritto di riscatto, alla fine del contratto, della proprietà dell’immobile. Il Comune in questo sistema ha il compito della sola gestione delle graduatorie di accesso. Dei 117 appartamenti comunali la maggior parte degli assegnatari sono italiani, con una percentuale dell’80% di popolazione anziana. Pur non registrando un aumento statistico della popolazione straniera presente nel territorio comunale, negli ultimi anni si è assistito ad un incremento delle domande da parte delle famiglie straniere.

Gli interventi in atto

a) il quadro urbanistico

È oggi definito da: - Variante Generale al PRG, approvata dal Consiglio Comunale con delibera n. 71 del

14 luglio 2004.

Rapporto conclusivo

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Gorgonzola è stato il primo comune ad approvare un Piano di Zona in base alla legge 167/62. Il patrimonio di edilizia residenziale è stato conservato nel tempo, circa 100 alloggi in totale, alcuni dei quali sono stati venduti mentre altri sono di nuova costruzione. Negli ultimi 20 anni, pur facendo parte del CIMEP, il comune non ha utilizzato il Piano di Zona 167, ma ha realizzato interventi in base a un articolo delle Norme Tecniche di Attuazione del PRG, secondo cui la pianificazione attuativa deve rispettare delle quote stabilite dallo strumento urbanistico: 50% edilizia privata, 50% edilizia convenzionata da definire dall’amministrazione comunale. L’Amministrazione Comunale di Gorgonzola, in base alla legge 431/98, ha promosso l’accordo locale per il canone concordato. Tale accordo prevede, in alternativa all’equo canone o ai patti in deroga, contratti di affitto definiti di comune intesa tra le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della proprietà edilizia e degli inquilini. Per gli affitti calmierati l’amministrazione si comporta da mediatore tra le parti. Nel testo dell’accordo si è proceduto innanzitutto a suddividere il territorio di Gorgonzola in tre zone omogenee: centro edificato, zona agricola e comparto degradato localizzato all’interno del centro edificato. Per ognuna di queste tre aree sono poi stati stabiliti i valori minimi e massimi dei canoni concordati, da calcolarsi sulla base di elementi oggettivi relativi all’immobile affittato. In sostanza l’Accordo ha lo scopo di calmierare al ribasso i canoni d’affitto tramite agevolazioni rivolte sia ai proprietari sia agli inquilini. Da parte sua l’amministrazione ha deliberato misure per agevolare gli inquilini, come la riduzione dell’ ICI (4 per 1000). L’applicazione dell’accordo tuttavia ha ottenuto uno scarso successo.

Gli interventi proposti

La Giunta Comunale si sta impegnando nella predisposizione di un Regolamento Comunale che, seguendo le linee guida fornite dal Regolamento Regionale n. 1 del 10 febbraio 2004, potrà adattarsi al meglio alle singole questioni abitative della popolazione richiedente. Nel mese di marzo del 2006, in attuazione alle previsioni della Variante Generale al PRG del 14 luglio 2004, sono state vendute alcune aree di proprietà comunale da destinare ad edilizia residenziale sociale - ERS. Le aree vendute sono 3: - Lotto A: Piazza Marzabotto, nelle vicinanze della Stazione MM di Villa Pompea. È un’area di

circa 2.000 mq, destinata dalla Variante Generale al PRG a terziario direzionale misto a residenza. Le NTA del PRG prevedono per la parte da destinare a residenza, minimo 20% - massimo 50% di ERS.

- Lotto B: lungo la SP13 Monza-Melzo. Un area di circa 1.800 mq, che la Variante Generale al PRG comprende in un comparto più ampio di proprietà privata e comunale, destinando una parte a ERS, per una volumetria realizzabile di 1.400 mc.

- Lotto C: Piazza Giovanni XXIII. Un’area di circa 500 mq che la Variante Generale al PRG comprende in un comparto più vasto di proprietà privata, con destinazione d’uso residenziale di nuovo impianto, con una volumetria realizzabile di circa 400 mc, di cui una quota compresa tra un minimo del 20% e un massimo del 50% per ERS.

Per i prossimi due anni di mandato l’attuale amministrazione comunale non ha fatto previsioni in merito al problema casa, perché ritenuto relativamente poco rilevante per il Comune di Gorgonzola.

Il Piano d’Area Adda – Martesana

Il comune di Gorgonzola è il capofila di un tavolo decisionale composto da 28 comuni, costituitosi in occasione della formazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale vigente, ed attualmente ancora attivo in vista dell'adeguamento dello stesso PTCP. A tale scopo è stato stipulato un accordo per la stesura del Piano d’Area (strumento che mette insieme realtà urbane

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differenti per la condivisione di una strategia territoriale). Tra gli scenari strategici proposti: quello della città parco e quello della città dell’economia. Tre i temi fondamentali considerati dal Piano: - la rete infrastrutturale - il sistema insediativo - il sistema ambientale con successivi approfondimenti su questioni specifiche. Finora si è lavorato solo sulle questioni infrastrutturali, sulla questione ambientale (col parco della Martesana) e sulla riqualificazione delle stazioni. Il tema del fabbisogno abitativo, come anche quello dei servizi, non sono stati affrontati perché considerati poco gestibili in un simile contesto decisionale.

4.2 Azione integrata e aperta al contributo dei terzi

Amministrazioni che hanno saputo integrare la propria azione o in taluni casi delegato gran parte dell’azione nel campo abitativo a soggetti terzi, primi tra tutti le cooperative e il terzo settore.

L’esperienza di Cinisello Balsamo

Tipico comune della prima fascia milanese investito da tumultuosi e disordinati sviluppi residenziali e produttivi dal dopoguerra fino alla prima metà degli anni Novanta, si è però caratterizzato nel tempo per una particolare attenzione alla qualità e quantità dei servizi pubblici offerti ai cittadini. Il forte sviluppo residenziale è stato sostenuto e temperato negli esiti da una presenza molto forte della cooperazione a proprietà indivisa, caratteristica dell’area milanese, e più recentemente anche a proprietà divisa o mista. Anche le cooperative edilizie mostrano una specifica vocazione ad interventi nel settore dei servizi a integrazione delle abitazioni realizzate (ad esempio, “Città del Sole” di Auprema, con centro commerciale e R.S.A.). Negli anni più recenti, il Comune si è trovato a fronteggiare da un lato la difficoltà di rispondere ai nuovi fabbisogni avendo esaurito le risorse territoriali e, dall’altro, la formazione di sacche di degrado edilizio e sociale nel patrimonio pubblico di più vecchia formazione e anche in una parte del patrimonio privato ad altissima densità degli anni Sessanta e Settanta. In questo quadro, l’Amministrazione comunale ha mostrato un notevole dinamismo e capacità nell’utilizzare le opportunità offerte dalle nuove forme di intervento e nel reperire le risorse atte ad attuarle. In particolare, con riferimento al settore abitativo, si deve ricordare il Contratto di Quartiere “Sant’Eusebio”, esperienza pilota di questa forma di intervento, ora replicata e continuata con la partecipazione anche alla sua seconda fase; e inoltre, nel campo della rigenerazione urbana complessa il Progetto di riqualificazione integrata Urban Italia, comprendente la riqualificazione di Villa Forno nel centro del quartiere Balsamo, la proposizione del “Parco dei Giovani” nell’area dell’ex Ovocultura Valmonte (che include anche residenze universitarie), la ricollocazione della fabbrica Cipro e riqualificazione dell’area e altri interventi di miglioramento ambientale e viario. Così, a fronte delle opportunità apertasi con il Prerp regionale, il Comune, pur avendo dovuto rinunciare alla partecipazione ad alcuni bandi per la impossibilità di certificare la conformità urbanistica degli interventi nei tempi richiesti (non disponendo di aree in espansione si tratta infatti di montare operazioni complesse), è riuscito ad accedere a importanti finanziamenti, soprattutto attraverso il sistema delle cooperative locali a proprietà indivisa (che hanno ottenuto cofinan-ziamenti POR per realizzare oltre 300 alloggi mediante recupero di sottotetti in edifici di proprietà). Pur non potendo tacere che la distanza fra i finanziamenti disponibili e la dimensione del fabbisogno rimane elevata, l’Amministrazione Comunale sembra aver operato per utilizzare le forme di intervento possibili mirando alla massima efficacia degli esiti. Tuttavia, la scelta più recente per gli AQST, se da un lato si inserisce positivamente a completare con efficacia l’insieme di misure previste nei due Contratti di Quartiere, dall’altro è indice della

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difficoltà – stante l’ormai accertata scarsità di risorse territoriali – a mettere a punto altri programmi complessi entro cui collocare quote di edilizia sociale. Cosicché, una volta esauriti i programmi in corso, il terreno non sembra essere stato preparato per nuovi interventi nel medio periodo. È pur vero che l'ampia offerta prodotta nel tempo dalle cooperative di abitazione locali, contribuisce a contenere la dimensione del fabbisogno, proporzionalmente meno elevata rispetto ai comuni contermini, e che le stesse cooperative sono impegnate per i prossimi anni nell’attuazione degli oltre 300 alloggi POR a canone concordato (il 20% dei quali di assegnazione comunale), ma sembra comunque da segnalare l’opportunità di un maggiore sforzo per la definizione di politiche abitative di medio periodo.

Natura ed evoluzione dei fabbisogni

Cinisello presenta un fabbisogno abitativo tipico da area metropolitana evoluta in cui l’esclusione o la forte difficoltà nell’accesso alla casa tende sempre più ad investire non solo i soggetti dei flussi migratori e delle nuove povertà/emergenze, ma anche le figure sociali che hanno contribuito a costruire la ricchezza delle aree stesse. Tipiche domande in difficoltà: famiglie monoreddito - in particolare di anziani, separati, lavoratori precari e in mobilità, immigrati, ecc. Alcuni dati quantitativi: 475 domande di ERP in graduatoria al 30.06.05. A fronte di ciò stanno assegnazioni fatte per 22 alloggi nel 2003 e 30 nel 2004. Pure 475 sono le domande per il Fondo Sostegno Affitti al 2005, che hanno avuto negli anni una costante crescita a partire dalle 218 presentate nel 2000. Gli sfratti eseguiti sono stati 32 nel 2002 e 66 nel 2003. In base alle analisi dello strumento urbanistico vigente e a seguito dei dati di domanda espressa sopra richiamati, sono state elaborate stime di fabbisogno 2006-2009 pari a 1.040 alloggi, di cui 400 di ERP, pari al 38.5% del fabbisogno totale.

Gli interventi avviati

a) il quadro urbanistico - Prg vigente: approvato ed entrato in vigore a seguito della pubblicazione sul BURL n. 22

del 26 maggio 2004; - Documento di Inquadramento: ex l.r. 9/99, approvazione C.C. 23/07/2001 e aggiornamento

gennaio 2006 - Piano dei Servizi: ex l.r. 1/2001, dato inizio all'elaborazione (ex l.r. 1/01) attualmente

sospesa in attesa di avviare procedura per il PGT (ex l.r. 12/05).

Gli interventi finanziati

- Programma emergenza abitativa: recupero dei sottotetti delle case comunali di via Martiri Palestinesi 5/7 per la realizzazione di n. 13 nuovi alloggi a canone sociale.

- Programma Contratti di Quartiere II: sviluppo e completamento degli interventi attuati e in corso nel quartiere Sant’Eusebio (C.d.Q. I), prevede l’incremento di complessivi 74 alloggi di cui 54 ricavati da frazionamento di alloggi esistenti.

- Programma P.O.R ex legge 21/01: cofinanziamento a Cooperative a proprietà indivisa (Auprema, La Nostra Casa, Armando Diaz) per la realizzazione, mediante recupero dei sottotetti in immobili di proprietà, di complessivi n. 315 alloggi, da locare a canone concordato ex legge 431/98, di cui 65 (20%) in adesione convenzionata col comune, che ne indicherà in base ad apposito bando i soggetti assegnatari.

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- Programma Centri sperimentali per l’integrazione sociale: ampliamento di fabbricato (via Brodolini) già adibito allo scopo per n. 6 nuovi alloggi da destinare a soggetti rientranti nell’area della marginalità.

Per un totale di 408 alloggi: 87 a canone sociale, 315 a canone concordato, 6 in centro sperimentale per integrazione sociale.

Gli interventi proposti

La proposta per gli AQST

La definizione della proposta del comune è risultata particolarmente laboriosa per la già ricordata scarsità di risorse territoriali utilizzabili per ERP ma, avendo scartato via via alcune ipotesi di ridotta fattibilità o efficacia, si è giunti al fine a definire un intervento che presenta diversi aspetti positivi, tenendo conto della limitatezza delle risorse disponibili. Si tratta infatti di un intervento che interloquisce positivamente con il Contratto di Quartiere II, a sua volta in continuità con l’operazione CdQ I (Sant’Eusebio) e che consentirà, a fianco dell’edificio comunale di via Mozart, 23 e in sostituzione di un volume esistente degradato, la realizzazione di un nuovo edificio per 24 alloggi a canone sociale, ad opera di ALER Milano, che risulterà fattibile a fronte di una integrazione da parte del comune del cofinanziamento regionale.

L'esperienza di Calcinato

Tra le Amministrazioni che sono state in grado di integrare la propria azione con soggetti terzi del mondo cooperativo e del terzo settore è da segnalare il comune di Calcinato, appartenente alla provincia di Brescia. Comune di quasi 12.000 abitanti15, collocato ad est del capoluogo bresciano e subito a nord del comune di Montichiari, Calcinato si estende per una superficie territoriale di poco superiore ai 33 kmq. Attraversato in direzione est-ovest, da tre vie di comunicazione di primaria importanza: la S.S. Padana Superiore, la ferrovia Milano-Venezia e l’autostrada A4; è inoltre previsto che il suo turrito-rio venga attraversato dall’interconnessione Brescia Est della linea ad alta velocità Torino-Venezia. Il comune è contraddistinto da un passato basato su un’economia di carattere prevalentemente agricolo, che si traduce in una cospicua presenza di cascinali. Tuttavia nel paese non mancano presenze industriali rappresentate dal settore tessile. Già dal ‘700 Calcinato era conosciuto per la lavorazione della seta, ma con gli inizi del ‘900, questa raggiunse il massimo sviluppo con l’apertura di un importante cotonificio a Ponte San Marco, che ha significato l’arrivo di numerosa manodopera anche dai paesi vicini. Tra gli anni ’80 e ’90 anche il territorio comunale di Calcinato è stato coinvolto dal fenomeno dell’immigrazione straniera, che ha investito in maniera notevole l’area metropolitana di Brescia. Ad oggi nel comune quasi il 15%16 della popolazione residente è straniera. Nel 1990 per cercare di far fronte al problema della prima accoglienza degli stranieri, il comune ha costruito una struttura prefabbricata di 4 alloggi con una capienza massima di 5 persone per alloggio. Questa struttura che nasce per l’emergenza temporanea legata alla prima accoglienza, oggi si presenta per l’Amministrazione come un problema da dover risolvere, in quanto attualmente si è superata la fase della prima accoglienza e queste famiglie divenute ormai stanziali si trovano a vivere in una situazione precaria, legata all’obsolescenza della struttura. Le politiche attivate e perpetuate negli anni dalle diverse amministrazioni succedutesi delineano un quadro tutto sommato positivo per una realtà medio-piccola come il comune di Calcinato.

15 La popolazione residente al 31.12.2004 risultava essere di 11.709 abitanti – Fonte dati: sito del Comune di

Calcinato. 16 La popolazione straniera residente al 31.12.2004 risultava essere di 1.723 abitanti – Fonte dati: sito del Comune

di Calcinato.

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L’amministrazione comunale ha dimostrato di poter gestire il proprio fabbisogno abitativo all’interno della politica regionale dei bandi e dei programmi, riuscendo a fornire una risposta articolata e per certi aspetti innovativa al crescente fabbisogno abitativo. Il Comune ha provveduto infatti a mettere in atto un’azione informativa capillare attivando fattive collaborazioni anche con il settore privato ed il terzo settore.

Natura ed evoluzione dei fabbisogni

La situazione, che vede l’attuarsi di profondi cambiamenti in atto all’interno dell’organizzazione socio-economica del territorio, portano l’Amministrazione comunale ad una attenzione particolare verso le politiche abitative. Infatti a partire dagli anni ’80, il comune mette in atto una serie di politiche finalizzate al recupero del patrimonio caratterizzato da alloggi di edilizia residenziale pubblica. Vengono recuperati 73 alloggi tra il 1986 e il 1990, di cui 43 realizzati da ALER su aree assegnategli dal comune e 30 di proprietà comunale gestiti sempre da Aler. Nel 2000 l’Amministrazione comunale pubblica un bando di assegnazione di aree PEEP, dove veniva assegnato un bonus di punteggio a quelle cooperative e/o imprese, che erano disposte ad affittare a canone moderato parte degli alloggi17 a persone espressamente indicate dall’Amministrazione comunale18. Alla stipula delle convenzioni, l’Amministrazione comunale riesce a imporre un periodo minimo di affitto di quattro anni + quattro, con canoni calmierati calcolati in base al costo finale dell’alloggio19. Sempre all’interno di questo intervento, si rileva l’azione della cooperativa CoopCasa Brescia Scrl, a cui viene assegnata un’area in diritto di superficie, dove realizzerà 36 alloggi (due palazzine da 18 alloggi ciascuna), che si renderà disponibile ad affittare a canone bloccato, aggiornato ai soli adeguamenti ISTAT, per un periodo di tempo medio-lungo pari a 25 anni, a persone indicate dalla graduatoria comunale. Dei 36 alloggi disponibili, 25 vengono assegnati a cittadini stranieri. Questo è stato possibile in quanto l’Amministrazione svolge un’azione capillare di tipo informativo, rivolta alle fasce più deboli della popolazione, ogni qualvolta è disponibile un bando di assegnazione alloggi. Oltre a questi interventi che riguardano alloggi destinati ad affitto regolamentato, si segnala che dal 1996 al 2000 sono stati costruiti anche 114 alloggi in edilizia residenziale convenzionata. Le aree espropriate dal comune sono state poi cedute in diritto di proprietà con convenzioni ai privati, che hanno realizzato alloggi destinati alla vendita a prezzi calmierati. Sono state sistemate 20020 famiglie, con una percentuale per i non residenti, in base alla convenzione, pari al 20%.

Sicuramente positivo è il ruolo svolto finora da cooperative e/o imprese, relativamente alla pressione abitativa che l’Amministrazione si è trovata e si trova a dover risolvere nell’ambito del proprio territorio comunale. Resta tuttavia da valutare cosa accadrà al termine degli otto anni stipulati negli accordi per gli alloggi in affitto convenzionato, dal momento che allo scadere della convezione, previsto tra il 2007/2008, gli operatori saranno di fatto liberi di vendere e/o di affittare gli immobili a canone in linea ai valori di mercato.

Gli interventi in atto

Il comune di Calcinato per il Piano di Edilizia Economico Popolare di via Foscolo, ha attualmente ottenuto il cofinanziamento PCERS21, nell’ambito dell'Integrazione all’Accordo Quadro di Sviluppo

17 Vengono realizzati 30 alloggi di cui 8 assegnati in base alla graduatoria stilata dal comune. 18 Viene stilata una graduatoria su criteri stabiliti dall’Amministrazione comunale, costruita in analogia a quella che

regolamenta l’edilizia residenziale pubblica. 19 La percentuale di calcolo applicata per definire il canone di affitto si colloca tra il 3,85% e il 4% del costo finale

dell’alloggio. 20 Si è riportato il totale degli alloggi realizzati: 86 ad affitto calmierato + 114 destinati alla vendita. 21 Programmi Comunali per l’Edilizia Residenziale Sociale.

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Territoriale (AQST) da parte di Regione, per un importo di poco superiore al milione di euro22. L’intervento prevede l’assegnazione in diritto di superficie di parte dell’area ad Aler per la costruzione di 20 alloggi (8 bilocali + 12 trilocali) da affittare a canone concordato. La restante parte dell’area, in fase di definizione23, dovrebbe essere ceduta in diritto di proprietà sempre ad Aler, che dovrebbe costruire circa una trentina di alloggi, con tipologia di bilocale e trilocale, destinati poi alla vendita a regime convenzionato. La messa in vendita sarà attuata a stralci in fasi successive per valutare l’andamento del mercato.

Attualmente è in essere un bando per l’aggiornamento delle graduatorie 2006-2009, che scadrà il prossimo fine dicembre, con questa graduatoria verranno assegnati gli alloggi di prossima realizzazione. L’Amministrazione spera, in questo modo, di riuscire a risolvere quelle situazioni di particolare disagio e degrado legate anche alla struttura di prima accoglienza.

Le cooperative edilizie nel territorio lombardo

Le cooperative edilizie di abitazione, ancorché messe in difficoltà da alcune decisioni di livello regionale, hanno rappresentato e molto più potranno rappresentare in futuro se tali ostacoli saranno rimossi, il principale soggetto privato capace di supportare l’azione pubblica nella fornitura di alloggi sociali. E sono soprattutto le cooperative edilizie a proprietà indivisa che hanno cercato di utilizzare i finanziamenti del PRERP, interamente destinati all’affitto. Altri soggetti privati, cooperative divise e imprese, più vocate ad operare per la vendita, sono risultate pressoché assenti, mentre altri soggetti del privato sociale hanno richiesto, in misura peraltro marginale, finanziamenti per diverse forme di locazione temporanea. Nelle tabelle seguenti sono rappresentate le iniziative delle due principali Centrali Cooperative. La presenza di interventi per l’affitto si riscontra prevalentemente nell’azione di Alcab, e tuttavia per quote relativamente piccole. Confcooperative dichiara comunque una incidenza dell’affitto vicina al 10% nelle province di Milano e Brescia.

Tab 26. ALCAb (Associazione Lombarda Cooperative di Abitazione)

Cantieri aperti al dicembre 2005

numero alloggi di cui in affitto numero box

Comune di Milano 438 242 1.232 Altri comuni Prov. MI 1.278 21 1.135 Provincia di Bergamo 218 2 234 Provincia di Brescia 782 118 683 Provincia di Como 65 0 81 Provincia di Cremona 58 0 43 Provincia di Lecco 77 0 123 Provincia di Lodi 105 0 111 Provincia di Mantova 179 58 195 Provincia di Pavia 8 0 8 Provincia di Varese 62 12 52

Totale 3.270 453 3.897

22 Fonte dati: sito della Regione Lombardia – Politiche per la casa. 23 Al momento dell’intervista di fatto non era stata ancora formalizzata la convenzione.

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Tab 27. Interventi edilizi di Federabitazione Lombardia

Alloggi realizzati

2002-2005

Alloggi in costruz. al 31

dic 2005

Alloggi progr. dal

genn 2006

ACLI CASA BERGAMO 292 123 85

CONSEDI (Brescia) 533 126 530

CENTRO STUDI LA FAMIGLIA (Brescia) 1.587 912 1.156

ABITARE (Como) 198 13 141

ACLI CREMONA 199 258 82

CPL (Cremona) 240 20 50

G.PASTORE (Cremona) 110 52 116

CONSORZIO COOP. LAVOR. LECCO 906 91 26

CONSORZIO COOP. LAVOR. MILANO 930 720 1.200

COOPERATIVE BRIANZA (Milano) 136 91 23

CASA EST TICINO (Milano) 191 92 40

ASEA (Milano) 233 283 127

CASA DI MILANO (Milano) 173 30 240

CONS. COOP. EDILIZIA RES. (Milano) 71 132 62

TOT CONSORZI FEDERABIT. LOMB. 5.799 2.943 3.878

Altri Interventi FEDERABIT. LOMB. 2.630 519 circa 1.120

Sono principalmente le province di Milano e di Brescia, con i relativi capoluoghi i territori nei quali le cooperative di abitazione mostrano la maggiore presenza e significatività rispetto alle politiche abitative. Segue, a distanza, la Provincia di Bergamo. Analoga distribuzione territoriale è facilmente leggibile anche nella capacità di accesso alle misure del Prerp dimostrata da questa tipologia di soggetti. Tab 28. Finanziamenti PRERP concessi a soggetti privati

Province Finanziamento concesso Numero alloggi %

Bergamo 4.214.520 119 12,6

Brescia 6.367.450 136 14,4

Crema 457.995 16 1,7

Lodi 701.499 15 1,6

Mantova 2.444.905 82 8,7

Milano 26.605.033 578 61,1

Totale 40.791.402 946 100,0

4.3 Recupero di un ruolo pubblico entro contesti fortemente solcati dall’azione del mercato

Amministrazioni che operano entro contesti che sono stati profondamente modificati dall’azione progettuale dei privati e che oggi sono protesi ad un ritorno di centralità dell’azione pubblica nel campo abitativo soprattutto in risposta alla domanda delle fasce deboli e più in generale alle domande inevase.

L’esperienza di Busto Garolfo

Busto Garolfo è un piccolo centro della Provincia di Milano ai margini della conurbazione della valle dell’Olona, a sud di Malpensa, ad est del Parco del Ticino, ad ovest del tracciato della statale del Sempione.

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È un centro di circa 12.000 abitanti, con un centro storico forse più ricco e più grande rispetto al suo attuale rango, ed un territorio contraddistinto da una edificazione a bassa densità, di ville, case a schiera, piccole palazzine, e, più a ridosso del centro, case in linea miste a piccoli capannoni o vecchi recinti industriali. Un contesto simile a molti altri di questa zona, che non è ancora conurbata con Milano, ma da essa dipende strettamente. Non è collegata direttamente con la ferrovia, e soffre quindi in misura minore di un decentramento residenziale da Milano e dai Comuni di prima corona. D’altro canto non è più centro agricolo ne industriale, non ha più le caratteristiche sociali e demografiche di un centro isolato e ai margini dello sviluppo urbano, ma comincia a risentire di quello che accade attorno. Busto Garolfo è cresciuto molto negli ultimi 20 anni, si è espanso, allargando la sua fitta maglia di isolati ortogonali, ma si è anche trasformato al suo interno, attraverso demolizioni e ricostruzioni nel centro storico e la riconversione del tessuto produttivo storico. La sua popolazione non è cresciuta nelle medesime proporzioni, segno forse che rispetto ad altri contesti la sua crescita non è motivata da migrazioni dal capoluogo quanto da una ricercata qualità abitativa dei residenti (il passaggio dall’abitazione piccola nel centro storico alla villetta nella zona nuova). È una realtà in cui la casa di proprietà, legata all’investimento della famiglia, è decisamente preponderante rispetto alla casa in affitto con percentuali fra l’80 e il 90%. La casa nella zona nuova veniva infatti vissuta dal dopoguerra a tutti gli anni ’70 come l’emancipazione dall’affitto (retaggio della affittanza dai vecchi padroni terrieri o dagli proprietari delle grandi fabbriche), ed ha quindi una valenza culturale e simbolica, oltre che economica. Recenti studi sulle dinamiche della residenza e della popolazione sono state condotte in fase di redazione del nuovo Piano Regolatore. Il Comune di Busto Garolfo ha adottato nel 2005 la nuova variante generale di PRG, esito di quasi 4 anni di lavoro, rallentamenti e riprese ed un lungo dibattito politico in seno alla precedente maggioranza e a quella attuale. Il Piano è stato redatto dal Dipartimento di Architettura e Pianificazione del Politecnico di Milano. Il Piano prevede una crescita residenziale relativamente contenuta rispetto al Piano Regolatore precedente, dal quale ha ereditato alcuni ambiti di espansione non attuati. Ma ha “lavorato dall’interno” ridefinendo le aree irrisolte o problematiche, le regole, e incentivando il completamento residenziale all’interno del perimetro dell’abitato e la trasformazione delle aree produttive centrali. Il Piano prevede quindi una consistente quantità di nuove volumetrie residenziali rispetto allo stato di fatto stimabili in circa 51, 9 ha (superficie territoriale). I volumi realizzabili su queste aree sono 612.638 mc. mentre in termini di abitanti la crescita della città prevista dal piano è pari a 4.084 abitanti/teorici nell’arco di 10 anni. A questi vanno aggiunti circa 438 abitanti/teorici derivanti dai piani attuativi approvati o in itinere e, dunque, riconducibili a previsioni del Piano regolatore previgente (pari a circa 66.000 mc). Si ricorda che si tratta di abitanti teorici e non reali dato che parte di queste superfici abitative sono destinate a coprire le maggiori esigenze di spazio degli attuali residenti. Nonostante lo sviluppo residenziale programmato in fase di adozione del Piano Regolatore Generale è emersa l’esigenza, già dichiarata nel programma elettorale della nuova maggioranza, di affrontare l’acuirsi del disagio abitativo, nelle sue diverse forme, inserendo all’interno del Piano i presupposti urbanistici per un intervento residenziale di carattere sociale.

Il patrimonio pubblico in dotazione al comune

A Busto Garolfo gli edifici di edilizia residenziale pubblica di proprietà del Comune sono 7 per complessivi 92 alloggi (di cui 1 vuoto) occupati da 168 persone, mentre gi edifici di proprietà ALER sono 2 per complessivi 43 alloggi (di cui 2 vuoti) occupati da 133 persone. Gli abitanti di Busto Garolfo che risiedono in appartamenti di edilizia pubblica sono circa l’1,4% della popolazione, dato estremamente basso e che conferma la vocazione alla proprietà tipica della cultura abitativa locale.

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Natura ed evoluzione dei fabbisogni

Che il problema abitativo abbia assunto una nuova rilevanza sociale, innescando processi di impoverimento, allungando i tempi di fuoriuscita dalla famiglia, inibendo la creazione di nuove famiglie, è ormai oggetto da alcuni anni di riflessione politica e di ricerca di nuove soluzioni. Il territorio di Busto Garolfo è investito forse meno di altri da queste problematiche, che comprendono anche le nuove domande abitative di immigrati, anziani soli, coabitanti, abitanti temporanei, sia per il suo essere territorio di confine (ai margini di una conurbazione, non lontano dal parco del Ticino), sia per la relativa lontananza da Milano. Negli anni ’90 Busto Garolfo ha registrato un tasso demografico del 8,61 %, Legnano del 9,68%, Casorezzo del 7,71 %, Parabiago del 5,16 %, mentre Canegrate, San Vittore Olona e Villa Cortese si sono attestati intorno al 4-5%. Magenta, Rho e San Giorgio hanno invece registrato valori negativi, mentre il dato provinciale si è attestato, a seconda se consideri o escluda il capoluogo, intorno all’0,71 e al 4,55%. La crescita di Busto Garolfo è imputabile quasi esclusivamente alla differenza fra gli immigrati e gli emigrati (tasso migratorio), sebbene anche il tasso naturale (differenza fra nati e morti) sia stato positivo e abbia apportato un piccolo, ma significativo contributo alla crescita della popolazione. Il tasso migratorio di Busto si attestato intorno al 7,29% e anche in questo caso si tratta del valore più alto dell’area dopo Arconate, Legnano e Casorezzo (i dati sono rispettivamente 21,31%, 10,17% e 7,4%). Complessivamente, dunque, i dati fotografano una città che cresce, secondo due movimenti che si alimentano a vicenda: cresce perché attira nuova popolazione, ma attira popolazione perchè si costruisce; ma anche una città che cresce perché nascono molti bambini, e quindi una città composta da popolazione giovane in confronto ai comuni contermini. Busto Garolfo conta 12810 abitanti 4948 famiglie a fine marzo 2005 (2,59 persone per famiglia), mentre nel 1991 contava 11202 abitanti. La pressione abitativa non è stata negli ultimi anni un elemento rilevante, anzi l’aumento della popolazione ha seguito la crescita dell’edificato. Nonostante questa apparente situazione di normalità alcuni indicatori, oltre a frequenti segnalazioni e richieste agli uffici, mettono in evidenza come sia cresciuta negli ultimi anni una domanda duplice di alloggio a canone moderato ed in parte di canone sociale che non viene soddisfatta appieno dalla dotazione di alloggi ERP ne dalla disponibilità di alloggi sul libero mercato. Le richieste di alloggio pubblico emerse dal bando di assegnazione luglio-dicembre 2004 sono complessivamente 59, numero non indifferente su un patrimonio di 135 alloggi. Mentre le domande per il sostegno all’affitto sono in lenta, ma costante, crescita dal 2002 ad oggi (45 nel 2002, 54 nel 2003, 59 nel 2004). Sembra chiaro che una domanda stia emergendo, specie se si considera l’attuale limitata capacità di risposta a richieste quantitativamente contenute (50-100 famiglie con disagi abitativi sono già un problema politico). Contemporaneamente sta emergendo un nuovo fabbisogno abitativo che non trova risposta nelle soluzioni di mercato e quindi rimane insoddisfatto. Un numero crescente di abitanti chiede all’Amministrazione di trovare soluzioni per quella ampia fascia di popolazione giovane che fa fatica ad inserirsi nel mercato abitativo privato ma contemporaneamente ha redditi troppo elevati per sperare in un alloggio a canone sociale. In un contesto così piccolo ad una domanda così semplice è molto più difficile dare una risposta, per l’esiguità del patrimonio pubblico, per l’assenza di esperienze estese di cooperazione edilizia (che storicamente in altri contesti ha dato risposta a questi settori di domanda). La forma stessa del mercato immobiliare locale non aiuta. Innanzitutto è da sottolineare la debolezza assoluta del mercato dell’affitto, che ha un ruolo residuale sia in termini quantitativi che qualitativi. In una città di villette e piccole palazzine, caratterizzata da una proprietà diffusa, la disponibilità di alloggi in affitto è circoscritta al centro storico, all’interno di vecchie corti generalmente in cattivo stato di manutenzione con alloggi talvolta ai limiti dell’abitabilità per

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dotazione di servizi e stato di manutenzione. La presenza di poche grandi famiglie, prevalentemente legate alla proprietà terriera, che detengono ampie proprietà nel centro, ha facilitato processi di abbandono, di scarso investimento nella messa a norma, di attesa di possibilità di recupero più redditizie. La situazione attuale è, quindi di un centro in parte malmesso e abbandonato (molti alloggi o stabili vuoti in stato di abbandono o in attesa di riconversione, ma comunque abitato da un settore di popolazione anziana e da immigrati (vecchi e nuovi). Per contro la città esterna è una città in buone se non ottime condizioni di manutenzione, abitata, curata nello spazio privato, molto meno in quello pubblico. Le recenti espansioni residenziali e quelle previste dal vigente Piano Regolatore, per le forme della proprietà e le per tendenze dominanti nel mercato, non contribuiranno a rispondere a questa domanda di alloggio sociale, ma non risponderanno neppure ad una domanda più diffusa di alloggio a costo contenuto in affitto, data la tendenza degli imprenditori edilizi locali e dei piccoli proprietari a costruire per vendere, con tempi ed esposizioni economiche più contenute. In qualche modo forse, e solo nel caso vengano avviati contemporaneamente più progetti di grandi dimensioni, si potrà avere un effetto di calmiere dei prezzi, ma in dimensioni assai limitate ed esclusivamente sulla vendita, i cui prezzi sulle nuove costruzioni sono mediamente compresi fra i 1800 e i 2500 euro al metro quadro. L’assenza di operatori immobiliari di un certo rango, la debolezza del mondo cooperativo nell’area, specie se raffrontata con i territori più a sud del Magentino o dell’Abbiatense, contribuiscono in modo sostanziale a rendere più difficile una crescita nel medio periodo di disponibilità di alloggi in locazione. La struttura stessa del mercato locale e degli operatori, la limitatezza di budget dell’Amministrazione e le scarse risorse degli uffici tecnici, hanno vincolato lo stesso Piano Regolatore che non ha potuto inserire norme su quote di edilizia convenzionata neanche negli interventi di maggior respiro, ne prevedere nuovi interventi residenziali pubblici.

Gli interventi in corso nel campo abitativo

L’Amministrazione da poco insediatasi e che ha portato a termine in continuità con l’amministrazione precedente, il nuovo Piano Regolatore, ha definito in collaborazione con gli estensori del Piano un percorso possibile per attivare nuove politiche abitative con la finalità di rispondere almeno in parte alle problematiche abitative emerse. L’attivazione di questo percorso ha trovato un suo primo passo nell’organizzazione di un dibattito pubblico sulle politiche abitative tenutosi a Busto Garolfo nel giugno 2005 ed avente come tema l’esplorazione di possibili soluzioni alla variazione della domanda abitativa. All’incontro sono stati invitati studiosi, operatori cooperativi, esponenti del mondo finanziario e delle fondazioni. La volontà politica alla base di questo confronto ed approfondimento era quella di costruire delle risposte chiare a delle domande vaghe, ma fortemente percepite, che necessitano di essere comprese, approfondite, valutate. Delle risposte che abbiano al contempo un alto contenuto di innovazione nel processo, nella loro definizione, costruzione e realizzazione finale, esplorando le sinergie possibili fra privato e pubblico, trovando equilibri e forme di finanziamentio, orientando il mercato locale. Dal confronto pubblico è emersa la disponibilità del mondo cooperativo e finanziario ad attivare processi di collaborazione con l’Amministrazione nella definizione del progetto di realizzazione di alloggi a canore moderato nelle due aree individuate dall’Amministrazione. Il nuovo Piano Regolatore ha cercato di offrire una opportunità concreta prevedendo la destinazione residenziale di due aree (una piccola e centrale una grande e periferica) di proprietà comunale, prima azzonate a standard, anticipando di fatto la possibilità di realizzare residenza sociale su aree a servizi individuata dalla nuova legge quadro regionale sull’urbanistica. L’intenzione è quella di attivare una operazione immobiliare orientata a realizzare edilizia convenzionata con una quota consistente, se non con la totalità, di affitto perpetuo a canone moderato, inizialmente nell’area di maggiore dimensione sulla quale si prevede di realizzare fra i

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40 e i 60 alloggi, già in disponibilità dell’Amministrazione Comunale, e successivamente in un area di dimensioni ridotte, ma con un diritto volumetrico ceduto all’interno di un Piano Attuativo di trasformazione (circa 12-16 alloggi). Per attivare tale processo si è intrapreso un dialogo “costruttivo” con chi opera nel settore edilizio con un’attenzione particolare ai ceti poveri e medi e ai giovani, per comprendere gli elementi, i processi, le forme, che contribuiscono e rendono possibile la realizzazione da parte di operatori privati o cooperativi di un numero consistente di nuovi alloggi in affitto, con l’ausilio, l’appoggio e la disponibilità delle aree da parte dell’Amministrazione. Costruire un confronto aperto di tipo culturale, ma con una finalità anche e chiaramente concreta, con esperti di problematiche abitative operatori della cooperazione, operatori economici e fondazioni bancarie, tecnici nel campo della bioarchitettura e progettisti, ha rappresentato un primo passo, per dare basi solide e condivise, per le successive mosse dell’Amministrazione, dalla definizione di eventuali bandi per l’assegnazione delle aree, la definizione dei progetti e di convenzioni tipo sulle aree oggi disponibili, alla costruzione di politiche indirette atte a favorire l’allargamento del mercato dell’affitto.

4.4 Ricerca di forme di cooperazione tra comuni

Amministrazioni che si consorziano, comuni che creano reti, forme di agenzie sovracomunale atte a fornire una risposta sinergica alla complessità delle questioni, anche in relazione al nuovo approccio concertato dell’intervento regionale.

L’esperienza di Milano - Corsico - Cesano Boscone

Il Comune di Milano, che costituisce un caso a parte per l’unicità dimensionale e qualitativa nella Regione, viene analizzato dal punto di vista dello sforzo di ricercare forme di collaborazione fra comuni nella gestione delle politiche abitative, per la verità assai poco sviluppata e sperimentata nella nostra regione, nonostante condizioni urbanistiche che avrebbero dovuto suggerirne l’impiego già da molto tempo. L’opportunità fornita dagli Accordi Quadro di Sviluppo Territoriale è stata colta dai tre comuni, che insieme si trovano a disporre del 54% del finanziamento Regionale disponibile, per rilanciare la costituzione della Società di Trasformazione Urbana “Lorenteggio”, il cui studio di fattibilità, finanziato dal Ministero Infrastrutture, sta per essere concluso e che comprende l’ambito sud-ovest del comune di Milano e i comuni di Cesano Boscone, Corsico, Trezzano sul Naviglio. Sembra costituire un limite all’efficacia della proposta il fatto, che non viene argomentato, che siano scelte per l’impiego dei fondi AQST aree piuttosto lontane dai comuni contermini ovest, di cui pure dovrebbero soddisfare i fabbisogni. Con il Piano Casa approvato dal Consiglio nel maggio 2005, il Comune di Milano dopo un’assenza di due decenni torna ad affrontare in modo sufficientemente organico la problematica abitativa dando finalmente concretezza a politiche di intervento già definite nelle linee generali dal Documento di Inquadramento delle Politiche Urbanistiche e che solo ora, anche aderendo con convinzione alle priorità e alle forme di intervento indicate dal PRERP, sembrano trovare adeguate prospettive di fattibilità. Ed è da considerare positivamente il fatto che il cofinanziamento reso possibile dall’Accordo Quadro venga inserito nell’ambito della programmazione definita per il medio periodo, costituendo quindi anche un volano per gli sviluppi futuri del piano stesso. Del resto, la dimensione dei fabbisogni di Milano è talmente grande rispetto alle risorse disponibili che non sarebbe possibile affrontarla se non con un programma di medio-lungo periodo e, anche, nel quadro di una programmazione coordinata con quella dei comuni dell’area metropolitana. In tal senso, pur limitata per dimensione e modalità (solo aree di Milano, insufficientemente collegate agli altri due comuni), la sperimentazione di un accordo intercomunale fra i tre comuni

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destinatari di finanziamento, rappresenta una linea di tendenza da approfondire e sviluppare (con interventi maggiormente integrati) nell’ambito degli altri moduli previsti dalla STU Lorenteggio. Natura ed evoluzione dei fabbisogni L’insieme dei comuni interessati presenta fabbisogni fra i più elevati dell’area metropolitana. A parte Milano, per la cui analisi di fabbisogno si rinvia all’indagine del Centro Studi PIM richiamata nella delibera-casa del maggio scorso (vedi al successivo paragrafo), i tre comuni della STU hanno un problema di risorse territoriali in espansione ormai esaurite e di nuove non reperibili se non nell’ambito di processi di trasformazione di aree dismesse. Le difficoltà di sviluppare al proprio interno politiche abitative si riflettono sull’entità delle domande di ERP, che soprattutto a Corsico e Cesano Boscone sono fra le più alte dell’area milanese, con incidenze intorno a 30 domande per mille famiglie residenti.

Gli interventi in atto

Il quadro urbanistico

Con la delibera di Consiglio Comunale n. 26 del 16 maggio 2005, il comune di Milano ha varato un programma di interventi residenziali con cui si chiude un percorso di ripresa delle politiche abitative dopo una assenza ventennale, e cioè dall’ultimo atto che almeno nelle intenzioni si poneva l’obiettivo, poi frustrato dalla attuazione, di aumentare l’offerta abitativa a prezzi e canoni calmierati nella città di Milano (si trattava del cosiddetto Progetto Casa 83/85). Tale iniziativa, che assume le valutazioni di fabbisogno formulate dal Centro Studi PIM (47.000 alloggi nel decennio, di cui 16.000 di abitazioni transitorie), si colloca all’interno delle linee del PRERP regionale, ai cui bandi il comune di Milano ha ampiamente partecipato, e apre però anche una prospettiva di coinvolgimento di risorse private nell’edilizia sociale che finora era mancata. Il complesso dei provvedimenti tende ad affrontare una situazione di fabbisogno la cui criticità si è molto aggravata soprattutto dalla fine dello scorso decennio quando i prezzi immobiliari hanno avviato una crescita senza precedenti: - esaurimento delle risorse territoriali destinate all’espansione edilizia; - produzione di edilizia abitativa non sufficiente a coprire il fabbisogno; - processi di recupero del patrimonio esistente che non sono riusciti a coprire la domanda

emergente; - degrado socio/ ambientale dello spazio urbano destinato ad edilizia residenziale; - nuovi profili di utenza, differenti per esigenze e disponibilità economiche, che si concentrano

in determinate porzioni della città (gli studenti, gli anziani, gli immigrati, i lavoratori); - aumento della domanda di abitazioni temporanee.

Gli interventi già finanziati

La partecipazione ai bandi regionali si è concretizzata nella prospettiva di realizzazione di circa 1.750 alloggi fra canone sociale e canone moderato (bandi CM2/EA1/EA2/PCE1/POR): - Piano Operativo Regionale - POR, incluso nel PRERP, si inquadra nel programma

nazionale “20000 abitazioni in affitto”. Con il POR la Regione ha messo a disposizione risorse finanziarie da erogare ai Comuni secondo graduatoria, per favorire la costruzione di alloggi in affitto a canone concordato. Il Comune, l’ALER e operatori privati vi partecipano nel 2003 con lo scopo di costruire 1.000 nuovi alloggi. I finanziamenti POR verranno erogati per 638 alloggi, di cui 332 comunali all'interno dei PRU di Lorenteggio, Rubattino, Lodi TIBB e Palazzi - Quarto Oggiaro, 221 in vari quartieri ALER e 85 realizzati mediante convenzionamento da cooperative edilizie, nel PII Grazioli.

- Programma Comunale per l'Edilizia Residenziale Sociale - PCERS, per gli interventi volti ad incrementare il patrimonio di edilizia residenziale pubblica da destinare alla locazione a canone sociale (256 alloggi finanziati, integrati da fondi comunali: vedi sotto “Abitare a Milano 1”).

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- Programma Regionale per l’Emergenza Abitativa, per rispondere all'area della marginalità sociale, del disagio grave e diffuso. Il Comune di Milano ha partecipato al programma (due bandi) ottenendo finanziamenti per la realizzazione di iniziative comunali e Aler per un totale di 788 alloggi.

Con integrazione di finanziamenti comunali, sono inoltre attivati: - Programma per l’Edilizia Residenziale Universitaria: sono state individuate 5 aree

comunali per una superficie totale di circa mq. 37.830 dove realizzare circa 1.260 posti letto, da attivare in collaborazione con le università milanesi.

- Due Concorsi Internazionali di Progettazione, Abitare a Milano 1 (aree Gallarate - Senigallia - Civitavecchia - Ovada) e Abitare a Milano 2 (aree Cogne - Del Ricordo - Giambellino - Appennini), volti a realizzare interventi di edilizia residenziale pubblica che puntino alla qualità architettonica tenendo conto anche della successiva dimensione gestionale e sociale. Le aree sono porzioni inutilizzate di proprietà pubblica, inserite nel PRERP-PCERS e sulle quali realizzare un totale di circa 750 (inclusi i 256 finanziati col PCERS) e 450 alloggi rispettivamente.

Il recupero dei quartieri popolari

Il Contratto di Quartiere Spaventa (14 edifici per un totale di 375 alloggi) eseguito con finanziamenti regionali. Il progetto tocca 3 temi progettuali principali: la riqualificazione edilizia del patrimonio residenziale pubblico; l'incremento e il miglioramento dei servizi pubblici; la partecipazione sociale. Il PRU Stadera, ha come obiettivi: la riqualificazione ambientale del quartiere, la diversificazione sociale degli abitanti e l’inserimento di funzioni compatibili, il completamento dell’assetto planivolumetrico delle proprietà contigue sia pubbliche che private, la riprogettazione delle funzioni pubbliche, la riqualificazione ambientale del quartiere e la costruzione di un tavolo di concertazione. Gli interventi previsti: riqualificazione del patrimonio ALER, percorso di progettazione partecipata, recupero dell'area ex Mulini Certosa, realizzazione di un nuovo volume polifunzionale, riordino della viabilità del quartiere. I Contratti di Quartiere II: strumento tecnico-urbanistico che agisce sul tessuto urbano del quartiere, ne cambia alcuni connotati, ne riordina e ne ridisegna i contorni recuperando il disagio sociale. Sono state individuate 5 aree di intervento: Gratosoglio (sup. 318.275 mq; popolazione 4.919), Mazzini-Gabrio Rosa (sup. 154.000; pop. 4.844), Molise- Calvairate (sup. 157.947; pop. 4.683), Ponte Lambro (sup. 98.896: pop. 1.130), San Siro (sup. 404.400; pop. 10.878). Nell'ambito del PRU Stadera, alcune iniziative ALER volte alla riqualificazione del patrimonio residenziale sono state finanziate grazie al Programma per l’Emergenza Abitativa.

Gli interventi proposti

La proposta per gli AQST

Il Comune di Milano che dispone (d.g.r. 16 febbraio 2005 n. 7/20913) di una dotazione di 29 ml di euro per alloggi a canone sociale o moderato ha presentato una proposta di Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale che prevede la individuazione di aree interne alla STU Lorenteggio, in accordo con i comuni di Corsico e Cesano Boscone. Aggiungendo a quella del capoluogo la dotazione prevista per gli altri due comuni si raggiunge l’importo complessivo finanziabile di 30.379.000 euro. All’interno del quadro generale degli obiettivi di trasformazione è stato individuato un pacchetto di interventi prioritari orientato a: - incrementare l’offerta di alloggi a canone sociale, moderato e convenzionato; - utilizzare tecniche costuttive bio-compatibili; - garantire un positivo rapporto tra residenza e ambiente, tenendo conto che le aree individuate

affacciano su aree verdi.

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Tali interventi prioritari sono aggregati in quattro moduli: - Riabitare il Lorenteggio, che prevede un intervento articolato di ristrutturazione del

Quartiere ALER Lorenteggio-Giambellino, che include una parziale demolizione-ricostruzione;

- Riqualificare la Barona, che prevede interventi di nuova costruzione in aree di proprietà del comune già inserite nella programmazione ERP (Piano Casa di cui al successivo paragrafo), in via Voltri e Via De Finetti, a completamento e parziale espansione delle aree PEEP della Barona. E’ per questi interventi che si richiede il cofinanziamento regionale dell’AQST da parte dei tre comuni che hanno già assentito formalmente il relativo Protocollo d’Intesa;

- Abitare nel Parco, che prevede interventi su aree comunali anch’esse incluse nel Piano Casa, localizzate in zona Ronchetto sul Naviglio e da attuarsi eventualmente anche in assenza di contributi pubblici in base alle modalità stabilite dal Consiglio Comunale (max 60% di edilizia residenziale in vendita convenzionata);

- un quarto modulo in corso di definizione sulle aree di trasformazione di Corsico, Cesano Boscone e Trezzano sul Naviglio.

Il quadro degli interventi di medio periodo

Il “Piano Casa” (del. CC n. 26 del 16.05.2005)

Il nuovo Piano Casa, approvato dal Consiglio Comunale, oltre a ricostruire il quadro delle iniziative già avviate o finanziate, di cui si è detto in precedenza, individua altre trentasette aree di proprietà pubblica, per la verità non tutte di certa o immediata fattibilità, con una capacità teorica di 13.500 alloggi. Su di esse, tutte destinate a standard, (anche adottando le procedure semplificate delle l.r. n. 7/2005 per i comuni a fabbisogno elevato) potranno essere realizzati alloggi in affitto a canone sociale, moderato e convenzionato speciale e anche, in misura da definire caso per caso (comunque in misura non superiore al 60% del totale intervento) da cedere in proprietà a prezzi convenzionati. Gli operatori saranno scelti in base a procedure di evidenza pubblica, possibilmente anche attraverso concorsi di architettura.

Altre iniziative

L’Amministrazione Comunale intende anche partecipare al Progetto Housing Sociale, promosso dalla Fondazione Cariplo, che permetterebbe a cittadini in situazione di svantaggio l'accesso al mercato degli alloggi, avvalendosi di un “immobiliarista sociale” che rende disponibili strutture e competenze, finanziando l'intervento attraverso risorse di terzi, coinvolgendo e rafforzando il terzo settore. Le Società di Trasformazione Urbana – S. T. U., le quali potrebbero rappresentare un laboratorio per la sperimentazione della partnership pubblico- privato nella riqualificazione del patrimonio pubblico esistente. Obiettivi: coinvolgere risorse private, attivare un modello operativo ad hoc, semplificare gli aspetti burocratici. Il Comune di Milano ha partecipato con successo ai bandi per il finanziamento degli studi di fatti-bilità di due Società di Trasformazione Urbana: la STU di Lorenteggio e la STU di Ponte Lambro.

L’esperienza di Bergamo - Ciserano - Dalmine

Il Comune di Bergamo presenta un fabbisogno abitativo elevato. Capoluogo di Provincia con oltre 100.000 abitanti, esercita una funzione attrattiva di popolazione da un vasto hinterland denso di attività produttive e commerciali in quanto centro principale di servizi. In forte crescita la popolazione immigrata, che costituisce una componente sempre più importante degli occupati della provincia. A fronte di ciò il Comune già da diversi anni si trova a fronteggiare una carenza di aree da destinare all’Edilizia Residenziale e anche questo può aver spinto a coinvolgere i comuni vicini nella ricerca di soluzioni per le politiche abitative. In particolare, in occasione della proposta

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di AQST, il comune di Bergamo ha trovato una prima convergenza di obiettivi con i comuni di Dalmine e di Ciserano, comuni che insieme ad altri dell’area di “Zingonia” hanno già promosso a partire dal 2001 una Agenda Strategica e un Piano di Sviluppo dell’area Dalmine - Zingonia. L’aspetto più interessante e innovativo della Proposta di AQST presentata sembra essere però la individuazione di un ruolo centrale nell’attuazione degli interventi affidato all’Associazione Casa Amica Onlus, agenzia di housing sociale da anni attiva e presente sul territorio, ampiamente partecipata da Amministrazioni pubbliche e soggetti privati, che è stata concepita fin dagli anni Novanta come strumento operativo per le politiche abitative. Sono soci di Casa Amica: la Provincia di Bergamo, il Comune di Bergamo e altri comuni, l’Associazione Costruttori Edili di Bergamo, l’Unione Industriali, la Caritas Diocesana, le associazioni locali degli immigrati. L’Associazione inoltre ha sviluppato un rapporto di collaborazione con la Scuola Edile di Bergamo per modalità progettuali e costruttive che consentano un contenimento dei costi del prodotto casa.

Natura ed evoluzione dei bisogni

Il Comune di Bergamo si trova ad affrontare il crescente disagio abitativo di lavoratori, in buona parte immigrati, attratti dal mercato del lavoro di aree produttive situate in comuni limitrofi, come quelli dell’area di Dalmine e di Zingonia. La pressione abitativa conseguente a tale fenomeno, che alimenta situazioni di sovraffollamento e di sfruttamento in affitto e subaffitto, si scarica anche sui comuni contermini e in particolare sul capoluogo, che costituisce il primo approdo di chi arriva nell’area bergamesca alla ricerca di un’opportunità lavorativa.

Gli interventi in atto

a) il quadro urbanistico

Il PRG di Bergamo, approvato nel maggio 2002, cerca di sviluppare anche nel campo dell’edilizia residenziale sociale quel concetto di integrazione di usi e di funzioni che ispira gran parte della normativa da esso introdotta. Il PRG di Dalmine, approvato nel maggio 2004, prescrive la individuazione delle quote necessarie al soddisfacimento dell’ERP all’interno dei Piani Attuativi. Come nel caso di Bergamo, il comune orienta la proposta di AQST al fine di: - incrementare il patrimonio pubblico - introdurre la tipologia di offerta del canone moderato - sperimentare percorsi di accompagnamento all’autonomia abitativa

Il territorio del comune di Ciserano va letto nel più ampio contesto di Zingonia in cui è inserito e nelle sue relazioni con il sistema territoriale che lo connette a Bergamo di cui rappresenta il più rilevante ambito produttivo di livello suburbano. Ed è proprio nell’area di Zingonia che il modello insediativo perseguito in passato ha prodotto una situazione di concentrazione di degrado urbano e di disagio abitativo, che ora si intende affrontare proprio con gli interventi dell’AQST. Esso è articolato sulle tre tipologie di intervento individuate anche per gli altri 2 comuni, ma si qualifica soprattutto per un intervento di “recupero” nella tipologia del canone moderato di un intervento privato all’interno di un piano di lottizzazione.

Gli interventi proposti

La proposta per gli AQST

Finalità dell’AQST è l’incremento del comparto della locazione a canoni accessibili. Per il suo raggiungimento si procede promuovendo progetti di sviluppo territoriale che inneschino nuovi interessi e risorse, individuando un nuovo soggetto del terzo settore quale strumento di intervento e ricercando la sostenibilità economica con tendenziale autonomia rispetto alle risorse pubbliche.

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La proposta di AQST si muove verso tre obiettivi fra loro integrati: - incrementare il patrimonio pubblico a canone sociale; - introdurre la tipologia di offerta del canone moderato; - sperimentare nuove tipologie abitative capaci di sostenere percorsi di accompagnamento

all’autonomia abitativa, così da aumentare la mobilità nello stock in locazione massimizzandone l’impiego.

Per lo sviluppo di tali obiettivi vengono ritenuti importanti: - il ruolo della Prefettura di Bergamo per l’attività di concertazione e coordinamento; - il coinvolgimento di Casa Amica nell’attuazione delle soluzioni abitative a carattere

sperimentale e di modelli di gestione sociale basati sull’accompagnamento abitativo e sulla temporaneità della locazione (accompagnamento all’acquisto per stimolare turn over nell’affitto);

- il coinvolgimento della Scuola Edile per la realizzazione di interventi sperimentali di ERP a costi contenuti.

Gli interventi per cui si richiede il cofinanziamento

Bergamo

Nel breve periodo: nuova costruzione di 39 alloggi individuati in P.zza Aquileia su area di proprietà comunale con variante di piano già adottata. Il 60% degli alloggi a Canone sociale ed il 40% a Canone moderato. Realizzazione di 48 alloggi in via Quarenghi in parte di risanamento conser-vativo ed in parte di demolizione/ricostruzione. Tutti a canone moderato. Gli interventi saranno realizzati da Bergamo Infrastrutture.

Nel medio periodo: nuova costruzione di 20 alloggi per il 60% a canone sociale e 40% a canone moderato. Realizzazione di un edificio a carattere sperimentale con soluzioni abitative multiple per un totale di 50 posti letto : - prima accoglienza (15 posti letto oltre spazi comuni); - 6 bilocali a canone sociale per periodi brevi ; - 5 alloggi a canone sociale per periodi lunghi.

Dalmine

Nuova costruzione di 44 alloggi in via Segantini, in aree di proprietà comunale con piano attuativo in elaborazione; 60% canone sociale, 40% canone moderato. Nuova costruzione di 6 minialloggi in via Dante, in aree di proprietà comunale con piano attuativo approvato.

Ciserano

Nuova costruzione di 33 alloggi a canone moderato per 15 anni, in area di proprietà privata con PL convenzionato. Realizzazione di un edificio a carattere sperimentale con soluzioni abitative multiple per un totale di 50 posti letto :

- prima accoglienza (15 posti letto oltre spazi comuni); - 6 bilocali a canone sociale per periodi brevi; - 5 alloggi a canone sociale per periodi lunghi.

Acquisto e ristrutturazione di 33 alloggi a canone sociale (asta giudiziaria condominio Athena 1).

Gli interventi di lungo periodo

Già gli interventi sopra elencati superano largamente le disponibilità finanziarie già assicurate come cofinanziamento regionale. Ed è implicito quindi che i Comuni intendano richiedere alla

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Regione di incrementare tale disponibilità nelle prossime annualità fino alla copertura degli interventi proposti. Il Comune di Bergamo, inoltre, annuncia l’intenzione, già impegnativa politicamente e di cui sono definiti i criteri di individuazione, di procedere alla formazione di un nuovo PEEP per 360.000 mc (pari circa al 50% del fabbisogno accertato) e, in secondo luogo di continuare lo studio di strumenti urbanistici concertati attraverso i quali attivare risorse private, da indirizzare prevalentemente alla realizzazione di alloggi a canone moderato. Per tale forma di intervento si individuano 4 possibili localizzazioni, di piccola dimensione unitaria, per circa 2.700 mq di superficie residenziale totale. Dal punto di vista urbanistico, viene enfatizzata la scelta dell’integrazione urbana degli interventi, in genere di piccola dimensione e inseriti in contesti urbanizzati, con attenzione al mix sociale. L’altro aspetto rilevante è da individuare nella scelta del comune di Bergamo di presentare una proposta per il cofinanziamento AQST coinvolgendo due comuni dell’hinterland particolarmente significativi e non indicati fra quelli ad alto fabbisogno destinatari di cofinanziamento nella delibera regionale. Tale scelta appare particolarmente opportuna per l’alta integrazione e mobilità dell’area bergamasca in questione che renderebbe inefficaci politiche abitative disgiunte, che non ne tenessero conto. Inoltre, suggerisce linee di sviluppo per le future destinazioni di fondi regionali, certamente funzionali ad una massima efficacia di risultati. L’interesse della proposta sembra risiedere soprattutto sull’idea di gestire, per le categorie sociali bisognose, dei processi dinamici che consentano il passaggio dal canone sociale al canone moderato ed eventualmente all’acquisto dell’abitazione. A tale obiettivo viene finalizzato sia l’intervento “normale”, finalizzato a produrre un mix equilibrato di interventi a canone sociale e moderato, sia l’intervento sperimentale che intende promuovere, attraverso partnership con il privato sociale, un processo di accesso al bene casa inteso come servizio e non come investimento e pertanto come “bene mobile” verso il conseguimento dell’autonomia abitativa.

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Tab 29. Le proposte dei comuni per gli Accordi Q

uadro di Sviluppo Territoriale – AQST

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Tab 29. Le proposte dei comuni per gli Accordi Q

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4.5 Attenzione al tema abitativo con capacità di cogliere di volta in volta le opportunità che si presentano

Amministrazioni che, pur non conferendo una priorità assoluta alla politica della casa, manifestano una costante attenzione al tema e si attivano in maniera efficace quando si presentano opportunità da cogliere (per esempio in occasione di bandi legati a finanziamenti pubblici).

L’esperienza di Seregno

Il Comune di Seregno ha affrontato la domanda di casa emergente negli ultimi anni sperimentando una serie di politiche innovative e partecipando ad alcuni dei più significativi bandi regionali. Emerge il caso di una amministrazione che ha saputo negli anni passare da una politica edilizia di impianto tradizionale ad un approccio più rispondente ad una politica abitativa in senso lato, attenta agli intrecci tra dimensione urbanistica, domande sociali e domande di qualità urbana24. Le politiche attivate negli ultimi dieci anni delineano un quadro rassicurante sulla capacità di un’amministrazione di una città medio piccola di muoversi agilmente all’interno della nuova politica regionale dei bandi e dei programmi complessi e di costruire sistemi di risposta al fabbisogno abitativo articolati ed innovativi, in piena e larga collaborazione con il privato ed il terzo settore, la società civile e il mondo dell’impresa e dei sindacati. Il fatto che l’obbiettivo di una risposta completa al fabbisogno stimato non venga comunque soddisfatto completamente, anche in un ambito amministrativo “virtuoso” e con potenzialità economiche ed umane, fa riflettere sulla carenza di un progetto a lungo termine, su una prospettiva, per l’edilizia pubblica, sulla mancanza in sostanza di una politica di largo respiro, senza la quale è difficile se non impossibile dare una risposta coerente alle necessità a livello locale.

Dotazione di patrimonio di edilizia pubblica

Il patrimonio di edilizia pubblica del quale dispone l’Amministrazione presenta una certa consistenza: una disponibilità di 520 alloggi suddivisi in 174 di proprietà comunale e 346 di proprietà ALER.

Natura ed evoluzione dei fabbisogni

Sono tre i fenomeni che caratterizzano la composizione sociale del Comune di Seregno: in primo luogo, un progressivo invecchiamento della popolazione locale; in secondo luogo, dopo una fase di stagnazione della popolazione all’inizio degli anni ‘80 gli ultimi decenni si sono caratterizzati per una sostanziale stabilizzazione dei saldi positivi, dovuti quasi esclusivamente alla componente migratoria; in terzo luogo, si assiste ad una crescente mobilità residenziale, dovuta anche al frazionamento delle famiglie. Seregno ha continuato contemporaneamente ad attrarre e ad espellere popolazione: il saldo positivo è infatti il frutto di andamenti crescenti sia degli emigrati che degli immigrati. La popolazione immigrata in parte è andata ad occupare uno stock abitativo lasciato libero dalle famiglie che sono andate via da Seregno, ma in parte ha potuto beneficiare di una offerta di nuove abitazioni che ha continuato ad essere immessa sul mercato negli ultimi anni. 24 La ricostruzione del caso è debitrice oltre che delle interviste svolte e indicate in chiusura del testo, anche del

saggio non pubblicato di Francesca Cognetti, “Le politiche per la casa a Seregno”, in Calvaresi C., Cognetti, F., Fareri, P. (a cura di), Innovazione dalla periferia. Valutare dieci anni di politiche urbanistiche a Seregno, ricerca per Comune di Seregno, testo non pubblicato, Consorzio Metis, 2004, un saggio preciso e meticoloso di ricostruzione delle vicende recenti legate alle politiche abitative del Comune di Seregno, e alle schede descrittive dei diversi interventi realizzati e programmati curate per lo stessa ricerca da Marianna Giraudi.

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Parallelamente è proseguito quel processo di riduzione del numero medio di componenti per nucleo famigliare che è uno dei fattori di maggiore distorsione del mercato abitativo. A parità di popolazione, infatti, determina una nuova domanda legata al frazionamento delle famiglie. Attualmente la presenza di popolazione temporanea e di popolazione con chiari indizi di provvisorietà residenziale non supera il 10% delle famiglie, ma si può ipotizzare un aumento della domanda, soprattutto per quanto concerne gli affitti. Allo stato attuale delle politiche in materia di residenza si può ritenere che un terzo delle famiglie in affitto sia potenzialmente mobile. In generale, si possono osservare alcune situazioni problematiche legate alla crisi del mercato abitativo e all’emergere di alcune componenti sociali:

1 la presenza di un disagio significativo in alcune categorie di popolazione, anziani, giovani coppie, famiglie a reddito medio-basso;

2 la contrazione del mercato dell’affitto che è stata agevolata dalla concorrenza sul mercato dell’acquisto di popolazione proveniente da Milano o da altre aree esterne;

3 la presenza di un’area di degrado edilizio di una certa consistenza all’interno della città che tende a definire un sotto-mercato a prezzi medio-bassi, ma che potrebbe avere al contempo effetto di consolidamento del degrado.

La tendenza che si è registrata negli ultimi bandi di assegnazione vede un assestamento rispetto alla capacità di assegnazione del Comune intorno ai 10 alloggi, a fronte di 150-200 domande che vengono poste. Considerando che il fattore più significativo nella determinazione della situazione di difficoltà risulta essere l’incidenza del canone sul reddito del nucleo famigliare, le domande in graduatoria intercettano prevalentemente due categorie di questa tipologia di disagio sociale: gli anziani per i quali l’aggravamento dell’incidenza del canone sul reddito è conseguente al decesso di uno dei due coniugi; gli stranieri la cui presenza all’interno della graduatoria per l’assegnazione è passata dal 5% nel 1998, al 20% nel bando del 2002, al 30% nel bando del 2004. Da parte degli stranieri si è registrata anche una ulteriore articolazione della domanda, non più solo legata ad appartamenti di taglio piccolo dedicati a singles, dovuta al fenomeno in crescita dei ricongiungimenti famigliari. Inoltre, tra i richiedenti alloggio popolare molto importante risulta essere la presenza di chi, in situazione di sfratto (circa 1/3 del totale), cerca casa in condizioni di emergenza.

Il piano comunale e l’attenzione per le politiche abitative

L’attenzione dell’Amministrazione per le politiche per la casa è stata declinata intenzionalmente all’interno del piano, prendendo delle misure di intervento alternative rispetto alla scelta di attivare il tradizionale regime di suolo tramite il Piano di Edilizia Economica Popolare, previsto dalla Variante Morpurgo del precedente Piano Regolatore. Rispetto al più ampio panorama dello sviluppo residenziale a Seregno, sul quale si è puntato in termini di contenimento nelle aree di espansione, completamento dei comparti residenziali e recupero dell’esistente, uno degli obiettivi del nuovo Piano Regolatore messo in cantiere dall’Amministrazione nel ’96, è stato quello di tutelare un’offerta specifica legata al disagio abitativo. Questa disponibilità di alloggi da dedicare in qualche modo all’edilizia sociale è stata garantita attraverso un meccanismo di convenzionamento tra i privati proprietari delle aree e realizzatori degli interventi e il Comune. Le formule di convenzionamento definite per ogni zona di espansione residenziale e sostanzialmente equiparabili dal punto di vista economico erano le seguenti: - la cessione di un’area corrispondente al 30% della superficie sulla quale il Comune poteva

realizzare edilizia convenzionata o sovvenzionata, e quindi alloggi in vendita o in locazione la realizzazione del 12% della volumetria di edilizia sociale ceduta al Comune;

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- la realizzazione di alloggi, pari al 50% della volumetria, in vendita a prezzo concordato o in affitto a prezzo convenzionato.

A fronte di una “rigidità” delle norme è stata prevista una certa flessibilità delle procedure lasciando all’approvazione del piano di lottizzazione la scelta tra le tre opzioni sulla base sia delle esigenze del Comune in termini di politica abitativa sia delle esigenze dei privati in termini di andamento del mercato. Di fatto poi fra queste possibilità previste dal Piano è stata approfondita soprattutto la terza, rafforzando quindi il meccanismo tradizionale della casa in proprietà a prezzo calmierato. Questo non ha aiutato in termini di aumento del patrimonio pubblico e della disponibilità di alloggi in affitto, che era invece una componente importante del meccanismo regolativo introdotto dall’Amministrazione. Se è vero, quindi, che l’attenzione a questioni legate all’edilizia sociale all’interno del Piano non è stata pienamente premiante rispetto agli interventi più tradizionali sulla casa, è anche vero che è possibile individuare alcuni importanti contributi in termini di innovazione degli interventi in campo abitativo. La politica di housing sociale disegnata all’interno del Piano ha infatti indagato in forma empirica diversi canali di sviluppo orientati da una parte all’efficienza realizzativa e alla costruzione, quindi, delle condizioni per attuare gli interventi e dall’altra all’efficacia in termini di differenziazione della risposta e di qualità dei progetti.

La scelta del Piano è stata quella di spostarsi da un modello pianificatorio tradizionale che tendeva a suddividere le poche risorse disponibili in maniera standardizzata per rispondere a bisogni generalizzati, omogeneamente diffusi sul territorio e distribuiti nel lungo periodo, a una modalità di intervento più spinta sul fronte realizzativo e programmatico, in grado di individuare specifiche domande e opportunità da cogliere. Particolare attenzione è stata posta al meccanismo di regole che ha normato la relazione tra pub-blico e privato in modo da poter cogliere i vantaggi sociali dello sblocco di una serie di procedure che hanno permesso l’edificazione da parte di operatori privati in alcune aree della città. In questo modo l’incremento o la conservazione del patrimonio abitativo pubblico o di edilizia socialmente accessibile non sono stati un esito eventuale di una pianificazione estensiva o di un’astratta uniformità degli indici territoriali, ma si sono assunti come conseguenza della regolamentazione delle dinamiche edificatorie e della relazione con gli operatori privati. Il carattere regolativo e di programmazione degli interventi sulla casa è passato dalla consapevolezza di una scarsa disponibilità delle risorse pubbliche e della ristrettezza crescente dei bilanci comunali per le spese di investimento. A fronte di questa si sono intraviste delle potenzialità, in termini di sviluppo, che si aprivano attraverso i piani integrati di intervento, e quindi attraverso un’interazione fruttuosa con i privati. La politica per la casa si è dunque svolta attraverso un confronto effettivo e serrato con il sistema degli operatori, con i quali la relazione è stata mediata da una serie di vincoli che hanno stabilito delle formule di collaborazione tra pubblico e privato. Attraverso questa politica il Comune ha proposto una redistribuzione delle responsabilità sociali attraverso una sorta di “patto urbano” (Lanzani, A., Due anni di assessore a Seregno, Territorio, 7/1998) secondo cui in un contesto denso e fortemente urbanizzato come quello di Seregno e al tempo stesso carente di alcuni spazi e servizi pubblici, ogni rilevante trasformazione urbanistica doveva farsi carico di alcune esigenze sociali. Se il ragionamento sulla relazione tra pubblico e privato è centrale per comprendere il portato innovativo delle politiche abitative all’interno del Piano, ci sono altre questioni che ci sembra interessante rilevare. Innanzitutto il tentativo di ridurre la rigidità del sistema dell’offerta di edilizia sociale, attraverso l’immissione sul mercato di diverse tipologie, più vicine alle esigenze territoriali, quali ad esempio residenzialità temporanea, mobilità, costi di accesso medi.

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Differenziazione dell’offerta

Il tema della differenziazione dell’offerta risulta essere centrale in una società fortemente frammentata e in continuo mutamento come quella contemporanea. Se si tiene poi conto del fatto che a Seregno i maggiori trend di cambiamento dal punto di vista sociale vanno nella direzione di una presenza di popolazione con chiari indizi di provvisorietà residenziale che spinge sul fronte della domanda di alloggi in locazione l’ampliamento di offerta sul fronte delle tipologie disponibili e delle modalità di accesso diventa centrale. È da sottolineare inoltre l’attuazione di una strategia di diffusione degli interventi che si sono distribuiti su tutto il territorio più per opportunità che per previsioni di zonizzazione. La ripartizione è avvenuta puntualmente e per piccole porzioni di alloggi. Questo da una parte ha favorito l’integrazione con funzioni non strettamente abitative e dall’altra ha evitato forme di concentrazione e di marginalizzazione. Infine questa modalità di intervento ha rafforzato la capacità del Piano di affrontare in parallelo e in modo congiunto le questioni strettamente abitative e quelle urbane, al fine di individuare le connessioni in grado di trasformare provvedimenti e investimenti funzionali all’offerta abitativa, sia di mercato che sociale, in risorse capaci di concorrere più complessivamente alla riqualificazione urbana.

La stagione dei bandi: lo slittamento progressivo verso una politica abitativa

Nel secondo mandato dell’Amministrazione, negli anni che vanno cioè dal 2001 al 2005, si sono profondamente trasformate le condizioni in cui si interviene sulla produzione e gestione dell’edilizia pubblica. I principali elementi del cambiamento quali il trasferimento delle competenze in materia abitativa alla Regione, le differenti regole introdotte dai nuovi strumenti di programmazione e di attuazione, il riassetto organizzativo dell’ Azienda Residenziale Lombarda, la riduzione delle disponibilità finanziarie pubbliche destinate al capitolo casa e le nuove domande che popolano il contesto locale, hanno portato a un necessario ripensamento dell’azione del Comune nella direzione di un nuovo assetto progettuale e gestionale. Il Programma Regionale per l’Edilizia Residenziale Pubblica (PRERP) 2002-2004 ha stabilito in Lombardia gli indirizzi per le politiche del triennio e la programmazione della spesa. Il Contratto di Quartiere II ha determinato attraverso decreto ministeriale (n° 394 del 28 ottobre) una graduatoria regionale di comuni per lo stanziamento di un finanziamento a fondo perduto per la riqualificazione di quartieri di edilizia economica e popolare. La pubblicazione dei bandi pubblici e la prima parentesi attuativa del documento di programmazione hanno chiamato i comuni a concorrere per ricevere i finanziamenti. I bandi regionali hanno proposto alcuni scarti rispetto alle precedenti modalità di gestione del patrimonio che hanno chiesto alle amministrazione locali di ripensare al proprio ruolo all’interno di una politica abitativa più complessa. Questo ha spostato necessariamente l’attenzione anche del Comune di Seregno da una politica di gestione e manutenzione ordinaria del patrimonio consolidato a una politica di incremento dell’edilizia sociale che non si è ridotta alla sola produzione di nuovi alloggi pubblici. Sono almeno tre gli aspetti interessanti rispetto ai quali l’Amministrazione ha declinato i progetti abitativi più recenti. Innanzitutto si è ragionato sulle modalità di natura integrata attraverso le quali migliorare le condizioni abitative degli insediamenti residenziali popolari di vecchia e recente costruzione. Si è andati quindi nella direzione di pensare a dei progetti che trattino in maniera congiunta i diversi aspetti dell’abitare: quelli legati alla riqualificazione fisica degli edifici e alla qualità dei manufatti architettonici, ma anche al miglioramento delle condizioni di vita, ad una diversa integrazione tra le parti della città, al rafforzamento di comunità locali. Possiamo dire che siamo passati da una politica edilizia intesa come produzione di alloggi a una politica abitativa in cui alla produzione degli alloggi, comunque di rilevante necessità, si affiancano interventi che allargano il senso dell’abitare verso temi quali la qualità degli spazi della vita comune e quotidiana, la produzione di

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servizi innovativi, la promozione di politiche di sostegno alla persona, la cura per le relazioni di vicinato. Si sente poi la necessità che l’intervento sulle politiche abitative sia promosso non solo dall’operatore pubblico, che stabiliva regole, risposte e modalità di intervento, ma anche da altri soggetti che, intervenendo direttamente o indirettamente sul problema casa, possono farsi carico di alcune parti del processo di costruzione delle azioni di housing sociale. L’accento si sposta quindi sulla necessità di un coinvolgimento di attori terzi, privati, del privato sociale e della società civile, che apportino un contributo in termini di risorse, di competenze, di conoscenza. La geografia dei soggetti coinvolti all’interno delle politiche diventa quindi più articolata che in passato, ed è fatta di percorsi differenti che si tenta utilmente di “combinare”. L’intervento assume quindi l’aspetto di azione congiunta di una pluralità di interessi e segna il passaggio dalla politica edilizia pubblica alla politica sociale. Gli interventi tendono ad intercettare e interpretare diversamente la pluralità di domande di casa che si affacciano sulla scena pubblica. Queste richiedono la capacità di fornire risposte molteplici e differenziate, in grado di adeguarsi e modificarsi rispetto alle trasformazioni sociali e alle nuove popolazioni locali. Gli interventi tendono quindi da una parte a “specializzarsi” attraverso la proposizione di vari tipi di alloggi, oltre a quelli tradizionalmente progettati. Si pensi ad esempio a tipologie quali alloggi “minimi”, alloggi sperimentali, alloggi speciali, alloggi per comunità. D’altra parte il canone sociale si spinge verso l’alto, cercando di intercettare una “domanda media” di case in locazione, non solo legata, cioè, ai bisogni “popolari”. Si vede quindi l’introduzione del canone moderato, che, invece di intercettare esclusivamente la domanda più svantaggiata, dà la possibilità ai redditi medi di entrare nell’edilizia pubblica pagando un canone di locazione più elevato. Possiamo dire che da un modello di intervento standard, in cui, in particolare tra gli anni ’60 e ’70, gli stessi edifici si distribuivano su varie parti del territorio, si stanno cercando le modalità di messa a punto di interventi specifici, che trovino maggiore rispondenza rispetto alle domande locali. In questo senso si può parlare di un passaggio da un’offerta standard di alloggi a un’offerta articolata, sottolineando in questo modo la necessità di articolare la soluzione al problema dell’alloggio sociale in differenti forme di risposta corrispondenti alle diverse conformazioni che assume la domanda.

Gli interventi in corso

Di seguito riportiamo indicazione dei principali interventi sulla casa sociale che il Comune sta portando a termine negli ultimi anni.

Programma regionale per l’emergenza abitativa (primo e secondo bando)

Nell’ambito del Programma Regionale per l’Emergenza Abitativa il Comune di Seregno ha ottenuto il finanziamento del progetto di recupero di 19 alloggi di edilizia residenziale pubblica in via Piave. La Regione Lombardia ha messo a disposizione, per il finanziamento complessivo del programma 100.000.000 €, destinati alla messa in disponibilità di alloggi da assegnare a canone sociale approvato con delibera regionale del 31 ottobre 2003, n. 14843. Tutte le risorse eventualmente non utilizzate per il finanziamento del Programma sono state messe a disposizione per il finanziamento di un nuovo bando. Dopo la scadenza del 15 marzo 2004 del “Programma regionale per l’emergenza abitativa”, infatti si è provveduto a finanziare, con le rimanenze, il “Programma regionale per l’emergenza abitativa - case a canone sociale”, cioè il secondo bando. Il progetto di recupero di Via Piave è l’esito di una lunga storia di politiche che ha messo a sistema più attori, risorse e progetti. Se è vero, infatti, che il promotore è l’Amministrazione, è anche vero che questo progetto è stato pensato in stretta relazione con un soggetto del privato sociale, la Fondazione Ronzoni. Il progetto ha avuto avvio attraverso un Comparto di Recupero Urbano (CRU) che ha reso edificabili in modo autonomo alcuni terreni di proprietà della Fondazione Ronzoni, all’interno di

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una più ampia area in ristrutturazione. Per il meccanismo previsto dal Piano da una parte l’edificazione è stata vincolata a residenza come quota del 30% da cedere al Comune, dall’altra si è prevista la ristrutturazione della vecchia sede dell’Istituto Ronzoni da destinare a residenza speciale e assistita. Per dare impulso a queste previsioni si sono avviati alcuni “esercizi progettuali” come primi meccanismi di attivazione delle aree, almeno dal punto di vista progettuale, individuando l’area edificabile e Piazza Santa Valeria come oggetti del concorso internazionale di architettura Europan. In qualche modo si è compiuta un’operazione di progettazione preliminare, almeno dal punto di vista architettonico. Quando è stato pubblicato il bando “Programma regionale per l’emergenza abitativa” il Comune e la Fondazione Ronzoni hanno concorso congiuntamente per realizzare sul 30% dell’area ceduta al Comune l’edilizia sociale e prevedere la ristrutturazione della vecchia sede della Fondazione in edilizia sociale anziché assistita. Le caratteristiche previste per questo edificio definiscono una particolare tipologia che include da una parte dei mini alloggi per persone non autosufficienti e dall’altra l’integrazione di una serie di servizi di assistenza e sostegno alle persone anziane. Dal punto di vista del processo di costruzione di questo progetto è interessante annotare che il Piano costruisce delle prima condizioni di edificabilità di edilizia sociale, non mettendo però in grado l’Amministrazione di costruire dal punto di vista delle risorse messe a disposizione da parte della Fondazione Ronzoni. Parallelamente, nonostante gli esiti siano ancora incerti, viene avviato un primo esercizio progettuale col meccanismo concorsuale Europan, una sorta di progettazione preliminare che mette a punto l’intervento dal punto di vista tipologico e architettonico. Questo diventa il “progetto nel cassetto”, che viene utilizzato per la partecipazione al bando regionale. I progettisti vincitori del concorso seguono infatti sia la nuova edilizia sociale nell’area di espansione sia la ristrutturazione della Fondazione Ronzoni. Il bando ha quindi intercettato dai meccanismi di relazione con operatori privati e di progettazione preliminare delle aree che erano già stati attivati e che hanno avuto la possibilità di trovare una ricaduta realizzativa grazie alle modalità di accesso al concorso regionale e ai conseguenti finanziamenti.

Tab 30. Programma regionale per l'Emergenza abitativa (primo bando)

Comune Zona di intervento Proponente Finanziamento Numero alloggi

Seregno

Via Piave – Zona Santa Valeria

Comune e Fondazione G. Ronzoni e Sac. G. Vialla

877.361,68 19 alloggi

In occasione del secondo bando per l’emergenza abitativa il Comune di Seregno ha ricevuto dalla Regione un finanziamento per la realizzazione di 10 minialloggi di edilizia residenziale pubblica destinati a coppie di anziani o anziani soli in via Locatelli realizzati dal Comune, grazie alla cessione di un terreno da parte della Fondazione Ronzoni. Tab 31. Programma regionale per l'Emergenza abitativa (secondo bando)

Comune Zona di intervento Proponente Finanziamento Numero alloggi

Seregno

Via Locatelli - Zona Porada/Santa Valeria

Comune di Seregno 432.602,40 10 alloggi

Programma regionale “alloggi a canone moderato”

Il Comune ha partecipato al bando con due progetti, uno di iniziativa comunale e uno derivante da convenzionamento con un soggetto del privato sociale. Il progetto del Comune riguarda un intervento di nuova costruzione su area di proprietà comunale sita in via V. Hugo per un totale di n. 37 alloggi (cofinanziamento euro 1,1 ml).

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Il progetto della Cooperativa DAR-Casa, in fase di completamento, prevede la realizzazione di 12 alloggi in via Goito, in prossimità del Quartiere Crocione, e interfaccia con il relativo Contratto di Quartiere. Gli alloggi saranno assegnati a soggetti indicati dall’amministrazione ad un canone, inferiore al “moderato” regionale, stabilito nella convenzione di concessione dell’area in diritto di superficie novantennale.

Programma regionale “20.000 abitazioni in affitto”

L’amministrazione ha inoltre partecipato al bando del programma sperimentale di edilizia residenziale denominato “20.000 abitazioni in affitto” finalizzato alla predisposizione del Piano Operativo Regionale approvato con decreto del ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 2.521 del 27 dicembre 2001. Tale programma ha come obiettivo quello di incrementare l’offerta di alloggi da concedere in locazione a canone concordato, per rispondere alle esigenze di categorie sociali che da tempo mostrano difficoltà a reperire alloggi a canoni accessibili, quali i nuclei familiari sottoposti a provvedimenti esecutivi di sfratto, nuclei familiari comprendenti soggetti portatori di handicap permanenti, famiglie di nuova formazione, altri soggetti deboli con grave disagio abitativo. Tra gli altri obiettivi il piano vuole sviluppare forme di partenariato locale, di sostenibilità nell’uso del territorio e di qualità degli interventi. Attraverso la partecipazione al bando regionale “20.000 abitazioni in affitto” il comune ha previsto la realizzazione di 37 alloggi di edilizia residenziale pubblica a canone concordato denominati Case Arancio di via Hugo. Il lavoro ha avuto inizio attraverso un quadro di lottizzazione che ha previsto la possibilità di recupero di un’area edificabile di provenienza privata. Il progetto è stato curato da Studio Boeri, che ha definito una serie di aspetti formali e tipologici con grande attenzione ai requisiti di qualità previsti dal bando. Il progetto risponde all’esigenza di persone che non possono sostenere l’acquisto di un alloggio o i costi locativi imposti dal mercato. L’orientamento dell’amministrazione guarda, oltre che alle situazioni di emergenza, alla mobilità abitativa di diverse categorie sociali, con maggiore attenzione alle giovani coppie, categoria alla quale si prevede di assegnare 15-16 appartamenti, circa il 40% dei 39 previsti dalla realizzazione.

Il Contratto di Quartiere II

L’ultimo e più consistente progetto promosso dal Comune sull’edilizia sociale è il Contratto di quartiere S. Ambrogio Procione; esso prevede un intervento di riqualificazione e di nuova edificazione all’interno del quartiere a più alta concentrazione di edilizia residenziale pubblica a Seregno. Nell’aprile 2004 il Comune di Seregno ha presentato in Regione Lombardia il progetto nell’ambito del programma nazionale “Contratti di Quartiere II”. Il 28 ottobre 2004 il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha emanato il decreto n. 394 che approva la graduatoria delle proposte presentate in Regione Lombardia. Il Comune di Seregno si è classificato al primo posto a pari merito con Mantova. La proposta, in via di prima attuazione, tratteggia delle linee di azione che lavorano a diversi livelli di intervento all’interno del Quartiere Crocione, in quanto ambito problematico e periferico da riqualificare, a partire da una strategia integrata volta a intervenire congiuntamente su problematiche locali, legate alle condizioni dell’abitare della popolazione residente, e su questioni territoriali di scala urbana. Il Contratto, quindi, diventa occasione per ridefinire un campo di intervento che abbia influenze dirette sia sulle evidenti condizioni di degrado degli edifici, degli spazi comuni, dei servizi di sostegno alle persone; sia sull’apertura di un percorso che affronti in forme attive e propositive le condizioni di perifericità del quartiere, dal punto di vista del suo stato di isolamento fisico, sociale e simbolico. L’intervento prevede da una parte delle azioni dirette sugli alloggi e le parti comuni sia per quello che riguarda la manutenzione ordinaria e straordinaria, sia per quello che riguarda l’incremento del patrimonio. Questo vorrà dire anche una articolazione maggiore dei tagli di alloggio

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disponibili che intercettino nuove domande abitative (giovani coppie, nuclei monoparentali) e potenzialmente nuove energie e nuove risorse. Verranno infatti realizzati 12 nuovi alloggi di ERP e al piano terreno della nuova palazzina quattro locali da destinarsi a laboratori artigianali e servizi alla persona. D’altra parte sono previste delle azione che lavoreranno sulla qualità della vita quotidiana e comune attraverso la riqualificazione degli spazi pubblici quali le strade e il parco Crocione, la dotazione di nuovi servizi (parcheggi e servizi alla persona come famiglie e anziani) e la creazione, sostegno e riproduzione di un tessuto di regole condivise. Alcuni degli interventi previsti dal programma, infine, lavoreranno alla sfida di rinnovare le occasioni di scambio con la città, in modo da favorire un maggiore dinamismo del contesto locale che, meno ripiegato su sé stesso, sarà capace di superare una condizione di isola-mento e di abbandono. Costruire quindi nuove opportunità di scambio, di lavoro, di costru-zione di un’immagine positiva del quartiere sarà uno degli indirizzi prevalenti del programma. Il progetto è l’esito di primi momenti di scambio e di partnership: è stato infatti presentato agli abitanti e le realtà del quartiere in un incontro pubblico e sostenuto da una decina di soggetti privati, del privato sociale e delle parti sociali. Nelle intenzioni del Comune le proposte contenute nel Contratto di Quartiere non hanno solo la funzione di tamponare la domanda abitativa presente sul territorio e diffusa tra diverse aree sociali (i nuovi alloggi non riescono neanche a soddisfare le domande e le richieste residue, in sostanza quelle che il Comune ha raccolto in questi anni e che ancora non hanno trovato soluzione), ma anche quella di costruire e potenziare forme di accordo e di allargare il campo degli interlocutori, sviluppando accordi e partnership funzionali al miglioramento complessivo della capacità di trattamento della questione abitativa da parte della comunità locale. Da questa intuizione è derivata una recente e forte attenzione ai soggetti coinvolti nelle politiche abitative e un parallelo presidio strutturato delle diverse fasi in cui tendenzialmente si declina una politica di housing sociale.

Gestione e valorizzazione del patrimonio pubblico

Oltre al quadro dei progetti in corso ci sembra utile annotare una serie di altri progetti e azioni volti da una parte al mantenimento del patrimonio abitativo del Comune dal punto di vista della manutenzione e della gestione e dall’altra alla creazione di condizioni più efficaci per l’incremento delle politiche abitative. Queste azioni hanno avvio in parte dalla spinta di strumenti di derivazione regionale che richiedevano di essere attivati, in parte da una attenta progettazione locale che è riuscita a mettere in moto attenzioni, modalità e risorse nuove sul tema della casa sociale. Una scelta importante rispetto alla questione abitativa perseguita dall’amministrazione è stata quella di non dismettere il patrimonio pubblico di case. A questo si è accompagnata la decisione di intervenire in termini di tutela e di conservazione attraverso un programma di manutenzione ordinaria e straordinaria. Le condizioni in cui versavano le case ha richiesto interventi strutturali consistenti. Gli interventi si sono concentrati sul recupero funzionale ad uso residenziale di alcune parti e sulla messa a norma degli edifici dal punto di vista dell’eliminazione di barriere architettoniche e del miglioramento delle parti comuni. In alcuni casi è stato necessario provvedere alla predisposizione di piani della mobilità, allontanando provvisoriamente gli inquilini e prevedendo una loro sistemazione in altre sedi, al fine di garantire lo svolgimento dei lavori in sicurezza. Questa politica di intervento sul patrimonio edilizio, non solo quello abitativo, è stata un segnale importante, in termini di sostegno sociale, nella direzione di una spiccata attenzione a una certa declinazione delle questioni legate al mercato dell’edilizia sociale. Da una parte, infatti, il Comune ha scelto di conservare e mantenere la dotazione pubblica di alloggi, aumentandone le condizioni

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di vivibilità; dall’altra ha scelto di non assottigliare l’offerta in locazione, garantendo risposta a domande sollevate da fasce deboli della popolazione o da fasce con particolari necessità, come ad esempio quella di case temporanee. È stato fatto anche qualche tentativo di cambiamento delle modalità di gestione degli alloggi, scontrandosi, forse, con alcune rigidità legate ai meccanismi di assegnazione e alla irremovibilità di chi vi accede. Possiamo guardare questa politica di intervento esteso e consistente sugli alloggi popolari, congiuntamente a quella e sugli edifici scolastici, come uno degli elementi sui quali si è mossa in maniera decisa l’amministrazione. Queste politiche, a fronte di una assenza di finanziamenti extra comunali, in particolare per quello che ha riguardato i primi quattro anni di amministrazione, sono state infatti accompagnate e sostenute da una forte intenzionalità politica, che ha scelto di intervenire in questo caso in maniera capillare, ma anche poco visibile e incrementale. I lavori sono infatti durati l’intero arco del mandato e hanno toccato tutti gli stabili di proprietà pubblica che necessitavano di provvedimenti. Grazie a questa scelta si è anche andati verso un’ottimizzazione funzionale del patrimonio pubblico, che lascia alcune questioni aperte circa il riutilizzo di alcune di queste strutture, che andranno ripensate dal punto di vista delle loro finalità e destinazioni.

L’intervento nel campo dell’edilizia privata

A partire da alcune sollecitazioni regionali sono state attivate negli ultimi anni delle forme di regolamentazione e sostegno al mercato privato delle locazioni, interventi in particolare di tipo economico volti a contenere gli sforzi economici delle famiglie che si trovano in affitto sul libero mercato e ad agevolare l’immissione di nuovo patrimonio privato nel mercato della “locazione concordata”. Un significativo calmiere è stato rappresentato dall’introduzione dei canoni convenzionati che tuttavia hanno consentito una riduzione dei costi solo nelle zone periferiche del Comune. Nell’arco di tre anni sono stati stipulati 120 contratti di locazione a canone concordato (36 nell’anno 2000, 46 nel 2001 e 38 nel 2002). Un secondo intervento è connesso al contributo al pagamento del canone relativo al Fondo Sociale per l’Affitto destinato agli inquilini in affitto sul mercato privato.

Il quadro degli interventi a medio periodo

Nel maggio 2003, in occasione della partecipazione del Comune a bando regionale “20.000 alloggi in affitto” si costituisce il “tavolo territoriale permanente sul problema casa”, promosso dalle Amministrazioni di Giussano e di Seregno. Il tavolo nasce dalla decisione congiunta dei due Comuni di impegnarsi nello sforzo teso a dare delle risposte concrete alle diverse tipologie di domanda abitativa, ed a questo scopo chiamando a sottoscrivere un accordo quelle componenti territoriali operanti nel mondo del terzo settore da un lato e quelle più strettamente legate al mondo dell’imprenditoria e della produzione dall’altro25, nell’intento di definire una nuova struttura organizzativa operante sulle questioni abitative che possa concordare orientamenti e priorità delle politiche. Il tavolo territoriale si propone come soggetto partenariale allargato le cui finalità risultano essere la costruzione di orientamenti progettuali e di ipotesi di lavoro concrete riferite ad un ambito territoriale sovralocale e più precisamente: - sostenere e irrobustire l’idea di un riferimento territoriale sovracomunale che comprenda i

Comuni di Giussano e Seregno, ambito di azione più appropriato per affrontare in modo sinergico questioni che, connesse al problema casa, presentano implicazioni di scala non

25 Ad oggi sono sottoscrittori del “tavolo territoriale permanente sul problema casa” per quanto riguarda le realtà

operanti nel terzo settore: la Cgil, il Sicet_Cisl, l’Acli e la Caritas di Seregno, mentre per il mondo dell’imprenditoria e della produzione hanno dato la loro adesione l’AIMB, l’APA Confartigianato, l’ACAI, il CNA e l’ARPA.

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risolvibili all’interno del confine amministrativo locale (i flussi pendolari, la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali, le relazioni tra nuclei di nuova formazione e famiglie di origine, …);

- consolidare un modello di azione integrata all’interno della quale siano presenti operatori e competenze differenti in grado di elaborare quadri interpretativi e ipotesi di trattamento del problema casa nei quali, a fianco delle operazioni di produzione di nuova offerta di alloggi (attraverso recupero, riuso, nuova costruzione), sia prestata attenzione anche alla progettazione e alla realizzazione di funzioni di servizio e di accompagnamento all’abitare;

- facilitare la costituzione di una rete stabile grazie alla quale riuscire a svolgere con maggior successo quella funzione di intermediazione e di raccordo tra domanda e offerta, intervento di servizio che necessariamente deve porsi a supporto delle politiche abitative e con queste integrarsi;

- costruire, attraverso forme strutturate di interazione e di accordo, un senso comune rispetto alle azioni e ai progetti di intervento e migliorare, grazie a percorsi allargati di valutazione degli interventi e degli indirizzi, l’efficacia delle azioni stesse.

Si può guardare alla vicenda delle politiche per la casa e del tavolo permanente sulla casa come una esperienza di lavoro allargata ai soggetti presenti sul territorio che, oltre a sostenere indirettamente quanto operativamente verrà realizzato, potrà rappresentare un importante osservatorio ed un laboratorio essenziale in cui discutere gli orientamenti strategici, elaborare modelli progettuali e organizzativi più appropriati e attenti alle esigenze delle comunità locali, dare spazio a nuove forme di gestione verificandone la fattibilità.

4.6 Alta dotazione di patrimonio abitativo ereditato, sia pubblico che privato, oggi di fronte a un passaggio di frontiera

Amministrazioni che hanno avuto momenti storici di grande investimento immobiliare con interventi forti sia di carattere pubblico che privato e che oggi si confrontano con passaggi cruciali legati a fenomeni di ricambio di popolazione (filtering e gentrification), ma anche di rapida obsolescenza di tale patrimonio abitativo.

L'esperienza di Rozzano

Il Comune di Rozzano costituisce un esempio paradigmatico di amministrazione che dispone di un ingente patrimonio di edilizia residenziale pubblica e che oggi deve fare i conti soprattutto con problemi riguardanti la gestione di tale patrimonio e il sostegno a forme differenti di produzione edilizia che integrino e moltiplichino la capacità di risposta abitativa messa in atto dall’attore pubblico. La storia di Rozzano è particolare ed unica nel suo genere. Come altre realtà dell’area metropolitana, Rozzano è il risultato dell’addizione artificiosa di più centri, un tempo autonomi e ancora caratterizzati da specificità e luoghi centrali ed identitari propri: Quinto De Stampi, Valle Ambrosia, Villaggio dei Fiori e Rozzano. Ma nel caso di Rozzano questo fenomeno di costruzione artificiale di una unità amministrativa è accentuata dalla profonda trasformazione avvenuta fra gli anni ’60 e ’70 a seguito delle massicce edificazioni atte ad ospitare le nuove popolazioni provenienti dalla campagna e dal meridione che non trovavano alloggio a Milano. Il terzo carattere di specificità è dato dalla realizzazione a Rozzano fra la fine degli anni ’50 e i primi anni ‘60 di uno dei più grandi quartieri di edilizia pubblica dell’area milanese che va ad occupare una porzione di territorio agricolo a cavallo fra più centri preesistenti, costruendo di fatto il nuovo centro cittadino, luogo dei servizi pubblici, della sede del Comune, della chiesa, del mercato e delle attrezzature verdi e sportive. Il promotore è l’Istituto Autonomo Case Popolari (l'attuale ALER) che acquista dalla Francia i diritti di utilizzo di alcuni brevetti per la prefabbricazione edilizia e in pochi anni costruisce qualche decina di migliaia di alloggi, circa 6.000 a Rozzano (5878 al 2003), altri al Gratosoglio e al Gallaratese, altri quartieri popolari satelliti di Milano.

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Nel tempo la città è cresciuta, si è formata, si è dotata di tutti i servizi necessari, prima e meglio dei quartieri milanesi. I suoi abitanti, o almeno la maggior parte, hanno intrapreso processi di integrazione, anche se non mancano sacche, anche rilevanti, di disagio sociale, economico e di ritardo culturale. Soprattutto si è consolidato un particolare stile politico-amministrativo, orientato a sinistra, ben radicato nella società locale e caratterizzato da un forte intervento in campo sociale, assistenziale, urbanistico e dei lavori pubblici. Uno “stile” improntato ad un grande efficientismo, per alcuni versi paragonabile ad un modello emiliano, che con alti e bassi perdura tuttora. Il centro cittadino di Rozzano diviene in quegli anni un “modello” dell’architettura sociale, del razionalismo, della prefabbricazione edilizia pesante, ma soprattutto un modello in merito alla dotazione di servizi e di aree verdi. Il Piano di Fabbricazione del 1957, dell’architetto Alessandro Tutino, fa scuola e le innovazioni che esso introduce, forme di concertazione con i privati proprietari delle aree e la definizioni di rapporti definiti fra volumi e servizi saranno elementi cardine della Legge Ponte del ’67. Il centro cittadino è quindi costituito da un quartiere di edilizia pubblica realizzato nell’arco di pochi anni con un linguaggio architettonico sostanzialmente omogeneo, nonostante il ricorso a diverse tipologie edilizie, edifici in linea dai 4 agli 8 piani, ed uno spazio pubblico costituito da spazi verdi aperti senza recinzioni e fruibili, percorsi pedonali, edifici a servizi isolati nel verde, negozi concentrati al piede di alcuni edifici e in stecche commerciali. Un centro cittadino del tutto particolare, una “periferia” sia dal punto di vista del tessuto edilizio che della ampiezza degli spazi aperti, è invece “centro” grazie alla sua posizione e alla dotazione di servizi per un’area più ampia.

Il patrimonio pubblico in dotazione al comune

Il patrimonio ERP in dotazione al Comune di Rozzano è pressoché esclusivamente costituito dal quartiere ALER che contava 5.878 alloggi al 2003 su una popolazione complessiva di 37.220. Si tratta di una dotazione straordinaria e per alcuni versi impressionante. Per un termine di paragone si noti che fra i casi esaminati Seregno ha una popolazione paragonabile a Rozzano ma conta 520 alloggi ERP, mentre Brescia a fronte di circa 200.000 abitanti ha un patrimonio ERP inferiore a quello di Rozzano (4.590 appartamenti). La popolazione che abita case di edilizia pubblica rappresenta oggi quasi il 50% dei residenti complessivi di Rozzano, mentre l’altra metà si divide equamente fra edilizia convenzionata e case di edilizia privata.

Natura ed evoluzione dei fabbisogni

Questi dati fanno comprendere appieno quanto la vita sociale ed economica di Rozzano dipenda dalla strana sorte che le è toccata, il quartiere ALER, e come questa presenza influenzi le politiche e gli sforzi dell’amministrazione pubblica. La popolazione del centro cittadino invecchia velocemente ed è già in atto un processo di ricambio, anche se è solo all’inizio. I figli degli immigrati che hanno occupato le case popolari negli anni ’60 hanno generalmente trovato casa nei comuni attorno a Rozzano o nelle espansioni edilizie delle frazioni avvenute fra gli anni ’80 e ’90. E’ ancora contenuto il turn over, circa 50 alloggi all’anno su circa 6000, a fronte di una adesione all’ultimo bando ERP chiuso a dicembre 2005 di oltre 900 domande, molte delle quali non accoglibili in quanto presentate da morosi. L’abusivismo (circa 300 nuclei su 6000) incide sostanzialmente sulla riduzione del turn over e sulle politiche sociali e di riqualificazione, soprattutto se si considera che secondo la nuova legge regionale gli abusivi non possono essere ammessi alle graduatorie ERP e sono di fatto soggetti verso i quali è difficile, se non impossibile, attuare delle politiche abitative. Nei pochi alloggi disponibili si insediano, data la scarsità dell’offerta, i tagli degli alloggi pensati e misurati sullo standard delle famiglie, prevalentemente famiglie numerose e monoreddito, alcune composte da stranieri.

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Il mercato privato dell’affitto così come quello di proprietà, è molto ridotto, poche centinaia di alloggi, che vengono affittati a prezzi non dissimili da quelli della periferia del capoluogo (600-700 euro al mese).

Il quadro degli interventi a medio periodo

Il Programma di Recupero Urbano

In merito al centro cittadino e agli alloggi ALER è stato recentemente terminato (2004) un Programma di Recupero Urbano (PRU), uno dei meglio finanziati della Lombardia, che ha visto il recupero di buona parte delle facciate degli edifici ALER, con un coordinamento cromatico, e da operazioni di riqualificazione dello spazio pubblico e dell’arredo urbano. Tab 32. Programma regionale per l’Emergenza abitativa (primo bando)

Comune Zona di intervento Proponente Finanziamento Numero alloggi

Rozzano Varie vie Aler di Milano 694.437,46 39 alloggi

Tab 33. Programma regionale per l'Emergenza abitativa (secondo bando)

Comune Zona di intervento Proponente Finanziamento Numero alloggi

Rozzano Quartiere Aler Aler di Milano 792.851,57 17 alloggi

I due programmi regionali per l’Emergenza abitativa sono stati utilizzati dall’Amministrazione per procedere all’oneroso programma di riqualificazione del patrimonio ERP esistente ed in particolare per rendere disponibili 54 alloggi ALER inservibili, per stato di manutenzione o perché sottostandard e per poter provvedere all’assegnamento.

Contratto di Quartiere II

Nel 2004 è stato approvato il finanziamento per il Contratto di Quartiere II sempre su gli edifici ALER del centro cittadino. Nonostante non sia stato finanziato in prima battuta, la proposta è stata rifinanziata successivamente e prevede la ristrutturazione di 11 edifici (rimasti esclusi dal PRU), un articolato programma di progettazione partecipata coordinato da Ab Città. Il Contratto prevede la ristrutturazione di 11 edifici di 617 alloggi e la realizzazione di un nuovo edificio residenziale su area di proprietà ALER (24 alloggi). Il contratto prevede inoltre la riqualificazione della viabilità del comparto a Nord di viale Lombardia, del fabbricato comunale di via Gardenie, destinato ad asilo nido, della Casa delle Associazioni di via Garofani, del palasport e della sede già della Croce Viola di viale Liguria, da destinare ad attività socio-assistenziali, e la realizzazione di un parcheggio interrato e di una nuova rete di teleriscaldamento. Nel contratto si procederà all’attivazione di un servizio psicosociale per la famiglia e i minori, di iniziative rivolte alle donne disoccupate e all’istituzione di un servizio di vigilanza di quartiere. Alcuni condomini ALER sono stati coinvolti da una forma di autogestione, mediante la quale ogni singolo stabile può decidere come impiegare una parte del bilancio secondo i criteri del “bilancio partecipativo”.

Altri progetti avviati

L’amministrazione ha infine avviato un processo di ridefinizione di alcuni spazi pubblici centrali affidato all’arch. Oliva del Politecnico, attorno al comune e al mercato, per completare l’opera di riqualificazione avviata con il PRU negli anni ’90. Altri grandi progetti stanno modificando lentamente i margini del centro cittadino: in particolare il PRU sull’area ex Romagnoli dove verrà realizzata anche una palazzina ALER a canone moderato e altri alloggi in edilizia convenzionata, ed altri progetti sviluppati attraverso Piani

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Integrati di Intervento in Viale Toscana, a Valleambrosia, Rozzano vecchia e Quinto de Stampi, più prettamente rivolti al mercato medio e medio basso in proprietà.

Differenziazione dell’offerta e politiche di riequilibrio

Di fronte ad una situazione così particolare l’Amministrazione, una volta tamponata l’emergenza manutentiva e di riqualificazione dello spazio pubblico, ha indirizzato il suo sforzo a orientare processi di differenziazione dell’offerta, allo scopo di riequilibrare lo sbilanciamento sociale creatosi a seguito dell’edificazione dell’ALER. Rozzano non ha più bisogno di alloggi sociali, anzi il vero problema amministrativo è dato dalla gestione di questo patrimonio, dalla gestione delle problematiche sociali che questa concentrazione ha creato. “La vera politica sociale è per assurdo non prevedere più alloggi sociali a Rozzano” afferma Miriam Pasqui, dirigente con delega alla casa, “è necessario operare un passaggio essenziale dalla burocrazia del bando e della graduatoria, all’accompagnamento della risoluzione dei problemi abitativi e alla garanzia dei diritti di cittadinanza”. La soluzione è quindi diversificare l’offerta abitativa, cercando di controbilanciare la sproporzione di edilizia sociale, incentivare all’acquisto, per permettere anche un maggiore radicamento, “molti abitanti ALER si sentono ospiti più che cittadini, arrivano da Milano o da altri comuni, lavorano a Milano e qui vengono solo a dormire”. L’amministrazione ha attivato politiche di microcredito per l’acquisto degli immobili, ha distribuito negli ultimi anni mediamente 150 contributi del Fondo Sociale per gli Affitti. Il comune spende circa ¾ del suo bilancio (al netto delle spese per il personale) in spese sociali (fra i 3.000 e i 4.000 interventi sociali ogni anno), e in programmi a lunga durata come il servizio di educativa di strada per il recupero dei drop out e sistemi di innovazione delle politiche quali quelle sperimentate con il bilancio partecipativo e con le iniziative culturali della Cascina Grande. Diversificare si traduce anche in una maggiore attenzione alle categorie che oggi più che nei decenni scorsi producono una domanda pressante di casa, di una casa particolare, temporanea, protetta o semicollettiva: studenti ed anziani. Gli anziani, come già accennato sono aumentati costantemente nel centro cittadino, ed occupano, spesso da soli alloggi troppo grandi, difficili da mantenere. Al contempo aumentano gli anziani non più autosufficienti residenti. Da qui l’idea di realizzare a Rozzano una Residenza Sociale Assistita finanziata da cinque comuni del sud Milano. Un altro intervento in via di definizione è invece legato allo sviluppo del polo ospedaliero dell’Humanitas, e prevede in prospettiva la realizzazione di alloggi per studenti legati all’ospedale e al suo sviluppo quale sede universitaria. Non mancano altre condizioni a contorno a delineare la possibilità di un mutamento di traiettoria di Rozzano, una sua emancipazione dalla nomea di quartiere ghetto, di bronx in salsa milanese, di “Rozzangeles”, come la chiamano gli adolescenti del quartiere popolare. Innanzitutto l’apertura di aziende di punta, come la centrale per la telefonia mobile del nord Italia della Telecom, l’editoriale Domus, lo stesso Ospedale, ma anche l’ampliamento del centro commerciale Fiordaliso, la realizzazione del cinema multisala ad esso collegato. Rozzano può far conto sulla qualità dei suoi servizi, le scuole, gli impianti sportivi, sulla vivacità culturale e politica della Cascina Grande, sull’ex cinema Aurora divenuto un luogo di ritrovo e di dibattito prezioso per la socialità, e sulla sua enorme dotazione di verde. Ha le carte in regola per diventare un normale centro dell’Hinterland milanese.

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L'esperienza di Pioltello

L’Amministrazione del comune di Pioltello si inserisce tra quelle che hanno assistito nel loro pas-sato recente a operazioni di importanti investimenti immobiliari caratterizzati da interventi di carat-tere pubblico e/o privato e che oggi si confrontano con fenomeni legati al ricambio di popolazione, dovuto all’immigrazione recente, ma anche alla rapida obsolescenza del patrimonio abitativo. Comune di poco più di 33.00026 abitanti, con una estensione territoriale di 13,2 kmq, Pioltello si caratterizza come comune della seconda fascia di periferia attorno a Milano. E’ collegato al capoluogo lombardo da tre grandi arterie stradali (la Statale 11 Padana Superiore, proveniente da Vimodrone, la Provinciale 103 Cassanese, proveniente da Segrate e la Provinciale 14 Rivoltana, che collega Pioltello con l’Idroscalo e con l’aeroporto di Linate) e dalla ferrovia Milano – Treviglio, con stazione a Limito, sulla linea Bergamo – Brescia – Venezia. Pioltello fino agli anni ’50, aveva un territorio prevalentemente agricolo, con il boom degli anni ’60 caratterizzati da una crescita edilizia e demografica rapida e non sempre organica, il comune viene man a mano ad assumere la fisionomia che oggi lo contraddistingue. Infatti tra gli anni ’50 e ’60, conosce un rapido sviluppo edilizio, legato ad una forte ondata di immigrazione proveniente soprattutto dal Veneto e dal sud Italia. Coinvolto anche dall’ondata migratoria recente proveniente dai paesi extraeuropei, oggi Pioltello possiede una popolazione straniera pari a quasi all’8%27 del totale. Da poco più di 6.000 abitanti degli anni ’50, il comune all’inizio degli anni ’90 arriva a contare oltre 30.000 abitanti, con un conseguente consumo di terreno agricolo utilizzato per la costruzione di insediamenti abitativi e industriali.

Pioltello presenta una situazione particolare e per certi aspetti molto diversa rispetto ad altre realtà urbane. Da un lato l'ERP esistente mostra caratteristiche tipiche di un comune ad elevata tensione abitativa di seconda cintura, ma con situazioni gestibili e circoscritte. Dall’altro lato si è in presenza di proprietà private frazionate di difficile gestione, caratterizzate da un fortissimo degrado sociale, che si traduce in un preoccupante deterioramento architettonico. Si manifesta quindi la necessità da parte dell’amministrazione di trovare strumenti alternativi, magari provenienti da iniziative a carattere regionale, che mettano i comuni in condizione di poter intervenire in situazioni di estremo degrado sociale.

Natura ed evoluzione dei fabbisogni

Il rapido sviluppo edilizio necessario per far fronte alla repentina crescita demografica degli anni ’60, porta alla costruzione di due “importanti” quartieri: Piazza Garibaldi e Il Satellite. Interventi privati di speculazione edilizia nati per rispondere all’emergenza abitativa di quegli anni. Oggi queste due realtà presentano grosse problematiche per l’Amministrazione legate alla loro gestione sia da un punto di vista di sicurezza sociale che di manutenzione edilizia. Considerando entrambi i quartieri siamo in presenza di circa 2000 unità abitative, così distribuite: poco meno di 300 unità organizzate in 21 civici per il quartiere di Piazza Garibaldi, mentre, il quartiere Satellite è costituito da circa 1.700 alloggi distribuiti in 55 palazzi da 8 piani ciascuno. Queste realtà hanno la particolarità di essere un patrimonio completamente costituito da proprietà privata frazionata, di fatto ogni famiglia occupante è proprietaria dell’alloggio o per lo meno ogni unità abitativa è posseduta da piccoli proprietari. Inoltre, è altissima la percentuale di extracomunitari, che conta più del 70% degli abitanti totali dei due quartieri. La densità abitativa è molto elevata28 e spesso siamo in presenza di vere e proprie comunità straniere caratterizzate da una scarsa propensione all’integrazione. Si sono venuti a creare in questo modo luoghi con evidenti fenomeni di marginalizzazione, caratterizzati da un’edilizia che nel tempo si è degradata. Questi fattori fanno sì che il prezzo 26 Fonte dati: sito del Comune di Pioltello - Relazione Contratto di Quartiere 27 Fonte dati: sito del Comune di Pioltello - Relazione Contratto di Quartiere 28 Nel solo Satellite vivono circa 8.000 persone pari a quasi un quarto della popolazione pioltellese.

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delle unità immobiliari sia ben al di sotto della media degli altri quartieri, per cui l’accesso all’acquisto immobiliare risulta essere facilitato provocando una situazione di elevata mobilità interna con tutte le problematiche connesse a questo fenomeno. L’intervento pubblico diventa quindi estremamente difficoltoso e praticamente di impossibile attuazione all’interno di questi luoghi, dal momento che l’amministrazione non può di fatto intervenire nell’ambito della proprietà privata imponendo delle migliorie. Tuttavia il Comune, nell’ambito di propria competenza riguardante la riqualificazione degli spazi pubblici, ha investito molto cercando di conferire maggiore dignità ai due quartieri in questione. Nel quartiere Satellite inoltre, sono stati attivati dei forum di processi partecipativi per una “buona gestione del condominio” attraverso la creazione di tavoli permanenti di confronto, che vedono il coinvolgimento degli amministratori degli stabili, dei residenti e delle forze sociali operanti all’interno di queste realtà. All’elevata mobilità che caratterizza queste due realtà si contrappone un ridotto turn over degli alloggi ERP, mediamente una decina di alloggi all’anno a fronte di una graduatoria di circa 200 richieste. Si è quindi cercato di diversificare la risposta rispetto alla domanda attuando anche delle convenzioni con le cooperative di edificazione, a cui l’amministrazione richiedeva la cessione di alcuni alloggi a canone moderato con l’obbligo di locarli a persone indicate dal Comune. Attualmente l’Amministrazione è maggiormente orientata ad acquisire direttamente gli alloggi a scomputo degli oneri di urbanizzazione sia per cercare di non gravare sul privato, sia per semplificare la gestione del patrimonio disponibile.

Patrimonio pubblico in dotazione al comune

A Pioltello il patrimonio residenziale pubblico è costituito da una discreta quantità di alloggi, 378 unità di cui 290 di proprietà Aler e 88 di proprietà comunale. Non si segnalano rilevanti problemi di degrado legati alla manutenzione degli alloggi pubblici, anche perché di fatto il patrimonio risulta essere abbastanza recente29. Tuttavia gli immobili30 che presentavano maggiori problemi legati al degrado architettonico, sono attualmente oggetto di Contratto di Quartiere. Il patrimonio più vecchio31 risalente alla fine anni ’70 inizi anni ’80 è stato interessato, una decina di anni fa, da un piano di vendita, per cui attualmente circa il 30% degli alloggi sono di proprietà. Il passaggio alla proprietà privata, pur essendo distribuito in modo disomogeneo all’interno degli immobili, si è rivelato positivo ai fini della manutenzione degli stessi, in quanto ha fatto sì che si realizzassero delle migliorie riducendo le situazioni di degrado più evidenti.

Gli interventi in atto

Pioltello, classificato come comune ad elevata tensione abitativa32, si caratterizza quindi, con un fabbisogno abitativo tipico dell’area metropolitana, dove la forte difficoltà all’accesso alla casa, prima tipico delle categorie sociali più deboli (immigrati ed anziani), oggi tende ad investire anche le famiglie monoreddito che si collocano in una fascia compresa tra i 14 e i 17 mila euro annui. La situazione della domanda di alloggi rispetto all’offerta, come precedentemente accennato, è cospicua rispetto alla disponibilità media annua che è di circa una decina di alloggi, non adeguata a fronteggiare una graduatoria che conta oltre 200 iscritti. Il comune ha pertanto cercato di rispondere in modo diversificato a questa necessità e tra le diverse iniziative si segnalano:

29 Gran parte del patrimonio pubblico si costituisce a partire dalla seconda metà degli anni ’80. 30 Due edifici di proprietà Aler in via Nenni e via La Malfa e uno di proprietà comunale in Via Roma costruiti alla fine

degli anni ’80. 31 Localizzato a Seggiano in via Galilei, costituito da circa 120/130 alloggi. 32 Delibera CIPE n. 87/2003 – Elenco dei comuni considerati ad alta tensione abitativa – G.U. n. 40 del 18/02/04.

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- 24 alloggi, costruiti nel 1991 adiacenti alla sede ASL, che non rientrano nell’ERP, ma sono spazi sociali, mini-alloggi per anziani, che vengono gestiti direttamente dai servizi sociali. L’assegnazione è regolamentata da una graduatoria comunale specifica, indirizzata ad anziani e/o invalidi, che costituiscono nuclei famigliari non superiori a due persone, in quanto alloggi di ridotte dimensioni (35/40 mq);

- 40 alloggi convenzionati con cooperative per la locazione a canone moderato; - l’istituzione di un fondo di aiuto destinato alle famiglie per coprire situazioni di momentanea

difficoltà (ad esempio insolvibilità temporanea della rata del mutuo), per cercare di evitare che si creino nuove situazioni di marginalità o di cronicizzazione del bisogno;

- l’incentivo comunale che prevede l’applicazione di un ICI ridotto pari a quello di una prima casa a coloro che affittano a canone moderato. L’iniziativa ha visto l’adesione da parte di una decina di privati.

Inoltre una serie di situazioni, circa 150, sono salvaguardate dal Fondo Sostegno Affitti che in alcuni casi soprattutto riguardanti persone sole ed anziani, si rileva essere determinante ai fini del mantenimento di una condizione dignitosa.

Il Contratto di Quartiere II

Il CdQ sicuramente costituisce per Pioltello un’importante occasione di riqualificazione partecipa-ta e di integrazione urbana, attraverso una serie di azioni coordinate sia nel settore abitativo che in quello dei servizi e della sicurezza per il conseguimento di una nuova “qualità dell’abitare”. L’intervento si colloca a nord del territorio comunale, delimitando un’area tra il viale San Francesco e la via Roma e interessa la riqualificazione di tre edifici esistenti33 e la costruzione di un nuovo edificio da parte di ALER. Gli interventi di manutenzione straordinaria riguardano quelle opere relative alla conservazione ed al miglioramento degli elementi primari dell’edificio: facciate, coperture e impianti. L’area edificabile inserita all’interno del Contratto di Quartiere da PRG consente l’edificazione di una slp di 4.000 mq, di cui il 50% destinato a servizi. L’edificio sarà composto da 32 alloggi di tipologia bilocale e trilocale e per prescrizione di PRG dovranno essere destinati solo a categorie speciali, quali: single, anziani, giovani coppie e disabili. Il costo complessivo dell’intervento è pari a 10,7 milioni di euro, con un cofinanziamento regionale di 7,24 milioni di euro e un finanziamento comunale di 1,76 milioni di euro34.

4.7 Rispondere alla sollecitazione di progetti emergenti a scala sovralocale

Amministrazioni che si trovano a fare fronte alle trasformazioni del proprio territorio o di ambiti prossimi a seguito del progetto o della realizzazione di un polo d’attrazione a scala sovralocale (apertura di aeroporti, nuove sedi universitarie, poli fieristici).

L'esperienza di Sesto San Giovanni

Già da diversi anni è in corso nel Comune un processo di trasformazione che ha visto insediarsi al posto delle vecchie fabbriche manifatturiere nuove attività produttive di rilievo nazionale e internazionale che operano nel campo della nuova economia. Questo processo, che ha iniziato a produrre benefici effetti sul rilancio dell’occupazione, gravemente colpita dalla chiusura dei vecchi insediamenti produttivi, è destinato a proseguire, in dimensioni ancora maggiori nei prossimi anni, così da configurare la prospettiva di una città profondamente modificata nei suoi assetti economici e sociali. Affrontare per tempo e con una tempestiva programmazione il problema abitativo è fondamentale per governare questi processi di trasformazione.

33 Due di proprietà ALER – via Nenni e via La Malfa – e uno di proprietà comunale – via Roma 125. 34 Fonte dati: “Il Tetto” - Periodico ALER Milano – n°1 Gennaio 2005.

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In tal senso si è mossa l’amministrazione comunale, mostrando attenzione alle politiche abitative fin dalla revisione del PRG a cui si è accinta già negli anni Novanta e, successivamente, nei diversi atti di piano e di programmazione attuativa. Il PRG, giunto all’adozione nel luglio 2000, e poi oggetto di variante tecnica, è divenuto definitivamente efficace nel maggio 2004. Nel lungo iter l’amministrazione si è avvalsa dei Programmi Integrati di Intervento per promuovere in via anticipata alcuni interventi di riqualificazione previsti dallo strumento urbanistico in itinere. Ma anche ora si intende proseguire con strumenti di programmazione negoziata in coerenza con le scelte del PRG e a tale scopo nel febbraio 2005 è stato approvato un Documento di Inquadramento. Dopo aver utilizzato alcuni finanziamenti del Piano Casa 95/98, il comune sembra aver colto appieno le potenzialità del PRERP per implementare alcuni programmi di intervento e sta affrontando con ampio respiro la prospettiva aperta dagli AQST, proponendo al finanziamento un pacchetto di iniziative che vanno molto al di là delle disponibilità già disposte dalla Regione, sia per collocare l’impiego di tali risorse certe in un quadro programmato di medio periodo, sia confidando che ciò sia da stimolo ai livelli sovraordinati per la messa a disposizione di ulteriori risorse per l’abitazione, vera emergenza delle aree metropolitane.

Pur sottolineando la grande distanza fra i finanziamenti disponibili e la dimensione del fabbisogno, l’Amministrazione Comunale sembra aver operato per utilizzare le forme di intervento possibili mirando alla massima efficacia degli esiti. In particolare ha mostrato di gradire l’approccio più negoziale e interattivo inaugurato con la modalità degli Accordi Quadro di Sviluppo Territoriale, anche se proprio in tale contesto ancor più si evidenzia che gli alloggi finanziabili sono poco più di una goccia nel mare dei bisogni. Infatti a fronte di fabbisogni valutati nell’ordine delle migliaia (2.800 unità fra canone sociale e moderato) la risposta finanziabile è nell’ordine delle decine. Tuttavia, considerando l’insieme degli alloggi già finanziati con le diverse misure del PRERP (174) e quelli per i quali il comune ha avviato programmi di intervento per i quali richiede o si propone di ricercare nuove risorse, anche attraverso apporti privati (1.029), si raggiunge una cifra totale che si avvicina alla metà dei fabbisogni stimati. E vi è da ritenere che, qualora questo risultato fosse conseguito, l’effetto sui bisogni sarebbe comunque, se non proprio risolutivo, capace di dare una risposta soddisfacente alla domanda abitativa più debole già oggi presente e che si manifesterà nei prossimi anni nel Comune. Al di là del risultato quantitativo, va comunque sottolineata la positività di un approccio che inserisce la politica della casa all’interno di una strategia complessiva di trasformazione e riqualificazione urbana, avendo cura di distribuire nel territorio i nuovi interventi di edilizia sociale in maniera equilibrata e tendente ad evitare la concentrazione di ceti sociali in difficoltà e anche la realizzazione di interventi privi della contemporanea attuazione dei servizi e degli elementi di centralità urbana. Se si può rilevare un limite, questo è probabilmente costituito da una certa debolezza della normativa di PRG relativa alle Aree di trasformazione che, all’interno della scelta forte di destinare il 20% delle volumetrie residenziali al convenzionamento, parametrano poi l’impegno dell’operatore privato all’affitto a canone concordato a soggetti indicati dal comune per una durata di “soli” 12 anni. Ovviamente, se si fosse riusciti a prescrivere un impegno parametrato alla locazione permanente, la traduzione economica di tale vincolo avrebbe avuto consistenza ben maggiore.

Natura ed evoluzione dei fabbisogni

Sesto presenta un fabbisogno abitativo tipico da area metropolitana evoluta in cui l’esclusione o la forte difficoltà nell’accesso alla casa tende sempre più ad investire non solo i soggetti delle nuove migrazioni ma anche le figure sociali che hanno contribuito a costruire la ricchezza delle aree stesse. Tipiche domande in difficoltà: famiglie monoreddito - in particolare di anziani, separati, lavoratori precari e in mobilità, immigrati, ecc. A vecchi e nuovi fabbisogni il comune si propone di rispondere attraverso l’incremento di:

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- offerta di alloggi a canone sociale, da realizzare anche con forme di partenariato con altri soggetti pubblici e privati;

- offerta di alloggi da locare a canone concordato o moderato, ad integrazione e graduale sostituzione della erogazione di contributi FSA

- offerta di alloggi da destinare alla locazione temporanea

Alcuni dati quantitativi: circa 900 domande di ERP, con la seguente composizione: 12,7 anziani; 11,3 sfrattati; 36,6 persone sole; 17,4 con persone a carico; 30% stranieri Oltre 500 sono le domande per il Fondo Sostegno Affitti, in crescita negli anni passati e ora in via di stabilizzazione, ma con forte aumento dei nuclei in grave difficoltà economica. A seguito di tali dati di domanda espressa, sono state elaborate stime di fabbisogno 2006-2009 pari a 1.600 alloggi a canone sociale e 1.200 alloggi a canone moderato.

Gli interventi in atto

a) il quadro urbanistico

É oggi definito da: - la Variante Generale al PRG, adottata con delibera CC luglio 2000, controdedotta aprile 2004

e divenuta definitivamente efficace il 5 maggio 2004 (pubblicazione sul BURL); - il Documento di Inquadramento, approvato dal CC il 7 febbraio 2005.

b) il Documento di Inquadramento

Costituisce parte integrante di questo documento urbanistico l’allegato “Quadro Organico di Riferimento per la trasformazione delle aree ex Falck”, che rappresentano la risorsa territoriale più importante per i futuri sviluppi residenziali di Sesto San Giovanni. É dunque in tale parte di territorio che potrà trovare posto anche la risposta alla domanda di abitazione per rispondere alle fasce meno protette. Nel capitolo “linee guida per la progettazione: le politiche per la casa” si stabiliscono i criteri per dare attuazione alla previsione del PRG in materia che individua la quota del 20% della slp residenziale da destinare alla realizzazione di edilizia residenziale convenzionata. Il parametro previsto per tale convenzionamento è l’affitto a canone concordato col comune da destinare per la durata di 12 anni a soggetti appartenenti a categorie individuate dal comune.Nel documento la quantificazione economica corrispondente a tale vincolo viene declinata in diverse alternative equipollenti così da consentire all’amministrazione di adottare quella che al momento si rivelerà più rispondente alle esigenze. In luogo dell’affitto per 12 anni potrà essere concordata la cessione al comune di un fabbricato o di una area edificabile oppure una monetizzazione corrispondente.

Gli interventi finanziati

- il Programma Emergenza Abitativa: realizzazione di nuovo stabile ALER in via Catania per n. 36 alloggi a canone sociale;

- il recupero di 24 alloggi ALER (canone sociale) in due diverse località; - il Programma Canone Moderato: recupero sottotetto stabile ALER via Bergomi per n.14

alloggi a canone moderato; costruzione nuovo stabile ALER in via Edison, area ex-Transider per 30 alloggi a canone moderato;

- il Programma POR ex lege 21/01: nuovo stabile ERS in via Boccaccio/Donizetti realizzato da cooperativa per 22 alloggi a canone concordato;

- il Programma Contratti di Quartiere II: realizzazione di n. 68 alloggi di cui 40 ALER ottenuti da frazionamento alloggi esistenti e 28 comunali di nuova edificazione (nel quadro della ristrutturazione complessiva del Quartiere Torri ex Gescal).

Per un totale di 174 alloggi: 108 a canone sociale e 66 a canone moderato/concordato.

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Gli interventi proposti

La proposta per gli AQST

Si colloca in un quadro di interventi per l’housing che traguarda un arco decennale. Entro di esso viene individuato un progetto già a buon grado di fattibilità in grado di assorbire il non elevato finanziamento disponibile. Quest’ultimo, poco inferiore a 2 ML di euro, riesce a coprire la realizzazione di 18-20 dei circa 35 alloggi complessivamente previsti dal progetto. Si tratta del risultato di un convenzionamento con privati derivante dalla trasformazione di una delle grandi aree industriali dismesse di Sesto S.G., la Deca Passavant (area Decapaggio), posta nella parte nord del territorio comunale fra le aree Falck Vulcano e Falck Unione, di fronte al villaggio Falk. L’intervento avviene mediante recupero di edificio esistente tutelato quale bene storico - documentale dal PRG e da destinare ad attrezzatura pubblica a carattere residenziale destinata a fasce socialmente deboli. La realizzazione è affidata al proprietario privato che cederà l’edificio ristrutturato al comune in forza degli impegni convenzionali derivanti dalla conversione del 20% delle slp residenziali totali del PII. All’intervento, che avvia l’attuazione del PII dell’area “ZT 2.1.Decappaggio”, si attribuisce il ruolo di contribuire alla creazione di nuova centralità urbana nel quartiere Pelucca, una zona residenziale rimasta interclusa fra strutture produttive dismesse e che dovrebbe in tal modo uscire gradualmente dall’isolamento.

Tab 34. Il quadro degli interventi di medio periodo

Numero alloggi

Ordine Localizzazione Canone Sociale

Canone moderato/ Housing sociale

Proprietà Tipologia intervento Tempi

1 AMBITO ZT 2.1

DECA PASSAVANT VIA TRENTO

35 privata in cessione al comune

Intervento proposto da finanziare con l'importo AQST già attribuito al

comune

inizio lavori 3/2006

2 AREA CENTRALE

QUARTIERE TORRI VIA MARX /LIVORNO

28 Aler

Nuova edificazione nell'ambito del CdQ II,

integrata con attrezzature pubbliche

inizio lavori

3/2007

3 VIA CAMAGNI 18 Aler

Recupero Villaggio Operaio "Breda", 9

villette 2 piani di due alloggi ciascuna

inizio lavori

1/2007

4 AMBITO ZT 2.1

DECA PASSAVANT 28 privata

Nuova edificazione in PII, categoria d'utenza da definire nella fase

attuativa (v.int.1)

inizio lavori

1/2010

5 AMBITO ZSP2 BERGAMELLA

20 20 comune

Intervento ERP, valorizzazione nucleo

storico quartiere Cascina Gatti

inizio lavori

9/2007

6 AMBITO ZSP2 BERGAMELLA

60 privata

Intervento convenzionato,

valorizzazione nucleo storico quartiere Cascina

Gatti

inizio lavori

7/2007

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Numero alloggi

Ordine Localizzazione Canone Sociale

Canone moderato/ Housing sociale

Proprietà Tipologia intervento Tempi

7 VIA BELLINI E VIA

PUCCINI 55 privati

Nuova edificazione in contesti urbani

consolidati da valorizzare col progetto

inizio lavori

1/2007

8 AREE FALCK 180 420 privata

20% da destinare a convenzionata

/erp in sistema urbano con pluralità di funzioni

inizio lavori

1/2009

9 AMBITO ZT 2.2

SCALO FERROVIARIO

65 comune

Da parziale dismissione scalo ferroviario,

intervento plurifunzione da definire e affidare in

concessione

inizio lavori

1/2009

10 CASA ALBERGO

FALCK VIA MAZZINI 100

privata da acquisire

Ex Casa Albergo per operai inutilizzata, da

acquisire per intervento housing sociale

inizio lavori

11/2008

Totali 300 729

L’esperienza di Rho

Con i suoi 50mila abitanti e una superficie territoriale di 22,4 kmq, Rho rappresenta l’esempio tipico di subpolo della prima cintura urbana milanese, caratteristica che ne ha determinato la propria conformazione fisica, economica e sociale. Interessato negli scorsi decenni da processi di traboccamento demografico e di attività economiche dalla zona centrale dell’area metropolitana, il comune è collocato in un area strategica per quanto riguarda le connessioni metropolitane, regionali e internazionali, nodo di più direttrici storiche dello sviluppo industriale lombardo. Fattori che nel loro complesso hanno contribuito a determinare la scelta di quest’area per la localizzazione del nuovo polo esterno della Fiera di Milano. L’intervento del nuovo polo fieristico si colloca all’estremità sud orientale del territorio comunale, in una porzione di territorio compresa tra i comuni di Rho e Pero, su un’area industriale dismessa di circa 2 milioni di mq, occupata fino alla fine degli anni ’80 dalla raffineria AGIP. Esso rappresenta uno dei maggiori interventi di recupero di un’ area industriale dismessa a livello nazionale, collocato all’intero di una porzione del territorio metropolitano caratterizzato da un elevato tasso di urbanizzazione.

Natura ed evoluzione dei fabbisogni

La casa è uno dei problemi più sentiti e urgenti del territorio rhodense. Con i suoi 502 alloggi di ERP di proprietà comunale, rappresenta una delle situazioni migliori per rapporto numero abitanti/numero di alloggi. Nonostante ciò, a livello regionale Rho è riconosciuto da parecchi anni come comune ad alta tensione abitativa, dove si registra un elevato fabbisogno abitativo. In un simile contesto l’intervento Fiera si inserisce come elemento metropolitano di rango superiore, quindi non direttamente legato alla realtà locale, in grado di costituire una propria rete di relazioni con il territorio dell’area metropolitana milanese. Pur essendo la nuova fiera localizzata al limite del confine comunale, l’intervento non potrà non condizionarne le dinamiche dal punto di vista dei flussi demografici e del fabbisogno abitativo.

Il patrimonio esistente

La dotazione di alloggi di ERP del comune di Rho risulta essere tra le più elevate dell’intera provincia.

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Uno dei principali problemi nella gestione di un simile patrimonio è rappresentato dalle condizioni conservative degli immobili: il 50% degli alloggi ha più di 35 anni, con notevoli ripercussioni di ordine economico e gestionale legate all’esigenza di manutenzioni sempre più numerose e rilevanti.

Anno di costruzione Numero di alloggi

ante 1935 20

dal 1935 al 1966 34

dal 1966 al 1987 220

dal 1988 al 2003 228

Totale 502

Fonte: Comune di Rho

Gli interventi in atto

L’amministrazione si occupa della gestione delle domande di assegnazione degli alloggi di

edilizia residenziale pubblica in tutte le fasi – istruttoria, formazione della graduatoria e gestione dei ricorsi – che conducono alla pubblicazione della graduatoria definitiva, e delle effettive assegnazioni degli alloggi disponibili di proprietà comunale e dell’ALER, previa la verifica della permanenza dei requisiti indicati dalla normativa regionale. Pur tra le difficoltà derivate dalla gestione di un patrimonio tanto consistente, l’amministrazione intende attuare “un’azione di incremento” dello stesso, attraverso investimenti di risorse sia per la realizzazione di nuovi alloggi, sia per la manutenzione del patrimonio esistente. Tra le operazioni già attuate e in via di completamento bisogna segnalare: - 36 nuovi alloggi di ERP in via Aldo Moro, per un importo complessivo di 2.348.000 euro, inserito all’interno del POR - Piano Operativo Regionale per l'attuazione del Programma Nazionale di edilizia residenziale “20.000 abitazioni in affitto”, soggetto attuatore: COOP. DIRITTO ALLA CASA SCARL (inizio lavori marzo 2003, consegna primavera 2005);

- 36 nuovi alloggi di ERP in via Aldo Moro, per un importo complessivo di 2.348.000 euro, inserito all’interno del POR - Piano Operativo Regionale per l'attuazione del Programma Nazionale di edilizia residenziale “20.000 abitazioni in affitto”, soggetto attuatore COOP Diritto alla Casa SCARL (inizio lavori marzo 2003, consegna primavera 2005); http://www.politicheperlacasa.regione.lombardia.it/Testi/20000Abitazioni/allegato_2_(nuovagrad)3430_070305.pdf

- 17 nuovi alloggi in C.so Europa (cortile Burba), per un importo complessivo di 1.700.000 euro con un finanziamento regionale di 432.000 euro (inserito all’interno del piano opere 2005, progetto definitivo 2005, inizio lavori entro 2006, fine lavori 2008). Intervento realizzato con una possibile convenzione tra ALER e Terzo Settore.

Merita particolare riguardo il Piano sociale di zona dei comuni del rhodense e il Programma di interventi attuato dall’Assessorato alle politiche sociali, alle politiche per la terza età e per la salute, i quali propongono per il quinquennio del mandato amministrativo una serie di interventi di assistenza sociale rivolta agli anziani con la promozione di interventi volti ad aumentare il numero di alloggi di edilizia sociale compresi all’interno degli interventi di via Aldo Moro e di Villa Burba, oltre agli interventi di nuovi alloggi inseriti all’interno di progetti di trasformazione urbana in atto sul territorio comunale:

- 7 mini alloggi per anziani all’interno del PII ex Muggiani nel piano di recupero dell’edificio sito tra via Volta e via B. Gesù (lavori in corso, consegna entro 2006);

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- 10 mini alloggi per anziani all’interno del centro sociale di via S. Ambrogio in Passirana (progetto esecutivo e gara di appalto entro il 2006, conclusione lavori entro 2007/2008).

Uno dei maggiori impegni annuali per il settore “Manutenzione Demanio e Patrimonio” è rappresentato dagli interventi di manutenzione del patrimonio di ERP. Il Comune di Rho, uno dei pochi della provincia milanese, ha attuato negli anni una serie di interventi sul patrimonio esistente, effettuando in proprio gran parte del lavoro relativo alla manutenzione ordinaria, e parte di quello inerente la manutenzione straordinaria. È stato così costituito un vero e proprio gruppo di operai impiegato nella manutenzione del patrimonio (17 operai e 8 tecnici), i quali oltre alle attività di manutenzione ordinaria, programmata, e progettazione, hanno dovuto far fronte ad attività collaterali, per un ammontare complessivo nel biennio 2003/2004 pari a 2.775.000 euro.

Il Contratto di quartiere II – Lucernate di Rho

Lucernate è una frazione di Rho dal 1928, divenuta parte integrante dell’agglomerato urbano. Il quartiere si trova nella parte Sud del territorio comunale, isolato dal centro cittadino dalla linea ferroviaria Torino-Milano. L’ambito territoriale del quartiere coincide in larga parte con il Piano di zona consortile vigente. L’edilizia residenziale pubblica è stata realizzata intorno agli anni 80. Si tratta di un quartiere abitato in particolare da una popolazione giovane, fattore di rilevante interesse e motore delle iniziative di sviluppo previste nella proposta di Contratto. All’interno del quartiere sono presenti problemi di disagio sociale e di mancanza di sicurezza dovuti alla difficile convivenza con insediamenti nomadi presenti ai margini dell’area oggetto d’intervento. Inoltre è presente un notevole numero di abitanti che usufruiscono dei minimi sociali. Il contratto è costituito da una serie di interventi che mirano a migliorare le condizioni di vita degli abitanti. I progetti elaborati dall’amministrazione affrontano problemi di natura edilizia, urbanistica, sociale ed economica del quartiere, attuando una politica di coinvolgimento diretto, nelle fasi di definizione e gestione degli interventi, dei cittadini interessati dagli interventi, dei soggetti pubblici e di quelli privati (i focus group tematici, con lo scopo di far emergere le esigenze dei cittadini e per definire progetti partecipati per consentire l’inizio dei lavori entro il 2006). Esso rappresenta il più grande intervento mai realizzato a Rho per una sola area urbana, con un investimento complessivo di circa 17 milioni di euro. Il protocollo del contratto è stato siglato dal comune di Rho, dall’ALER Milano, dall’Edera srl, dalla Coop Percorsi e dalla IM.TE.RHO. Gli interventi sul patrimonio di ERP previsti possono essere così sintetizzati:

- 32 nuovi alloggi ERP – Comune, in via Foppa/Pavese: inseriti all’interno del piano opere 2005 per un importo totale di 3.715.000 euro (progetto definitivo/esecutivo 2005, inizio lavori 2006, fine lavori 2007/2008);

- 70 nuovi alloggi ERP – ALER, in via Foppa/Giotto (entro il 2007); - 102 alloggi ERP, da manutenzione straordinaria alloggi ERP – ALER, in via Pavese

(entro il 2007). A questi si aggiungono interventi sulla rete infrastrutturale e per la creazione di servizi e strutture socio assistenziali per il quartiere. Il Comune è riuscito ad ottenere partecipando al POR un finanziamento con risorse statali di 530 mila euro per 22 alloggi in proprietà differita in via Foppa, alloggi poi inclusi all’interno del CdQ II. La spesa totale proposta dal Contratto di Quartiere per la città di Rho ammonta a circa 23 milioni di euro, distribuita nel periodo 2005/2008. Il costo totale di spesa pubblica ammonta a circa a 20 milioni di euro, il costo totale di spesa privata ammonta a circa 3 milioni e mezzo di euro. Il cofinanziamento richiesto alla Regione Lombardia e al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è pari a circa 13 milioni di euro, circa il 55% del costo totale dell’intervento.

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Gli interventi proposti

Altro versante importante della politica abitativa rhodense è dato dall’edilizia convenzionata. Attraverso lo strumento dei bandi di assegnazione e di convenzioni attuative è possibile infatti agevolare l’edificazione di alloggi in vendita a costi minori rispetto al prezzo di mercato. Di recente è stato approvato un nuovo bando che prevede tre lottizzazioni, rispettivamente: via Magenta, via Olona e via Monte Nevoso/Bersaglio, attraverso le quali sarà possibile immettere sul mercato dell’acquisto oltre 200 nuovi alloggi. L’amministrazione ha partecipato ad un secondo bando del ministero per le infrastrutture, Contratto di Quartiere II bis, prevedendo la realizzazione di 48 nuovi alloggi di ERP (case comunali) in zona Mazzo, per un importo di 4.800.000 euro. La graduatoria e i relativi finanziamenti verranno emanati a breve dal ministero. Quale che sia l’esito del bando l’amministrazione realizzerà ulteriori 25 nuovi alloggi di ERP, per un importo di 2.500.000 euro, come previsto dal piano per gli investimenti del 2006. In conclusione si possono sintetizzare gli interventi fin qui illustrati come di seguito:

- il totale dei nuovi alloggi la cui realizzazione è prevista entro il 2008 è di 153 (dal 1988 al 2003 192 alloggi realizzati in 15 anni), portando così il totale di futuri alloggi comunali a 655, con un incremento del 30% sul totale;

- il totale delle manutenzioni straordinarie previste entro il 2007 interesserà 109 alloggi, costituendo in assoluto il maggior intervento di manutenzione mai realizzato in città.

L’analisi ha dimostrato che l’amministrazione rhodense risulta essere versatile nella scelta degli interventi da attuare, con operazioni che mirano al soddisfacimento del fabbisogno emergente, in alcuni casi innovative ed aperta al confronto con altre amministrazioni. Fino ad oggi non sembra comunque emergere una specifica attenzione a valutare gli effetti sul sistema abitativo del nuovo polo fieristico.

Il Progetto housing sociale

Promosso dall’ Agenzia di Cittadinanza35, con l’obiettivo di promuove la collaborazione con il Terzo settore per costruire un nuovo sistema di welfare in grado di rispondere ai bisogni sociali emergenti. Realizzato nell'ambito dell'iniziativa comunitaria Equal (Programma di iniziativa comunitaria Equal II Fase) con la partecipazione di CoopeRho, il progetto intende attuare alcune azioni strategiche all’interno del territorio comunale: individuazione, mappatura e analisi delle situazioni di disagio (emergenza abitativa nel Centro di via Magenta, nuclei con gravi problematiche economiche e sociali, affitto a canine calmierato) e proposta di alcuni interventi da attuare:

- Centro di prima accoglienza di via Magenta: coprogettazione tra il Comune di Rho e la Caritas Cittadina, per una spesa complessiva dei lavori di ristrutturazione di circa 700 mila euro. Si propone un accordo di gestione per la cessione in diritto di superficie per 25 anni a Caritas cittadina a fronte dell’ultimazione dei lavori e lo studio di apposita convenzione per la gestione dell’ accoglienza e dell’ospitalità di cittadini di Rho in estrema difficoltà.

- Appartamenti di via San Carlo: con l’obiettivo di intercettare i bisogni abitativi e sociali di differenti tipologie di cittadini, destinando 17 appartamenti (5 per la rete appartamenti e 12 per l’affitto a canone calmierato) a persone con difficoltà abitative. Il costo globale dell’iniziativa è circa di 1.300.000 euro, ripartiti tra ente pubblico e fondazioni o enti che si

35 Agenzia di Cittadinanza: sviluppo territoriale del welfare di responsabilità è un progetto che promuove la

collaborazione tra Terzo settore ed Enti locali per costruire un nuovo sistema di welfare in grado di rispondere ai bisogni sociali emergenti. È realizzato nell'ambito dell'iniziativa comunitaria Equal da 25 soggetti operanti nella provincia di Milano, individuati per esperienza e competenza.

Rapporto conclusivo

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occupano di housing, con una gestione in collaborazione con il privato sociale, con la stipula di una convenzione per la gestione di 30 anni all’ente proponente, ma che mantenga la piena proprietà all’Ente locale.

L’esperienza di Pero

Piccolo comune di 10 mila abitanti, con una superficie territoriale di soli 5 kmq, Pero è localizzato in un’area strategica dell’area metropolitana milanese, lungo l’asse del Sempione e all’incrocio di importanti arterie viabilistiche a livello regionale. In una posizione di prima fascia metropolitana, dista pochi chilometri dal centro di Milano, fattore che ne ha influenzato nel tempo il proprio sviluppo economico e sociale. Da questa vicinanza Pero ricava benefici e problemi, infatti ha accesso a tutti i servizi offerti dalla grande città (scuole, università, ospedali, luoghi per il lavoro, il commercio, la cultura e il tempo libero), e nello stesso tempo risente della pressione di Milano per l'insediamento di attività non proprio pregiate, quali gli impianti per lo smaltimento di rifiuti, la depurazione delle acque, la pulizia di treni, lo smistamento di persone e merci. Territorio di confine, luogo di rapporti, di collegamento dell’area centrale dell’area metropolitana con il resto della provincia, caratteristiche che hanno fatto di Pero da sempre luogo di transito verso e da Milano. L’asse del Sempione, le autostrade, la metropolitana, la ferrovia regionale e la linea ferroviaria veloce, il vicino aeroporto di Malpensa, rendono Pero uno dei luoghi più accessibili della regione, tra i più adatti all'insediamento dell'impresa. Tale caratteristica ha influenzato il proprio sviluppo economico storico, con la trasformazione da territorio agricolo a territorio industriale, con tutti i vantaggi e tutti i limiti portati dall'industria. Ultimo e più importante intervento è rappresentato dal Nuovo Polo Fieristico della Fiera di Milano: su di un’area di 2 milioni di mq, compresi nel territorio del comune di Pero e Rho, data la sua posizione strategica e l’elevata accessibilità, ha trovato posto uno degli interventi di trasformazione urbana più importanti in Europa. Operazione di recupero e trasformazione di un’ampia porzione di territorio urbanizzato che influenzerà lo sviluppo futuro di Pero, il quale rafforzerà il proprio ruolo di territorio di cerniera, linea di confine e luogo che verrà investito da nuovi e più intensi flussi viabilistici, condizionandone lo sviluppo e la qualità ambientale.

Natura ed evoluzione dei fabbisogni

Caratterizzato da una struttura sociale eterogenea e costante per dimensioni demografiche negli ultimi anni, il comune di Pero è comunque inserito nell’elenco dei comuni ad alta tensione abitativa dell’area metropolitana milanese. Dopo la dismissione delle aree industriali si è assistito ad un graduale arresto del tasso di crescita demografica. I pochi alloggi di ERP presenti furono costruiti tra gli anni ‘60/’70, a testimonianza di un fabbisogno abitativo passato elevato, legato ai processi di industrializzazione e alle intense ondate di immigrati che occuparono questa porzione della regione urbana milanese in quel periodo. La casa rappresenta per l’amministrazione comunale uno dei problemi più sentiti e urgenti da risolvere. Non si possono attuare politiche di espansione residenziale, date le modeste dimensioni del territorio comunale e la mancanza di territorio urbanizzabile. Il nuovo polo fieristico, dal canto suo, non ha certo aiutato a risolvere la questione. Con i suoi 2 milioni di mq di superficie territoriale, con il conseguente prolungamento della linea MM1 e la fermata intermedia nel centro di Pero, rappresenta una risorsa economica per lo sviluppo del comune, ma è al contempo motivo di perdita di una elevata porzione di suolo comunale, oltre ad aver innescato negli ultimi anni un graduale processo di aumento del prezzo degli immobili. In un simile contesto dove emerge la necessità di tutelare e conservare le poche aree libere presenti, dove elevato è il fabbisogno di aree verdi, l’unica politica attuabile deve essere incentrata sul contenimento di consumo di suolo, cercando di evitare nuove edificazioni, incentivando il recupero del patrimonio edilizio esistente, e attuando politiche che tutelino l’ambiente e la vivibilità urbana.

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Gli interventi in atto

L’amministrazione comunale ha attuato una politica di incentivazione dell’edilizia in cooperativa, attraverso un processo di trasformazione di destinazione d’uso di aree destinate ad insediamenti industriali/artigianali in aree da destinare ad edilizia residenziale convenzionata. Gli interventi di maggior rilievo:

- intervento di modifica della destinazione d’uso di un’area destinata ad attività artigianali per 68.000 mc di residenza: di questi 45.000 mc da destinare ad edilizia convenzionata, mentre i restanti 23.000 mc da destinare ad edilizia in cooperativa;

- intervento di modifica della destinazione d’uso di un’area destinata a servizi, di fianco il nuovo polo fieristico, da destinare alla creazione di una nuova struttura ricettiva oltre 75.000 mc di residenza: di questi 23.000 mc da destinare ad edilizia convenzionata, mentre i restanti 52.000 mc per edilizia privata.

Un’altra questione che merita particolare attenzione è rappresentata dalla vicinanza al capoluogo e dai processi di trasformazione urbana che avvengono all’interno dell’area centrale. Da sempre Pero ha risentito di questa importante presenza. Il Comune di Milano ha recentemente deliberato l’impiego di alcune aree standard di proprietà comunale per edilizia sociale. Tali interventi, localizzati in vicinanza dei confini comunali, avranno come effetto un aumento del carico insediativo, con conseguenti ricadute sui comuni di prima cintura, fra cui certamente anche Pero. Una simile azione di intervento, legata all’elevato fabbisogno abitativo della città di Milano, è considerata negativamente dall’amministrazione di Pero, dove elevato è stato il consumo di suolo negli anni passati e dove importante risulta ora essere, per una corretta e sensata amministrazione comunale, incentivare processi di tutela delle aree standard e dei pochi spazi verdi disponibili, per una maggior qualità abitativa. Le eventuali ricadute negative dovrebbero comunque essere mitigate da un coordinamento intercomunale delle politiche urbanistiche e abitative (disegno concertato degli insediamenti e degli spazi verdi, possibilità di accesso per i residenti di Pero all’edilizia sociale realizzata in Milano, e così via).

L’esperienza di Busto Arsizio

Uno dei maggiori centri della provincia di Varese, il Comune di Busto Arsizio ha visto mutare negli anni la propria struttura sociale ed economica, fenomeno accentuato dalla vicinanza ad uno dei più grandi progetti infrastrutturale italiani costituiti nell’ultimo decennio: l’aeroporto internazionale di Malpensa.

Natura ed evoluzione dei fabbisogni

Con i suoi 79.353 abitanti residenti al 1 gennaio 2005, insieme a Varese e Gallarate, è uno dei comuni dove si registra il più alto tasso di crescita demografica nella provincia di Varese. Nel Programma annuale 2004 di attuazione del Programma Regionale per l’Edilizia Residenziale Pubblica 2002–2004 (Allegato A alla d.g.r. n. VII/17175 del 16 aprile 2004), Busto veniva indicato quale comune a fabbisogno abitativo moderato in crescita. Per comprendere il fabbisogno emergente in questa porzione del territorio lombardo bisogna analizzare i cambiamenti avvenuti a livello economico e sociale negli ultimi decenni. Dopo una fase di intensa industrializzazione, specializzata nel settore meccanico, tessile e aeronautico, si è assistito fino agli anni ’90 ad un progressivo declino di queste attività economiche. In una simile situazione non si è riusciti, a differenza di altri contesti, a trovare in altri settori, quali il terziario e i servizi, una strategia alternativa di sviluppo. D’altra parte l’apertura di Malpensa 2000 ha rappresentato un fattore cruciale di sviluppo, destinando a mutare il ruolo di quest’area nel contesto interregionale.

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Con l’affermarsi di questo intervento si è assistito nella prima metà degli anni ’90 a modesti incrementi della popolazione residente, oltre a tassi di migrazione positivi rispetto ad altri comuni del varesotto. Nuove popolazioni attratte da nuove possibilità offerte da una rete di attività produttive e di servizio nate in concomitanza con l’aeroporto. Un aumento di popolazione che influisce sulla disponibilità di immobili da destinare ad edilizia residenziale pubblica, oltre alla necessità di creare un sistema di servizi sociali in grado di soddisfare la domanda emergente.

Gli interventi in atto

Busto Arsizio è uno dei comuni dove si concentra il maggior numero di alloggi di ERP di tutta la Provincia. L’ALER di Busto gestisce circa 450 alloggi di ERP distribuiti su tutto il territorio comunale. Su questo patrimonio vennero avviati dall’inizio degli anni ’90 una serie di operazioni di recupero. Gli interventi più importanti possono essere così sintetizzati:

- opere di manutenzione ordinaria su immobili di proprietà dell’ALER di Busto Arsizio e di comuni diversi gestiti dall’ALER di Busto Arsizio per opere edili (costo totale 464.100 euro);

- via Magenta 7: intervento di recupero urbanistico avviato dall’ALER mediante accordo di programma con il Comune di Busto Arsizio e Regione Lombardia, finalizzato alla realizzazione di un edificio residenziale di proprietà del comune, composto da 19 alloggi più 1 spazio sociale e parti pertinenziali (costo totale 1.532.696 euro, di cui 1.069.086 sono finanziati dalla Regione Lombardia e 463.610, invece, a carico dell’Amministrazione Comunale);

- via Cellini 15: ristrutturazione di 19 alloggi in fabbricato ad uso residenziale composto da 27 alloggi (costo totale 2.043.000 euro di cui 1.634.000 finanziati dalla Regione Lombardia mentre la quota restante è a carico di ALER.);

- opera di ristrutturazione patrimonio ERP in gestione all’ALER di Busto Arsizio e nei comuni del circondariato (costo alloggi del comune di Busto: 85.000 euro; alloggi di ALER e Regione: 80.000 euro; totale complessivo comuni circondariato, ALER e comune di Busto: 235.550 euro).

Gli interventi di via Magenta e via Cellini sono inseriti nell’ambito del “Programma regionale per l’emergenza abitativa”.

Il Contratto di Quartiere II – Tito Speri

L’ambito territoriale è costituito dall’insieme di aree incluse tra via Espinasse, via Speri e via Pepe. L’area, poco distante dalla nuova stazione delle ferrovie Nord, appartiene ad un ambito urbano in cui sono presenti molte aree industriali dismesse e quindi in trasformazione; in particolare è limitrofa alle aree inserite nella variante denominata “Centro direzionale”. Il patrimonio di edilizia residenziale pubblica presente costituisce un esempio di quartiere operaio risalente all’inizio del secolo scorso, ed è costituito attualmente da 87 alloggi, di cui 19 non assegnati a causa delle pessime condizioni interne. L’intervento coinvolgerà una popolazione di 157 individui attualmente residenti nel quartiere. La superficie territoriale di progetto è di 15.250 mq (superficie territoriale di progetto ambito ERP: 7.750 mq). Un operazione di recupero urbanistico di significativo impatto, che vedrà l'impiego di tecniche costruttive e progettuali avanzate, con criteri di bioarchitettura e un impiego innovativo e razionale dell'energia. Il progetto prevede di edificare su un tessuto già urbanizzato, senza andare ad intaccare lo poche zone verdi residue.

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Il contratto di quartiere, oltre a 96 nuovi alloggi popolari e all’albergo, prevede anche due aree ad uso sociale da 160 e 60 metri quadri rispettivamente. I costi dell'intervento sono stati così ripartiti: 4,2 milioni di euro a carico della Regione, mentre 3,7 milioni a carico del Comune e dell’ALER. Per 18 alloggi in via Espinasse l’ALER ha ottenuto un finanziamento di 803.575 euro (inserito all’interno del POR - Piano Operativo Regionale per l’attuazione del Programma Nazionale di edilizia residenziale “20.000 abitazioni in affitto”). http://www.politicheperlacasa.regione.lombardia.it/Testi/20000Abitazioni/allegato_2_(nuovagrad)3430_070305.pdf I lavori dovrebbero partire entro l'estate 2006, per concludersi entro la fine del 2010. L’insieme degli interventi (CdQ II, intervento di via Magenta e intervento di via Cellini) prevede un investimento che raggiunge gli 11 milioni di Euro, cofinanziato dalla Regione per oltre 7 milioni (di cui 4.300.000 per il Contratto di Quartiere) e la quota restante finanziata dal Comune (di cui 2.900.000 per il Contratto di Quartiere). Il Piano di Zona36 per il triennio 2006 - 2008, appena approvato dal comune, ha rappresentato l’occasione per riflettere sulla domanda sociale nel territorio di Busto Arsizio, oltre ad aver evidenziato con intensità crescente alcune problematiche: prima tra tutte la mancanza di soluzioni abitative con un canone di locazione sopportabile in rapporto alla condizione reddituale di particolari porzioni della popolazione residente, oltre a ridefinire i criteri di povertà, facendo emergere una sempre più elevata complessità del disagio sociale, a cui è possibile rispondere solo con il supporto di nuove competenze tecniche e con modalità di intervento sempre più integrate.

36 Con delibera del Commissario Straordinario n. 13 del 6 aprile 2006 è stato approvato il Piano di Zona 2006-2008,

sulla base delle valutazioni dei risultati raggiunti nel periodo precedente, rappresenterà lo strumento programmatorio delle politiche locali in ambito socio-assistenziale per il prossimo triennio.

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5 Verso la costruzione di un Osservatorio

Questa parte della ricerca si propone, oltre che di riprendere sinteticamente gli elementi di valutazione delle esperienze, di estendere la riflessione alle politiche condotte in materia di edilizia sociale, con il fine ultimo di formulare il progetto di integrazione dell’Osservatorio a livello regionale sulla capacità di risposta che l’intero sistema dei decisori pubblici è in grado di offrire in questo campo. In tal senso, ci è sembrato utile: ripercorrere, in un primo punto (Modelli d’azione e temi emergenti dalle esperienze) le sette tipologie considerate, recuperando i tratti salienti delle esperienze analizzate, al fine di estrarre specificità e limiti; evidenziare le questioni ritenute rilevanti ai fini di una buona capacità di risposta da parte di una amministrazione alle sfide poste dalle nuove domande abitative (Tre questioni sotto osservazione); fare emergere sperimentazioni e azioni particolarmente significative che possono aiutare ad orientare l’azione anche di altre amministrazioni (Processi virtuosi); infine, nell'ultimo capitolo (Riflessione critica a margine di un lavoro di ricerca), sviluppare in forma estesa la proposta che, a partire dalla considerazione degli elementi necessari a dare sostegno alla capacità del sistema nel promuovere politiche ed interventi nel settore abitativo, prova a delineare un nuovo modello di Osservatorio Casa regionale, cui affidare un ruolo attivo di indirizzo dell’azione, attraverso lo sviluppo della capacità di monitoraggio/valutazione quali-quantitativa delle politiche e delle concrete pratiche degli attori.

Terza parte

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6 Modelli d’azione e temi emergenti dalle esperienze

Nella Seconda parte del Rapporto di ricerca sono state individuate sette famiglie che, come abbiamo ampiamente sottolineato, riassumono in modo idealtipico i comportamenti, le attitudini, le scelte progettuali delle amministrazioni lombarde nel campo della risposta al fabbisogno abitativo presente all’interno del proprio contesto di riferimento. L’avere delineato queste sette famiglie e avere rintracciato e studiato per ciascuna di esse alcuni casi significativi ci ha consentito una duplice operazione. In primo luogo, queste poche e mirate “famiglie” di comportamenti ci hanno aiutato a riordinare, talvolta in maniera un po’ semplificata, la varietà delle modalità d’azione e delle culture amministrative locali. In secondo luogo, il confronto con alcune esperienze “reali”, con esempi concreti, politiche attivate, strutture amministrative all’opera, ci ha consentito di affinare la capacità di osservazione della varietà delle situazioni concrete (mai riconducibili all’idealtipo) e di riformulare in termini più ampli le caratteristiche delle “famiglie” di comportamenti, delineate in una prima fase in chiave di ipotesi di lavoro. Il nostro lavoro di osservazione si è rivolto a situazioni, per la gran parte, contraddistinte da sostenuta pressione abitativa ed evidente fabbisogno, che nelle forme più diverse e con i più diversi risultati si sono attivate intorno alla questione abitativa, hanno mobilitato energie, hanno promosso iniziative, hanno compiuto un percorso di ricerca di soluzioni. Volutamente sono state tralasciate le situazioni meno dinamiche e incerte, proprio per potere cogliere “capacità di risposta” diffuse. In tal senso, il lavoro di osservazione, (come vedremo, in modo approfondito, nel prosieguo di questa relazione) ci ha consentito anche di segnalare alcune buone pratiche, indicazioni di policy, talvolta anche molto significative. Ripercorriamo, molto sinteticamente, i modelli di governo delle politiche abitative locali, al fine di estrapolare di seguito alcuni temi più generali che ci possono indirizzare verso un giudizio sulle politiche e le azioni dei casi e verso un’ipotesi di osservatorio attivo.

Tipologia di famiglie Modalità dell’azione pubblica Amministrazioni

osservate

1. Azione forte, autocentrata, strategia prudente e avveduta

Amministrazioni che hanno saputo nel tempo conservare il proprio patrimonio di aree disponibili, salvaguardarne parti rilevanti, ottemperare alle esigenze di una pianificazione prudente e saggia, senza rinunciare a politiche di investimento e di sperimentazione.

Brescia, Gorgonzola

2. Azione integrata e aperta al contributo dei terzi

Amministrazioni che hanno saputo integrare la propria azione o in taluni casi delegato gran parte dell’azione nel campo abitativo a soggetti terzi, primi tra tutti le cooperative e il terzo settore.

Cinisello Balsamo, Calcinato

3. Recupero di un ruolo pubblico entro contesti fortemente solcati dall’azione del mercato

Amministrazioni che operano entro contesti che sono stati profondamente modificati dall’azione progettuale dei privati e che oggi sono protesi ad un ritorno di centralità dell’azione pubblica nel campo abitativo soprattutto in risposta alla domanda delle fasce deboli e più in generale alle domande inevase.

Busto Garolfo

4. Ricerca di forme di cooperazione tra comuni

Amministrazioni che si consorziano, comuni che creano reti, forme di agenzie sovracomunale atte a fornire una risposta sinergica alla complessità delle questioni, anche in relazione al nuovo approccio concertato dell’intervento regionale.

Milano - Corsico -Cesano Boscone, Bergamo- Ciserano - Dalmine

5. Attenzione al tema abitativo con capacità di cogliere di volta in volta le opportunità che si presentano

Amministrazioni che, pur non conferendo una priorità assoluta alla politica della casa, manifestano una costante attenzione al tema e si attivano in maniera efficace quando si presentano opportunità da cogliere (per esempio in occasione di bandi legati a finanziamenti pubblici).

Seregno

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Tipologia di famiglie Modalità dell’azione pubblica Amministrazioni

osservate

6. Alta dotazione di patrimonio abitativo ereditato, sia pubblico che privato, oggi di fronte a un passaggio di frontiera

Amministrazioni che hanno avuto momenti storici di grande investimento immobiliare con interventi forti sia di carattere pubblico che privato e che oggi si confrontano con passaggi cruciali legati a fenomeni di ricambio di popolazione (filtering e gentrification), ma anche di rapida obsolescenza di tale patrimonio abitativo.

Rozzano, Pioltello

7. Rispondere alla sollecitazione di progetti emergenti a scala sovralocale

Amministrazioni che si trovano a fare fronte alle trasformazioni del proprio territorio o di ambiti prossimi a seguito del progetto o della realizzazione di un polo d’attrazione a scala sovralocale (apertura di aeroporti, nuove sedi universitarie, poli fieristici).

Sesto San Giovanni, Rho, Pero, Busto Arsizio

6.1 Azione forte e autocentrata, strategia prudente e avveduta

La prima “famiglia” descrive amministrazioni che hanno saputo nel tempo conservare il proprio patrimonio di aree disponibili, salvaguardarne parti rilevanti, ottemperare alle esigenze di una pianificazione prudente e saggia, senza rinunciare a politiche di investimento e di sperimentazione. L’analisi ha riguardato due amministrazioni molto diverse: Brescia e Gorgonzola. Lo studio delle azioni svolte dalla prima ha confermato una piena rispondenza ai connotati inizialmente ipotizzati e una coerenza di comportamenti virtuosi nel tempo, da cui certamente si possono trarre indicazioni importanti per le politiche abitative di altri comuni capoluogo. Il secondo caso, di dimensioni molto più ridotte configura una situazione molto diversa. La cifra distintiva dell'esperienza di Brescia è risultata essere la coerenza e integrazione fra scelte urbanistiche e abitative, che si è concretizzata nell’ampia e tempestiva predisposizione di un demanio di aree edificabili per la residenza. Inoltre è da registrare la varietà dei fronti sui quali l’amministrazione è stata impegnata in questi anni come vedremo di seguito. 1. Tradizione di impegno nell’offerta pubblica. Se guardiamo ai decenni passati emerge una tradizione di forte impegno sul fronte della casa: l’Amministrazione comunale e l’ALER, unitamente alle cooperative edilizie hanno nel tempo costruito un sistema di risposta al fabbisogno abitativo. I Piani di Edilizia economico Popolare (167/1962) sono stati utilizzati come strumento ordinario nella produzione di alloggi pubblici. Tanto che ancora oggi una parte consistente del fabbisogno viene assorbito da una programmazione di lungo corso di edilizia residenziale pubblica che non ha conosciuto pause. Alcuni interventi di risanamento, come quello del quartiere del Carmine nel centro storico è stato facilitato dalla presenza di alloggi pubblici sui quali contare a sostegno della parte più debole degli abitanti del centro, in particolare quelli di San Polo, quartiere satellite, a forte incidenza di residenza pubblica, progettato da Benevolo. 2. Le contraddizioni dell’edilizia pubblica. La risposta complessiva, seppur diversificata e opportunamente progettata non è in grado certamente di coprire neanche parzialmente la domanda di alloggi a canone sociale emersa dall’ultimo bando (1945 domande), sia per la limitatezza dei nuovi interventi sia per la lentezza della rotazione nel patrimonio esistente. Infatti, anche Brescia si trova a fronteggiare gli ordinari problemi delle amministrazioni con buona dotazione di edilizia pubblica: la limitatezza del turn over nell’Edilizia Residenziale Pubblica è in buona parte dovuta alla età media limitata del patrimonio edilizio, alla vendita da parte dell’ALER. dei quartieri più vecchi e centrali e alla concentrazione della nuova edificazione nella grande operazione di San Polo realizzata a partire dagli anni ’70 e ancora non completata. Una parte consistente del patrimonio è quindi occupata da famiglie ancora giovani e che occuperanno in prospettiva ancora a lungo i medesimi alloggi.

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È tuttavia da registrare l’intervento su San Polo che oggi è oggetto di politiche importanti, oltre che urgenti, di accompagnamento sociale alla residenza e di politiche rivolte a scongiurare gli effetti sociali perversi dei grandi quartieri satelliti. 3. Interventi di limitate dimensioni e diffusi sul territorio. L’Amministrazione è inoltre occupata nella realizzazione e nella programmazione di una serie di interventi di più limitate dimensioni sparsi nel territorio, con una particolare attenzione al recupero del centro storico (quartiere del Carmine) e alla diversificazione dell’offerta residenziale, guardando in particolare agli anziani e ai giovani (studenti e lavoratori temporanei). Il tema della diversificazione della risposta è un tema centrale della strategia politica in atto, ed è concepita per sopperire da un lato ad una serie di domande abitative non propriamente sociali (canoni moderati o acquisto in edilizia convenzionata) dall’altro a favorire una maggiore mixité sociale all’interno dei grandi quartieri residenziali pubblici. 4. Il progetto Carmine. Dal 2000 le politiche per la casa si sono orientate verso la realizzazione, a completamento dell’intervento di San Polo, di nuovi comparti per l’edificazione a canone sociale con interventi diretti di ALER. e del Comune o tramite la collaborazione con soggetti privati e cooperativi. Il processo di ampliamento della disponibilità di alloggi ERP si è sviluppato anche mediante l’acquisto, il recupero e la ri-locazione o vendita di edifici degradati nel centro storico, in particolare al quartiere del Carmine, all’interno del complesso piano di riqualificazione urbana (Progetto Carmine) in fase avanzata di attuazione. Un esempio unico di intervento di riqualificazione di un centro storico che ha cercato di tenere insieme, non sempre riuscendovi appieno, l’azione forte sul sistema locale di speculazione sul mercato della locazione e intervento di carattere integrato proteso al rinnovo generale del quartiere. 5. La collaborazione con il privato sociale. L’Amministrazione sta inoltre delineando nuovi profili di politiche abitative innovative in collaborazione con il privato sociale per dare risposte alle nuove domande ormai consolidate, benché in continua evoluzione, come quella espressa dai nuovi migranti, dagli anziani, dagli studenti, dai lavoratori temporanei. In collaborazione con l’ALER. ha partecipato in questi ultimi anni alle varie forme di finanziamento su progetto che investano direttamente o indirettamente l’edilizia ERP (promosse a livello regionale o nazionale) con risultati alterni, ottenendo fondi per l’emergenza abitativa, ma non per i Contratti di Quartiere II. 6. Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale. L’Amministrazione è attualmente impegnata con una proposta articolata all’interno di un Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale che prevede la realizzazione delle nuove residenze di Edilizia Residenziale Pubblica a San Polino e forme di collaborazione pubblico privato per la realizzazione di residenze per soggetti specifici. Sempre del 2000 è il PEEP vigente: il progetto approvato prevede la realizzazione di due insediamenti residenziali denominati Zona Al19 Violino e Zona Al2I San Polino. L’analisi del comune di Gorgonzola, scelto per motivi storici (la prima “167” realizzata negli anni Sessanta, propiziata dall’allora sindaco Ripamonti, padre della legge nazionale) evidenzia alcuni tratti molto differenti rispetto al caso bresciano. 1. Scarso investimento nella produzione di edilizia pubblica. Gli strumenti di pianificazione e le amministrazioni comunali che si sono succedute hanno scelto una via differente rispetto a quella di Brescia: hanno cercato sempre di evitare una crescita eccessiva del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, hanno adottato una saggia politica delle aree protesa ad una certa tutela del territorio, focalizzando l’attenzione sulla conservazione del patrimonio edilizio esistente. La dotazione contenuta di patrimonio pubblico non ha impedito tuttavia una gestione responsabile

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dello stesso e un utilizzo soprattutto al servizio delle nuove domande abitative, è da segnalare, ad esempio, la tempestiva integrazione delle popolazioni straniere nell’assegnazione degli alloggi. 2. Soluzioni autopromosse. Nonostante il Comune non abbia partecipato a programmi regionali, ha dimostrato la propria capacità nella gestione del problema abitativo, attraverso iniziative autopromosse quali: la promozione di una campagna informativa attraverso internet, l’istituzione dello Sportello Casa, in modo da massimizzare i tempi e le procedure nell’assegnazione degli alloggi e la previsione di interventi finalizzati a soddisfare il fabbisogno abitativo emergente inserite nelle previsioni di Piano. 3. Una domanda abitativa debole. Il comune di Gorgonzola presenta una situazione particolare rispetto ad altri contesti urbani circostanti: non è stato interessato da rilevanti fenomeni di immigrazione e le situazioni di disagio sono state oggetto di intervento, si sono registrati livelli di domanda di alloggi stabili nel tempo. In assenza di una domanda abitativa significativa e crescente l’Amministrazione non sembra avere sentito la necessità di un impegno più sostenuto nel campo abitativo, né quella di partecipare alla redistribuzione di finanziamenti regionali sui vari bandi. Il sistema diffuso della proprietà ed una composizione sociale con relativo benessere non hanno innescato al momento una domanda di politiche significativa. La tenuta del terzo settore e di un volontariato molto attivo sembrano, d’altro canto tamponare le emergenze che di volta in volta si manifestano. 6.2 Azione integrata e aperta al contributo dei terzi

In questo ventaglio di comportamenti l’accento è stato posto sulla capacità di alcune amministrazioni di fare leva sull’azione nel campo abitativo di soggetti terzi, primi tra tutti le cooperative e il terzo settore. Talvolta, si tratta di una dichiarata intenzionalità di integrazione tra attori diversi, molto più spesso di una delega all’azione verso soggetti più abili e capaci nel campo dell’intrapresa immobiliare. L’analisi delle esperienze di Cinisello Balsamo e di Calcinato ha consentito di verificare il buon esito di un modello d’azione che ha saputo, in contesti diversi - per dimensione e struttura urbana - sviluppare sinergie positive con l’azione di soggetti, in particolare cooperative di abitazione, già storicamente presenti nei rispettivi comuni e che si è riusciti a orientare verso il conseguimento di risultati quantitativamente significativi (Cinisello B.) o specificamente rivolti a bisogni emergenti (Calcinato, immigrati). Cinisello Balsamo, Comune della prima fascia milanese investito da un tumultuoso sviluppo residenziale e produttivo dal dopoguerra fino alla prima metà degli anni Novanta, si è però caratterizzato nel tempo per una particolare attenzione alla qualità e quantità dei servizi pubblici offerti ai cittadini. Attualmente presenta un fabbisogno abitativo tipico da area metropolitana evoluta in cui l’esclusione o la forte difficoltà nell’accesso alla casa tende sempre più ad investire non solo i soggetti dei flussi migratori e delle nuove povertà/emergenze ma anche le figure sociali che hanno contribuito a costruire la ricchezza delle aree stesse. 1. Forte sviluppo residenziale nel passato. Se nel passato il forte sviluppo residenziale è stato sostenuto e temperato negli esiti da una presenza molto forte della cooperazione a proprietà indivisa, caratteristica dell’area milanese, e più recentemente anche a proprietà divisa o mista, negli anni più recenti si è trovato a fronteggiare da un lato la difficoltà di rispondere ai nuovi fabbisogni avendo esaurito le risorse territoriali e, dall’altro, la formazione di sacche di degrado edilizio e sociale nel patrimonio pubblico di più vecchia formazione e anche in una parte del patrimonio privato ad altissima densità degli anni Sessanta e Settanta.

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2. La stagione delle politiche integrate. In questo quadro, l’Amministrazione comunale ha mostrato un notevole dinamismo e capacità nell’utilizzare le opportunità offerte dalle nuove forme di intervento e nel reperire le risorse atte ad attuarle. In particolare, con riferimento al settore abitativo, si deve ricordare il Contratto di Quartiere “Sant’Eusebio”, esperienza pilota di questa forma di intervento, ora replicata e continuata con la partecipazione anche alla sua seconda fase; e inoltre, nel campo della rigenerazione urbana complessa il Progetto di riqualificazione integrata Urban Italia, comprendente la riqualificazione di Villa Forno nel centro del quartiere Balsamo, la creazione del “Parco dei Giovani” nell’area dell’ex Ovocultura Valmonte (che include anche residenze universitarie), la ricollocazione della fabbrica Cipro e riqualificazione dell’area e altri interventi di miglioramento ambientale e viario. Così, a fronte delle opportunità apertasi con il Programma Regionale di Edilizia Residenziale Pubblica (PRERP), il Comune, pur avendo dovuto rinunciare alla partecipazione ad alcuni bandi per la impossibilità di certificare la conformità urbanistica degli interventi nei tempi richiesti (non disponendo di aree in espansione si tratta infatti di montare operazioni complesse), è riuscito ad accedere a importanti finanziamenti, soprattutto attraverso il sistema delle cooperative locali a proprietà indivisa (che hanno ottenuto cofinanziamenti POR per realizzare oltre 300 alloggi mediante recupero di sottotetti in edifici di proprietà). 3. Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale. Nell’ambito dell’AQST la definizione della proposta del comune è risultata particolarmente laboriosa per la già ricordata scarsità di risorse territoriali utilizzabili per ERP ma, avendo scartato via via alcune ipotesi di ridotta fattibilità o efficacia, si è giunti al fine a definire un intervento che presenta diversi aspetti positivi, tenendo conto della limitatezza delle risorse disponibili. Si tratta infatti di un intervento che interloquisce positivamente con il Contratto di Quartiere II, a sua volta in continuità con l’operazione CdQ I (Sant’Eusebio) e che consentirà, a fianco di un edificio comunale e in sostituzione di un volume esistente degradato, la realizzazione di un nuovo edificio per 24 alloggi a canone sociale, ad opera di ALER Milano, che risulterà fattibile a fronte di una integrazione da parte del Comune del cofinanziamento regionale. Pur non potendo tacere che la distanza fra i finanziamenti disponibili e la dimensione del fabbisogno rimane elevata, l’Amministrazione Comunale sembra aver operato per utilizzare le forme di intervento possibili mirando alla massima efficacia degli esiti. Tuttavia, la scelta finale per gli AQST, se da un lato si inserisce positivamente a completare con efficacia l’insieme di misure previste nei due Contratti di Quartiere, dall’altro è indice della difficoltà – stante l’ormai accertata scarsità di risorse territoriali – a mettere a punto altri programmi complessi entro cui collocare quote di edilizia sociale. Calcinato appartiene al gruppo Comuni nei quali le Amministrazioni hanno saputo integrare la propria azione con soggetti terzi del mondo cooperativo e del terzo settore. L’incremento della popolazione di origine immigrata negli anni Ottanta e Novanta e i profondi cambiamenti in atto all’interno dell’organizzazione socio-economica del territorio, portano l’Amministrazione comunale ad una attenzione particolare verso le politiche abitative. Le politiche attivate e perpetuate negli anni dalle diverse Amministrazioni succedutesi delineano un quadro tutto sommato positivo per una realtà medio-piccola quale è Calcinato. L’Amministrazione comunale ha dimostrato di poter gestire il proprio fabbisogno abitativo all’interno della politica regionale dei bandi e dei programmi, riuscendo a fornire una risposta articolata e per certi aspetti innovativa al crescente fabbisogno abitativo. Il Comune ha provveduto infatti a mettere in atto un’azione informativa capillare attivando fattive collaborazioni anche con il settore privato ed il terzo settore. Resterà tuttavia da valutare la situazione al termine delle convenzioni stipulate, nel momento in cui gli operatori saranno liberi di collocarsi all’interno dei valori del libero mercato.

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1. Recupero del patrimonio pubblico e azione cooperativa. A partire dagli anni ’80, il comune mette in atto una serie di politiche finalizzate al recupero del patrimonio caratterizzato da alloggi di edilizia residenziale pubblica. Nel 2000 l’Amministrazione comunale pubblica un bando di assegnazione di aree PEEP, dove veniva assegnato un bonus di punteggio a quelle cooperative e/o imprese, che erano disposte ad affittare a canone moderato parte degli alloggi a persone espressamente indicate dall’Amministrazione comunale. Sempre all’interno di questo intervento, si rileva l’azione della cooperativa CoopCasa Brescia Scrl, a cui viene assegnata un’area in diritto di superficie, dove realizzerà 36 alloggi (due palazzine da 18 alloggi ciascuna), che si renderà disponibile ad affittare a canone bloccato, aggiornato ai soli adeguamenti ISTAT, per un periodo di tempo medio-lungo pari a 25 anni, a persone indicate dalla graduatoria comunale. Dei 36 alloggi disponibili, 25 vengono assegnati a cittadini stranieri. Questo è stato possibile in quanto l’Amministrazione svolge un’azione capillare di tipo informativo, rivolta alle fasce più deboli della popolazione, ogni qualvolta è disponibile un bando di assegnazione alloggi. 2. Edilizia convenzionata e cooperative. Oltre a questi interventi che riguardano alloggi destinati ad affitto regolamentato, dal 1996 al 2000 sono stati costruiti anche 114 alloggi in edilizia residenziale convenzionata. Le aree espropriate dal Comune sono state poi cedute in diritto di proprietà con convenzioni ai privati, che hanno realizzato alloggi destinati alla vendita a prezzi calmierati. Sicuramente positivo è il ruolo svolto finora da cooperative e/o imprese, relativamente alla pressione abitativa che l’Amministrazione si è trovata e si trova a dover risolvere nell’ambito del proprio territorio comunale. Possibile criticità, come detto, è ciò che accadrà al termine degli otto anni stipulati negli accordi per gli alloggi in affitto convenzionato, dal momento che allo scadere della convezione gli operatori saranno di fatto liberi di vendere e/o di affittare gli immobili a canone adeguato ai valori di mercato. 3. Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale. Il comune di Calcinato per il Piano di Edilizia Economico Popolare di via Foscolo, ha attualmente ottenuto il cofinanziamento PCERS, nell’ambito dell'Integrazione all’Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale (AQST) da parte di Regione. La restante parte dell’area, in fase di definizione, dovrebbe essere ceduta in diritto di proprietà sempre ad ALER, che dovrebbe costruire circa una trentina di alloggi, con tipologia di bilocale e trilocale, destinati poi alla vendita a regime convenzionato. La messa in vendita sarà attuata a stralci in fasi successive per valutare l’andamento del mercato. 6.3 Recupero di un ruolo pubblico entro contesti fortemente solcati dall’azione del

mercato

La terza tipologia delinea il caso, frequente in Lombardia, di amministrazioni che operano entro contesti profondamente modificati (spesso stravolti) dall’azione progettuale dei privati e che oggi sono protesi ad un ritorno di centralità dell’azione pubblica nel campo abitativo soprattutto in risposta alla domanda delle fasce deboli e più in generale alle domande inevase. Si tratta spesso di interventi di tipo “riparativo” o con funzione di attrazione di nuovi ceti sociali, così da articolare e differenziare la composizione sociale locale. L’esempio analizzato è quello di Busto Garolfo, che certamente può essere rappresentativo di numerosi altri comuni lombardi, nei quali sembrano generalmente praticabili per le problematiche abitative soluzioni che non necessitano del ricorso al cofinanziamento regionale. Busto Garolfo con il suo centro storico forse più ricco e più grande rispetto al suo attuale rango, ed un territorio contraddistinto da una edificazione a bassa densità, di ville, schiere, piccole palazzine, e, più a ridosso del centro, case in linea miste a piccoli capannoni o vecchi recinti industriali. Un contesto simile a molti altri di questa zona, che non è ancora conurbata con Milano, ma da essa dipende strettamente.

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Busto Garolfo è cresciuta molto negli ultimi 20 anni allargando la sua fitta maglia di isolati ortogonali, ma si è anche trasformata al suo interno, attraverso demolizioni e ricostruzioni nel centro storico e la riconversione del tessuto produttivo storico. E’ una realtà in cui la casa di proprietà, legata all’investimento della famiglia, è decisamente preponderante rispetto alla casa in affitto con percentuali fra l’80 e il 90%. In una città di villette e piccole palazzine, caratterizzata da una proprietà diffusa, la disponibilità di alloggi in affitto è circoscritta al centro storico, all’interno di vecchie corti generalmente in cattivo stato di manutenzione con alloggi talvolta ai limiti dell’abitabilità per dotazione di servizi e stato di manutenzione. La presenza di poche grandi famiglie, prevalentemente legate alla proprietà terriera, che detengono ampie proprietà nel centro, ha facilitato processi di abbandono, di scarso investimento nella messa a norma, di attesa di possibilità di recupero più redditizie. L’assenza di operatori immobiliari di un certo rango, la debolezza del mondo cooperativo nell’area, contribuiscono in modo sostanziale a rendere più difficile una crescita nel medio periodo di disponibilità di alloggi in locazione. 1. Una nuova domanda abitativa. La pressione abitativa che non è stata negli ultimi anni un elemento rilevante, anzi l’aumento della popolazione ha seguito la crescita dell’edificato, sembra oggi avere nuovo peso. Nonostante questa apparente situazione di normalità alcuni indicatori, oltre a frequenti segnalazioni e richieste agli uffici, mettono in evidenza come sia cresciuta negli ultimi anni una domanda duplice di alloggio a canone moderato ed in parte di canone sociale che non viene soddisfatta appieno dalla dotazione di alloggi ERP né dalla disponibilità di alloggi sul libero mercato. Cresce la domanda di alloggio pubblico emersa dal bando di assegnazione luglio-dicembre 2004, crescono anche le domande per il sostegno all’affitto. Infine, un numero sempre maggiore di abitanti chiede all’Amministrazione di trovare soluzioni per quella ampia fascia di popolazione giovane che fatica ad inserirsi nel mercato abitativo privato, ma contemporaneamente ha redditi troppo elevati per sperare in un alloggio a canone sociale. 2. La costruzione pubblica del problema abitativo. Il nuovo Piano Regolatore ha cercato di offrire una opportunità concreta prevedendo la destinazione residenziale di due aree (una piccola e centrale una grande e periferica) di proprietà comunale, prima azzonate a standard, anticipando di fatto la possibilità di realizzare residenza sociale su aree a servizi offerta dalla nuova legge urbanistica regionale. L’intenzione è quella di attivare una operazione immobiliare orientata a realizzare edilizia convenzionata con una quota consistente, se non con la totalità, di affitto perpetuo a canone moderato, inizialmente nell’area di maggiore dimensione sulla quale si prevede di realizzare fra i 40 e i 60 alloggi, già in disponibilità dell’Amministrazione Comunale, e successivamente in un area di dimensioni ridotte, ma con un diritto volumetrico ceduto all’interno di un Piano Attuativo di trasformazione (circa 12-16 alloggi). Per attivare tale processo si è intrapreso un dialogo “costruttivo” con chi opera nel settore edilizio con un’attenzione particolare ai ceti poveri e medi e ai giovani, per comprendere gli elementi, i processi, le forme, che contribuiscono e rendono possibile la realizzazione da parte di operatori privati o cooperativi di un numero consistente di nuovi alloggi in affitto, con l’ausilio, l’appoggio e la disponibilità delle aree da parte dell’Amministrazione. In una situazione in cui le politiche residenziali pubbliche sono state in passato deboli e hanno prodotto un numero di alloggi di proprietà pubblica a canone sociale decisamente sotto dimensionato rispetto ai fabbisogni espressi, l’attivazione di una seppur piccola iniziativa di nuovo intervento residenziale in affitto moderato può rappresentare un segnale di una nuova attenzione.

6.4 Ricerca di forme di cooperazione tra comuni.

Dare risposta alla domanda abitativa emergente, alla pressione di una domanda sempre più articolata, con componenti drammatiche forti, richiede sempre più la capacità di ragionare a scala

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sovralocale. La quarta “famiglia” tratteggia alcune situazioni di amministrazioni che si consorziano, comuni che creano reti, forme di agenzie sovracomunali atte a fornire una risposta sinergica alla complessità delle questioni, anche in relazione al nuovo approccio concertato dell’intervento regionale. Si tratta probabilmente della tipologia che ha intercettato le azioni a stadio di sviluppo meno avanzato. Milano (con Corsico e Cesano Boscone) e Bergamo (con Dalmine e Ciserano) sono le esperienze di coordinamento sovracomunale analizzate. Entrambe stimolate dall’attivazione degli AQST, affondano le radici in processi già avviati da tempo (STU Lorenteggio e Piano di Sviluppo dell’area Dalmine-Zingonia), ma che tuttavia stentano a produrre risultati concreti. Anche il loro trattamento all’interno degli AQST presenta limiti: nel caso milanese perché il coordinamento non sembra andare molto al di là della meccanica sommatoria dei cofinanziamenti riservati ai tre comuni; nel caso bergamasco, perché alcuni degli aspetti più innovativi del programma non sembrano essere ancora definiti negli aspetti operativi. Benché ancora immaturi e tentativi, si tratta comunque di processi da sostenere e incoraggiare e che sono destinati in futuro a divenire sempre più irrinunciabili. Da seguire con interesse, benché ancora povera di risultati concreti, appare l’azione di coordinamento delle politiche abitative messa in atto da parte della Provincia di Milano, che fa seguito alla istituzione di una delega assessorile per la casa e che dovrebbe dare corpo alle funzioni in materia attribuite alle Province dalla LR. 1 del 2000, anche attraverso la valorizzazione delle esperienze realizzate nell’area da PIM e CIMEP e l’apporto delle relative strutture tecniche. 1.Accordi Quadro di Sviluppo Territoriale. In provincia di Milano l’opportunità fornita dagli Accordi Quadro di Sviluppo Territoriale è stata colta dai tre comuni (Milano, Corsico, Cesano B.), che insieme si trovano a disporre del 54% del finanziamento Regionale disponibile, per rilanciare la costituzione della Società di Trasformazione Urbana “Lorenteggio”, il cui studio di fattibilità, finanziato dal Ministero Infrastrutture, sta per essere concluso e che comprende l’ambito sud-ovest del comune di Milano e i comuni di Cesano Boscone, Corsico, Trezzano sul Naviglio. Si tratta di comuni che presentano fabbisogni fra i più elevati dell’area metropolitana. Il Comune di Milano, che dispone (d.g.r. 16.2.2005 n. 7/20913) di una dotazione di 29 ml di euro per alloggi a canone sociale o moderato, ha presentato una proposta di Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale che prevede la individuazione di aree interne alla STU Lorenteggio, in accordo con i comuni di Corsico e Cesano Boscone. All’interno del quadro generale degli obiettivi di trasformazione è stato individuato un pacchetto di interventi prioritari orientato a incrementare l’offerta di alloggi a canone sociale, moderato e convenzionato; utilizzare tecniche costruttive bio-compatibili; garantire un positivo rapporto tra residenza e ambiente, tenendo conto che le aree individuate affacciano su aree verdi. 2. Il “Piano Casa” (del. CC n. 26 del 16.05.2005). Il nuovo Piano Casa, approvato dal Consiglio Comunale, oltre a ricostruire il quadro delle iniziative già avviate o finanziate, di cui si è detto in precedenza, individua altre trentasette aree di proprietà pubblica, per la verità non tutte di certa o immediata fattibilità, con una capacità teorica di 13.500 alloggi. Su di esse, tutte destinate a standard, (anche adottando le procedure semplificate delle l.r. n. 7/2005 per i comuni a fabbisogno elevato) potranno essere realizzati alloggi in affitto a canone sociale, moderato e convenzionato speciale e anche, in misura da definire caso per caso (comunque in misura non superiore al 60% del totale intervento) da cedere in proprietà a prezzi convenzionati. Gli operatori saranno scelti in base a procedure di evidenza pubblica, possibilmente anche attraverso concorsi di architettura. 3. Progetto Housing Sociale. L'Amministrazione Comunale intende anche partecipare al Progetto Housing Sociale, promosso dalla Fondazione Cariplo, che permetterebbe a cittadini in situazione di svantaggio l’accesso al mercato degli alloggi, avvalendosi di un “immobiliarista sociale” che

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rende disponibili strutture e competenze, finanziando l'intervento attraverso risorse di terzi, coinvolgendo e rafforzando il terzo settore. 4. Le Società di Trasformazione Urbana – S. T. U. Potrebbero rappresentare un laboratorio per la sperimentazione della partnership pubblico- privato nella riqualificazione del patrimonio pubblico esistente. Obiettivi: coinvolgere risorse private, attivare un modello operativo ad hoc, semplificare gli aspetti burocratici. Il Comune di Milano ha partecipato con successo ai bandi per il finanziamento degli studi di fattibilità di due Società di Trasformazione Urbana: la STU di Lorenteggio e la STU di Ponte Lambro. 5. Una nuova attenzione al tema? Con il Piano Casa approvato dal Consiglio il maggio scorso, il Comune di Milano dopo un’assenza di due decenni torna ad affrontare in modo sufficientemente organico la problematica abitativa dando finalmente concretezza a politiche di intervento già definite nelle linee generali dal Documento di Inquadramento e che solo ora, anche aderendo con convinzione alle priorità e alle forme di intervento indicate dal Prerp, sembrano trovare adeguate prospettive di fattibilità. Ed è da valutare positivamente il fatto che il cofinanziamento reso possibile dall’Accordo Quadro venga inserito nell’ambito della programmazione definita per il medio periodo, costituendo quindi anche un volano per gli sviluppi futuri del piano stesso. Pur limitata per dimensione e modalità (solo aree di Milano, insufficientemente collegate agli altri due comuni), la sperimentazione di un accordo intercomunale fra i tre comuni destinatari di finanziamento, rappresenta una linea di tendenza da approfondire e sviluppare (con interventi maggiormente integrati) nell’ambito degli altri moduli previsti dalla STU Lorenteggio. Il Comune di Bergamo presenta un fabbisogno abitativo elevato. Capoluogo di Provincia con oltre 100.000 abitanti, esercita una funzione attrattiva di popolazione da un vasto hinterland denso di attività produttive e commerciali in quanto centro principale di servizi. In forte crescita la popolazione immigrata, che costituisce una componente sempre più importante degli occupati della provincia. A fronte di ciò il Comune già da diversi anni si trova a fronteggiare una carenza di aree da destinare all’Edilizia Residenziale e anche questo può aver spinto a coinvolgere i comuni vicini nella ricerca di soluzioni per le politiche abitative. In particolare, in occasione della proposta di AQST, il comune di Bergamo ha trovato una prima convergenza di obiettivi con i comuni di Dalmine e di Ciserano, comuni che insieme ad altri dell’area di “Zingonia” hanno già promosso a partire dal 2001 una Agenda Strategica e un Piano di Sviluppo dell’area Dal mine - Zingonia. 1. Il ruolo dell’agenzia di housing sociale. L’aspetto più interessante e innovativo della Proposta di AQST presentata sembra essere però la individuazione di un ruolo centrale nell’attuazione degli interventi affidato all’Associazione Casa Amica Onlus, agenzia di housing sociale da anni attiva e presente sul territorio, ampiamente partecipata da Amministrazioni pubbliche e soggetti privati, che è stata concepita fin dagli anni Novanta come strumento operativo per le politiche abitative. Sono soci di Casa Amica: la Provincia di Bergamo, il Comune di Bergamo e altri comuni, l’Associazione Costruttori Edili di Bergamo, l’Unione Industriali, la Caritas Diocesana, le associazioni locali degli immigrati. L’Associazione inoltre ha sviluppato un rapporto di collaborazione con la Scuola Edile di Bergamo per modalità progettuali e costruttive che consentano un contenimento dei costi del prodotto casa. 2. Le novità della proposta per gli AQST. Finalità dell’AQST è l’incremento del comparto della locazione a canoni accessibili. Per il suo raggiungimento si procede promuovendo progetti di sviluppo territoriale che inneschino nuovi interessi e risorse, individuando un nuovo soggetto del

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terzo settore quale strumento di intervento e ricercando la sostenibilità economica con tendenziale autonomia rispetto alle risorse pubbliche. La proposta di AQST si muove verso tre obiettivi: incrementare il patrimonio pubblico a canone sociale; introdurre la tipologia di offerta del canone moderato; sperimentare nuove tipologie abitative capaci di sostenere percorsi di accompagnamento all’autonomia abitativa, così da aumentare la mobilità nello stock in locazione massimizzandone l’impiego. L’interesse della proposta sembra risiedere soprattutto su tre idee: a. idea di gestire, per le categorie sociali bisognose, dei processi dinamici che consentano il

passaggio dal canone sociale al canone moderato ed eventualmente all’acquisto dell’abitazione. A tale obiettivo viene finalizzato sia l’intervento “normale”, finalizzato a produrre un mix equilibrato di interventi a canone sociale e moderato, sia l’intervento sperimentale che intende promuovere, attraverso partnership con il privato sociale, un processo di accesso al bene casa inteso come servizio e non come investimento e pertanto come “bene mobile” verso il conseguimento dell’autonomia abitativa;

b. dal punto di vista urbanistico, viene scelta l’integrazione urbana degli interventi, in genere di piccola dimensione e inseriti in contesti urbanizzati, con attenzione al mix sociale;

c. infine, è da segnalare il coinvolgimento di due comuni dell’hinterland particolarmente significativi e non indicati fra quelli ad alto fabbisogno destinatari di cofinanziamento nella delibera regionale. Tale scelta appare particolarmente opportuna per l’alta integrazione e mobilità dell’area bergamasca in questione che renderebbe inefficaci politiche abitative disgiunte, che non ne tenessero conto. Inoltre, suggerisce linee di sviluppo per le future destinazioni di fondi regionali, certamente funzionali ad una massima efficacia di risultati.

6.5 Attenzione al tema abitativo con capacità di cogliere di volta in volta le opportunità

che si presentano.

La quinta situazione descrive amministrazioni che, pur non conferendo una priorità assoluta alla politica della casa, manifestano una costante attenzione al tema e si attivano in maniera efficace quando si presentano opportunità da cogliere (per esempio in occasione di bandi legati a finanziamenti pubblici). Manifestando una certa capacità di mobilitazione e di attivazione in tempi relativamente ridotti. L’esempio scelto per questa famiglia di comportamenti è quello del comune di Seregno, che ha affrontato la domanda di casa emergente negli ultimi anni sperimentando una serie di politiche innovative e partecipando ad alcuni dei più significativi bandi regionali. Emerge il caso di una Amministrazione che ha saputo negli anni passare da una politica edilizia di impianto tradizionale ad un approccio più rispondente ad una politica abitativa in senso lato, attenta agli intrecci tra dimensione urbanistica, domande sociali e domande di qualità urbana. Le politiche attivate negli ultimi dieci anni delineano un quadro rassicurante sulla capacità di un’amministrazione di una città medio piccola di muoversi agilmente all’interno della nuova politica regionale dei bandi e dei programmi complessi e di costruire sistemi di risposta al fabbisogno abitativo articolati ed innovativi, in piena e larga collaborazione con il privato ed il terzo settore, la società civile e il mondo dell’impresa e dei sindacati. Il fatto che l’obiettivo di una risposta completa al fabbisogno stimato non venga comunque soddisfatto completamente, anche in un ambito amministrativo “virtuoso” e con potenzialità economiche ed umane, fa riflettere sulla carenza di un progetto a lungo termine, su una prospettiva, per l’edilizia pubblica, sulla mancanza in sostanza di una politica di largo respiro, senza la quale è difficile se non impossibile dare una risposta coerente alle necessità a livello locale. 1. Il piano comunale e l’attenzione per le politiche abitative. L’attenzione dell’Amministrazione per le politiche per la casa è stata declinata intenzionalmente all’interno del piano, prendendo delle

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misure di intervento alternative rispetto alla scelta di utilizzare il tradizionale strumento del Piano di Edilizia Economica Popolare, previsto da una Variante al precedente Piano Regolatore. Rispetto al più ampio panorama dello sviluppo residenziale a Seregno, sul quale si è puntato in termini di contenimento nelle aree di espansione, completamento dei comparti residenziali e recupero dell’esistente, uno degli obiettivi del nuovo Piano Regolatore messo in cantiere dall’Amministrazione nel ’96, è stato quello di tutelare un’offerta specifica legata al disagio abitativo. Questa disponibilità di alloggi da dedicare in qualche modo all’edilizia sociale è stata garantita attraverso un meccanismo di convenzionamento tra i privati proprietari delle aree e realizzatori degli interventi e il Comune. La scelta del Piano è stata quella di spostarsi da un modello pianificatorio tradizionale che tendeva a suddividere le poche risorse disponibili in maniera standardizzata per rispondere a bisogni generalizzati, omogeneamente diffusi sul territorio e distribuiti nel lungo periodo, a una modalità di intervento più spinta sul fronte realizzativo e programmatico, in grado di individuare specifiche domande e opportunità da cogliere. Particolare attenzione è stata posta al meccanismo di regole che ha normato la relazione tra pubblico e privato. 2. La formula del “patto urbano”. Il carattere regolativo e di programmazione degli interventi sulla casa è passato dalla consapevolezza di una scarsa disponibilità delle risorse pubbliche e della ristrettezza crescente dei bilanci comunali per le spese di investimento. A fronte di questa si sono intraviste delle potenzialità, in termini di sviluppo, che si aprivano attraverso i piani integrati di intervento, e quindi attraverso un’interazione fruttuosa con i privati. La politica per la casa si è dunque svolta attraverso un confronto effettivo e serrato con il sistema degli operatori, con i quali la relazione è stata mediata da una serie di vincoli che hanno stabilito delle formule di collaborazione tra pubblico e privato. Attraverso questa politica il Comune ha proposto una redistribuzione delle responsabilità sociali attraverso una sorta di “patto urbano” secondo cui in un contesto denso e fortemente urbanizzato come quello di Seregno e al tempo stesso carente di alcuni spazi e servizi pubblici, ogni rilevante trasformazione urbanistica doveva farsi carico di alcune esigenze sociali. 3. La stagione dei bandi: lo slittamento progressivo verso una politica abitativa. Negli anni che vanno dal 2001 al 2005, si sono profondamente trasformate le condizioni in cui si interviene sulla produzione e gestione dell’edilizia pubblica. Il Comune di Seregno passa da una politica di gestione e manutenzione ordinaria del patrimonio consolidato a una politica di incremento dell’edilizia sociale che non si è ridotta alla sola produzione di nuovi alloggi pubblici. E’ iniziata così una nuova fase attiva di partecipazione ai bandi pubblici. a. Nell’ambito del Programma Regionale per l’Emergenza Abitativa il Comune di Seregno ha

ottenuto il finanziamento del progetto di recupero di 19 alloggi di edilizia residenziale pubblica in via Piave. In occasione del secondo bando per l’emergenza abitativa il Comune di Seregno ha ricevuto dalla Regione un finanziamento per la realizzazione di 10 minialloggi di edilizia residenziale pubblica destinati a coppie di anziani o anziani soli in via Locatelli realizzati dal Comune, grazie alla cessione di un terreno da parte della Fondazione Ronzoni.

b. Per quanto riguarda il Programma regionale “alloggi a canone moderato”, il Comune ha partecipato al bando con due progetti, uno di iniziativa comunale e uno derivante da convenzionamento con un soggetto del privato sociale. Il progetto del Comune riguarda un intervento di nuova costruzione su area di proprietà comunale sita in via V. Hugo per un totale di n. 37 alloggi, il progetto della Cooperativa DAR-Casa, in fase di completamento, prevede la realizzazione di 12 alloggi (in via Goito), in prossimità del Quartiere Crocione, e interfaccia con il relativo Contratto di Quartiere.

c. L’Amministrazione ha inoltre partecipato al bando del programma sperimentale di edilizia residenziale denominato “20.000 abitazioni in affitto” finalizzato alla predisposizione del

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Piano Operativo Regionale approvato con decreto del ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 2.521 del 27 dicembre 2001.

d. L’ultimo e più consistente progetto promosso dal Comune sull’edilizia sociale è il Contratto di quartiere S. Ambrogio Procione; esso prevede un intervento di riqualificazione e di nuova edificazione all’interno del quartiere a più alta concentrazione di edilizia residenziale pubblica a Seregno. Il Comune di Seregno si è classificato al primo posto a pari merito con Mantova.

4. Gestione e valorizzazione del patrimonio pubblico. Oltre al quadro dei progetti in corso ci sembra utile annotare una serie di altri progetti e azioni volti da una parte al mantenimento del patrimonio abitativo del Comune dal punto di vista della manutenzione e della gestione e dall’altra alla creazione di condizioni più efficaci per l’incremento delle politiche abitative. Queste azioni hanno avvio in parte dalla spinta di strumenti di derivazione regionale che richiedevano di essere attivati, in parte da una attenta progettazione locale che è riuscita a mettere in moto attenzioni, modalità e risorse nuove sul tema della casa sociale. Una scelta importante rispetto alla questione abitativa perseguita dall’Amministrazione è stata quella di non dismettere il patrimonio pubblico di case. A questo si è accompagnata la decisione di intervenire in termini di tutela e di conservazione attraverso un programma di manutenzione ordinaria e straordinaria. 5. L’intervento nel campo dell’edilizia privata. A partire da alcune sollecitazioni regionali sono state attivate negli ultimi anni delle forme di regolamentazione e sostegno al mercato privato delle locazioni, interventi in particolare di tipo economico volti a contenere gli sforzi economici delle famiglie che si trovano in affitto sul libero mercato e ad agevolare l’immissione di nuovo patrimonio privato nel mercato della “locazione concordata”. Un significativo calmiere è stato rappresentato dall’introduzione dei canoni convenzionati che tuttavia hanno consentito una riduzione dei costi solo nelle zone periferiche del Comune. 6. Il tavolo territoriale permanente. Nel maggio 2003, in occasione della partecipazione del Comune a bando regionale “20.000 alloggi in affitto” si costituisce il “tavolo territoriale permanente sul problema casa”, promosso dalle Amministrazioni di Giussano e di Seregno. Il tavolo nasce dalla decisione congiunta dei due Comuni di impegnarsi nello sforzo teso a dare delle risposte concrete alle diverse tipologie di domanda abitativa, ed a questo scopo chiamando a sottoscrivere un accordo quelle componenti territoriali operanti nel mondo del terzo settore da un lato e quelle più strettamente legate al mondo dell’imprenditoria e della produzione dall’altro, nell’intento di definire una nuova struttura organizzativa operante sulle questioni abitative che possa concordare orientamenti e priorità delle politiche. Il tavolo territoriale si propone come soggetto partenariale allargato le cui finalità risultano essere la costruzione di orientamenti progettuali e di ipotesi di lavoro concrete riferite ad un ambito territoriale sovralocale. 6.6 Alta dotazione di patrimonio abitativo ereditato, sia pubblico che privato, oggi di

fronte a un passaggio di frontiera.

Amministrazioni che hanno avuto momenti storici di grande investimento immobiliare con interventi forti, sia di carattere pubblico che privato, e che oggi si confrontano con passaggi cruciali legati a fenomeni di ricambio di popolazione (filtering e gentrification), ma anche di rapida obsolescenza di tale patrimonio abitativo. La sesta tipologia rinvia soprattutto ad emergenti questioni di gestione e manutenzione del patrimonio pubblico, e alla sempre più stretta intersezione delle politiche per la casa con le politiche sociali in senso stretto. Tipico, ma anche molto specifico, il caso scelto di Rozzano, certo unico per l’alta dotazione di patrimonio pubblico oggi di fronte a problemi di ricambio sociale e degrado edilizio e urbano. Certamente più replicabile ad altri contesti l’esperienza di Pioltello che è stato scelto invece per i

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problemi posti soprattutto dall’obsolescenza dello stock privato speculativo ad alta densità dei primi anni Sessanta. Il Comune di Rozzano costituisce un esempio paradigmatico di Amministrazione che dispone di un ingente patrimonio di edilizia residenziale pubblica e che oggi deve fare i conti soprattutto con problemi riguardanti la gestione di tale patrimonio e il sostegno a forme differenti di produzione edilizia che integrino e moltiplichino la capacità di risposta abitativa messa in atto dall’attore pubblico. Il centro cittadino è costituito da un quartiere di edilizia pubblica realizzato nell’arco di pochi anni con un linguaggio architettonico sostanzialmente omogeneo, nonostante il ricorso a diverse tipologie edilizie, edifici in linea dai 4 agli 8 piani, ed uno spazio pubblico costituito da spazi verdi aperti senza recinzioni e fruibili, percorsi pedonali, edifici a servizi isolati nel verde, negozi concentrati al piede di alcuni edifici e in stecche commerciali. Un centro cittadino del tutto particolare, una “periferia” sia dal punto di vista del tessuto edilizio che della ampiezza degli spazi aperti, è invece “centro” grazie alla sua posizione e alla dotazione di servizi per un’area più ampia. Il patrimonio ERP in dotazione al Comune di Rozzano è pressoché esclusivamente costituito dal quartiere ALER che contava 5.878 alloggi al 2003 su una popolazione complessiva di 37.220. La popolazione che abitata case di edilizia pubblica rappresenta oggi quasi il 50% degli abitanti complessivi di Rozzano, mentre l’altra metà si divide equamente fra edilizia convenzionata e case di edilizia privata. 1. Il Programma di Recupero Urbano. In merito al centro cittadino e agli alloggi ALER è stato recentemente terminato (2004) un Programma di Recupero Urbano (PRU), uno dei meglio finanziati della Lombardia, che ha visto il recupero di buona parte delle facciate degli edifici ALER, con un coordinamento cromatico, e da operazioni di riqualificazione dello spazio pubblico e dell’arredo urbano. I due programmi regionali per l’Emergenza abitativa sono stati utilizzati dall’Amministrazione per procedere all’oneroso programma di riqualificazione del patrimonio ERP esistente ed in particolare per rendere disponibili 54 alloggi ALER inservibili, per stato di manutenzione o perché sottostandard e per poter provvedere all’assegnamento. 2. Il Contratto di Quartiere II. Nel 2004 è stato approvato il finanziamento per il Contratto di Quartiere II sempre su gli edifici ALER del centro cittadino. Nonostante non sia stato finanziato in prima battuta, la proposta è stata rifinanziata successivamente e prevede la ristrutturazione di 11 edifici (rimasti esclusi dal PRU), un articolato programma di progettazione partecipata. 3. Differenziazione dell’offerta e politiche di riequilibrio. Di fronte ad una situazione così particolare l’Amministrazione, una volta tamponata l’emergenza manutentiva e di riqualificazione dello spazio pubblico, ha indirizzato il suo sforzo a orientare processi di differenziazione dell’offerta, allo scopo di riequilibrare lo sbilanciamento sociale creatosi a seguito dell’edificazione dell’ALER Rozzano non ha più bisogno di alloggi sociali, anzi il vero problema amministrativo è dato dalla gestione di questo patrimonio, dalla gestione delle problematiche sociali che questa concentrazione ha creato. La soluzione è quindi diversificare l’offerta abitativa, cercando di controbilanciare la sproporzione di edilizia sociale, incentivare all’acquisto, per permettere anche un maggiore radicamento. L’Amministrazione ha attivato politiche di microcredito per l’acquisto degli immobili, ha distribuito negli ultimi anni mediamente 150 contributi del Fondo Sociale per gli Affitti. Il Comune spende circa ¾ del proprio bilancio (al netto delle spese per il personale) in spese sociali (fra i 3.000 e i 4.000 interventi sociali ogni anno). Diversificare si traduce anche in una maggiore attenzione alle categorie che oggi più che nei decenni scorsi producono una domanda pressante di casa, di una casa particolare, temporanea, protetta o semicollettiva: studenti ed anziani.

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L’ Amministrazione del comune di Pioltello si colloca tra quelle che hanno assistito nel loro passato recente a operazioni di importanti investimenti immobiliari caratterizzati da interventi di carattere pubblico e/o privato e che oggi si confrontano con fenomeni legati al ricambio di popolazione, dovuto all’immigrazione recente, ma anche alla rapida obsolescenza del patrimonio abitativo. Il rapido sviluppo edilizio necessario per far fronte alla repentina crescita demografica degli anni ’60, porta alla costruzione di due “importanti” quartieri: Piazza Garibaldi e Il Satellite. Interventi privati di speculazione edilizia nati per rispondere all’emergenza abitativa di quegli anni. Oggi queste due realtà presentano grosse problematiche per l’Amministrazione legate alla loro gestione sia da un punto di vista di sicurezza sociale che di manutenzione edilizia. Queste realtà hanno la particolarità di essere un patrimonio completamente costituito da proprietà privata frazionata, di fatto ogni famiglia occupante è proprietaria dell’alloggio o per lo meno ogni unità abitativa è posseduta da piccoli proprietari. Inoltre, è altissima la percentuale di extracomunitari, che conta più del 70% degli abitanti totali dei due quartieri. La densità abitativa è molto elevata e spesso siamo in presenza di vere e proprie comunità straniere caratterizzate da una scarsa propensione all’integrazione. Si sono venuti a creare in questo modo luoghi con evidenti fenomeni di marginalizzazione, caratterizzati da un’edilizia che nel tempo si è degradata. Questi fattori fanno sì che il prezzo delle unità immobiliari sia ben al di sotto della media degli altri quartieri, per cui l’accesso all’acquisto immobiliare risulta essere facilitato provocando una situazione di elevata mobilità interna con tutte le problematiche connesse a questo fenomeno. L’intervento pubblico diventa quindi estremamente difficoltoso e praticamente di impossibile attuazione all’interno di questi luoghi, dal momento che l’Amministrazione non può di fatto intervenire nell’ambito della proprietà privata imponendo delle migliorie. 1. Quale intervento pubblico sulla residenza privata?. Tuttavia il Comune, nell’ambito di propria competenza riguardante la riqualificazione degli spazi pubblici, ha investito molto cercando di conferire maggiore dignità ai due quartieri in questione. Nel quartiere Satellite inoltre, sono stati attivati dei forum di processi partecipativi per una “buona gestione del condominio” attraverso la creazione di tavoli permanenti di confronto, che vedono il coinvolgimento degli amministratori degli stabili, dei residenti e delle forze sociali operanti all’interno di queste realtà. All’elevata mobilità che caratterizza queste due realtà si contrappone un ridotto turn over degli alloggi ERP, mediamente una decina di alloggi all’anno a fronte di una graduatoria di circa 200 richieste. Si è quindi cercato di diversificare la risposta rispetto alla domanda attuando anche delle convenzioni con le cooperative di edificazione, a cui l’Amministrazione richiedeva la cessione di alcuni alloggi a canone moderato con l’obbligo di locarli a persone indicate dal Comune. Si è in presenza di proprietà private frazionate di difficile gestione, caratterizzate da un fortissimo degrado sociale, che si traduce in un preoccupante deterioramento architettonico. Vi è quindi la necessità da parte dell’Amministrazione di trovare strumenti alternativi, magari provenienti da iniziative a carattere regionale, che mettano i comuni in condizione di poter intervenire in situazioni di estremo degrado sociale simili a quelle descritte. 2. Acquisizione di alloggi. Attualmente l’Amministrazione è maggiormente orientata ad acquisire direttamente gli alloggi a scomputo degli oneri di urbanizzazione sia per cercare di non gravare sul privato, sia per semplificare la gestione del patrimonio disponibile. 6.7 Risposta alla sollecitazione di progetti emergenti a scala sovralocale.

Infine, l’ultima situazione conduce a quelle amministrazioni che si trovano a fare fronte a trasformazioni del proprio territorio radicali o interessate dal progetto o della realizzazione di un polo d’attrazione a scala sovralocale (apertura di aeroporti, nuove sedi universitarie, poli fieristici).

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L’attenzione è rivolta alle dinamiche ingenerate da tali processi di localizzazione, dai contraccolpi sul territorio, dalle esternalità positive ingenerate, dalla capacità di tenuta dell’attore locale. Come caso tipico di trasformazione territoriale radicale indotta da vicende interne è stato assunto quello di Sesto San Giovanni, impegnato a fronteggiare le non piccole dimensioni del proprio fabbisogno abitativo all’interno delle uniche risorse territoriali residue e quindi all’interno dei programmi di riqualificazione urbana che riguardano i grandi comparti industriali dismessi. Per tratteggiare i problemi posti alla risposta residenziale dalla localizzazione di polarità di servizi e infrastrutture di scala sovralocale si sono considerati i casi dei comuni interessati dall’insediamento a Pero-Rho del polo fieristico esterno e dell’area Malpensa. Sesto presenta un fabbisogno abitativo tipico da area metropolitana evoluta in cui l’esclusione o la forte difficoltà nell’accesso alla casa tende sempre più ad investire non solo i soggetti delle nuove migrazioni ma anche le figure sociali che hanno contribuito a costruire la ricchezza delle aree stesse. A vecchi e nuovi fabbisogni il comune si propone di rispondere attraverso l’incremento di: offerta di alloggi a canone sociale, da realizzare anche con forme di partenariato con altri soggetti pubblici e privati; offerta di alloggi da locare a canone concordato o moderato, ad integrazione e graduale sostituzione della erogazione di contributi FSA; offerta di alloggi da destinare alla locazione temporanea. Pur sottolineando la grande distanza fra i finanziamenti disponibili e la dimensione del fabbisogno, l’Amministrazione Comunale sembra aver operato per utilizzare le forme di intervento possibili mirando alla massima efficacia degli esiti. Già da diversi anni è in corso nel Comune di Sesto San Giovanni un processo di trasformazione che ha visto insediarsi al posto delle vecchie fabbriche manufatturiere nuove attività produttive di rilievo nazionale e internazionale che operano nel campo della nuova economia. Questo processo, che ha iniziato a produrre benefici effetti sul rilancio dell’occupazione, gravemente colpita dalla chiusura dei vecchi insediamenti produttivi, è destinato a proseguire, in dimensioni ancora maggiori nei prossimi anni, così da configurare la prospettiva di una città profondamente modificata nei suoi assetti economici e sociali. Affrontare per tempo e con una tempestiva programmazione il problema abitativo è fondamentale per governare questi processi di trasformazione. 1. I programmi integrati. In tal senso si è mossa l’Amministrazione comunale, mostrando attenzione alle politiche abitative fin dalla revisione del PRG a cui si è accinta già negli anni Novanta e, successivamente, nei diversi atti di piano e di programmazione attuativa. Il PRG, giunto all’adozione nel luglio 2000, e poi oggetto di variante tecnica, è divenuto definitivamente efficace nel maggio 2004. Nel lungo iter l’Amministrazione si è avvalsa dei Programmi Integrati di Intervento per promuovere in via anticipata alcuni interventi di riqualificazione previsti dallo strumento urbanistico in itinere. Ma anche ora si intende proseguire con strumenti di programmazione negoziata in coerenza con le scelte del PRG e a tale scopo nel febbraio 2005 è stato approvato un Documento di Inquadramento. 2. Accordi Quadro di Sviluppo Territoriale. Dopo aver utilizzato alcuni finanziamenti del Piano Casa 95/98, il Comune sembra aver colto appieno le potenzialità del Prerp per implementare alcuni programmi di intervento e sta affrontando con ampio respiro la prospettiva aperta dagli AQST, proponendo al finanziamento un pacchetto di iniziative che vanno molto al di là delle disponibilità già disposte dalla Regione, sia per collocare l’impiego di tali risorse certe in un quadro programmato di medio periodo, sia confidando che ciò sia da stimolo ai livelli sovraodinati per la messa a disposizione di ulteriori risorse per l’abitazione, vera emergenza delle aree metropolitane.

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In particolare ha mostrato di gradire l’approccio più negoziale e interattivo inaugurato con la modalità degli Accordi Quadro di Sviluppo Territoriale, anche se proprio in tale contesto ancor più si evidenzia che gli alloggi finanziabili sono poco più di una goccia nel mare dei bisogni. Considerando l’insieme degli alloggi già finanziati con le diverse misure del PRERP (174) e quelli per i quali il comune ha avviato programmi di intervento per i quali richiede o si propone di ricercare nuove risorse, anche attraverso apporti privati (1.029), si raggiunge una cifra totale che si avvicina alla metà dei fabbisogni stimati. E vi è da ritenere che, qualora questo risultato fosse conseguito, l’effetto sui bisogni sarebbe comunque, se non proprio risolutivo, capace di dare una risposta soddisfacente alla domanda abitativa più debole già oggi presente e che si manifesterà nei prossimi anni nel Comune. 3. Risorse e criticità di una strategia di trasformazione urbana. Al di là del risultato quantitativo, va comunque sottolineata la positività di un approccio che inserisce la politica della casa all’interno di una strategia complessiva di trasformazione e riqualificazione urbana, avendo cura di distribuire nel territorio i nuovi interventi di edilizia sociale in maniera equilibrata e tendente ad evitare la concentrazione di ceti sociali in difficoltà e anche la realizzazione di interventi privi della contemporanea attuazione dei servizi e degli elementi di centralità urbana. Se si può rilevare un limite, questo è probabilmente costituito da una certa debolezza della normativa di PRG relativa alle Aree di trasformazione che, all’interno della scelta forte di destinare il 20% delle volumetrie residenziali al convenzionamento, parametrano poi l’impegno dell’operatore privato all’affitto a canone concordato a soggetti indicati dal comune per una durata di “soli” 12 anni. Ovviamente, se si fosse riusciti a prescrivere un impegno parametrato alla locazione permanente, la traduzione economica di tale vincolo avrebbe avuto consistenza ben maggiore.

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7 Questioni sotto osservazione

La selezione dei casi proposta e l’indagine condotta ha permesso di mettere in evidenza cinque dimensioni particolarmente rilevanti, che attraversano con differente intensità, tutti i casi considerati. La prima è una componente strutturale delle amministrazioni locali e riguarda la dotazione di soluzioni abitative di cui disporre in condizioni ordinarie (patrimonio pubblico, tradizione cooperativa di lungo corso, abitudine alla integrazione con soluzioni offerte dal terzo settore, ecc.). Un secondo gruppo attiene alle risorse di tipo amministrativo, ed è articolato in tre dimensioni, culture organizzative, strategie e reti: sono caratteri che tratteggiano la forma organizzativa del governo locale, la capacità più o meno presente di reimpostare il proprio ruolo in funzione delle nuove domande, di consolidare relazioni verticali e orizzontali, di programmare interventi nel medio periodo; l’ultima dimensione, l’innovatività delle soluzioni, descrive, infine, una qualità delle politiche attivate e delle soluzioni adottate in risposta al fabbisogno. 7.1 Dotazioni

Un primo punto concerne “lo stato dell’arte”, la dotazione di patrimonio pubblico che un’Amministrazione si trova a disporre, esito combinato di una storia amministrativa di lungo corso, delle scelte compiute, della forma degli insediamenti, delle caratteristiche socio-economiche. Tutta l’indagine sui casi è partita dalla rilevazione di quei dati in grado di rendere conto della capacità di risposta esistente, in relazione alla popolazione locale e alla rilevanza dei problemi localmente espressi. Emerge con evidenza da molti dei casi trattati che la elevata dotazione di patrimonio edilizio pubblico costituisce oggi una risorsa e al contempo un problema. Dotazione che costituisce una risorsa perché continua a costituire una risposta per le fasce di popolazione meno attrezzate ad affrontare un mercato degli affitti particolarmente difficili e perché, come abbiamo visto nel caso di Brescia, funge da valvola di soccorso nel caso di operazioni di riqualificazione anche di quartieri privati (vedi il caso del Carmine). I comuni che hanno in tempi passati costruito una buona politica per la casa pubblica, inoltre, hanno maturato una attitudine ed un interesse per la questione più accentuata, è il caso di Brescia, così come di Rozzano, di Cinisello Balsamo. L’edilizia residenziale pubblica appare contrassegnata, al contempo, da questioni sociali rilevanti e da sensibile capacità di risposta. Anche i casi più problematici sono caratterizzati dalla permanenza di forme di resistenza al declino e al conflitto che costituiscono una risorsa di equilibrio: la presenza di istituzioni e servizi che in qualche modo riescono a presidiare il territorio e farsi carico delle emergenze sociali più drammatiche; la componente forte del terzo settore e delle associazioni volontarie che talvolta in modo integrato, talvolta con ruolo di surroga rispetto agli enti pubblici, hanno un ruolo fondamentale nell’offrire percorsi alternativi alla deriva. Un ruolo particolarmente importante mantiene l’autonomia amministrativa dei comuni a corona con la continua maturazione di politiche pertinenti al contesto, la volontà di marcare o meglio di inventare la propria individualità urbana. Certamente, nel corso degli ultimi anni, le domande sociali sono più drammatiche e la vulnerabilità sociale più diffusa, allora sono inevitabili alcune domande. Fino a quando queste presenze saranno in grado di mantenere l’equilibrio? La riduzione progressiva delle risorse finanziarie e la riduzione dei servizi quali effetti avrà nel medio periodo? Le molte politiche di riqualificazione attivate nei quartieri in crisi sono in grado di operare un mutamento di direzione? Dotazione che costituisce un problema in quanto i processi di invecchiamento della popolazione residente, lo scarso turn over, all’interno degli alloggi, abusivismo e morosità diffuse, prevalenza di famiglie numerose e monoreddito, con una rilevante presenza di stranieri, così come il lento

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degrado delle strutture, talvolta la inadeguata presenza di servizi costituiscono problemi non rimandabili che interrogano le amministrazioni e richiedono ingenti finanziamenti. Le radicali trasformazioni sociali in corso sembrano profilare due situazioni antitetiche: una articolazione sociale crescente, da un lato, e un progressivo rischio di riduzione di complessità, dall’altro. Se osserviamo l’origine dei quartieri di edilizia popolare e in particolare l’evoluzione della forma sociale nel corso degli anni, possiamo rintracciare alcune costanti: inizialmente essi sono abitati da un ceto medio impiegatizio che negli anni del boom economico è attratto dalle possibilità lavorative offerte dalla città ma ha difficoltà a collocarsi in autonomia sul mercato della casa. Soprattutto a partire dagli anni Sessanta diviene forte la presenza, soprattutto in alcuni quartieri dell’hinterland, di famiglie di origine immigrata, dal sud Italia e dal Veneto, ma il tratto sociale rimane quello di una ripartizione degli alloggi per famiglie e della forte presenza di un ceto medio lavoratore operaio o impiegatizio. Oggi la situazione appare più complessa: accanto alla permanenza di alcuni originari assegnatari che hanno conosciuto una traiettoria ascendente e il raggiungimento di un certo benessere, ma che oggi fanno i conti con un invecchiamento progressivo e con le fragilità che esso crea, troviamo una crescente quota di assegnatari italiani nuovi in situazione di disagio gravissimo (disoccupazione cronica, sofferenze mentali, soggetti sottoposti a restrizione della libertà, individui con deboli capacità relazionali, ecc.) in ragione di una restrizione dell’offerta rispetto alla domanda che indirizza il patrimonio verso situazioni sempre più gravi; troviamo una presenza di immigrati (famiglie, ma anche singoli intestatari, soprattutto a seguito degli sgomberi forzati di accampamenti abusivi all’inizio degli anni Novanta) che seppure potrebbero avere tratti simili ai primi assegnatari operai tuttavia risentono maggiormente della flessibilizzazione del lavoro e, come vedremo, hanno minori speranze di traiettorie sociali ascendenti; infine, troviamo pure crescenti fenomeni di abusivismo e morosità dovuti al radicalizzarsi in città dell’emergenza casa e alla difficoltà da parte di ALER e Comune di provvedere al recupero degli alloggi più degradati (fatta eccezione per i quartieri oggetto di Contratto di Quartiere per i quali la questione dovrebbe essere oggetto di specifico intervento). Alcuni dei quartieri ALER vedono intensificarsi le assegnazioni di alloggi a cittadini portatori di disagi forti. Anzi, la politica attiva condotta dalla Regione sul fronte abitativo, con l’erogazione di finanziamenti ai comuni per una varietà di politiche abitative differenti da quelle del solo patrimonio Erp rischia di avere nel lungo periodo come effetto secondario e non intenzionale la “specializzazione” di molti quartieri Erp per alcune emergenze sociali particolari. I meccanismi di assegnazione dell’edilizia sociale determinano una massiccia presenza di “casi sociali” rappresentati da emergenze di vario tipo: malati psichiatrici, ex detenuti, invalidi famiglie in stato di forte povertà, donne sole con figli a carico. Cosi se rileggiamo l’evoluzione di molti quartieri da un lato possiamo raccontare una storia di sempre maggiore complessificazione sociale (italiani, ma non solo; anziani ma non solo), dall’altro, sono evidenti spie del processo inverso: forte concentrazione in alcuni quartieri di alcune emergenze sociali che non trovano risposte alternative. Quale sarà lo scenario nei prossimi dieci anni? Si andrà verso una maggiore complessità sociale, come prefigurato dalle politiche più avanzate di riqualificazione urbana oppure verso una sua crescente riduzione, come la prassi delle assegnazioni di alloggi sembra ampiamente prefigurare? 7.2 Risorse amministrative: culture, strategie d’azione, reti di interazione

L’osservazione dei casi ha consentito di mettere di volta in volta in evidenza le modalità con le quali le amministrazioni locali organizzano la risposta abitativa, attraverso quali strutture, mettendo in campo differenti culture amministrative; particolare attenzione richiedono le situazioni più sperimentali, laddove ad esempio, si provino a modificare sedimentate routine amministrative o ad inventare nuove strutture dedicate al tema, o ancora si attivino strutture per il

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reperimento di finanziamenti aggiuntivi, situazioni, che almeno potenzialmente, si prestano ad attivare percorsi di apprendimento diffuso. Ci limitiamo ad osservare due situazioni tipo. Alcune delle amministrazioni considerate hanno ormai da decenni impostato la propria programmazione tenendo conto della centralità della questione abitativa, sia nella forma della produzione edilizia che della integrazione con l’azione pubblica di risorse di altra natura, molto frequentemente di origine cooperativa. Queste amministrazioni, anche al variare della composizione politica locale più facilmente portano avanti politiche di mantenimento e rafforzamento del proprio patrimonio pubblico, paradigmatico il più volta citato caso bresciano. In secondo luogo, il mutare di alcune modalità di erogazione dei finanziamenti pubblici e la più recente stagione concorsuale per accedervi hanno reso necessario mettere in campo di altre competenze. I dispositivi competitivi nell’accesso alle risorse chiamano in causa direttamente le forme dell’azione delle amministrazioni pubbliche, mettono in tensione gli assetti organizzativi e istituzionali consolidati nella direzione dell’acquisizione o del rafforzamento di competenze e capacità: capacità di organizzare una risposta tempestiva e adeguata al bando, di indirizzare e governare i processi, di individuare attori locali e risorse locali adatte. Ancora, la messa a punto di dispositivi di competizione tra soggetti pubblici (e non) per l’accesso ai finanziamenti ha assunto una portata progressivamente rilevante poiché i modi e i tempi dei bandi e della competizione hanno contribuito a segnare e strutturare fortemente il disegno stesso delle politiche. Le Amministrazioni hanno dovuto imparare a misurarsi con regole e procedure inedite, hanno inaugurato e consolidato relazioni con interlocutori nuovi, hanno progettato e avviato trasformazioni rilevanti del tessuto fisico della città, sollecitato azioni di rigenerazione sociale e valorizzazione economica. Le iniziative e le operazioni che sono derivate dai programmi di finanziamento hanno contribuito a ridefinire, innovare e arricchire le pratiche ordinarie di governo urbano e territoriale, a mettere sotto sforzo logiche settoriali di intervento, a incentivare la cooperazione interistituzionale e il partenariato, in quanto requisito per il successo di programmi e progetti locali. L’orientamento a promuovere lo sviluppo di politiche della casa attraverso programmi di finanziamento e l’assunzione di una logica concorsuale ha reso, come evidente, necessario sviluppare una capacità operativa non tradizionale. L’indagine ha messo in evidenza anche un secondo tratto: se la stagione dei bandi ha sollecitato la capacità di risposta e la riorganizzazione del modus operandi dell’ente locale, l’introduzione più recente di modalità di interazione tra livelli di governo, come nella vicenda degli Accordi Quadro, ha messo in luce la necessità di consolidare qualità di tipo strategico, intese come capacità di mobilitare progetti, risorse locali, attori, e come capacità di delineare orizzonti di più ampio respiro, di programmare interventi nel tempo medio, in grado di rispondere al fabbisogno e anticipare le grandi sfide degli anni a venire. Questo, come ben evidenziato dai casi osservati, porta a spostare l’attenzione anche sulle dinamiche relazionali, sulla creazione o il consolidamento di reti relazionali stabili: l’esistenza di intersezione tra livelli di governo diversi, tra amministrazioni locali cooperanti, tra attori portatori di interessi diversi (come nel caso di imprenditori locali, associazioni di categoria, presenza del terzo settore e del mondo cooperativo), tra ambiti territoriali diversi. La capacità di sapere promuovere e articolare nel tempo partnership e dinamiche di collaborazione appare come uno dei temi di frontiera più rilevante all’interno di uno scenario che veda assottigliarsi progressivamente la capacità di spesa della pubblica amministrazione. 7.3 Innovatività delle risposte

Infine, ultimo ma non meno importante tema, l’innovatività delle risposte e la capacità di rispondere a nuove domande. La nozione di “innovazione” è assunta per identificare quelle trasformazioni più recenti nel campo delle politiche abitative che hanno contribuito ad inaugurare

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una fase di sperimentazione, sollecitando un’attitudine nuova e diffusa alla progettazione di politiche sulla base dei problemi e delle sfide emergenti. L’innovatività di un progetto, di una politica può essere osservato in una duplice accezione: rispetto alla posta, rispetto al contesto. Rispetto alla posta in gioco, possiamo definire l’innovatività di una soluzione come capacità di individuare formule inedite, di sperimentare azioni inconsuete, di integrare risposte differenti, di allargare i destinatari delle proprie politiche, di coinvolgere finanziamenti nuovi e soggetti nuovi. Rispetto al contesto, possiamo definire l’innovatività come scarto positivo, come capacità dell’ente locale di individuare soluzioni adeguate al contesto, alle sue nuove domande, superando consolidate routine e tradizionali modalità di risposta. Questa categoria è stata utilizzata in due modi: per mettere in evidenza alcuni processi virtuosi individuati nei casi selezionati e nei progetti analizzati (punto I processi virtuosi); per impostare le linee di un Osservatorio attivo sulle politiche abitative (ultimo punto. Requisiti e ambiti di interesse per un Osservatorio attivo sulle politiche abitative). Nel punto che segue abbiamo provato a ripercorrere i casi selezionati evidenziando alcuni processi virtuosi. Abbiamo ritenuto utile provare ad osservare i risultati di politiche e progetti alla luce di quattro criteri:

1. risultato quantitativo appropriato rispetto a dimensione demografica e tipologia/ articolazione dei bisogni abitativi;

2. efficacia qualitativa, con rispetto a particolari categorie di bisogno e/o a modalità dello stesso di più urgente o difficile soluzione e/o ai tempi di apprestamento delle soluzioni;

3. efficacia rispetto alle risorse impiegate (e dunque capacità di coinvolgimento risorse private);

4. capacità di risposta con visione sovracomunale. Un discorso a parte ha riguardato la valutazione degli Accordi Quadro di Sviluppo Territoriale: intervenendo con lo studio dei casi in una fase ancora embrionale degli stessi ci siamo limitati ad alcune preliminari considerazioni e a cauti giudizi sui singoli casi.

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8 I processi virtuosi

I casi analizzati sono fortemente diversificati per contesto territoriale, dimensione demografica, capacità amministrativa, caratteristiche del mercato e degli operatori presenti. Una valutazione sugli esiti dei processi analizzati deve tener conto della specificità di tali condizioni, poiché le azioni poste in atto possono avere risultati ed efficacia diversa in contesti diversi. E’ sembrato possibile tuttavia identificare quei casi che, nella diversità dei contesti e quindi in base a griglie di lettura appropriate, presentano comunque elementi di positività rimarchevoli e in qualche modo replicabili. Le griglie utilizzate sono: risposta quantitativamente conforme al fabbisogno, efficacia e tempestività rispetto a bisogni specifici, visione sovra-comunale, mobilitazione di attori e risorse diversi da quelli pubblici. A margine dell’analisi dei casi e estendendo lo sguardo a tutti i comuni coinvolti negli AQST, si è infine azzardata una prima valutazione su questa innovativa forma di intervento e sull’accoglienza che essa ha ricevuto da parte delle Amministrazioni locali. 8.1 Risultato quantitativo appropriato rispetto a dimensione demografica e

tipologia/articolazione dei bisogni abitativi

Le amministrazioni di Brescia, Cinisello e Seregno, in contesti e con modalità diverse sono, fra le sitazioni prese in esame, quelle che risultano fornire una risposta quantitativamente significativa ai bisogni abitativi rilevati. Naturalmente, poiché l’analisi è riferita a una condizione generale di bassa disponibilità di risorse per l’abitazione sociale, anche questa valutazione è relativa e si colloca comunque in un contesto di inadeguatezza della risposta quantitativa al fabbisogno. Brescia si segnala per il felice connubio fra scelte urbanistiche e politiche dell’abitare. Se si tiene conto che si tratta della più grande città lombarda dopo il capoluogo, lo studio del caso assume una importanza speciale anche come possibile riferimento per altre città. Non v’è dubbio che alla base del successo delle politiche abitative del capoluogo bresciano si debba collocare la scelta di fondo di un tempestivo e ampio utilizzo del Piano di Zona ex legge 167, fin dai primi anni Settanta, al fine di predisporre un adeguato demanio di aree a basso costo per l’abitazione sociale. Pur se non priva di rischi, legati alla localizzazione decentrata e alla scarsa diversificazione sociale dell’utenza, la politica di acquisizione al patrimonio pubblico di vaste aree per edilizia sociale, prevalentemente incentrata sul grande intervento di San Polo, ha consentito di rispondere con quantità adeguate in una fase di domanda crescente, assicurando la formazione di uno stock di edilizia sociale che fino ad allora la città possedeva in misura molto limitata. Fra le grandi città lombarde solo Milano presenta una incidenza maggiore di edilizia pubblica, ma una quota importante di essa deriva dai grandi quartieri realizzati nel periodo anteguerra. Si tratta di scelte che presentano il rovescio della medaglia di cui si è accennato ma va detto che a ciò l’Amministrazione ha saputo far fronte con una attenzione costante, mai venuta meno nel corso degli anni, sia nell’intervenire a correggere le distorsioni, sia nel continuare mutatis mutandis la politica di predisposizione di nuove aree, relativamente abbondanti (San Polino), per edilizia sociale, questa volta accompagnata da maggior peso di edilizia privata e convenzionata. E ciò sia per scelta obbligata (minori risorse pubbliche, maggiori costi delle aree), sia per favorire la formazione di insediamenti più equilibrati e meno esposti ai rischi connessi alla concentrazione di condizioni disagiate. L’Amministrazione è oggi anche occupata nella realizzazione e nella programmazione di una serie di interventi di più limitate dimensioni sparsi nel territorio, con una particolare attenzione al recupero del centro storico (quartiere del Carmine in testa) e alla diversificazione dell’offerta residenziale, guardando in particolare agli anziani e ai giovani (studenti e lavoratori temporanei). Nonostante il grande sforzo compiuto, rimane ancora una rilevante insufficienza dell’offerta di edilizia sociale, se confrontata con la domanda di alloggi a canone sociale emersa dall’ultimo

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bando (1945 domande), sia per la relativa limitatezza dei nuovi interventi sia per la lentezza della rotazione nel patrimonio esistente. Il basso turn over nell’Edilizia Residenziale Pubblica è anche dovuto alla età media limitata del patrimonio edilizio. Una parte consistente del patrimonio è quindi occupata da famiglie ancora giovani e che occuperanno in prospettiva ancora a lungo i medesimi alloggi. Si tratta comunque di limiti affrontabili, proprio grazie a quello che sembra essere la cifra distintiva del modello Brescia, e cioè la già ricordata lungimiranza e coerenza delle scelte urbanistiche, che più recentemente hanno consentito all’Amministrazione di rispondere con efficacia e tempestività ai bandi Prerp e da ultimo all’Accordo Quadro. L'esperienza di Cinisello Balsamo, che pure ha fino ad oggi fatto fronte al fabbisogno con un’offerta di dimensione significativa, è abbastanza diversa, sia per il ruolo relativamente maggiore dell’operatore “cooperativa”, peraltro significativo anche nel caso bresciano, sia soprattutto perché la condizione di disponibilità di aree, perseguita fino a buona parte degli anni Novanta, appare da alcuni anni giunta al termine, stante la condizione urbana del comune, posto nell’area più densa della conurbazione milanese. E ciò non a caso pone oggi al comune serie difficoltà nella risposta alle nuove tipologie di bisogno, testimoniate dai tentennamenti nell’individuazione degli immobili su cui far ricadere le poche risorse messe a disposizione dall’Accordo Quadro. Va detto però che l’aver risposto in passato con una offerta cooperativa molto rilevante contribuisce anche oggi al contenimento quantitativo della domanda insoddisfatta e quindi a una maggior capacità di manovra nel gestirla, pur in una situazione di patrimonio pubblico a canone sociale non molto ampia. Tale capacità di manovra si è concretizzata nel raschiare il barile delle cooperative ottenendo il cofinanziamento dal bando POR di oltre 300 alloggi a canone concordato, che rappresentano una buona risposta alla fascia meno debole e, per il canone sociale, con i Contratti di Quartiere I e II. Ed è proprio qui, nel comparto del canone sociale, che si manifestano le maggiori difficoltà, sia per la limitatezza dello stock e per il suo ridotto incremento derivante dai Contratti, sia per la relativa concentrazione della domanda insoddisfatta sulle fasce in forte disagio, che costringe di fatto, nel poco turn-over e nella nuova disponibilità derivante (ad esempio a Sant’Eusebio e dintorni), ad assegnare prioritariamente a soggetti molto deboli, riproponendo quei problemi di concentrazione del disagio che sono alla base della crisi dell’edilizia sociale. Mettere in evidenza questi rischi (e le difficoltà nel definire l’Accordo Quadro), non significa tuttavia non riconoscere all’Amministrazione di Cinisello di aver saputo finora rispondere con efficacia alla grande maggioranza della domanda, sia sviluppando al massimo sinergie con il mondo cooperativo, sia cogliendo al meglio, con notevole capacità inventiva, le opportunità offerte dalle diverse forme di finanziamento pubblico per l’abitazione sociale. L’esame del caso sembra però suggerire una necessità di riflessione più ampia sugli esiti di alcune forme di intervento in atto, quali i Contratti di Quartiere, che potrebbero essere in base all’esperienza migliorate e riorientate. Anche Seregno può essere annoverato fra quelli in cui le politiche abitative degli ultimi anni hanno prodotto una risposta quantitativamente adeguata, benché il suo esame attraversi in maniera trasversale anche altri elementi di positività già ampiamente descritti nel capitolo Modelli d’azione e temi emergenti dalle esperienze. 8.2 Efficacia qualitativa, con rispetto a particolari categorie di bisogno e/o a modalità

dello stesso di più urgente o difficile soluzione e/o ai tempi di apprestamento delle soluzioni

I casi di Brescia e Seregno, già esaminati nel precedente paragrafo, presentano elementi di successo anche con riferimento all’articolazione della risposta verso settori specifici di bisogno. Brescia si segnala per l’attenzione crescente riservata alle categorie speciali nelle più recenti iniziative di nuova costruzione e di recupero di alloggi da destinare a canone sociale. Diverse

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iniziative riguardano la componente anziana della popolazione, soprattutto se sola, e in minor misura, le giovani famiglie. Pur se coronata da un successo solo parziale, va citata l’iniziativa di ALER Brescia, che ha recentemente terminato a San Polino 36 alloggi da 1 o 2 persone per 50/55 lavoratori single. La struttura è gestita tramite una convenzione con l’Associazione Industriali Bresciani (A.I.B.), le cui segnalazioni di aziende che avessero necessità di disporre di alloggi per i loro lavoratori dipendenti, hanno coperto solo in parte la disponibilità. Molto interessante è l’operazione in corso di svolgimento su un’area di San Polo vecchio, frutto di un lascito di privati al comune per realizzare alloggi per anziani su cui si è costruito un progetto per 97 alloggi secondo tipologie molto differenziate. Anche qui vi è la collaborazione dell' ALER di Brescia, che provvederà anche alla realizzazione delle opere già in parte in attuazione. L’obiettivo è di ampliare e rafforzare le soluzioni residenziali di tipo protetto come alternativa possibile al ricovero in R.S.A.; oltre a fornire risposta al bisogno abitativo dell' anziano punta a soluzioni capaci di farsi carico dei bisogni più complessivi di sicurezza, di sostegno ad una autonomia precaria, di promozione della socializzazione. Su una dimensione più contenuta, anche l’azione dell’Amministrazione di Seregno si è caratterizzata per l’attenzione riservata alle diverse componenti del fabbisogno, come avviene ad esempio nella gestione della fase attuativa del Contratto di Quartiere “Crocione”, che prevede strutture specifiche per gli anziani e per i giovani e che è funzionalmente integrato con un intervento a canone moderato in un’area adiacente. Da apprezzare l’impegno posto da Sesto S.G. nel predisporre soluzioni abitative che tendano a realizzare il massimo possibile di mix sociale, come ad esempio nel caseggiato ALER di via Bergomi nel quale, alle vecchie famiglie di “operai Breda” ormai anziane, si sono aggiunti nuovi abitanti in locazione temporanea e, ora, con l’intervento di recupero di sottotetti, stanno per insediarsi anche famiglie e giovani coppie a canone moderato. Vale la pena di sottolineare il caso di Calcinato, soprattutto per la capacità mostrata dall’Amministrazione nell’ affrontare il problema dell’abitazione per gli immigrati, che costituiscono una componente molto rilevante nel comune, vicina ormai al 15% della popolazione residente. Già nel 1990, per far fronte al problema della prima accoglienza degli stranieri, il comune aveva realizzato una struttura prefabbricata di 4 alloggi con una capienza massima di 5 persone per alloggio che oggi però, superata la fase della prima accoglienza, pone problemi di trasformazione, legati all’obsolescenza della stessa e anche alla mutata richiesta di famiglie ormai stabilizzate. Nel bando di assegnazione di aree PEEP del 2000 il comune fissa un bonus di punteggio per cooperative o imprese disponibili ad affittare a canone moderato parte degli alloggi a persone indicate dall’Amministrazione. Alla stipula delle convenzioni, viene stabilito un periodo minimo di affitto di quattro anni + quattro, con canoni calmierati. All’interno di questo intervento, si segnala l’azione della cooperativa CoopCasa Brescia, che, sta per realizzare due palazzine da 18 alloggi ciascuna, da affittare a canone convenzionato per 25 anni a soggetti individuati in base alla graduatoria comunale. Di particolare rilievo, anche in rapporto alla dimensione del comune, è la quota di questi alloggi (25 su 36) che sarà assegnata a cittadini stranieri. Nella proposta di Accordo Quadro presentata dal comune di Bergamo (con Ciserano e Dalmine), fra i non pochi elementi innovativi che abbiamo segnalato nell’esame del caso, sembra appropriato sottolineare qui soprattutto un punto, e cioè la volontà di stimolare e gestire percorsi di accompagnamento all’acquisto della casa tesi a favorire la rotazione e il riutilizzo dello stock in affitto. Nella situazione di scarsità di offerta in affitto, sembrano infatti da sostenere tutte quelle azioni che possono, se non incrementarne la quantità, aumentarne però l’efficacia nella risposta al fabbisogno. Si tratta quindi di una sperimentazione da seguire con interesse anche per possibili applicazioni su altre porzioni del patrimonio. Poiché la gestione di tali operazioni richiede

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una attenzione capillare ai processi di accompagnamento, essa postula, come avviene appunto nel caso bergamasco con l’Associazione Casa Amica, il coinvolgimento del Terzo Settore.

8.3 Efficacia rispetto alle risorse impiegate (e dunque capacità di coinvolgimento risorse private)

Quanto appena argomentato sul caso di Bergamo introduce bene al tema che si intende trattare in questo paragrafo. La scarsità di risorse pubbliche da indirizzare all’incremento dell’offerta in affitto a canone sostenibile, sollecita immediatamente l’idea di come trovare altre risorse e/o di come rendere massima l’efficacia di quelle impiegate. Il riferimento a quel Terzo Settore Abitativo che in tanti paesi europei garantisce una dimensione ampia di offerta a prezzi e canoni calmierati è immediato, ma rischia di diventare un vuoto ritornello se non si riempie di contenuti. E non vi è dubbio che nel nostro paese non si sia ancora mai realizzato un apporto significativo di risorse private nel settore dell’abitazione sociale, se non per quella parte di prodotto derivato dall’azione del movimento cooperativo a proprietà indivisa, che costituisce quasi un unicum dell’esperienza lombarda e che comunque viene da molte parti considerato con qualche diffidenza da cultori “puristi” dell’affitto37. Ma vi è anche un altro pregiudizio avverso un accresciuto ruolo del Terzo Settore. In base ad esso, poiché per realizzare oggi l’affitto sostenibile è necessario un concorso non piccolo di risorse pubbliche, queste, essendo scarse, dovrebbero essere tutte impiegate nell’incremento dello stock molto sociale, non essendo dubbio che la priorità debba essere accordata al soddisfacimento delle fasce più bisognose. Naturalmente la scelta qui è squisitamente politica, e certamente non può essere posta in modo manicheo. Ma nemmeno è peregrino porsi il quesito se, con poche risorse, sia più “produttivo” realizzare 2 alloggi a canone sociale o 4 a canone moderato: certo le due famiglie che aspirano al canone sociale sono più bisognose delle altre, ma sta di fatto che anche le altre 4 non trovano soluzioni abitative. Sembra pertanto di poter argomentare che il coinvolgimento di risorse private nella realizzazione di alloggi da porre in affitto a un canone capace di coprire le esigenze di una fascia importante di domanda che comunque non trova soddisfacimento sul mercato, sia un obiettivo da riconfermare con forza. Piuttosto, va dimensionata realisticamente l’entità del cofinanziamento rispetto al canone da praticare, evitando di contenerlo eccessivamente così da costringere ad aumentare il canone portandolo fuori portata per le fasce bisognose38. Naturalmente, l’esame dei casi conferma che in direzione del coinvolgimento di risorse e soggetti diversi da quello pubblico si sono mossi solo pochi incerti passi, e la pochezza dei risultati è testimoniata dal bilancio del primo Prerp che ha destinato a soggetti privati per interventi costruttivi meno del 5% del complesso delle risorse destinate al cofinanziamento di tali misure. Il comune di Bergamo è certamente fra quelli che, pur avendo finora poco attinto al cofinanziamento regionale per operazioni private, mostra però un impegno ampio in tale direzione soprattutto con la proposta di AQST, che prevede la partecipazione dell’Associazione Casa Amica ma anche dell’Unione Industriali e dell’Associazione Costruttori Edili. L’aspetto più

37 In effetti, il tipo di contratto che si stabilisce fra cooperativa e socio inquilino, connotato da tendenziale stabilità e

da conferimento iniziale di denaro in deposito, mal si adatta ad alcune tipologie di utenza connotate da elevata transitorietà, mentre è molto funzionale a rispondere a bisogni abitativi “normali” espressi da famiglie non solvibili sul mercato. Ma contro l’ampliamento di tale ruolo la normativa vigente erge barriere poco spiegabili, come l’impossibilità di assegnare gli alloggi realizzati ai propri soci in caso di cofinanziamento per canone moderato o di accedere al Fondo Sostegno Affitti per inquilini con contratto di assegnazione in godimento da parte di cooperative

38 E in questo senso, ad esempio, il canone concordato sindacale, applicato per il POR, sembra più appropriato del canone moderato (allegato 1 del regolamento regionale) che rischia di tagliar fuori settori bisognosi fra quelli esclusi dal canone sociale, per non parlare di livelli di canone ancor più elevati che vengono richiesti dagli operatori.

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interessante e innovativo della Proposta di AQST presentata sembra essere però la individuazione di un ruolo centrale nell’attuazione degli interventi affidato all’Associazione Casa Amica onlus, agenzia di housing sociale da anni attiva e presente sul territorio, ampiamente partecipata da Amministrazioni pubbliche e soggetti privati, che è stata concepita fin dagli anni Novanta come strumento operativo per le politiche abitative39. Anche il comune di Brescia è fra quelli che hanno sviluppato importanti tentativi di integrare soggetti privati nelle politiche abitative, fra i quali più recenti emerge il significativo apporto di risorse di cooperative e imprese di costruzione previsto nei nuovi interventi di San Polino. Ancora con riferimento alle cooperative a proprietà indivisa, infine, si è già detto come esse abbiano svolto un ruolo molto importante, sia negli interventi cofinanziati nel comune di Cinisello (315 alloggi per recupero sottotetti nell’ambito del POR), sia nel comune di Calcinato, con particolare riferimento al fabbisogno espresso dagli immigrati. 8.4 Capacità di risposta con visione sovracomunale

Le aree metropolitane e in generale i grandi comuni che hanno stretti rapporti con i rispettivi hinterland incontrano serie difficoltà nel soddisfare i propri fabbisogni all’interno del proprio territorio comunale e senza una visione di insieme del contesto sovracomunale. Tuttavia, benché vi siano stati diversi tentativi di affrontare la tematica abitativa a livello “comprensoriale”, non si è finora andati molto avanti in termini concreti. Una parziale eccezione è rappresentata dall’area metropolitana milanese dove, soprattutto negli anni 70 e 80, grazie al C.S. PIM (per un periodo costituitosi in Comprensorio) e al CIMEP, la programmazione dell’intervento pubblico, in larghissima prevalenza gestito attraverso il Piano di Zona Consortile, è avvenuta in un quadro di pianificazione ampiamente condiviso. Le difficoltà e i limiti della pianificazione intercomunale e la crisi del Piano di Zona di fronte alla carenza di risorse territoriali per nuove espansioni, hanno in seguito affievolito tale spinta, anche se col PTCP 2000 e ora con l’impegno dell’Amministrazione Provinciale nel settore abitativo, si è operato per adeguare al nuovo contesto la riconfermata volontà di programmare gli interventi residenziali in un quadro intercomunale. Il tentativo in corso è di accreditare la Provincia, già designata dalla 1/2000 a definire il sottosistema informativo provinciale relativo al fabbisogno degli interventi di ERP, a svolgere in concreto una azione di coordinamento della programmazione comunale dell’edilizia abitativa, da gestire attraverso “tavoli” di subarea. In questo contesto si deve registrare però che i “tavoli interistituzionali” che hanno avviato procedure per la definizione del Piano d’Area sembrano per ora conferire un peso limitato alle tematiche dell’abitazione o a trascurarle del tutto. Ciò accade ad esempio anche per i comuni del Rhodense, dove la necessità di governare a livello sovra comunale le trasformazioni della domanda residenziale indotte dall’impatto della nuova Fiera sembrerebbero suggerire una attenzione specifica del Piano d’Area al settore abitativo40. Il tema della casa risulta al momento escluso dal Piano d’area perché l’iniziativa comunale espressa dai piani regolatori viene considerata sufficiente per affrontare un tema sul quale la sensibilità è comunque alta. La “gelosia” dei Comuni nei confronti delle proprie iniziative sul fronte della casa non appare contraddetta dal ruolo del CIMEP, che viene inteso come sede di registrazione e compensazione delle dinamiche locali. Il tema della casa è assai delicato perché mette in gioco equilibri locali faticosamente raggiunti tra sviluppo e qualità della vita, equilibri particolarmente fragili nel caso dei comuni di prima cintura, più direttamente investiti dalla

39 L’Associazione inoltre ha sviluppato un rapporto di collaborazione con la Scuola Edile di Bergamo per

sperimentare modalità progettuali e costruttive che consentano un contenimento dei costi del prodotto casa. 40 Tale attenzione sembra oggi appannaggio più degli assessorati ai servizi sociali, che gestiscono nell’area un

programma Equal finanziato dall’UE con aspetti rilevanti di housing sociale, che non dei settori urbanistica e pianificazione

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tracimazione delle funzioni meno competitive del capoluogo. Si può ritenere che il tema della casa sia volutamente escluso dal novero dei temi del Piano d’area, non tanto per essere un tema trattabile a scala locale, quanto per la tacita convinzione che sia preferibile non affrontare un tema potenzialmente conflittuale41. Tuttavia, soprattutto nelle aree più dense della prima cintura milanese, qualche ripensamento sembra emergere e cresce la consapevolezza della necessità di includere anche il tema della residenza sociale fra quelli da trattare a livello sovra-comunale. È il caso del Tavolo interistituzionale Nord-Milano dove, su iniziativa del comune di Sesto San Giovanni, si è recentemente modificato in tal senso il Protocollo d'Intesa per la realizzazione del Progetto strategico e del Piano d’Area del Nord Milano sottoscritto dai Comuni di Bresso, Cinisello Balsamo, Cologno Monzese, Cormano, Cusano Milanino, Paderno Dugnano, Sesto San Giovanni e dalla Provincia di Milano. Resta da dire ancora, in proposito, che la partecipazione al cofinanziamento regionale disposto attraverso gli Accordi Quadro, di cui trattiamo più ampiamente nel punto successivo, ha stimolato due iniziative di collaborazione intercomunale nell’area milanese e nell’area bergamasca. Nel capoluogo lombardo, l’intesa già avviata da tempo con i comuni dell’asta Vigevanese per la la STU Giambellino-Lorenteggio, già finanziata dal Ministero, ha costituito la base di partenza per la decisione di assemblare le risorse attribuite dalla delibera regionale per gli AQST a tre di tali comuni (Milano, Corsico, Cesano Boscone), per presentare una proposta di impiego comune, integrata nel complesso delle iniziative previste dalla STU. Nel caso bergamasco invece, lo stimolo alla collaborazione intercomunale nasce piuttosto dalla difficoltà di reperimento di aree all’interno del capoluogo e comunque dalla sua iniziativa che, pur essendo solo titolare del cofinanziamento regionale, cerca di utilizzarlo coinvolgendo anche i territori comunali di Dalmine e Ciserano, riconosciuti fra quelli più fortemente investiti dalla tracimazione dal capoluogo e dallo sviluppo degli insediamenti produttivi. Anche in questo caso si tratta di comuni con i quali sono già state avviate da tempo iniziative congiunte e che, insieme ad altri dell’area di “Zingonia”, hanno già promosso a partire dal 2001 una Agenda Strategica e un Piano di Sviluppo dell’area Dalmine-Zingonia. 8.5 Gli Accordi Quadro di Sviluppo Territoriale (Cfr. Tab 29 pag 90)

a. una modalità innovativa del Prerp

Con delibera VII/20913 del 16 febbraio 2005, la G.R. approvava il riparto delle risorse fra i comuni a fabbisogno elevato e acuto dei capoluogo con i quali stipulare Accordi Quadro di Sviluppo Territoriale per la Casa. Questa modalità stabilisce una discontinuità rispetto ai precedenti bandi del PRERP, sia perché rende disponibile per un gruppo selezionato di comuni un monte massimo di risorse per ciascuno di essi predefinito in proporzione alla dimensione demografica, sia perché prevede un rapporto di dialogo fra Amministrazione regionale e Amministrazioni comunali nella definizione dei programmi di intervento che saranno sanciti nell’Accordo Quadro. L’obiettivo è di “sostenere e attuare un programma di interventi per la realizzazione in tempi definiti di interventi di edilizia residenziale pubblica a canone sociale e a canone moderato”. Destinatari dei cofinanziamenti sono 19 comuni lombardi: - fabbisogno acuto: 11 comuni capoluogo e Monza; - fabbisogno elevato: i 7 comuni di Bresso, Cesano Boscone, Cinisello Balsamo, Cologno

Monzese, Corsico, Cusano Milanino, Sesto San Giovanni

41 P. Briata, L. Gaeta -“Le politiche abitative nei comuni del nord-ovest milanese”, rapporto di ricerca per il

Consorzio Cooperativo TPQ – Milano, maggio 2005

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Entro l’autunno tutti i comuni interessati hanno presentato le proposte di intervento, corredate dalla documentazione richiesta, e nel corso del mese di dicembre sono stati firmati tutti gli Accordi Quadro. b. le relazioni sul fabbisogno

Nello Schema per la presentazione delle proposte da rendere oggetto di A.Q., la Regione forniva una guida per la relazione di dimostrazione del fabbisogno di e.r.p. da soddisfarsi mediante interventi compresi nell’accordo così articolata.

1. Domanda pregressa non soddisfatta (indicatori, ultimi due anni: domande erp validamente inserite, assegnazioni effettuate, esclusioni dall’erp richieste)

2. Domanda ipotizzabile nel quadriennio 2006-09 (indicatori: tasso teorico crescita popolazione previsto dal PRG, valutazione di domanda abitativa indotta da processi di sviluppo economico e flussi immigratori)

3. Segmentazione e tipologia della domanda 4. Entità e condizioni del patrimonio di erp e di proprietà demaniale 5. Elaborazione dati e formulazione fabbisogno pregresso e insorgente per il quadriennio

2006-2009. La risposta dei comuni è stata quanto mai diversificata, anche se la maggior parte ha cercato di attenersi allo schema indicato. Abbastanza omogenea e attendibile è stata la risposta per quanto riguarda il dato del fabbisogno pregresso di edilizia sociale derivante dalle domande ERP, anche se va detto che tale indicatore, assunto di per sé, certamente sottostima il fabbisogno reale. E’ noto infatti che molti soggetti aventi diritto non fanno domanda per carenza di informazione o di fiducia (perché ritengono di non possedere i requisiti o, al contrario, perché sanno che per carenza di alloggi le assegnazioni saranno appannaggio solo di punteggi molto alti che essi non possono raggiungere, e così via). In secondo luogo, fare riferimento alle sole domande ERP, non consente di stimare quella quota di bisogno che esclusa dall’ERP non può attingere al mercato e a cui, per esempio, potrebbe rispondere il canone moderato. In pochi casi si analizzano anche le domande per il F.S.A., e lo si fa (correttamente) soprattutto per trarne indicazioni sulla quota di richiedenti che avrebbe diritto al canone sociale, e che dunque viene considerata aggiuntiva alle domande ERP. In generale non si utilizza invece tale informazione per trarne indicazioni, peraltro di non facile quantificazione, sul fabbisogno di canone moderato. Più variegata la modalità di stima dell’insorgente 2006-09, anche se la maggior parte dei comuni non si distacca dall’analisi delle domande presentate e dalla loro proiezione per quegli anni (con riproposizione dei limiti insiti nel dato, di cui si è detto per il pregresso). Fanno eccezione alcuni comuni dell’area milanese che, come Milano e Bresso, assumono le indicazioni di ricerche svolte da Cimep e Centro Studi PIM per l’area metropolitana che contengono anche disaggregazioni del dato a livello comunale42 . Analogamente, altri comuni, come Brescia e Mantova, inseriscono la stima del fabbisogno al 2009 nel quadro evolutivo delineato dalla strumentazione urbanistica (Piano dei Servizi, Piano Direttore, PRG) desumendo da essa la quota di edilizia sociale da realizzare.

42 Ai fini del nuovo Piano consortile CIMEP e negli studi per il PTC della Provincia di Milano, il C. S. PIM ha svolto

un calcolo dei fabbisogni abitativi (pregresso + insorgente 2002-11), che prevede una valutazione, in base all’incrocio di indicatori multipli, della quota di alloggi da realizzare in forma controllata (diverse forme: convenzionata, affitto sociale e moderato, locazione transitoria), in “Abitare nell’Area Metropolitana Milanese. Le politiche di intervento di fronte alla nuova domanda e alla crisi del modello tradizionale”, Milano, gennaio 2003.

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Va rilevato comunque che il gap fra fabbisogno di edilizia sociale e possibilità del suo soddisfacimento è in tutti i casi così elevato che il rischio di cofinanziare interventi che eccedano il bisogno semplicemente non esiste. Quanto realizzabile con gli importi destinati attraverso gli AQST copre quote fra l’1 e il 4% dei fabbisogni determinati e, anche includendovi gli interventi programmati inseriti negli accordi e non cofinanziato, si resta ampiamente sotto il 10%. Le quote di soddisfacimento dichiarate dai comuni (rapporto annuo fra assegnazioni e domande di ERP) sono in media intorno al 5-7%. In un caso (Cologno Monzese) si dichiara l’intendimento di portarla al 14% nel quadriennio 06-09 con i nuovi interventi (A.Q. incluso). Il rapporto migliore è dichiarato dal comune di Mantova, dove negli ultimi anni (2000-2004) le assegnazioni hanno coperto il 25% delle domande. Infine, due comuni - Monza e Cusano Milanino - non hanno presentato alcuna relazione di fabbisogno, mentre pochi altri hanno fornito stime insufficienti e molto approssimative. c. elementi per un primo bilancio degli risultati

Complessivamente, la prima fase degli AQST, dotata di risorse per 56 ml di euro, dovrebbe portare ad una nuova disponibilità di circa 1.200 alloggi. Un poco più della metà di essi sarà realizzata nel capoluogo, al quale del resto è destinata più della metà (29 ml) del cofinanziamento regionale. Il Comune di Milano è anche l’unico a scegliere di operare decisamente (e, con Varese, prevalentemente) nel settore del canone moderato, e ciò trova giustificazione anche nel fatto che nell’accordo milanese sono inseriti altri interventi, non cofinanziati dagli Accordi Quadro (concorsi “Abitare a Milano”), che sono destinati invece per lo più al canone sociale. Se si esclude il capoluogo, ben pochi comuni (il già citato Varese e in minor misura Bergamo, Lecco e Monza) si orientano verso il canone moderato. Ben 14 comuni su 19 destinano l’intero cofinanziamento per alloggi a canone sociale43. Si constata dunque una netta scelta dei comuni a favore di politiche direttamente volte a soddisfare la fascia più debole della domanda che è certo quella che maggiormente preme con carattere di urgenza sulle amministrazioni locali. Tenendo conto della limitatezza delle risorse complessivamente destinate a finanziare gli Accordi in rapporto all’entità dei bisogni abitativi urgenti, un tale orientamento da parte dei comuni appare quindi del tutto spiegabile, anche se presenta il limite di una minore efficacia “quantitativa” della risposta (cofinanziamento per canone sociale = 80% del costo convenzionale, a fronte del 40% per il canone moderato). Va infatti rilevato che, ancorché in diversi progetti presentati per gli Accordi si parli di coinvolgimento del privato sociale, non sembra che negli accordi definiti sia incluso alcun impegno di risorse private ad integrazione del cofinanziamento, essendo tale integrazione sempre a carico dei comuni e/o delle ALER. Si tratta di valutare quindi se ciò sia dovuto ai tempi stretti per la definizione degli accordi che non ha consentito di mettere a punto concertazioni complesse o se vi siano stati anche altri elementi di ostacolo, che possono essere superati in futuro. D’altra parte, la maggioranza dei comuni sembra avere colto la opportunità degli AQST per mettere a punto una programmazione degli interventi di ERS di medio periodo la cui realizzazione eccede di gran lunga la disponibilità del cofinanziamento disposto con il Programma Annuale 2005 e che offre già alla regione un credibile quadro di priorità per i prossimi stanziamenti.

43 Alcuni comuni, peraltro, che includono nella proposta AQST programmazioni di medio termine da finanziare con

successivi provvedimenti, vi includono anche interventi a canone moderato. E’ il caso ad esempio di Sesto S.G., che prevede per il quadriennio 2006-2004 un totale di 1.240 alloggi, di cui 812 a canone moderato.

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Particolare rilievo assume questo aspetto negli accordi realizzati con i comuni di Milano, Sesto San Giovanni, Brescia, Bergamo (in pratica, tutti i comuni maggiori). Molto diversificato appare il grado di maturazione dei programmi presentati. Se in alcuni casi si tratta di interventi già definiti in tutti gli aspetti e pronti a partire (o addirittura già partiti, come a Brescia e Lodi), non può non destare qualche preoccupazione il fatto che anche in comuni con programmi articolati e interessanti (di nuovo Milano o Sesto San Giovanni, ad esempio) si ipotizzi una fine lavori non prima del 2009/2010. Interessante, anche se non molto estesa, è la spinta che la prima sperimentazione degli AQST ha dato a forme di coordinamento intercomunale e che ha riguardato le aree metropolitane di Milano e di Bergamo. Si tratta di due casi diversi, poiché nel primo caso ha coinvolto tre comuni (Milano, Corsico, Cesano Boscone) ciascuno dei quali ha deciso di mettere insieme in un unico progetto la propria quota del cofinanziamento AQST, mentre nel secondo il comune di Bergamo ha deciso di mettere a punto un progetto condiviso con altri due comuni (Ciserano e Dalmine) che non disponevano del cofinanziamento. L’accordo intercomunale di Milano ha potuto partire da una base di cooperazione costituita dall’esperienza già avviata con la STU Lorenteggio (che oltre ai tre comuni citati coinvolge anche il comune di Trezzano, non cofinanziato con AQST, ma che è nella STU con un intervento ERP) e i cui esiti vanno quindi valutati all’interno di quelli complessivi realizzabili con la STU medesima. Altrimenti, apparirebbe poco spiegabile che le risorse AQST dei comuni di Corsico e Cesano finissero per essere utilizzate per interventi in aree così interne al capoluogo in prossimità dell’Autofiori. Più innovativo forse l’approccio del comune di Bergamo, che pure affonda le radici in iniziative pregresse di coordinamento (Piano di Sviluppo dell’area Dalmine-Zingonia), in quanto basato su una analisi approfondita delle tipologie di fabbisogno presenti nei tre comuni e delle loro interrelazioni e presenta un programma di coinvolgimento del privato sociale nella sperimentazione di modelli innovativi di housing. Un ultimo aspetto di novità introdotto dalla procedura degli Accordi Quadro riguarda la possibilità di utilizzare, in forza della legge regionale 7/2005, “aree di proprietà pubblica destinate a standard per la localizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica, compresa l’edilizia convenzionata…..”. Tale facoltà e concessa dalla citata legge regionale limitatamente ai comuni a “fabbisogno elevato” e a “fabbisogno acuto dei comuni capoluogo” e cioè proprio i comuni destinatari dei cofinanziamento di cui alla d.g.r. 16.2.05 relativa agli AQST. Da una prima analisi è risultato che sono i comuni di Milano, Cinisello, Sondrio e Lecco che prevedono di utilizzare la procedura introdotta dalla legge ai fini della attuazione dei progetti presentati per gli accordi quadro.

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9 Riflessione critica a margine di un lavoro di ricerca Nelle pagine che seguono si cercherà di evidenziare il filo conduttore della ricerca condotta, in una chiave autoriflessiva: alcune domande accompagnano il percorso, evidenziando priorità, campi rilevanti, questioni mature, e aspetti invece ancora problematici. Queste domande hanno provato a lavorare su quella zona d’ombra che di solito si estende tra il lavoro di ricerca e la responsabilità di visione e di decisione politica e tecnica, provando a tenere insieme ricostruzione delle condizioni di contesto e aspetti critici, esplicitazione e riformulazione interpretativa dei temi (Come sta cambiando il quadro delle politiche abitative?) e necessità di orientamento all’azione (In quali direzioni indirizzare le politiche abitative?). 9.1 Quale accezione di fabbisogno adottare?

Le prime due parti della ricerca si sono concentrate sulla “capacità” dei comuni di rispondere al fabbisogno abitativo ed hanno provato a riformulare in chiave critica i due termini della questione. Si tratta ormai di una questione che ha una sua storia nella letteratura sulle politiche pubbliche. Osserva Stefano Moroni come il fabbisogno abitativo non coincida perfettamente con la domanda abitativa. Mentre “con il termine «domanda», possiamo intendere la quantità di un bene, servizio o altro che un soggetto economico è disposto ad acquistare versando il relativo prezzo; la domanda di abitazioni è dunque quel tipo di richiesta che viene espressa sul mercato; con il termine «fabbisogno», intendiamo invece la quantità di un bene, servizio o altro idonea a soddisfare un bisogno legittimo dei membri di una collettività; il fabbisogno abitativo è dunque un'esigenza ritenuta pubblicamente rilevante in sé”.44 La distinzione, richiamata da Moroni, è cruciale nel comprendere come la stima del fabbisogno abitativo nasca dal desiderio di quantificare il legittimo bisogno di abitazioni “esigenza ritenuta pubblicamente rilevante in sé”, sottraendola all’andamento incerto del mercato. Si tratta, è evidente a tutti, di una questione strettamente politica, come messo in evidenza già a partire dagli anni Settanta. Il forte carattere valutativo e normativo insito nelle stime del fabbisogno abitativo, e una messa in discussione dell’alto grado di scientificità cui ci si appellava in quegli anni nella definizione del fabbisogno, viene proposta all’inizio degli anni Ottanta da Griguolo e Palermo, che fanno notare come le stime del fabbisogno abitativo sono ampiamente mediate “dalla volontà decisionale che stabilisce quali componenti del fabbisogno, e con quali pesi, devono essere prese in considerazione nella stima complessiva. Perciò il calcolo ha un significato prescrittivo, che può essere o non condiviso, ma solo parzialmente è suscettibile di conferma empirica”45. Definire un fabbisogno abitativo locale viene sempre meno ricondotto ad una capacità di previsione “al futuro”, quanto alla capacità di muoversi responsabilmente e creativamente entro una struttura aperta di possibilità, che comprendono, proprio per questa sua natura politica, capacità di fare scelte, prendere decisioni, avviare discussioni pubbliche. L'orizzonte è dunque è quello della scelta critica, piuttosto che della sola analisi. La definizione classica di fabbisogno viene messa in discussione anche da un secondo fattore, ben evidenziato da Antonio Tosi. La nozione di fabbisogno appare oggi empiricamente sfuocata di fronte ai caratteri nuovi della questione abitativa: la pluralità delle forme della domanda e delle varietà delle forme del disagio. Tale nozione, poco utile oggi per concettualizzare i problemi della povertà abitativa, deve lasciare il posto - se si riconosce la novità del disagio e se ci si mette nella prospettiva di una innovazione delle politiche - a una identificazione che distingua

44 Moroni S., “Fabbisogno insorgente”, in Pianificazione del territorio: ragioni, bisogni, responsabilità, Città Studi

Edizioni, Milano, 2001, pag. 56. 45 Griguolo S., Palermo P.C, “Analisi della condizione abitativa e dei fabbisogni”, in Palermo P.C, (a cura di),

Modelli di analisi territoriale, Angeli, Milano 1983, pag. 111.

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tra i diversi tipi di povertà/disagio abitativo (inadeguatezza dell'alloggio, disagio da onerosità dei costi abitativi ecc.) e tra le diverse figure interessate (anziani, giovani, persone e famiglie in povertà estrema, immigrati). Sempre Tosi fa notare come la nozione di fabbisogno presuppone che un incremento dell'offerta possa comunque rispondere alle “domande” o alle situazioni di “bisogno” (perché presuppone l'operare di meccanismi di filtering); presuppone quindi una visione quantitativa/diffusa delle politiche, del tipo di quella che ha confortato un approccio non selettivo alla domanda. Questo punto di vista è a maggior ragione inadeguato a seguito della differenziazione e articolazione delle situazioni e dei bisogni. Particolarmente elusivo se ammettiamo che il problema cruciale è oggi quello delle popolazioni “deboli” in situazioni di disagio abitativo e non in grado di accedere o di trovare coerenze con le normali/tradizionali offerte abitative. Le politiche abitative sociali devono assumere queste diversità differenziando le strategie, tenendo conto delle priorità stabilite dalla diversa gravità dei problemi, adottando strategie diverse a seconda dei profili problematici, e diverse a seconda degli obiettivi (trattamento dell'esclusione abitativa, trattamento delle situazioni di rischio, ecc.) in una direzione più attenta ai “bisogni” delle persone (cfr. Introduzione al Primo Rapporto di Ricerca). 9.2 Come misurare la capacità di risposta dei territori?

Fin dalle prime sue fasi la ricerca si è misurata frontalmente con il problema cruciale delle politiche pubbliche oggi, che può essere semplificato nella seguente domanda: come, ovvero attraverso quali modalità e quali strumenti, riusciamo a valutare la “capacità”, dunque, l’efficacia della risposta pubblica sui temi che riguardano la qualità della vita e nel caso specifico, della domanda abitativa? Avvertendo la difficoltà di dotarsi di parametri oggettivi in grado di ricondurre a sintesi la varietà dei processi locali, abbiamo ritenuto opportuno provare a percorrere una diversa via. Per riuscire ad osservare la capacità delle amministrazioni di rispondere alla domanda abitativa, nel passato ed oggi e a comprendere il diverso stile amministrativo è stata proposta una indagine per “famiglie idealtipiche”; sono state individuate sette famiglie che, come abbiamo ampiamente sottolineato, riassumono i comportamenti, le attitudini, le scelte progettuali delle amministrazioni lombarde nel campo della risposta al fabbisogno abitativo. 1. Azione forte, autocentrata, strategia prudente e avveduta. 2. Azione integrata e aperta al contributo dei terzi. 3. Recupero di un ruolo pubblico entro contesti fortemente solcati dall’azione del mercato. 4. Ricerca di forme di cooperazione tra comuni. 5. Attenzione al tema abitativo con capacità di cogliere di volta in volta le opportunità che si

presentano. 6. Alta dotazione di patrimonio abitativo ereditato, sia pubblico che privato, oggi di fronte a un

passaggio di frontiera. 7. Rispondere alla sollecitazione di progetti emergenti a scala sovralocale. L’avere delineato queste sette famiglie e avere rintracciato e studiato per ciascuna di esse alcuni casi significativi ci ha consentito una duplice operazione. In primo luogo, queste poche e mirate “famiglie” di comportamenti ci hanno aiutato a riordinare, talvolta in maniera un po’ semplificata, la varietà delle modalità d’azione e delle culture amministrative locali. In secondo luogo, il confronto con alcuni casi “reali”, con esempi concreti, politiche attivate, strutture amministrative all’opera, ci ha consentito di affinare la capacità di osservazione della varietà dei casi concreti (mai riconducibili all’idealtipo) e di riformulare in termini più ampli le caratteristiche delle “famiglie” di comportamenti, delineate in una prima fase in chiave di ipotesi di lavoro. Il nostro lavoro di osservazione si è rivolto a situazioni, per la gran parte, contraddistinte da sostenuta pressione abitativa e evidente fabbisogno, che nelle forme più diverse e con i più diversi risultati si sono attivate intorno alla questione abitativa, hanno mobilitato energie, hanno

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promosso iniziative, hanno compiuto un percorso di ricerca di soluzioni. Volutamente sono state tralasciate le situazioni meno dinamiche e incerte, proprio per potere cogliere “capacità di risposta” diffuse (cfr. Seconda Parte del Rapporto di Ricerca, pag.15). I casi scelti vengono in tal senso ad assumere una funzione di esplicazione del modello idealtipico proposto. L’attenzione della parte più consistente della ricerca si è concentrata su come le amministrazioni locali si sono mosse e attivate per rispondere alla domanda abitativa, per riformularla alla luce delle nuove domande locali. Naturalmente ci rendiamo conto di come il passaggio dalla definizione di famiglie idealtipiche alla selezione di casi in grado di rappresentarle con evidenza abbia elementi di problematicità. Infatti, mentre i casi dovrebbero avere una funzione debole di mettere in evidenza risorse e criticità della declinazione locale di un certo tipo di opzione politica, rischiano di assumere una valenza forte, di esempi da additare come modelli di comportamento. 9.3 Le tre stagioni dell’azione pubblica sul versante della domanda abitativa

L’osservazione dei casi e l’analisi della risposta complessiva alla domanda abitativa portata avanti dai vari livelli di governo in Lombardia ha messo in evidenza tre stagioni dell’azione pubblica. FASE 1: Crisi di un modello univoco e consolidato di azione L’edilizia sociale pubblica, che per lungo tempo è rimasta la forma privilegiata di risposta alla questione abitativa in Italia, è entrata in una fase di profonda crisi, contraddistinta da una forte riduzione di iniziativa a fronte di una domanda cresciuta esponenzialmente, e dal subentrare di nuovi problemi connessi con l’obsolescenza del sistema edilizio pubblico nel suo complesso. Questa crisi ha avuto come conseguenza una revisione degli strumenti di intervento pubblico che si sono orientati verso un recupero del patrimonio esistente, un sostegno al mercato delle locazioni per i ceti più affaticati, la promozione di interventi integrati in grado di attivare contestualmente competenze e risorse pubbliche e private. FASE 2: Sperimentazione di nuovi programmi e dispositivi concorsuali La fase di sperimentazione iniziata all’inizio degli anni 1980 all’interno del Segretariato generale del Comitato per l’edilizia residenziale con l’obbiettivo di dare risposte di carattere non solo quantitativo ma soprattutto qualitativo, oggi continua all’interno dei programmi promossi dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (richiamiamo tra i molti: i programmi di edilizia sperimentale agevolata e sovvenzionata; i programmi di sperimentazione attuati attraverso la procedura dei Protocolli d’intesa e accordi di programma; i Contratti di quartiere I; i Contratti di quartiere II; il programma sperimentale di edilizia residenziale denominato 20.000 abitazioni in affitto finalizzato ad incrementare le offerte di alloggi da concedere in locazione a canone convenzionato; il programma sperimentale di edilizia residenziale denominato Alloggi in affitto per gli anziani degli anni 2000, destinato alla realizzazione e recupero di alloggi da concedere in locazione ad utenti anziani). Questa fase di sperimentazione consente almeno due osservazioni. La prima attiene al contenuto delle politiche abitative: i programmi promossi sono sempre più orientati a rispondere a profili specifici di bisogno abitativo (anziani, giovani coppie, famiglie a basso reddito, etc.) e ad aggredire la dimensione cumulativa e territorializzata del disagio abitativo (come nel caso dei Contratti di Quartiere che insistono su ambiti territoriali degradati e dominati da diffuso disagio abitativo e sociale). La seconda osservazione attiene al metodo di ripartizione delle risorse finanziarie e alla forma “progettuale” assunta dalle politiche per la casa. L’utilizzo sempre più frequente di bandi per la concessione di finanziamenti specifici, orientati a singoli problemi (emergenza abitativa, canone moderato, edilizia residenziale, strutture per portatori di bisogni particolari), ha avviato una fase nuova di sperimentazione che presenta elementi di interesse e criticità. Le risorse disponibili, erogate centralmente dallo Stato attraverso le Regioni ed

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eventualmente integrate da risorse locali, vengono ripartite mediante una modalità concorsuale che innesca una competizione tra progetti e una concorrenza tra soggetti locali (enti locali, Aziende regionali per la casa, soggetti del terzo settore, esponenti del mercato edilizio). Se alle Regioni spetta la scelta dei temi e la definizione dei criteri e delle modalità di accesso ai bandi, sono poi i soggetti locali e i territori ad entrare in competizione intorno alle risorse attivabili; gli interventi tendono a realizzarsi là dove le condizioni appaiano maggiormente favorevoli, premiando la capacità di attivazione dei soggetti locali e di proposta di progetti corrispondenti alla natura e alle intenzioni dei bandi. FASE 3: Accompagnamento, sostegno e attivazione dell’azione locale Alla stagione del grande fermento dei bandi pubblici, del forte dispiegamento di energie verso programmi complessi e integrati, è subentrata una fase di riflessione e di necessità di una verifica critica dei risultati. Non si possiede un quadro anche solo abbozzato delle ricadute locali degli interventi, della loro capacità di rispondere in maniera più adeguata che nel passato alle istanze locali. Come per altro sta avvenendo nel più ampio campo delle politiche pubbliche (sviluppo locale, riqualificazione, promozione sociale) non siamo ad oggi ancora in grado di valutare se questo orientamento diverso delle politiche sia riuscito nell’intento di attivare nuovi soggetti e nuove risorse, o se invece abbia consolidato rendite e poteri locali, se la natura integrata degli interventi abbia realmente avuto capacità di intrecciare dimensioni del vivere o se alcune dimensioni abbiano soverchiato altre (per esempio la dimensione “fisica” dell’intervento, sulla componente sociale o economica). In questa prospettiva possiamo comprendere lo slittamento dell’orientamento regionale verso formule di “accompagnamento”, di sostegno all’azione locale. Una riformulazione del tema: dalle politiche per la casa a quelle abitative, maggiore attenzione agli Accordi Quadro e ai Contratti di Quartiere)…. 9.4 Come sollecitare e sostenere la “capacità” dei comuni?

La terza parte del lavoro di ricerca (cfr. Terza Parte) ed in particolare l’ipotesi di osservatorio si pone, invece, una meta più ambiziosa: provare a dotarsi di uno strumento che contestualizzi la “capacità” dei singoli comuni all’interno di un sistema più complesso, che prevede livelli di governo a varie scale (ed in particolare, quello regionale). In particolare, significa porsi la domanda: come può essere migliorata la capacità dell’intero sistema, ovvero come può essere accresciuta la capacitazione dell’intero sistema territoriale? E passare poi a capire quali modalità sono da attuare per accrescere la “capacitazione” del sistema, che è composto sia dalle capacità espresse localmente ed in autonomia dai soggetti locali (e delle singole amministrazioni), che dalla interazione con la Regione, che dal modo performante in cui la Regione apprende e modifica il proprio modus operandi. Capacitazione come capacità di attivare e suscitare processi, occasioni di apprendimento, integrazione tra campi di politiche e competenze (se la guardiamo dal lato dell'amministrazione). La possiamo guardare come una relazione di reciprocità che si viene a creare tra livelli istituzionali. Si tratta di un percorso circolare che prevede tappe diverse e operazioni diverse:

- operazioni di ricerca, per conoscere e capire lo status quo; - processo di interazione a ridosso delle politiche; - valutazione prima durante e dopo l'implementazione di politiche; - attivazione di nuove politiche.

Orientare l’azione. Per la Regione è fondamentale capire come orientare l'azione, attraverso quali spie, riscontri, tarare diversamente la propria azione. Ma ha anche necessità di selezionare e poi di valutare gli esiti: ha cominciato con una logica concorsuale affidando tutto ai punteggi del bando, poi ha

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corretto il tiro tornando ad una logica di programmazione e di accompagnamento, oggi in quale direzione va? Il modello di azione avviato con il 2° Programma Regionale C. di Q., facendo tesoro delle esperienze compiute nell’implementazione del primo PRERP (2002-2004 con seguito 2005), si pone l’obiettivo da un lato di stimolare e esaltare la capacità dei comuni di rispondere ai bisogni abitativi e d’altra parte di moltiplicare il più possibile gli effetti positivi e l’efficacia di una spesa pubblica sempre più distante dalla dimensione del bisogno. Nella selezione delle proposte meritevoli di cofinanziamento si tende infatti a premiare quelle amministrazioni che più abbiano presentato analisi convincenti sulla natura e priorità dei bisogni abitativi e che più abbiano saputo incrociare misure specificamente rivolte alla risposta abitativa con altre concernenti la soluzione di problemi sociali connessi all’abitare. In particolare, le tematiche coinvolte (e le relative Direzioni G.) riguardano, a priori, Famiglia e Solidarietà Sociale, Sicurezza, Commercio e Artigianato, ma viene sollecitata anche la individuazione di altre tematiche (ad esempio Cultura, Sanità o Ambiente) che possano integrare la proposta. Benché meno esplicita e vincolante, è presente anche l’intenzione di privilegiare quelle proposte che sappiano integrare l’investimento pubblico con risorse private significative. Il processo di formazione e selezione delle proposte risulta dunque fortemente processuale e interfacciato con le amministrazioni e prevede una serie di fasi (esplorativa: manifestazione di interesse; concorsuale: bando per la selezione delle proposte; negoziale: massima coerenza con gli obiettivi; attuativa: realizzazione e monitoraggio), durante le quali gli uffici regionali possono sviluppare azioni di orientamento e accompagnamento tese appunto a conseguire il massimo avvicinamento del progetto di intervento agli obiettivi posti, ma che anche possono recepire indicazioni provenienti dalle singole situazioni locali in grado di riorientare gli obiettivi stessi. Accompagnare nel tempo. Al fine di garantire la circolarità del processo, è importante che l’accompagnamento/ monitoraggio prosegua nel tempo così da verificare gli esiti concreti, sia rispetto alla soddisfazione soggettiva dei beneficiari, sia rispetto alla copertura dei fabbisogni locali e sovralocali. Sembra risiedere qui uno dei limiti di quanto finora posto in essere, nel senso che le analisi svolte nella presente ricerca ma anche nelle altre che hanno monitorato l’efficacia delle politiche del primo Prerp46 lo hanno potuto fare con riferimento soltanto alle prime fasi del processo attuativo senza poter valutare i risultati a valle della completa realizzazione e dell’ingresso degli abitanti. Qualità edilizia e urbana degli interventi, efficacia rispetto ai bisogni, gradimento dell’utente, ecc. sono con tutta evidenza elementi molto importanti da monitorare e indispensabili da valutare per il riorientamento delle politiche. In tal senso un nodo delle politiche abitative è costituito dai tempi di attuazione delle stesse essendo facile constatare che fra concepimento, definizione e completa attuazione passa un numero consistente di anni, difficilmente inferiore a cinque e spesso assai superiore. Ne è prova che una parte importante degli alloggi finanziati con i provvedimenti del primo PRERP, definito nel 2002, non risulta ad oggi ancora abitabile né abitata. E va tenuto conto che in molti casi si tratta di programmi e progetti non del tutto nuovi ma che erano stati già in precedenza definiti o impostati dalle amministrazioni e poi ripresi e rimodulati in conformità alle richieste dei bandi. Naturalmente si tratta di un dato oggettivo, legato alle nuove complessità dei processi di trasformazione del territorio soprattutto nei contesti urbani densi laddove i bisogni sono maggiori, ma ciò non dovrebbe esimere da uno sforzo, a tutti i livelli, per semplificare e accelerare le procedure, data la gravità e urgenza dei fabbisogni arretrati. E il modello di azione “enabling” piuttosto che “providing”, adottato per i C.d.Q. potrebbe dare risultati positivi anche in questa

46 Federcasa – Regione Lombardia, Casa e OO.PP. – “Elementi di successo e di criticità nella risposta dei comuni

e delle Aler ai bandi regionali”, a cura di Politecnico di Milano, 2006

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direzione consentendo, attraverso momenti di accompagnamento, di superare più facilmente i nodi procedurali e burocratici che spesso sono causa di ritardi. Costruire coerenze. Come indirizzare/sorvegliare l’attuazione implementazione dei programmi in tutte le loro dimensioni (dalla qualità edilizia, alla coerenza con la domanda, alla coerenza col sistema territoriale, alla mobilitazione delle risorse private)? Forse la constatazione che le risorse pubbliche da allocare sono talmente poche rispetto ai fabbisogni che qualunque tipo di intervento riesca a cogliere nel segno, può aver fatto passare in secondo piano l’esigenza, a nostro parere non eludibile che la loro distribuzione territoriale avvenga comunque tenendo conto di criteri di priorità e di pianificazione di area vasta. Sempre in un quadro di risorse scarse è anche assai probabile che vi sia una elevata coincidenza fra i comuni che si fanno avanti di più per ottenere i cofinanziamenti e quelli che presentano i bisogni più gravi e urgenti, ma è anche vero che bisogna puntare a destinare più risorse all’emergenza abitativa coinvolgendo anche risorse private e, comunque, l’efficacia di quel poco che si può fare aumenterebbe se localizzata secondo criteri di priorità e di pianificazione territoriale. Ciò appare tanto più evidente in Provincia di Milano dove il sistema residenziale funziona come un organismo unico strettamente integrato e dove il sistema infrastrutturale su ferro deve guidare la redistribuzione territoriale degli abitanti. In un contesto come quello dell’area metropolitana milanese non ci si può quindi accontentare di allocare i finanziamenti nei comuni che più si attivano per richiederli, ma si deve almeno tentare di indirizzarli laddove l’efficacia è maggiore sia nel senso di coprire bisogni più rilevanti sia nel senso di contribuire al miglioramento dell’organizzazione e della qualità urbana (si pensi alla mobilità pendolare, alla qualità dell’aria, al rapporto con i grandi servizi e le polarità urbane) Le nuove forme di intervento messe a punto da Regione Lombardia, Accordi Quadro e Contratti di Quartiere, bene perseguono l’efficacia locale dell’intervento (mix sociale, integrazione intersettoriale delle politiche, coinvolgimento di risorse private, ecc), ma non dispongono assolutamente di parametri in grado di misurarne l’efficacia a livello territoriale di vasta area. Nell’analisi delle esperienze comunali, sono soprattutto due delle famiglie considerate ad aver intercettato la problematica programmatoria, quella delle azioni di coordinamento sovra-comunale (4. Ricerca di forme di cooperazione tra comuni) e quella dei grandi interventi (7. Rispondere alla sollecitazione di progetti emergenti a scala sovra locale) e dalle situazioni analizzate è emerso che problematiche di grande rilevanza hanno un trattamento tentativo e insufficiente. Si è anche accennato al caso della Provincia di Milano, che è quello dove più si avverte l’esigenza di inserire le scelte di intervento in un quadro di pianificazione, sia per la necessità di soddisfare quota dei fabbisogni generati dal capoluogo in altri comuni della provincia, sia perché occorre evitare che tale operazione si traduca in un aggravio dei flussi pendolari. La Provincia di Milano, avendo affidato una delega per l’abitare, ha iniziato ad operare, con un’azione concreta di affiancamento ai comuni, per sperimentare un modello di governance delle problematiche abitative che riconosca la necessità di definirne le politiche in un quadro programmatico coerente con la pianificazione d’area vasta a partire dal PTCP. E anche nelle province di Bergamo e di Brescia, gli Accordi Quadro di Sviluppo Territoriale firmati dai capoluoghi sembrano contenere elementi di programmazione che allargano lo sguardo all’area vasta. Molto debole se non del tutto assente è il legame fra politiche abitative e grandi interventi di trasformazione urbana connessi alla formazione di nuove polarità di servizi di rango elevato, regionale o interregionale, come risulta dalla constatazione che i Piani d’Area relativi alle zone interessate sono assai restii a prendere in considerazione le problematiche abitative, che i comuni preferiscono gestire a livello molto locale (timore di attrarre popolazione debole bisognosa di investimenti per servizi, di alterare gli equilibri raggiunti fra popolazione e servizi, ecc.).

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Aprire il campo degli attori. Un altro aspetto da rafforzare nelle politiche di indirizzo e di controllo nasce dall’esigenza di moltiplicare l’efficacia delle risorse pubbliche disponibili attraverso il coinvolgimento del privato e del privato sociale. Si ha l’impressione che l’obiettivo, sempre citato nei documenti, non sia poi ritenuto nei fatti centrale come dovrebbe essere in una condizione di forte inadeguatezza di risorse rispetto all’entità dei fabbisogni. Le giuste preoccupazioni di non incorrere in sanzioni europee per violazione delle concorrenza (aiuti di stato) hanno finito per produrre una serie insuperabile di controlli e ostacoli tali da scoraggiare anche quei settori del privato che si sono mostrati disponibili ad operare nel campo dell’alloggio sociale (in affitto permanente a canone concordato o moderato). Occorre a nostro avviso ridurre al minimo limitazioni e controlli, badando a garantire l’obiettivo, e cioè che il canone praticato, anche nel tempo, sia quello convenzionato (e sia effettivamente sostenibile) e che il beneficiario sia effettivamente meritevole (requisiti di reddito e patrimoniali). 9.5 Come sollecitare e sostenere la “capacitazione” del sistema?

La politica dei bandi ha fatto emergere potenzialità e contraddizioni, capacità e debolezze delle amministrazioni locali nel costruire progetti, sistemi di risposte, relazioni pubblico privato, nell’interpretare i bisogni, nel disegnare strategie e visioni di medio e lungo periodo. Come emerge dai casi analizzati e dalle singole iniziative sviluppate la politica dei bandi ha premiato le amministrazioni che hanno saputo investire tempo, competenze, risorse, capitale relazionale, presentando in tempi ristretti progetti già in via di definizione o in fase di istruttoria e più raramente progetti ideati ed articolati in occasione dell’uscita dei bandi stessi. La competizione per le risorse, ha stimolato molte amministrazioni a concretizzare, a mettere nero su bianco i progetti nel cassetto, ha consentito ad altre di mettere in moto una riorganizzazione interna delle competenze finalizzate alla partecipazione al bando, anche attraverso consulenze esterne e alla più stretta collaborazione pubblico privato. Le dinamiche positive innescate dai bandi non si sono sempre tradotte in processi di “capacitazione” diffusi, non sempre hanno avuto la forza di modificare a fondo una cultura dell’agire amministrativo, in particolare per le amministrazioni minori o non preparate ad affrontare progetti complessi. Come in ogni competizione sono rimaste indietro le amministrazioni che partivano per diversi motivi svantaggiate, o perché meno fornite di capacità organizzative, di risorse economiche o relazionali, o perché rallentate o bloccate dalla amministrazione ordinaria o anche perché occupate nella gestione di altri progetti complessi. La logica del bando, per la sua natura temporalmente ristretta, pone le amministrazioni generalmente in difficoltà, e tale difficoltà è inversamente proporzionale alla robustezza della loro struttura amministrativa. Il passaggio da una politica dei bandi ad una politica di accompagnamento, indirizzo, supporto tecnico e procedurale, rispetto alla proposta di intervento in campo abitativo sociale, rende necessario anche un ripensamento del sistema di monitoraggio dei processi e di valutazione delle politiche, che permetta un nuovo movimento delle politiche nella direzione del possibile miglioramento delle capacità del sistema nel suo complesso. In questo contesto delineare alcuni principi e campi di azione di un osservatorio regionale sulle politiche abitative, richiede di fare chiarezza sugli obiettivi a medio e lungo termine di un osservatorio e sul ruolo che esso può incarnare all’interno dell’evoluzione delle politiche dalla competizione, all’accompagnamento e da questo verso nuove forme dell’azione politica che pongano le loro basi su processi di capacitazione reciproca dei diversi attori istituzionali. Se infatti gli osservatori relativi a politiche soggette al meccanismo dei bandi hanno essenzialmente un compito di controllo, di accertamento dello stato di avanzamento dei progetti, di verifica quantitativa e normativa e più raramente qualitativa, con il rischio di limitarsi a certificare gli esiti del processo, nell’ottica delle politiche di accompagnamento, un osservatorio acquisisce un ruolo più complesso nel processo, e può assumere diversi indirizzi a seconda della

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fase delle politiche messe sotto osservazione. Un osservatorio agisce prima e durante la costruzione della politica e non solo a posteriori, travalica quindi la sua funzione istituzionale di valutazione per assumerne di nuove. Cosa osservare e come osservare sottendono la domanda del perché osservare, della finalità dell’osservazione delle politiche e dei processi. Osservare può essere una forma dell’agire, può relazionarsi con i processi e le politiche in modo più stretto, costruendo sinergie fra costruzione di politiche e pratiche, nello spazio che intercorre fra accompagnamento alla costruzione di progetti e valutazione degli esiti. L’utilità di un osservatorio si concretizza se esso è strutturato in modo tale da permettere una contestualizzazione della “capacità” dei singoli comuni all’interno di un sistema più complesso, che prevede livelli di governo a varie scale (e specialmente quello regionale). In particolare, significa cercare risposte ad alcune domande centrali: come può essere migliorata la capacità dell’intero sistema, ovvero come può essere accresciuta la capacitazione dell’intero sistema territoriale? Come questo processo può scaturire dall’interazione fra attori con interessi e conoscenze a scale territoriali diverse? Che ruolo può assumere l’osservazione dei processi, un osservatorio quindi, entro questo disegno? Come e chi può gestire una struttura complessa, necessariamente definita da scale diverse e da una integrazione orizzontale fra settori di competenze? Il centro della questione è da rintracciarsi nell’ispessimento delle relazioni fra istituzioni e scale territoriali, fra settori e competenze. Un’azione che non può essere assolta da un osservatorio valutativo, ma che può essere tentata da una forma di osservatorio che abbracci il processo di costruzione ed implementazione delle politiche e che ponga al centro le competenze e la loro circolazione. La struttura dell’osservatorio che si delinea è organizzata attraverso quattro momenti, che definiscono un unico processo. Si immagina e propone un unico processo ed un unico sistema organizzativo che ricopra l’intero processo, ponendo le basi per un’equipe di esperti che possa seguire l’evolversi delle azioni e delle politiche, in un sistema circolare e ciclico che disperda meno energie, come accade in un sistema definito dalla segmentazione delle competenze e delle fasi delle politiche. L’osservatorio si delinea come un modello di organizzazione della costruzione di politiche abitative che abbracciando l’intero processo, divenga esso stesso un nuovo modello d’azione che superi la dualità fra accompagnamento e valutazione. 9.6 L’Osservatorio delle politiche per la casa in quattro mosse: conoscere, promuovere,

indirizzare, valutare

Archivio delle conoscenze e delle capacità dei Comuni. L’Osservatorio come ambito di apprendimento Un osservatorio non può prescindere dalla costruzione di una conoscenza ampia, plurale e dinamica del suo oggetto. Un osservatorio che abbia come scopo la conoscenza della capacità dei Comuni di produrre risposte al fabbisogno abitativo deve porre necessariamente al centro della sua missione la comunicazione e la condivisione diffusa di pratiche. Non può limitarsi ad un’azione di schedatura delle iniziative, o delle buone pratiche, ossia al controllo delle politiche attivate, ma da esse deve assumere informazioni, strategie, pratiche ed innovazioni da condividere e da spendere entro contesti più ampi. L’apprendimento è un processo essenziale alla costruzione di politiche innovative. La conoscenza delle esperienze in campo, locali, ma soprattutto sviluppate in altri contesti, sono essenziali sia per attivare processi di emulazione che di adattamento di meccanismi, forme di politiche, sistemi gestionali e di finanziamento, ma anche di forme di sinergie con altre politiche (ad esempio urbanistiche, sociali o ambientali). Un ruolo centrale di un osservatorio può essere quello di comunicare conoscenza e quindi di costruire forme di apprendimento. La realizzazione di forme di aggiornamento rivolte agli operatori, una formazione che si apra a temi trasversali e

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che non si limiti a repertori di buone pratiche (anche dagli insuccessi si può apprendere), una maggiore integrazione fra le competenze che superi la barriera delle competenze tecniche e affronti più ampiamente il tema delle culture dell’agire amministrativo e progettuale, sono direzioni che sembra utile esplorare, nella consapevolezza che per fare accompagnamento è necessario attrezzarsi, costruire un bagaglio di competenze e linguaggi che permettano una più facile relazione. La funzione conoscitiva non può essere disgiunta da quella comunicativa e formativa, senza correre il rischio di una scarsa circolazione di idee. L’azione di un osservatorio deve quindi essere rivolta sia all’esterno, comunicando pubblicamente politiche, strategie e pratiche, sia internamente formando operatori con ventagli di competenze e interressi più ampi. Gli osservatori valutativi gestiscono un patrimonio di informazioni, di idee, di dati, di progetti preziosi ed essenziali per l’azione, che vengono generalmente resi pubblici però solo in parte in occasione della stesura di report di carattere valutativo. La finalità potenziale di un osservatorio inteso come archivio risiede essenzialmente nella sua capacità di essere utilizzato. La reale disponibilità dei dati, la facilità di accesso e la capillarità della diffusione, dipendono in parte dalla struttura stessa dell’osservatorio ed in parte dall’interesse delle amministrazione e degli operatori ad utilizzarli. Le procedure di archiviazione, di schedatura, di informatizzazione dei dati, la velocità di elaborazione, la reale disponibilità e l’immediatezza di tale disponibilità sono elementi centrali dell’efficacia di un archivio e della sua reale utilizzabilità. In questo senso sembra utile rendere disponibili per via informatica il più ampio numero di informazioni possibili, sia rielaborate che grezze, con il minor livello possibile di sbarramento all’accesso. Incentivare a fare. L’Osservatorio come innesco dell’azione In particolare nella fase esplorativa e fra questa e la fase concorsuale si delinea un campo d’azione possibile entro il quale si può operare nella direzione di una più capillare attivazione delle amministrazioni locali e nella ridistribuzione territoriale delle risorse e delle competenze disponibili. La fase esplorativa, alla base del processo di accompagnamento, è forse quella che in questa ottica offre potenzialità più alte per l’innesco di processi virtuosi ed innovativi. Rappresenta un cardine fra le idee e le politiche possibili, un punto focale entro il quale costruire sistemi di attivazione di energie nuove. Al tempo stesso rappresenta l’occasione entro la quale fare tesoro del complesso di idee per attivare processi di capacitazione del sistema, ossia è l’occasione per il soggetto che attiva il processo per definire in modo sinergico e collaborativo le direzioni e gli orizzonti possibili delle politiche. L’evoluzione delle idee in campo in politiche attivabili è un passaggio delicato sotto diversi aspetti. In primo luogo può rappresentare l’occasione di riconfigurare il complesso delle conoscenze delle idee e delle pratiche locali entro un quadro complessivo, e quindi è un momento che potenzialmente arricchisce la circolazione delle idee. È la fase in cui possono emergere idee innovative, processi e strumenti che possono innescare nuove e più efficienti pratiche politiche. È il momento in cui si possono segnalare eventuali sperimentazioni a livello dell’organizzazione istituzionale e amministrativa. Infine la fase esplorativa può divenire centrale per sottolineare ed incentivare possibili punti di rottura di routine di potere, facendo emergere nuovi (e talvolta solo istituzionalmente più deboli) attori delle politiche abitative. Il piano delle idee, più che quello dei progetti strutturati per rispondere ai bandi, ha la specificità di porre soggetti con peso politico e tecnico diverso sul medesimo piano e di offrire alle idee pari opportunità. La costruzione dei bandi ed il passaggio alla forma concorsuale se ha lo scopo di porre esclusivamente in competizione i soggetti al fine di massimizzare gli esiti rischia di impoverire ed inibire processi sperimentali ed innovativi e la partecipazione di soggetti nuovi e meno strutturati alla costruzione di politiche abitative. Potrebbe essere opportuno, quando ciò sia manifesto dai risultati della fase esplorativa, incentivare all’interno dei bandi

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almeno per una quota minima o attraverso sistemi di punteggio pratiche e soggetti che propongano azioni innovative e sperimentali, ed offrire opportunità a chi ha “buone idee” pur non avendo ancora la forza per competere con soggetti più strutturati per realizzarle. Un buon committente pubblico dovrebbe comprendere e incentivare le idee che possano cambiare il modo di agire e farlo evolvere verso pratiche più efficaci ed eque, chi coglie l’idea che non potrebbe diventare bene comune senza il suo contributo. Lo spazio fra esplorazione e bando è il luogo entro il quale fare spazio ad una nuova generazione di progetti, al ritorno ad una sperimentazione architettonica, tipologica, urbanistica, sterilizzata da una routine progettuale che ha caratterizzato gli ultimi trenta anni. Indirizzare/sorvegliare “come” fare. L’Osservatorio come strumento di accompagnamento Un ruolo di un osservatorio inteso in una forma ampia, ossia come un luogo in cui produrre azione, può essere quello di integrare, accompagnare e orientare le politiche o l’attuazione delle politiche in ambito locale. In questo senso un osservatorio può essere più largamente inteso ed avvicinarsi al formato, già collaudato e sperimentato in altri contesti, dell’agenzia per a casa. Ossia una struttura con funzioni di consulenza per le amministrazioni locali e per gli operatori, privati e cooperativi, nonché di coordinamento delle politiche e delle azioni incentrate sulla casa. Ma cosa diversa è una struttura nella forma agenzia che per natura ha una funzione gestionale e di coordinamento, e una struttura di osservatorio che può assumere al suo interno alcune funzioni dell’agenzia. Nel secondo caso la centralità delle competenze focalizzata sulla conoscenza del territorio, delle azioni in atto e passate, delle buone e delle cattive pratiche, possono essere messe al sevizio dell’azione ed orientare i processi in corso. La definizione di un’unica struttura piuttosto che di due strutture separate (un osservatorio valutativo e un’agenzia con funzioni di coordinamento) facilità la spendibilità delle competenze e la comunicazione fra istituzioni. Chi ha una visione d’insieme o comunque una conoscenza ampia di quanto è stato realizzato, come e secondo quali procedure, delle piccole e grandi innovazioni, dei contenuti dei progetti, degli esiti, dei successi e degli insuccessi è sicuramente titolato a fornire consulenze e forme articolate di accompagnamento a quelle amministrazioni o enti che vogliano cimentarsi nella costruzione di proposte o nella partecipazione a bandi. In questo senso un osservatorio può essere anche un luogo di elaborazione e comunicazione, un osservatorio “attivo”. Osservare i progetti nel loro crescere, piuttosto che una volta già definiti, offre l’occasione di un continuo aggiustamento condiviso di riorientamento rispetto ai vincoli, ai problemi, che emergono in fase progettuale e che spesso concorrono a determinare un impoverimento dell’idea iniziale ed la progressiva perdita di qualità complessiva del progetto. Osservare “durante” da la possibilità di proporre soluzioni, ipotesi, di offrire indirizzi a partire da un bagaglio di conoscenze ed opportunità più ampio e potenzialmente più efficace. La fase dell’accompagnamento entro un sistema di osservatorio ha il duplice ruolo di indirizzare e di sorvegliare ed ha come oggetto della sua azione alcuni temi/elementi che hanno a che fare con la coerenza della politica e del progetto avviato. Una coerenza con la domanda: con il contesto locale, con le strategie territoriali, con gli obbiettivi sociali; una coerenza con la qualità della politica e del progetto: qualità architettonica ed urbana, flessibilità tipologica; una coerenza con il contributo della politica e del progetto ad una capacitazione del sistema e ad un’innovazione ed integrazione nella gestione del processo: capacità di attivare soggetti e risorse private, capacità di costruire beni comuni, riconfigurazione o affinamento delle procedure e dei sistemi amministrativi di gestione. La coerenza con la domanda emersa localmente, la capacità di risposta rispetto ad un fabbisogno abitativo, come già sottolineato non può prescindere dalla capacità, tutta politica, di definire fabbisogni nel senso più ampio ed articolato, localmente definito, ma contemporaneamente di delinearli entro una strategia e delle priorità che guardi al futuro e che non si limiti entro logiche emergenziali od opportunistiche, o ancora entro prospettive unidirezionali o segmentate.

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Anche all’interno di un processo avviato è utile e possibile far emergere le contraddizioni e la pluralità del fabbisogno, non tanto per predeterminare gli utenti possibili, ma per costruire progetti e politiche che non siano settoriali e escludenti, ma che prefigurino interventi urbani socialmente sostenibili entro una prospettiva di mixitè sociale. Costruire quartieri, parti di città o paesi, complessi e condomini per singole categorie di persone, seppur queste siano portatrici di una domanda forte e urgente di abitazione, non può che alimentare la spirale perversa di stigmatizzazione ed invivibilità dei quartieri popolari in cui sempre più si concentrano marginalità sociali e culturali. L’accompagnamento offre anche la straordinaria opportunità di far emergere, anche attraverso processi partecipativi, ma soprattutto attraverso relazioni interistituzionale e fra settori questioni, aspetti, necessità, anche localissime o particolari, che spesso nella costruzione di nuovi interveti edilizi o di quartieri emergono solo in fase conclusiva, nell’incredulità generale, quando è difficile o impossibile porre rimedio. La sottovalutazione dell’impatto sui servizi locali di un nuovo intervento, si pensi agli asili nido o alla scuole congestionate attorno ai nuovi interventi dei PRU a Milano, le questioni connesse alla sicurezza, alla dotazione commerciale, alle relazioni con il contesto fisico adiacente, possono essere più facilmente recuperate entro un processo di accompagnamento che entro una logica concorsuale che spesso privilegia il bel disegno ad una attenta e sensibile consapevolezza dei fragili equilibri urbani. Solo entro un continuo processo di riconfigurazione della domanda può essere definita la capacità di risposta delle amministrazioni sia al fabbisogno abitativo che più semplicemente allo stimolo dei finanziatori/committenti di politiche e progetti abitativi. La reattività, la capacità di reagire alla relazione dialogica innescata dall’osservatorio misura la possibilità di costruire sistemi di coerenza con la domanda locale e di reazione a obbiettivi sovralocali. Valutare come ha funzionato l’intero sistema. L’Osservatorio come estensione dello sguardo Oltre a tracciare quale nuovo ruolo possa svolgere un osservatorio sulle politiche abitative nella situazione in evoluzione sopra delineata, può essere utile provare ad indicare alcune caratteristiche e alcuni contenuti di un osservatorio che integri le funzioni attuali con nuovi indicatori e nuovi ruoli. Individuando alcune direzioni possibili verso le quali orientarsi, per far sì che la forma osservatorio acquisisca un ruolo attivo nella definizione delle politiche. Per implementare e rendere lo strumento attuale dell’osservatorio più adatto ad affiancare politiche di accompagnamento può essere utile introdurre o sottolineare alcuni oggetti di osservazione che nel loro insieme costruiscano un sistema di relazioni più ampio e travalichino i confini dell’analisi quantitativa e degli ambiti circoscritti dell’osservatorio valutativo così come è andato definendosi nella produzione di report settoriali. Un primo elemento di distinzione rispetto ad un classico osservatorio valutativo è l’introduzione affianco ad alcuni elementi conoscitivi di carattere quantitativo di elementi più propriamente qualitativi, non riferiti a cifre, ma, ad esempio a relazioni, a livelli di soddisfazione, efficienza, rispondenza agli obbiettivi, innovazione del processo difficilmente riassumibili o definibili da puri dati o da parametri oggettivanti. Se l’osservatorio si delinea come il sistema che raccoglie le relazioni (conoscere, incentivare, indirizzare e valutare), allora lo stesso approccio della valutazione deve essere profondamente modificato nel suo impianto. In secondo luogo si ritiene utile individuare una serie di indicatori organizzati per campi, di interesse e di conoscenza, che riorganizzino e strutturino la quantità di informazioni sui processi orientandone la lettura ad un fine pratico e soprattutto comunicativo. Un insieme di informazioni più ampio e diversamente articolato mettendo in evidenza punti di forza e di debolezza del sistema delle azioni locali può essere di compendio anche alla costruzione di bandi o di politiche mirate e settoriali, volte a selezionare gli ambiti di azione, o ad individuare specifiche priorità. Ogni indicatore, famiglia di indicatori o campo può avere pesi diversi a seconda del contesto, dell’orientamento delle politiche da attivare o accompagnare e può diventare elemento di inclusione ed esclusione da finanziamenti o politiche (ad esempio la

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percentuale del patrimonio residenziale pubblico esistente o il rango del comune o ancora la capacità pregressa di costruire politiche abitative). In questo senso un osservatorio può avere anche la funzione di orientare le politiche non solo di valutarle. 9.7 Valutare. Ipotesi di selezione di indicatori rilevanti

A questo proposito la ricerca ha provato, in forma esplorativa ed iniziale, a profilare una selezione di indicatori, sia di carattere quantitativo, che di carattere qualitativo, che integrano e specificano i classici parametri di valutazione (cfr. ad esempio, quelli utilizzati dall’attuale Osservatorio regionale) con altri maggiormente attenti alle dimensioni del contesto e delle interazioni tra livelli, ambiti e attori. ASPETTI QUANTITATIVI

Dotazione di patrimonio

Stato di fatto: percentuale ERP su alloggi totali, abitanti ERP su abitanti totali, numero alloggi ERP assoluto. Un dato apparentemente neutro può mettere in luce situazioni di sottodotazione relativa anche gravi per le quali può essere utile costruire politiche di incentivo la dove si ritiene utile aumentare la dotazione, ma anche eventualmente politiche di diversificazione e/o di manutenzione la dove la concentrazione di alloggi ERP ha causato o può causare squilibri sociali in ambiti definititi (si veda il caso di Rozzano). Dotazione di servizi: aree e strutture e politiche pubbliche all’interno dei comparti La dotazione di strutture pubbliche all’interno dei quartieri o dei settori urbani interessati da insediamenti pubblici può costituire un indicatore sintetico di qualità dell’abitare, anche se variamente discutibile, mentre la sua sottodotazione potrebbe orientare ad interventi prioritariamente di riqualificazione dell’esistente, di potenziamento delle relazioni con altri quartieri, la delocalizzazione dei nuovi interventi o la realizzazione di nuova residenza con una quota di servizi maggiore a bilanciare la situazione esistente. In questo senso un indicatore di questo tipo, se referenziato territorialmente, può influire sulla percentuale di finanziamento dell’edilizia residenziale rispetto ai servizi e viceversa.

Dotazione di aree pubbliche disponibili all’edificazione La quantità di aree pubbliche o utilizzabili a fini “pubblici” attraverso convenzioni o all’interno di pianificazioni attuative, o direttamente all’interno dei PGT sono uno degli elementi centrali della fattibilità di progetti di nuovi interventi abitativi sociali o a canone moderato. Un’amministrazione pur attenta e tradizionalmente attiva nel produrre bene abitativo pubblico o socialmente orientato può trovarsi in una situazione di stallo ed impossibilità di attivare nuove politiche per carenza di aree. In tal caso anche una politica tesa al reperimento di aree o alla collaborazione pubblico privato può rimettere in moto potenzialità latenti. La tendenza a ridurre o non prevedere nella pianificazione locale aree o volumi per edilizia sociale o di percentuali minime di edilizia convenzionata negli interventi privati, rischia di minare le future capacità di risposta delle amministrazioni locali ai fabbisogni abitativi. In tal senso l’incentivo alle amministrazioni che hanno o prevedono una quota di volumetria a fini sociali può essere di sprone a che non ne prevede e tende a scaricare gli oneri di tali interventi alle amministrazioni contermini. Intelligenza amministrativa

Struttura amministrativa e deleghe Può essere rilevante definire il quadro delle deleghe sui temi abitativi, sociali ed urbanistici e le loro intersezioni in ambito locale, sia per diffondere e far conoscere eventuali nuove forme di

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organizzazione specifiche (ad esempio gli assessorati alla casa), sia per valutare eventuali sovrapposizioni o cortocircuiti che possono rallentare i processi decisionali. Capacità organizzative: partecipazione ai bandi, gestione dei progetti, consulenze Questo indicatore può far emergere in modo sintetico la predisposizione delle amministrazioni a “mettersi in gioco”, a costruire strutture decisionali ad hoc (tavoli interassessorili o interistituzionali) e mettere in evidenza la capacità di adattamento al cambiamento delle forme di finanziamento. Capacità realizzative: realizzazioni negli ultimi 20 anni Anche a prescindere dalla capacità di intercettare finanziamenti attraverso bandi può emergere una tradizione di “buon governo” locale che permette nel tempo e senza accelerazioni una capacità di risposta ai fabbisogni abitativi con interventi puntuali e mirati anche di piccola o media dimensione, ma diffusi e scaglionati nel tempo, che sono anch’essi indicatori di una capacità amministrativa. Tempi di risposta: tempi intercorsi fra la proposta del progetto e termine dei lavori dei principali cantieri degli ultimi 20 anni I tempi di risposta nella definizione, implementazione e chiusura degli interventi abitativi può costituire indirettamente un indicatore di capacità di gestione dei processi e di capacità amministrativa. Velocizzare i tempi di reazione può significare anche optare per progetti più semplici, in alcuni casi a minor contenuto innovativo, ma più efficaci in termini di risposta.

Capacità finanziarie

Capacità finanziarie: fondi stanziati per edilizia pubblica negli ultimi 20 anni ed entità dei cofinanziamenti La capacità di spesa ed in particolare la quota di bilancio comunale impegnata nella realizzazione di nuovi alloggi pubblici e nella manutenzione del patrimonio esistente sono un indicatore importante della reale fattibilità dei progetti, dell’orientamento dell’amministrazione ad investire e a coinvolgere attori economici locali e sovralocali. Entità dei fondi pubblici e privati reperiti attraverso bandi e leggi obbiettivo A prescindere dalla quantità dei bandi a cui un’amministrazione partecipa, la sua capacità di attrarre risorse economiche ed il rapporto fra il numero dei progetti e la quantità dei finanziamenti può mettere meglio in luce le strategie dell’amministrazione: puntare su uno o pochi grandi progetti o su più piccoli progetti, con un capillare intervento dei privati o con una più forte regia pubblica. Risorse di attori diversi da quelli pubblici attivate nel contesto locale Un indicatore di questo tipo può evidenziare l’esistenza o no di un tessuto di realtà economiche locali (fondazioni, banche cooperative, associazioni, enti privati, imprese, ecc…) orientati ad investire nella costruzione di alloggi, a prescindere da finanziamenti di livello regionale. ASPETTI QUALITATIVI

Dinamiche relazionali

Collaborazione con altre amministrazioni locali Soprattutto per realtà di piccole dimensioni o in territori caratterizzati dalla presenza di conurbazioni, la capacità di costruire interventi abitativi in collaborazione con altre amministrazioni locali può produrre sinergie finanziarie di gestione e decisione e semplificazioni dei processi di localizzazione degli interventi.

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Capacità di coinvolgimento di finanziatori, realizzatori e gestori privati o cooperativi Al di la degli apporti finanziari di altri soggetti osservare la rete delle relazioni pubblico privato nei contesti locali, la densità delle relazioni, la loro storia ed evoluzione, può essere uno strumento utile a comprendere più a fondo la potenzialità dell’amministrazione locale di costruire ed implementare progetti in collaborazione con soggetti privati. Qualità edilizia

Qualità architettonica degli interventi: materiali, forme, tecnologie Raramente gli aspetti qualitativi delle realizzazioni edilizie sono al centro di valutazione delle politiche o oggetto di interesse degli osservatori, in parte per la oggettiva difficoltà di definire la qualità architettonica o edilizia. Può comunque essere importante porre un accento su questo aspetto mediante una serie di parametri al fine di contribuire ad un miglioramento qualitativo dell’edilizia sociale e cooperativa, anche attraverso l’incentivo all’utilizzo della forma del concorso. Caratteri innovativi dei progetti

Innovazione del progetto: tecnologie, processi, immagine Questo aspetto, non semplice da mettere a fuoco, può evidenziare la tendenza delle amministrazioni e dei professionisti a sperimentare nuove soluzioni, ad assecondare o incentivare ricerca applicata alle nuove realizzazioni sia di carattere tecnico, sia di carattere metodologico. Caratteristiche tipologiche degli alloggi Un particolare interesse merita ogni tipo di sperimentazione inerente il taglio degli alloggi e l’offerta di ambienti di vita. Flessibilità, alloggi che possano assecondare le trasformazioni del nucleo famigliare nel tempo e le nuove forme famigliari, adeguatezza alla domanda, sperimentazioni, ideazione di alloggi per categorie o bisogni particolari, ma soprattutto il mix di diverse offerte, sia in termini di metratura, sia di disposizione e di dotazione degli alloggi sono un indicatore rilevante di un’attenzione alla pluralità della domanda. Capacità di interpretazione del problema abitativo Il bagaglio conoscitivo, interpretativo e le intenzioni politiche con cui un’amministrazione si accinge a progettare riflettono spesso una capacità amministrativa ed una cultura del progetto che sono ingredienti fondamentali dell’agire progettuale e della capacità di fornire risposte coerenti ed innovative alla natura della domanda. Livello di integrazione delle soluzioni

Diversificazione delle risposte La varietà dei progetti ed i loro orientamenti verso soluzioni per categorie particolari di domande o verso domande più universali (dagli alloggi protetti per anziani alle case per le famiglie), possono, se opportunamente bilanciate e ideate a seguito di ricerche che hanno messo in luce la domanda, costituire un sistema articolato ed maggiormente efficiente di risposta. Integrazione della risposta Le relazioni fra risposte specifiche e universali, ed in particolare compresenza in interventi unitari di soluzioni abitative diverse, possono contribuire a realizzare quella coabitazione popolazioni, generazioni, livelli di reddito che concorrono alla costruzione di una città vivibile ed allontanano lo spettro dei quartieri ghetto, rendendo gli interventi anche politicamente più gestibili a livello locale.

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Capacità gestionale dei progetti I progetti stessi possono contribuire a rafforzare e strutturare le capacità gestionali dei processi sia di costruzione delle politiche sia di gestione di quanto realizzato ed implementazione nel tempo. La capacità gestionale è parte integrante della capacità amministrativa e senza una gestione accurata anche un buon progetto può mancare gli esiti sperati. Politiche sociali, culturali attivate parallelamente alla realizzazione degli alloggi o entro le medesime strutture La presenza nei progetti e nella tradizione locale, nelle iniziative pubbliche, del privato sociale o del mondo della cooperazione di un elevato mix di iniziative, spazi, servizi, di carattere sociale e culturale all’interno di progetti di alloggi sociali o convenzionati può costituire un’ulteriore elemento di interesse da valorizzare. Coerenza con la pianificazione urbanistica

Coerenza con il sistema della pianificazione sovralocale La capacità di integrazione fra politiche abitative e politiche urbanistiche è un indicatore indiretto della intenzionalità dell’amministrazione di risolvere in modo sinergico e strategico i problemi del territorio. Non è eludibile che la distribuzione territoriale avvenga tenendo conto di criteri di priorità e di pianificazione di area vasta: come ad esempio, criteri di accessibilità, dotazione di servizi di scala sovralocale, coerenza con i sistemi territoriali e ambientali. Coerenza con gli obiettivi urbanistici locali Allo stesso modo, deve essere tenuta in considerazione la coerenza con una scala più contenuta, urbana e locale. Se un intervento abitativo pubblico o convenzionato è orientato non solo alla produzione di alloggi, ma anche a risolvere dei nodi cruciali del tessuto urbano, a riqualificare aree a riconnettere, a costituire nuclei di centralità, a dotare di servizi aree più ampie, questo potenzialmente può produrre non solo benefici nell’ambito abitativo, ma può produrre anche qualità urbana. Recupero del patrimonio edilizio esistente In particolare se i progetti contribuiscono a riduzione dello stato di abbandono del patrimonio abitativo esistente, storico o recente, rivitalizzano aree abbandonate centrali o periferiche, contribuendo indirettamente a nuovi consumi di suolo esterni all’edificato, questi assumono una valenza di progetto urbano oltre che di pura soluzione abitativa. Coerenza e sostenibilità ambientale

Sostenibilità ambientale degli interventi Caratteristiche tecnologiche e progettuali che vadano nella direzione del risparmio energetico, della progettazione attraverso criteri di bioedilizia, o che connotino in senso ambientale il progetto, contribuiscono a definirne la qualità complessiva e fornire alla città oltre che ai loro abitanti dei benefici che vanno oltre la produzione di alloggi. Produzione o riqualificazione di beni ambientali Lo stesso ragionamento può essere fatto per la realizzazione o recupero di aree verdi pubbliche, di ambiti di interesse paesistico ambientale, di aree boscate comprese nel progetto o realizzate anche esternamente attraverso sistemi di compensazione ambientale e standard qualitativi.

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9.8 Uno spazio di lavoro comune

Ridisegnare lo strumento osservatorio è urgente soprattutto nella prospettiva dell’accompagnamento nelle politiche abitative, per delineare quali siano i requisiti amministrativi per produrre buone politiche abitative ed orientare i processi verso una maggiore efficacia in un contesto di risorse limitate. Un osservatorio che sappia integrare efficacemente la differente natura dell’archivio e dell’agenzia richiede di immaginarsi uno spazio di lavoro comune, entro il quale siano ospitate funzioni di supporto e comunicazione, ma anche di elaborazione di modelli, di soluzioni. La dimensione relazionale costitutiva di un modello di questo tipo richiede una spiccata bidirezioanlità: da un lato, input e proposte indicazioni, indirizzi e forse norme che spingano nelle direzioni della qualità del processo e del progetto, forniti dalla Regione alle amministrazioni locali; dall’altro, una valorizzazione delle sperimentazioni locali così da far ricadere sul territorio le esperienze più interessanti, riconfigurare i processi anche a partire dagli errori, producendo nuova conoscenza e stimolando nuovi comportamenti virtuosi nelle realtà locali. Entrambe le finalità richiedono non solo rapporti stretti e continuativi fra gli enti finanziatori e gli operatori locali, ma una conoscenza reciproca, un fare comune, una capacità di apprendimento reciproco che può trovare spazio di lavoro nella forma di osservatorio proposto. Quello spazio pubblico di interazione che solo un’iniziativa politica forte e continuativa può suscitare.

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La ricerca dal titolo: Capacità di risposta del territorio al fabbisogno in tema di disponibilità di aree e immobili è stata condotta dal Centro Studi PIM Gruppo di lavoro: Franco Sacchi Direttore responsabile, Pierluigi Nobile Capo progetto, Angelo Armentano capitolo 4, Sergio D'Agostini capitoli 2, 4, 8 e 9, Giovanna D’Angelantonio capitoli 3 e 4, Elena Granata capitoli 1, 4, 5, 6, 7 e 9, Christian Novak capitoli 1, 4 e 9 e Marco Vittorio Rota capitolo 3. Il Centro Studi PIM (Programmazione Intercomunale dell'area Metropolitana) è un'associazione volontaria di Enti Locali che svolge attività di supporto operativo e tecnico-scientifico nei confronti dei Comuni associati, della Provincia di Milano e di altri soggetti pubblici, con l'obiettivo di favorire la cooperazione e la concertazione in materia di pianificazione-programmazione territoriale, infrastrutturale, ambientale e in tema di sviluppo socio-economico locale. Un particolare ringraziamento a: Francesco Bargiggia, Dirigente Struttura Programmi per l'Edilizia Residenziale Sociale, Emilio Casiraghi, Laura Catacchio, Valeria Dilani, dell'U.O. Politiche per la Casa - Regione Lombardia e a Grazia Favole, referente FEDERCASA Lombardia, per la collaborazione allo svolgimento della ricerca. Milano, febbraio 2008

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Lombarde per l’Edilizia Residenziale

Osservatorio Regionale sulla Condizione AbitativaStudi e Ricerche

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Capacità di risposta del territorio al fabbisognoin tema di disponibilità di aree e immobili

a cura del Centro Studi PIM

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