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04/03/09, 11:00, a cura di Mauro Marin - Medico di medicina generale ed Esperto di questioni normative sanitarie – Pordenone Il Certificato medico sulla capacità di intendere e di volere Il medico riceve spesso richieste di certificazione sulle condizioni mentali di un assistito anziano quando si debba valutare la sua capacità di intendere e volere per sottoscrivere determinati atti a contenuto giuridico (un trasferimento di proprietà o il testamento, o quando si debba valutare la responsabilità delle sue azioni o omissioni e quando l’anziano necessiti di essere accudito per grave disabilità). Il medico si limita ad attestare le condizioni cliniche di permanente infermità mentale, ad esempio conseguenti ad un grave deterioramento cognitivo dovuto a demenza, e può anche descrivere più dettagliatamente nel certificato la sintomatologia, i disturbi comportamentali rilevati o l’esito dei test di valutazione cognitiva effettuati all’assistito e la data di inizio della malattia da lui rilevata. Va rilevato che non è il medico, ma il giudice che dichiara l’incapacità di intendere e volere di un soggetto, pur avvalendosi della perizia tecnica rappresentata dal certificato medico attestante la malattia mentale. Il certificato medico è dunque solo un mezzo istruttorio di prova (artt. 418-419 C.C.) di cui il Giudice si può avvalere per dichiarare l’incapacità di intendere e volere, non un atto che produce direttamente effetti giuridici della riconosciuta incapacità (art. 421 CC). I contenuti e la data del certificato medico attestante una demenza, hanno importanza in quanto il certificato può essere valutato dal giudice come mezzo di prova anche per stabilire a posteriori la data certa dell’inizio di malattia causante l’incapacità di intendere e volere e quindi, ad esempio, per riconoscere al momento del compimento dei fatti la validità degli atti a contenuto giuridico-economico commessi dal soggetto in esame o la responsabilità del soggetto per le sue azioni o omissioni. Il medico deve porsi il problema di quali siano i soggetti legittimati dalla legge a richiedergli tale certificazione attestante l'incapacità del suo assistito. L’art. 414 del Codice Civile afferma che chi è in condizioni di abituale infermità di mente che lo rende incapace di provvedere ai propri interessi può essere interdetto con la conseguente nomina di un tutore da parte del giudice tutelare. Secondo l’art. 417 del Codice Civile, l’interdizione può essere promossa dal coniuge, dai parenti entro il 4° grado, dagli affini entro il 2° grado, dal tutore o dal Pubblico Ministero. Quando il medico rileva che l’assistito è incapace di intendere e volere può rilasciare ai soggetti legittimati un certificato attestante la patologia invalidante e, anche a propria tutela, specificante l’uso per cui il certificato è richiesto (ad esempio per un procedimento di interdizione o inabilitazione o per la domanda di nomina di un amministratore di sostegno ai sensi della legge n. 6\2004 o per valutare la capacità di fare testamento di un soggetto). Il caso medico-legale seguente è emblematico dell’importanza della certificazione medica e della sua data certa. Un paziente di 85 anni consegna al suo notaio un anno prima del decesso un testamento sottoscritto in cui lascia i suoi beni ad un figlio convivente, escludendo gli altri figli e la moglie dalle parti di eredità previste dalla legge (artt. 536, 537 e 581 CC). I figli esclusi con l’assistenza di un avvocato impugnano il testamento e chiedono al medico curante un certificato medico ed una sintesi dell’anamnesi del suo assistito deceduto che risultava affetto da demenza da tre anni. Il medico, verificata la legittimità della richiesta in quanto proveniente da un erede dell’anziano assistito deceduto e necessaria a far valere in giudizio un diritto di pari rango

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04/03/09, 11:00, a cura di Mauro Marin - Medico di medicina generale ed Esperto di questioni normative sanitarie – Pordenone

Il Certificato medico sulla capacità di intendere e di volere

Il medico riceve spesso richieste di certificazione sulle condizioni mentali di un assistito anziano quando si debba valutare la sua capacità di intendere e volere per sottoscrivere determinati atti a contenuto giuridico (un trasferimento di proprietà o il testamento, o quando si debba valutare la responsabilità delle sue azioni o omissioni e quando l’anziano necessiti di essere accudito per grave disabilità). Il medico si limita ad attestare le condizioni cliniche di permanente infermità mentale, ad esempio conseguenti ad un grave deterioramento cognitivo dovuto a demenza, e può anche descrivere più dettagliatamente nel certificato la sintomatologia, i disturbi comportamentali rilevati o l’esito dei test di valutazione cognitiva effettuati all’assistito e la data di inizio della malattia da lui rilevata. Va rilevato che non è il medico, ma il giudice che dichiara l’incapacità di intendere e volere di un soggetto, pur avvalendosi della perizia tecnica rappresentata dal certificato medico attestante la malattia mentale. Il certificato medico è dunque solo un mezzo istruttorio di prova (artt. 418-419 C.C.) di cui il Giudice si può avvalere per dichiarare l’incapacità di intendere e volere, non un atto che produce direttamente effetti giuridici della riconosciuta incapacità (art. 421 CC). I contenuti e la data del certificato medico attestante una demenza, hanno importanza in quanto il certificato può essere valutato dal giudice come mezzo di prova anche per stabilire a posteriori la data certa dell’inizio di malattia causante l’incapacità di intendere e volere e quindi, ad esempio, per riconoscere al momento del compimento dei fatti la validità degli atti a contenuto giuridico-economico commessi dal soggetto in esame o la responsabilità del soggetto per le sue azioni o omissioni. Il medico deve porsi il problema di quali siano i soggetti legittimati dalla legge a richiedergli tale certificazione attestante l'incapacità del suo assistito. L’art. 414 del Codice Civile afferma che chi è in condizioni di abituale infermità di mente che lo rende incapace di provvedere ai propri interessi può essere interdetto con la conseguente nomina di un tutore da parte del giudice tutelare. Secondo l’art. 417 del Codice Civile, l’interdizione può essere promossa dal coniuge, dai parenti entro il 4° grado, dagli affini entro il 2° grado, dal tutore o dal Pubblico Ministero. Quando il medico rileva che l’assistito è incapace di intendere e volere può rilasciare ai soggetti legittimati un certificato attestante la patologia invalidante e, anche a propria tutela, specificante l’uso per cui il certificato è richiesto (ad esempio per un procedimento di interdizione o inabilitazione o per la domanda di nomina di un amministratore di sostegno ai sensi della legge n. 6\2004 o per valutare la capacità di fare testamento di un soggetto). Il caso medico-legale seguente è emblematico dell’importanza della certificazione medica e della sua data certa. Un paziente di 85 anni consegna al suo notaio un anno prima del decesso un testamento sottoscritto in cui lascia i suoi beni ad un figlio convivente, escludendo gli altri figli e la moglie dalle parti di eredità previste dalla legge (artt. 536, 537 e 581 CC). I figli esclusi con l’assistenza di un avvocato impugnano il testamento e chiedono al medico curante un certificato medico ed una sintesi dell’anamnesi del suo assistito deceduto che risultava affetto da demenza da tre anni. Il medico, verificata la legittimità della richiesta in quanto proveniente da un erede dell’anziano assistito deceduto e necessaria a far valere in giudizio un diritto di pari rango

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a quello della tutela dei dati ai sensi dell’art. 60 del D.Lgs 196\2003, rilascia una certificazione attestante la data d’inizio della malattia e la sua gravità, documentata in ripetute visite specialistiche effettuate presso servizi pubblici da imparziali pubblici ufficiali e in cartelle cliniche riferite a ripetuti ricoveri. Il testamento risulta sottoscritto con la firma autografa appartenente all’assistito deceduto, ma i suoi contenuti invece sono scritti in caratteri stampatello regolari con una grafia che appare diversa da quella della firma. Pertanto non appare certo che i contenuti del testamento siano stati scritti proprio dall’assistito deceduto in quanto riconosciuto all’epoca affetto da grave demenza da circa 2 anni e quindi non è neppure certo che il testamento in oggetto sia qualificabile come testamento olografo (art. 602 CC). L’art. 606 CC afferma che il testamento olografo è nullo quando manca l’autografia. Le forme ordinarie di testamento sono il testamento olografo e il testamento per atto notarile (art. 601 CC). Se non è certo che il testamento in oggetto sia olografo per mancanza dei requisiti certi di scrittura per intero di mano del testatore (art. 602 CC), il testamento per essere valido dovrebbe essere redatto per atto di notaio (art. 601 CC) con tutti i requisiti previsti dagli artt. 603 CC o 604-605 CC e in tal caso dovrebbe indicare il luogo e la data del ricevimento ed essere sottoscritto dal testatore, da due testimoni e dal notaio. Nel caso in oggetto invece non risulta che il testamento sia stato fatto per atto di notaio, non risulta che sia stato sottoscritto da testimoni e dal notaio e risulta ignota la data di ricevimento del testamento da parte del notaio. Se già la forma e i contenuti del testamento in oggetto sono contestabili, è la certificazione del medico che attesta inequivocabilmente che il paziente era affetto da grave demenza in data certa antecedente a quella riportata sul testamento e ciò viene provato dal certificato del medico curante e da diverse certificazioni mediche specialistiche costituenti atti pubblici (artt. 2699 e 2700 CC) rilasciati da medici del Sistema Sanitario Nazionale in qualità di imparziali pubblici ufficiali (art. 357 CP), attestanti in capo all’assistito deceduto un deterioramento cognitivo grave e permanente che comporta uno stato di incapacità di testare (art. 591 CC) e che costituisce pertanto giusta causa di annullamento del testamento redatto successivamente al manifestarsi della demenza.