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Ambliopia: incidenza, impatto socio-economico, anche l’occhio “sano” non lo è 3 l’amBliopia Costantino Schiavi Unità Operativa di Oftalmologia Universitaria Policlinico S. Orsola-Malpighi – Bologna L’ambliopia può essere definita in termini moder- ni come un’alterazione dello sviluppo della fun- zione visiva di uno o di entrambi gli occhi che si verifica durante il periodo plastico di sviluppo del sistema visivo. Le cause risiedono in un’anomala interazione binoculare, e/o nella mancata forma- zione di immagini nitide sulla retina durante il periodo plastico di sviluppo del sistema visivo e quindi durante la prima e la seconda infanzia. Durante tale periodo di maturazione del sistema visivo, le varie funzioni visive sono vulnerabili ad opera di noxae che interferiscano con i normali processi di sviluppo. Reciprocamente, entro cer- ti limiti, gli effetti dell’ambliopia possono essere ridotti o curati con opportune terapie entro il pe- riodo plastico del sistema visivo. In realtà quello che noi curiamo o cerchiamo di curare è l’acuità visiva, che però non è che una delle molteplici componenti della visione. È comunque contro- verso che un’ambliopia possa essere curata al punto di ripristinare una visione perfettamente normale. A parte infatti casi di ambliopia lieve con risparmio della visione binoculare, in tutti gli altri casi si ha un sovvertimento della visio-

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Gli strabismi e le anomalie della motilità oculare

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Ambliopia:incidenza, impatto socio-economico, anche l’occhio “sano” non lo è

3l’amBliopia

CostantinoSchiaviUnità Operativa di Oftalmologia Universitaria

Policlinico S. Orsola-Malpighi – Bologna

L’ambliopia può essere definita in termini moder-ni come un’alterazione dello sviluppo della fun-zione visiva di uno o di entrambi gli occhi che si verifica durante il periodo plastico di sviluppo del sistema visivo. Le cause risiedono in un’anomala interazione binoculare, e/o nella mancata forma-zione di immagini nitide sulla retina durante il periodo plastico di sviluppo del sistema visivo e quindi durante la prima e la seconda infanzia. Durante tale periodo di maturazione del sistema visivo, le varie funzioni visive sono vulnerabili ad opera di noxae che interferiscano con i normali processi di sviluppo. Reciprocamente, entro cer-ti limiti, gli effetti dell’ambliopia possono essere ridotti o curati con opportune terapie entro il pe-riodo plastico del sistema visivo. In realtà quello che noi curiamo o cerchiamo di curare è l’acuità visiva, che però non è che una delle molteplici componenti della visione. È comunque contro-verso che un’ambliopia possa essere curata al punto di ripristinare una visione perfettamente normale. A parte infatti casi di ambliopia lieve con risparmio della visione binoculare, in tutti gli altri casi si ha un sovvertimento della visio-

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ne binoculare che non può essere riportato alla normalità da alcun provvedimento terapeutico conosciuto. L’ambliopia è classicamente distinta in ambliopia strabica, ambliopia anisometro-pica e ambliopia da privazione sensoriale. Tale classificazione è tuttora utile dal punto di vista clinico. I meccanismi fisiopatologici sono simili nelle varie forme di ambliopia e possono essere riassunti in: interazione binoculare ano-mala, mancata formazione di immagini nitide a livello foveale o una combinazione di entrambi i precedenti fattori. L’ambliopia strabica, che è sempre monolaterale, è causata da un’anomala interazione binoculare; l’ambliopia anisometro-pica è causata sia da un’anomala interazione bi-noculare che dalla mancata formazione di imma-gini nitide sulla fovea; l’ambliopia da privazione è causata nella forma monolaterale sia dalla man-cata formazione di immagini nitide sulla fovea che da anomala interazione binoculare mentre nella forma bilaterale è causata essenzialmente dalla mancata formazione di immagini nitide sul-la retina. L’ambliopia strabica, tipica dello stra-bismo non alternante, è comunemente conside-rata come una conseguenza della soppressione. In realtà, la soppressione non pare essere la sola causa dell’ambliopia nello strabismo. Infatti nello strabismo vi può essere ambliopia in assenza di soppressione così come generalmente vi è una correlazione inversa tra gravità dell’ambliopia ed entità della soppressione. I meccanismi soppres-sivi sono infatti tanto più deboli quanto più pro-fonda è l’ambliopia. Vari studi hanno rivelato che altre cause differenti dalla soppressione possono concorrere allo stabilirsi di ambliopia nello stra-bismo6,17, 35.Nell’ambliopia anisometropica, tipica dell’aniso-metropia ipermetropica, vi è un’inibizione atti-va della fovea dell’occhio più ametrope per cui l’acuità visiva dell’occhio ambliope è peggiore in condizioni binoculari che in visione monoculare. La mancata formazione di immagini nitide sulla fovea dell’occhio più ametrope è poi un ulterio-re fattore ambliopigeno (ambliopia da privazio-ne sensoriale). La correzione ottica nel soggetto anisometrope può indurre aniseiconia la quale può a sua volta rappresentare un ulteriore osta-colo alla visione binoculare e un ulteriore fattore

causante ambliopia. Nell’anisometropia miopica l’ambliopia è meno frequente poiché l’occhio maggiormente miope viene utilizzato nella visio-ne da vicino mentre quello meno ametrope viene di norma utilizzato per la visione da lontano. Per quanto riguarda i rapporti tra ambliopia e svilup-po refrattivo dell’occhio, è interessante notare che l’ambliopia può essere sì una conseguenza dell’anisometropia ipermetropica ma è stato an-che dimostrato in esperimenti su animali che l’ambliopia può anche essere causa di alterato sviluppo refrattivo dell’occhio ambliope che ma-nifesta un ridotto sviluppo della lunghezza assia-le restando pertanto più ipermetrope dell’altro occhio20.L’ambliopia da privazione sensoriale è causata da opacità dei mezzi diottrici, ptosi palpebrale monolaterale completa oppure da occlusione indiscriminata o atropinizzazione prolungata in corso di terapie anti-ambliopiche. La forma uni-laterale è di solito più grave in quanto si compli-ca con la comparsa di uno strabismo secondario dell’occhio ambliope. Queste appena definite sono le conoscenze classiche dell’ambliopia, che sono volte soprattutto a considerare la presta-zione visiva dell’occhio ambliope. In realtà l’am-bliopia è un fenomeno patologico più complesso del semplice deficit di acutezza visiva dell’occhio ambliope. Esso coinvolge anche l’occhio cosid-detto sano, l’intero atto visivo binoculare e la co-siddetta interazione visuo-motoria con ricadute sull’attività lavorativa, la guida e la maggior parte delle altre attività quotidiane.

prevalenza

La prevalenza dell’ambliopia varia in ampie stati-stiche recenti da 1.6 a 3.6% della popolazione2, 38.Ciò significa che nell’ambito della popolazione europea e di quella nord americana, alcuni mi-lioni di individui sono affetti da ambliopia.’ Vi è il sospetto che nei paesi con sistemi sanitari meno evoluti tale prevalenza possa essere anche superiore. L’elevata prevalenza dell’ambliopia, l’evidenza che nel soggetto ambliope è alterata anche la visione binoculare e quella dell’occhio cosiddetto sano e il rapido sviluppo tecnologico

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della società che prevede attività che richiedono prestazioni visive sempre più sofisticate, fanno sì che l’ambliopia rappresenti un reale problema di natura socio-economica. Da qui l’esigenza nei paesi con sistemi sanitari più evoluti di program-mi di screening in età pediatrica che hanno di-mostrato di ridurre la prevalenza dell’ambliopia.

impatto socio-economico

Durante i primi 45 anni di vita, l’ambliopia è la prima34, o la seconda3, o la terza21 causa di de-ficit visivo, a seconda delle casistiche. Inoltre, il rischio per l’individuo ambliope di diventare fun-zionalmente cieco nel corso della vita è signifi-cativamente maggiore di quello dei soggetti non ambliopi. Nell’uno per cento dei soggetti di età superiore a 65 anni, l’ambliopia è riportata qua-le concausa di cecità, in associazione a patologie quali il distacco di retina, le maculopatie, la cata-ratta e il glaucoma23. Numerosi studi hanno recentemente posto in luce le implicazioni psicologiche determinate in un soggetto dalla presenza di ambliopia. Da numerosi studi psicologici risulta che l’ambliopia riduce l’autostima e causa difficoltà psicologi-che che influenzano la vita di relazione, quella lavorativa e i rapporti sociali di un individuo32, 36. Nel profilo sanitario di molte figure professionali, l’ambliopia rappresenta una causa di non idonei-tà fisica.

prevenzione/screening

Essendo gli effetti dell’ambliopia durevoli per tutto il corso della vita ed essendo l’ambliopia curabile solo in età precoce, la diagnosi preco-ce e il trattamento tempestivo rappresentano gli obiettivi ideali da perseguire. Per ciò che ri-guarda una possibile prevenzione dell’ambliopia, sorge il problema se l’identificazione di fattori di rischio quali ereditarietà, mancata emmetropiz-zazione, ipermetropia elevata all’età di 1 anno, sia sufficiente a giustificare misure preventive. D’altra parte, uno dei principali fattori di rischio dell’ambliopia, il microstrabismo “primario”,

rappresenta una condizione che non può esse-re prevenuta. Studi condotti su ampi campioni di popolazione in vari paesi dimostrano che gli screening dell’ambliopia eseguiti su larga scala riducono la prevalenza dell’ambliopia e miglio-rano la prognosi visiva dei soggetti ambliopi nel lungo termine24, 26. Non vi è tuttavia accordo una-nime circa i metodi da utilizzare negli screening dell’ambliopia. In un’epoca di limitate risorse dei servizi sanitari, occorre infatti valutare attenta-mente il rapporto costo/beneficio nella scelta di un metodo di screening. Accuratezza dello scre-ening, efficacia nel lungo periodo, compliance e costi sono i fattori che devono essere attenta-mente valutati. Gli screening basati sulla fotore-frazione e sulla videorefrazione in bambini di età inferiore a 4 anni, hanno dato risultati positivi 1. Studi molto recenti indicano tuttavia un miglior rapporto costo/beneficio per screening basati sulla determinazione dell’acuità visiva con le “E” di Albini in bambini di 4 anni di età32.

Fisiopatologia. anche l’occhio sanonon lo è

È stato dimostrato che nell’ambliopia si verifica una dissociazione tra sistema parvocellulare, de-putato fondamentalmente alla percezione delle forme e dei colori, e sistema magnocellulare, preposto invece alla percezione del movimento. Nell’ambliopia si verifica un deficit selettivo del sistema parvocellulare13. Per ciò che riguarda la sensibilità al contrasto e la sensibilità luminosa, funzionalmente l’occhio ambliope manifesta una performance migliore in condizioni mesopiche e scotopiche che in condizioni fotopiche. L’amblio-pia, specie quella strabica, è poi caratterizzata da una marcata imprecisione spaziale con errori di localizzazione. La presenza di fenomeni inibitori interoculari, tipica dell’ambliopia, fa sì che l’acu-ità visiva dell’occhio ambliope sia peggiore quan-do l’altro occhio è aperto e migliore quando inve-ce quest’ultimo è occluso. Molti studi basati sugli esami elettro-fisiologici hanno tentato di trovare il locus dell’ambliopia. L’elettroretinogramma (ERG) non ha potuto di fatto dimostrare alte-razioni a livello retinico nell’ambliopia. Tuttavia,

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l’ERG è una risposta di massa dell’intera retina e non è in grado di evidenziare alterazioni che interessino sub-sistemi retinici. L’elettro-oculo-gramma (EOG) ha rivelato anomalie in ambliopi adulti, ma l’EOG dà risposte che dipendono dalla motilità oculare e quest’ultima è frequentemen-te alterata negli individui ambliopi, specie negli ambliopi strabici o negli ambliopi privi di collabo-razione binoculare normale. Anche i Potenziali Evocati Visivi (PEV) hanno dato risultati discor-danti negli ambliopi: la riduzione di ampiezza dei PEV non è infatti correlata direttamente al gra-do di ambliopia. Inoltre, negli individui ambliopi sono stati descritti sia quadri di sommazione bi-noculare con aumento di ampiezza della risposta evocata in condizioni binoculari che quadri di inibizione binoculare con riduzione dell’ampiez-za dei PEV in condizioni binoculari.Esperimenti su animali in cui era stata indotta ambliopia sperimentale in età precoce hanno dimostrato che nell’ambliopia si verifica a livello della corteccia visiva primaria una decimazione dei neuroni binoculari e di quelli collegati all’oc-chio ambliope. Nell’ambliopia sperimentale, la perdita dei neuroni binoculari è permanente mentre il recupero dei neuroni monoculari col-legati all’occhio ambliope è possibile dopo trat-tamento dell’ambliopia. Studi istologici hanno dimostrato sia nell’animale reso ambliope speri-mentalmente, sia nell’uomo, che nell’ambliopia si verificano alterazioni morfologiche a livello del corpo genicolato laterale. Tali modificazioni con-sistono nella riduzione delle dimensioni cellulari a livello delle lamine genicolate parvocellulari collegate all’occhio ambliope. Ciò è stato dimo-strato sia nell’ambliopia strabica che in quella anisometropica29, 30. Studi condotti con la PET (Tomografia ad Emis-sione di Positroni) hanno rivelato una riduzione sia del flusso cerebrale relativo che del metabo-lismo del glucosio a livello della corteccia visiva durante la stimolazione dell’occhio ambliope12. Studi con RMN funzionale (fMRI) hanno dimo-strato fra l’altro che l’attivazione della corteccia calcarina è maggiormente soppressa alle alte frequenze spaziali nell’ambliopia anisometropi-ca e alle basse frequenze spaziali nell’ambliopia strabica9. In realtà, molti dei risultati ottenuti cin

la PET e con la fMRI non sono di facile interpre-tazione. Vi sono, ad esempio, aree del cervello che risultano metabolicamente più attive negli ambliopi che nei normali in condizioni di visione binoculare che potrebbero far pensare all’iper-funzione di aree inibitorie cerebrali. Alla nascita vi è uno stato di semi-indipendenza dei due occhi; poi si instaura rapidamente la col-laborazione binoculare, la fusione e la stereopsi. Permane tuttavia una competizione neuro-fisio-logica tra i due occhi durante lo sviluppo della corteccia visiva primaria che è alla base dell’am-bliopia. Un occhio può infatti prevalere sull’altro nella conquista dei collegamenti sinaptici a livel-lo della corteccia visiva primaria. Il periodo sen-sibile dell’ambliopia dura sino a 7-8 anni di vita. La suscettibilità del sistema visivo ad eventuali fattori ambliopigeni è massima nei primi 3 anni di vita, poi decresce gradualmente sino a scom-parire entro gli 8 anni. L’ambliopia non può esse-re definita tassonomicamente come un semplice deficit di sviluppo dell’acutezza visiva; essa coin-volge altre funzioni visive che appaiono essere indipendenti l’una dall’altra. Ciò comporta, da un punto di vista teorico, la possibilità che le tera-pie anti-ambliopiche che si basano soprattutto sull’occlusione, possano migliorare alcune fun-zioni visive come l’acuità visiva ma non neces-sariamente le altre. È stato riscontrato un gran numero di disfunzioni e deficit visivi nell’am-bliopia, spesso indipendenti l’uno dall’altro. Per questi motivi, oltre alla tradizionale distinzione in ambliopia anisometropica piuttosto che stra-bica o da privazione, l’ambliopia potrebbe essere distinta anche, in base alle funzioni visive princi-palmente coinvolte, in ambliopia da deficit visivo piuttosto che da deficit visuomotorio, oppure in base al tipo di deficit della sensibilità al contra-sto, o dal tipo di deficit di “secondo ordine”. La perdita dell’integrazione dei contorni, cioè la perdita della percezione dei contorni come con-tinui, è una cosiddetta misura di “secondo ordi-ne” dell’ambliopia che non può essere spiegata con la perdita dell’acuità visiva o della sensibilità al contrasto. Si tratta infatti di una funzione vi-siva differente e autonoma che, ad esempio, ri-sponde più rapidamente e in maniera più cospi-cua all’occlusione rispetto all’acutezza visiva7,8,

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non è strettamente collegata all’acuità visiva16, può presentare alterazioni maggiori dell’acuità visiva stessa nel soggetto ambliope40 e, infine, nei normali continua a svilupparsi fino a 14 anni di età e ha pertanto un periodo critico differente e più lungo di quello dell’acuità visiva22. Sempre a dimostrazione che la visione non è costituita solo dall’acutezza visiva e che l’ambliopia non sovverte solo la maturazione di questa ma coin-volge altri molteplici componenti della visione, è stato riscontrato che non vi è alcuna correla-zione, durante il trattamento occlusivo, tra i mi-glioramenti che si possono ottenere sulla velo-cità della fase lenta del nistagmo optocinetico e quelli ottenuti sull’acuità visiva39. L’occhio sano del soggetto ambliope non è di fatto sano ma presenta tutta una serie di anomalie funzionali che sono subcliniche in quanto “sopra soglia”, ma comunque misurabili. In caso ad esempio di ambliopia strabica, sono state riscontrate piccole imprecisioni della fissazione con una certa ten-denza all’eccentricità e all’instabilità5, 18, 19, così come deficit di piccola entità nell’inseguimento5, nell’acutezza Vernier11, aumento della latenza delle risposte pupillari4, riduzione della sensibili-tà scotopica e aumento del tempo di adattamen-to al buio. Sempre nell’ambliopia strabica sono state riscontrate a carico dell’occhio cosiddetto sano curve dell’acuità visiva con picchi ad anda-mento meno leptocurtico a livello foveale rispet-to ai soggetti normali18. Nell’ambliopia strabica e in quella anisometropica sono stati riscontrati a livello dell’occhio cosiddetto “sano” piccoli defi-cit di sensibilità al contrasto, deficit di “secondo ordine” che riguardano la percezione di contor-ni7 e deficit nella capacità di riconoscere forme definite dal movimento14. Al contrario, è stata anche misurata nell’occhio migliore di soggetti ambliopi un’acuità visiva superiore a quella della media dei normali per stimoli a basso contrasto e bassa luminanza27 così come sono stati registrati miglioramenti della sensibilità al contrasto dopo terapia occlusiva dell’occhio non ambliope stes-so28. Quanto queste anomalie a carico dell’occhio migliore, associate all’ambliopia dell’altro occhio e all’assenza di visione binoculare normale, in-fluenzino l’atto visivo e quindi le normali attività quotidiane, è intuibile. Per quanto riguarda le

funzioni cognitive, a parità di condizioni quali età, sesso, coefficiente intellettivo, non ci sono differenze nella capacità di lettura e nell’appren-dimento tra soggetti ambliopi e soggetti norma-li37. Diversi sono invece gli effetti dell’ambliopia sulla cosiddetta interazione visuomotoria che rappresenta l’interazione tra la visione e le attivi-tà motorie. L’ambliopia influenza negativamente la visione nell’ambito che questa svolge nel forni-re al sistema motorio le informazioni necessarie a compiere un’azione. È infatti dimostrato che la visione binoculare, rispetto a quella monocula-re, facilita l’atto motorio, sia che si tratti di un movimento di prensione con la mano che di at-tività come la corsa o il salto degli ostacoli che richiedono velocità e precisione15, 25. In condi-zioni binoculari, se vi è soppressione, il soggetto ambliope si trova nelle condizioni di un mono-colo. In presenza di soppressione, la prestazione visiva dell’occhio ambliope è infatti peggiore in condizioni binoculari che non quando sia testa-ta monocularmente. Può poi addirittura capitare che anche la prestazione visiva dell’occhio non ambliope sia peggiore in condizioni binoculari che in visione monoculare per quanto riguarda l’acuità visiva e la sensibilità al contrasto10, 41. An-che nei soggetti normali l’interazione visuomoto-ria peggiora in condizioni monoculari e anche in condizioni bi-oculari, cioè ad entrambi gli occhi aperti ma senza possibilità di vedere la disparità, cioè con percezioni identiche e non disparate nei due occhi. È pertanto la disparità binoculare che influenza in maniera significativa la prestazione visuomotoria, specie quella che riguarda attività motorie rapide e precise. Nell’ambliope la man-canza di visione binoculare altera sia la presta-zione visiva che l’interazione visuomotoria. Nella pratica clinica, l’interazione visuomotoria non viene di fatto indagata perché è implicito che la presenza di ambliopia e l’assenza di visione bi-noculare normale rappresentano un handicap visivo. Infatti i profili sanitari richiesti da molte professioni e attività non contemplano la possibi-lità di ambliopia e di assenza di stereopsi.La presenza di ambliopia aumenta poi il rischio di accidenti traumatici all’occhio migliore nel corso di tutta la vita. L’assenza di stereopsi e la sop-pressione rendono infatti più difficile e lento il ri-

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conoscimento di oggetti in rapido avvicinamento sia durante l’attività lavorativa che durante quel-le sportive e, generale, in tutte le attività quoti-diane. Nell’ambliope, in caso di ambliopia grave, la perdita dell’occhio migliore può comportare automaticamente il passaggio alla condizione di ipovedente. Recenti studi statistici riguardanti la perdita visiva dell’occhio migliore in individui ambliopi, hanno rivelato che questa evenienza è più frequente di quanto precedentemente rite-nuto, specie in 2 fasce di età, quella entro i 30 anni, ove la causa è rappresentata da traumi e i maschi risultano più colpiti, e quella oltre i 65 anni, ove la causa più frequente di perdita visiva dell’occhio migliore è rappresentata dalla dege-nerazione maculare legata all’età. In un ampio studio il rischio di perdita visiva significativa a carico dell’occhio migliore in individui ambliopi è risultato dello 0.003% entro i 15 anni, 0.6% entro i 64 anni e 3.3% entro i 95 anni33. Nei soggetti ambliopi è risultato maggiore anche il rischio di traumi invalidanti, morte traumatica, isolamento sociale, con circa il 50% dei soggetti con perdita visiva dell’occhio migliore incapaci di proseguire la precedente attività lavorativa10. Dopo la per-

dita dell’occhio migliore in un ambliope vi può essere un miglioramento della funzione visiva dell’occhio ambliope superstite, ma ciò accade solo nel 10% dei casi10. Quindi per questi soggetti ambliopi che vanno incontro a perdita o a ridu-zione significativa della funzione visiva dell’oc-chio migliore per eventi traumatici o malattia, in base alla capacità visiva dell’occhio ambliope, si potranno configurare condizioni visive variabili da una visione ridotta ma con residue capacità di lettura fino alla vera e propria condizione di ipovisione, con impossibilità di lettura e di rico-noscimento del viso delle persone. L’importanza della prevenzione e della cura pre-coce dell’ambliopia è sottolineata da questi stu-di epidemiologici che rivelano i costi sociali che l’ambliopia impone alla società. Gli screening in-fantili hanno dimostrato di ridurre la prevalenza dell’ambliopia e pertanto è universalmente rico-nosciuto che essi rappresentano il mezzo più effi-cace contro l’ambliopia. Non vi è però concordan-za su quale sia il metodo più efficace, razionale ed economico, per condurre gli screening, poiché diversi sono nei vari paesi sia le organizzazioni sa-nitarie che i mezzi economici impiegabili.

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