CAP 1 bis - ziopesce.blog · contempo più delicate e curiose di quelli d ... (da grandi carnivori...

140
1 PREFAZIONE Sicuramente nessuno di noi entrando un negozio di animali con una bella esposizione di acquari, non ha potuto fare a meno di farsi abbagliare dai meravigliosi colori che madre natura ha donato ai pesci, signori silenti di un mondo ai più sconosciuto. Fra le tante fantasie cromatiche con cui questi esseri illuminano i nostri occhi, vi sono quelle pugnaci e violente, quasi artificiali, di molti pesci marini; altre invece meno appariscenti ma nel contempo più delicate e curiose di quelli d’acqua dolce. Fra questi il più famoso (e anche venduto) al mondo è il Paracheirodon innesi, cioè il pesce d’acquario per antonomasia, meglio conosciuto come NEON. Con il corpo attraversato da due bande iridescenti blu e rossa, sempre presentato in branco, spesso composto da decine e decine di individui, è sicuramente uno dei maggiori poli di attrazione del reparto acquari di un negozio di animali. Certo, un pesce universalmente famoso, ma quanti veramente lo conoscono? Quanti sanno fino a che età può vivere? O quanto è grande appena nato? E’ intenzione delle prossime righe tentare di portare a conoscenza la vera vita dei Neon e di tutti quei pesci, quasi conspecifici, che vengono raggruppati sotto la voce generica con cui da diverso tempo amano definirli gli americani: i Tetra. Colori vivaci e comportamento gregario sono le prerogative degli appartenenti a questa famiglia che annovera tra le più comuni specie d’acquario. Questo libro vuole essere un punto di riferimento per tutti: dal neofita che desidera solo mantenere in buone condizioni i propri ospiti, all’appassionato più esperto che invece ha l’ardire di riprodurre le specie che alleva.

Transcript of CAP 1 bis - ziopesce.blog · contempo più delicate e curiose di quelli d ... (da grandi carnivori...

1

PREFAZIONE

Sicuramente nessuno di noi entrando un negozio di animali con

una bella esposizione di acquari, non ha potuto fare a meno di

farsi abbagliare dai meravigliosi colori che madre natura ha

donato ai pesci, signori silenti di un mondo ai più sconosciuto.

Fra le tante fantasie cromatiche con cui questi esseri illuminano i

nostri occhi, vi sono quelle pugnaci e violente, quasi artificiali, di

molti pesci marini; altre invece meno appariscenti ma nel

contempo più delicate e curiose di quelli d’acqua dolce.

Fra questi il più famoso (e anche venduto) al mondo è il

Paracheirodon innesi, cioè il pesce d’acquario per antonomasia,

meglio conosciuto come NEON.

Con il corpo attraversato da due bande iridescenti blu e rossa,

sempre presentato in branco, spesso composto da decine e decine

di individui, è sicuramente uno dei maggiori poli di attrazione del

reparto acquari di un negozio di animali.

Certo, un pesce universalmente famoso, ma quanti veramente lo

conoscono?

Quanti sanno fino a che età può vivere? O quanto è grande appena

nato?

E’ intenzione delle prossime righe tentare di portare a conoscenza

la vera vita dei Neon e di tutti quei pesci, quasi conspecifici, che

vengono raggruppati sotto la voce generica con cui da diverso

tempo amano definirli gli americani: i Tetra.

Colori vivaci e comportamento gregario sono le prerogative degli

appartenenti a questa famiglia che annovera tra le più comuni

specie d’acquario.

Questo libro vuole essere un punto di riferimento per tutti: dal

neofita che desidera solo mantenere in buone condizioni i propri

ospiti, all’appassionato più esperto che invece ha l’ardire di

riprodurre le specie che alleva.

2

Ci saranno anche brevi cenni sulla gestione ottimale di un

acquario domestico: una piccola guida per districarsi nei meandri

dei prodotti offerti in commercio, con l’intento di risolvere i vari

problemi a monte delle motivazioni del loro nascere, cercando di

evitare invece le soluzioni “usa e getta”, tipiche dei palliativi e

delle proposte che intervengono a valle della problematica

medesima; un particolare riferimento quindi ai rimedi “naturali”

cercando un analisi approfondita delle motivazioni che hanno

provocato gli squilibri: non dimentichiamo mai che un acquario è

un ecosistema chiuso, dal precario equilibrio, e dove vige una

continua interazione fra esseri viventi (vegetali e animali) e le

sostanze chimiche disciolte nel fluido entro il quale essi vivono:

l’acqua!

Va da se perciò che qualunque azione noi facciamo, produce una

reazione a catena, in positivo o in negativo, su tutte le variabili che

entrano in giuoco nel mantenimento dell’equilibrio biologico del

“biosistema” acquario.

E’ imperativo quindi avere le informazione di base (che sono

veramente poche) utili a tutti per evitare i più grossolani errori di

gestione, causa dei primi insuccessi e che troppo spesso portano

all’abbandono di questo meraviglioso hobby.

Poche e semplici regole, che DEVONO però essere

scrupolosamente rispettate, permettono, con pochi minuti al

giorno, anche a un bambino di avere grande soddisfazione dalla

creazione di un proprio mondo subacqueo, un mondo dove i Tetra

fanno da padroni e dove, con un minimo di attenzione alle loro

esigenze, potranno regalarci per lungo tempo i loro guizzi vivaci e

lo scintillio metallico dei loro meravigliosi colori.

Desidero concludere questa breve prefazione, augurando a tutti

una buona lettura con la speranza di aver contribuito ad una

migliore conoscenza di questi pesci che ormai da decenni

popolano gli acquari di tanti appassionati.

3

4

I CARACIDI

Neon & C.

Tutto quello che serve sapere per averli

sempre scintillanti e in salute.

Cardinali F1 made in Italy

Pag 5 - Cap 1………………..………. I TETRA: INIZIAMO A CONOSCERLI

Pag 15 - Cap 2 ……………………….L’ACQUARIO IDEALE PER I TETRA.

Pag 39 - Cap 3………………………. LA CORRETTA GESTIONE

Pag 52 - Cap 4………………..……… I TETRA: conosciamoli uno ad uno.

Pag 99 - Cap 5 ………………………..L’ALIMENTAZIONE.

Pag 105 - Cap 6……………………….. LA RIPRODUZIONE.

Pag 114 - Cap 7……………………….. SANI COME UN PESCE? Non sempre è così.

Pag 138 - Cap 8 ……………………….CONCLUSIONI

5

CAP 1

I TETRA: INIZIAMO A CONOSCERLI

Chi sono?

Il termine “Tetra”, coniato dagli americani, è internazionalmente riconosciuto a

livello acquariologico come sinonimo di quel gruppo di graziosi pesci che, fin dagli

albori dell’acquariofilia, hanno popolato gli acquari di tutto il Mondo.

Devono il loro successo e la loro popolarità alle ridotte dimensioni (mediamente 4-8

cm) ed ai vivacissimi colori, alcuni dei quali scaturiscono in iridescenze vere e

proprie; dette iridescenze di colore azzurro, hanno dato nome al più famoso

rappresentante di questa nutrita schiera di ospiti casalinghi: il Paracheirodon Innesi

cioè l’arcinoto NEON.

Cardinale e Neon

In altre specie appartenenti al genere Hyphessobrycon, i maschi, oltre alle suddette

iridescenze, hanno spettacolari prolungamenti delle pinne anale e dorsale, che ne

fanno animali molto appariscenti, in particolare quando le pinne vengono totalmente

spiegate durante le consuete e spettacolari, quanto incruente, parate di minaccia.

Il massimo effetto estetico che queste delicate creature possono offrire ai nostri occhi,

avviene allorquando vengono allevati in gruppi numerosi: i particolari effetti

cromatici che scaturiscono dai loro guizzi sono uno spettacolo affascinante come

pochi, che rallegra le case di tanti acquariofili ormai da svariati decenni.

6

Hyphess robertsi

Diffusione e habitat.

Diffusi dal Rio Grande nel Texas meridionale, attraverso l’America centrale fino a

latitudine 41° sud in Cile e Argentina, sono presenti altresì in Africa tropicale e nel

sistema fluviale del Nilo; totalmente assenti nella maggior parte del Nord America, in

Australia e nel continente Eurasiatico dove sono sostituiti dai Ciprinidi; parimenti i

Ciprinidi mancano in Sud America; conclusione logica di questa ultima osservazione

è che queste due famiglie possono essere considerate ecologicamente equivalenti.

Prevalentemente popolano i bacini idrici e le aste fluviali a corrente lenta che

attraversano le grandi foreste, sebbene vivano spesso in situazioni estreme a causa

delle periodiche inondazioni o delle siccità che colpiscono dette zone.

Sono reperibili quindi sia nei grandi fiumi, che in ruscelli attigui e nelle pozze

adiacenti il corso d’acqua principale dove sono maggiormente presenti le specie di

piccole dimensioni.

Da ciò ne scaturisce la loro estrema adattabilità e robustezza. In natura vivono sempre

in gruppo a ridosso di ostacoli sommersi, come tronchi e radici, in prossimità della

vegetazione riparia o vicino agli agglomerati di piante subacquee, utili nascondigli

nei quali trovano rifugio dagli attacchi dei predatori.

Morfologia e classificazione

Dal punto di vista tassonomico i Tetra fanno parte di quel gruppo di pesci che

appartiene alla grande famiglia Characidae, sottordine Characoidei, ordine

Characiformi.

Sebbene a questa famiglia appartengano specie morfologicamente molto differenti fra

di loro, (da grandi carnivori provvisti di zanne sporgenti a colossali erbivori in grado

di frantumare con un morso una noce) in questa sede ci soffermeremo ad analizzare

le più importanti specie che costituiscono uno dei gruppi di pesci d’acquario fra i più

apprezzati, cioè i rappresentanti di piccole dimensioni della grande famiglia dei

Caracidi: i Tetra appunto.

7

Limitandoci ad una breve analisi esteriore, possiamo subito capire che si tratta di

veloci nuotatori dal corpo molto idrodinamico, spesso alto e fortemente compresso

lateralmente (Gymnocorymbus).

Pesci di branco per eccellenza (cosa questa che dovremo rispettare nel loro

allevamento inserendo non meno di 5 esemplari per ogni singola specie), hanno il

corpo ricoperto di squame cicloidi.

La loro colorazione come precedentemente detto è molto accentuata; spesso

particolarmente intensa, con una notevole variabilità cromatica; presumibilmente i

colori fungono da richiamo/comunicazione ed è così evidente in relazione al fatto che

questi pesci vivono per lo più in corpi idrici che, scorrendo attraverso grandi foreste,

si arricchiscono di sostanze lignee le quali rendono queste acque scure e acide, le

famose acque “cola” tropicali, dove già a pochi cm dalla superficie la luce fatica a

penetrare.

Tutte le specie hanno la bocca munita di denti, in grado più di tagliuzzare e trattenere

il cibo che di garantire una masticazione vera e propria; dorsalmente presentano una

pinna adiposa (assente in taluni generi come Hasemania), la cui funzione rimane a

tuttora da definire; taluni autori la ritengono un elemento stabilizzatore durante il

nuoto veloce, altri invece ritengono che sia una piccola riserva di nutrimento.

A livello acquariologico sono le sottofamiglie Tetragonopterinae in America e

Alestidae in Africa dove ritroviamo la maggioranza delle specie di Tetra.

Molto simili ai Ciprinidi, i caratteri più salienti che distinguono i Caracidi da questi

ultimi sono la mascella dentata (i Ciprinidi non hanno denti ma ossa faringee per

triturare il cibo) e la pinna adiposa.

Le loro origini si presume risalgano fino a 150 milioni di anni fa, nell’era Mesozoica,

quando ancora le 2 zolle continentali africana e sudamericana erano unite; ne sono

difatti state identificate 1000 specie in Sud America e 200 in Africa anche se i

maggiori esperti ritengono che molte altre debbano ancora essere classificate.

Il fatto che siano presenti in 2 continenti “speculari”, cioè nelle aree tropicali e sub

tropicali di America ed Africa, non fa altro che confermare la famosa teoria di

Wegener sulla deriva dei continenti.

I generi e le specie più comuni.

Evidenziando quindi i generi più adatti ad un utilizzo “domestico” la nostra varietà si

restringe notevolmente. Di seguito un elenco di generi provenienti dal continente

americano (tra parentesi le sottofamiglie differenti dalla Tetragonopterinae):

Aphyocharax (Aphyocharacinae)

Astyanax

Boehlkea

8

Gymnocorymbus

Hasemania

Hemigrammus

Hyphessobrycon

Inpaichthys

Megalomphodus

Moenkhausia

Nematobrycon

Paracheirodon

Petitella

Prionobrama (Paragoniatinae)

Pristella

Thayeria

I rappresentanti africani della sottofamiglia Alestidae adatti allo scopo ornamentale si

riducono ai generi Alestes, Phenacogrammus, Micralestes, Hemigrammopetersius,

dei quali il più comune e apprezzato è sicuramente Phenacogrammus interruptus.

Per un maggiore approfondimento sulle esigenze dei Tetra, rimando alle schede del

Cap. 4, dove vengono analizzate in dettaglio, le caratteristiche peculiari delle singole

specie, a livello comportamentale, biologico e riproduttivo.

Etologia: pesci di gruppo, ma…..

Un particolare che i più spesso sottovalutano è il concetto di branco, nel senso che i

Tetra devono essere allevati in non meno di 5/8 esemplari per ogni singola specie.

La prima motivazione che ci spinge a rispettare questa regola è data dal fatto che

anche in natura questi pesci si rinvengono in gruppi numerosi, per non dire in banchi

che contano migliaia di individui.

9

E’ però altrettanto vero che ogni individuo ha la necessitò di un suo spazio vitale ed è

proprio per questo motivo che molti acquariofili si stupiscono quando i propri pesci

diventano territoriali.

Se però si vanno ad analizzare in profondità le motivazioni che spingono i pesci alla

costituzione del branco, si evince che esso viene formato nei casi in cui manchino

ripari o nascondigli o nelle situazioni di stress; oppure, come succede in natura,

quando si è costantemente sotto pressione a causa dei predatori.

Ecco perché nelle vasche dei negozi, i nostri Tetra stano fitti fitti come sardine,

mentre una volta inseriti nelle nostre vasche e passati alcuni giorni di acclimatazione,

cominciano a crearsi dei piccoli territori che non di rado difendono, scacciandoli, dai

conspecifici: un comportamento che variabilmente da specie a specie ci fa sembrare

addirittura “aggressivi” i nostri ospiti.

In effetti se vogliono difendere un loro spazio vitale, devono assumere un

comportamento d’attacco che verrà sempre più accentuato quanto minore sarà il

numero di esemplari della stessa specie presenti in vasca e che sfocerà, qualora la

presenza di propri simili sia scarsa o addirittura nulla, nell’aggressione vera e propria

di altri pesci, in particolare di esemplari lenti nel nuoto o dalle lunghe pinne (es:

Poecilia reticulata).

In particolare i generi Gymnocorymbus, Thayeria, Moenkhausia e alcune specie

maggiori di Hyphessobrycon (Rubrostigma…..), presentano in talune circostanze e

con presenza scarsa o assenza completa di propri simili, tali comportamenti aberranti.

A tale proposito e necessario invece soffermarci su due specie di Hyphessobrycon

molto simili anche esteriormente: H. serpae e H. callistus che hanno non di rado la

malsana abitudine, in particolare il primo, di mordicchiare le pinne o addirittura

attaccare gli occhi degli altri abitanti dell’acquario.

Generalizzando però è doveroso sottolineare che i suddetti comportamenti aberranti

sono più dovuti a nostri errori di gestione degli animali (ad es: inserimento in vasca di

pochi esemplari della stessa specie, scarsa o errata alimentazione, valori biochimici

impropri, ecc…..) che ad una caratteristica comportamentale intrinseca dei soggetti;

dove si abbiano problemi di questo tipo è sufficiente inserire un numero cospicuo di

pesci della medesima specie per risolvere totalmente il problema, dato che i primi a

cui vengono rivolte le attenzioni da parte degli “irrequieti” sono i propri simili;

siccome questi ultimi dispongono di tutta una serie di comportamenti comunicativi

che vengono interpretati correttamente dai pesci assalitori, il tutto si riduce al

massimo in semplici parate di minaccia a pinne tremolanti e distese; una nutrita

compagnia funge, inoltre, anche da tranquillante e da rassicurante per pesci troppo

timidi o per chi avesse reazioni, viceversa, eccessivamente vivaci.

Tornando all’etologia è necessario, per capire meglio, soffermarsi su quali siano le

forze che spingono gli esseri viventi a costituire un gruppo, branco o, nel caso

specifico di pesci, banco.

In natura i grossi banchi di pesci si ritrovano in concomitanza di migrazioni (sia a

scopo riproduttivo che di ricerca di nuova fonti di sostentamento) o in specie

prettamente pelagiche (aringhe, sardine, sgombri…).

10

In situazioni normali (assenza di eventi particolari o di pericoli) i pesci si dispongono

tendenzialmente in gruppi non fitti, comunque sempre pronti ad un minimo cenno di

pericolo all’ ”adunata” (tale comportamento è facilmente individuabile anche in

specie nostrane quali Alborelle, Sangiunerole, Vaironi e altri piccoli Ciprinidi).

Il branco è fonte di sicurezza, in particolare contro i predatori: se ci si trova faccia a

faccia con uno Squalo, un Barracuda o un Luccio, le probabilità di salvare le “pinne”

sono praticamente nulle, ma in mezzo a qualche migliaio di propri simili………..bhè

non è detto che capiti proprio a me. Ulteriore vantaggio dato dalla formazione di un

folto gruppo consiste nel fatto che all’occhio del predatore quest’ultimo appare come

un grande essere vivente che, con il movimento sincronizzato all’unisono dei suoi

componenti, è fonte di disorientamento per gli assalitori.

Un banco di Cardinali

Nei nostri acquari invece, dove sicuramente sarà difficile trovare dei predatori, la

necessità di aggregarsi fittamente diverrà inesistente ed ecco perché i nostri Tetra si

potranno permettere il lusso di “litigare”; un comportamento di semiterritorialità che

si riassume nella difesa di un piccolo territorio adiacente a quello del vicino.

Così facendo qualora vi fosse la presenza di un pericolo, la trasmissione del

medesimo sarebbe immediata, consentendo agli animali la ricerca del rifugio più

prossimo oppure la ricostituzione del banco fitto (sinonimo di sicurezza).

Concludendo questo breve scorcio sull’etologia dei Tetra, possiamo trarre le dovute

conclusioni sulla necessità di allevare questi pesci in gruppi numerosi, così come non

ci si deve meravigliare che fra di essi vi possano essere delle piccole dispute derivanti

dal fatto di avere una maggiore tranquillità; situazione questa che scaturisce

dall’assenza di due fattori che solo nelle nostre vasche è possibile ottenere: i predatori

e la inevitabile ricerca di cibo.

Sostanzialmente possiamo riassumere che il comportamento “litigioso” fra

conspecifici è sinonimo di ambientazione ottimale; viceversa il comportamento

“aggressivo” interspecifico” deve indurci a valutare eventuali errori di mantenimento:

N° di esemplari, capienza della vasca, somministrazione di cibo (quantità,

qualità…..), habitat, valori biochimici,…… viceversa anche l’estrema timidezza ci

obbliga ad una maggiore considerazione sul tipo di ambiente o di altri animali che

abbiamo utilizzato per allestire il nostro acquario dedicato ai Tetra; in particolare,

oltre ai suggerimenti precedenti, va tenuto presente il comportamento e le dimensioni

11

dei compagni di vasca: animali dalle maggiori dimensioni o troppo vivaci inibiscono

la naturale predisposizione al nuoto dei piccoli Caracidi; logico quindi informarsi

preventivamente su quali e quante specie inserire.

In questo capitolo ho cercato di dare una panoramica generalizzata sui principali

generi che si ritrovano in commercio, partendo da una descrizione biologica generica

per arrivare a quella tassonomica vera e propria dei Caracidi, tralasciando

volutamente specie dallo scarso interesse commerciale o dalla rara reperibilità,

oppure specie troppo grosse o troppo aggressive che male si accompagnerebbero alle

esigenze di un neofita o di un acquario domestico. Volevo quindi ricordare a tutti i

lettori che qualora volessero approfondire gli argomenti trattati di fare riferimento ai

testi in bibliografia, tenendo ben presente che gli animali che si possono trovare nei

negozi specializzati non sono che una minima parte di quelli descritti sui libri

specializzati o addirittura di quelli scoperti e classificati.

Cenni di anatomia e fisiologia.

Per completare le nostre conoscenze di base sui Tetra, vediamo di scoprire in breve

la loro struttura interna, molto simile ma estremamente semplificata rispetto ai

vertebrati superiori.

Dal punto di vista zoologico, i pesci appartengono al sottotipo dei Vertebreti e sono a

loro volta suddivisi in due diverse classi: pesci Cartilaginei o Elasmobranchi (Squali

e Razze) e Osteiti, cioè pesci ossei, cui appartengono tutti gli altri ordini.

La classificazione prosegue poi con gli ordini, le famiglie, i generi e le specie.

E’ proprio tramite il genere e la specie che si identifica in maniera univoca un

soggetto.

I pesci sono vertebrati acquatici, dotati di mascelle articolate e di pinne, dal corpo

generalmente idrodinamico e a forma affusolata.

I pesci sono animali a sangue freddo, nel senso che non sono in grado di regolare

autonomamente la loro temperatura corporea: questa è infatti correlata a quella

dell’acqua.

Come conseguenza essi hanno una notevole sensibilità agli sbalzi di temperatura che,

laddove eccessivi, possono cagionare gravi patologie.

Il corpo ha la superficie rivestita di una speciale secrezione mucosa a funzione

protettiva dell’epidermide, ricoperta di squame cicloidi, indipendenti ad

accrescimento circolare, tanto è vero che è possibile determinarne l’età dei Tetra

contando gli anelli presenti entro una scaglia proprio come si determina l’età di un

albero.

Lo scheletro si compone del cranio, della colonna vertebrale e delle appendici adibite

a sostegno di branchie e pinne.

I Tetra possiedono 7 pinne, di cui 4 di esse rappresentano 2 coppie (pinne pari): le

pettorali e le ventrali. Le impari sono la caudale, l’anale e la dorsale. In quasi tutte le

specie sul dorso è presente una piccole pinna adiposa, posizionata tra la pinna dorsale

e la caudale.

12

Varie sono le funzioni che assolvono questi importantissimi organi di locomozione.

Le pinne ventrali dorsali ed anali hanno funzione di stabilizzatori, mentre la caudale

ha una funzione propulsiva.

L’apparato digerente è costituito dalla bocca, dai denti ( in posizione e numero

variabili da specie a specie o addirittura assenti), dallo stomaco, dall’intestino e dalla

cloaca, ove sboccano anche i condotti urogenitali.

La vescica natatoria, che può comunicare con l’apparato digerente tramite il dotto

pneumatico è un organo idrostatico e consente agli animali di regolare il loro assetto;

come vedremo in seguito ha anche funzioni di cassa di risonanza ed entra in giuoco in

maniera significativa nelle percezioni uditive.

La respirazione avviene attraverso le branchie che sono costituire da un tessuto

fortemente vascolarizzato costituito da numerosissime lamelle membranose, dette

lamelle banchiali, imputate alla funzione di scambio gassoso. Sono sorrette da un

supporto osseo chiamato “arco branchiale”, nel cui margine interno sono posizionate

le branchiospine, sottili appendici ossee che agiscono come filtro.

Situate ai lati del capo nella cosiddetta camera branchiale, le branchie sono ricoperte

e protette da una struttura cartilaginea detta opercolo.

La respirazione avviene tramite il passaggio dell’acqua dalla bocca nella faringe e da

qui alle branchie per poi tornare all’esterno.

Durante l’atto respiratorio, l’acqua penetra dalla bocca, passa nella camera branchiale

ed entra in contatto con le lamelle dove avvengono gli scambi gassosi tra il sangue e

l’acqua e la respirazione con l’eliminazione dell’anidride carbonica e l’assunzione

dell’ossigeno; di qui viene poi espulsa attraverso gli opercoli nell’ambiente

circostante.

Il cuore, posto al di sotto della faringe, si distingue in 4 cavità: seno venoso, atrio,

ventricolo e bulbo arterioso;

La circolazione sanguigna nei pesci si definisce “semplice” in quanto il sangue, per

completare il giro dell’organismo, passa attraverso il cuore una sola volta e sempre

sotto forma venosa; il sangue fluisce in un'unica direzione verso le branchie, dove

avvengono la cessione dell’anidride carbonica e l’acquisizione di ossigeno per poi

passare al cervello e nel resto dell’organismo.

I reni, coadiuvati dalle branchie in modo determinante, costituiscono l’apparato

escretore.

L’escrezione è il processo tramite cui l’organismo elimina le sostanze di rifiuto che le

cellule dell’organismo riversano nel sangue.

I reni sono organi allungati, generalmente di colore rosso scuro, localizzati sotto la

colonna vertebrale. In essi avviene la filtrazione del sangue, cioè la raccolta delle

sostanze tossiche e la loro espulsione attraverso gli ureteri che confluiscono nella

cloaca.

Anche le branchie, oltre adempiere allo scambio gassoso, sono importanti organi

escretori: si calcola che circa il 90% dell’azoto sotto forma di ammoniaca venga

espulso attraverso questi organi. Esse hanno inoltre, assieme ai reni, l’importante

funzione di osmoregolazione, consentendo a questi organismi di vivere in ambienti a

13

concentrazione salina che, rispetto a quella dei propri liquidi corporei, risulta

superiore nel caso dei pesci marini o inferiore nel caso di pesci d’acqua dolce.

Il cervello dei pesci presenta un basso grado di differenziazione: le aree più

sviluppate sono relative ad olfatto e vista.

Ciò non dimeno essi sembrano essere particolarmente portati all’apprendimento ed al

ricordo: in taluni pesci sono così sviluppate dette funzioni da portare addirittura ad

una variazione comportamentale qualora si presenti una situazione particolarmente

positiva o negativa; ciò è maggiormente riscontrabile negli esemplari più anziani e

per così dire più “esperti”.

Gli occhi sono simili a quelli dei mammiferi, ma la pupilla non è in grado di contrarsi

e sono privi di ghiandole lacrimali e palpebre.

I Tetra sono in grado di distinguere bene i colori e le forme, attitudine quanto mai

utile in acque dalla scarsa visibilità.

Hanno una percezione nitida anche di oggetti posti al di fuori dell’elemento liquido e,

non di rado, specie insettivore non esitano a compiere balzi anche spettacolari per

catturare piccole creature che volano sopra gli specchi d’acqua.

L’apparato uditivo è costituito esclusivamente dall’orecchio interno ed è

prevalentemente un organo preposto all’equilibrio; consta in particolari aree adatte a

captare le vibrazioni filtrate attraverso la pelle.

Le percezioni uditive nei Tetra sono decisamente buone, grazie all’amplificazione

consentita dalla vescica natatoria in collegamento agli ossicini di Weber, come

vedremo in seguito.

L’olfatto è generalmente abbastanza sviluppato e risulta determinante per la ricerca

del cibo e per la percezione dei segnali sessuali nelle specie cavernicole (Astyanax).

La sede dell’olfatto è costituita dalle fossette nasali, situate nel capo, davanti agli

occhi, in numero pari e dotate di fori distinti per l’entrata e l’uscita dell’acqua.

Organo sensibilissimo alle fluttuazioni dell’elemento liquido la linea laterale è un

insieme di piccolissimi pori e papille che sono in grado di percepire e interpretare i

mutamenti dell’ambiente circostante, come ad esempio i cambiamenti di pressione

atmosferica che inevitabilmente si ripercuotono in acqua; ma anche gli impercettibili

spostamenti di acqua che producono altri esseri viventi acquatici.

Nei Caracidi (così come in tutti i Cipriniformi) è inoltre presente l’apparato

cosiddetto di Weber (descritto da E.H. Weber nel 1820).

Questo apparato permette un collegamento fra la vescica natatoria e il labirinto e può

essere paragonato alla catena di ossicini che nei vertebrati superiori mette in relazione

labirinto e membrana timpanica.

L’apparato di Weber assolve funzioni sensoriali che permette a questi pesci di

percepire varie frequenze.

Studi recenti hanno dimostrato che questi pesci sono in grado di emettere determinati

tipi di frequenze, grazie ad un particolare dispositivo alloggiato nell’esofago e messo

in azione dalla vescica natatoria. Questa specie di trasmittente agisce tramite il dotto

elastico che mette in collegamento l’esofago alla vescica natatoria.

14

Entro certi limiti si potrebbero fare delle ipotesi relative al sistema di orientarsi

attraverso una eco, proprio dei Chrotteri (Pipistrelli), che agevolerebbe la vita di

gruppo propria di questi pesci.

I Caracidi hanno perciò un udito particolarmente sensibile e un “sistema chimico di

avvertimento” che permette loro di percepire i pericoli e le caratteristiche

dell’ambiente circostante.

Le vie urinarie e quelle genitali possono sfociare in parti comuni nella cloaca.

Gli organi dell’apparato riproduttore, maschile e femminile, si sviluppano lungo la

colonna vertebrale, al di sotto dell’apparato renale.

Gli organi deputati alla produzione dei gameti, sono le ovaie, per le femmine, e i

testicoli, nei maschi.

La riproduzione avviene tramite l’espulsione dei prodotti sessuali (uova e sperma) in

acqua; anche qui vi sono eccezioni in cui solo la fecondazione può essere interna (con

un conseguente rilascio di uova fecondate: i Caracidi appartenenti ai generi

Mimagoniates e Corynopoma ne sono un esempio).

15

CAPITOLO 2

L’acquario ideale per i Tetra.

Un acquario ideale per piccoli Caracidi

In questo capitolo cercheremo di analizzare quali sono gli elementi fondamentali che

possono guidare il neofita nella giusta scelta di una vasca atta ad ospitare i nostri

piccoli amici; un primo passo riguardante la creazione di un ecosistema funzionale,

equilibrato e perché no, anche multicolore.

Partiamo quindi ad effettuare alcune riflessioni su quale deve essere la struttura atta a

contenere l’acqua.

Partiamo dal vetro.

Il materiale d’elezione per la costruzione degli acquari è il cristallo.

Il cristallo dovrebbe aumentare di 1 mm di spessore ogni 10 cm di lunghezza; una

legge molto empirica e approssimativa (bisognerebbe considerare anche la

conformazione, la struttura e le dimensioni) ma utile per sottolineare il fatto che in

taluni punti vendita non specializzati, vi sono esposte vasche lunghe anche più di un

metro, con vetri di 5 o 6 mm: decisamente poco rassicuranti.

E’ utile anche evidenziare che biologicamente parlando le misure ideali di una vasca

dovrebbero rispettare 2 parametri fondamentali: l’altezza dovrebbe essere uguale alla

16

profondità (la lunghezza non ha influenza su quello che è il buon funzionamento

dell’ecosistema acquario).

In particolare è l’altezza che giuoca un ruolo fondamentale: ricordiamoci che è negli

strati superficiali di acqua che si riscontra la maggiore concentrazione di ossigeno e

che anche in natura è a pochi m di profondità che si riscontra la maggiore biodiversità

(pensiamo ad una barriera corallina tropicale o anche uno stagno di casa nostra).

Pertanto le vasche migliori atte a venire incontro le nostre esigenze si aggirano

mediamente intorno ai 50 cm di altezza (anche meno) e, verosimilmente, dovrebbero

essere 50 cm di profondità. Vasche più alte, andrebbero illuminate con lampade

(HQI) dal consumo energetico elevato, dato che la luce emessa dai normali tubi

fluorescenti farebbe fatica ad arrivare sul fondo, facendo soffrire eventuali organismi

vegetali.

La collocazione

Per quanto riguarda il posizionamento della nostra vasca, sarebbe auspicabile uno

studio a priori sulla sua sistemazione all’interno della casa, in quanto una volta

riempito, non potrà più essere spostato, a meno di svuotarlo completamente e ripartire

da capo, con conseguente distruzione dell’equilibrio biologico e grande fatica da

parte nostra.

La prima cosa che bisogna considerare è la vicinanza di una presa di corrente,

elemento indispensabile per porre in funzione gli accessori.

Evitiamo di posizionarlo vicino a fonti termiche o vicino ad una finestra: luce e

calore all’interno dell’acquario devono essere modificati solo in base alle nostre

esigenze e non da fattori al di fuori del nostro controllo; ad esempio un’esposizione

diretta ai raggi solari potrebbe essere causa di uno squilibrio del ciclo luminoso

quotidiano e creare pertanto problemi di iperproliferazione algale.

L’ideale sarebbe il punto più buio della casa dove un bell’acquario illuminato sarebbe

certamente un gradevole polo di attrazione e dove creerebbe un notevole effetto

“arredamento”; un angolo tranquillo possibilmente lontano da sorgenti di rumore,

elettrodomestici, o apparecchiature elettriche fonti di vibrazioni.

Infine, ma non per questo meno importante, è la scelta del supporto adeguato.

Oggigiorno in commercio si possono trovare mobili atti allo scopo, in genere di

colore scuro ma che può essere variato su richiesta dell’acquirente. Si possono

utilizzare anche strutture già presenti in casa, a patto di un’attenta considerazione

sulla loro tenuta: non dimentichiamo infatti che solo l’acqua pesa un chilo a litro,

senza considerare il vetro, la sabbia e gli eventuali arredamenti (rocce,

legni……ecc.).

L’illuminazione.

Proprio per questo motivo nella scelta della vasca giusta, è obbligatorio considerare la

quantità di luce necessaria alle nostre esigenze; i moderni acquari sono dotati di

17

impianti luminosi a LED. La potenza luminosa emessa da queste fonti oramai

prevalenti nei moderni acquari, è espressa in Lumen.

Empiricamente per i nostri scopi si dovrebbe calcolare una media d circa 10/15

lumens per ogni L di acqua (es: 100 L x 1500 lumens ) tenendo saldamente in

considerazione che è 10 lumens/L l’intensità minima necessaria a molte piante

(organismi NON accessori ma fondamentali per la creazione di un corretto equilibrio

biologico) per la loro sussistenza.

Da notare che in commercio esistono acquari costruiti a norme CEE che prevedono

un divisorio in plastica trasparente che separi i LED, nonché le altri parti elettriche,

dalla superficie dell’acqua: ciò comporta un’inevitabile perdita di potenza luminosa,

in particolare se tale divisorio non viene regolarmente pulito; d’altro canto gli acquari

fatti in serie hanno invece l’incomparabile vantaggio di essere completamente

accessoriati, sicuri e corredati di istruzioni, facilitando una serie di compiti che a

coloro i quali si affaccino per la prima volta a gestire una vasca potrebbero risultare

di difficile comprensione; resta il fatto comunque che da queste strutture non si può

pretendere di ottenere dei bellissimi acquari in stile “ZEN”, anche se a livello

tecnico/accessoristico possono adempiere egregiamente alla funzione di ospitare i

nostri benamati pesciolini, garantendo anche un sicuro effetto estetico.

Piccola raccomandazione: evitare di pulire accessori, vetri o altre strutture tecniche,

con corpi abrasivi (carta vetrata, pagliette metalliche per piatti, spazzole dure, ecc…)

che potrebbero rovinare irrimediabilmente tali oggetti, in particolare i suddetti

divisori trasparenti.

Usare perciò solo acqua e una spugna morbida, per rispettare i materiali. Al massimo

si può utilizzare per le incrostazioni calcaree dell’acido muriatico, con la precauzione

di un risciacquo scrupoloso a fine lavoro.

Non utilizzare detergenti e solventi: difficili da lavare via, potrebbero essere ancora

presenti durante l’allestimento; minime tracce si rivelerebbero deleterie per la vita in

vasca.

Tornando a parlare di luce vera e propria, non dobbiamo dimenticare che essa dovrà

rimanere accesa per un periodo variante dalle 8 alle 10 ore al giorno, vale a dire la

durata minima necessaria alle piante per completare il loro ciclo biologico quotidiano

e la durata massima oltre la quale è più facile avere un’esplosione algale. E’

sconsigliabile porre a dimora la vasca nelle vicinanze di una finestra o dove possa

essere colpita dai raggi solari diretti: la radiazione luminosa è una di quelle variabili

che dovrebbe rimanere sempre sotto il nostro controllo, in modo tale che a seconda

delle nostre necessità, non si abbia difficoltà ad effettuare eventuali correzioni di

illuminazione.

Oggi giorno la più comune fonte di luce sono gli impianti a LED: in commercio

esiste solo l’imbarazzo della scelta e non ci resta che chiedere consiglio al negoziante

di fiducia, tenendo presente che a qualunque marca essi appartengano, hanno un

consumo elettrico limitatissimo.

Accendere il nostro mondo sommerso sarà allora facilissimo. Basterà solo fare un

“click” sul bottone dell’interruttore: un gesto tanto semplice quanto necessario e che

18

spesso è in contrasto con le esigenze di vita di noi uomini, schiavi di orari che nulla

hanno a che fare con i ritmi biologici della natura.

Per mantenere allora inalterato un salutare quanto indispensabile ciclo luminoso

giorno/notte, diventa utile un temporizzatore che accenda e spenga, ad ore da noi

prescelte, il “sole” in acquario; forse sembrerà superfluo, ma è di vitale importanza

per tutti gli organismi acquatici regolare i loro processi vitali con il sorgere e il

tramontare del sole in orari regolari; addirittura alcune specie di pesci

(Pelvicachromis Pulcher, un Ciclide dell’Africa occidentale), regola il suo timer

interno con lo spegnimento della luce e mezz’ora prima che ciò accada, porta nella

tana la sua prole. Ora vi lascio solo immaginare cosa accadrebbe ai piccoli se tale

operazione fosse effettuata con ritmi umani!!!

Il riscaldamento

Provenendo da zone tropicali e sub-tropicali, i Caracidi necessitano di temperature

medie dell’acqua oscillanti dai 20 ai 28°C. A questo scopo si rivela insostituibile un

altro strumento fondamentale per il benessere delle specie che ci accingeremo ad

ospitare: il termoriscaldatore.

Indispensabile in inverno, di svariate marche e dimensioni, ci consente di mantenere

una temperatura dell’acqua “tropicale” anche durante gli inverni più rigidi.

Costituito da una resistenza collegata ad un termostato, quando la temperatura da noi

impostata si abbassa di poco, viene dato l’imput affinché tale resistenza scaldi la

struttura di vetro in cui è contenuta e per contatto anche l’acqua circostante. Una

volta raggiunta la temperatura prescelta, il termostato stacca la resistenza,

interrompendo il riscaldamento. NON TOGLIERE MAI dall’acqua questo strumento

in fase di riscaldamento (si vede da una luce spia) o a spina inserita: potrebbe

esplodervi in mano!!!! Qualora fosse necessario estrarlo, si deve staccare la presa,

lasciare passare 5 minuti e prelevare lo strumento senza nessun problema. Esistono

però in commercio dei termoriscaldatori dell’ultima generazione, cosiddetti

“elettronici”, che anche a spina inserita provvedono automaticamente a spegnersi una

volta estratti dall’acqua. Molto precisi e decisamente sicuri, possono essere una scelta

conveniente per le persone un po’ “sbadate”.

Al momento dell’acquisto non dobbiamo dimenticare di verificare il wattaggio.

Di fatti l’attività di riscaldamento dello strumento è strettamente collegata alla

capacità dell’acquario espressa in litri e per calcolare la giusta potenza (espressa

appunto in Watt), ci viene in soccorso una semplice equazione: 1 Watt per 1 litro di

acqua. Questa formula ci permetterà di ottenere in modo certo, un riscaldamento

efficiente e uniforme in tutta la vasca.

L’aerazione

Il concetto di ossigenazione tramite aerazione, ha perso notevolmente valore.

Sebbene esteticamente le bolle emesse possano attrarre lo sguardo compiaciuto di chi

19

osserva il proprio mondo subacqueo, in una vasca equilibrata, che è il fine ultimo di

questo libro, tali bolle sono decisamente nocive!!!!!!!!!

Difatti l’elemento fondamentale per la creazione di un ecosistema sano, ma

soprattutto di un ambiente accogliente per i Caracidi, sono le piante, di cui ci

occuperemo specificatamente in seguito.

Ora, elemento indispensabile per una rigogliosa crescita delle piante, oltre alla luce, è

l’anidride carbonica (CO2). Facile capire come un’eccessiva turbolenza superficiale

aiuti ad espellere la totalità di CO2 presente, che già per sua natura difficilmente, in

una vasca equilibrata, si accumula.

Inserendo l’aeratore toglieremmo anche quel poco di CO2 disponibile per le piante,

condannandole ad una crescita stentata, per non dire morte sicura.

Per contro, come tutte le cose utilizzate con criterio, anche l’aeratore è un accessorio

indispensabile in talune situazioni, come eccessivo numero di pesci, temperature

troppo alte, in caso di inquinamento da sostanze azotate o uso di medicinali che

spesso diminuiscono la capacità di assorbimento dell’ossigeno da parte delle branchie

dei pesci.

L’arredamento

Per rendere accogliente la futura casa dei nostri Tetra, avremo la possibilità di

inserire diversi materiali, che comunque possano rispecchiare in piccolo le zone di

provenienza dei nostri coloratissimi ospiti.

Tenendo presente che provengono da zone di foresta pluviale, soggetta a periodiche

inondazioni dove i fiumi possono salire di livello diversi metri (in Amazzonia si

possono raggiungere anche i 12m!!!) e che quindi avremo una foresta “sommersa”, si

evince quanto siano importanti per un habitat ideali tronchi e piante, con particolare

riferimento proprio a quelle acquatiche e palustri attraverso le quali saremo in grado

di realizzare splendidi giardini subacquei, di grande valore estetico, ma ancor più

importante, casa ideali per i nostri piccoli amici.

Per quanto riguarda i legni, rivolgendosi ad un negozio specializzato non avremo che

l’imbarazzo nella scelta di forma e dimensioni; avremo inoltre la certezza di inserire

strutture che non siano in via di putrefazione o che possano rilasciare sostanze

indesiderate; unico difetto è il fatto che possono rendere l’acqua ambrata, rilasciando

sostanze umiche, quanto mai utili però per un ecosistema amazzonico. Forse per il

neofita tale colorazione potrebbe risultare antiestetica (volendo si potrà utilizzare del

carbone attivo per eliminare tale colorazione, con però conseguente impoverimento

dell’acqua) ma ricordiamoci che se vogliamo ottenere dei risultati soddisfacenti di

lunga durata bisogna privilegiare l’aspetto biologico e MAI quello estetico: verremo

così ricompensati delle nostre fatiche con pesci in salute e longevi. Non

dimentichiamo nemmeno che la maggior parte dei Tetra provengono dalle acqua

scure tropicali, così denominate in quanto, attraversando la foresta ricca di

vegetazione, l’acqua si impregna delle sostanze cedute dal legno caduto che, come

detto i precedenza, rende color “cola” i fiumi di queste zone.

20

Un legno adatto ad arredare l’acquario per i Tetra. Tutti i negozi specializzati ne sono provvisti.

Minore importanza hanno invece le rocce: da preferire sono l’ardesia o al limite i

ciottoli tondeggianti dei fiumi. Evitiamo invece altri materiali dagli spigoli vivi o

dalle superfici abrasive come le lave vulcaniche: fuggendo per vari motivi e

cercandovi riparo i nostri piccoli amici potrebbero ferirsi mortalmente.

Assolutamente incompatibili materiali di origine marina, come conchiglie, coralli o

rocce calcaree.

Prima di inserirli in acquario, i vari materiali devono superare 2 prove.

La prima consta nel fatto di versare alcune gocce di acido muriatico sulla superficie

in esame: qualora al contatto reagisca “friggendo” avremo un chiaro segno del

contenuto calcareo della roccia in esame; sarà pertanto da eliminare, in quanto

potrebbe, una volta inserita in acqua, andare ad alterare i valori fisico-chimici.

L’altra, almeno per quei pezzi recuperati in natura, è un accurato lavaggio e

un’attenta bollitura. Evitiamo inoltre di raccogliere pezzi provenienti da zone con alto

contenuto di metalli: immessi nell’elemento liquido diffonderebbero pericolosamente

il loro carico e intossicherebbero tutti gli esseri viventi presenti

Ecco perché nelle vasche “amazzoniche” è auspicabile esclusivamente inserire legni,

che grazie alla grande varietà di forma e colore, lasciano grande spazio alla nostra

creatività.

Concludendo, sono da evitare nel modo più assoluto le piante finte. Ai nostri scopi

(cioè la ricerca di un equilibrio biologico) sono del tutto inutili, se non addirittura

dannose: se impauriti i piccoli Tetra vi si gettano a capofitto, ma essendo queste

ultime rigide possono provocare delle ferite molto pericolose.

Per il fondo, che andremo ad analizzare nel dettaglio nel paragrafo relativo alle

piante, utilizzeremo materiali esclusivamente a scopo acquariologico; anche se alcuni

testi fanno riferimento alla raccolta in natura, è preferibile evitare questa opzione, a

meno di essere certi della provenienza e composizione minerale.

La scelta di sabbia o ghiaietto (meno consigliato dato che tra gli interstizi nel corso

del tempo si accumulano sedimenti organici e altre sostanze di scarto, substrato ideale

per una moltitudine di microorganismi spesso indesiderati se non addirittura

patogeni) dovrà privilegiare i colori scuri naturali, come il marrone, il beige o al

limite il nero, che in contrasto con il verde delle piante, giuocherà un notevole effetto

estetico. Evitiamo le sabbie colorate o chiare che “ucciderebbero” i colori dei nostri

pesci per un motivo tanto utile quanto elementare: in natura (quasi) tutti i pesci hanno

21

una colorazione argentata sul ventre e scura sul dorso per il semplice motivo che sono

meno distinguibili dai rispettivi punti di vista di un eventuale predatore che nuoti al di

sotto di essi o che nuoti (o voli) al di sopra di essi.

La natura ha risolto questo problema fornendo ai nostri amici pinnuti, particolari

cellule dette cromatofori in grado di variare l’intensità della colorazione se non

addirittura la colorazione medesima. Il processo è abbastanza semplice e in parole

povere si riassume come segue: in base alla luce (ma anche per paura o in fase

riproduttiva) che viene percepita, il cervello invia dei segnali a queste cellule, che

obbediscono variando il pigmento; come sintesi di tutto questo avremo pertanto una

variazione verso lo scuro e quindi un’accentuazione dei colori su fondo scuro; su

fondo chiaro invece avremo un’attenuazione per non dire una vera e propria

decolorazione degli animali, tanto da farli sembrare appartenenti ad un’altra specie.

Ecco spiegato perché per il nostro acquario è vivamente sconsigliato un fondo chiaro,

o peggio, colorato.

Un fondo scuro o meglio ancora di sabbia ambrata (molto naturale) consente di

esaltare al massimo la colorazione (vedi anche “Sistema Sabbia”).

Alcuni consigli

E’ possibile nelle righe seguenti avere alcuni utili suggerimenti su come allestire

diversi tipi di “ecosistemi” nei quali i Caracidi possano trovare un ambiente

confortevole e appropriato alle loro esigenze biologiche.

- L’acquario di comunità –

Probabilmente è il tipo di ambientazione più diffusa, anche

perché i Tetra ben si addicono a una compagnia multicolore di altri piccoli pesci

pacifici: in pratica tutte le specie elencate nel paragrafo relativo alle “Compatibilità”

sono indicate per popolare una vasca di questo tipo. E’ anche il tipo di vasca con

l’arredamento più variato e su cui la nostra fantasia può dare sfogo a tutta la sua

creatività: radici, pietre non calcaree, piante di tutti i tipi e dimensioni, pezzi di vaso,

cocci, gusci di noce di cocco o foglie di quercia seccate possono concorrere a rendere

ancora più appariscenti i nostri ospiti e a creare utili tane e nascondigli.

I valori biochimici dovrebbero mantenersi entro limiti medi, dato che è necessario

rendere ospitale tale vasca anche a pesci provenienti da acque differenti; pertanto

valori di pH intorno al 7 (anche 7.5) e una durezza intorno ai 10/15 GH sono da

considerarsi accettabili per tutte le specie.

- L’acquario biotopo –

Si entra ora nello specifico, un argomento che può interessare soprattutto gli amanti

della natura incontaminata, nell’intento di ricreare, magari nel proprio salotto, un

vero e proprio scorcio di fiume della foresta pluviale Sudamericana o Africana.

Sostanzialmente non vi sono differenze fra le situazioni ambientali che si possono

riscontrare in Sud America (bacino amazzonico e dell’Orinoco) o in Africa (bacino

del Congo): entrambe hanno in comune l’estrema rusticità dell’ambiente subacqueo,

22

dove rami caduti e radici sono predominanti. La vegetazione sommersa è scarsa, a

causa della carenza di luce dovuta alle fronde degli alberi soprastanti e alla presenza

in acqua di elevate concentrazioni di tannini, acidi umici e altre sostanze lignee che

rendono i corsi d’acqua di queste foreste color “cola”.

Il fondo è marroncino scuro con notevoli quantità di fogliame depositato (ottime per

ricreare questo ambente le foglie secche di quercia) e radici e rami che formano un

dedalo intricato ove i piccoli Tetra trovano rifugi sicuri. Nelle poche zone dove la

luce penetra a sufficienza è possibile intravedere alcuni steli di E. tenellus fra il

fogliame caduto. Altri Echinodorus di maggiori dimensioni creano con le loro foglie

degli angoli protetti. Sicuri rifugi sono anche le zone popolate da piante acquatiche

che formano barriere compatte con i loro esili fusti: Cabomba e Mayaca ne sono un

esempio, laddove però il sole riesce a penetrare con tutta la sua intensità.

E’in questi luoghi, apparentemente desolati ad una visione subacquea, dove si

rinvengono la maggioranza delle specie di Tetra: è anche il regno dei Discus, degli

Scalari e dei Ciclidi Nani. Un regno che può essere magicamente riprodotto anche in

una delle nostre case, attraverso l’acquario biotopo.

Indispensabile diviene allora l’utilizzo della torba nel filtro e una durezza che non

superi i 4 GH, con un pH compreso fra il 5.5 (non scendere mai al di sotto di questo

valore: potrebbe essere pericoloso) e il 6.5.

Probabilmente un acquario per intenditori che lascia poco spazio all’estetica, ma che

da un punto di vista prettamente scientifico, può essere spunto di osservazioni

interessanti.

- L’acquario per soli Tetra. –

Quando i Tetra diventano protagonisti assoluti dei nostri acquari, ovverosia quando si

decide di dedicare esclusivamente a loro una vasca tralasciando altre specie, si avrà

un risultato estetico equivalente ad una via di mezzo fra il variopinto mondo

dell’acquario di comunità e il rigore assoluto dell’acquario biotopo.

Conviene utilizzare come arredamento esclusivamente legni (sui quali è possibile fare

crescere il bellissimo Muschio di Giava o piante quali Anubias e Microsorium dato

che le loro radici hanno il potere di fissarsi al substrato), qualche pietra di colore

scuro e piante, tantissime piante di tutti i tipi e di tutte le dimensioni, con le quali si

possono ricreare incantevoli giardini subacquei: i famosi acquari “olandesi” sono un

classico esempio di acquario dedicato ai Caracidi.

Anche i valori biochimici rispecchiano quanto espresso in precedenza: anch’essi si

collocano a metà strada tra quelli del biotopo “foresta” e quelli della vasca di

comunità; il pH potrà quindi oscillare fra un minimo di 6 e un massimo di 7; la

durezza totale potrà essere compresa tra un minimo di 3 e un massimo di 8 GH.

Probabilmente questa è la tipologia di vasca più equilibrata a livello biologico e la

più appariscente a livello estetico, dove senza ombra di dubbio i nostri Tetra

troveranno un ambiente ideale a far risaltare i loro colori.

Unici compagni di vasca consigliati, data la loro indubbia utilità, sono i pulitori di

alghe Crossocheilus (Epalzeorhynchos) siamensis, e i pesci gatto appartenenti al

23

genere Corydoras, più comunemente chiamati “pulitori di fondo” o “spazzini”, anche

se questi termini sono un po’ riduttivi per queste simpatiche creature.

In conclusione, con questi esempi, si e cercato di suggerire alcune linee guida su

come allestire diverse tipologie di acquari, basati su concezioni di arredamento molto

diverse, sempre e comunque in grado di fornire ai nostri Tetra un piccolo mondo

dove sentirsi a proprio agio e vivere a lungo.

L’acqua

E’ l’elemento indispensabile alla vita di tutti gli organismi viventi. Composta da una

molecola molto semplice formata da due atomi di idrogeno (simbolo chimico H) e

uno di ossigeno (simbolo chimico O), è il veicolo o se preferiamo il catalizzatore di

molte reazioni chimiche, oltre ad essere un ottimo solvente.

Dal punto di vista acquariologico è molto importante sapere in “quale” acqua nuotano

i nostri pesci, dato che molti problemi legati al loro stato di salute potrebbero

scaturire proprio da un’acqua “sbagliata”. Starà quindi a noi e ad alcuni interventi

correttivi fornire loro l’acqua “giusta”.

I termini “quale”, “sbagliata”, “giusta”, si riferiscono ovviamente ai parametri

biochimici dell’elemento liquido, dei quali sicuramente il più conosciuto e di moda

(anche perché reclamizzato in TV tramite prodotti cosmetici) è sicuramente il pH.

Ora per rimanere in parole povere, il pH esprime l’acidità di un liquido o se vogliamo

essere più precisi la sua concentrazione idrogenionica. La scala di misurazione varia

da 0 a 14, dove 7 indica la neutralità. Da ciò ne deriva che un pH inferiore a 7 è

acido, mentre se è superiore risulta alcalino (o basico).

Per capire un po’ meglio che cosa vuole dire acido e basico, torniamo alla nostra

molecola di acqua: H2O. Tale breve formula indica che se si potesse ingrandire

attraverso un immaginario microscopio una goccia di acqua, potremmo osservare una

infinita quantità di molecole muoversi le une rispetto alle altre, ognuna formata da

due atomi di idrogeno e uno di ossigeno. Essendo però l’ossigeno “avaro” di

elettroni, tende spesso a rubarne uno all’atomo di idrogeno che diventa quindi H+:

ovvero l’atomo di idrogeno ha perso un elettrone (che ha carica negativa) e quindi

assume carica positiva.

Come risultato avremo pertanto la formazione di due particelle (H+ e OH-) che

collidendo potranno eventualmente riformare una molecola di acqua.

Questa ricostituzione dipende però in larga parte dalle cosiddette “sostanze tampone”

cioè sostanze in grado di cedere (acidi) o strappare (basi) ioni H+ all’acqua. Le

principali sostanze tampone sono l’acido carbonico (che viene ottenuto facilmente

attraverso la diffusione di CO2 in acqua) e il bicarbonato di calcio.

Da quanto esposto si può concludere che esistono due soluzioni per correggere il pH:

aggiungere continuamente acido carbonico, oppure ridurre la concentrazione dei sali

disciolti che fungono da tampone e che mantengono stabile, ma verso l’alto, detto

parametro. Non è detto però che semplicemente abbassando la durezza il pH cali

automaticamente: difatti un minor contenuto salino rende più “malleabile” il pH e un

minimo quantitativo di sostanza acida o basica, modificherà detto parametro verso

24

valori maggiori o minori di 7. Ecco perché può capitare di avere acque tenerissime

con pH alti.

Per le esigenze di allevamento dei Tetra, sarà opportuno mantenere un pH neutro o

leggermente acido. Ottima allo scopo è la torba, il cui difetto è di imbrunire l’acqua;

difetto peraltro ampiamente compensato dagli infiniti benefici che detto tipo di acqua

apporta alla salute dei nostri pesci.

Anche l’anidride carbonica è utile a questo scopo, oltre a quello di essere il principale

nutrimento delle piante.

Se proprio desideriamo utilizzare un rimedio veloce e pratico conviene rivolgersi

verso gli estratti vegetali, come quello di foglie o corteccia di quercia: in commercio

esistono ottimi prodotti contenenti queste preziose sostanze, ma chi avesse voglia

potrebbe farsi una tisana “fai da te”!

Gli altri sistemi sono palliativi, come per esempio gli acidificanti: ad una prima

aggiunta il pH cala, per poi cominciare a salire, dato che le sostanze tampone sono

ancora presenti; infatti questi acidificanti erodono la “durezza” fino a quando i

tamponi non esistono più. A questo punto è sufficiente una minima aggiunta di

prodotto per far precipitare verso valori letali il pH.

Ma quali sono queste fondamentali sostanze e come facciamo a riconoscerle e a

sapere in quale concentrazione sono presenti nelle nostre acque?

Sicuramente la formula più familiare agli acquariofili che rappresenta questi tamponi

è senza dubbio il KH, o durezza temporanea (dato che si può eliminare tramite

ebollizione e conseguente successiva precipitazione dei sali). In parole molto

semplici essa è formata in larga parte dai carbonati e bicarbonati di calcio e magnesio

ed ha un’azione diretta nel rapporto pH-CO2: più il KH è basso, maggiore è la

diffusione dell’anidride carbonica in acqua e la sua azione nell’abbassare il pH. (vedi

tabella).

SCHEDA 2

Una breve sintesi sulla relazione pH-KH-CO2:

25

Più il KH è elevato, maggiore sarà la quantità di CO2 immessa per raggiungere un determinato

valore pH.

Viceversa, minore è il valore KH, minore è la quantità di CO2 da immettere per raggiungere un

determinato valore di pH.

La concentrazione ottimale di CO2 è generalmente compresa tra i 15 e i 20 mg/L.

Da ricordare che con KH inferiori a 2, ci sono possibilità di un crollo del pH verso valori acidi

letali.

La durezza totale rappresenta invece la somma della durezza temporanea e quella

permanente (cioè di quei sali che non vengono eliminati dalla bollitura), formata

principalmente dagli ioni bivalenti di calcio e magnesio.

Parlando di contenuto salino dell’acqua non si può certo evitare di nominare la

conduttività, cioè la capacità dell’acqua di trasportare elettricità: maggiore è il

contenuto salino, maggiore è la quantità di elettricità che può trasportare. Questa

capacità viene misurata in microsiemens/cm: l’acqua piovana o distillata misura 0

mcs/cm, quella marina oltre 50.000 mcs/cm; quest’ultima è quindi un ottimo

conduttore di corrente. Un acquario per i Tetra dovrebbe avere una conduttività

compresa tra i 200 e i 500 mcs/cm; intorno ai 50/150 nelle vasche adibite alla

riproduzione.

Il Conduttivimetro

In commercio possiamo trovare a poche decine di euro dei pratici misuratori a pila

che una volta accesi e immersi nel liquido danno istantaneamente l’indicazione.

Quest’ultimo parametro, che non è altro che una versione più precisa della durezza

totale, è fondamentale qualora ci volessimo cimentare nella riproduzione di specie

“difficili”: sono sufficienti a volte anche poche decine di microsiemens di differenza

(normalmente non rilevabili dai normali misuratori liquidi della durezza) per

decretare l’insuccesso di una deposizione, tanto è vero che gli allevatori professionisti

parlano quasi esclusivamente in termini di conduttività delle loro acque.

26

Il filtraggio.

Il filtro è il vero cuore dell’acquario, dove avviene quel processo che ci consente di

avere acqua pulita e depurata in continuazione.

2 sono gli scopi essenziali: trattenere le particelle in sospensione (togliendo quindi il

sedimento e dandoci acqua pulita e chiara: filtraggio meccanico, cioè di rimozione o

prefiltrazione), e trasformare i rifiuti organici degli esseri viventi che ospitiamo

(potenzialmente molto tossici) in altre sostanza assimilabili dalle piante (filtraggio

biologico, cioè di trasformazione).

I materiali che più comunemente vengono utilizzati per assolvere queste funzioni

sono rappresentati da lana di perlon (sicuramente da preferire) o spugne sintetiche a

porosità fine per il filtraggio meccanico.

Lana di perlon

Per il filtraggio biologico non esistono materiali preposti, in quanto esso viene

effettuato da particolari ceppi di batteri (Nitrobacter, Nitrosomonas): è vero però che

tali microorganismi necessitano di un adeguato substrato di accrescimento. Vengono

in nostro aiuto allora i comunissimi (e utilizzati ormai da decenni) “cannolicchi” cioè

cilindretti in ceramica, spugne sintetiche a porosità media o grossa e ultimamente le

cosiddette “bio-ball” da utilizzare esclusivamente in acquari con filtro percolatore.

I cannolicchi

Diversi sono i tipi di filtri che ci vengono proposti dal mercato, starà poi a noi

scegliere quale potrà essere indicato per soddisfare al meglio le nostre esigenze.

Di seguito troveremo una brevissima carrellata di varie tipologie di filtri.

27

I filtri interni: hanno pura funzione di rimozione. Costituiti generalmente da una

struttura in plastica contenete il materiale filtrante (in genere spugna sintetica) al cui

apice è inserita una pompa centrifuga. Hanno funzione prettamente meccanica.

In acquari fortemente piantumati, con luce forte e CO2 possono essere usati

tranquillamente per la loro funzione meccanica dato che le sostanze azotate vengono

assorbite immediatamente dall’azione vegetale.

I filtri esterni: hanno l’inconfondibile struttura a barilotto, entro il quale sono presenti

i cestini preposti a contenere i materiali filtranti. Fungono egregiamente come filtri

completi (azione meccanica e biologica), ma sono abbastanza scomodi per quanto

riguarda la manutenzione (a titolo informativo, quelli di ultima generazione sono

molto più pratici).

Filtro sottosabbia: costituito da una serie di placche a griglia da posizionare sul fondo

della vasca, vengono ricoperte poi da materiale di fondo di granulometria non

inferiore ai 4 mm. Sull’estremità di una placca si trova un foro su cui viene inserito

un tubo di plastica all’apice del quale si posizionerà la pompa atta a produrre il

movimento: la pompa aspirerà l’acqua dal fondo e la riporterà in acquario, da questo

poi filtrerà attraverso la ghiaia nell’intercapedine creata per poi essere nuovamente

aspirata dalla pompa. In questo caso la ghiaia ha azione sia biologica (funge quindi da

substrato batterico) sia meccanica (trattiene le particelle). Ottimo dal punto di vista

biologico (grande superficie di attecchimento batterio) dalla però non facile

manutenzione: il fondo andrebbe sifonato scrupolosamente con gli appositi strumenti

almeno una volta al mese. Tale operazione si rende indispensabile onde evitare di

intasare col sedimento gli interstizi nel materiale di fondo entro i quali fluisce e si

depura l’acqua.

Filtro percolatore: indicato in particolare per acquari marini di pesci o per grandi

acquari di Ciclidi, poco si addice ai nostri scopi.

Negli ultimi anni si sono diffusi molto i filtri esterni, a scapito degli ultimi 2 che sono

sempre meno diffusi tra gli acquariofili, poiché occupando meno spazio consentono

un migliore utilizzo della capacità della vasca. Inoltre quelli di ultima generazione

consentono una rapida e comoda manutenzione.

Veniamo ora invece a conoscere quello che è il tipo di filtro più adatto ad un acquario

d’acqua dolce o più specificatamente dedicato ai Caracidi: il filtro interno a vani o

più comunemente chiamato biologico a vani. Sono anche i filtri che più

comunemente troviamo già in dotazione negli acquari.

Come dice la parola, è costituito generalmente da 3 vani filtranti, riempiti di materiali

preposti ad assolvere funzioni meccaniche e biologiche.

I vani filtranti dovrebbero essere sufficientemente ampi da permettere l’introduzione

di una mano al fine di consentire eventuali opere di manutenzione. Evitiamo perciò

quegli acquari dove i vani siano troppo stretti (a volte nel primo si può inserire solo il

termoriscaldatore, senza permettere l’aggiunta di alcun materiale) o che abbiano

meno di 3 scomparti.

Per l’inserimento dei materiali filtranti, la regola è molto semplice e, seppur in modo

diversificato e specifico, uguale per tutte la vasche: in un primo stadio avremo la

prefiltrazione meccanica (operata nella maggior parte dei casi attraverso della lana

28

sintetica di perlon) e sequenzialmente la filtrazione vera e propria (o meglio la

trasformazione della sostanze organiche di scarto degli esseri viventi acquatici,

potenzialmente molto velenosi, in altre sostanze molto meno tossiche) ad opera di

alcuni ceppi di batteri che si instaureranno su di un substrato appositamente da noi

creato. In genere questo substrato è costituito da cannolicchi in ceramica o spugne

sintetiche; queste ultime però hanno il difetto di occludersi con il passare del tempo,

impedendo l’indispensabile passaggio di acqua; è preferibile un consistente numero

di cannolicchi, che andranno ad occupare la metà inferiore del 2° vano e la parte

bassa del 3° (per intenderci quello dove viene inserita la pompa centrifuga, che verrà

adagiata proprio sopra tale materiale). Va da se che più batteri abbiamo (ergo

maggiore substrato) più acqua pulita avremo e come riflesso meno problemi di

inquinamento in vasca.

Per quanto riguarda la prefiltrazione, come anzidetto il materiale per eccellenza è la

lana di perlon: ATTENZIONE!!! NON USATE MAI MATERIALI SIMILARI A

SCOPO NON ACQUARIOLOGICO!!!! Spesso questi materiali sono ricoperti da

particelle oleose atte a catturare diversi tipi di molecole (es: filtri per cappe da

cucina).

Inutile dire che tale raccomandazione vale per tutti i materiali, quindi evitiamo di

usare spugne da cucina o per il bagno!

Al fine di adempiere appieno alle loro funzioni, i vari materiali filtranti devono essere

posizionati in modo corretto.

Per quanto riguarda la lana di perlon una prima porzione andrà ad occupare la prima

metà del 1° vano; la seconda porzione andrà ad occupare la prima metà del 2° vano

(proprio sopra i cannolicchi); difatti la lana imprigionando il sedimento, in base a

diversi fattori come ad esempio la popolazione ittica, andrà mano a mano ad intasarsi

e a diventare scura; sarà questo il momento di sostituirla ma così facendo

distruggeremo anche l’utile flora batterica che si sarà insediata tra le sue fibre;

avendo 2 porzioni e cambiandole non contemporaneamente, bensì alternativamente,

avremo un grosso vantaggio: la certezza di mantenere una nutrita schiera di batteri

almeno su una porzione (oltre, ovviamente, a quelli presenti nei cannolicchi).

IMPORTANTISSIMO: quando compiamo operazioni di manutenzione del filtro, è

indispensabile spegnere la pompa centrifuga, onde evitare che lo sporco da uno

scomparto possa passare agli altri.

Da ricordare che il flusso orario di liquido necessario per una depurazione ottimale,

in una vasca di acqua dolce, è uguale a quello della capacità della vasca: 100 litri di

capacità=100 l/h di flusso.

I batteri del filtro infatti sono in grado di trasformare solo un certo quantitativo di

sostanza organica all’ora e un flusso più veloce non aumenta questa potenzialità

come vedremo successivamente del paragrafo dedicato al ciclo dell’azoto.

Fondamentale è anche la capacità del vano filtrante: tanto è maggiore, tanto più

velocemente viene depurata l’acqua che vi circola. Mediamente lo spazio riservato al

filtro non dovrebbe mai essere inferiore al 10/15 % della capacità della vasca.

Tornando all’elemento tecnico in esame, la scelta della pompa dovrà in primo luogo

rispettare le esigenze biologiche di portata (evidenziate sopra) e parimenti le esigenze

29

di forma e dimensioni in rapporto allo spazio loro dedicato nel filtro: in commercio

esiste la più ampia gamma di prodotti in grado di soddisfare le necessità anche più

particolari. Ultimamente si assiste ad una continua semplificazione della meccanica e

ad una riduzione nelle dimensioni, con un parallelo miglioramento delle prestazioni

di questi strumenti.

Per concludere il discorso relativo al filtro, è doveroso ricordare il cosiddetto

“filtraggio chimico”.

Con questo concetto si intende riassumere tutti quei processi attraverso i quali si

vanno a modificare i parametri chimici dell’acquario.

I materiali più importanti che assolvono queste funzioni sono principalmente 3:

Carbone attivo: esplica la funzione di rimuovere sostanze chimiche, cataboliti e

residui di medicinali presenti in acqua; utile in situazioni di emergenza, non va però

utilizzato come regola nella vasca in quanto impoverisce l’acqua di preziosi elementi.

Dopo 15/20 giorni cessa la sua attività adsorbente e va sostituito o eliminato.

Torba: indispensabile per modificare in modo naturale pH e KH, tralascia preziosi

acidi umici; imbrunisce l’acqua in modo a volte antiestetico, ma contiene diverse

sostanze efficaci ad aumentare la resistenza dei pesci alle malattie e predisporli alla

riproduzione. Consigliatissima.

Resine a scambio ionico: da usare solo in casi di emergenza. Hanno l’impareggiabile

vantaggio di trattenere sostanze indesiderate (NO3, PO4…..) o di modificare le

caratteristiche chimiche dell’acqua (pH, KH, GH) ma come dice la parola stessa

“scambiano” gli ioni e sovente tralasciano

altre sostanze non proprio utili.

Il ciclo dell’azoto

Ed ora entriamo ad analizzare nel dettaglio il parametro che ha un’influenza diretta

sulla vita dei nostri pesci: l’azoto (N). La sua molecola è alla base di tutte le proteine

e quindi di tutta la materia organica; a seconda delle altre molecole a cui si

accompagna e del grado di degradazione che assume, può diventare addirittura

tossico e mortale per gli esseri viventi acquatici.

Ma vediamo di andare con ordine.

Come detto l’azoto è elemento di base della materia organica, dal cibo, alle feci dei

pesci a una foglia. Ora, una volta che comincia il processo di degradazione delle

sostanze proteiche, derivanti a loro volta dalla decomposizione ad opera di

microrganismi e funghi della materia vivente, il primo composto azotato che verrà a

formarsi è l’ammoniaca (NH3), tossica e mortale anche a concentrazioni minime (0.6

mg/L), oppure di ammonio (NH4), molto meno pericoloso.

Come si può notare ammonio e ammoniaca differiscono chimicamente dal numero di

atomi di idrogeno: su questa minima differenza molecolare, dalla grande rilevanza

pratica (come detto NH4 è meno pericoloso), giuoca un ruolo di primo piano il pH.

30

Infatti a pH acidi, con maggiore presenza di ioni H+, avremo ammonio. Viceversa, a

pH basici, quindi con presenza limitata o nulla di ioni H+, avremo esclusivamente

ammoniaca!

Facile, da queste piccole osservazioni, trarre le dovute conclusioni.

Test Nitriti (NO2): il test più importante. Non dovrebbe mai mancare.

Il passo successivo nella trasformazione dell’ammoniaca sono i Nitriti (NO2) ad

opera dei batteri Nitrosomonas. Anche i nitriti sono estremamente tossici (già da 0.25

mg/L), perché si legano all’emoglobina del sangue ostacolando l’assorbimento e il

trasporto dell’ossigeno.

Fortunatamente la natura ci viene in soccorso con i Nitrobacter, microrganismi in

grado di effettuare l’ultima trasformazione dell’azoto in Nitrati (NO3), che sono

decisamente i meglio sopportati, addirittura fino ad oltre 100 mg/L.

La trasformazione termina qui, con i Nitarti, che andranno via, via accumulandosi in

vasca. Esistono solo 2 soluzioni veramente valide per eliminarli, dato che a

concentrazioni elevate possono diventare pericolosi: un’abbondante popolazione

vegetale e i cambi parziali.

Sebbene come accennato i pesci possano sopportare concentrazioni elevatissime di

NO3, sono comunque un elemento di disturbo nei normali processi di vita degli

animali. Qui mi riferisco in particolare ai processi riproduttivi e all’accrescimento

degli avannotti, oltre ad altri problemi che un’acqua eccessivamente inquinata

potrebbe creare: dalla stentata schiusa, alla scarsa crescita dei pesci, dal minore

sviluppo delle pinne alla minore resistenza verso le

malattie………..all’iperproliferazione delle antiestetiche alghe.

E’ quindi di estrema importanza che il nostro filtro funzioni alla perfezione e che

prima di procedere all’inserimento della maggioranza dei nostri ospiti, abbia

raggiunto un adeguato grado di maturazione.

Ciò si ottiene popolando gradualmente e fin da subito la vasca con un altissimo

numero di piante e solo due o tre pesciolini, preferibilmente pulitori di fondo

(possono sopportare equilibri precari dato che sono in grado di “respirare“ ossigeno

atmosferico) o mangia alghe, a cui verrà somministrato pochissimo mangime,

mantenendo così in equilibrio la sostanza organica presente in acqua; in altre parole i

pochi batteri presenti sulle piante (e che gradualmente colonizzeranno i substrati

creati ad-hoc nel filtro) saranno in grado di degradare la poca materia organica

presente. Tre sono i vantaggi di questo procedimento ”naturale”.

31

Il primo come detto è l’inserimento delle piante (ovviamente vere) che apportano di

per se un cospicuo numero di batteri nitrificanti (infatti oltre che nel filtro essi

occupano tutte le superfici sommerse; il filtro serve solo ad aumentarne la

concentrazione) oltre ad essere le vere antagoniste delle alghe.

In più sono in grado fin da subito di assorbire l’azoto presente in acqua sotto forma

anche di composti tossici.

Il secondo è l’inserimento graduale di pochi pesci settimanalmente: saremo in grado

di dare al filtro il giusto tempo di maturazione per smaltire le sostanze di rifiuto di

una popolazione completa

Terzo, osservando l’evoluzione della vasca e controllandone i valori fisico-chimici

settimanalmente, potremo apportare i giusti correttivi (come ad esempio speciali

prodotti contenenti ceppi di batteri selezionati), senza mettere a repentaglio la vita

degli inquilini che vorremo ospitare nei nostri acquari, interrompendo l’inserimento

di pesci allorquando vi siano parametri inadatti.

In sintesi, passeranno da 1 a 3 mesi, prima di vedere nuotare la totalità delle specie da

noi prescelte.

E’ quindi assolutamente da scartare la vecchia concezione di lasciare girare a vuoto la

vasca per alcune settimane: ciò equivarrebbe a popolare immediatamente l’acquario

con tutte le creature che a noi interessano, creando inevitabili quanto pericolosi

squilibri.

Un efficace sistema di smaltimento delle scorie, deve considerare, come accennato

nel paragrafo dedicato al filtraggio, anche il volume che abbiamo a disposizione atto

a contenere i materiali filtranti: maggiore è il volume, più substrato batterico

possiamo utilizzare, maggiore è il quantitativo di acqua che potremo depurare.

Assicuriamoci quindi che lo spazio dedicato al filtro non sia inferiore al 10/15 %

della capacità del nostro acquario.

Un filtro maturo (4/6 mesi di attività) di dimensioni adeguatamente proporzionate alla

capacità totale della vasca, è in grado di garantirci una notevole tranquillità. Non

bisogna però dimenticare che in un acquario avvengono talmente tante interazioni,

alcune delle quali potenzialmente dannose, che anche in situazioni di assoluta

sicurezza e in vasche avviate da tempo, non dobbiamo mai abbassare la guardia,

cercando sempre di rimanere ben lontani dai limiti massimi consentiti di popolamento

e di carico organico.

E’ sufficiente anche l’introduzione di una piccola dose di medicinale o una

somministrazione eccessiva di mangime, per portare al tracollo un ecosistema fragile,

date le ridotte dimensioni, come un acquario.

Volevo inoltre ricordare che meno pesci abbiamo in vasca, più il “biosistema”

acquario è in grado di ammortizzare in modo naturale i nostri eventuali errori.

E’ quindi di fondamentale importanza considerare di popolare il nostro acquario, non

solo in relazione alla capacità complessiva della vasca, ma anche in base alle

dimensioni del filtro, tenendo sempre in mente il concetto che per quanto a noi un

acquario con pochi pesci possa sembrare spoglio, la densità in esso è infinitamente

superiore rispetto a quella che si può rilevare in natura.

32

Utile suggerimento: per aiutare a velocizzare la maturazione e la stabilizzazione della

vasca, esistono in commercio utili prodotti che contengono batteri “amici”:

aggiungendoli regolarmente possiamo dare una grossa mano al filtro nel

metabolizzare e trasformare sostanze organiche nocive qualora siano prodotte in

eccesso.

Quindi nei primi 3 mesi la parola d’ordine è una sola: prudenza!

Le piante: indispensabili per la vita!

Come sulla terraferma, anche in acqua le piante non sono mero strumento decorativo,

bensì indispensabile elemento di equilibrio.

Estremamente gradita da parte dei Tetra una vasca densa di piante (non

dimentichiamo che provengono per lo più da zone pluviali soggette ad inondazioni

periodiche che creano una foresta sommersa), è quindi nostro preciso dovere ricreare

tali condizioni, sfruttando peraltro a livello estetico i magnifici accostamenti che le

piante acquatiche sono in grado di offrirci, come nei bellissimi paesaggi offerti dagli

acquari ZEN, in cui i Caracidi sovente sono protagonisti, essendo coloratissimi

quanto tranquilli ospiti.

Oltre a produrre ossigeno assimilando anidride carbonica tramite la fotosintesi

clorofilliana, le piante acquatiche esplicano un’attività di depurazione vera e propria,

essendo delle “spugne chimiche” che assorbono attraverso le radici e le foglie sali

minerali e oligoelementi per creare la loro struttura vivente.

La loro utilità è di fondamentale importanza dato che una delle loro prerogative è

l’assimilazione dell’azoto (N), sotto qualunque forma chimica esso si trovi:

praticamente le piante sono in grado di “consumare” la pericolosissima ammoniaca

(NH3) o i nitriti (NO2); da cui la loro irrinunciabile presenza in abbondanti quantità

in ogni acquario che si voglia far funzionare in modo equilibrato, ergo senza

problemi.

Come abbiamo detto durante la loro attività, espellono ossigeno, oltre che assimilare i

prodotti azotati di scarto dei pesci nonché altre sostanze indesiderate derivanti dal

metabolismo animale, come il fosforo.

Ma per fare in modo che le piante svolgano appieno il loro dovere di “depuratori”

naturali, bisogna creare le premesse adatte alla loro crescita, altrimenti possono

venire spodestate dalle indesiderate alghe, più rustiche e meno esigenti. A grandi

linee possiamo dire che queste ultime, appartenendo anch’esse al mondo vegetale, si

nutrono del medesimo “cibo”, riuscendo a sfruttare fonti di nutrimento che però in

talune situazioni alle piante sono negate. In ultima analisi possiamo

inequivocabilmente affermare che i migliori antialghe, sono proprio le piante

acquatiche che esplicano una pesante azione di concorrenza alimentare.

Vediamo quindi come ottenere in breve una sana crescita delle piante e parimenti un

arresto della crescita algale.

33

Il fondo ha un’importanza fondamentale per il buon mantenimento e l’igiene della

vasca.

Tendenzialmente dovrebbe essere costituito da materiale fine (vedi “sistema sabbia”)

che impedisca a particelle grossolane di penetrare negli interstizi e produrre

inevitabili quanto indesiderati fenomeni di putrefazione. Come anticipato il colore

dovrebbe essere scuro o marrone, per esaltare la colorazione dei nostri Tetra.

Uno spessore idoneo all’attecchimento delle radici non dovrebbe essere inferiore ai

10 cm, con un lieve declino dalla parte posteriore a quella anteriore; questo produce 2

vantaggi: il primo di ordine squisitamente estetico, dà una maggiore sensazione di

spazio (inoltre sulla parte anteriore è meglio non mettere piante, se non a prato, che

oscurerebbero la vista; quindi necessita meno spessore); in secondo luogo una parte

bassa è catalizzatore di sporcizia. In altre parole bisogna sapere che le particelle di

sporco tendono a concentrarsi nei “buchi” cioè nei punti più fondi (provate a fare un

buco sul fondo e vedrete che in un paio di giorni sarà pieno di detriti); ora creando un

“buco” sul davanti, faremo in modo che la sporcizia si raduni ben in evidenza,

facilitando la sifonatura e la pulizia del fondale.

Negli ultimi tempi per migliorare la crescita dei vegetali in vasca, è diventato usuale

utilizzare un cavetto riscaldante sotto sabbia, allo scopo di mantenere una

temperatura costante anche nel sottosuolo, creando un effetto “falda freatica”

attraverso una lieve circolazione nel medesimo causata dallo spostamento verso la

superficie dell’acqua riscaldata.

A dire la verità e per esperienza personale, non sembra che tale stratagemma apporti

significativi miglioramenti allo sviluppo delle piante acquatiche, in considerazione

anche del fatto che detto strumento ha un costo non irrilevante.

Ma veniamo a parlare ora dell’elemento fondamentale per la crescita delle piante: il

carbonio.

Come tutti sapranno, il carbonio è la base della vita sulla terra. Tutti gli esseri viventi,

ovviamente in modo differente, ne sono legati.

Tanto per rimanere in argomento basta dire che il 50% della sostanza secca di una

pianta acquatica è costituita da carbonio, e sicuramente la via più facile di accesso a

questo indispensabile componente, per le piante è sicuramente l’anidride carbonica

(CO2). Con il loro preziosissimo laboratorio chimico, attraverso la sintesi clorofilliana

e utilizzando luce, acqua e CO2, le piante diventano creatrici di vita, organicando la

materia inorganica. Difatti al termine di questo lavoro, vengono prodotti gli zuccheri,

fonte di energia e alla base della vita sulla terra. E pensare che come scarto viene

prodotto ossigeno: un bel sistema di riciclaggio, non vi pare?

Ma come avviene tutto ciò?

In parole molto povere possiamo riassumere come segue quanto avviene all’interno

di una pianta.

Innanzi tutto bisogna dire che la formula chimica della molecola dello zucchero

(glucosio) è: C6H12O6.

Per ottenere ciò la pianta utilizza 6 molecole di anidride carbonica (CO2) e 6

molecole di acqua (H2O); da cui 6C+12O e 12H+6O. Semplificando quindi avremo:

6C+18O+12H.

34

Praticamente C6H12O18: ma per lo zucchero c’è troppo ossigeno e così la pianta lascia

andare 12 atomi di ossigeno che si trasformano subito in 6 molecole di ossigeno puro:

O2.

In sintesi per ogni molecola di zucchero prodotto, verranno rilasciati 6 molecole di

ossigeno. Senza carbonio, e in particolare senza CO2, ciò non è possibile. A meno di

dispendiose strade alternative che però molte piante non sono in grado di fare (come

ad esempio strappare il carbonio legato ai bicarbonati, cioè la cosiddetta

decalcificazione biogena).

Da non dimenticare che in tale processo anche la luce giuoca un ruolo fondamentale:

solo se nella giusta intensità può essere sfruttata, altrimenti tutto si blocca.

Più precisamente possiamo affermare che, sebbene una scelta di banda luminosa

ottimale debba avere dei picchi nella luce blu e nella rossa (si ottengono facilmente

abbinando lampade a luce fredda e luce calda), si è evidenziato come i vegetali

riescano a sfruttare a loro favore anche bande luminose non proprio canoniche.

Troppo spesso si pensa che utilizzando una lampada fitostimolante (in teoria quindi la

più idonea) si possa risolvere il problema della crescita delle piante acquatiche:

sbagliatissimo! L’unica cosa che è fondamentale per una sana crescita, è l’intensità

luminosa, cioè la potenza emessa la cui unità di misura è il Lumen: ci può bastare

sapere che la potenza necessaria per far sì che la maggioranza delle piante possa

godere di una sana crescita è pari a 10/15 Lumens per litro: in un acquario da 100 L

netti, sono necessari quindi 1500 Lumens di potenza luminosa come limite minimo.

Altro errore grossolano che può commettere un neofita è quello di compensare la

minore intensità aumentando le ore di luce: un ottimo metodo per far crescere le

alghe!

In questo modo le piante sicuramente stenteranno (non hanno luce abbastanza potente

per attivare appieno la sintesi clorofilliana) limitando la loro assimilazione di sali

minerali, e lasciando la maggioranza dei nutrimenti a disposizione delle alghe, per le

quali invece una maggiore durata di luce è sicuramente vantaggiosa.

Riassumendo quindi le situazioni ideali per la coltivazione delle piante acquatiche,

possiamo affermare che occorre la giusta intensità luminosa, e un sufficiente apporto

di anidride carbonica, senza la quale le piante non potrebbero costruire i propri

tessuti.

L’ultimo elemento che occorre per ricreare la nostra “foresta sommersa”, sono i

nutrienti: essi devono contenere in particolare ferro, magnesio e potassio, oltre che

una moltitudine di altri oligoelementi che in questa sede mi sembra superfluo andare

ad elencare. Sappiate comunque che in commercio vi è un’ampia scelta di concimi,

tutti validi; importante è però scegliere solo prodotti esclusivamente creati per

acquariologia che non contengano quindi fosforo, azoto o altre sostanze inquinanti.

Anche il periodo di illuminazione è importante e a seconda di come è gestito, può

favorire o meno l’insorgere delle alghe. Una vasca con piante mediamente possiede 2

o 3 lampade, con cui si riesce ad ottenere una notevole potenza luminosa. Un buon

sistema per ottenere una giusta distribuzione delle ore di luce sarebbe quella di

timerizzare in maniera differente le lampade: una lampada dovrebbe rimanere accesa

dalle 7 alle 10 ore al giorno, mai di più; sarebbe solo uno spreco e un invito alla

35

crescita delle alghe. Le altre funzionanti dalle 4 alle 7 ore. Ad esempio: lampada 1

dalle 12 alle 22; lampade 2 e 3 dalle 13 alle 20. Così facendo andremo a riprodurre la

parabola di intensità luminosa del sole: empiricamente se è vero che in natura

mediamente vi sono 12 ore di luce, è anche vero che esiste un alba e un tramonto,

dove la luce è insufficiente per garantire l’attività vegetale; diciamo a grandi linee che

la luce dell’alba (quindi non utilizzabile) duri 2 ore e altrettanto quella del tramonto:

se la matematica non è un’opinione avremo in realtà 8 ore di luce utile (difatti 12 -ore

di luce globale – 4 ore di luce inutilizzabile alba+tramonto = 8 )

In conclusione potremo quindi dire che per una sana e rigogliosa crescita vegetale

non è tanto importante la durata, quanto l’intensità e la potenza luminosa.

Per completare il discorso sulle piante, è doveroso spendere 2 parole sulla cosiddetta

legge del minimo.

In parole povere essa afferma che le piante assorbono i loro nutrienti in modo

proporzionale e in concentrazioni differenti, ma è sufficiente che anche un solo

elemento sia presente in forma insufficiente da bloccare l’assimilazione anche delle

altre sostanze.

In estrema sintesi possiamo evidenziare questo concetto con una semplice equazione:

+luce (intensità, ovviamente) = +CO2+sali minerali (ferro, potassio, ma anche

elementi indesiderati come sostanze azotate e fosforo) e meno nutrienti per le alghe.

Viceversa con meno luce ridurremo l’assimilazione e il fabbisogno degli altri

nutrienti.

Pertanto per ottenere un equilibrio ottimale occorre fornire in maniera adeguata detti

nutrimenti: è inutile aumentare la potenza luminosa senza CO2, o aumentare le CO2

senza aumentare la luce o la concimazione, in quanto il nutriente fornito in surplus

rimarrà inutilizzato, dalle piante, ma a completa disposizione delle alghe.

Siamo così giunti alla conclusione che per ottenere una sana e rigogliosa crescita

delle piante acquatiche, cioè per farle “carburare” al massimo rendendole degli

“antialghe” naturali, è indispensabile fornire in modo equilibrato tutti gli elementi di

cui abbisognano.

Infine 2 parole sulle varie specie di piante acquatiche più adatte a chi per primo si

affaccia sul meraviglioso hobby dell’acquariofilia.

Sicuramente le più robuste sono Anubias e Microsorium (adatte addirittura per

acquari salmastri); praticamente indistruttibili hanno però un grosso difetto: dalla

crescita molto lenta, sono pessime “antialghe”; resistono laddove altre piante

avrebbero solo pochi giorni di vita (ad esempio in vasche con poca luce), ma proprio

perché hanno metabolismo ridotto abbisognano pochi nutrienti, lasciandoli liberi in

vasca e a disposizione della alghe. Troppo spesso si vedono acquari con queste piante

letteralmente infestati.

36

Anubias: pianta indistruttibile ma inutile come stabilizzatore biologico.

Le Cryptocoryne , anch’esse molto adattabili e robuste, non sopportano sbalzi di

valori o spostamenti: possono in questi casi perdere le foglie che, però, ricrescono nel

giro di qualche settimana.

Gli Echinodorus si posizionano a metà strada tra piante a crescita lenta e quelle a

crescita veloce. Da menzionare E. tenellus, insostituibile piantina per ricreare tappeti

erbosi.

Ottimi antialghe invece sono Bacopa, Cabomba, Ceratophyllum, Ceratopteris,

Elodea, Gymnocoronis, Heteranthera, Hygrophila, Limnophila, Ludwigia,

Miriophylum, Sagittaria, Trichocoronis, Vallisneria e tutte quelle piante a crescita

veloce: ciò significa che sottraggono all’acqua notevoli quantità di nutrienti, facendo

fare vita difficile alle alghe. Inutile dire che per fare in modo che ciò avvenga, i

suddetti vegetali abbisognano di luce, CO2 e sali minerali nelle giuste quantità.

Ceratophyllum e Limnophila: 2 specie a crescita veloce utilissime nello stabilizzare l’ecosistema.

Ultimo consiglio: evitiamo le piante rosse; esteticamente appariscenti, necessitano

cure che è meglio lasciare agli acquariofili più esperti; sempre per rimanere su specie

da evitare, generi come Spatiphyllum, Hemigraphis, Fittonia e Dracaena, sono da

annoverare tra le piante palustri: coltivate totalmente sommerse durano al massimo

qualche mese.

A conclusione di questo paragrafo dedicato alle piante, volutamente lungo e

particolareggiato dato che la loro abbondante presenza la ritengo essere

un’irrinunciabile prerogativa per il benessere dei Tetra, volevo ricordare a tutti che

seguendo i suggerimenti della legge del minimo, seguendo i suggerimenti della

parabola di intensità luminosa e inserendo le specie di vegetali sopra elencati, può

37

risultare anche al meno esperto poter ottenere un affascinante giardino subacqueo, a

mio avviso indispensabile per mantenere un sano equilibrio biologico in un acquario

dedicato ai Tetra.

SCHEDA DI SINTESI 1

Ricordiamo che i valori di importanza vitale per la sopravvivenza dei pesci, sono, in ordine di

importanza:

1. Sostanze azotate, in particolare NH3 (ammoniaca) e NO2 (nitriti) in quanto velenosissimi e in

grado, a concentrazioni elevate, di uccidere in poche ore i pesci. Per quanto riguarda gli NO3

(nitrati) producono danni a concentrazioni elevate in particolare nei pesci giovani in fase di

crescita e nello sviluppo delle pinne.

2. La durezza, cioè l’insieme dei sali minerali disciolti che producono una costante pressione

osmotica sulle cellule; variazioni improvvise di durezza, indeboliscono notevolmente i pesci e

in quelli giovani possono provocare la morte, dato che non sono in grado di sopportare lo shock

osmotico.

3. Il pH. Fra i valori di importanza vitale è forse quello che influisce meno sul benessere dei pesci,

in particolare nel breve periodo, sebbene sbalzi repentini di questo parametro possano uccidere

gli animali.

SCHEDA DI SINTESI 2

Una breve sintesi sulla relazione pH-KH-CO2:

Più il KH è elevato, maggiore sarà la quantità di CO2 immessa per raggiungere un determinato

valore pH.

Viceversa, minore è il valore KH, minore è la quantità di CO2 da immettere per raggiungere un

determinato valore di pH.

La concentrazione ottimale di CO2 è generalmente compresa tra i 15 e i 20 mg/L.

Da ricordare che con KH inferiori a 2, ci sono possibilità di un crollo del pH verso valori acidi

letali.

SCHEDA DI SINTESI 3

Di seguito una breve suddivisione delle piante in base alla loro crescita e quindi alle loro

potenzialità di limitare la crescita delle alghe:

• Piante a crescita rapida galleggianti, ottime antialghe: Lemna minor, Pistia stratiotes, Riccia

fluitans, Ceratopteris thalictroides. In generale tutte le piante galleggianti.

• Piante a crescita rapida, ottime antialghe: Ceratophyllum, Egeria, Hygrophyla polysperma,

Limnophila sessiliflora, Gymnocoronis, Trichocoronis, Ludwigia, Rotala rotundifolia,

Heteranthera zosterifolia, Vallisneria. • Piante a crescita lenta molto robuste, in grado di sopportare valori biochimici estremi e

situazioni ambientali negative (luce, concimi, CO2) : Anubias, Microsorium.

38

SCHEDA DI SINTESI 4

Per inserire i pesci in acquario, oltre a limitare il n° di 3/6 esemplari a settimana ( in relazione alla

capacità della vasca) conviene inserire in primo luogo i mangia alghe; la settimana successiva i

pulitori di fondo, dalla terza settimana in poi, verificato che i parametri biochimici siano ottimali e

che i pesci già presenti siano in ottima salute, inserire gli altri coinquilini, sempre in ragione di

piccoli gruppi, fino a raggiungere la popolazione definitiva, che non dovrebbe superare, nel caso di

piccoli pesci, un esemplare ogni 2/4 L di acqua, abbandonando definitivamente la regola ormai

obsoleta di 1 cm di pesce per L.

39

CAP 3: La corretta gestione

Tetra pesci facili.

La maggior parte dei pesci fino ad ora menzionati, ha esigenze simili: essendosi

sviluppati su aree dove scorrono grandi fiumi che attraversano foreste come il Rio

delle Amazzoni in Sud America e, specularmente (come analizzato in precedenza) in

Africa il fiume Congo, l’habitat ideale per i Caracidi sarà costituito da una vasca

abbastanza capiente (proporzionalmente alle dimensioni della specie) con acqua

tenera e pH lievemente acido. Indispensabile una copertura vegetale ricca ma che al

contempo lasci spazio libero per il nuoto. Una temperatura compresa tra i 22 e i 26

gradi soddisfa le esigenze generiche di una vasca di comunità, anche se dobbiamo

ricordare che, provenendo da zone fluviali spesso estremamente diverse, sono criteri

di mantenimento che non tengono conto delle peculiarità specifiche: cosa questa

fondamentale qualora volessimo cimentarci nella riproduzione.

Pesci sostanzialmente robusti e facilmente adattabili alle più disparate situazione

ambientali e di valori biochimici, sono però estremamente sensibili al deterioramento

dell’acqua e alle carenze di ossigeno; sarà pertanto compito dell’acquariofilo

premurarsi di fornire loro un ambiente sano (attraverso la cura del filtro e cambi

parziali di acqua) dove questi animali saranno sicuramente in grado di vivere diversi

anni (mediamente 3, 4 e anche più anni) regalando tante soddisfazioni a chi li alleva.

L’inserimento dei Tetra e la manutenzione.

Come inserire i nostri pesci?

Il primo passo che dobbiamo fare per popolare il nostro acquario è, ovviamente,

riempirlo di acqua. Come detto nell’effettuare questa operazione dobbiamo tenere

presente quali siano le esigenze di parametri biochimici che i nostri Tetra

abbisognano: temperatura intorno ai 24°C; pH intorno al 6.5 e GH intorno a 10 sono

in linea di principio i valori ottimali. Fortunatamente i pesci che troviamo oggi in

commercio sono per lo più di allevamento e in grado di vivere bene anche con valori

decisamente diversi.

Volevo di seguito aprire una breve parentesi riguardo i misuratori in commercio.

Ne esistono principalmente di due tipi: liquidi o a strisce colorimetriche. A seconda

delle esigenze sono da preferire gli uni rispetto alle altre. Decisamente più precisi i

liquidi: funzionano a viraggio di colore. Le strisce sono invece di estrema praticità,

ma hanno una scala con maggior intervallo.

40

Sono reperibili misuratori in grado di soddisfare tutte le nostre esigenze di

conoscenza dell’acqua: dal pH al GH, dai fosfati al calcio, dall’ammoniaca ai nitrati,

dalla CO2 all’ossigeno………..

Chiusa parentesi.

Una volta inserita l’acqua e portata a temperatura, sarebbe buona norma arredare la

vasca con un cospicuo numero di piante vive, che apporteranno un considerevole

numero di batteri e microrganismi; a loro volta essi colonizzeranno il filtro, rendendo

possibile la vita all'interno dell'acquario.

Sarà ora nostra premura verificare che i valori delle sostanze azotate (in particolare i

pericolosi Nitriti NO2) siano nella norma.

Qualora il risultato di questa verifica sia negativo, è possibile intraprendere due strade

per ovviare alla presenza dei Nitriti: la prima, naturale, consiste dell’avere pazienza e

aspettare che i batteri presenti sulle piante attecchiscano e comincino ad ossidare gli

NO2; la seconda, più rapida, invece è quella di utilizzare degli appositi prodotti in

commercio contenenti in forma inattivata questi batteri “buoni”; una volta messi in

acquario, svolgeranno da subito la loro utile quanto indispensabile attività.

Accertata l’assenza di sostanze inquinanti, si partirà con l’inserire 3 o 4 pulitori e una

volta constatato il loro ambientamento, sarà possibile procedere all’inserimento dei

nostri Caracidi. Nei negozi specializzati potremo trovare un numero pressoché

infinito di generi e specie, da poter soddisfare anche l’appassionato più raffinato ed

esigente. Prima però di tuffarci nel loro acquisto, dobbiamo farci guidare da un

minimo di esame esteriore, onde evitare di incappare in animali dalle precarie

condizioni di salute. Sarà quindi opportuno soffermarsi qualche minuto ad osservare i

pesci destinai alla nostra vaca. Essi devono presentare un nuoto veloce, nuotare in

branco, presentare colori vivaci; inoltre sul corpo e sulle pinne non dovremo notare

chiazze o sfrangiature, segno inequivocabile della presenza di una patologia: nessun

pesce di quella vasca dovrà mai giungere presso di noi, potrebbe infettare il nostro

acquario.

Una volta che i futuri ospiti abbiano rispettato questi primari parametri di qualità, sta

ora a noi cercare di dare loro il massimo benessere.

In primo luogo non bisogna mai dimenticare che i Tetra sono pesci che vivono in

natura anche in folti sciami, perciò acquistarne un gruppo di almeno 5/8 esemplari si

rende indispensabile.

I nostri amici una volta catturati dalla vasca del negoziante, vengono inseriti in

sacchetti di plastica entro i quali possono, a seconda del numero, resistere per qualche

ora; minore è però il tempo di trasferimento, minore è lo stress accumulato: evitiamo

quindi dia andare a fare shopping con i nostri Tetra in borsa.

Bene, ed ora accingiamoci a fare il grande passo: liberare i nostri pesci nel nostro

acquario!!!

Il sistema è abbastanza semplice: si lascia galleggiare il sacchetto chiuso dentro

l’acquario per un quarto d’ora circa, tempo necessario affinché l’acqua nel sacchetto

raggiunga la temperatura della vasca.

La seconda operazione è rappresentata dall’acclimatazione vera e propria: una volta

aperto il sacchetto, lo si riempie gradualmente con l’acqua di destinazione, magari

41

con l’ausilio di una tazza; ad intervalli regolari (2/3 minuti) si versa una tazza

all’interno del sacchetto fino a che non abbiamo raddoppiato la quantità di acqua

all’interno di esso.

Si preleverà il sacchetto e lo si svuoterà in un recipiente. Ora cattureremo con un

apposito retino i nostri pesciolini per rilasciarli velocemente in vasca.

Terminata l’operazione getteremo l’acqua residua: per nessuna ragione l’acqua del

sacchetto dovrà terminare nel nostro acquario. La ragione di questo consta in due

validi motivi: il primo e che facilmente avrà parametri biochimici diversi; la seconda

ragione, ben più importante, è che in quest’acqua potrebbero esservi spore patogene

latenti, decisamente da evitare.

Se tutto procede bene e non abbiamo segni evidenti di squilibri o malattie, una decina

di giorni dopo potremo effettuare un nuovo acquisto, fino a raggiungere una densità

di popolazione che in un acquario medio, intorno agli 80 litri, si aggirerà intorno ai 30

esemplari di piccole dimensioni.

Le compatibilità.

Sostanzialmente di indole pacifica, eccetto in alcuni sporadici casi più dovuti a errori

umani che a caratteri esuberanti specifici, i Tetra possono essere facilmente

accompagnati ad altri pesci dalle dimensioni adeguate, ovviamente pacifici e che ne

condividano l’habitat.

E’ovvio che in un acquario dedicato ai Tetra è possibile inserire pesci di altri generi

osservando però la buona regola di informarsi a priori sulle esigenze ambientali e le

peculiarità comportamentali dei coinquilini della vasca.

Inutile dire che pesci dalle cospicue differenze di taglia o dal carattere troppo

aggressivo, non possono (ma soprattutto non devono) essere compagni ideali dei

nostri Caracidi.

Ecco allora una breve carrellata sulle specie più idonee che possano accompagnare

nei loro guizzi i protagonisti di questo libro:

Per quanto riguarda i Ciclidi, sono ottimali i cosiddetti “Ciclidi nani” sia

Sudamenricani che dell’Africa Occidentale. Vivono nelle stesse acque, hanno

medesime esigenze alimentare. Esemplari eccessivamente grandi potrebbero,

comunque, divenire un pericolo per giovani Tetra. Osservare la sana vecchia regola

di non associare mai pesci grandi con pesci piccoli.

Tutti generi menzionati di seguito non raggiungono i 10 cm di lunghezza, eccezion

fatta per gli Perophyllum scalare.

Del genere Apistogramma le specie più comuni sono: Agassizi

Borelli

Cacatuoides

Njisseni

Di seguito altre specie pacifiche di piccoli Cilcidi Sudamericani, ottimali compagni di

vasca:

Crenicara filamentosa

42

Laetacara curviceps

“ dorsigera

Nannacara anomala

Mikrogeophagus ramirezi

Un bel soggetto di Apistogramma cacatuoides

Importante se si vogliono tenere questi piccoli pesci, non inserire un folto gruppo di

Tetra: la loro voracità ed ingordigia non permetterebbe ai piccoli Ciclidi una corretta

assunzione di cibo. Ciò vale per i Discus: se attorniati da un eccessivo numero di

pesci, subiscono un continuo stress da competizione alimentare.

Discorso a parte invece per piccoli Ciclidi dell’Africa occidentale (dove nel bacino

congoniano condividono gli ambienti dei Caracidi africani) come Pelvicachromis e

Nanochromis, molto più rustici e robusti. I Ciclidi dell’Africa orientale invece sono

estremamente aggressivi e abbisognano acqua dai valori chimici diametralmente

opposti a quelli ottimali per i Tetra.

Pelvicachromis taeniatus

Relativamente alla convivenza con Scalari e Discus, bisogna aprire una piccola

parentesi.

Con i primi, si possono creare situazioni di convivenza diametralmente opposti, nel

senso che dipende dall’ambiente e dal numero di esemplari di questo Ciclide presenti

in vasca la buona o cattiva convivenza con i piccoli Tetra.

I fattori positivi che possono portare Tetra e Scalari a popolare la medesima vasca,

dipendono in larga parte da come vengono gestiti questi ultimi.

43

Innanzi tutto non devono mai essere acquistati in coppia o peggio singoli; in primo

luogo perché inserendone 2 a caso non siamo sicuri di avere una coppia formata

(ottimale situazione per gli Scalari): in questi casi uno dei due sicuramente sarà

dominante e tenderà ad aggredire e scacciare costantemente il suo pari, impedendogli

addirittura di nutrirsi adeguatamente e portandolo, nel lungo periodo ad un

indebolimento talmente profondo da poter sfociare nel decesso. Lo Scalare singolo,

tenderà a diventare molto grande e padrone della vasca, dove non avendo altri simili

con cui avere “discussioni”, se la prenderà con il primo pesce che gli capiterà a tiro,

magari un piccolo Neon, con le disastrose conseguenze che facilmente si possono

immaginare.

Inserendo invece gli Scalari in gruppo (almeno 5 esemplari), sebbene anche in questo

caso si formi un dominante, non riuscirà mai a tenere sottomessi

contemporaneamente gli altri conspecifici, che comunque saranno in grado di

accrescersi normalmente e non di rado opporre resistenza per non dire

prevaricazione. Inoltre l’aggressività degli Scalari è prettamente intraspecifica e viene

rivolta verso altre specie qualora non esistano altri membri della stessa razza.

Creare una situazione positiva è inoltre possibile attraverso l’inserimento di piccoli

Scalari che si accrescano attorniati da Tetra: essi considereranno i piccoli pesci come

parte dell’ambiente ove sono cresciuti e non come possibili spuntini.

Altro fattore determinante è l’ambiente: inutile dire che un acquario ricco di

vegetazione e nascondigli permetterà ai Caracidi di ripararsi da eventuali attacchi,

anche solo a livello conoscitivo (nel senso che i pesci non hanno mani e l’unico modo

che hanno di toccare altre creature acquatiche è la bocca); un volta capito che gli altri

pesci non sono facilmente commestibili, verranno ignorati dai Cilcidi.

Viceversa, l’inserimento di piccoli Tetra in una vasca spoglia e popolata da Scalari, è

sconsigliabile, dato che ad un primo impatto i Caracidi subiranno sicuramente le

attenzioni dei loro coinquilini e si troveranno sovente in mal partita.

Gli stessi esempi sopra menzionati, sono validi anche per i Discus, con la

considerazione però che è preferibile evitare di accompagnarli a specie di Caracidi di

acqua temperata (come i Neon), dato che questi grossi Ciclidi abbisognano di acque

costantemente superiori ai 27°C; essendo i pesci animali a sangue freddo, ciò

provocherebbe un accelerazione del metabolismo in questi Tetra, portandoli ad un

invecchiamento precoce e ad un indebolimento generalizzato: in sintesi avrebbero

una vita più breve. Compagni ideali invece sarebbero i Cardinali che vivono

tranquillamente a temperature costantemente superiori ai 25°C.

Passando ad altri generi, è sicuramente fra i Ciprinidi dove ritroviamo la maggioranza

dei compagni ideali di vasca:

Barbus

Brachydanio

Rasbora

Tanictis

Tutti di piccole dimensioni e prettamente di gruppo, occupano le medesime nicchie

ecologiche dei Caracidi, ma nel continente Eurasiatico.

44

Puntius pentazona C. siamensi Rasbora hengeli

Una menzione a parte per il Ciprinide Crossocheilus (ex Epalzeorhynchos)

siamensis: impareggiabile mangiatore di alghe filamentose, è indispensabile qualora

si desideri avere una vasca totalmente priva di questi antiestetici vegetali. Per una

lotta efficace sono indispensabili almeno 2 esemplari ogni 50 L di capienza.

In Australia troviamo invece come pesci di gruppo e dallo stesso carattere dei Tetra i

Melanotaenidi, che preferiscono però acque più dure, sebbene possano essere

abituati a condizioni diverse.

I più comuni rappresentanti sono:

Melanotaenia boesemani

Melanotaenia lacustris

Melanotaenia praecox

Melanotaenia lacustris

Per la categoria pulitori possiamo inserire senza pericolo tutti i rappresentanti della

famiglia Loricaridi:

Ancistrus

Otocinclus

Plecostomus, sono sicuramente i più conosciuti.

Corydoras arcuatus Glyptoperichthys gibbiceps

Stesso discorso vale per i Callichthyidi: i buffi Corydoras sono da tutti

unanimemente riconosciuti come pulitori di fondo. Un consiglio per mantenerli in

buona salute è quello però di non considerarli meri aspirapolvere, bensì animali che

45

hanno sviluppato un apparato boccale atto ad assumere nutrimento dai fondali. Se è

vero che consumano eventuali resti di mangime, è altrettanto vero che per svolgere

appieno questa utilissima funzione, devono essere in buona salute, ergo nutrimento

abbondante; esso è costituito dalla somministrazione di apposite compresse di fondo

che ne facilitano il nutrimento, altrimenti ridotto data la presenza di altri coinquilini,

che consumano la maggior parte del mangime, come è giusto che sia, prima che

questo raggiunga il fondo e pervenga alla portata dei barbigli dei Corydoras.

Se vengono sottovalutate le loro esigenze alimentari e di vita di gruppo, capita

sovente che questi simpatici animaletti muoiano d’inedia.

I Belontiidi (cioè gli Anabantidi o se preferite Labirintidi): in particolare le specie

Colisa lalia

Colisa chuna

Colisa fasciata

Betta splendens

e il Pesce Combattente Betta splendens; da inserire in coppie e dei quali non è

difficile ottenere la riproduzione.

Vi sono poi i pesci d’acquario per eccellenza: i famosissimi Poecillidi, i pesci

ovovivipari.

Lebistes

Platy

Xiphophorus e Molly ( cioè le infinite varietà di Poecilia velifera e sphenops) ne

sono i maggiori rappresentanti. Da allevare a coppie, sono estremamente robusti ed

adattabili, anche se ultimamente in commercio esistono animali molto debilitati

geneticamente a causa dell’allevamento industriale spesso in acqua salmastra e

soggetti alle più disparate patologie.

Poecilia endler

Animali invece nati in Italia, sono da preferire. Cerchiamo quindi amici o conoscenti,

anche attraverso le varie associazioni sul territorio nazionale, che possano regalarci o

venderci qualche poecilide made in Italy. Ultimamente non è raro trovare negozi che

abbiano a disposizione animali “nosrani”.

46

Per quanto riguada i Ciprinodontidi, detti anche Killi fish, sono animali dai

bellissimi colori, quasi dipinti con acquarello e per questo attraggono facilmente gli

acquirenti; conviene rivolgersi verso specie di piccole dimensioni, dato che sono

avidi micropredatori: specie più grandi potrebbero diventare pericolose.

Mi sento pertanto di consigliere alcune specie di non difficile reperimento e dagli

sfavillanti colori:

Aphyosemion australe

Aphyosemion bivittatum

Epiplatys dageti

Epiplatys annulatus (graziosissimo, piccolo e molto delicato).

Evitiamo invece gli esemplari delle specie di Ciprinodontidi che raggiungono

maggiori dimensioni dato che sono potenzialmente pericolose, come ad esempio il

comunissimo Aphyosemion gardneri.

Aphyosemion bivittatum

Sono stati fin qui riportati generi e specie di più comune accesso nei negozi di

acquariofilia, sebbene spesso ci si possa imbattere i pesci particolari e

commercialmente poco conosciuti, che comunque, informandosi prevntivamente,

possono diventare ottimi compagni di vasca dei nostri piccoli amici.

Cionondimeno il buon senso ci può guidare nella scelta di compagni di vasca diversi

da quelli fin qui riportati.

Un buon testo generale da cui poter attingere informazioni sulle esigenze biologiche,

taglia e aggressività di pesci che volessimo inserire come compagni di vasca per i

nostri Tetra, ci potrà dare le giuste indicazioni nell’effettuare le nostre scelte,

tenendo sempre presente il vecchio detto “pesce grosso mangia pesce piccolo” dato

che per quanto pacifico posa essere il pesce grosso, qualora si presentasse l’occasione

di una facile merenda, non se la lascerebbe sicuramente scappare: la scelta migliore è

sempre e comunque l’associazione di specie della medesima taglia.

La manutenzione.

Una volta inseriti i nostri ospiti, controllato che le parti tecniche funzionino a pieno

regime e che i valori biochimici dell’acqua siano quelli ottimali per il benessere dei

Tetra, possiamo tirare un sospiro di sollievo e pensare che ormai la strada che ci si

presenta sia del tutto in discesa. Difatti la parte più difficile da affrontare, è proprio

nei primi mesi, quando ancora l’equilibrio biologico è traballante e non del tutto

formato. Superati quindi i primi 3/6 mesi, saremo sicuri che, a meno di grossolani

47

errori di gestione, tutto quello che avremo sotto i nostri occhi si potrà ammirare per

un lunghissimo periodo di tempo: l’acquario infatti è come una casa che una volta

costruita non può essere più rimossa.

Per ottenere ciò, è però indispensabile un limitatissimo, quanto necessario intervento

umano. L’acquario è da vedere come un essere vivente che consuma materia e

produce scarti. Sono infatti queste sostanze di scarto, che se non opportunamente

eliminate, conducono bene presto ad ottenere una brodaglia antiestetica. In natura

infatti esistono costanti ricicli dati da acqua nuova tramite l’apporto di falde oppure

durante la stagione delle piogge con vere e proprie inondazioni.

Ebbene, è proprio imitando la natura nei suoi fenomeni, che ne possiamo ritrarre la

bellezza entro le pareti di casa.

Il cambio parziale bimensile.

Si rende quindi assolutamente fondamentale il cambio periodico.

Durante questa operazione è opportuno utilizzare il cosiddetto biocondizionatore, un

particolare prodotto in grado di eliminare il cloro e di “invecchiare” l’acqua

proveniente dalle nostre tubature, rendendola così meno “aggressiva” nei confronti

del muco protettivo che riveste l’epidermide dei pesci; questo particolare prodotto è

in grado anche di svolgere l’utile funzione di legare i metalli pesanti che spesso si

rinvengono nelle condotte tropo vecchie o, viceversa, in quelle di nuovissima

fabbricazione.

In base alla mia esperienza, posso assolutamente affermare senza ombra di dubbio

che un cambio regolare di circa 1/3 della capacità della vasca effettuato ogni 15

giorni ci permette di mantenere costante l’equilibrio biologico.

In tale modo si eliminano tutte quelle sostanze che derivano dal metabolismo animale

e che interferirebbero pesantemente sull’ecosistema. Il cambio è anche un passo

fondamentale nella continua battaglia contro le alghe, che non dimentichiamo essere

sempre presente (sebbene in taluni acquari quasi inesistenti) nella nostra vasca: sta a

noi fornire un ambiente inadatto alla loro crescita, ad esempio creando i presupposti

di una rigogliosa crescita vegetale.

Abbiamo quindi detto che il cambio di 1/3 bimensile è l’asso nella manica per

mantenere stabile l’ambiente per lunghissimi periodi (potrei anche dire per sempre,

dato che ho vasche che funzionano così da oltre 10 anni!!!!!!).

La sifonatura.

Oltre al cambio parziale è sicuramente la sifonatura del fondo è l’altra carta vincente

per un’igiene sana e duratura: foglie morte, mangime, escrementi, cadono

inevitabilmente sul fondo e benché una parte venga trascinata via dalla corrente e

convogliata nel filtro, migliaia di particelle si insediamo negli interstizi della ghiaia,

producendo ben presto uno strato di fanghiglia ove pullulano funghi, batteri e

protozoi.

Sebbene molti di questi ultimi sino del tutto innocui, viceversa talune specie trovano

proprio in questi substrati putrescenti, una casa provvisoria; una volta raggiunto un

48

numero sufficiente e un’alta densità, non esitano ad attaccare la materia vivente, cioè

i nostri guizzanti pesciolini.

Per eliminare questi indesiderati ospiti, o meglio per contenerne il numero, si rende

indispensabile la suddetta operazione.

Vi sono 2 principali sistemi per mantenere il fondo pulito.

Il primo è quello di utilizzare gli appositi aspira-rifiuti che si possono ritrovare in

commercio, costituiti da un tubo di plastica inserito in un cilindro di plexiglass. (foto)

Una volta adescato di acqua (stile travaso del vino per intenderci) porremo l’estremità

del tubo entro un secchio ove scaricherà l’acqua sporca; il cilindro invece verrà

inserito nel fondo, dove il flusso di acqua di scarico aspirerà solo le particelle di

sporco, più leggere, e non la ghiaia, più pesante.

L’altro sistema è invece quello di utilizzare un semplice tubo di gomma e svuotare

nel secchio acqua e sabbia; sabbia che verrà aspirata dalla parte anteriori della vasca

o nei punti ove lo sporco si accumuli e risulti particolarmente visibile.

Ora non ci resa che sciacquare abbondantemente il contento del secchio fino a che

tutto lo sporco presente sia eliminato. A fine operazione non faremo altro che

reinserire la ghiaia aspirata, sul retro della vasca.

Quest’ultimo sistema, che è quello che utilizzo personalmente, ci permette di ottenere

innumerevoli vantaggi.

Il primo è quello di mantenere il cosiddetto “buco cattura sporco” in posizione

anteriore.

Di mantenere l’effetto estetico dato dalla parte posteriore più alta.

Di evitare l’eccessiva penetrazione della sporcizia nel fondale.

Ottenere una continua rotazione della sabbia, mantenendola pressoché pulita nel

corso del tempo.

Ora una domanda nasce spontanea: “……si ma la sabbia sul davanti, prima o poi

finisce, no?…….”.

La risposta è che grazie al continuo movimento dell’acqua, alla lieve pendenza e

all’opera delle creature del fondale come lumache o pesci pulitori, ben presto il

dislivello si ridurrà; sabbia nuova andrà ad occupare lo spazio da noi liberato, e

qualora noi interrompessimo la nostra operazione di pulizia, in breve tempo il fondo

sarà livellato, impedendoci di concentrare lo sporco in una posizione comoda.

Chi utilizza il cosiddetto “Sistema Sabbia” può esimersi dall’effettuare le operazioni

di sifonatura: questo sistema prevede infatti sabbia finissima e la presenza di diversi

esemplari del genere Corydoras che con la loro azione filtrante lasceranno la sabbia

priva di sedimento. Per ogni approfondimento invito a leggere il relativo articolo sul

mio Blog.

Un’ulteriore operazione di pulizia è il rimuovere le alghe dai vetri.

Premesso che le alghe sono del tutto innocue a i pesci per non dire utili, non da

ultimo sotto il profilo alimentare, è bene periodicamente rimuovere la patina che si

può formare in particolare sul vetro anteriore. In considerazione di quanto espresso,

va sottolineato che qualora il vetro posteriore o altri vetri esclusi dalla visuale ne

fossero incrostati, evitando di eliminarle faremmo un favore ai nostri pesci, dato che

spesso vi trovano sostanze alimentari alternative.

49

Evitiamo di usare corpi abrasivi che righerebbero irrimediabilmente i vetri.

In commercio esistono apposite calamite e pratici raschietti che svolgono

egregiamente questo compito.

Il retino, di dimensioni adeguate in relazione alla grandezza e conformazione della

vasca, si rivela strumento indispensabile nello svolgimento di svariate operazioni,

dato che meno si mettono le mani in acqua e meglio è. Recuperare una foglia morta o

detriti, piuttosto che catturare dei pesci o……..haimè……..recuperare dei cadaveri, ci

fanno capire che esso sarà sempre un compagno di lavoro.

La cosa importante comunque è sapere che entrare in un retino per i pesci non è

un’esperienza piacevole; ogni qualvolta che vengono a contatto con le maglie,

subiscono piccolissime microabrasioni e lacerazioni della mucosa, molto pericolose

dato che in questo modo viene indebolita la barriera protettiva verso i microrganismi

patogeni.

I controlli periodici

Quando si effettuano i cambi parziali, è buona norma un piccolo controllo degli

elementi tecnici, verificando che gli strumenti funzionino a pieno regime. In

particolare ogni 4/6 mesi sarebbe auspicabile un lavaggio delle parti meccaniche della

pompa centrifuga; le colonie di batteri che si accumulano sulla bobina magnetica e

sulla girante, a lungo andare possono bloccare il meccanismo di rotazione, fermando

il flusso dell’acqua. Se dovesse accadere in nostra assenza, ad esempio mentre siamo

in vacanza, le conseguenze potrebbero essere devastanti; sempre in tema di vacanza,

se in acquario abbiamo un cospicuo numero di esemplari e se il periodo della nostra

assenza è superiore alle due settimane, è conveniente l’utilizzo di mangiatoie

automatiche; pratiche e dalle piccole dimensioni, è buona norma sperimentarne

l’utilizzo alcune settimane prima di partire: è possibile così evidenziare eventuali

difetti di funzionamento e calibrare la giusta quantità di mangime da somministrare,

quotidianamente, in nostra assenza. Queste apparecchiature inoltre possono essere di

aiuto qualora impegni di lavoro ci impediscano una corretta alimentazione degli

animali.

Altra operazione fondamentale si rivela il controllo dei prefiltri. Soggetti ad

intasamenti vari causati dalle particelle che trattengono, devono essere puliti o

cambiati ogni qualvolta lo sporco trattenuto impedisca un corretto scorrimento

dell’acqua.

Il parco luci, inteso come tubi fluorescenti, andrebbe sostituito ogni 8 mesi circa, dato

che con l’andare del tempo, viene persa potenza luminosa e banda di colore.

Lampade troppo vecchie inoltre favorirebbero la crescita delle alghe.

Oggigiorno con i Led questa operazione risulta superflua poiché hanno una durata di

svariati anni prima di perdere funzionalità.

I controlli sulle parti elettriche devono essere sempre effettuati a spina disinserita.

Come anticipato precedentemente la qualità dell’acqua giuoca un ruolo

fondamentale. Bisogna quindi avere sempre sotto controllo i parametri biochimici

50

attraverso i test periodici, in teoria mensili, ma che a seconda delle esigenze possono

assumere maggiore frequenza.

Importante durante i cambi parziali avere dell’acqua possibilmente uguale a quella

della vasca, utilizzando in particolare gli appositi biocondizionatori che legano i

metalli pesanti ed eliminano il cloro nonché l’acqua ad osmosi per mantenere il

giusto grado di durezza. Evitiamo i prodotti che agiscono sul pH, meri palliativi e a

volte se male utilizzati decisamente nocivi. Molto meglio utilizzare in vasca la torba

nel filtro o la CO2, dato che se anche vi fossero lievi differenze fra il pH dell’acqua

nuova e quello della vasca, esso verrà subito modificato nei valori desiderati.

Essendo i pesci animali a sangue freddo, anche la temperatura dovrà essere

sostanzialmente uguale a quella che si ha in acquario. Gli sbalzi repentini rendono i

pesci più soggetti alle patologie.

Non dimentichiamo mai che il mondo dell’acquario, essendo costituito da organismi

viventi, è un mondo dinamico, entro il quale avvengono continue interazioni fra gli

esseri viventi che lo popolano e l’elemento entro il quale nuotano: l’acqua.

Acqua che vuole dire anche sali minerali, molecole e atomi, che a loro volta

interagiscono con gli esseri viventi, in un continuo divenire, dove ottenere delle

soddisfazioni non si riduce a semplici (o complicate) equazioni matematiche: è la

nostra sensibilità, la voglia di imparare e l’amore per la natura e gli animali che ci

faranno diventare dei grandi appassionati, senza bisogno di essere degli ingegneri

nucleari o dei chimici industriali.

SCHEDA DI SINTESI 5

Ecco un breve riassunto sulle principali operazioni di manutenzione da effettuare in un acquario e i

relativi tempi:

• Ogni 15 giorni va effettuato il cambio parziale, in misura di almeno il20/30%.

• Ogni mese, o intervallo maggiore in relazione al numero, dimensioni e dimensioni dei pesci

ospitati, verifica della funzionalità dei prefiltri e eventuale loro sostituzione.

• Ogni 4/6 mesi verifica e pulizia delle parti meccaniche della pompa centrifuga.

• Ogni 8/12 mesi sostituzione dei tubi fluorescenti.

Operazione che NON devono mai essere compiute:

- Svuotare completamente a scopo di pulizia l’acquario.

- Pulire, rimuovere o risciacquare i cannolicchi o altro substrato adibito a filtro biologico: si

eliminerebbero i batteri nitrificanti, con la conseguente produzione in vasca di composti azotati

velenosi come ammoniaca e nitriti.

51

SCHEDA DI SINTESI 6

Elenco delle operazioni corrette per l’inserimento di nuovi pesci in acquario:

a- far galleggiare il sacchetto per circa 15 minuti nell’acquario, in modo da portare la temperatura

dell’acqua all’interno del sacchetto dei pesci nuovi, allo stesso valore di quella dell’acquario.

b- inserire ad intervalli di 5 minuti circa, un bicchiere di acqua dell’acquario nel sacchetto.

c- allorquando l’acqua all’interno del sacchetto è raddoppiata, è possibile con un retino, catturare i

pesci e liberarli in vasca. Se tale operazione fosse difficoltosa per vari motivi (ad esempio retino di

maggiori dimensioni rispetto all’apertura del sacchetto), si può svuotare il contenuto del sacchetto,

pesci compresi, in un recipiente, catturare i pesci ed infine gettare l’acqua.

d- una volta inseriti i pesci, gettare l’acqua.

IMPORTANTE! Non inserire MAI in vasca acque provenienti da altri acquari: hanno valori

biochimici diversi e sono potenzialmente patogene.

52

CAP 4

I TETRA: conosciamoli uno ad uno.

In questo capitolo troveremo una descrizione generale delle più comuni specie di

Tetra che si possono reperire nei negozi specializzati.

Una breve scheda riassuntiva sulla biologia, la provenienza, gli aspetti

comportamentali di questi piccoli pesci, nonché il nome comune con cui spesso

questi pesci vengono offerti nei negozi.

Ma iniziamo subito a conoscere quello che è sicuramente il rappresentante per

antonomasia di tutti i Caracidi: il Paracheirodon Innesi, ovverosia il Neon.

Paracheirodon innesi (Myers 1936)

Nome comune: pesce Neon

Sin: Hyphessobrycon innesi

Provenienza: Rio Putumayo, Perù orientale, bacino superiore del Rio delle

Amazzoni. La maggior parte di pesci in commercio proviene da allevamenti, in

prevalenza situati ad Hong Kong.

Dimensioni: 40 mm.

Dimorfismo sessuale: maschio tendenzialmente più snello, con la linea iridescente

blu dritta. Femmina più tondeggiante e linea blu che subisce una lieve deviazione

verso l’alto all’altezza della pinna dorsale.

53

Comportamento: pesce di branco, molto pacifico ideale per tutti gli acquari di

comunità. Evitare di abbinarlo a pesci troppo grossi o vivaci. Conviene inserire un

piccolo gruppo di almeno 5 esemplari per facilitarne l’adattamento al nuovo habitat.

Allevamento: sebbene possa tollerare acque decisamente differenti da quelle ottimali

(anche 40 GH e pH 8.5) gli animali tenuti in questo modo vedranno ridotta la loro

longevità.

E’ preferibile allevare questa specie in acquari con acqua tenera (fino a 6/8 GH) e pH

lievemente acido (6.5), con frequenti cambi parziali (almeno 2 volte al mese il 30%).

Consigliabile l’utilizzo di un fondo scuro e fitta vegetazione. In queste condizioni i

Neon possono vivere anche svariati anni.

Temperatura: 15/25°C, con optimum intorno ai 20.

N.B. : se i Neon vengono mantenuti costantemente a temperature al di sopra dei

25°C, la loro longevità si riduce drasticamente; la temperatura elevata, accelera il loro

metabolismo, portandoli ad un invecchiamento precoce. Cionondimeno nei mesi

estivi sopporta senza problemi temperature superiori ai 30°C, ma in inverno dovrebbe

essere tenuto invece intorno ai 18/20°C.

Riproduzione: E’ sufficiente una vasca da una decina di litri, dotata di una griglia sul

fondo, come arredamento un ciuffo di muschio di Giava.

La temperatura dovrebbe essere intorno ai 20°C, pH 5.5-6, GH 1.

Le femmine pronte possono arrivare a deporre anche 200 uova, dal diametro inferiore

al mm.

I riproduttori vanno inseriti la sera, il mattino seguente o 24/48 ore dopo avviene

l’accoppiamento.

La buona disponibilità alla riproduzione è visibile allorquando il maschio segue la

femmina in posizione sottostante ad essa.

Una volta terminata la deposizione allontanare i riproduttori, che non esiterebbero a

divorare le proprie uova. Dopo 24/30 ore (in relazione alla temperatura) ne sgusciano

piccole larve trasparenti di un paio di mm di lunghezza. Dopo 4 giorni sono lunghi 3

mm, hanno sviluppato occhi e pinne e devono essere nutriti con fine mangime vivo

come infusori e rotiferi. Dopo circa una decina di giorni si può passare a nutrire gli

avannotti con naupli di artemia appena schiusi.

All’inizio gli avannotti sono trasparenti, solo dopo il primo mese (a circa 1 cm di

lunghezza) compare la tipica fascia rosso-blu iridescente.

Alimentazione: pesci senza esigenze particolare, possono tranquillamente essere

nutriti con normale mangime secco, possibilmente di diverse qualità; ma se

desideriamo selezionare animali belli e dai colori maggiormente brillanti, è

conveniente estendere l’alimentazione ai surgelati e al mangime vivo.

54

Proseguiamo ora nella descrizione delle altre due specie appartenenti alla tipologia

dei pesci dalla banda rosso-blu iridescente del genere Parcheirodon, e cioè

Paracheirodon axelrodi e Paracheirodon simulans.

Paracheirodon axelrodi (Schultz 1956)

Nome comune: Cardinale, Neon Cardinale.

Sinonimi: Cheirodon axelrodi, Hyphessobrycon cardinalis.

Origini: largamente diffuso in Venezuela, nell’Orinoco e negli affluenti del Rio

Negro, staziona preferibilmente in acque ferme o poco mosse.

Nota: pesci sfuggiti alle stazioni di stoccaggio situate a Manaus, pare abbiano

popolato i corsi d’acqua della zona.

La quasi totalità degli esemplari in commercio è di cattura.

Dimensioni: 50 mm.

Dimorfismo sessuale: la femmina è più tondeggiante e di maggiori dimensioni.

Comportamento: pesce di branco, anche in acquario deve essere allevato in gruppo,

inserendo non meno di 5/6 esemplari; estremamente pacifico, è adatto agli acquari di

comunità.

55

Allevamento: seppur come P. innesi, P. axelrodi è adattabilissimo alle situazioni

ambientali più diverse, non bisogna dimenticare che i fattori negativi presenti nelle

condizioni di allevamento ne riducono la vita e predispongono questi graziosi

pesciolini ad essere maggiormente sensibili alle malattie, in particolare all’Ictio, o

malattia dei puntini bianchi. Ecco perché sarebbe consigliabile allevare i Cardinali in vasche ricche di vegetazione, con acqua

lievemente acida e tenera e con coinquilini non troppo vivaci o aggressivi.

E’ consigliabile l’inserimento di piante galleggianti per creare zone d’ombra

estremamente gradite a questi pesci. E’ uno dei pesci più adatti per le piante ricche di

vegetazione in stile “olandese”: un folto gruppo di Cardinali che nuota su uno sfondo

verde è uno spettacolo veramente unico.

Temperatura: 24/28°C.

Riproduzione: come per P. innesi, ma molto più difficile. La temperatura dovrebbe

rimanere intorno ai 25°C e la vasca dovrebbe avere una maggiore capacità.

Questi pesci depongono all’imbrunire o di notte. Per altre informazioni vedere P

innesi.

Alimentazione: senza esigenze particolari, si nutre avidamente dei mangimi secchi e

liofilizzati presenti in commercio. Una dieta che però comprenda surgelati e mangime

vivo ne esalta la colorazione e il sistema immunitario.

Note: : gli esemplari che vivono ne nostri acquari raggiungono e a volte superano i

50 mm di lunghezza e svariati anni di vita. Sembra però che ciò non avvenga in

natura: vivendo in un ambiente estremamente selettivo, pare che la maggioranza dei

pesci non superino l’anno di vita e la prima riproduzione.

56

Paracheirodon simulans (Gery 1963)

Nome comune: -

Sinonimi: Hyphessobrycon simulans.

Origini: sistema fluviale del Rio Negro.

Dimensioni: 35 mm.

Dimorfismo sessuale: le femmine sono più grandi e dal ventre tondeggiante.

Comportamento: pesce di branco e pacifico. Rispetto agli altri cugini Paracheirodon

(axelrodi e innesi) ha un atteggiamento più timido e schivo. Adatto per una vasca di

comunità in compagnia di altri piccoli pesci pacifici.

Allevamento: specie sensibile alle condizioni di igiene dell’acqua, con particolare

riferimento alle sostanze azotate. Un ambiente con acqua tenera e acida ne favorisce

la longevità e la resistenza alle malattie. Indispensabile per garantire un buono stato

di salute, l’inserimento di un piccolo gruppo di almeno 5/8 esemplari. Specie che non si rinviene spesso in commercio.

Temperatura: 24/28°C.

Riproduzione: difficile da ottenere e specie non particolarmente prolifica, occorre

un’acqua molto tenera (1 GH) e decisamente acida ( pH 5.5).

I piccolo vanno nutriti con rotiferi ed infusori o altro mangime microscopico. La

crescita non è particolarmente rapida.

Alimentazione: cibo secco e liofilizzato, mangime surgelato e vivo di piccole

dimensioni. Senza esigenze particolari.

57

Proseguiamo ora nella descrizione di altre specie dalla banda iridescente, che però

appartengono al genere Hyphessobrycon ed Hemigrammus: sto parlando di quei pesci

che vengono comunemente distinti attraverso il nome di Neon Rosso e Neon Nero.

Sebbene biologicamente non siano nemmeno parenti delle specie precedentemente

descritte, questi due pesci vengono genericamente annoverati fra i pesci Neon offerti

in commercio.

Hemigrammus erythrozonus.

(Durbin 1909)

Nome comune: Neon Rosso.

Sinonimi: H. gracilis.

Origini: fiume Essequibo, Guyana. Gli esemplari in commercio sono riprodotti per lo

più negli allevamenti del sud est asiatico e nei paesi dell’est europeo (in particolare

repubblica Ceka).

Dimensioni: 40 mm.

Dimorfismo sessule: il maschio rimane più piccolo e snello. Femmine pronte per la

deposizione mostrano, talvolta, un ventre talmente gonfio di uova, che sembrano

esplodere da un momento all’altro.

Comportamento: pacifico pesce di branco, molto comune nei negozi specializzati,

indicato per gli acquari di comunità. Come tutti i Caracidi, l’allevamento in piccoli

gruppi ne esalta il colore e la vivacità.

58

Allevamento: preferisce vasche con zone d’ombra ottenute tramite l’utilizzo di

piante galleggianti. L’acqua dovrebbe essere pulita, con frequenti cambi parziali e

con valori medio-teneri di durezza e pH da neutro a lievemente acido

Temperatura: 22/28°C.

Riproduzione: Richiede temperature intorno ai 25°C. Si può procedere in una

vaschetta da pochi L arredata come descritto nel capitolo dedicato alla riproduzione. I

valori biochimici ideali dovrebbero essere simili a quelli descritti per P. innesi, ma in

questa specie una durezza lievemente superiore non compromette il buon esito della

riproduzione. I piccoli si nutrono di fine plancton vivo ed infusori. Crescita

decisamente rapida.

Alimentazione: senza esigenze particolari, si nutre volentieri con cibi commerciali.

Per predisporre la riproduzione è consigliabile la somministrazione di cibo vivo o

surgelato.

Note: uno dei pesci più diffusi in acquariofilia.

Hyphessobrycon herbertaxelrodi (Gery 1961)

Sullo sfondo Hmigrammus bleheri

Nome comune: Neon Nero

Sinonimi: -

Origini: Mato Grosso, Brasile (Rio Taquiri, affluente del Rio Paraguay). Oggi

allevato intensivamente.

59

Dimensioni: 50 mm

Dimorfismo sessuale: femmina di maggiori dimensioni e dal ventre tondeggiante.

Comportamento: pesce di branco molto pacifico, adatto per vasche di comunità.

Allevamento: sempre opportuno inserire un piccolo gruppo, dovrebbero nuotare in

un’acqua di durezza medio-tenera e lievemente acida, sebbene possano sopravvivere

senza grossi problemi anche in acque dure ed alcaline. Per esaltarne la colorazione

sarebbe auspicabile un fondo scuro e una vasca con folta vegetazione, anche

galleggainte.

Temperatura: 22/28.

Riproduzione: facile da ottenere, in particolare se vengono somministrate piccole

prede vive. La deposizione avviene in una vasca con acqua tenera e lievemente acida

ad una temperatura intorno ai 25°C. Una trentina di ore dopo ne sgusciano piccole

larvette trasparenti; i piccoli, dopo 4 giorni una volta riassorbito il sacco vitellino,

vanno nutri con rotiferi ed infusori. La crescita è rapida e non presente problemi

particolari.

Alimentazione: senza esigenze particolari. Si allinea con quella degli altri “Neon”.

Continuiamo ora nel conoscere uno ad uno i Tetra più comuni. Di seguito

incontreremo i rappresentanti del genere Hemigrammus, specie molto comuni e

familiari alla maggioranza degli acquariofili. Pesciolini senza particolari esigenze,

hanno generalmente forme molto idrodinamiche. Partiamo subito con la prima specie,

contraddistinta da dimensioni leggermente superiori rispetto alla media di altri Tetra.

60

Hemigrammus caudovittatus (Ahl 1923)

Nome comune: -

Sinonimo: Hyphessobrycon anisitsi

Origini: Argentina, Paraguay, regioni sud orientali del Brasile.

Dimensioni: fino ad oltre 80 mm.

Dimorfismo sessuale: maschio molto più snello della femmina, con le pinne di un

colore rosso più acceso, raggiunge dimensioni inferiori.

Comportamento: pesce di gruppo, adatto ad acquari di comunità, prive di piante

delicate. Uno fra i Tetra che se allevato solitario può diventare aggressivo con altri

pesci, dato che è munito di denti piccoli ma accuminati e taglienti, in grado, come

anzi detto, di recidere i germogli teneri di piante dellicate.

Allevamento: è una specie estremamente robusta che riesce a sopravvivere

praticamente in tutti i tipi di acqua.

Temperatura: 15/28°C. E’ da annoverare tra i Tetra di acqua temperata.

Riproduzione: specie molto prolifica, depone in acqua libera o presso piante

galleggianti, ad una temperatura di circa 24°C. Un’acqua medio-tenera e un pH

61

leggermente acido aumentano la percentuale di schiusa. I piccoli non presentano

particolari problemi di accrescimento dato che si nutrono da subito di naupli di

Artemia appena schiusi.

La crescita è molto rapida, ma gli avannotti abbisognano di molto spazio.

Alimentazione: la specie è onnivora e si nutre praticamente di tutto. Gli esemplari di

maggiori dimensioni in estate possono essere nutriti con piccoli insetti che, lasciati

cadere sulla superficie dell’acqua, i pesci amano “bollare”, compiendo sovente

spettacolari piroette. Questo mangime “vivo” inoltre è di stimolo alle femmine nella

produzione di uova.

Note: uno fra i Tetra sicuramente più robusti e rustici, è importante però non allevarlo

singolarmente o in vasche di piante.

Hemigrammus pulcher (Ladiges 1938)

Nome comune: -

Sinonimo: -

Origini: corsi d’acqua peruviani affluenti del Rio delle Amazzoni.

Dimensioni: 40 mm.

Dimorfismo sessuale: la femmina è vistosamente più tondeggiante; il maschio

viceversa, è decisamente snello.

Comportamento: questa specie non è grande nuotatrice, e il gruppo preferisce

stazionare a ridosso di grosse foglie di piante acquatiche o ad altri arredamenti.

62

Allevamento: indicato per vasche di comunità di tipo “amazzonico” con altre specie

tranquille (Ciclidi nani). Specie molto tranquilla, da allevare in gruppo di almeno 5

esemplari.

Temperatura: 22/28°C.

Riproduzione: abbastanza semplice, occorre un’acqua tenere e acida e una

temperatura intorno ai 25°C. Molto prolifico, lo sviluppo e la crescita degli avannotti

non differisce da quella di altri piccoli Caracidi.

Alimentazione: senza particolari necessità. Una somministrazione di mangime vivo

o surgelato stimola gli animali alla riproduzione.

Hemigrammus ocellifer (Steindachner, 1882)

Nome comune: -

Sinonimi: Tetragonopterus ocellifer, Hotopristis ocellifer.

Origini: Guyana francese, Bolivia nord-orientale.

Dimensioni: 40 mm.

Dimorfismo sessuale: maschio più snello e femmina con ventre tondeggiante; in

femmine adulte e mature che producono molte uova, diventa estremamente evidente.

63

Comportamento: specie pacifica, molto simile nel comportamento ad H. pulcher, ma

forse un po’ più timido. Ama l’ombra e le acque a corrente lenta. Ideale per acquari

di comunità, anche con specie più piccole. Deve essere allevato in gruppi di almeno 5

esemplari.

Allevamento: pesce tranquillo e gregario, i suoi colori vengono valorizzati in vasche

“olandesi” a fondo scuro. Disdegna le correnti veloci e può essere allevato con

successo anche in acquari non molto grandi. Un’acqua lievemente acida e di media

durezza è da preferire, sebbene la specie sia adattabile a diverse condizioni

ambientali.

Sebbene si adatti anche a temperature elevate, una temperatura media annuale

inferiore ai 25°C, ne aumenta la longevità.

Temperatura: 22/28°C.

Riproduzione: abbastanza semplice, come descritta per H. pulcher.

Alimentazione: come gli altri Tetra descritti fino ad ora in questo libro, i normali cibi

secchi e in scagli disponibili nei negozi specializzati soddisfano appieno l’appetito di

questi simpatici pesciolini. Mangime vivo e surgelato ne stimolano la riproduzione.

Note: pare che esistano due sottospecie di Hmigrammus ocellifer; una sottospecie che

popola le regioni descritte sopra (H. ocellifer ocellifer), l’altra (H. ocellifer falsus)

pare sia stata rinvenuta in Argentina.

Hemigrammus rodway (Durbin 1909)

64

Nome comune: Tetra d’argento.

Sinonimo: Hemigrammus amstrongi.

Origine: Guyana.

Dimensioni: 40 mm.

Dimorfismo sessuale: non particolarmente pronunciato, negli esemplari adulti i

maschi, oltre ad essere più snelli delle femmine, hanno la pinna anale bianca

anteriormente, con sfumature delle pinne di un rossastro più intenso.

Comportamento: pesce vivace, grande nuotatore vive in branchi, il cui numero di

individui in un acquario non dovrebbero mai essere inferiori agli 8/10 esemplari.

Pacifico e di piccole dimensioni, si accompagna facilmente ad altri coinquilini

pacifici.

Allevamento: predilige le acque mediamente correnti, dove stazione degli spazi

superficiali. In estate “bolla” volentieri piccoli insetti gettati sulla superficie

dell’acqua. Per far risaltare le iridescenze argentate, sono necessarie vasche

sufficientemente capienti, dalla vegetazione non eccessiva e con un fondo scuro.

Temperatura: 22/28°C.

Riproduzione: senza necessità particolari; un’acqua medio-tenera e lievemente acida

offre i migliori risultati. I piccoli vanno nutriti nel primo periodo con fine mangime

vivo come infusori. L’accrescimento è rapido e non presente particolari problemi.

Alimentazione: mangime secco, a scaglie e liofilizzato. Surgelato e vivo

predispongono i pesci alla deposizione. Senza particolari esigenze.

Note: la particolare iridescenza oro-argentata di questi pesci, è in genere presente

negli animali selvatici. Infatti questa brillantezza di colore è dovuta ad una secrezione

di “guanina” che i pesci secernono per proteggersi dalle infestazioni di trematodi

parassiti della pelle. In acquario questa colorazione svanisce, dato che questi parassiti

non avendo un ospite intermedio non possono replicarsi. Ancora più importante è che

questa malattia non è contagiosa per gli altri pesci.

Per concludere il discorso relativo agli Hemigrammus di pubblico dominio, così

come abbiamo raggruppato diversi generi e specie sotto il nome comune di “pesci

Neon”, così ora possiamo raggruppare tre diverse specie sotto il nome comune di

65

“Tetra dalla testa rossa”. Sebbene come anticipato siano tre specie a se stante,

frequentemente vengono trovate nei negozi sotto il nome di Petitella.

Hemigrammus rhodostomus. (Ahal 1924)

Nome comune: Tetra dalla testa rossa.

Sinonimo: -

Origini: acque scure dell’Amazzonia inferiore.

Dimensioni: 50 mm.

Dimorfismo sessuale: maschio più snello.

Comportamento: pesce di gruppo, abbisogna di spazio per nuotare. Classico pesce

per vasche “olandesi”.

Allevamento: senza particolari esigenze. Predilige acque tenere e acide, ma

soprattutto pulita e con una percentuale minima di sostanze azotate.

Temperatura: 24/28°C.

Riproduzione: relativamente semplice, è necessaria acqua molto tenera, una vasca

sufficientemente grande (20L) e una temperatura intorno ai 26°C. Gli avannotti sono

molto piccoli e abbisognano di cibo microscopico. Rientra nei canoni di riproduzione

di altri piccoli Caracidi.

66

Alimentazione: mangime secco e liofilizzato e surgelati, ma abbisogna di piccoli

bocconi data la dimensione della bocca.

Hemigammus bleheri. (Gery 1986)

Nome comune: Tetra dalla testa rossa.

Sinonimi: -

Origini: Colombia, Rio Negro, acque scure dell’amazzonia superiore.

Dimensioni: 50 mm.

Dimorfismo sessuale: femmina più tondeggiante e di maggiori dimensioni.

Comportamento: pesce gregario per eccellenza è indispensabile allevarlo in gruppi

di almeno una decina di esemplari. Fra i pochi pesci di acquario che mantengono il

comportamento di nuoto in gruppo anche in cattività: sono pesci che durante il nuoto

sincronizzano i movimenti all’unisono. Molto timidi, solo in grossi sciami e in

acquari spaziosi sono in grado e esaltare la loro livrea e l’eleganza di nuoto.

Allevamento: necessitano di acquari spaziosi, acque tenere, acide e pulite,

mediamente correnti. Adatto ad acquari di comunità con altre specie pacifiche. Un

fondo scuro ne accentua la colorazione.

Temperatura: 24/28°C.

67

Riproduzione: 26°C e acqua molto tenere e acida. La vasca dovrebbe avere una

discreta capienza (una ventina di L). La deposizione avviene generalmente al

crepuscolo o di notte. Dato che gli avannotti sono molto piccoli, necessitano di

mangime vivo microscopico. La crescita è però rapida e non presenta particolari

problemi: a 2 mesi sono già lunghi 20 mm.

Alimentazione: senza esigenze particolari, a causa della piccola bocca le dimensioni

del cibo non devono essere sproporzionate.

Note: succede frequentemente che una volta catturare con il retino e immesse in un

altro ambiente facciano i “finti morti”.

Nel giro di qualche minuto i simpatici pesciolini “resusciteranno” senza accusare il

minimo problema. E’ forse fra i piccoli Tetra la specie che necessita maggiormente la

compagnia di un gruppo di conspecifici.

Petitella georgiae.

(Gery & Boutiere 1964)

Nome comune: Tetra dalla testa rossa; Petitella.

Sinonimi: -

Origini: ruscelli di acque bianche dell’Amazzonia nord-occidentale (piccoli affluenti

del Rio Branco), Perù.

Dimensioni: 60 mm. Fra i “testa rossa” è la specie che raggiunge la maggiore

lunghezza.

68

Dimorfismo sessuale: maschio più snello.

Comportamento: pacifico, adatto a vasche di comunità. Anche per questi pesci è

doveroso l’inserimento di almeno 5/8 esemplari.

Allevamento: predilige acque di media durezza con pH neutro o lievemente acido.

Ama l’ombra e rispetto agli altri “testa rossa” è meno vivace nel nuoto, sebbene

preferisca acque mediamente correnti.

Temperatura: 22/28°C.

Riproduzione: come per gli altri “testa rossa”, anche se la deposizione sembra sia

più difficile da ottenere.

Alimentazione: senza esigenze particolari; mangimi secchi liofilizzati, surgelati e

piccole prede vive adatte alle dimensioni della bocca.

Note: sotto il nome Petitella, vengono venduti nei negozi anche gli altri “testa rossa”,

sebbene fra questi il più comune da trovare è sicuramente l’Hemigrammus bleheri,

dato che la colorazione rossa del capo risulta più marcata ed estesa.

Dopo aver conosciuto i rappresentanti dei pesci “Neon”, gli appartenenti al genere

Hmigrammus e i famosissimi “testa rossa”, andiamo a conoscere un genere che

aquariologiamente parlando è forse fra i più rappresentati nei negozi specializzati e

nelle nostre case: sto per l’appunto parlando del genere Hyphessobrycon a cui

appartengono alcune fra le più belle specie di Caracidi domestici, come ad esempio

H. rubrostigma.

69

Hyphessobrycon flammeus.

(Myers 1924)

Nome comune: -

Sinonimo: H. bifasciatus.

Origini: Brasile orientale.

Dimensioni: 40 mm.

Dimorfismo sessuale: maschio più piccolo e snello della femmina, con la colorazine

rossa delle pinne più intensa. La femmina adulta quando ben nutrita, produce molte

uova, presentando un ventre visibilmente pronunciato.

Comportamento: pesce di branco pacifico, adatto a tutti gli acquari di comunità on

pesci pacifici.

Allevamento: senza particolari esigenze per quanto riguarda i valori biochimici,

predilige come tutti i Caracidi un fondo scuro e luce non particolarmente intensa,

prediligendo stazionare in zone ombreggiate, come ad esempio sotto foglie di grossi

Echinodorus.

Temperatura: 22/28°C.

Riproduzione: specie particolarmente prolifica, un’acqua di media durezza e pH

lievemente acido, sono preferibili. Per il resto rientra nei canoni degli altri piccoli

Caracidi.

70

Alimentazione: senza esigenze particolari. E’ sufficiente anche del normale

mangime secco, somministrato un paio di volte al giorno ma variato nel contenuto,

per permettere alle femmine di sviluppare moltissime uova.

Hyphessobrycon pulchripinnis.

Ahl 1937)

Nome comune: Tetra limone.

Sinonimi: -

Origini: Brasile centrale.

Dimensioni: 40 mm.

Dimorfismo sessuale: non particolarmente evidente; maschio generalmente più

snello, con il bordo scuro della pinna anale più evidente.

Comportamento: pesce timido, da allevare in gruppo, è adatto a vasche di comunità

con altre specie pacifiche.

Allevamento: necessita di un fondo scuro, luce con tonalità calda e spazio libero per

il nuoto, ma anche angoli ricchi di vegetazione con piante galleggiante; spesso nei

negozi dove per cause di forza maggiore non è tenuto in condizioni ottimali, appare

di una colorazione sbiadita, e perciò rimane poco apprezzato dagli acquariofili; è però

sufficiente inserirlo in un acquario con acqua tenera e lievemente acida arredato come

descritto in precedenza, per valorizzare il bel colore “canarino” di questo tranquillo

Caracide.

Temperatura: 24/28°C.

71

Riproduzione: specie non molto prolifica, ma relativamente semplice da riprodurre.

La femmina se nutrita con mangime surgelato o vivo, sviluppa più uova e viene

meglio predisposta alla deposizione. Come tutti gli avannotti di Tetra, anche questa

specie nei primi giorni abbisogna mangime vivo minutissimo.

Gli esemplari nati in cattività, non presentano una colorazione così brillante come

quelli selvatici.

Alimentazione: come per altri piccoli Tetra. Per questa specie sarebbe opportuno

somministrare mangime che rafforzi i colori, nonché surgelato e piccole prede vive.

Hyphessobrycon robertsi

Nome comune: -

Sinonimo: si ritiene sia una forma di H. bentosi. Incroci con quest’ultimo hanno dato

risultato positivo.

Origini: Iquitos, Perù.

Dimensioni: 60 mm.

Dimorfismo sessuale: il maschio presenta la pinna dorsale molto prolungata. In

esemplari adulti essa può arrivare a toccare il peduncolo caudale.

72

Comportamento: pesce pacifico e abbastanza timido, adatto per vasche di comunità,

deve essere allevato in gruppo; quando nuota è molto elegante e può essere

considerato come H. rubrostigma, uno fra i Tetra di “classe”.

Anch’esso in vasche in stile “olandese” offre il meglio di se come vivacità e

brillantezza di colore

Allevamento: Predilige vasche ampie, con spazio libero per il nuoto, ma anche zone

con fitta vegetazione. I valori dell’acqua dovrebbero essere i classici “amazzonici”

con acqua tenera e pH lievemente acido. Un cambio parziale regolare favorisce lo

sviluppo delle pinne dorsali nei maschi, che durante le parate di minaccia vengono

totalmente distese regalando agli occhi uno spettacolo veramente affascinante.

Temperatura: 24/28°C.

Riproduzione: abbastanza difficile a causa dell’elevata timidezza degli esemplari.

Occorre una vasca sufficientemente ampia, con acqua molto tenere e pH acido.

Coppie forzate difficilmente depongono, è quindi meglio selezionare nel gruppo di

adulti animali che abbiano già incominciato i giochi amorosi.

Per quanto riguarda sviluppo e crescita degli avannotti, non ci si discosta da quello di

altri Caracidi.

Alimentazione: cibo secco di varia natura, non disdegna piccoli bocconi vivi, in

particolare insetti, che i pesci amano venire a “bollare sulla superficie dell’acqua; nel

complesso non ha esigenze particolari.

73

Hyphessobrycon bentosi (Durbin 1908)

Nome comune: -

Sinonimi: H. ornatus, H. callistus bentosi.

Origini: Guyana. La maggior parte degli esemplari in commercio proviene dagli

allevamenti asiatici.

Dimensioni: 40 mm.

Dimorfismo sessuale: Nel maschio è evidentissimo il prolungamento della pinna

dorsale; nella femmina questa pinna è corta e in genere termina con una piccola

macchia bianca.

Comportamento: pacifico e vivace pesce di gruppo, adatto per vasche di comunità, è

sempre in movimento. I maschi sono abbastanza aggressivi fra di loro e tendono a

difendere il proprio territorio attraverso parate di minaccia, molto spettacolari dato

che estendono completamente le pinne dorsale e anale.

Allevamento: da allevare in piccoli gruppi, è senza esigenze particolare per quanto

riguarda i valori biochimici, anche se un biotopo amazzonico è sicuramente da

prferire. Predilige un fondo scuro e angoli con ricca vegetazione; anche una lieve

corrente è gradita. I regolari cambi parziali permettono un maggiore sviluppo delle

pinne dorsali dei maschi.

Temperatura: 24/28°C.

74

Riproduzione: abbastanza semplice, segue lo standard dei piccoli Caracidi. Spesso

per deporre le uova la coppia si avvicina alle piante di superficie. I piccoli nei primi

giorni devono essere nutriti con mangime vivo microscopico.

Alimentazione: cibi secchi in scaglie e liofilizzati. Gradisce la cattura di piccoli

bocconi (insetti) sulla superficie dell’acqua.

Note: la sua livrea può variare a seconda dell’area di provenienza, con le sfumature

rosse più o meno spiccatamente marcate.

Hyphessobrycon erythrostigma.

Fowler 1943

Nome comune: -

Sinonimi: H. rubrostigma, H. callistus rubrostigma.

Origini: Amazzonia occidentale, Perù.

Dimensioni: 70 mm.

Dimorfismo sessuale: il maschio presenta la pinna dorsale vistosamente allungata.

Comportamento: specie tranquilla, da allevare in gruppo e adatta all’acquario di

comunità. Grande nuotatore, raggiungendo discrete dimensioni, necessita di un

acquario adatto. Esemplari adulti, isolati e allevati in spazi ristretti, possono diventare

aggressivi verso altri coinquilini. Scongiurare questo pericolo è semplicissimo, basta

allevarli in gruppo e dare loro spazio sufficiente per nuotare.

75

E’ sicuramente uno dei Tetra di maggiori dimensioni, che a volte può sembrare

“ingombrante” ma i colori e l’estensione delle pinne dei maschi ne fanno una specie

fra le più belle e che varrebbe la pena di provare ad allevare almeno una volta.

Allevamento: sicuramente pesce da acqua tenera e lievemente acida, ama una media

corrente e il fondo scuro, con angoli riparati, anche con abbondante vegetazione (a

volte però può assaggiare i germogli più teneri). Come per tutte le specie fin qui

descritte, anche in questo caso un’acqua pulita e un cambio regolare favoriscono la

crescita delle pinne nei maschi.

Temperatura: 24/28°C.

Riproduzione: raramente riprodotto in acquario, abbisogna di acque particolarmente

tenere e acide, oltre ad una vasca adatta alle dimensioni dei riproduttori.

Alimantazione: cibo secco in scaglie e liofilizzato, nonché vari tipi di surgelato. Se

gli vengono somministrati degli insetti sulla superficie dell’acqua, non esita a partire

da notevole distanza per germirli. Ottimi a questo scopo sarebbero piccoli grilli,

dall’alto contenuto proteico, che tra l’altro potrebbero fungere da stimolo alla

riproduzione.

Hyphessobrycon callistus.

(Boulenger 1900)

Nome comune: -

Sinonimi: Tetragonopterus callistus.

76

Origini: Amazzonia meridionale, bacino del Paraguay. Oggigiorno allevato in modo

intensivo nel Sudest asiatico. Ormai raramente in commercio esemplari selvatici.

Dimensioni: 50 mm.

Dimorfismo sessuale: femmina con ventre più tondeggiante. Maschio con la livrea

più accesa e tendenzialmente più snello.

Comportamento: in genere adatto a vasche di comunità, è da allevare in piccoli

gruppi. In situazioni particolari, come ambiente non consono alle esigenze specifiche

o alimentazione insufficiente o errata, può trasformarsi in un piccolo Piranha,

aggredendo gli altri coinquilini e azzannandone le pinne, ma non di rado rivolgendo

la sua aggressività verso gli occhi; questo comportamento può essere rivolto

indifferentemente verso esemplari di altre specie o conspecifici, nel qual caso è il più

debole del branco a farne le spese. Un bellissimo pesce che purtroppo a volte può

regalare sgradite sorprese.

Allevamento: non presenta problemi particolari. In commercio si trovano diverse

varietà cromatiche che hanno il colore rosso più o meno marcato. Esistono anche

forme con pinne a velo. L’allevamento in gruppo numeroso è da preferire, dato il

“caratterino” irrequieto. Ama un fondo scuro e angoli con fitta vegetazione dove ama

stazionare in gruppo. I valori dell’acqua dovrebbero essere i classici amazzonici, con

acque tenere e lievemente acide, sebbene di secondaria importanza. Frequenti cambi

parziali mantengono più vivace la livrea.

Temperatura: 22/28°C.

Riproduzione: in allineamento con gli altri Tetra delle stesse dimensioni. I piccolo

vanno nutriti nei primi giorni con fine mangime vivo. Un’acqua tenere e acida offre i

migliori risultati di schiusa.

Alimentazione: senza esigenze particolari, ma una dieta che preveda la

somministrazione di alimenti altamente proteici (chironomus, larve di zanzare e

piccoli grilli che poi i pesci provvedono a smembrare) possono evitare

comportamenti aberranti.

77

Hyphessobricon serpae.

(Durbin 1908)

Nome comune: Tetra serpa.

Sinonimi: -

Origini: corsi d’acqua dell’Amazzonia del sud.

Dimensioni: 50 mm.

Dimorfismo sessuale: come per altri Caracidi, maschi con livrea più lucente e più

snelli.

Comportamento: molto simile esteriormente a H. callistus, anche dal punto di vista

comportamentale ne rispecchia le cattive abitudini, anche se forse è meno aggressivo.

Allevamento: come tutti i piccoli Caracidi, un fondo scuro e una fitta vegetazione

fanno risaltare la livrea rossa di questo pesciolino, che può essere più o meno marcata

a seconda della provenienza o dell’alimentazione.

Temperatura: 22/28°C.

Riproduzione: abbastanza semplice, prima della deposizione è opportuno nutrire i

pesci con mangime surgelato. Sebbene allevato da diverse generazioni in cattività,

valori di acqua tenera e acida aumentano la percentuale di schiusa. L’accrescimento

degli avannotti, passate le prime settimane, è rapido e non presenta problemi

particolari.

Alimentazione: è preferibile, come per altre specie dalle livree lucenti e di fondo

rossastro, somministrare mangimi rafforzanti del colore. Specie sostanzialmente

senza esigenze particolari.

78

Note: la principale differenza che contraddistingue H. serpae da H. callistus, è la

chiazza romboidale sulla “spalla” che in H. serpae è meno estesa e a volte poco

evidente o inesistente. Per quanto riguarda la colorazione non può essere un

parametro di riferimento dato che può variare notevolmente in base alla provenienza.

Sembra addirittura che le due specie siano state incrociate e pertanto in commercio si

trovino sovente esemplari ibridi, che ne complicano ulteriormente il riconoscimento.

Astyanax fasciatus mexicanus.

(Cuvier 1819)

Nome comune: Tetra cieco.

Sinonimi: Anopthichthys jordani.

Origini: America centrale, dal Texas a Panama.

Dimensioni: 80 mm.

Dimorfismo sessuale: maschio più snello della femmina.

Comportamento: specie pacifica, da allevare possibilmente in gruppo, in vasche

capienti e con altre specie pacifiche.

Allevamento: molto robusto, si adatta facilmente a vasche di comunità. Oggi non è

più diffuso in acquariofilia come qualche anno fa. Sono pesci particolari, dato che

privi di occhi, sono guidati nella ricerca del nutrimento dall’olfatto; senso che

inevitabilmente risulta sviluppatissimo, tanto da rendere possibile l’assunzione del

cibo tanto efficace quanto quella degli altri coinquilini. Provenendo da acque

cavernicole, risulta consigliabile un allevamento a temperature non eccessivamente

79

elevate. I valori biochimici sono di irrilevanti, sebbene sia preferibile un allevamento

in acque medio-dure e con pH neutro-alcalini.

Temperatura: 18/25°C.

Riproduzione: relativamente semplice. La temperatura dovrebbe essere intorno ai

18/20°C. I piccoli possono essere nutriti con naupli di artemia o con fine mangime

industriale. Sembra che nelle prime settimane i piccoli possano ancora vedere.

Alimentazione: non ha praticamente esigenze, anche se risulta utile il mangime in

compresse per i pesci di fondo, dato che inevitabilmente gli altri pesci possono

effettuare una certa competizione alimentare; consigliabile la somministrazione di

verdure lessate, così come alimenti proteici come larve di zanzara e chironomus.

Note: Astyanax fasciatus mexicanus è la forma cavernicola del Caracide Astyanax

fasciatus, specie presente in tutta l’America centrale.

Gymnocorymbus ternetzi.

(Boulenger 1895)

Nome comune: Tetra nero.

Sinonimi: Tetragonopterus ternetzi, Moenkhausia ternetzi.

Origini: Bolivia, Rio Praguay.

Dimensioni: 60 mm.

80

Dimorfismo sessuale: la pinna anale del maschio è visibilmente più ampia. Le

femmine adulte raggiungono una dimensione sensibilmente maggiore presentando un

ventre tondeggiante.

Comportamento: specie pacifica in linea generale; esemplari adulti e isolati possono

presentare comportamenti aggressivi; ciò accade anche in situazioni di minima

presenza di consimili. E’ quindi indispensabile allevare un gruppo di almeno 5/8

esemplari in vasche capienti e con piante robuste, dato che con una dieta scarsa di

sostanze vegetali ama sbocconcellare i germogli più teneri.

In generale si tratta di un specie da allevare con altri pesci della stessa taglia.

Allevamento: la vasca dovrebbe avere dimensioni adatte allo sviluppo della specie,

con molto spazio per nuotare, corrente da media a forte, fondo scuro e piante robuste;

i valori biochimici sono di relativa importanza; al contrario la temperatura troppo alta

protratta per lunghi periodi produce un invecchiamento precoce di questa specie che

essendo di acque temperate, può, come i Neon, essere allevata anche senza

riscaldatore, a patto che in inverno la temperatura non scenda al disotto dei 15°C.

Temperatura: 15/25°C.

Riproduzione: decisamente fra le specie più semplici da riprodurre; una temperatura

intorno ai 20/22°C e acqua lievemente acida e meio-tenera garantiscono una

maggiore percentuale di schiusa. I pesci depongono, dopo vivaci giochi amorosi,

appena sotto la superficie dell’acqua, in mezzo alla vegetazione compiendo

addirittura piccoli salti fuori dall’acqua: in questo modo alcune uova possono aderire

anche al di fuori dell’acqua stessa e maturare con la semplice umidità prodotta dalla

superficie. Con coppie particolarmente grandi, accade spesso che i prodotti sessuali

espulsi siano abbondanti e in vasche non capienti possono produrre un

imbiancamento dell’acqua della vasca: in questo caso è necessario, per non perdere la

maggior parte delle uova a causa dell’iperproliferazione batterica, un cambio parziale

almeno del 50% con acqua “uguale” a quella della vasca di deposizione. La schiusa

avviene in 24 ore circa e gli avannotti, dopo aver riassorbito il sacco vitellino,

iniziano a nuotare dopo 4 giorni. Possono essere nutriti da subito con naupli di

artemia appena schiusi. Ad un mese di vita circa compare la tipica forma romboidale

e lo sviluppo dell’ampia pinna anale.

Alimentazione: la specie è onnivora e senza esigenze particolari; ama “bollare”

insetti sulla superficie dell’acqua. Allo scopo possono risultare utili piccoli grilli.

81

Hasemania nana.

(Reinhardt 1874)

Nome comune:

Sinonimi: Hemigrammus nanus.

Origini: bacino del Rio Sao Francisco, Brasile orientale; bacino del Rio Purus,

Brasile occidentale.

Dimensioni: 40 mm.

Dimorfismo sessuale: come per tutti i Tetra il maschio è più snello, ma la peculiarità

del sesso maschile in questa specie è la colorazione ambra-ottone; le femmine sono

argentate.

Comportamento: pesce di branco, è opportuno allevarne un gruppo numeroso

(almeno 8 esemplari) con una predominanza di femmine, dato che i maschi tendono a

formare e difendere un proprio piccolo territorio. Preferiscono acqua lievemente

tenera e acida, sebbene non abbiano particolari problemi di adattamento. E’

consigliabile un fondo scura con vegetazione folta, ma anche con molto spazio per

nuotare. Ama la forte corrente e l’acqua molto ossigenata. In situazioni particolari

può diventare aggressivo nei confronti di altri coinquilini, in particolare se tenuto

isolato o con pochi conspecifici.

Allevamento: non presenta particolari problemi. E’ importante allevarne diversi

esemplari. Pesce che può mutare le livrea a seconda del luogo di provenienza o delle

situazioni ambientali.

Temperatura: 22/28°C.

82

Riproduzione: abbastanza semplice, rispecchia lo schema tipico dei piccoli caracidi.

Le uova schiudono in una trentina di ore e si presentano nere; gli avannotti appena

nati mostrano un vistoso sacco vitellino nero, che viene riassorbito nel giro di qualche

giorno.

Alimentazione: vivendo in acque correnti, si nutre di tutte le particelle nutritive che

essa trasporta, in particolare piccole larve e insetti caduti in acqua, per cui si tratta di

una specie “carnivora”. Accetta qualunque tipo di mangime industriale, ma l’aggiunta

di surgelato e piccole prede vive mantiene longevi e in salute questi piccoli gioiellini.

Impaichthys kerri.

(Gery & Junk 1977)

Nome comune: -

Sinonimi: -

Origini: Rio Aripuana in Amazzonia.

Dimensioni: 40 mm.

Dimorfismo sessuale: il maschio presenta una colorazione sul dorso viola-bluastra;

nella femmina invece è di un colore marroncino-grigaisto.

Comportamento: pesce adatto a vasche di comunità, da allevare possibilmente in

piccoli gruppi, vivace e appariscente, varrebbe sempre la pena di allevarne un piccolo

83

gruppo. A volte i maschi sono litigiosi fra loro e si affrontano in spettacolari parate di

minaccia a pinne spiegate e opercoli branchiali dilatati.

Allevamento: come tutti i piccoli Tetra, un fondo scuro e una folta vegetazione

contraddistinguono l’habitat ideale. I valori biochimici dovrebbero essere registrati

attorno a pH leggermente acidi e acque tenere, sebbene gli esemplari oggi in

commercio siano per la grande maggioranza allevati e pertanto estremamente

adattabili anche a condizioni differenti.

Temperatura: 22/28°C.

Riproduzione: una temperatura intorno ai 24°C e un’acqua tenera e lievemente

acida, offre i risultati migliori. Segue le modalità di tutti gli altri piccoli Tetra fino ad

ora descritti. Il periodo critico per gli avannotti rimangono i primi 10 giorni, quando

devono essere nutriti con plancton microscopico vivo, come rotiferi ed infusori.

Alimentazione: accetta tutti i tipi di mangime industriale.

Nematobrycon palmeri.

(Eigenmann 1911)

Nome comune: -

Sinonimo: N. amphiloxus.

Origini: costa occidentale della Colombia.

Dimensioni: 50 mm.

84

Dimorfismo sessuale: il maschio raggiunge dimensioni maggiori, ha una colorazione

più lucente e presente dei prolungamenti sulla pinna dorsale e caudale.

Comportamento: specie pacifica, ma deve essere allevato in gruppi numerosi, con

predominanza di femmine, in quanto i maschi difendono anche veementemente il

loro territorio. Esemplari isolati possono assumere comportamenti aggressivi persino

nei confronti di altre specie

Allevamento: acquari capienti con fondo scuro e ricchi di vegetazione, evidenziano

la bellissima livrea di questa specie. Per quanto riguarda i valori biochimici non ha

esigenze particolari, ma come per tutti i pesci sudamericani, acque medio-tenere e

lievemente acide sono da preferire.

Temperatura: 22/28°C.

Riproduzione: temperatura intorno a 25/26°C; pH lievemente acido e acqua tenera

aumentano la percentuale di schiusa di questa specie che non sembra essere

particolarmente prolifica. Per il resto segue gli standard degli altri piccoli Caracidi.

Alimentazione: accetta volentieri i vari cibi industriali.

Note: la specie assomiglia moltissimo alla precedente, I. kerri, ma se ne distingue

sostanzialmente per le maggiori dimensioni, e una spiccata tendenza aggressiva da

parte dei maschi.

85

Megalomphodus megalopterus.

(Eigenmann 1915)

Nome comune: Tetra ombra. Nota: in inglese è denominato “Black phantom Tetra”.

Sinonimi: -

Origini: Rio San Francisco, Brasile centrale. Oggi largamente allevato nel sud est

asiatico.

Dimensioni: 40 mm.

Dimorfismo sessuale: il maschio presenta un colore di fondo grigio-bluastro che

diventa nero vellutato allorquando entra in amore e in condizioni di allevamento

ottimale. La femmina, oltre ad avere un ventre più tondeggiante, sembra appartenere

ad un’altra specie, dato che ha un colore di fondo arancio-rosato e le pinne ventrali e

pettorali rosso-arancione. Inoltre la pinna anale e dorsale dei maschi hanno una

superficie molto estesa e quando sono dispiegate durante le parate di minaccia,

sembrano delle vere e proprie vele. Gli esemplari maschi più maturi hanno pinne più

sviluppate.

Comportamento: assolutamente pacifico, adatto alla convivenza anche con specie

piccole. Le scaramucce fra i pachi sono puramente dimostrative e non arrecano danno

né ai rivali né tanto meno alle femmine o a specie diverse.

Allevamento: indispensabile per poter ammirare il colore fantastico nero-velluto dei

maschi l’allevamento in gruppo, con un fondo assolutamente scuro e in una vasca con

foltissima vegetazione. Solo in questo modo potremo ammirare l’estrema bellezza di

questo piccolo gioiello. Se non si rispettano queste condizioni, questi pesci appaiono

di un anonimo colore grigiastro. Sostanzialmente poi è una specie molto timida e se

non si alleva nel modo ottimale rimarrà un pesce del tutto incolore e anonimo.

86

Temperatura: 22/28°C.

Riproduzione: segue lo schema di altri piccoli Tetra. La deposizione avviene in

genere sulla sommità di piante a foglie fini che sfiorano la superficie dell’acqua. I

pesci a volte compiono piccoli salti proprio durante l’atto culminante dell’espulsione

dei prodotti sessuali. Gli avannotti schiudono in 24 ore circa e rimangono appesi alle

piante acquatiche tramite un lungo filamento adesivo. Dopo 5 giorni iniziano a

nuotare e a nutrirsi di infusori e rotiferi. Dopo una settimana assumo naupli di artemia

appena schiusi e dopo un mese, a circa un cm si lunghezza, hanno la colorazione

delle femmine. Occorreranno altri due mesi affinché la colorazione assuma i

connotati sessuali degli adulti.

Alimentazione: accetta volentieri i vari mangimi industriali, ma ama “bollare”

piccoli insetti sulla superficie dell’acqua.

Megalomphodus sweglesi.

(Gery 1961)

Nome comune: -

Sinonimi: -

Origini: bacino superiore dell’Orinoco.

Dimensioni: 40 mm.

Dimorfismo sessuale: la femmina ha la pinna dorsale di colore rosso, nero e bianco.

Nel maschio la pinna dorsale e invece di un uniforme colore rosso vivo e molto

estesa.

87

Comportamento: assolutamente pacifico, adatto per acquari di comunità. Indicato in

particolare per vasche “olandesi” dove viene esaltata la colorazione rosso intenso di

questi pesciolini.

Allevamento: da allevare in gruppo, richiede vasche con acqua non troppo calda,

fondo scuro e foltissima vegetazione. In vasche riscaldate deperisce più rapidamente.

Predilige un pH acido e acqua tenera; l’illuminazione troppo forte rende timidi gli

animali, sarà necessario quindi fornire una copertura con piante galleggianti che crei

zone d’ombra.

Temperatura: 15/25°C.

Riproduzione: richiede una temperatura intorno ai 20°C e luce soffusa. Acqua molto

tenera (1 GH) e pH acido (6) offrono le condizioni migliori. Le uova sono di un

colore bruno rossastro. I piccoli si nutrono di mangime vivo finissimo nella prima

settimana. Poi accettano naupli di artemia appena schusi.

Alimentazione: senza problemi, si allinea a quella degli altri piccoli Tetra, con

l’accortezza di mantenere una temperatura intorno ai 20°C. .

Pristella maxillaris. (Urley 1895)

Nome comune: Tetra arlecchino

Sinonimi: Pristella riddlei.

Origini: Amazzonia, Guyana, Venezuela.

Dimensioni: 40 mm.

88

Dimorfismo sessuale: maschio più snello; femmina visibilmente più tozza e di

maggiori dimensioni.

Comportamento: specie pacifica da allevare in gruppo. Adatta per qualunque vasca

con altri pesci pacifici.

Allevamento: segue i canoni generali degli altri piccoli Tetra. Pur vivendo bene in

qualunque tipo di acqua, un ambiente di tipo sudamericano è da preferire. Gli

esemplari oggi in commercio provengono quasi esclusivamente da allevamenti

commerciali.

Temperatura: 22/28°C.

Riproduzione: molto semplice, schiudono in acque anche non propriamente tenere e

acide. I piccoli si nutrono di fine mangime vivo per poi passare ai naupli di artemia.

La specie è molto prolifica e una femmina può produrre fino a 400 uova; proprio per

questo motivo sarebbe auspicabile una vasca da riproduzione capiente, onde evitare

che la grande massa di prodotti sessuali espulsi porti ad un rapido deterioramento

della qualità dell’acqua. La crescita degli avannotti è molto rapida e non presenta

particolari problemi.

Alimentazione: senza esigenze, i normali cibi secchi sono ben accetti. Ovviamente le

leccornie sono rappresentate da cibo surgelato o meglio ancora piccole prede vive.

Note: esistono in commercio diverse varietà di questa specie selezionate negli

allevamenti del sud est asiatico. Fra queste spiccano le varietà totalmente trasparenti

in cui è interessante vedere lo sviluppo delle uova nelle femmine.

89

Prionobrama filigera

(Cope 1870)

Nome comune: -

Sinonimi: Aphyocharax filigerus.

Origini: Rio Paragauy, Brasile meridionale, Argentina.

Dimensioni: 50 mm.

Dimorfismo sessuale: femmine di dimensioni leggermente superiori e maschi con la

pinna anale maggiormente estesa.

Comportamento: vivace nuotatore, da allevare in grossi branchi, assolutamente

pacifico è adatto per qualunque acquario di comunità. E’ una specie molto timida ed

esemplari isolati diventano estremamente paurosi. Si rivela quindi della massima

importanza l’elemento “branco” per godere appieno della vivacità espressa dal nuoto

di questi pesci.

Allevamento: necessita di una media corrente, fondo scuro e una minima copertura

vegetale. Non ha esigenze relative ai valori biochimici, se non di una bassa presenza

di sostanze azotate. Ama stazionare in corrente, appena al di sotto della superficie

dell’acqua, dove ghermisce piccole particelle di cibo che essa trasporta. Pesce molto

facile da allevare ed adatto al principiante. Importante avere un illuminazione

smorzata, altrimenti i colori rimangono sbiaditi.

Temperatuara: 22/30°C.

Riproduzione: segue i canoni classici degli altri piccoli Caracidi; l’acqua può anche

non essere decisamente tenera. La crescita degli avannotti è abbastanza veloce.

90

Alimentazione: si nutre senza problemi di qualunque mangime secco, senza

dimenticare però il mangime surgelato o vivo. A questo proposito possono risultare

utili i moscerini della frutta, cioè le Drosofile, che i Prionobrama “bollano” sulla

superficie dell’acqua nuotando controcorrente.

Note: come per tutti i Caracidi spesso nei negozi ci imbattiamo in esemplari giovani e

sub adulti, tenuti in condizioni di arredamento non ottimali (come luce intensa e

assenza di vegetazione) che ne inibiscono la colorazione, facendo passare inosservati

agli acquariofili non appassionati questi graziosi pesciolini.

Thayeria boehlkei.

(Weitzman 1957)

Nome comune: Tetra pinguino.

Sinonimi: spesso confusa con T.obliqua, da cui si distingue per la riga laterale nera,

che manca in detta specie.

Origini: Amazzonia, Perù, Brasile.

Dimensioni: 60 mm.

Dimorfismo sessuale: femmine con il ventre arrotondato.

Comportamento: pesce vivace, sostanzialmente pacifico, che in situazioni però non

ottimali, a volte può dimostrarsi irruento con pesci dalle minori dimensioni; è

opportuno allevarne un gruppo di almeno 6 esemplari. Adatto per le vasche di

comunità.

Allevamento: abbisogna vasche con spazio libero per il nuoto ma anche luoghi con

densa vegetazione, in particolare galleggiante al di sotto della quale ama stazionare in

91

gruppo. Sostanzialmente non ha esigenze di valori biochimici particolari e può

addirittura sopportare acque con basse percentuali di sale. Specie robusta che ben si

adatta a qualunque situazione ambientale, ma non a quella di vivere isolato, dato che

questo può sfociare in un carattere aggressivo con piccoli pesci.

Temperatura: 22/28°C.

Riproduzione: segue i canoni classici dei Tetra; è preferibile utilizzare vasche

capienti, in quanto una femmina matura può produrre fino ad un migliaio di uova;

proporzionalmente anche lo sperma viene emesso in grandi quantità, portando presto

ad una rapida degenerazione della qualità dell’acqua; è consigliabile effettuare un

cambio parziale nella vasca di riproduzione del 50% con acqua uguale a quella della

vasca medesima. Anche nelle situazioni ottimali, molte uova rimangono infecondate

e andrebbero rimosse. L’accrescimento dei piccoli invece è rapido e non presenta

problemi: segue comunque i canoni soliti dei Caracidi.

Alimentazione: accetta ogni tipo di mangime; vivo è surgelato permettono alle

femmine di produrre più uova.

92

Moenkhausia sanctafilomenae.

(Steindachner, 1907)

Nome comune: Tetra Santafilomena.

Sinonimi: M. agassizi.

Origini: Pragauy, Bolivia orientale, Perù occidentale, Brasile occidentale

Dimensioni: 60 mm.

Dimorfismo sessuale: le femmine adulte hanno il ventre arrotondato.

Comportamento: pacifico, vive in gruppo. Animali grossi ed isolati possono

diventare aggressivi con altri coinquilini. Adatto per acquari di comunità, a volte ama

sbocconcellare i germogli delle piante. Una specie che comunque è indicata ai

principianti considerando le scarse esigenze complessive.

Allevamento: si allinea agli altri Caracidi senza esigenze eccessive. Consigliabile un

fondo scuro con angoli riparati da vegetazione. Sopporta bene valori biochimici fuori

dalla norma “amazzonica” (pH leggermente acido e acqua tenera), arrivando a vivere

bene anche in acque decisamente alcaline e dure.

Temperatura: 22/28°C.

Riproduzione: segue lo schema tipico dei Caracidi, sebbene preferisca deporre al di

sotto della superficie dell’acqua fra le radici delle piante galleggianti. Acqua tenera e

pH leggermente acido sono da preferire. I piccoli vanno nutriti per la prima settimana

con rotiferi ed infusori, poi, come da copione, i naupli di artemia consentono un

veloce sviluppo. L’accrescimento degli avannotti nel complesso non presenta

difficoltà.

93

Alimentazione: ogni mangime in commercio è bene accetto. Qualora abbia

particolari attenzioni per i germogli delle pinte acquatiche, è consigliabile per

risolvere l’inconveniente, somministrare verdure sbollentate. Mangime vivo e

surgelato permettono alle femmine di produrre un maggior numero di uova.

Note: gli esemplari in commercio provengono quasi esclusivamente dagli allevamenti

asiatici.

Moenkhausia pittieri.

(Eigenmann 1920)

Nome comune: -

Sinonimo: -

Origini: Venezuela.

Dimensioni: 70 mm.

Dimorfismo sessuale: nel maschio la pinna dorsale termina in modo appuntito e

diventa di maggiori dimensioni rispetto a quella delle femmine.

Comportamento: pacifico pesce di branco che necessita di molto spazio per nuotare.

Esemplari di grosse dimensioni possono risultare aggressivi se isolati e pertanto,

come per tutti gli appartenenti ai Caracidi, anche questi pesci devono essere allevati

in gruppo.

Adatto per vasche di comunità.

94

Allevamento: non ama la luce forte e predilige una copertura con piante galleggianti;

l’acqua dovrebbe essere ambrata, filtrata attraverso torba. Spesso nei negozi non

vengono rispettati i requisiti di mantenimento che questa specie richiede, come ad

esempio un fondo scuro e luce soffusa, facendo risultare questi pesci diafani e

incolori. Viceversa in vasche dalle giuste caratteristiche fisiche e biologiche (non ama

acqua dure e alcaline) l’aspetto di questo magnifico pesce che raggiunge discrete

dimensioni è veramente spettacolare: su uno sfondo grigio bluastro iridescente,

compaiono una miriade di riflessi dorati, come se la pelle di questo Caracide fosse

tempestata di piccoli diamanti: un vero gioiello.

Temperatura: 24/28°C.

Riproduzione: occorre una vasca adatta alle dimensioni dei riproduttori (almeno una

ventina di L) con acqua tenera e acida. Per stimolare ulteriormente i riproduttori, si

dovrebbe somministrare nella settimana precedente la deposizione, mangime

sostanzioso come larve di zanzare o chironomus surgelati, ancor meglio se vivi.

Gli avannotti vanno nutriti nella prima settimana con fine mangime vivo, dopodiché

si può passare ai consueti naupli di artemia salina. L’accrescimento non è

particolarmente veloce e i giovani e subadulti presentano colori sbiaditi. Anche per

questo motivo spesso passano inosservati nei negozi specializzati.

Alimentazione: si nutrono senza problemi di mangime secco e liofilizzato; l’utilizzo

di mangime surgelato o vivo ne stimola la riproduzione e il mantenimento dei

bellissimi colori.

Note: in commercio sono presenti generalmente esemplari giovani o sub adulti, i cui

colori non sono completamente sviluppati, cosa questa che raramente attrae lo

sguardo dell’acquariofilo medio.

Moenkhausia spec. “Colombia”.

Hyphessobrycon columbianus

95

Origini: come dice il nome, i primi esemplari di questo pesce furono trovati in

Colombia. Gli esemplari in commercio sembra arrivino anche da allevamenti nella

Repubblica Ceka.

Dimensioni: 50 mm.

Dimorfismo sessuale: femmine con ventre più tondeggiante e di maggiori

dimensioni. I maschi hanno generalmente il rosso delle pinne di un colore più

intenso.

Comportamento: estremamente pacifico, adatto a vasche di comunità. E’ una specie

abbastanza timida e dovrebbe essere allevato in gruppo. In questo modo vengono

anche accentuati i bellissimi colori di questi pesci.

Allevamento: sebbene abbia colori iridescenti di un azzurro metallizzato intenso,

solo in vasche con fondo scuro e luce soffusa questi pesci risplendono della loro

livrea mozzafiato, quasi da pesci marini: su uno sfondo azzurro iridescente si

stagliano in un contrasto accattivante le pinne di un colore rosso intenso. Nelle

vasche dei negozi questi pesci, non essendo in condizioni ottimali, non ci danno

nemmeno lontanamente un’idea delle loro potenzialità cromatiche. Anche se non è

una specie dalle esigenze particolari, se non quella di un’acqua pulita, un’acqua

scura, lievemente acida e tenera, ci permette di godere appieno della loro bellezza.

Temperatura: 24/28°C.

Riproduzione: non presenta particolari difficoltà, segue lo schema degli altri

appartenenti al genere Moenkhausia. Una volta iniziato a consumare naupli di

artemia, l’accrescimento è abbastanza rapido. Pare che gli esemplari allevati in

cattività e nutriti esclusivamente con mangime commerciale, perdano leggermente il

colore rosso delle pinne.

Alimentazione: si nutre senza problemi di qualsiasi mangime in commercio. Sono

però da preferire quelli rafforzanti del colore, per mantenere inalterata la livrea.

Mangime surgelato e vivo possono aiutarci a mantenere lucente il bel colore di questi

pesci.

Con questa ultima specie, si conclude questa carrellata sulle principali specie di

Caracidi sudamericani che possiamo più comunemente ritrovare nei negozi italiani.

Ci sono almeno altrettante specie che compaiono più sporadicamente nelle vasche dei

commercianti e ancora maggiori quelle catalogate, senza considerare quelle esistenti

96

non ancora descritte o addirittura scoperte. In queste schede generali ho cercato di

riassumere in poche e semplici parole le caratteristiche salienti di ogni singola specie

che potranno risultare utili al lettore nell’allevamento di questi piccoli animali.

Concludendo la carrellata non si poteva certo dimenticare i Caracidi Africani, animali

veramente bellissimi, ma purtroppo raramente presenti in commercio.

Di seguito troveremo informazioni utili riguardo il più famoso rappresentante dei

parenti africani di Neon, Cardinali & C:

Phenacogrammus interruptus (Boulenger 1899)

Nome comune: Tetra del Congo.

Sinonimi: Micralestes interruptus.

Origini: Zaire.

Dimensioni: 90 mm.

Dimorfismo sessuale: evidentissimo negli esemplari adulti. I maschi sono di

maggiori dimensioni e con colori più accentuati; inoltre la pinna caudale, l’anale e la

dorsale appaiono molto estesa, dai bordi indefiniti e orlate di bianco, che su uno

sfondo scuro danno un aspetto altamente appariscenti a questi animali.

Comportamento: a dispetto delle dimensioni decisamente ragguardevoli se

paragonate i pesci fin qui descritti, è sicuramente fra le specie più timide; questo

pesce deve essere assolutamente allevato in un gruppo di non meno di 6/8 esemplari,

altrimenti rimane timido e dal colore diafano.

Ama sovente sbocconcellare i germogli teneri delle piante acquatiche, abitudine che

può essere eliminata con la somministrazione di un buon cibo vegetale o verdure

sbollentate.

97

Allevamento: necessita di vasche ampie con acqua scura, tenera e acida. Se allevato

in acqua alcalina e dura, sebbene il pesce non mostri segnali palesi di indisposizione,

la colorazione ne risentirà. Luce soffusa e fondo scuro esaltano invece gli stupendi

colori iridescenti di questi pesci, che se allevati in gruppo e in vasche di grandi

dimensioni, possono offrire uno spettacolo senza pari: i colori, in particolari dei

maschi adulti, passano infatti a seconda della rifrazione della luce, da un azzurro

carico ad un giallo oro, con gli animali che ad ogni guizzo sembra emanino sprazzi di

luce propria.

Temperatura: 24/28°C.

Riproduzione: occorre una vasca di dimensioni adeguate ai riproduttori (una

quarantina di L) con acqua decisamente tenera e acida. La deposizione avviene in

genere nella mattinata. Una volta terminata la deposizione allontanare gli esemplari

adulti. Le uova di questi pesci sono relativamente più grandi rispetto a quelle di altri

Tetra; schiudono in 4 o 5 giorni e ne sgusciano avannotti che, una volta riassorbito il

sacco vitellino, possono essere nutriti da subito con naupli di artemia appena schiusi.

L’accrescimento è abbastanza rapido, relativamente alle dimensioni degli esemplari

adulti.

Alimentazione: si nutre senza problemi dei mangimi in commercio; mangime vivo e

surgelato mantengono più lucente la spettacolare livrea di questi pesci. Per stimolare

la riproduzione può risultare utile la somministrazione di piccoli grilli che i pesci

amano “bollare” in superficie.

Note: la maggior parte dei pesci in commercio proviene da allevamenti asiatici.

Raramente si trovano esemplari adulti, dato anche gli alti costi; spesso invece si

trovano animali molto giovani e dai colori grigiastri e insignificanti che ben

difficilmente attraggono gli sguardi dei non appassionati.

E con il Tetra del Congo abbiamo proprio finito la nostra carrellata sui piccoli

Caracidi più diffusi in commercio.

Nella speranza di essere stato utile a migliorare la conoscenza di questi pesci, auguro

tanti successi e soddisfazioni a tutti i lettori.

98

SCHEDA DI SINTESI 7

Di seguito un breve promemoria sulle specie di Tetra descritte, con riferimento particolare

alle loro dimensioni.

Tetra di piccola taglia (fino a 50 mm), adatti per vasche anche inferiori ai 50 L:

Paracheirodon innesi, Paracheirodon axelrodi, Paracheirodon simulans, Hemigrammus

erithrozonus, Hemigrammus rodway, Hemigrammus bleheri, Hemigrammus rhodostomus,

Petitella georgiae, Hemigrammus pulcher, Hemigrammus ocellifer, Aphyocharax anisitsi,

Hasemania nana, Prionobrama filigera, Hyphessobrycon flammeus, Hyphessobrycon

herbertaxelrodi, Hyphessobrycon pulchripinnis, Hyphessobrycon bentosi, Hyphessobrycon

robertsi, Impaichthys kerry, Megalomphodus Megalopterus, Megalomphodus sweglesi,

Moenkhausia spec. “Columbia”, Pristella maxillaris, Nmatobrycon palmeri.

Tetra di taglia medio-grande (oltre i 50 mm); questi pesci è saggio allevarli in vasche di

capacità assolutamente non inferiore ai 50 L : Gymnocorymbus ternetzi, Phenacogrammus

interruptus, Astyanax fasciatus, Hemigrammus caudiovittatus, Hyphessobrycon

erythrostigma, Tayeria boehlkei, Moenkhausia pittieri, Moenkhausia sanctafilomenae.

Le specie Hyphessobricon callistus ed Hyphessobrycon serpae, possono avere atteggiamenti

fortemente aggressivi qualora allevati in modo errato.

99

CAP 5.

L’ALIMENTAZIONE.

Per quanto riguarda l’alimentazione si può senza ombra di dubbio affermare che i

Tetra non mostrano esigenze particolari e la totalità dei mangimi in commercio

soddisfano appieno le esigenze di questi piccoli e variopinti amici.

Di norma nei loro habitat originari i Tetra sono zoofaghi e si nutrono di piccole

creature planctoniche e larve di insetti acquatici, nonché di insetti caduti in acqua

dimostrando però di non disdegnare sostanze vegetali di varia natura; in acquario

potremo quindi integrare la loro dieta con l’inserimento di foglie di spinaci bolliti o

pezzettini di zucchina lessata che verranno lentamente ridotti in brandelli con piccoli

morsi.

A dispetto delle loro dimensioni, dimostrano un invidiabile appetito evidenziando

un’ingordigia fuori dal comune; è opportuno quindi rispettare la vecchia regola del

“poco e spesso” dato hanno l’insana tendenza di ingozzarsi eccessivamente quanto

pericolosamente.

D’altro canto sono anche in grado si sopportare periodi di digiuno a volte anche di

lunga durata (qualche settimana se nutriti regolarmente in precedenza) che ne fanno

animali sostanzialmente robusti e di semplice gestione; non per niente sono fra i pesci

più consigliati a chi per la prima volta si accinge a diventare acquariofilo.

Anche in natura del resto esistono periodi di abbondanza, dove è facile reperire il

nutrimento (stagione delle piogge) ed altri, come durante la stagione secca, dove i

pesci sono messi a dura prova dall’ambiente, e per mancanza d’acqua e per carenza di

fonti alimentari.

Principi generali

Molto speso dalla maggior parte degli acquariofili, questo argomento è sovente

sottovalutato, ritenendo, a torto, che i pesci siano in grado di vivere in modo ottimale

anche con un’alimentazione non adatta o addirittura scarsa, senza dare la giusta

importanza alla qualità del mangime. Sebbene nel breve periodo queste scelte non

comportino deficienze visibili, sul lungo periodo possono comportare difetti

esteticamente rilevanti, come ad esempio la stentata crescita delle pinne, obesità o

viceversa rachitismo e deformazioni all’apparato scheletrico, associati ad un

generalizzato indebolimento del sistema immunitario, con conseguente maggiore

incisività della più disparate patologie.

In particolare è nelle prime settimane di vita che un’alimentazione errata può

addirittura portare alla morte dei soggetti.

La sopravvivenza da parte di molti pesci che vengono nutriti con mangimi di seconda

scelta o di sottomarche, monoqualità, è semplicemente dovuta al fatto che questi

animali hanno, nel corso dell’evoluzione, sviluppato incredibili sistemi di

adattamento alle situazioni ambientali avverse che si presentano in natura.

100

In ogni caso tali situazioni sono temporanee e comunque i pesci sono in grado di

recuperare nelle stagioni di abbondanza ciò che hanno dovuto patire in situazioni

negative: cosa questa che in acquario non accade dove invece molto spesso è proprio

la situazione negativa quella standard.

La natura invece permette ai pesci di scegliere, nell’arco della giornata e in base al

loro grado di sviluppo, l’alimento che più si addice alle loro esigenze.

Nelle nostre vasche ciò diventa impossibile, è quindi nostro dovere informarci sulla

giusta alimentazione da somministrare ai nostri ospiti, assicurando una dieta

equilibrata e soprattutto diversificata.

Solo in questo modo essi potranno svilupparsi normalmente, raggiungere la maturità

sessuale e diventare sufficientemente robusti.

Di seguito troveremo una breve descrizione dei principali cibi ad uso acquariologico.

In particolare volevo spendere due parole a favore dei cibi congelati.

Ritengo questi ultimi indispensabili per un sano accrescimento e mantenimento, da

somministrare almeno 3 volte la settimana al posto del normale mangime secco, sono

la più comoda e migliore alternativa al mangime vivo, del quale, se perfettamente

conservati, mantengono tutte le sostanze nutritive.

I cibi secchi

Possiamo quindi tranquillamente orientarci verso i mangimi commerciali in scaglie o

in granuli, somministrati nella quantità che i nostri amici sono in grado di consumare

in una decina di secondi: non dimentichiamo che il mangime non consumato andrà

inequivocabilmente a deteriorare la qualità dell’acqua. Teoricamente andrebbe

somministrato 3 o 4 volte al giorno in tale quantità, ma parallelamente ai cicli vitali di

noi uomini, una somministrazione il mattino e una la sera sono del tutto sufficienti a

soddisfare l’appetito dei Caracidi.

Granuli, Pastiglie per pesci di fondo e Fiocchi sono la base della dieta secca dei pesci d’acquario.

E’ fondamentale avere una differenziazione delle caratteristiche intrinseche del

mangime secco, acquistandone possibilmente diversi tipi e comunque possederne uno

base (quindi completo) e uno vegetale in modo da completare la dieta.

Sebbene a livello organolettico non differisca dal normale cibo in scaglie, anche il

mangime in granuli può essere un validissimo diversivo: difatti esso rispecchia

101

abbastanza verosimilmente i piccoli bocconi che i Tetra catturano in natura; da questo

punto di vista è interessante osservare come essi, una volta afferrato il cibo, cerchino

di morderlo e spezzarlo, ricordando nelle movenze dei piccoli Piranha, ai quali

peraltro sono strettamente imparentati. Con i fiocchi questo comportamento non

esiste, dato che vengono facilmente aspirati.

I cibi liofilizzati

Nel menù rientrano anche i cibi liofilizzati, che rappresentano un comodo strumento

per usufruire di nutrimenti grezzi (intesi come insetti o crostacei), ricchi di fibre ed

altre sostanze utili.

Chironomus, Artemia e Gammarus liofilizzati

Sono ottenuti tramite congelamento seguito da sublimazione sotto vuoto e successiva

disseccazione, mantenendo così inalterata le caratteristiche nutrizionali e offrendo,

una volta somministrati in vasca e reidratati, bocconi stuzzicanti per i pesci.

Una valida alternativa al surgelato, dato che rappresentano piccole prede nella loro

integrità, sia strutturale che alimentare.

Mangime surgelato.

Appare evidente però che un’alimentazione varia e ricca di mangime surgelato

(Chironomus, Artemia, Daphnia, Cyclops, larve di zanzara…) o addirittura vivo, non

possa che giovare alla salute, al benessere ma soprattutto alla longevità di questi pesci

che unito a valori d’acqua ottimali consentiranno una vita lunga svariati anni (per

talune specie anche di 10: un vero record per esserini lunghi pochi cm!!!)

Questi mangimi, che si trovano in tutti i negozi specializzati, si presentano o in

confezioni contenenti pratiche dosi a forma di cubetto, oppure in una busta, da cui,

una volta aperta, sarà facile prelevare la quantità di alimento più idonea.

Una volta prelevata detta dose, sarebbe opportuno porla a scongelare in frigorifero e

non a temperatura ambiente, dato che uno scongelamento rapido farebbe perdere

molte sostanze nutritive assieme al liquido di scarto. Gli alimenti scongelati, se non

102

Ecco come si presente il cibo surgelato prima e dopo il decongelamento

vengono consumati, vanno eliminati senza essere riposti nel congelatore: potrebbero

essere veicolo di infezioni e altre patologie dell’apparato digerente.

La corretta somministrazione di questi alimenti, si avvale di un risciacquo in acqua

corrente tramite l’utilizzo di un colino da the, o di una garza o alto materiale a maglie

finissime: il liquido di scongelamento, altamente inquinante, non va inserito in

acquario. Ora siamo pronti per dare ai nostri pesci ciò che essi preferiscono in

assoluto fra tutti i cibi a nostra disposizione, ad esclusione, naturalmente, del cibo

vivo, di cui ci occuperemo più in dettaglio in seguito.

Ma vediamo ora di analizzare più approfonditamente le principali caratteristiche

nutritive dei cibi surgelati sopra menzionati:

Chironomus: esteriormente simili a piccoli vermetti rossi, in realtà sono le larve

acquatiche di diverse specie di insetti alati simili alle zanzare, ma al contrario di

queste ultime non ematofaghi. Molto nutrienti e altamente proteici sono un ottimo

cibo in fase di preparazione alla riproduzione e in fase di convalescenza; un abuso

produce un ingrassamento nei pesci indesiderato.

Larve di Zanzara: bianche (Coretra, raramente in commercio e dal minore contenuto

proteico) e nere (Culex, i microvampiri che noi tutti ben conosciamo!).

In particolare le larve nere sono delle vere bombe nutritive e se si ha la possibilità di

usufruirne vive, possibilmente raccolte in acqua non inquinate da sostanze chimiche,

predispongono positivamente i pesci alla riproduzione.

Ottime anche in fase di crescita degli avannotti, non dovrebbero mai essere assenti,

così come i Chironomus, dalla dieta dei nostri pesci.

Artemia salina: è un piccolo crostaceo che vive in raccolte d’acqua, generalmente

salata, e che risulta essere un alimento estremamente equilibrato. Essendo animale

filtratore, in particolare di microalghe, da queste ultime assume moltissime sostanze

utili, tra cui le vitamine. Alimento completo e fondamentale per tutti i pesci. Le larve

di questi gamberetti, detti naupli, sono indispensabile e insostituibile fonte di

nutrimento per tutti gli avannotti nei loro primi giorni di vita.

Dafnia: anch’esso piccolo crostaceo, popola in elevato numero le acqua dolci

stagnanti. Assume il nutrimento filtrando l’acqua come le Artemie, ma a differenza di

quest’ultima, il suo apporto nutritivo è però limitato, dato che la maggior parte della

sua struttura è formata da un guscio protettivo. E’ anche vero però che è un

nutrimento ricco di fibra, quanto mai utile per evitare occlusioni intestinali.

103

Cyclops e Bosmine: entrambi microcrostacei (siamo nell’ordine di un paio di mm di

lunghezza) utilissimi per svezzare avannotti esigenti.

Mangime vivo.

Molti di questi piccoli animali, sono reperibili anche nei nostri corsi d’acqua e

qualora usufruissimo di situazioni prive d’inquinamento, potrebbero essere utilizzati

nei nostri acquari: attenzione però ad eventuali larve predatrici che popolano le

medesime acque (ad es: libellule e coleotteri acquatici); è opportuno quindi effettuare

un paio di giorni di attenta osservazione, eliminando eventuali specie indesiderate,

per poi somministrare tranquillamente queste leccornie!

I tanto decantati Tubifex, invece, spesso risultano eccessivamente grassi e fortemente

inquinanti: anche perché è usuale ritrovarlo nei liquami di estrazione organica.

Discorso a parte per il piccolo crostaceo Artemia salina, che addirittura è possibile

allevare in casa. Indispensabile allo stadio di naupli come nutrimento per avannotti,

sono uno dei migliori cibi anche da adulti e per approntare una piccola coltura

casalinga non ci sono particolari difficoltà. Sarà sufficiente una piccola vaschetta

preferibilmente riempita con acqua marina (ma allo scopo funziona anche del

normale sale da cucina) dove inseriremo un piccolo quantitativo di uova, che una

volta schiusi daranno vita ai naupli (cioè lo stadio larvale dei crostacei): occorreranno

una ventina di giorni, in base alla temperatura, affinché avvenga la metamorfosi

completa; come alimento per la crescita potremo usare del lievito o, se

l’illuminazione è forte, saranno sufficienti le microalghe che si creeranno; ricordiamo

che le Artemie sono animali filtratori e che in sintesi qualsiasi nutrimento finemente

polverizzato può essere utile.

Saremo sicuri allora di somministrare ai nostri pesci cibo equilibrato e sicuro dal

punto di vista sanitario.

104

SCHEDA DI SINTESI 8

Breve riassunto sulle qualità alimentari di alcuni cibi surgelati o vivi, non vengono menzionati i cibi

commerciali dato che sulle confezioni è scritto il contenuto e le prerogative nutritive, come ad

esempio mangime vegetale, di base, rafforzante del colore, ecc.

Veniamo ora ai surgelati:

Chironomus: ricco di proteine, indicato dopo trasferimenti e forti stress da trasporto. Ideale dieta

antecedente la riproduzione.

Larve nere di zanzara: da recuperare possibilmente vive in acqua non inquinate, stimolano i pesci

alla riproduzione.

Artemia salina: mangime completo, equilibrato ha nel giusto rapporto le varie sostanze nutritive, in

particolare vitamine. Ideale per le convalescenze.

Daphnia: mangime ottimo se vivo, in gran parte formato da scorie, contiene molte vitamine. Ideale

per evitare occlusioni intestinali.

Cyclops, Bosmine: piccoli crostacei di cui sono ghiotti i giovani pesci.

Uova di pesce: stimolano la produzione di uova nelle femmine. Non somministrare regolarmente

dato che è un alimento di difficile digestione in grandi quantità e inquina molto.

Uova di aragosta: ideali per svezzare i piccoli dai naupli di artemia. Altamente nutritivo.

105

CAP 6.

La riproduzione.

Analizziamo ora in breve e in modo generalizzato, uno fra gli aspetti più interessanti

del comportamento animale: la riproduzione.

La riproduzione dei Caracidi era ritenuta fino agli anni ’50 impresa di non facile

riuscita, riservata ad allevatori professionisti o agli appassionati più esperti. Le cause

di queste difficoltà erano da ricercare nella difficoltà di reperimento di un’acqua dalle

giuste caratteristiche fisico-chimiche e dalla provenienza pressoché totalmente

selvatica degli esemplari in commercio; animali quindi estremamente esigenti in fatto

di qualità dell’acqua, valori, nutrimento, arredamento, ecc…..

Fortunatamente oggigiorno questa situazione si è notevolmente semplificata: cibi

ottimi che si rinvengono nei negozi di acquariofilia, pubblicazioni specializzate, la

disponibilità di soggetti nati in cattività (di più facile adattamento) e non da ultimo la

facilità di reperimento di acqua “osmotica”, permettono anche ai meno esperti di

avere grandi soddisfazioni.

E’ vero anche che in Italia non è raro sentire “…….ma tanto i Neon non si possono

riprodurre…..” o magari vedere appassionati più esperti snobbare questi pesciolini

per dedicare le loro attenzioni verso generi più interessanti dal punto di vista

comportamentale e riproduttivo; viene quindi poco considerata o per estrema

complessità o, viceversa, per scarso interessante.

I Tetra non praticano cure parentali, quindi non possono certo offrire lo spettacolo di

una coppia di Scalari che accudisce la prole, cionondimeno vi sono aspetti quanto

mai interessanti e che solo riuscendo a riprodurre questi pesci possiamo scoprire.

Dimorfismo sessuale.

Uno dei fattori che spesso scoraggiano anche gli appassionati più esperti, è dato dal

fatto che assai di frequente i 2 sessi sono difficilmente distinguibili.

Sebbene in talune specie (Hyphessobrycon, Megalomphodus….) vi siano evidenti

segnali morfologici ( a livello di colorazione e di sviluppo della pinna dorsale), è

verissimo che solo un occhio per così dire allenato è in grado di riconoscere maschi e

femmine nella maggior parte delle specie.

I canoni estetici di massima che possono con buona approssimazione farci

individuare i sessi, sono principalmente 2: i maschi adulti hanno tendenzialmente un

ventre lineare e corporatura generale più snella, viceversa le femmine adulte, che

sovente raggiungono maggiori dimensioni, presentano ventri tondeggianti, per non

dire propriamente gonfi, e una corporatura più massiccia.

106

Coppi di Neon: sopra la femmina in basso il maschio

Allestimento e scelta della vasca di riproduzione.

Dato che non praticano cure parentali e anzi molto spesso sono estremamente golosi

delle proprie uova, è necessario predisporre una vasca apposita: mediamente,

proporzionalmente alle dimensioni dei riproduttori, 10/20 L sono sufficienti. Questa

vaschetta (riempita generalmente con acqua osmotica eventualmente tagliata con sali

o acqua del rubinetto per il giusto valore GH) dovrà essere munita di una reticella sul

fondo (assolutamente privo di sabbia o ghiaino) che impedisca ai genitori di

raggiungere le uova; un piccolo filtro dalla minima portata (caricato con spugne o

lana sintetica a cui aggiungere torba granulare qualora si volesse optare per un ideale

valore pH) , e un ciuffo di piate dalle foglie fini (Limnophila, Cabomba,

Myriophyllum, Ceratophyllum……) o ancor meglio una manciata di muschio di

Giava (Vesicularia dubyana) come substrato per la deposizione completeranno

l’arredamento.

In mancanza di simili piante spesso viene usata della lana di perlon di colore verde

che rispecchia un ciuffo di alghe, ma su questo substrato i pesci faticano ad inserirsi e

le uova facilmente rimangono sulla parte esterna dove sono facile preda dei genitori;

suggerisco quindi di evitare questa ultima soluzione, a meno di cause di forza

maggiore.

Una volta allestita tale vasca e raggiunti i valori fisico-chimici desiderati (una

temperatura sui 25°C, pH intorno a 6-6.5 e GH fra 2 e 5 possono essere considerati

ottimali per quasi tutte le specie), isoleremo al momento opportuno una coppia

“pronta”.

Sebbene nei Tertra il dimorfismo sessuale non sia marcato come in altri generi

(Belontidi o Ciclidi), è possibile dopo un minimo di osservazione e prestando

attenzione ai suggerimenti sopra indicati, individuare con certezza quasi assoluta i

due sessi.

107

Nella vasca di riproduzione obbligatoria la griglia sul fondo e Muschio di Giava come substrato di deposizione.

La scelta dei riproduttori.

E’ sempre meglio scegliere una coppia che abbia già iniziato i “giochi amorosi” in

vasca di comunità: se capita di osservare due pesci della stessa specie in cui uno è

intento a nuotare a pinne tremolanti appena a ridosso dell’altro, siamo sicuri di

trovarci di fronte una coppia in imminente riproduzione.

E’ ovvio comunque che per ricevere i giusti stimoli, i pesci devono vivere in un

ambiente positivo, nel senso che devono trovarsi a loro completo agio.

Traducendo concretamente queste esigenze possiamo affermare che acqua pulita,

arredamento che rispecchi il loro habitat naturale, ma soprattutto il giusto nutrimento,

sono fattori senza dubbio predisponenti alla riproduzione o meglio alla deposizione,

dato che spesso essa avviene anche in presenza di valori dell’acqua non ottimali (pH,

durezza) e dove quindi ben difficilmente si otterrà una schiusa.

Di fondamentale importanza a questo proposito risulta essere l’alimentazione: cibo

ricco e variato, in particolare surgelato per non dire vivo, sono il nostro asso nella

manica; sembra addirittura che le larve di zanzara abbiano un forte potere stimolante,

dato che sono ricchissime di proteine.

In situazioni di allevamento particolarmente positive, accade non di rado che più

coppie siano pronte ad accoppiarsi.

Taluni autori consigliano allora di recuperare tutti i possibili riproduttori e di inserirli

nella vaschetta predisposta; frequentemente però, gli animali non coinvolti negli atti

sessuali, trovano particolare gusto nel divorare le uova appena espulse: non dobbiamo

mai dimenticare che esse sono una vera leccornia per tutti i pesci.

Comunque per procedere ad una riproduzione razionale è conveniente preparare

adeguatamente i riproduttori. Una volta individuati i sessi con sicurezza, si

dovrebbero mantenere separati per una decina di giorni in vasche differenti, con i

valori biochimici usuali per l’allevamento. Giuoca un ruolo importantissimo per non

dire fondamentale il tipo di nutrimento.

108

Coppia di Cardinali: sopra il maschio sotto la femmina.

Possibilmente sarebbero da somministrare larve di zanzara vive, drosofile (o

moscerini dell’aceto: si ritrovano abbastanza frequentemente nei negozi specializzati

in erpetofilia dato che fungono da nutrimento per piccole creature) e daphnie.

In mancanza di ciò potremo optare per il mangime surgelato: chironomus, artemie,

larve di zanzare, oltre a uova di pesce, possono essere considerati un cocktail

altamente proteico e nutritivo, che permetterà alle femmine in poco tempo di produrre

notevoli quantità di uova.

Quando le femmine avranno raggiunto una buona produzione di uova (messe in

evidenza da un ventre molto tindeggiante), potranno essere immesse assieme al

maschio prescelto nella vasca adibita alla deposizione.

Un breve ambientamento è d’obbligo e generalmente il mattino successivo, a partire

da metà mattinata, avverrà il rituale dell’accoppiamento.

L’accoppiamento.

L’accoppiamento avviene in prevalenza sulla sommità o nell’intrico dei vegetali: il

maschio affianca alla femmina dal basso verso l’alto e con un leggero tremolio delle

pinne i due pesci effettuano un guizzo velocissimo verso la superficie: è in questo

preciso istante che vengono espulsi i prodotti sessuali.

Gli atti possono susseguirsi anche per diverse ore, fino a produrre, variabilmente da

specie a specie, diverse centinaia di uova. Sebbene si rispettino tutti i parametri

fisico-chimici ottimali, è da ritenersi normale l’imbiancamento, cioè la morte degli

embrioni o la mancata fecondazione, di un 20/30% delle uova.

A deposizione avvenuta (le uova sono generalmente in mezzo o al disotto del

substrato messo a disposizione) è imperativo allontanare i genitori, che non

esiterebbero a banchettare con le proprie uova e i propri avannotti.

In una trentina di ore circa, sempre a secondo della temperatura, schiudono; ne

sgusciano piccole larvette trasparenti, di circa un paio di mm di lunghezza (ciò è

valido per le specie più piccole come P. innsi) dotate di un grossissimo sacco vitellino

ed è in tale momento che dovremo spegnere il filtro in quanto inevitabilmente

risucchierebbe queste piccolissime creature: nella maggior parte dei casi, esserini

109

Un decimo di secondo dopo l’accoppiamento: evidenziate dalle righe gialle le piccole uova appena espulse.

vitrei che misurano solo qualche mm; giacendo sul fondo, in 4/5 giorni riassorbiranno

il sacco vitellino e si trasformeranno in pesciolini veri e propri; questi ultimi, dalle

dimensioni comprese tra i 3 e i 4 mm, andranno nutriti quotidianamente non meno di

un paio di volte con mangime finissimo vivo come rotiferi e infusori.

Come nutrire gli avannotti

Come detto i piccoli Caracidi, variabilmente da specie a specie, nonappena iniziano a

nuotare assumono esclusivamente cibo vivo: attenzione perché qualunque tentativo

facessimo di nutrirli con altre sostanze, potremmo perdere l’intera covata nel giro di

una settantina di ore.

E’ fondamentale quindi predisporre una coltura apposita di microrganismi. Per le

specie di maggiori dimensioni (Gymnocorymbus, Phenacogrammus…..) saranno

sufficienti naupli di Artemia appna schiusi. Per i piccoli dei Tetra di minori

dimensioni saranno indispensabili per i primi giorni rotiferi ed infusori.

In particolare sembra essere gradito il ciliato Paramecium caudatum, lungo circa 200

micron. Ottenere un’abbondante numero di questi esseri non è difficile, anche se si

ottiene un’acqua dall’odore decisamente sgradevole.

Difatti occorre far macerare del fieno, possibilmente raccolto su sponde di corsi

d’acqua puliti, in un vasetto: si procede riempiendo la metà inferiore di fieno, su cui

viene appoggiata una spugna sintetica (per intenderci una di quelle azzurre che

normalmente utilizziamo come substrato filtrante) di forma tale da formare una

specie di “tappo” sul fieno. Riempiremo successivamente tale vasetto con della

normale acqua di rubinetto a cui aggiungeremo qualche cucchiaino da te di acqua

dell’acquario. Un piccolo pezzo di pianta acquatica putrescente sarà il tocco finale

che permetterà di velocizzare la colonizzazione da parte di microrganismi.

Occorreranno dai 10 ai 15 giorni affinché la nostra coltura sia in grado di produrre

queste piccole creature in quantità tale da sfamare i nostri neonati.

110

Bisogna tenere presente che in primo luogo verranno prodotti dei batteri: in questa

fase l’acqua si presenterà lattiginosa e opalescente. Gli infusori veri e propri invece

saranno invece visibili anche ad occhio nudo sotto forma di una finissima polverina

in costante movimento. Se poi possediamo un microscopio, saranno sufficienti anche

solo una cinquantina di ingrandimenti per mostrarci queste piccole creature in tutta la

loro vitalità.

Questi esseri andranno aspirati con una pipetta e inseriti almeno un paio di volte al

giorno (meglio se ogni 3 o 4 ore ) nella vasca dove guizzano i piccoli Caracidi.

Ulteriore accortezza, qualora il numero di avannotti sia elevato e il tempo da dedicare

loro sia limitato, è l’aggiunta in vasca di qualche ciuffo della pianta galleggiante

Riccia fluitans, fra i cui ammassi vive un microcosmo di esseri viventi, futuro cibo

per i piccoli Tetra; personalmente uso anche aggiungere una piccola manciata di

fieno raccolto su sponde di corsi d’acqua pulita: è l’elemento propulsivo alla

formazione di una miriade di microorganismi che andranno ad arricchire il menu dei

pesciolini; in questa delicata fase evitiamo invece di introdurre mangime vivo o

piante raccolte in natura: spesso apportano animaletti indesiderati come larve

carnivore di insetti acquatici.

Se tutto procede bene 7/10 giorni dopo saranno abbastanza grandi per nutrirsi di

naupli di Artemia appena schiusi; allo scopo esistono in commercio pratici schiuditoi

che svolgono egregiamente la loro funzione.

Teniamo presente che per specie dalle grosse dimensioni (Gymnocorymbus,

Phenacogrammus, alcune specie di Hemigrammus…….), può essere evitata la

somministrazione di infusori, dato che le dimensioni, una volta riassorbito il sacco

vitellino, consentono loro di nutrirsi di naupli di Artemia appena schiusi.

Fortunatamente per noi, questi crostacei cosmopoliti hanno un sistema riproduttivo a

prova di bomba (è proprio il caso di dirlo!!!).

Schiuditoio e cisti d’Artemia salina

Normalmente le femmine producono uova che riuniscono a grappolo sotto di esse e

che trasportano nel loro incessante nuotare per assumere cibo (come detto sono

filtratori). Ma quando per svariati motivi, le situazioni ambientali diventano avverse

(ad esempio quando il bacino si prosciuga) emettono delle cisti perenni, ovverosia

delle uova ricoperte di uno scudo protettivo in grado di resistere persino a siccità

perduranti diversi anni o decenni. Sarà sufficiente poi che l’acqua ritorni per fare in

111

modo che nell’arco di una trentina di ore, dalle cisti nascano dei piccoli naupli vitali,

che iniziano a nuotare freneticamente: un cibo insostituibile per i piccoli pesci.

Le ditte specializzate hanno imparato a raccogliere e commercializzare queste cisti.

A noi basterà aggiungere dell’acqua lievemente salata e una manciata di cisti per

ottenere dell’ottimo mangime vivo dalle minute dimensioni

In questo momento non è possibile nutrirli con nessun tipo di mangime commerciale;

il successo sta quindi nella pazienza, l’osservazione e l’attenzione da parte

dell’acquariofilo.

Dato che le somministrazioni di mangime saranno come minimo2/3 al giorno e

avremo il filtro disattivato, risulteranno indispensabili dei cambi parziali quotidiani di

almeno 1/10 (meglio se più) onde evitare l’accumulo di sostanze indesiderate, specie

quelle azotate, che inibirebbero la velocità di crescita dei neonati.

Lo svezzamento.

A un mese di vita (spesso anche più) potremo riaccendere il piccolo filtro e procedere

con lo svezzamento a base di mangimi commerciali: alla prima somministrazione di

Naupli, sostituiremo del fine mangime triturato apposito per avannotti, per poi

proseguire con i successivi pasti a base di piccole Artemie; inevitabilmente alla prima

somministrazione avremo un rifiuto quasi totale, ma lentamente, costantemente e con

infinita pazienza dovremo abituare i nostri (è proprio il caso di dirlo!!!) piccoli amici

ad assumere il cibo secco. E’un operazione che a volte richiede qualche settimana,

ma non bisogna affrettare i tempi: sono ancora in fase di crescita ed un eventuale

carenza alimentare potrebbe compromettere il benessere dei giovani pesci.

Ed è proprio intorno ai 40 giorni che i piccoli Tetra iniziano a diventare più

intraprendenti e ad assumere le sembianze adulte; fino ad ora essi erano delle piccole

creature dall’aspetto vitreo e diafano, quasi alieno, che nuotavano subito a ridosso di

ripari e corpi sommersi, evidentemente più preoccupati di non essere mangiate che a

nutrirsi. Ora invece il corpicino inizia a colorarsi e ad assumere le forme e i colori

classici di ogni specie, avendo raggiunto le dimensioni di circa 1 cm; iniziano anche a

formare piccoli gruppi e ad essere estremamente curiosi ispezionando qualunque

particella che fluttui nell’acqua; è proprio sfruttando questa loro ultima variazione

comportamentale che porteremo a buon fine il difficile compito dello svezzamento.

In parole povere: quando iniziano a colorarsi sopraggiunge il momento di abituarli al

mangime secco, MAI prima.

L’accrescimento.

Una volta iniziato a nutrirsi con mangime secco, il loro accrescimento diviene

incredibilmente rapido, in modo particolare se aiutato da frequenti cambi parziali e da

nutrimento ricco e variato.

Mi soffermerei un istante sull’importanza dei cambi parziali in fase di accrescimento,

sottolineando il fatto che un’acqua troppo ricca di scorie metaboliche (fosfati,

nitrati….) impedisci il normale sviluppo del corpo e produce, in soggetti predisposti o

112

deboli, forme di rachitismo e deformazioni all’apparato scheletrico e allo sviluppo

delle pinne.

A parte questa doverosa precisazione, non vi sono altre note di importanza rilevante

da menzionare, dato che nemmeno valori biochimici (intesi come pH o durezza)

diversi da quelli canonici producono alterazioni al benessere dei nostri piccoli Tetra

“made in Italy”.

Presumibilmente la maggior parte dei Tetra oggi presenti in commercio e provenienti

dagli allevamenti intensivi del Sudest asiatico e dei paesi dell’Est europeo (in

particolare la Repubblica Ceka e la Slovacchia) non hanno più di 3/6 mesi di vita.

Ed è proprio intorno ai 6/8 mesi che diventano maturi sessualmente; piccola nota

riguardo ai riproduttori: sono proprio gli esemplari più giovani che sono in grado di

assicurarci un maggiore successo riproduttivo, animali che non abbiano superato i

12/18 mesi di vita. D’altra parte è nota anche la longevità di questi pesciolini, che ci

consentirà per diversi anni di abbellire con i loro sgargianti colori l’acquario di casa,

magari proprio con i “nostri” Tetra fatti in casa.

Piccoli Cardinali: a 4 gg di vita e dopo circa 40 gg.

Come abbiamo visto una volta imparato qualche piccolo trucchetto, la riproduzione

di questi simpatici ospiti degli acquari di tutto il mondo, risulta essere divertente e di

facile realizzazione, in grado di dare grosse soddisfazioni persino a coloro che da

poco si sono affacciati a questo meraviglioso hobby; soddisfazioni semplici da

ottenere considerando anche l’attrezzatura veramente “lillipuziana” necessaria per

ottenere la riproduzione e l’accrescimento dei piccoli.

Gli avannotti dei Caracidi sono sicuramente fra i più rustici e meno esigenti; l’unico

periodo veramente critico è, per le specie piccole, la prima settimana dove devono

essere nutriti con cibo microscopico. Al di la di ciò, è possibile arrivare ad accrescere

una prole anche numerosa in pochi litri di acqua. Ma la cosa veramente importante e

che non mi stancherò di ripetere, sono i cambi parziali: fondamentali e indispensabili

per la salute dei nostri animali.

113

SCHEDA DI SINTESI 9

Tempi medi di maturazione dei Tetra, dalla deposizione alla maturità sessuale.

Schiusa: 24 ore.

Riassorbimento sacco vitellino: 4 giorni.

Nutrimento a base di microorganismi (valido per le specie più piccole): una settimana/10 giorni a

partire dal primo giorno di nuoto.

Nutrimento a base di naupli di artemia appena schiusi: 25 giorni a partire dal primo giorno in cui

assumono i naupli di artemia (teoricamente quindi a partire dall’ottavo giorno di nuoto).

A 40 giorni dalla chiusa avviene il mutamento di colore, con l’acquisizione della livrea adulta: ora i

piccoli Tetra sono la copia ridotta dei genitori: lo svezzamento dai naupli dovrà avvenire a partire

da questo momento.

La maturità sessuale avverrà a partire dal momento in cui la taglia degli avannotti avrà raggiunto

poco meno della metà della taglia massima che raggiungeranno da adulti, ad un’età compresa tra i 4

e i 6 mesi di vita.

NOTA: questi sono i tempi medi di una crescita sana fatta da allevatori non professionisti. Nei

centri di allevamento intensivo questi tempi vengono notevolmente ridotti e già a 3 mesi molti Tetra

sono pronti per essere commercializzati.

114

CAP 7 Sani come un pesce?

Non sempre è così.

Criteri di scelta per un corretto acquisto.

Sebbene i vecchi detti popolari derivino da anni ed abbiano fondamenti concreti,

conviene rivedere uno di questi detti dove si affermava che i pesci fossero privi di

malattie: come tutti avrete capito mi sto proprio riferendo al famoso “….sani come un

pesce!”

Ora, sulla validità o meno di questo detto non mi permetto di giudicare, ma si rende

necessario approfondire le argomentazioni dalle quali scaturisce.

Se quindi è vero che le voci di popolo sono mezze verità, è altrettanto vero che i

pesci, ogni tanto, si ammalano.

Esistono migliaia di patologie che possono colpire i pinnuti, come del resto qualsiasi

altro vertebrato: virus, batteri, protozoi, funghi, endo ed ecto parassiti…….

E’ altrettanto vero però che nel corso dell’evoluzione, tutti gli organismi viventi

hanno imparato a combattere o convivere con questi organismi; difatti, nel caso dei

parassiti, il volere ultimo di questi è proprio la morte della loro fonte di

sostentamento!

Cionondimeno, soprattutto in acquariologia, accade sovente di imbatterci in

situazioni devastanti, con morie apocalittiche nel giro di qualche giorno.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire il perché della mezza verità “vera” del

saggio detto popolare.

Assodato il fatto dell’esistenza delle malattie dei pesci, dobbiamo sinceramente

affermare che ben difficilmente in natura ci si imbatte in pesci ammalati, e qualora

raramente siano vittime di patologie, dove esse producano sintomi fortemente

debilitanti e che addirittura producano handicap nei soggetti colpiti, ci sono ben

poche probabilità di sopravvivere, da cui è facile dedurre che i pesci hanno ben poche

possibilità di ammalarsi gravemente, dato che non potendo sfuggire ai predatori,

cadono facilmente vittima di questi ultimi.

In estrema sintesi, in natura è difficilmente trovare pesci malati per il semplice

motivo che vengono mangiati prima: solo un pesce sano e nelle piene capacità fisiche

e motorie è in grado di sfuggire alla miriade di predatori che popolano le acque.

Del resto sono proprio i pesci che presentano comportamenti e movimenti anomali

che attraggono i predatori: un pesce che nuota male è sicuramente uno spuntino più

facile!

Abbiamo imparato perciò anche la verità “falsa” e cioè che anche i pesci si

ammalano.

In natura però, essi vivono in un mondo che li ha forgiati in millenni di evoluzione, il

loro mondo, dove gli spazi sono spesso quasi infiniti (pensiamo alle distese oceaniche

115

o semplicemente al Rio delle Amazzoni), dove la densità di popolazione in rapporto

allo spazio è bassissima e dove proprio per questo gli elementi patogeni hanno

maggiore difficoltà a diffondersi. Pensiamo che in natura i pesci hanno a disposizione

tutto il cibo di cui abbisognano 24 ore al giorno e un cambio d’acqua completo

quotidianamente, un’acqua dove sono nati!

Considerando tutti questi, e altri ancora, fattori positivi, si evince che ben

difficilmente in natura i pesci si ammalino e dove ciò avvenga hanno grosse

possibilità di guarire o, viceversa, esser predati, interrompendo in ogni caso il

proliferare di eventuali epidemie.

Tutti i fattori positivi per la salute, sovente in acquario domestico vengono a

mancare: densità elevate, acqua degenerata e priva di ricambio, cibo inadatto,

ambiente ostile e chi più ne ha più ne metta ci fanno spesso riflettere su come

addirittura riescano a campare in certe situazioni, dimostrando che i pesci sono

animali dalle incredibili capacità di adattamento.

Il segreto di avere un bell’acquario, rispecchia un altro detto latino “mens sana in

corpore sano” che tradotto in termini acquariologici vuole dire pesci sani in ambiente

sano!

Per ottenere ciò bisogna partire però con il piede giusto ovverosia con animali sani.

Anche l’introduzione in vasca di un solo pesce colpito da patologia, potrebbe rivelarsi

un bomba a tempo e in pochi giorni distruggere l’intera popolazione di un acquario.

Ma come si fa a riconoscere un pesce sano da un pesce malato?

Per prima cosa dobbiamo guardare le pinne: si osservi la struttura su un libro, la si

verifichi nella vasca del negozio. Se corrisponde nei suoi criteri di massima (ogni

soggetto potrebbe avere piccole differenze, rilevabili in particolare negli esemplari

cosiddetti “pinne a velo”) abbiamo superato il primo step. Diffidiamo da animali che

abbiano pinne vistosamente differenti dai canoni usuali, in particolare di pinne

sfilacciate, monche e dai bordi imbiancati: molto probabilmente sono attaccate da

batteri. Una pinna troncata ma senza bordi bianchi o sfilacciati è sinonimo di un

morso e tendenzialmente l’animale è sano. Pinne chiuse o chiazzate di puntini o

macchie bianche indicano la presenza di protozoi.

Venendo al corpo deve presentare una livrea priva di chiazze rosse (versamenti

ematici), nere (tumori), bianche (batteriosi) o ulcerazioni, oltre a presentare una linea

non incurvata, segno di problemi alla colonna vertebrale.

Se i pesci sembra facciano fatica a galleggiare e continuano a nuotare i direzione

della superficie come se fossero attratti verso il fondo presentano problemi alla

vescica natatoria e sono destinati a breve vita.

L’epidermide deve presentarsi liscia e senza eventuali patine biancastre o opalescenti,

sinonimo di ipersecrezione di muco: un sistema che i pesci adottano per difendersi

dalle infestazioni da parte di protozoi o vermi della pelle.

Anche il comportamento ci può guidare in una corretta scelta: un nuoto veloce,

scattante e privo di incertezze è sicuramente sinonimo di salute; viceversa animali

apatici, che non reagiscono e che rimangono dondolanti in un angolo o in superficie,

ci inviano chiari messaggi dei problemi che li affliggono.

116

Altro segnale importante ci viene dato qualora venga mimato il gesto della

somministrazione del cibo: abituati di riflesso a tale movimento che significa “….è

pronto da mangiare……” animali sani si gettano a capofitto verso la superficie,

impazienti di abboccare le particelle alimentari che vengono inserite in vasca.

Anche durante il pasto è opportuno verificare le condizioni di salute dei pesci: se

presentano, variabilmente da specie a specie una sana voracità, è segno che gli organi

interni sono a posto.

Viceversa, pesci che rifiutano o abboccano e sputano il nutrimento normalmente dato

loro, potrebbero indicarci che i loro organi interni sono affetti da patologie, in

particolare Flagellati intestinali.

E’ quindi prima di tutto il nostro occhio e un pizzico di esperienza (nonché l’onesta

del negoziante) a guidarci verso una sicura scelta dal punto di vista sanitario dei

nostri pesci.

Altre utili osservazioni che possono guidarci nella scelta riguardano invece proprio di

soggetti medesimi.

E’ infatti preferibile acquistare pesci giovani, dato che si abituano meglio al nuovo

ambiente cui verranno destinati, senza contare che potranno allietare con i loro colori

la nostra vasca per un maggiore periodo di tempo. Pesci giovani che a volte non

presentano gli straordinari riflessi degli adulti; è vero però che, se correttamente

allevati, anch’essi nel giro di breve tempo svilupperanno i medesimi colori.

Diffidiamo invece di pesci giovani molto…….anzi troppo colorati: per ottenere

questa colorazione, spesso vengono utilizzati ormoni, che rovinano per sempre gli

animali, in particolare per quanto riguarda l’apparato riproduttore.

Meglio prevenire che curare.

Quante volte abbiamo sentito dai medici l’affermazione “…..prevenire è meglio che

curare……..”, un’affermazione che trova applicazione in tutti i campi, anche in

quello acquariologico.

Seguire poche regole fondamentali che derivano e da una base di cultura specifica

(ad esempio informandosi sulla biologia delle specie ospitate) e da suggerimenti

derivanti dal normale buon senso (come inserire specie della medesima taglia) ci

aiuteranno sicuramente a mantenere bassa o addirittura inesistente la presenza di

malattie nella nostra vasca.

Seguire la normale manutenzione della vasca è opera assolutamente necessaria:

l’acquario, sebbene abbia necessità di mantenimento infinitamente inferiori se

paragonate a quelle di un cane o solamente di un criceto, deve, e ripeto deve, essere

considerato a tutti gli effetti come un essere vivente, con i suoi equilibri interni ed

esterni, nel senso di sostanze da eliminare. Pertanto così come una cane elimina le

proprie scorie durante le passeggiate rituali, altrettanto dobbiamo fare noi con il

nostro acquario; ovviamente non potendolo portare al parco al guinzaglio per farli

depositare i proprio bisogni, dovremo fare le veci di questa funzione con un’azione

tanto semplice quanto importante: il cambio d’acqua. Non mi stancherò mai di

ripetere questa frase; oltre a ridurre i cataboliti animali e altre sostanze indesiderate,

117

questa azione ha l’impareggiabile pregio di ridurre la carica microbica presente in

vasca; in acquari equilibrati e non sovraffollati, talune patologie non virulente e

circoscritte, possono essere risolte semplicemente con abbondanti cambi d’acqua.

Non dimentichiamo nemmeno l’importanza del cibo che somministriamo: più ricco e

variato si presenta, più salute saremo in grado di dare ai nostri animali.

Una convinzione personale è quella che, in un ambiente sano ed equilibrato, se

paradossalmente i pesci avessero a disposizione del mangime vivo dalla mattina alla

sera, i pesci non si ammalerebbero MAI.

Ricordiamo inoltre che i pesci devono mangiare a sufficienza: 2/3 somministrazioni

quotidiane che siano consumate in una decina di secondi saranno in grado di

soddisfare l’appetito dei pinnuti senza creare sovrabbondanze inutili che andrebbero

ad intaccare la buona qualità dell’acqua.

Anche l’habitat giuoca un ruolo importante. Per non commettere errori conviene in

questo caso avere delle piccole cognizioni biologiche sulla provenienza degli

animale, cercando in acquario di riproporre l’ambiente naturale dove vivono queste

specie, anche se a dire il vero molte di esse provengano semplicemente da

allevamenti industriali.

Stesso discorso vale per i valori biochimici, con particolare riferimento a pH e

durezza: sebbene ormai la maggior parte delle specie sia allevata e abituata a

condizioni variabili, conviene sempre rispettare, nei limiti delle nostre possibilità,

della vasca e degli altri ospiti, i valori di riferimento specifici.

L’importanza della quarantena

Tutto quanto entra nell’acquario comporta un’interferenza nel normale equilibrio biologico

preesistente, e la creazione di un nuovo equilibrio biologico.

L’inserimento di nuovi organismi, potrebbe portare agenti patogeni, che rapidamente

si trasmetterebbero rapidamente ai vecchi ospiti; viceversa agenti patogeni latenti

nella nostra vasca, a cui i pesci già presenti resistono grazie alla presenza di anticorpi

specifici, potrebbero a loro volta attaccare il nuovo ospite.

Da sottolineare che il termine “nuovo” comprende tutti gli organismi viventi e non

che vengono inseriti in acquario e che potenzialmente potrebbero tramutarsi in veicoli

di trasmissione di malattie; pericolo quanto mai concreto laddove anche oggetti

inanimati provengano da vasche con altri pesci. E’ sufficiente l’inserimento anche di

una sola pianta o sasso che arriva da vasche contaminate, per creare effetti devastanti

nel luogo i destinazione. Anche il passaggio di una mano o di un retino da una vasca

all’altra può essere veicolo di infezione: e sufficiente anche una sola goccia per creare

un disastro inimmaginabile.

Sarebbe buona norma quindi mantenere per almeno un paio di settimane gli animali

appena acquistati in una vasca di quarantena, con acqua pulita ed abbondante

alimentazione.

Per le piante, qualora provengano da ambienti potenzialmente contaminati (ad

esempio raccolta in natura), si dovrebbero immergere per qualche minuto in una

soluzione acquosa disinfettante (1 cucchiaino di allume in 1 L d’acqua); sassi, legni e

118

altri oggetti, qualora provengano da vasche abitate che abbiano avuto problemi di

parassitosi, dovrebbe essere bolliti. Se invece di nuova acquisizione, sarà sufficiente

un’abbondante risciacquo i acqua corrente.

Brevi cenni sulle principali patologie e loro cure.

Sebbene i Caracidi siano pesci sostanzialmente robusti e adattabilissimi alle più

disparate situazioni ambientali (non dimentichiamo che in natura affrontano e

superano con successe periodi di piogge prolungate o, viceversa, siccità perduranti),

se sottoposti a stress fisici prolungati o a cattive condizioni di allevamento, possono

presentare diverse patologie.

Terapia specifica.

Il farmaco somministrato al pesce malato o sano è una sostanza estranea al

metabolismo animale e pertanto possiede sempre un certo grado di tossicità.

Per questo motivo è sempre preferibile seguire un iter razionale per poter debellare al

meglio la patologia.

Per fare ciò è necessario individuare per certo quale malanno abbia colpito i nostri

ospiti, cercando di evitare di intervenire con più farmaci nella speranza di

“azzeccare” quello giusto: se somministriamo a caso il rimedio potrebbe rivelarsi

peggiore del male. E’ anche importante seguire scrupolosamente le istruzioni: a volte

bastano poche gocce di differenza per creare situazioni compromettenti l’equilibrio

biologico e la vita della nostra vasca.

Quali rimedi scegliere.

Sicuramente in qualunque punto commerciale specializzato in acquariofilia è

possibile reperire rimedi di sicuro effetto sulle principali malattie che colpiscono i

pesci d’acquario.

Ciò nondimeno è possibile recuperare altre fonti, che in situazioni particolarmente

gravi, potrebbero dare maggiori benefici, anche se più difficili da utilizzare; per

questo qualora determinati sintomi perdurassero, sarebbe cosa saggia rivolgersi

presso qualche veterinario.

Fondamentalmente per curare i pesci si possono utilizzare:

- presidi medico chirurgici a uso veterinario specifici per l’acquriologia e

acquistabili liberamente presso i negozi del settore in forma di liquidi o compresse

solubili in acqua.

- Farmaci ad uso veterinario, ma efficaci anche sui pesci.

119

- Farmaci ad uso umano contenenti principi attivi non registrati per alcuna

formulazione a uso veterinario, reperibili in farmacia, per i quali è necessaria una

ricetta medico-veterinaria riportante i dati anagrafici dell’acquirente.

Se non si ha molta dimestichezza con le dosi, alla prima somministrazione è bene

farsi aiutare nella diluizione di questi rimedi, calcolando direttamente il dosaggio da

utilizzare.

Per quanto riguarda le modalità di somministrazione, si possono riassumere in 3

principali metodologie:

- la via parenterale: con una siringa con ago da insulina o addirittura più piccolo, si

inietta il principio attivo direttamente nell’organismo.

- via orale nel cibo: il farmaco viene sciolto nel cibo, iniettato o miscelato ad esso.

- via ambientale: cioè in soluzione acquosa e inserito nell’acquario o, meglio nelle

vaschette infermeria, dove vengono assorbiti attraverso le branchie e la cute.

I primi due sono stati citate a puro titolo informativo, dato che per i Tetra hanno

poche possibilità di applicazione sia per motivi di dimensioni (un ago difficilmente

potrebbe penetrare in corpi tanto piccoli da non provocare danni) che patologici, in

quanto difficilmente vengono colpiti da malattie interne.

Ben più minacciosi sono i batteri e i protozoi, facilmente eliminabili attraverso

farmaci in soluzione.

Un’ultima osservazione: se si tratta di malattie non infettive è bene curare i soggetti

colpiti a parte in una particolare vaschetta ad uso infermeria, dato che inserire in un

acquario avviato sostanze tossiche avrebbe sicuramente ripercussioni negative.

Tali vaschette, dovrebbero essere munite di termoriscaldatore, una piccola luce

(sufficiente per poter osservare l’evolversi della patologia ma non eccessivamente

forte da intimidire l’ospite) e un piccolo filtro caricato a resina espansa, nonché un

aeratore.

Un’anfora e piante finte o altri oggetti che fungano da rifugio completano

l’arredamento della vasca.

Inutile dire che la qualità dell’acqua dovrà mantenere le medesime caratteristiche

chimico-fisiche della vasca di provenienza.

Fatta questa doverosa premessa passiamo ad analizzare quali sono le principali

patologie che possono colpire i nostri Tetra in acquario, provando anche a descrivere

i sintomi principali per ciascuna patologia (compito non semplice dato che malattie

differenti possono avere sintomi esterni uguali) al fine di individuare quale sia la

diagnosi ed effettuare la cura ottimale per la guarigione.

120

Le malattie dei Tetra.

Per cominciare volevo descrivere non propriamente una malattia con cause e relative

cure, ma più semplicemente un sintomo esteriore, che a dire il vero potrebbe avere

diverse origini: da quella virale a quella batterica a quella di un’acqua deteriorata.

Quando uno dei nostri pesci presenta occhi sporgenti (esoftalmia), squame sollevate e

ventre rigonfio (idropisia)in modo abnorme, siamo in presenza della cosiddetta

ascite.

Tendenzialmente colpisce pesci indeboliti o che vivono in situazioni di scarsa igiene

e l’elemento scatenante è, generalmente un virus, a cui si accompagnano i batteri che

trovano nel pesce malato terreno fertile per la loro replicazione, in particolare nel

liquido che si accumula nella cavità addominale.

Anche in letteratura specializzata non si trovano cause specifiche scatenanti questa

patologia, se non quelle relative a cattive condizioni generali di allevamento.

Sebbene su tale letteratura si faccia riferimento a diversi sistemi curativi,

personalmente, data la gravità e potenziale pericolosità infettiva (il pesca colpito è

simile a una bomba biologica, dato che al suo interno si sviluppano miriadi di

batteri) preferisco sopprimere l’animale: i sistemi curativi sono spesso inefficaci,

anche se una terapia a base di antibiotici potrebbe sortire effetti positivi qualora la

malattia fosse diagnosticata in tempi ristrettissimi.

Siamo partiti a descrivere questa patologia per prima dato che non sarebbe stato

corretto farla rientrare in un gruppo specifico di malattie, come vedremo in seguito, in

quanto la causa della sua comparsa è ancora incerta.

Troveremo di seguito descrizioni interessanti suddivisi per agente patogeno dei

principali malanni che possono colpire i nostri pesci.

- Le malattie virali -

Le cause di queste malattie sono ovviamente i virus, cioè organismi non visibili con

un normale microscopio ottico, che vivono solo all’interno di cellule appartenenti a

un essere vivente.

Molte malattie sono provocate da un virus, per esempio il raffreddore, il morbillo,

l’epatite, e molte altre ancora.

Mentre le malattie batteriche possono essere facilmente debellate con l’uso di

antibiotici specifici, per le malattie virali non esiste una terapia atta a sconfiggere il

virus, bensì solo una cura cosiddetta “sintomatica” che aiuta l’organismo a superare

l’infezione virale.

Fortunatamente per i nostri Tetra esse non rappresentano pericoli incipienti, dato che

nella maggior parte dei casi i virus sono strettamente correlati alla specie che viene

121

attaccata. Cionondimeno in casi di forte sovraffollamento e situazioni ambientali

sfavorevoli questi organismi sono in grado di mutare e migrare verso nuovi ospiti.

- Linfocisti - E’ forse l’unica malattia virale relativamente frequente in acquari

popolati da Tetra. In effetti rispetto ad altre patologie è decisamente più unica che

rara, ma è bene conoscerla per dovere di cronaca.

Questa patologia ha decorso cronico, cioè lento, e , pur essendo raramente mortale,

debilita notevolmente i soggetti colpiti.

E’ provocata da un Iridovirus ed è riscontrabile su molte specie di pesci di acqua

dolce, salmastra e marina.

I soggetti più colpiti sono tendenzialmente animali di cattura, giovani o esemplari

sottoposti a stress continuato. Da sottolineare che pesci sani e tenuti in buone

condizioni igieniche (anche alimentari) non sono minimamente attaccati da questa

patologia.

Sintomi: la linfocisti si manifesta con una serie di piccoli noduli da mezzo millimetro

a circa 2 mm di diametro, singoli o raccolti, più frequentemente, a gruppi di solito

biancastri , talune volte di colore più scuro. Sono simili a piccole perle generalmente

riscontrabili sui bordi delle pinne, ma possono essere presenti anche su altre parti del

corpo. Dato che queste piccole protuberanze danno all’animale un aspetto abbastanza

caratteristico, sono facilmente individuabili dato che non possono essere confuse con

altri sintomi, è pertanto estremamente semplice emettere una precisa dia gnosi.

L’animale colpito in un primo momento non sembra presentare sintomi secondari

eclatanti. Solo se non si interviene con la dovuta terapia, in beve tempo i piccoli

noduli si moltiplicheranno e parallelamente al loro sviluppo, l’animale accentuerà

comportamenti insoliti, come l’isolamento, l’astenia e il dimagrimento.

- Terapia: i soggetti affetti da linfocisti devono essere isolati e trasferiti in acquari

ben riscaldati e dotati di buon filtraggio. A volte queste misure, unitamente ad

un’alimentazione appropriata (ricca e variata), sono sufficienti per ottenere una

guarigione spontanea. L’uso di farmaci disinfettanti, è in genere superfluo a meno

di evidenziare l’insorgenza di altre patologie collaterali (dovute quindi ad

indebolimento organico). Essendo l’agente patogeno un virus, è solo l’organismo

attaccato che può difendersi e non ci resta quindi che migliorare le condizioni

igieniche generali e alimentari. Anche l’aggiunta di prodotti polivitaminici in

acqua, può essere di aiuto. L’intervento chirurgico, qualora i noduli abbiano

attaccato le pinne, può essere risolutorio coadiuvato dal miglioramento generico

sopra citato: il piccolo intervento consiste nell’asportare i noduli attraverso

un’incisione della pinna, mantenendo un batuffolo di ovatta imbevuta di acqua

sulla testa del soggetto e utilizzando una lametta da barba; in pesci piccoli, come i

Tertra, bisogna avere particolari cautele nella manipolazione e sarebbe auspicabile

l’utilizzo di guanti in lattice.

122

Fortunatamente nei nostri Caracidi tale patologia è decisamente rara ed è stata

menzionata più per dovere di cronaca che per effettivo riscontro.

Ma veniamo ora a descrivere delle patologie che invece sono ben più minacciose e

presenti nella vita dei pesci d’acquario in oggetto.

Sto parlando delle cosiddette malattie batteriche.

I batteri, spesso associati ad altri organismi patogeni quali virus, protozoi e miceti,

sono la causa di un ampio gruppo di malattie contagiose che possono interessare con

modalità più o meno virulente tutti i pesci.

Una volta diagnosticato con sicurezza il tipo di patologia, è possibile debellare

completamente la malattia batterica con l’uso di antibiotici appropriati o altri rimedi

farmacologici.

E’ importantissimo in molti casi una diagnosi precoce: in vasche sovrappopolate e

con animali stressati, talune infezioni possono uccidere un’intera popolazione nel giro

di 48 ore.

La corrosione della pinne - E’ una malattia batterica, provocata da più tipi di

batteri, quali Pseudomona, Aeromonas e Vibrio . Stress e condizioni di

allevamento inadeguate ne sono le cause principali. Si riscontra altresì nei pesci

d’importazione dopo lunghi tragitti e con un non perfetto adattamento ai valori

biochimici dell’acqua di destinazione. Un ambientamento troppo rapido produce

uno shock osmotico e un fortissimo indebolimento. I batteri hanno perciò facile

accesso alle estremità e le pinne sono il primo substrato a cui attecchire.

- Sintomi: sono principalmente riscontrabili sulle pinne; esse incominciano ad

ispessirsi, assumendo un aspetto lattiginoso e quindi si assottigliano e si sfilacciano,

lasciando nudi i raggi. Anche eventuali morsi possono intaccare le pinne, ma la

principale differenza tra un eventuale attacco batterico e un morso, è dovuto al fatto

che qualora una pinna venga danneggiata da quest’ultimo, presenta bordi trasparenti;

bordi invece biancastri possono essere un campanello d’allarme.

Le pinne così ferite sono facilmente aggredite da altri organismi opportunisti come

miceti e altri microrganismi, peggiorando la situazione generale

- Terapia: la comparsa di questa batteriosi deve indurre l’acquariofilo a una

valutazione generale del corretto funzionamento dell’acquario. E conveniente

allora effettuare alcune riflessioni sul corretto funzionamento della vasca. In

particolare una verifica su

- Alimentazione

- Impianto di filtraggio

- Igiene generale (in particolare del fondale)

- Valori fisico-chimici

- Temperatura

A questo punto e dopo aver consultato il veterinario di fiducia, si potrà procedere ad

instaurare una terapia adeguata.

123

La corrosione delle pinne si può presentare insieme ad altre patologie, per cui sarà

opportuno controllare attentamente se il soggetto presenta altri sintomi.

Nei Tetra questa malattia compare dopo lunghi viaggi, in presenza di altri soggetti

ammalati e in situazione di stress e sovraffollamento. Ha un grado di infettività

abbastanza elevata ed è fondamentale un intervento immediato.

E’ frequente nei pesci appena importati dal Sudest asiatico, anche se non ha un

decorso rapidissimo e lascia ottime chances di recupero, al contrario di altre

patologie, dove l’intervento repentino risulta decisivo.

- La malattia colonnare – E’ causata dal batterio: Flexibacter columnaris.

Il nome della malattia deriva dalla predisposizione di questi batteri dalla tipica forma

a bastoncello di raggrupparsi in “colonne”.

Questa patologia si manifesta tendenzialmente in pesci tropicali, dato che questi

microrganismi trovano terreno ideale di crescita a temperature generalmente superiori

ai 24/25°C.

Nei Tetra, sebbene non frequente, risulta essere devastante e potenzialmente, in

situazioni sfavorevoli come il sovraffollamento, è in grado di uccidere i pesci

all’incredibile ritmo di circa 10 soggetti all’ora.

- Sintomi: esteriormente attacca parti del corpo differenti da specie a specie. Nei

Pecilidi è la bocca e l’attacco delle pinne pettorali a portare i primi segni

dell’aggressione batterica.

Nei Tetra vengono attaccati i fianchi e la zona ventrale. La malattia compare nelle

zone descritte come punti biancastri dai bordi indefiniti.

Gli animali appaiono nervosi e tendono ad isolarsi; la respirazione assume un ritmo

elevato e il nuoto diviene via via sempre più difficoltoso, a scatti e in direzione della

superficie.

Nel giro di poche ore, le lesioni puntiformi si riuniscono, formando delle aree simili a

muffe, ma prive delle ife esterne (quei particolari filamenti caratteristici delle micosi).

Speso accade che i bordi di queste chiazze biancastre siano sanguinolenti e ulcerati.

Se non viene curato tempestivamente l’animale muore entro pochi giorni.

E’ una malattia che nei Caracidi ha un decorso velocissimo e per lo più letale; al

minimo allarme e dubbio è preferibile intervenire con un disinfettante generico in

rivendita presso i negozi specializzati in acquariologia.

Per casi gravi bisogna utilizzare antibiotici specifici.

- Terapia: come anticipato nei casi gravi consiste nella somministrazione di

antibiotici in vasca, previo un abbondante cambio parziale da proseguire anche

durante il trattamento; questa soluzione ci può dare una grossa mano a mantenere

limitata la carica batterica presente in acqua. Come accennato la malattia colonnare è

particolarmente virulenta e per lo più ha forme acute, ma è altrettanto vero che in

situazioni di vasche equilibrate e con limitata popolazione ittica, può essere risolta

124

semplicemente con abbondanti cambi d’acqua: in tale modo, anche se non si salvano

gli animali già colpiti, quantomeno si preservano gli altri ancora in salute.

E’ una malattia a decorso rapidissimo e deve essere diagnosticata nel minor tempo

possibile; purtroppo per i soggetti fortemente colpiti non c’è speranza e andrebbero

soppressi: eliminare questi pesci ormai indeboliti e ridotti a substrato di

accrescimento batterico è un sistema per interrompere o quantomeno diminuire la

loro proliferazione.

E’ però altrettanto vero che questa rapidità di intervento ci permette una efficace

risoluzione di questa patologia, con la guarigione totale dei pesci, almeno per quel

che concerne i Tetra. Per altri generi, come ad es. i Pecilidi, la situazione è un o’ più

complicata, a causa dell’indebolimento organico di questi pesci causato dalla

selezione esasperata.

Le malattie micotiche.

Le malattie micotiche sono sostenute da funghi.

Le micosi dei pesci ornamentali, non sono delle zoonosi, quindi non possono essere

trasmesse all’uomo, né hanno nulla in comune con le micosi umane (per esempio la

tigna), che a volte trovano nel cane e nel gatto il loro serbatoio potenziale.

Se immettiamo un pesce sano in un acquario ben equilibrato e lo alimentiamo con

una dieta bilanciata in tute le sue componenti difficilmente questo animale verrà

colpito da una malattia fungina.

Abrasioni, ferite cutanee, anche causate da morsi, alterazioni del muco che ricopre

l’epidermide dei pesci sono fattori predisponenti perché i funghi possano diventare

patogeni.

Un esempio banale che può offrire un varco all’aggressione da parte dei miceti è il

maneggiare pesci a mani asciutte: tale procedimento asporta dalla pelle dei pesci il

muco protettivo, lasciando una specie di ustione dove i funghi e altri elementi

patogeni trovano terreno fertile. Anche i Tetra sono frequentemente soggetti a queste

patologie, in particolare in acquari trascurati, con accumulo di sostanze putrescenti

sul fondo, una scarsa igiene generale e la mancanza di cambi parziali (ricodiamo

nuovamente che si dovrebbero effettuare un paio di volte al mese).

Le più comuni micosi che colpiscono i pinnuti sono la Saprolegna e l’Achlya.

Questi funghi sono i medesimi responsabile di quella peluria biancastra che si forma

sui cadaveri, sul mangime avanzato e sulle uova in cui l’embrione è morto.

Non va dimenticato un fattore importantissimo. I miceti sono sempre presenti in

acquario, appartengono infatti a tutta quella serie di organismi detti “degradatori”,

cioè tutte quelle creature, come batteri e protozoi, che attaccano e disgregano la

materia organica (foglie morte, pesci morti, feci, avanzi di mangime….)

Quando però la materia organica è presente in eccesso (come in vasche ove non viene

sifonato il fondo e sovrappopolate), vi è un’iperproliferazione di tutte queste creature

(fra cui i funghi) che sovente attaccano anche la materia vivente qualora trovino un

varco. Tale varco può essere prodotto da un morso, una ferita, una manipolazione che

125

riduca lo spessore di muco (inteso anche come utilizzo di un retino)…….tutte

situazioni che non avrebbero nessuna conseguenza in vasche igienicamente sane (non

sovraffollate e con cambi regolari), ma potenzialmente pericolosissime in situazioni

negative. I funghi in particolare sono ottimi opportunisti e comunque si devono

annoverare fra le patologie secondarie, dato che generalmente sopravvengono in

seguito ad un trauma preesistente.

- Sintomi: inizialmente depositi cotonosi biancastri si localizzano in piccole zone

sulla pelle e sulle squame del pesce, ma nell’arco di breve tempo tendono a

ricoprire per intero il corpo dell’animale. Il pesce sembra ricoperto da una fitta

peluria e nel giro di alcuni giorni sopravviene la morte. Il decorso di questa

malattia è variabile in relazione alla qualità dell’acqua: più è “sporca” più è

rapida; viceversa è addirittura possibile che l’animale riesca autonomamente a

guarire.

- Terapia: un primo approccio consiste nell’utilizzare in vasca di quarantena 2 mg/L

di blu di metilene con un cucchiaino da tè di sale da cucina in 10 L di acqua.

Si può anche procedere nell’asportazione delle masse cotonose, con l’accortezza di

disinfettare la ferita con una soluzione di Betadine e acqua in rapporto di 1 a 10; per i

Tetra è un trattamento sconsigliato date le piccole dimensioni e il forte stress a cui

sarebbero sottoposti in caso di manipolazione.

Quale disinfettante specifico da utilizzate in acquario, possono essere utilizzati i vari

rimedi commerciali antifungini ad uso acquariologico.

A titolo di cronaca bisogna sapere che esistono altre patologie collegate a miceti

diversi dalla Saprolegna e Achlya, ma decisamente più rari e dai sintomi simili a tutte

le altre malattie dovute a indebolimento organico o cattive condizioni igieniche.

Sebbene anche i suddetti miceti possano attaccare le branchie (si vedranno allora i

sottili filamenti cotonosi fuoriuscire da esse), esiste però una micosi particolare che

attacca specificatamente queste ultime: il Branchiomyces sanguinis. Le branchie si

decolorano, si deteriorano e vengono invase da muco abbondante e filante.

I sintomi sono prevalentemente respiratori, associati a nuoto superficiale e aumento

del ritmo di respirazione. Si manifesta generalmente in acquari con presenza di

melma sul fondale e, di conseguenza, scarsamente sifonati.

Come abbiamo visto le micosi sono per lo più dovute a condizioni igieniche scadenti.

I Caracidi mostrano una discreta resistenza verso condizioni igieniche avverse e

pertanto queste patologie sono praticamente assenti in vasche ben gestite.

Le malattie parassitarie

Sono dovute principalmente a organismi pluricellulari invertebrati, che

attaccano il loro ospite suggendone i liquidi organici o divorando le sue cellule o

126

tessuti. Possono vivere anche all’interno degli organi e degli apparati e la loro

azione debilitante si esplica attraverso la captazione degli alimenti o

l’interferenza più o meno spiccata nei normali processi vitali.

Sebbene in acquario questi organismi portino spesso alla morte dell’animale

parassitato, il loro interesse ultimo è proprio questo. In natura infatti convivono con il

loro ospite.

Stress, spazi ristretti e chiusi, cibo inadeguato, elevata densità di popolazione sono

tutti fattori predisponenti ad una massiccia riproduzione dei parassiti. Situazioni che

in acquario si trovano nella maggioranza dei casi e che indeboliscono le normali

difese organiche dei nostri pesci, rendendoli maggiormente vulnerabili agli attacchi di

queste creature.

- La dattilogirosi – E’causata da un’infestazione di vermi Trematodi del genere

Dactylogyrus, lunghi da 0.5 a 2 mm. Questi vermi sono quasi trasparenti, hanno

una tipica forma a foglia appiattita e sono muniti di microscopiche ventose e di

uncini che consentono loro di aderire perfettamente alle branchie dei pesci.

E’una parassitosi che colpisce molti generi di pesci d’acqua dolce, in particolare in

età giovanile o in condizioni debilitate dovute ad un allevamento non ottimale.

Sintomi: le branchie in particolare sono gli organi bersaglio di questi parassiti,

sebbene, in casi particolarmente gravi, possano estendere il loro raggio di azione

anche alla pelle, generalmente in zone posteriori gli opercoli branchiali.

Le principali sintomatologie esterne riscontrabili sono:

- aumento del muco branchiale che si presenta filamentoso;

- nuoto a scatti e protrusione della bocca;

- prurito e intenso sfregamento della parte anteriore del corpo;

- respirazione accelerata e opercoli sollevati.

Quest’ultimo sintomo è quello che ci indica inequivocabilmente l’attacco di questi

vermi. Grazie ad una attenta osservazione delle branchie sarà possibile osservare i

piccoli vermi. Sarà poi sufficiente prelevare una piccola quantità di muco branchiale

per avere la conferma della diagnosi. Allo scopo è può bastare anche un normale

microscopio ottico.

Terapia: se il vostro veterinario conferma la diagnosi, prima di iniziare la terapia è

necessario scoprire perché questa elmintasi ha invaso l’acquario.

Le cause più frequenti sono:

somministrazione di cibi contaminati;

immissione di piante su cui i Trematodi hanno deposto le uova; immissione in

acquario di nuovi pesci già parassitati; immissione in acquario di materiali

d’arredamento prelevati in natura senza una accurata disinfezione.

127

Per quanto riguarda le proposte terapeutiche, è sempre consigliabile rivolgersi ad un

veterinario specializzato in ittiopatologia; sul web non dovrebbe essere difficile

reperire indirizzi utili.

Il rimedio che personalmente ritengo essere più valido, anche in questo caso deve

essere ripetuto per distruggere le giovani larve, è l’immersione dei pesci in acqua

marina, cioè con circa 30 g di sale (da cucina) per L.

Occorre prestare molta attenzione ai pesci procedendo al loro immediato

trasferimento in presenza di comportamenti anomali.

Saranno sufficienti un paio di minuti (anche meno in caso di esemplari di piccole

dimensioni) per uccidere i vermi a causa di shock osmotico: in pratica i parassiti

vengono disidratati dal fatto che i loro liquidi interni, avendo una densità minore

rispetto all’acqua salata esterna, migrano verso di essa, lasciandoli per così dire,

all’asciutto.

Efficacissimo e senza possibilità di sviluppo di organismi resistenti, assolutamente

privo di tossicità, va però detto che può essere pericoloso per animali di piccole

dimensioni se durante il trattamento non vengono tenuti sotto scrupoloso controllo.

Va ricordato che nei Tetra questa malattia fortunatamente non è molto frequente, ma

è comunque utile saperla diagnosticare, dato che potrebbe colpire altri coinquilini.

La girodattilosi: è provocata dal verme Trematode del genere Gyrodactylus che

infesta la pelle dei pesci. Difficilmente assale le branchie.

Sintomi:

- Aumento della secrezione di muco cutaneo associato a prurito e insistenti

sfregamenti;

- Opacizzazione di aree circoscritte (lungo i fianchi e sul dorso) dovuta ad

ipersecrezione mucosa e alle lesioni che questi vermi, se presenti in numero

massiccio, provocano all’epidermide;

- Dimagrimento e isolamento;

- Pinne chiuse e raccolte lungo il corpo; in un secondo momento sfrangiamento

delle medesime dovute all’attacco secondario di funghi e batteri.

- Terapia: esiste una sostanziale differenza a livello biologico-riproduttivo tra

Dactylogyrus e Gyrodactylus.

Il primo si riproduce liberando in acqua uova, che come abbiamo visto risultano

essere resistenti anche ai medicinali, il secondo trattiene un embrione al suo interno

fino al momento della nascita. Questa peculiarità ci rende più facile il debellare la

128

malattia, dato che con un solo intervento, è possibile distruggere tutti i vermi senza

possibilità di ricaduta.

Infatti una volta neutralizzati gli adulti, non vi è più modo di incorrere in una

reinfestazione causata da larve latenti, dato che vivono all’interno dei genitori. A

differenza invece di quanto avviene con la dattilogirosi che richiede la ripetizione del

trattamento a distanza di quindici giorni per neutralizzare le giovani larve.

Una curiosità: esistono alcune specie di Caracidi, come Hmigrammus rodway e

Hyphessobrycon bifasciatus, che se parassitati da vermi Trematodi proteggono la loro

epidermide emettendo una secrezione di guanina per proteggersi, facendoli sembrare

ricoperti di una patina oro-argentata. Questa malattia non è contagiosa per gli altri

ospiti e si rinviene solo in esemplari prelevati in natura. A lungo andare in acquario i

pesci “guariscono” perdendo così i loro colori iridescenti.

Le elmintasi intestinali sono provocate dall’infestazione da parte di alcuni tipi di

vermi che parassitano di preferenza l’ultimo tratto dell’apparato digerente:

- Nematodi: vermi a sezione rotonda;

- Cestodi: vermi piatti formati da più segmenti e conosciuti anche con il nome di

“verme solitario”;

- Acantocefali: vermi con estremità uncinata;

- Trematodi: vermi piatti a forma di fogliolina.

Questi parassiti sono decisamente rari sui Tetra e possono comparire principalmente

in animali di cattura, dato che spesso per completare il loro ciclo biologico

abbisognano di un ospite intermedio. Possono altresì penetrare in acquario attraverso

cibo vivo, che funge proprio da veicolo di infestazione.

- Sintomi: la sintomatologia principale è caratterizzata dal dimagrimento del pesce

associato alla presenza di feci mucillaginose che sovente rimangono attaccate all’ano.

Raramente queste infestazioni risultano mortali per l’animale colpito, e se questi

soggetti vengono allevati in condizioni ottimali, per lo più tali parassiti rimangono

inosservabili, dato che non producono segni esteriori degni di nota. L’unico sistema

di avere una diagnosi precisa in caso di dubbio, è l’esame microscopico delle feci.

- Terapia: i farmaci utilizzati per debellare queste infestazioni sono vari

antielmintici; un veterinario saprà dare la giusta soluzione.

Altri vermi parassiti dell’apparato digerente e assai più comuni sono gli organismi

che provocano la cosiddetta “malattia dei vermi dalla testa a fresa”.

E’ causata da un verme nematode, il Camallanus cotti.

Questi vermi di colore rossastro, che fuoriescono dall’apertura anale del soggetto

colpito, sono conosciuti anche con il nome di “vermi dalla testa a fresa” (da cui il

nome della malattia) in quanto dotati di un particolare apparato boccale che consente

loro di tenersi saldamente ancorati alla parete intestinale del malcapitato ospite.

129

I maschi sono lunghi circa 3 mm e le femmine al massimo 1 cm e risultano visibili ad

occhio nudo; parassitano in particolare proprio i Caracidi e Pecilidi.

Spesso sono introdotti assieme al cibo vivo.

- Sintomi: il ciuffetto di vermi fuoriesce dall’ano prevalentemente quando l’animale

sta riposando. Bisogna evitare di rimuoverlo, per esempio tirando con una

pinzetta, poiché si rischia di strappare o lesionare un tratto dell’intestino del pesce

parassitato.

- Terapia: anche in questo caso si rende necessaria una cura a base di antielmintici.

Rispetto alle altre elmintasi intestinali è più frequente, dato che l’infestazione può

avvenire anche senza necessità di ospite intermedio per alcune generazioni; difatti

le femmine di questi vermi partoriscono larve vive. E’ comunque, rispetto ad altre

patologie, molto poco diffusa negli acquari ornamentali o per lo più ignorata.

Infestazioni da crostacei.

L’ultimo gruppo di parassiti da ricordare è quello dei crostacei.

Un noto crostaceo parassita dei pesci appartiene al genere Lernaea, e per la sua

caratteristica morfologia, viene comunemente definito “verme ancora”, anche se in

realtà non è un verme.

La femmina adulta, che può raggiungere al massimo 2 cm di lunghezza, presenta,

un’3tremità cefalica provvista di un apparato formato da strutture rigide e simile ad

un’ancora, che consente la perfetta adesione del parassita alla muscolatura.

Il corpo allungato di questo crostaceo termina con due sacchetti ovigeri che danno

una forma esteriore simile ad una freccina conficcata nel corpo del pesce.

Il parassita vero e proprio è infatti solo la femmina, mentre il maschio conduce una

vita planctonica e ha una mera funzione riproduttiva. L’infestazione può avvenire tramite l’introduzione di pesci già parassitati, oppure cibo vivo

finemente setacciato che ne introduca le larve planctoniche.

- Sintomi: il pesce colpito appare anemico e agitato, soffre di prurito e presenta

lesioni rossastre dovute all’infezione secondaria da batteri e funghi sulla cute.

Altro segno della malattia è il nuoto a scatti accompagnato da intensi sfregamenti

sugli oggetti sommersi. Sovente vengono colpite le branchie, fortemente

vascolarizzate e quindi molto appetibili da questi parassiti, con conseguente

abbondante produzione di muco e tendenza degli animali a stazionate in

superficie.

- Terapia: se non viene curata, questa malattia può uccidere un’intera popolazione

di pesci nell’arco di alcune settimane, in relazione all’opposizione delle difese

immunitarie degli animali e la densità di popolazione che accelera il processo di

diffusione. I parassiti adulti femmine dall’inconfondibile forma di freccina,

formata da parte del corpo e i 2 sacchi ovigeri, sono inconfondibili anche se

130

spesso passano inosservati ad occhi poco attenti. Nel momento che viene

individuata una “fereccia” occorre eliminarla, eradicandola con una pinzetta e con

le dovute cautele, ricordandosi dell’esistenza della particolare struttura rigida “ad

ancora” infissa nella muscolatura, cioè la testa del parassita con cui sugge i liquidi

organici dei pesci. Tutti i gli abitanti dell’acquario possono essere in pericolo e

bisogna agire al minimo segnale. Se l’infestazione è all’inizio, sarà sufficiente

estrarre i parassiti. La lesione cutanea residua può essere disinfettata con una

soluzione di Blu di Metilene o di Betadine (soluzione 1 a 10 parti di acqua).

E’importante ricordare che una volta catturato, con un retino, il pesce deve essere

mantenuto umido e non deve venire a contatto con le mani asciutte; per questo è

consigliabile indossare quanti in lattice di gomma da bagnare prima

dell’intervento sull’animale. Queste precauzioni sono necessarie perché la

temperatura cutanea dell’uomo è superiore a quella della pelle di pesci, anche se

tropicali. Il pesce dovrà essere tenuto in una vaschetta- infermeria per qualche

giorno, per poter eventualmente ripetere le applicazioni con il disinfettante.

Tendenzialmente però sarà sufficiente reimmeterlo con delicatezza in vasca, a

patto di avere condizioni igieniche sufficientemente accettabili al fino di non

provocare infezioni alla ferita. Se invece i parassiti sono molto numerosi e

l’infestazione risulta essere massiccia, sarà opportuno ricorrere ad un bagno con

cloruro di sodio, cioè il sale da cucina, alla dose di 2/4 cucchiaini da te per litro. Il

bagno può, a seconda delle necessità, essere ripetuto più volte. Una decina di

minuti in soluzione salina sono sufficienti. IMPORTANTE: durante il trattamento

tenere sotto controllo il soggetto; al minimo accenno di sofferenza riportarlo in

acqua dolce!

Esistono anche altri rimedi più forti a base di antiparassitari ma a causa della

tossicità del trattamento, è sconsigliabile l’utilizzo; qualora la necessità sia

irrinunciabile, è allora bene rivolgersi a qualcuno più esperto, magari facendo

riferimento al proprio veterinario di fiducia o al club acquariofilo più vicino a

casa.

Un altro crostaceo parassita che si ritrova di frequente sui pesci è il cosiddetto

“pidocchio dei pesci”, appartenente al genere Argulus.

Lungo circa mezzo cm, grigio-trasparente e a forma a ferro di cavallo, questo

parassita aderisce saldamente alla cute dei pesci.

Rispetto a quello dei Lernaea, ha un diverso sistema di adesione alla muscolatura,

attraverso ventose ed uncini.

Anche se l’Argolus si “insedia” a minore profondità, l’asportazione deve sempre

essere svolta con molta cautela, evitando di entrare in contatto con la mucosa del

pesce con le mani asciutte. Per quanto riguarda la cura, è la medesima descritta per i

Lernaea.

Questi animali possono essere introdotti con pesci selvatici, mangime vivo o

attraverso le uova deposte su piante raccolte in natura inserite poi in acquario.

Gli Argulus non sono facilmente distinguibili sulla pelle dei pesci, dato che attraverso

la loro forma discoidale si confondono con le squame dei pesci, ma se si nota una

131

squama con due occhietti e delle branchie sottostanti in movimento, non siete di

fronte ad una mutazione, bensì ad uno di questi parassiti.

Non è molto infettivo e la guarigione è meno complicata rispetto ai “vermi ancora”.

Le malattie protozoarie.

Le malattie sostenute da un’infestazione da protozoi sono le patologie più comuni che

possono colpire i pesci allevati in acquario. Questo fatto è confermato da alcune

statistiche in cui viene evidenziato che circa il 60% di tutte le patologie che

colpiscono i pesci ornamentali sono dovute a questi microrganismi.

Sono sicuramente le più conosciute, ma a volte, forse per eccessiva sicurezza,

sottovalutate ance dall’acquariofilo più esperto.

I protozoi sono organismi monocellulari che, pur facendo parte dell’ecosistema-

acquario, possono diventare patogeni ed infestare i pesci.

Nell’uomo una tipica malattia protozoaria è sostenuta dal Plasmodium che provoca la

malaria.

Non dimentichiamo che altri animali, come il cane, possono essere colpiti da malattie

protozoarie, veicolate dal morso di alcuni parassiti ematofaghi come le zecche.

- La malattia dei puntini bianchi o ictioftiriasi.

E’una nota malattia che colpisce i pesci d’acqua dolce, causata dal protozoo ciliato

Ichthyophthirius multifiliis che penetrando con un movimento circolare nello strato

esterno dell’epidermide del pesce parassitato, provoca una reazione cellulare che si

evidenzia esternamente con la formazione del tipico puntino bianco.

Inizialmente i puntini sono radi e scarsamente visibili, ma nel giro di qualche giorno,

la cute del pesce si riempie di numerosi piccoli granuli, come se qualcuno avesse

cosparso il pesce di farina.

L’Ictio è un buon nuotatore, di dimensioni variabili (1mm circa di diametro) e

presenta ad una visione ravvicinata al microscopio, il caratteristico nucleo a forma di

ferro di cavallo.

Quando è maturo oppure se l’ospite muore, il protozoo si stacca dalla pelle del pesce

e nuota, quindi si posa su una pianta o sul fondo della vasca e forma intorno a se una

sorta di capsula mucosa (cisti). A questo punto inizia riprodursi: lacune ore dopo,

infatti, la cisti esplode liberando in acqua le larve (da alcune centinaia a un migliaio

circa) chiamate “tomiti”, lunghi solo alcuni micron. Abili nuotatori devono

assolutamente trovare un pesce su cui aderire e crescere entro un paio di giorni al

massimo, pena la morte.

Questa patologia è diffusissima in acquario, dove spazi stretti e alta densità di

popolazione sono elementi favorevoli ai “tomiti” nella ricerca di un ospite. Viceversa

in natura è praticamente inesistente.

Questa malattia è presente durante tutto l’arco dell’anno, con picchi individuabili in

primavera ed in autunno, evidentemente a causa degli sbalzi di temperatura che si

132

hanno in questi periodi. Gli sbalzi di temperatura sono per i pesci (animali a sangue

freddo) fonte di stress; questo indebolimento consente quindi ai protozoi di trovare

una più rapida via d’accesso verso l’organismo da attaccare.

E’ però altrettanto vero che pesci in salute e in situazioni igienico-ambientali ottimali,

difficilmente ne sono assaliti, dato che in dette situazioni lo strato di muco protettivo

del pesce non viene intaccato mantenendo i protozoi esterni alla cute: non possono

nutrirsi e muoiono.

I pesci di allevamento come trote, pesci gatto, anguille così come Cilcidi e Caracidi

ne sono particolarmente sensibili.

Del resto è una patologia che si riscontra anche nei pesci appena pescati e immessi

nei laghetti (come Triotti e Alborelle).

Come detto un pesce stressato è sicuramente un ricettacolo di protozoi: un pesce

appena acquistato e immesso da poco nell’acquario può esserlo ed infatti sono

proprio questo i soggetti più a rischio di infestazione.

Il pesce guarito dalla malattia può comunque albergare in modo invisibile e in forma

latente i protozoi, i quali al primo accenno di calo delle difese immunitarie,

ricominciano il loro ciclo vitale; e questa la causa per cui appena immesso un nuovo

inquilino in vaca, vi sono concrete possibilità della ricomparsa della malattia. E’

altresì vero che anche il nuovo ospite potrebbe veicolare i microrganismi in vasca,

senza necessariamente che questi siano visibili al momento dell’acquisto.

- Sintomi: oltre ai puntini bianchi sopra descritti che compaiono sulla pelle e sulle

pinne del pesce, è il prurito intenso e il conseguente sfregamento sui corpi

sommersi e l’arredamento dell’acquario che ci indica la presenza dei protozoi.

Successivamente, l’animale malato diviene apatico, nuota in modo anormale, non

si alimenta, dimagrisce e muore nel giro di pochi giorni.

- Terapia: essendo sicuramente la più diffusa, in commercio si trovano rimedi

efficacissimi che nel giro di pochi giorni debellano i protozoi: essendo però sostanze

chimiche, vanno però scrupolosamente osservate le istruzioni e le modalità d'uso.

Un altro tipo di terapia, che però non richiede l’uso di farmaci, è la cosiddetta

“termoterapia”, che consiste nell’aumentare gradualmente la temperatura (1°C

all’ora) sino al raggiungimento dei 30/32°C, che devono essere mantenuti per dieci

giorni. In questo modo si interrompe il ciclo vitale dei protozoi; a dire il vero esistono

opinioni discordanti su tale modo di agire. Personalmente non ho mai ottenuto

risultati positivi, altre persone invece utilizzano con successo tale stratagemma,

sebbene in alcuni casi le piante possano risentirne.

E’ fondamentale un intervento tempestivo, dato che specialmente i Tetra soffrono

moltissimo e sono particolarmente soggetti a tale malattia. Sembra invece che il

ciprinide Tanichthys albonubes ne sia immune.

133

L’oodiniasi o malattia del velluto nei pesci d’acqua dolce. E’causata dai protozoi

dinoflagellati Oodinium pillularis (cosmopolita) e Oodinium limneticum

(nordamericano).

E’una patologia cronica, ad andamento lento, molto diffusa in tutti i pesci

ornamentali d’acqua dolce, ma in particolare nei Ciclidi, Belontidi, Poecilidi e nei

Caracidi. Trova facile diffusione in acquari biologicamente non equilibrati e in pesci

indeboliti dall’inquinamento acqueo e dalla malnutrizione.

L’oodiniasi è ancora più diffusa dell’ictioftiriasi, ma è meno riconoscibile

dall’acquariofilo poco esperto poiché sul corpo del pesce parassitato non sempre sono

presenti i puntini, in genere molto piccoli, chiari e leggermente allungati.

- Sintomi: il segno caratteristico è l’aspetto vellutato della cute, causata

dall’ipersecrezione mucosa che viene prodotta dal pesce nel tentativo di difendersi

dai parassiti; ben evidenziata se si osserva l’animale colpito in luce radente.

- Il sintomo più evidente è la respirazione accelerata dovuta all’insediamento dei

protozoi nelle lamelle branchiali, organo che in questa patologia è proprio

l’obbiettivo del parassita. I pesci, data la diminuita funzionalità di respirazione,

tendono a rimanere nei pressi della superficie, zona generalmente più ricca

d’ossigeno.

- Altri sintomi, comuni peraltro ad altre patologie, sono:

- Mancanza di appetito;

- Dimagrimento;

- Decolorazione della livrea;

- Anomali comportamentali, come eccessiva timidezza ed isolamento;

- Nuoto lento e difficoltoso;

- Pinne chiuse.

Se non si interviene, dopo alcune settimane compaiono arre cutanee erose

sanguinanti, la mucosa inizia a distaccarsi a brandelli dal pesce, dando via libera ad

una miriade di infezioni secondarie sostenute da altri protozoi, miceti e batteri.

Il pesce muore entro brevissimo tempo.

- Terapia: possono essere utilizzati gli stessi rimedi anti Ictio, o ancor meglio i

preparati a base di solfato di rame che vengono utilizzati per l’Oodinium marino.

E’una patologia che se presa in tempo non danneggia in modo consistente i pesci,

essendo meno infettiva e meno rapida a livello di diffusione in vasca. In vasche

equilibrate è praticamente inesistente.

La pleistoforosi o malattia del pesce neon. Ed ora veniamo a parlare di una

patologia che, sebbene non particolarmente contagiosa e diffusa, è comunque una

malattia che colpisce particolarmente i Neon ed altri caracidi e quindi ci interessa da

vicino. E’sostenuta dal protozoo Pleistophora hyphessobryconis.

134

- Sintomi: la vivace livrea rosso azzurra dei pesci neon sbiadisce divenendo

lattiginosa e con i margini delle striature poco definiti, specialmente nella regione

sottostante la pinna dorsale. Queste lesioni sono dovute alla necrosi, cioè la morte,

delle cellule muscolari colpite. Altri sintomi sono:

- dimagrimento;

- mancanza di appetito;

- nuoto a scatti e in situazione di malattia avanzata difficoltà motorie vere e proprie.

Può capitare che i pesci, soprattutto in situazioni di forte sovraffollamento come in

una vasca di vendita, mangino i cadaveri dei propri compagni che qualora infetti,

possono trasmettere tale malattia ad altri soggetti, dato che il protozoo penetra

nell’organismo attraverso l’apparato digerente. Siccome non esistono rimedi

concretamente efficaci, è consigliabile sopprimere o eventualmente trasferire in una

apposita vasca infermeria gli animali che potenzialmente potrebbero essere portatori

della patologia. Solo l’esame microscopico permette di diagnosticare con certezza la

presenza della Pleistophora, grazie al rilevamento delle sue spore nei preparati a

fresco delle lesioni.

E’una malattia cronica a decorso molto lento, che non colpisce contemporaneamente

tutta una popolazione d’acquario, dato che per provocare la patologia, questi

microrganismi devono essere assunti per via orale. In genere è sufficiente eliminare i

pesci sospetti per interrompere la presenza del parassita in vasca.

- Terapia: una terapia veramente efficace e provata non esiste. Probabilmente dosi

elevate di antibiotici possono sortire effetti, ma sinceramente non mi sento di

esprimere giudizi pro o contro questo o quel rimedio. L’unico sistema sicuro di

debellare la Pleistophora, e quello di eliminare i pesci sospetti e migliorare le

condizioni igieniche generali, dato che anche nelle feci dei pesci infetto sono

presenti le spore dei protozoi, e un’ingestione accidentale potrebbe diffondere

maggiormente la patologia.

NOTA: spesso si ritiene a torto, che tutte le sintomatologie esterne che producono la

comparsa di una decolorazione o una fascia bianca su neon o altri pesci, siano sintomi

di Pleistophora.

Non è assolutamente vero!!!!

Così come un’ipersecrezione mucosa può essere causata da una miriade di fattori,

anche la comparsa di fasce biancastre sui Tetra o altri pesci non sono sinonimo di

questa patologia. Ben più frequentemente sono invece un indice di epidemia

batterica; la principale differenza tra la Pleistofora e le batteriosi che danno gli stessi

sintomi, è dovuta al semplice fatto che nel primo caso la diffusione della malattia è

molto lenta, nel secondo caso possiamo arrivare a perdere diverse centinaia di pesci

in poche ore, con l’impressionante ritmo, in casi di sovraffollamento eccessivo, di un

animale ogni 5 minuti!!!!

135

Vi è però anche da sottolineare che una adeguata terapia a base di antibiotici risolve

drasticamente e definitivamente la batteriosi. Per la Pleistophora, non vi è mai la

matematica sicurezza, a meno di sopprimere i pesci colpiti.

Le dermatitti protozoarie: con questa definizione, abbiamo raccolto sotto un unico

nome, quelle patologia diverse tra loro ma che causano i medesimi sintomi e

utilizzano la stessa terapia.

I protozoi responsabili diventano patogeni allorquando le condizioni di allevamento

non sono ideali:

- alimentazione errata;

- sovraffollaento;

- filtraggio insufficiente;

- mancanza o insufficienza di cambio parziale (concentrazione sostanze azotate);

- caratteristiche fisico-chimiche dell’acqua inadegaute (Temp., pH, durezza);

- mancanza di sifonatura del fondo con accumulo di detriti putrescnti;

sono tutti fattori predisponenti l’insorgere di dette patologie.

Pesci giovani e stressati sono i principali soggetti a rischio di queste malattie, che

molti autori annoverano tra le cosiddette “malattie dei deboli”.

I protozoi responsabili di queste patologie sono:

- Ichthyobodo (Costia) necatrix (protozoo flagellato);

- Chilodonella cyprini (protozoo ciliato);

- Cyclochaeta spp. (Trichodina) (protozoo ciliato).

- Terapia: le principali manifestazioni esteriori della presenza di questi microrganismi

sono il prurito, con conseguente nuoto a scatti e sfregamento continuato ed insistente

sugli arredamenti della vasca, pinne chiuse, ipersecrezione mucosa e lesioni cutanee.

In un primo momento il pesce produce grosse quantità di muco, con zone opalescenti

che ben presto lasciano spazio ad evidenti chiazze biancastre. Successivamente

queste macchie si sollevano, si staccano lasciando l’epidermide del pesce alla mercé

di infezioni secondarie, dovute principalmente a batteri e miceti che causano erosioni

della cute, che a loro volta evolvono in vere e proprie ulcerazioni sanguinolente.

- Terapia: innanzi tutto migliorare le condizioni igieniche generali della vasca.

Come presidi disinfettanti sono utili i rimedi anti Ictio. Ma anche altri prodotti si

rivelano utili allo scopo che possono essere facilmente reperibili in qualsiasi

negozio specializzato. Come coadiuvante la terapia può essere utile, ove possibile,

l’aggiunta di sale da cucina in ragiona di un cucchiaino da tè ogni 2/3 L.

Queste patologie se prese in tempo, non hanno alcuna conseguenza oggettiva sugli

animali, che guariscono nell’arco di alcuni giorni, fermo restando che se non vengono

modificate le situazioni negative predisponenti, qualsiasi rimedio chimico è

puramente un palliativo. Viceversa in situazioni ottimali, le dermatiti protozoarie

sono inesistenti.

136

E con le dermatiti protozoarie abbiamo anche concluso questo capitolo, forse un po’

lungo dedicato alle patologie che possono colpire i nostri Tetra. A mio avviso,

quando si scrive al riguardo delle malattie, non ci si dilunga mai abbastanza e ho

ritenuto indispensabile sottolineare nel modo migliore possibile, sempre nei limiti di

un libro non specifico, le varie tipologie di malessere che sono più diffuse tra i pesci

d’acquario e nei Caracidi in particolare. Qualora si volesse approfondire tale

argomento, invito alla documentazione su testi specifici di ittiopatologia e al consulto

di un veterinario specializzato: una malattia diagnosticata in tempo è una malattia

mezza guarita!

SCHEDA DI SINTESI 10

Criteri di scelta per un corretto acquisto di pesci in salute:

• Occhi: non devono presentare opalescenze; devono essere alloggiati all’interno dell’orbita in

modo naturale, quindi non devono essere sporgenti, né viceversa infossati; non devono

presentare ulcerazioni o evidenziare versamenti ematici.

• Pelle: deve presentarsi integra e priva di alterazioni cromatiche differenti da quelle

caratteristiche della specie, e cioè: chiazze bianche, puntini, aree schiarite o viceversa nere; non

deve presentare ulcerazioni o versamenti ematici; non deve presentare un aspetto velluatato.

• Pinne: devono presentarsi integre e prive di orli irregolari, bianchi e/o sfrangiati; devono essere

trasparenti o avere i colori caratteristici della specie; devono essere prive di chiazze biancastre o

aree opalescenti o puntini bianchi; non devono essere “chiuse” e attaccate al corpo.

• Branchie: devono presentarsi rosse, ma soprattutto ad un primo esame superficiale, gli opercoli

devono mantenere la posizione di copertura totale di questi organi fondamentali: essi non

devono lasciare intravedere le branchi, cioè non devono essere sollevati.

• Corpo: la testa deve essere proporzionata al resto del corpo; un capo sproporzionatamente

grande è sinonimo di possibili patologie interne; la spina dorsale deve essere dritta, pertanto il

pesce non deve presentare curvature innaturali; il ventre non deve essere incurvato o viceversa

ingrossato in modo sproporzionato.

• Nuoto: deve essere fluido e non visibilmente rallentato né a scatti irregolari; all’inserimento di

un retino (o altra situazione di pericolo) i pesci devono fuggire; in caso contrario, animali che

stazionano in modo impassibile nelle vicinanze di un “pericolo” dimostrano un’alterazione del

riflesso di fuga e una possibile patologia.

SCHEDA DI SINTESI 11

Le principali patologie di Tetra.

• Ascite – Sintomi: ventre gonfio in modo abnorme (idropisia), occhi sporgenti (esoftalmia) –

Rimedi: antibiotici a largo spettro; difficile da curare, ma non molto comune; praticamente

assente in acquari igienicamente sani.

• Linfocisti – Sintomi: noduli biancastri sulle pinne e sul corpo. – Rimedi: dovuti a situazioni

ambientali errate, occorre eliminare tale situazione e somministrare vitamine. – Rara nei Tetra.

137

• Corrosione delle pinne – Sintomi: pinne sfrangiate e dagli orli biancastri. - Rimedi: antibiotici a

largo spettro; – Frequente in animali appena importati.

• Malattia colonnare – Sintomi: chiazze bianche ulcerate sul corpo. - Rimedi: antibiotici; –

Frequente in animali appena importati.

• Micosi – Sintomi: batuffoli cotonosi su pinne e/o corpo. – Rimedi: Blu di Metilene, Cloruro di

sodio, Fulcin, Betadine. - Frequenti in situazioni igieniche compromesse.

• Dattilogirosi (vermi delle branchie) – Sintomi: opercoli dilatati e respirazione accelerata,

dimagrimento. – Rimedi: antiparassitari ad uso vetrinario. – Non frequente.

• Girotdattilosi (vermi della pelle) – Sintomi: opacizzazione di aree circoscritte della cute,

dimagrimento. – Rimedi: come per la Dattilogirosi. – Non frequente.

• Elmintasi intestinali – Sintomi: dimagrimento; nei Camallanus è possibile vedere il ciuffetto di

parassiti pendere dall’ano. – Rimedi: Antielmintici – Non frequente.

• Crostacei parassiti: Lernaea, Argulus – Sintomi: i parassiti si notano facilmente sul pesce. –

Rimedi: rimozione con una pinzetta e disinfezione della ferita, cloruro di sodio – Non frequente.

• Ictio o malattia dei puntini bianchi – Sintomi: i pesci sono ricoperti da puntini bianchi. –

Rimedi: Faunamor, Protazol – Molto comune e molto infettiva.

• Oodinium o malattia del velluto – Sintomi: il pesce ha un’apparenza vellutata, respiro affannato

e possono comparire piccolissimi puntini grigaistri. – Rimedi: Protazol, solfato di rame. -

Frequenza relativa.

• Pleistophora - Sintomi: aspetto lattiginoso delle fasce muscolari; non ha carattere epidemico. –

Rimedi: soppressione dei pesci colpito, aumento dell’igiene in vasca. – Rara.

• Dermatiti protozoarie: Costia, Chilodonella, Trichodina – Sintomi: dimagrimento, pinne chiuse,

ipersecrezione mucosa. – Rimedi: cloruro di sodio, Blu di Metilene, Protazol.

NOTA: prima dell’utilizzo di ogni rimedio consultare un veterinario

specializzato.

138

CAP. 8

CONCLUSIONI

Non ci resta ora che fare un breve punto riassuntivo di quanto abbiamo fino ad ora

potuto apprendere dalle precedenti pagine.

Abbiamo potuto capire che i Tetra sono piccoli pesci per lo più abitanti di acque

scure, tenere ed acide che attraversano le immense foreste pluviali del sud America e

dell’Africa. Oggi abbiamo comunque un vantaggio rispetto ai nostri predecessori

acquariofili di qualche generazione fa: ci troviamo di fronte infatti ad animali

provenienti da allevamenti intensivi e per questo motivo maggiormente adattabili alla

cattività e a valori biochimici anche diametralmente opposti rispetto a quelli dei

luoghi di ritrovamento degli esemplari selvatici. E’ comunque opportuno, nei limiti

delle nostre possibilità, cercare di mantenere gli animali in condizioni almeno simili a

quelle dei loro antenati selvatici.

Ci siamo addentrati nelle intimità riproduttive di questi pesci, decisamente aiutati in

questo dalle motivazioni sopra riportate: in natura gli animali rispettano cicli

biologici scaturiti da migliaia di anni di evoluzione, rispettando i periodi di siccità o

la stagione delle piogge che porta i fiumi abitati da questi pesci ad aumentare il loro

livello di oltre 10 metri. Ed è spesso in concomitanza di queste acque alte, di questo

incontro acqua-terra che molte specie di pesci, fra cui i Caracidi, entrano in frega. E’

proprio l’incontro dell’acqua con l’intimità della foresta a determinare un’esplosione

di creature microscopiche che come abbiamo potuto vedere sono il primo cibo per i

piccoli avannotti; un mare di acqua nuova, acqua piovana, priva di sali minerali, che

azzera la durezza, peraltro già bassa, di queste acque. E’ questo uno di quei motivi

che spesso ci costringe ad utilizzare acque estremamente tenere per ottenere la

deposizione delle uova e la loro schiusa.

Ma se riflettiamo un poco, ci accorgiamo che anche a casa nostra avviene una cosa

simili con i piccoli abitanti delle nostre acque: i Ciprinidi. Essi infatti entrano in frega

generalmente nella tarda primavera, in concomitanza o appena dopo le piene

primaverili: anche da noi quindi acqua nuova, piovana, priva di sali, un incontro

acqua-terra che anche da noi determina lo sviluppo di una miriade di esseri viventi

planctonici.

Abbiamo anche visto che i Caracidi sono pesci prettamente gregari, che

l’allevamento isolato può produrre comportamenti aggressivi o viceversa di estrema

timidezza.

Si tratta di pesci molto rustici che ben si adattano alla condizione di allevamento in

acquario, accettando di buon grado i comodi mangimi commerciali di cui le

scaffalature dei negozi specializzati sono ricchi; non dimentichiamo però che fra una

scatoletta di carne e una bella “fiorentina”, c’è una bella differenza ……..a buon

intenditore “acquariofilo”, poche parole, anzi due: mangime surgelato o, ancor

meglio, mangime vivo.

139

Ci siamo soffermati anche sulle principali malattie che colpiscono questi pesci che a

dire il vero sono sicuramente fra le specie che danno meno problemi dal punto di

vista sanitario. A questo proposito vorrei soffermarmi su alcuni piccoli aspetti che

permetto a questi pesci di essere quasi immuni dalle più frequenti patologie che

colpiscono generalmente gli ospiti degli acquari ornamentali: una corretta

alimentazione e i regolari cambi parziali rendono i nostri Tetra dei veri e propri

“immortali” in grado di allietare con la loro presenza la nostra casa anche per diversi

anni. Un altro fattore però che ci permette di avere pesci sani e in buona salute, ma

soprattutto dalle lucenti e vivaci livree, è sicuramente l’arredamento, che deve avere

3 requisiti fondamentali: lo spazio per nuotare, angoli densi di vegetazione, anche

galleggiante per creare zone d’ombra dove i Tetra amano stazionare e il fondo

assolutamente scuro al fine di far risaltare nel miglior modo possibile i colori.

I pesci di acqua dolce, al contrario di quelli marini che mantengono le spettacolari

livree addirittura per diverso tempo anche dopo essere deceduti, hanno bisogno

dell’ambiente giusto per rendere al massimo dal punto di vista cromatico. Da notare

comunque che una livrea sbiadita è sinonimo di condizioni di allevamento non

ottimali, quindi di stress e in ultima analisi una maggior possibilità di essere soggetti

a malattie.

Questi pochi requisiti, se rispettati fino in fondo, faranno del nostro acquario un

bellissimo angolo di natura, con un limitatissimo tempo di manutenzione, in grado di

regalarci, accanto a momenti rilassanti, istanti pieni di emozioni.

In conclusione è mio intento con questo libro di essere stato di aiuto a tutti gli

acquariofili appassionati di piccoli pesci, con la speranza di aver inserito

informazioni complete e sufficientemente chiare per il neofita, così come di avere

dato utili spunti di approfondimento agli appassionati più esperti.

Auguro a tutti di avere le mie stesse soddisfazioni con queste piccole creature dai

colori iridescenti che fortunatamente possiamo allevare in maniera ottimale anche in

vasche “domestiche” e da cui è possibile avere la incomparabile soddisfazione di

ottenerne la riproduzione persino in pochi litri d’acqua.

Dedicato a Tommaso Molè il “Mago”, il più esperto allevatore di pesci tropicali

che abbia mai conosciuto, ovunque tu sia, sempre nel cuore.

Ringraziamenti.

E’però doveroso menzionare alcune persone che mi hanno permesso con il loro

indispensabile aiuto e collaborazione di redigere quest’opera.

140

Innanzi tutto volevo ringraziare una persona senza il cui supporto tecnico forse sarei

ancora a scrivere, che ho conosciuto prima via internet e poi di persona: Andrea

Varisco un appassionato di rara cultura, ma poi soprattutto un grandissimo amico

…….. una storia che dura oramai dal Giurassico 😊

Non e’ da meno Andrea Meazza, per l’indispensabile supporto bibliogrtafico, grande

esperto e amico di sempre.

In ultimo, ma non per questo meno importante, il Dr. Massimo Millefanti, che mi ha

spinto a compilare questo documento.

Testo e Foto © Zio Pesce.blog