CAOS & POTERI : LE EQUAZIONI DEL...

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CAOS & POTERI : LE EQUAZIONI DEL MUTAMENTO VI Edizione del Master in Geopolitica on line Dicembre 2014 - Giugno 2015 La secessione silenziosa Riflessioni sulla questione Veneta Mauro Fontana 1

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CAOS & POTERI : LE EQUAZIONI DEL MUTAMENTOVI Edizione del Master in Geopolitica on line

Dicembre 2014 - Giugno 2015

La secessione silenziosaRiflessioni sulla questione Veneta

Mauro Fontana

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Mauro FontanaLA SECESSIONE SILENZIOSA

RIFLESSIONI SULLA QUESTIONE VENETA

SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Dagli stati nazione alle regioni stato - movimenti indipendentisti in Europa. - 3. Scozia e Veneto due casi a confronto. - 4. Criticità e risorse delle terre venete - i nuovi confini economici - una piattaforma logistica per le nuove vie della seta. - 5. Conclusioni

“Devolution—meaning the decentralization of power—is the geopolitical equivalent of the second law of thermodynamics: inexorable, universal entropy.“

- Parag Khanna, esperto di relazioni internazionali

1. Premessa

Le comunità locali sono frustrare dall'immobilismo dei governi nazionali che sono in balia degli interessi acquisiti dai burocrati e dai politici.La tecnologia e la rete stanno funzionando da aggregatori di movimenti spontanei che stanno facendo del loro meglio per provocare cambiamenti profondi nei sistemi innaturali esistenti. La crisi economica e la velocità con la quale la società civile cambia, la condivisione delle informazioni - non sempre attendibili e veritiere - da un lato hanno esacerbato gli animi e, dall'altro, hanno reso consapevoli gli individui, sempre più interconnessi, di verità che derivano dall'analisi di una massa di dati, disponibili in rete, una volta riservati alle sole classi dirigenti.

Il ritmo del cambiamento è quindi diventato tanto importante quanto il suo contenuto. L’effetto della tecnologia non è soltanto fisico o economico, ma anche sociale e psicologico. Siamo nell’età ibrida, una nuova epoca socio tecnologica che emerge mano a mano, dove le tecnologie si fondono tra di loro e gli esseri umani con queste, due processi che avvengono in simultanea. La velocità dei cambiamenti è tale che gli stati nazionali si vanno via via indebolendo sotto la spinta di nuove strutture sociali. Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, intervenendo alla presentazione del libro ‘Investire in conoscenza e innovazione’, alla Luiss, ha espresso considerazioni molto critiche sulla politica degli ultimi governi ed ha sottolineato che “nel giro di 10-20 anni un lavoro su due scomparirà".

Quello che un tempo veniva modificato con la violenza, oggi può essere ottenuto con pacifici accordi, attraverso i quali, tutte le parti possono trarne un reale profitto. Da un innaturale guscio potrebbero nascere quindi forze nuove e vitali, in grado di proteggere se stesse e i loro interessi, e di portare una nuova armonia multinazionale. A ben vedere il periodo storico nel quale la penisola italica ha dato il meglio di se stessa è stato il rinascimento nel quale si era innescata una sorta di competizione positiva tra le città-stato.Un periodo storico che sembra avere numerosi punti di contatto con l'odierno: enormi trasformazioni, accompagnate da squilibri e contraddizioni.

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"... Quello che conta è il desiderio di un determinato gruppo di individui di avere un proprio stato, e la capacità politica di realizzarlo." [...] "La secessione è [...] un fenomeno ai confini del diritto. In altre parole il diritto costituzionale ha un ruolo fondamentale nelle contese secessioniste, ma solo a condizione di " allearsi ", per così dire, con l'ordinamento internazionale, e di non sconfinare nell'arena puramente politica."

- Susanna Mancini – Professore associato di diritto pubblico comparato presso l’Università di Bologna

2. Dagli stati nazione alle regioni stato - movimenti indipendentisti in Europa

Il terremoto rappresentato dalla caduta del muro di Berlino e dallo smembramento del blocco sovietico costringe anche l'Occidente a riaprire un dibattito intorno agli inascoltati moti separatisti che da decenni attraversano l’Unione europea, classificati come movimenti terroristici e come tali, un tempo, affrontati.

In Italia il punto di svolta avviene con l'approvazione della legge n. 85 del 24 febbraio 2006 che cancellava una serie di reati contro la libertà di pensiero e di opinione. Questo spartiacque ha segnato il riemergere di moti che, mai sopiti, e ben descritti da Alvise Fontanella “l’indipendentismo, nelle terre della ex Serenissima, è come un torrente carsico dai mille rivoli: che esistono anche prima della Liga, che affiorano e spariscono sottoterra, poi corrono a fianco di quella, ora scambiando acque, ora staccandosene per seguire altre strade” hanno messo in atto specifiche azioni non sempre coerenti fra loro.

La secessione non è desiderabile in quanto mette a repentaglio la stabilità interna e internazionale ma, lo evidenzia il caso Scozzese, può essere negoziata, neutralizzando la violenza e gestendo al meglio l'incertezza che deriva dalla creazione di una nuova entità statuale.

Per contro il caso spagnolo - del tutto simile a quello veneto -, con sistema di Costituzione scritta e rigida, sta creando un effetto muro contro muro, non essendo intervenuto un accordo bilaterale fra centro e periferia. I catalani hanno promosso una prima loro consultazione referendaria che, ha visto la partecipazione al voto del 33% degli aventi diritto. Risultato che non ha spento la volontà all'idea dell’indipendenza della Catalogna ma che li sta vendendo impegnati con strategie ancor più aggressive..

“Nations are nations if they feel themselves to be a nation. And Scotland overwhelmingly feels itself to be a nation,”

- Alex Salmond (politico scozzese)

3. Scozia e Veneto due casi a confronto

Alcuni autori suggeriscono di classificare l'indipendentismo in relazione alle ragioni sulle quali esso si fonda. Non vi è dubbio che sia per gli scozzesi che per i veneti questa classificazione basata sulle ragioni sia ben presente.

La volontà di questi due popoli di uscire dal patto politico che li lega alla nazione di

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riferimento in effetti è fondata su ragioni di tipo:1) economico: dato che entrambi ritengono iniquo il riequilibrio imposto dalla solidarietà tra territori e quindi di non avere più sufficienti risorse per autogovernarsi2) sanzionatorio: ritenendo di aver acquisito, nel tempo, più svantaggi che vantaggi dal patto politico con lo Stato centrale sentendosi trattati come una colonia o una periferia produttiva abbandonata dallo Stato3) identitario: vista al diversità fondata su elementi culturali sia in senso materiale (lingua, rituali) che immateriale (visione del mondo, contegno, condotta di vita)4) istituzionale: in quanto fondata sulla preesistenza di proprie istituzioni pubbliche e quindi su "diritti storici".

Su quest'ultimo si propone una tabella di sintesi di alcuni passaggi storici caratterizzanti di questi due popoli:

SEC VENETI SCOZZESI

prima di Cristo

XII villaggi terramaricoli delle basse pianure venete entrano in vasti circuiti commerciali cerchi di megaliti

X prime fortificazioni sulle sommità delle colline

VIII-II

massimo sviluppo cultura unitaria Veneta225 trattato di alleanza Romani e Veneti222 battaglia di Clastidium Veneti e Romani alleati battono i Galli

invasione di popolazioni celticheterritorio diviso fra innumerevoli tribù in lotta fra di loro

I 49 battaglia di Curicta prime incursioni romane

dopo Cristo

I-V 452 Veneti di terraferma spinti dagli Unni si uniscono ai preesistenti insediamenti lagunari

410 ritiro dei romani e affermazione di gruppi di popoli Pitti, Britanni, Scoti e Angli

VI - VII

697 nomina del Dux Veneticorum sotto la protezione dell´Impero Romano d´Oriente costante conflittualità fra le popolazioni

VIII 742 elezione locale del Doge

IX 828 commercianti veneziani trasferiscono i resti mortali dell'Evangelista Marco840 Lotario I riconosce la sovranità del ducato di Venezia sulle terre costiere

il casato degli Alpin governa il regno dei Pitti (tra mito e leggenda)

X-XI-XII 960 abolizione tratta degli schiavi

1172 istituzione Maggior Consiglio (480 membri)1175 istituzione Minor Consiglio (6 membri)

1018 battaglia di Carham1034 morte di Máel Coluim mac Cináeda (primo sovrano di Scozia?)1175 la Scozia viene assoggettata da Enrico II Plantageneto, re d'Inghilterra

XIIIXIV

1255 istituzione del Senato (Consiglio dei Pregadi) (60 membri)1271 i fratelli Polo e il giovane Marco Polo partono per il loro viaggio in Catai1310 istituzione del Consiglio dei X con compiti di sorveglianza e sicurezza dello Stato

1235 nasce il Parlamento Scozzese1291 Edoardo I obbliga Giovanni di Scozia a rendere omaggio alla corona inglese23 ottobre 1295 Auld Alliance tra Regno di Scozia e Regno di Francia in funzione anti-inglese1296 Coronation Stone portata a Londra da Edoardo I1296 -1357 guerre di indipendenza scozzesi17 marzo 1328 Trattato di Edimburgo-Northampton piena indipendenza del regno di Scozia1337 inizia la guerra dei cent'anni

XV 1441 pace di Cremona

XVI 7 ottobre 1571 battaglia di Lepanto7 marzo 1573 trattato di Costantinopoli

1513 governo della Scozia venne a reggenti collegati alla corona inglese

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2 aprile 1559 pace di Cateau-Cambrésis

XVII 6 novembre 1617 trattato di Madrid15 maggio 1648 Pace di Vestfalia

1603 unione delle corone3 settembre 1651 battaglia di Worcester19 maggio 1649 Commonwealth of England

XVIII 1717 fondazione del convento di San Lazzaro degli Armeni sfuggiti alle persecuzioni turche1797 Napoleone entra nel territorio di Venezia16 maggio 1797 il Maggior Consiglio della Repubblica di San Marco «rinunzia a’ suoi diritti» e riconosce «la sovranità dello Stato» - inizio dominazione francese17 ottobre 1797 trattato di Campoformio - I dominazione austriaca

1704 Parlamento scozzese emana Act of Security interdizione al trono del pretendente con fede cattolica

1 maggio 1707 Act of Union creazione del nuovo stato (regno di Gran Bretagna) e unione dei Parlamenti

XIX 26 dicembre 1805 pace di Presburgo 9 giugno 1815 Congresso di Vienna 16 marzo 1848 | 23 agosto 1849 Proclamazione e, poi caduta della Repubblica di San Marco - II dominazione austriaca20 giugno 1866 inizia la III guerra di indipendenza italiana 3 ottobre 1866 Pace di Vienna - riunione del Regno Lombardo-Veneto al Regno d'Italia "sotto riserva del consenso delle popolazioni debitamente consultate"19 ottobre 1866 firma della cessione del Veneto all'Italia22 ottobre 1866 Plebiscito annessione delle provincie Venete e di Mantova al Regno d'Italia

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22 maggio 1971 approvazione dello Statuto della Regione Veneto da parte del parlamento italiano 16 gennaio 1980 nascita della Liga Veneta4 novembre 1989 costituzione della Lega Nord8 - 9 Maggio 1997 liberazione del campanile San Marco

1934 fondazione dello Scottish National Party25 dicembre 1950 trafugata e, poi restituita dopo 4 mesi, la Coronation Stone1971 inizio sfruttamento delle riserve del Mare del Nord poco prima della crisi petrolifera 1973, l'aumento prezzo del petrolio consente l'ammortamento degli investimenti e la ricerca per l'estrazione1974 lo SNP ottiene 11 seggi Camera dei Comuni30 novembre 1996 la Pietra di Scone viene portata nel castello di Edimburgo11 settembre 1997 approvazione dello progetto di autonomia, costituzione del parlamento autonomo19 novembre 1998 approvazione Scotland Act6 maggio 1999 insediamento del Parlamento Scozzese

XXI 16-21 marzo 2014 plebiscito digitale21 marzo 2014 proclamazione di indipendenza della Repubblica Veneta e insediamento delegazione dei dieci2 aprile 2014 arrestati 24 appartenenti a «L'Alleanza» movimento secessionista lombardo veneto, scarceratiil 12 maggio successivo2 giugno 2014 il Consiglio Regionale Veneto approva legge 16/2014 referendum consultivo indipendenza, impugnata (2 settembre) dal PCM per questione di legittimità costituzionale2 gennaio 2015 istituzione del Parlamento Provvisorio e del Governo Provvisorio della Repubblica Veneta21marzo 2015 insediamento del Parlamento Veneto

2007 Alex Salmond SNP ottiene 47 seggi (maggioranza relativa)2011 Alex Salmond SNP ottiene 69 seggi (maggioranza assoluta)15 ottobre 2012 Edinburgh Agreement18 settembre del 2014 referendum per la secessione della Scozia dal Regno Unito2015 Nicola Sturgeon SNP ottiene 56 seggi alla Camera dei Comuni6 giugno 2015 Nicola Sturgeon paventa la possibilità di un nuovo referendum per l’indipendenza della Scozia, qualora la Gran Bretagna decidesse di uscire dall’Unione europea

Non commenteremo questa timeline ritenendola autoevidente.

Dovremo fare un appunto sugli ordinamenti prima di passare oltre. Com'è noto lo stato

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unitario italiano è di civil law mentre il mondo anglosassone è di common law. Il Martinelli suggerisce come inevitabile che, con questo ordinamento, la "concezione della sovranità subisse una torsione". Nel caso italiano si è creata una visione antropomorfa dello Stato laddove la sovranità non era in capo nè al RE nè al popolo, ma allo Stato medesimo per poi fatalmente lasciare il posto ad un DUX e con la fase repubblicana alla COSTITUZIONE con i suoi pesi e contrappesi. La cronaca odierna suggerisce che la rigidità costituzionale presenti difetti e criticità che si manifestano ad esempio nel fatto che il Parlamento - potere legislativo - è posto nella situazione di mero ratificatore delle decisioni del Governo - potere esecutivo - che non di rado viene smentito dalla Corte Costituzionale - potere giudiziario.

La cosa buffa è che i veneti si sono governati fino alla caduta della Repubblica attraverso un sistema di common law come ebbe a scrivere Manin: "nei primi tempi poteva essere amministrata la giustizia senza leggi positive e senza complicate formalità di processi, con la scorta del buon senso, e secondo i dettami della equità naturale [...] È probabile che durassero tradizioni e reminiscenze delle massime del romano diritto, ma solo come educatrici ed ausiliarie al naturale sentimento del giusto, poichè qui quel diritto non ebbe autorità di legge.In appresso, progredendo la nazione dall'infanzia all'adolescenza e quindi alla virilità, si formarono, di mano in mano che il bisogno richiedeva, leggi semplici e brevi, le quali a grado a grado andarono moltiplicando, finchè fu stimato spediente raccoglierle ed ordinarle in un corpo". Un diritto veneto, quindi, essenzialmente costituto dalle consuetudini.

L'ordinamento britannico non prevede nè diritto alla secessione nè la possibilità di svolgere un referendum a tale scopo. La fonte normativa per lo svolgimento del referendum sull'indipendenza della Scozia è quindi un processo istituzionale che ha generato l' Edinburgh Agreement, un accordo tra il governo inglese e il governo scozzese.Tale accordo è stata una tappa dell'evoluzione del decentramento scozzese e l'evidenza del fatto che il sistema britannico riconosce il carattere multinazionale dello Stato.In effetti per giungere all'accordo sono stati fatti alcuni passaggi parlamentari a Westmister e a Edinburgh, emendando lo The Scotland Act (1998). Un intervento reso possibile da un contesto di common costitutional law che ha fornito sufficiente flessibilità senza rendere necessaria una revisione complessiva dell'intero impianto. In un contesto di "Costituzione non scritta" la legge per il distacco, che sarebbe derivata dalla prevalenza del SI, sarebbe stata introdotta con nuovo atto parlamentare.

Com'è noto i politici inglesi, pur di mantenere lo status quo, si sono impegnati a concedere ulteriori poteri alla Scozia, continuando così un processo di devolution spinta.

Veniamo ora al caso veneto. L'unico percorso veneto tangibile si è basato su una consultazione popolare – giuridicamente non vincolante – ovvero un “plebiscito” che costituisce fonte di legittimità politica a negoziare la fuoriuscita del territorio identificato nella regione del Veneto dalla Repubblica italiana.

Il 21 marzo 2014 a Treviso sono stati resi pubblici i risultati del plebiscito on-line organizzato da una associazione di privati cittadini denominata Plebiscito.eu e supportata da diverse municipalità. Alla domanda “Vuoi tu che il Veneto diventi una repubblica

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federale indipendente e sovrana?” il risultato è stato il seguente:

VOTI VALIDI: 2.360.235, pari al 63,23% degli aventi diritto al votoSI: 2.102.969, pari all’89,10% dei voti validi espressiNO: 257.266, pari al 10,90% dei voti validi espressiVOTI NON VALIDI: 6.815, corrispondenti allo 0,29% dei voti validi espressi

contestualmente veniva dichiarata unilateralmente l'indipendenza della Repubblica Veneta.

Il Plebiscito digitale è stato oggetto di due certificazioni: una tecnica da parte di una primaria società informatica italiana, determinando che "Tutte le attività analitiche [...] hanno mostrato che i dati esaminati possono essere considerati sufficientemente affidabili, in quanto non risultano rilevabili tracce di corruzione e/o alterazione” e una da parte di un Comitato degli Osservatori Internazionali che, presentata il 28 marzo a Venezia, ha concluso“"Il Comitato degli Osservatori Internazionali, analizzando gli elementi sopraindicati, constata che il Referendum per l’Indipendenza del Veneto che ha avuto luogo dal 16 fino al 21 marzo 2014 compreso si è svolto secondo i principi richiesti dalle Organizzazioni Internazionali, ed, in particolare, secondo i principi del CSCE/OCSE Document of the Copenhagen Meeting, 26/06/1990.”

Dopo la consegna del “final report” la delegazione dei dieci ha aperto ufficialmente una fase di relazioni con gli stati e le organizzazioni internazionali volte al riconoscimento dell’indipendenza della Repubblica Veneta.

Così la consultazione – in quanto manifestazione della fondatezza politico-democratica - ha istituito, come detto, la fonte di legittimità a negoziare l'eventuale atto di separazione. In occasione del Plebiscito sono stati eletti i dieci rappresentanti ai quali affidare tale mandato politico.

Dal 15 al 21 marzo 2015 si sono svolte le elezioni – tramite e-voting - del parlamento provvisorio della Repubblica Veneta e sono stati proclamati eletti 84 deputati con 1.593.788 voti pari al 39,8% degli aventi diritto.

Il Parlamento si è riunito, per la prima volta, a Venezia il 25 aprile ed ha emanato la prima legge che prevede la revocatoria per tutti gli atti di vendita di beni mobili ed immobili pignorati da Equitalia e/o altri agenti di riscossione per conto dello Stato italiano e della sua Pubblica Amministrazione posti in atto sul territorio della Repubblica Veneta e coincidente con la regione amministrativa denominata “Veneto”.

La politica italiana ha risposto - connivente la stampa nazionale - con il silenzio e l'immobilismo alle rivendicazioni avanzate democraticamente da una parte di un intero corpo sociale. Diversa la reazione della stampa internazionale e dell'Ufficio Studi di Deutsche Bank AG che il 6 febbraio 2015 ha pubblicato uno studio di 20 pagine dal titolo “Better off on their own? Economic aspects of regional autonomy and independence movements in Europe” che così inizia “With the independence referendum in Scotland and unofficial polls in Catalonia and Veneto, separatist aspirations in Europe were recently given a boost. The desire for greater autonomy in several regions of Europe is not about

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to ebb in the coming years either. In regions seeking greater self-determination or even full secession, not only emotional and cultural aspects play a role but also concrete financial motives. Even though autonomy movements are, by definition, regional phenomena, there are interesting correlations on the economic side.”.

Concludendo “At this point it is not our objective to do the sums for every region on how much it could gain, or perhaps lose, in the event of separation. However, it is important to understand that such an emotionally charged issue may occasionally cloud the view of the economic realities. Setting up an independent administration, international representative offices, a military defence organisation etc. naturally comes at a price. Objectively speaking, there are not many channels via which independence can actually generate financial advantages. One of the few, and perhaps the most obvious, is the disappearance of financial transfers to other parts of the country. Thus, only in a prosperous region (relative to the rest of the country) is it possible to maintain the fiction that going it alone would be the better option. In other words: one has to be able to afford it.”

Vedremo in seguito quindi se il Veneto può permettersi l'indipendenza e come questa potrebbe impattare. E' un fatto che se sovrapponiamo i confini della Serenissima Repubblica, i confini della Regione Veneto e i confini che derivano dai GDP per abitante, in standard di potere d'acquisto, si palesa un'area omogenea che condivide o ha condiviso per centinaia d'anni lingua, tradizioni, cultura [MAPPA: MOTORE ECONOMICO PER EU-28].

“iI distacco reciproco tra le aree del paese si sta consumando senza rumore, silenzioso e invisibile. Dato per scontato e quasi dissolto nel senso comune, una sorta di secessione silenziosa."

- Ilvo Diamanti, sociologo, politologo e saggista

4. Criticità e risorse delle terre venete - i nuovi confini economici - una piattaforma logistica per le nuove vie della seta

Il Veneto si trova nella parte nord orientale della regione italiana e gode di una invidiabile posizione strategica. Questa porta dell'Oriente per l'Europa centrale è segnata a sud dal Golfo di Venezia e dal bacino del Po e a nord dalle prealpi Venete con i valichi verso il nord Europa. Un territorio percorso in direzione est ovest dal corridoio V e nord sud dal corridoio I. Esiste un sottoutilizzato potenziale sistema idroviario padano-veneto, (957,5 km totali di cui 564 km utilizzabili a fini commerciali) e in fase progettuale l'idrovia Adria, Inn, Danubio che decongestionerebbe le autostrade di mezza Europa.

Il triangolo veneto è percorso da un intreccio di corsi d'acqua: si contano sei bacini idrografici. Nel passato, questi fiumi e loro affluenti, venivano utilizzati come naturali e più sicure vie di comunicazione per il trasporto delle merci e dei passeggeri, tanto che, si svilupparono una fitta rete di traffici e commerci che valorizzarono le già fiorenti attività agricole, artigianali ed industriali, offrendo così, un più ampio bacino commerciale a Venezia. In seguito alla costruzione delle reti ferroviarie ottocentesche e, nell'ultimo dopoguerra dal 1950, alla scelta della politica italiana di privilegiare il trasporto su gomma si è verificato un graduale abbandono della navigazione così che, oggi, diverse aste fluviali giacciono in stato di abbandono ma, sarebbero facilmente riattivabili con un'attività di

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manutenzione. Per comprendere a pieno i benefici derivanti dal rammodernamento della rete idroviaria a solo titolo di esempio un sola nave fluviomarittima EU di V classe (lunga 109 m e larga 11,40 m) trasporta 2.000 tonnellate di merci alla rinfusa o 98 teu ovvero l'equivalente di 90 autotreni o 80 vagoni ferroviari.

Dal punto di vista geografico ed economico il Mediterraneo è il luogo che rimane strategico e potrebbe diventarlo sempre di più in quanto è la via scelta dall'APEC per collegare l’Estremo Oriente al centro Europa attraverso canale di Suez. Un primo percorso (via terra) collegherebbe Xi’an a Venezia, passando per l’Asia Centrale, l’Iran, la Turchia, la Russia, Duisburg e Rotterdam. Anche l’altro tracciato (via mare) arriverebbe a Venezia, partendo da Fuzhou e attraversando l’Oceano Indiano, il Mar Rosso e il Mediterraneo. Per queste nuove vie della seta. La Cina prevede investimenti in uscita di 1.250 miliardi dollari nei prossimi 10 anni.

Venezia quindi potrebbe essere un moderno gateway dei flussi commerciali e di comunicazione tra civiltà, culture e territori. Ecco forse perché alcuni immaginano Venezia come un europea di Singapore, un motore economico efficiente, con una stabilità politica e indipendente dalla confusione burocratica e dispendiosa che oggi la circonda. Una porta di accesso per i nuovi mondi e le navigazioni oceaniche.

Se questa fosse la prospettiva è necessario che uno stato indipendente veneto si affretti ad analizzare e valutare con attenzione gli attuali punti di debolezza per porvi rimedio nel più breve tempo possibile e degli attuali punti di forza da esaltare. Di seguito prendiamo in considerazione alcune tematiche: energia, connettività, demografia, sicurezza nazionale, turismo.

Il primo punto critico è sicuramente legato all'energia; il veneto attualmente produce (da fonti rinnovabili) poco più del 25% dell'energia elettrica consumata annualmente di cui solamente il 15% deriva da fonte idroelettrica. Il bilancio elettrico regionale (fonte ARPAV) infatti mette in chiara evidenza la dipendenza elettrica regionale dall’importazione dall’estero e dalle altre regioni italiane e una forte diminuzione dell’energia elettrica prodotta in favore di quella importata. E' naturale pensare che gli investimenti potrebbero essere rivolti a sviluppare la fonte idroelettrica, liberalizzando la produzione. A seguito della nazionalizzazione dell'ENEL, nel 1962, molti piccoli impianti vennero dismessi perché ritenuti poco interessanti, per le dimensioni nazionali dell'unico operatore elettrico che puntava invece a sviluppare grandi centrali sia termoelettriche che nucleari, per fornire energia all'industria italiana in grande sviluppo. In Veneto esistono numerosissime opportunità di sfruttamento dell'energia idroelettrica su piccola scala utilizzando al meglio le portate e i salti anche in pianura. E' necessario recuperare queste opportunità di generazione elettrica pulita, che peraltro contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di Kyoto. Inutile dire che la dipendenza energetica da fonti fossile è totale e in questo senso uno stato indipendente veneto dovrà sottoscrivere accordi di cooperazione energetica consapevole del fatto che i punti di passaggio per il gas naturale coincidono con le regioni Sicilia e Friuli Venezia Giulia.

Altro elemento nodale sono le arterie del traffico internet. Allo stato attuale da Suez i cavi arrivano a Marsiglia dove è stato creato un centro di smistamento del traffico neutrale che l'ha resa molto attraente essendo un "forte hub di rete creato dall’aggregazione di multipli

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punti di approdo di cavi sottomarini e l’interconnessione con quelli terrestri" e dove gli operatori che vi si insediano possono affittare connettività da chi vogliono. Il percorso alternativo, più breve, è da Suez risalire l'Adriatico in direzione Venezia, attraversare il Veneto e raggiungere il Mar del Nord attraversando l'Europa centrale. La creazione di un nuovo hub in Veneto potrebbe attrarre investimenti per data center, aziende, uffici; «basta guardare all’esempio dell’Internet Exchange Point di Francoforte, dice Bonannin - amministratore delegato della filiale italiana di Interoute - fornitore globale di reti in fibra e di servizi per le tlc , malgrado fosse partito in svantaggio rispetto a quelli di Londra e Amsterdam, è riuscito a crescere aggregando il nuovo traffico proveniente dall’Est Europa».

La demografia è un fattore determinante per l’ascesa o il declino delle nazioni. I l Veneto ha una composizione demografica squilibrata con una popolazione residente con età >=65 anni del 19,7% [media europea 17%] come del resto tutta Europa. Il fenomeno migratorio ha rappresentato, alla fine degli anni sessanta, una componente essenziale nel processo di sviluppo degli Stati occidentali ed un fattore riequilibratore del mercato del lavoro.Il divario tra economie del Sud e del Nord del mondo, la pressione della povertà e l’aspirazione a modelli di vita migliori, associati agli sviluppi della tecnologia nel settore dei trasporti e dei mezzi di comunicazione, hanno indotto i migranti, in particolare giovani, donne e bambini, ad abbandonare lo Stato di origine alla ricerca di un riscatto nei Paesi europei. Il Veneto che ha saputo gestire - nel passato - i migranti al di là della loro religione, razza, cultura potrebbe far diventare questo fenomeno il fattore riequilibratore del demografia europea. E' possibile attraverso attività di land reclamation ripristinare alcune isole nella laguna per ospitare comunità omogenee di migranti/rifugiati. Creare buffer zones dove le persone possono essere protette da pressioni esterne, recuperate sul piano del disagio mentale [esperienze da traumi plurimi, violenza o tortura] ed educate - nel rispetto delle rispettive culture - agli usi, costumi, consuetudini e lingua locali. Una volta formati professionalmente potranno essere facilmente integrati nel tessuto economico europeo divenendo così una risorsa per l'intera Europa.

Se il Veneto diventasse un "hub globale" [MAPPA: UN NUOVO HUB PER AL VECCHIA EUROPA] assumerebbe funzione di punto nodale del traffico commerciale e delle linee di comunicazione. Il mantenimento di un sistema commerciale aperto e di scambi intercontinentali potrebbe essere messo in sicurezza vista la presenza di numerose basi di stazionamento e logistiche NATO e statunitensi, operative in Veneto, rendendo così possibile l’esercizio della “deterrenza estesa”. In occasione del Plebiscito del 16-21 marzo 2014 alla domanda “Vuoi che la Repubblica Veneta aderisca all’alleanza con la NATO?” hanno espresso parere favorevole il 64,46% dei votanti.

Il Veneto è la prima regione turistica della penisola italica con 61,5 milioni di presenze e 16 milioni di turisti, il 65% dei quali stranieri. Sta crescendo in maniera esponenziale l’interesse dei Paesi emergenti (Brasile, Russia, Cina) perché le città d’arte costituiscono dei forti poli di attrazione. La spesa procapite di un turista straniero nelle città d’arte è di quasi 130 euro al giorno, nettamente più alta della media italiana (circa 100 euro al giorno dei quali 65 per vitto e alloggio). Il turismo potrebbe essere il vero petrolio dell'aspirante nuova entità statuale a condizione che si doti di un sistema integrato di metropolitane di superficie o sotterranee che agevoli la mobilità entro le città e verso gli aeroporti.

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"Forse l'immobilità delle cose intorno a noi è loro imposta dalla nostra certezza che sono esse e non altre, dall'immobilità del nostro pensiero nei loro confronti.”

- Marcel Proust, scrittore

5. Conclusioni

Stando alle parole di Gian Angelo Bellati, direttore di Unioncamere Veneto "il Veneto solo crescerebbe più della Cina. Il Veneto ha un Pil procapite inferiore solo a 9 dei 28 Paesi europei. Ogni anno risparmia 14 miliardi di euro e qui il costo della pubblica amministrazione è di molto inferiore rispetto alle altre Regioni. Risparmiando sulle spese di funzionamento dello "Stato Veneto" il risparmio complessivo sarebbe di 35,4 miliardi di euro. Capitali che permetterebbero all’amministrazione di liberare risorse per investimenti pubblici, con anche una riduzione delle tasse. In un anno il Pil del Veneto volerebbe a più 12 per cento". Bellati è confermato indirettamente anche da Fitch che nel suo ultimo report del 8 maggio 2015 conclude "Veneto's ratings remain constrained by Italy's as per Fitch's criteria. An upgrade would be contingent on an upgrade of Italy's sovereign rating as long as the region continues to perform in line with Fitch's projections. Conversely a drop in the current margin to negative territory on a permanent basis and an unexpected reverse in the policy to reduce the fund balance deficit could lead to a downgrade. ".

A ben vedere, seppur vi sia un progressivo deterioramento del residuo fiscale regionale, la differenza tra entrate fiscali e spesa pubblica risulta essere con 15 miliardi di EUR ancora la seconda regione italiana con il più altro residuo fiscale. Eliminando gli sprechi più evidenti e le inefficienze di uno stato impreparato al ventunesimo secolo si potrebbero recuperare altri svariati miliardi di euro. Il Veneto è ingessato in una situazione di immobilismo cronico, soffocato da una delle più alte pressioni fiscali del mondo, oppresso da una inamovibile e irriformabile burocrazia che soffoca la libertà d’impresa e il desiderio di investire. Il Veneto vede il suo residuo fiscale sperperato da forme di corruzione e inefficienze parassitismo. Il mantenimento dello status quo offre una sola prospettiva: la sterilizzazione di un ambiente vitale e produttivo qual è quello Veneto.

Un Veneto indipendente potrebbe portare vantaggi tangibili per tutte le parti in causa. L'Italia potrebbe venir immediatamente alleggerita di parte del debito pubblico e ottenere un “trattato di buon vicinato e amichevole collaborazione” così vantaggioso che si potrebbe innescare un circolo virtuoso di maggiori investimenti e dinamiche tali da produrre benessere ed effetti positivi per l'intera economia italiana ed europea.

Le parole del Prof. Dusan Kovc-Petronsky, dopo vent'anni dalla separazione consensuale tra cechi e slovacchi, risultano, a questo punto, illuminanti "durante gli ultimi 20 anni gli slovacchi hanno fatto un notevole balzo in avanti rispetto all’assunzione di questa responsabilità. Sebbene possa sembrare banale, la necessità di affidarsi liberamente “a se stessi” è stata per gli slovacchi una cosa nuova da affrontare: una prova di esistenza autentica e non convenzionale".In conclusione la disgregazione dell’unità ceco-slovacca ha favorito tutti, ma soprattutto l’area meno avanzata: perché lo stesso non potrebbe capitare anche per nella penisola italiana?

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5. Conclusioni

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APPENDICE

Quando lo Grande Signore, che Cablai avea nome, ch'era signore di tutti li Tartari del mondo e di tutte le province e regni di quelle grandissime parti, ebbe udito de' fatti de' latini dagli due frategli, molto gli piacque, e disse fra se stesso di volere mandare mesaggi a messer lo papa. E chiamò gli due frategli, pregandoli che dovessero fornire questa ambasciata a messer lo papa. Gli due frategli rispuosero: «Volontieri».

- Marco Polo, commerciante

Prima del 1866 - gli ambasciatori commercianti sulle vie della seta

Venezia - una delle città-stato della penisola - ha svolto un ruolo importante nella riapertura, dopo il collasso dell'Impero Romano, nell'economia mediterranea al commercio con l'Europa occidentale e a sviluppare i legami con il Nord Europa. Ha creato una base istituzionale per il capitalismo commerciale. Ha inoltre contribuito a trasferire, tecnologia dall'oriente all'occidente, della produzione e trasformazione di prodotti.Grazie alla sua posizione geografica e la determinazione a difendersi, è stata in grado di garantire la propria autonomia e la libertà da esazioni da feudatari e monarchi. Era uno stato tollerante e laico dove mercanti stranieri (turchi, armeni, greci ed ebrei) potevano operare liberamente come la gente del posto. La diplomazia veneziana era altamente professionale, pragmatica, opportunista e dedicata al perseguimento dei suoi interessi commerciali. Già intorno all’anno 1000 sulla cosiddetta “Via della seta” viaggiano dalla Cina all’Europa molte spezie e beni di lusso di manifattura occidentale.

Per assicurarsi la gestione di questi intensi scambi commerciali, Venezia si espanse prima nell’Adriatico, poi nell’Egeo ed infine nel Mediterraneo orientale conquistando numerose città costiere, isole, porti e roccaforti. Per secoli la Repubblica di Venezia è stata primariamente uno stato composto di isole e fasce costiere che costituivano il cosiddetto "Stato da Màr". Venezia ha sempre considerato strategico il Mar Nero in quanto "portale" della via della seta. All'inizio del 1400 Venezia crea il cd "Stato da Tera" per garantire la sicurezza dei flussi commerciali. Lo fa attraverso accordi di pace formando un "protettorato" che controlla, senza entrare nell'amministrazione che resta in mano alle comunità locali, oggi si direbbe "devolution". Uno "Stato da Tera" quindi funzionale allo "Stato da Màr" da cui ritenevano provenisse la vera supremazia.

Tutto ha fine il 16 maggio 1797, sotto la spinta delle forze francesi, quando il Maggior Consiglio della Repubblica di San Marco confermò la «rinunzia a’ suoi diritti di Sovrano» e riconosce «la sovranità dello Stato». Una radicale riforma istituzionale che cambiò il soggetto titolare della sovranità dal Patriziato veneziano, al popolo della medesima Repubblica.Poi con il Trattato di Vienna del 3 ottobre 1866 Napoleone III riconosce la riunione del Regno Lombardo Veneto agli Stati di S. M. il Re d’Italia, previo consenso delle popolazioni debitamente consultate ragion per cui si terrà il plebiscito del 1866 che così si svolse "le autorità comunali avevano preparato e distribuito dei viglietti col SI e col NO di colore diverso; inoltre, ogni elettore, presentandosi ai componenti del seggio, pronunciava il proprio nome e consegnava il viglietto al presidente che lo depositava nell'urna".

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"L'unità non si fa con la colla"

- Anonimo

Dal 1866 ad oggi - dall'unità con l'Italia al miracolo, dal consumo del territorio alla incipiente desertificazione

Il processo di formazione dello Stato unitario ha origine e natura politica e diplomatico-militare. Si tratta di

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una unità territoriale e non spirituale, espressione di una piccola parte di popolo. La maggioranza era rimasta pressoché indifferente ai contrasti e ai conflitti per l'unità, pochissimi avevano partecipato alle lotte unitarie e meno ancora aveva una pallida idea del concetto di " nazione" e di " patria".Lo Stato sabaudo adottò linee di politica economica orientate all'aumento della pressione fiscale e all’unificazione del debito pubblico, dovuto alle spese per le guerre del Risorgimento, per l’epoca straordinariamente elevato. Il Veneto dopo l’annessione registra una forte contrazione del traffico commerciale con il mondo austriaco ma l'imprenditoria coglie lucidamente l’importanza dell’ampliamento del mercato nazionale e gli anni successivi furono di crescita per diversi nuclei di industria laniera e canapiera. Questo tipo di sviluppo si rivelò fondamentale per preparare il terreno a una diffusa cultura dell’imprenditorialità e il rapporto agricoltura-industria permise di utilizzare al meglio il contributo della manodopera contadina. Il secondo conflitto non arreca danni ingenti come nella Grande guerra, e quindi la ricostruzione è meno imponente. Lo sviluppo contenuto fino alla fine degli anni Cinquanta esplode all’inizio degli anni Sessanta.Prendono forma due modelli: quello dei «distretti industriali» caratterizzato da tante professionalità e tanti impianti organizzati e specializzati per fasi produttive e commerciali, nessuna posizione di monopolio, scambi fra imprese secondo regole di mercato condivise, creazione dal basso delle energie imprenditoriali innovative,di lavoro e di risparmio. L'altro dove un’impresa di grandi dimensioni occupa una posizione di rilievo rispetto al sistema con rapporti spesso unilaterali di controllo verticale. Ma i fattori dello sviluppo locale (capitalismo familiare, localismo, uso del territorio, competenze non formalizzate) sembrano aver esaurito la loro spinta propulsiva. Il modello di terziarizzazione che caratterizza tante realtà del Nord Est percorre strade diverse. Accettando di competere in termini di economie di varietà (e non di scala) la nuova manifattura salda insieme progettazione e realizzazione, ideazione concettuale e traduzione pratica. In molte realtà c’è ormai la consapevolezza di produrre prototipi in serie. Questo implica una diversa ripartizione dei ruoli all’interno delle organizzazioni e una maggiore distribuzione delle responsabilità. Sfuma la classica distinzione fra chi pensa e chi esegue e, di conseguenza, si impone una diversa ripartizione del valore generato dalle imprese. Le risorse umane diventano preziose, perché l’esperienza accumulata in questi contesti le rende difficilmente sostituibili nel breve termine. Il percorso avviato in questi anni può rappresentare una “terza rivoluzione industriale” a condizione che vi sia una effettiva libertà d'impresa, vi siano investimenti nello sviluppo del capitale umano, nella costruzione di rapporti fra manifattura, cultura e turismo, il rilancio di spazi metropolitani dinamici e attrattivi. Diversamente si assisterà ad una lenta e graduale decadenza o emigrazione delle persone fisiche e giuridiche in contesti più favorevoli.

Ilvo Diamanti - Idee del Nordest - Mappe, rappresentazioni, progetti (1998) Edizioni della Fondazione Giovanni AgnelliStefano Micelli, Enzo Rullani - Idee motrici, intelligenza personale, spazio metropolitano: tre proposte per il nuovo Made in Italy (2011) SinergieMara Dissegna - Una riflessione sullo sviluppo economico veneto (2009) Società editrice il Mulino Bologna

Vi sono alcuni che credono essere i nostri Veneti oriondi da' Veneti armorici delle Gallie, altri da' Veneti paflagoni dell'Asia, altri da' Veneti sarmati del Baltico.

Jacopo Filiasi, storico (1750-1829)

Flussi migratori - ieri, oggi e domani - da problema a risorsa

Che le terre venete fossero disabitate all'arrivo degli "immigrati" non ci è dato di sapere, che i Veneti sia arrivati da altri luoghi questo per gli storici è pacifico. Che poi Venezia sia nata perché le popolazioni della terra ferma fossero state spinte dall'incalzare di una migrazione di altri popoli alla ricerca di un luogo migliore dove vivere è cosa acclarata. Il Veneto per la sua posizione geografica è terra di transito e un buon luogo dove vivere. Il cosmopolitismo della Serenissima è dimostrato da molti segni della sua ospitalità. Molti siti della città sono dedicate ai rappresentanti dei cittadini stranieri, ne citiamo solo alcuni: Riva degli Schiavoni (dalmata e il sito slavo), Riva dei Ragusei (Ragusa, ora sito della comunità Dobrovnic), Fondaco dei Turchi, Calle degli Albanesi, Fondamenta degli Ormesini (Ormesino che proviene da Hormuz a Venezia "ormesino" era un tipo di lana proveniente da quella terra), Campo dei Mori (3 fratelli, provenienti dalla Morea: Toni Rioba, Sandi e Alfani, mercanti immigrati a Venezia nel 1112). l'Isola di San Lazzaro degli Armeni. Venezia ha ospitato per anni gli ebrei, perseguitati nel resto dell'Europa, assicurando loro un quarto, chiamato Ghetto, che non era una "prigione", ma un "composto" con misure di sicurezza. Le regole sull'immigrazione erano chiare e un certo numero di "ospedali temporanei" era stato fornito dallo Stato. Ospitale e cosmopolita dunque, aperta alla diversità e l'approccio cross-culturale. Le prove di questo cosmopolitismo sono i lunghi e fruttuosi rapporti con Impero bizantino dell'Europa orientale, con l'alta civiltà degli arabi del Medio Oriente,

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con Impero Ottomano e con la Cina.Saranno questi tratti genetici che fanno superare la paura del cambiamento ai veneti. Nel periodo che va dall’unificazione agli anni subito precedenti alla Prima guerra mondiale – e poi successivamente fino al 1973 – due sono le mete principali dell’emigrazione veneta: le Americhe e l’Europa. Verso l’America Latina si spostano famiglie intere che non prevedono di tornare in patria e in alcune zone della pianura veneta si osserva un flusso di partenze che arriva a interessare anche il 30% della popolazione. Verso le mete europee, invece, si ha un’emigrazione in costante aumento. È questa un’emigrazione di tipo temporaneo o stagionale che non coinvolge l’intero nucleo familiare, ma soltanto gli uomini. Una delle conseguenze di questo tipo di flusso migratorio è l’incontro con esperienze straniere, come quella del movimento operaio organizzato e delle casse rurali, che vengono riproposte al ritorno in patria. In questo senso il secondo tipo di emigrazione può essere visto come un fattore dinamico all’interno della società veneta dell’Ottocento e del Novecento, da un punto di vista sia demografico, sia socio-culturale. Una delle conseguenze sociali delle migrazioni è il costituirsi di un matriarcato di fatto e di un tentativo di emancipazione femminile. La diaspora veneta ha visto negli ultimi 100 anni abbandonare la propria terra natale per disperdersi in diverse parti del mondo circa 3.300.000 veneti. In questi ultimi anni l'emigrazione è ripresa. Una emigrazione tutta particolare quella dei giovani veneti: «Stiamo letteralmente sprecando occasioni e talenti – è il punto di vista della nuova segretaria generale della Cgil del Veneto, Elena Di Gregorio – e c'è da indignarsi. Lo andiamo dicendo da tempo ma è come gridare nel deserto. Il "mismatch" fra le potenzialità di questi giovani e l'offerta lavorativa deve essere presa seriamente in mano da una regia, nella consapevolezza che il modello Nordest ha da anni concluso la spinta propulsiva ma che il Veneto rimane pur sempre la seconda regione manifatturiera ed è una terra ancora ricca di saperi». Esportiamo quindi talenti e importiamo manodopera a basso costo.

Gli stranieri regolari residenti in Veneto al 1 gennaio 2014 risultavano 514.592 pari al 10,4% della popolazione totale, un dato in crescita ma che se si osservano i saldi migratori rappresenta il minimo nel nuovo secolo. Anche l’espansione “naturale” della popolazione straniera, dovuta alla natalità, è da alcuni anni in flessione. Sono cresciuti i cittadini stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana: circa 15.000. Il fenomeno migratorio, a differenza di quanto viene sbandierato dai politici, è segnato dal passaggio da una fase di crescita improvvisa e turbinosa ad una fase soprattutto di consolidamento e di radicamento.La netta maggioranza (57%) degli stranieri presenti in Veneto è di origine europea in particolare di rumeni (102mila residenti), albanesi (41mila), moldavi (38mila). Tra gli extra europei i gruppi più consistenti sono quelli dei marocchini (54mila) e dei cinesi (29mila). Gli stranieri irregolari sono stimati in 30.000, 6% dei regolari).

Per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale le persone costrette alla fuga nel mondo hanno superato largamente la soglia dei 50 milioni. Nel 2014 in Italia sono arrivati oltre 170mila migranti e, sebbene continuino ad essere molti quelli che cercano di proseguire il viaggio verso il Nord Europa il numero delle domande d’asilo (69.204) è comunque il più alto mai registrato nel nostro Paese. Un precedente storico (Isola di San Lazzaro degli Armeni) induce ad una riflessione. L'Europa ha una composizione demografica squilibrata i migranti potrebbero essere un fatto positivo ma chiaramente ci sono problemi di allineamento nella scala dei valori oltre che di cultura, storia, educazione, religione. La Serenissima era una società aperta e multiculturale che ha aiutato tante popolazioni (una per tutte quella armena) e che ha saputo gestire i migranti al di là della loro religione, razza, cultura. Ci sono isole nella laguna che potrebbero diventare come nel caso degli Armeni una nuova patria per quelle persone in fuga da fame, miseria e guerra. Isole che una volta messe in sicurezza con attività di land reclamation possono ospitare comunità omogenee dove i migranti/rifugiati posso vivere in sicurezza e dignità. E che una volta allineati agli usi, costumi, consuetudini e lingua locali nonché recuperati sul piano del disagio mentale derivato da esperienze di traumi plurimi e/o esperienze di tortura vera e propria, possono essere facilmente integrabili nel tessuto economico europeo. Un arcipelago di isole che potrebbe diventare, con il tempo, autonomo dal punto di vista economico ove, come auspicabile, si installassero attività commerciali (ristoranti etnici, negozi) e artigianali che costituirebbe una fonte d'interesse turistico culturale per sia per i Veneti dell'entroterra che per i turisti stranieri.

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