Canto LiberoIl ricatto dei radicali Così recita il primo comma dell’art. 580 del codice penale:...

8
1 Canto Libero Opinioni, approfondimenti, idee da condividere tra amici Grani di sale Recenti dichiarazioni di espo- nenti politici hanno portato allattenzione dellopinione pubblica le ONG, scatenando reazioni di ogni genere. Ma cosa sono veramente? Lacronimo sta per Organizza- zioni Non Governative, cioè enti indipendenti dagli Stati nazionali che godono di esen- zione fiscale perché non per- seguono fini di lucro, ma scopi sociali. Mirano prevalentemente a favorire la cooperazione allo sviluppo dei Paesi socialmen- te ed economicamente più arretrati, muovendosi su fronti diversi tra di loro: losservanza dei diritti umani, la diffusione del benessere tra le fasce meno abbienti, il miglioramen- to dellambiente. In Italia le Ong sono particola- ri tipi di onlus riconosciute dal Ministero degli Esteri ed inse- rite in una specifica lista, che svolgono unattività indubbia- mente meritoria. Ma, di recente, sono sorte a livello internazionale anche Ong con caratteri più spicca- tamente filosofici e politici, che si muovono nellambito dei movimenti pacifisti, pro- gressisti, ecologisti, e, spes- so, offrono copertura a gruppi finanziari che esercitano vere e proprie pressioni politiche sui singoli Paesi. Sembra il caso di Migrant Off- shore Aid Station (Moas), con sede a Malta, dotata di una miniflotta per il recupero ed il trasbordo di migranti. Verso lisola del Mediterraneo? Neanche per sogno, solo ver- so lItalia. Ciò ha indotto diver- si quotidiani a vederci più chiaro, con indagini giornalisti- che che svelano contorni a dir poco inquietanti. A fondare questa Ong sono stati due coniugi plurimilionari statuni- tensi, Regina e Christopher Catambrone, che si vantano di aver soccorso in mare 33.500 persone in pochi mesi ponendole a carico del nostro Paese. Ma a puntare lindice verso questa organizzazione è la stessa agenzia europea Frontex, che laccusa di collu- sione con gli scafisti, tanto da poter entrare direttamente nelle acque territoriali libiche, Il lato oscuro di alcune ONG Vivere senza fede senza un patrimonio da difendere senza sostenere una lotta per la Verità, non è vivere ma vivacchiare. Pier Giorgio Frassati Nulla ci ciò che è degno di essere compiuto può essere realizzato nel breve tempo della nostra vita; per questo deve essere la speranza a salvarci. Nulla di ciò che è vero, o bello, o buono, può trovare pieno senso in un immediato conte- sto storico; per questo deve essere la fede a salvarci. Nulla di ciò che facciamo, per quanto onesto sia, può essere compiuto da soli; per questo deve essere lamore a salvarci. Rrinhold Niebuhr

Transcript of Canto LiberoIl ricatto dei radicali Così recita il primo comma dell’art. 580 del codice penale:...

  • 1

    Canto Libero

    Opinioni, approfondimenti, idee da condividere tra amici

    Grani di sale

    Recenti dichiarazioni di espo-nenti politici hanno portato all’attenzione dell’opinione pubblica le ONG, scatenando reazioni di ogni genere. Ma cosa sono veramente? L’acronimo sta per Organizza-zioni Non Governative, cioè enti indipendenti dagli Stati nazionali che godono di esen-zione fiscale perché non per-seguono fini di lucro, ma scopi sociali. Mirano prevalentemente a favorire la cooperazione allo sviluppo dei Paesi socialmen-te ed economicamente più arretrati, muovendosi su fronti diversi tra di loro: l’osservanza dei diritti umani, la diffusione del benessere tra le fasce meno abbienti, il miglioramen-to dell’ambiente. In Italia le Ong sono particola-ri tipi di onlus riconosciute dal Ministero degli Esteri ed inse-rite in una specifica lista, che svolgono un’attività indubbia-mente meritoria. Ma, di recente, sono sorte a livello internazionale anche Ong con caratteri più spicca-tamente filosofici e politici,

    che si muovono nell’ambito dei movimenti pacifisti, pro-gressisti, ecologisti, e, spes-so, offrono copertura a gruppi finanziari che esercitano vere e proprie pressioni politiche sui singoli Paesi. Sembra il caso di Migrant Off-shore Aid Station (Moas), con sede a Malta, dotata di una miniflotta per il recupero ed il trasbordo di migranti. Verso l’isola del Mediterraneo? Neanche per sogno, solo ver-so l’Italia. Ciò ha indotto diver-si quotidiani a vederci più chiaro, con indagini giornalisti-che che svelano contorni a dir poco inquietanti. A fondare questa Ong sono stati due coniugi plurimilionari statuni-tensi, Regina e Christopher Catambrone, che si vantano di aver soccorso in mare 33.500 persone in pochi mesi ponendole a carico del nostro Paese. Ma a puntare l’indice verso questa organizzazione è la stessa agenzia europea Frontex, che l’accusa di collu-sione con gli scafisti, tanto da poter entrare direttamente nelle acque territoriali libiche,

    Il lato oscuro di alcune ONG

    Vivere senza fede senza un patrimonio da difendere senza sostenere una lotta per la Verità, non è vivere ma vivacchiare. Pier Giorgio Frassati

    Nulla ci ciò che è degno di

    essere compiuto può essere

    realizzato nel breve tempo

    della nostra vita; per questo

    deve essere la speranza a

    salvarci.

    Nulla di ciò che è vero, o bello,

    o buono, può trovare pieno

    senso in un immediato conte-

    sto storico; per questo deve

    essere la fede a salvarci.

    Nulla di ciò che facciamo, per

    quanto onesto sia, può essere

    compiuto da soli; per questo

    deve essere l’amore a salvarci.

    Rrinhold Niebuhr

    https://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&source=images&cd=&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwjHgJeJ58nTAhWC7BQKHaDhAdYQjRwIBw&url=http://www.lastampa.it/2017/04/27/italia/cronache/il-procuratore-alcune-ong-potrebbero-essere-finanziate-dai-trafficanti-ZAhrLI6EQl

  • 2

    in violazione delle norme del

    diritto internazionale. E la Pro-

    cura della Repubblica di Cata-

    nia ha iniziato ad indagare. Per-

    ché Moas opera così? Chi fi-

    nanzia la costosa attività della

    sua flotta? Che scopi persegue

    realmente? Scorrendo i suoi

    bilanci, peraltro pubblici, si sco-

    pre che Christopher appare tra i

    principali finanziatori della cam-

    pagna elettorale di Hillary Clin-

    ton e riceve fondi da Moveon,

    fondazione facente capo all’on-

    nipresente filantropo milionario

    George Soros. Moas annovera ai suoi vertici Robert Young Pelton, proprieta-rio di un’azienda (DPX) che produce coltelli da guerra pre-senti in tutti gli scenari di crisi, e, soprattutto, è guidata da Ian Ruggier, ex ufficiale della mari-na militare maltese, artefice della violenta repressione di alcune proteste di migranti ospitati sull’isola. Ciò fa sorgere una legittima domanda: che fa costui? Prima reprime i migranti e poi, preso da rimorso, li sal-va? Ed il mistero s’infittisce se ci si concentra su alcune Ong tede-sche, di recente formazione (Sea Watch Foundation, Life Beat, Sea Eye, Jugend Rettet) che spendono decine di mi-gliaia di euro al giorno per tene-re in mare le loro navi, ma di-chiarano di ricevere donazioni solo per pochi spiccioli. Sea Watch, ad esempio, sostiene di battersi per il “diritto alla libertà di movimento”, rifiutando “arbitrarie distinzioni tra profu-ghi e migranti”, mentre Sea Eye dichiara di voler contrastare i futuri piani europei per i trasferi-menti in centri di accoglienza da aprire in Tunisia e Libia. Al riguardo appaiono emblema-tiche le dichiarazioni del Procu-ratore della Repubblica di Cata-nia Zuccaro: non tutte le Ong sono uguali, accanto a quelle buone ci sono quelle cattive. Accanto a “Medici senza fron-tiere” o a “Save the Children” ce ne sono altre, e sono la maggior parte, sulle quali si addensano ombre.

    Dai servizi segreti olandesi arri-verebbero infatti intercettazioni telefoniche, fra trafficanti di uo-mini in territorio libico e navi di Ong, che precederebbero la partenza di profughi, poi soc-corsi a poche centinaia di metri dalla costa o addirittura imbar-cati su navi attraccate diretta-mente ai porti della Tripolitania. Si parlerebbe di moto d’acqua che scortano gommoni verso le navi delle Ong, o che li guidano con fari verso di loro. Ed il rifiu-to del personale volontario a collaborare con le autorità in-quirenti per l’individuazione degli scafisti la dice lunga. Insomma, è forte il sospetto di un enorme business, sulla pelle

    degli immigrati, al quale non parteciperebbero solo gli scafi-sti. Ma il fatto che i migranti soccorsi vengano sbarcati non in Paesi più vicini, come la Tu-nisia o Malta, ma solo e soltan-to in Italia, che è chiamata a sopportarne i costi enormi della gestione, fa addirittura ipotizza-re uno scenario ancora più tor-bido. Quello di una manovra, orchestrata a livello interna-zionale, per destabilizzare economica-mente e so-cialmente l’Ita-lia attraverso l’uso dei mi-granti. Insomma sog-getti non ben identificati che, godendo

    di rilevanti disponibilità finanzia-rie, ed operando dietro la ma-schera buonista di alcune Ong, compirebbero atti ostili contro la sovranità di un Paese. Ovviamente lasciamo alla ma-gistratura il compito di indagare e di pronunciarsi al riguardo, ma, già da ora, senza stupide generalizzazioni e facili stru-mentalizzazioni, possiamo ini-ziare a porci alcune semplici domande: è giusto che i gover-ni europei lascino alle Ong il compito di decidere come e dove intervenire nel mediterra-neo? Perché i salvataggi in ma-re delle Ong, negli ultimi mesi, sono passati dal 5% al 50%, influenzando in modo diretto i

    flussi migratori? Il governo ungherese, ad esem-pio, sta varando leggi restrittive su Ong finanziate da fondi stra-nieri. L’impressione che si ha è quel-la di essere solo all’inizio di una lunga storia che potrebbe por-tare lontano.

    https://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&source=images&cd=&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwjywoee6MnTAhXGvxQKHar3B4UQjRwIBw&url=http://www.lastampa.it/2017/04/28/italia/politica/rapporti-ongtrafficanti-il-caso-arriva-al-csm-di-maio-chiederemo-di-cambiare-la-l

  • 3

    Così recita il primo comma dell’art. 580 del codice penale: “chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui propo-sito di suicidio, ovvero ne age-vola in qualsiasi modo l’esecu-zione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da 5 a 12 anni”. Eppure questa nor-ma, secondo alcuni giudici, sembra abrogata all’insaputa del popolo italiano. E’ il caso del medico radicale che consegnò Piergiorgio Wel-by alla dolce morte, o di Marco Cappato, che ha recentemente accompagnato Dj Fabo alla clinica svizzera “Dignitas” e, dopo aver pubblicizzato media-ticamente il suo intervento, si è autodenunciato ai carabinieri, col chiaro intento di porre l’au-torità giudiziaria di fronte ad un bivio: la condanna, con la con-seguente indignazione popola-re, o l’assoluzione, con la con-seguente legittimazione del suo operato e l’implicita direttiva al parlamento a legiferare in tal senso. E la magistratura sembra aver seguito questa seconda strada, facendo sorgere non pochi dubbi. Ci pare infatti ragionevole pen-sare che DJ Fabo avesse già maturato autonomamente la sua decisione, e che l’interven-to del nuovo Marco nazionale non abbia né determinato né rafforzato il suo proposito. Ma credere che la sua azione non abbia agevolato l’esecuzione del suicidio ci appare davvero

    difficile da so-stenere. E la lettura delle motiva-zioni poste a fonda-mento dell’i-stanza di archi-viazione avanzata dai PM mila-nesi sembrano rafforzare que-sta convinzione. La procura del capoluogo lombardo avrebbe infatti potuto cercare un esca-motage per uscirne, sostenen-do, ad esempio, la non punibili-tà dell’indagato perché il fatto si è commesso in un Paese stra-niero che non lo prevede come reato. Invece è andata dritta al punto: “Le pratiche di suicidio assistito non costituiscono una violazio-ne del diritto alla vita quando siano connesse a situazioni oggettivamente valutabili di malattia terminale, o gravida di sofferenze, o ritenuta insoppor-tabile…” Tradotto dal linguag-gio leguleio a quello comune può significare questo: in barba alle leggi vigenti, ed a quelle che il legislatore potrà varare in futuro, noi giudici stabiliamo ciò che ci pare giusto. Alla faccia dello Stato di diritto! Questo, semmai, sembra uno Stato giu-diziale. Se le cose vanno così, allora tanto vale che i parla-

    mentari se ne stiano comoda-mente a casa anziché accapi-gliarsi su virgole o sinonimi. Tanto ci sono altri che legifera-no al loro posto. E tanto vale che i cittadini non si scomodino neppure a recarsi alle urne, tanto non si possono votare coloro che realmente decidono il futuro dell’Italia. Ma chiamare tutto ciò “democrazia” è sempre più imbarazzante. Chissà, forse deve aver pensa-to a questo il Gip di Milano, che ha respinto l’istanza ed ha con-vocato le parti prima di adottare una decisione finale. O forse deve essersi indispettito per quello che rischia di apparire come un vero e proprio ricatto operato dai radicali, visto che Cappato si è ripetuto, e risulta iscritto nel registro degli inda-gati, insieme alla vedova di Welby, per aver accompagnato in Svizzera, ed essersi poi au-todenunciato, anche Davide Trentini. E la Procura di Massa sembra in attesa di capire cosa faranno i colleghi meneghini.

    Il ricatto dei radicali

    https://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&source=images&cd=&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwjDjfPTyOzTAhXBvhQKHUxJCY8QjRwIBw&url=https://www.mysalute.biz/2017/05/03/dj-fabo-la-procura-chiede-larchiviazione-per-marco-cappato/&psig=AFQjCNFAjZkxad9kPpB7Nnlu5OkgE6

  • 4

    *100.000 giovani italiani se ne vanno all’estero in cerca di occupazione? “Meglio

    così, almeno il Paese non li avrà tra i piedi”. Mancano op-portunità di lavoro? “E’ più faci-le procurarsene giocando a calcetto che inviando curricula”. Laurearsi con 110 e lode a 28 anni? “Meglio uscire dall’univer-sità con 97 a 21 anni”. Giuliano Poletti, il Ministro del Lavoro o dell’avanspettacolo? *Per Matteo Renzi la legge sul-la legittima difesa appena vota-ta dalla Camera è scritta male, e verrà corretta dal Senato. Meglio così. Ma la riforma costi-

    tuzionale da lui proposta non doveva eliminare il bicamerali-smo perfetto? Meno male che i “populisti” l’hanno bocciata. *Abbattere muri? Costruire pon-ti? Per Famiglia Cristiana il di-scorso vale solo quando fa co-modo. E’ stato sufficiente che il quotidiano Avvenire pubblicas-se un intervista a Beppe Grillo per scatenare un putiferio. Quell’intervista non s’ha da fa-re, tuona il settimanale delle Paoline, che alza steccati e chiude al dialogo. E i muri? Evi-dentemente danno fastidio solo quelli eretti da Trump.

    L’orto delle delizie

    Sottoscritta il 15.06.1990 nel capoluogo irlandese dai mem-bri dell’Unione Europea, allora costituita da soli 12 Stati (Governo Andreotti), mira ad armonizzare le politiche comu-nitarie in materia d’asilo, indivi-duando lo Stato competente ad esaminare la richiesta presen-tata da un cittadino extracomu-nitario. Allo scopo di evitare rimpalli tra i singoli Paesi, san-cisce che, indipendentemente dal luogo in cui la domanda viene presentata, l’istruttoria deve essere condotta dal Pae-se in cui è avvenuto il primo ingresso nella comunità. Nel 2003 (Governo Berlusconi) è stata sostituita dal Trattato di Dublino, che, per stroncare il furbesco proliferare di identiche domande presentate contem-poraneamente in più Stati co-munitari (nel frattempo divenuti 25), conferma la competenza esclusiva di quello d’ingresso, che viene gravato dall’obbligo di identificazione e schedatura mediante la rilevazione di im-pronte digitali. La disciplina evidenzia limiti oggettivi ormai insuperabili. 1) E’ completamente mutato il contesto storico in cui venne siglata. Si consideri che, nel

    solo 2016, le richieste d’asilo sono state 1.015.078, gravanti esclusivamente su Italia, Gre-cia e, in minima pare, Spagna. Questi paesi sono chiamati a sopportare ingenti costi di istruttoria e mantenimento dei migranti. 2) l’U.E. tollera che la Grecia disponga esami approssimativi sui migranti, prevalentemente provenienti da zone di guerra, e, in forza di un accordo inter-venuto con Ankara, rimandi in Turchia quelli che vengono sbrigativamente ritenuti privi di requisiti. Al contrario viene richiesto all’I-talia il rigoroso rispetto di rigide regole, che comportano istrut-torie, di più gradi, capaci di durare anche anni. 3) L’Italia è accusata di non procede-re alla corret-ta schedatu-ra dei richie-denti, che, semmai, sarebbero lasciati liberi di circolare nel territorio nazionale,

    nella speranza che riescano a spostarsi in altri Paesi. In con-siderazione di ciò, tutti gli Stati confinanti (Francia, Svizzera, Austria e Slovenia) hanno chiu-so le loro frontiere per obbliga-re l’Italia a rispettare il Trattato. 4) Al termine dell’istruttoria, gli aventi diritto all’asilo andrebbe-ro smistati nei vari Paesi dell’U-nione, mentre i non aventi dirit-to (oltre l’80%) andrebbero al-lontanati. Di fatto la maggior parte degli Stati Europei, asserendo di ospitare già numeri rilevanti di profughi, si rifiutano di acco-glierne altri, ed i decreti di espulsione rimangono lettera morta. Risultato: la stragrande mag-gioranza di migranti (profughi e non), rimangono in Italia ed in Grecia, a spese delle strutture pubbliche o in clandestinità.

    Cos’è la Convenzione di Dublino?

    https://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&source=images&cd=&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwiKxpfVl4HUAhXGnRoKHcv-AFMQjRwIBw&url=http://www.massimoghirelli.net/politica.migrazioni.analisi.sviluppi.2016.htm&psig=AFQjCNEZ7Fx40dzOwYpNpwz6uNWSglcs-g&ust=1495462497

  • 5

    Thomas Cahill

    Come gli Irlandesi salvarono la civiltà

    Fazi Editore Come sarebbe stato il Vec-chio Continente senza la mis-sione dei monaci Irlandesi, che, dalle insenature a dalle valli dei loro esili, gettarono le basi per la rifondazione della civiltà europea? Un mondo rozzo, senza libri, completamente diverso da quello che abbiamo conosciu-to. Attraverso un opera storica che rivela un’autentica vena narrativa, l’autore fa luce su quella misteriosa età di transi-zione dalla caduta di Roma all’affermazione del Sacro Romano Impero di Carlo Ma-gno, nella quale i monaci cel-tici riuscirono a salvare un mondo altrimenti annientato da forze soverchianti per nu-mero e violenza. Un’epopea, di carattere av-venturoso, nella quale i mona-steri dell’isola di smeraldo rielaborarono il concetto stes-so di cultura, sviluppandolo su due articolazioni: la conserva-zione e la trasmissione del sapere. E da lì partirono per l’Europa continentale, rievangelizzan-dola ed istruendola, per aiuta-re i suoi abitanti a riscoprire le proprie radici, e con esse, la fiducia nel proprio futuro.

    L’edicola

    della cultura

    Ricordate cosa ci era stato raccontato dai “moderati” che votaro-no la legge Cirinnà? “Non c’è alcuna equi-parazione tra unioni di fatto e matrimonio”, “abbiamo sbarrato la strada alle adozioni omosessuali”, “siamo riusciti a scongiurare il pericolo della ste-pchild adoption”… Il popolo del Family Day, nella sua semplicità, si era limitato a far presente loro che, con quel provvedimento legislativo, si sarebbero spalancate le porte ad interventi giurisprudenziali che avrebbero reso possibile ciò che il legislatore iniziava a lasciare intravvedere. E così è stato. Le sentenze dei Tribunali di Trento, di Firenze, di Roma ci hanno dato tristemente ragione, dimostrando il totale fallimento di quel “moderatismo” politico che, in nome del dialogo e della mediazione, ha dato l’impres-sione di rinunciare a principi non negoziabili in cambio di nulla. Si apre allora una questione di fondo. Ha senso una presenza cattolica all’interno di una com-pagine governativa dominata da una cultura laicista? La ri-sposta sembra essere negati-va. Non è in grado di frenarne l’avanzata né di attutirne gli effetti, poiché, al di là di sban-dierate vittorie di facciata, non produce alcun risultato pratico. E, a ben vedere, non è neppure in grado di testimoniare l’esistenza di una visione del mondo al-ternativa rispetto a quella dominate, perché la neces-sità di garantire la soprav-vivenza dell’esecutivo, di cui è parte integrante, la obbliga a votare provvedi-menti contraddittori con i propri principi, seminando solo confusione. Così è stato per il diritto di famiglia, e così sarà per le

    droghe leggere, per il “fine vita” ed altro ancora. Per questo il ruolo dei cattolici, minoranza sempre più irrilevante nei pa-lazzi della politica che conta, dovrebbe essere almeno quello di una presenza creativa e libe-ra da ricatti politici, di una testi-monianza affrancata da com-promessi, di una proposta radi-calmente alternativa al pensiero unico e politicamente corretto. Così come fu agli inizi del nove-cento, quando, assenti dalle istituzioni governative, i cattolici seppero dar vita alla grande stagione delle opere sociali, che cambiarono dal basso una società che la cultura massoni-ca credeva di poter cambiare dall’alto. Altrimenti i cattolici diventeran-no la stampella del sistema, destinati a cadere con esso. Tutto ciò è estremismo? No, a noi sembra semplicemente buon senso.

    Il ruolo dei cattolici in politica

    https://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&source=images&cd=&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwjTl_LIxO_TAhXJDsAKHe4fAGEQjRwIBw&url=http://www.politicamagazine.info/LinkClick.aspx?link%3D911%26tabid%3D466&psig=AFQjCNGk6kSiy730g6EGtuCDH3AK-wPi0A&ust=14948564497568https://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&source=images&cd=&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwig3reTxO_TAhWMCcAKHQKFDWkQjRwIBw&url=https://it.wikipedia.org/wiki/Tommaso_Moro&psig=AFQjCNHX04mGPPiRU_k83y7bDbJFIGpNIw&ust=1494855981621946

  • 6

    Certo che per essersi trattato di una manifestazione organizza-ta dal Pd, è stata proprio un bel boomerang. Ad essere conte-stati, infatti, non sono stati Sal-vini o la Meloni, ma Minniti ed Orlando, con l’assessore alla sicurezza Rozza cacciata dal corteo in malo modo. Della serie, gli stessi che vo-gliono aprire le porte a tutti, e poi le sbattono in faccia a chi non la pensa come loro. Ciò che ha colpito del corteo pro-immigrati svoltasi lo scorso 20 maggio a Milano, infatti, non è stata la miopia politica del Sindaco Sala, che è riuscito nella difficile impresa di orga-nizzare una manifestazione contro se stesso, e neppure il concentrato di luoghi comuni

    che si sono visti sui manifesti e sentiti per le strade (“abbattiamo i muri”, “gli immi-grati ci pagano la pensione”, etc). Tra centri sociali e ragazzini in divisa Scout (molti minorenni portati in piazza all’insaputa dei propri genitori), tuniche africa-ne e cachemire da via Monte-napoleone, è andato in onda solo un regolamento di conti per il predominio nella guida della sinistra, di cui i migranti sono stati solo ignari strumenti. Andiamo, vogliamo veramente credere che si possa scendere in piazza per chiedere ancora più stranieri in Italia? Ancora più clandestini nelle nostre cit-tà? Ancora più centri di acco-glienza e soldi a chi li gestisce?

    Che esistano persone abituate a far politica sulla pelle dei cit-tadini non è una novità. Basta vedere come è ridotto questo povero Paese, per capirlo Ma farla anche su quella degli extracomunitari è diventata la nuova frontiera. Non è per questa politica che viene richiesto impegno alle forze ancora sane della popola-zione.

    Ad attaccare gli obiettori di co-scienza non sono i temuti po-pulisti, ma il Pd regionale. Se-condo uno studio di partito, la politica della giunta violerebbe i diritti umani per la carenza di offerta nel servizio di interruzio-ne volontaria di gravidanza. La presenza del 68,2% di obiettori, infatti, sarebbe solo un dato medio, perché ci sa-rebbero 6 presidii su 63 in cui gli obiettori sarebbero la totalità tra i ginecologi, ed in altre 16 strutture si raggiungerebbero picchi dell’80%. Col risultato di indurre i pochi ginecologi “non obiettori” a coprire più turni, o costringere le strutture a ricor-rere a personale esterno ingag-giato solo per compiere questi tipi di interventi. La denuncia, quindi, sembra finalizzata a sollecitare concorsi pubblici per solo personale dichiaratamente abortista. E non finisce qui: l’attenzione si concentra anche sull’aborto terapeutico. Passe-rebbe troppo tempo, infatti, tra il rilascio di certificazione medi-ca e la somministrazione di farmaci abortivi con il rischio oltrepassare il termine utile di 49 giorni. Ciò, e solo ciò, spie-gherebbe perché, in Lombar-dia, gli aborti farmacologici sa-rebbero fermi al 5,1%, anziché toccare le medie del 20% di Regioni considerate “virtuose”, quali, manco a dirlo, le rosse Toscana ed Emilia Romagna.

    Accoglienza dura senza paura (ma solo in Italia)

    Lombardia: il PD contro l’obiezione di coscienza

  • 7

    La storia occultata

    Il secondo conflitto mondiale era terminato da meno di 10 anni e la Germania, principale responsabile di quella tragedia, si trovava a patirne le conse-guenze. Aveva perduto quasi il 40% del suo territorio, poiché la Prussia orientale, con il suo capoluogo Konigsberg, era stata inglobata nell’Urss, mentre tutte le terre ad est dei fiumi Oder-Neisse (Pomerania e Slesia), conqui-state e cristianizzate dall’ordine monastico-guerriero dei cava-lieri Teutonici a partire dal X secolo, erano state assegnate alla Polonia. Circa 10 milioni di tedeschi si trovavano, così, al di fuori dei propri confini nazionali, costretti a scegliere se rimanere nella terra dei loro padri, diventando cittadini di Paesi che guardava-no loro con astio e sospetto, o abbandonarle per rientrare, da esuli, nel proprio Stato, dove avrebbero creato ulteriori pro-blemi ad un Paese già annien-tato nel corpo e nello spirito. Oltre a ciò, 1/3 del territorio nazionale era ancora occupato dalle truppe sovietiche, che non avevano la benché minima in-tenzione di lasciarlo, e, come del resto accaduto in altri Paesi dell’Est europeo “liberati” dall’e-sercito di Mosca, vi avevano instaurato un governo fantoc-cio, posto a capo di un nuovo Stato: la Repubblica Democrati-ca Tedesca (DDR). La stessa capitale, Berlino, era stata divi-

    sa in quattro parti, occupate rispetti-vamente da sovie-tici (Berlino Est), statunitensi, ingle-si e francesi (Berlino Ovest). Ma non era finita qui. A titolo di in-

    dennizzo, i russi avevano smantellato gran parte degli impianti industriali della Germa-nia Orientale rimontandoli a casa loro, ed avevano imposto alti tributi, che un economia disastrata non era in grado di corrispondere. E così, in perfetto stile stalinia-no, si erano varati piani econo-mici quinquennali, con investi-menti concentrati quasi esclusi-vamente sull’industria pesante a totale discapito di altri settori, come quello della produzione dei più elementari beni di con-sumo. I risultati furono subito evidenti: offerta di beni limitata, generi alimentari razionati, prezzi alti, qualità dei prodotti scadente, inflazione alle stelle. Gli unici beni presenti in abbon-danza erano propaganda e di-sciplina Un paragone frustrante rispetto alla vita dei propri ex concittadi-ni della Germania dell’Ovest

    (Repubblica Federale Tede-sca), che, anche grazie agli aiuti economici offerti dal piano Marshall, stavano conoscendo un autentico boom economico. E così, nel tentativo di risolleva-re un economia stagnante, ven-nero imposti ritmi di lavoro for-sennati, che arrivarono a tocca-re le 12 ore giornaliere. Ma i risultati tardavano a venire, e nel maggio 1953 il Politburo del Partito di Unità Socialista di Germania (SED) decise di lega-re gli stipendi alla produzione, fissando obiettivi proibitivi: un aumento del 10% delle quote di lavoro, con riduzione dei salari in caso di mancato raggiungi-mento delle quote prefissate. Per i lavoratori tedeschi era troppo. E così, prima che a Budapest (1956), a Praga (1968) e a Danzica (1980), accadde a Ber-lino. Il come è stato raccontato qual-che anno dopo dai pochi super-stiti. Il 16 giugno, alcuni operai della fabbrica di locomotive Hen-nigsdorf decise di mandare due propri rappresentanti al Ministe-ro, per esprimere le rimostran-ze della categoria, ma il timore che venissero arrestati indusse

    Berlino 1953 Quando gli operai lottarono contro il comunismo

  • 8

    una sessantina di loro a scor-tarli. Si creò, quindi, un piccolo corteo, al quale si aggiunsero subito altri operai edili, impe-gnati nella realizzazione di una vicina struttura ospedaliera. Strada facendo il gruppo si gonfiò a dismisura senza capi, cartelli o sloogan, ma con circa

    diecimila persone che presero sempre più coraggio, tanto che all’arrivo dei Vopos (Polizia Po-polare) reagirono. La scintilla ben presto si propa-gò in tutti i centri industriali e nelle città della Germania orien-tale, coinvolgendo circa un mi-lione di persone. Anzi, le riven-dicazioni, in un primo tempo di natura sindacale, si tramutaro-no in richieste politiche, come le dimissioni del governo della DDR, libere elezioni, libertà di parola e di stampa. Vennero rimossi i cartelli che indicavano il territorio tedesco sotto il con-trollo sovietico, la gente iniziò a riversarsi a Berlino Ovest, la stessa bandiera dell’Urss, esposta sulla porta di Brande-burgo, venne strappata e sosti-tuita con quella tedesca. I dimo-stranti iniziarono ad occupare uffici pubblici, stazioni di polizia, sedi del partito comunista. Incapace di fronteggiare il mal-contento popolare, e consape-vole della mancanza di legitti-mazione da parte dei cittadini, il governo rosso si rivolse all’uni-co potere forte in grado di so-stenerlo: l’Unione Sovietica. Ed il generale Dybrova portò i carri armati con la stella rossa

    per le strade e, ai fischi della folla, rispose con il piombo. Lanciò i suoi T34 contro cittadi-ni inermi, che cercarono di co-struire barricate e fronteggiare i soldati con armi improvvisate, mentre alcuni dei 20.000 militari sovietici schierati in campo, che si rifiutarono di partecipare al

    massacro, furono passati per le armi sul posto. Secondo fonti ufficiali della DDR, la rivolta, bollata come un tentativo di colpo di Stato fasci-sta, avrebbe lasciato sul campo 21 morti, 187 feriti e centinaia di arresti. La verità, emersa solo qualche decennio più tardi a seguito della caduta del muro di Berlino e dell’apertura degli archivi del-la polizia segreta, svela uno scenario ben diverso. I morti, a seguito degli scontri o delle condanne a morte che ne se-guirono, furono almeno 125, mentre a finire internati furono oltre 15.000 persone. Anzi il numero elevato di arresti prese

    in contropiede le strutture car-cerarie, tanto che, per l’occa-sione, vennero riaperti anche alcuni ex lager nazisti. Ma il racconto sarebbero insufficien-te se si dimenticassero le centi-naia di migliaia di persone che caddero vittime di epurazioni. Uomini e donne che persero il loro già misero lavoro solo per non aver denunciato i loro com-pagni, per non avere fornito aiuto alle autorità politiche o per semplici sospetti. Malgrado l'intervento delle trup-pe sovietiche, l'ondata di scio-peri e proteste non venne ripor-tata facilmente sotto controllo, e proseguì almeno fino alla metà di luglio. Ma, ad oltre sessant’anni dalla prima insurrezione di massa contro il comunismo, quei fatti sono ancor oggi poco conosciu-ti fuori dai confini tedeschi. Sarà per il fatto che, a condan-nare gli operai, furono proprio i comunisti europei, coloro che, a parole dicevano di difenderli. Solo per rimanere in ambiente italiano, il Pci,, approvò la re-pressione definendo la rivolta un complotto ordito dagli statu-nitensi, e la classe intellettuale, quella organica al partito, non fu da meno. Il pittore torinese Gabriele Mucchi, attraverso una falsificazione della storia al servizio dell’ideologia, arrivò a dipingere operai rivoltosi intenti a difendere la bandiera rossa, anziché a calpestarla. Insom-ma, troppi gli scheletri negli armadi per poter trovare il co-raggio di raccontare quei fatti. Meglio lasciarli sepolti nell’o-blio.