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1 CAMPI ELETTRICI E MAGNETICI La presenza di cariche modifica le proprietà dello spazio. Questa modifica viene quantificata assegnando due campi vettoriali: il campo elettrico E ed il campo magnetico B . Su una carica di prova q posta in una regione dello spazio che sia sede di E e B agisce una forza F data da F = q E + q v x B , dove v è la velocità di q. Il campo magnetico non agisce su una carica q ferma. Unità di misura: [E] = N/C = V/m , [B] = T. ONDE ELETTROMAGNETICHE Le leggi cui i campi E e B obbediscono prevedono che un campo elettrico variabile generi un campo magnetico variabile e che anche un campo magnetico variabile produca a sua volta un campo elettrico variabile. Questo meccanismo è alla base della propagazione delle onde elettromagnetiche (o.e.m.). Le o.e.m. sono costituite da campi elettrici e campi magnetici variabili, tra di loro perpendicolari, e che si propagano nello spazio nella direzione perpendicolare alle prime due. Si tratta di onde trasversali. La descrizione dei fenomeni coinvolti può essere espressa come sovrapposizione (Fourier) di oscillazioni sinusoidali (componenti armoniche) in quanto le leggi che governano questi fenomeni sono lineari. Le o.e.m. possono propagarsi anche nel vuoto.

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CAMPI ELETTRICI E MAGNETICI La presenza di cariche modifica le proprietà dello spazio. Questa modifica viene quantificata assegnando due campi vettoriali: il campo elettrico E ed il campo magnetico B . Su una carica di prova q posta in una regione dello spazio che sia sede di E e B agisce una forza F data da

F = q E + q v x B , dove v è la velocità di q. Il campo magnetico non agisce su una carica q ferma. Unità di misura: [E] = N/C = V/m , [B] = T.

ONDE ELETTROMAGNETICHE

Le leggi cui i campi E e B obbediscono prevedono che un campo elettrico variabile generi un campo magnetico variabile e che anche un campo magnetico variabile produca a sua volta un campo elettrico variabile. Questo meccanismo è alla base della propagazione delle onde elettromagnetiche (o.e.m.). Le o.e.m. sono costituite da campi elettrici e campi magnetici variabili, tra di loro perpendicolari, e che si propagano nello spazio nella direzione perpendicolare alle prime due. Si tratta di onde trasversali. La descrizione dei fenomeni coinvolti può essere espressa come sovrapposizione (Fourier) di oscillazioni sinusoidali (componenti armoniche) in quanto le leggi che governano questi fenomeni sono lineari. Le o.e.m. possono propagarsi anche nel vuoto.

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Frequenza dell’onda elettromagnetica La descrizione del comportamento delle o.e.m. risulta facilitata se se ne analizzano le componenti armoniche. In un assegnato punto dello spazio una componente armonica dell’o.e.m. si scrive dandone le componenti di E e B in funzione del tempo t come

Ex(t) = E0 cos (2 π t /T) = E0 cos (2 π f t) ; By(t) = B0 cos (2 π f t) , (1)

da cui risulta che i campi elettrico e magnetico di un’o.e.m. sono tra di loro perpendicolari ed oscillano allo stesso modo (ossia sono in fase). La quantità T è detta periodo ([T] = s) e dà la periodicità temporale dell’oscillazione. Questo significa che per ogni intero k valgono Ex(t + k T) = Ex(t) e By(t + k T) = By(t). La quantità f definita come il reciproco di T

f = 1/T è la frequenza ([f ] = s-1 = Hz). Le onde elettromagnetiche possono essere classificate in base alla loro frequenza (vedere la Tabella 1).

Velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche Le o.e.m. si propagano nel vuoto con la velocità c ≈ 3 . 108 m/s (convenzioni metrologiche hanno posto c = 299 792 458 m/s esattamente). Si tratta della velocità con cui la luce si propaga nel vuoto. La velocità nei mezzi materiali è data da cm = c/n dove n è l’indice di rifrazione del materiale. Si ha cm ≤ c poiché per l’indice di rifrazione vale n ≥ 1. L’uguaglianza vale per il vuoto e, approssimativamente, per l’aria.

Lunghezza d’onda La lunghezza d’onda λ definisce la periodicità spaziale di un’onda ([λ] = m). Nel caso di una componente armonica di un’o.e.m., il suo profilo spaziale ad un istante fissato sarà dato da

Ex(z) = E0 cos (2 π z /λ) ; By(z) = B0 cos (2 π z / λ) . (2) Per ogni numero intero k varranno Ex(z + k λ) = Ex(z) e By(z + k λ) = By(z). La seguente relazione generale, valida per ogni tipo di onde,

λ = c T = c/f lega lunghezza d’onda λ, velocità di propagazione c e periodo T (o, alternativa-mente, frequenza f ). Utilizzando tale relazione è possibile riclassificare le o.e.m. in base alla loro lunghezza d’onda nel vuoto (vedere ancora la Tabella 1). A questo proposito risulta opportuno osservare che al variare del mezzo in cui l’onda si propaga la frequenza f resta sempre la stessa mentre la lunghezza d’onda cambia in

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base alla relazione λm = λ/n (n = indice di rifrazione). Pertanto in un mezzo la relazione fondamentale per le onde va scritta come segue

λm = cm T = cm /f e lega λm = λ/n, lunghezza d’onda nel mezzo, alla corrispondente velocità cm = c/n. Anche il periodo T non cambia passando da un mezzo ad un altro.

Relazione tra le ampiezze di E e B nell’onda elettromagnetica Le relazioni che governano le o.e.m. pongono vincoli tra le ampiezze dei campi E e B costituenti un’onda. Tra i moduli E e B di questi campi deve valere (nel vuoto) la relazione

E = c B. (3) Quindi, con riferimento alle relazioni (1) e (2), dove E0 e B0 sono rispettivamente le ampiezze di oscillazione di E e B , dovrà valere E0 = c B0.

Densità di energia associata ai campi E e B Alla presenza dei campi E e B si associano rispettivamente le densità di energia wE e wB (si tratta di energia per unità di volume, si ha [wE] = [wB] = J/m3) date da

wE = ε0 E2/2 ; wB = B2/(2 µ0) ,

dove ε0 ≈ 8.85418 . 10-12 F/m è la costante dielettrica del vuoto e µ0 = 4π . 10-7 H/m è la permeabilità magnetica del vuoto. Si può dimostrare che la velocità c delle o.e.m. è collegata alle costanti appena introdotte dalla relazione

c = (ε0 µ0)-½ . (4)

In un’o.e.m. esistono tanto E quanto B ed i loro moduli devono obbedire alla (3). Mediante la (3) e la (4) si può facilmente dimostrare che nel caso dell’o.e.m. le densità di energia wE e wB di E e B sono uguali. Pertanto la densità totale wT può essere scritta come

wT = wE + wB = 2 wE = 2 wB = ε0 E2 = B2/µ0 .

Intensità di un’onda elettromagnetica La densità di energia wT viene trasportata dall’o.e.m. e viaggia con la sua stessa velocità c. Si definisce intensità I dell’o.e.m. il prodotto wT c che dà la potenza trasportata dall’onda che attraversa l’unità di superficie ([I] = W m-2). Si può dimostrare (vedere il file onde3.pdf a pag. 17-18) che vale

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I = wT c = E B/µ0 .

L’intensità I varia con il tempo in quanto sia E che B nell’o.e.m. variano con il tempo. La quantità significativa dal punto di vista fisico è I* , il valore medio di I valutato su di un intervallo di tempo abbastanza lungo. Nel caso di un’o.e.m. armonica (1) si può esprimere l’intensità media in funzione delle ampiezze di oscillazione E0 e B0 come segue

I* = E0 B0/(2 µ0 ). = E02 (ε0/µ0)

½ /2 . Nel caso di una generica o.e.m., essa è decomponibile in tante o.e.m. armoniche di frequenze diverse. Se ne possono sommare le corrispondenti intensità medie per dare l’intensità media complessiva. Nel caso della radiazione solare si ha I* ≈ 1400 W/m2 come valore complessivo incidente sull’alta atmosfera. Se la radiazione fosse mono-cromatica, a questo valore di intensità corrisponderebbe un’ampiezza E0 ≈ 103 V/m. La quantità Z0 = (µ0/ε0)

½ viene detta impedenza del vuoto, ha le dimensioni di una resistenza e vale circa 377 Ω.

Quantizzazione dell’energia di un’onda elettromagnetica: i fotoni In base alle precedenti relazioni l’energia trasportata da un’o.e.m. può variare con continuità, al variare di E0 (o di B0), di quantità piccole a piacere. La meccanica quantistica esclude questa possibilità. L’energia di un’o.e.m. può variare solo di quantità discrete (quanti di energia). In base alla meccanica quantistica un’o.e.m. è schematizzabile come un insieme di particelle (fotoni) ciascuna delle quali - possiede una quantità di energia pari ad un quanto Efotone , - si muove con la stessa velocità c con cui viaggia la densità di energia. Questo modello si chiama teoria corpuscolare della radiazione elettromagnetica. Esso prevede altresì che il quanto di energia Efotone trasportato da un fotone dipenda dalla frequenza f della radiazione secondo la seguente relazione

Efotone = h f = h c/λ (5) dove h, la costante di Planck, ha il valore h = 6.626 . 10-34 J s. Dalla (5) discende che l’energia Efotone è direttamente proporzionale alla frequenza f e, quindi, inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda λ. Dalla (5) si ottengono per Efotone valori di energia espressi in Joules (J). In questo contesto è comune esprimere le energie nell’unità di misura pratica elettronVolt (eV). L’elettronVolt è l’energia potenziale posseduta da un protone che si trova ad un

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potenziale elettrico di 1 V. Il valore della carica elementare e = +1.602 . 10-19 C (carica posseduta da un protone) fornisce il fattore di conversione tra eV e J. Valgono le relazioni

1 eV = 1.602 . 10-19 J ; 1 J = 6.242 . 10+18 eV ; h = 4.136 . 10-15 eV s . Utilizzando la relazione (5) è possibile introdurre un’ulteriore classificazione delle o.e.m. basata sui valori delle energie Efotone dei fotoni corrispondenti.

Spettro delle onde elettromagnetiche – Tabella 1 Le o.e.m. possono essere classificate in base alla frequenza ↔ lunghezza d’onda ↔ valore dell’energia dei fotoni corrispondenti. ------------------------------------------------------------------------------------------------------- Denominazione λ f Efotone ------------------------------------------------------------------------------------------------------- Onde radio > 10 cm < 3 GHz < 1.24 . 10−5 eV Microonde 1 mm ÷ 10 cm 300 GHz ÷ 3 GHz 1.24 . 10−3 eV ÷ 1.24 . 10−5 eV Infrarosso 700 nm ÷ 1 mm 4.3 . 1014 Hz ÷ 300 GHz 1.77 eV ÷ 1.24 . 10−3 eV Visibile 400 nm ÷ 700 nm 7.5 . 1014 Hz ÷ 4.3 . 1014 Hz 3.10 eV ÷ 1.77 eV Ultravioletto 100 nm ÷ 400 nm 3.0 . 1015 Hz ÷ 7.5 . 1014 Hz 12.4 eV ÷ 3.10 eV Raggi X, raggi γ < 100 nm > 3 . 1015 Hz > 12.4 eV -------------------------------------------------------------------------------------------------------

Nello spettro delle o.e.m. la porzione del visibile corrisponde a valori di λ compresi tra 400 nm e 700 nm e valori di Efotone compresi tra 1.8 eV e 3.1 eV circa. Vengono dette ‘radiazioni ionizzanti’ le o.e.m. i cui fotoni hanno energia Efotone > 10 eV. Il valore di 10 eV corrisponde ad una frequenza f = 2.42 . 1015 Hz e ad una lunghezza

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d’onda λ = 124 nm. I raggi X e γ sono radiazioni ionizzanti. I raggi X sono 104÷107 volte più energetici della radiazione visibile. I raggi γ, che hanno origine da fenomeni fisici localizzati in nuclei atomici, possono avere energie ben più alte. L’unica differenza tra X e γ è la loro sorgente. Va precisato che l’insieme di tutte le radiazioni ionizzanti non contiene solo i raggi X e γ, che costituiscono la parte ionizzante dello spettro delle o.e.m., ma anche la parte particellare, come ad esempio i neutroni, i protoni e le particelle alfa e beta. Le onde radio, la radiazione infrarossa e visibile sono ‘radiazioni non ionizzanti’.

QUANTIZZAZIONE DEI LIVELLI ENERGETICI DI UN ATOMO

L’atomo di idrogeno Un atomo di idrogeno è composto da un elettrone e da un protone. In un modello classico l’elettrone ruoterebbe attorno al protone descrivendo un’orbita kepleriana. Consideriamo al momento un’orbita circolare di raggio r. L’atomo di idrogeno avrà un’energia E data dalla somma dell’energia cinetica e potenziale elettrica dell’elettrone. Classicamente tale energia E è data da

E = - e2 /( 8 π ε0 r ) . (6) Dalla (6) si vede E che può assumere valori variabili con continuità in funzione del valore del raggio r il quale, a sua volta, può variare di quantità piccole a piacere. In realtà l’atomo descritto dal modello classico non potrebbe esistere in quanto instabile. Infatti occorre tenere presente che ogni carica soggetta ad un moto accelerato emette energia sotto forma di o.e.m. (Bremsstrahlung). Secondo il modello classico l’elettrone, in quanto animato da moto accelerato (accelerazione centripeta), perderebbe energia sotto forma di fotoni di Bremsstrahlung e finirebbe spiraleggiando sul nucleo (r→0). Questo è contrario all’evidenza sperimentale. Invece la meccanica quantistica fornisce un modello dell’atomo di idrogeno consistente con la realtà sperimentale. In questo modello l’energia E dell’atomo di idrogeno non può variare con continuità, ma può assumere solo un insieme di valori discreti (livelli energetici ammessi).

Livelli di energia ammessi I livelli energetici ammessi sono normalmente classificati tramite il numero intero n detto numero quantico principale, il quale può assumere i valori 1, 2, 3, 4, ecc., ecc.. I corrispondenti livelli energetici En permessi per l’atomo di idrogeno sono dati dalla relazione

En = - 13.60 eV /n2 . (7) All’aumentare di n l’energia aumenta (in senso algebrico) e così pure il raggio rn dell’orbita.

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Orbitali Le possibili orbite (da non intendersi in senso kepleriano) degli elettroni si chiamano orbitali ed al variare di n vengono denominate secondo la seguente tabella. ------------------------------------------------------------------------------------------------------- numero quantico principale n orbitale

1 K 2 L 3 M 4 N 5 O

ecc…

Al valore n = 1 si associa il valore di energia più basso, corrispondente a quello che viene denominato ‘stato fondamentale’ dell’atomo. L’energia E1 dello stato fonda-mentale dell’atomo di idrogeno vale, in base alla (7), -13.60 eV. Tutti gli altri stati hanno energie maggiori di E1. Quelli con energie negative sono denominati ‘stati eccitati’. Si tratta pur sempre di stati legati, essendo l’elettrone vincolato a muoversi attorno al protone. Esistono anche stati con energie positive, ma questi non sono stati legati. In questi casi l’elettrone ha energia sufficiente ad abbandonare il protone: si dice che l’elettrone è ‘libero’ dal protone e che l’atomo è ‘ionizzato’.

Noto il valore di energia dello stato fondamentale E1 = -13.60 eV, dalla (6) si può ricavare l’espressione per i valori dei raggi ammessi come rn = - e2 n2/( 8 π ε0 E1). Per n = 1 si ottiene r1 ≅ 5.29 . 10-11 m, denominato ‘raggio’ dell’atomo di idrogeno (... ricordarsi di convertire E1 in Joules !). Quindi si ha rn = n2 r1

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Transizioni di livello L’emissione o l’assorbimento di fotoni da parte di un atomo può avvenire soltanto durante una transizione, cioè in corrispondenza di una variazione di n (tradotto classicamente, in corrispondenza di una variazione di raggio r). Se n aumenta l’energia aumenta e questo corrisponde all’assorbimento di un fotone da parte dell’atomo. Viceversa se n diminuisce, l’energia diminuisce e questo corrisponde all’emissione di un fotone che contiene l’energia persa. Comunque l’energia dell’atomo non può scendere al di sotto del valore di energia dello stato fondamentale. La transizione da un livello En ad un livello Em si chiama - eccitazione dell’atomo se Em > En , - diseccitazione dell’atomo se Em < En , - ionizzazione dell’atomo se l’energia finale è nulla o positiva (Em ≥ 0). L’energia del fotone emesso o assorbito in una transizione dallo stato n allo stato m è eguale al valore assoluto della differenza di energia Em - En tra i livelli, cioè

Efotone = h f = Em - En (8) Efotone pertanto risulta anch’essa quantizzata.

Atomi complessi – Numero atomico Il numero atomico Z rappresenta il numero di protoni presenti nel nucleo di un atomo. Poiché la carica di un protone è eguale in valore assoluto alla carica di un

Livelli energetici in un atomo di idrogeno. Sono mostrate in figura una transizione di eccitazione (1→2) ed una di diseccitazione (3→2) ed è indicata l’energia del rispettivo fotone (assorbito o emesso). Dalla figura risulta altresì che l’energia di ionizzazione dell’atomo di idrogeno è pari a 13.6 eV.

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elettrone (ma è positiva), la carica del nucleo di un atomo avente numero atomico Z vale +Ze. Il numero atomico Z definisce le proprietà chimiche dell’atomo e la sua posizione nel sistema periodico degli elementi.

Atomi complessi - Livelli energetici e orbitali

Anche l’energia degli elettroni degli atomi complessi è quantizzata su più livelli. L’energia dei vari livelli è ancora definita sulla base di un numero quantico principale n e gli orbitali relativi sono ancora designati con le lettere K, L, M ecc..., anche se in generale i valori esatti delle varie energie sono difficili da calcolare. Esistono delle regole che determinano il numero massimo di elettroni che possono avere lo stesso n, per cui all’interno dell’atomo gli elettroni si distribuiranno su orbitali diversi. In particolare nell’orbitale K possono esistere solo 2 elettroni . La loro energia E1 è valutabile approssimativamente con la stessa espressione (7) per l’energia dei livelli dell’idrogeno, calcolata per n = 1 e moltiplicata per un fattore Z2

E1 ≈ −13.6 eV Z2/ 12 . (9)

Esempio: livelli e orbitali del tungsteno (W) Il tungsteno ha numero atomico Z = 74. Nello stato fondamentale i 74 elettroni si distribuiscono nei 5 orbitali K, L, M, N, O corrispondenti ai 5 valori del numero quantico principale n da 1 a 5. Gli elettroni K, i più interni (n=1), hanno energia EK = E1 = -69.5 keV mentre gli elettroni O, i più esterni (n=5), hanno energia EO = -6 eV. La formula (9) per Z = 74 dà E1 = -74.5 keV, valore che differisce da quello esatto in quanto la (9) è solo un’approssimazione.

Produzione di raggi X

Se facciamo oscillare un elettrone di moto armonico con un’assegnata frequenza, esso genera un’o.e.m. della stessa frequenza. Più in generale viene prodotta un’o.e.m. ogni qualvolta si sottopone una carica elettrica ad un’accelerazione. Ciò avviene quindi non solo nei moti armonici ma anche in quelli dove una carica elettrica percorre orbite circolari o altre traiettorie dotate di accelerazione. L’urto violento di un elettrone contro un metallo produce sull'elettrone una fortissima decelerazione poiché la sua velocità v scende in un tempo brevissimo da un valore elevato a valori molto inferiori, prossimi anche a zero. Avremo pertanto un’emissione di o.e.m. con energia massima pari all’energia cinetica posseduta dall’elettrone prima dell’urto. Il processo di emissione di o.e.m. da parte di carica decelerata viene denominato con il termine tedesco di Bremsstrahlung. I Raggi X sono onde elettromagnetiche di lunghezza d’onda λ 0.01 Å ÷ 10 Å (1 Å = 10-10 m = 10-8 cm) frequenza f 3 . 1020 Hz ÷ 3 . 1017 Hz energia di un fotone h f 1.24 MeV ÷ 1.24 keV

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Il range sopraindicato per lunghezze d’onda/frequenze/energie vale per i cosiddetti raggi X duri. Secondo un’antica nomenclatura sono considerati raggi X molli quelli con valori di λ compresi nell’intervallo 10 Å ÷ 100 Å ed, infine, raggi X limite quelli con valori di λ compresi nell’intervallo 100 Å ÷ 1000 Å, con estremo superiore confinante con l’ultravioletto. I raggi X vengono prodotti da una rapida decelerazione di un fascio di elettroni di energia maggiore di circa 5 keV. 1 eV = energia acquistata da un e- accelerato da una ddp di 1 V, quindi 1 eV = 1.602 . 10-19 C . 1 V = 1.602 . 10-19 J .L’energia cinetica Ec di un elettrone (massa me ≈ 9.11 . 10-31 kg) è espressa dalla formula (classica) Ec = ½ me v2 da cui si ricava la velocità v = (2 Ec/me )½ . Per un elettrone di energia Ec di 1 eV si ha v = (2 . 1.602 . 10-19 J / 9.11 . 10–31 kg) ½ ≈ 6 . 105 m/s . Per elettroni di Ec = 10 keV si ha v ≈ 6 . 107 m/s, che è circa il 20% della velocità della luce c ≈ 3 . 108 m/s. Al di sopra di energie dell’ordine della decina di keV non si può più usare la formula classica per calcolare la v dell’elettrone. Si deve apportare la correzione relativistica alla massa dell’elettrone che diventa m’e = me / (1 – v2/c2 ) ½. In diagnostica le Ec vanno usualmente da 20 keV a 200 keV. In radioterapia si può superare il MeV, un’energia tipica dei raggi γ . Risulta opportuno ricordare che la distinzione tra raggi X e raggi γ non è tanto basata sull’energia quanto sull’origine fisica del fotone: un fotone è X se ha origine da fenomeni fisici esterni al nucleo mentre è γ se ha origine da processi fisici che hanno luogo all’interno del nucleo dell’atomo.

Tubo radiogeno Per produrre raggi X si invia un fascio accelerato di elettroni contro un anodo di tungsteno (W, Z=74) o di altro elemento con numero atomico Z alto (... o abbastanza alto). Nella diagnostica tradizionale si utilizza il tungsteno mentre, laddove si richieda l’attraversamento di modesti spessori di tessuti e la loro differenziazione (mammografia), si utilizzano anodi con molibdeno (Mo, Z=42) o rodio (Rh, Z=45).

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Gli elettroni accelerati colpiscono l’anodo e solo quelli (1%) che interagiscono con la zona ad elevata intensità di campo elettrico dei nuclei di W vengono decelerati bruscamente (vedi figura seguente) e la loro energia cinetica si trasforma in energia elettromagnetica nella regione dei raggi X (parte di Bremsstrahlung dello spettro di emissione). Le interazioni degli elettroni incidenti con gli elettroni degli orbitali esterni generano radiazioni di bassa energia che vengono rapidamente convertite in calore. Questo succede nel 99% dei casi. L’efficienza energetica del tubo radiogeno è molto bassa. Una parte degli elettroni incidenti, se sufficientemente energetici, ionizza gli atomi di W rimuovendo elettroni dall’orbitale K. Le lacune ivi create vengono subito riempite da elettroni situati in orbitali più esterni (L e M). Nel caso del W le transizioni sull’orbitale K avvengono con emissione di fotoni X a 58.5 keV ed a 69.5 keV. Le strette righe presenti nello spettro di emissione sono dovute ad emissioni di questa natura e la loro collocazione energetica è funzione della composizione chimica dell’anodo (si spostano passando dal W ad un altro elemento). Solo l’1% circa degli elettroni incidenti finisce per produrre raggi X ….

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La figura successiva mostra lo spettro dei raggi X (parte continua di Bremsstrahlung + righe di emissione caratteristiche del W) dopo filtraggio alle basse energie mediante uno spessore di 2.5 mm di Al (beam hardening).