Campagna STOP TTIP Italia Contributo informale alle ... Sisto... · Campagna STOP TTIP Italia...

18
Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net Contributo informale alle riflessione sull’impatto del TTIP nel contesto Europeo ed Italiano Campagna Stop TTIP Italia 0. Introduzione 1. La Campagna Stop TTIP 2. Il ruolo del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali 3. Le preoccupazioni per la trasparenza e il mancato accesso dei parlamentari italiani al testo del TTIP 4. I capitoli più controversi dell’accordo - Agricoltura e sicurezza alimentare - Le Indicazioni Geografiche - Le Piccole e Medie Imprese - TTIP e Obiettivi di “sviluppo sostenibile” - TTIP e occupazione - TTIP, Servizi e servizi pubblici - L’Associazione dei magistrati tedeschi che dice “no” all’arbitrato riformato - L’ICS compromette il sistema giudiziario europeo e nazionale 5. LE NOSTRE RICHIESTE - Vista la minaccia del pronunciamento della Corte Europea che potrebbe escludere i parlamenti nazionali dal processo di ratifica del TTIP, chiediamo che il Parlamento riaffermi le sue prerogative in materie così importanti - Che il Parlamento stimoli un dibattito parlamentare e pubblico all’altezza delle nostre preoccupazioni - Che ospiti un dibattito tra parlamentari e società civile italiana - Che reclami l’apertura della sala di lettura con un livello di trasparenza maggiore rispetto a quello cui devono sottostare i parlamentari tedeschi

Transcript of Campagna STOP TTIP Italia Contributo informale alle ... Sisto... · Campagna STOP TTIP Italia...

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

Contributo informale alle riflessione

sull’impatto del TTIP nel contesto Europeo ed Italiano

Campagna Stop TTIP Italia

0. Introduzione

1. La Campagna Stop TTIP

2. Il ruolo del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali

3. Le preoccupazioni per la trasparenza e il mancato accesso dei parlamentari italiani al

testo del TTIP

4. I capitoli più controversi dell’accordo

- Agricoltura e sicurezza alimentare

- Le Indicazioni Geografiche

- Le Piccole e Medie Imprese

- TTIP e Obiettivi di “sviluppo sostenibile”

- TTIP e occupazione

- TTIP, Servizi e servizi pubblici

- L’Associazione dei magistrati tedeschi che dice “no” all’arbitrato riformato

- L’ICS compromette il sistema giudiziario europeo e nazionale

5. LE NOSTRE RICHIESTE

- Vista la minaccia del pronunciamento della Corte Europea che potrebbe escludere i parlamenti

nazionali dal processo di ratifica del TTIP, chiediamo che il Parlamento riaffermi le sue prerogative

in materie così importanti

- Che il Parlamento stimoli un dibattito parlamentare e pubblico all’altezza delle nostre

preoccupazioni

- Che ospiti un dibattito tra parlamentari e società civile italiana

- Che reclami l’apertura della sala di lettura con un livello di trasparenza maggiore rispetto a

quello cui devono sottostare i parlamentari tedeschi

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

2

- Che chieda al governo la riattribuzione delle competenze in materia di TTIP, finora detenute

dall’ex vice ministro allo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, e che convochi subito presso il

Ministero il tavolo formale di confronto con la società civile sui negoziati commerciali, mettendo il

TTIP all’ordine del giorno.

- Che a questo tavolo partecipi una delegazione parlamentare rappresentativa, e gli esiti della

sessione vengano comunicati e discussi in Parlamento con evidenza

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

3

0. INTRODUZIONE

Il Trattato di partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Transatlantic trade

and Investment Partnership – TTIP) è stato lanciato nell’estate del 2013 con lo scopo esplicito di

liberalizzare il mercato transatlantico di tutti i settori dei prodotti e dei servizi aumentando le

possibilità di scambio transatlantico per una mutua convenienza commerciale e regolatoria. In

realtà tra Europa e Stati Uniti, a parte pochi settori sensibili, la media delle barriere commerciali

– dazi, quote, dogane – è già molto bassa, tanto che gli Usa sono il nostro principale partner

commerciale dopo il mercato comunitario. Circa l’80% dei benefici attesi del trattato (modesto,

in realtà, perché equivalente a un aumento dello 0,05 del Pil europeo l’anno spalmato sui dieci anni

successivi all’approvazione del Trattato da parte del Parlamento europeo e del Congresso Usa)

deriverebbe dalla cosiddetta “armonizzazione regolatoria” tra le due sponde dell’Atlantico.

Ogni anno un non meglio precisato “Organismo

Transatlantico” animato da esperti e

rappresentanti non meglio precisati della

Commissione Europea e del Ministero del

Commercio Usa individuerebbero, su

sollecitazione dei Portatori d’interesse del

commercio Usa-Ue (e non dei cittadini, dei

Parlamenti o degli organismi regolatori), una lista

di regole che fanno problema al commercio

transatlantico e introdurrebbe delle misure per

liberare il commercio da questi ostacoli. Queste

indicazioni dovrebbero essere recepite nelle

normative comunitarie senza emendamenti, come avviene oggi rispetto alle indicazioni

dell’Organizzazione mondiale del Commercio.

Stando alla valutazione d’impatto preventiva elaborata dell’istituto di ricerca Ecorys nel 2013 su

incarico della Commissione europeai, tra le regolazioni che fanno più difficoltà al commercio

transatlantico troviamo il principio di precauzione, le misure che proteggono la nostra sicurezza

alimentare, l’etichettatura dei prodotti, il marchio CE sugli elettrodomestici, i curricula

professionali, la normativa ambientale legata alla riduzione dei rifiuti e delle emissioni, quella

di sicurezza del settore chimico (Reach), di sicurezza del lavoratori, le restrizioni all’utilizzo di

numerosi pesticidi e conservanti, le limitazioni ai derivati finanziari, addirittura le carte dei

servizi dei servizi pubblici e la contrattazione collettiva e tutte quelle normative che, più in

generale, non sono riconosciute da una delle due parti dell’Atlantico. Queste normative fanno

problema al commercio, costituiscono le cosiddette Barriere non tariffarie perché impediscono ad

alcuni prodotti di circolare nel mercato comune oppure si traducono in costi aggiuntivi per i

produttori.

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

4

Tutte queste regole, se pure non fossero esplicitamente messe in discussione nel testo del TTIP,

rischierebbero di essere successivamente contestate dai Portatori d’interesse presso l’Organismo

per la Cooperazione regolatoria.

Ogni regolazione di qualunque livello amministrativo che avesse una qualche influenza, anche

secondaria, sul commercio transatlantico, dovrebbe essere notificata all’altra parte prima della

sua definitiva approvazione.

Se poi un investitore privato si sentisse danneggiato da una vecchia o nuova legge, regola,

normativa, non dovrebbe scomodarsi a sostenere i propri diritti in un tribunale ordinario,

obbligato a tenere conto di tutta la normativa nazionale e comunitaria rilevante, ma potrebbe

reclamare i propri diritti presso un arbitrato commerciale dedicato (ISDS o ICS) che, anche nella

versione recentemente rivista dalla Commissione, deciderebbe solo alla luce della lettera del

trattato. Se lo Stato citato in giudizio volesse conservare la propria normativa in violazione del

TTIP, sarebbe chiamata a compensare i mancati guadagni presenti, passati e futuri.

1. LA CAMPAGNA STOP TTIP

La Campagna Stop TTIP Italia (www.stop-ttip.italia.net) nasce a febbraio 2014 per coordinare

organizzazioni, reti, realtà e territori che si oppongono all’approvazione del Trattato di

Partenariato Transatlantico su commercio e Investimenti (TTIP). Alla piattaforma aderiscono oltre

300 realtà in difesa dell’ambiente, della società civile, del mondo del lavoro che sostengono oltre 50

comitali locali.

In Europa la campagna Stop TTIP è presente in tutti i Paesi dell’Unione con piattaforme nazionali

che si coordinano attraverso gruppi di lavoro tematici e assemblee che si convocano a margine dei

round negoziali e che coordinano la società civile di questa sponda dell’Atlantico con le tante

organizzazioni e i sindacati d’oltreoceano, che condividono le nostre preoccupazione. Le iniziative

più rilevanti promosse a livello europeo sono state la raccolta firme autorganizzata (https://stop-

ttip.org/it/) che ha raggiunto il numero di 3

milioni e quasi 400mila cittadini europei che si

sono dichiarati contrari al TTIP. Numero mai

raggiunto in nessun’altra iniziativa di raccolta

firme europea. A Berlino il 10 ottobre scorso

oltre 250mila persone arrivate da tutta Europa

sono scese in piazza contro il TTIP.

In Italia il 25 novembre scorso simbolicamente

le firme sono state consegnate al capo

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

5

negoziatore Europeo Ignacio Bercero in un faccia a faccia organizzato presso il ministero dello

Sviluppo Economico tra la Campagna e la Commissione ospitato dall’allora vice ministro Carlo

Calenda.

Le istanze della campagna sono state recepite a livello locale in Italia con l’approvazione di oltre 40

mozioni e documenti formali d’indirizzo Stop TTIP da parte di Consigli regionali (in Abruzzo,

Lombardia, Toscana) e comunali (tra cui Milano, Ancona, Modena, Pescara e tre municipi della

Capitale). In tutta Europa è in corso una campagna che chiede alle Autorità locali di dichiararsi

“Free TTIP Zones”, e i Comuni di Bruxelles e Barcellona hanno già proceduto in questa direzione.

Qui la mappa delle aree https://www.ttip-free-zones.eu/

2. IL RUOLO DEL PARLAMENTO EUROPEO E I PARLAMENTI NAZIONALI

Con il Trattato di Lisbona la materia commerciale è stata completamente delegata al livello

europeo. La Commissione europea, su mandato del Consiglio, negozia in perfetta solitudine fino al

momento in cui, con i negoziatori del Ministero al Commercio Usa (United States Trade

Rapresentative - Ustr), penseranno di aver raggiunto un livello accettabile di compromesso nei

diversi capitoli del trattato. A quel punto Commissione e Ustr firmeranno l’accordo quadro,

risultato che le parti vorrebbero raggiungere prima dell’estate 2016, per evitare che il negoziato si

areni a causa delle elezioni presidenziali negli Usa. Ne’ il Parlamento europeo ne’ il Congresso

americano potranno cambiare una sola virgola del testo concordato tra Usa e Ue.

Al momento non è ancora definito il ruolo che i Parlamenti nazionali avranno nell’iter del TTIP.

Essendo un accordo commerciale “misto”, cioè riguardando non solo dazi e tariffe ma anche la

sfera regolatoria, il TTIP si presume dovrà essere ratificato dagli Stati membri dell’Unione. Il suo

iter dovrebbe essere definito da una sentenza

della Corte europea di Giustizia che, tuttavia,

la Commissione ancora temporeggia a

interrogare nel merito, Quello che già

sappiamo, però, è che esso sarà

immediatamente operativo e che non

sappiamo se basterà che un solo Paese

europeo ne bocci la ratifica per bloccarlo,

oppure una maggioranza di qualche genere

dei paesi membri (Secca? Qualificata?)

I parlamenti tedesco, francese ma anche

inglese hanno manifestato da scetticismo a contrarietà rispetto a un trattato che ridurrà

drasticamente l’influenza e la sovranità Il ministro per il Commercio Estero francese Matthias Fekl

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

6

ha invitato gli Stati Uniti a mostrare "reciprocità" nei negoziati. "I membri del Parlamento

americani hanno accesso a un numero molto più elevato di documenti di quello che ci è permesso

in Europa," ha detto.

Francia e Germania hanno entrambe espresso riserve circa il modo in cui sono stati condotti i

negoziati in diverse occasioni. Matthias Fekl, il segretario di Stato francese per il Commercio

Estero, ha anche detto a EurActiv France che non avrebbe "mai permesso a tribunali privati al

soldo delle multinazionali a dettare le politiche degli Stati sovrani, in particolare in alcuni settori

come la salute e l'ambiente". Il ministro dell'Ambiente tedesco, Barbara Hendricks, ha dichiarato

alla stampa tedesca che rimane "scettica sul meccanismo di risoluzione delle controversie

investitore Stato", visto che lei crede sia "semplicemente non necessario". La Francia ha chiesto

maggiore trasparenza procedurale, al fine di garantire che i membri del tribunale arbitrale non si

trovino contemporaneamente nella posizione di giudice e imputato. Matthias Fekl ha detto che "è

risaputo che ci sono enormi conflitti di interesse nei casi di arbitrato". Più in generale Norbert

Lammert, il Presidente del Bundestag, ha lamentato che: “è impensabile che il Bundestag accetti di

ratificare un accordo commerciale tra Usa e Ue per il quale non possa nemmeno suggerire opzioni

alternative”.

3. PREOCCUPAZIONI PER LA TRASPARENZA E IL MANCATO ACCESSO DEI

PARLAMENTARI ITALIANI AL TESTO DEL TTIP

Quando il negoziato è stato lanciato, non era previsto che tutti i Parlamentari europei accedessero

al testo del TTIP prima di essere chiamati ad approvalo o bocciarlo, cioè dopo che la Commissione

Ue e l’Ustr non abbiano dichiarato conclusa la fase negoziale apponendo la loro firma sulla forma

consolidata del testo. Quella, si ricorda, non sarà la versione definitiva perché l’Organismo per il

buon funzionamento del trattato, che viene istituito al TTIP stesso, sovraintenderà alla sua

massima efficacia potendo intervenire sul testo, con l’avallo tecnico delle due parti, perché la

liberalizzazione commerciale sia massima e l’efficienza del trattato adeguata a questo compito.

Dopo le forti pressioni della Campagna europea Stop TTIP, e dopo alcune manifestazioni condotte

addirittura all’interno del Parlamento europeo da parte dei suoi stessi membri, sono state aperte

all’interno della sede di Bruxelles delle “sale di lettura” dove tutti i parlamentari europei possono

leggere il TTIP dopo esser stati perquisiti, senza poter prendere alcun appunto meccanico, ma solo

appunti personali su una carta non fotocopiabile. Mancano, inoltre, nella copia in lettura, tutti gli

allegati tecnici, che contengono i livelli quantitativi, le specificazioni, le composizioni degli

organismi via via creati dal TTIP.

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

7

La risoluzione approvata dal Parlamento

europeo l’8 luglio 2015ii sul TTIP aveva

raccomandato alla Commissione, oltre alla

revisione di alcuni nuclei problematici del

Trattato in primo luogo il meccanismo

d’arbitrato (ISDS, ora ICS) “per quanto

riguarda la trasparenza, il coinvolgimento

della società civile e la sensibilizzazione del

pubblico e del mondo politico: i) proseguire

gli attuali sforzi tesi a incrementare la

trasparenza dei negoziati, rendendo

accessibile al pubblico un numero maggiore

di proposte negoziali, e attuare le raccomandazioni del Mediatore europeo, in particolare quelle

relative alle norme sull'accesso del pubblico ai documenti; (…) v) incoraggiare gli Stati membri a

coinvolgere i parlamenti nazionali conformemente ai loro obblighi costituzionali, fornire tutto il

sostegno necessario affinché gli Stati membri assolvano tale compito e rafforzare il dialogo con i

parlamenti nazionali allo scopo di tenerli adeguatamente informati in merito ai negoziati in corso”.

Per questo la Commissaria al Commercio Cecilia Malmstrom nell’audizione che ha avuto il 26

novembre 2015 ha assicurato che in tutti i Paesi europei i Parlamentari nazionali avrebbero avuto

la possibilità di avere sale di lettura dedicate a loro. In una prima versione i Parlamentari nazionali

avrebbero dovuto recarsi nelle ambasciate americane per accedervi, ma alla fine, dopo altre azioni

di pressioni combinate tra Governi scettici e società civile, la Commissione ha concesso che sale di

lettura fossero aperte in strutture governative di ciascun Paese membro.

Al momento risulta attivata una sola sala di lettura, è localizzata in Germania, e come si può

vedere dall’immagine sovrastante ampie parti del testo (quelle non consolidate o dichiarate

confidenziali) sono ristrette alla lettura dei membri dei Parlamenti nazionali. Si ricorda che i

Parlamentari anche europei non hanno alcun accesso alle parti del testo proposte dagli Usa, ma

possono accedere solo a quelle europee, oppure a quelle che si siano già trasformate in un

documento condiviso. In Italia, dopo un blitz natalizio di alcuni Parlamentari del M5S alla

Farnesina, dove nessuno spaeva nemmeno che questo spazio avrebbe dovuto già essere attivato in

quella sede, nessuno si è posto più il problema di rendere questo impegno effettivo.

4. PREOCCUPAZIONI PER I CAPITOLI PIU’ CONTROVERSI DELL’ACCORDO: CIBO E

AGRICOLTURA, LAVORO, AMBIENTE, ISDS/ICS

Agricoltura e sicurezza alimentare

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

8

L’Europa, e in particolare l’Italia, hanno molto da perdere a livello di qualità, quantità e regole

nella propria produzione, e in valore assoluto nelle proprie stesse esportazioni. Scorrendo

rapidamente gli elementi più controversi ricordiamo che, ad esempio in ambito agricolo, che la

sola riduzione delle barriere tariffarie nel mercato agroalimentare transatlantico porterebbe a un

aumento delle esportazioni Usa verso l’Europa di 5,5 miliardi l’anno, mentre un flusso contrario

che aumenterebbe di soli 0,8 miliardi.

Una rimozione aggiuntiva delle Barriere non tariffarie che fanno problema al commercio

agroalimentare transatlantico farebbe aumentare le esportazioni Usa verso l’Ue di 4,1 miliardi in

più (per un aumento totale di 9,6 miliardi di dollari), mentre l’Europa al massimo esporterebbe 1,2

miliardi di dollari in più di prodotti agroalimentari, per un guadagno potenziale di 2 miliardi di

dollari in più totali.

Nel testo del TTIP non troverete mai parole o definizioni controverse come OGM, carne trattata

agli ormoni, ormoni della crescita impiegati nello sviluppo bovino o carcasse risciacquate con

soluzioni di cloro. Ma sono proprio queste le pratiche proibite che fanno problema al commercio

agroalimentare transatlantico, a quanto risulta chiaro dalla tabella precedente. Sono la carta

negoziale che l’Europa nega di considerare praticabile ma che, a quanto si apprende, è pronta a

sacrificare per ottenere una liberalizzazione significativa dei settori dell’energia, della finanza e

degli appalti negli Usa.

Il testo TTIP da solo rivela molto poco su come i governi forniranno il "livello adeguato di

protezione sanitaria o fitosanitaria" promesso nell'accordo dell’ Organizzazione mondiale del

commercio sulle Misure sanitarie e fitosanitarie (SPS, articolo 5.3). Quello che sappiamo per

certo è che nel testo definitivo dell’analogo accordo commerciale che l’Unione Europea ha già

sottoscritto con il Canada, il CETA, nel capitolo 6 sugli ostacoli tecnici al commercio all’art. 6

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

9

Trasparenza: comma 5. abbiamo affermato che "Ciascuna Parte, su richiesta dell'altra parte, dovrà

fornire informazioni riguardanti gli obiettivi della base giuridica e il razionale di un regolamento

tecnico o di una procedura per una valutazione della conformità, che la parte ha adottato o

propone di adottare". E ancora: "... se una parte si rifiuta di avviare la cooperazione normativa o si

ritira da tale cooperazione, dovrebbe essere prontaa spiegare i motivi della sua decisione all'altra

parte". Nel CETA è obbligatorio ... 14.”lo svolgimento di programmi di ricerca cooperativa, al fine

di: (d) stabilire, se del caso, una base scientifica comune;”.

Questo potrebbe essere un attacco al principio di precauzione? Anche se questo principio è

sancito nella legislazione canadese, contrariamente agli Stati Uniti che non abbracciano il concetto,

ci sono interessi corporativi fortemente impegnati per sbarazzarsi di questo principio in tutto il

mondo. E anche se questa non è l'intenzione del negoziatore, potrebbe essere una porta aperta per

attaccare questo principio in futuro. Perché non proteggere in modo esplicito questo principio?

In concreto, non è menzionato una volta nelle 1600 pagine di CETA né nel TTIP.

L'attuale progetto non affronta come i legislatori statali e le autorità di regolamentazione saranno

costretti a rispettare i molti obblighi previsti dal presente capitolo. In particolare, non è chiaro se la

mancanza di conformità potrebbe essere soggetta alla composizione delle controversie richiesta

dall'Unione europea, o da un investitore utilizzando il meccanismo di risoluzione delle

controversie investitore-Stato (ISDS) previsto sia nel CETA sia nel TTIP.

Le introduttive "Note Generali" osservano che le procedure di cooperazione regolamentare

"potrebbero non prestarsi all'applicazione delle regole di composizione delle controversie." Le note

suggeriscono "un monitoraggio e un reporting regolare ", in cui coinvolgere i ministri del

commercio dell'UE e degli Stati Uniti in un possibile meccanismo di applicazione. Che dire dei

cittadini? Che dire dei Parlamenti?

Le Indicazioni geografiche (IGs)

La violazione delle IGs, insieme al business dei falsi prodotti italiani, secondo Coldiretti, ha un

costo per l’Italia di oltre 60 miliardi di euro all'anno. Gli Stati Uniti sono da sempre il principale

avversario del programma GI sostenuto dall’Europa in tutte le sedi commerciali. Se diamo uno

sguardo più da vicino al testo del CETA, però, scopriamo che nell’allegato 1, parte A, sulle IGs

abbiamo concordato un elenco di 173 indicazioni geografiche da proteggere. Alla fine di Ottobre

2014 le IGs agroalimentari tutelate dalla UE erano 1.438. Le IGs protette invece dell’accordo CETA

sono solo 41. Le IGs italiane protette a livello europeo sono 275 (270 sono quelle registrate nel sito

del Ministero dell'Agricoltura).

Si potrebbe sostenere che le IGs escluse non sono rilevanti ai fini dell'esportazione. In questo

modo, in ogni caso, stiamo accettando che i territori o le piccole e medie imprese che potrebbero

essere interessati a esportare uno dei prodotti esclusi a causa della possibilità che presumibilmente

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

10

dovrebbero avere grazie al CETA, non possono farlo, e/o non possono evitare il rischio di pirateria

alimentare in casa e all’estero. Si perché nessuno potrà più impedire ad una copia canadese anche

malfatta di uno dei prodotti esclusi dalla lista, di circolare liberamente in casa nostra.

In relazione alle IG europee come Asiago, Feta, Fontina, Gorgonzola e Munster, il Canada non sarà

obbligato a prevenire l’uso di questi nomi di prodotti, se questi nomi fossero accompagnati dalle

parole "genere", "tipo", "fatte come", "imitazione" o " simile ", in combinazione con una indicazione

visibile della vera origine. Inoltre, i produttori canadesi di formaggio che hanno utilizzato questi

"nomi comuni" prima 18 ottobre 2013, ed i loro successori e aventi diritto, possono continuare a

farlo.

Nell'articolo 7.7 del CETA abbiamo anche deciso che. in linea di principio un'indicazione

geografica non verrà aggiunta alla lista, se si tratta di un nome che, alla data di approvazione del

CETA, fosse già "registrata" dalla UE. Questa singola disposizione nega, quasi sicuramente, che

circa 1.265 GIs dell'Unione possano ottenere adeguata protezione o crescita in Canada. E 'difficile

trovare una base economica, sociale, politica o intellettuale accettabile per questo approccio.

Le Piccole e Medie Imprese

Ci sono circa 20 milioni di piccole e medie imprese nell'Unione europea, che rappresentano il 58%

del suo valore aggiunto lordo e il 67% dei posti di lavoro.

Solo lo 0,7% delle PMI europee esporta verso gli Stati Uniti e il valore dei beni e servizi esportati è

inferiore al 2% del valore aggiunto prodotto dalle PMI europee nel loro complesso.

Il TTIP potrebbe avere un effetto destabilizzante su di loro perché parte significativa del

commercio intracomunitario (che rappresenta l’unico mercato di sbocco per la maggior parte delle

PMI europee) verrebbe saturata dalle esportazioni degli Stati Uniti.

Il TTIP favorirbbe l'importazione di prodotti a buon mercato degli Stati Uniti, anche se prodotti a

condizioni lavorative e qualitative inferiori, e sosterrebbe l’ingresso dei grandi gruppi

transatlantici nei mercati europei in cui le PMI, al contrario, oggi sono forti. Negli ultimi mesi,

numerose piccole e medie imprese europee hanno espresso la loro preoccupazione, sia

individualmente che collettivamente, rispetto ai potenziali rischi per la loro attività che i negoziati

in corso potrebbero rappresentare. Per ottenere una migliore comprensione di questa

problematica, diverse organizzazioni, e in particolare il Comitato economico e sociale europeo,

hanno raccomandato che la Commissione europea effettuasse una valutazione dettagliata degli

impatti che il TTIP avrebbe in ogni Paese e ogni settore. Fino ad oggi, questa legittima richiesta

rimane senza risposta.

Il TTIP, d’altro canto, è promosso come il primo accordo che includa un capitolo speciale dedicato

alle piccole e medie imprese. Ma ancora, le proposte conosciute riguardanti questo capitolo sono

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

11

limitate a richiedere la creazione un sito di informazione e di un help-desk per spiegare alle PMI

come possono beneficiare maggiormente del trattato. Siti specializzati sono già disponibili per

facilitare il commercio con la Cina e il Giappone, con i quali non esiste alcun accordo commerciale,

e uno strumento equivalente potrebbe essere sviluppato per aiutare le PMI europee nel commercio

negli Stati Uniti, qualunque fosse l'esito dei negoziati.

TTIP e Obiettivi di “sviluppo sostenibile”

La proposta testuale (textual proposal) dell’Unione europea per un capitolo sullo sviluppo

sostenibile nel TTIP, è stata resa pubblica dalle organizzazioni della società civile durante il round

negoziale del 19-23 ottobre 2015. Solo in seguito, il testo è stato pubblicato anche dalla

Commissione europea. Non vi sono appigli, nel documento, che permettano di individuare un

reale impegno nell’applicare e implementare le disposizioni contenute negli accordi

internazionali sull’ambiente: dal protocollo di Kyoto a quello di Montreal, fino alla Convenzione

sulla biodiversità (CBD), non vi è traccia di una chiara volontà di anteporre il rispetto

dell’ambiente ai diritti degli investitori. Incrociando il testo negoziale con il position paper

(documento in cui la Commissione spiega la propria posizione nella trattativa), la Campagna Stop

TTIP Italia ha evidenziato diverse incongruenze. L’ottimismo che traspare dal documento di

posizionamento in merito al rispetto degli obiettivi climatici e ambientali non trova riscontro nella

textual proposal.

Nulla costringe le parti a vincolare il commercio alla tutela degli standard sulla biodiversità o a

specifici limiti di emissioni inquinanti: non esiste un tribunale legittimato a sospendere il TTIP in

caso di violazioni. Non è stata recepita la richiesta del Parlamento europeo di tutelare i governi

che legiferano in favore del clima dai ricorsi all’arbitrato da parte degli investitori. Strasburgo

aveva chiesto esplicitamente (risoluzione 14/10/2015, par. 80) alla Commissione di garantire che

«qualsiasi misura adottata da una Parte dell’accordo di Parigi relativamente all’obiettivo di

stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera a un livello tale da impedire pericolose

interferenze antropogeniche con il sistema climatico, o relativamente a qualsiasi dei principi o

degli impegni di cui agli articoli 3 e 4 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui

cambiamenti climatici, non sarà soggetta ad alcun trattato esistente o futuro di una Parte nella

misura in cui esso ammette la risoluzione delle controversie tra investitore e Stato».

Ignorando queste raccomandazioni, l’esecutivo europeo espone l’Unione e gli Stati membri al

rischio di dover risarcire un investitore estero per il solo fatto di averlo costretto a impiegare

tecnologie o processi meno impattanti sull’ambiente. Un precedente illustre è rappresentato dalla

causa intentata tramite il NAFTA dalla Lone Pine Resources alla provincia del Quebec, rea di aver

impedito operazioni di fracking nelle acque del fiume San Lorenzo. In caso di condanna, il

risarcimento potrebbe raggiungere i 250 milioni di dollari. Inoltre, TTIP, CETA e TiSA rischiano

limitare sensibilmente la libertà degli Stati di erogare servizi fondamentali come la produzione e

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

12

distribuzione dell’energia in base ad obiettivi di interesse pubblico, ad esempio sostenendo le

energie rinnovabili per combattere il cambiamento climatico. I legami tra le misure urgenti volte a

mitigare il riscaldamento globale e il commercio internazionale sono innegabili. Tuttavia, è stato il

Trade Policy Committee dell'Unione europea (TPC), il 20 novembre scorso, a diffidare la

delegazione comunitaria alla COP 21 di Parigi dall’inserire il commercio internazionale nei

negoziati.

La presa di posizione emerge da un documento reso pubblico dalle campagne Stop TTIP, in cui il

TPC dichiara che «l'UNFCCC non è la sede appropriata per discutere misure commerciali e ad

elaborare discipline complementari. La WTO è l’organismo internazionale cui è affidato questo

incarico, e ogni decisione relativa all'uso di misure commerciali nell'ambito dell'UNFCCC

pregiudicherebbe tale ruolo». In sintesi, «l’obiettivo dell'Ue è far sì che le decisioni della COP non

rechino alcuna esplicita menzione delle questioni commerciali e dei diritti di proprietà

intellettuale, e ridurre al minimo le discussioni relative alle questioni legate al commercio». Una

tale premessa mette a rischio gli obiettivi europei contenuti nel Pacchetto Clima-Energia 2030 e

l’implementazione delle raccomandazioni – pur non vincolanti – contenute nel documento finale

della COP 21. Tutto ciò è ancor più evidente dalla proposta Nel gennaio 2015, uno studio della

Commissione ITRE (Industria, Ricerca ed Energia) del Parlamento europeo ha rilevato che il

settore delle energie rinnovabili non avrebbe vantaggi da un inserimento nel TTIP. Sarebbero

invece tutt’altro che irrilevanti gli effetti negativi. In particolare, l’eliminazione dei Local Content

Requirements (LCR) pregiudicherebbe irreparabilmente la facoltà dei governi di sviluppare

industrie locali delle tecnologie per la sostenibilità. Questo perché due principi ispiratori di tutti

gli accordi internazionali sul commercio e gli investimenti – il “trattamento nazionale” la

“nazione più favorita” – non consentono di implementare misure volte a favorire la crescita di

filiere nazionali senza estendere sussidi o facilitazioni anche ai concorrenti esteri. È ragionevole

invece attendersi dei vantaggi per le compagnie produttrici di combustibili fossili, sia canadesi

che statunitensi. Il tutto, a danno delle politiche climatiche dell’Ue.

Attualmente, le uniche fonti di energia scambiate in quantità significative tra l'Unione europea e

gli Stati Uniti sono prodotti petroliferi raffinati e combustibili solidi. Ma il TTIP potrebbe

consentire all'Europa di ottenere l'accesso alle riserve americane di greggio e gas naturale. La

Commissione europea ha più volte sollecitato la scrittura di un capitolo su energia e materie

prime nel partenariato commerciale. Per facilitare le importazioni di petrolio da sabbie

bituminose dal Canada (uno dei combustibili più “sporchi” del mondo), l’esecutivo Juncker ha

anche modificato l’articolo 7bis della Direttiva sulla qualità dei carburanti (FQD), la 2009/30/EC.

Questo ritocco abolisce il sistema di etichettatura stabilito dal testo precedente al dicembre 2014, e

rende impossibile scoraggiare il commercio del petrolio ricavato dalle materie prime più

inquinanti. Una ricerca del Natural Resources Defense Council (NRDC) mostra che, se non si

metteranno in campo politiche per scoraggiarne il consumo, le sabbie bituminose varranno, entro

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

13

il 2020, fra il 5.3% e il 6.7% del carburante per il trasporto utilizzato nell'Unione europea. In fatto

di emissioni, sarebbe come aggiungere 6 milioni di auto sulle strade.

TTIP e occupazione

Assicurare lo sviluppo sostenibile, richiedendo le parti a proteggere i diritti fondamentali dei

lavoratori e dell'ambiente, compreso il ricorso alla composizione delle controversie commerciali e

alle sanzioni, se necessario, sarebbe da parte della Commissione europea un approccio coerente

all’inserimento del tema del lavoro nel TTIP. Purtroppo questo approccio è completamente

assente.

Nel testo del TTIP sullo sviluppo sostenibile sono elencate un sacco di convenzioni internazionali

dedicate, ma l'applicazione delle loro disposizioni non minimamente prevista. Le norme in materia

di protezione dei lavoratori non dovrebbero in alcun modo essere considerate barriere

commerciali. Il TTIP non dovrebbe compromettere le disposizioni per la protezione dei lavoratori

presenti in leggi, regolamenti o accordi collettivi, né diritti sindacali collettivi come la libertà di

associazione, il diritto alla contrattazione collettiva e il diritto di intraprendere azioni sindacali, che

la legislazione Statunitense al momento non protegge adeguatamente. Il TTIP dovrebbe garantire

che tutte le parti adottino, mantengano e facciano rispettare le otto convenzioni fondamentali

dell'Organizzazione internazionale del lavoro per tutti i lavoratori, nonché l'agenda della loro

implementazione. In altre parole, il TTIP non dovrebbe solo innalzare gli standard per coloro i cui

diritti attualmente non sono all'altezza delle richieste della Comunità internazionale, ma si

dovrebbe creare un sistema per il miglioramento continuo della normativa esistente.

La manifestazione europea a Berlino che ha visto la prevalente presenza dei sindacati e dei

lavoratori tra i manifestanti, mostra la crescente attenzione dei lavoratori per l'impatto globale

degli accordi commerciali sull'occupazione, la qualità e la sostenibilità della crescita, l'equilibrio di

potere e democrazia / partecipazione dei cittadini. Un aumento della disoccupazione con 600 mila

posti di lavoro persi in tutta Europa, contrazione del Pil e riduzione dei salari diffusa con prime

vittime illustri come Francia, Regno Unito e Germania. Questo lo scenario che si prospetta secondo

Jeronim Capaldo, ricercatore della Tufts University (Massachusetts) e presso l'Organizzazione

internazionale del lavoro (Ilo), agenzia specializzata delle Nazioni Unite. "I nostri risultati sono

totalmente diversi da quelli commissionati dalla Commissione europea", ha detto Capaldo

presentando al Parlamento europeo di Bruxelles il risultato del suo studio che, applicando il

Global policy model delle Nazioni Unite, simula l’impatto del Ttip sull’economia globale.

"Sul lungo termine il Ttip sembra essere un passo nella direzione sbagliata - ha avvisato Capaldo -

perché non rappresenta di fatto una strategia di crescita sostenibile per l'Unione europea nel suo

complesso"."Gli studi richiesti dalla Commissione europea negli scorsi due anni sono molto

limitati da alcune ipotesi - ha spiegato Capaldo - per esempio partono dall'idea che il Ttip non avrà

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

14

alcun impatto sull'occupazione, di conseguenza non prevedono che possano esserci perdite di

reddito e quindi di potere d'acquisto da parte di consumatori e delle famiglie".

Usando un modello che non soffre di limitazioni, secondo Capaldo, i risultati sono radicalmente

diversi. "Una differenza qualitativa importante - ha spiegato il ricercatore - è che mentre gli studi

della Commissione Ue indicano una piccola crescita, il modello delle Nazioni Unite indica una

piccola riduzione. Allo stesso tempo ci sarebbe una perdita di occupazione, di circa 600 mila posti

di lavoro nel giro di 12-15 anni. Altra conseguenza sarebbe una perdita della quota di reddito che

segue una tendenza destabilizzante che va avanti da quasi 20 anni".

La liberalizzazione degli scambi non è un valore in sé: deve servire una strategia di crescita

sostenibile coerente con gli impegni che emergono da tutti i fora multilaterali. Una strategia di

crescita orientata solo all'esportazione non è efficace contro la disoccupazione, aumenta la

disuguaglianza mentre il sostegno ad una più forte domanda interna è una priorità in particolare

per le piccole e medie imprese. Un approccio basato sul concetto "liberalizzare e deregolamentare

il commercio è la prima priorità, poi qualcuno si prenderà cura di tutto il resto" non è accettabile.

Per questo abbiamo bisogno di una seria valutazione dell'impatto di qualsiasi accordo

commerciale sulla qualità e quantità dell'occupazione; sull'ambiente e lo sviluppo sostenibile; sulla

capacità dei governi di avere uno spazio politico per le politiche economiche attraverso il suono

procedure democratiche.

TTIP, Servizi e servizi pubblici

Nel mandato negoziale reso pubblico dopo le pressioni della società civile, a pag. 6, par. 15 sono

stabilite le linee guida per la liberalizzazione del settore dei servizi. A tal proposito, la base di

partenza dei negoziatori europei viene individuata nel GATS (General Agreement on Trade in

Services). Inoltre, il mandato specifica che «i servizi prestati nell'esercizio delle funzioni

governative, come definiti dall'articolo 1.3 del GATS, sono esclusi dai negoziati».

Questo, tuttavia, non significa che il TTIP non contempli la possibile privatizzazione dei servizi

pubblici, in quanto è necessario chiarire quale definizione di “servizio” adotti la Commissione

europea. Il riferimento al GATS è chiaro: nel capitolo 1.3 richiamato dal mandato negoziale è

scritto quanto segue: «[il termine] ‘servizi’ include qualunque servizio in qualsiasi settore eccetto i

servizi forniti nell’esercizio dell’autorità governativa»; «[la formula] ‘servizio fornito nell’esercizio

dell’autorità governativa’ indica tutti i servizi che non vengono erogati né su base commerciale, né

in competizione con altri prestatori di servizi».

È noto come oggi, nel settore dei servizi come in tutti gli altri, le aziende private competano molto

spesso con i fornitori pubblici. Né l’istruzione, né la sanità, né altri settori fondamentali come

l’energia, i servizi idrici, i trasporti pubblici e i rifiuti risultano dunque esclusi dalla

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

15

liberalizzazione, ai sensi dell’art. 1.3 del GATS su cui si basa la Commissione Ue per definire

l’ambito della trattativa. In tutti questi ambiti, l’erogazione del servizio può essere effettuata anche

da soggetti diversi dall’autorità di governo, e la fornitura avviene a fronte di un corrispettivo

economico. Per l’Italia, questo si traduce in una salvaguardia di appena quattro settori:

l’amministrazione della giustizia, la difesa, l’ordine pubblico e la definizione delle rotte aeree

internazionali.

Le preoccupazioni della Campagna Stop TTIP sono avvalorate dal capitolo del CETA

(Comprehensive Economic and Trade Agreement) relativo ai servizi. Il testo consolidato

dell’accordo Ue-Canada è stato reso pubblico nel settembre 2014. Se ratificato dal Parlamento

europeo, il CETA diventerà il primo trattato bilaterale sul commercio e gli investimenti ad adottare

un approccio basato sull’“elenco negativo”. Ciò significa che tutti i servizi sono soggetti a

liberalizzazione a meno che non venga stabilita esplicitamente un’eccezione. Si tratta di un

cambiamento radicale rispetto agli “elenchi positivi” utilizzati finora nei negoziati commerciali

dell'Unione europea, che contengono solo quei servizi che i governi hanno accettato di

liberalizzare, lasciando inalterati gli altri settori. L'approccio “negativo” amplia notevolmente il

campo di applicazione, dal momento che le autorità avrebbero grosse difficoltà a elencare tutti i

servizi da non includere nella trattativa, tanto più che in futuro emergeranno nuovi tipi di servizi

oggi inesistenti.

Che il CETA sia la base di partenza del TTIP è stato più volte affermato dalle dichiarazioni

pubbliche del governo italiano e della Commissione europea. Questo espone il nostro Paese e tutti

gli Stati membri dell’Unione a una profonda apertura del mercato dei servizi potenzialmente

irreversibile. Questo perché, nel testo consolidato del CETA, si fa esplicito riferimento alle clausole

“ratchet” e “standstill”: la prima sancisce l’impegno delle parti a non applicare nuove

discriminazioni nella legislazione nazionale (a meno che una parte abbia formulato delle riserve

specifiche nella sua lista di impegni). La seconda equivale alla promessa di non adottare nella

legislazione nazionale misure più restrittive rispetto a quelle contenute nell’accordo.

Tali clausole restringono lo spazio di azione degli Stati in un momento in cui la tendenza alle

rinazionalizzazioni dei servizi privatizzati è spesso invocata dai cittadini: lo si vede relativamente

al settore idrico in Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia e Ungheria, alle reti energetiche in

Germania e Finlandia, ai servizi di trasporto nel Regno Unito e in Francia.

Aprire il mercato degli appalti pubblici agli investitori statunitensi potrebbe inoltre limitare la

capacità dei governi di sostenere i fornitori locali e le organizzazioni non-profit, favorendo invece

fenomeni di travaso occupazionale dal settore pubblico alle imprese private, con un potenziale

peggioramento della retribuzione e delle condizioni di lavoro.

Anche se il governo italiano e la Commissione europea hanno più volte ribadito che gli accordi

TTIP e CETA non impatteranno negativamente sul diritto a legiferare degli Stati (“right to

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

16

regulate”), è innegabile che il sistema sopradescritto metta dei paletti piuttosto evidenti alla libertà

di produrre normative (“ability to legislate”) delle autorità nazionali e locali. Senza contare che, nel

caso un regolatore decidesse di intraprendere la rinazionalizzazione di un servizio o di modificare

le normative relative ad un settore con effetto sui profitti degli investitori esteri, potrebbe andare

incontro ad una causa arbitrale. Nell'ambito del sistema di risoluzione delle controversie tra

investitore e Stato, migliaia di imprese statunitensi e canadesi (ma anche le stesse multinazionali

europee che investono attraverso società controllate dall'altra parte dell'Atlantico) potrebbero

citare in giudizio l'Ue e gli Stati membri reclamando l’applicazione delle clausole inserite nel

capitolo sui servizi dei trattati bilaterali. Al di là delle ingenti spese legali, in caso di sconfitta il

regolatore potrebbe dover compensare il prestatore di servizi privato con risarcimenti

virtualmente illimitati.

L’Associazione dei magistrati tedeschi che dice “no” all’arbitrato riformato

Ad inizio febbraio, la Deutsche Richterbund (DRB), la più grande delle tre associazioni di

magistrati tedesche, ha emesso il suo parere relativamente all’istituzione di un tribunale per gli

investimenti nel TTIP. La valutazione prende le mosse dalla proposta avanzata dalla Commissione

europea il 16 settembre 2015 e perfezionata il 12 novembre 2015.

Secondo il DRB, non esiste una base giuridica né vi è la necessità di un tale sistema di risoluzione

delle controversie tra investitori e Stati. L’ipotesi chiaramente implicita nella proposta di istituire

una Corte internazionale per gli investimenti, infatti, è che i giudici negli Stati membri dell’Unione

europea non siano in grado di garantire la tutela giurisdizionale effettiva degli investitori esteri.

Questa affermazione, per i magistrati tedeschi, è priva di basi fattuali.

Qualora i partner negoziali avessero individuato debolezze nel sistema giudiziario di uno o più

Stati membri, queste lacune dovrebbero essere sollevate davanti ai legislatori nazionali e

chiaramente definite. A quel punto, spetterebbe a loro vagliare la questione ed eventualmente

rimediare entro il collaudato sistema di tutela legale nazionale ed europeo. La creazione di

tribunali speciali per determinati gruppi di contendenti non è il modo corretto di procedere.

Inoltre, l'associazione invita i legislatori tedeschi e comunitari a frenare in modo significativo il

ricorso all'arbitrato nel quadro della tutela degli investitori internazionali.

L’ICS compromette il sistema giudiziario europeo e nazionale

Secondo la definizione contenuta nella proposta europea per un Investment Court System (ICS),

gli investimenti si estendono a qualsiasi tipo di asset: ad esempio azioni, quote di società, diritti di

proprietà intellettuale, beni mobili e crediti (capitolo II, Definizione x2). La tutela giuridica degli

investimenti sconfina quindi dal diritto civile in quello amministrativo, nella legislazione sociale e

fiscale. Il nuovo tribunale internazionale per gli investimenti acquisirebbe dunque competenza

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

17

giudiziaria in queste aree, con la facoltà di istruire processi intentati dagli investitori esteri qualora

questi ravvisassero una violazione dei loro diritti di tutela.

L’associazione dei magistrati tedeschi nutre seri dubbi il merito alla competenza dell'Unione

europea di istituire un tribunale per gli investimenti. Ciò costringerebbe infatti l'Unione e gli Stati

membri, dopo la conclusione di un accordo, a sottomettersi alla giurisdizione di un ICS e

all'applicazione di alcune procedure internazionali scelte dal querelante (art. 6 par. 5 sottopar. 1,

art.7 par. 1).

Inoltre, le decisioni dell’ICS sono vincolanti (art. 30 par. 1), fatto che non solo limiterebbe i poteri

legislativi dell'Unione e degli Stati membri; potrebbe anche alterare il loro sistema giudiziario. Il

DRB ritiene che non vi sia alcuna base giuridica per una tale modifica da parte dell'Unione. L'ICS

diverrebbe un tribunale al di fuori del quadro istituzionale e giurisdizionale dell'Unione, dal

momento che essa già possiede un sistema completo di rimedi legali e procedure organizzato per

garantire la verifica di legalità degli atti delle istituzioni.

Se una decisione del tribunale per gli investimenti dovesse violare il diritto dell'Unione europea,

essa non potrebbe essere oggetto di una procedura di infrazione, né potrebbe dar luogo a richieste

di risarcimento da parte di uno o più Stati membri. Di conseguenza, un ICS ha l’effetto di privare i

tribunali degli Stati membri dei loro poteri in relazione alla interpretazione ed applicazione del

diritto dell'Unione europea. Allo stesso modo, impedirebbe alla Corte europea di Giustizia di

esercitare pienamente i suoi poteri in relazione alle corti nazionali e, di conseguenza, altererebbe il

carattere essenziale dei poteri che i Trattati conferiscono alle istituzioni dell'Unione europea e agli

Stati membri. Poteri indispensabili alla conservazione della natura stessa del diritto dell'Unione

europea.

L’indipendenza dei giudici non è garantita

I magistrati tedeschi sono molto chiari su questo punto: la procedura proposta per la nomina dei

giudici dell’ICS non soddisfa i requisiti internazionali per l'indipendenza dei tribunali. Nel loro

parere si legge chiaramente che questo trbunale non ha tanto le fattezze di una corte

internazionale, quanto piuttosto quelle di una Corte permanente di arbitrato.

La Magna Charta dei Giudici del Consultative Council of European Judges (CCJE) – competente in

materia di indipendenza, imparzialità e ruolo dei giudici negli Stati membri del Consiglio

d’Europa – è stata adottata il 17 novembre 2010. Essa stabilisce che i giudici debbano essere

indipendenti in termini professionali e finanziari (par. 3). Le decisioni sulla loro selezione, nomina

e carriera devono basarsi su criteri oggettivi e essere prese in modo tale da garantire

l'indipendenza (par. 5).

Campagna STOP TTIP Italia www.stop-ttip-italia.net

18

Ma secondo il DRB, la proposta della Commissione europea per la creazione di un Investment

Court System nel TTIP non soddisfa questi criteri. Infatti – nonostante le decisioni dell’ICS non

investano soltanto il diritto civile, ma anche quello amministrativo, del lavoro, sociale e fiscale –

Bruxelles suggerisce di selezionare i giudici dal gruppo di esperti in diritto pubblico internazionale

e diritto internazionale degli investimenti con esperienza nella risoluzione delle controversie

commerciali internazionali (art. 9 par. 4). In tal modo, restringe notevolmente il pool di candidati,

accantonando l’expertise competente in tutti gli altri settori della legislazione.

Con il loro parere, i magistrati tedeschi confermano i timori della società civile: il gruppo dei

giudici dell’ICS sarà limitato alla cerchia di persone già impegnate nell’arbitrato

internazionale. Questa impressione è rafforzata dal fatto che il processo di selezione non è ancora

illustrato nel dettaglio. Allo stato attuale, dunque, la proposta testuale della Commissione Ue non

garantisce in alcun modo l’indipendenza dei giudici. Infine, il DRB esprime preoccupazioni anche

per l’indipendenza tecnica e finanziaria dei candidati. Per loro, la Commissione europea prevede

un mandato di sei anni con la possibilità di rinnovo, un onorario mensile di circa € 2.000 per i

giudici di primo grado e di € 7.000 per quelli d’appello, più un rimborso spese in caso di servizio

effettivo (art. 9 par. 12 e art. 10 par. 12).

5. LE NOSTRE RICHIESTE:

- Che il Parlamento stimoli un dibattito parlamentare e pubblico all’altezza delle nostre

preoccupazioni

- Che ospiti un dibattito tra parlamentari e società civile italiana

- Che reclami l’apertura della sala di lettura con un livello di trasparenza maggiore rispetto a

quello cui devono sottostare i parlamentari tedeschi

- Che chieda al governo la riattribuzione delle competenze in materia di TTIP, finora detenute

dall’ex vice ministro allo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, e che convochi subito presso il

Ministero il tavolo formale di confronto con la società civile sui negoziati commerciali, mettendo il

TTIP all’ordine del giorno.

- Che a questo tavolo deve partecipare una delegazione parlamentare rappresentativa, e gli esiti

della discussione vengano comunicati e discussi in Parlamento con evidenza

i European Commission, 2013, Commission staff working document: Impact Assessment Report on the future of EU-US trade relations, Strasbourg, 12 March 2013, SWD(2013) 68 final http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-20150252+0+DOC+XML+V0//IT