Cambiare l’Europa o Cambiare Europa

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Cambiare lEuropa o cambiare Europa?Pierre Dardot Christian LavalIn Europa tira una brutta aria, e in Francia pi che altrove: laria del nazionalismo. Se ne parla molto, ma di che tipo di nazionalismo si tratta? In un frammento del 1888, scritto a Sils Maria in una pausa tra i suoi due soggiorni torinesi, Nietzsche, che allora stava lavorando al Caso Wagner, afferma convintamente la superiorit spirituale degli ebrei nel contesto di unEuropa incerta. Essi, infatti, essendosi difesi per secoli dalle persecuzioni, avrebbero acquisito quella forza che ha permesso ai loro migliori rappresentanti, Heine e Offenbach, di rendere la cultura europea una cultura al quadrato. Scrive dunque Nietsche: La loro intelligenza impedisce agli ebrei di essere assurdi al nostro modo: per esempio nazionalisti. Si direbbe che siano gi stati vaccinati a sufficienza, in tutte le nazioni, e forse in maniera anche sanguinaria, per restare facilmente preda della nostra rabies, la rabies nationalis [endnoteRef:1]. [1: Nietzsche, Frammenti Postumi 1888-1889, fr. 18[3], Adelphi, Milano 1974.]

Con lespressione rabbia nazionalista il filosofo dello Zarathustra faceva segno nello specifico al nazionalismo e al pangermanismo tedesco, incarnati per lui dalle odiate figure della sorella e del fratellastro Bernhard Frster, adepti della purezza ariana. Per lui queste posizioni erano lespressione di una rivolta mossa da rabbia impotente e da risentimento. Ebbene, il nazionalismo che si afferma tra i nostri contemporanei profondamente diverso dalloggetto delle invettive nietzscheane. Il nazionalismo degli anni Ottanta dellOttocento, infatti, si iscriveva in un contesto di affermazione della sovranit nazionali in Europa, che muoveva dalle insurrezioni popolari del 1848 e che in seguito si esacerbato fino rendere esplosive le rivalit tra gli Stati europei. Il nazionalismo di cui siamo testimoni oggi, invece, si sviluppa in un contesto del tutto diverso e duplice. Da un lato, quello dellavanzata erosione degli Stati nazionali a causa della globalizzazione; dallaltro, quello della messa in causa di questa stessa sovranit da parte del processo di costruzione politica dellEuropa, che chiameremo sinteticamente costruzione europea. E infatti oggi non sono pi soltanto le entit regionali aspirare allo status di nazione (gli scozzesi, i catalani, i fiamminghi), ma interi settori di elettorato europeo, che vorrebbero ritrovare una sorta di indipendenza nazionale in qualche modo confiscata dalleurocrazia di Bruxelles. In questo senso, le ultime elezioni europee sono state un vero teatro della rabbia nazionalista, proprio in virt del dilagare di questo desiderio di restaurazione di una sovranit nazionale perduta. Ora, se si vuole contenere la progressione del nazionalismo in Europa essenziale innanzitutto comprenderne le cause.Il fallimento della deflazione punitivaIl nazionalismo punta a realizzare un grande balzo indietro che restauri le prerogative statali nazionali in materia di immigrazione, di scelte commerciali, monetarie e di allocazione delle risorse. In un contesto di disoccupazione di massa, di precarizzazione e di perdita del potere di acquisto del salario, il ritorno a una piena sovranit economica e monetaria costituisce per i nazionalisti la sola risposta alle disastrose politiche di austerit portate avanti in Europa negli ultimi anni. Alcuni politici europei, come Matteo Renzi, reputano questa febbre nazionalista un male passeggero: secondo loro, per arginarla basterebbe una politica di austerit pi flessibile e pi intelligente. Come a dire che a tenere lEuropa in una condizione crisi economica, sfociante in crisi politica latente, ci sarebbe solo la testardaggine ottusa di Angela Merkel. La loro idea che con una piccola dose di nuovo keynesismo a base di investimenti europei e di smussamenti della politica monetaria si potrebbe addolcire quella deflazione punitiva che unisce abbassamento dei salari e riduzione della spesa pubblica. Questo punto di vista, se non altro, ha un merito: mettere in chiaro il fallimento totale della strategia deflazionistica per labbassamento del deficit e del debito pubblico, non rimanendo completamente ciechi di fronte alle conseguenze sociali e politiche dellausterit. Il fatto che questa posizione possa esprimersi tra la classe dirigente, comunque, indubbia dimostrazione dellimpasse della vulgata economica dominante in Europa, per la quale la responsabilit della crisi del debito sarebbe da imputare interamente a una mala gestione della Cosa pubblica da parte Paesi dellEuropa del Sud, che dovrebbero quindi essere trasformati in profondit da riforme strutturali. Tuttavia, contro i fautori dellausterity morbida, altrettanto evidente che le opportunit di riconversione futura della politica congiunturale di austerity sono deboli, e le illusioni di un compromesso tra neoliberismo e keynesismo tendono sempre pi rapidamente a svanire. Ora, la causa di questa impasse non solo da imputarsi allattuale condizione dei rapporti di forza tra i partiti politici europei, ma agli stessi principi della costruzione europea, che non ammettono altro che piccoli e modestissimi aggiustamenti marginali. Per fare solo qualche esempio: come possono i Paesi europei ritrovare la via della crescita economica, mirare al pieno impiego e a servizi pubblici di qualit se il dumping sociale e fiscale continua a regnare in quanto legge suprema delle relazioni tra i Paesi membri dellUnione?

Una crisi di fondamentiLa crisi europea di natura strutturale, certo, ma non nel senso attribuito a questo aggettivo dalla lingua ufficiale delle classi dirigenti. Il funzionamento attuale dellEuropa, infatti, obbedisce ai principi dellordoliberalismo, forma specifica di neoliberismo sposata gi a partire dagli anni Cinquanta dagli artefici della costruzione europea. Lordoliberalimo si definisce, in sintesi, con tre regole doro: stabilit monetaria, pareggio di bilancio e regime di libera concorrenza. Queste tre regole doro sono state di fatto costituzionalizzate dai trattati fondativi dellUnione Europea e iscritte nel Dna delle sue istituzioni. E cos, a partire dagli anni Cinquanta, si cominciato pian piano a stringere questa sorta di corsetto disciplinare attorno allEuropa. Col tempo la stretta si rafforzata, trattato dopo trattato, fino a rappresentare, oggi, un obbligo istituzionale di cui le classi dirigenti europee non riescono pi ad allentare la morsa, pur avvertendo la necessit e lurgenza di farlo. Ancora fino a poco tempo fa ogni cosa fatta in Europa era ordinata secondo i principi del fiscal compact, e nessun paese poteva venir meno alle regole doro a meno di non incorrere in sanzioni immediate.C una logica in questa costrizione. Lintegrazione europea stata realizzata attraverso linstaurazione del pi rigido quadro giuridico, monetario e di bilancio possibile, allinterno del quale tutte le unit economiche avrebbero dovuto lottare luna contro laltra, in un regime di concorrenza economica pi ampia possibile. Le istituzioni europee, dal canto loro, dovevano incaricarsi di garantire la lealt di questa concorrenza, nellottica di dare massima soddisfazione al consumatore europeo. Parallelamente, la libert di circolazione delle merci, dei capitali e degli uomini avrebbe dovuto assicurare una condizione stabile di pace tra i Paesi dellUnione. Una simile integrazione economica, il cui cardine senzaltro rappresentato dalla moneta unica, avrebbe inoltre dovuto livellare le differenze tra i vari Paesi dellUnione, uniformare le condizioni e i livelli di vita, unificare i mercati dei fattori produttivi. Ora, proprio questa idilliaca prospettiva che negli ultimi anni ha cominciato a essere messa in causa. Per affrontare la crisi della moneta e del debito, i politici europei hanno intensificato il regime di concorrenza consustanziale alla fondazione dellUnione. Lungi dallintraprendere una via pi sociale, pi cooperativa e pi solidale, lorientamento neoliberista europeo si dunque radicalizzato: la crisi dei debiti pubblici, seguita alla crisi finanziaria, stata utilizzata addirittura come mezzo daccelerazione delle trasformazioni degli Stati e delle societ secondo i principi neoliberisti del mercato e dellimpresa. accaduto per che la normalizzazione operata dai men in black della troika scatenasse tensioni sociali e politiche inedite in molti Paesi europei, e questo ha iniziato effettivamente a produrre qualche tentennamento nelle classi dirigenti rispetto alla prospettiva di continuare ad accelerare a ogni costo la flessibilit del lavoro, labbassamento della fiscalit relativa alle imprese e lindebolimento delle protezioni sociali e dei servizi pubblici.Un accordo costituzionale tra StatiSe queste sono le condizioni, evidente non pi possibile accontentarsi della prospettiva di una riconversione della politica europea. Perch bisogna ribadire con forza che stata la politica di concorrenza sfrenata tra gli Stati e il disprezzo per la volont popolare da parte delle classi dirigenti europee a costituire il terreno fertile per lexploit del nazionalismo. Per questa ragione, si deve innanzitutto rompere con la logica ordoliberale che ha presieduto fin dagli albori alla costruzione europea. Secondo la logica ordoliberale, le tre regole doro definirebbero lo zoccolo duro di una costituzione economica che si deve iscrivere nel diritto costituzionale positivo dello Stato, conferendole un carattere sistemico di determinazione a priori dei limiti dellintervento pubblico. Nello spirito di questa dottrina, lelaborazione di una simile costituzione monopolio di scienziati delleconomia e del diritto e deve dare corpo a un contratto tra lo Stato e i cittadini.Quando cominciarono ad affermarsi le tesi ordoliberali, negli anni 50, la difficolt di tutto questo ragionamento stava nel fatto che non cera alcun diritto costituzionale positivo dellEuropa, perch non esisteva uno Stato europeo. Si quindi cominciato a mettere in opera tutta una serie di regole, scommettendo sulleffetto domino del successo economico garantito da una vasta adesione politica ai principi ordoliberali. Si riteneva che, raggiunto un determinato stadio, si sarebbe dovuto dare a tutte queste regole un carattere costituzionale, senza pi dover attendere lipotetica creazione di una costituzione europea nel senso statale del termine. Anzi, proprio questa forma di costituzionalizzazione avrebbe reso superflua linstaurazione di una costituzione sovranazionale di tipo statuale. Loriginalit della formula del Trattato costituzionale, che ha poi portato al trattato di Lisbona, stata proprio questa: conferire alle tre regole doro sopra dette lintangibilit di un principio costituzionale senza dover passare attraverso lelaborazione di una costituzione nel senso classico (statuale) del termine. Si consumato cos un vero e proprio atto di forza, passato relativamente inosservato. Vale la pena, in questo senso, richiamare il dibattito che segu la ratifica del trattato di Maastricht in Germania. Nel 1994 il giurista Dieter Grimm afferm che ogni costituzione presuppone un atto costituente del popolo e che dunque i trattati che avevano sancito lintegrazione europea erano da considerarsi sprovvisti di valore costituzionale, in quanto, appunto, frutto di accordi tra Stati. Gli rispose Jrgen Habermas, argomentando che nel caso dellEuropa il concetto di sovranit popolare doveva essere dissociato da quello di popolo sostanziale come soggetto del potere costituente. E cos si continuato ad andare avanti su questa strada, redigendo un Trattato costituzionale che non aveva granch a che vedere con una costituzione in senso proprio. Di fatto, per, la formulazione ibrida rappresentava un vantaggio nel quadro dellobiettivo che gli ordoliberali si erano prefissati: anche come frutto di accordi interstatali questa forma giuridica era sufficiente a costituzionalizzare le famose regole doro. Veniva cos schivata lalternativa tra accordo statale o costituzione, ma certo non nel senso auspicato da Habermas allepoca, e cio quello dellaffermazione di una forma sovranit pi estesa rispetto a quella del popolo sostanziale. Quando leggiamo alla prima riga dellarticolo 1 del Trattato di Lisbona il cenno alla volont dei cittadini e degli Stati dEuropa, ci risulta comunque impossibile interpretarla nel senso di un riconoscimento di due diversi soggetti costituenti, ovvero i cittadini da una parte e gli Stati dallaltra[endnoteRef:2]. La congiunzione e non mostra infatti alcun valore sintetico: non aggiunge nessuna specifica qualit giuridica alla formula, poich di fatto solo in quanto cittadini di uno Stato membro che si pu essere considerati cittadini dellUnione europea. In altri termini, i diritti riconosciuti ai cittadini europei sono loro attribuiti esclusivamente in quanto essi sono cittadini di uno Stato membro. E cos tutti i processi di contrattazione, e i vari trattati che ne sono scaturiti, non hanno portato a nientaltro che a un accordo interstatale promosso al rango di atto costituzionale. Tuttavia, per dare a questo trucchetto tra classi dirigenti almeno lapparenza di un contratto stipulato con i cittadini-elettori (in conformit con la finzione ordoliberale della costituzione) bisognava pure che i popoli dEuropa fossero invitati a ratificare il patto. [2: Jrgen Habermas, Zur Verfassung Europas: Ein Essay, Surkamp Verlag, Berlin 2011; tr. parziale Questa Europa in crisi, Laterza, Roma-Bari 2012.]

La sovranit della costituzionePerch era cos essenziale che le famose regole doro venissero scolpite nel marmo? La ragione discende, in effetti, dallidea di costituzione economica. Walter Eucken, il padre della dottrina ordoliberale, ha teorizzato che questo tipo di costituzione strettamente analoga alla costituzione politica, rivestendo la stessa funzione di garantire, in virt di un numero ridotto di regole di base, la compatibilit delle libert individuali con linteresse generale: nello specifico, lequilibrio tra le libert economiche individuali e linteresse economico generale. Per quanto possa apparire incongrua, tale nozione gioca invece un ruolo cruciale nella questione, essendo allorigine della concezione dellordine monetario come un ordine giuridico a tutti gli effetti: la costituzione economica pensata come argine alle pressioni degli interessi particolari (banche, lobby e sindacati) e garanzia lindipendenza della banca centrale. Proprio come la costituzione giuridica di uno Stato di diritto, cio, anchessa riposa sul principio democratico della separazione dei poteri. Tuttavia, cos come in una democrazia politica unistanza unica non pu contemporaneamente definire ed esercitare il diritto, allo stesso modo nellordine monetario gli Stati non possono decidere la politica monetaria. Il guadagno di tutta questa operazione di ridefinizione della democrazia risulta notevole in termini ordoliberali, giacch la democrazia stessa viene ad essere garantita dallindipendenza della banca centrale, e la politica monetaria viene cos sottratta a qualunque decisione pubblica.Ora, davvero il caso di stupirsi di questa logica e di vederla come un affronto al Trattato di Lisbona? In realt, si capisce che in tutto e per tutto conforme a esso: si dato semplicemente a un antico principio liberale borghese un nuovo significato ordoliberale. Nel suo Teoria della costituzione (1928), Carl Schmitt nota che stato principalmente con la Monarchia di Luglio che i Dottrinari (tra cui Royer-Collard) si sono sperticati nel qualificare la costituzione (la Carta, allepoca) come sovrana, con lintento di innalzare lapparato legislativo borghese della libert e della propriet privata al di sopra di ogni scelta di fazione politica. Per Schmitt la costituzione soltanto una norma fondamentale, e nessuna norma pu essere sovrana, ma solo un soggetto concreto, che sia il popolo o il re, perch solo questo soggetto in grado di volere e di comandare[endnoteRef:3]. Allopposto di tutto ci, il Trattato di Lisbona ricicla la tesi della sovranit della costituzione per tramite della nozione di costituzione economica. In questa inedita architettura, la costituzione economica riveste cos, mutatis mutandis, lo stesso ruolo dellinfrastruttura nella vulgata marxista, salvo il fatto che nellordoliberalismo linfrastruttura giuridica anchessa: la base a partire da cui scaturiscono tutti i poteri (Commissione, Consiglio ecc.), nella misura in cui questi ultimi hanno tutti la funzione di garantire lindipendenza dellinteresse generale rispetto ai vari interessi particolari, e in primo luogo rispetto a quelli dei cittadini organizzati. Contrariamente a quanto affermato da Habermas, dunque, il vero e proprio vizio di costruzione, o tara congenita dellEuropa, non sta in una presunta incompiutezza dellunione politica, che sarebbe privata dei mezzi per attuare una politica economica comune[endnoteRef:4], ma sta piuttosto nella logica stessa che ha presieduto a questa unione politica, realizzatasi attraverso una serie di cessioni di sovranit sulla base di principi economici costituzionali. Inoltre, tutte queste cessioni di sovranit non sono state estorte agli Stati da altri Stati concorrenti, ma, al contrario, sono stati gli stessi Stati sovrani a elevare al di sopra di s una costituzione immutabile, che limitava il quadro dentro cui essi potevano condurre le loro politiche pubbliche. [3: Carl Schmitt, Dottrina della costituzione, Giuffr, Milano 1984.] [4: Cfr. Habermas, op cit.]

Costruire una cittadinanza europea democraticaNon sufficiente invocare il principio di sovranit per lottare contro la sovranit della costituzione economica. Innanzitutto perch questo principio esso stesso equivoco. A rigore, la sovranit qualifica un potere assoluto collocato al di sopra delle leggi (ex legibus solutus), sia che si eserciti sul fronte interno, cio verso i membri di uno Stato, che verso lesterno, nei rapporti tra Stati (cio alla base tra laltro del diritto di guerra). Inoltre, la sovranit pu avere come soggetto o il popolo o lo Stato, e le due cose non sono per niente identiche[endnoteRef:5]. Quando lestrema destra nazionalista e xenofoba rivendica la sovranit, intende la sovranit dello Stato sul popolo (uno Stato forte capace di soddisfare un desiderio di autorit). La cosa pi inquietante che perfino nella sinistra pi critica c chi cede a questa deriva nazionalista. Denunciare lEuropa della Germania, infatti, e dire che il terreno occupato dal Front National in Francia sia in fondo lo stesso di quello occupato in Italia da Beppe Grillo e in Grecia da Syriza[endnoteRef:6], non fa che dare adito a questa pericolosa confusione. Anche la campagna antiamericana contro il progetto del Transatlantic Free Trade Area (TAFTA) risulta in questo senso molto ambigua. Se necessario mettere in campo la tematica della sovranit, bisogna farlo nellintento di contrapporre la sovranit del popolo e quella dello Stato, e non rivendicando il potere assoluto del popolo (il che sarebbe una finzione senza senso), ma reclamando il controllo diretto da parte di ciascun popolo sui propri dirigenti e rappresentanti parlamentari, che hanno organizzato o acconsentito al processo di trasformazione della sovranit statale sopra descritto. Tuttavia, in secondo luogo, bisogna andare al di l della stessa nozione di sovranit, contrapponendo alla sovranit della costituzione una cittadinanza europea democratica. Non infatti un caso se la pseudo-cittadinanza europea riconosciuta dai trattai non sia, in realt, altra cosa che un accessorio della cittadinanza statale nazionale. Lunica cittadinanza riconosciuta come comune a tutti i cittadini europei quella del consumatore preoccupato del funzionamento del principio della concorrenza (il che spiega lo scarso peso dei diritti sociali in questo scenario). [5: Wendy Brown, Stati murati, sovranit in declino, Laterza, Roma-Bari 2013.] [6: Sono questi i termini utilizzati da Pablo Iglesias, tra i dirigenti di Podemos in Spagna, in unintervista pubblicata da Mediapart il 20 giugno 2014.]

Dobbiamo affermare che qualunque costituzione economica e qualunque costituzione politica fondata su una tale forma di costituzione sono essenzialmente antidemocratiche. Se ne trarr una conseguenza: ogni processo che miri a democratizzare le istituzioni europee sulla base della costituzione esistente volta le spalle alla democrazia. Questo vale in particolar modo per tutti i progetti di sovranit europea che scimmiottano le sovranit nazionali (che si proponga uno Stato Federale o no). illusorio credere che la cittadinanza europea potr essere ottriata, elargita da un potere sovrano quale che ne sia la forma. Limprescindibile atto preliminare di qualunque dibattito sullarchitettura europea consiste nel costruire una cittadinanza europea transnazionale attraverso delle pratiche determinate; cittadinanza definita non da uno statuto ma da una lotta per lallargamento dei diritti rispetto a quelli goduti nel quadro della sovranit nazionale: diritti di controllo, di iniziativa e di partecipazione. Bisogna guardare le cose come stanno: lEuropa non mai stata una casa comune per i suoi cittadini. Se la si guarda dal punto di vista della cittadinanza europea, essa sembra pi che altro unimmensa torre di vetro costruita da unoligarchia di esperti.LEuropa comincia a tremare fin nelle sue basi. E noi ci troviamo di fronte a una scelta: ripiegamento nazionalista o rifondazione dellEuropa. ora di lottare per fare dellEuropa un comune politico. Solo una sinistra autenticamente internazionalista pu farsi carico di questa battaglia. A modo suo, la manifestazione nazionale del 17 maggio scorso a Roma in difesa dei beni comuni ha dato la parola dordine per questa sinistra che invochiamo: Commoners of Europe rise up!.