Cambiamento e legalità - Liceo Scientifico Mancini ... · delle vittime innocenti delle mafie. Chi...

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ANNO XVI - N. 1 - MAGGIO 2015 - LICEO SCIENTIFICO “P. S. MANCINI” - VIA DE CONCILII - VIA SCANDONE - AVELLINO - COPIA OMAGGIO Carolina Ferraro Caruso EDITORIALE “Il mondo è quel disastro che vedete non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giu- sti che se ne accorgono e stanno lì a guardare” (Albert Einstein) Così gli alunni delle classi quarte del Mancini hanno accolto il Procuratore Capo della Repubblica di Avelli- no, Rosario Cantelmo, il 21 marzo, in occasione della XX Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Chi ha preso parte al progetto “Tracce di Legalità” in collaborazione con l’Associazione Libera Avellino ha emozionato il procu- ratore e l’uditorio, recitando aforismi riguardo i nostri doveri rispetto a un mondo che non funziona come vor- remmo. Niente di più adatto, considerando che lo scopo di que- Contro l’indifferenza sto incontro con alcune delle classi quarte era proprio risvegliare le coscienze, stimolare una libera discussio- ne e, come espresso dallo stesso Cantelmo, proporre un nuovo punto di vista sulla criminalità organizzata, che non inquadrasse i boss con la loro ricchezza e il loro potere di vita o di morte, ma mostrasse le vittime inno- centi, che da 150 anni si accumulano nell’elenco dei morti per mafia. Non solo vittime illustri, che si sono in un certo senso immolate nella battaglia che avevano intrapreso contro l’anti-Stato, ma anche e soprattutto vittime collaterali: figli di pentiti, persone presenti nel luogo sbagliato al momento sbagliato, individui che hanno commesso l’”errore” di rivolgersi allo Stato in- vece che alla mafia locale. La crudeltà e l’assenza di scrupoli devono colpirci, risvegliare in noi tutti l’indigna- zione e renderci consci dell’esistenza di un cancro sociale che deve essere sradicato con il nostro contributo. È infatti l’INDIFFERENZA, secondo Cantelmo, il male peggiore, e il più subdolo. Essere abituati all’azione della mafia, essere noncuranti, non ci salva e non fa sparire il problema; anzi, rende più probabile che il nostro atteg- giamento si trasformi man mano in connivenza, poiché dal non denunciare la mafia che ci circonda ad agevo- larla, per evitare che qualche intervento esterno rompa lo status quo di illegalità in cui ci siamo ambientati, il passo è breve. Fino a che, senza che ce ne rendiamo conto, inizieremo ad affidarci all’organizzazione ma- fiosa al posto dello Stato. Per tutto ciò è necessaria l’indignazione, la protesta; e se non bastassero le stragi negli scontri tra clan, o gli attentati, o i cadaveri sciolti nella calce viva, c’è un’ar- gomentazione anche per i più cinici: la mafia costa. Il fatturato delle associazioni criminali raggiunge un bi- lancio di 85 miliardi di euro l’anno, provenienti princi- palmente dal traffico di droga e dalla prostituzione, mentre il valore dei beni immobili in possesso delle mafie raggiunge una cifra a dodici zeri. Nel corso del dibattito, è emersa con forza la concezio- ne diretta e senza mezzi termini che il procuratore Can- telmo ha delle mafie. Posto davanti alla questione del pentimento, spesso solo opportunistico dei boss che si vedono braccati dalle autorità, risponde che, per quanto moralmente discutibile, è il mezzo più efficace nella lotta alle mafie, ed è necessario e giusto che lo Stato ne fac- cia uso per combattere la criminalità. Ha inoltre ribadi- to che non ci si deve aspettare nessun intervento salvi- fico da parte delle istituzioni se non ci si mette in prima linea denunciando e contrastando le mafie per quanto Il cambiamento è sempre qualcosa che sconvolge, sia nel bene che nel male, perché rompe vecchi equilibri, determinati da convinzioni personali o indotte negli anni, dure e resistenti come una pietra marmorea. Lo sguardo stupito e attento verso il nuovo è solo di chi non teme confronti e può rinunciare anche a vec- chi privilegi, a vecchie consuetudini, contando sulla propria preparazione e intelligenza, senza appoggi piovuti dall’alto. Il gradimento verso il nuovo è anche di chi, non avendo mai avuto privilegi, s’interroga e attende e valuta obiet- tivamente, senza condizionamenti o speranze di van- taggi personalistici, perché sa che ogni cambiamento deve servire alla collettività e non al singolo. Del resto, se non avessimo avvertito - dalla notte dei tempi - l’esigenza di riconoscerci in unico complesso socio-economico, non avremmo fondato Stati e Nazio- ni, che consideriamo “civili” solo se in essi regna il ri- spetto della legalità, quando, cioè l’interesse del singo- lo soggiace a quello della comunità. Chi persegue, egoisticamente, il proprio vantaggio, a scapito della comunità civile non starà mai bene in una scuola pubblica, dove lo scopo principale non è quello di ricevere ma di dare; dove il fulcro è lo studente non il maestro, dove il vertice e le basi dovrebbero collabora- re sempre nel rispetto della legalità e nel perseguimento di interessi comuni. “Insieme” è la parola chiave di un discorso di don Luigi Ciotti, che al tema della legalità ha dato spazio e contributi, parlando a milioni di ragaz- zi e studenti. Ognuno di noi può contribuire al cambiamento, anche con piccoli gesti quotidiani; purtroppo la forza del cam- biamento appartiene solo alle “menti giovani”, che san- no modificare i propri modelli di pensiero e utilizzare comportamenti di rottura con il passato senza temere di essere anticonformisti, di essere giudicati o valutati come parte “diversa” di pochi eletti. Temere il confronto e la valutazione significa “crogio- larsi” nella massificazione, che non consente distinzio- ni di meriti tra “pecore e leoni”. La mortificazione del merito costituisce un’ingiustizia sociale, che danneggia quelli che s’impegnano nel per- seguimento di obiettivi più vantaggiosi per la colletti- vità e nel perseguimento di una maggiore legalità; un Cambiamento e legalità (Spunti di riflessione) maggiore rispetto delle regole è compito arduo, che ri- chiede una mutazione culturale, perché vanno sradicate idee così profonde che spesso sono assimilate a vere e proprie norme. Molte cose richiedono sacrificio, rinunce, ma io penso che valga la pena viverle fino in fondo... sempre, per- ché non ci sarà un’altra occasione per rivivere le stesse emozioni; ma anche perché non c’è libertà scissa dalla responsabilità del cambiamento. Purtroppo, l’idea di molti è quella che libertà equivalga ad arbitrio, alla possibilità di mettere in atto comporta- menti individualistici, anche a danno di altri, perché ciò che conta è l’immagine, il potere, il possesso, la forza, il denaro... segni evidenti di una sottocultura dilagante. Invece, essere liberi o tornare ad esserlo significa an- che avere la forza e la capacità di chiudere un mondo e aprirne un altro tutto nuovo, cambiare visione della vita, affinché i ricordi non si trasformino in rimpianti…! Non c’è cambiamento senza rispetto della legalità, non c’è legalità scissa dalla cultura, non c’è cultura senza l’in- segnamento e l’esempio della scuola e della famiglia. (continua a pag. 23)

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ANNO XVI - N. 1 - MAGGIO 2015 - LICEO SCIENTIFICO “P. S. MANCINI” - VIA DE CONCILII - VIA SCANDONE - AVELLINO - COPIA OMAGGIO

Carolina Ferraro CarusoEDITORIALE

“Il mondo è quel disastro che vedete non tanto per iguai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giu-sti che se ne accorgono e stanno lì a guardare” (AlbertEinstein)Così gli alunni delle classi quarte del Mancini hannoaccolto il Procuratore Capo della Repubblica di Avelli-no, Rosario Cantelmo, il 21 marzo, in occasione dellaXX Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordodelle vittime innocenti delle mafie. Chi ha preso parteal progetto “Tracce di Legalità” in collaborazione conl’Associazione Libera Avellino ha emozionato il procu-ratore e l’uditorio, recitando aforismi riguardo i nostridoveri rispetto a un mondo che non funziona come vor-remmo.Niente di più adatto, considerando che lo scopo di que-

Contro l’indifferenza

sto incontro con alcune delle classi quarte era propriorisvegliare le coscienze, stimolare una libera discussio-ne e, come espresso dallo stesso Cantelmo, proporre unnuovo punto di vista sulla criminalità organizzata, chenon inquadrasse i boss con la loro ricchezza e il loropotere di vita o di morte, ma mostrasse le vittime inno-centi, che da 150 anni si accumulano nell’elenco deimorti per mafia. Non solo vittime illustri, che si sono inun certo senso immolate nella battaglia che avevanointrapreso contro l’anti-Stato, ma anche e soprattuttovittime collaterali: figli di pentiti, persone presenti nelluogo sbagliato al momento sbagliato, individui chehanno commesso l’”errore” di rivolgersi allo Stato in-vece che alla mafia locale. La crudeltà e l’assenza discrupoli devono colpirci, risvegliare in noi tutti l’indigna-zione e renderci consci dell’esistenza di un cancro socialeche deve essere sradicato con il nostro contributo.È infatti l’INDIFFERENZA, secondo Cantelmo, il malepeggiore, e il più subdolo. Essere abituati all’azione dellamafia, essere noncuranti, non ci salva e non fa sparire ilproblema; anzi, rende più probabile che il nostro atteg-giamento si trasformi man mano in connivenza, poichédal non denunciare la mafia che ci circonda ad agevo-larla, per evitare che qualche intervento esterno rompalo status quo di illegalità in cui ci siamo ambientati, ilpasso è breve. Fino a che, senza che ce ne rendiamoconto, inizieremo ad affidarci all’organizzazione ma-fiosa al posto dello Stato.Per tutto ciò è necessaria l’indignazione, la protesta; ese non bastassero le stragi negli scontri tra clan, o gliattentati, o i cadaveri sciolti nella calce viva, c’è un’ar-gomentazione anche per i più cinici: la mafia costa. Ilfatturato delle associazioni criminali raggiunge un bi-lancio di 85 miliardi di euro l’anno, provenienti princi-palmente dal traffico di droga e dalla prostituzione,mentre il valore dei beni immobili in possesso dellemafie raggiunge una cifra a dodici zeri.Nel corso del dibattito, è emersa con forza la concezio-ne diretta e senza mezzi termini che il procuratore Can-telmo ha delle mafie. Posto davanti alla questione delpentimento, spesso solo opportunistico dei boss che sivedono braccati dalle autorità, risponde che, per quantomoralmente discutibile, è il mezzo più efficace nella lottaalle mafie, ed è necessario e giusto che lo Stato ne fac-cia uso per combattere la criminalità. Ha inoltre ribadi-to che non ci si deve aspettare nessun intervento salvi-fico da parte delle istituzioni se non ci si mette in primalinea denunciando e contrastando le mafie per quanto

Il cambiamento è sempre qualcosa che sconvolge, sianel bene che nel male, perché rompe vecchi equilibri,determinati da convinzioni personali o indotte negli anni,dure e resistenti come una pietra marmorea.Lo sguardo stupito e attento verso il nuovo è solo dichi non teme confronti e può rinunciare anche a vec-chi privilegi, a vecchie consuetudini, contando sullapropria preparazione e intelligenza, senza appoggipiovuti dall’alto.Il gradimento verso il nuovo è anche di chi, non avendomai avuto privilegi, s’interroga e attende e valuta obiet-tivamente, senza condizionamenti o speranze di van-taggi personalistici, perché sa che ogni cambiamentodeve servire alla collettività e non al singolo.Del resto, se non avessimo avvertito - dalla notte deitempi - l’esigenza di riconoscerci in unico complessosocio-economico, non avremmo fondato Stati e Nazio-ni, che consideriamo “civili” solo se in essi regna il ri-spetto della legalità, quando, cioè l’interesse del singo-lo soggiace a quello della comunità.Chi persegue, egoisticamente, il proprio vantaggio, ascapito della comunità civile non starà mai bene in unascuola pubblica, dove lo scopo principale non è quellodi ricevere ma di dare; dove il fulcro è lo studente non ilmaestro, dove il vertice e le basi dovrebbero collabora-re sempre nel rispetto della legalità e nel perseguimentodi interessi comuni. “Insieme” è la parola chiave di undiscorso di don Luigi Ciotti, che al tema della legalitàha dato spazio e contributi, parlando a milioni di ragaz-zi e studenti.Ognuno di noi può contribuire al cambiamento, anchecon piccoli gesti quotidiani; purtroppo la forza del cam-biamento appartiene solo alle “menti giovani”, che san-no modificare i propri modelli di pensiero e utilizzarecomportamenti di rottura con il passato senza temere diessere anticonformisti, di essere giudicati o valutati comeparte “diversa” di pochi eletti.Temere il confronto e la valutazione significa “crogio-larsi” nella massificazione, che non consente distinzio-ni di meriti tra “pecore e leoni”.La mortificazione del merito costituisce un’ingiustiziasociale, che danneggia quelli che s’impegnano nel per-seguimento di obiettivi più vantaggiosi per la colletti-vità e nel perseguimento di una maggiore legalità; un

Cambiamento e legalità(Spunti di riflessione)

maggiore rispetto delle regole è compito arduo, che ri-chiede una mutazione culturale, perché vanno sradicateidee così profonde che spesso sono assimilate a vere eproprie norme.Molte cose richiedono sacrificio, rinunce, ma io pensoche valga la pena viverle fino in fondo... sempre, per-ché non ci sarà un’altra occasione per rivivere le stesseemozioni; ma anche perché non c’è libertà scissa dallaresponsabilità del cambiamento.Purtroppo, l’idea di molti è quella che libertà equivalgaad arbitrio, alla possibilità di mettere in atto comporta-menti individualistici, anche a danno di altri, perché ciòche conta è l’immagine, il potere, il possesso, la forza,il denaro... segni evidenti di una sottocultura dilagante.Invece, essere liberi o tornare ad esserlo significa an-che avere la forza e la capacità di chiudere un mondo eaprirne un altro tutto nuovo, cambiare visione della vita,affinché i ricordi non si trasformino in rimpianti…!Non c’è cambiamento senza rispetto della legalità, nonc’è legalità scissa dalla cultura, non c’è cultura senza l’in-segnamento e l’esempio della scuola e della famiglia.

(continua a pag. 23)

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22 Tiri... Mancini Tracce di Legalità

Che tipo di crimina-lità esiste tra i giova-ni avellinesi?Invero, ad Avellino, trai giovani non c’è unacriminalità organizza-ta che, invece, in annidi lavoro, ho potuto ri-scontrare a Napoli,dove operavano dellevere baby gang. AdAvellino c’è una mi-crocriminalità che sfo-cia facilmente in atti diteppismo, bullismo, vandalismo. Di sicuro uno dei reati più dif-fuso tra i ragazzi avellinesi è la detenzione e lo spaccio di stupe-facenti. Da uno studio condotto dal Ministero degli Interni èemerso che il 65-70% dei ragazzi ha utilizzato sostanze stupefa-centi. Questa è una percentuale molto alta e la nostra città, pur-troppo, non si sottrae a questo trend. Purtroppo, a causa dell’usodi stupefacenti come pure di quello di sostanze alcoliche, si veri-ficano spesso episodi di violenza, risse. Infatti, molto spesso sia-mo dovuti intervenire per tali episodi nelle strade cittadine (so-prattutto via de Concilii e spiazzo dell’Eliseo) o in locali in cui sistavano svolgendo feste private.Quale è l’identikit del giovane che delinque?Non esiste un identikit. Tutti i giovani, sia femmine che maschi,di qualsiasi età, di qualsiasi classe sociale possono commetterereati. Dalla mia esperienza posso desumere, senza voler genera-lizzare, che i ragazzi appartenenti alla classe medio borghese fac-ciano uso e spaccio di sostanze stupefacenti; mentre quelli chevivono situazioni economiche e familiari più difficili commetto-no più facilmente atti di vandalismo e di teppismo.Quali sono le motivazioni che spingono un ragazzo a compie-re atti di microcriminalità?Non è facile individuare le cause che spingono i ragazzi a delin-quere. Il fenomeno della microcriminalità è dovuto principalmentea mancanza di certezze, di valori, di prospettive, al desiderio del-lo sballo a tutti i costi, alla noia, alla crisi familiare. Spesso ci siavvicina per mera curiosità, per non sentirsi diversi, per sentirsiparte di un gruppoQuale attività di prevenzione è messa in atto dagli Organicompetenti?Esiste un Ufficio di Prevenzione generale e soccorso pubblico.Da pochissime settimane il Ministero degli Interni ha creato unnumero di telefono, il 43002, valido in tutta Italia. Con tale nu-mero si contatta la Sala Operativa della Questura, alla quale èpossibile segnalare episodi di bullismo, spaccio di droga ed altrireati diffusi tra i giovani. E’ una delle tante iniziative nel campodella prevenzione. Inoltre, in città circolano le volanti, il cui ser-vizio è intensificato durate i giorni di venerdì, sabato e domeni-ca. Anche i poliziotti di quartiere rientrano nell’attività preventi-va in quanto hanno il compito di raccogliere tutte le segnalazionidei cittadini. Da ultimo, poi, con le scuole è iniziata un’attività dicollaborazione allo scopo di creare un rapporto di fiducia tra iragazzi e le forze di poliziaCome le famiglie, gli insegnanti possono interagire con gliOrgani di Polizia?Chiamandoci, facendo segnalazioni, non nascondendo situazio-ni che potrebbero, col tempo degenerare. Siamo, ad esempio, do-vuti intervenire in una scuola avellinese per una situazione spia-cevole creatasi a causa di un ragazzo con problemi di alcol di-pendenza, noti sia alla scuola, sia alla famiglia, ma mai segna-lati agli Organi competenti. Sarebbe stato preferibile segnalare ilcaso prima del verificarsi del fatto. In città, purtroppo non ci sonomolti centri sociali, strutture in cui i giovani possano interagire.Sarebbe opportuno che le scuole, oltre agli incontri che spessoorganizzano nelle loro sedi, programmassero delle visite guidatein questura, nella Caserma dei Carabinieri, in Tribunale sia perdare ai ragazzi anche altre prospettive di lavoro sia per rinsaldareil rapporto tra i giovani e le Forze di Polizia

Martina Semenza, IV C

Quattro chiacchiere con...Intervista al Vice questore di Avellino, dott. Elio Iannuzzi,

sulla microcriminalità tra i giovani avellinesiLa nostra provincia è un’isolafelice?È questa la domanda che noigiovani Irpini, figli di questa ter-ra, ci dovremmo porre.Guardando al passato la rispo-sta è sicuramente negativa. Ilterritorio irpino, sotto il profilodella presenza della criminalitàorganizzata, non può più consi-derarsi marginale. Avellino, piùin generale il vastissimo terri-torio irpino, è un territorio difrontiera, una cerniera tra pro-vince (tra il vesuviano e il fog-giano) con un consolidato ma-fioso importante, per cui è daconsiderarsi a rischio. Certodando uno sguardo al Vallo diLauro diremmo che sicuramen-te vi è una tregua delle “attivi-tà” dei Cava e dei Graziano, gra-zie ai duri colpi inferti loro dal-la magistratura.Siamo certi che se chiedessimoagli Irpini cosa rappresenta il 15Luglio o il 9 Febbraio o il 30Ottobre la maggior parte di lororisponderebbe: un giorno in pie-na estate, il giorno in cui l’Avel-lino vinse contro la Juventus ola vigilia del ponte dei Santi. Inpochi, davvero pochi rispon-

derebbero che que-sti sono stati alcuni dei giornipiù brutti della nostra storia, incui tre uomini innocenti sonostati barbaramente assassinati.Come dimenticare i nomi e ivolti di Antonio Ammaturo, Pa-squale Campanello o Nunzian-te Scibelli. Queste morti inno-centi causate dalle mafie devo-no rappresentare un’indicazio-ne per le nuove generazioni.Molti giovani crescono cono-scendo la loro storia e altrettan-ti, almeno questo è l’auspicio,ne seguiranno l’esempio.L’esempio dell’innocente Nun-ziante o di Campanello, di Am-maturo, quello di uomini dive-nuti eroi per aver fatto bene efino in fondo il proprio dovere.E non è poco.L’Irpinia, come del resto altrezone d’Italia, almeno negli ulti-mi quattro decenni, è stata in-vestita da quel complesso siste-ma di relazioni mafiose che ha

progressivamente assorbito unaparte dell’economia e della po-litica dell’intera provincia. Mala criminalità organizzata saleagli onori delle cronache soltan-to in occasioni in cui vengonoeffettuate maxi-retate che impli-cano decine di persone locali.Poi cala di nuovo il sipario e ilsistema di connivenza tra poli-tica, economia e camorra checaratterizza la vita amministra-tiva di alcuni comuni Irpini, ri-piomba nell’oblio.Le infiltrazioni della camorra inIrpinia, da Cutolo e i suoi uo-mini che si sono accaparrati lamaggior parte di fondi per la ri-costruzione post-terremoto, aiCava e Graziano, fino ai Casa-lesi che hanno egemonizzato gliappalti pubblici in alcuni comu-ni della provincia, ci suggeri-scono che non ci troviamo sem-

plicemente al cospetto di un fe-nomeno culturale o meramenteillegale.La camorra, in generale la ma-fia, non è solo il semplice rac-ket dell’usura o il controllo del-lo spaccio di droga. Al contra-rio ci troviamo di fronte a unavera e propria “borghesia ma-fiosa” come afferma lo scritto-re Roberto Saviano. Una bor-ghesia mafiosa in Irpinia chetesse le sue reti politiche ed eco-nomiche locali al fine di accu-mulare profitto e acquisire po-tere. Questa rete, composta daattori legali e illegali, ha domi-nato lo sviluppo del territoriograzie a un’interpenetrazionesilente che ha coinvolto politi-ci, imprenditori e professioni-sti. La nostra è una terra sem-pre più al centro di eventi chela vedono protagonista di cose

che alle nostre orecchie nonvorremmo mai giungessero néche i nostri occhi vedessero. Lostesso lavoro del procuratoredella Repubblica Cantelmo èprova tangibile che la nostraamata terra non è un’isola feli-ce e forse non lo è mai stata. Par-lare di antimafia ha senso solonella misura in cui chiariamo anoi stessi cosa voglia dire e cosasia la mafia. Nella nostra pro-vincia molte sono state negli ul-timi decenni le retate delle for-ze dell’ordine che decapitanoclan, arrestano boss e i loro uo-mini. Basti pensare, come dettoprecedentemente, al duro colpoinferto dalle istituzioni ai clandel Vallo di Lauro. Ma se pen-siamo che per fare antimafia ba-sti questo ci sbagliamo. Contra-stare la mafia vuol dire andarea toccare quel sistema di collet-ti bianchi, quelle zone grigie chesi pongono a un livello superio-re e che in vario modo contri-buiscono al mantenimento deisistemi mafiosi. Se non c’è que-sto, allora parliamo di un’anti-

mafia non completa,

un’antimafia a metà. Avolte bastano il coraggio, la

passione e soprattutto un gran-de amore per la propria terra peravere la forza di “segnalare”quello che non va. Come abbia-mo imparato, nei vari incontridi Scuole di Legalità, a guarda-re quei volti dei vari AntoniettaOliva, Gilda Ammaturo, Rosa-rio Cantelmo, Maria Antoniet-ta Troncone, GiovandomenicoLepore, Don Marcello Cozzi ecosì via, capiamo che immer-gersi nei loro sguardi producemolto di più in termini di con-sapevolezza di mille bellissimeparole. Già, la Mafia non è solodistruzione fisica di cose e per-sone. La Mafia è soprattuttodolore che si attacca al cuore enon ti lascia mai. Ma il doloresi sa, può rappresentare il pri-mo grado che conduce al corag-gio e ne serve davvero tanto sesi vuole almeno tentare di cam-biare le cose. Noi ci crediamo!

Pio Iacobellis,Antonio Urciuolo, IV E

LA NOSTRA TERRA: L’IRPINIA

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33Tiri ... Mancini

La mattinata del 28 Febbraio2015 è stata sicuramente me-morabile per molti degli stu-denti del nostro liceo, che, in-sieme ai professori, hanno de-ciso per un momento di pren-dere le distanze dalla solitaroutine scolastica e di dedica-re tempo ad un progetto moltoimportante. La compagnia tea-trale Vernicefresca ha messo inscena uno spettacolo partico-lare su un tema attualissimo,del quale si parla troppo poco,o quasi per niente, nelle scuo-le: la violenza sulle donne.Quattro giovani attori, Orazio,Nicola, Rossella e Arianna,hanno realizzato una rappre-sentazione unica, estasiante,ma allo stesso tempo sempli-ce, diretta, che è arrivata alcuore di tutti e che ha lasciatoun segno in ognuno di noi, unsegno profondo, penetrante,che inevitabilmente ci fa riflet-tere e, soprattutto, ci fa spera-re in un cambiamento.La scelta di portare questotema in un liceo, ovviamente,non è stata casuale: è il luogodella formazione, dell’educa-zione di “giovani adulti” chesi preparano a spiccare il volo,nella totale indipendenza. Maaffinchè possano affrontarequesto lungo viaggio, bisognadonare loro gli strumenti giu-sti. E oggi gli studenti ne han-no guadagnato uno in più, gra-zie a Vernicefresca : il rispettoverso gli altri, in particolareverso le donne.Quante volte sentiamo distrat-tamente in tv notizie di uomi-ni , erroneamente definiti “paz-zi”, che uccidono donne diogni età? Quante donne han-no raccontato la propria storia,le violenze subite, ma sono ri-maste ignorate e inascoltate?E quante dovranno ancora soc-combere per mano di questiuomini-mostri, prima che qual-cuno ascolti il loro grido? Ognigiorno una donna muore, ognigiorno una donna viene stupra-ta dal marito, ogni giorno unabambina subisce violenze insilenzio. Ogni giorno noi stia-mo qui, a guardare e ad ascol-tare, con le mani nelle tasche euna finta lacrima di compas-sione. Ma ciò non serve.“Molti pensano “Cos’è unoschiaffo? In fondo non è nien-te”... E invece no! Dobbiamoimparare a dire no, prima chesia già troppo tardi”. Queste le

parole del regista dello spetta-colo “Qualcosa non ha funzio-nato”, Massimiliano Foà, cheaggiunge “Lo spettacolo è fat-to da momenti di assoluta noiache proseguono in un crescen-do fino a un momento culmi-ne, in cui... tac, cambia tutto.Si apre una nuova storia. Per-chè in fondo, questa è la vio-lenza”. Quando si parla di vio-lenza, non si parla solo di vio-lenza sulle donne, o di violen-za carnale, ma se ne parla an-che solo nell’assistere a un attodi violenza, al sentirlo, al per-cepirlo anche se lontanamen-te. Dobbiamo imparare a direno, a opporci alla violenza sen-za indugiare, senza aspettare ilmomento migliore per denun-ciarla, perchè il momento giu-sto è adesso.Infatti, alla domanda di unostudente “A cosa avete pensa-to mentre recitavate la parte didonne violentate / uomini vio-lenti?”, una delle attrici ha af-fermato di aver pensato allasua esperienza, alla violenzache lei stessa ha subito anchese indirettamente, a comeavrebbe reagito, insomma allasua vita. In fondo è questo ilsegreto, riuscire a vedere, apensare, a reagire come se noistessi fossimo i protagonistidelle storie di violenza cheogni giorno sentiamo, riuscirea dire “ Io non sono uno spet-tatore”, a diventare noi i veriprotagonisti e a non lasciar chetutto scorra davanti ai nostriocchi.Ed è proprio questo il messag-gio che Vernicefresca ha volu-to trasmetterci, soprattutto tra-mite la scena finale dello spet-tacolo: gli attori, rivolgendosia noi studenti, con la manotesa, ci hanno invogliato ad al-zarci, a invadere il palcosce-nico dicendo “ Io non sono unospettatore” . Ci hanno catapul-tato in un istante in una nuova

realtà, quella che noi crediamodi conoscere ma che ignoria-mo continuamente.Circondati da tantissime sago-me, abbiamo potuto leggereuna valanga di nomi di donneuccise durante gli ultimi 3anni, donne ma anche bambi-ne, da un anno fino a sfiorare inovanta, comprendendo ognifascia di età.Quelle sagome adesso sembra-vano molto più di semplicipezzi di legno ai nostri occhi,quei nomi non erano solo nomidi persone in fondo sconosciu-te, quelle età non erano solonumeri messi a casaccio. Sem-brava quasi che quelle donnestessero in girotondo intorno anoi e ci sorridessero, perchèognuna di loro stava contri-buendo alla nostra crescita,alla nostra presa di consapevo-lezza, che è il primo passo uti-le per poter “spiccare il volo”.Lo spettacolo ha soddisfatto intutto e per tutto le nostre aspet-tative, anzi forse ci ha lasciatoanche qualcosa in più di quan-to ci aspettavamo.Nonostante la sua semplicità,ogni elemento del palcosceni-co aveva una funzione preci-sa, un significato profondo, apartire appunto dalle sagome,dal recinto che circondava gliattori e che il regista ha imma-ginato come un ring, in cui lediverse storie, che corrispon-dono appunto alle varie lotte,sono separate dal suono di uncampanello.“Qualcosa non ha funzionato”dunque, non è stato solo unsemplice spettacolo, ma unavera e propria esperienza, checi ha insegnato a non essere piùsolo semplici spettatori, maprotagonisti della nostra vita.Con nettezza possiamo affer-mare che oggi qualcosa hadavvero funzionato nel nostroliceo.

Marica Laurino, V C

Come per ogni avvenimento,sia esso politico, di cronaca odi ordine generale, sono molticoloro che, come noi giovani,non hanno la minima idea dicosa sia l’oggetto in questione.Per sopperire a tale vuoto in-trodurrò brevemente l’argo-mento: la bonifica della “pia-ga” di Avellino costituita dalnucleo industriale di Pianodar-dine. Il luogo simbolo del de-grado della zona è l’Isochimi-ca, niente di più che un opifi-cio situato nella zona di BorgoFerrovia dove nel corso deglianni ’80 gli operai venivanoassunti per scoibentare, ovve-ro rimuovere materiale isolan-te, nel caso specifico l’amian-to, dalle pareti dei vagoni deitreni.

Tuttavia questa fabbrica è sol-tanto la punta dell’iceberg poi-ché il piano del consorzio ASI,per lo sviluppo industriale avel-linese, comprende all’incirca104 ettari di terreno situati lun-go le falde acquifere del fiumeSabato, centro nevralgico delsistema idrico irpino, adibiti adindustria pesante il cui sottou-tilizzo è del 30% mente la me-dia di operai per ettaro e di 35unità (per chiarire, è come se illiceo Mancini avesse 5 classinell’intero istituto!).La conoscenza di questa pocheinformazioni si rivela fonda-mentale e necessaria poichéoggi come trenta anni fa l’Iso-chimica miete le sue vittime.La necessità di una bonificaquanto più tempestiva possibi-le è enorme e tale processo puòessere attuato sostanzialmente

“Vieni a ballare a Pianodardine”

Tracce di Legalità

“Vorrei che capiste che restare a guardare non ci saslva, chenegare gli eventi non ci assolve, che non partecipare non cirende liberi ma schiavi della menzogna e della violenza”

JayBlue

Qualcosa non ha funzionato... o forse si?in 4 passi dei quali la conoscen-za più o meno approfonditarappresenta il primo, ad essaseguono un’analisi del conte-sto sociale e la conseguenteraccolta di opinioni, una stra-tegia che possa combinare ivantaggi della città e i beneficidella vita di campagna ed infi-ne la pianificazione di un’ipo-tesi di intervento efficace ba-sata ad esempio sugli incentivienergetici.L’ultimo step aggiuntivo è lamessa in pratica dei passi pre-cedentemente elencati che conun piccolo contributo da partedelle istituzioni e della comu-nità stessa sono facilmente re-alizzabili.A dimostrazione di quanto det-to vi è l’opera compiuta dall’as-

sociazione “Luoghi idea(li)Avellino” la quale ha già effet-tuato tre dei passi pre elencati,ovvero la raccolta della doman-da tra gli abitanti di Borgo Fer-rovia, la proposta di interventoche, attraverso un concorso èstata attuata da alcuni studentidella facoltà di Ingegneria del-l’Università di Salerno e la dif-fusione di una conoscenza ap-propriata del problema attraver-so convegni, conferenze e ta-voli di discussione.Per il passo che rimane bastaguardare al passato quando nel“lontano” 2003 il professorCagnardi ha lasciato ad Avelli-no il progetto di una “città giar-dino” riprendendo il disegno diHoward vecchio di un secoloma sempre attuale!

Giammarco Conte, V C

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44 Scuola e dintorniTiri ... Mancini

Terminata la prima fase dello Scambio di Classi appare evidente atutti noi che la settimana trascorsa in compagnia degli ospiti tedeschiè stata una vera e propria palestra di vita. È stato come parteciparead una grande festa, di quelle con la musica che ti trascina in pistae ti coinvolge a tal punto da perdere la cognizione del tempo, perpoi accorgersi che è arrivato già il mattino. Si spiega così la tristezzache aleggiava alla partenza del gruppo straniero e la sensazione cheil nostro congedo fosse più di un semplice arrivederci. Sono davveropochi gli aggettivi con i quali descrivere l’esperienza del bellissimoScambio culturale che ha visto come protagonisti noi studenti delLiceo “Mancini” ed i partner tedeschi del “Lappersdorf -Gymnasium” di Regensburg (Ratisbona). Posso solamente dire che,dal 20 al 28 marzo, mi sono sentito come dietro ad una cinepresa,pronto a immortalare ogni momento su una pellicola da rivederemolte volte, su cui si riesce a seguire un film dalla trama semplicema, a dir poco, emozionante.L’esperienza all’estero, il rapporto con le famiglie ospitanti, loscoglio rappresentato dalla lingua italiana, l’interesse per i fantasticiluoghi della nostra regione, l’«attrazione fatale» tra alcunipartecipanti…; nella trama di questo film erano presenti propriotutti gli elementi! L’avventura si è aperta con una “Caccia al Tesoro”attraverso il centro di Avellino in nostra compagnia, per poiproseguire con un pic-nic nel Parco Santo Spirito. La settimana èandata avanti senza sosta, con gli ospiti in visita alle più interessantilocation della Campania. E poi c’eravamo noi, la classe 2ª A, attori- protagonisti dello Scambio, a pari merito con gli studenti bavaresi,figure per le quali è stata pensata la “sceneggiatura del film”: inprimo luogo per esercitare la lingua straniera studiata, poi perpromuovere l’Irpina e la regione Campania all’estero, infine perinstaurare una grande amicizia tra persone fisicamente lontane traloro, ma che ora hanno senz’altro un motivo in più per sentirsi vicine.Indubbiamente un’iniziativa del genere presenta tante difficoltà: ilregolare svolgimento delle varie “operazioni in programma” è fruttodell’intensa cooperazione tra la Prof.ssa Sementa, ed i suoi colleghitedeschi. Sono loro i registi nonché gli sceneggiatori della nostrapellicola, che per noi merita l’Oscar.

Simone Vietri, II A

Ein Schüleraustausch: un sogno ad occhi aperti!

E’ stato incredibile il successo della spedizione esplorativa nellaterra del nord che ho deciso di ribattezzare “Terra delle cipolle”.Non posso negare che il lungo viaggio, che mi ha condotto inqueste terre lontane, ha rappresentato per me e per la compagniad’esplorazione tutta, una sfida di proporzioni bibliche,paragonabile solo ad imprese come l’operazione Barbarossa o lafila alle poste i primi giorni del mese. Nonostante ciò,l’irrefrenabile voglia di esplorazione mi ha permesso di andareavanti nella mia missione.Dopo attente analisi abbiamo deciso di stabilire il campo basenel centro dell’insediamento che gli indigeni chiamano Vienna,al fine di permettere un più rapido spostamento tra le varie zonedella città. Sfortunatamente non avevamo tenuto conto del fattorecucina considerandolo un rischio accettabile. Ci sbagliavamo! Edil nostro errore si è palesato nel momento in cui, recandoci inmensa, abbiamo incrociato lo sguardo con quella che suppongofosse la cena del primo giorno. Ancora oggi, la notte, mi svegliosudato, con i pugni stretti e i crampi allo stomaco, pensando aquel piatto di “spaghetti alla bolognese” che mi fissava dal suovassoio quasi come se già sapesse ciò che in me avrebbeprovocato. Una volta superato (in parte) lo scoglio psicologicorappresentato dalla cucina e una volta sistemata la nostraattrezzatura, abbiamo dato il via alle prime ricognizioni sul campo.Per fortuna non ci sono stati problemi a rapportarci con gliindigeni, eccezion fatta per la nostra guida che, nonostante lenostre continue sollecitazioni, procedeva col passo teutonico espedito tipico di un maratoneta. Dopo un paio di giorni ero certodi aver trovato l’anello di congiunzione tra l’uomo e lo scoiattolo.Con la piccola bestiola il nostro Virgilio condivideva duecaratteristiche peculiari: i capelli di color rossiccio tipici di quel-l’animale e la capacità di dileguarsi non appena le si distoglievalo sguardo di dosso.Consiglio vivamente di inviare altre squadre di esplorazione(pensando anche ad un’eventuale missione di colonizzazione),nella terra delle cipolle visto l’enorme potenziale di quest’ultima.

Sabato Andrea Pescatore, IV A

Dopo il primo approccio con inostri futuri “partner”, in visitaad Avellino all’inizio di aprile,il 24 giugno 2014 è iniziata laseconda fase dello Scambio diClassi con il liceo-partner “Lap-persdorf-Gymnasium” di Rati-sbona, splendida città della Ba-viera! Dopo un viaggio in trenodi circa 16 ore, siamo finalmen-te giunti e, fin da subito, abbia-mo apprezzato le bellezze dellacittà nonché instaurato un forterapporto di amicizia con le gen-tili famiglie ospitanti. L’espe-rienza è stata davvero formativa:ci ha permesso di migliorare laconoscenza della lingua stranie-ra, ma soprattutto di confrontar-ci con un’altra cultura, con unanuova realtà. Ci siamo subito resiconto che l’organizzazione sco-lastica italiana è molto diversa daquella tedesca: i ragazzi d’Oltral-pe usufruiscono, nell’arco dellagiornata, di frequenti pause; han-no a loro disposizione numerosilaboratori e più variegata è l’of-ferta formativa. Lo stesso edifi-cio scolastico, modernissimo efunzionale, è dotato di ampi luo-ghi di ritrovo e di ristoro per glistudenti ma anche di spazi attrez-zati per lo svago, quali campi datennis, calcio e basket. Il pro-gramma dello Scambio di Classiha previsto anche escursioni ver-so altre città bavaresi quali Mo-naco, Norimberga, Rothenburg,nonché rilassanti crociere sul Da-nubio. Nello specifico, a Mona-co abbiamo avuto modo di visi-tare il Deutsches Museum, il piùgrande museo della Scienza edella Tecnica del mondo. A No-rimberga, città natale di Albre-cht Dürer, pittore, incisore e ma-tematico nonché del processo ainazisti della seconda GuerraMondiale, abbiamo visitato ilcentro storico con le possentimura di cinta ed il castello, lafontana gotica “Schöner Brun-nen”, che svetta sullo Haupt-markt (mercato principale, ndr).Ma le case a traliccio, le torri ele stradine strette di Rothenburgci hanno dato la sensazione ditrovarci in una specie di Disney-land medioevale. Qui abbiamovisitato l’interessantissimo Mu-seo Criminale Medievale ed il“Villaggio di Natale” di KätheWohlfahrt, dove i nostri sogni,legati all’idea del Natale, si sonoimprovvisamente “materializza-ti”: un albero di Natale bianco,alto 5,50 metri, risplendeva illu-minato da 15.000 luci e da più di1.000 ornamenti in vetro; un reschiaccianoci, di ben 3,50 metri,vegliava su ciò che accadevanella riproduzione della Piazzadel Mercato con le case a gratic-cio ricoperte di neve… un’atmo-sfera mozzafiato! All’abbazia be-

nedettina di Weltenburg, uno deipiù spettacolari esempi di baroc-co bavarese siamo giunti dopouna lunga e faticosa camminataattraverso il bosco che costeg-gia il Danubio, sempre accom-pagnati da temperature elevatis-sime. L’ultimo giorno della no-stra permanenza in Germania èstato riservato ad un’amena cro-ciera sul Danubio, direttamenteai piedi del Walhalla, tempioneoclassico posto sulle spondedello stesso fiume; voluto dal reLudovico I di Baviera, esso ve-niva considerato l’Olimpo ger-

manico, ovvero il luogo in cui siriunivano le anime degli eroi de-ceduti in guerra.Tra sorrisi, la-crime ed interminabili abbracci,è arrivato però il momento delcongedo: il 3 luglio siamo ripar-titi, a malincuore, per l’Italia!L’intensa esperienza dello Scam-bio resterà nei nostri cuori... persempre!Küsse von der Schüleraustasch-gruppe!

Antonella Carluccio, Irma DiFilippo, Carmen Sorrentino,

Anna Tortoriello, III C

Uno Scambio di esperienze

Terra delle cipolle

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55Tiri ... ManciniScuola e dintorni

Un viaggio, un’avventura, undivertimento scatenato. E’ l’an-no 2015: da un Avellino sta-gnante parte un’incredibile cor-sa di una scolaresca verso unametropoli versatile e sorpren-dente. Zuppe misteriose e cipol-le invadenti, guide instancabilie scalini interminabili, tedescoonnipresente e paesaggi mozza-fiato si intrecciano in questoviaggio che ci conduce sulloscenario della nuova avventu-ra. Riuscirà la nostra scolarescaa farsi forza e a ritornare adAvellino dopo aver visitatoVienna?Vienna, capitale dell’Austria,bagnata dal fiume Danubio, èuna città romantica ed acco-gliente, ma anche giovane e vi-vace, una città ricca di cultura esede di prestigiosi musei da cuidifficilmente si vorrebbe far ri-torno. Una settimana è davverotroppo poca per poterla visitarein tutte le sue meraviglie, anchese abbiamo tentato di riuscirenell’ardua impresa. Tra i tantimusei in città ce ne sono alcunida non perdere. Fra questi c’è ilPalazzo della Secessione conl’importantissimo fregio di Gu-stav Klimt, in cui l’amore trion-fa: una coppia si sta baciandoposta davanti al “Coro degli an-geli del paradiso”. E per chi amaKlimt d’obbligo è l’entrata alCastello del Belvedere, dove èconservata l’opera “Il bacio”.Da visitare è indubbiamente ilCastello di Schönbrunn, resi-denza estiva della principessaSissi per qualche anno. L’ele-ganza, la raffinatezza, lo sfarzoe la ricchezza della corte impe-riale non possono non esserenotati. Una volta a Vienna nonsi può non attraversare il famo-so Stephansplatz con il suoDuomo, visitare le case di gran-di musicisti come Mozart, man-giare un pezzo della torta Sa-cher, andare a teatro e passeg-giare lungo il Danubio. In piùin soli due minuti, grazie allametropolitana, si può fare untuffo nella Vienna moderna, coni suoi grattacieli e le sue costru-zioni moderne tra cui la sededell’ONU.E noi abbiamo avuto la possi-bilità di vivere tutto ciò: abbia-mo migliorato le nostre cono-scenze linguistiche, provatonuove specialità culinarie, visi-tato luoghi ricchi di cultura di-vertendoci e imparando e qual-cuno ha forse anche promessodi ritornarci un giorno, con gliamici di sempre. Quindi alla do-manda di prima mi sento di ri-spondere così: “Sì, siamo torna-ti, ma perché abbiam dovuto!”

Stefania Guarino, IV A

IL GIRO DI VIENNA IN UNA SETTIMANA

Dopo aver salutato la lussuosae accogliente città di Vienna cidirigiamo carichi di stanchezzae di entusiasmo alla stazione perprendere il treno di ritorno checi avrebbe ricondotto a Roma.Fatti brevi calcoli capiamo che,siccome il treno era diviso in ca-bine, due del nostro gruppoavrebbero dovuto pernottare con

degli sconosciuti. Dopo lungadiscussione alla fine ci va il sot-toscritto. Mi sono detto: “Chesarà mai una nottata in treno condegli stranieri!”. Entro nella ca-bina, con un compagno e ad ac-coglierci ci sono tre ragazzi spa-gnoli, due ragazze e un ragaz-zo. Il mio posto era quello vici-no al finestrino. Sistematomi, lastanchezza prende il sopravven-to. All’improvviso, verso mez-zanotte, proprio nel momento incui le grida e gli stramazzi face-vano spazio alla quiete della

Il ritorno dall’Austrianotte, prorompe sotto le mie nari-ci un effluvio caseario, un’esala-zione combinata tra gorgonzola epecorino, che lentamente mi ripor-ta verso Roma. Quando le miestanche pupille rivedono la lucesoffusa della notte avvistano duebei piedini della giovane spagno-la posti sul sedile adiacente al mioe i calzini a strisce bianche e az-

zurre nulla potevano contro i mia-smi che dal loro interno si sprigio-navano. La stanchezza però supe-rava il fastidio, quindi provo ad ad-dormentarmi. Allorchè il fastidiodiventa nausea, chiedo asilo nellealtre cabine e quando la mattina itre giovani scendono nella città diFirenze il puzzo si era impregnatonei sedili, aveva invaso i corridoi,aveva desensibilizzato le nostrenarici. Un po’ scossi ci risistemia-mo... E pensare che questa è stata lamia prima notte con una spagnola!

Michele Napolitano, IV A

Il fenomeno Franz Kafka, permolti un “visionario”, nasce aPraga nel 1883 in una famigliaagiata: suo padre, commer-ciante ebreo, lo opprime conun’incomprensione testarda,creandogli complessi che gliimpediranno il matrimonio e lapaternità. Essere ebreo di lin-gua tedesca nella comunitàceca sarà per lui causa di disa-gio e di isolamento. Ciò saràacuito da un senso di un Dioche mette alla prova, si na-sconde e spinge noi uominiall’orlo dell’incredulità e del-la disperazione. Non a caso siè coniata l’espressione “situa-zione kafkiana”, per definireuna condizione abnorme, an-gosciosa, assurda, paradossa-le che l’individuo si trova a vi-vere nella realtà e che, purtrop-po, il malcapitato non è in gra-do di spiegare logicamente edalla quale egli, il più delle vol-te, “si abbandona” passiva-mente. Seppur nato in terracecosclovacca, Franz Kafkadecide di “consacrarsi” aglistudi di letteratura tedesca.Tale “vocazione” alimenterà ilcattivo rapporto con il padreche, sin dal primo momento,manifesta un netto rifiuto neiconfronti della scelta del fi-glio: il suo dedicarsi alla lette-ratura mal si coniuga con leaspirazioni del genitore, cheavrebbe desiderato una profes-sione “più concreta” per il suounico figlio maschio! In cam-po affettivo va sicuramentemenzionato il fidanzamento diFranz Kafka con Felice Bauer:prima interrotto, poi ripreso edinfine definitivamente sciolto.Lo scrittore muore di tuberco-losi, a soli 41 anni, nel 1924.Nella maggior parte delle sueopere scopriamo come osses-sivamente egli sia sempre allaricerca di risposte, perenne-mente “sospeso” tra indecisio-ne ed ambiguità.Kafka scrisse soltanto tre ro-manzi: “Il processo”, “Il ca-stello” e “Amerika”, quest’ul-timo rimasto incompiuto epubblicato postumo.Il racconto del sogno america-no, la tormentata ricerca di unavita migliore costituiscono ilnucleo del romanzo “Ame-rika”, la cui trama è stata ria-dattata per il teatro italiano daFausto Malcovati, per la regiadi Maurizio Scaparro: insiemesono riusciti a realizzare unafelice riproduzione delle alter-ne vicende di Karl Rossman,protagonista dell’opera. Il 13marzo 2015 le classi con lin-gua straniera Tedesco hannoavuto la fortunata possibilità di

Noi siamo pensieri nichilistici chevengono nella mente di Dio

Franz Kafkaassistere, presso il Teatro “C.Gesualdo”, a tale rappresenta-zione. L’occasione ci ha consen-tito di penetrare meglio il pen-siero e la visione della vita diuno dei più importanti e singo-lari scrittori del Novecento. Ros-sman, un giovane ebreo, ingenuoe ricco di belle speranze, vienecostretto dai genitori ad emigra-re in America perché «una servalo aveva sedotto e aveva avutoun bambino da lui». Così il gio-vane attraversa l’Atlantico, por-tando con sé solo una valigia, alfine di raggiungere lo “zio d’America”, Jakob, e riceverne unaiuto: trovare un lavoro e far for-tuna. Inizialmente lo zio acco-glie in casa il giovane nipote ma,dopo qualche tempo, lo scacciaed il ragazzo si trova di nuovocostretto a vagare per la glorio-sa America solo e senza unameta precisa. Una serie di sven-ture, quale l’incontro con due va-gabondi, il francese Delamarchee l’irlandese Robinson, che loderubano, perseguiteranno Ros-sman, finché la situazione sem-brerà di nuovo migliorare: riu-scirà ad ottenere un lavoro comeragazzo degli ascensori in un ri-nomato hotel. Tuttavia la sfor-tuna continua a tormentare ilprotagonista: i suoi inaffidabiliamici, Delamarche e Robinson,si ripresentano a lui in hotel,completamente ubriachi, cau-sando il suo licenziamento, laperdita di quel lavoro, nel qualeKarl si era tanto impegnato.Rossman rappresenta quindil’uomo alla legittima ricerca diuna vita appagante e del benes-sere economico, elementi chetuttavia risultano essere inaffer-rabili. Kafka riesce a coglieretutte le contraddizioni ed i maliche affliggono la società del suotempo, con una perfetta analisie visione critica. Rossman cer-ca di realizzare i suoi sogni, que-sto è quanto in particolar modonoi, ragazzi della V classe – or-mai alla vigilia dell’Esame diStato – ci ritroviamo a fare: ten-tare di prendere le migliori de-cisioni possibili per il nostro fu-turo e riuscire a concretizzare inostri obiettivi. E ci piace con-cludere il nostro contributo pro-prio con una citazione di FranzKafka che, parlando ad un ami-co della casta serenità di KarlRossmann, disse: «La gioventùè felice perché possiede la facol-tà di vedere la bellezza. Quandoquesta facoltà va perduta, inco-mincia la desolata vecchiaia, ladecadenza, l’infelicità».

Adriana LimoneMario Domenico Nevola

V A

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66 EurekaTiri ... Mancini

L’ultima importante scoperta delCERN di Ginevra è il bosone diHiggs, la cosiddetta Particella diDio. Venne teorizzato nel 1964e rilevato per la prima volta nel2012 grazie ad esperimenti con-dotti con l’acceleratore LHC delCERN. Dai dati raccolti la par-ticella rilevata risulta consistentecon l’ipotesi circa l’esistenza delbosone di Higgs. La cosa impor-tante di questa scoperta è nonsolo l’esistenza di una nuovaparticella, ma il fatto che somi-gli così tanto al ricercato boso-ne. In particolare, misurare lasua massa è importante, perchéquel valore è un “numero fon-damentale” della Natura, chenon possiamo prevedere. Il bo-sone di Higgs è una particellache esiste perché in Natura leparticelle hanno una certa mas-sa. Spiegare perché le particellehanno massa è fondamentale: senon avessero quella massa lì,l’elettrone non potrebbe girareattorno ai nuclei in maniera sta-bile come fa. E questo significa,che la chimica che conosciamo

“La signora del bosone vienenominata direttore del CERN. Ledonne vengono rivalutate dallasocietà.”La storia delle donne può esserericondotta ad un unico termine:emarginazione, basta ricordareche agli inizi del XX secolo inmolti paesi europei alle donneveniva negata l’istruzione nei li-cei e nelle università. A causa diun pregiudizio, sorto all’internodella società, secondo il quale ledonne avrebbero dovuto dedicar-si solo alle materie umanistichee letterarie, queste ultime riusci-rono ad emergere solo là dovepotevano, essendo state esclusedall’ambito scientifico. Malgra-do le difficoltà, la storia conser-va in sé molti nomi di donne chesono riuscite ad abbattere questopregiudizio diventando impor-tanti figure nel mondo dellascienza. Fra le matematiche ri-cordiamo Emmy Noether, fonda-trice dell’algebra moderna, fra lefisiche Marie Sklodwska Curie,la quale ottenne il premio Nobelper la fisica nel 1903. Nel tempola donna si è emancipata raggiun-gendo vette sempre più alte, ciòè confermato dalla nomina dellafisica italiana Fabiola Gianotticome direttore del CERN di Gi-nevra, avvenuta il 4 Novembre2014, in cui lei stessa affermò:«Lavorerò per la scienza al ser-vizio della pace» ricordando chesono quattro i capisaldi delCERN: scienza, tecnologia, for-mazione, pace. La sua vocazio-ne per la fisica non è stata una“passione giovanile” bensì è sta-ta raggiunta da Fabiola attraver-so un percorso ramificato e nonlineare. Inizialmente si dedicaallo studio di materie letterariecome la filosofia, il greco anticoe la storia dell’arte; tutto ciò perònon rispondeva alle domande chelei stessa si poneva, spinta dallacuriosità di scoprire come sonofatte le cose. Volge così il suosguardo verso la fisica iniziandoa coltivare le materie scientifi-che dedicandosi alla lettura del-la biografia della matematicasuddetta Marie Curie, rimanen-do impressionata dalla sua spic-cata capacità di conciliare la fa-miglia e la ricerca, quasi comese buttasse un occhio ai fornellie uno ai suoi esperimenti sullaradioattività. L’attenzione di Fa-biola si concentra soprattutto sul-le particelle elementari della ma-teria portandola a scavare all’in-terno di essa arrivando perfino astudiare anche le parti più pic-cole che si possono indagare.Dopo essersi laureata in Fisica,nel 1984 all’Università di Mila-no, fu spinta ad intraprendere undottorato di ricerca sulle particel-

Bosone di HiggsIl grumo di sciroppo svela la sua vera natura

GIANOTTI:LA RIVINCITA DELLE DONNE

le elementari dall’attribuzionedel Premio Nobel a Carlo Rub-bia. Nel 1987 entrò a far partedel CERN di Ginevra lavoran-do, insieme ad altri fisici, su variesperimenti tra cui UA2 al Su-per Proton Synchrotron, consi-derato uno degli esperimenti piùimportanti del CERN. Fin dal1992, con oltre 3000 studiosi, hapartecipato all’esperimento AT-LAS, il quale è riconosciutocome il più grande esperimentoscientifico mai realizzato. Inqualità di portavoce dell’AT-LAS, il 4 Luglio 2012 ha annun-ciato al CERN la prima rifles-sione di una particella compati-bile con il bosone di Higgs, conil seguente discorso: « // mecca-nismo di Higgs entrò in azionedopo un centesimo di miliarde-simo di secondo dalla esplosio-ne del Big Bang e diede massaad alcune particelle lasciando-ne altre senza massa. Dal Mo-dello Standard, che è l’insiemedelle nostre conoscenze che fi-nora meglio descrivono la com-posizione della materia e le for-ze che fanno interagire le parti-celle, sapevamo che ci sono par-ticelle come il fotone che nonhanno massa ma sono puraenergia e viaggiano alla veloci-tà della luce e altre invece chehanno massa. La ragione era unmistero. Adesso abbiamo capitoche questo fatto dipendeva dal-le differenti interazioni che que-ste particelle avevano con il bo-sone ». Il bosone di Higgs vienedefinito dalla Gianotti “una par-ticella molto speciale che nonappartiene alle due classi in cuisi suddividono le altre particel-le: quelle di materia, che sono icostituenti fondamentali del-l’atomo, e quelle di interazione,che trasmettono l’Interazioneelettromagnetica, quella debolee quella forte. Il bosone di Hig-gs è diverso perché ha il compi-to di dare massa a tutte le altreparticelle e, se così non fosse, ilnostro universo non esisterebbee ovviamente non esisteremmoneppure noi”. Dopo questa illu-stre scoperta, alla fisica italiana,il 7 Dicembre 2012, viene con-ferito, dal comune di Milano, ilpremio Ambrogino d’oro. Nel2013 con la seguente motivazio-ne: «Il premio Nonino premia inlei l’eccellenza di una ricercache ha un potenziale immenso,ma purtroppo è spesso umiliatanel nostro paese» le viene asse-gnato il Premio Nonino seguitodal Premio Enrico Fermi dallaSocietà Italiana di Fisica. Fabio-la Gianotti dopo essere stataidentificata come la settantesimadonna più potente al mondo (se-condo la rivista Forbes), è dive-

nuta la “regina”, non solo dellafìsica, ma anche del CERN, con-siderato il regno della ricercascientifica mondiale. Il CERNessendo il più grande centro diricerca nel mondo, permette atutti i fisici di farne parte, puravendo diverse culture e prove-nienze. La Gianotti afferma che:“// CERN non è solo un labora-torio di fisica delle particelle. Èscienza, tecnologia, innovazio-ne, istruzione. Ed è un esempiocompleto di collaborazione trascienziati di tutto il mondo. E dipace. Questa convivenza non cirende solo scienziati migliori. Cirende persone migliori”. Quin-di il CERN oltre ad essere ungrande centro scientifico, cele-bra anche la diversità in nomedella pace. Inoltre sostiene che:“II CERN ha anche la missionedella divulgazione della scien-za e dell’educazione. La suaesposizione permanente sul-l’universo delle particelle hadecine di migliaia di visitatori.

E uno degli aspetti rilevanti delnostro lavoro deve essere la for-mazione delle nuove generazio-ni. La loro crescita in termini dicultura scientifica è fondamen-tale, anche nei paesi in via disviluppo, dove l’istruzione è unadelle cose di cui hanno più biso-gno”. In futuro vedremo la no-stra fisica italiana raggiungere

vette ancora più alte dedican-dosi con passione agli studi deidati che il LHC, acceleratorepotentissimo senza precedenti,le fornirà, riuscendo a chiarirequestioni affascinanti della fi-sica che tutt’oggi sono ancoraaperte.

Angela Raffaela Scannelli, V M

non esisterebbe. E senza quella,neppure la vita, ovviamente. Lamassa è un problema per le no-stre teorie perché, prima dei la-vori di Higgs e altri teorici, nonera possibile inserirla nel nostro“quadro”. Tenerne conto porta-va a dover rinunciare ad altriaspetti della teoria, per i piùesperti, una simmetria, che ren-de così potenti e predittive lenostre teorie. Quello che Higgse altri introdussero fu un modoper spiegare perché certe parti-celle sono più pesanti di altresenza perdere la simmetria, cioèil potere predittivo della teoria.Ricapitolando: dopo il meccani-smo di rottura della simmetria,otteniamo delle particelle chehanno massa, il fatto che l’elet-tromagnetismo e la forza debo-le si comportano diversamente,e una nuova particella, il boso-ne di Higgs, che testimonia l’esi-stenza di questo meccanismo dirottura. E soprattutto, possiamopredire tutto questo grazie alModello Standard, che mantie-ne comunque la simmetria ori-

ginaria, e quindi la sua preditti-vità. Il Modello standard è la te-oria che organizza i componentielementari della natura in grup-pi, permettendoci così di studiar-ne e prevederne il comportamen-to. I componenti elementari sonoi leptoni e i quark, i 4 bosoni eanche la nuova particella scoper-ta. La rottura avviene ad un cer-to momento nella storia dell’uni-verso, pochissimi attimi dopo ilBig Bang, e se non fosse avve-nuta, non sarebbe neanche potutaavvenire in seguito la formazio-ne degli atomi, etc... Un esem-pio che si fa è paragonare il fun-zionamento del campo ad unosciroppo. Prima della rottura del-la simmetria, lo spazio è comevuoto: le particelle, che possia-mo immaginare come delle pal-line fatte di materiali diversi, gi-rano tutte alla stessa velocità,perché non incontrano alcuna re-sistenza. La rottura della simme-tria causa una condensazione delcampo di Higgs, che riempie tut-to lo spazio ma che prima eracome “vaporizzato”, che quindiassume una forma simile ad uno“sciroppo viscoso”. A questopunto, le particelle iniziano amuoversi in maniera diversa.Quelle che avranno una maggio-re interazione con lo sciropposaranno più lente, faranno “fati-ca” a muoversi, esattamentecome un corpo grosso e pesantefa fatica a muoversi. Quelle lacui interazione con lo sciropposarà minuscola, saranno solo leg-germente rallentate dal campo,rispetto al movimento originale.

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77Tiri ... ManciniEureka

Nato a Catania nel 1906, il fisi-co italiano Ettore Majorana ope-rò principalmente nell’ambitodella fisica nucleare e della mec-canica quantistica relativistica,con particolari applicazioni nel-la teoria dei neutrini. Ettore ri-velò una precocissima attitudineper la matematica, svolgendo amemoria calcoli complicati findall’età di 5 anni. Nel 1929 silaureò presentando una tesi sul-la meccanica dei nuclei radioat-tivi. In quel periodo effettuò al-cuni studi sulla spettroscopia esulla descrizione di particelle conspin arbitrario. Spaziò anche dal-la fisica terrestre all’ingegneriaelettrica, dalla termodinamicaallo studio di alcune reazioni nu-cleari non molto diverse da quel-le che sono alla base della bom-ba atomica. Intorno al 1931 sitrasferì, prima a Lipsia, poi aCopenaghen. Ritornato in Italia,si recava sempre più saltuaria-mente all’Istituto di Fisica di viaPanisperna; se ne stava a casa ecurava anche poco l’aspetto fi-sico. E’ il periodo più oscuro del-la sua vita. Nel 1937 EttoreMajorana accettò, dopo aver ri-fiutato Cambridge, Yale e Car-negie Foundation, la cattedra diFisica teorica all’Università diNapoli, dove strinse una profon-da amicizia con Antonio Carrel-li, docente di Fisica sperimenta-le presso lo stesso Istituto di Fi-sica. La sera del 25 marzo 1938Ettore Majorana partì da Napolicon un piroscafo alla volta diPalermo ove si fermò un paio digiorni. Prima di partire, avevascritto al suo grande amico diaver preso una decisione inevi-tabile e di non preoccuparsi del-la sua improvvisa scomparsa. Ilgiorno successivo Carrelli rice-vette da Majorana un telegram-ma in cui gli diceva di non pre-occuparsi di quanto scritto nellalettera precedentemente inviata-gli. Ettore non comparve più.S’iniziarono le ricerche e delcaso si interessò, dietro pressio-ni di Fermi, lo stesso Mussolini;fu anche proposta una ricompen-sa (30 000 lire) con l’obbiettivodi far chiarezza sul caso, ma tut-to risultò essere vano. A dire ilvero ci furono diverse personeche testimoniarono di averlo vi-sto. Le ricerche non diedero al-cun esito. Le indagini, condotteper circa tre mesi portarono gli

ETTORE MAJORANAinquirenti ad indagare sulla re-sidenza dei gesuiti, nei pressidella sua abitazione e sul Con-vento di San Pasquale dei Porti-ci. Ci fu una ridda di ipotesi, diindizi, ma non si ebbero mai si-curezze sulla sorte di Majorana.In mezzo a tanti dubbi l’unicacertezza è che egli nelle sue let-tere non menziona mai il suici-dio, prendendone, anzi, le di-stanze. Un altro elemento di cuitener conto consiste nel prelie-vo di una considerevole sommadi denaro (alcuni stipendi arre-trati) che Majorana fece primadi far perdere le sue tracce,l’equivalente di circa 10 miladollari attuali, oltre che dellasparizione del suo passaporto.Anche questo fatto, unito alla ra-zionalità della mente di Majora-na, rende poco probabile l’ipo-tesi del suicidio. In tutta questaconfusione le indagini non ces-sarono di andare avanti portan-do alla luce nuove importantinovità: il giorno prima di salpa-re da Napoli consegnò alla stu-dentessa Gilda Senatore una car-tella di materiale scientifico:questi documenti furono mostra-ti dopo vari anni al marito di lei,anch’egli fisico. Questi ne parlòcon Carrelli che ne parlò con ilrettore che li volle: dopo di chele carte si persero. Le ipotesi chesono state fatte sulla scomparsavolontaria di Ettore Majorana, aparte il suicidio, seguono soprat-tutto tre filoni: quello tedesco,quello argentino e quello mona-stico. La prima ipotesi supponeche egli sia tornato in Germania,paese che lo aveva profonda-mente affascinato, per mettere lesue conoscenze a disposizionedel Terzo Reich e che dopo laseconda guerra mondiale siaemigrato in Argentina. La secon-da si fonda su tracce di una suapresenza a Buenos Aires. Secon-do una terza ipotesi, sposata so-prattutto da Leonardo Sciascia,illustre scrittore che in primapersona si interessò al caso, nelsuo libro La scomparsa di Majo-rana, egli si sarebbe rinchiusonella Certosa di Serra San Bru-no, per sfuggire a tutto e a tutti,dal momento che non sopporta-va la vita sociale in virtù del suocarattere chiuso e, spesso e vo-lentieri scontroso. La terza ipo-tesi si riallaccia alla gioventù diEttore, che aveva frequentatol’Istituto Massimiliano Massimodei gesuiti a Roma. Tale ipotesiè sostenuta da Leonardo Sciasciache, nel suo libro “La scompar-sa di Majorana”, asserisce cheil fisico si sarebbe rinchiuso nel-la Certosa di Serra Sanna Bru-no, per sfuggire alla vita socia-le. Questa ipotesi viene ripresanel libro di Alfredo Ravelli “Ildito di Dio” (2014), dove il pro-tagonista racconta di aver cono-

sciuto il “maestro” in un conven-to e di aver collaborato con luinella realizzazione di alcuniesperimenti. Esiste anche unaquarta ipotesi, emersa intornoagli anni Settanta, che davaMajorana come un nomade inSicilia.Nonostante gli anni trascorsi,ancora nel 2008, si è parlato del-la vicenda durante la trasmissio-ne televisiva «Chi l’ha visto». Fuintervistato un italiano, emigra-to in Venezuela negli anni Cin-quanta, convinto di aver fre-quentato per lungo tempo il fi-sico, anche se questi non gliavrebbe mai rivelato la propriaidentità. Questa considerazionescatenò un vero e proprio puti-ferio, tanto che, dopo poco tem-po, la magistratura decise di ria-prire il caso. I RIS dei carabi-nieri hanno accertato la sua iden-tità in una foto scattata in Ve-nezuela nel 1955 in compagniadell’emigrato italiano FrancescoFasani. Ettore Majorana si face-va chiamare Sig. Bini. Nella suarichiesta di archiviazione il PMLaviani ha scritto: “I risultatidella comparazione hanno por-tato alla perfetta sovrapponibi-lità” dei particolari anatomici diMajorana (fronte, naso zigomi,mento ed orecchio) con quelledel padre. Il Fasani inoltre hafornito una cartolina che Quiri-no Majorana, fratello del padredi Ettore e anch’egli fisico difama mondiale, spedì nel 1920all’americano W.G. Conklin, eritrovata dallo stesso Fasani nel-la vettura di Bini-Majorana. Re-sta un mistero il motivo del suoespatrio con falso nome e qualesia stato il suo destino dopo il1959. Nonostante tutto, gli stu-di scientifici di Majorana diede-ro un contributo fondamentaleallo sviluppo della fisica moder-na e affrontarono in modo origi-nale molte questioni: nella suaprima fase pubblicò i suoi studiriguardanti problemi di spettro-scopia atomica, la teoria del le-game chimico (dove dimostrò lasua conoscenza approfondita delmeccanismo di scambio deglielettroni di valenza), il calcolodella probabilità di ribaltamen-to dello spin (spin-flip) degli ato-mi di un raggio di vapore pola-rizzato quando questo si muovein un campo magnetico rapida-mente variabile; inoltre si dedi-cò intensamente alla meccanicaquantistica, all’interno dellaquale lavorò su numerose formu-le scientifiche dando anche unateoria relativistica sulle particel-le ipotetiche. All’inizio deglianni venti si insinuò nella comu-nità mondiale dei fisici un ingen-te problema riguardante il bilan-cio energetico e il decadimentobeta, all’interno del quale com-paiono i neutrini e gli antineu-

trini. Tutt’oggi non si conoscecon certezza se la scoperta deineutrini sia da attribuire a Di-rac o a Majorana, ma si propen-de per quest’utimo. Il maggiorcontributo scientifico di EttoreMajorana è tuttavia rappresen-tato dalla seconda fase della suaproduzione che comprende trelavori: la ricerca sulle forze nu-cleari oggi dette alla Majora-na, la ricerca sulle particelle dimomento intrinseco arbitrario ela ricerca sulla teoria simmetri-ca dell’elettrone e del positro-ne. Famosa è anche l’equazio-ne di Majorana. Il fisico è ri-cordato dalla comunità scienti-

“Non entri chi non sa la matematica”Platone

Da sempre vi é un rapporto trala matematica e la filosofia. Giàin antichità, infatti, spesso lamatematica finiva essa stessaper essere una forma di filoso-fia. Gli esempi vanno da Era-tostene, che calcolò il valoredella circonferenza della Terra,a Talete, che oltre a calcolarel’altezza delle piramidi sfrut-tando l’ombra da esse proietta-ta, diede vita al famoso teore-ma che porta il suo nome, oancora a Pitagora ed ai pitago-rici (“il numero è il principio”)o allo stesso Platone, il qualediceva che se é vero che le sen-sazioni possono ingannarci éaltrettanto vero che la matema-tica ci dà certezze inconfutabi-li: che 2 + 2 = 4 é vero sempre,sempre lo é stato e sempre losarà. Con Aristotele, però, lamatematica passa in secondopiano e dovrà aspettare, per tor-nare in auge, il Rinascimentonel 1400 fino a diventare nel1600, con Galileo, lo strumen-to principale per lo studio del-la realtà e, al contempo, unadelle basi del metodo di analisidelle cose non quantificabili.Se, quindi, il metodo di ragio-namento della matematica fun-

ziona così bene in ambiti mate-matici, perché non provare adampliarlo anche ad altri ambiti(per esempio alla politica o allametafisica)? Cartesio, che oltread essere grande filosofo fu an-che un celebre matematico (pen-siamo al piano cartesiano), dis-se che così come per risolvereun problema complesso occorrescomporlo in più parti semplicida ricomporre una volta risolte,anche con il pensiero bisognaagire così: “dividere ogni pro-blema preso in esame in tanteparti quanto fosse possibile perrisolverlo più agevolmente”. Èevidente come in questo casovenga applicato il metodo ma-tematico anche quando la mate-matica non é applicabile, unen-do filosofia e matematica, che dasole, a suo avviso, erano ineffi-caci: “la filosofia si occupa inmodo non rigoroso di cose rea-li, la matematica si occupa inmodo rigoroso di cose non rea-li”. Questo metodo di approccia-re le problematiche è applicatoancora oggi nella vita quotidia-na e diventa un punto cardinedella logica filosofica e matema-tica insegnata nelle scuole.

Gennaro Picone, V F

fica internazionale per avere de-dotto l’equazione ad infinitecomponenti che formano la baseteorica dei Sistemi quantisticiaperti (computazione quantisti-ca, crittografia e teletrasporto).È, infine, insolito ricordarlo peravere introdotto la probabilitàche da una determinata coppianasca un figlio maschio. Il 12aprile 2012 la rivista Science hapubblicato uno studio che con-ferma l’esistenza dei fermioni dalui teorizzati nel 1938, che hannola caratteristica di coincidere conla controparte di antimateria.

Felice Passaro,Andrea d’Ambrosio, IV L

I ragazzi di Via Panisperna

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88 Scuola e dintorniTiri ... Mancini88

Il 2 aprile 2015 nell’universitàdi Garissa, città di 120.000 abi-tanti e capoluogo della Provin-cia Nord Orientale del Kenya,148 studenti cristiani sono statibrutalmente uccisi da un com-mando di uomini armati legatial gruppo fondamentalista di Al-Shabaab, un movimento forsemeno conosciuto rispetto ad al-tri - come Boko Haram in Nige-ria o lo Stato Islamico in Medio

Oriente - ma non per questomeno disumano e causa del per-durare della guerra civile soma-la. Il Kenya è uno degli stati incui lavora Amref, un’organizza-zione no profit con la qualela nostra scuola collabora daanni e che ha come obiettivo losviluppo economico e socia-le del continente africano.Nel numero scorso del giorna-le abbiamo descritto il mecca-nismo economico generatodalla costruzione dei pozzi, unprimo passo incoraggiante, masolo un piede in meno rispettoal lungo cammino che separai Paesi in via di sviluppo daquelli come il nostro, cammi-no che può essere reso più fa-cile e veloce da una sola cosa:l’istruzione.L’educazione delle menti produ-ce qualità della manodoperaumana, con la quale è possibileraggiungere i vertici dello svi-luppo tecnologico e, conseguen-temente, di quello economico.La morte di 148 studenti in unpaese come il Kenya (e, aggiun-gerei, in una provincia distantedal centro produttivo di Nairo-bi) dove la povertà è dilagante ein una Università con appena815 iscritti rappresenta per unintero territorio la morte dellasperanza.“I postumi dell’attentato sonopesanti come un macigno per unintero Paese e per centinaia difamiglie. I parenti delle vittimee spesso tutta la comunità in cuivivevano i ragazzi devono farei conti con un molteplice lutto:per la tragica fine di una vita, per

la violenza e l’assurdità di que-sta morte e per la perdita dellasperanza che quel ragazzo oquella ragazza rappresentavano,in una parte del mondo dovel’università è solitamente unmito irraggiungibile. In futuroper quei 148 ragazzi nessunopotrà dire: “Vedi? Loro ce l’han-no fatta”. Così commenta l’at-tentato Tommy Simmons, fon-datore di Amref Italia, dopo aver

Amref Health Africa si occupa di migliorare le condizioni di vita ela salute dei popoli africani.Questo obiettivo è raggiungibile in diversi modi, ad esempio co-struendo pozzi attraverso le offerte volontarie di chi decide di so-stenere questa organizzazione no profit.Quali possono essere i vantaggi che si ottengono dalla costru-zione di un pozzo? Portare acqua potabile nei villaggi e nellezone rurali dei paesi dove Amref opera, giova allo sviluppo delcontinente africano. La popolazione dei villaggi, infatti, grazie a questi progetti ha lapossibilità di restare nel proprio territorio, senza bisogno di fug-gire in cerca di una speranza di vita migliore, poiché viene ga-rantito non solo l’afflusso regolare di acqua potabile ma ancheun miglior tasso di igiene e i mezzi per sostenere un’attività agri-cola redditizia.L’acqua non è solo fonte di vita, ma permette anche l’esistenza diuna società organizzata.Dunque il pozzo, mezzo che garantisce acqua a tutti, è emblema diquei paesi che vogliono uscire dalla povertà e avviare un processodi sviluppo.La nostra scuola è riuscita, grazie a un’elevata sensibilizzazionesulla questione idrica, a finanziare la costruzione di sei pozzi traKenya e Tanzania.Ecco come un gesto che ai nostri occhi appare minimo e insignifi-cante è rappresentativo della speranza che ogni africano nutre persé, per i suoi familiari e per il proprio paese.

Carmine de Cristoforo e Claudio Strumia III E

Amref e la macchia di Garissa

Fonte di speranza

visitato all’ospedale di Nairobii sopravvissuti.Da molti anni Amref lavora aprogrammi per l’istruzione inAfrica: partendo dal garantire glistandard minimi di salubrità ne-gli ambienti scolastici, oggiAmref, dopo il 2 aprile, sente didover intensificare i suoi proget-ti, l’educazione dei ragazzi distrada delle baraccopoli (dove iltasso di scolarizzazione è anco-ra del 5%), la formazione nellescuole secondarie anche delledonne, spesso emarginate neipaesi più poveri, la formazionedi ostetriche, infermieri, mediciper garantire la sicurezza del-l’Africa di domani nel momen-to della nascita e per migliorarela salute di tutta la popolazione. Con questo impegno costante,Amref assicura che la memoriadi quelle 148 persone non finirànell’oblio.

Costantino Ferrarese III E○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○

“Fonte di speranza”: un pozzo per non migrare

Sono stati migliaia i migranti morti in mare nel tentativo di fuggiredall’Africa in fiamme o dal Medio Oriente in guerra, uomini, donne,bambini annegati mentre cercavano una vita migliore. È impossibilestabilire un numero complessivo delle vittime, più di 700 solonell’ultimo naufragio lo scorso 19 aprile nel Canale di Sicilia. ”Il Mediterraneo non sia un cimitero”: le parole di Papa Francescoa Strasburgo descrivono ciò che quelle acque sono ormai diventate,un’immensa fossa comune.Secondo Guglielmo Micucci, direttore della sezione italiana diAmref, i migranti sono: “… gente che fugge da guerre, persecuzionie miseria, migliaia di persone che ogni mese lasciano tutto, i lorocari, i loro beni, il diritto ad avere un futuro normale dove sononati, esclusivamente per salvarsi la vita. L’Europa non riesce adare una risposta adeguata. Amref Health Africa lavora nei Paesida dove queste persone fuggono. Lavoriamo proprio per migliorarela loro condizione di salute così da permettere loro di rimanerenelle loro comunità. Sappiamo bene cosa significhi vivere in quellesituazioni e proprio per questa ragione, con forza, specialmenteoggi, ribadiamo l’importanza che l’Italia e l’Europa possanodiventare un vero luogo di accoglienza. Per dare una speranza disalute a tutte quelle persone che fuggono”.

You made it happen:

Dal 2010 il Liceo Scientifico “Mancini” collabora con AmrefHealth Africa per migliorare le condizioni di vita delle popolazioniafricane. Attraverso raccolte di fondi sono stati finora realizzatisei pozzi in altrettanti villaggi in Tanzania e Kenya. È il nostrocontributo alla salute dell’Africa: un pozzo, infatti, non è solouno strumento di sopravvivenza ma un vero e proprio fattore disviluppo per centinaia di persone. Ora stiamo raccogliendo i fondinecessari per costruire un settimo pozzo che sarà chiamato “Fontedi speranza”: aspettiamo perciò le vostre offerte.“L’Europa sta a guardare sugli immigrati, che qui sono sfruttatidalle mafie fin quando servono. È un sistema di schiavitù chedura ormai da decenni. Bisogna andare nei paesi poveri acostruire scuole, pozzi, serre per aiutare queste persone a essereautosufficienti”.

(Nicola Gratteri, magistrato antimafia)

il Liceo “Mancini” con Amref per la salute dell’AfricaDevi tornare a casa. Ne avessi una, restavo.Nemmeno gli assassini ci rivogliono.Rimetteteci sopra la barca, scacciateci da uomini,non siamo bagagli da spedire e tu nord non sei degnodi te stesso.La nostra terra inghiottita non esiste sotto i piedi,nostra patria è una barca, un guscio aperto.Potete respingere, non riportare indietro,è cenere dispersa la partenza, noi siamo solo andata.(…)Faremo i servi, i figli che non fate,nostre vite saranno i vostri libri d’avventura.Portiamo Omero e Dante, il cieco e il pellegrino,l’odore che perdeste, l’uguaglianza che avete sottomesso.

(Erri De Luca)

Migranti, la strage infinita

Solo andata○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○

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99Tiri ... ManciniScuola e dintorni

Sono passati più di trent’anni daquando, nel 1984, venne orga-nizzata la prima competizionedel progetto “Olimpiadi dellaMatematica”. A quei tempi talicompetizioni erano esclusiva-mente individuali e bisogneràarrivare al 2005, perchè questevengano affiancate dal progetto“Gare a Squadre”.Una squadra è composta da die-ci persone, scelte nelle varie se-zioni e appartenenti a tutti i treanni del triennio, fra queste perogni gara vengono scelti settetitolari che parteciperanno allacompetizione e tre riserve.Le gare durano dai 90 minuti alledue ore, in base all’edizione esono composte da 24 quesiti arisposta numerica. Ogni proble-ma vale lo stesso punteggio dibase degli altri e aumenterà ilproprio valore durante il tempose irrisolto, sarà quindi il corsodella gara a stabilire quale pro-blema vale di più. Tra i titolaribisogna scegliere un capitano eun consegnatore, che devono ri-spettivamente chiedere informa-zioni sul testo e consegnare larisposta esatta.Nessuna scuola di Avellino ave-va mai partecipato fino ad ora.Alle selezioni provinciali, svol-te presso il Liceo G. Rummo, diBenevento, il Mancini ha subitopreso posizione, gareggiando inun testa a testa con la squadradel Rummo.Dopo i 90 minuti previsti dallagara venne comunicata la clas-sifica che vedeva la squadra delnostro Liceo al secondo postocon pochi punti a separarla dal-la prima classificata.È stato così che, grazie a AnnaTortoriello (III C), Bruno Dose(III H), Daniele Calzolari (V C),Domenico Riccardi (IV H), Fe-lice Fruncillo (IV F), FrancescoBartoli (V H), Gennaro Picone(V F), Giacomo Hermes Ferraro

(IV C), Giuseppe Colella (V G)e Simone Tedeschi (V D), ilMancini si è qualificato per laGara a Squadre nazionale, a Ce-senatico.Tutto ciò non sarebbe stato pos-sibile senza la coordinazionedella squadra e l’aiuto dei nostriprofessori i quali, non solo han-no organizzato la partecipazio-ne del nostro Liceo alla gara, masoprattutto si sono impegnatinella preparazione degli studentialla competizione.Da venerdì 6 marzo, quandovenne svolta la fase provincia-le, i vari membri della squadrapartecipano periodicamente adallenamenti ed esercitazioni permigliorare ulteriormente le lorocompetenze nei vari ambiti del-la matematica, come ad esempioalgebra, statistica e combinato-ria, geometria ma anche campinon approfonditi dai programmidi itinere come la Teoria deiNumeri.Periodicamente la squadra è sta-ta iscritta a delle simulazionionline con un grado di difficol-tà simile a quella prevista per lafase nazionale. Alla simulazio-ne partecipano le stesse squadreche si incontreranno a Cesaticoper la finale ed è stato di inco-raggiamento quando, nel 30marzo, il Mancini si è qualifica-

to terzo nel proprio girone.La fase nazionale inizierà il 7maggio e terminerà il 10 mag-gio e si dividerà in due gare: 96squadre sono state selezionate intutta Italia, queste saranno divi-se in quattro gruppi. Da ognunodi questi gruppi verranno sele-zionate sei squadre che parteci-peranno alla seconda fase. IlMancini avrà modo di confron-tarsi con squadre rinomate edesperte, riconosciute a livellonazionale come il Liceo “N.Copernico”, vincitore per treanni consecutivi della medagliad’oro di queste competizioni.Ma questo non sarà motivo discoraggiamento per la nostrasquadra.A prescindere da quale sarà ilrisultato di questa gara ciò cheemoziona la nostra squadra èl’idea di aver aperto una stradaper le prossime edizioni delleOlimpiadi, Gara a Squadre, eanche quando alcuni membrinon potranno più partecipareperchè avranno terminato il per-corso di formazione liceale ver-ranno sostituiti da nuovi alunniche, accumunati dalla stessa pas-sione per la matematica, conti-nueranno a portare sempre piùin alto il nome del Mancini.

Gennaro Picone, V F

La forza della squadra

Grazie al gruppo IGS, i ragazzidella III e della IV E si sono ci-mentati quest’anno nel program-ma formativo di Laboratorio dicomunicazione Students Lab.com Mancini Avellino; Tiri...Mancini ha chiesto ad alcuni diloro di descrivere questa espe-rienza:«È lavoro di squadra e sanacompetizione» ci dice GennaroCapasso, il responsabile finan-ziario per Apollo 11 s.p.a.; «Ineffetti, in poco tempo siamo riu-sciti a realizzare un progetto di-vertente ed educativo» confer-ma la sua collega, FrancescaSerrone, una degli addetti al-l’evento; «È stata un’esperien-za interessante, ma, soprattutto,questo percorso ci ha consenti-to di avere una visione un po’

più “interna” del mondo del la-voro» spiega poi Francesco Ba-rile, uno dei due addetti webdella piccola azienda di comu-nicazione; l’AmministratoreDelegato, Sarah D’Angelo, com-menta dicendo che «è tutto mol-to strano; la simulazione com-prende proprio tutti i passaggifondamentali che un’azienda dicomunicazione deve compiere».La professoressa A. Cannevale,che ha proposto questa attività,ha poi profuso il suo impegnonel far quadrare i conti con le oredei corsi curriculari e del proget-to; il professor Alfonso Zammar-relli, incaricato invece dal grup-po IGS, è stato la guida delle dueclassi durante questo percorso.Nel corso dei vari incontri, i ra-gazzi si sono divisi in “fazioni

avversarie”: due team che sisono impegnati a promuovere unprodotto e due a dare un mes-saggio sociale. Con la gentilecollaborazione delle Masseriedel Nonno, i ragazzi di Apollo11 s.p.a., Imagine s.p.a., UAgency s.p.a. e JollYdea s.p.a.hanno sperimentato il lavoro diuna vera Azienda di Comunica-zione: sono stati nominati gliAmministratori Delagati, i re-sponsabili finanziari, gli ac-count, gli addetti web, alla stam-pa e all’evento: questi ultimihanno profuso il loro impegnoper organizzare una conferenzaufficiale per presentare i lavoridei partecipanti, la quale si è te-nuta il 5 marzo presso l’aziendacliente.

Sarah D’Angelo, III E

Che fra noi si nasconda il futuro dell’economia mondiale?

Dal 15 al 17 aprile, alcuni alun-ni della nostra scuola, in rappre-sentanza delle classi quinte,sono stati invitati presso la sedeuniversitaria di Fisciano a pren-dere parte ad un’iniziativa orga-nizzata dall’UMI-CIIM con lacollaborazione dell’Universitàdegli studi di Salerno e del CIR-PU- Consorzio Universitario Ir-pino. In questi giorni ci è stataproposta la possibilità di parte-cipare a convegni, circa le rela-zioni che intercorrono tra mate-matica e letteratura, tenuti daprofessori universitari prove-nienti da tutta Italia. Il delicatorapporto tra la dimensionescientifica e quella umanisticaè stato analizzato in manieradettagliata in tutti i suoi aspettipiù profondi, sottolineando ivasti punti di contatto esistentitra due mondi, che a torto sonoritenuti in contrasto. La ricchez-za delle relazioni tra matemati-ca e letteratura è testimoniata datanti famosissimi autori, classi-ci e moderni, italiani e stranie-ri, da Platone a Lucrezio, daDante a Leopardi, da Musil aMann, da Calvino a Sinisgalli epoi a Goethe. Docenti di univer-sità quali quelle di Genova, diUrbino, di Firenze, di Siena, diRoma, di Ancona e di Cameri-no ci hanno illustrato particola-ri percorsi di simbiosi di questediscipline, tra loro così incon-sciamente intrecciate nella real-tà. Siamo stati invitati ad elabo-rare riflessioni ed a dare vita adiscussioni di confronto su

Mate-ratura: Tutto ciò di cui èimpegnata la nostra quotidianietà

quanto appresso nei briefingssvolti nell’arco di queste tre in-tense giornate per stimolare innoi giovani la curiosità per unapprendimento nuovo quantointeressante quale è stato questomultidisciplinare. Sorprendenteè infatti stata la scoperta di tan-te e tali affinità di natura ideo-logica, concettuale ed universa-le tra le due sfere. Matematica eletteratura sono entrambe scien-za e nascono dentro di noi adugual modo, proprio come i so-gni, come bisogni della personasuscitati da passioni, riflessionie progetti. Impossibile biasima-re poi la loro natura risolutoriadi ogni incongruenza della real-tà, le nude verità che svelano,l’equilibrio tra le parti che sonoin grado di instaurare. Tutto èstudio di accostamento e sequen-za in matematica, fisica, chimi-ca così come lo è in letteratura,filosofia, arte. Dimensionescientifica e umanistica: dispo-sizioni e sintesi, essenzialità eintuizione, profondità e misura,stimoli della creatività e deside-ri di ricerca, rispetto delle rego-le e immaginazione. Evocativoè il potere di ogni formula comeesattezza e rigore è ogni meta-fora e disposizione poetica. Allostesso tempo, aderenza a valorie potere di immaginazione, sen-so dei limiti che ci costituisco-no e desiderio di travalicarli.Semplicemente meraviglia delsapere.Alessandra Adamo, GiorgioFontana, Marcello Nini, V B

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1010 Tiri ... Mancini

Risulta sempre difficile scrive-re su un argomento quando tut-to quello che si riesce a sentireè mancanza. Si ritorna semprelì: il centro gravitazionale, il soledi una galassia umana, il perchésenza risposta. Ed è ancora piùdifficile scrivere una poesiad’amore quando dentro non siprova altro che un costante vuo-to, un vuoto che si vorrebbe col-mare, ma che ancora una voltaresta mancanza. Mancanza na-scosta, che tenti di celare al re-sto del mondo, un mondo chenon può capire un tuo battitosenza esser stato te: cercare dicondividerlo resta qualcosa diinimmaginabile, fidarsi dopoaver sentito la lama affondarenelle spalle, l’amaro tra le lab-bra, la delusione attaccarsi allapelle. Il resto rimane in secon-do piano, sfondo apparentemen-te perfetto di una vita senza al-cun senso, oceano che sembradover essere ammirato sempreda lontano, irraggiungibile, conocchi offuscati, accecati dal ran-core, dal rammarico, da un odioche implode ogni giorno, fino araggiungere il limite della sop-portazione, fino a spegnersi.Fino a lasciare il vuoto.Ed è proprio dal vuoto che na-sce l’amore. Da quelle mancan-ze che si incastrano, si smussa-no, combaciano. Dai silenzi ca-richi di parole, dal vento chescompiglia dentro e fuori, che famuovere quell’oceano sepolto,tempesta testimone delle nostrepaure, della nostra vita.Dagli sguardi che sanno legger-ti dentro, che capiscono forseche c’è qualcosa in tutto quel-l’essere niente, esiste un mon-do, esiste e fa paura. La morte,la sofferenza, il dolore diventa-no quasi leggeri se non si è dasoli, se si combatte insieme. Sesi diventa consapevoli, se si ca-

Sospiri e resti,Tucon quelle parole che hai regalatoal Vento,quei frammenti che hai celato alresto del mondo.Si fondono i nostri respiri,mentre le onde siinfrangonocontro quell’immensitàche mi porti costantementedentro.E ho amato, semprei suoni di quei tuoi sguardi,perfino adesso che vengosommersa da questo silenzio cheprofuma divuoto.Riesco a sentirli, insieme a te,accompagnati da unabrezzache sembra non sfiorarci mai.VivendoNascondo le tue paureNelle mieE la morte mi sembraLeggera.

Francesca Valentino V C

Controtempo

Controtempo

Le nostre vittorie

Le cime del ManciniAncora una vittoria! L’ennesi-ma conferma della grande pre-parazione e dell’impegno pro-fuso dai cervelli brillanti delMancini.Il 10 maggio si è svolta la ma-nifestazione conclusiva dellafinale delle Olimpiadi della ma-tematica 2015 che si sono svol-te a Cesenatico. Hanno parte-cipato più di 300.000 studentidi oltre 1500 scuole di tutta Ita-lia. La squadra del Liceo scien-tifico “Mancini - composta daGiacomo Hermes Ferraro, Da-niele Calzolari, Gennaro Pico-ne, Giuseppe Colella, SimoneTedeschi, Felice Fruncillo,Bruno Dose, Domenico Riccar-di, Giuseppe Pio Pisa, AnnaTortoriello” - tra migliaia disquadre partecipanti è arrivataad un passo dalla finalissima.Tra loro, Giacomo Hermes Fer-raro e Daniele Calzolari - unicirappresentanti della provinciadi Avellino - hanno partecipa-to anche alle finali individuali:Giacomo si è qualificato nellafascia d’argento, Daniele haconseguito la menzione d’ono-re. Questi ragazzi non sononuovi a successi in camposcientifico: il primo ha al suoattivo la fascia oro alle Olim-piadi della matematica del2014, l’argento alle Olimpiadidella fisica (poi fascia bronzonazionale), l’oro al premio Ca-ianiello (già argento 2014),quarto nazionale ai Giochi in-ternazionali matematici dellaBocconi; inoltre, ha partecipa-to al Winter Camp della Scuo-la Normale di Pisa ed è tra i fi-nalisti, il prossimo 16 maggio,alle finali della Bocconi.Altrettanto prestigioso il curri-culum di Daniele che ha con-seguito l’argento alle Olimpia-di di Fisica, l’oro al premioMorelli 2015 (già bronzo2013), l’argento al premio Ca-ianiello (già argento 2014), vin-citore di una borsa di studiopresso la Scuola SuperioreNormale di Pisa (2014) e di unaborsa di studio presso la Duca-ti di Modena (2014); è, inoltre,finalista ai Giochi internazio-nali matematici della Bocconie bronzo nei Giochi matemati-ci di Bari ed ha al suo attivopubblicazioni su riviste scien-tifiche ed interventi in conve-gni di settore. Il prossimo 16maggio disserterà de “La mo-dellizzazione geometrica diMinkowski della relatività ein-steiniana” nel convegno nazio-nale Mathesis a Castellamma-re di Stabia.Anche gli altri componenti del-la squadra si sono distinti per

Il 15 febbraio, nella splendidacornice del santuario di SanFrancesco a Folloni di Montel-la, si è tenuta la premiazione delconcorso “Amore in versi”. Lacerimonia di premiazione è sta-ta preceduta dal recital “Amorch’a nulla amato amar perdona”di Alessandro Quasimodo, figliodel noto poeta Salvatore, che harecitato alcuni dei capolavoridella letteratura mondiale dedi-cati all’amore. Gli alunni delMancini hanno mostrato ungrande interesse ed una partico-lare sensibilità verso il mondodella poesia, riuscendo ad otte-nere il primo premio con “L’ul-timo raggio di sole” di MartinaSemenza della IV C e la men-zione per “Controtempo” diFrancesca Valentino della V C.Martina ha raccontato: “Non èla prima volta che partecipo aun concorso di letterario. Inve-ro, esito sempre un po’ prima dipartecipare, perché so che ciòche scrivo è ciò che realmentesono. Partecipare, quindi, vuoldire mostrarmi senza alcunamaschera. Poi, mi convinco,pensando che è l’unica occasio-ne per permettere ai miei tantifogli sparsi sul fondo di un cas-setto di prendere vita. E’ ancheun’occasione per confrontarmicon me stessa e con gli altri, pervincere la mia grande insicurez-za. Vincere il concorso è statasicuramente una grande emozio-ne, ma è stata ancora più fortel’emozione di ascoltare la miapoesia letta da Alessandro Qua-simodo: la sua voce, le sue pau-se, il suo scandire le parolel’hanno resa un piccolo gioiel-lo”. Annalisa Antonelli della IVC ha commentato così la sua par-tecipazione al concorso: “Per ca-rattere non partecipo quasi mai

a gare o concorsi, ma, stavolta,ho voluto sfidare me stessa. Stocercando di tirar fuori dalla pa-gine i miei pensieri e farli arri-vare ad altri, anche attraverso ilweb. E’ bello fermarsi un mo-mento e scrivere, ma non persfoggio del proprio sapere, perdimostrare qualcosa, perché sene ha bisogno. Perché scrivere èguardarsi dentro, osservare e tra-durre in parole. Scrivere unapoesia, così come dei pensierioppure un racconto, vuol direscrivere di se stessi; è un modoper capire e per capirsi e, per-ché no, nel caso di un concorsoletterario, di farsi capire. Così ho

Un inverno muto

La neve di questo dicembreha nascosto ogni sentimento,ogni colore, ogni cuore.Porta indietro le lancette ,torniamo a quel sole di luglio chebruciava la battigia,ci illuminava gli occhie li faceva brillarecome mare di cristallo.Riportami tra le onde,nuoto io per noi.E se diranno che non è abbastanza,tu gridache l’amore non è forza,è poesia.

Annalisa Antonelli IV C

Corona d’alloro

brillanti risultati nelle variecompetizioni scientifiche, inparticolare Giuseppe Pio Pisa(2014) e Felice Fruncillo

(2015) che hanno vinto unaborsa di studio presso la Scuo-la Superiore Normale di Pisa.

La Squadra

lasciato che il coraggio si faces-se spazio tra le mille paure e in-sicurezze, ho ripescato una vec-chia poesia ed ho deciso di in-viarla”. La partecipazione di piùdi 360 ragazzi, provenienti datutta la Provincia di Avellino,dimostra che a vincere il concor-so è stata la passione di chi cer-ca di strappare all’industria delcinismo una ricchezza, con lasperanza che essa possa diven-tare un bene comune. Riscopri-re la poesia, infatti, significa ri-scoprire quel battito atavico evitale così necessario all’animadi ognuno di noi.

Annalisa Antonelli,Martina Semenza IV C

pisce che non si possono colma-re i propri vuoti ma si impara adaccettarli, a conviverci, a porliin un angolo dell’anima e si la-sciano vivere lì, presenza co-stante che non fa più paura, chenon condiziona, che non distrug-ge. Le persone continuano ognigiorno a farsi innumerevoli do-mande e non si accorgono diquante risposte giacciano sulfondo.

Francesca Valentino V C

Oltre il dolore, oltre il limiteaiutami, o Malek, a comprendereperché l’odio ha trionfato a Parigi.Trova una ragione per me,per noi e per chi non smette di amare.Dimmi cosa è cambiatoda quando il mondo,nelle notti di maggio,riposava nei nostri respiri,da quando noi, tenendoci per mano,pregavamo, insieme, il tuo ed il mio Dio,da quando affidavamo alla luna,sotto un tetto di stelle,i nostri segreti, il nostro domani.Noi, che non conosciamo confini,che non ci sentiamo stranieriora, ci scopriamo fragili, soli,divisi da un mare in tempesta,travolti da voci che inneggiano all’odio,colpiti da sguardi che graffiano il cuore.E qui, sulla riva delle nostre vite,restiamo fermi,fermi a guardarel’ultimo e inaspettato raggio di solein una grigia giornata d’inverno,per far sì che il nostro amorelasci semplicemente un segno,in questo mondo feroce,prima che lo raggiunga la sera.

Martina Semenza

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L’ultimo raggio di sole

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1111Tiri ... ManciniScrittura ... che passione 1111

«Laura, Laura!» la chiamò Fran-cesco, tutto emozionato.La ragazza dai capelli biondi sivoltò ad osservare il compagnodi classe, che all’improvvisosembrava essere stato travolto daun uragano: rosso come un po-modoro, non faceva altro chepassarsi una mano fra i capellicon aria imbarazzata, in un modoche avrebbe fatto pensare chequel gesto spasmodico lo tran-quillizzasse… ma Laura pensòpiuttosto che in quel momento gliservisse un sacchetto antipanico,di quelli che si usano per respi-rarci dentro.«Dimmi» lo incoraggiò gentil-mente, indotta forse dalla pietàche muoveva in lei il vederlo inquelle misere condizioni.«Ecco, io…» balbettò Francesco,forse nel tentativo di riordinarele idee, «Ho scritto una poesia»confessò infine, con il tono di unpentito di mafia che stia per vo-mitare sul banco dei testimoni acausa della tensione. «Mi chie-devo se volessi leggerla…»«Oh» si ritrovò a dire Laura, lie-vemente sorpresa dall’apprende-re questo nuovo dato. «Non tifacevo tipo da queste cose…»ammise lei, come se confessareun reato a propria volta potesseaiutare il poveretto.Francesco le tese un fogliostrappato da un quaderno, tan-to spiegazzato e pieno di segnidi cancellature che sembravatornare or ora da un fronte diguerra.Laura, seppur poco convinta, loprese e iniziò a leggere:

Il giorno ch’io ti vidi e trimai,la sospirata jioia,quel dì gentile, mai obliviai.Si mi sorrideraimi vedrai di rossor tinto,febbrile.

Tempo e tanto e te con cotanto,co’ fiacco fiato,mano tremante, io cantoincantato, solo nel pianto.Ti vidi, immota in pieta di Dio.

I’ son artista,tu mia luce franca.Non deve certo articolar verbap’esse degna e lodech’il cor spalanca.

Pura si fatta e dir più non piace,come oggetto di formae pensiero che altroche non Amor non compiace.

Vi starete dicendo: “Qualcunoche si applica a scriverti un so-netto in endecasillabi “perfetti”,deve per forza tenerti in grandeconsiderazione!”Ebbene, quell’elaborato sonetto,che a qualcuno potrebbe suonarromantico, fece invece nascere in

Il giorno ch’io ti vidi e trimaiLaura dapprima un moto di rab-bia, poi uno, seppur meno inten-so, di pietà.«Carina» disse allora Laura, cer-cando di non sbilanciarsi, per poirestituire il foglio al ragazzo.«Carina?» farfugliò dunqueFrancesco, incerto se essere lie-to di quell’osservazione minima-lista o trarne il punto di parten-za per la depressione.«Beh, cosa vorrebbe dire “Nondeve certo articolar verba”?»fece notare dunque la ragazza,in tono accusatorio e altisonan-te, come se improvvisamentetorreggiasse su di lui.«Beh… ecco… è come dire chenon c’è bisogno che parli, per-ché…» provò a spiegarsi Fran-cesco, ma ormai ogni tentativosarebbe stato vano…«Credi che una ragazza non siadegna di esprimere il propriopensiero?» lo incalzò lei, spie-tata.«Ma no!» tentò ancora France-sco, ma sempre con minor con-vinzione di ciò che dovesse es-sere detto. «È… come dire…una divinità non parla!»«La divinizzazione femminileche gli artisti fanno nei confrontidelle loro muse, nonostante sem-bri apparentemente un’infinitaforma di rispetto per la creaturafemminile in questione, è in re-altà una celata forma di profon-do maschilismo!» controbattéLaura, diretta al nocciolo dellaquestione, con un tono così ca-tegorico ma allo stesso tempotremendamente ragionevole chesembrava non vi potesse essereal mondo un modo per ribatterecontro quell’argomentazione:ebbene sì, a volte la verità faquesto effetto. «In parole pove-re,» esplicitò sinteticamenteLaura, «è una visione romanticadella sottomissione femminile».Francesco a quel punto sembra-va una melenzana fritta: tuttoaccartocciato su se stesso in pre-da a quella che sembrava unapresa di coscienza.«Pensaci bene» lo incoraggiòancora Laura, adesso piena diuna sicurezza ancor più forte,causata dalla reazione (positiva)di Francesco, che era davverosulla strada giusta per capire apieno il proprio, madornale er-rore. «L’artista decanta la musae crea un’opera ispirata alla suaideale magnificenza» illustròanimatamente e gesticolanteLaura, «facendo questo, lui è“l’artista”…» in questa, assun-se una posa ispirata al Pensato-re di Rodin. Poi ci fu una pausadrammatica. «E lei cos’è?» posela domanda con un acuto, a pre-cisazione dell’importanza diquel quesito. Prima che France-sco potesse azionare il propriocervello per meditare sulla rispo-

sta, Laura affermò: «Un ogget-to!»«Beh… ecco, io non intende-vo…»Ma ormai Laura era inarrestabi-le, un treno in corsa senza freni,un fiume in piena nella stagionedelle piogge: «Come si ricorde-ranno di loro i posteri?» incalzòancora la ragazza.Francesco, con gli occhi sbarra-ti, aveva ormai deciso di rinun-ciare e lasciarsi trasportare daquei flutti di verità.Intanto Laura aveva tirato fuori- da Dio solo sa dove - un caval-letto da disegno e un grosso car-tellone, di quelli con i grafici dariunione di consiglio aziendale,

e ci stava scarabocchiando so-pra a lettere cubitali:ARTISTA = GENIO«E la musa è MUTA!» ormaiLaura aveva gli occhi di uno psi-copatico, ma in quella sua sanis-sima follia c’era qualcosa di ce-lestiale (Platone avrebbe benriassunto quell’espressionecome: “Il bello splendore delvero”). «La musa» ribadì Laura,«è solo uno strumento che con-sente all’artista di autocelebrar-si, ma di lei non vuole saperealtro!»Francesco, liquefattosi davanti acotanta ragionevolezza, non sep-pe cosa dire, poiché Laura ave-va, in sostanza, dimostrato ciò

che la sua poesia realmente era:narcisismo, maschilismo e arro-ganza ben mascherati.«Allora» disse poi Laura, quan-do gli astanti ebbero terminatodi applaudire il suo comizio,«chi è la sfortunata?»«Veramente…» balbettò France-sco, che ormai aveva stabilitoche peggio di così non potevaandare, «Eri tu».Le due parole, che forse a quelpunto avrebbero anche turbatoqualcuno, portarono sulle lab-bra di Laura un gran sorriso:«Ciccio, mi hai preso per unangelo?»

Sarah D’Angelo - III E

Quel giorno stava andando pro-prio tutto storto. Era il mio uni-co giorno libero quel mese ed ioero lì, a girovagare come un dan-nato per quella palude urbana.Uscito di casa avevo trovato unmessaggio della polizia sul-l’uscio di casa: “Abbiamo pre-levato la sua autovettura. Per in-formazioni contatti il numerosotto indicato o consulti l’appo-sito sportello in centrale.” Sulcatrame bagnato rimanevano isegni della presenza semestraledella mia macchina. In lontanan-za la vidi allontanarsi con uncarro attrezzi. Poco dopo mi fer-mai vicino a un semaforo ad ac-cendere un sigaro quando unamacchina mi sfrecciò su un pie-de. Nonostante le colorite impre-cazioni e gli svariati epiteti chescagliai contro il conducente,continuai per la mia strada dopoche questi si erano rivelati inu-tili. Il cielo grigio di pesanti nu-vole osservava il tran tran mat-tutino avvolto da ventate gelide.Io ero uscito tutto intero dall’in-cidente col pirata della strada e,sprofondando nel mio imperme-abile, mi avviavo veloce versoil bar più vicino. Ad un tratto ilmondo sembrò fermarsi. Il suo-no del corpo che fendeva l’aria,

sembrò sopraffare quello deiclacson e dei veicoli in corsaquella mattina. Ancora più fortesembrò l’impatto con il marcia-piede. Un uomo in un completonero si era lanciato dal palazzoalla mia destra finendomi rovi-nosamente davanti. Guardail’uomo e poi la finestra dallaquale si era lanciato. Corsi nelpalazzo fino al piano al quale ap-parteneva la finestra. Dall’uffi-cio uscì di corsa un fattorinomentre si alzava il cappuccio dalcappotto. “Fermo!” gli urlai,“sparo!”, e gli puntai la pistola.Lui fu più pronto e con la suasparò diversi colpi verso di me.Io feci lo stesso. Poi mi accasciaia terra stordito. Pensavo fosse lafine. Prima di chiudere gli occhiintravidi il “fattorino” sul pavi-mento scuro e gli uomini dellavolante circondarci veloci conaltri colleghi in borghese. Venniassalito dal buio. Immagini diuna pioggia di gente suicida chesi lasciava cadere nel vuoto; epoi i superiori che mi licenzia-vano. “Commissario?” la vocemi rimbombava in testa. Aprii gliocchi. Il viso familiare mi su-scitò una gioia indescrivibile, maallo stesso tempo mi inquietò.“Dent? Anche tu?”. Cercai di

alzarmi ma lui mi fermò. “Stiacalmo commissario! Stia calmo.Ha avuto una gran bella fortunaieri”. “Sono…?” chiesi ancorastordito, “Si, è vivo. Quel pro-iettile l’ha solo sfiorata”. Per unattimo percepii qualcosa sullamia testa e, nonostante la flebo,mi toccai delle bende sulla testa.Mi tornò tutto in mente. “Queltipo? Lo avete preso?” chiesi.“Mi fa piacere che non abbiaperso la memoria commissario.Eravamo sicuri che aveva persoconoscenza.” Mi voltai e vidi dichi era quella voce bassa e rau-ca. “Sono il primario di questoreparto” disse un uomo alto ecalvo in un camice candido. Glifeci un cenno con la testa e tor-nai a chiedere della strana vicen-da al mio collega. “Il direttoredella casa farmaceutica Brinamè caduto dalla finestra del suoufficio dopo essere stato co-stretto a bere un sonnifero mol-to potente dal signor Brown unex dirigente in una grave situa-zione economica”. Brown siera introdotto nel palazzo tra-vestito da fattorino per mano-mettere dei documenti e ucci-dere l’ex collega.

P C, I A

Una giornata da dimenticare

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Tiri ... Mancini1212

example, are a form of smallmetal sculptures produced overthe period 1400–1900; someapparently represent proverbs,contributing a narrative ele-ment which is rare in Africansculpture; royal regalia inclu-de impressive gold sculpturedelements. Many West Africanfigures are used in religious ri-tuals and are often coated withmaterials placed on them forceremonial offerings.

Music and dance are surely theforms of art generally most ap-preciated among worldwidemusiciansTogether with story-telling theyare among the ancient art for-

ms that have flourished formany centuries in Africa. Mu-sic and dance are terms that wewill use to denote musical prac-tices of African people. Weknow that ancient African so-ciety did not separate their eve-ry day life activities from theirmusic and other cultural expe-rience. In fact music and danceare activities that characterizean African musical expressionand play an important part inthe lives of the people so asmany African cultures don’teven have a word for music anddance.Traditional Sub-Saharan Afri-can music is as various as theregion’s various populations.The common perception ofSub-Saharan African music isthat it is rhythmic music cente-red around the drums, and in-deed, a large part of Sub-Saha-

Nowadays Italy accomodatesmany immigrants. These peo-ple run away from their coun-tries because of political andhealth problems. They come toour land with the hope of a bet-ter life but often they are misju-dged because many of us thinkthat they may increase econo-mic problems and may commitcrimes. They are seen just likedifferent people, worst of us;but being different isn’t being

worst. In fact we can learn somuch from them, for exampletheir costumes, their languages,their culture in general.The latter is rich in art, music,religious beliefs, indeed.As far as art is concerned Afri-can art is a term usually usedfor the art of Sub-Saharan Afri-ca, but Africa has so many cul-tures, in fact the definition in-cludes South Africa art and theart of the African Diasporas,such as the art of African Ame-ricans. Despite this diversity,there are some unifying artisticthemes.The term African art , however,doesn’t usually include the artof the North African areasalong the Mediterranean coast,as such areas have long beenpart of different traditions. Formore than a millennium, the artof such areas has formed partof Islamic art, although withmany particular characteristicssuch as for example the Art ofEthiopia which has a long Chri-stian tradition.Most African sculpture was hi-storically in wood and othernatural materials; older potte-ry figures come from a numberof areas. Masks are importantelements in the art of manypeoples, along with human fi-gures, often highly stylized.There is a vast variety of sty-les: direct images of deities arerelatively infrequent, but masksin particular are often made forreligious ceremonies.Later West African culturesdeveloped bronze casting forreliefs and for decorating pala-ces: Akan goldweights, for

ran music, mainly among/ Ni-ger–Congo/ and/ Nilo-Saharanlanguages speakers, is rhyth-mic and drums centered. Sub-Saharan music is polyrhythmic,usually consisting of multiplerhythms in one composition.Dance involves moving manyparts of the body. These aspectsof Sub-Saharan music weretransferred to the new world byenslaved Sub-Saharan Africansand can be seen in its influenceon music forms as/ Samba,/Jazz,/ Rhythm and Blues,/Rock & Roll,/ Salsa, and/ Rap/music. However Sub-Saharan musicinvolves a lot of music withstrings, horns, and very littlepoly-rhythms. Music from theeastern Sahel and along theNile, among the/ Nilo-Saharan,made extensive use of stringsand horns in ancient times.Dancing involves swayingbody movements and footworkand also most of the music inAfrica is sundi which involves/extensive use of string instru-ments with emphasis on fo-otwork. Modern Sub-Saharan Africanmusic has been influenced bymusic from the New World(Jazz, Salsa, Rhythm and Blues

etc.). Popular styles includeMbalax/ in/ Senegal/ and/Gambia,/ Highlife/ in/ Ghana,/Zoblazo/ in/ Côte d’Ivoire,/Makossa/ in/ Cameroon,/Soukous/ in the/ DemocraticRepublic of Congo, Kizomba/in/ Angola, and/ Mbaqanga/ in/South Africa. New World sty-les like Salsa, R&B/Rap, Reg-gae, and Zouk also have hadwidespread popularity all overthe world. In music, Africans have beeninterested in European compo-sers. For instance Choral mu-sic is a popular traditionalform that has interested a num-ber of young African studentsto study music formally at col-leges and universities. It hasalso made it easier for Africansto relate to western art music,especially compositions of theBaroque and the Romantic pe-

riods, which have choral par-ts. Handel, Mendellson,Brahms and Schummann’s cho-ral works, just to mention a few,are the most commonly sungworks by African choirs. Anumber of choral composershave learned staff notation too.Many still continue to write intonic solfa as most individualswho participate in church andcommunal choirs are schoolchildren and educated parentswho have not mastered staffnotation. Another note has to be givento religion .There are many different reli-gions and some of them havebeen celebrating their faith, tel-ling their stories and teachingtheir principles for thousands ofyears. South Africa is called therainbow nation because of itsvariety of people, cultures andreligions. People follow manyspiritual traditions and reli-gious faiths. In South Africa theconstitution protects freedomof religion. Everyone is free tofollow whatever faith they wantto, or not to follow one at all.Besides. thousands of Africanpeople are converted to Chri-stianity every day and in Nige-ria about 20 new religious sectsor groups come into being eve-ry month.More than ten million Jewsfrom all over the world obser-ve the Sabbath every week andmillions of Muslim pilgrimstravel to Mecca in the MiddleEast every year. They do thisbecause they have certain reli-gious beliefs and because theirreligions guide their lives.Of course, wrong beliefs lie

inside religion, namely the ter-roristic groups that have beenmenacing western countries sofar.It is generally known that Isla-mist terrorism or, less correctlyISIS, is a form of islamic reli-gious terrorism practiced bysmall groups of Muslim funda-mentalists to achieve variouspolicy objectives in the nameof their religion. Except forsome sporadic demonstrationsof ancient religious, extremistmilitancy is conducted withcruel methods by the sect ofbloodthirsty killers. The pheno-menon has assumed globallyrelevant size only after WorldWar II , in particular followingPalestinian issues to variousorganizations, the strength ofwhich have resorted tools suchas bombings, kidnappings,hijackings, assassinations andsuicide bombings.In Africa Christians living inareas under the control of ISISwho wants to stay in the cali-phate have three options: con-vert to Islam, pay a tax or un-dergo religious death. “We of-fer three choices: ISLAM, thedhimmi, which includes thepayment of the jizya, if theyrefuse these will not haveanything else but the sword”says the ISIS. People who reach our coastsare surely running away froma cruel destiny and we can betthey unwillingly leave theircounties, their homes, theirfamilies, their traditions, the-ir thousand year lasting cul-tures.

Classe II H

INTO A BLACK WORLD

Scuola e dintorni

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Scuola e dintorni 1313I would never be a teacher formany reasons. First of all thesector comes with short-comin-gs. It is difficult to be fully em-ployed in a permanent positionas a teacher at a young age. If Iwere to only be employed on anoccasional base, my wagewould certainly be too low.I feel the job also comes withthe constant battle to stand upfor my rights as an employeeand as a teacher as such. Thisis because I believe the scho-ol system is run by corruptedpeople that do not even workin schools.As a matter of fact, extra hoursand days of absence would beunpaid. Besides, I will havealready spent my adolescenceat school so I would have beenin that place for way too manyyears.Being a teacher also comes withtoo many responsibilities, inparticular when I would have togo on school trips with my stu-dents.On that occasion I would haveto be prepared for everythingbecause students’ behaviour isvery undisciplined. As a matterof fact, this new teen generationhas a very bad attitude and I amnot patient enough to deal with

Why I Will Never Be A Teacher

them every day let alone arguewith their parents.I am a student myself and I knowwhat we think about teachers. Iwould be annoyed to know thatthey judge me in a bad way ormake fun of me.On another note, teaching some-times becomes very boring. Iwould have to explain the sametopic over and over, and correctall my students’ classwork. Iwould also have to be impartialwhen judging them but I doubt I

would be able to do so, especial-ly if I don’t like a student or pre-fer one over the other.Moreover, if I were nervous be-cause of personal problems, Iwould have to do my job asalways, leaving my problems outof the school and pretending tobe calm and relaxed.To cut it short I think that if werea teacher, I would become toofrustrated and stressed!

Classe IV H

The teacher is certainly one ofthe people most negatively per-ceived by young people on adaily basis, the “monster” thatscares poor pupils during theirschool years. On this basis itwould be insane for a studentto think of becoming the per-son that has been his worstenemy during his adole-scence. Nonetheless, I thinkthat it could be an interestingexperience to become one. As a matter of fact it would beamusing to transfer my know-ledge to students and, perhapscapture them into my subject.Let alone the fact that it couldbe a good way to always feelyoung! I doubt I would be a very strictteacher because I wouldn’t like

La conoscenza dei più diffusi modi di dire, dei cosiddetti “idiomi”ci permette non solo di approfondire la conoscenza dell’inglese piùcolloquiale ma anche di comprendere letture spesso misteriose.Alcune di queste espressioni sono analoghe ai nostri modi dire,altre invece, tradotte letteralmente, non avrebbero alcun senso.“I’M ON CLOUD NINE” vuol dire essere felicissimi e deriva dallaleggenda sulla “Nuvola nove”, la più alta nube mai esistita, cheraggiunge oltre i 10 km di altezza. Inoltre, secondo la tradizione bud-dhista, la nona via rappresentava “il percorso dell’illuminazione”.“DON’T BE A COUCH POTATO!” è indicato per descrivere unapersona che guarda troppa TV . L’espressione si riferisce a qualcu-no che siede su un “couch” (sofà) e mangia “chips” (patatine inbusta).“CUT YOUR TEETH” Letteralmente significa “tagliarsi i denti”.In italiano, indica l’azione del “farsi le ossa”, cioè imparare l’ABCdi qualcosa.“BETTER SAFE THAN SORRY!” è un’espressione molto comu-ne. Letteralmente si tradurrebbe con “meglio salvi che dispiaciuti”,tuttavia il significato è lo stesso della nostra espressione: “Megliopensarci prima!”“NOT TO BE ONE’S CUP OF TEA” letteralmente significa “Nonè la mia tazza di te”, ma in realtà traduce il nostro “non è il mioforte, non fa per me”. “TO TAKE A FRENCH LEAVE” significa “ andarsene da un po-sto senza salutare”. E’ interessante notare che in francese per indi-care la stessa idea si dice “filer à l’anglaise” e cioè, tradotto in in-glese “to take ENGLISH leave!”“HIT THE NAIL ON THE HAT” letteralmente significa “colpire ilchiodo sulla testa” ma traduce il nostro “dire o fare la cosa giusta”.“A PIECE OF CAKE” nella lingua inglese sta ad indicare qual-cosa che non è tanto gustosa come sembra; è un modo per direche qualcosa è semplice e non richiede un particolare sforzo. Que-sto idioma risale al 1870 dove, come premio per le competizionipiù elementari, venivano usati dei “pezzi di torta”.“A BIRD IN THE HAND IS WORTH TWO IN THE BUSH”,ovvero “un uccello in una mano è meglio di due in un cespuglio” èun idioma molto interessante e significa che avere una sola cosacerta è meglio che averne due che potrebbero non accadere mai.Nella nostra lingua, corrisponde a “meglio avere un uovo oggi cheuna gallina domani”.

Giulia Cerino, V B

Why I Could Be A Teachermy students to only respect mebecause of their fear towards me.I would rather prefer a relation-ship based on a mutual esteem.To be honest, I think I would alsoenjoy going on a school trip withmy students so as to go back intime, spend some quality and ca-reless time together and get toknow each other better. In my opinion it would be a greatsatisfaction to transfer my know-ledge to young people and em-power them with the right skillsfor their next steps in life. I wouldconsider this a success both fortheir own sake and for my ownhuman enrichment. This is be-cause students, each one in theirown way, teach something to the-ir teacher.

Classe IV H

IDIOMS…JUST LOOK BEYOND THE FACADEFIFTY SHADES OF πππππ

’Tis a favorite project of mineA new value of pi to assign. I would fix it at 3 For it’s simpler, you see, Than 3 point 1 4 1 5 9 Dated back to biblical times,love and disperation of loads ofstudents, today it is present onthe most part of our notes, inbooks, in flicks...in other wor-ds, π is on everyone’s lips. Thisis why, in 1988, Larry Shaw, anAmerican physicist, decided topay homage to the most famousconstant in the World with anufficial cerimony, “π day”,on14 March. Shaw chose this dayalso because his cult figure’sbirthday, Albert Einstein. Eve-rybody knows that everythingin math has a reason, as far asstrange could be. Believe me ornot, but what marks out this dayis...eating cakes!Why? Because in AmericanEnglish, pie, which sounds thesame as π, is also a delicioustreat made with pastry and fru-it. Funny, isn’t it? This year, πDay has been celebrated with aparticular emphasis, on March14th, 2015, or 03/14/15,exactly the first five numbersof π. And talking of numbers...what’s after that well-known

“14”? The Massachusetts Insti-tute of Technology (MIT) hasa tradition during π DAY. Itchallenges the best students torecite π to the highest numberof decimal places. Who is ableto recite over 100 digits joinsthe “Club friends π”. Curren-tly, Lu Chao, a twenty four ye-ars-old Chinese boy, holds therecord with 67.890 digits, de-clared in 2005 for 24 uninter-rupted hours. And what about

associating mathematics withHollywood?Maybe, not everyone knowsthat π is part of the title oh oneof the most successful films,

“Life of Pi”. Originally, thename of the protago-

nist was Piscine,but some stu-dents chan-ged it into“ P i s s i n g ” ,because of

the similarsound. To avoidmisinterpreta-tions, the authorof the story con-

verted the nameinto “Pi”, in honour

of the mathematicalratio. Finally, even if

for someone π will conti-nue to be a “black hole”, itcould also be “an occasion toencourage studying maths”, asthe President Barack Obamasaid about this celebration.Even NASA prompted πDAY’s partecipants to solvesome problems, similar to spa-tial missions ones. So guys, puteverything into maths and... toinfinity and beyond!

Giulia Cerino, V B

Scuola e dintorni

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1414 HobbiesTiri ... Mancini1414

Premetto col dire che non è as-solutamente il mio fortescrivere…figuriamoci un arti-colo di giornale!Non amo leggere, però so benequanto sono noiosi e compli-cati quegli enormi “papielli”che troviamo sui quotidiani,perciò cercherò di essere con-cisa ma anche divertente.L’unico aspetto che potrà aiu-tarmi in quest’ ardua impresaè l’argomento, che mi è moltocaro, la Street art. Cercare di

definire, schematizzare la Stre-et art credo sia tutt’altro chefacile. Non è un semplice mo-vimento artistico perché nonviene contemplato dalla mas-sa, bensì una forma d’arte al-ternativa in quanto l’artista,spinto dal suo fine, si reca inluoghi molto visibili e traffi-cati che possono essere inevi-tabilmente di proprietà priva-ta o pubblica, rappresentandocosì il proprio modo di vedereuna determinata situazione.È fondamentale ricordare chele varie opere con il tempoinevitabilmente saranno can-cellate: gli artisti infatti altermine del lavoro non se necurano più perché arrivato ilmessaggio, il mezzo ha con-cluso la sua funzione.Ora, in che modo la Street artha influenzato il mondo degliadolescenti? Questa meravi-gliosa arte oltre ad essereestremamente versatile adogni forma di espressione epensiero ha attirato a sé tantigiovani per il suo essere ille-gale. Non per niente la sceltadel posto dove realizzarel’opera non avviene per caso,bensì dopo un’accurata “rifles-sione” dell’autore per renderepubblici capolavori di illegalipittori. Certamente non è daconsiderare un’arte di minoreimportanza rispetto alle altre,

infatti, basti pensare allafama che ha ottenuto l’arti-sta Bansky con i suoi lavorisulla libertà.È tipico pensare che la stre-et art sia una pratica fuoridalle regole e assurda. Beh!Anche, ma non solo. È un’ar-te che aiuta l’artista a rende-re vero tutto ciò che pensa eche prova.Lo scuotere di una bombolet-ta, il forte odore dell’acrilicoche dà alla testa; in un minuto

su un muro…50 sfumature dicolore! Questi sono i sempli-ci gesti che hanno incremen-tato in me la voglia e l’inte-resse per questa meravigliosaarte. Per me è un vortice uni-co di energie e sensazioni po-sitive e rappresenta in pienoil mio essere. Come me, è tra-sgressiva, fuori dalle regole,non segue nessuno schema,insomma unica nel suo gene-re. Non per niente ho scelto dipraticarla in un periodo pococolorato della mia vita: avevosempre visto altri ragazzi cre-are e ne rimanevo stupita, poiho capito che il mondo non èfatto per gli spettatori e hodeciso di provare.Prima per gioco, ora possodirvi che è diventata una verae propria passione, certo nonavrò raggiunto livelli elevati,ma fin da piccola ho sempreavuto una vocazione partico-lare per il disegno, ma questaè un’altra storia.Se c’è una cosa che la Streetart mi ha insegnato è che, senon ci piace quello che otte-niamo disegnando, siamosempre in tempo per cambia-re colore o stile, perché allafine dell’opera, gli unici ap-plausi che conteranno saran-no i nostri .Carmela Rita Basileo, IV A

50 sfumature di… colore!

Se dovessi pensare ad una defi-nizione di “disegno”, direi sicu-ramente che è l’arte di tracciaresegni su una superficie median-te appositi strumenti per dar sfo-go alla propria creatività. Perchénon importa la bellezza, la ve-rosimiglianza di ciò che si crea,in fondo è arte e, come tale, nes-suno detta le regole per la suacomprensione. E’ proprio inquesto immenso mondo pieno dicolori e figure ed immaginazio-ne che mi sono buttata a capofitto ben 5 anni fa. All’epoca nonavrei mai immaginato che ciòpotesse coinvolgermi così tantoda farmi cambiare radicalmen-te. Ricordo che iniziai a disegna-re per divertimento, un modocome un altro per scambiarsimessaggi creativi tra amiche. Seripenso ai disegni prodotti a queitempi, non posso che sorridere:degli scarabocchi privi di qual-siasi dimensione e prospettiva,perché in fondo che la testa fos-se più piccola delle mani a chipoteva mai importare? Ciò nontoglie che, ovviamente, io fossiconsapevole dei miei limiti neiconfronti di un’arte per la qualeprovavo un sentimento bivalen-te. Il mio desiderio di disegnaresi scontrava con la consapevo-lezza di non essere all’altezzadelle mie aspettative e, delusa,abbandonavo il foglio ad operacompiuta per metà. Col passaredel tempo e dopo innumerevolifogli strappati, però, ho affinatola mia tecnica e sono giunta arisultati sempre migliori, capacidi rendermi fiera del mio opera-to. E così, il disegno è diventatoper me motivo di svago e, al con-tempo, di orgoglio: ogni pausa

tra un’ora scolastica e l’altra èbuona per fare qualche schizzosul diario. Le idee così appunta-te su un foglio vengono poi svi-luppate da me in maniera digi-tale a casa: tavoletta e penna gra-fica e mi trasformo nel perfettofumettista. Quest’ultimo, al pas-so con la tecnologia e per viadell’infinità di lavoro affidatagli,preferisce far riferimento a que-sti due strumenti, i quali rendo-no l’attività più veloce e prati-ca. La tavoletta grafica è unostrumento munito di vari tasti incui sono esplicate le varie opzio-ni svolte da quest’ultima e alcentro uno spazio in cui è possi-bile interagire attraverso la pen-na ottica, la quale, come una

matita, permette di tracciare ildisegno. A ciò sono allegatiun’infinità di programmi, in cuiè possibile trovare un enormequantità di pennelli, di effetti, ditexture, opzioni ecc. Insomma,nell’immenso mondo del dise-gno digitale in cui mi sono cata-pultata quasi per caso ho trova-to una valvola di sfogo non soloper la mia creatività, ma ancheper il mio essere ansiosa.E’ sicuramente un hobby checonsiglierei a tutti, anche a chinon si ritiene capace di dise-gnare un alberello stilizzato: senon dà soddisfazioni, almenopuò procurare grosse e grasserisate!

Alessandra Mucci, III A

LA NAIL-ART

In classe, spesso, le ragazze simangiano le unghie perché sonoagitate per un compito o perun’interrogazione. Il loro atteg-giamento è dovuto alla mancan-za di autostima. Abbiamo sceltoquesto sottotitolo per far capireai lettori l’importanza di que-st’arte, che aiuta le donne a sen-tirsi più forti e “tirar fuori gliartigli”. Da dove nasce questanostra passione? Un sabato po-meriggio stavamo guardando latelevisione e, cambiando cana-le, abbiamo notato, su RealTime, che era iniziato un nuovoprogramma: “Nail lab”. La con-duttrice era la nota YouTuber,Mikeligna!Da quel pomeriggio non abbia-mo perso nemmeno una puntatae così ci siamo appassionate allanail-art, un modo innovativo peresprimere la propria creatività.La nail-art rappresenta l’insieme

delle tecniche utilizzate per rea-lizzare decorazioni sulle unghie.Essa nasce in Egitto nel 3500a.C. e durante l’Età del Bronzosi afferma in Mesopotamia, Ba-bilonia, Cina e nei Paesi del Vi-cino Oriente.In Mesopotamia si usava dipin-gere le unghie con vernici rica-vate da zolfo e vari minerali.In Babilonia il colore era rica-vato da una polvere composta dagalena e malachite. Mescolandoquesti minerali si otteneva il“kajal”, ossia lo smalto applica-to anche sulle unghie degli uo-mini per le cerimonie.In Cina, invece, i colori venivanoestratti dai pigmenti dei fiori.Passando dalla teoria alla prati-ca... ecco gli strumenti base peravere cura delle vostre unghie:Set per accorciare le unghie(lima, tagliaunghie, forbicine,etc…); Dotting tool (strumento

simile ad una penna dotato didue pallini all’estremità e vieneutilizzato per creare decorazio-ni con lo smalto); Pennelli divarie dimensioni; Smalti colora-ti; Top coat (smalto trasparenteper fissare e rinforzare); Solven-te e dischetti di ovatta.Anche la nail-art più semplicepuò essere unica. Nella vita ditutti le mani sono rese protago-niste da mille gesti: una strettadi mano, una carezza, infilarsi unanello, le pone al centro dell’at-tenzione. Questa non deve esse-re solo una vanità femminile,mani e unghie curate sono daapprezzare anche in una manomaschile!

Alessia D’Alessandro Federica Peperone

Francesca Spagnuolo, I B

“Mangiarsi le unghie è mancanza di autostima”

DISEGNODIGITALE

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1515Tiri ... ManciniStoria

Tra il 1915 e il 1918 le donne italiane sono costrette a parteciparealle sorti di un conflitto contraddistinto da dolori, tragedie e ristret-tezze. Dalle lettere ritrovate emerge la commozione, la speranza, diuomini e donne che furono parte integrante e decisiva dello sforzobellico. Il 10 aprile 1916 il caporale Demetrio scrive alla moglie:“Ho ricevuto la tua lettera piena di grande orgoglio verso di me.Con le tue parole riempi il mio animo di consolazione”. Senza ilcontributo delle donne, anche morale, rimasto spesso totalmentenell’ombra, la macchina del conflitto non sarebbe potuta continua-re. Le donne furono coraggiose, all’altezza della drammatica situa-zione che andava esplodendo. 5 ottobre 1917. Elisabetta è una vo-lontaria e scrive: “A viverci in mezzo ai bravi soldati si capisceogni giorno di più che grandissimo sacrificio sia questa grandeguerra. Chi non dà la vita ha già dato parte del sangue. Se non loha dato forse lo darà, e dà in ogni modo i più begli anni della suafiorente gioventù oppure sacrifica l’affetto di padre e figlio. La fa-tica aumenta perché le forze diminuiscono”. Tutti in questo dolo-roso conflitto diedero una parte di sé mai più recuperata. La Gran-de guerra fu un’occasione di esposizione e di impegno nella vitapubblica che permise alle donne di avere un ruolo di primo piano.Molte rischiarono la vita per rifornire gli uomini che combattevanoal fronte, furono infermiere nella Croce Rossa che con il loro inter-vento sui fronti stessi di guerra, prestarono la loro opera di cura e diassistenza affrontando talvolta l’estremo sacrificio. Il 17 agosto 1916il soldato Ercole Sandrolini dopo aver ringraziato le infermiere del-l’ospedale scrive: “Più di tutte mi sta a cuore la signorina AnnaLazzari la quale non solo fu d’ aiuto alla nostra cara Patria mavolontariamente si prestò di vero amore materno verso di noi laquale non la dimenticheremo”. Diventate nuove protagoniste, siresero consapevoli della loro resistenza, tenacia e necessarietà alcosiddetto “fronte interno”. Sono le donne infatti ad aver mandatoavanti il paese mentre gli uomini erano impegnati al fronte: attornoa loro è ruotata la produzione, hanno tenuto unita la famiglia e cu-rato soldati feriti. L’ assenza dei mariti è stata spesso la causa di unaggravio delle fatiche: la responsabilità fu sicuramente un peso macontribuì ad irrobustire l’idea della propria identità. È un esempioGemma Gorrone, una donna di ventisei anni. Il marito viene chia-mato alle armi e i suoi compiti si moltiplicano: “Come sai in questigiorni il lavoro non manca e francamente l’ unico rimedio era illetto. Non puoi credere quanto sei rimasto vivo nella mente deinostri figli. Durante la notte la Licia si è svegliata parecchie voltee mi chiedeva dove sarà ora il mio papà?”. La donna si trova adassumere così la funzione di perno e centro della famiglia uscendotalvolta dal perimetro stretto del focolare in cui per anni è stataconfinata. La prima guerra mondiale, in Italia come in tutti i paesibelligeranti, è stata quindi l’occasione per muovere i primi passiverso l’emancipazione femminile gettando le basi che avrebberopermesso poi di modificare il ruolo della donna all’interno dellasocietà. Winston Churchill: “Nella guerra, determinazione; nellasconfitta resistenza; nella vittoria, magnanimità; nella pace, bene-volenza”.

Naomi Pezzella, Grazia Picariello, V B

Uno degli aspetti più caratteriz-zanti della Grande Guerra fu lavita nelle trincee e in alta mon-tagna. Mai, prima di allora, sierano combattute delle battagliead altitudini così elevate.Attraverso le lettere scritte dalfronte, si sono ricostruite le abi-tudini dei soldati che coglieva-no ogni attimo di tregua per in-formare le famiglie di ogni par-ticolare della loro giornata.Sappiamo, ad esempio, che com-parvero per la prima volta tutemimetiche ed elmetti di acciaio,necessari per proteggersi dalfuoco nemico che sostituirono ledivise e i pittoreschi cappelli ot-tocenteschi.“Il freddo del Carso è più pun-gente di quello del paesello; perfortuna nostra abbiamo calzepesanti a proteggerci le gambe,l’uniforme grigio-verde è com-posta da una giubba ampia e co-moda ad un petto, con collettoin piedi, chiusa da una bottonie-ra nascosta di cinque bottoni difrutto. Spallini a salsicciottosono fissati all’attaccatura del-le maniche che terminano condei paramano a punta e un giletdi taglio classico sotto la giac-ca. I pantaloni di panno pesan-te li definiremo alla zuava, in-castrati negli anfibi che arriva-no fino al ginocchio. Una sortadi cintura di cuoio la inseriamonei pantaloni, per dentro metter-vi il moschetto che può aiutarciin caso di attacchi improvvisi”.(Marra Arcangelo, Nov. 1916)Per la prima volta si utilizzaro-no nuove e terribili armi da fuo-co come le mitragliatrici, canno-ni a lungo calibro e furono im-piegati carri armati ed aerei dacombattimento. Si vide, infatti,per la prima volta l’uso su vastascala dell’aereo come strumen-to strategico e tattico. Inoltre,emersero le specialità della rico-gnizione, della caccia e del bom-bardamento. Le armi più utiliz-zate dalla fanteria erano, inve-ce, i fucili, in particolare il co-siddetto “moschetto” che per-metteva maggior libertà d’azio-ne offensiva e, unito alla baio-netta diventava anche indispen-sabile in occasione del “corpo acorpo”. Durante i combattimen-ti si impiegarono per la primavolta, gas asfissianti e lancia-fiamme.La principale innovazione nelcampo della guerra fu introdot-ta però dall’esercito inglese: il15 settembre 1916 gli Inglesi du-rante la battaglia di Somme at-taccarono le linee tedesche coni carri armati, i Mark. L’utilizzodei mezzi corazzati scatenò pa-nico nelle truppe del kaiser no-nostante fossero ancora mezzilenti e impacciati negli sposta-menti. Il loro utilizzo non fu

ABITUDINI IN TRINCEA

quello di aprire varchi nelle di-fese avversarie a cui far seguirele forze di terra, come avvennenella seconda guerra mondiale,

ma furono impiegati come sup-porto alla fanteria.

Genoveffa Marra, V B

La Grande Guerra è stato unevento che ha sconvolto l’Euro-pa, separando famiglie e interecomunità. Per comunicare a di-stanza si scrive perché tutti han-no la convinzione di essere te-stimoni di un evento “memora-bile”. Analizzare la storia dalpunto di vista dei soldati permet-te di rivivere al meglio le situa-zioni. In quello scenario la po-sta rappresentava un sollievo peri soldati al fronte; le lettere era-no l’unico mezzo per tenersi incontatto con il nucleo familiare.Si tratta infatti di un’eloquentetestimonianza di cosa fu la Gran-de Guerra ed in quale manierasegnò la coscienza collettiva. Èla parola scritta ad evidenziarel’angoscia di milioni di uomini,qualcosa di intensamente dram-matico, un’esperienza non ricon-ducibile a vicende analoghe delpassato. Il bisogno di scrivere ericevere posta è così pressanteda travolgere d’un colpo gliostacoli dovuti alla scarsa dime-stichezza dei mezzi.Tante sono le lettere inviate dal-le trincee. Si ricorda, ad esem-pio quella di un soldato che af-ferma: “il tanto soffrimento pa-tito non è quello della guerra madel distacco della madre, o me-glio quello derivante dall’averdovuto infliggere alla madre ildolore del distacco” .Il 17 Novembre 1915, da un luo-go imprecisato del fronte il solda-to Calosso Emanuele scriveva:“Cara mamma.. si lavora damane a sera e posso scrivertisolo quando ritorno in trincea,terminate le ore di guardia,quelle ore di tribolazione (…)stiamo nel ghiaccio, le tempera-ture sono tra i 12 ed i 13 gradisotto zero ed il pane che ci dan-no è tanto gelato che non lo sipuò rompere col coltello, perchénon ci entra nemmeno dentro”.Di ore di tribolazione, Emanue-le e gli altri ne hanno trascorsesicuramente tantissime, ma an-

UMANITÀ: ANNI SPEZZATIche di sofferenza, di intensa pau-ra e di freddo. Rimasto prestoorfano di padre si è visto improv-visamente catapultato al fronte.“Nacqui in quel paese freddo,nella stagione invernale, in cuii monti s’imbiancavano di nevee mai avrei pensato di trovarmiin un posto dove il ghiaccio gia-ceva a terra sino alla fine diAprile”Così inizia una delle tante lette-re del mio bisnonno (Marra Ar-cangelo 1899-1992).Il 2 maggio 1916, arrivò il po-stino in quell’appartamento invia Piano Pozzella con la missi-va, precetto ineludibile a com-piere il servizio militare; l’uni-forme che un po’ spaventavacostituiva, al contempo, unascappatoia esistenziale. “Appe-na inquadrato nei ranghi”, rac-conta, “fui sottoposto insieme aimiei commilitoni ad un adde-stramento che definire massa-crante è dir poco”. Tra le marceforzate con un carico di diversedecine di chilogrammi trascor-sero i canonici 18 mesi di fermaobbligatoria; risale al 28 ottobre1918 la consegna dell’agognatofoglio di congedo la dichiarazio-ne di buona condotta e di averservito con fedeltà ed onore. Congrande gioia ritornò alla vita disempre ed all’abbraccio dellafamiglia.Gratificante fu l’onorificenza delPresidente della Repubblica edel Presidente del Consiglio del-l’Ordine Giuseppe Liuzzi a “Ca-valiere dell’ordine di VittorioVeneto” per “riconosciuti meri-ti combattentistici, con facoltà difregiarsi delle relative insegne”per «esprimere la gratitudinedella Nazione» a tutti i soldatiitaliani che avevano combattutoalmeno sei mesi durante la pri-ma guerra mondiale, e agli insi-gniti della croce al merito diguerra.

Genoveffa Marra, V B

“Non si può pensare alla guerrasenza le donne”

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1616 Scuola e dintorniTiri ... Mancini

Il Tiro con l’arco non è una sem-plice disciplina sportiva, ma ètutto un mondo, per me!Occorrono doti e capacità di de-strezza, perché si eseguono mo-vimenti precisi, rapidi e armo-nici ed è richiesto un impegnomuscolare di media entità, de-terminato dalla tensione dell’ar-co. Durante il tiro, il corpo deverestare in equilibrio e le risorsementali sono decisive, soprattut-to la gestione dell’ansia.Volgendo uno sguardo al pas-sato, le tracce più antiche re-lative all’arco risalgono al Pa-leolitico Superiore, famosesono, infatti, le raffigurazionipittoriche di cacciatori equi-paggiati d’arco nella grotta diAltamira in Spagna.Successivamente si individuanodue filoni nella progettazionedegli archi, uno europeo e unoorientale: il primo è l’arco sem-plice, realizzato in un unico pez-zo utilizzando un solo tipo dimateriale, il secondo è l’arco“composto”, costruito con ma-teriali diversi a seconda dellesingole parti dello strumento.Presso i Romani troviamo i sa-gittarii, arcieri a cavallo, istitu-iti nel I secolo a. C. per difen-dere i confini dell’impero. Mail popolo che contribuì all’evo-luzione dell’arco fu quello deiGallesi, che ne fecero la loroprincipale arma nelle lotte con-tro i Sassoni, con l’invenzionedel long-bow, che, dopo la con-quista normanna del Galles, sidiffonde in Inghilterra diventan-do, poi, lo strumento di arma-mento della classe povera (exfuorilegge). Il conflitto che con-

IL KARATE

Io sono una di quelle pochepersone che praticano la scher-ma. Non penso che esista unosport più elegante: vestiti tuttidi bianco, con una mascheranera ed una sottilissima spada!Anche se questo sport è pococonosciuto, ultimamente staavendo molte adesione. Io for-tunatamente l’ho conosciuto ascuola durante un corso pome-ridiano, altrimenti non sareb-be mai nata in me questa pas-sione. Quando ho seriamentepreso in considerazione l’ideadi praticare questo splendidosport, mi sono iscritta alla Pa-lestra Podigym come fioretti-sta, quindi praticando fioretto.Qui ho capito finalmente co-s’è la scherma, ho imparato leregole e ho cominciato a farequalche gara. Alla prima garanon avevo alcuna aspettativa,speravo solo di riuscire a fare

In guardia, pronti a voi?

PER CHI AMA FARE CENTRO

Il parkour (percorso da combat-tere) nasce in Francia agli inizidegli anni Novanta. È una disci-plina metropolitana che consistenel superare qualsiasi ostacolo visia davanti nella maniera più fa-cile ed efficiente. Non è sempli-cemente uno sport, ma insegnaanche ai giovani a conoscere ipropri limiti. Arriva in Italia at-torno al 2005, sviluppandosimolto grazie al web. Lo scopodel parkour è spostarsi nel modopiù efficiente possibile, da unpunto di partenza a un punto diarrivo in una particolare situazio-ne di emergenza o di fuga ma nonsolo. C’è da dire anche che ilparkour non è proprio uno sportsicuro; anzi, se non fatto nelmodo corretto c’è il rischio dicadere, di slogarsi e nel peggio-re dei casi, fratturarsi parti del

corpo. Questo sport viene pra-ticato soprattutto nelle periferiedelle città ma anche in parchi,ville e qualsiasi posto in cui cisia un ostacolo da oltrepassare.Negli ultimi anni il parkour è di-ventato anche un passatempo perparecchi giovani che desideranomigliorare se stessi; così si ve-dono nascere molte società, as-sociazioni o gruppi con l’obbiet-tivo di aiutare gli interessati. Laprovincia di Ro-ma nel dicem-bre 2007 ha riconosciuto ilparkour come importante vetto-re di comunicazione per trasmet-tere ai giovani l’importanza diaffrontare ogni problema nel ri-spetto di se stessi e dell’ambien-te circostante. Nel 2009 ilparkour è stato presente al 21°festival del fitness di Roma.

Daniel De Vincenzo, I A

PARKOUR

qualche punto o al massimo divincere un assalto, che è unoscontro tra due atleti il cui sco-po è quello di colpire il giubet-to elettrico dell’altro facendocosì punto. In effetti la gara nonandò tanto male anche se persil’eliminazione diretta; quandoperdi esci dalla competizione.All’inizio avevo qualche diffi-coltà a capire le regole, ma hocercato di impegnarmi sempredi più. Con il tempo e gli alle-namenti i risultati sono miglio-rati e finalmente ho vinto an-che qualche diretta.Secondo me la scherma non èsolo uno sport, ma è anche uninsegnamento di vita: la tatti-ca, la grinta, la determinazioneche metti in campo ti migliora-no come persona; è un giocodi intelligenza e di osservazio-ne. Inoltre, davvero importan-te nella scherma è il rispetto e

lo si vede quando alla fine diogni assalto ci si stringe lamano per congratularsi conl’avversario. Ultimamente hoanche praticato la sciabola cheè una disciplina un po’ più ag-gressiva. Anche se mi provocamolti lividi, mi piace molto nonsolo perché aiuta a scaricare lostress, ma anche perché l’assal-to avviene in modo più energi-co e meno preciso, infatti perfare punto puoi colpire tutto ilbusto. Uno degli errori peggioriche si possa fare è pensare chein una partita quello che conta,più di tutto, è vincere. Nienteaffatto!Quello che conta è la gloria,giocare con stile, scendere incampo con determinazione,non sottovalutare mai nessunoe mettercela sempre tutta, mo-strare in campo il meglio di sé.

Iole Tedeschi, I A

“Mamma, papà da grande voglio fare quello sport dove tutto sembrabello e hanno quei camici bianchi”.Quello sport era il karate e quel camice era il kimono. Chi lo avrebbemai detto che una mia voglia da bambino sia diventata una passioneora che sono cresciuto? Il mio pavimento preferito è il tatami, ilmio abito più elegante il kimono e la mia famiglia sono i mieicompagni. Sono un atleta e da 6 anni pratico il karate.In tempi remoti il karate era tutto tranne che sport. Venne inventatocome metodo di difesa a mani nude (Kara significa vuoto, Tesignifica mano) visto che in Giappone il sovrano – intorno al XVIIsecolo - aveva vietato l’utilizzo di armi Da qui ha avuto origineuno sport vario e spettacolare dove al primo posto c’è l’incolumitàdell’atleta. Prevede l’uso di tutto l’apparato muscolare ma la cosapiù importante è tenere la testa ben solida. Ogni movimento puòessere letale, una frazione di secondo può farti perdere la finale peril titolo mondiale. E’ un po’ come quando si dice: “se nella pistolahai solo un proiettile e sei faccia a faccia con il tuo nemico, chefai?”. Se dovessi indicare chi mi ha fatto davvero maturare nonsolo dal punto di vista sportivo ma anche da quello umano, scegliereiil mio attuale maestro. Mi ha saputo prendere nel momento peggioredella mia “carriera” e sta credendo in me e i risultati arrivano ma nearriveranno anche di migliori, perché nello sport come nella vitaserve impegno, perché con l’impegno si ottengono gli obbiettivipiù elevati e non conta da dove vieni e chi sei. Personalmente lapenso così, non sono nessuno, lo metto ben in chiaro non mi reputoun fenomeno perché se si pensa così non vai da nessuna parte; pensodi essere un atleta e quando qualcuno mi critica sto zitto, mi allaccioil kimono e li zittisco tutti.

Nicola Adesso, I A

sacra gli arcieri inglesi è laGuerra dei Cent’anni, in questocontesto nasce la leggenda diRobin Hood.In Oriente, invece, si costruisco-no archi corti, facili da maneg-giare cavalcando, rinforzati contendini animali, archi a struttu-ra mista. La flessibilità dei ma-teriali permette di tendere l’ar-co composto più di quanto sipossa fare con un arco sempli-ce. Nel XVII sec., le migliorieapportate dagli Ottomani, fan-no sì che gli archi sviluppinomaggiore potenza. Grazie aquest’arma, la Cavalleria Otto-mana nel Medioevo conquistal’Europa orientale.Come disciplina sportiva il Tirocon l’arco compare all’iniziodell’Ottocento negli U.S.A,quando degli appassionati, at-tingendo alla tradizione arcie-ristica militare inglese, costrui-rono i primi archi sportivi, per-fezionarono la tecnica di tiro,codificarono e regolamentaro-no l’attività agonistica.

Le prime gare sportive si svol-sero negli U.S.A, nel 1829. Sitirava a una sola distanza, 80yard, con volée di tre frecce.Il tiro con l’arco comparve perla prima volta ai Giochi Olim-pici del 1900 a Parigi. Esclusodopo il 1920 è stato riammessoa partire dalle Olimpiadi di Mo-naco di Baviera del 1972. Lapratica sportiva contemporaneaè ripartita in funzione del tipodi arco utilizzato, in: Arco olim-pico, arco nudo, arco com-pound.Io pratico questo sport a livelloagonistico da qualche anno.Non so da dove mi sia nata que-sta passione, da bambino forse,giocando a vestire i panni delcelebre Robin Hood, sono ri-masto letteralmente conquista-to dalla possibilità di praticarerealmente il tiro con l’arco e daallora fremo dalla voglia diprendere l’arco tra le mani escoccare una freccia al centrodel bersaglio!

Michele Sarno I D

Isernia, Marzo 2015 - XI Trofeo Interregionale “Marcello Canonico” IVCoppa Italia A.C.S.I. - Al centro Nicola Adesso, medaglia d’oro

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1717Tiri ... ManciniMiscellanea 1717

Cari lettori, avete avuto il pri-vilegio di veder scritta una nuo-va pagina sui libri di storia.Dopo l’inimitabile CharlieChaplin, è subentrato un nuo-vo Charlie, destinato a toglier-gli il primato dalle ricerche diGoogle fino al momento in cuiquesta verrà archiviata comeuno dei tanti comunicati, det-tagli della nostra quotidianità.Per farvi intendere meglio acosa mi riferisco, ecco a voi unasfilza di prime pagine di noti-ziari: “Vendicheremo CharlieEbdo”, “Fuori l’Islam dal-l’Italia”, “Charlie Hebdo: la li-bertà va difesa con la cen-sura?”. E, a quanto pare, non èla prima volta. Sembra che lanotte tra l’1 e il 2 novembre2011, poche ore prima del-l’uscita di un nuovo numero,alcune bombe Motolov abbia-no raso al suolo la sede del gior-nale. E, ironia della sorte, ilnumero, intitolato “ChariaEbdo”, trattava della vittoriadel partito integralista islami-co. La goccia che ha fatto tra-boccare il vaso? Una vignettadi Maometto e queste parole:“100 frustate se non muori dal-le risate”. Non starò qui a lan-ciare sassi contro gli attentato-ri, nè a compiangere le vittimedella tragedia, benchè non neignori la gravità. Non intendoneanche denigrare la pungentecomicità di questo settimana-le, ma piuttosto invitarvi a dareun’occhiata all’altra faccia del-la medaglia. Avrete notato chenegli ultimi giorni sono sem-pre più frequenti manifesti con-tro il popolo musulmano:“Questo è l’Islam”. Ma, se cosìstanno le cose, dov’erano glislogan contro l’ebraismo quan-do Baruch Goldstein, ebreo dinascita, uccise 29 musulmanisenza colpe? Non sono tre uo-mini a fare un popolo. E non ètutto. Ecco che, poche ore dopol’attentato, una nuova espres-sione è sulla bocca di tutti allaquale, come spesso accade, èstato dato un significato fintroppo commerciale: “Je suisCharlie”. Vi invito a rifletterebene prima di sbandierare unasimile réclame con sfilate, car-telloni e tatuaggi. Se esamina-te bene le variabili, ‘CharlieEbdo’ è diventato un ossimo-ro: una linea sottile tra l’incar-nazione della libertà, del dirit-to di espressione ma, allo stes-so tempo, un’esasperata acri-monia verso un popolo da sem-pre geloso custode dei propriprecetti religiosi. Vi state auto-proclamando come un manife-sto dell’ espressione incondi-

Liberi?

LA LUNA

Sul manto senza del sol lalucela breccia nel cuor conduceBella e grandeè la bianca lanterna,che di notteil suo morbido e soavebaglior esterna.

IL TEMPORALE

Lacrime scendon sui vetrie di gemito ulula il vento.Il cielo ormai scuroun abbaglio scaglia.Poi di colpo con furia brutasi sfoga il tuono ritmando.

Lorenzo Berti, I D

Cosa ti ha spinto a scegliere laFacoltà di Medicina?Il desiderio di conoscere me stes-so attraverso gli altri, il potermettermi in gioco in ogni situa-zione che, pur nella sua comples-sità, non cessa mai di richiedereil mio impegno e l’applicazionedelle mie potenzialità.La scintilla che ha acceso il tuointeresse è nata tra i banchi discuola o esternamente ad essa?Sicuramente la scuola ha contri-buito molto, aprendomi a mate-rie come la Biologia e la Chimi-ca. Nonostante ciò credo che sia-no state tutte le esperienze pas-sate a far nascere in me l’idea che“da grande” avrei voluto farequalcosa per gli altri.Come valuteresti la prepara-zione acquisita in questo liceoScientifico anche rispetto aquella dei tuoi colleghi uni-versitari provenienti da altrerealtà?Credo che questo Liceo Scienti-

INTERVISTA A LUDOVICO CARBONEEX-STUDENTE DEL LICEO SCIENTIFICO P.S. MANCINI

fico sia un’ottima scuola e chesia riuscito a prepararmi brillan-temente, dandomi le basi neces-sarie a tener testa ai migliori stu-denti degli altri licei d’Italia.Tuttavia sulla base della miaesperienza universitaria consi-glio ai ragazzi di puntare sull’ap-profondimento dello studio del-la lingua inglese, in modo da nonprecludersi alcun tipo di sboccolavorativo.Quali suggerimenti avrestipremura di dare a coloro chesi apprestano a compiere unascelta pre-universitaria tantodeterminante per il propriofuturo?Il mio consiglio è quello dichiarire le proprie idee fin dalquarto anno, in modo tale daessere già ben indirizzati, tan-to più se si è intenzionati a fre-quentare una facoltà che pre-vede il superamento di un testdi ammissione.

Ottavia Carbone, III B

Ricordate il libro “Il Gran soledi Hiroshima” di Karl Bruckner?La protagonista, ricoverata inospedale a causa delle conse-guenze delle radiazioni dellabomba atomica, cerca inutilmen-te di realizzare, per gli dei, millegru con la carta. Secondo unaleggenda giapponese, infatti, chipiega 1000 origami a forma digru, vedrà realizzato un suo de-siderio o aggiungerà mille annialla sua vita.La nostra passione per gli origa-mi, però, non è nata dalla letturadel libro, ma dalla navigazionein Internet che ci ha fatto sco-prire un’arte antica.Origami è una parola di originegiapponese che significa “piega-re la carta” e indica una tecnicache permette di realizzare figu-re e forme di ogni tipo mediantela piegatura di uno o più fogli dicarta. In Giappone, l’arte degliorigami arriva dopo il 610 d.C.,anno in cui, grazie ad un mona-co buddista, si diffonde la tecni-ca per la fabbricazione della car-ta, inventata in Cina nel 105 d.C. circa. Il nuovo materiale ha,fra i suoi tanti pregi, quello dipoter essere piegato e ripiegatosenza strapparsi. Per anni, però,la carta rimane un materiale raro

e pregiato, il cui uso è riservatoalle cerimonie religiose o ad al-tre occasioni importanti. Vieneusato per creare figure astratteaventi un significato simboli-co e rituale, oppure per evoca-re lo spirito degli animali o deifiori, seguendo rigide regoleformali note a pochi speciali-sti. Tra i tanti soggetti è pro-prio la gru, simbolo di purez-za, uno dei principali.Quando il costo della carta di-venta accessibile a tutti, l’origa-mi raggiunge il suo massimosplendore, dando origine a nu-merosi club di appassionati. Duesono le tipologie di origami:quelli fatti con un singolo foglio,attraverso pieghe, senza l’uso dicolla o forbici; quelli a temacompositivo in cui si unisconovari pezzi standard che, venen-do uniti, formano figure.Navigando in Internet, si rima-ne impressionati dall’abilitàcon cui gli esperti di questaarte riescano a realizzare, conla carta, oggetti unici, a voltemolto complessi. Dalle loromani, che piegano con destrez-za questo materiale, prendevita tutto un mondo!

Giuseppe MarinelliMario Feoli I D

Un mondo di carta

La web radio è il mix perfettodi intrattenimento perché uni-sce perfettamente le fonti d’in-formazione di ieri con quellecontemporanee e le unifica inun unico e potente ente.Alcune persone nel 1995 si sonoaccorte che le radio in generalestavano perdendo ascoltatori ehanno deciso di creare un mixesplosivo, radio e web. In Italiasono circa 200 le radio attive sulweb e hanno una media di100.000 ascoltatori. I giovani, amio parere, sono attratti dalleweb radio perché possono espri-mere le proprie opinioni ed ave-re risposte in tempo reale e quin-di dialogare e confrontarsi concoetanei e non, ma soprattuttoperché chiunque abbia voglia dicrearne una, lo può fare in qual-siasi momento perché i requisi-ti sono davvero minimi: un buoncomputer e una scheda audiopotente, poi il successo o l’in-successo dipende solo dai cro-nisti. Ci sono web radio di ognitipo e trattano tutte argomentidiversi: c’è l’emittente sportivache è la più seguita dai ragazzi,quella di cronaca che è general-mente seguita dai nostri genito-

WEB RADIO

zionata, una coraggiosa denun-cia verso alcune inspiegabiliconvenzioni sociali e religiose.Ma vi dichiarate anche colpe-voli di offese verso un popolodedito al proprio culto, incuran-

ti della sensibilità altrui, tirandoin ballo il diritto di autonomia dipensiero. Siete in grado di reg-gere una tale responsabilità?Detto questo, a voi la parola.

Giulia Cerino, V B

ri e tante altre che trattano qua-lunque tipo di argomento.Le radio possono essere ancheun ottimo trampolino di lan-cio per i giovani musicisti chevogliono mettersi in mostra,ma che non riescono a trovaresponsor o case discografichedisposte a finanziarli e decido-no di unirsi ad un’emittenteche può aiutarli ad acquistarevisibilità e a dimostrare il lorotalento.A mio parere le web radio sonola trovata più utile degli ultimianni e anche uno dei migliorimodi di informazione globaleche ha il web!

Rodolfo Guerriero, I A

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SORRIDI

Non tremare, non urlare,non cadere,sorridi senza interruzionesorridi al primo freddod'estatesorridi alla prima sogliad' autunno.sorridi e vedrainon solo nuvole,vedrai farfalle volteggiarefuochi che si spengonopezzi di cuore volare.sorridi,sorridi,sorridi.avrai amore, calore,stupore.

Paola Rozza, I A

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1818 Tiri ... Mancini Note e Parole

The Beatles sono stati un leg-gendario gruppo musicale rockinglese attivo negli anni ’60. Ilgruppo era formato da quattrostravaganti personaggi:- John Lennon, il cantante;- Paul McCartney, il bassista;- George Harrison, il chitarrista;- Ringo Star, il batterista.La storia dei Beatles ha inizionel 1957 a Liverpool quando,nella chiesa di St. Peter, Paul,quindicenne e compagno discuola di John, e John, sedicen-ne e leader del gruppo Quarry-man, iniziano a suonare insie-me. I due sentono l’esigenza diespandere il loro gruppo. Dopoalcuni anni, con un notevolealternarsi di artisti, il gruppotrovò la sua formazione defi-nitiva. I Beatles diventano su-bito famosi per la particolaritàdella loro musica e non solo:infatti si sono contraddistintianche per il loro look ideato daun fan che studiò per loro que-gli abiti e quel particolare ta-glio di capelli che fece storia.Il 1963 rappresentò l’inizio diuna febbre collettiva chiama-ta “Beatlemania” che conta-giò i teenagers di tutto il mon-do e che si arrestò soltantosette anni dopo, quando i Be-atles si sciolsero in seguito alitigi interni dovuti sia allapresenza ingombrante dellanuova compagna di Lennon,Yoko Ono, sia a litigi troppofrequenti tra i componenti.Hanno lasciato un patrimoniodi tredici album producendopiù canzoni di qualsiasi altrogruppo; i più popolari sono sta-ti Abbey Road, Let it be, Yel-low Submarine e The Beatlespiù comunemente conosciutocome White Album.Nonostante il loro scioglimen-to, i Beatles non sono ‘’mor-ti’’! Ancora oggi, infatti, le lorocanzoni e la loro voce emozio-nano i cuori di milioni di per-sone, soprattutto giovani.Molti teenagers hanno l’esi-genza di ascoltare la loro mu-sica nonostante siano consape-voli di non poter mai assisteread un loro concerto.I Beatles, a mio parere, sonopoeti travestiti da cantanti:sono e saranno sempre nei cuo-ri di milioni e milioni di perso-ne grazie alla loro capacità dicomprendere i nostri sentimen-ti, la loro capacità di metterein note i temi più vari, per illoro straordinario timbro divoce. Sono riusciti a catturareil ritmo e lo spirito del tempo,il carattere della loro genera-zione, ad anticipare le modeculturali del tempo in cui scri-vevano e cantavano e soprat-

tutto iniziarono a cantare la vitadi tutti i giorni, nel linguaggiodei loro contemporanei. Se ilrock’n’roll si caratterizzò comeuna musica non proprio violen-ta, ma di certo di duro impattocontraddittorio nei confrontidel passato, portando avantitemi “peccaminosi” come ilsesso o l’abuso di alcool, lamusica dei Beatles arrivò adaddolcire questa ribellione.I Beatles sono stati innovativied anticonformisti: sono stati iprimi a sperimentare nuovimodi di fare musica e sono riu-sciti anche ad inventare melo-die, suoni, tecniche. Hannosuonato il primo pezzo con as-solo di chitarre al contrario, ilprimo pezzo con registrazionedi nastri al contrario, il primopezzo di chitarra distorta…Sono stati un fenomeno nonsoltanto musicale ma ancheculturale e hanno contribuito adiffondere la musica in tutto ilmondo, nonostante la loro bre-ve carriera.Insomma, hanno inventato lamusica e non solo! Non passe-ranno mai di moda, perché nelloro caso non si tratta di moda

ma di storia. Hanno avuto lafortuna di nascere in un perio-do in cui, musicalmente, man-cava qualcosa e loro sono riu-sciti a colmare quel vuoto, cre-ando qualcosa di straordinario.C’è però da ammettere, nono-stante la mia stima per loro, cheper certi aspetti si siano mostra-ti una band commerciale.Ognuno dei Beatles aveva uncarattere ben delineato: Paul adesempio era il “bravo ragaz-zo”… La loro immagine erapulita. Anche se noi sappiamoche poi così puliti non erano:Paul infatti non era esattamen-te un bravo ragazzo… All’epo-ca si era a conoscenza di ciò masi cercava di nasconderlo. Lacaratterizzazione dei membri diun gruppo e il voler tenere pu-lita la propria immagine è in-fatti qualcosa tipico del mon-do commerciale.D’altronde queste caratteristi-che sono tipiche del mondodello spettacolo e, pertanto,non ci permettono di infangarela loro grandezza.I Beatles sono e saranno sem-pre i BEATLES!

Alessandra Mollica I B

“ALL WE NEED ARE THEIR VOICES’’

Andiamo alla scoperta dei “The 1975” e proviamo ad immergercinel mondo dell’indie rock.Questo genere musicale nasce nel Regno Unito nei primi anni del1980. È una tipologia musicale indipendente, caratterizzata da undiverso approccio alle modalità di produzione, si distingue dunquedal pop mainstream (di massa).Sebbene venga classificato come “indie rock”, però, il sound dei“The 1975” viene influenzato da diverse tipologie musicali: poprock, musica elettronica, R&B, guitar pop.Classe 1989, vocals “incalzanti” e “raffinati”, i “The 1975” nasconoa Manchester, Regno Unito, nel 2004.Inizialmente il successo non sembra arrivare, però, nel 2012,Matthew, Adam, George e Ross vengono chiamati in uno studio diregistrazione.In quello e nell’anno seguente sono incisi ben quattro Ep.Se all’inizio il successo sembrava evitarli, quei quattro Epsegnarono l’inizio della loro fama.Infatti, dopo aver raggiunto posizioni abbastanza elevate nelleclassifiche britanniche, incidono un disco, intitolato “The 1975”.Un disco che esplora i temi di scoperta e novità nei contesti diamore, speranza, morte e paura. Un disco di ballate malinconichealternate a canzoni graffianti, scottanti. In seguito alla produzionedi questo album, Matthew ed i suoi compagni iniziano un tourmondiale con tappe in Inghilterra, Irlanda, Stati Uniti, Francia,Germania. Grazie a “The 1975”, la band riceve la possibilità dipartecipare ad alcuni festival musicali di un certo spessore:ricordiamo l’iTunes Festival a Londra e il Coachella Festival negliUSA.Con una scalata sempre più vicina all’apice del successo, connumerosi feedback positivi e vari riconoscimenti, i “The 1975”hanno annunciato l’arrivo di un secondo disco. Tutto, però, è ancoraavvolto in un alone di mistero. La speranza è che persistano il sounded i vocals distintivi della band, con la presenza di canzoni fresche,sempre contenenti messaggi nobili.“My taste in music is perfect and anyone who disagrees is wrongand probably smells weird.”— The 1975.(Il mio gusto per la musica è perfetto, e chi non è d’accordo sisbaglia e probabilmente sa di strano.)

Ilaria Di Capua I E

A 17 anni è comune alla mag-gior parte dei giovani avere uninteresse particolare, nutrireuna passione. La mia è quellaper la musica, in particolare ildjing. Credo che questa siaun’arte molto sottovalutata mapiena di una grande potenzaespressiva perché attraverso lamusica si può esprimere ciò chele parole non riescono a spie-gare. In particolare la musicatechno, che fa parte del conte-sto underground, insieme allesue sfaccettature, è un elemen-to fondamentale nella mia vita;essa non è solo un genere mu-sicale ma costituisce per tutti gliappassionati una vera e propriamentalità, più aperta rispettoalle solite concezioni, una men-talità che caratterizza anche lostile di vita, il modo di vestirsi,oltre che di comportarsi, di re-lazionarsi con gli altri e con sestessi, di vedere le cose daun’altra prospettiva.Riunirsi nei club per condivi-dere la stessa passione, quellaper la musica e ascoltare il dj,che ammiri, intrattenere la fol-la mentre, fuori, il mondo è pie-no di odio e violenza, è qual-cosa di inspiegabile. Un’atmo-sfera di pace spesso giudicatanegativamente da chi non co-nosce questo mondo (che an-che per me è ancora tutto dascoprire) e lancia sentenze; cer-to per qualcuno il mondo dellanotte può avere, come ognicosa, i suoi lati negativi, i suoirischi, ma essi vengono semprepiù ridotti dalle organizzazioniche mettono su serate, eventi o

‘When words fail, techno speaks’

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“My taste in music is perfect”

festival. E i lati positivi sonomolti di più.Ho visto persone di colore di-verso abbracciarsi e ballare lastessa musica. Solo vivendoquelle emozioni si può capirecosa trasmette l’esperienza divivere l’underground dei clube io che sto iniziando ad avvi-cinarmi a questa dimensionerimango di volta in volta, diesperienza in esperienza, sem-pre più stupito, soprattutto per-chè spesso mi trovo dall’altraparte della pista per ‘suonare’e vedo persone ballare sui mieiritmi, scelti ispirandomi ai pio-nieri di questo genere e soprat-tutto a me stesso.La strada per arrivare a realiz-zare qualcosa di importante èlunga ma si sa, si parte sempredal basso per raggiungere unobiettivo, l’importante è cre-derci sempre e inseguire i pro-pri sogni poiché loro conosco-no la strada. Ci vogliono tantisacrifici per avvicinarsi e vive-re in pieno la propria passione,ma la musica ripaga; per que-sto credo che niente sia para-gonabile al viaggio che essa tipermette di intraprendere,quando chiudi gli occhi in pi-sta e percepisci i suoni che ri-suonano nella tua testa. Dimen-ticare tutte le proprie ansie e ipropri problemi per dedicarsi alsuono incessante delle note chetrapassano il corpo. E’ proprioquando il tuo cuore va a tempocon la musica che si raggiungela vera felicità. ‘When wordsfail, techno speaks’.

Francesco Rastiello, III B

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1919Tiri ... ManciniScuola e dintorni

Nell’atrio, nelle aule e nei cor-ridoi della succursale del nostroLiceo, nei luoghi in cui ognigiorno possiamo udire il vocia-re di tanti studenti, il 24 marzo,giorno della penultima assem-blea di quest’anno scolastico, èsceso un silenzio quasi religio-so. Un alone di commozione hacircondato alcuni ragazzi dellaclasse II B, che hanno messo inscena una breve rappresentazio-ne. Una voce narrante inizia adescrivere il cerchio di morti concui le organizzazioni criminalisoffocano le nostre terre fino aspezzare la vita di molte perso-ne. Poi improvvisamente dalgruppo di ragazzi in jeans e ma-glietta bianca che voltano lespalle al pubblico si allontana unragazzo, si gira e parla. E’ unnostro compagno che interpretaPeppino Impastato. Il suo voltoè contrassegnato in una smorfiadi dolore e di disprezzo, la suavoce è profonda e il suo sguar-do è un’implacabile condannacome le sue accuse contro ilmalaffare di Cinisi. “Eccolo, èlui!” - vorremmo gridare tutti -“Peppino Impastato dai micro-foni di Radio Aut come un con-dottiero di altri tempi impavidoe sprezzante della morte, conti-nua la sua lotta”, Poi segue ilsilenzio. La voce narrante rico-mincia a spiegare il fenomenocriminale in Italia. Ora la figuradi Peppino Impastato si è dissol-ta. Siamo ritornati alla realtà, maognuno di noi ha nel cuore qual-cosa di nuovo, di diverso. Lamorte di Impastato non è statavana perché ognuno di noi sen-

te di essere invaso da una forzanuova, da un più maturo corag-gio, dalla speranza che un futu-ro migliore sia possibile.Abbiamo cercato di lanciare unmessaggio e guardando le faccedi chi avevamo di fronte, pos-siamo dire di esserci riusciti. Ilsilenzio creato non era triste elugubre per la morte ingiusta cheha spezzato la vita di molte, trop-pe vittime, ma risuonava comeun grido di battaglia, era ed è lavoce di chi spera che non dimen-ticare è solo l’inizio della lottaalla criminalità organizzata.Non era la prima volta che sot-toponevamo questo discorso adun pubblico, era già successo aiprecedenti Open Day, dove ave-vamo svolto il tutto in un’ aulaoscurata. Volevamo renderel’idea dell’anima dei mafiosiperché il male si genera e si ali-menta nella notte della coscien-za. Dopo aver sensibilizzato sul-l’argomento facendo capire cheignorare il male equivale ad es-serne complici, abbiamo inizia-to a far luce con la fiamma dialcuni accendini per illuminareil buio. Abbiamo diviso la po-polazione mondiale in due par-ti: il bene e il male, la luce e ilbuio. Fondamentalmente non èdavvero così? Mentre in un emi-sfero è giorno, dall’altra non ènotte? Forse eravamo destinatia vivere così, con la contrappo-sizione tra il bene e il male, dalprimo uomo che ha messo piedesulla Terra che ha visto il conti-nuo alternarsi tra il sole e le te-nebre e ha scelto cosa preferire.

Anna Bembo, II B

Meglio la luce o il buio?

Ragazzi, non vi azzardate!Per molti la scuola superiore nonè altro che un luogo dove è pos-sibile imparare nozioni e ac-quisire un me-todo di studioda sfruttare al-l’università.Ma la scuolanon è soloquesto. E’l’ambientenel qualetrascorria-mo il no-stro mo-mento dit r a n s i -zione tral’adole-scenza ela maggioreetà. Cominciamo a prende-re consapevolezza delle respon-sabilità connesse con il passaredegli anni e iniziamo ad affac-ciarci oltre il muro protettivo co-struito dalla nostra famiglia.Entrare a far parte della società,implica fare delle scelte e capi-re cosa è giusto per noi. Le insi-die e le tentazioni sono tante,non sempre gli adolescenti lecomprendono e non sempre rie-scono a contrastarle. In una can-zone Jim Morrison dice: “Amogli adolescenti perché tutto quel-lo che fanno lo fanno per la pri-ma volta”. Ma affrontare per laprima volta qualcosa di total-mente sconosciuto può esserepericoloso.Proprio per questo, il LiceoMancini ha accettato un proget-to promosso dall’associazio-ne “La casa sulla roccia”sulla prevenzione alladipendenza dal gio-co d’azzardo,

problema più diffuso epressante. Sette ragazzi del-le classi seconde della sede divia de Concilii, quindi, hannopartecipato agli incontri con duepsicologhe che hanno spiegatoe trattato l’argomento.Diversamente da quanto si pen-sa, il gioco d’azzardo è un gio-co in cui si punta una sommacontando sul caso, sulla fortunae sul rischio, mentre non conta-no abilità o tecniche speciali. Ilgiocatore può essere chiunque,si cela tra la massa conservandola propria libertà d’azione: gio-ca per puro piacere in un tempodefinito, secondo le sue possi-bilità economiche e accetta lasconfitta. A lungo andare però ildivertimento diventa ossessione.Il giocatore d’azzardo patologi-co, infatti, centra la sua vitaesclusivamente sul gioco perché

ne sente il bisogno. Non riescedi smettere e scommette semprepiù denaro perdendo, così, la sua

libertà. Sottrae tempoalla vitaprivata emette a ri-schio lasua incolu-mità e quel-la della pro-pria fami-glia. Lo Sta-to, avido ten-tatore, invo-glia i cittadinia giocare d’az-zardo, intascan-do il bottino elasciandone solouna piccola partenel montepremi. I

cittadini ita- liani vengono ten-tati ogni giorno a giocare: in te-levisione, almeno tre spot su die-ci riguardano il gioco. L’Italianella classifica Europea occupail primo posto per il gioco d’az-zardo, si calcola che in mediaogni anno gli italiani spendono1260 Euro pro capite.Nell’ultima assemblea d’istitu-to i ragazzi che hanno parteci-pato a questo progetto hanno il-lustrato l’argomento e hannoconcluso elencando alcune rego-le sulla pre-venz ione :quando siha in-

tenzione di giocare, bisogna ac-cantonare una determinata som-ma di denaro, porsi dei limiti ditempo e fare in modo che il gio-co sia solo una delle attività ri-creative. Non bisogna giocarequando si stanno vivendo situa-zioni di stress emotivo e quandosi hanno debiti urgenti.Giocare vuol dire fare esperi-menti con il caso; credere che dalgioco si possa acquisire qualco-sa di buono, o addirittura rina-scere, è errato. Il caso esiste, maaffidarsi ad esso non porta maibenefici.Il gioco d’azzardo può diventa-re una droga senza sostanza masoprattutto un suicidio senzamorte.

Anna Bembo, II B

Per intraprendere un viaggionon bisogna necessariamenteacquistare i biglietti dell’aereoo mettersi in macchina percor-rendo chilometri e chilometri:il viaggio che i ragazzi del li-ceo P.S. Mancini hanno intra-preso quest’anno ha un valoremolto più forte e nobile. Han-no girato tutta l’Italia attraver-so il ricordo, abbattendo l’in-differenza e hanno stretto in unabbraccio tutte le famiglie cheingiustamente hanno visto nelgiro di pochi secondi la lorovita cambiare per colpa di qual-che mafioso. I ragazzi non han-no fatto nient’altro che dedica-re un pò del loro tempo, ognisettimana, alla riflessione sul-le vittime delle mafie. Vittimeinnocenti che, nella maggiorparte dei casi, non hanno otte-nuto giustizia. Tutto ciò è statopossibile grazie a “Libera, as-sociazione nomi e numeri con-tro le mafie” e al progetto“Scuola di legalità” promossoproprio da quest’ultima in col-laborazione con la Camera diCommercio. L’associazione hacercato, così, di sensibilizzarei ragazzi ad analizzare e ad ap-profondire il tema della legali-tà, con dieci incontri, fino a toc-carne i cuori e quindi la sensi-bilità. Durante ogni incontro,tenutosi alla Camera di com-mercio di Avellino, i giovanistudenti delle varie scuole del-la provincia hanno avuto lapossibilità di ascoltare storie edibattiti sulla promozione e lavalorizzazione dei beni confi-scati alla mafia, sulle vittime diusura, ma hanno anche cercatodi capire le radici e i sistemi coni quali i mafiosi ragionano, ana-lizzando, tra l’altro, il rapportotra mafia e religione e quellodelle donne con questa realtà,che talvolta sembra appartene-re solo agli uomini. Partendodalla Sicilia, dove l’associazio-ne è nata, grazie a Don LuigiCiotti, gli studenti interessati alprogetto sono risaliti lungo tut-ta la penisola, per porgere lamano a queste famiglie e risve-gliare le coscienze.Per dare un senso al percorsoin occasione del 21 marzo,giornata dedicata alla memoriadelle vittime della mafia ilgruppo di animatori di legalitàdelle classi IV B, IV C, IV E,IV F ha organizzato l’assem-blea studentesca dedicata allatematica in questione. Si è chie-sto di riflettere, anche per po-chi minuti, sulla terrificante li-sta che conta novecento nomidi vittime colpite dalla mafiacon l’auspicio di non farli sva-

Viaggio verso la legalitànire nel nulla, ricordarli ognigiorno affinché il loro sacrifi-cio possa servire alle genera-zioni future. Ad arricchire lagiornata con la loro testimo-nianza emotivamente coinvol-gente sono intervenuti Rosalin-da Santaniello, figlia di Fran-cesco Antonio Santaniello vit-tima innocente di camorra, ilgiornalista e autore de “La fai-da” Giovanni Sperandeo e Pa-squale Ciampa, coordinatore diLibera Avellino.

Il lavoro che quest’anno è riu-scita a fare Libera è stato incre-dibile. Ognuno di quegli incon-tri rimarrà sempre impresso nel-la testa dei ragazzi e difficil-mente la lascerà.Combattere la mafia non è im-possibile, basta iniziare a cam-biare la mentalità della gente,abbattere l’omertà e crederenello Stato, in quella parte an-cora pura e libera.

Vincenzo Abbatantuoni, IV C

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CinemaTiri ... Mancini2020

La Welton Accademy nello Stato del Vermont è una dellescuole più prestigiose di tutti gli Stati Uniti. “Tradizio-ne, onore, disciplina ed eccellenza” sono i quattro pila-stri su cui essa si regge. Tra gli studenti vi è Neil Perryche, come altri, è stato spinto dai genitori a frequentarel’illustre Accademia, affinché essa possa fornirgli legiuste basi per una carriera da medico. Con l’inizio delnuovo anno scolastico arriva un nuovo professore diletteratura, John Keating. Sebbene sia un ex allievo dellaWelton, il nuovo professore introduce un nuovo meto-do di insegnamento, ben diverso da quello reazionarioe conformista a cui sono abituati i suoi alunni. Il pro-fessore lascia spazio alla libertà, all’immaginazione, aldialogo tra i giovani e li invita più volte a “coglierel’attimo”. Tra le varie iniziative fa scoprire alla sua clas-se la “Setta dei poeti estinti” (da cui deriva il titolo ori-ginale del film di Weir): un’antica tradizione dei vecchistudenti della Welton, tra cui il professore stesso, che siriunivano di nascosto la notte a leggere poesie. La pos-sibilità che il professor Keating offre ai suoi ragazzi di“succhiare il midollo della vita” sconvolge tutti. I suoimetodi di insegnamento sono come un cancro nel cor-po rigido della prestigiosa accademia, e il desiderio deiragazzi di vivere davvero condurrà la loro storia ad untragico finale. Paradossalmente ambientato negli Stati Uniti, “L’at-timo fuggente” affronta una delle questioni che più in-teressano il nostro secolo: l’educazione dei giovani, e,soprattutto, l’importanza della libertà. Ma perché si puòparlare di paradosso? Perché in realtà, se riflettiamosull’intero contesto rappresentato nella pellicola di Weir,è proprio la Welton Accademy ad essere “il cancro” chemina alla base gli ideali di una nazione che il mondooggi, all’unanimità, definisce liberale e democratica. “Oh capitano, mio capitano!” Sono le prime parolepronunciate dal professor Keating (interpretato magi-stralmente da Robin Williams), il quale non fa altro cheriportare un verso di una poesia di Whitman dedicataad Abramo Lincoln, il presidente che si batté in nomedella libertà dei neri. Ma il tentativo da parte del pro-fessore di riportare alla mente dei suoi alunni alcuni trai versi più famosi della tradizione letteraria, non vuoleavere uno scopo esclusivamente didattico. L’importan-za della letteratura prescinde dal fatto che essa sia ri-cercata. Non è nell’interesse del professor Keatingmostrare ai suoi alunni l’abilità compositiva dei poeti.Un’opera letteraria è tanto valida, quanto è in grado ditrasmettere un’emozione e un messaggio che possa es-sere universale. E allora non è vero che restare attaccati alla tradizionesignifica essere indietro rispetto al tempo presente. Spes-so essa fornisce all’uomo uno spunto per agire, per mi-gliorarsi, per gridare contro un sistema che non lo ris-pecchia. Ma l’aspetto fondamentale è che questo spun-to è il più nobile: perché i giovani che si approccianoalla poesia non si ribellano agli schemi totalitari con laviolenza, con l’offesa, ma con la cultura. Questa con-sente all’uomo di avere una visione del mondo più am-pia, fornisce gli strumenti per instaurare un dialogopacifico con chi ha un pensiero diverso e, tramite essi,abbatte gli ostacoli che minano la libertà dell’uomo stes-so. È a questo che serve la scuola: ad inserire l’uomonella società. Un uomo che sia in grado di riflettere, difar valere la sua posizione nel rispetto di quella deglialtri, di realizzarsi per quello che è. Fornire un’educa-zione che lo aiuti nella realizzazione di se stesso e delsuo pensiero, non significa quindi porre le basi per laformazione di un uomo egoista, che vuole imporsi su-gli altri, bensì di un individuo sociale che sappia comu-nicare.“L’attimo fuggente” non è il primo dei capolavori diWeir ad avere una forte base etica e morale (ricordiamoad esempio “The Truman show”). Ma questa pellicolasi distingue per il suo carattere romantico, nel signifi-cato letterario del termine. I personaggi, e in particola-re il protagonista, sono come degli eroi che, insoddi-sfatti del sistema che li circonda, cercano di combatter-

lo: chi con atteggiamenti quasi “titanici”, chi parteci-pando ad attività che si distaccano dai soliti schemi ri-gidi, e che pertanto potremmo definire rivoluzionarie,chi rassegnandosi, chi uccidendosi… . Il carattere ro-mantico della pellicola è evidente anche nella sceltadelle ambientazioni, soprattutto nelle scene di fuga dallaWelton, girate nei boschi notturni. La natura, il paesag-gio notturno e indefinito hanno infatti un loro valorefortemente simbolico nell’ambito del film. Eppure quelche resta più impresso nella mente dello spettatore èproprio la grande interpretazione di Robin Williams,nelle vesti di un personaggio che si rivela sempre piùattuale. Gli studenti lo amano, perché è in grado di farcogliere l’essenza della poesia con delle “lezioni alter-native” tanto acclamate dagli studenti di oggi. Ma so-prattutto è un professore che sa farsi amare, e sa valo-rizzare i suoi “figlioli” (come definisce gli studenti inuno dei suoi monologhi) dando loro i giusti stimoli peraccettarsi e conoscere se stessi. E questa, forse, è la piùgrande aspirazione per un professore.

Marcella Capasso, V E

Riflessioni derivanti dalla cogestione…

Uno scenario (quasi) apocalittico, una carestia diffusa alivello mondiale che ha costretto gran parte della popo-lazione a diventare agricoltori per la propria sussisten-za, una società che ha perso interesse verso la scienza eche preferisce gli ideali di una civiltà “bucolica” a quel-li di una civiltà avanzata ma ormai sconfitta dalla natu-ra. Questo è lo scenario che ha dato vita al “progettoLazarus” che si propone di esplorare mondi esterni alnostro Sistema Solare per cercare un “nuovo inizio” suun nuovo mondo. Il progetto è mandato avanti dal nu-cleo rimanente di una NASA ormai ridotta ad una istitu-zione segreta di cui solo il governo conosce l’esistenza.L’ex-ingegnere e astronauta Cooper (Matthew McCo-naughey), tramite l’intuizione della figlia Murph (Jes-sica Chastain) riuscirà a scoprire il nucleo operativodella NASA e a dare il suo contributo a questo viag-gio interstellare.Vista così potrebbe sembrare la trama del solito “Sci-fi”, pieno di inesattezze scientifiche, di alieni in unoscenario apocalittico e pieno di effetti speciali medio-cri, ma “Interstellar” è molto di più. Un film visionarioe gremito di sorprese, che non permette allo spettatoredi distrarsi un attimo e che lo tiene incollato alla poltro-na con un’espressione di stupore. Nolan, come suo soli-to, si è divertito a creare una trama che distrugge tutti ipregiudizi e gli schemi predefiniti che uno spettatorepotrebbe avere e non permette allo stesso di creare

L’ATTIMO FUGGENTE

“pronostici” su come andrà a finire. Ma procediamocon ordine.È quasi inutile dire che l’applauso alla fine del film èstato spontaneo; un plauso diretto in primis a Nolan (Inception, Memento, Batman’s Trilogy) stesso che, bril-lante e lucido in ogni scena, ha saputo davvero dirigerecon grande esperienza un film che, senza i suoi apportie le sue moderazioni, sarebbe risultato pesante nella tra-ma e pesante anche alla vista (dato il necessario uso dieffetti speciali), ma molto importante è stato anche l’ap-porto di un Hans Zimmer (Il Gladiatore, Pirati dei Ca-raibi, Il re Leone, solo per citarne alcuni) sempre origi-nale, che si fa riconoscere dalla prima nota del film perl’effetto patetico che la sua musica produce in un sino-do indissolubile tra materia visiva e uditiva.Ottimo il cast, almeno gli attori principali, che dovreb-bero aspettarsi da un giorno all’altro la chiamata dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences: un Mc-Conaughey che ha saputo sfruttare al meglio le ca-ratteristiche del suo personaggio e che ci ha davverotrasmesso le emozioni di un astronauta che, “strappato”alla sua famiglia, vive le tappe più importante della vitadei suoi figli solo attraverso uno schermo, una AnneHathaway passionale, un Michael Caine esperto e unMatt Damon inaspettato. Unico appunto da fare è suipersonaggi secondari, quasi inesistenti per spessore ecapacità attoriali.Gli effetti speciali possono addirittura essere conside-rati un personaggio fondamentale del film; sono cosìben fatti che sono stati capaci di ricreare scenari astralivisibili altrimenti solo nelle fotografie ufficiali dellaNASA e alcune entità spaziali (come buchi neri o “war-mhole”) fino ad ora solamente teorizzati.Un ultimo accenno deve andare, sicuramente, al sapienteuso (ed anche rivisitazione, spesso e volentieri) di alcu-ne tra le più famose leggi fisiche, che hanno dato quelpepe che crea interesse e sbalordimento all’interno de-gli spettatori più ferrati nelle materie scientifiche e alpretenzioso utilizzo di alcune forze fisiche (la gravità,per esempio, viene considerata la quinta dimensione).Ma, alla fine, questa costruzione di formule e leggiche sembra infrangibile, viene quasi “vinta” da quel-la che è la forza più grande del mondo: l’amore (uni-ca nota negativa che mi permetto di porre alla tramaè proprio questo scontato topos della scienza “vitti-ma” dell’amore).Un film, quindi, perfetto tecnicamente e capace di su-scitare molto interesse e stupore nello spettatore, un filmche sta già facendo molto parlare di sé (dai forum percinefili, alle lotte nei social network tra chi lo consideraun capolavoro e chi un flop), il che è già un segnaledella riuscita del film e della sua forza.

Gianmarco De Cola, IV C

INTERSTELLAR

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Tiri ... ManciniTecnologia 2121Cos’è whatsapp?Un’app di messaggistica mobi-le multi-piattaforma che consen-te di scambiarsi messaggi con ipropri contatti senza dover pa-gare gli SMS. Dato che si servedello stesso piano dati Internetusato per le email e la naviga-zione web, non vi sono costi ag-giuntivi per mandare messaggie restare in contatto con i propriamici. L’importante è avere unaconnessione Internet mobile.Ma cosa rappresenta per noiwhatsapp?Non un semplice mezzo, perquanto veloce, gratuito e inten-so, ma un vero e proprio stile dicomunicazione!Lo utilizziamo infatti per verifi-care che il nostro interlocutoreabbia ricevuto il messaggio, chesia on line in quel momento oche lo sia stato fino a poco tem-po prima, monitorando l’orariodell’ultima visita, che stia omeno scrivendo.Non è tutto: il profilo che l’uten-te sceglie per presentarsi è unasignificativa carta d’identità.La foto, lo stato, le descrizionisono punti di riferimento perconoscere quello che si sta fa-cendo, lo stato d’animo e il tipodi persona con cui si sta parlan-do. Comunicazione, quindi, maanche esternazione di se stessi.La possibilità di scambiare ra-pidamente foto e video è unavera rivoluzione nell’immedia-tezza del dialogo e della relazio-ne tra i due interlocutori.Sempre più spesso la foto scat-tata con il proprio smartphoneviene immediatamente “usata”(è questo il termine dell’app) peressere inviata in tempo reale.Secondo dati ufficiali, ad aprile2014 whatsapp poteva contaresu 500 milioni di utenti attivi cheogni giorno scambiavano 700milioni di fotografie e circa 10miliardi di messaggi ditesto...numeri esorbitanti!La sensazione e il piacere di po-ter condividere momenti a di-stanza in tutta libertà è fortissi-ma. La moda si incrocia poi conl’altra mania di stagione, quelladei selfie, per cui sempre piùspesso si vedono serie infinite diselfie scattati a raffica, nell’in-tento di cogliere e trasmettere unsorriso, un’espressione, un sog-ghigno.Ironia, stati d’animo, dialogoserrato e veloce. Tutto si molti-plica ed enfatizza nella creazio-ne del gruppo: numerosi inter-locutori intervengono nella me-desima chat, e si sovrappongo-no, rispondono, replicano, ade-riscono o contrastano quantoappena detto.Il tutto con l’aiuto dell’altro vo-cabolario, quello degli emoti-cons…Ecco il nostro modo di dialoga-

Gli uomini che si fanno troppi selfie? Egoisti e anti-sociali.È uno studio dei ricercatori della “Ohio State University” pubblica-to al fine di mettere in risalto che un uomo che ha una vera e propriamania per l’autoscatto è spesso vanitoso e può presentare persinodei tratti psicopatici legati all’aggressività che possono sfociare indepressione e problemi alimentari.Lo studio ha coinvolto 800 uomini tra i 18 e i 40 anni, ai quali èstato chiesto di compilare un questionario online: in questi, oltre achiedere con quale frequenza pubblicano loro foto sui profili Face-book ed Instagram, è stato chiesto quante volte modificano le im-magini prima di pubblicarle. In un secondo questionario è stata po-sta sotto osservazione la personalità dell’intervistato per quanto ri-guarda il livello di autostima, l’innamoramento di sè e la tendenzaad osservare il proprio corpo.L’indagine psicologica è stata completata incrociando le rispostedei due questionari. I risultati fanno emergere delle correlazioni trala tendenza a pubblicare molti selfie e l’inclinazione al narcisismonegli uomini osservati, che possono essere la spia di disturbi psico-logici i quali possono sfociare persino in atteggiamenti psicopatici.Che ci fosse una spiccata tendenza al narcisismo tra i maniaci deiselfie non era difficile ipotizzarlo, ma i ricercatori dell’Universitàdell’Ohio hanno per la prima volta dimostrato con metodo scienti-fico tale rapporto. Inoltre, chi è ossessionato ha un problema diaggressività che andrebbe curato, poiché produce un grande vuotointeriore il quale può portare ad anoressia e disturbi ossessivi dicontrollo.

Carmine Fischetti, V C

SELFIE-MANIA:UOMINI MANIACI A RISCHIO

Un ragazzo americano, JawedKarim, un giorno ebbe l’ideadi farsi riprendere allo zoo diSan Diego a parlare di elefan-ti. Questo filmato, di scarsaqualità e di appena 19 secon-di, fu il primo video postato suYoutube. Era il 23 aprile del2005 e Jawed, coofondatoredel sito, non si sarebbe maiaspettato il gigantesco succes-so di questo portale. Infatti, unanno dopo, la piattaforma divideo-sharing fu acquistata daGoogle, che riconobbe le gran-dissime possibilità che il sitopoteva offrire. Il progetto, di-fatti, si basava sulla possibilitàdi condividere esperienze divita quotidiana e di mostrarleal mondo intero tramite l’usodi un vero e proprio canale per-sonale, gestito interamente dal-l’utente registratosi al sito. Ilpopolo del web fu entusiasta ecominciò a pubblicare video suvideo, creando un’enormemole di contenuti sempre piùvari e creativi, con la possibi-

re. Pluritestuale innanzitutto: pa-role, foto, slogan, stati, video,emoticons.Veloce: quasi uno scambio ora-le, ma, paradossalmente, periscritto.Molto diffusivo: la conversazio-ne rimane comunque on line.Spesso è fintamente privata: ilnostro stato viene comunicato atutta la rubrica, e pazienza se trai contatti c’è anche il collega

serioso e borioso dei nostri ge-nitori. Ma si tratta di vera con-versazione?Ancora una volta dobbiamochiederci se whatsapp non cipiaccia così tanto perché facili-ta la nostra comunicazione, fil-trandola attraverso un dispositi-vo elettronico.Facciamo un test: quanto temporiusciamo a stare al telefono ead esprimerci con quell’amicocon il quale abbiamo “whatsap-pato” per tutta la sera? Siamoancora in grado dì parlare, diesprimere a parole quella smor-fia affidata ad una faccina?O per caso whatsapp rappresen-ta un’ennesima protezione alnostro modo di relazionarci (otalvolta di non relazionarci)?Facile partecipare ad una chat di

Whatsapp: uno, nessuno e centomilagruppo, intervenendo con unmessaggio di condivisione.Chissà se sapremmo farlo in ungruppo vero, magari in una di-scussione reale con voci che sisovrappongono.La volontà ed il piacere di appa-rire e di rappresentarsi, poi, puòraggiungere livelli di distorsio-ne: non si va a quella festa perstare in compagnia o per vederecosa può offrire la serata, ma

sembra di non esserci stati se nonsì scattano foto veloci da tra-smettere immediatamente.La visita di una città è distrattada raffiche di selfie, che immor-talano risate o amicizie di unistante: tutto è esistito solo se ècondiviso.Whatsapp: uno nessuno e cen-tomila.Uno perché gli si affida parte dinoi, quella che vorremmo appa-risse all’esterno. Nessuno, per-ché in fondo si rischia di comu-nicare talmente tanto e con taledisinvoltura da non avere di fat-to un interlocutore scelto e vo-luto. Centomila, perché di fattodiffondiamo nostri dati, spessosensibili e privati, al mondo.

Vittorio Pensa, IV C

Youtube: la TV del futuro?lità di essere giudicati dal pub-blico mediante l’utilizzo di spe-cifici pulsanti per indicare l’ap-prezzamento. Attualmente, ilGlobal Web Index evidenziacome gli utenti della rete visi-tino più Youtube di quanto fac-ciano con Facebook. L’impor-tanza di questo sito è cresciutaesponenzialmente dal 2005 e,oggi, milioni di persone lo uti-lizzano quotidianamente. No-nostante ciò il mezzo di comu-nicazione più importante restaancora la TV, ma nelle nuovegenerazioni è indubbio l’utiliz-zo primario di Internet e, diconseguenza, di Youtube. Ivantaggi di questa piattaformasono rappresentati dalla possi-bilità di scegliere in qualunquemomento il canale e il video daguardare, dalla facoltà di espri-mere giudizi e, in tempo reale,commentare il prodotto, dal-l’opportunità di far conoscere

il proprio brand o di mettersiin gioco singolarmente con lapropria creatività e, infine, dal-la facilità di accedere al sito tra-mite smartphone e condivide-re in ogni momento con gli al-tri social network i video visio-nati. La vecchia TV, purtroppo,non permette ciò, perché con-diziona con le strategie pubbli-citarie, produce passività nei

suoi fruitori e fornisce conte-nuti spesso ripetitivi e banali.Anche Youtube è condizionatoda società di marketing ma lepubblicità ad inizio video pos-sono essere “skippate” dopoappena 5 secondi. Perciò, You-tube è il canale di chiunquevoglia mettersi in mostra,creare e condividere le propriepassioni.

Stefano Cucciniello, IV C

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2222 Correva l’anno...Tiri ... Mancini

XXV ANNIVERSARIO DELLA CADUTA DEL MURODI BERLINO: IL TRIBUTO DI AVELLINO

La notte del 9 novembre 1989cadeva il Muro che aveva te-nuto divisi Berlino, la Germa-nia e il mondo intero in dueblocchi ostili e contrapposti perben 28 anni. In occasione del25° anniversario del “Mauer-fall” anche noi studenti del Li-ceo Scientifico “P. S. Mancini”abbiamo ricordato l’avveni-mento presso il Carcere Borbo-nico di Avellino dove, dal 28ottobre al 25 novembre 2014,l’Istituto di Cultura Germani-ca - A.C.I.T. di Avellino - sottol’alto patrocinio dell’Amba-sciata della Repubblica Fede-rale di Germania - ha organiz-zato una serie di eventi. È’ sta-ta allestita un’interessantissimamostra fotografica e documen-tale sul tema “Dittatura e De-mocrazia nell’età degli estremi:precisazioni sulla Storia del XXsecolo”. Sono stati proiettatidocumentari che hanno riper-corso la storia del Muro: la suacostruzione graduale ed ineso-rabile; le fughe rocamboleschedal settore Est raccontate datestimoni del tempo; le intervi-ste ai leader mondiali dell’epo-ca; i retroscena della sua cadu-ta ed infine la gioia collettivadi quel 9 novembre 1989.Abbiamo inoltre partecipatoalla conferenza della Dott.ssaGloria Chianese, che ha illu-strato differenze ed analogie traItalia e Germania, nazioni chehanno patito le devastazionidella Seconda Guerra mondia-le e, ancora, abbiamo potuto“godere” dell’avvincente inter-vento del Dott. Gianluca Falan-ga, che collabora da oltre 15anni con il Museo della Stasi aBerlino, con il Memoriale diHohenschönhausen (ex carce-re della Stasi) e con la Fonda-zione “Haus der Geschichte” diBonn: insomma un’autorità nelcampo degli studi sui temi del-la divisione tedesca e dellaGuerra Fredda.Sulla scorta della propria espe-rienza di studio e di lavoro, Fa-langa ha illustrato la Stasi - ab-breviazione di Ministerium fürStaatssicherheit, “Ministeroper la Sicurezza di Stato (MfS)- ed i suoi metodi vessatori.Fondata nel 1950, costituiva laprincipale organizzazione disicurezza e spionaggio dellaDDR: arruolava, con misurecoercitive, anonimi impiegati,normali casalinghe, operai ecc.per controllare i propri concit-tadini ed impedire ribellionicontro il governo. Individuatoil probabile sovversivo, questiveniva sottoposto ad interroga-

tori psicologicamente deva-stanti ed addirittura ne venivaconservato il suo odore: condeterminati stratagemmi, og-getti toccati dagli indagati, tap-pezzerie di sedie venivano er-meticamente chiusi in baratto-li di vetro, meticolosamente ca-talogati ed archiviati. I “presun-ti colpevoli”, anche se mino-renni, venivano sottoposti apene detentive lunghissime edurissime.Abbiamo molto apprezzato laconferenza del Dott. Falanga:

sapiente ed efficace la sua ca-pacità oratoria, così come no-tevole la quantità di testimo-nianze dolorose da lui raccolteda ex-perseguitati della DDR.Soprattutto abbiamo avutomodo di visionare quantoascoltato dalla trama dell’av-vincente e pluripremiato film“Le Vite degli altri”, che è sta-ta una validissima opportunitàper approfondire e conoscerequesta pagina di storia cosìdrammaticamente recente.

Rosario Pagano, III A

La guerra che verrà

non è la prima. Prima

ci sono state altre guerre.

Alla fine dell’ultima

c’erano vincitori e vinti.

Fra i vinti la povera gente

faceva la fame. Fra i vincitori

faceva la fame la povera gente

egualmente.

Bertolt Brecht

La guerra cancella il diritto alladignità umana, il diritto alla vitaconcepita come realizzazione divalori. Questo il messaggio del-l’esplicita e profonda poesia diBrecht diretta a chi della guerrane ha risentito più gravemente.Giovani, contadini, povera gen-te, analfabeti: furono loro a tro-varsi catapultati dal loro piccolomondo in un mondo più grandeed incomprensibile. Furono loroa dover lasciare il mondo dirittodella casa, del paese e, indossa-ta la divisa, si trovarono risuc-chiati da una realtà in cui era giu-sto morire a venti anni, merito-rio uccidere un altro uomo, doveera reato grave cercare di salva-re la pelle. Circa 5.900.000 fu-rono gli italiani inviati al fonte.Un sesto della popolazione tota-le. Se si considera che i nucleifamiliari a quel tempo erano 7,7milioni, si può ritenere che i 4/5di essi fossero coinvolti nellaguerra con il reclutamento di al-meno uno dei loro componenti.Ma la vera tragicità di questocapitolo della storia l’hanno sen-tita sulla loro pelle i soldati che,atterriti e sbalorditi, venivanoavviati alla trincea come agnellisacrificati insulsamente in olo-causto alla insipienza di chi licomandava. La consapevolezzadi essere inviati al fronte pesavacome una eterna condanna; ildestino aveva decretato che que-gli uomini dovessero combatte-re fino alla morte o alla mutila-zione. Lavorare, sentirsi liberi esicuri erano diventati piaceriproibiti. Restava la poesia dellastrage: “domani si va all’assal-to”. Una guerra dura e monoto-na quella del primo conflittomondiale, scandita dai tempi del-la trincea, dalla paura, dall’ottu-so autoritarismo dei capi. Facileritracciare la messa in fila delleparole più consuete rintracciabilinelle memorie dei protagonisti:granate, cunicoli sotterranei, pal-lottole, mortai. Così tanti furonoi morti della guerra, troppi, inassalti inutili rispetto alle vite

In pasto alla storia: il valore delCentenario della I guerra mondialeoggi (1915-2015)

lasciate sul campo. Quasi tuttimuoiono e le loro vite minimebramano della voglia di ricon-quistare la loro dignità e il loromistero. E’ la rivincita di sem-plici, piccole, indifese quotidia-nità, che hanno scritto una Sto-ria che non possiamo sentire in-differente, lontana e astratta mache invece ritrova un senso nel-le testimonianze dei fatti appe-na dello scorso secolo. Ai mortidi tutte le guerre è stata scippatala possibilità di godere della lororealtà familiare e sociale e dellaloro stessa vita intesa comeun’opportunità. Vittime incolpe-voli date in pasto alla storia, per-ché essa potesse continuare anutrirsi dei propri misfatti. Ma-gistra vitae: questa la vera natu-ra della storia da riscoprire. Ce-lebrazione del centenario del-l’entrata in guerra dell’Italia nelprimo conflitto mondiale che sioffre, quindi, come formidabilestrumento per pensare al cammi-no fatto fino ad ora, agli erroricompiuti e, ancor di più, solle-citare riflessioni cogenti sul dafarsi. La ripresa delle ragionidella storia ci concilia con il tem-po lungo dei processi che hannoriguardato le più drammatichevicende umane e ci può permet-tere di capire che è nell’animodelle persone che devono esserecostruite le difese della pacepoiché è lì che le guerre stessenascono, come recita la costitu-zione dell’Unesco. Una valenzaquella di questo centenario chetravalica il suo mero caratterecelebrativo e che va colta comeun invito alla presa di consape-volezza della storia, vicina e lon-tana, che può aiutare a diradareanche il futuro addentrarsi mi-naccioso di incognite e pericoli.

Alessandra Adamo V B

Correvano i primi anni ‘70 quando in Italia, dopo accese e lunghepolemiche, venne introdotta la legge sul Divorzio.In un mondo in cui molta gente affronta il matrimonio con troppaleggerezza, il divorzio sembra essere la regola del giorno, unmodo per gettare la spugna al primo problema.Il 22 Aprile 2015, l’Assemblea della Camera dei deputati hadefinitivamente approvato, la proposta di legge C.831 relativaalla disciplina dello scioglimento del matrimonio.Il testo interviene sulla legge n. 898 del 1970, in modo da:- anticipare il momento della possibile proposizione della

domanda di divorzio;- anticipare anche il momento dell’effettivo scioglimento della

comunione dei beni tra i coniugi;- stabilire una disciplina transitoria.Già approvato dalla Camera il 29 maggio 2014 e modificato dalSenato il 18 marzo 2015, il provvedimento – che è composto datre articoli - è stato nuovamente esaminato dalla Camera.Il decreto detta le disposizioni in materia di scioglimento ocessazione degli effetti civili del matrimonio e di comunione trai coniugi. Agognato negli anni, il “divorzio breve” è oggi legge!Era stato, tuttavia, il cardinale sudafricano Wilfrid Napier, duranteil sinodo dello scorso Ottobre a dire che ormai “il messaggio èpartito e tutto quello che possiamo fare è solo tentare di limitarei danni”.Il “messaggio” era quello lanciato dai fautori di cambiamentidella pratica pastorale in materia di divorzio.Tali cambiamenti, infatti, se pur non hanno raccoltol’approvazione dei padri sinodali hanno comunque conquistatoun risalto incancellabile nel circuito dei media, ma soprattuttohanno conquistato una cittadinanza, di fatto, nella Chiesa.Il tema della famiglia diventa oggetto del sinodo dei vescoviordinario del 2015 proprio per la volontà del Papa di ascoltaretutte le voci della Chiesa prima di prendere una decisionedefinitiva. Bergoglio ha segnato il tornante definitivo. «Io vedocon chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha piuÌ bisogno oggi èla capacita di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, lavicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale dacampo dopo una battaglia. (…) Per curare le ferite bisognacominciare dal basso». È un’intervista storica, quella che PapaFrancesco ha concesso a padre Antonio Spadaro, direttore dellaCiviltà Cattolica.

Genoveffa Marra, V B

Divorzio all’italiana○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○

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2323Tiri ... ManciniNote e Parole

Ma come si origina il bosone diHiggs? Se lo sciroppo è moltodenso, possiamo aspettarci chein alcune parti ci siano addensa-menti più forti che in altre: seuna particella, nel suo movimen-to, dovesse venire in contattocon una di queste parti moltodense, non riuscirebbe ad oltre-passarla, ma “rimbalzerebbe”contro di essa. Questo “adden-samento”, questo “grumo di sci-roppo”, è il bosone di Higgschiamato anche “Particella diDio”. La storia del nome non èmolto famosa. Il termine origi-nale è di Leon Lederman, pre-mio Nobel e direttore del labo-ratorio Fermilab a Chicago.Mentre lavorava alla sua biogra-fia, definì il bosone di Higgscome “the Goddamn particle”, la“dannata particella”, riferendo-si al fatto che il modello fossecosì semplice ma non dicessenulla su come scoprire questaparticella, e che quindi fosse“dannatamente introvabile”.L’epiteto dà il nome al libro diLederman, ma l’editore preferì“The God Particle”, per sottoli-neare il significato del bosonestesso. Per lo stesso motivo, ilnome è stato poi successivamen-te utilizzato molto nella comu-nicazione non scientifica… perquanto sia detestato dagli scien-ziati. Quando si ottiene un risul-tato, e lo si dimostra alla comu-nità scientifica, la scoperta vie-ne accettata come “affidabile”.Perché c’è voluto così tanto tem-po? Perché finora non esisteva-no macchine sufficientementepotenti da permettere di farequest’analisi statistica, di rag-giungere questo livello di affi-dabilità. Per scoprire la nuovaparticella è stato utilizzato, in-nanzitutto, l’acceleratore più po-tente mai costruito. E non si pen-si che sia uno strumento strano:ogni ospedale dotato di un cen-tro di radioterapia ne ha uno.Inoltre la presa dati, il salvatag-gio dei dati, e la loro analisi daparte degli scienziati di tutto ilmondo, non sarebbero possibilise non fosse stata creata un’in-frastruttura chiamata GRID. Si-gnifica lavorare sempre in remo-to, il che in sé non sarebbe unanovità di questi tempi; la novitàè che non solo viene usata damolti anni, ma anche che mettein comunicazione e coordina unaquantità di computer che nessunaltra rete ha mai affrontato pri-ma d’ora. Una infrastruttura cheè necessaria per girare le simu-lazioni di cui si ha bisogno: pro-grammi che simulano ogni mi-nimo aspetto del nostro rivela-tore, dall’effetto di un elettroneche passa attraverso un pezzo disilicio, o un tubo di raffredda-mento, al rumore elettronico del-le nostre schede per l’acquisizio-

ne dati. Programmi che non po-trebbero poter girare su un com-puter, per quanto potente, senzadover aspettare per mesi e forseanni il risultato.Quindi, per ottenere le simula-zioni di miliardi di eventi, neces-sari per questo tipo di studi, vie-ne diviso il task su diverse com-puting farm, sparse per il mon-do, e si aspetta il risultato. Tuttii fisici lavorano in questo mododalle ricerche sui genomi alle si-mulazioni ingegneristiche.La scoperta del bosone, ovvia-mente, porta a delle conseguen-ze. Innanzitutto potrebbe confer-mare che il nostro attuale model-lo delle particelle elementari, ilModello Standard, è corretto. Inquesto caso, però, significa chesono ancora da scoprire diversiulteriori aspetti dell’universo. Seinvece, continuando le ricerche,dovessero emergere delle diffe-renze rispetto a quanto atteso dalModello Standard, significhe-rebbe che siamo sul punto dicapire qualcosa in più sull’uni-verso. In particolare, le “incon-sistenze” tra fisica delle particel-le e astrofisica, l’esistenza della

materia oscura e la non-esisten-za di qualcosa che la spieghi alivello di fisica delle particelle,potrebbero assumere un nuovosignificato, o addirittura venirerisolte. Ma non è ancora possi-bile dirlo. In ogni caso, il risul-tato sicuramente avrà un impat-to sulla fisica del futuro. Se, equale tipo di esperimenti finan-ziare, viene deciso in Europa dauna commissione sovranaziona-le, che decide una “strategia” diricerca. Finora, la ricerca delbosone di Higgs è stata al cen-tro di questa strategia e per que-sto è stato costruito LHC. Laprogettazione di nuovi esperi-menti, laboratori, i loro focus, iltipo di investimento dipenderà ingran parte dai nuovi risultati delLHC. Higgs, e gli altri teoriciche hanno lavorato al proget-to, hanno certamente il meritodi aver preso un’idea sviluppa-ta in ambito di fisica teorica eaver visto in essa qualcosa chealtri non avevano visto: la pos-sibilità che il Modello Standardpotesse descrivere le massedelle particelle.Dario De Rosa, Luca Sole, IV L

PresidenteCarolina Ferraro Caruso

RedazioneRita Covino - Giusy D’Errico

Collaboratori:Manuela Muscetta, Mariagrazia Acerra, Filomena Aiello, GildaGuerriero, Marialuisa Iacuzio, Caterina Liuzzi, Maria StellaPugliese, Maria Gabriella Sementa, Ilaria Veronesi, TinaSilvestri, Elisabetta Tozza, Annamaria Cannavale, VirnaCatapano.

Classi: I A, II A, III A, IV A, V A, I B, II B, III B, V B, III C, IVC, V C, I D, I E, III E, IV E, V E, V F, II H, IV H, IV L, V M.

L’invenzione della radio coinci-de con l’affermarsi di un capi-talismo sempre più fondato sul-la produzione di beni materialiutilizzati per appagare l’io inte-riore. Va innanzitutto premessoche non va a nessuno, uomo opaese, la paternità esclusiva del-l’invenzione della radio, poichéquesta fu frutto di un’unione diforze intellettuali e di organiz-zazione industriale in tutto ilmondo.La radio è stata inventata nel1895 grazie alle scoperte diHeinrich Hertz, e grazie a Gu-glielmo Marconi che riuscì agenerare artificialmente onde divaria frequenza e a dimostrarnel’utilità pratica per la comuni-cazione.E’ importante però precisare cheil telegrafo senza fili del Mar-coni era un tipo di comunicazio-ne “punto a punto”, tra una sta-zione emittente e una riceventetra loro intercambiabili. La ra-dio come mezzo di comunica-zione come oggi lo intendiamo,è un tipo di comunicazione “oneto many” ovvero tra una stazio-ne emittente ed un pubblico ri-cevente o ascoltatore.Durante la Seconda GuerraMondiale la radio fu utilizzatacome mezzo di propaganda delregime fascista in seguito, si tra-sformò nel mezzo di comunica-zione per eccellenza.Con il passare del tempo vi fula nascita di molte radio libere,questo comportò l’affollamen-to dell’etere, l’FM, e di conse-guenza un peggioramento nellaricezione dei canali radio. Per li-mitare e regolare l’avvento del-le radio libere nel 6 Maggio1990 fu emanata la legge Mam-mì. Quest’ultima tuttavia non fupienamente in grado di regola-re il sistema radiofonico.In seguito la radio diventa unservizio disponibile se e quan-do si desidera, anche in contem-poranea ad altre attività. Conl’avvento della TV la radio per-de il suo pubblico e così iniziauno dei periodi più bui.La radio tuttavia ha saputo tra-sformare i suoi punti deboli in

IL WEB, NUOVAFRONTIERA RADIOFONICA

punti di forza affermandosicome medium personale.Nell’ultimo millennio la radioha attraversato una nuova ibri-dazione stabilendo un rapportocon internet grazie a softwaretramite i quali stazioni radioviaggiano via internet evitandoogni censura sostenendo bassicosti . La rigida distinzione tracomunicazione punto a punto ecomunicazione di massa lasciail posto ad una ibridazione con-tinua.Nascono così le web-radio, pre-sente e futuro di un antico mez-zo di comunicazione capace diunire e appassionare milioni dipersone.Tramite il web le radio hannopotuto far conoscere alle nuo-ve generazioni, sempre più im-merse in un mondo digitale, laloro funzione e sono riuscite afarsi apprezzare anche dai piùscettici.La radio, il primo social networkdel Novecento (prima web ra-dio nel 1998), porta con sé tuttele rivoluzioni tecnologiche pre-cedenti, dal telefono alla rete.Oggi l’interazione tra radio epubblico avviene soprattutto online attraverso social networkcome Facebook e Twitter.Le web radio hanno aperto ilmondo radiofonico ai più gio-vani che non solo ascoltano ma,visti i bassi costi e la facile re-peribilità dei mezzi, fanno webradio. Il pubblico ha più auto-nomia e può spaziare su una se-rie di temi totalmente diversi ealternativi rispetto alla radio tra-dizionale. La multimedialità hapermesso alla radio di diventa-re un collegamento non solo tracittà, paesi, stati diversi, ma an-che tra diverse generazioni.

Alessio Ragucci, III B

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Bosone di Higgs

Expo Milano 2015 è un evento che affonda le proprie radici incentocinquanta anni di storia, una celebrazione non solonazionalistica ma anche del territorio irpino. L’Irpinia, infatti, è inprima linea in questa importante esposizione e punta a raccontare ilterritorio con un ampio programma di eventi tra scienza, spettacolo,cultura, testimonial, territorio e gastronomia offrendo così lapossibilità di scoprire eccellenze della tradizione. In un contestomondiale si vuole dimostrare ai giovani che è possibile nella nostraterra vincere le sfide della modernità e dello sviluppo. “L’Irpiniac’è ed è questa la grande sfida da cui far partire ogni ragionamento.Per noi l’Expo deve essere e sarà, l’occasione per riflettere sulruolo, la missione, lo scenario, la prospettiva in cui inquadrare ilpresente e il futuro dell’Irpinia nel rispetto dell’ambiente e delletipicità dei nostri nonni” sono queste le parole del Presidente dellaCamera di Commercio di Avellino. La nozione di identità eappartenenza culturale diventa in questo modo indispensabile perlo sviluppo e la crescita del nostro Paese.

Grazia Picariello, Naomi Pezzella, V B

RIFLETTORI SU EXPO 2015da Londra 1851 a Milano 2015

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possiamo, poiché lo Stato, pri-ma che la struttura governativa,sono i singoli cittadini. Il pro-curatore si è dimostrato moltorisoluto anche quando gli è sta-to domandato se è da considera-re colpevole un padre che si ri-volge alla criminalità organizza-ta perché non ha di che mante-nere la propria famiglia. Il suo“sì” è risuonato secco. Per quan-

to possa essere difficile la pro-pria situazione economica, lamafia non è mai un’opzione, el’unico modo per combatterlarisiede nel suo rifiuto totale e in-condizionato. Se si inizia a con-siderare anche solo la possibili-tà di una scelta tra le alternativedi Stato e anti-Stato, significache in fondo si è già scelto.Giacomo Hermes Ferraro, IV C

dalla prima pagina: Contro l’indifferenza

Page 24: Cambiamento e legalità - Liceo Scientifico Mancini ... · delle vittime innocenti delle mafie. Chi ha preso parte al progetto “Tracce di Legalità” in collaborazione con ...

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LE NOSTRE VITTORIE

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LE NOSTRE ATTIVITÀ

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Conseguimento del Diploma DSD - Stufe IIGli allievi della classe V A che avevano sostenuto leprove scritte (02-12-2014) e le prove orali (12-01-2015),previste dalla Conferenza dei Ministri della PubblicaIstruzione dei Länder tedeschi per il conseguimento delprestigioso “Deutsches Sprachdiplom – Stufe II”, han-no superato le prove d’esame e ottenuto l’ambito titolodi studio!

Diploma DSD - Stufe IAnche nel corso di quest’anno scolastico, gli alunnidelle classi 3ª A e 3ª C hanno potuto sostenere - in sedee a titolo gratuito - le prove d’esame scritte (10-03-2015) e le prove orali (22-23-24 aprile 2015) di Livel-lo B1, per il conseguimento del “Deutsches Sprachdi-plom - Stufe I”.

1ª fase dello Scambio di classi Avellino – Regensburg(Ratisbona)Dal 20 al 28 marzo 2015 il nostro Liceo ha effettuatola 1ª fase dello Scambio di classi con il «GymnasiumLappersdorf» di Regensburg (Baviera / Germania). Laclasse 2ª A ha ospitato i partner tedeschi. Il gruppo stra-niero era accompagnato dai docenti: Prof.ssa KatrinHaemmerle e Prof. Michael Gerl, entrambi insegnantidi Italiano lingua straniera.

DSD: cerimonia ufficiale per la consegna del Diplo-ma ai nostri studentiLunedì 1° giugno 2015, a Roma, presso l’Auditoriumdel “Goethe-Institut”, ha avuto luogo la cerimonia diconsegna dei Diplomi DSD: l’Ambasciatore della Re-pubblica Federale di Germania in persona, S.E.Reinhard Schäfers, ha consegnato agli allievi della clas-se 5ª A il prestigioso titolo di studio. Alla manifesta-zione è intervenuta la prof.ssa Maria Gabriella Semen-ta, quale docente referente dei Diplomi “DSD - StufenI und II”.

Corso estivo DSD diretto dal Prof. Holm BuchnerDal 13 al 24 luglio 2015, il Prof. Holm Buchner, do-cente del Servizio Centrale tedesco per le Scuole al-l’Estero (ZfA), sarà ancora una volta ad Avellino pertenere un corso propedeutico e specifico finalizzato allapreparazione degli alunni dell’attuale classe 4ª A alleprove d’esame. previste dal “Deutsches Sprachdiplom- Stufe II”.

2ª fase dello Scambio di Classi Avellino - Regensburg(Ratisbona)Nelle prossime settimane avrà luogo la 2ª fase delloScambio di Classi con il «Gymnasium Lappersdorf»di Regensburg (Germania). Gli alunni della classe 2ª Asoggiorneranno in Baviera, presso le famiglie dei ri-spettivi partner.

Progetto G.A.P.Le classi seconde hanno partecipato con molto interes-se alle lezioni tenute dalle psicologhe della Casa sullaRoccia, nell’ambito del Progetto contro il Gioco d’Az-zardo Patologico.

Educazione al consumo consapevoleGli alunni delle classi I D e I E hanno partecipato alprogetto “Educazione al consumo consapevole” in col-laborazione con la Coop. Referente prof.ssa Anna Ma-ria Cannevale.

Laboratorio Students Lab.comGrazie al gruppo IGS (Imprese Giovani Studenti), glialunni della III e della IV E si sono cimentati nel pro-gramma formativo di laboratorio di comunicazione Stu-dents Lab.com.

Olimpiadi della ChimicaAnche quest’anno gli alunni del Mancini hannopartecipato alle Olimpiadi della Chimica.

Olimpiadi della FilosofiaAnche quest’anno gli alunni del Mancini hannopartecipato alle Olimpiadi della Filosofia.

Olimpiadi della Matematica a CesenaticoGrande soddisfazione per il nostro Liceo nella manifestazione conclusiva delle Olimpiadi della Matematica,tenutasi a Cesenatico il 10 maggio 2015. La squadra del Mancini, accompagnata dalla prof.ssa Veronesi, tramigliaia di squadre partecipanti, è arrivata ad un passo dalla finalissima. Nelle finali individuali, inoltre, Giaco-mo Hermes Ferraro si è qualificato nella fascia d’argento e Daniele Calzolari ha conseguito la menzione d’ono-re. Congratulazioni! Nella fase provinciale si erano distinti gli alunni: Giacomo Hermes Ferraro IV C (1° clas-sificato), Daniele Calzolari V C (2° classificato), Gennaro Picone V F (4° classificato), Claudio Vitiello I D (4°classificato classi prime). Referente del progetto: prof.ssa Stefania Guerriero.La Scuola Normale di Pisa ha selezionato l’alunno Felice Fruncillo IV F per una borsa di studio anno 2015.

Concorso di poesia “Amore in versi”Il 15 febbraio 2015, presso il Santuario di San Francesco a Folloni di Montella, si è tenuta la premiazione delconcorso di poesia “Amore in versi”. Il primo premio per la scuola secondaria di secondo grado è stato vintoproprio da un’alunna del “Mancini”, Martina Semenza della IV C con la poesia “L’ultimo raggio di sole”; ancheFrancesca Valentino della V C si è distinta, ottenendo con “Controtempo” la menzione.

Premio “Eduardo Caianiello”Gli alunni del Liceo hanno partecipato presso la Facoltà di Scienze Matematiche e Fisiche dell’Università diSalerno al premio “Caianiello”. Nell’Edizione 2015 si sono distinti: Giacomo Hermes Ferraro IV C (1° classifi-cato) e Daniele Calzolari V C (2° classificato).

“Premio Morelli”Il 16 maggio a Castellammare di Stabia durante il Convegno nazionale Mathesis sono stati premiati per ilbiennio Maria Bevilacqua II C; per il triennio Daniele Calzolari V C che, inoltre, ha relazionato su “Lamodellizzazione geometrica di Minkowski della relatività einsteiniana”.

Olimpiadi di FisicaHanno partecipato alle Olimpiadi di Fisica ottenendo il secondo argento provinciale: Giacomo Ferraro IV C eDaniele Calzolari V C. Fascia bronzo nazionale: Giacomo Ferraro IV C.

Corso di Potenziamento di Matematica e Fisica per le eccellenzeDurante l’anno scolastico 2014-2015 le eccellenze delle classi quinte hanno potuto frequentare un corso dipotenziamento di Matematica e Fisica: “Master di Matematica e Fisica”. Hanno rerlazionato per la Matematica leproff.sse Annamaria Capaldo, Marina Famoso, Paola Pugliese; per la Fisica i proff.ri Anna Ferrigno, LucioGiardullo, Paola Pugliese e Ilaria Veronesi.Progetto di MatematicaE’ stato tenuto dalla prof.ssa Angela Volpe un corso di approfondimento per le classi quarte e quinte, dal titolo“L’Infinito in matematica”.Palestra MatematicaAlunni scelti di diverse classi su invito dei rispettivi docenti, hanno partecipato alla Palestra della Matematica,organizzata dal Consorzio Universitario Irpino di Avellino, tenuta dal professore De Feo.Mate-raturaDal 15 al 17 aprile alcuni alunni delle classi quinte hanno preso parte presso la sede universitaria di Fisciano adun’iniziativa organizzata dall’UMI-CIIM con la collaborazione dell’Università degli Studi di Salerno e del CIRPU-Consorzio Universitario Irpino.Premio GiornalismoAll’Edizione di “TIRI MANCINI” 2013-2014 lo scorso 22 aprile è stato assegnato a Chianciano Terme il premionazionale: “Giornalisti per un giorno”.Summer SchoolPromossa dal Dip. di Fisica dell’UNISA per gli alunni meritevoli delle classi quarte.