Calabria e Catania. I COMITATI CONSULTIVI … 1. Introduzione: diritti e partecipazione Pag. 7 Parte...

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Luigi Anile I COMITATI CONSULTIVI DELLE AZIENDE SANITARIE La partecipazione civica nella Regione Sicilia Catania 2013

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Luigi Anile, già dirigente amministrativo del Ministero della Sanità pri-ma e dell’Assessorato regionale sanità dopo, negli anni dal 1963 al 1994 ha prestato servizio presso gli Uffici medici provinciali di Pavia, Reggio Calabria e Catania.

Dal 1995, iscritto all’Albo degli Avvocati della Provincia di Catania, ha esercitato sino al 2011 attività di patrocinio e consulenza nel campo del diritto sanitario e previdenziale.

Dal 1995 collabora, quale volontario in Cittadinanzattiva, ove dal 2001 è coordinatore della sez. A. Farsaci del Tribunale per i diritti del malato di Catania e dal 2012 coordinatore regionale. È stato Presidente della Con-sulta per l’Handicap del Comune di Catania, Componente del Comitato etico dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catania, presso cui presiede il Comitato consultivo aziendale.

Dello stesso autore il libro Tribunale per i diritti del malato Catania - 25 anni al servizio dei cittadini (1982-2007).

Luigi Anile

I COMITATI CONSULTIVIDELLE AZIENDE SANITARIE

La partecipazione civica nella Regione Sicilia

Catania 2013

Luigi Anile

I COMITATI CONSULTIVI DELLE AZIENDE SANITARIE

La partecipazione civica nella Regione Sicilia

Catania 2013

In copertina: Taormina: Teatro greco con vista dell’Etna, “uno dei vulcani più emblematici e attivi del mondo” come definito dall’Unesco che il 26.6.2013 lo ha inserito nel patrimonio mondiale dell’umanità.

Fare i cittadini è il modo migliore di esserlo.

Se pensi che i tuoi diritti siano stati negati, se hai subito un’ingiustizia e non sai come tutelarti,

scegli di diventare un cittadino attivo! Essere cittadini attivi significa

avere a cuore l’interesse generale della comunità, impegnare il proprio tempo e le proprie energie

nella tutela dei diritti propri e dell’intera cittadinanza,

occuparsi in prima persona dei beni comuni. La cittadinanza attiva pertanto è la capacità

di organizzarsi autonomamenteper tutelare diritti

ed esercitare poteri e responsabilità nella cura dei beni comuni,

perché ognuno possa accedervi ed usufruirne. (Da documenti di Cittadinanzattiva)

Sommario

1. Introduzione: diritti e partecipazione Pag. 7

Parte Prima 2. La partecipazione dei cittadini alla Governance del Servizio sanitario 93. I Comitati consultivi aziendali: organismi indipendenti ed autorevoli 134. Composizione dei Comitati consultivi 165. Costituzione e rinnovo dei CCA 6. Compiti: A) la funzione consultiva 197. Compiti: B) la funzione di proposta 218. La consultazione: interna ed esterna 229. La Relazione annuale 2410. Il Presidente 2511. Gruppi di lavoro e tavoli tematici del Cca 2712. La formazione continua 2813. La Conferenza dei Comitati consultivi delle AA.SS. della regione 3014. Il Collegio di direzione 3215. Comitati etici della Regione siciliana 33

Parte Seconda

16. La Consulta regionale della sanità 3617. La Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio sanitaria regionale 3718. Il Referente aziendale 3819. Associazioni e Comitati consultivi 4020. Associazioni: incompatibilità e conflitto di interessi 41 21. Comitato consultivo e Cittadinanzattiva – Tdm 4322. Sportello informativo e Cca 45

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23. Comitato consultivo distrettuale 4624. Rete civica della salute 4825. Conclusioni 50

ALLEGATI: Norme regionali e nazionali 1. L.R. 30.1.1991 n.7 532. Estratto Testo aggiornato D.lgs 502/92 – (Art. 14) 65 3. Estratto legge 14.4.2009 n. 5 694. Decreto Assessoriale 15.4.2010 n. 1019 715. Decreto Assessoriale 21.9.2012 n. 1874 796. Estratto Decreto Ministero salute 8/2/2013 897. Decreto Assessoriale 16.7.2013 91

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1. Introduzione: diritti e partecipazione

Secondo una ricerca svolta alcuni anni fa, appena un europeo su tre sa da dove cominciare per far valere i propri diritti, difendersi da angherie, abusi e discriminazioni; eppure sono tante le leggi che tali diritti affermano, ma che i cittadini non conoscono. Colpa nostra perché sappiamo tutto di altro, telefonini, moda, vizi degli attori, dei politici ecc., ma ignoriamo per esempio la nostra Costituzione, oppure la Carta europea dei diritti varata l’11.12.2000 recepita nel 2007 col Trattato di Lisbona ed ora punto di riferimento degli statuti regionali e della stessa giurisprudenza italiana anche per i sei valori che sostiene: dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia, rompendo la tradizionale declinazione dei diritti civili, politici e sociali. I diritti, ruotando attorno a valori, sono indivisibili, spettano a tutti perché universali e sono tutti di pari valore perché mancano di gerarchie al loro interno; se la conoscenza dei diritti è fondamentale, altrettanto lo è farli valere, anche se diversi possono essere gli strumenti a disposizione: da quelli giudiziari che afferiscono alla patologia dei rapporti tra cittadini e istituzioni a quelli volontari e partecipativi ma regolamentati, dove la presenza del cittadino-utente nel procedimento amministrativo e nelle stesse istituzioni ne può agevolare il riconoscimento, l’attuazione e la verifica.Di questi ultimi vogliamo parlare in questo piccolo saggio, vademecum modesto, per la migliore conoscenza dei Comitati consultivi aziendali introdotti dall’art.9 c.8 e 9 della legge regionale di riordino del servizio sanitario 14.4.2009 n. 5 e dal D.A. n.1019 del 15.4.2010. In ordine alla partecipazione civica, un merito va riconosciuto alla Sicilia per non essere stata seconda a nessuna altra Regione della Repubblica. Basta al riguardo considerare la legge regionale 30.1.1991 n. 7, una delle poche leggi regionali in tema di diritti degli utenti che, seppure data al lontano gennaio 1991, per i suoi contenuti è sempre attuale e va opportunamente conosciuta e diffusa (vedi allegato n.1).

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È infatti significativa l’intestazione di quella legge: Norme per la salvaguardia dei diritti degli utenti del servizio sanitario nazionale ed istituzione dell’Ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari. Sono appena 37 articoli distribuiti in tre titoli: il primo dedicato ai Diritti degli utenti del Servizio sanitario nazionale, il secondo alle norme particolari per le condizioni di degenza degli utenti ricoverati in ospedale, il terzo relativo all’Ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari, di lì a poco modificato per effetto della introduzione degli URP (Uffici relazione con il pubblico) ai quali sono state devolute le relative attribuzioni.Sul piano dei diritti sono sotto gli occhi di tutti i risultati finora raggiunti. Ciò nondimeno l’obbiettivo auspicato, forse con ingenuità, non si è affatto raggiunto. Ancora oggi, malgrado le dichiarazioni in leggi importanti anche riformatrici, il cittadino non è centrale nel sistema in quanto in condizioni di inferiorità. Egli si sente paziente (sofferente e succube), utente (che chiede prestazioni migliori) 1, per certi aspetti complice, costretto suo malgrado a legittimare situazioni di degrado, di clientelismo e dominanza professionale. È ancora lontana l’idea che egli non solo è utente, ma cittadino con una soggettività autonoma che vuole partecipare come protagonista alla tutela dei propri diritti, non limitandosi quindi ad avanzare solo domande ma a governare

1 L’utente non è tecnicamente nè giuridicamente un consumatore. Lo ha

stabilito la Corte di Cassazione sez. 3° nell’ordinanza n. 8093/2009, la quale ha ritenuto non applicabile il codice del consumo di cui al Dlgs 206 del 2005 in materia di contenzioso tra il cittadino e una struttura pubblica o privata convenzionata per quanto attiene al foro competente che è quello di ubicazione della struttura. Mentre se la struttura non è convenzionata il foro è quello della città dell’utente (secondo quanto previsto dal codice del consumo). Ciò in quanto nel primo caso il rapporto tra cittadino–utente che si rivolge alla struttura pubblica per ottenere una prestazione non può qualificarsi quale “contratto” trattandosi di adempimento di un dovere di prestazione direttamente discendente dalla legge ed automaticamente attivato dalla richiesta del cittadino; è quindi un diritto soggettivo del cittadino avere una prestazione secondo gli “standard di professionalità del momento”.

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risposte, partecipando alle decisioni che riguardano la sua salute. Egli, in definitiva, vuole avere un ruolo da protagonista; essere non solo destinatario di servizi, ma anche risorsa strategica per valutare la validità dei servizi erogati in relazione ai bisogni reali così come percepiti. A questi obbiettivi, come vedremo, cercano di dare risposta i Comitati consultivi aziendali di recente istituzione in Sicilia.

2. La partecipazione dei cittadini alla governance del Servizio sanitario

Ai cittadini, interpreti fedeli dei bisogni di salute, non è mancata in questi ultimi anni, anche per la spinta delle Associazioni di tutela degli utenti, l’attenzione del legislatore nazionale e regionale, volendoli partecipi nella governance del servizio sanitario, nella consapevolezza della risorsa che essi rappresentano ed esprimono ai fini della condivisione degli interventi programmati anche se spesso di sapore amaro (tagli, ticket, ecc.) Già l’art. 14 del D. Lgs 30.12.1992 n. 502, con la trionfale intestazione del titolo 4 “Partecipazione e tutela dei diritti dei cittadini”, sottolineava l’importanza dell’argomento reso ancora più esplicito nell’obbligo fatto alle Regioni di promuovere la consultazione dei cittadini attraverso le organizzazioni sindacali e di volontariato e di tutela dei diritti, al fine di fornire e raccogliere informazioni sull’organizzazione dei servizi, di sentirli nelle fasi di impostazione della programmazione e verifica dei risultati conseguiti.Appena un anno prima in Sicilia veniva pubblicata la legge 30.1.1991 n. 7 (norme per la salvaguardia dei diritti degli utenti…) , una delle prime leggi regionali in materia di diritti degli utenti approvata anche col contributo del MFD (Movimento Federativo Democratico – oggi Cittadinanzattiva) nelle fasi di proposta, esame ed approvazione del disegno di legge da parte dell’Assemblea.

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La tutela viene garantita: a) riconoscendo il diritto degli utenti all’informazione sui loro

diritti e prestazioni disponibili, sulle condizioni, criteri e requisiti di accesso;

b) assicurando il rispetto alla dignità personale e sociale degli utenti;

c) fornendo tutte le prestazioni dovute in conformità agli standards stabiliti dalle leggi;

d) rispettando le liste di attesa per l’accesso ai ricoveri ospedalieri ed alle altre prestazioni sanitarie;

e) favorendo la libera scelta dell’utente in ordine alle diverse strutture sanitarie esistenti nell’ambito del servizio sanitario nazionale, ecc

La legge 7/91, al fine del rispetto dei principi in essa contenuti, ha previsto norme particolari in materia di organizzazione dei servizi, di incompatibilità degli orari con le abitudini di vita dei cittadini, tutela dei minori, assistenza dei genitori, assistenza religiosa, doveri dell’utente, informazione su indagini e trattamenti terapeutici, informazioni al medico di fiducia ed all’utente, visita ai ricoverati, visita di assistenza volontaria, ufficio di pubblica tutela degli utenti dei sevizi sanitari ed infine il Comitato di partecipazione degli utenti e dei loro familiari e degli operatori sanitari alla vita dei presidi e delle strutture del Ssn o con esso convenzionati.Appena meno di due anni dopo la Regione ha emanato la legge 3.11.1993 n. 30 che, a modifica degli artt. 31,32 e 33, ha istituito con l’art. 17 presso ciascuna unità sanitaria locale e azienda ospedaliera:A) “l’Ufficio di Pubblica Tutela degli utenti dei servizi sanitari” con il compito di promuovere, attuare, e verificare le misure destinate al miglioramento dei servizi, la loro accettabilità e accessibilità … B) “un Comitato di partecipazione e vigilanza” con funzione consultiva e di proposta in merito all’organizzazione dei servizi sanitari con particolare riguardo alla accessibilità, agli orari di

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funzionamento ed alla organizzazione funzionale. Al Comitato, presieduto dal Direttore Generale o da un suo delegato, partecipavano Associazioni del volontariato, Associazioni degli utenti, Associazioni sindacali e sociali, un medico ed un non medico in rappresentanza degli operatori dell’USL. Al Comitato veniva riconosciuta la responsabilità dell’Ufficio di Pubblica Tutela, una funzione delicata ed impegnativa, avuto riguardo ai compiti assegnati a quest’ultimo dalla legge. 2

Il Comitato di partecipazione ha da subito manifestato i suoi limiti che lo hanno condotto a scarso funzionamento ed a ingloriosa implosione. Due di questi limiti riguardavano: il primo la materia circoscritta alla accessibilità dei servizi, orari e organizzazione rispetto alla vastità delle politiche sanitarie ove sono coinvolti i cittadini; il secondo era costituito dalla mancanza di autonomia, per la presenza in seno al Comitato del Management aziendale, con rischi di autoreferenzialità e consequenziale scarsa partecipazione delle associazioni coinvolte. Nel 1999, in occasione della riforma ter del Ssn, l’art. 14 sopra indicato subì una modifica a seguito del D.Lgs 19.6.1999 n. 229 (norme per la razionalizzazione del Ssn a norma dell’art.1 della legge 30.11.1998 n. 419- vedi allegato n. 2) introducendo l’obbligo per le Regioni di prevedere forme di partecipazione delle organizzazioni dei cittadini e del volontariato impegnato nella tutela del diritto alla salute nelle attività relative alla programmazione, al controllo e alla valutazione dei servizi sanitari a livello regionale, aziendale e distrettuale. Proprioquello che i cittadini si attendevano per partecipare da protagonisti in organismi che si dovevano occupare di programmazione, controllo e valutazione dei servizi sanitari. Nulla di tutto questo è

2 Gli artt. 31,32 e 33 della legge 7/91 prevedevano rispettivamente l’istituzione

dell’Ufficio di Pubblica Tutela degli utenti del Ssn, nonché la Commissione di vigilanza che aveva la responsabilità del predetto Ufficio, ove peraltro erano rappresentati tre componenti segnalati da “organizzazioni, comitati o Associazioni che operavano da almeno tre anni nel settore della tutela dei diritti, ed infine prevedevano il Regolamento

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avvenuto nella Regione Sicilia; quei modelli fortemente partecipativi sono rimasti una previsione del legislatore, perché non è stato dato seguito, malgrado Cittadinanzattiva avesse predisposto un disegno di legge di recepimento dell’art. 12 del Dlgs 229/99 che non ha avuto alcun favorevole corso parlamentare. Bisogna aspettare la l. r. 5/2009 perché finalmente venisse data attuazione, sia pure parziale, all’art. 14 del Dlgs 229/1999. Abbiamo detto parzialmente, perché in effetti la legge 5/2009 ha solo previsto i Comitati consultivi aziendali e non quello Regionale e quelli distrettuali. Al primo si è supplito in parte con la Consulta regionale della sanità e la Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale, quest’ultima istituita con la l.r. 9.10.2008 n. 10. Questi organi in parte svolgono le funzioni di livello regionale previste dall’art. 14. Nulla invece è stato previsto per Comitati consultivi distrettuali, che non sarebbe stato male prevedere anche per la straordinaria vicinanza dei cittadini ai servizi territoriali di cui il Distretto si occupa. Non è stata data neppure attuazione in Sicilia alla Commissione mista conciliativa che, fortemente legata alla Carta dei servizi prevista dal DPCM 19.5.1995, aveva lo scopo di ricomporre i problemi riguardanti i rapporti tra utenti e Ssn. Tornando all’evoluzione degli istituti partecipativi, si può dire che dalla l. r. 30/93 c’è stato un crescendo che ha interessato nuovi specifici settori: i servizi trasfusionali, il vitto, i Comitati etici ecc. Così il D.M del 5.11.1996 ha previsto in seno al Comitato per il buon uso del sangue di cui al D.M 1.9.1995, un rappresentante delle Associazioni dei malati; il D. A. del 1996 nella Commissione di vigilanza sul vitto ospedaliero ha previsto un rappresentante del Tribunale per i diritti del malato, mentre col D.M. 18.3.1998 e successive modifiche, è stata anche prevista la presenza di un rappresentante del volontariato per l’assistenza e/o dell’associazionismo di tutela dei pazienti nell’ambito dei Comitati etici ora in corso di riordino ai sensi del D.L. Balduzzi (legge 189/2012 art. 12 c. 9-12 e del Decreto Salute 8.2.2013). Nel 2005 un decreto assessoriale del 5 ottobre ha previsto la

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costituzione presso ogni Azienda sanitaria, Policlinico e Case di cura del Comitato per il rischio clinico nell’ambito delle strutture operatorie. Diversi Direttori Generali della Provincia di Catania hanno accolto la richiesta del Tribunale per i diritti del malato di inserire un proprio rappresentante nel delicato organismo incaricato ad operare nel campo dell’attività della sicurezza del paziente e del rischio clinico. Altro organismo di partecipazione civica, rimasto sulla carta e quindi ancora non operante, è il Comitato tecnico provinciale per le attività di nefrologia e dialisi previsto dall’art. 7 del D.A.20.8.2009, nel quale sono presenti rappresentanti delle associazioni di tutela degli interessi dei pazienti ed altri componenti.Per ultimo, come già rappresentato, la legge regionale 14.4.2009 n. 5 all’art. 9 ha previsto la istituzione in ogni azienda di un Comitato consultivo di cui al presente saggio (vedi allegato n. 3).

3. I Comitati consultivi aziendali: organismi indipendenti ed autorevoli

In Emilia Romagna si chiamano Comitati consultivi misti (Ccm) e sono presenti nei distretti delle Aziende sanitarie territoriali con composizione in maggioranza costituita da membri elettivi delle Associazioni di tutela e del volontariato, da rappresentanti dell’Azienda, da medici di famiglia e da un rappresentante dei sindaci del territorio di competenza. Tali organismi, nati nel 1996 ancor prima della D. Lgs 229/1999, che li ha previsti all’art. 12, hanno il compito di favorire la partecipazione dei cittadini al processo decisionale dell’Azienda, la quale perciò li coinvolge e li consulta soprattutto sui temi della qualità dei servizi che si vogliono sempre migliori ed adeguati ai crescenti bisogni socio-sanitari.In Sicilia la legge regionale 14.4.2009 n. 5 recante “ Norme per il riordino del SSR” all’art. 9 ha istituito i Comitati consultivi con compiti elevati da conferire loro autorevolezza, prestigio ed ampi

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poteri nella elaborazione delle politiche sanitarie. Sui compiti ci si soffermerà nei capitoli 6 e 7; in questa sede, prendendo spunto dalla disciplina di attuazione contenuta nel D.A. 15.4.2010 (vedi allegato n. 4), si vuole in generale illustrare la portata innovativa di questi istituti nell’ordinamento sanitario regionale.Dall’esame delle funzioni, ribadite nel Decreto assessoriale del 15.4.2010 che ha dettato la disciplina per la costituzione, il funzionamento, l’organizzazione, la composizione…. dei Comitati consultivi (Cca), due aspetti emergono e che vanno sottolineati: innanzitutto l’autonomia dell’organismo, in quanto nella composizione non è prevista alcuna rappresentanza aziendale. Il Comitato è costituito solo da organizzazioni e associazioni del volontariato no profit del settore sanitario e socio-sanitario e di tutela dei diritti degli utenti e da organizzazioni ed associazioni degli operatori del settore sanitario e socio sanitario; un grande passo avanti rispetto ai Comitati di partecipazione e vigilanza, presieduti dai Direttori Generali, come previsto dalle leggi regionali 7/91 e 30/1993. L’autonomia è ora connotato dei Comitati consultivi non irrilevante, perché li rende liberi nell’organizzazione e nelle decisioni da prendere. L’altro aspetto inerisce all’autorevolezza di questi nuovi organismi ai quali, forse perché inseriti in una legge di riforma, si è voluto riconoscere un ruolo istituzionale di elevato rango nei compiti assegnati, capaci di incidere sulla qualità dei servizi. Sotto tale aspetto per un organismo di volontariato far parte, tra le tante associazioni, del Comitato consultivo aziendale, rispetto a chi vi aspira e non viene ammesso, può essere un merito, un onore, perché avvicina l’Associazione alle decisioni del Management aziendale, al quale può portare le proprie ragioni per influire sulle decisioni istituzionali. Tutto questo può avere un ritorno di credibilità sociale per gli enti che fanno parte dei Cca. Prova ne è la richiesta sempre crescente di coinvolgimento istituzionale dei Comitati nelle politiche sanitarie aziendali di settore (formazione, qualità, Urp ecc).

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Questo deve indurre le associazioni che fanno parte del Cca a saggi comportamenti che sul piano delle relazioni con le Aziende devono ispirarsi a condotte che non sono quelle della contestazione, ma del dialogo, dell’interlocuzione fatta con stile istituzionale, senza quindi perdersi in polemiche che non giovano a nessuno. Ciò comunque non deve mai significare abdicazione o supina subordinazione dell’associazione all’istituzione, ma affermazione di posizioni differenziate senza mai sbattere la porta in faccia.Con questo, ovviamente, senza trasformare le Associazioni e lo stesso Comitato consultivo in lobby o gruppo di pressione perché il contesto ed il quadro in cui essi si muovono non è di difendersi da dictat dell’Azienda, ma di interloquire, approfondire e discutere per condividere, in un’ottica che naturalmente richiede competenza, professionalità e leadership; perciò le Associazioni stesse, per garantire una partecipazione competente, devono essere all’altezza dei loro compiti, prepararsi con percorsi formativi teorico-pratici per l’approfondimento di temi particolarmente sentiti e attuali, acquisendo metodologie e tecniche nelle indagini quali-quantitative relativamente alla valutazione della qualità percepita.I Comitati hanno una sfida da affrontare, forse più grande delle stesse forze delle Associazioni che li costituiscono e perciò esse devono essere preparate e pronte a maneggiare questo delicato strumento che, se da una parte allinea il sistema italiano a quello in vigore nei Paesi anglosassoni, dove la concreta partecipazione dei cittadini è da anni riconosciuta, d’altra parte tale strumento in caso di fallimento rischia di scoppiare nelle stesse mani delle associazioni e queste trovarsi col niente.

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4. Composizione dei Comitati consultivi

Della composizione dei Comitati si occupa l’art. 3 del Decreto 15 aprile 2010, che a tal riguardo prevede due macro tipologie di soggetti:1. le organizzazioni e associazioni di volontariato e di tutela dei diritti degli utenti del settore sanitario e socio sanitario nell’ambito territoriale di riferimento dell’Azienda sanitaria al cui Comitato richiedono di far parte; 2. le organizzazioni ed associazioni maggiormente rappresentative degli operatori del settore sanitario e socio-sanitario nell’ambitoterritoriale di riferimento dell’Azienda Sanitaria al cui Comitato richiedono di far parte. Il Comitato è costituito da un numero di componenti fissato dal Direttore Generale tra un numero minimo di 20 ed un numero massimo di 40 e vi possono far parte i Presidenti o i delegati delle organizzazioni e Associazioni suindicate. Il D.A. usa i termini “organizzazioni e associazioni” per correggere un errore od una svista del legislatore che invece, all’art. 9 comma 8 della legge 5/2009, ha usato i termini “utenti e operatori dei servizi sanitari e socio-sanitari”; termini inappropriati per un organismo collegiale quale è il Cca; termini comunque che richiamano tipologie organizzative di persone. Ritenendosi la categoria di utente e operatore dei servizi in questione una categoria estremamente generica, quella terminologia, con il D.A., è stata sostituita: il termine utente in “organizzazione e associazione di volontariato e di tutela dei diritti del settore sanitario e socio-sanitario”; il termine operatore in “organizzazione ed associazione degli operatori del settore sanitario e socio-sanitario”. Una interpretazione che è andata oltre il dettato dell’art. 9 comma 8, il quale, col termine utenti e operatori intendeva far riferimento invece ad un organismo integrato da due soli componenti: gli utenti e gli operatori sanitari anche se associati in distinti organismi, per trovar nel Cca il punto di incontro e di convergenza delle loro azioni per il miglioramento del servizio sanitario. Si è

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introdotto invece col D.A. anche il termine organizzazione, che potrebbe comprendere strutture ed enti dove in genere manca, come elemento costitutivo, la presenza di persone, in quanto sono prevalenti patrimoni o beni destinati ad un determinato scopo come nelle fondazioni od una organizzazione di beni strumentali e risorse umane come nelle imprese cooperative. Sotto tale aspetto il Decreto potrebbe essere viziato da eccesso di potere, anche se va apprezzato lo sforzo fatto dal legislatore per dare un senso ai termini utenti ed operatori, grandi contenitori dove in definitiva tutto può entrare; ciò malgrado il decreto sancisce una tappa importante nella storia della partecipazione dei cittadini nella gestione del Servizio sanitario.Il D.A., per entrambe le tipologie considerate – organizzazioni e associazioni – pone qualche paletto, che le Direzioni Aziendali al momento dell’ammissione devono tener presente; il paletto riguarda l’ambito territoriale di riferimento che, mentre è facile individuare per il Cca dell’ASP, in quanto il territorio provinciale coincide col suo territorio, per i Comitati delle Aziende Ospedaliere, non avendo un proprio territorio ma un raggio di azione che può superare l’ambito provinciale, occorre individuare criteri ai fini dell’ammissione di associazioni operanti fuori provincia, tenendo conto anche della loro specificità che può dare contributi negli organismi in questione (è il caso dei CC cc aa dei Policlinici e delle ARNAS ecc.)3 (3).

3 Nell’ambito delle associazioni di tutela dei diritti degli utenti non possono

annoverarsi gli studi associati di avvocati, che purtroppo oggi vanno sempre più emergendo, con messaggi e slogan televisivi, promettendo l’erogazione di prestazioni professionali gratuite a favore di chi si ritiene vittima di malasanità. Tali studi, per quanto associati non possono far parte dei CCA, perché studi privati professionali con fine di lucro.

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5. Costituzione e rinnovo dei CCA

Il Comitato consultivo ai sensi dell’art. 1 del decreto 2010 è costituito con deliberazione del Direttore Generale entro 30 giorni dalla scadenza dei termini indicati ai commi 5 e 6 dell’art. 7 che disciplinano unitamente al 4° comma la procedura della costituzione e del rinnovo dei Comitati; a tali disposizioni si rinvia. Una volta costituito il Comitato, la deliberazione relativa va pubblicata sul sito web dell’Azienda. In base a quanto disposto nel successivo art. 3 il Comitato deve essere costituito da un numero di componenti che il Direttore Generale deve fissare tra un numero minimo di 20 componenti ed un numero massimo di 40. Questi parametri (numero minimo e massimo) appaiono piuttosto eccessivi, sia perché potrebbero risultare ingovernabili i comitati con il massimo di componenti sia perché per talune realtà aziendali potrebbe non essere facile trovare venti associazioni per la costituzione dell’organismo civico. Sul punto forse sarebbe stato più utile lasciare la libertà alle Aziende di determinare il numero minimo e massimo della composizione, in relazione alla richiesta e tipologia delle medesime. In ordine al rinnovo dei Comitati si riassumono di seguito le disposizioni relative: premesso che la scadenza del triennio del Comitato decorre dall’insediamento e non dalla nomina, come da taluni sostenuto, l’Azienda entro 45 giorni dalla scadenza del triennio, dovrà pubblicare sul sito avviso per giorni 30 per consentire la presentazione delle domande di ammissione da parte delle organizzazioni ed associazioni di cui all’art. 3 comma 1. L’ azienda deve concludere il procedimento di ammissione o diniego delle organizzazioni o associazioni entro 60 dalla scadenza dell’avviso. Gli enti non ammessi possono presentare all’Azienda controdeduzioni, integrazioni e specificazioni entro i successivi 30 giorni, cui seguirà provvedimento conseguente da parte dell’Azienda. Va notato che i termini per l’avviamento dell’organismo rinnovato sono piuttosto lunghi perché possono anche interessare un arco di tempo di circa sei mesi: veramente

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tanti. Naturalmente il vecchio Comitato anche se scaduto potrà continuare la sua attività, per il principio della prorogatio sino all’insediamento del nuovo organismo. Si è detto che il numero minimo per la costituzione del Comitato è di 20 associazioni e/o organizzazioni tra quelli indicati all’art. 3 del D.A. sopra richiamato; a tal riguardo ci si chiede se è possibile costituire il Comitato con un numero di componenti inferiore? La risposta non può essere affermativa, in quanto il numero di venti è elemento essenziale per la regolare costituzione dell’organo di partecipazione. Pertanto è da ritenere insanabile la carenza del numero minimo per costituire il Comitato; di conseguenza l’Azienda sanitaria non potrà disporre dell’organo consultivo e delle prestazioni che esso è tenuto ad erogare per legge; prestazioni delicate afferenti alla consulenza obbligatoria, alle proposte di miglioramento del servizio sanitario aziendale… D’altra parte, considerato il valore della risorsa civica, un Direttore generale lungimirante sicuramente troverà il modo come utilizzare la rete di associazioni e/o organizzazioni che, seppure in numero inferiore a 20, potrebbero sicuramente fornire utili contributi di consulenza e proposta, sia pure svincolata dal rispetto delle norme contenute nel D.A. 15.4.2010, perché inapplicabili. Naturalmente in tal caso non si costituirà il Comitato consultivo aziendale di cui alla legge 5/2009, ma si potrebbe costituire altro organismo, quale un tavolo di coordinamento permanente che andrebbe a svolgere, nel rispetto di un protocollo condiviso con la Direzione aziendale, buona parte dei compiti assegnati ai Comitati consultivi.

6. Compiti: A) la funzione consultiva

L’attività di consulenza è indicata per prima nell’art. 9 c. 8 della legge 5/2009. La norma, in modo chiaro, individua il Cca quale organo che esprime pareri non vincolanti lasciando ovviamente intendere che tali pareri possono essere compresi tra i pareri facoltativi ed obbligatori. La precisazione non è senza motivo

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perché evidenzia che l’Azienda sanitaria può chiedere anche pareri non previsti dalla legge e, come tali, facoltativi e pareri richiesti per legge su atti ben individuati da disposizioni. Entrambi comunque le categorie di pareri, non sono vincolanti per l’Amministrazione; ciò non significa che essi non hanno importanza o valore; in tal caso la legge non avrebbe dovuto prevederli. Significa invece che l’Azienda vuole essere libera nella valutazione e libera nel recepimento o meno del parere. Il fatto però che la legge prevede l’emissione del parere su determinati atti o situazioni, sta a sottolineare l’interesse dell’Amministrazione a conoscere il punto di vista del soggetto che il parere deve esprimere. Ciò vale soprattutto per la categoria dei pareri obbligatori e cioè dei pareri che devono essere richiesti e dati perché l’Amministrazione li valuti opportunamente ed adotti le determinazioni conseguenti. Vale anche per i pareri facoltativi, cioè per quei pareri che l’azienda non è obbligata a chiedere; ma se lo fa vuol dire che è interessata a conoscere l’opinione dell’organo consultivo sull’argomento. Che sia così non ci sono dubbi, anche perché sia nella legge che nel Decreto di attuazione alla espressione del parere è legata la formulazione della proposta, per cui è chiaro che il parere non deve essere una espressione burocratica, ma seriamente motivata.Per completezza va sottolineato che in sede di contenzioso le motivazioni espresse nel parere soprattutto obbligatorio, possono avere un grande peso nel giudizio di valutazione della legittimità e del merito del provvedimento adottato. Quali sono i pareri obbligatori che il CCA deve dare? La legge 5/2009 ed il D.A. 15.4.2010 “ in particolare” indicano i pareri: a) su piani attuativi;4 b) sui programmi annuali di attività del

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Va segnalato che agli incontri di monitoraggio Agenas sullo stato dei Piani attuativi 2013 è stata prevista la partecipazione del Presidente della Conferenza dei Comitati consultivi e dei Presidenti dei Comitati consultivi aziendali e degli stessi Referenti aziendali dei Cca. La presenza dei Comitati consultivi in tale sede risponde alla esigenza sia di dare attuazione a quanto stabilito dalla legge 5/2009 che al potenziamento della partecipazione del cittadino in quanto “azionista di maggioranza del Ssr”.

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Direttore Generale dell’Azienda; c) sulla elaborazione dei piani di educazione alla salute. Altri pareri possono riguardare la verifica della funzionalità dei servizi aziendali, la loro rispondenza alle finalità del servizio sanitario regionale ed agli obiettivi previsti dai piani sanitari nazionale e regionale. In base al comma 3 dell’art. 2 del D.A. 2010 i pareri di cui alle lettere a) b) e c) sono obbligatori e non vincolanti e devono essere espressi entro trenta giorni dalla richiesta; trascorso tale termine il parere si intende reso favorevolmente.

7. Compiti: B) la funzione di proposta

Proporre significa suggerire quanto si ritiene utile adottare su un determinato argomento. Il termine proposta, sia nella legge 5/2009 che nel Decreto di attuazione, lo troviamo legato con la congiunzione “e” al termine parere. Come sottolineato in altra parte di questo saggio, le due cose sono distinte, avendo contenuti diversi. In relazione alla natura degli argomenti il legislatore ha richiesto che possono essere formulate proposte: a) sui piani attuativi; b) sui programmi annuali di attività del Direttore Generale; c) sulla elaborazione dei piani di educazione sanitaria; d) sulla migliore funzionalità dei servizi aziendali con specifico riferimento all’adeguatezza dei medesimi ed al perfezionamento delle modalità di accoglienza ed accesso alla rete dei servizi, nonché alla loro rispondenza alle finalità del Ssr ed agli obbiettivi previsti dai piani sanitari nazionale e regionale in base alle risultanze dell’attività di verifica, condotta tenendo conto anche degli indicatori di qualità con particolare riguardo ai percorsi di accesso ai servizi. Alla lettera d) dell’art. 2 il verbo “elabora” usato dal Decreto attuativo sta a significare che sui temi della funzionalità dei servizi, l’iniziativa è libera e principalmente del Comitato e quindi tali proposte possono essere o non essere effettuate; tutto dipende

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da circostanze emergenti per tali proposte e dalla sensibilità del Cca di avvertirne l’esigenza.Per le proposte di cui alle lettere a), b) e c), legate all’esame di atti e documenti, la proposta va fatta rientrando nella normalità, anche perché l’esame del Comitato intende mettere in evidenza il punto di vista civico, spesso trascurato a causa della tutela di altri interessi (leggasi contenimento delle spese ). Altre proposte non secondarie indica il Decreto alle lettere: f) regolamento relativo ai diritti e doveri, g) attività di prevenzione e di educazione alla salute, h) progetti attinenti il sistema o il piano aziendale di qualità in collaborazione con l’ufficio qualità e con l’Urp. Connessi al punto h), (ratione materia), sono i punti di cui alle lettere: i) appropriatezza indicatori, l) analisi dati forniti dall’ufficio qualità e dall’Urp, n) semplificazione attività amministrative legate all’accesso ai sevizi. Il Comitato infine, ex lett. o), elabora proposte e progetti sentiti l’ufficio qualità e l’ufficio relazione con il pubblico sulla adeguata presenza e dislocazione di uffici e strutture informative all’ingresso e all’interno delle aziende, dotati di personale formato per assicurare la presenza e la chiarezza della segnaletica informativa. Non c’è chi non vede di quanto lavoro (forse troppo) è caricato il Comitato consultivo aziendale, che per assolvere ai tanti impegni, deve disporre di competenze, professionalità, studi, analisi e soprattutto disponibilità di tempo unitamente a risorse umane stabili. Anche i risultati potrebbero essere notevoli e sicuramente contribuire a migliorare i servizi.

8. La consultazione: interna ed esterna

Il Comitato consultivo, per la sua composizione limitata alle associazioni ammesse e per gli stessi limiti di conoscenza dei vasti e complessi problemi aziendali, non è raro che possa avere necessità di consultare soggetti esterni al Comitato. Una previsione questa opportunamente prevista dal Decreto 10.4.2010, che ne

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tratta nel Preambolo del provvedimento e nello stesso dispositivo. Viene così previsto che alle sedute possono intervenire, ove richiesto dal Comitato in relazione alle tematiche poste all’ordine del giorno, i responsabili delle strutture dipartimentali e/o delle strutture e delle articolazioni aziendali. La richiesta deve avvenire almeno venti giorni prima della data fissata per la seduta. Da notare che, mentre nel Preambolo sembra emergere che la richiesta deve partire dal Cca, nell’art. 3 c. 3 è invece previsto che la richiesta per l’intervento dei responsabili dei servizi socio sanitari nell’ambito territoriale di competenza deve essere fatta dal Presidente del Cca. Una formulazione letterale diversa che non incide nella sostanza, ove si considera che in definitiva il Presidente non è che portavoce del Comitato e quindi ogni sua richiesta in merito non può che essere riferita a quest’ultimo. In relazione a valutazioni di opportunità è previsto anche che alle sedute del Comitato consultivo possono essere invitati a partecipare esperti con competenza… Anche qui registriamo dizioni diverse nel Preambolo e nel dispositivo del Decreto assessoriale di tutt’altro peso, a cui giuridicamente occorre dare una risposta operativa. Il Preambolo richiede che l’invito di esperti e conseguentemente la scelta devono essere fatte “ sulla base di valutazioni effettuate congiuntamente dalla Direzione aziendale e dal Comitato consultivo.” Questo inciso virgolettato manca invece nell’art. 3 c.4 del citato Decreto per cui spetterebbe al Comitato nominare ed invitare l’esperto che deve avere competenze specifiche nel settore del volontariato, della qualità dei servizi dell’informazione, della comunicazione e comunque delle tematiche di competenza del Comitato. Come comporre la divergenza? Si ritiene che nel contrasto tra preambolo e dispositivo, vale quest’ultimo e pertanto l’iniziativa della nomina dell’esperto dovrebbe essere presa dal Comitato a meno che quest’ultimo non ritiene comunicare uno o più nomi all’azienda, la quale è tenuta a motivare, per gravi motivi, l’eventuale rifiuto della scelta. L’intervento dell’esperto alle sedute è a titolo gratuito e non

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gli dà diritto di voto, dovendo egli limitarsi solo a relazionare sul tema su cui ha conoscenze specifiche e per cui è stato chiamato.

9. La Relazione annuale

La relazione annuale, che a cura del Presidente del Comitato consultivo aziendale deve essere redatta annualmente, è prescritta sia dalla legge 5/2009 che dal Decreto di attuazione del 15.4.2010. È un documento importante e significativo che va predisposto entro il mese di marzo di ogni anno e che dà la misura di quanto il Comitato consultivo ha saputo realizzare nel corso dell’anno cui si riferisce.Cosa deve contenere la relazione? Un esame della legge e del Decreto attuativo ci dà indicazioni degli elementi che il documento deve contenere. L’art. 9 c. 8 della legge 5/2009 prevede che la relazione deve riguardare l’attività svolta dall’Azienda nell’anno trascorso. L’art. 2 c. 2 lettera e) del Decreto 15.4.2010 invece prevede che la relazione, da trasmettere al Direttore generale e da pubblicare sul sito web dell’Azienda sanitaria, deve interessare le attività svolte dal Comitato di cui alle lettere a) b) c) e d) le quali si riferiscono rispettivamente: lett. a) pareri e proposte su piani attuativi; lett. b) pareri e proposte sui programmi annuali di attività del Direttore generale; lett. c) pareri e proposte sull’elaborazione dei piani di educazione sanitaria; d) elaborazione di proposte in ordine alla migliore funzionalità dei servizi aziendali con specifico riferimento all’adeguatezza dei medesimi e al perfezionamento delle modalità di accoglienza e accesso alla rete dei servizi, nonché alla loro rispondenza alle finalità del servizio sanitario regionale ed agli obiettivi previsti dai piani sanitari nazionale e regionale, in base alle risultanze dell’attività di verifica condotta tenendo conto anche degli indicatori di qualità di cui alla successiva lettera h). Non c’è dubbio che, dal punto di vista letterale, un contrasto, a prima vista, emerge tra le disposizioni sopra richiamate, che

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possono indurre il Comitato in confusione e generare inappropriati documenti che tra l’altro, essendo pubblicati sul sito aziendale, potrebbero dare adito a valutazioni incongrue e non pertinenti. Appare, pertanto, necessario che l’Assessorato regionale alla salute, intervenga con propria circolare per dare i chiarimenti del caso. A tal fine è opportuna l’iniziativa della Conferenza dei Comitati consultivi delle Aziende sanitarie della Sicilia, diretta a promuovere il chiarimento sulla esatta portata dei due testi normativi in apparente contrasto. E sì, in verità si tratta di un contrasto apparente perché, se si esamina attentamente l’art. 2 c. 2 lett. a) b) c) e d) del citato Decreto, a cui la relazione deve far riferimento, in effetti, considerato che in tali materie il Comitato interviene anche con proposte, queste rientrano nell’attività del Comitato, come i documenti su cui viene espresso parere rientrano nell’attività dell’Azienda. Quindi la relazione annuale che il Presidente del Comitato deve redigere, in effetti tratterà dell’attività dell’Azienda e del Comitato; quest’ultima esplicitata con le proposte. Certo il necessario riferimento all’art. 2 lett. a) b) c) d) non esaurisce i contenuti della relazione, che possono interessare anche altri campi. Significa comunque che la relazione non può non toccare le materie indicate nelle lettere richiamate.

10. Il Presidente

Si è visto nel paragrafo precedente che la relazione annuale deve essere redatta, nel rispetto dei principi fissati nell’art. 2, c. 2 lett. e) del D.A. 15.4.2010. La relazione può essere elaborata dal Presidente o da componenti del Comitato consultivo purchè informati o quanto meno addentro alle attività del Comitato. Comunque prima di essere trasmessa al Direttore Generale essa va approvata dal Cca e sottoscritta dal Presidente. Quali altri compiti significativi svolge il Presidente? Pochi compiti e limitati, alla convocazione del Comitato, fissazione dell’ordine del giorno (art. 4 c. 2), inserimento di nuovi punti all’ordine del

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giorno fissato (art. 5 c. 10) ed infine sottoscrizione del verbale delle sedute del Comitato (art. 5 c. 11). In merito alle riunioni del Comitato, al Presidente spetta regolare la discussione e la trattazione degli argomenti all’ordine del giorno, secondo i principi generali di funzionamento degli organi collegiali. Questo ovviamente non significa che egli inventa le regole di funzionamento a suo piacimento; non può farlo, perché egli e gli stessi componenti devono osservare le regole già approvate nei regolamenti interni per il buon funzionamento del Comitato. Il Presidente deve, per usare un’immagine del codice della strada, svolgere un pò il ruolo del vigile che regola il traffico in una città; guida necessaria per evitare ingorghi, incidenti, proteste ecc. Un lavoro delicato e responsabile per un proficuo funzionamento dell’organo di partecipazione, il quale come è noto, per i numerosi e delicati compiti, ha necessità di riunirsi almeno tre volte l’anno (art. 5 c. 1).Altro compito che fa capo al Presidente afferisce alla esecuzione delle deliberazioni adottate dal Comitato nei tempi e modi previsti dalla normativa vigente, dando seguito rispettosamente alla volontà espressa dall’organo di partecipazione civica. Norma questa che, seppure non scritta, scaturisce dalla necessità che venga dato corso, a cura del Presidente, alle decisioni dell’assemblea.Infine altra prerogativa non trascurabile del Presidente è che egli rappresenta all’esterno il Comitato consultivo aziendale, anzi possiamo dire lo impersona ed è punto di riferimento per l’Azienda e le istituzioni interessate ed i cittadini. Questo certamente non può significare che il Presidente del Cca, chiamato a rappresentare il Comitato in seno a commissioni e/o collegi, deve intervenire personalmente. Egli interverrà se chiamato nella qualità di Presidente; diversamente è tenuto a sentire il Comitato per designare la persona giusta e competente a rappresentarlo.Dopo questa breve analisi una considerazione va fatta: se queste sono le attribuzioni che il Presidente del Comitato consultivo da solo può esercitare, esse sono ben poca cosa rispetto a quelle

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sancite a favore del Presidente della Conferenza dei Comitati consultivi delle Aziende sanitarie della Regione, per cui nel paragrafo n. 13 abbiamo proposto la revisione dell’art. 6 del Regolamento del 21.9.2012, che conferisce illimitati poteri al Presidente della Conferenza in materia di organizzazione di gruppi di lavoro, tavoli tematici ecc.; una norma da rivedere per armonizzarla al D.A. 15.4.2010, il quale prevede sull’argomento l’iniziativa e la competenza in capo all’organo collegiale e non individuale.

11. Gruppi di lavoro e tavoli tematici del Cca

L’art. 5 c. 7 del D.A. 15.4.2010 prevede che “il Comitato può costituire gruppi di lavoro ristretti o tavoli tematici su particolari problematiche che necessitano di approfondimenti, individuando il relativo referente e, in relazione ai temi trattati, può prevedersi anche la presenza di esperti”. Una norma utile, che sarebbe stato necessario inventare se non fosse stata prevista, perché l’elevato numero di componenti del Comitato richiede una articolazione dello stesso in gruppi, al fine di impegnare tutte le Associazioni presenti e da loro avere il massimo contributo possibile nei delicati compiti previsti all’art. 2 del citato Decreto assessoriale. Una norma anche di facile interpretazione, tant’è che molti Comitati dell’Isola se ne sono avvalsi, costituendo vari gruppi di lavoro e tavoli tematici. Per quanto la norma sia chiara, potrebbe essere comunque utile una direttiva assessoriale intesa a meglio definirne la portata, soprattutto per quanto concerne la composizione dei Gruppi di lavoro ristretti, la loro rappresentatività, il valore delle decisioni adottate rispetto al Comitato; cioè, se le risultanze dei lavori di gruppo devono essere approvate dal Comitato o possono avere efficacia di per sè, limitandosi il Comitato a prenderne solo atto.Analizzando bene l’art. 5 c. 7 gli istituti ivi previsti sono due ed hanno contenuti diversi; ciò in quanto i gruppi di lavoro ristretti

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dovrebbero avere per oggetto la trattazione di materie ordinarie ed istituzionali previste nel citato Decreto, sia pure con eventuali possibili limiti di istruttoria fissati dal Comitato; i tavoli tematici riguardano invece particolari problematiche che necessitano di approfondimenti, non sempre possibili in assemblee del Comitato, per cui è giocoforza approfondire tali questioni con gruppi ristretti. Ovviamente i gruppi di lavoro ed ai tavoli tematici non sono chiusi, nel senso che vi possono partecipare solo i componenti individuati; sono invece aperti, nel senso che è data a tutti la possibilità di partecipare anche se non nominati. Questo per un principio di trasparenza e anche per sottolineare il contributo che tutte le associazioni possono dare nello studio di temi che richiedono approfondimenti. Al fine poi di regolare l’attività dei gruppi e dei tavoli tematici nel modo più funzionale possibile, è previsto che venga nominato un referente, come è prevista la presenza di esperti tutte le volte in cui la problematica lo richiede, analogamente a quanto indicato per il Comitato nell’art. 3 c. 4 e 5 del Decreto assessoriale 15.4.2010. Va per ultimo rappresentato che la costituzione di gruppi di lavoro e tavoli tematici non è un fatto obbligatorio, ma facoltativo per l’organo consultivo, il quale ne valuterà l’opportunità tutte le volte che lo riterrà utile per il suo migliore funzionamento.

12. La formazione continua

I Comitati consultivi aziendali sono nati per favorire la partecipazione dei cittadini al processo decisionale dell’Azienda al fine di migliorare la qualità dei servizi, per adeguarli sempre più ai nuovi bisogni socio-sanitari caratterizzati da crescente complessità. È anche interesse dell’Azienda poter coinvolgere i Comitati e consultarli sui temi relativi ad aspetti della qualità considerati rilevanti: accessibilità, percorsi clinici ed assistenziali, dimissioni, modalità di ascolto, ecc…Sotto tale aspetto appare opportuno che le associazioni facenti parte del Comitato si sottopongano a

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periodici percorsi formativi nei quali approfondire temi particolarmente sentiti e attuali, o sperimentare metodologie e tecniche più utilizzate nelle indagini quali-quantitative. Della formazione si devono far carico sia i Comitati che le Aziende sanitarie e lo stesso Assessorato della salute, tenendo conto della specificità del Comitato inserito nell’organizzazione dell’Azienda sanitaria od ospedaliera. La formazione deve essere continua e per tutti, perché strumento fondamentale per migliorare la qualità e l’efficienza delle proprie funzioni. Per quanto tutto questo possa apparire ovvio, in Italia la formazione continua è ancora considerata un obbligo burocratico se non uno spreco di tempo. Non è così, perché la formazione è crescita che integra le competenze per costruire con regolarità migliori opportunità. Certo oggi c’è un problema di sostenibilità della formazione nelle aziende sanitarie ed ospedaliere, per cui vanno ricercate nuove soluzioni basate su nuove tecnologie didattiche. Ciò si riferisce al FAD (formazione a distanza) ed e-learning, un sistema che può ridurre i costi di erogazione e garantire che i “pacchetti formativi” siano resi fruibili in modo coinvolgente e personalizzato. Questo sistema, che ormai non è una novità sulla via di quanto attuato da tempo nei Paesi anglosassoni, da sempre frontiera di sperimentazione tecnica, può benissimo attuarsi per i dipendenti ed i Comitati consultivi ed è utilissimo anche per la formazione regionale. Si attuerà in tal modo l’apparente paradosso menorisorse, più formazione. Per il Comitato, costituito da associazioni del volontariato, il problema finanziario, pur se presente, non è un problema anche se costituisce un limite, considerate le risorse umane presenti nel settore sempre disponibili a partecipare gratuitamente nella qualità di docenti-relatori a convegni, corsi, tavole rotonde, considerando anzi ciò un punto di merito. Esperienze di questo tipo Cittadinanzattiva –TDM, come lo stesso Comitato consultivo dell’Asp di Catania, può fornirne tante.Al fine di rendere operativo l’obbligo della formazione con almeno due corsi nel triennio, è opportuno inserire nella domanda di ammissione delle Associazioni al Comitato la disponibilità e

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l’impegno alla partecipazione ai corsi formativi. Alla formazione ha dato importanza il Comitato consultivo dell’Asp di Catania che quest’anno ha varato il corso “La Sanità aperta ai cittadini”costituito da sei moduli riguardanti i temi: Funzioni e compiti dell’Ufficio comunicazione aziendale nei rapporti col cittadino; La rete dei Consultori familiari; La customer satisfation: come i cittadini percepiscono la sanità tra criticità e buone pratiche; Metodi e strumenti dell’audit civico: i cittadini entrano nella valutazione dei servizi; La continuità assistenziale ospedale-territorio nei percorsi assistenziali delle malattie croniche; La legge 15.3.2010 n. 38: cure palliative e terapia del dolore. Anche l’ Assessorato della salute al CEFPAS di Caltanissetta ha curato il primo corso formativo, purtroppo limitato solo a pochi componenti dei Comitati.

13. La Conferenza dei Comitati consultivi delle Aziende sanitarie della Regione

Il 12 luglio 2011, in una gremita aula magna del Policlinico di Catania, alla presenza dei Presidenti dei Comitati consultivi aziendali dell’Isola, dei Direttori Generali delle Aziende sanitarie ed ospedaliere della Regione e dell’Assessore regionale alla salute è stato approvato il documento di istituzione della Conferenza e nominato il Presidente.Quel documento ha segnato la nascita della Conferenza non prevista dalla legge 5/09, finalizzata fondamentalmente al coordinamento dei Comitati consultivi, per l’esercizio di attività improntata ai principi di omogeneità, trasparenza ed efficienza. La Conferenza dopo qualche anno ha avuto riconoscimento regionale nel Regolamento approvato con D.A. del 21.9.2012 n. 1874 (vedi allegato n.5), il quale ha disciplinato negli articoli dal n. 1 al n. 12: la costituzione, i rapporti con l’Assessorato regionale, la sede, le funzioni, composizione e competenze, le figure del Presidente e del vice, la convocazione della Conferenza, decadenza ed

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incompatibilità, l’entrata in vigore e modifiche, pubblicità, rinvio a norme di leggi vigenti. La Conferenza, costituita dai Presidenti dei Comitati consultivi o da loro delegati, ha la durata di tre anni con i compiti elencati negli artt. 4 e 8 dello stesso Regolamento, a cui si rinvia il lettore, afferenti in particolare il coordinamento dei singoli comitati e l’approvazione del codice etico. Di particolare rilievo è l’art. 6 in ordine alle funzioni del Presidente, al quale viene riconosciuta ampia autonomia in scelte ed iniziative organizzative concernenti l’attività della Conferenza.Da un esame del Regolamento della Conferenza, va rilevato che purtroppo esso non si è limitato al recepimento del documento istitutivo del 12 luglio 2011, andando ben oltre ed intervenendo ad innovare in settori riservati alla legge e allo stesso Decreto attuativo. Nel Preambolo del D.A. suindicato alla Conferenza dei CCA viene riconosciuta a chiare lettere la funzione “di organismo permanente” di coordinamento regionale, ribadita nella premessa del Decreto stesso, dove viene evidenziata l’azione complementare della Conferenza permanente dei CCA attraverso il coordinamento regionale di rete dei comitati.Quali sono i punti in cui il D. A. 21.9.2012 innova nelle materie di cui alla legge 2009 e al D.A. 2010? Sicuramente l’art. 4 lett. a) relativamente alla individuazione di uno strumento uniforme di verifica dell’attività dei Comitati perché incide sulla loro autonomia; l’art. 6 per l’illimitato potere del Presidente della Conferenza in materia di organizzazione di gruppi di lavoro, tavoli tematici ecc. da riservare invece all’assemblea della Conferenza; l’art. 8 c. 5 e 6 da riscrivere perché eccede la competenza della Conferenza; l’art. 12 c. 3 per la decadenza sancita a causa di cumuli di rappresentanze ed incarichi. Qualcuno potrebbe rispondere che ormai il Regolamento del 21.9.2012 è operativo e modifica il D.A. 15.4.2010. Formalmente può anche essere così; potrebbe però essere discutibile riconoscergli valenza di provvedimento di integrazione e/o modifica del D.A. 1019/2010, emanato in attuazione dell’art. 9 c. 9 della legge 5/2009; e ciò avuto riguardo a quanto disposto dagli artt. 1, 2 e soprattutto 3, che

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tale integrazione sancisce limitatamente alla partecipazione dei Presidenti dei Comitati consultivi nei Collegi di Direzione, escludendola implicitamente per tutte le altre disposizioni del Regolamento, la cui intestazione “Regolamento per il funzionamento e la operatività della Conferenza dei Comitati consultivi delle Aziende Sanitarie della Regione” ne circoscrive l’efficacia e la competenza. Va quindi riconosciuta piena ed esclusiva efficacia all’art. 9 c. 8 della L. 5/2009, al D.A. 1019/2010 e al D.A. 1874/2012, quest’ultimo, se ed in quanto conforme alle citate fonti normative primarie e di rango superiore, fonti inderogabili ed imprescindibili che sanciscono l’autonomia degli organismi di partecipazione. In merito va anche ricordato che il Regolamento istitutivo della Conferenza ha natura contrattuale, essendo nato dalla volontà dei Presidenti dei Comitati consultivi manifestata il 12. 7. 2011, mentre il Regolamento di cui al D.A 15.4.2010 ha carattere legale perché la sua fonte è nella legge 5/2009. Va quindi opportunamente difesa l’autonomia del Cca modificando, ove necessario, il Regolamento di cui al D.A. 21.9.2012, al fine di evitare che la Conferenza sovrasti i Comitati, soffocandone la vita e lo sviluppo. Sarebbe illogico e frustrante che i Comitati, che hanno conquistato la loro autonomia dalle istituzioni, la perdano con la Conferenza che i Comitati hanno voluto, ma sicuramente senza invasione di campo.

14. Il Collegio di direzione

Il Collegio di direzione è previsto all’articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 come modificato dall’art. 15 del D. Lgs 19.6.1999 n. 229 e ora dall’art. 17 del Decreto Balduzzi Dl 158/2012 convertito legge 8/11/2012 n. 189. Le Regioni, come è noto, prevedono l’istituzione, nelle aziende e negli enti del Servizio sanitario regionale, del Collegio di direzione ora dichiarato organo dell’Azienda, individuandone la composizione

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in modo da garantire la partecipazione di tutte le figure professionali presenti nell’azienda o nell’ente e disciplinandone le competenze e i criteri di funzionamento, nonché le relazioni con gli altri organi aziendali. Il Collegio di direzione, in particolare, concorre al governo delle attività cliniche, partecipa alla pianificazione delle attività, incluse la ricerca e la didattica, e allo sviluppo organizzativo e gestionale delle aziende con particolare riferimento all’individuazione di indicatori di risultato e di efficienza, dei requisiti di appropriatezza e di qualità delle prestazioni, alla valutazione interna dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi prefissati ed è consultato obbligatoriamente dal Direttore generale su tutte le questioni attinenti al governo delle attività cliniche. In base al D.A. 21.9.2012 è previsto che il Presidente del Comitato consultivo deve essere chiamato a farne parte in ordine alle coincidenti materie di competenza per come definite dall’art. 9 c. 8 della l.r.5/2009. Un riconoscimento di notevole portata a significare il valore della partecipazione civica ai vertici delle istituzioni.

15. Comitati etici della Regione siciliana

I comitati etici sono organismi indipendenti che, garantiscono la tutela dei diritti, la sicurezza e il benessere delle persone sottoposte a sperimentazione. La composizione è indicata all’art. 2, comma 3, del Decreto del Ministro della salute 8-2-2013 (vedi allegato n. 6); i componenti devono essere in possesso di documentata conoscenza ed esperienza nelle sperimentazioni cliniche dei medicinali e nelle altre materie di competenza degli stessi comitati etici acquisite negli ultimi cinque anni anche in ambito extraregionale.L’art. 12, commi 10 e 11 del D.L. 13.9.2012 n. 158, come convertito, con modificazioni, dalla legge 8.11.2012 n. 189, prevede che ciascuna delle regioni provvede, entro il 30.6.2013, a riorganizzare i comitati etici istituiti nel proprio territorio secondo

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il criterio che al comitato etico è attribuita una competenza territoriale di una o più provincie, in modo che sia rispettato il parametro di un comitato per ogni milione di abitanti. Pertanto in relazione alla popolazione rilevata dal censimento ISTAT 2011, essendo la popolazione di 5.002.904 abitanti, la Regione, con Decreto Assessoriale del 16.7.2013 (vedi allegato n. 7) pubblicato sulla Gurs n. 37 del 9.8.2013, ha istituito numero cinque comitati etici e precisamente: - n. 2 Comitati a Palermo (Comitato etico Palermo 1 allocato presso l’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico P. Giaccone competente per le sperimentazioni cliniche dell’Azienda ospedaliera Policlinico, delle Asp di Palermo e Caltanissetta e dell’Ospedale Giglio di Cefalù; Comitato etico Palermo 2 allocato presso l’Azienda ospedaliera Ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo competente per le sperimentazioni cliniche della stessa azienda, dell’ARNAS Civico-Di Cristina –Benefratelli di Palermo, delle Asp di Trapani e Agrigento e dell’ISMETT di Palermo); - n. 2 Comitati a Catania (Comitato etico Catania 1 allocato presso l’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico V. E. competente per le sperimentazioni cliniche dell’Azienda ospedaliera Policlinico, dell’ Asp di Ragusa e dell’Azienda ospedaliera per l’emergenza Cannizzaro di Catania; Comitato etico Catania 2 allocato presso l’ARNAS Garibaldi competente per le sperimentazioni cliniche dell’Azienda ospedaliera Garibaldi, delle Asp di Catania, Enna e Siracusa e dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Oasi Maria SS di Troina; - Comitato a Messina (allocato presso l’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico G. Martino di Messina competente per le sperimentazioni cliniche dell’Azienda ospedaliera Policlinico, dell’ Asp di Messina, dell’Azienda ospedaliera Ospedali Riuniti Papaldo- Piemonte di Messina e dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Bonino Pulejo di Messina. Il Decreto assessoriale sopra richiamato, nel riorganizzare i comitati etici nella regione siciliana, ne definisce la competenza, la composizione, l’indipendenza, l’organizzazione e il funzionamento

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nonchè gli aspetti economici che saranno oggetto di apposito separato provvedimento. Per quanto riguarda la scelta del rappresentante del volontariato o dell’associazione di tutela dei pazienti, l’art. 3 comma 4 del citato Decreto stabilisce che essa sarà fatta tra le organizzazioni e associazioni maggiormente rappresentative di concerto dai Presidenti dei Comitati consultivi delle aziende componenti il comitato etico. In merito va rilevato che il rappresentante del volontariato potrebbe non essere alternativo a quello dell’Associazione di tutela dei pazienti e viceversa, anche se la particella “ o” potrebbe indurre a tale conclusione. Potrebbero invece essere due i rappresentanti da inserire nel comitato etico; ciò è possibile dedurre dalla dizione letterale usata dall’art. 2 c.5 del D.M. 8.2.2013 il quale specifica, per la composizione, che i Comitati etici devono comprendere almeno le figure minime indicate nel citato decreto. Questo potrebbe significare che legittimamente potrebbero essere indicati e nominati anche due rappresentanti, uno per il volontariato e l’altro per l’associazione di tutela dei pazienti, sempre che tale principio venga condiviso, come sinora praticato dall’Asp di Catania, nella delibera del Direttore Generale dell’Azienda dove è collocato il Comitato etico. È particolarmente significativo poi sottolineare quanto rappresentato all’inizio di questo paragrafo in ordine alle figure professionali che devono far parte dei comitati etici, che devono essere in possesso di particolari requisiti nelle materie di competenza dei comitati. Circa il principio della rappresentatività da applicare nella fattispecie, va considerato che esso va integrato con quello della diffusione dell’associazione od organizzazione, così come previsto all’art. 3 comma 3 del D.A. 15.4.2010. Il principio sancito nell’art. 3 comma 4 del Decreto assessoriale 16.7.2013 è apprezzabile perché finalmente chiarisce, una volta per tutte, che non è più la Direzione generale dell’Azienda a scegliere il rappresentante del volontariato e dell’associazione di

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tutela degli utenti, bensì gli stessi cittadini organizzati nei Comitati consultivi attraverso il concerto dei loro Presidenti.

16. La Consulta regionale della sanità

Istituita presso l’Assessorato regionale della salute la Consulta regionale della sanità è un organo nuovo previsto dalla legge di riordino n. 5/2009 con funzioni di consulenza su richiesta dell’Assessore in ordine a questioni di rilevanza regionale e di interesse diffuso per la collettività in relazione alla erogazione ed alla qualità dei servizi sanitari e socio sanitari. Dura in carica tre anni ed è costituita da 40 componenti rappresentanti di associazioni portatrici di interessi diffusi, di associazioni del volontariato, di tutela dei diritti dei malati, nonché da rappresentanti dei collegi e degli ordini professionali, delle associazioni del settore socio-sanitario, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di categoria del settore sanitario maggiormente rappresentative. Per la sua composizione laConsulta si configura come un organo di partecipazione composito per le numerose categorie presenti di tecnici, civici, sindacalisti ecc.Diversamente dai Comitati consultivi aziendali, la Consulta è un organo consultivo che si muove ad impulso dell’Assessore e quindi fornisce pareri a quest’ultimo su sua richiesta sulle questioni sopra indicate. Questo certo è un limite, anche se non può escludersi che la Consulta possa di sua iniziativa fornire autonomamente pareri su problematiche pervenute alla sua attenzione attraverso canali diversi dalla richiesta assessoriale. Un parere specifico che rientra nella categoria dei pareri obbligatori è quello previsto dall’art.3 della legge 5/2009 in quanto la Consulta è chiamata ad essere sentita al pari della Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio sanitaria regionale in tema di Piano sanitario regionale prima che questo venga proposto dall’Assessore alla approvazione del Presidente della Regione,

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previa delibera della Giunta regionale. Questo parere è di grande rilevanza perché può incidere su un documento di portata programmatoria regionale; il che non è poco. Il parere obbligatorio della Consulta, come in altri casi, va dato entro trenta giorni dalla richiesta. Quando invece si tratta di pareri facoltativi non è previsto un termine tassativo.Considerati i contenuti ed i limiti sopra indicati può anche effettivamente riconoscersi che l’organismo consultivo a valenza regionale previsto dall’art. 14 del Dlgs 502/92, modificato, può anche ritenersi attuato con la istituzione della Consulta.

17. La Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale,

Il Piano sanitario regionale definisce, nell’ambito della compatibilità finanziaria ed in coerenza con il Piano sanitario nazionale, gli strumenti e le priorità idonei a garantire l’erogazione delle prestazioni del Servizio sanitario regionale in ottemperanza ai livelli essenziali di assistenza ed agli indirizzi della politica sanitaria regionale. È proposto dall’Assessore regionale per la sanità, acquisito il prescritto parere della Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale, istituita dalla legge regionale 9 ottobre 2008, n. 10, e sentita la Consulta regionale della sanità, di cui all’articolo 17 della legge n.5/2009 ed ha durata triennale. Della Consulta si è detto nel paragrafo precedente. Di seguito ora si dirà della Conferenza permanente prevista dall’art. 4 della legge di riordino. Essa è costituita:a) dalle Università degli studi di Palermo, Catania e Messina, in relazione agli aspetti concernenti le strutture e le attività assistenziali necessarie per lo svolgimento delle attività istituzionali di didattica e di ricerca; b) dagli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e degli enti di ricerca pubblici e privati, le cui attività istituzionali sono

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concorrenti con le finalità del Servizio sanitario regionale. Non è prevista la partecipazione civica, come sarebbe stato opportuno prevedere. È stato comunque previsto che le associazioni di categoria del settore sanitario maggiormente rappresentative, le associazioni di volontariato e quelle di tutela dei diritti dell’utenza maggiormente rappresentative concorrano, nell’ambito delle loro competenze e con gli strumenti di cui alla vigente normativa, alla realizzazione delle finalità del Servizio sanitario regionale e alle attività di assistenza sociale. Ben poca cosa rispetto alle attese dell’attivismo civico che invece si aspettava un Comitato consultivo di livello regionale secondo le indicazioni previste all’art. 14 della Legge 502/92.

18. Il Referente aziendale

I Comitati Consultivi Aziendali sono una realtà giuridico-amministrativa recentissima nell’ ordinamento regionale e man mano che essi entrano nel vivo, emergono vari aspetti da approfondire. Uno di questi, di rilievo teorico-pratico, riguarda la mancata individuazione da parte del legislatore di un soggetto a cui i Cca possano fare riferimento per ogni esigenza di carattere ordinario e contingente o di conoscenza degli apparati organizzativi aziendali. Questa esigenza ha portato il Management a designare, quale interfaccia, un proprio dipendente come referente del Cca, figura non prevista dalla legge e dal Decreto attuativo e pertanto senza funzioni. Una figura comunque utile se accompagnata da ben individuati compiti intesi a favorire e sviluppare i migliori rapporti con l’azienda. Diversamente assumerebbe una veste solo coreografica, del tutto inutile. Ciò deve indurre sia le Aziende che i Comitati consultivi a riempire di contenuti quella figura; diversamente le funzioni del referente resterebbero limitate a sporadici rapporti istituzionali tra il Management aziendale ed il Cca. A ricoprire l’incarico in tante aziende sono stati individuati funzionari preparati. Ciò non basta;

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occorre, che detti funzionari abbiano spirito solidaristico; in tal caso i contributi dei referenti potrebbero essere notevoli. Questi funzionari continuano nei loro compiti e pertanto l’impegno per il Comitato può restare minimale se allo spirito solidaristico non si aggiunge anche quello volontaristico; importante questo perché, essendo i Comitati sguarniti di apparati amministrativi e di scarsa disponibilità delle associazioni ad assumere ruoli amministrativi, potrebbe risultare carente l’attività in tali settori.Il D.A. 2010, all’art. 3 comma 7 e all’art. 4 comma 2, si limita ad individuare l’ufficio dell’Azienda che ha il compito di assicurare l’attività di supporto logistico e di segreteria necessari per il funzionamento del CCA. Ma che significa supporto logistico? Una ricerca spicciola specifica che il termine “logistica” è legato ad un ramo dell’arte militare che in tempo di guerra provvedeva a muovere l’esercito in relazione alle esigenze delle operazioni ed al rifornimento di quanto necessario per manovrare nel campo strategico e per assicurare ai combattenti le migliori condizioni fisiche e morali. Il termine logistico, trasferito al settore di cui trattasi, può avere due significati: uno restrittivo e l’altro estensivo. Il primo indicherebbe l’apparato organizzativo costituito da beni strumentali (locali, tavoli, pc); il secondo comprenderebbe anche le risorse umane impegnate per il conseguimento degli obiettivi. In questa seconda interpretazione quale percentuale di spazio andrebbero ad occupare i referenti? Al 100% o limitato solo alla interlocuzione col Management? In quest’ultimo caso occorre vedere se l’Azienda intende spostare risorse umane, oppure è necessario impegnare, o meglio obbligare le associazioni a svolgere il ruolo di supporto amministrativo. Con i tempi che corrono forse è più facile che i cittadini facciano da soli, magari, organizzandosi come meglio possono in attesa di tempi migliori. Comunque e qualunque sia l’evoluzione di questa figura, un riconoscimento regionale sarebbe utile perché potrebbe precisare compiti e funzioni; ciò anche a tutela dello stato giuridico del dipendente interessato.

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19. Associazioni e Comitati consultivi

Due gli elementi da sottolineare nel quadro dell’organizzazione dei Cca per gli aspetti riguardanti la politica delle singole associazioni che compongono l’organismo. Il primo afferisce alle azioni che in seno al Comitato esse devono svolgere; azioni che non devono essere di settore, anche se ciò non può essere trascurato, in quanto devono scaturire dai compiti e funzioni di competenza dei Cca e che, come è noto, sono individuate nell’art. 2 del citato D.A. Questo comunque non esclude, come sopra accennato, che il Cca possa sostenere iniziative od eventi culturali che stanno a cuore alle singole associazioni facenti parte del Cca. È comunque importante che esse rientrino nella politica generale del Comitato. Legato a quest’aspetto è quello relativo ad iniziative pubbliche di Associazioni dove viene chiesto il coinvolgimento del Cca. I casi vanno esaminati singolarmente; come principio si ritiene sottolineare che va scoraggiata l’adesione dei Comitati ad iniziative pubbliche promosse da Associazioni non coincidenti con le finalità correlate alle funzioni “puntualmente specificate ed individuate” nell’art. 9, c. 8 e 9 della L. 5/2009 e nell’art. 2 del D.A 10.4.2010. È bene ricordare che in base alle citate norme regionali, le funzioni del Cca sono di consulenza, di proposta al Direttore Generale in ordine agli atti di programmazione, di elaborazione di piani di educazione sanitaria, verifica della funzionalità dei servizi, collaborazione con l’URP per rilevare il livello di soddisfazione degli utenti, ecc… Da una attenta lettura del citato art. 2 del D.A. del 2010 emerge con chiarezza il carattere istituzionale dell’attività dei Comitati, attività ora più incisiva con la presenza del Presidente del Comitato consultivo nel Collegio di Direzione, delicato organo di supporto del Direttore Generale per il governo delle attività cliniche, la programmazione e la valutazione delle attività tecnico sanitarie.Il Comitato consultivo aziendale è un organo interno dell’azienda e come tale parte integrante dell’organizzazione aziendale e quindi

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da inquadrare nell’organigramma aziendale nella parte riguardante la Direzione Generale.Potrebbe essere coerente con i fini istituzionali la partecipazione del Comitato ad iniziative pubbliche promosse da Associazioni o Enti Privati qualora interessino lo studio e la ricerca nelle materie di competenza del Comitato. In tal caso potrebbe il C.C.A., al pari delle Istituzioni pubbliche, dare anche il patrocinio con l’uso gratuito del proprio logo. Una domanda prima di concludere è naturale porsi. Non c’è il rischio che il contesto sopra indicato comporti un indebolimento dell’immagine delle Associazioni? Un interrogativo del tutto legittimo ma che deve trovare una risposta adeguata. In verità con la costituzione dei Cca avviene quasi un annullamento dell’Associazione, perché è il Comitato ad interloquire con l’Azienda ed eventuali altri enti, a nome del quale vengono adottate azioni e comportamenti istituzionali. Se il Comitato si muove nel quadro legale ed istituzionale di riferimento (aziendale, assessoriale, ministeriale) nulla hanno da temere le Associazioni. Se invece si trasborda quel quadro, il Comitato, come dire, potrebbe prendere una sbandata ai danni di una o più associazioni. Per meglio spiegare il concetto ecco un esempio: se il Comitato con i suoi comportamenti pseudo – istituzionali invade prerogative (leggasi mission) delle associazioni, può essere facile il conflitto. Un problema delicato perché ciò potrebbe avere come conseguenza la contestazione, l’uscita dell’Associazione dal Comitato. Una dose di buon senso e di comprensione di quello che le associazioni in modo condiviso riescono a fare, forse potrebbe essere giusto rimedio per andare avanti insieme.

20. Associazioni; incompatibilità e conflitto di interessi

Il tema per la prima volta è stato sfiorato nella bozza di Codice etico predisposta da apposito Gruppo di lavoro nominato dal Presidente della Conferenza dei Comitati consultivi della Regione.

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Dico sfiorato, perché in effetti in quel documento non sembra che l’argomento sia stato ampiamente approfondito ed analizzato né, d’altra parte, si sono registrate riflessioni rilevanti da parte dei Comitati consultivi che avrebbero dovuto esaminarlo. L’argomento in verità, stante il breve periodo di tempo dall’avviamento dei Comitati consultivi, non sembra maturo per essere trattato; manca ancora una conoscenza profonda tra le Associazioni del Comitato, tante delle quali non sempre presenti, attive e collaborative; per cui sancire divieti ed incompatibilità, potrebbe essere di scarsa utilità pratica. D’altra parte i casi di incompatibilità ci sono, anche perché forse al momento della nomina dei delegati, tale aspetto è stato sottovalutato o non si è data l’importanza che meritava. Certo, avuto riguardo agli obiettivi e alla natura dell’attività delle Associazioni ed Organizzazioni che fanno parte dei Comitati consultivi, potrebbe anche essere superfluo sancire incompatibilità e conflitti di interessi, perché ogni ente associativo dovrebbe sapere come comportarsi, non avendo altro interesse che il bene comune e non della singola associazione: in definitiva, il miglioramento generale del servizio sanitario. Allo stato, l’argomento andrebbe il più possibile rinviato a dopo che i Comitati si saranno assestati e consolidati con Associazioni impegnate e attive in seno all’organizzazione dell’organo partecipativo, puntando al numero massimo di componenti ed avendo davanti la regola: se una Associazione lavora ed è impegnata, fino a quando non ci sarà una norma che sancisca l’incompatibilità, essa deve continuare a lavorare per il bene del Comitato. E poi è bene ricordare che, incidendo l’incompatibilità od il conflitto di interessi sulla ammissibilità dell’Associazione al Comitato, è compito della Direzione generale dell’Azienda sollevare tale problematica, per cui il Comitato ne resterebbe opportunamente fuori, evitando possibili conflitti con le associazioni. Aspettare quindi potrebbe essere buona regola, prima di sancire divieti, anche perché, tra l’altro l’organo partecipativo non ha in merito competenza piena ed esclusiva.

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21.Comitati consultivi e Cittadinanzattiva –Tdm

Nessuno me ne voglia se dedico queste poche righe al rapporto tra i Comitati consultivi e il Movimento Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato. Avrei voluto farlo anche con le altre Associazioni presenti nei Cca; in tal caso questo opuscolo sarebbe diventato voluminoso e forse poco appetibile per essere consultato. Lo faccio invece per la mia Associazione alla quale mi legano ben 18 anni di impegno (dal gennaio 1995, data del mio collocamento in quiescenza come impiegato pubblico), anche per la funzione di Coordinatore regionale della rete del Tdm che occupo da qualche anno ed infine anche per la presenza attiva del Movimento in tutti i 17 Comitati consultivi delle Aziende della Regione, ove peraltro tanti rappresentanti ricoprono ruoli significativi. Cittadinanzattiva- Tdm appartiene alla tipologia delle associazioni di tutela dei diritti degli utenti del settore sanitario e certamente meglio di ogni altra associazione può esprimere una visione generale dei problemi della sanità, non avendo alcun interesse specifico da proteggere se non la tutela dei diritti di tutti i malati. Proprio per tale caratteristica, che poi è la mission del Movimento, i suoi rappresentanti in seno ai Comitati consultivi sono più di ogni altra associazione idonei a mediare, ove ciò dovesse essere necessario. E poi, alle spalle, c’è una storia ultratrentennale di serietà, di impegno civico a 360 gradi, di leadership nei confronti di tante associazioni e delle stesse istituzioni. Per tutte queste ragioni, i rappresentanti di Cittadinanzattiva non devono mai dimenticare la loro identità; quindi difendere, sviluppare, allargare Cittadinanzattiva alle Associazioni dei Comitati che liberamente vi vogliono aderire; costruire con loro partnership, diventa un imperativo, come anche mantenere i collegamenti con la sede regionale e nazionale per tutti quei suggerimenti che è bene avere su alcune delicate materie che potrebbero non essere in linea con la mission del Movimento. D’altra parte, per chi è presente nei Comitati consultivi ed in particolare per chi assume ruoli di

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responsabilità, non va dimenticato il metodo di lavoro da anni sostenuto dal Movimento, che è l’interlocuzione con le istituzioni ed ora con le stesse Associazioni e Organizzazioni facenti parte del Comitato consultivo. L’interlocuzione deve avere alla base serietà e servizio, mai l’arroganza o peggio ancora la contrapposizione.Qualcuno potrebbe pensare (e c’è chi in verità ha fatto qualche riflessione in merito), che, raggiunto l’obbiettivo della costituzione dei Comitati consultivi, il cui connotato essenziale è la partecipazione civica nella gestione del Servizio sanitario, Cittadinanzattiva-Tdm non avrebbe più ragione di esistere, in quanto sarebbe quasi una duplicazione del Comitato, stante in certo qual modo l’ identità dei loro obbiettivi. La conseguenza di tutto questo non sarebbe senza effetti perché, intanto Cittadinanzattiva – Tdm non avrebbe più propri rappresentanti in seno ad organismi previsti dalla legge ( Commissioni vitto, Comitati per il buon uso del sangue ecc) in quanto tali rappresentanti verrebbero ora designati dal Comitato consultivo, e poi dovrebbe anche venir meno ogni iniziativa di interlocuzione con l’Azienda, con l’Assessorato alla salute per esempio in tema di Audit civico, ove quindi unico interlocutore sarebbe il Comitato consultivo, in sostituzione di Cittadinanzattiva, sinora partner in questa materia con la regione. Questa impostazione non ha alcun fondamento e non è condivisibile. Cittadinannzattiva in seno al Comitato è una grande risorsa; il suo ruolo è inestimabile per la storia, l’esperienza e quello che di nuovo è capace di dire per migliorare il Servizio sanitario. I documenti che Cittadinanzattiva produce quotidianamente, i protocolli pubblicati, il Coordinamento di tutte le Associazioni di malati cronici (Cnmc) in crescente sviluppo, ecc. sono le fonti a cui i Comitati possono sempre ispirarsi e trovare sostegno alle proprie azioni civiche. Ritengo che stretta debba essere la collaborazione tra Comitato e Cittadinanzattiva, come peraltro anche con le altre Associazioni, perché unico è l’obbiettivo che si vuole perseguire: la centralità vera del cittadino nell’ordinamento sanitario. Pertanto negli organismi di partecipazione civica i rappresentati di

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Cittadinanzattiva dovranno continuare ad essere nominati dalla stessa, come anche l’interlocutore con l’Assessorato e l’Azienda in materia di Audit civico deve continuare ad essere Cittadinanzattiva, la quale, nello svolgimento dell’Audit potrà avvalersi, oltre che dei propri volontari, anche del Comitato Consultivo.Questo comunque non esclude che, d’intesa con l’Azienda, in seno agli organismi di cui sopra possano esserci rappresentanti del Comitato consultivo.

22. Sportello informativo e Cca.

Contrariamente a quanto da taluni recentemente sostenuto, non si condivide l’avviso espresso, secondo il quale al Cca sarebbe inibita ogni attività di informazione ai cittadini, per cui non sarebbe lecito aprire punti di segnalazione e di interventi. A conferma di tale convincimento si insite nel sostenere che è compito delle associazioni, secondo la propria specificità, raccogliere informazioni (lamentele, proposte, richieste di interventi, ecc). Sul punto non si può essere d’accordo se non in parte. Per sgombrare ogni dubbio va detto che il Cca non può nè deve sostituirsi alle Associazioni ed all’URP aziendale, che non devono subire alcun intralcio nella loro attività di sportello. Le associazioni e lo stesso URP devono continuare serenamente la propria attività istituzionale di raccolta di informazioni e di intervento presso i loro uffici e pertanto gli utenti che si rivolgono al Cca per segnalazioni di competenza delle suddette Associazioni ed URP devono essere indirizzati a questi ultimi. Solo per fare due esempi: chi chiede tutela dei propri diritti va indirizzato all’Associazione Cittadinanzattiva - TDM o altre Associazioni di tutela che sapranno dare le risposte adeguate: esse possono riguardare l’accesso ai servizi, come anche la tutela amministrativa o giudiziaria su delicate materie di responsabilità professionale. Deve rivolgersi all’URP chi intende avere risposte dall’Azienda su

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determinati percorsi di insoddisfazione registrati nell’acceso ed utilizzo dei servizi sanitari. Quando invece trattasi di segnalazioni o proposte che possono rientrare nelle materie di competenza dei CCA va sicuramente apprezzata la informazione/comunicazione del cittadino. In quest’ottica è stato lanciato dal giornalino News del CCA dell’Asp di Catania il servizio segnalazioni on line “Ditelo al Comitato consultivo”.

23. Comitato consultivo distrettuale

Come più avanti riferito, l’art. 14 del D. Lgs 502 del 30.12.1992, come modificato dall’art. 12 del D. Lgs 229/1999, ha previsto organismi di partecipazione nelle attività relative alla programmazione, al controllo e alla valutazione dei servizi sanitari a livello distrettuale. Ciò perché nel Distretto, struttura territoriale introdotta dall’ordinamento sanitario di cui al D. Lgs 502/1992, viene meglio disciplinata e soprattutto potenziata l’attività sanitaria con il riconoscimento di autonomia amministrativa e finanziaria.La Regione Sicilia col recepimento della suddetta normativa di fatto avvenuto con la legge regionale 5/09, non ha considerato l’organismo partecipativo distrettuale, soffermandosi invece solo su quello aziendale. Una scelta forse al momento opportuna, anche perché non si conosceva ancora l’impatto che i Cca avrebbero avuto sul campo, trattandosi di istituti nuovi con rilevanti compiti, rispetto ai comitati di partecipazione e vigilanza previsti dalla L.R. 7/91. A distanza di qualche anno quella scelta va riconosciuta opportuna perché i Cca stentano ancora, almeno in alcune aree della regione, ad operare ed incidere nella governance sanitaria con tante difficoltà all’esterno ed al loro interno. Ciò comunque con dispiacere le Associazioni accettano perché è sicuramente meno rafforzata la partecipazione civica nel territorio dove la realizzazione del Comitato consultivo distrettuale avrebbe

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consentito l’attuazione e lo sviluppo di una rete civica di prossimità. Se, comunque, così è, parlare di Comitati consultivi distrettuali (Ccd) potrebbe diventare una pura esercitazione accademica priva di riscontro pratico. Però è bene parlarne perché il Ccd potrebbe anche essere una forma di partecipazione civica da sperimentare nelle grandi aziende sanitarie provinciali, come Palermo, Catania e Messina, ove a causa dell’estensione territoriale, specialmente la periferia richiederebbe più attenzione, non sempre facile da realizzare anche per la mancanza di risorse finanziarie del Cca per fare fronte a sopraluoghi, verifiche e monitoraggi necessari per valutare la qualità dei servizi. Ma come dovrebbe articolarsi un Comitato consultivo distrettuale? Trattandosi di semplice ipotesi di studio da valere eventualmente in futuro, due potrebbero essere i modelli da approfondire. Il primo dovrebbe prevedere, in relazione al numero dei distretti, un tipo di Comitato consultivo interdistrettuale, costituito da associazioni ed organizzazioni di utenti ed operatori sanitari presenti nell’ambito territoriale di riferimento, con compiti limitati a determinate materie specifiche del territorio, con esclusione quindi di quelli di carattere generale come pareri e proposte su categorie di atti aziendali. Ovviamente il Cca dovrebbe anche essere Ccd per il Distretto in cui è compreso il capoluogo. Per il secondo modello si potrebbe, invece, pensare ad un Cca articolato in sezioni distrettuali, ove comunque è importante la presenza delle associazioni e delle organizzazioni del territorio cui si riferisce la sezione distrettuale. Tutto questo ovviamente, vale solo per le aziende sanitarie provinciali territoriali e non per quelle ospedaliere; è una ipotesi su cui è bene riflettere anche perché la struttura distrettuale rappresenta l’unità di servizi più vicina al cittadino e come tale va attenzionata.

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24. Rete civica della salute

Di rete civica della salute parla il punto 14.5. A e B del capitolo 14 relativo al piano attuativo interaziendale avente come titolo “ Reteformativa, Comunicazione e Rete civica”. Il punto 14.5.A fornisce direttive per “individuare, contattare ed incontrare le associazioni dei cittadini maggiormente rappresentative sul territorio finalizzando gli incontri alla partecipazione delle stesse ai nuovi Comitati consultivi”.Il punto 14.5.B prevede invece “incontro e dibattito dei CC con il Management aziendale e con i sindaci dei comuni della provincia, finalizzato alla partecipazione degli stessi ai percorsi di prevenzione, diagnosi e cura”.Considerate le finalità espresse nel punto 14.5.A si può senz’altro dire che il Comitato consultivo aziendale realizza una vera e propria rete civica, avuto riguardo alla composita presenza nell’organismo di enti ed associazioni fortemente legate all’attivismo civico. Certo tale composizione è diversa a seconda del Comitato, se di azienda territoriale od ospedaliera; ciò in quanto, nel primo caso la presenza civica è legata al territorio provinciale, mentre nel secondo è legata alle patologie trattate nell’ Azienda ospedaliera. In entrambi i casi comunque il Comitato esprime una rete civica locale e pertanto è benvenuta la sollecitazione contenuta nel punto 14.5.A anche perché, dopo l’esperienza dei Cca in questo triennio, sulla base delle collaborazioni espresse dalle associazioni, sicuramente ci saranno spazi da riempire nell’ambito del numero previsto per la composizione dell’organo di partecipazione civica. Sotto tale aspetto considerato il numero limitato di 40 unità nel Comitato, l’individuazione e l’invito alle associazioni civiche deve comunque mantenersi entro un più contenuto numero, stante quanto disposto dal 2° comma dell’art. 3 del D.A. 2010 laddove viene previsto che, in caso di eccesso delle domande “positivamente istruite”, il numero fissato di componenti va così ripartito: 20 posti alle organizzazioni e associazioni del

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volontariato e di tutela dei diritti del settore sanitario e socio sanitario e n. 20 posti alle organizzazioni e associazioni maggiormente rappresentative degli operatori del settore sanitario e socio sanitario. Vanno quindi tenuti presenti questi limiti potenziali nel reclutamento delle associazioni dei cittadini, che non deve essere un reclutamento indiscriminato, bensì mirato a soggetti organizzati o associati aventi i requisiti previsti dall’art. 7 comma 2 e 3 del citato D.A. 15.4.2010 per far parte del Comitato consultivo aziendale. Certo, ove fossero presenti realtà associative in eccesso che non potessero far parte del Cca, sarebbe negativo non tenere conto di quelle risorse che invece potrebbero anche aggregarsi al Comitato in un coordinamento da regolamentare, da sentire e consultare sulle problematiche e tematiche aziendali. Tenuto conto che ogni cittadino ha diritto di essere ascoltato e tenuto nella massima considerazione, va assecondato favorevolmente questo assetto, anche se merita approfondimento, se si vuole veramente costruire una integrata rete civica della salute; occorre infatti coinvolgere attivamente tutte le associazioni e organizzazioni del volontariato sanitario e non, presenti nel territorio perché questo aumenta nell’insieme il grado di partecipazione e responsabilità, così da potere condividere scelte fondamentali che riguardano la politica sanitaria aziendale. In buona sostanza si potrebbe così creare un rapporto nuovo tra associazioni dei cittadini coordinati dal Comitato consultivo e Azienda, nel quale la programmazione viene stabilita attraverso azioni condivise ed il supporto di detti attori. Il coinvolgimento dei cittadini può consentire al Cca di aprire un tavolo permanente sulle tanti questioni centrali mai chiuse: come allocazione delle risorse, bilancio sociale, miglioramento dei servizi, umanizzazione delle cure, ecc. Sul punto 14.5.B riguardante la partecipazione dei sindaci ai percorsi di prevenzione, diagnosi e cura, non si può non essere d’accordo perché in definitiva verrebbe concretamente valorizzata la funzione del sindaco quale autorità sanitaria del comune non solo sotto l’aspetto “autoritario” per i provvedimenti ed ordinanze

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contigibili ed urgenti che adotta, ma anche come soggetto di riferimento nella comunità locale con un supporto di tecnici che lo possono collaborare nei complessi percorsi suindicati. I Comitati consultivi non possono che assecondare tale impostazione per la considerazione che così aumenterebbero per i cittadini le partenership, per una interlocuzione di prossimità e d’altra parte si realizzerebbe una loro alleanza con il sindaco, cosa utile per riaffermare la centralità del paziente nei percorsi di prevenzione, diagnosi e cura. Ben venga quindi una rete civica disegnata secondo le linee sopra descritte, pur con le opportune integrazioni o correzioni, per raggiungere gli obbiettivi prefissati e cioè la valorizzazione civica a 360 gradi.

25. Conclusioni

Alla fine di questa piccola fatica, con uno scopo di carattere informativo, una conclusione è bene trarre: i Comitati consultivi non sono né uno scherzo, né un sogno del legislatore regionale. Non sono uno scherzo perché sono lì, previsti dalla legge a cui si deve rispetto, devozione, cultura, sviluppo e vita. Una legge non appena promulgata o pubblicata è diffusa per essere conosciuta e vissuta. I Comitati, pertanto, devono vivere quella legge cioè osservarla ed applicarla. Quindi i Comitati consultivi devono essere presenti nella realtà sanitaria.Non sono un sogno, anche se i Comitati hanno realizzato un sogno dei cittadini e cioè la “partecipazione”; sono una realtà concreta da praticare, una realtà vera che merita rispetto da tutti: Aziende, istituzioni e cittadini. È veramente il caso di dire con il vecchio slogan di Cittadinanzattiva: “ Abbiamo un sogno: che gli ospedali siano veramente ospedali”; e ora dire: “Abbiamo il sogno che la centralità del cittadino diventi realtà. Ora è possibile realizzarla con la partecipazione dei cittadini nei Comitati consultivi aziendali”.

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Conseguenza: i Cca, realtà presente nell’ordinamento sanitario, devono essere operativi perché la centralità del paziente abbia a realizzarsi. Tutto questo richiede, come sottolineato in questo opuscolo, che le associazioni, pur con enorme sacrificio abbiano a scommettersi, mettersi in gioco con impegno, dispendio di energie e fare in modo che il sogno diventi realtà. La partecipazione civica è stata da sempre sognata ed ora è a portata di mano. Le associazioni non possono più farsi da parte; sarebbe un vero tradimento per i tanti pazienti che hanno posto fiducia in esse. Infine una parola sul valore di questo opuscolo: poca cosa, sia per il tempo dedicato- il volgere di un breve periodo di vacanza – sia per le inesattezze che alla lettura si potrebbero riscontrare, non essendo stato dedicato il tempo necessario per gli approfondimenti e le ricerche. Ma allora, che senso può avere? Ritengo che il saggio, per quanto imperfetto, può costituire occasione di conoscenza e, perché no, di provocazione su taluni temi che sicuramente dovranno essere approfonditi5.

5 I lettori di buona volontà possono inviare osservazioni, approvazioni, critiche, proposte

all’indirizzo di posta elettronica: [email protected]. Di questo ringrazio.

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ALLEGATINorme regionali e nazionali

Allegato n.1. Legge regionale 30.1.1991 n. 7 - Norme per la salvaguardia dei diritti dell'utente del Servizio sanitario nazionale e istituzione dell'Ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari. (G.U. 3° Serie Speciale - Regioni, n. 15 del 13 aprile 1991)

Titolo I Diritti degli utenti del Servizio sanitario nazionale

Art. 1. Finalità della legge

1. La Regione siciliana, in attuazione dei principi e delle finalità indicati dagli articoli 2 e 32 della Costituzione e dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833, promuove il pieno riconoscimento e la tutela dei diritti degli utenti del Servizio sanitario nazionale. 2. Le unità sanitarie locali assicurano il riconoscimento e la tutela dei diritti degli utenti previsti dalla presente legge.

Art. 2. Oggetto della legge

1. La presente legge disciplina le condizioni di fruizione da parte degli utenti dei servizi e presidi del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionati, ubicati nel territorio regionale, al fine di assicurare la tutela dell'utente da ogni irregolarità e violazione di legge o regolamento, ivi comprese le norme degli accordi collettivi nazionali di lavoro, che si verifichino nell'erogazione dei servizi. 2. Alle norme della presente legge devono essere adeguati i regolamenti interni e le disponibilità organizzative dei soggetti erogatori dei servizi sanitari che potranno prevedere ulteriori prescrizioni dirette a favorire la tutela degli utenti secondo le finalità e gli obiettivi della presente legge. 3. Ai fini dell'attuazione di quanto previsto dal comma 2 devono essere consultate, su loro richiesta, le associazioni di volontariato per la tutela dei diritti degli utenti del Servizio sanitario nazionale comunque denominate e le organizzazioni sindacali del personale medico e paramedico. 4. All'osservanza della presente legge sono tenuti le unità sanitarie locali e tutti gli enti pubblicati e privati operanti nell'ambito del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionati, di seguito denominati enti componenti.

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Art. 3. Tutela dell'utenza: garanzie generali

1. Ai fini dell'attuazione di quanto previsto dagli articoli 1 e 2, nonché per garantire il rispetto della libertà, della dignità e della personalità degli utenti, gli enti competenti sono tenuti a: a) informare compiutamente, mediante adeguati mezzi di divulgazione, gli utenti sui loro diritti, sulle prestazioni disponibili, sulle condizioni, criteri e requisiti di accesso e sulle modalità di erogazione delle stesse, sulle possibilità di scelta esistenti, nonché sui compiti e le responsabilità' del personale medico, paramedico ed amministrativo, in relazione alle funzioni ad esso attribuite nell'ambito dei singoli servizi e presidi; b) assicurare, secondo i principi della Costituzione, che sia rispettata la dignità personale e sociale degli utenti e sia garantito il mantenimento delle relazioni familiari e sociali, con il solo limite derivante dalle esigenze collettive e tecniche di erogazione delle prestazioni; c) fornire tutte le prestazioni dovute alle condizioni ed in conformità ai requisiti e agli standards stabiliti dalle leggi e dai piani regionali e locali; d) adottare modalità di fruizione delle prestazioni, motivatamente ed imparzialmente esplicate e rese pubbliche mediante adeguati mezzi di informazione; in particolare rispettare le liste di attesa per l'accesso ai ricoveri ospedalieri ed alle altre prestazioni sanitarie, fatte salve le urgenze motivate, e rendere, di norma, disponibili le strutture di ricovero più confortevoli e moderne in base alla gravità della patologia dell'utente; e) favorire, nei limiti oggettivi dell'organizzazione dei servizi sanitari e conformemente alla normativa vigente, la libera scelta dell'utente in ordine alle diverse strutture sanitarie esistenti nell'ambito del Servizio sanitario nazionale in grado di fornire le prestazioni richieste; f) fornire un'adeguata informazione sullo stato di salute dell'utente, sulle terapie e sugli interventi da effettuare. 2. Il personale medico, paramedico e amministrativo deve tenere comportamenti che non inducano in stato di soggezione l'utente, rispettando altresì le sue convinzioni religiose, etiche e politiche secondo i principi della pari dignità umana.

Art. 4. Comitati di partecipazione degli utenti

1. Le unità sanitarie locali e gli organi di gestione delle strutture e dei presidi convenzionati istituiscono, al fine del rispetto dei principi di cui alla presente legge, comitati di partecipazione degli utenti, dei loro familiari e degli operatori sanitari alla via dei presidi e delle strutture del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionati. 2. Le unità sanitarie locali determinano, con regolamento approvato

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dall'assemblea, la composizione dei comitati di partecipazione e le modalità di funzionamento e di convocazione, anche su istanza degli utenti o degli operatori o delle associazioni locali di tutela dei diritti degli utenti del Servizio sanitario nazionale.

Art. 5. Organizzazione dei servizi

1. I servizi sanitari sono organizzati in modo da erogare l'assistenza all'utente, finchè possibile, nel proprio ambiente di vita, evitando ricoveri non necessari

Art. 6. Compatibilità degli orari con le abitudini di vita dei cittadini

1. Gli enti competenti predispongono misure organizzative per rendere quanto più compatibili gli orari dei servizi e dei presidi sanitari con le esigenze ed i modi della vita civile degli utenti, senza che ciò possa costituire intralcio all'attività sanitaria. 2. A tal fine gli enti predetti verificano la corrispondenza delle prestazioni alle esigenze degli utenti, adottano le misure necessarie a rimuovere gli ostacoli di carattere organizzativo, tecnico e amministrativo e sono fra l'altro tenuti a riformare i ritmi di vita attinenti al ricovero ospedaliero, ivi compresi gli orari dei pasti e del sonno, secondo gli orari della vita civile.

Art. 7. Tutela dei minori

1. Al fine di concorrere al mantenimento dell'equilibrio psico-affettivo del minore, i servizi degli enti competenti garantiscono, sia nelle modalità organizzative che nell'attuazione dei trattamenti terapeutici ed assistenziali, il rispetto delle esigenze affettive, espressive ed educative proprie del minore stesso.2. Gli operatori che hanno la responsabilità degli interventi sanitari e psico-terapeutici, oltre ad informare costantemente i genitori sullo stato di salute psico-fisica del minore, devono dare ogni informazione sugli accertamenti diagnostici e sulle prestazioni terapeutiche e riabilitative cui il minore stesso sarà sottoposto, sui relativi tempi di esecuzione, sul loro significato terapeutico, facilitando la presenza dei genitori per un ruolo attivo e consapevole nell'assistenza del minore stesso. 3. Quando il genitore, nell'esercizio della sua potestà, nega il proprio consenso ad attività diagnostiche e terapeutiche od assistenziali, l'operatore che ritiene tale scelta gravemente pregiudizievole per la salute del minore può chiedere l'intervento del giudice minorile ai sensi dell'art. 333 del codice civile.

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Art. 8. Ristrutturazione dei reparti ostetrici e pediatrici

1. Nell'ambito della programmazione sanitaria regionale deve essere precisata l'istituzione o ristrutturazione dei reparti ostetrici e pediatrici nell'ambito dei presidi pubblici o convenzionali, secondo i seguenti criteri: a) per i reparti ostetrici, la trasformazione dell'assistenza neonatale in un sistema che consenta la permanenza di ciascuna mamma accanto al proprio neonato; b) per i reparti pediatrici, la ristrutturazione degli spazi di degenza in moduli da un posto-letto con annesso posto-ospite per uno dei genitori, sempre chè il tipo di affezione consenta la promiscuità con un adulto apparentemente sano; c) un congruo numero di adeguati servizi igienici; d) spazi riservati a sale gioco; e) spazi riservati a facilitare la presenza dei genitori in ospedale.

Art. 9. Assistenza dei genitori

1. Uno dei genitori o un loro sostituto ha facoltà di accedere e permanere accanto al bambino nell'intero arco delle ventiquattro ore. 2. A tale scopo, in attesa della riorganizzazione di cui all'art. 8, gli enti competenti adottano accorgimenti, di carattere anche provvisorio, idonei ad agevolare la permanenza e l'assistenza familiare, specie nelle ore notturne. 3. Al genitore o al suo sostituto che assiste il minore ricoverato è consentito di consumare i pasti in ospedale, al prezzo di costo, in ambiente diverso da quello di degenza.

Art. 10. Attività per lo sviluppo psicologico ed emotivo

1. Le unità sanitarie locali, nell'ambito degli organici e della legislazione vigente, assicurano la presenza di personale dei servizi sociali, di assistenza, di animazione e volontariato in appositi locali dei reparti ospedalieri e di altri presidi ospitanti minori, specie a degenza lunga, allo scopo di garantire lo svolgimento di attività essenziali allo sviluppo psicologico ed emotivo e facilitare l'adattamento al nuovo ambiente del minore. È consentito al minore di usare giocattoli e altri oggetti personali. 2. Il bambino degente in età scolare ha diritto di giovarsi, nel caso di ricoveri prolungati, di supporti didattici personali e materiali, anche privati, al fine di non interrompere la continuità dell'apprendimento scolastico.

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Art. 11. Assistenza religiosa

1. Le unità sanitarie locali, in attuazione di quanto disposto dall'art. 38 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, assicurano presso le strutture sanitarie l'assistenza religiosa nel rispetto della volontà e della libertà di coscienza del degente.

Titolo II Norme particolari per le condizioni di degenza degli utenti ricoverati

in ospedale

Art. 12. Rispetto della dignità personale

1. Al ricoverato nelle strutture ospedaliere ed ai suoi visitatori e/o accompagnatori, deve essere sempre garantito il rispetto della dignità personale.

Art. 13. Doveri dell'utente

1. L'utente è tenuto ad utilizzare le strutture sanitarie nel pieno rispetto dei diritti degli altri utenti e degli operatori, concorrendo, con la propria disponibilità, ad assicurare un sereno uso per sè e per gli altri della struttura stessa.2. In ogni caso il comportamento, sia degli utenti che degli operatori, deve essere sempre ispirato ad un corretto rapporto.

Art. 14. Opuscolo informativo

1. Per garantire agli utenti del Servizio sanitario nazionale il diritto all'informazione sulle condizioni e modalità di erogazione delle prestazioni, nonchè sulle disposizioni assunte dagli enti competenti per l'attuazione della presente legge, al momento del ricovero in un presidio ospedaliero deve essere consegnato, a cura dell'ufficio accettazione, a ciascun degente o suo accompagnatore, un opuscolo contenente tutte le indicazioni utili sul tipo di servizi erogati, sull'organizzazione interna degli stessi e sui diritti e doveri degli utenti. 2. In ogni caso l'opuscolo deve contenere informazioni su: a) i servizi sanitari esistenti, la loro organizzazione, i responsabili delle diverse unità operative, con particolare riguardo a quanto previsto dall'art. 15, e le modalità di erogazione delle prestazioni e di accesso alle stesse; b) le norme di carattere igienico e organizzativo che devono essere osservate per il migliore svolgimento delle attività di diagnosi, cura e riabilitazione

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durante il ricovero; c) gli orari di visita e le disposizioni riguardanti i visitatori; d) gli altri servizi di assistenza e di ausilio a disposizione dei ricoverati e loro familiari, la loro organizzazione e le relative modalità di accesso; e) i doveri di cui all'art. 13.

Art. 15. Informazioni sul personale preposto alle cure

1. I ricoverati devono essere informati con i mezzi più adeguati del nome dei medici e delle altre persone preposte a prestare loro le cure. 2. Ogni operatore sanitario, amministrativo e tecnico, deve recare in modo visibile, al fine della immediata identificazione da parte dell'utente, l'indicazione del proprio nome e cognome, la relativa qualifica e l'unità operativa cui è preposto o addetto.

Art. 16. Informazioni sullo stato di salute

1. Le informazioni sullo stato di salute dell'ammalato devono essere fornite dai medici solo all'ammalato o a un suo familiare, o, in mancanza, alle persone designate dal paziente stesso, nel rispetto dei principi della deontologia professionale ed in modo comprensibile, tenuto conto del livello culturale dei destinatari delle informazioni. 2. Presso i reparti di ogni presidio ospedaliero deve essere organizzato, con modalità da individuarsi, un servizio atto ad assicurare in forma specifica e in orari facilmente accessibili le informazioni di cui al comma 1.

Art. 17. Informazioni inerenti alle indagini diagnostiche e ai trattamenti terapeutici

Diritto al rifiuto da parte degli utenti

1. Il paziente ha diritto di essere informato su indagini e trattamenti alternativi, anche se eseguiti altrove. 2. Il malato ha diritto di dettare brevi informazioni, da inserire per iscritto in apposita sezione della cartella clinica, sul suo stato di salute, su eventuali incompatibilità con la terapia in atto o su quant'altro creda opportuno, anche al fine dell'accertamento di eventuali responsabilità in caso di errori diagnostici e terapeutici.3. Il trattamento e le cure prescritte ai malati devono essere preceduti da informazioni fornite dai medici, se richieste. 4. Qualora il sanitario ravvisi l'inopportunità di una conoscenza diretta, informerà i familiari o chi ha titolo. 5. Gli ammalati possono non accettare il trattamento, l'intervento o le cure che

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vengono loro proposte. 6. La non accettazione del trattamento, intervento o cure proposti che il medico curante ritenga indispensabili, salvo i casi di urgenza che richiedono cure immediate, deve risultare da un documento firmato dal ricoverato che attesti il suo rifiuto; se il malato rifiuta di firmare tale documento, viene redatto un processo verbale dal quale risulti il rifiuto espresso in presenza di due testimoni.

Art. 18. Informazioni sulla degenza

1. Il ricoverato ha diritto di essere informato sui tempi degli accertamenti diagnostici.2. Se la degenza in ospedale si prolunga oltre le previsioni, il malato ha diritto di conoscerne il motivo in modo esauriente. 3. Il trasferimento in altro presidio ospedaliero può' avvenire solo nell'interesse del ricoverato, quando le condizioni dell'interessato lo consentano e, salvo casi di urgenza, quando egli ha ricevuto tutte le informazioni sulla necessità' di un simile provvedimento e sulle alternative ad esso.

Art. 19. Informazioni al medico di fiducia e all'utente

1. Il medico curante del servizio o presidio in cui l'utente è assistito, è tenuto a consultare il medico di fiducia del paziente, quando ciò' sia necessario per acquisire elementi di conoscenza utili alla formulazione delle diagnosi ed alla prescrizione delle cure; il medico di fiducia è tenuto a fornire tutti gli elementi richiesti.2. All'atto della dimissione del degente, il responsabile della divisione o altro sanitario autorizzato fornisce una relazione scritta per il medico di fiducia, con ogni utile indicazione sullo stato di salute e, in particolare, sul decorso clinico, sui principali accertamenti praticati e loro risultanze, sulle conclusioni diagnostiche e di prognosi e sulle eventuali indicazioni terapeutiche. 3. L'utente o un suo familiare o altro soggetto da lui delegato ha diritto di ottenere, successivamente alla dimissione dal ricovero, copia della cartella clinica, nel tempo più breve possibile o comunque non oltre dieci giorni dalla richiesta.

Art. 20. Riservatezza sui dati dei ricoverati

1. Fermo restando l'obbligo della riservatezza a cui sono tenuti gli addetti ai servizi sanitari, i degenti o, per i minori, gli esercenti la potestà' familiare,

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possono richiedere che nessuna indicazione venga data per telefono o altro mezzo sulla loro presenza in ospedale o sullo stato di salute.

Art. 21. Visite ai ricoverati

1. I ricoverati hanno il diritto di ricevere visite private. 2. Gli orari e le modalità' di visita sono stabiliti dal coordinatore sanitario, sentiti i responsabili delle divisioni e dei servizi interessati. 3. Per i reparti che, per le loro specifiche caratteristiche, richiedono speciali cautele, la visita può essere sottoposta a restrizioni o limitata nella fruizione, attraverso l'impiego di mezzi di comunicazione a distanza o di corridoi finestrati od altri accorgimenti similari, rivolti a tutelare la salute dei degenti e/o dei visitatori.4. Ferme restando le norme vigenti per la tutela della salute dei ricoverati e dei minori, questi ultimi possono far visita ai degenti presso i presidi sanitari pubblici o privati; se di età inferiore ai dodici anni, i minori devono essere accompagnati da un adulto, che ne è responsabile. 5. I ricoverati hanno diritto di non ricevere visitatori sgraditi; a tal fine possono chiedere al personale addetto al reparto di allontanare determinate persone da essi indicate. 6. Gli orari e le modalità di effettuazione delle visite ai ricoverati, di cui ai commi 2, 3, 4 e 5, devono essere illustrati in dettaglio nell'opuscolo di cui all'art. 14.

Art. 22. Visite di assistenza volontaria

1. Su richiesta o assenso dei ricoverati le associazioni di volontariato, previa intesa organizzativa con la direzione sanitaria, sono ammesse a prestare la loro assistenza ai malati presso i reparti.

Art. 23. Coordinamento delle visite delle associazioni

1. Gli enti e le associazioni di tutela dei diritti del malato sono autorizzati a visitare gli ospedali, gli ambulatori e, in generale, le strutture ed i servizi, secondo modalità e orari concordati con il coordinatore sanitario.

Art. 24. Informazioni in caso di ricovero d'urgenza

1. L'amministrazione deve garantire che siano tempestivamente avvisate le famiglie dei ricoverati d'urgenza, con le modalità opportune e le dovute cautele, tenuto conto dello stato di gravità dell'ammalato.

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Art. 25. Informazioni e condizioni di degenza per ammalati gravi

1. I familiari devono essere informati tempestivamente con ogni mezzo possibile sull'aggravamento delle condizioni del malato. 2. Quando le condizioni dell'ammalato si sono aggravate ed egli è in pericolo di morte, è trasferito al proprio domicilio se egli stesso e la sua famiglia ne esprimono il desiderio. 3. L'organizzazione dei reparti di ricovero nelle strutture ospedaliere deve essere predisposta in modo a garantire, nei casi di grave patologia o di pericolo di morte, il necessario isolamento dagli altri ricoverati e l'attuazione di ogni attenzione ed accorgimento verso il morente ed i familiari, al fine di rendere più umani possibile la fase terminale, il decesso ed il dopo decesso. 4. I familiari degli ammalati gravi possono essere autorizzati a trattenersi anche al di fuori degli orari di visita.

Art. 26. Diritti del portatore di handicap

1. Il cittadino portatore di handicap ricoverato in strutture sanitarie pubbliche ha diritto all'uso di tutti i necessari supporti terapeutici o protesici (sedie a rotelle, ecc.). Egli ha inoltre diritto alla riserva di letti opportunamente attrezzati che ne consentano il libero movimento e ne garantiscano la sicurezza (letti ortopedici, cuscini e materassi antidecubito, servizi igienici adeguatamente attrezzati, etc.).

Art. 27. Predisposizione di questionari

1. L'amministrazione dei presidi ospedalieri predispone un questionario da consegnare ai degenti prima della loro dimissione, nel quale vengono raccolti apprezzamenti ed osservazioni sul servizio, da restituirsi all'amministrazione in plico sigillato ed in forma anonima, se il malato lo desidera. 2. La direzione sanitaria comunica, almeno annualmente, all'organo di gestione i risultati dello spoglio dei questionari, che devono essere protocollati e conservati per almeno tre anni; detti questionari possono essere consultati dai funzionari dell'Assessorato regionale della sanità, espressamente autorizzati.

Art. 28. Aggiornamento e riqualificazione personale degli operatori

1 Nei programmi regionali di formazione ed aggiornamento del personale addetto al Servizio sanitario nazionale, ai sensi della legislazione vigente in materia di formazione professionale del personale addetto al Servizio sanitario nazionale, sono previste specifiche iniziative formative destinate ad

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approfondire gli aspetti di etica e deontologia professionale attinenti, in particolare, ai rapporti con gli utenti dei servizi sanitari.

Art. 29. Adeguamento delle strutture

1. Al fine di realizzare condizioni ambientali rispettose della dignità e della riservatezza personale e adatte allo svolgimento delle normali attività di relazione dei pazienti, ogni unità sanitaria locale predispone un programma articolato per consentire il realizzarsi nei presidi di una degenza personalizzata attraverso spazi riservati al ricoverato.

Art. 30. Convenzioni con le associazioni di volontariato

1. Presso i singoli presidi è utilizzato, per i fini di cui alla presente legge, l'apporto delle associazioni di volontariato, comunque denominate, aventi finalità di assistenza ai malati e loro familiari, sulla base di convenzioni stipulate in conformità a schemi-tipo approvati dalla Giunta regionale, sentita la Commissione legislativa per la sanità dell'Assemblea regionale siciliana.

Art. 31. Uffici di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari

1. Presso ciascuna unità sanitaria lcoale è istituito l'Ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari, con il compito di promuovere d'ufficio, su segnalazione dei cittadini o delle associazioni di volontariato per la tutela dei diritti degli utenti del Servizio sanitario nazionale, l'intervento degli enti competenti, anche per l'attuazione e l'osservanza delle disposizioni della presente legge, di altre leggi regionali in materia di sanità, dei piani regionali sanitari, dei regolamenti e degli obblighi scaturenti dalle norme degli accordi collettivi nazionali di lavoro, nonchè gli interventi per l'adozione dei provvedimenti di tutela di competenza dell'autorità giudiziaria nell'interesse di minori e degli incapaci. 2. L'Ufficio ha il compito altresì di promuovere, anche su segnalazione di qualunque cittadino, l'intervento dei servizi di zona, nonchè l'adozione dei provvedimenti di tutela di competenza dell'autorità giudiziaria. 3. Per l'esercizio delle proprie funzioni l'Ufficio si avvale di personale dell'unità sanitaria locale e di personale comandato da altri enti pubblici. 4. L'Ufficio ha libero accesso agli atti necessari allo svolgimento dei compiti d'istituto e per essi non può essere opposto il segreto d'ufficio. 5. Agli oneri relativi al funzionamento dell'Ufficio provvedono le unità sanitarie locali, ferma restando l'osservanza delle norme vigenti in materia di spesa a carico del Fondo sanitario nazionale.

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Art. 32. Responsabilità dell'Ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari

1. Responsabile dell'Ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari e, presso ogni unità sanitaria locale, una commissione di vigilanza così composta: a) un componente eletto dall'assemblea generale dell'unità sanitaria locale tra candidati in possesso di specifici requisiti professionali ed esperienza in materia giuridico-amministrativa, presidente; b) un rappresentante, medico, degli operatori sanitari dell'unità sanitaria locale; c) tre rappresentanti segnalati da organizzazioni, comitati o associazioni che operano da almeno tre anni nel settore della tutela dei diritti del malato. 2. Il presidente della commissione di vigilanza la convoca, la presiede e ne coordina l'attività. 3. La commissione di vigilanza assicura che l'attività dell'Ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari si realizzi nel senso dell'efficace tutela dei diritti degli utenti in tutti i momenti di erogazione dei servizi dell'unità sanitaria lo- cale e degli enti competenti di cui all'art. 2, fin dal momento della richiesta di accesso al servizio o della richiesta di prestazione sanitaria, indipendentemente dal tipo di prestazione richiesta, sia essa in forma ambulatoriale, di day hospital, di ricovero od altra. 4. La commissione di vigilanza dura in carica un triennio. 5. La carica è onoraria e gratuita, salvo il rimborso delle spese. 6. L'assemblea generale dell'unità sanitaria locale provvede a tutte le procedure per il rinnovo della commissione entro i tre mesi anteriori alla scadenza dell'incarico; trascorso infruttuosamente tale termine, provvede in via sostitutiva e senza diffida l'Assessore regionale per la sanità entro i successivi trenta giorni.

Art. 33. Regolamento

1. L'Assessore regionale per la sanità, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, provvede, previo parere della Commissione legislativa per la sanità dell'Assemblea regionale siciliana, all'emanazione di un regolamento per la disciplina del funzionamento della commissione di vigilanza di cui all'art. 32.

Art. 34. Norme procedimentali per gli Uffici di pubblica tutela

1. Salva restando la tutela giudiziaria ed amministrativa, il cittadino che desideri segnalare un disservizio in campo sanitario, o che ritenga leso un

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proprio diritto, può rivolgersi all'ufficio di pubblica tutela per avanzare richieste o formulare reclami.2. Nel momento in cui riceve la segnalazione o il reclamo, l'Ufficio provvede anche ad illustrare al cittadino le possibilità di tutela giudiziaria e/o amministrativa offerte dalle leggi vigenti nel caso specifico, indicando altresì i termini per l'avvio delle relative procedure. 3. L'Ufficio provvede all'attività istruttoria, riferendone, unitamente ad eventuali proposte, al comitato di gestione dell'unità sanitaria locale o ai comuni per l'adozione dei conseguenti provvedimenti di rispettiva competenza, da assumersi entro i successivi trenta giorni; le relative determinazioni sono comunicate entro dieci giorni all'interessato, nonchè all'Ufficio stesso.

Art. 35. Prima costituzione della commissione di vigilanza

1. In sede di prima attuazione della presente legge, le assemblee generali delle unità sanitarie locali provvedono alla costituzione delle commissioni di vigilanza di cui all'art. 32 entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della presente legge. 2. Decorso infruttuosamente il termine di cui al comma 1, provvede in via sostitutiva e senza diffida l'Assessore regionale per la sanità.

Art. 36. Disposizioni finanziarie

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge si provvede con la quota del Fondo sanitario nazionale - parte corrente - assegnato alla Regione.

Art. 37.

1. La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale della regione Sicilia.2. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.

Palermo, 30 gennaio 1991 NICOLOSI

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Allegato n. 2.

Estratto del testo aggiornato del decreto legislativo 30.12.1992 n. 502 recante: Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della legge 23.10.1992 n. 421, modificato dal decreto legislativo 19.6.1999 n.229 Norme per la razionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale a norma dell’art. 1 della legge 30.11.1998 n. 419

TITOLO IV PARTECIPAZIONE E TUTELA DEI DIRITTI DEI CITTADINI

Art.14*

Diritti dei cittadini

1. Al fine di garantire il costante adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze dei cittadini utenti del Servizio sanitario nazionale il Ministro della sanità definisce con proprio decreto, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome i contenuti e le modalità di utilizzo degli indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie relativamente alla personalizzazione ed umanizzazione dell'assistenza, al diritto all'informazione, alle prestazioni alberghiere, nonché dell'andamento delle attività di prevenzione delle malattie. A tal fine il Ministro della sanità, d'intesa con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro degli affari sociali, può avvalersi anche della collaborazione delle università, del Consiglio nazionale delle ricerche, delle organizzazioni rappresentative degli utenti e degli operatori del Servizio sanitario nazionale nonché delle organizzazioni di volontariato e di tutela dei diritti. 2. Le regioni utilizzano il suddetto sistema di indicatori per la verifica, anche sotto il profilo sociologico, dello stato di attuazione dei diritti dei cittadini, per la programmazione regionale, per la definizione degli investimenti di risorse umane, tecniche e finanziarie. Le regioni promuovono inoltre consultazioni con i cittadini e le loro organizzazioni anche sindacali ed in particolare con gli organismi di volontariato e di tutela dei diritti al fine di fornire e raccogliere informazioni sull'organizzazione dei servizi. Tali soggetti dovranno comunque essere sentiti nelle fasi dell'impostazione della programmazione e verifica dei risultati conseguiti e ogniqualvolta siano in discussione provvedimenti su tali materie. Per le finalità del presente articolo, le regioni prevedono forme di

* 1 Il presente articolo è stato così modificato dall’art. 12 del D. Lgs 19.6.1999 n. 229

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partecipazione delle organizzazioni dei cittadini e del volontariato impegnato nella tutela del diritto alla salute nelle attività relative alla programmazione, al controllo e alla valutazione dei servizi sanitari a livello regionale, aziendale e distrettuale. Le regioni determinano altresì le modalità della presenza nelle strutture degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti, anche attraverso la previsione di organismi di consultazione degli stessi presso le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere. 3. Il Ministro della sanità, in sede di presentazione della relazione sullo stato sanitario del Paese, riferisce in merito alla tutela dei diritti dei cittadini con riferimento all'attuazione degli indicatori di qualità. 4. Al fine di favorire l'orientamento dei cittadini nel Servizio sanitario nazionale, le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere provvedono ad attivare un efficace sistema di informazione sulle prestazioni erogate, sulle tariffe, sulle modalità di accesso ai servizi. Le aziende individuano inoltre modalità di raccolta ed analisi dei segnali di disservizio, in collaborazione con le organizzazioni rappresentative dei cittadini, con le organizzazioni di volontariato e di tutela dei diritti. Il direttore generale dell'unità sanitaria locale ed il direttore generale dell'azienda ospedaliera convocano, almeno una volta l'anno, apposita conferenza dei servizi quale strumento per verificare l'andamento dei servizi anche in relazione all'attuazione degli indicatori di qualità di cui al primo comma, e per individuare ulteriori interventi tesi al miglioramento delle prestazioni. Qualora il direttore generale non provveda, la conferenza viene convocata dalla regione. 5. Il direttore sanitario e il dirigente sanitario del servizio, a richiesta degli assistiti, adottano le misure necessarie per rimuovere i disservizi che incidono sulla qualità dell'assistenza. Al fine di garantire la tutela del cittadino avverso gli atti o comportamenti con i quali si nega o si limita la fruibilità delle prestazioni di assistenza sanitaria, sono ammesse osservazioni, opposizioni, denunce o reclami in via amministrativa, redatti in carta semplice, da presentarsi entro quindici giorni, dal momento in cui l'interessato abbia avuto conoscenza dell'atto o comportamento contro cui intende osservare od opporsi, da parte dell'interessato, dei suoi parenti o affini, degli organismi di volontariato o di tutela dei diritti accreditati presso la regione competente, al direttore generale dell'unità sanitaria locale o dell'azienda che decide in via definitiva o comunque provvede entro quindici giorni, sentito il direttore sanitario. La presentazione delle anzidette osservazioni ed opposizioni non impedisce né preclude la proposizione di impugnative in via giurisdizionale. 6. Al fine di favorire l'esercizio del diritto di libera scelta del medico e del presidio di cura, il Ministero della sanità cura la pubblicazione dell'elenco di tutte le istituzioni pubbliche e private che erogano prestazioni di alta specialità, con l'indicazione delle apparecchiature di alta tecnologia in dotazione nonché

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delle tariffe praticate per le prestazioni più rilevanti. La prima pubblicazione è effettuata entro il 31 dicembre 1993. 7. È favorita la presenza e l'attività, all'interno delle strutture sanitarie, degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti. A tal fine le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere stipulano con tali organismi, senza oneri a carico del Fondo sanitario regionale, accordi o protocolli che stabiliscano gli ambiti e le modalità della collaborazione, fermo restando il diritto alla riservatezza comunque garantito al cittadino e la non interferenza nelle scelte professionali degli operatori sanitari; le aziende e gli organismi di volontariato e di tutela dei diritti concordano programmi comuni per favorire l'adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze dei cittadini. I rapporti tra aziende ed organismi di volontariato che esplicano funzioni di servizio o di assistenza gratuita all'interno delle strutture sono regolati sulla base di quanto previsto dalla legge 11 agosto 1991, n. 266 e dalle leggi regionali attuative. 8. Le regioni, le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere promuovono iniziative di formazione e di aggiornamento del personale adibito al contatto con il pubblico sui temi inerenti la tutela dei diritti dei cittadini, da realizzare anche con il concorso e la collaborazione delle rappresentanze professionali e sindacali.

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Allegato n. 3.

Estratto della legge 14.4.2009 n. 5 - Norme per il riordino del servizio sanitario regionale -pubblicato sul supplemento alla Gurs n. 17 del 17.4.2009

Art. 9. Organizzazione delle Aziende del Servizio sanitario regionale

1. Le Aziende sanitarie provinciali e le Aziende ospedaliere sono dotate di personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale. 2. Sono organi delle Aziende del Servizio sanitario regionale: a) il direttore generale che nomina un direttore amministrativo ed un direttore sanitario a norma dei commi 1quater e 1quinquies dell’articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modifiche ed integrazioni; b) il collegio sindacale. 3. L’organizzazione e il funzionamento delle Aziende del Servizio sanitario regionale in conformità alle previsioni di cui alla legge regionale 3 novembre 1993, n. 30 e successive modifiche ed integrazioni, sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato. 4. L’atto aziendale è adottato dal direttore generale sulla base degli indirizzi forniti dall’Assessore regionale per la sanità. 5. L’organizzazione delle Aziende di cui ai commi 1, 2 e 3 è modulata, anche attraverso specifici modelli gestionali, in rapporto ai bacini di utenza ed al numero delle soppresse Aziende di cui ciascuna costituita Azienda assume funzioni, attività e competenze. 6. Gli atti aziendali delle Aziende sanitarie provinciali di Catania, Messina e Palermo possono prevedere modelli organizzativi differenziati in ragione delle dimensioni del territorio di competenza e del numero di utenti assistiti. 7. I compensi dei direttori generali delle Aziende sanitarie provinciali e delle Aziende ospedaliere, da corrispondere comunque entro il limite massimo previsto dalla vigente normativa, sono differenziati, sulla base di quanto determinato con apposita deliberazione della Giunta regionale, in ragione del rilievo, anche economico, delle singole Aziende e del relativo bacino di utenza. 8. In ogni Azienda del Servizio sanitario regionale è istituito, senza alcun onere economico aggiuntivo, un Comitato consultivo composto da utenti e operatori dei servizi sanitari e socio-sanitari nell’ambito territoriale di riferimento. Il Comitato consultivo esprime pareri non vincolanti e formula proposte al direttore generale in ordine agli atti di programmazione dell’Azienda, all’elaborazione dei Piani di educazione sanitaria, alla verifica della funzionalità dei servizi aziendali nonché alla loro rispondenza alle finalità del Servizio sanitario regionale ed agli obiettivi previsti dai Piani sanitari nazionale e regionale, redigendo ogni anno una relazione sull’attività

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dell’Azienda. Il Comitato formula altresì proposte su campagne di informazione sui diritti degli utenti, sulle attività di prevenzione ed educazione alla salute, sui requisiti e criteri di accesso ai servizi sanitari e sulle modalità di erogazione dei servizi medesimi. Collabora con l’Ufficio relazioni con il pubblico (U.R.P.) presente in ogni Azienda per rilevare il livello di soddisfazione dell’utente rispetto ai servizi sanitari e per verificare sistematicamente i reclami inoltrati dai cittadini.9. Con apposito decreto, da emanarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’Assessore regionale per la sanità disciplina le modalità di costituzione, funzionamento, organizzazione, attribuzione dei compiti, articolazioni e composizione dei Comitati consultivi aziendali.

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Allegato n. 4

DECRETO Assessiorale 15 aprile 2010 n. 1019. Disciplina relativa alle modalità di costituzione, funzionamento, organizzazione, attribuzione dei

compiti, articolazioni e composizione dei comitati consultivi aziendali, di cui all’art. 9, commi 8 e 9, della legge regionale 14 aprile 2009, (Gurs n. 22 7-5-

2010 )

L’ASSESSORE PER LA SALUTE Visto lo Statuto della Regione; Visto il D.P.Reg. 28 febbraio 1979, n. 70, che approva il testo unico delle leggi sull’ordinamento del governo e dell’amministrazione della Regione siciliana; Visto il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modifiche ed integrazioni;Vista la legge regionale 7 giugno 1994, n. 22, recante “Norme sulla valorizzazione dell’attività di volontariato”; Vista la legge regionale 14 aprile 2009, n. 5, recante “Norme per il riordino del Servizio sanitario regionale”; Visto l’art. 9 della predetta legge regionale 14 aprile 2009, n. 5, e in particolare i commi 8 e 9 ai sensi dei quali: “8. In ogni azienda del servizio sanitario regionale è istituito, senza alcun onere economico aggiuntivo, un comitato consultivo composto da utenti e operatori dei servizi sanitari e socio-sanitari nell’ambito territoriale di riferimento. Il comitato consultivo esprime pareri non vincolanti e formula proposte al direttore generale in ordine agli atti di programmazione dell’azienda, all’elaborazione dei piani di educazione sanitaria, alla verifica della funzionalità dei servizi aziendali nonché alla loro rispondenza alle finalità del servizio sanitario regionale ed agli obiettivi previsti dai piani sanitari nazionale e regionale, redigendo ogni anno una relazione sull’attività dell’azienda. Il comitato formula altresì proposte su campagne di informazione sui diritti degli utenti, sulle attività di prevenzione ed educazione alla salute, sui requisiti e criteri di accesso ai servizi sanitari e sulle modalità di erogazione dei servizi medesimi. Collabora con l’ufficio relazioni con il pubblico (U.R.P.) presente in ogni azienda per rilevare il livello di soddisfazione dell’utente rispetto ai servizi sanitari e per verificare sistematicamente i reclami inoltrati dai cittadini. 9. Con apposito decreto, da emanarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’Assessore regionale per la sanità disciplina le modalità di costituzione, funzionamento, organizzazione, attribuzione dei compiti, articolazioni e composizione dei comitati consultivi aziendali.”;Ritenuto di dover disciplinare le modalità di costituzione, funzionamento, organizzazione, attribuzione dei compiti, articolazioni e composizione dei

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comitati consultivi aziendali delle aziende del servizio sanitario regionale di cui all’art. 9, comma 8, della legge regionale 14 aprile 2009, n. 5; Ritenuto di dovere specificare ed individuare puntualmente le funzioni di competenza del comitato consultivo aziendale, ferme comunque restando le attività allo stesso ascritte dal richiamato art. 9, comma 8, della legge regionale n. 5/2009; Considerato che le macro categorie di “utenti” e “operatori” dei servizi sanitari e socio-sanitari nell’ambito territoriale di riferimento, indicate dall’art. 9, comma 8, della legge regionale n. 5/2009 hanno valenza estremamente generica; Ritenuto conseguentemente necessario, anche alla stregua di altre esperienze regionali, individuare gli “utenti” e gli “operatori”, di cui al su indicato art. 9, comma 8, rispettivamente, nelle organizzazioni e associazioni di volontariato e di tutela dei diritti degli utenti del settore sanitario e socio-sanitario e nelle organizzazioni ed associazioni rappresentative degli operatori del settore sanitario e socio-sanitario, che presentano istanza di partecipazione al comitato consultivo dell’azienda sanitaria e che operano nell’ambito territoriale di riferimento della medesima azienda; Ravvisata l’opportunità di prevedere che alle sedute del comitato consultivo aziendale possono intervenire, in relazione alle tematiche poste all’ordine del giorno, i responsabili delle strutture dipartimentali e/o i responsabili delle strutture e delle articolazioni aziendali, individuati dalla direzione aziendale su richiesta del medesimo comitato, nonché i responsabili dei servizi socio-sanitari nell’ambito territoriale di riferimento, individuati, su richiesta del comitato, dalla direzione dell’azienda sanitaria provinciale di appartenenza; Ravvisata l’opportunità di prevedere che alle sedute del comitato consultivo aziendale possano essere invitati a partecipare senza diritto di voto esperti con competenza specifica nel settore del volontariato, della qualità dei servizi dell’informazione e della comunicazione e comunque nelle tematiche di competenza del comitato stesso sulla base di valutazioni effettuate congiuntamente dalla direzione aziendale e dal comitato stesso; Considerato che in ragione della natura delle funzioni e delle attività ascritte al comitato consultivo aziendale si rende necessario prevedere che lo stesso possa articolarsi in gruppi di lavoro ristretti o tavoli tematici in riferimento alle maggiori problematiche da affrontare; Visto il parere della Consulta regionale della sanità espresso nella seduta del 31 marzo 2010;

Decreta:

Art. 1 Costituzione del Comitato consultivo

1. Con deliberazione del direttore generale ciascuna azienda del servizio

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sanitario regionale provvede alla costituzione del comitato consultivo aziendale di cui all’art. 9, comma 8, della legge regionale 14 aprile 2009, n. 5, di seguito denominato comitato, nonché ai successivi rinnovi dello stesso a seguito della scadenza triennale, secondo le modalità e i criteri di cui al presente decreto che, in conformità a quanto disposto dall’art. 9, comma 9, della legge regionale 14 aprile 2009, n. 5, disciplina altresì le modalità di costituzione, funzionamento, organizzazione, attribuzione dei compiti, articolazioni e composizione del comitato. 2. La costituzione di cui al precedente comma 1 avviene entro 30 giorni dalla scadenza dei termini di cui ai commi 5 e 6 del successivo articolo 7. 3. La deliberazione di costituzione di cui al precedente comma 1 è pubblicata nel sito web dell’azienda sanitaria. 4. Il funzionamento del comitato avviene senza alcun onere aggiuntivo a carico del servizio sanitario nazionale né del bilancio regionale.

Art. 2 Attività e funzioni

1. Il comitato esercita le attività previste dall’art. 9, comma 8, della legge regionale 14 aprile 2009, n. 5, ai sensi del quale esprime pareri non vincolanti e formula proposte al direttore generale in ordine agli atti di programmazione dell’azienda, all’elaborazione dei piani di educazione sanitaria, alla verifica della funzionalità dei servizi aziendali, nonché alla loro rispondenza alle finalità del servizio sanitario regionale ed agli obiettivi previsti dai piani sanitari nazionale e regionale, redigendo ogni anno una relazione sull’attività dell’azienda. Il comitato formula, altresì, proposte su campagne di informazione sui diritti degli utenti, sulle attività di prevenzione ed educazione alla salute, sui requisiti e criteri di accesso ai servizi sanitari e sulle modalità di erogazione dei servizi medesimi. Collabora con l’ufficio relazioni con il pubblico (U.R.P.) presente in ogni azienda per rilevare il livello di soddisfazione dell’utente rispetto ai servizi sanitari e per verificare sistematicamente i reclami inoltrati dai cittadini.2. Il comitato, in particolare: a) esprime pareri e formula proposte sui piani attuativi dell’Azienda sanitaria; b) esprime pareri e formula proposte sui programmi annuali di attività del direttore generale dell’azienda sanitaria; c) esprime pareri e formula proposte sull’elaborazione dei piani di educazione sanitaria;d) elabora proposte in ordine alla migliore funzionalità dei servizi aziendali con specifico riferimento all’adeguatezza dei medesimi e al perfezionamento delle modalità di accoglienza e accesso alla rete dei servizi, nonché alla loro rispondenza alle finalità del servizio sanitario regionale ed agli obiettivi previsti dai piani sanitari nazionale e regionale in base alle risultanze dell’attività di

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verifica condotta tenendo conto anche degli indicatori di qualità di cui alla successiva lettera h); e) redige ogni anno, entro la fine del mese di marzo dell’anno successivo a quello di riferimento, una relazione da trasmettere al direttore generale e da pubblicare nel sito web dell’azienda sanitaria relativamente alle attività svolte di cui alle precedenti lettere a), b), c) e d); f) propone al direttore generale l’adozione di un regolamento, da divulgare in modo capillare all’interno dell’azienda, relativo ai diritti e ai doveri degli utenti nell’accesso e nell’utilizzo delle strutture, dei servizi e delle prestazioni sanitarie, fornendo chiare indicazioni sugli strumenti e le procedure per segnalare disservizi, per proporre reclami e denunce e per acquisire informazioni su prenotazioni e servizi aziendali erogati; g) formula proposte sulle attività di prevenzione e di educazione alla salute con riferimento anche alle criticità del territorio rilevate a livello locale oltre che dall’azienda anche dai servizi territoriali socio-sanitari e dai servizi sociali degli enti locali e tenendo, altresì, in considerazione le problematiche e le tematiche segnalate al comitato stesso; h) formula proposte, anche in collaborazione con l’ufficio qualità e con l’ufficio relazioni con il pubblico, su progetti attinenti al sistema o al piano aziendale di qualità per l’individuazione dei fattori di qualità e dei relativi indicatori con particolare riguardo ai percorsi di accesso ai servizi ed ai servizi stessi; i) verifica periodicamente l’appropriatezza degli indicatori di qualità adottati e suggerisce, eventualmente, modifiche degli stessi, tenendo conto anche delle segnalazioni e dei suggerimenti pervenuti, nonché dei reclami, delle osservazioni e delle denunce presentati all’ufficio relazioni con il pubblico; l) analizza i dati forniti annualmente dall’ufficio qualità e dall’ufficio relazioni con il pubblico relativi a segnalazioni di inefficienze e disfunzioni, individuando le aree critiche e proponendo strategie e progetti di intervento; m) individua e suggerisce percorsi e progetti per migliorare, umanizzare e favorire i rapporti fra utenti e operatori dei servizi sanitari e socio-sanitari al fine di garantire il rispetto e la dignità del paziente nei trattamenti sanitari, assicurare allo stesso chiarezza e completezza delle informazioni relative ai trattamenti sanitari;n) formula, anche in collaborazione con l’ufficio relazioni con il pubblico e con l’ufficio qualità, proposte e progetti per favorire la semplificazione delle attività amministrative legate all’accesso ai servizi, al fine di rendere più efficiente il sistema di prenotazione e la trasparenza delle liste di attesa, limitando gli adempimenti richiesti agli utenti nelle modalità di erogazione dei servizi medesimi; o) elabora, sentiti l’ufficio relazioni con il pubblico e l’ufficio qualità, proposte e progetti finalizzati a garantire l’adeguata presenza e dislocazione di uffici e strutture informative, sia all’ingresso delle aziende che all’interno delle

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medesime, dotato di personale adeguatamente formato nonché finalizzati ad assicurare la presenza e la chiarezza della segnaletica informativa. 3. I pareri di cui al precedente comma 2, lettere a), b) e c), del presente articolo, obbligatori ma non vincolanti, devono essere resi dal comitato entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta, trascorsi i quali si intendono favorevolmente resi.

Art. 3 Composizione

1. Il comitato, costituito da un numero di componenti fissato dal direttore generale dell’azienda sanitaria tra un minimo di 20 componenti ed un massimo di 40 componenti, è così composto: – dai presidenti, o loro delegati, delle organizzazioni ed associazioni di volontariato e di tutela dei diritti degli utenti del settore sanitario e socio-sanitario nell’ambito territoriale di riferimento dell’azienda sanitaria, che richiedono alla medesima azienda di far parte del comitato; – dai residenti o loro delegati, delle organizzazioni ed associazioni maggiormente rappresentative degli operatori del settore sanitario e socio sanitario nell’ambito territoriale di riferimento dell’azienda sanitaria, che richiedono alla medesima azienda di far parte del comitato. 2. Qualora il numero delle istanze di partecipazione al comitato, positivamente istruite ai sensi del successivo articolo 8 del presente decreto, superi il numero dei componenti previsto al comma 1, lo stesso è ripartito a metà tra le organizzazioni ed associazioni di volontariato e di tutela dei diritti degli utenti e le organizzazioni ed associazioni maggiormente rappresentative degli operatori del settore sanitario e socio-sanitario; nell’ambito di riferimento di ciascuna delle due categorie di richiedenti il direttore generale procede alla scelta delle indicate organizzazioni ed associazioni tenendo conto della maggiore rappresentatività e della diffusione sul territorio. 3. Possono intervenire alle sedute del comitato, in relazione alle tematiche poste all’ordine del giorno, i responsabili delle strutture dipartimenti e/o i responsabili delle strutture e delle articolazioni aziendali, individuati dalla direzione aziendale su richiesta del medesimo comitato avanzata almeno venti giorni prima della data fissata per la seduta, nonché i responsabili dei servizi socio-sanitari nell’ambito territoriale di riferimento, coinvolti nelle tematiche trattate di volta in volta dal comitato e individuati dalla direzione dell’azienda sanitaria provinciale di appartenenza su richiesta del presidente del comitato almeno venti giorni prima della data fissata per la seduta. 4. Possono essere invitati a partecipare alle sedute del comitato senza diritto di voto esperti con competenza specifica nel settore del volontariato, della qualità dei servizi dell’informazione e della comunicazione e comunque nelle tematiche di competenza del comitato stesso. 5. La partecipazione alle sedute del comitato è a titolo gratuito e non dà luogo a

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rimborso spese né ad indennità di missione di alcun genere. 6. La prima convocazione del comitato, ai fini dell’insediamento dei suoi componenti, è disposta dal direttore generale dell’azienda e dovrà intervenire entro 30 giorni alla pubblicazione della deliberazione di cui all’articolo 1, comma 2, del presente decreto. 7. Il comitato si riunisce ed esercita le proprie funzioni ed attività presso l’azienda sanitaria che assicura, attraverso l’ufficio allo specifico scopo individuato, le attività di supporto logistico e di segreteria necessarie per il funzionamento del comitato stesso. 8. Il comitato ha durata triennale.

Art. 4 Presidente e vicepresidente

1. Nella prima convocazione il comitato elegge, a maggioranza dei suoi componenti, il presidente e il vicepresidente. 2. Il presidente convoca il comitato e ne fissa l’ordine del giorno. 3. Il vicepresidente coadiuva il presidente nell’espletamento delle sue funzioni e lo sostituisce in caso di assenza.

Art. 5 Convocazioni

Il comitato si riunisce almeno tre volte l’anno e comunque ogniqualvolta il presidente lo ritenga opportuno ovvero venga richiesto dalla metà più una delle associazioni componenti ovvero ogniqualvolta debba essere espresso un parere o una valutazione di competenza. 2. Alla convocazione del comitato provvede, su richiesta del presidente, l’ufficio dell’azienda sanitaria individuato per assicurare le attività di supporto logistico e di segreteria necessarie al funzionamento del comitato. 3. Le convocazioni del comitato avvengono, almeno 5 giorni prima della data fissata per la riunione, con avviso comunicato a mezzo fax, mail o lettera, contenente l’indicazione del luogo, la data, l’ora della riunione e l’ordine del giorno programmato. 4. Il comitato è validamente riunito quando è presente la metà più uno dei componenti. Qualora non si raggiunga, in prima convocazione, il quorum previsto il comitato si riunisce dopo un’ora in seconda convocazione che è ritenuta valida con la presenza di almeno un terzo dei componenti. 5. Il comitato si esprime a maggioranza dei presenti e in caso di parità prevale il voto del presidente. 6. Il comitato può formulare le proprie proposte e i propri pareri anche attraverso la sottoscrizione di documenti adottati a maggioranza dei componenti. 7. Il comitato può costituire gruppi di lavoro ristretti o tavoli tematici su particolari problematiche che necessitano di approfondimenti individuando il relativo referente e, in relazione ai temi trattati, può prevedersi anche la

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presenza di esperti. 8. Il comitato formula le proprie proposte, valutazioni e pareri nella stessa seduta in cui è convocato o, qualora gli argomenti in discussione necessitino di approfondimenti da trattare in gruppi ristretti di lavoro, entro trenta giorni dalla medesima seduta o entro il termine nella stessa indicato. 9. Il comitato può discutere solo gli argomenti iscritti all’ordine del giorno, salvo diversa decisione assunta all’unanimità dai presenti. 10. Il presidente del comitato, in ragione di particolari eventi, potrà inserire altri punti all’ordine del giorno fissato, assicurandosi che tutti i componenti ne siano stati preventivamente informati. 11. Delle sedute del comitato viene redatto sintetico verbale nel quale si dà atto del luogo, della data e dell’ora dell’adunanza, del numero dei presenti, degli interventi svolti, dei votanti e delle indicazioni adottate. Il verbale è sottoscritto dal presidente o, in sua assenza, dal vicepresidente e viene letto ed approvato in apertura della seduta successiva. Copia del verbale è fornita ai componenti del comitato.

Art. 6 Pubblicità

1. La composizione, l’organizzazione, le funzioni e le attività del comitato, nonché le convocazioni e l’ordine del giorno devono essere resi pubblici nel sito web dell’azienda sanitaria e, successivamente ad ogni seduta, deve essere data informazione anche delle tematiche trattate e delle decisioni assunte. 2.

Art. 7 Partecipazione delle associazioni e degli organismi

1. Le organizzazioni e le associazioni di utenti e di operatori di cui al precedente articolo 3, comma 1, che operano nel settore sanitario e socio-sanitario nell’ambito territoriale di riferimento dell’azienda sanitaria, che intendono fornire il proprio contributo allo svolgimento delle attività e delle funzioni di cui all’art. 2 del presente decreto, al fine di migliorare i servizi resi agli utenti dalle strutture sanitarie delle aziende del servizio sanitario regionale, fanno richiesta, entro 30 giorni dalla pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, di partecipazione al comitato secondo l’apposito modello a tal fine predisposto dall’azienda sanitaria di riferimento e contenente almeno le indicazioni di cui ai successivi commi. 2. Per far parte del comitato le associazioni e gli organismi devono presentare all’azienda, unitamente all’istanza redatta secondo l’apposito modello, copia dello statuto e dell’atto costitutivo e una relazione delle principali attività svolte. 3. Le organizzazioni e le associazioni che fanno richiesta di far parte del

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comitato devono dichiarare: – il numero degli iscritti o degli aderenti e/o la diffusione sul territorio dell’organizzazione o dell’associazione; – di essere organizzazioni o associazioni no profit e/o organismi di volontariato ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266 e della legge regionale 7 giugno 1994, n. 22 ovvero di tutela dei diritti degli utenti del settore sanitario e socio-sanitario o organizzazioni e associazioni rappresentative degli operatori del settore sanitario e socio-sanitario; – che le principali finalità statutarie sono relative ad attività di volontariato e/o tutela dei malati e degli utenti nel settore sanitario e/o socio sanitario o di rappresentanza e tutela degli operatori del settore sanitario e socio-sanitario. 4. Per i rinnovi del comitato successivi alla prima costituzione, le associazioni ed organismi interessati presenteranno all’azienda sanitaria l’istanza di partecipazione entro 30 giorni dalla pubblicazione nel sito dell’azienda dell’avvio del procedimento di rinnovo che, comunque, dovrà essere iniziato dall’azienda entro 45 giorni dal termine di scadenza triennale del comitato e concluso entro i 30 giorni successivi alla scadenza dei termini di cui ai successivi commi 5 e 6 del presente articolo. 5. L’azienda, a seguito dell’istruttoria dell’istanza di partecipazione, provvede entro 60 giorni all’ammissione o al diniego di partecipazione al comitato delle associazioni o organismi richiedenti e tiene l’elenco a tal fine istituito. 6. L’associazione o l’organismo che non ha ottenuto l’ammissione ha 30 giorni di tempo per presentare all’azienda controdeduzioni, integrazioni o specificazioni.Il presente decreto sarà trasmesso alla Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana per la pubblicazione.

Palermo, 15 aprile 2010. RUSSO

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Allegato n.5.

DECRETO 21 settembre 2012 n. 1874. Regolamento per il funzionamento e la operatività della Conferenza dei comitati consultivi delle aziende sanitarie

della Regione siciliana.

L’ASSESSORE PER LA SALUTE Visto lo Statuto della Regione; Visto il D.P.Reg. 28 febbraio 1979, n. 70, che approva il testo unico delle leggi sull’ordinamento del governo e dell’amministrazione della Regione siciliana; Visto il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modifiche ed integrazioni;Vista la legge regionale 7 giugno 1994, n. 22, recante “Norme sulla valorizzazione dell’attività di volontariato”; Vista la legge regionale 14 aprile 2009, n. 5, recante “Norme per il riordino del servizio sanitario regionale” ed in particolare l’art. 9, commi 8 e 9, ove è previsto che “In ogni azienda del servizio sanitario regionale è istituito, senza alcun onere economico aggiuntivo, un comitato consultivo composto da utenti e operatori dei servizi sanitari e socio-sanitari nell’ambito territoriale di riferimento. Il comitato consultivo esprime pareri non vincolanti e formula proposte al direttore generale in ordine agli atti di programmazione dell’azienda, all’elaborazione dei piani di educazione sanitaria, alla verifica della funzionalità dei servizi aziendali nonché alla loro rispondenza alle finalità del servizio sanitario regionale ed agli obiettivi previsti dai piani sanitari nazionale e regionale, redigendo ogni anno una relazione sull’attività dell’azienda. Il comitato formula altresì proposte su campagne di informazione sui diritti degli utenti, sulle attività di prevenzione ed educazione alla salute, sui requisiti e criteri di accesso ai servizi sanitari e sulle modalità di erogazione dei servizi medesimi. Collabora con l’ufficio relazioni con il pubblico (U.R.P.) presente in ogni azienda per rilevare il livello di soddisfazione dell’utente rispetto ai servizi sanitari e per verificare sistematicamente i reclami inoltrati dai cittadini. … Con apposito decreto, da emanarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’Assessore regionale per la sanità disciplina le modalità di costituzione, funzionamento, organizzazione, attribuzione dei compiti, articolazioni e composizione dei comitati consultivi aziendali.”; Visto il D.A. n. 1019 del 15 aprile 2010, con la quale sono state disciplinate le modalità di costituzione, funzionamento, organizzazione, attribuzione dei compiti, articolazioni e composizione dei comitati consultivi aziendali delle aziende del servizio sanitario regionale di cui all’art. 9, comma 8, della legge

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regionale 14 aprile 2009, n. 5; Visto il Piano sanitario regionale “Piano della salute 2011-2013” approvato con D.P. n. 282 del 18 luglio 2011 pubblicato nel “Supplemento ordinario n. 2 alla Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana (p. I) n. 32 del 29 luglio 2011; Visto il D.A. n. 530 del 19 marzo 2012 di approvazione delle Linee guida regionali per l’attuazione dei Piani attuativi aziendali; Ritenuto di dovere assicurare, in armonica attuazione degli obiettivi strategici del Piano sanitario regionale e dei relativi Piani attuativi aziendali, condizioni omogenee in tutte le aziende sanitarie della Regione, per l’espletamento delle attività e delle funzioni dei suddetti comitati consultivi, attraverso un coordinamento regionale individuato in un organismo permanente denominato Conferenza dei comitati consultivi aziendali; Visto il documento “Regolamento della Conferenza dei comitati consultivi delle aziende sanitarie della Sicilia”, esitato con approvazione unanime dei Presidenti dei comitati consultivi aziendali e dei referenti dell’Assessorato della salute, nel corso della riunione tenutasi presso il medesimo Assessorato in data 26 luglio 2012;Ritenuto di dovere dare approvazione al predetto Regolamento individuando nell’area interdipartimentale 2 “Ufficio del Piano di rientro e del Piano sanitario” dell’Assessorato della salute, la struttura intermedia di raccordo con le altre articolazioni del medesimo Assessorato per le attività dei comitati consultivi e della Conferenza; Ritenuto, ad integrazione del D.A. n. 1019 del 15 aprile 2010, di dovere prevedere la partecipazione dei presidenti dei comitati consultivi ai collegi di direzione delle aziende sanitarie in ordine alle coincidenti materie di competenza per come definite dall’art. 9, comma 8 della legge regionale n. 5/2009 e già disciplinate con il citato decreto; Per le motivazioni citate in premessa;

Decreta:Art. 1: È approvato il documento “Regolamento della Conferenza dei comitati consultivi delle aziende sanitarie della Sicilia” che costituisce parte integrante e sostanziale del presente decreto. Art. 2: L’Area interdipartimentale 2 “Ufficio del Piano di rientro e del Piano sanitario” dell’Assessorato della salute è individuata quale struttura intermedia di raccordo con le altre articolazioni del medesimo Assessorato per le attività dei comitati consultivi e della Conferenza nel rispetto di quanto previsto dal regolamento di cui all’art. 1. Art. 3: Ad integrazione del D.A. n. 1019 del 15 aprile 2010, i presidenti dei comitati consultivi partecipano ai collegi di direzione delle aziende sanitarie in ordine alle coincidenti materie di competenza per come definite dall’art. 9, comma 8 della legge regionale n. 5/2009 e già disciplinate con il citato decreto.

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Il presente decreto sarà trasmesso alla Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana per la pubblicazione.

Palermo, 21 settembre 2012. RUSSO

Allegato REGOLAMENTO PER IL FUNZIONAMENTO E L’OPERATIVITÀ DELLA CONFERENZA DEI COMITATI CONSULTIVI DELLE AZIENDE SANITARIE DELLA REGIONE SICILIANA

Premessa La legge regionale n. 5/2009 di riforma del sistema sanitario regionale attribuisce grande importanza al miglioramento della comunicazione tra cittadini e sistema sanitario, alla corretta informazione, alla tutela della dignità e della riservatezza, alla valorizzazione dell’attività di volontariato, all’accoglienza ed alla accessibilità alle strutture ospedaliere, all’umanizzazione ed alla personalizzazione delle relazioni medico-paziente. E difatti, ai sensi dell’art. 4, comma 3, legge s.c. “Le associazioni di categoria del settore sanitario maggiormente rappresentative, le associazioni di volontariato e quelle di tutela dei diritti dell’utenza maggiormente rappresentative concorrono, nell’ambito delle loro competenze e con gli strumenti di cui alla vigente normativa, alla realizzazione delle finalità del servizio sanitario regionale e alle attività di assistenza sociale”. Ai sensi, inoltre, del successivo art. 9, comma 8, legge s.c.: 8. “In ogni azienda del servizio sanitario regionale è istituito, senza alcun onere economico aggiuntivo, un comitato consultivo composto da utenti e operatori dei servizi sanitari e socio-sanitari nell’ambito territoriale di riferimento. Il comitato consultivo esprime pareri non vincolanti e formula proposte al direttore generale in ordine agli atti di programmazione dell’azienda, all’elaborazione dei Piani di educazione sanitaria, alla verifica della funzionalità dei servizi aziendali nonché alla loro rispondenza alle finalità del servizio sanitario regionale ed agli obiettivi previsti dai Piani sanitari nazionale e regionale, redigendo ogni anno una relazione sull’attività dell’azienda. Il comitato formula altresì proposte su campagne di informazione sui diritti degli utenti, sulle attività di prevenzione ed educazione alla salute, sui requisiti e criteri di accesso ai servizi sanitari e sulle modalità di erogazione dei servizi medesimi. Collabora con l’Ufficio relazioni con il pubblico (URP) presente in ogni azienda per rilevare il livello di soddisfazione dell’utente rispetto ai servizi sanitari e per verificare sistematicamente i reclami inoltrati dai cittadini”. Viene individuato, pertanto, nelle organizzazioni di volontariato e di tutela dei

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diritti degli utenti del settore socio-sanitario e nelle associazioni rappresentative degli operatori del settore sanitario, un interlocutore utile per garantire la qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie, chiamando l’azienda a considerare il punto di vista degli utenti come elemento rilevante per orientare l’organizzazione aziendale e l’operatività quotidiana.In tale contesto socio-normativo si collocano i comitati consultivi aziendali, organismi istituiti dal sopra indicato art. 9 della legge regionale n. 5 del 14 aprile 2009 e disciplinati dal decreto dell’Assessore regionale alla sanità n. 1019 del 15 aprile 2010. Dalla consapevolezza che la partecipazione dei cittadini, che trova nei comitati consultivi lo strumento più evidente di mediazione istituzionale, deve trovare soluzioni ed articolazioni più diffuse a rete in tutto il sistema, per esplicare piena efficacia ed incisività, è nata la proposta, di cui è si è fatto promotore il comitato consultivo dell’A. O.U. “Policlinico-Vittorio Emanuele” di Catania, del coordinamento regionale di rete dei comitati, mediante la costituzione della Conferenza permanente dei comitati consultivi delle aziende sanitarie della Regione Sicilia, formalizzatasi nei tempi e nei modi di cui al punto 1 del regolamento che segue.

Regolamento della Conferenza dei comitati consultivi aziendali

Art. 1 Costituzione

1. La Conferenza dei comitati consultivi delle aziende sanitarie della Regione Sicilia è costituita dalla data di sottoscrizione dell’atto di intenti, avvenuta il 12 luglio 2011, come da allegato tecnico facente parte integrante del presente regolamento.2. L’approvazione dell’Assessore regionale alla salute del presente regolamento sancisce il perfezionamento formale dell’avvenuta costituzione, in conformità alle direttive di cui alla nota assessoriale prot. n. 67402 dell’8 agosto 2011.

Art. 2 Rapporti con l’Assessorato regionale alla salute

1. Le attività di coordinamento dei comitati consultivi e della Conferenza, nell’assetto organizzativo dell’Assessorato, trovano riferimento nella “Area interdipartimentale 2 – Piano sanitario”, individuata quale struttura intermedia di raccordo con gli altri servizi dell’Assessorato coinvolti per competenza. Detto inquadramento è di natura funzionale, per coordinare le attività collaborative tra i CCA, sia avviate che da avviare, nonché per raccordarle a specifiche azioni inter e intradipartimentali dell’Assessorato, con il coinvolgimento delle aree e dei servizi competenti per i vari ambiti d’intervento.

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2. La Conferenza definisce entro centottanta giorni dall’insediamento un Piano triennale di programmazione delle attività e di lavoro dandone comunicazione alla suddetta area interdipartimentale 2.

Art. 3 Sede della Conferenza

La Conferenza ha sede presso il comitato consultivo che esprime la presidenza pro tempore.

Art. 4 Funzioni

La Conferenza, organismo di coordinamento dei singoli comitati, impronta la propria azione a principi di omogeneità, trasparenza ed efficienza ed ha le seguenti funzioni: a) contribuire a raccordare, uniformare, promuovere e condividere temi, me-todologie, strumenti e buone prassi nell’attuazione intra ed interaziendale delle politiche sanitarie, favorendo gli scambi, i collegamenti e le collaborazioni anche con i molteplici interlocutori istituzionali e non istituzionali; b) favorire condizioni omogenee per l’attuazione delle attività e funzioni dei comitati consultivi previste dall’art. 2 del decreto dell’Assessore regionale alla sanità n. 1019 del 15 aprile 2010; c) promuovere la crescita di competenza dei componenti dei Comitati Consultivi tramite proposte di idonei programmi di formazione; d) definire il piano triennale di lavoro distinto tra attività della Conferenza a carattere trasversale e di ambito e di interesse interaziendale e attività verticali specifiche dei CCA, in coerenza con la pianificazione degli obiettivi strategici del Piano sanitario regionale e la loro attuazione delineata nei Piani attuativi aziendali e, di concerto con l’area interdipartimentale 2, individuare un opportuno strumento uniforme di verifica delle attività poste in essere quale elemento �ondativi della relazione annuale, da redigersi ai sensi dell’art. 9, comma 8, legge regionale n. 5 del 14 aprile 2009. e) partecipare, anche attraverso delegati tra i componenti dei comitati consultivi, agli eventuali tavoli tecnici interaziendali a livello regionale sulle materie attribuite alla competenza dei comitati consultivi e promuoverne la costituzione ove opportuno; f ) contribuire alla corretta informazione sulle politiche sanitarie della Regione, con notizie da e verso l’Assessorato alla salute; g) supportare, ove richiesto, la collaborazione dei comitati consultivi con gli uffici e/o organismi aziendali di specifico interesse per la qualità dei servizi al cittadino-utente.

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Art. 5 Composizione e competenze

1. La Conferenza è composta dai presidenti dei comitati consultivi delle aziende sanitarie regionali o da loro delegati. 2. I componenti della Conferenza durano in carica tre anni. 3. Nella seduta di rinnovo dell’insediamento per scadenza del triennio, o per tutte le altre cause disciplinate dal presente regolamento, convocata dal Presidente uscente o, in caso di impedimento o d’inerzia, dall’area interdipartimentale 2, viene eletto il presidente della Conferenza, con voto segreto dell’Assemblea, a maggioranza assoluta dei presenti aventi diritto al voto. Qualora, dopo due votazioni, nella medesima seduta, non si potesse giungere alla nomina con la maggioranza assoluta, si potrà procedere all’elezione del presidente con la maggioranza semplice dei presenti. 4. Dopo l’elezione del presidente, parimenti, nella medesima seduta viene eletto il vicepresidente con voto segreto dell’Assemblea, a maggioranza assoluta dei presenti aventi diritto al voto. Qualora, dopo due votazioni, nella medesima seduta, non si potesse giungere alla nomina con la maggioranza assoluta, si potrà procedere all’elezione del vicepresidente con la maggioranza semplice dei presenti.5. Il presidente e il vicepresidente, vengono eletti ogni tre anni

Art. 6 Il presidente e il vicepresidente della Conferenza

1. Ha la rappresentanza esterna nell’ambito delle competenze attribuitegli dal presente regolamento o da fonti normative: — nomina il segretario tra i componenti del proprio CCA e si avvale del supporto logistico e di segreteria dell’azienda dove ha sede; Il segretario svolge funzioni di supporto secondo le direttive del presidente o del vice presidente, per il funzionamento della Conferenza secondo quanto stabilito dal precedente articolo 4; 2. convoca la Conferenza e ne fissa l’ordine del giorno che viene comunicato all’area interdipartimentale 2. Nel caso di assenza del presidente, vi provvede il vicepresidente;3. può conferire deleghe per specifici compiti di istituto a componenti dei CCA della Conferenza; — organizza, eventualmente, anche con la partecipazione di apporti tecnici esterni alla Conferenza, “Gruppi di lavoro”, “Tavoli tematici”, o “Tavoli di coordinamento”, anche a valenza interaziendale, con lo scopo di definire ambiti di azione e modalità operative condivise. 4. Il vicepresidente coadiuva il presidente nell’espletamento delle sue funzioni e lo sostituisce in caso di assenza e/o impedimento.

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Art. 7 Convocazione della Conferenza

1. Ai lavori della Conferenza, può partecipare l’area interdipartimentale 2; Possono essere invitati a partecipare i direttori generali delle aziende sanitarie, nonché, in ragione degli argomenti all’ordine del giorno, altri dirigenti aziendali. 2. Possono essere invitati, altresì, senza diritto di voto, esperti con competenza specifica nelle materie all’ordine del giorno. 3. La Conferenza si riunisce in assemblea, presieduta dal presidente, almeno due volte l’anno e, comunque, ogni qualvolta il presidente lo ritenga opportuno, ovvero ogni qualvolta debba essere espresso un parere o una valutazione di competenza, ovvero venga richiesto dalla metà più uno dei suoi componenti. 4. Alla convocazione, provvede il presidente che ne redige l’ordine del giorno. Le convocazioni, debbono essere inviate almeno 5 giorni prima della data fissata per la riunione, con avviso comunicato esclusivamente a mezzo e-mail e contenente l’indicazione del luogo, la data, l’ora della riunione, in prima ed in seconda convocazione, nonché l’ordine del giorno programmato. 5. Le adunanze possono anche essere tenute in sedi diverse da quella della Presidenza pro tempore ed anche con modalità telematiche. 6. La Conferenza è validamente riunita quando sia presente la metà più uno dei componenti; qualora non si raggiunga, in prima convocazione, detto quorum, si riunisce nello stesso luogo, dopo un’ora, in seconda convocazione, che è ritenuta valida con la presenza di almeno un terzo dei componenti. La Conferenza delibera con la maggioranza semplice dei presenti e in caso di parità prevale il voto del presidente. 7. La Conferenza, in sede di assemblea: — formula proposte e pareri anche attraverso documenti adottati a maggioranza dei componenti; — discute solo gli argomenti iscritti all’ordine del giorno; in ragione di particolari eventi e/o urgenze, il Presidente può inserire altri argomenti all’ordine del giorno fissato, assicurandosi che tutti i componenti ne siano stati preventivamente informati. 8. Delle sedute della Conferenza viene redatto sintetico verbale nel quale si dà atto del luogo, della data e dell’ora dell’adunanza, del numero dei presenti, degli interventi svolti, dei votanti e delle indicazioni adottate. Il verbale è redatto dal segretario e sottoscritto anche dal presidente della seduta, può essere approvato per determinazioni urgenti anche seduta stante dai componenti presenti o in apertura della seduta successiva. 9. Il verbale viene comunicato a tutti i componenti del Conferenza per via telematica e per conoscenza ai comitati consultivi e all’area interdipartimentale 2.

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Art. 8 Decadenza e incompatibilità

1. Con il presente articolo si disciplinano le ipotesi, con riferimento anche alle incompatibilità, che comportano la decadenza automatica dall’incarico di presidente, di vicepresidente, nonché di componente della Conferenza. Per eventuali altre ipotesi di incompatibilità e/o decadenza non previste nel presente articolo, si rinvia ad apposito codice etico cui informare la propria attività e quella dei comitati, di cui si doterà la Conferenza entro novanta giorni dall’approvazione del presente regolamento. 2. Si decade dall’incarico di presidente, qualora venga meno la delega di rappresentanza dell’Associazione all’interno del comitato consultivo. 3. Sia nel caso di decadenza che nel caso di dimissioni del presidente, il vicepresidente provvede, entro trenta giorni, a convocare la Conferenza ponendo all’ordine del giorno la decadenza o le dimissioni del Presidente e l’eventuale nuova elezione; 4 Parimenti, decade il componente della Conferenza, qualora venga meno la delega di rappresentanza dell’Associazione all’interno del comitato consultivo. 5. Al fine di garantire la massima pluralità della rappresentanza ed assicurare il necessario impegno alla specificità dei comitati consultivi, è fatto divieto a ciascun componente della Conferenza di rappresentare all’interno della Conferenza stessa più comitati ed altresì è fatto divieto di cumulare rappresentanze e/o incarichi all’interno dei comitati consultivi, pena la decadenza automatica. 6. In ossequio al principio di partecipazione, sancito dall’art. 7 del D.A. del 15 aprile 2010, fondato sul presupposto che le organizzazioni di volontariato intendono fornire il proprio contributo effettivo e non meramente figurativo allo svolgimento delle attività e delle funzioni previste dall’art. 2 del sopra citato decreto, nonché, in ossequio, ai principi di auto responsabilità, efficacia e trasparenza, cui deve essere informata l’attività dei comitati e, quindi, anche della Conferenza, il componente, assente per due sedute consecutive, decade automaticamente. 7. Sia nel caso di decadenza che nel caso di dimissioni saranno temporaneamente sostituiti, in seno alla Conferenza, dai vicepresidenti dei rispettivi CCA. 8. Qualora, a seguito di intervenute decadenze o dimissioni, un comitato consultivo in seno alla Conferenza rimanga privo di rappresentanza per oltre tre mesi consecutivi, nell’arco dell’anno solare, la Conferenza informerà il presidente del comitato, o in assenza il vicepresidente, invitandolo contestualmente alla sostituzione. Della procedura va data informazione all’azienda sanitaria di riferimento ed all’Associazione di provenienza. In difetto di riscontro, la Conferenza promuoverà l’intervento dell’area interdipartimentale

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2 per la verifica di funzionamento del medesimo comitato ed eventuali provvedimenti assessoriali.

Art. 9 Adozione regolamento ed eventuali modifiche

1. Il presente regolamento entra in vigore il giorno stesso della sua approvazione con decreto dell’Assessorato regionale della salute. 2. A seguito di intervenute modifiche legislative o su proposta del presidente o di almeno 2/3 dei componenti della Conferenza sulla base di verifiche periodiche, il presente regolamento, può, in qualunque momento, essere soggetto a revisione, modifica, o integrazione con decreto assessoriale.

Art. 10Pubblicità

Il presente regolamento nonché la composizione, l’organizzazione, le funzioni e le attività della Conferenza, oltre che le convocazioni dell’assemblea ed il relativo ordine del giorno, devono essere resi pubblici nel sito web delle aziende sanitarie e della Regione siciliana, su cui pure, successivamente ad ogni seduta, deve essere data informazione delle tematiche trattate e delle decisioni assunte.

Art. 11 Rinvio

Per tutto ciò che non è espressamente previsto o precisato nel presente regolamento, valgono le vigenti disposizioni di legge (legge regionale n. 5 del 14 aprile 2009; - decreto dell’Assessore regionale per la sanità del 15 aprile 2010 e successive modifiche ed integrazioni).

Art. 12Norme transitorie

1. (Art. 2 – Rapporti con l’Assessorato regionale della salute) La Conferenza dei comitati consultivi delle Aziende sanitarie della Regione Sicilia risulta costituita dalla data di sottoscrizione dell’atto di intenti, avvenuta il 12 luglio 2011, pertanto, in fase di prima applicazione; la Conferenza definisce, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente regolamento, il Piano di programmazione delle attività e di lavoro previsto dal comma 2 dell’art. 2, dandone comunicazione all’area interdipartimentale 2. 2. (Art. 6 – Il presidente ed il vicepresidente) Poiché il primo presidente è stato eletto contestualmente alla sottoscrizione dell’atto di intenti sopra indicato e rimane in carica per tutto il triennio da detta data, si stabilisce che le norme che seguono, per ciò che concerne il presidente, verranno applicate in occasione del rinnovo delle cariche alla scadenza del

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triennio, mentre per ciò che concerne il vicepresidente verranno applicate entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente regolamento e la durata del mandato sarà uniforme a quella del primo presidente. 3. (Art. 8 – Decadenza e incompatibilità) In fase di prima applicazione del presente regolamento, i componenti incorsi, prima della emissione del decreto assessoriale di approvazione del presente regolamento, nelle cause di incompatibilità previste al comma 4, dell’art. 8 (cumulo di rappresentanze e/o incarichi) saranno tenuti a sanare l’incompatibilità entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del decreto sopra indicato, formulando opzione per un solo incarico. In difetto, decadranno automaticamente da tutti gli incarichi e/o rappresentanze loro conferite, che saranno rinnovate con la disciplina dell’art. 5, comma 3.

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Allegato n. 6.Estratto del Decreto dell’ 8 febbraio 2013 Criteri per la composizione e il

funzionamento dei comitati etici. (GU n.96 del 24-4-2013)

Art. 2Criteri per la composizione dei comitati etici

1. I comitati etici, istituiti nel territorio delle regioni e province autonome di Trento e Bolzano, sono riorganizzati nel rispetto dei requisiti minimi di cui al presente decreto, secondo i criteri di cui all'art. 12, comma 10, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, nell'ambito di strutture sanitarie pubbliche o ad esse equiparate, ivi compresi gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Nelle regioni e nelle province autonome di Trento e Bolzano con popolazione inferiore ad un milione di abitanti deve essere comunque istituito un comitato etico.2. L'allegato al presente decreto contiene un prospetto riepilogativo del numero dei pareri unici resi dai comitati etici nell'ultimo triennio anteriore alla data di entrata in vigore del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, sulla base della quale le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono operare la scelta di cui all'art. 12, comma 10, lettera b), del decreto-legge citato. 3. Nel caso in cui le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano si avvalgano della possibilità, prevista dall'art. 12, comma 10, lettera a) del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158,convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, di istituire un ulteriore comitato etico con competenza estesa a più istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e istituiscano sezioni del comitato etico per ciascuno di essi, anche alle predette sezioni e ai relativi componenti si applicano le disposizioni del presente decreto. 4. Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano disciplinano le modalità di nomina dei componenti del comitato etico. 5. La composizione dei comitati etici deve garantire le qualifiche e l'esperienza necessarie a valutare gli spetti etici,scientifici e metodologici degli studi proposti. I componenti dei comitati etici devono essere in possesso di una documentata conoscenza e esperienza nelle sperimentazioni cliniche dei medicinali e dei dispositivi medici e nelle altre materie di competenza del comitato etico. A tal fine i comitati etici devono comprendere almeno: a) tre clinici;b) un medico di medicina generale territoriale; c) un pediatra;d) un biostatistico;e) un farmacologo;

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f) un farmacista del servizio sanitario regionale; g) in relazione agli studi svolti nella propria sede, il direttore sanitario o un suo sostituto permanente e, nel caso degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, il direttore scientifico della istituzione sede della sperimentazione; h) un esperto in materia giuridica e assicurativa o un medico legale;i) un esperto di bioetica; l) un rappresentante dell'area delle professioni sanitarie interessata alla sperimentazione; m) un rappresentante del volontariato o dell'associazionismo di tutela dei pazienti;n) un esperto in dispositivi medici; o) in relazione all'area medico-chirurgica oggetto dell'indagine con il dispositivo medico in studio, un ingegnere clinico o altra figura professionale qualificata; p) in relazione allo studio di prodotti alimentari sull'uomo, un esperto in nutrizione;q) in relazione allo studio di nuove procedure tecniche, diagnostiche e terapeutiche, invasive e semi invasive, un esperto clinico del settore; r) in relazione allo studio di genetica, un esperto in genetica. 6. Nei casi di valutazioni inerenti ad aree non coperte da propri componenti, il comitato etico convoca, per specifiche consulenze,esperti esterni al comitato stesso.7. Lo sperimentatore, il promotore o altro personale partecipante alla sperimentazione, fornisce, su richiesta del comitato,informazioni su ogni aspetto dello studio. Lo sperimentatore, il promotore o altro personale partecipante alla sperimentazione, non deve partecipare alle decisioni, al parere e al voto del comitato etico. 8. I componenti del comitato etico restano in carica 3 anni. Il mandato non può essere rinnovato consecutivamente più di una volta. Il Presidente non può ricoprire tale carica per più di due mandati consecutivi. Le regioni e le province autonome adottano idonee misure per assicurare la continuità di funzionamento dei comitati etici alla scadenza dei mandati. 9. Il direttore generale della struttura sanitaria interessata ovvero un suo delegato con potere di firma, in caso di accettazione della sperimentazione, deve garantire la definizione dei contratti economici relativi agli studi contestualmente alle riunioni del comitato etico o tassativamente entro tre giorni dall'espressione del parere del comitato etico.

Il Ministro: Balduzzi

Registrato alla Corte dei conti il 26 marzo 2013

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Allegato n. 7.

DECRETO Assessoriale16 luglio 2013. Norme per la composizione e il funzionamento dei comitati etici della Regione siciliana.

L’ASSESSORE PER LA SALUTE

Visto l’art. 12-bis, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502; Vista la convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano nell’applicazione della biologia e della medicina, fatta ad Oviedo il 4 aprile 1997; Considerata la possibilità che i requisiti minimi di cui al presente decreto possono essere di riferimento, per quanto applicabili, per le valutazioni in tema di ricerca biomedica e di assistenza sanitaria di cui al parere adottato dal Comitato nazionale di bioetica del 28 aprile 1997, nonchè per le valutazioni in tema di sperimentazioni con dispositivi medici di cui al decreto legislativo n. 46 del 24 febbraio 1997 e al decreto legislativo n. 507 del 14 dicembre 1992; Visto il decreto ministeriale 15 luglio 1997, pubblicato nel supplemento ordi-nario alla Gazzetta Ufficiale n. 191 del 18 agosto 1997, recante il recepimento delle «Linee guida dell’Unione europea di buona pratica clinica per la esecuzione delle sperimentazioni cliniche dei medicinali»; Visto il decreto ministeriale 18 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 122 del 28 marzo 1998, recante le «Linee guida di riferimento per l’istituzione e il funzionamento dei comitati etici»; Visto il decreto ministeriale 18 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 122 del 28 marzo 1998, recante le «Modalità per l’esenzione dagli accertamenti sui medicinali utilizzati nelle sperimentazioni cliniche»; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 2001, n. 439, relativo al regolamento di semplificazione delle procedure per le verifiche e il controllo di nuovi sistemi e protocolli terapeutici sperimentali; Visto il decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 211, pubblicato nel supplemento ordinario n. 130/L alla Gazzetta Ufficiale n. 164 del 9 agosto 2003, recante attuazione della direttiva, 2001/20/CE, relativa all’applicazione delle Norme di buona pratica clinica nell’esecuzione della sperimentazione clinica dei medicinali per uso clinico; Visto, in particolare, il comma 7 dell’art. 6 del citato decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 211, che demanda ad un decreto del Ministro per la salute, di concerto con il Ministro per l’economia e per le finanze, l’aggiornamento dei requisiti minimi per l’istituzione, l’organizzazione e il funzionamento dei comitati etici per le sperimentazioni cliniche dei medicinali, fermo restando quanto previsto dall’art. 12-bis, comma 9, del citato decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502;

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Visto il decreto del Ministero della salute 12 maggio 2006 recante “Requisiti minimi per l’istituzione, l’organizzazione e il funzionamento dei comitati etici per le sperimentazioni cliniche dei medicinali”; Visto il D.A. n. 2357/11 del 18 novembre 2011 e successive modifiche ed integrazioni, recante “Istituzione del Comitato regionale di bioetica (Co.Re.B.)”; Vista l’intesa acquisita nella seduta del 7 febbraio 2012 della Conferenza Stato-Regioni, concernente i Criteri per la composizione e il funzionamento dei Comitati etici, in attuazione della stessa e per quanto di specifica competenza delle Regioni; Visto l’art. 12, commi 10 e 11, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, come convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, che prevede che ciascuna delle regioni provvede, entro il 30 giugno 2013, a riorganizzare i comitati etici istituiti nel proprio territorio, secondo i criteri indicati;Visto in particolare la lettera a) del suindicato art. 12, comma 10, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, come convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, nella parte in cui prevede che a ciascun co-mitato etico è attribuita una competenza territoriale di una o più province, in modo che sia rispettato il parametro di un comitato per ogni milione di abitanti; Considerato che la popolazione regionale rilevata dal censimento ISTAT 2011 risulta essere di 5.002.904 di abitanti; Ritenuto per l’effetto, di dovere istituire nella Regione siciliana cinque comitati etici;Acquisita l’intesa della Conferenza Stato-Regioni, sancita nella seduta del 7 febbraio 2013; Visto il decreto del Ministero della salute 8 febbraio 2013, che, ai sensi dell’art. 12, commi 10 e 11, del decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, come convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, detta i criteri per la composizione dei comitati etici e per il loro funzionamento; Ritenuto di dover provvedere a riorganizzare i comitati etici della Regione siciliana, attenendosi ai criteri di cui all’articolo 12, comma 10, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, come convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, che disciplina il riordino dei comitati etici; Decreta:

Art. 1 Definizione e competenze dei comitati etici

1. I comitati etici sono organismi indipendenti che, ai sensi dell’art. 1, comma 1, del decreto del Ministero della salute 8 febbraio 2013, garantiscono la tutela dei diritti, la sicurezza e il benessere delle persone sottoposte a sperimentazione. 2. I comitati etici hanno le competenze previste dall’art. 12, comma 10, lett. c), del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, come convertito, con modifi-cazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189.

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3. I comitati etici possono promuovere, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto del Ministero della salute 8 febbraio 2013 e successive modifiche ed integrazioni, iniziative di formazione di operatori sanitari relativamente a temi di bioetica. 4. Tutte le iniziative in materia di formazione di cui al precedente comma 3 devono essere preventivamente comunicate al Comitato regionale di bioetica (Co.Re.B.) di cui al D.A. n. 2357 del 18 novembre 2011 e successive modifi-cazioni ed integrazioni.

Art. 2 Competenza territoriale dei comitati etici della Regione siciliana

I comitati etici operanti nella Regione siciliana ai sensi dell’art. 12, comma 10, lett. a) del decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, come convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, sono 5, come di seguito elencati: – comitato etico Palermo 1, allocato presso l’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico P. Giaccone di Palermo, competente per le sperimentazioni cliniche dell’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico P. Giaccone di Palermo, dell’Azienda sanitaria provinciale di Palermo, dell’Azienda sanitaria provinciale di Caltanissetta e dell’Ospedale Giglio di Cefalù; – comitato etico Palermo 2, allocato presso dell’Azienda ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo, competente per le sperimentazioni cliniche dell’Azienda ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo, dell’Azienda ospedaliera di rilievo nazionale e di alta specializzazione Civico-Di Cristina-Benfratelli di Palermo, dell’Azienda sanitaria provinciale di Agrigento, dell’Azienda sanitaria provinciale di Trapani, e dell’Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione (ISMETT) di Palermo;– comitato etico Catania 1, allocato presso l’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico Vittorio Emanuele di Catania, competente per le sperimentazioni cliniche dell’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico Vittorio Emanuele di Catania, dell’Azienda sanitaria provinciale di Ragusa e dell’Azienda ospedaliera per l’emergenza “Cannizzaro” di Catania; – comitato etico Catania 2, allocato presso l’Azienda ospedaliera di rilievo nazionale e di alta specializzazione Garibaldi di Catania, competente per le sperimentazioni cliniche dell’Azienda ospedaliera di rilievo nazionale e di alta specializzazione Garibaldi di Catania, dell’Azienda sanitaria provinciale di Catania, dell’Azienda sanitaria provinciale di Enna, dell’Azienda sanitaria provinciale di Siracusa e dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Oasi Maria SS. di Troina; – comitato etico Messina, allocato presso l’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico “G. Martino” di Messina, competente per le sperimentazioni cliniche dell’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico “G. Martino” di Messina, dell’Azienda sanitaria provinciale di Messina, dell’Azienda ospedaliera

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Ospedali Riuniti Papardo-Piemonte di Messina e dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico “Bonino Pulejo” di Messina.

Art. 3 Composizione

1. I componenti dei comitati etici, al fine di valutare gli aspetti etici, scientifici e metodologici degli studi proposti, devono, ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Ministero della salute 8 febbraio 2013, essere in possesso di documentata conoscenza ed esperienza nelle sperimentazioni cliniche dei medicinali e nelle altre materie di competenza degli stessi comitati etici acquisite negli ultimi cinque anni anche in ambito extraregionale. 2. Con deliberazione del direttore generale dell’Azienda sanitaria dove è allocato il comitato etico sono nominati i componenti dello stesso comitato, scelti, di concerto tra i direttori generali delle Aziende e degli Istituti che compongono il singolo comitato etico, in modo da garantire che i componenti siano in possesso delle qualifiche e dell’esperienza necessarie a valutare gli aspetti etici, scientifici e metodologici degli studi proposti, documentati da curriculum nonché dell’indipendenza di cui al successivo art. 4. 3. La composizione dei comitati etici è quella di cui all’articolo 2, comma 5, del decreto del Ministero della salute 8 febbraio 2013. 4. Il rappresentante del volontariato o dell’associazionismo di tutela dei pazienti è scelto tra le organizzazioni e le associazioni maggiormente rappresentative di concerto dai Presidenti dei comitati consultivi delle Aziende componenti il comitato etico. 5. Nei casi di valutazioni inerenti ad aree non coperte dalle professionalità dei componenti, il comitato etico può convocare, per specifiche consulenze, esperti esterni.6. Le delibere di nomina dei componenti il comitato etico sono trasmesse all’Assessorato regionale della salute per la verifica di legittimità e, successivamente, pubblicate nei siti istituzionali di tutte le aziende e gli istituti facenti parte del comitato etico, unitamente ai curricula dei soggetti nominati. 7. I componenti del comitato etico restano in carica 3 anni e comunque sino alla scadenza del mandato del comitato etico. I componenti di un comitato etico possono essere rinnovati consecutivamente nello stesso comitato solo una volta. Il Presidente non può ricoprire tale carica per più di due mandati consecutivi presso lo stesso comitato etico. 8. I componenti dei comitati etici non possono far parte contemporaneamente di più comitati etici interaziendali in ambito regionale. 9. Lo sperimentatore, il personale delle aziende sanitarie partecipante alla sperimentazione e i soggetti promotori della sperimentazione forniscono, su richiesta del comitato etico, informazioni su ogni aspetto dello studio senza partecipare alle decisioni, al parere e al voto del comitato stesso.

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Art. 4 Indipendenza

1. Ai sensi dell’art. 12, comma 10, lett. d), del decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, come convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189 sono assicurate l’indipendenza di ciascun comitato etico e l’assenza di rapporti gerarchici tra i diversi comitati etici. 2. L’indipendenza di ciascun comitato etico deve essere altresì garantita, ai sensi di quanto previsto dall’art. 3 del decreto del Ministero della salute 8 febbraio 2013, assicurando in particolare: a) la mancanza di vincolo di subordinazione gerarchica del comitato dall’azienda sanitaria ove lo stesso è allocato nonché dalle aziende e dagli istituti di relativa competenza territoriale; b) la presenza, in misura non inferiore ad un terzo, di componenti esterni alle aziende e agli istituti facenti parte del comitato etico; c) l’assenza in capo ai votanti di conflitti di interesse rispetto alla sperimentazione proposta. A tal fine i componenti del comitato etico ogni anno sono tenuti a rilasciare, prima della nomina, una dichiarazione, con la quale si obbligano ad astenersi dalla partecipazione a qualunque attività del comitato concernente la sperimentazione in cui si manifesta il conflitto di interessi diretto o indiretto o riferito alla ricorrenza di rapporti di parentela, in particolare nelle seguenti fattispecie di carattere non esaustivo: – nelle ipotesi di coinvolgimento, a qualunque titolo, nella progettazione, nella conduzione o nella direzione della sperimentazione, – nelle ipotesi in cui ricorrano rapporti di dipendenza, consulenza o collaborazione, a qualsiasi titolo, ovvero rapporti di parentela o di affinità con lo sperimentatore o con l’azienda che conduce lo studio sperimentale o produce o commercializza il farmaco, il dispositivo medico o il prodotto alimentare coinvolto nella sperimentazione; d) la mancanza di cointeressenze di tipo economico finanziario tra i membri del comitato e le aziende del settore interessato; e) l’assenza di incompatibilità di altro genere previste dal regolamento del comitato etico e, in particolare, la non sussistenza di cause di divieto, decadenza o sospensione di cui all’art. 67 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e successive modifiche ed integrazioni e di non versare nelle condizioni previste dal comma 1 dell’art.15 della legge 19 marzo 1990 n. 55 e successive modifiche ed integrazioni.3. Tutti i componenti, i partecipanti e i consulenti del comitato etico devono rilasciare, prima della nomina: – dichiarazione circa la mancata ricorrenza delle fattispecie di cui ai suindicati punti c), d) ed e) del precedente comma 2; – dichiarazione antimafia; – dichiarazione di non avere riportato condanne penali e/o di non avere

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procedimenti penali in corso; – dichiarazione di non appartenenza a società, enti o associazioni che contrastino o creino conflitto con le finalità istituzionali e le attività del comitato. Quanto dichiarato sarà oggetto di verifica da parte degli uffici competenti. 4. Tutti i soggetti di cui al precedente comma 3 dovranno altresì impegnarsi a comunicare tempestivamente all’organo che ha provveduto alla nomina i conflitti di interesse o le cause di incompatibilità verificatisi successivamente all’assunzione dell’incarico.

Art. 5 Principi di organizzazione e funzionamento

1. Ogni comitato etico deve dotarsi, ai sensi dell’art. 4 del decreto del Ministero della salute 8 febbraio 2013 di un regolamento che disciplini compiti, modalità di funzionamento e comportamento dei componenti. 2. Al fine di garantire l’adozione di un regolamento contenente criteri di funzionamento e di comportamento uniformi per tutti i comitati etici operanti nella Regione siciliana, il CO.Re.B., predispone apposite linee di indirizzo emanate con provvedimento assessoriale. 3. Il regolamento deve prevedere le modalità di valutazione e i termini di adozione dei pareri e, in particolare, il quorum necessario per la validità della seduta che, ai sensi dell’art. 4, comma 4 del decreto del Ministero della salute 8 febbraio 2013, deve comunque essere superiore alla metà dei componenti; le decisioni sono assunte dalla maggioranza dei presenti aventi diritto al voto. 4. Il regolamento successivamente adottato da ciascun comitato etico dovrà essere pubblicato nel sito istituzionale dell’Azienda sanitaria dove è allocato il comitato etico e su quello di tutte le aziende afferenti a quel comitato. 5. Ogni comitato etico deve essere supportato da un qualificato ufficio di segreteria tecnico-scientifica e, a tal fine, l’azienda sanitaria dove è allocato il comitato etico mette a disposizione risorse umane, tecniche, strumentali e amministrative adeguate al numero di studi gestiti dal comitato e in maniera da assicurare il collegamento con le banche dati nazionali e internazionali e con l’Osservatorio nazionale per la sperimentazione clinica e comunque non inferiore a 3 unità. Per particolari esigenze legate alla sperimentazione è possibile reperire le predette risorse anche presso le altre Aziende sanitarie facenti parte del comitato etico di riferimento. Queste ultime dovranno comunque individuare all’interno dell’Azienda un referente cui interfacciarsi con la segreteria del comitato etico. 6. Qualora sorgano particolari necessità legate alla tipologia delle sperimentazioni condotte, il comitato potrà riunirsi anche presso le sedi delle altre Aziende sanitarie di competenza territoriale del medesimo comitato etico. 7. In caso di sperimentazioni monocentriche il comitato etico dovrà rilasciare il parere entro e non oltre 60 giorni dal ricevimento dell’istanza trasmessa dalla

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segreteria tecnico-scientifica. 8. In caso di sperimentazioni multicentriche il comitato etico dell’azienda cui fa capo il centro coordinatore dovrà rilasciare il parere unico entro e non oltre 30 giorni dal ricevimento dell’istanza. 9. Qualora il comitato etico dovesse richiedere l’acquisizione di informazioni integrative i termini sopra indicati si interrompono nelle more del riscontro. 10. Le presenti disposizioni si applicano oltre che alle sperimentazioni cliniche dei medicinali, ad ogni altra questione trattata ai sensi dell’art. 12, comma 10, c) del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, come convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189. 11. In tutti i casi sopra citati, entro i successivi 45 giorni dall’emanazione del parere dovrà essere stipulato il contratto tra il direttore generale dell’azienda sanitaria ove si effettua la sperimentazione e il promotore della sperimentazione secondo il modello allegato al presente decreto (All. A). 12. Gli oneri a carico dei promotori della sperimentazione e gli esiti delle riunioni sono pubblicati nel sito istituzionale dell’Azienda sanitaria dove è allocato il comitato etico, fatto salvo il rispetto della normativa vigente in materia di riservatezza e di tutela brevettuale. 13. I promotori potranno segnalare all’Assessorato il mancato rispetto dei tempi. In caso di più di due segnalazioni pervenute in un semestre l’Assessorato interverrà adottando i provvedimenti del caso. 14. La valutazione etica, scientifica e metodologica degli studi clinici deve avvenire rigorosamente nel rispetto e secondo i principi enunciati all’art. 5 del decreto del Ministero della salute 8 febbraio 2013. 15. La documentazione relativa all’attività del comitato etico è archiviata a cura dell’ufficio di segreteria tecnico-scientifica presso l’Azienda che è sede del comitato etico e resa disponibile ai fini dell’esercizio dell’attività dei competenti organi di vigilanza.

Art. 6 Rapporti con il comitato regionale di bioetica

1. I comitati etici di cui all’art. 1 possono richiedere, per l’espletamento delle loro attività, il supporto del Co.Re.B., di cui al D.A. n. 2357/11 del 18 novembre 2011 e successive modifiche ed integrazioni, nell’ambito delle competenze e funzioni allo stesso attribuite. 2. Entro il 31 gennaio di ogni anno i comitati etici di cui al precedente articolo 2 devono trasmettere al Co.Re.B. una relazione sull’attività svolta nell’anno precedente e il relativo rendiconto economico.

Art. 7 Aspetti economici

1. Al fine di garantire l’uniformità di applicazione della tariffa a carico del promotore per la valutazione e la presa d’atto di emendamenti sostanziali e

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l’importo dei gettoni di presenza da erogare ai componenti dei comitati etici di cui all’articolo 2 del presente decreto nonché dei compensi da riconoscere agli addetti all’ufficio di segreteria tecnico-scientifica, l’Assessorato, sentito il Co.Re.B stabilisce, con separato provvedimento, l’ammontare dei predetti compensi.2. Nella valutazione degli studi per cui non è prevista la corresponsione di una quota da parte di una ditta sponsor (studi spontanei, no-profit, promossi da società scientifiche, ecc.) il Comitato etico deve assicurarsi, secondo la normativa vigente, che non sia previsto alcun onere economico a carico della struttura in cui viene seguito lo studio, a carico del cittadino o a carico del SSN. 3. L’importo dei gettoni di presenza e dei compensi stabiliti ai sensi del precedente comma 1 potrà essere riconosciuto ai dipendenti delle aziende sanitarie che partecipano ai comitati etici o che fanno parte delle segreterie tecnico scientifiche dei medesimi solo per le attività svolte fuori dall’orario di servizio. Nessun gettone di presenza o altro compenso spetta ai componenti dei comitati etici la cui partecipazione è disposta, ai sensi della vigente normativa, ex officio in ragione dell’incarico ricoperto nelle aziende del servizio sanitario regionale.4. L’Azienda sanitaria dove è allocato il comitato etico provvederà a tenere una separata gestione contabile delle entrate e delle spese concernenti tutte le attività del medesimo, la cui gestione è affidata all’ufficio di segreteria tecnico-scientifica.5. Nel sito dell’Azienda sanitaria dove è allocato il comitato etico deve essere pubblicata la separata gestione concernente la contabilità del comitato etico, ivi compreso l’ammontare dei singoli gettoni di presenza e dei compensi annualmente percepiti dai componenti del comitato e dell’ufficio di segreteria tecnico scientifica.

Art. 8 Disposizioni transitorie

1. Entro i sessanta giorni successivi alla pubblicazione della deliberazione del direttore generale di cui all’articolo 3, comma 2, del presente decreto, i comitati etici in carica dovranno trasmettere tutta la documentazione in loro possesso inerente le sperimentazioni in itinere ai nuovi comitati etici secondo il criterio di competenza territoriale di cui al precedente articolo 2. 2. I comitati etici in carica alla data di pubblicazione della deliberazione di cui al precedente comma cessano all’atto dell’insediamento dei nuovi comitati che dovrà comunque avvenire entro il suindicato termine di sessanta giorni. Il presente decreto sarà integralmente pubblicato nella Gazzetta ufficiale dellaRegione siciliana. - Palermo, 16 luglio 2013.

BORSELLINO

Dovunque un essere umano si trovi in situazioni,

di soggezione, sofferenza

e alienazione e queste situazioni siano

imputabili a responsabilità individuali,

sociali, organizzative, istituzionali o

culturali, Cittadinanzattiva interviene

in sua difesa, senza distinzioni di razza,

di nazionalità, condizione sociale, sesso, età,

religione, appartenenza politica

e statuto giuridico, e agisce nei confronti di qualsiasi

soggetto, sia di diritto pubblico che

di diritto privato, anche

attraverso attività di conciliazione

e mediazione sociale, azioni di tutela diretta

o con iniziative dirette all’affermazione di un nuovo diritto

(Preambololo dello Statuto di Cittadinanzattiva)

Finito di stampare nel mese di ottobre 2013 da Arti Grafiche Le Ciminiere snc - Catania

www.leciminiere.it - [email protected]

Luigi Anile, già dirigente amministrativo del Ministero della Sanità pri-ma e dell’Assessorato regionale sanità dopo, negli anni dal 1963 al 1994 ha prestato servizio presso gli Uffici medici provinciali di Pavia, Reggio Calabria e Catania.

Dal 1995, iscritto all’Albo degli Avvocati della Provincia di Catania, ha esercitato sino al 2011 attività di patrocinio e consulenza nel campo del diritto sanitario e previdenziale.

Dal 1995 collabora, quale volontario in Cittadinanzattiva, ove dal 2001 è coordinatore della sez. A. Farsaci del Tribunale per i diritti del malato di Catania e dal 2012 coordinatore regionale. È stato Presidente della Con-sulta per l’Handicap del Comune di Catania, Componente del Comitato etico dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catania, presso cui presiede il Comitato consultivo aziendale.

Dello stesso autore il libro Tribunale per i diritti del malato Catania - 25 anni al servizio dei cittadini (1982-2007).

Luigi Anile

I COMITATI CONSULTIVIDELLE AZIENDE SANITARIE

La partecipazione civica nella Regione Sicilia

Catania 2013