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I Manuali del Club Alpino Italiano 13I Manuali del Club Alpino Italiano

SCI ALPINISMO

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I “Manuali del Club Alpino Italiano”

SCI ALPINISMO13

Club Alpino Italiano

Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo

Commissione Centrale delle Pubblicazioni

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Club Alpino Italianovia A. Petrella, 19 - 20124 Milano

Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo

Commissione Centrale delle Pubblicazioni del Club Alpino Italiano

Collana: “I Manuali del Club Alpino Italiano”n° 13 - edizione: maggio 2004

Proprietà letteraria riservata. Riproduzione vietata senza l’autorizzazione scritta da parte del C.A.I.

testi, disegni e foto: Scuola Centrale di Sci Alpinismo con il contributo di alcuni Organi Tecnici Centrali,di vari Enti e la collaborazione di numerosi soci.

coordinamento tecnico e redazione:Maurizio Dalla Libera

progetto grafico editoriale:Gruppo Ixelle - www.ixelle.it - Mestre

finito di stampare il30 maggio 2004presso le Grafiche Chinchio - Sarmeola di Rubano - Padova

in sovracopertina:sci alpinismo sul Gruppo del Monte Bianco

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Sci alpinismo Presentazione del presidente generale

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CLUB ALPINO ITALIANO

Lo sci alpinismo é sicuramente la disciplina che porta gli appassionati a contatto con la monta-

gna nelle condizioni ambientali e climatiche più estreme e complesse. La presenza del manto nevo-

so, elemento indispensabile allo svolgimento dell’attività, accresce infatti le incognite e i rischi che

la montagna presenta nella stagione estiva.

Quest’elemento caratterizza e determina le tecniche e le conoscenze indispensabili per effettuare

una escursione con gli sci in modo gratificante e in sicurezza.

L’impiego degli sci richiede inoltre, rispetto all’escursionismo o all’alpinismo estivo – o comunque

“a piedi”, capacità specifiche nell’uso del mezzo, impossibili da acquistare in modo adeguato, e che

non costituiscano di per sé un pericolo, senza ricorrere ad istruttori e scuole.

Da tutto ciò emerge chiaramente la necessità di un supporto didattico interdisciplinare che sia

aggiornato e che tenga conto delle peculiarità della disciplina e dell’ambiente in modo da rispon-

dere con efficacia all’esigenza formativa.

Il manuale è destinato quindi “in primis” agli istruttori, ai quali spetta il delicato compito della

trasmissione del sapere, selezionando quelle informazioni che devono portare gli allievi a pratica-

re lo scialpinismo in sicurezza, per la quale condizione imprescindibile è la conoscenza delle pro-

prie capacità e dei propri limiti tecnici e culturali in relazione all’ambiente alpino invernale.

In tale ottica i compilatori, rispetto alla precedente edizione del 1992, hanno giustamente dato

maggior spazio alle tematiche più specifiche, strettamente connesse al movimento con gli sci nel-

l’ambiente invernale, e alle peculiarità statistiche e successione di quest’ultimo. Ovviamente que-

sto ha richiesto la partecipazione di varie competenze, sia interne alla nostra organizzazione che

d’altri Enti, competenze comunque tutte maturate in quanto vissute a stretto contatto con l’am-

biente: un prezioso patrimonio culturale di assai difficile acquisizione che marita il massimo sfor-

zo per essere diffuso e tramandato. È ancora una volta la dimostrazione che la Libera Università

della Montagna potrà essere l’ambito qualificato per ottimizzare, ancor più, le sinergie già messe

in atto con la realizzazione di quest’opera. Per questo gravoso compito, del quale la Scuola cen-

trale di scialpinismo si è fatta carico, il grazie del Club Alpino Italiano e mio personale è parti-

colarmente sentito, riconoscendo in questo nuovo manuale un considerevole impegno, frutto di

puro volontariato, destinato a dare una valida risposta alla richiesta sempre crescente, in termi-

ni numerici e qualitativi, di insegnamenti da parte di coloro che si avvicinano a questa affasci-

nante attività, o intendono perfezionare il proprio livello performativo.

Gabriele Bianchi

presidente generale Club Alpino Italiano

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Presentazione e ringraziamenti

Sci alpinismo

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PRESENTAZIONE E RINGRAZIAMENTI DELLA COMMISSIONE NAZIONALE SCUOLE DI ALPINISMO E SCI ALPINISMO - CNSASA

La presente edizione 2004 del manuale di sci alpinismo, attesa da alcuni anni, è anche il primo

di una serie di nuovi manuali riguardanti l’evolversi delle tecniche alpinistiche. Il lavoro di

ricerca e l’esperienza in ambiente, della Scuola Centrale di Sci Alpinismo, viene tradotto in que-

ste pagine grazie al lavoro di sintesi profuso da Maurizio Dalla Libera attuale Direttore. Voglio

qui rigraziarLo a nome degli Istruttori tutti, che avranno un valido supporto didattico per la

loro opera formativa nelle Scuole del Club Alpino Italiano.

La Commissione vuole inoltre ringraziare:

• Il gruppo di lavoro della Scuola Centrale di Sci Alpinismo che si è dedicato in modo partico-

lare e composto da Giancarlo Alessandrini, Bruno Brunello, Franco Brunello, Gianfranco

Fasciolo, Remo Feller, Edoardo Fioretti, Ivano Mattuzzi, Angelo Panza, Ettore Taufer, Edoardo

Usuelli, Riccardo Vairetti, Renzo Zambaldi, Giancarlo Zucchi

• I collaboratori operanti con la CNSASA: Davide Rogora per l’accurato lavoro di correzione

e Paolo Veronelli per la segreteria; Massimo Doglioni per la consulenza editoriale e Alessandro

Bimbatti per le illustrazioni grafiche.

• La Scuola Interregionale di Alpinismo e Sci Alpinismo del Trentino Alto Adige per la colla-

borazione fornita nella realizzazione dei capitoli “Tecnica di salita nello sci alpinismo” e

“Barella di fortuna”

• Il Servizio Valanghe del C.A.I. e gli Istruttori Ernesto Bassetti, Luciano Filippi, Alessandro

Calderoli, Mauro Mazzola, Alfio Riva, Beppe Stauder per il contributo fornito in tema di neve,

valanghe, A.R.VA. e autosoccorso. Un particolare ringraziamento va rivolto all’INSA Marco

Chierici per il lavoro svolto sul capitolo dedicato all’A.R.VA.

• La Commissione Centrale Materiali e Tecniche e l’Istruttore Vittorio Bedogni

• I Tecnici del CNSAS Alessandro Calderoli, Franco Dobetti, Michele Barbiero, Lorenzo

Giacomoni per il contributo fornito nella stesura del capitolo “la richiesta di soccorso”

• L’Istruttore Matteo Fiori per il contributo fornito alla stesura di una sezione del capitolo “scel-

ta e preparazione di gita”

• L’Associazione Interregionale Neve e Valanghe (AINEVA) e in particolare la Direzione della

rivista “Neve e valanghe” per averci autorizzato a riprodurre parti di testo ed immagini pre-

senti nelle loro pubblicazioni relative a bollettini nivometeo, neve e valanghe

• Il Centro Valanghe di Arabba e i tecnici Anselmo Cagnati, Mauro Valt, Renato Zasso per la

consulenza sulle caratteristiche della neve e sulla valutazione della stabilità del manto nevoso

• Il Centre Etude de la Neige (CEN ) di Météo France per aver autorizzato la pubblicazione

di foto sui cristalli di neve

• Jean Paul Zuanon e Giovanni Kappenberger per la sensibilità e l’aiuto manifestati in più occasioni

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Sci alpinismo Presentazione e ringraziamenti

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• La Federazione Italiana Sport Invernali (FISI) e il Collegio Nazionale dei Maestri di Sci

Italiani per averci autorizzato ad utilizzare come manuale di riferimento “Sci italiano -testo

ufficiale per l’insegnamento dello sci alpino - edizione 1998” edito dalla FISI d’intesa con il

Collegio Nazionale Maestri di Sci Italiani e l’Associazione Maestri di Sci Italiani.

• La Sezione Sci Alpinistica del Centro Addestramento Alpino che ha collaborato con disponi-

bilità e competenza per realizzare una completa ed esauriente progressione sulla tecnica di disce-

sa. Vogliamo citare il Col. Pierangelo Consonni e il Ten Col. Marco Mosso Comandante della

Sezione Sci Alpinistica che ha sede presso la Caserma “L. Perenni” di Courmayeur, il cap. Remo

Armano Comandante del reparto e gli Istruttori Militari che hanno dimostrato gli esercizi su

pista: Ettore Taufer (Guida Alpina UVGAM, Maestro di Sci Alpino e Maestro di Sci Nordico),

Alessandro Busca (Istruttore Nazionale Guide Alpine, Istruttore Nazionale di Sci Alpino),

Erman Tussidor (Istruttore Nazionale di Sci Alpino)

• Tutto l’organico della Scuola Centrale di Sci Alpinismo per la partecipazione alle varie riu-

nioni e alle numerose prove tecniche rese necessarie per la realizzazione del manuale:

Vogliamo infine ricordare con affetto Fritz Gansser per il grande impegno profuso nelle Scuole

di Sci Alpinismo del nostro Sodalizio. La sua opera è stata determinante nella prevenzione dei

pericoli della montagna e rappresenta per tutti noi un esempio da seguire.

Giancarlo Alessandrini

Pietro Botto

Bruno Brunello

Franco Brunello

Bruno China Bino

Massimo Carrara

Danilo Collino

Pierangelo Consonni

Cornelio Cortesi

Maurizio Dalla Libera

Ruggero Daniele

Davide Digiosaffatte

Enrico Ercolani

Gianfranco Fasciolo

Remo Feller

Pierantonio Ferrari

Luciano Filippi

Edoardo Fioretti

Guido Fossati

Luciano Gilardoni

Gianfranco Guadagnini

Vittorio Lega

Sergio Martini

Ivano Mattuzzi

Tino Micotti

Bruno Moretti

Ivo Mottes

Angelo Panza

Antonio Peccati

Giovanni Santambrogio

Ettore Taufer

Franco Tosi

Edoardo Usuelli

Riccardo Vairetti

Renzo Zambaldi

Carlo Zanon

Sergio Zoia

Giancarlo Zucchi

Rolando Canutipresidente della Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo

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PREFAZIONE

Il presente manuale segue l’impostazione della precedente edizione del 1992 scritta con

competenza e passione. Il lavoro di questi amici è stato ripreso, aggiornato e sviluppato in

quanto nel tempo sono mutati non solo diversi aspetti tecnici, legati allo svolgimento del-

l’attività sci alpinistica, è anche maturata un’impostazione didattica che attribuisce parti-

colare importanza ad alcuni elementi fondamentali, per frequentare con sicurezza l’am-

biente innevato quali la conoscenza della neve, la preparazione della gita e il comporta-

mento durante l’escursione. Lo sci alpinismo è una pratica alpinistica che contempla l’uso

degli sci in salita e in discesa per buona parte del percorso: si va quindi dalla semplice escur-

sione al limite della vegetazione, ai grandi itinerari su ghiacciaio, alle gite con tratti finali

di roccia, ghiaccio e misto. Nel presente manuale sono sviluppati soprattutto gli aspetti ine-

renti all’attività sciistica, mentre si è preferito descrivere le tecniche relative alla progres-

sione alpinistica in cordata su ghiacciaio e su terreno di misto, nonché i recuperi da cre-

paccio nel manuale “Alpinismo su ghiaccio”; tematiche di carattere formativo e culturale,

come ad esempio meteorologia, topografia, fisiologia, alimentazione, primo soccorso sono

stati trattati nel manuale “Ambiente alpino”. Tuttavia il volume pur acquistando un carat-

tere più monotematico, rispetto alla precedente edizione sviluppa in modo più approfon-

dito alcuni argomenti che nel corso di questi ultimi anni sono stati al centro della nostra

attenzione. Lo scopo è quello di sempre: fornire le conoscenze e le tecniche per frequenta-

re la montagna in sicurezza dapprima in modo guidato e successivamente in forma auto-

noma.

Questo manuale è principalmente rivolto agli allievi che partecipano a corsi di base, avan-

zati e di perfezionamento organizzati dalle scuole di sci alpinismo del Club Alpino Italiano

ed è destinato agli istruttori per i quali diventa un riferimento essenziale ai fini dell’u-

niformità didattica. È anche rivolto a tutti coloro che, già possedendo le basi tecniche di

progressione di questa attività, vogliono migliorare la loro preparazione non solo nelle fasi

della salita e della discesa, ma soprattutto ai fini di una solida istruzione in tema di neve-

valanghe, preparazione e condotta di gita e autosoccorso. Allo scopo di offrire una adegua-

ta formazione, sia allo sci alpinista principiante che a quello più evoluto, nei diversi capi-

toli sono presenti informazioni di base e argomenti trattati in modo più approfondito. È

compito degli istruttori, sulla base degli obiettivi e dei contenuti stabiliti per ciascuna tipo-

logia di corso dalla Commissione Nazionale, scegliere nel manuale gli argomenti più adat-

ti per il livello del corso e svolgerli durante le lezioni teoriche e le uscite pratiche. Va ricor-

dato che una scuola è buona se gli allievi alla fine di un percorso formativo sono riusciti ad

apprendere alcune conoscenze e abilità di base stabilite dagli obiettivi principali del corso;

la formazione deve far capire a tutti i partecipanti l’importanza di muoversi nell’ambiente

in sicurezza, perché la montagna presenta difficoltà e pericoli che spesso i meno esperti sot-

tovalutano.

Prefazione Sci alpinismo

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Sci alpinismo Prefazione

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All’istruttore si chiede di curare quelle tecniche di insegnamento, che consentono di tra-

sferire all’allievo ciò che conosce e sa fare in modo che grazie all’intervento didattico e ad

un’adeguata esperienza personale egli possa frequentare in sicurezza l’ambiente di mon-

tagna in forma sempre più autonoma.

Nel manuale i temi particolarmente curati sono: le tecniche di progressione in salita e in

discesa, neve-valanghe e valutazione della stabilità del manto nevoso, i criteri di scelta e

condotta di una gita sci alpinistica allo scopo di ridurre il pericolo di valanghe, e l’auto-

soccorso in caso di travolgimento da valanga.

Per realizzare un’opera che comprenda varie discipline e che risulti sufficientemente

approfondita ci siamo avvalsi di importanti contributi sia da parte di Commissioni ope-

ranti all’interno del C.A.I., sia di Enti che svolgono attività di informazione, divulgazione

e prevenzione nell’ambiente montano, nonché della cooperazione di numerosi amici istrut-

tori ed esperti dell’attività sci alpinistica.

Nella descrizione della progressione in salita e in discesa ci siamo posti il duplice obiettivo

di aumentare il grado di sicurezza e di fornire agli istruttori uno strumento didattico che

contribuisca a creare qualità e uniformità di insegnamento.

La tecnica di salita prevede una serie di esercizi da applicare in base alle caratteristiche del

terreno, dal movimento sul piano all’inversione su pendio ripido con neve profonda.

La tecnica di discesa è stata oggetto di particolare attenzione: si è introdotta una progres-

sione degli esercizi presentati secondo un ordine crescente di difficoltà, che contempla, ai

fini di un migliore apprendimento anche una dimostrazione su pista.

Si è curato con particolare attenzione l’aspetto della prevenzione degli incidenti, sia in fase

di preparazione della gita che in fase di comportamento sul terreno. La trattazione si basa

sul principio del metodo di riduzione del rischio di valanghe in relazione alle condizioni del

tempo e della neve, al tipo di terreno e alle caratteristiche dei partecipanti.

Nella maggior parte delle situazioni le valanghe possono essere evitate: infatti nel 95% dei

casi il distacco di valanghe a lastroni è causato dagli stessi sciatori o alpinisti che sollecita-

no il pendio con il proprio peso.

Sono stati sviluppati in modo approfondito i capitoli “la neve” e “le valanghe” per far com-

prendere le trasformazioni del manto nevoso e le cause principali che sono all’origine del

distacco di una valanga. Queste conoscenze e una adeguata esperienza maturata in monta-

gna ci consentono di interpretare correttamente le informazioni contenute nel bollettino

nivometeo, di scegliere una gita con criteri più oggettivi, di osservare con attenzione il ter-

reno e di adottare nell’esecuzione della traccia un comportamento adeguato all’ambiente e

alle caratteristiche dei partecipanti.

Nel capitolo “la valutazione della stabilità del manto nevoso” si illustrano i metodi di esame

del manto nevoso che hanno lo scopo di stimare la probabilità di distacco di una valanga.

Questi test, in particolare il profilo stratigrafico e il blocco di slittamento, non devono esse-

re considerati una prova assoluta per decidere se attraversare o meno un pendio. Tuttavia

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Prefazione Sci alpinismo

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sono prove molto utili dal punto di vista didattico per far conoscere la struttura del manto

nevoso e per valutare il grado di pericolosità di un luogo circoscritto e allo sci alpinista esper-

to forniscono pertanto importanti indicazioni sulle condizioni generali della neve in quella

specifica zona.

Le misure di precauzione che vengono sviluppate nei capitoli “scelta e preparazione della

gita” e “condotta di gita” fanno riferimento ad una pratica ormai consolidata che si basa sul-

l’attuazione di tre fasi fondamentali: la pianificazione a casa dell’escursione, la valutazione

locale che prevede una costante osservazione durante tutta la gita delle condizioni nivome-

teo, del terreno e dei partecipanti e infine la valutazione della stabilità del manto nevoso sul

singolo pendio ripido. Particolare attenzione è stata dedicata anche al tema dell’autosoccor-

so; infatti nonostante tutte le precauzioni assunte il travolgimento da valanga non è un peri-

colo completamente assente: in tal caso l’intervento di soccorso deve essere effettuato entro

15 minuti di tempo per avere alte probabilità di ritrovare viva una persona sepolta. Risulta

evidente l’importanza di un autosoccorso condotto dagli stessi compagni di escursione dota-

ti di attrezzatura adeguata e preparati sui metodi di ricerca. Lo sci alpinista deve quindi dotar-

si prima di partire per una gita di un set di sicurezza costituito da un apparecchio elettronico

di ricerca (A.R.VA.) per la localizzazione della persona sepolta, di una sonda per individuare

con precisione il sepolto e di una pala per disseppellire rapidamente l’infortunato.

Nei capitoli “la ricerca di travolti con A.R.VA.” e “autosoccorso” vengono illustrate e

approfondite le tematiche relative alle caratteristiche degli apparecchi e dei metodi di ricer-

ca in valanga comprensivi dei casi di seppellimenti multipli e profondi, nonché le procedu-

re e le strategie da attuare durante un autosoccorso.

La pratica dello sci alpinismo presenta dei pericoli e quindi un’accurata scelta dell’escursio-

ne e un corretto comportamento da adottare sul terreno sono elementi fondamentali per

ridurre i rischi. Tuttavia per la nostra condizione umana e per alcuni elementi non sempre

prevedibili, permane un rischio residuo che, dipendendo da molti fattori, resta molto dif-

ficile da valutare. Bisogna quindi praticare questa attività con diligenza e prudenza con il

duplice obiettivo di prevenire gli incidenti e garantire quelle grandi soddisfazioni che la fre-

quentazione della montagna ci può offrire e questo vale sia durante la fase di preparazione

che nel normale svolgimento della gita soprattutto in termini di organizzazione e di capa-

cità decisionale.

La prudenza è un margine di sicurezza che dipende dalle capacità, dalle conoscenze dell'in-

dividuo e dal tipo di situazione. Ciò che conta è essere coscienti della propria capacità di

valutazione; bisogna assumere un atteggiamento critico nei confronti delle propria espe-

rienza.

Per conoscere i propri limiti bisogna analizzare e non giustificare i propri errori, ascoltare e

valutare le critiche, i consigli e le osservazioni dei compagni di gita. L’esperienza un tempo

legata alla quantità, va rivista come strettamente dipendente dalla qualità ed essa perciò non

è determinata solo dal numero di gite, ma soprattutto dalle conoscenze, dallo spirito di

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Sci alpinismo Prefazione

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osservazione dell’ambiente, dall’interesse e dalle capacità critiche dell’individuo.

Considerando a parte gli itinerari che si svolgono su ghiacciaio o che presentano tratti alpi-

nistici per l’effettuazione dei quali è richiesta una adeguata preparazione, lo scialpinismo è

un'attività relativamente facile da svolgere all’interno di un gruppo. Chiunque abbia discre-

te capacità sciatorie e un fisico in buone condizioni è in grado di apprendere rapidamente

e percorrere con soddisfazione la maggioranza degli itinerari sciistici. Diventa difficile pra-

ticare bene l’attività sci alpinistica quando si presentano situazioni di ridotta visibilità, di

peggioramento del tempo, o di incidente e a maggior ragione quando si tratta di stimare il

pericolo di valanghe. Le incognite poi si moltiplicano quando ci si muove in forma auto-

noma e si possiede poca esperienza. Questa situazione è una caratteristica peculiare dello sci

alpinismo poiché le difficoltà tecniche di progressione non sono legate ai pericoli principa-

li ed è quindi relativamente facile imparare a salire e scendere, ma diventa assai più lungo

ed impegnativo fare dello scialpinismo in sicurezza e diventare alpinisti completi ed auto-

nomi.

Uno degli scopi delle scuole di sci alpinismo del C.A.I. è proprio quello di presentare ai par-

tecipanti queste situazioni in modo che, alla conclusione di un corso, si rendano conto delle

loro attitudini e dei loro limiti. Risulta evidente che non è la conoscenza teorica di tutte le

nozioni relative a questa attività che stabilisce la completezza di uno sciatore alpinista, ma

unicamente la sua capacità di applicarle sul terreno in situazioni reali, possibilmente gui-

dato da chi già possiede esperienza e competenze tecniche. Il manuale, che introduce per

la prima volta immagini a colori per facilitare la comprensione di quanto proposto, preve-

de la fornitura alle Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo di un CD ROM il quale raccoglie

tutte le foto e le illustrazioni che accompagnano il testo, con lo scopo di fornire un sussi-

dio didattico nella preparazione delle lezioni.

Inoltre è allegato al volume un regolo di plastica trasparente, utile per semplificare l’indivi-

duazione dei pendii ripidi sulla carta topografica e facilitare sul luogo la misura dell’incli-

nazione del terreno. Ci auguriamo che il manuale, frutto di un lungo lavoro, possa essere

di valido aiuto per molti, in particolare per istruttori e allievi dei corsi di sci alpinismo e

rivolgiamo un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno collaborato con passione e

tenacia alla sua realizzazione.

Maurizio Dalla Libera

Direttore della Scuola Centrale di Sci Alpinismo

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Sommario Sci alpinismo

10

SOMMARIO

• Presentazione del Presidente Generale pag. 3

• Presentazione e ringraziamenti della Commissione Nazionale

Scuole di Alpinismo e Sci alpinismo - CNSASA pag. 4

• Prefazione pag. 6

• Sommario pag. 10

Capitolo 1: Equipaggiamento

Premessa pag. 18

Attrezzatura varia pag. 20

Materiale alpinistico pag. 34

Altri dispositivi di sicurezza in caso di travolgimento da valanga pag. 38

Capitolo 2: Manutenzione sci e sciolinatura

Premessa pag. 42

Manutenzione e preparazione degli sci pag. 42

Sciolinatura degli sci pag. 44

Capitolo 3: Tecnica di salita nello sci alpinismo

Premessa pag. 48

Progressione di base pag. 48

Posizione di base pag. 48

Movimento di base in piano pag. 49

Movimento di base sulla massima pendenza pag. 49

Movimento di base in diagonale pag. 51

Progressione con cambio di direzione e dietro-front pag. 51

Passo di giro pag. 52

Passo di giro con apertura di coda e di punta pag. 53

Dietro-front a monte di base pag. 54

Dietro-front a monte evoluto pag. 56

Dietro-front infilato di coda a valle pag. 57

Dietro-front infilato di coda a monte pag. 58

Massimo
clicca sui titoli in rosso per andare al capitolo desiderato
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Sci alpinismo Sommario

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Progressione senza cambio di direzione pag. 59

Passo laterale “scaletta” pag. 59

Impiego generale dell’attrezzatura pag. 60

Capitolo 4: Tecnica di discesa nello sci alpinismo

Premessa pag. 64

Descrizione generale degli esercizi pag. 65

Livelli e progressione tecnica pag. 68

1° livello: curve con apertura di coda dello sci a monte pag. 70

• diagonale pag. 70

• slittamento dalla diagonale pag. 71

• cambio di direzione da fermo pag. 72

• collegamento di curve a spazzaneve pag. 74

• collegamento di virate pag. 76

• collegamento di curve con apertura di coda dello sci a monte pag. 78

2° livello: collegamento di “cristiania di base” pag. 80

• passo di giro pag. 80

• collegamento di curve elementari di base pag. 82

• collegamento di curve di base pag. 84

• diagonale con appoggio del bastoncino pag. 86

• slittamento alternato alla diagonale pag. 88

• discesa in cordata su ghiacciaio pag. 90

• collegamento di “cristiania di base” pag. 92

3° livello: sequenza di “cristiania di base” pag. 94

• sequenza di “cristiania di base” ad arco medio pag. 94

• sequenza di “cristiania di base” ad arco medio filante pag. 96

• sequenza di “cristiania di base” ad arco breve pag. 98

• superamento di gobbe e cunette pag. 100

• curva con salto pag. 102

4° livello: sequenze cristiania ad arco ampio, medio, breve pag. 104

• sequenza di cristiania arco ampio pag. 104

• sequenza di cristiania arco medio pag. 106

• sequenza di cristiania arco medio filante pag. 108

• sequenza di cristiania arco breve pag. 110

• sequenza di curve con salto pag. 112

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Sommario Sci alpinismo

12

5° livello: curve condotte pag. 114

• diagonale da conduzione pag. 114

• curva condotta a monte dalla massima pendenza pag. 116

• curva condotta a valle dalla diagonale pag. 118

• parallelo pag. 120

• serpentina pag. 122

• scodinzolo pag. 124

• cortoraggio pag. 126

Glossario pag. 128

Archi di curva pag. 134

Capitolo 5: Tecnica di bivacco

Premessa pag. 138

Realizzazione del bivacco pag. 138

La tenda pag. 142

Sopravvivenza d'inverno pag. 143

Capitolo 6: La neve

La formazione della neve pag. 146

Fattori che influenzano la superficie del manto nevoso pag. 150

Le superfici del manto nevoso pag. 153

Evoluzione del manto nevoso pag. 156

• L’interno di uno strato di neve pag. 156

• La temperatura all’interno del manto nevoso pag. 156

• Gradiente di temperatura (GT) pag. 157

Trasformazione della neve al suolo pag. 159

• Scomparsa delle ramificazioni pag. 159

• I metamorfismi della neve al suolo pag. 159

• Trasformazione meccanica da vento pag. 166

Proprietà della neve pag. 167

Capitolo 7: Le valanghe

Premessa pag. 176

Massimo
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Sci alpinismo Sommario

13

I movimenti lenti pag. 176

I movimenti veloci: le valanghe pag. 177

Classificazione delle valanghe pag. 178

La valanga di neve a debole coesione pag. 180

La valanga di neve a lastroni pag. 182

La valanga di neve bagnata pag. 186

La valanga nubiforme pag. 187

Cause generali del distacco di valanghe pag. 188

Condizioni critiche per il distacco di una valanga a lastroni pag. 190

Fattori che determinano il distacco di valanghe pag. 196

Morfologia del terreno e vegetazione pag. 208

Capitolo 8: La valutazione della stabilità del manto nevoso

Premessa pag. 212

Metodi di esame del manto nevoso e rappresentatività dei test pag. 212

Misura dell’inclinazione di un pendio pag. 215

Test della pala pag. 217

Test del bastoncino pag. 218

Test della sonda pag. 220

Profilo stratigrafico pag. 222

Test del blocco di slittamento pag. 235

Capitolo 9: Incidenti da valanga e probabilità di sopravvivenza

Premessa pag. 244

Incidenti da valanga sulle Alpi pag. 244

Probabilità di sopravvivenza in valanga pag. 254

Capitolo 10: A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Gli A.R.VA.: breve storia pag. 260

A.R.VA. caratteristiche generali pag. 266

• A.R.VA. analogici, digitali, analogico-digitali pag. 266

Funzionamento dell’A.R.VA. pag. 269

Metodi di ricerca con A.R.VA. pag. 278

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Sommario Sci alpinismo

14

• La ricerca direzionale pag. 278

• La ricerca a croce o per linee ortogonali pag. 280

Fasi della ricerca con A.R.VA. pag. 282

• Fase Primaria: ricerca del primo segnale pag. 282

• Fase Secondaria: localizzazione del travolto pag. 284

• Fase Finale: ricerca di precisione pag. 285

Ricerca di più persone sepolte pag. 286

• Definizione di apparecchi “distanti” e apparecchi “vicini” pag. 287

• Ricerca multipla: due apparecchi pag. 288

• Ricerca multipla: tre o più apparecchi pag. 290

Il problema dei falsi massimi pag. 296

Ricerca di persone sepolte in profondità pag. 300

Manutenzione e corretto funzionamento dell’A.R.VA. pag. 305

Esercizi sull’utilizzo dell’A.R.VA. pag. 306

Capitolo 11: Scelta e preparazione della gita sci alpinistica

Premessa: conoscenza delle proprie capacità e stima del pericolo pag. 310

Metodo di riduzione del rischio di valanghe pag. 312

Pianificazione dell’escursione a tavolino - Fase 1 pag. 314

Fase 1.1: le condizioni meteo-nivo pag. 315

• Bollettino nivo-metereologico pag. 315

• La scala europea del pericolo valanghe pag. 318

• Informazioni complementari pag. 324

Fase 1.2: il terreno pag. 325

• Introduzione alla valutazione del terreno pag. 325

• Stagioni per la pratica sci alpinistica pag. 325

• Esposizione dei versanti pag. 326

• Guide di itinerari sci alpinistici pag. 327

• Scelte dell’itinerario in relazione alla sciabilità della neve pag. 330

• Studio dell’itinerario con carta topograficae preparazione del tracciato di rotta pag. 336

Fase 1.3: caratteristiche e comportamento dei partecipanti pag. 341

• Introduzione pag. 341

• Comportamenti durante l’attività sci alpinistica pag. 342

• Capacità individuali e requisiti dell'istruttore e del capogita pag. 345

Massimo
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Sci alpinismo Sommario

15

• La responsabilità dell’accompagnatore pag. 347

• Equipaggiamento individuale e collettivo pag. 353

Particolari organizzativi e suggerimenti pag. 355

Le “traversate” o “alte vie” e “raid” in sci pag. 359

Numeri telefonici e indirizzi web utili dei bollettini nivo-meteo pag. 362

Capitolo 12: Condotta durante la gita sci alpinistica

Premessa pag. 366

Valutazione locale del pericolo di valanghe - fase 2 pag. 368

Condotta di gita: prospetto riassuntivo della fase 2 pag. 368

Fattori di rischio importanti pag. 369

Suggerimenti prima di partire per la gita in programma pag. 375

Preparativi prima della partenza e modo di procedere pag. 377

Regole di sicurezza da adottare nell’esecuzione della traccia e della microtraccia pag. 383

Regole di sicurezza da adottare in fase di discesa pag. 392

Valutazione della stabilità del singolo pendio

e scelta ottimale della traccia - fase 3 pag. 398

Introduzione pag. 398

Condotta di gita: prospetto riassuntivo della fase 3 pag. 399

Considerazioni sulla percorribilità del pendio pag. 400

Suddivisione del gruppo di sei persone in due gruppi di tre pag. 402

Distanze fra i singoli e zone di attesa pag. 403

Attraversamento di un pendio sospetto e osservazione dei compagni pag. 403

Esempi significativi di distacchi di valanga pag. 404

Comportamento in caso di distacco della valanga pag. 407

Metodo di riduzione del rischio di valanghe: schema riassuntivo pag. 408

Capitolo 13: Autosoccorso in valanga

Premessa pag. 410

Fase organizzativa (fase 1) pag. 412

• Nomina di un direttore della ricerca, stima dei superstiti,valutazione del luogo, assegnazione dei compiti pag. 414

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Sommario Sci alpinismo

16

Fasi operative e strategie di ricerca pag. 416

• Ricerca vista-udito pag. 416

• Ricerca specifica con A.R.VA. e individuazione aree primarie pag. 417

• Sondaggio nel caso di sepolti senza A.R.VA. pag. 417

• Richiesta di soccorso organizzato, da attivare in base alla situazione del momento pag. 418

Descrizione dettagliata di alcune operazioni pag. 421

• Identificazione aree primarie di ricerca pag. 422

• Il sondaggio pag. 425

• Lo scavo nella neve pag. 428

• Primo soccorso al sepolto in valanga pag. 432

Capitolo 14: Barella e trasporto dell’infortunato

Premessa pag. 436

Tipi di barella pag. 437

• Barella componibile pag. 437

• Barella gonfiabile pag. 437

• Accoppiatori pag. 437

• Barella di fortuna pag. 438

Assistenza all’infortunato pag. 442

Trasporto dell’infortunato pag. 443

Capitolo 15: Richiesta di soccorso

Premessa pag. 446

Numeri di chiamata del soccorso alpino sulle Alpi pag. 446

Segnali internazionali di soccorso alpino pag. 447

Il soccorso aereo pag. 448

Scelta della zona di atterraggio e misure di sicurezza pag. 450

Soccorso in crepaccio pag. 456

Chiamata di soccorso: scheda sintetica pag. 457

Bibliografia pag. 459

Massimo
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capitolo 1

Equipaggiamento

INDICE

PremessaCostoPesoPrestazioniSicurezza

Attrezzatura variaSciBastonciniAttacchiRegolazione degli attacchiScarponiPelli di focaLame o coltelli da neve (rampanti)ZainoA.R.VA.Pala e sondaAbbigliamentoGuantiOcchialiAltri accessori

Materiale alpinisticoPiccozzaRamponiAttrezzatura da bivaccoFarmaciaMateriale per riparazioniMateriale per topografiaCorda, imbracatura e materiale alpinisticoBandierine

Altri dispositivi di sicurezza in caso di travolgimento da valanga

AirbagAvagearAvalungSistema Recco

Massimo
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Premessa Equipaggiamento Sci alpinismo

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Costo È ovvio che si deve rimanere nell’ambito delle pro-prie possibilità economiche. Non si può però scen-dere sotto una soglia minima che garantisca un suf-ficiente margine di sicurezza (certe parti dell’equi-paggiamento sono indispensabili ed è altrettantoindispensabile che funzionino bene).

PesoInfluisce su due fronti. Primo, ogni singola partedell’equipaggiamento può essere più o meno pesan-te (a parità di prestazioni, in genere l’attrezzo piùleggero è più costoso). Secondo, in gita si può por-tare nel sacco solo un peso relativamente limitato.Un sacco troppo pesante sfianca e rallenta, diminui-sce quindi la sicurezza. D’altro canto, anche la man-canza di equipaggiamento in condizioni di emergen-za può mettere a repentaglio la sicurezza dello scia-tore alpinista. Fare bene il sacco è dunque un’arteimportante e difficile, che richiede più esperienza diquanto si possa pensare. Occorre infatti una cono-scenza precisa delle esigenze che si possono incon-trare in montagna in generale e, più in particolare,nella gita per cui si parte.

PrestazioniOgni parte dell’equipaggiamento si trova sul merca-

Capitolo 1

L’equipaggiamento indi-spensabile dev’esseresoprattutto affidabile.

Prestazioni ed affidabi-lità dell’attrezzatura con-dizionano sicurezza edivertimento.

L’ e q u i p a g g i a m e n t otroppo pesante peggiorai limiti di sicurezza.

PREMESSA

Nella scelta dell’equipaggiamento intervengono quattro fattori contrastanti; la deci-sione su che cosa acquistare e portarsi nelle gite scialpinistiche è dunque sempre uncompromesso nel tentativo di ottimizzarli.

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Sci alpinismo Equipaggiamento Premessa

19

to con diversi livelli di prestazioni tecniche. In gene-re, quanto migliore è la prestazione tanto più eleva-to è il costo. È ovvio d’altronde che un equipaggia-mento con buone prestazioni tecniche e buona affi-dabilità offra una migliore sicurezza e un maggioredivertimento.

SicurezzaÈ un fattore molto spesso trascurato nella decisionedell’acquisto dell’equipaggiamento o del suo impie-go in una determinata gita. Questo perché la sicu-rezza è molto meno tangibile del costo, del peso edelle prestazioni. Inoltre è facile ritenere superfluociò che non è di uso diretto, cioè che non è attinen-te alle tecniche di progressione e prevenzione, maalle tecniche di soccorso.Si ricorda ancora che un equipaggiamento in buonecondizioni e razionale, è la premessa per effettuare legite in sicurezza e senza fastidi. Ogni carenza o difet-to si paga con dispendio di tempo e di fatica, pocodivertimento e a volte danni fisici. Per non dimenti-care nulla di essenziale allo svolgimento della gita, siconsiglia di compilare un foglio con un elenco piùcompleto possibile dell’equipaggiamento e di attac-carlo all’ interno della porta dell’armadio in cui sitiene il materiale, per poter effettuare un rapido con-trollo prima della partenza.In questi ultimi anni l’attrezzatura sciistica e alpini-stica e l’abbigliamento hanno subito una rapida evo-luzione, che ha portato sul mercato articoli specificidalle elevate prestazioni tecniche. Lo sviluppo delmercato ha inoltre provocato la comparsa di nume-rosi modelli, prodotti da case diverse, mettendo l’ac-quirente nell’imbarazzo della scelta. A grandi linee sipuò dividere l’equipaggiamento in: individuale ocollettivo. Per ogni elemento dell’equipaggiamentosi cercherà di indicare l’uso (quando non evidente),le caratteristiche essenziali che deve avere, gli accor-gimenti nell’uso e nella manutenzione, i vantaggi egli svantaggi di eventuali caratteristiche contrastanti.

Capitolo 1

Prepara e conserva unascheda promemoria del-l’equipaggiamento danon dimenticare mai.

A grandi linee si puòdividere l’equipaggia-mento fra individuale ecollettivo.

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Attrezzatura varia Equipaggiamento Sci alpinismo

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ATTREZZATURA VARIA

Sci Esistono in commercio numerosi modelli, tutti spe-cificamente costruiti per lo sci alpinismo. Spesso leriviste specializzate eseguono dei test comparativi chene mettono in rilievo i pregi e i difetti. Leggerezza,robustezza e manovrabilità, sono i requisiti fonda-mentali per uno sci da sci alpinismo. Per la galleggia-bilità e la manovrabilità su neve fresca profonda,occorre che lo sci sia morbido, soprattutto di spato-la. La morbidezza dello sci può per contro esserenegativa su neve dura o irregolare, dove provocavibrazioni fastidiose e riduce la tenuta. Si tenga pre-sente che in tutte le marche migliori si è raggiuntoun buon compromesso fra queste esigenze contra-stanti.

Con l’avvento di nuove tecniche in campo agonistico,i produttori di tutte le case si sono orientati alla pro-duzione di sci con sciancrature marcate, adatti allespecialità carving e free raid, ottenendo una riduzionedi lunghezza degli sci. Le nuove forme caratterizzateda spatola e coda marcatamente più larghe rispetto aitipi tradizionali, a pari lunghezza offrono un notevo-le aumento della superfice di scivolamento.Per fare un’esempio pratico: acquistando un moder-no modello di sci lungo 173 cm (103 mm di lar-

Capitolo 1

C1-01 Sci normali

Leggerezza, robustezza emanovrabilità, sono requi-siti fondamentali per unosci da sci alpinismo.

Gli sci con spatola ecoda marcatamente piùlarghe hanno un notevo-le aumento della super-fice di scivolamento.

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Sci alpinismo Equipaggiamento Attrezzatura varia

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ghezza spatola, 65 al centro e 92 in coda), si disponecirca della stessa superficie di un tipo tradizionale dacm 185 (87 mm di spatola, 64 al centro e 75 incoda). Tali modelli sono stati introdotti dai produt-tori anche per la specialità dello sci alpinismo, otte-nendo un sensibile aumento della manovrabilitàdegli attrezzi sia in salita che in discesa. Per contro, insalita risulta diminuita la presa di lamina in diagona-le e inoltre si è obbligati all’utilizzo di pelli in tes-silfoca di forma unica, secondo ogni modello di sci.

Oltre che dalla statura dello sciatore, la scelta dellalunghezza dipende anche dal peso del medesimo. Èimportante tener conto anche di questo fattore.Uno sci corto è vantaggioso in salita: nel dietro front,nella boschina, su terreno difficile, ed è più mano-vrabile in discesa. Uno sci lungo è vantaggioso doveoccorre un maggiore galleggiamento (neve profonda,ghiacciaio), è più stabile in velocità, permette lacostruzione di barelle più funzionali, richiede tutta-via una padronanza tecnica migliore essendo più dif-ficile da manovrare.

La presenza di fori alle estremità può essere utile per lacostruzione di barelle di fortuna o per trainare gli sci.

Capitolo 1

C1-02 Sci sciancrati

Questi nuovi modellisono stati introdotti daiproduttori anche nellaspecialità dello sci alpi-nismo.

Uno sci corto è vantag-gioso nel dietro front,nella boschina, su terre-no difficile, ed è piùmanovrabile.

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Attrezzatura varia Equipaggiamento Sci alpinismo

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BastonciniIl bastoncino, impugnato e piantato a lato dello sci, èdi lunghezza giusta per la discesa se l’avambraccioforma con il braccio, posto verticalmente, un angoloretto. In salita può essere comodo avere bastoncini unpo’ più lunghi; in commercio ne esistono di tipo tele-scopico regolabile. L’impugnatura deve essere comodae la rotella piuttosto flessibile, per adattarsi alla confor-mazione del terreno. Raccomandabili sono i modellicon l’impugnatura munita di lacciolo a sgancio auto-matico (utili per evitare strappi alle braccia e per per-dere i bastoncini in caso di incidente da valanga). Incommercio ci sono anche modelli trasformabili insonda da valanga. È importante che i bastoncini sianorobusti, perché possono essere usati per scopi cherichiedono sforzi notevoli (per esempio, la barella diemergenza).

Attacchi I requisiti fondamentali sono: la possibilità di solleva-re con un’ampia escursione il tallone, in posizione disalita; la presenza di dispositivi di sicurezza per lo sgan-cio laterale (torsione) e antero-posteriore (trazione), inposizione di discesa. Qualità di un buon attacco sono la robustezza, la leg-gerezza, la semplicità di regolazione, una buona tenu-ta laterale e il fulcro il più vicino possibile alla puntadello scarpone, con una molla di richiamo ben dimen-sionata. Particolari utili ma di secondaria importanza,sono: la possibilità di passare dalla posizione di discesaa quella di salita, e viceversa, senza dovere togliere gli

Capitolo 1

C1-03 Bastoncini da sci

C1-04 Alzatacco -a

I modelli con l’impugna-tura munita di lacciolo asgancio automatico, sonoutili per evitare strappialle braccia e per perderei bastoncini in caso diincidente da valanga.

Qualità di un buonattacco sono la robustez-za, la leggerezza, la sem-plicità di regolazione.

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Sci alpinismo Equipaggiamento Attrezzatura varia

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sci; l’adattabilità a varie misure di scarponi; la presen-za di un alzatacco incorporato nella talloniera per le

salite molto ripide.L’attacco deve essere dotato anche di un dispositivo divincolo adatto ad impedire lo scivolamento in caso disgancio accidentale. Lo ski-stopper può svolgere que-sta funzione. Tuttavia è indispensabile avere sempre alseguito le cinghiette di sicurezza. Le cinghiette dovran-no essere agganciabili e sganciabili con la massima faci-lità anche con mani guantate.

Regolazione degli attacchiDi fondamentale importanza per la sicurezza dellosciatore in discesa è che gli attacchi siano regolati bene.Si tenga presente che non sussistendo, nello sci alpini-smo, il problema di perdere lo sci in velocità, gli attac-chi devono prudentemente essere tarati in modo danon richiedere una sollecitazione notevole per lo sgan-cio (a meno che ci si trovi su neve molto dura e su pen-denze accentuate).Gli attacchi devono essere periodicamente controllatiper scoprire tempestivamente l’insorgere di difetti everificare l’usura delle parti soggette ad attrito. Primadi ogni discesa gli attacchi devono essere accuratamen-te liberati dalla neve e dal ghiaccio e il funzionamentodegli sganci di sicurezza verificato.

Capitolo 1

C1-05 Alzatacco -b

C1-06 Ski stopper -a

C1-07 Ski stopper -b

In caso di travolgimentoin valanga e distaccodegli sci, gli ski-stoppernon contribuiscono altrascinamento del corpodell’infortunato.

Nello sci alpinismo gliattacchi devono pruden-temente essere tarati inmodo da non richiedereuna sollecitazione note-vole per lo sgancio.

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Attrezzatura varia Equipaggiamento Sci alpinismo

ScarponiEsistono ormai in commercio scarponi ottimi

che associano tutti i requisiti necessari:comfort e praticità camminando con o senzasci; prestazioni di contenimento in discesaparagonabili agli scarponi da pista; utilizza-bilità su moderate difficoltà alpinistiche(anche con i ramponi); isolamento termico

sufficiente per le severe condizioniambientali in cui ci si può trovare

d’inverno; leggerezza. Tutti gliattuali scarponi sono costituitida uno scafo in plastica conscarpetta interna estraibile. In

salita è importante che l’articola-zione della caviglia sia libera per non

impedire il passo. Nella posizione di discesa,invece, il gambaletto deve avere la giusta inclinazio-ne in avanti e lo scarpone deve serrare bene e unifor-memente tutto il piede. Per la parte alpinistica, oanche solo per camminare sulla neve con gli sci aspalle, è indispensabile una suola tipo Vibram.Nella scelta degli scarponi, il criterio principalerimane sempre la calzabilità in base alla forma delproprio piede. Utile ricordare che lo scarpone trop-po stetto può dare difficoltà di circolazione e provo-care congelamenti, uno scarpone troppo largo puòcausare vesciche da sfregamento.

Capitolo 1

Pelli di focaLe pelli di foca sono delle strisce di tessuto sinteticoche, incollate sulla soletta degli sci, consentono discivolare in avanti e impediscono di scorrere indie-tro. Sul tessuto di supporto è presente uno strato dipeli orientato obliquamente, in modo che la pelle,quando viene caricata contropelo, sviluppi attritosulla superficie della neve. Le pelli non sono tutteuguali e si diversificano per il tipo di materiale usatoe per la forma. Per quanto riguarda i materiali, lostrato di peli può essere costituito da fibra naturale(lana mohair), da fibra sintetica, oppure da fibra

C1-08 Scarponi

C1-09 Pelli normali e sciancrate

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Sci alpinismo Equipaggiamento Attrezzatura varia

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naturale-sintetica. Il mohair, rispetto al sintetico,presenta una migliore scorrevolezza, una capacità difar presa sulla neve leggermente inferiore e un costomaggiore. Le modalità di applicazione agli sci posso-no essere di due tipi.

Il primo sistema presenta un anello metallico che vainserito nella punta dello sci e la pelle rimane piùcorta della lunghezza dello sci lasciando scoperta unpo’ di soletta in corrispondenza della coda. Nelsecondo sistema la pelle presenta un gancio cheviene applicato alla fine dello sci e un tirante ingomma che viene collegato alla punta. Con il primotipo si ottiene maggiore scorrevolezza perché sonoassenti gli attriti prodotti dal gancio posteriore; conil secondo tipo si diminuisce il rischio di perditadella pelle quando è necessario togliere e mettere lepelli varie volte, soprattutto in condizioni di freddointenso o di umidità elevata. Un altra caratteristica che in questi ultimi anni haassunto una certa importanza è stata la forma dellapelle: mentre una volta gli sci presentavano una pic-cola sciancratura e ad essi si adattavano bene le pellicon bordi paralleli, oggi gli sci carving, dotati di spa-tole e code notevolmente più larghe rispetto al cen-tro dello sci, richiedono una pelle che copra tutta lasuperficie della soletta. Infatti, se si lasciano tropposcoperti i bordi esterni di punta e coda, potrebberosorgere problemi di tenuta durante la salita in casodi superfici dure (nevi gelate, ventate). Una soluzio-ne consiste nell’impiegare una pelle dimensionata

Capitolo 1

C1-10 Ganci di testa e di coda

Se le pelli di foca sonoagganciate alla fine dellosci, diminuisce il rischiodi perdita, soprattuttoquando si devono toglie-re e mettere più volte.

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Attrezzatura varia Equipaggiamento Sci alpinismo

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esclusivamente per il proprio sci: le ditte costruttricioffrono sul mercato tipi di pelli con diversa scian-cratura, in grado di coprire i vari modelli di sci.

Una seconda soluzione è quella di far sagomare dalnegoziante la pelle, partendo da un nastro con bordiparalleli largo quanto la larghezza massima dello scie rifinire con termosaldatura. Una terza soluzione è quella di scegliere una pellecon sciancratura standard che si può adattare ancheper altri sci: pur se un po’ di bordo resta scoperto, inspatola e in coda, disponendo di una buona tecnica,i disagi risultano ridotti.

Uso e manutenzioneÈ importante che la pelle aderisca molto bene allosci durante tutta la salita; i maggiori problemi ditenuta sono causati dalle basse temperature e dall’u-midità. Quindi è bene montare la pelle al caldo e bisognafare in modo che la soletta sia asciutta. Inoltre unabuona sciolinatura migliora l’incollaggio della pelleperché, chiudendo i pori della soletta, riduce la pre-senza di sporco e di umidità.Per applicare le pelli sugli sci, si segue il metodo illu-strato nella foto C1-11. Perché faccia presa, la pelle,una volta distesa sulla soletta asciutta, dev’essere sfre-gata più volte nel senso del pelo. È opportuno evitare di portare gli sci freddi in unambiente riscaldato, prima di fissare le pelli, poichèfacilmente sulla soletta si formerebbe un velo dicondensa a impedire la corretta adesione. Dopo l’uso, la pelle deve essere ripiegata su se stessa(metà anteriore incollata sulla metà posteriore).Le pelli sciancrate devono essere incollate l’una sul-l’altra. In alternativa, possono essere incollate allacarta protettiva fornita al momento dell’acquisto.Durante un’escursione, se si prevede di usarle nuo-vamente, si cercherà nel limite del possibile di farleasciugare. Se la temperatura è molto rigida, oppureil collante è un po’ esaurito, può capitare che la pelle,soprattutto in coda, si scolli. Se durante la gita la pelle si stacca è opportuno bloc-

Capitolo 1

C1-11 Applicazione pelli

C1-12 Pelli ripiegate

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Sci alpinismo Equipaggiamento Attrezzatura varia

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Capitolo 1

care la pelle allo sci con alcuni giri di nastro adesivorobusto. Dopo la gita la pelle deve asciugare lontano da fontidi calore e si deve verificare la bontà dell’adesivo.Con l’ausilio di una spatola si può spalmare un velodi collante e lasciare essiccare per qualche ora.

Nel corso di una escursione su neve fresca scaldatadal sole o dall’aria (neve gessosa), può capitare chesotto le pelli si formino degli “zoccoli” (aderenze dispessi strati di neve). In situazioni simili è utile pas-

C1-13 Manutenzione pelli -a

C1-14 Manutenzione pelli -b

C1-15 Manutenzione pelli -c

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Attrezzatura varia Equipaggiamento Sci alpinismo

28

sare un po’ di sciolina sul pelo o utilizzare appositiprodotti anti zoccolo (essenzialmente lubrificanti abase siliconica) reperibili in commercio.Periodicamente (circa ogni 10-15 gite) è necessariostendere un nuovo velo di colla sulla pelle, operandocome segue. Con una speciale spatola a caldo, si rimuove la collavecchia fino a quando la pelle rimane pulita (fotoC1-13); dopodichè si stende la colla (foto C1-14) econ una spatola, la si distribuisce accuratamente sututta la superficie (foto C1-15). Prima del riutilizzo, le pelli devono rimanere aperteper almeno 4-5 ore, al fine di consentire l’evapora-zione della componente volatile del solvente nellacolla. Le pelli devono essere sostituite quando l’abrasionedelle neve ha asportato buona parte del pelo cheimpedisce allo sci di scivolare indietro. Ciò si verifi-ca sopratutto nella zona sotto lo scarpone.

Lame o coltelli da neve (rampanti)Questi attrezzi sono delle lame metalliche dentateche si applicano agli sci di fianco all’attacco oppuredirettamente sull’attacco (in questo modo si solleva-no durante il passo e non lo ostacolano molto).Servono in salita, su neve molto dura, per effettuaretratti a mezza costa o superare pendenze molto ripi-de senza scivolare lateralmente. Conviene utilizzare le lame solo in caso di realenecessità. Non come abitudine giacché, anche se dipoco, il passo risulta rallentato. A questo scopo è importante esercitarsi a riconosce-re il limite di tenuta laterale delle pelli poste di piat-to (i principianti tendono subito a mettere lo scisulle lamine, perdendo aderenza).

ZainoLo zaino deve essere comodo da portare per ridurrela fatica, non impedire la respirazione, distribuirebene il peso sulle spalle e sul bacino e non sbilancia-

Capitolo 1

C1-16 Rampante -a

C1-17 Rampante -b

Conviene utilizzare lelame solo in caso di realenecessità e non comeabitudine perché, anchese di poco, il passo neviene rallentato.

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Sci alpinismo Equipaggiamento Attrezzatura varia

Capitolo 1

re durante la discesa o l’arrampicata. Un buon zainodeve avere spallacci imbottiti e giro vita regolabili,nonché un’imbottitura interna sul lato a contattocon la schiena. Gli zaini molto aderenti alla schiena oppongono allosvantaggio di una maggiore sudorazione, il vantag-gio di uno sbilanciamento decisamente inferiore infase di curva o nei tratti alpinistici. Lo zaino deve essere di dimensioni sufficienti peraccogliere tutto quanto è necessario per la gita inprogramma. Meglio se si può evitare di appendereall’esterno parte dell’equipaggiamento (tranne pic-cozza e ramponi): si evita di bagnarlo, di perderlo esi diminuisce lo sbilanciamento. Anche la leggerezzadello zaino è un requisito importante. L’altezza deveessere commisurata alla lunghezza del dorso dellosciatore alpinista. Uno zaino troppo grosso diventa difficile da portare.Esistono zaini allungabili che quasi raddoppiano lacapienza in caso di necessità e che sono molto utiliper infilarvi le gambe durante i bivacchi o per pro-teggere un ferito. Alcuni zaini recano all’interno un pezzo di materia-le espanso utilizzabile come materassino di emergen-za, molto utile per l’isolamento dalla neve. Una “pattella” ampia e con due tasche distinte èmolto utile per riporre oggetti di pronto utilizzo.Indispensabili sono i lacci esterni per fissare gli sci aV rovesciata, la piccozza e i ramponi.

A.R.VA.L’apparecchio di ricerca travolti da valanga(A.R.VA.), è un attrezzo indispensabile, le cui carat-teristiche e modalità di utilizzo saranno approfondi-te nel capitolo specifico.

C1-18 Zaino medio

C1-19 Zaino grande

Anche la leggerezza dellozaino è un requisitoimportante: uno zainotroppo grosso diventadifficile da portare.

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Attrezzatura varia Equipaggiamento Sci alpinismo

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Pala e SondaAttrezzi essenziali da utilizzare in caso di incidenteda valanga per localizzare e liberare velocemente uncompagno sepolto. La pala e la sonda sono inoltre utilizzate per la valu-tazione delle condizioni del manto nevoso (blocco dislittamento e profilo stratigrafico) e per la costruzio-ne di ricoveri di fortuna (bivacco). I materiali devo-no essere leggeri, resistenti, pratici nel montaggio enell’uso.

AbbigliamentoL’abbigliamento in montagna, soprattutto d’inverno,deve rispondere a un duplice requisito: protezione dalfreddo, che può essere anche molto intenso, e possibi-

lità di regolazione della traspirazione. Riguardo aquest’ultimo aspetto si tenga presente che il

caldo e la sudorazione eccessivi, sono fatto-ri negativi. Entrambi affaticano l’organi-smo e richiedono un’assunzione sup-plementare di liquidi che possono

essere difficili da reperire. La sudorazione, inoltre, è responsa-bile della sensazione di freddo

improvviso che coglie durante lesoste anche se ci si è coperti subito.Infatti, per asciugare, il sudore assor-

be il calore di evaporazione dal corpo.

C1-21 Pale da neve C1-20 Sonde da neve

C1-22 Maglietta, maglione, giacca

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Sci alpinismo Equipaggiamento Attrezzatura varia

Anziché pochi indumenti molto pesanti, convienedunque indossare numerosi “strati” più sottili e legge-ri (la foto C1-22 mostra una maglietta, un pile e unagiacca impermeabile). Da un lato essi permettonouna migliore regolazione, dall’altro una maggio-re coibentazione, grazie ai cuscinetti di ariacalda che si formano tra strato e strato (è inol-tre possibile eliminare l’indumento madidosenza pregiudizio per la copertura totale). Bisogna avere l’accortezza, man mano che l’at-tività muscolare produce calore in eccesso, discoprirsi gradualmente, evitando di accaldarsi esudare troppo. Durante le soste, venendo a manca-re la produzione di calore del movimento, è indispen-sabile coprirsi subito, soprattutto se si è sudati e se c’èvento, anche se la fermata è breve. Dal freddo, più chelo spessore e la pesantezza dell’indumento, protegge ilmateriale di cui è fatto; lana, piumino e i nuovi mate-riali come il Pile e il Thinsulate sono ottimi a questoscopo.Oltre che dal freddo l’abbigliamento deve proteggeredal vento e dalla neve o dalla pioggia. Dal vento pro-teggono tessuti a maglia molto chiusa, dalla neve edalla pioggia tessuti impermeabili. Tra questi ultimi dàottimi risultati il Gore-Tex che, pur essendo imper-meabile, permette la traspirazione del corpo ed evita lacondensazione sulla superficie interna dell’indumento.Spesso in salita durante le nevicate o nelle giornateventose, può essere sufficiente indossare la giacca avento direttamente sulla camicia o maglia, senza cioècoprirsi molto. La scelta del vestiario per una gita non è ovviamentefissa ma dipende da parecchi fattori: stagione (a pri-mavera la temperatura è più mite); la quota (piùsi sale, più fa freddo); le condizioni atmosferiche;il luogo in cui si compie un eventuale pernotta-mento (rifugio, malga, bivacco); e, non ultima, lapropria resistenza al freddo. Un abbigliamentoadatto è sempre un elemento determinanteper la sicurezza e la piacevolezza di un’atti-vità come lo sci alpinismo. Camicie,maglioni, giacche a vento e piumini devo-

Capitolo 1

C1-26 Berretti

C1-24 Pantaloni e copri calzoni

C1-23 Giacca in piuma

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Attrezzatura varia Equipaggiamento Sci alpinismo

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no essere abbastanza lunghi da coprire il ventre. Comecalzoni sono molto pratiche le saloppette che manten-gono caldi lo stomaco e la schiena e non stringono lavita. Consigliabili i pantaloni con tessuti che asciuga-no rapidamente. All’occorrenza possono essere indos-sate anche una calzamaglia e/o dei sovra-pantaloni. Acontatto del piede sono indicate calze lunghe di pesan-tezza adeguata.Gli scarponi moderni sono simili ad uno scarpone dadiscesa, pertanto è utile prevedere a seconda del tipo dipantalone utilizzato, l’uso di una ghetta per impedirel’ingresso della neve.

GuantiLe estremità del corpo sono le più soggette a congela-menti; oltre che ai piedi bisogna porre particolareattenzione alla protezione delle mani. Esistono guantie sovraguanti di ogni tipo; ciascuno può scegliere lasoluzione più congeniale. I guanti a moffola sono piùscomodi ma più caldi di quelli con tutte le dita. Èimportante averne sempre un paio di ricambio, perchéi guanti si bagnano facilmente. Indispensabile è anche un copricapo che possa proteg-gere bene le orecchie e la nuca. Il passamontagna èun’ottima protezione contro la tormenta. Nelle giteprimaverili, un cappellino di tela può essere utile perproteggere il capo dall’azione diretta del sole.

OcchialiGli occhiali da sole sono indispensabili per proteggereadeguatamente gli occhi, dalla notevole radiazioneambientale (nel gruppo è bene che ve ne sia qualchepaio di ricambio). Le lenti devono avere un ottimopotere filtrante. Consigliabili le montature con prote-zione laterale. In caso di tormenta sono utili lemaschere a lenti gialle o bianche.

C1-25 Manopole e guanti

C1-27 Occhiali

Capitolo 1

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Sci alpinismo Equipaggiamento Attrezzatura varia

Altri accessoriPila con lampadina frontaleConsigliabili anche nelle gite brevi in cui non si preve-de un pernottamento. Un qualsiasi ritardo può ren-derla indispensabile.

Medicine personaliChiunque abbia bisogno di medicine particolari chenon si trovano nella farmacia di gruppo deve ricorda-re di portarle con sè.

ThermosClassici in plastica, oppure metallici a doppia parete.Capacità variabili da 1/2 a 1 litro secondo le proprieabitudini. È fondamentale disporre durante la gitadi bevande calde.

Borraccia in metallo o in plasticaDa usare unicamente per bevande fredde.

Telo termicoÈ un sottile supporto plastico, nelle dimensioni tipichedi 1,8 x 2 m, con una superficie riflettente (spesso allu-minata), che offre una protezione d’emergenza estre-mamente leggera. Utile in caso di incidenti, soste for-zate, ed eventuali bivacchi.

CandelaServe nei rifugi non custoditi e in caso di bivacco for-zato in truna.

Tessera del C.A.I.Quando si pernotta in rifugi del Club AlpinoItaliano o di altri club esteri con trattamento direciprocità. Si ricordi che l’associazione al C.A.I. copre fino aun certo massimale le spese di soccorso, in caso diincidente, con una speciale formula assicurativa.

C1-28 Lampade frontali

C1-29 Thermos e borracce

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Capitolo 1

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Materiale alpinistico Equipaggiamento Sci alpinismo

Accessori vari Fiammiferi (antivento) o accendino, fischietto, batte-rie di ricambio per A.R.VA., attrezzi per piccole ripa-razioni (giravite, nastro telato, filo di ferro dolce, pic-cola pinza, ecc.), rotella (per bastoncino) di ricambio,coltellino multiuso.

MATERIALE ALPINISTICO

PiccozzaPer lo sci alpinismo sono adatte le piccozze di formatradizionale, con manico in metallo, localmenterivestito in gomma o simile. Agli effetti della lun-ghezza è da tenere presente la notevole diversità dicomportamento come efficienza di ancoraggio frauna piccozza lunga almeno 65 cm e quelle di lun-ghezza inferiore (a tutto vantaggio di quelle più lun-ghe). Questa differenza si nota soprattutto in neve discarsa consistenza. La piccozza serve come bastone di appoggio, comeancoraggio (assicurazione, corda doppia, ecc.), per gra-dinare su neve dura o ghiaccio, come attrezzo di pro-gressione, per sondare ponti di neve su ghiacciaio, perfrenare in caso di scivolata, per steccare un arto frattu-rato, per montare una barella di soccorso.L’attrezzo deve avere un lacciolo scorrevole o un cordi-no fissato alla testa che permetta di assicurarlo al polso.

RamponiNella pratica sci alpinistica non sono necessari rampo-C1-31 Ramponi

Capitolo 1

C1-30 Piccozza classica

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C1-32 Fornelletti e set da cucina

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Capitolo 1

Sci alpinismo Equipaggiamento Materiale alpinistico

ni particolarmente sofisticati, i comuni modelli a 12punte sono adeguati, con preferenza a quelli dotati difissaggio rapido anzichè a laccioli. Importante è chequesti attrezzi si adattino perfettamente allo scarpone.A questo scopo è necessario verificare prima delle giteche i ramponi siano ben regolati e che il sistema di fis-saggio sia funzionale ed efficiente.

Attrezzatura da bivaccoIl bivacco può essere previsto, nel qual caso si provve-derà a portare con sè il materiale necessario. Oppureforzato e cioè provocato da cause impreviste comeincidenti, ritardi, cattive condizioni della montagna,peggioramento del tempo. La possibilità che si verifi-chi questo secondo caso è più o meno elevata a secon-da delle gite (difficoltà, lunghezza, ecc.). È dunque unproblema di valutazione dello sciatore alpinista il nonfarsi sorprendere completamente sprovvisto di mate-riale di emergenza da un bivacco forzato. In un certotipo di gite impegnative, avere con sè un sacco dabivacco, un telo termico, una candela, il fornelletto (digruppo), un paio di calze di ricambio, il tutto perpochi etti di peso, può essere un’utile precauzione (siveda il capitolo Tecnica di bivacco).

FornelloQuelli a gas butano sono molto pratici ma a bassa tem-peratura non garantiscono un buon funzionamento.Migliori, da questo punto di vista, quelli che funzio-nano a propano.

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Materiale alpinistico Equipaggiamento Sci alpinismo

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Capitolo 1

MaterassinoI materassini gonfiabili isolano bene e sono moltocomodi, ma hanno un peso decisamente elevato. Unabuona soluzione è offerta dai materassini di materialeespanso a cellule chiuse, che isolano molto bene, sonoleggerissimi e hanno l’unico svantaggio di essere piut-tosto ingombranti.

Sacco di piumino Deve essere del tipo “a mummia”. Oggi esistono in commercio anche buoni sacchi conimbottitura in materiale sintetico.

Sacco da bivaccoÈ un sacco non imbottito in cui la persona può infi-larsi completamente. Pesa poco e ha un’ottima effi-cienza. È molto utile che ve ne sia uno nel gruppo(anche nelle gite in cui l’eventualità di un bivacco èremota) per proteggere un eventuale infortunato. Imigliori sono di tessuto impermeabile e traspirante.Tendina

C1-33 Sacco in piuma e materassino

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D’inverno è meno necessaria perché è possibilecostruirsi ottimi ricoveri con la neve. Esistono, aogni modo, modelli superleggeri molto pratici e fun-zionali.

FarmaciaOgni gruppo di sciatori alpinisti dovrebbe portarecon sé una piccola farmacia di pronto soccorso. Presentiamo un elenco di materiali per il primo soc-corso, valido per una singola persona o per un grup-po, se ampliato in quantità:• Laccio emostatico• Benda elastica • Compresse di garza• Bende• Fazzolettini disinfettanti• Cerotti medicati• Nastro di cerotto• Forbici• Pinzette• Collirio antinfiammatorio (idrocortisone/tetrizoli-

na, nafazolina nitrato)• Antipiretici in compresse (acido acetilsaticilico,

paracetamolo, nimesulide)• Antidolorifici in compresse (ketorolac, piroxican)• Pastiglie per dolori addominali (scopolamina bro-

muro)• Pastiglie per diarrea (loperamide)• Pastiglie per cefalea (propifenazone, bultalbital)• Bustine per bruciore di stomaco (sucralfato, sulgli-

cotide)• Pomata anestetica (xilocaina)

Materiale per riparazioniSi consiglia: un cacciavite a lame multiple, una picco-la pinza, una rotella di scorta con rondelle di fissaggiodi varie misure, filo di ferro dolce sottile, nastro ade-sivo telato, rivetti, pelle di foca di ricambio, colla perpelli, viti varie per gli attacchi, temperino. L’importanza di essere in grado di compiere una pic-

Sci alpinismo Equipaggiamento Materiale alpinistico

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Capitolo 1

Nello sci alpinismovanno bene le mezzecorde lunghe 40-50 m,possibilmente idrorepel-lenti.

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Altri dispositividi sicurezza

Equipaggiamento Sci alpinismo

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Capitolo 1

cola riparazione durante una gita non può sfuggire. Ilmateriale di riparazione è trasportato da chi chiude ilgruppo sia in salita, sia in discesa.

Materiale per topografia e orientamentoCartine topografiche, in scala dettagliata (1:25.000,1:50.000), della zona in cui si svolge l’itinerario. Bussola,altimetro, G.P.S. (Ricevitore Satellitare), regolo per ladeterminazione dell’inclinazione, moduli per la prepara-zione del tracciato di rotta.

Corda, imbracatura e materiale alpinisticoPer la progressione su ghiacciaio o su terreno alpinisticosi deve prevedere una corda ogni tre persone, imbracatu-ra, cordini, moschettoni, piastrina autobloccante, viti daghiaccio. Nel caso se ne preveda l’uso solo per il supera-mento di singoli passaggi, una corda può essere suffi-ciente per tutto il gruppo. Per lo sci alpinismo vannobene le mezze corde lunghe 40-50 m, possibilmenteidrorepellenti. Corde più sottili sono da sconsigliare per-ché si manovrano malamente e hanno elasticità eccessiva.Un prezioso accorgimento è contrassegnare con un po’ dinastro colorato la metà della corda ed eventuali altredistanze intermedie. Altro materiale, come viti da ghiac-cio e chiodi da roccia, martello piccozza, blocchetti daincastro, cordini, rinvii, ecc. dovrà essere parte delladotazione in funzione delle difficoltà della parte alpini-stica delle gite. Utili nelle operazioni di recupero da cre-paccio e calata sono le piccole e leggere pulegge da infi-lare nei moschettoni per ridurre l’attrito delle corde.

BandierinePossono tornare molto utili in caso di cattivo tempo enebbia per segnare il percorso e per l’indicazione di pas-saggi obbligati.

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Scialpinismo Equipaggiamento Titolo sottocapitolo

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Capitolo 1

ALTRI DISPOSITIVI DI SICUREZ-ZA IN CASO DI TRAVOLGIMEN-TO DA VALANGA

Il sistema di sicurezza più diffuso, in caso di tra-volgimento da valanga, è costituito da A.R.VA.,pala e sonda.Vengono comunque qui descrittialtri dispositivi di sicurezza in corso di sviluppo.

AirbagL’Airbag sfrutta il principio di aumentare il volumedel travolto (diminuendone la densità), e pertantofavorisce il galleggiamento sulla neve in movimento.

AvagearL’Avagear funziona con lo stesso principiodell’Airbag, cioè aumenta il volume del travolto.

AvalungL’avalung sfrutta il principio di respirare l’ossigenopresente nella neve che avvolge il corpo, piuttostoche utilizzare la miscela di aria presente nella cavitàposta davanti alla bocca, e che, con il passare deltempo diventa sempre più ricca di anidride carboni-ca. Il boccaglio è collegato ad un piccolo serbatoio dimateriale poroso che a contatto con la neve riesce adutilizzare l’aria in essa contenuta.

Sistema ReccoIl sistema Recco è composto da riflettori (piastrinedi metallo inseriti nell’abbigliamento e in alcunimodelli di scarponi) e dal detettore (apparecchio diricerca che attualmente ha le dimensioni di una vali-gia e che può essere trasportato con lo zaino).

C1-34 Airbag

C1-35 Avagear

C1-36 Avalung

C1-37 Sistema recco

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capitolo 2

Manutenzione sci e sciolinatura

INDICE

Premessa

Manutenzione e preparazione degli sci

Sciolinatura degli sci

Massimo
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Premessa Manutenzione deglisci e sciolinatura

Sci alpinismo

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PREMESSA

È importante effettuare una regolare manutenzione e sciolinatura degli sci allo scopodi avere attrezzi che si comportino bene su qualsiasi terreno (qualità di soletta, lami-ne, spatole) e che facilitano la discesa (stato della sciolina).

Capitolo 2

MANUTENZIONE E PREPARAZIO-NE DEGLI SCI

Attrezzi per la manutenzione: 1. Set morse2. Lima fresa 3. Serie lime fini4. Pinza per bloccaggio lime alla squadretta5. Candeletta in polietilene 6. Gomma pietra7. Pietra e piastrina diamantata8. Squadretta per guida lime9. Panno 10. Solvente spray o liquido

C2-01 Set manutenzione degli sci

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Sci alpinismo Manutenzione deglisci e sciolinatura

Manutenzione e preparazione degli sci

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Capitolo 2

C2-02 Candeletta per riparazione

Dare fuoco alla candeletta inpolietilene e far gocciolare ilmateriale sulla soletta nelle zonedanneggiate. Per ottenere unaefficace azione di saldatura èbene comprimere il materialeancora caldo con una spatolametallica.

C2-03 Lima fresa per spianare

Asportare il materiale eccedentecon la lima fresa e contempora-neamente spianare soletta e lami-ne: si impugna la lima a 45°rispetto l’asse dello sci.

C2-04 Lima fine per abbassamen-to lamine

Per facilitare l’esecuzione dellecurve, le lamine devono risultareleggermente più basse della solet-ta. Utilizzare una lima fine su unlato della quale viene avvolto unnastro di carta che ha lo scopo disollevare la lima rispetto al pianodello sci; l’abbassamento dellelamine si ottiene eseguendo dellepassate tenendo la lima a 45° eappoggiando sulla soletta il latoprovvisto di nastro.

C2-06 Rifinitura lamine

Rifinire le lamine con pietradura o piastrina diamantata pereliminare le striature provocatedalla lima. È bene eseguire l’ope-razione utilizzando la squadrettadi guida.

C2-07 Eliminazione del filo

Rasare il filo delle lamine (pre-senza di bave) mediante una pie-tra gomma o carta vetrata fine.

C2-08 Riduzione del filo in spatola

Per facilitare l’esecuzione delle curve è consigliato ridurre il filo dellalamina negli ultimi 10-15 cm sia verso la spatola che verso la coda.

C2-05 Affilatura lamine

Affilare le lamine mediante unalima fine bloccata con una pinzasu un’ apposita squadretta.L’angolo della squadretta puòessere di varie inclinazioni maper le esigenze sci alpinistichesono sufficienti 90°.

C2-09 Riduzione del filo in coda

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SCIOLINATURA DEGLI SCI

Attrezzi per la sciolinatura degli sci1. Solvente per pulizia della soletta2. Set morse per bloccaggio sci3. Spazzola per pulitura4. Sciolina5. Spatole in plexiglas per raschiatura della sciolina6. Panno in fibertex per la lucidatura7. Ferro da stiro8. Panno per la pulizia

Sciolinatura degli sci Manutenzione deglisci e sciolinatura

Sci alpinismo

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Capitolo 2

C2-10 Attrezzi per sciolinatura

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Sci alpinismo Manutenzione deglisci e sciolinatura

Sciolinatura degli sci

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Capitolo 2

C2-11 Pulizia soletta

Pulizia della soletta mediante unpanno e del solvente spray oliquido.

C2-12 Deposito della sciolina

Mediante un ferro da stiro regola-to per indumenti delicati (tempe-ratura di 100-110°C), far sgoccio-lare la sciolina sopra la solettadello sci.

C2-13 Applicazione della sciolina

Stendere la sciolina con il ferro dastiro eseguendo velocemente i pas-saggi in modo da evitare il surri-scaldamento della soletta e la per-dita delle proprietà della sciolina(la “friggitura” ne segnala il dete-rioramento).

C2-14 Eliminazione della scioli-na dalle lamine

Tramite una spatola in plexiglaspulire le lamine dalla sciolina.

C2-15 Asportazione della sciolinacon spatola

Dopo aver depositato la sciolinabisogna attendere almeno 20-30minuti; quindi asportare la scio-lina eccedente mediante una spa-tola in plexiglas, prestando atten-zione a non incidere la solettadello sci.

C2-16 Asportazione della sciolinacon spazzola

Asportare la sciolina eccedentecon un’apposita spazzola, ese-guendo numerose passate (20-30volte).

C2-17 Lucidatura sci

Lucidare gli sci mediante unpanno oppure con un tappo disughero.

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capitolo 3

Tecnica di salita nello sci alpinismo

INDICE

Premessa

Progressione di basePosizione baseMovimento di base in pianoMovimento di base sulla massima pendenzaMovimento di base in diagonale

Progressione con cambio di direzione e dietro-frontPasso di giroPasso di giro con apertura di coda e di puntaDietro-front a monte di baseDietro-front a monte evolutoDietro-front infilato di coda a valleDietro-front infilato di coda a monte

Progressione senza cambio di direzionePasso laterale “scaletta”

Impiego generale dell’attrezzatura

Massimo
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PROGRESSIONE DI BASE

Posizione di baseNella posizione base, il corpo deve avere un assettoil più naturale possibile, mantenendo:• gambe leggermente divaricate;• busto eretto;• braccia aperte con i gomiti flessi, leggermente

distanti dal corpo;• peso distribuito equamente su entrambi gli sci.In questo modo si garantisce una posizione stabile esi facilita la respirazione.La posizione base rappresenta il punto di partenzaper il corretto apprendimento di tutti gli esercizisuccessivi.

Premessa Tecnica di salita nellosci alpinismo

Sci alpinismo

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PREMESSA

La salita riveste un ruolo fondamentale nella gita sci alpinistica. Grazie alla tracciaregolare, al ritmo costante, alla tecnica di progressione precisa e raffinata, è possibileraggiungere la meta dell'escursione con il minimo dispendio di energie: si tratta diun’arte che è anche filosofia. Di primo mattino, durante la salita, mentre si attraversano boschi di abeti e larici,si percorrono valloni ghiacciati, si affrontano pendii ripidi e creste innevate, riuscire-te ad affinare la sensibilità con una costante osservazione dell’ambiente circostante. Èil momento del silenzio, quando, passo dopo passo, si sale verso spazi sempre più ampifino alla cima, dalla quale si contemplano orizzonti lontani e nuove mete.La salita non va intesa esclusivamente come pura capacità fisico-atletica, ma come uninsieme di tecniche pensate per ottenere il massimo rendimento con un limitato impe-gno muscolare, in funzione della sicurezza, della continuità di movimento e dina-micità di progressione.La progressione in salita comporta una serie di posizioni e movimenti in funzionedella morfologia del terreno, del tipo di neve e della capacità individuale.

Capitolo 3

C3-01 Posizione base -a

C3-01 Posizione base -b

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Capitolo 3

Movimento di base in pianoDalla posizione di base, scaricando il peso da unosci, cioè traslando il bacino sulla verticale dello sciopposto, è possibile farlo scivolare nella direzione dimarcia; contemporaneamente, con il braccio oppo-sto, si porta in avanti il bastoncino alla ricerca di unappoggio ideale. Caricare lo sci appena avanzato eripetere i movimenti con lo sci scarico ed il braccioopposto.Il ritmo dovrà essere costante; l'ampiezza del passo ela frequenza del respiro andranno regolati in funzio-ne della propria capacità e preparazione fisica.Il baricentro dovrà cadere sul centro dello sci al finedi mantenere la corretta aderenza delle pelli e acqui-sire una buona coordinazione dei movimenti.

Movimento di base sulla massima pendenzaIl movimento è lo stesso dell'esercizio precedente.Con l'aumentare della pendenza si accorcerà l’am-piezza del passo, e si introdurrà l'eventuale uso del-l'alza-tacco, facendo attenzione a non avanzare conil busto oltre la verticale degli attacchi, e a non cari-care eccessivamente il peso sui bastoncini.Il peso del corpo deve essere equamente distribuitosu tutta la pianta del piede, ciò contribuisce alla cor-retta aderenza delle pelli, e ad una buona gestionedei movimenti. Per acquisire maggiore sensibilitàrispetto alla effettiva tenuta delle pelli, un eserciziopropedeutico, consiste nel superare tratti di modera-ta inclinazione, senza l’ausilio dei bastoncini.

C3-02 Movimento di base in piano -a

C3-02 Movimento di base in piano -b

C3-03 Movimento di base su massima pendenza -b

C3-03 Movimento di base su massima pendenza -a

Sci alpinismo Tecnica di salita nellosci alpinismo

Progressione di base

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Movimento di base in diagonaleQuando la salita lungo la traiettoria di massima pen-denza, risulta eccessivamente faticosa, e le pelli nongarantiscono la tenuta, una successione di diagonali(fianco al pendio) collegate tra loro da cambi di dire-zione, consente di superare i pendii con inclinazioneelevata.Nelle diagonali, la pendenza della traccia deve esseremantenuta costante.Rispetto al movimento precedente (base su massimapendenza), è opportuno impugnare il bastoncino amonte lungo l'asta, in modo da mantenere la lineadelle spalle orizzontale. Garantendo così un correttoequilibrio del corpo e una buona gestione del movi-mento.In particolari situazioni, bisognerà sfruttare al massi-mo la mobilità delle caviglie, per mantenere tutta lasuperficie delle pelli di foca, il più possibile aderenteal pendio.

Progressione di base Tecnica di salita nellosci alpinismo

Sci alpinismo

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Capitolo 3

C3-04 Movimento di base in diagonale -a

C3-04 Movimento di base in diagonale -b

Nelle diagonali, la pen-denza della traccia deveessere mantenutacostante.

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Sci alpinismo Tecnica di salita nellosci alpinismo

Progressione concambio di direzione

e dietro-front

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Capitolo 3

PROGRESSIONE CON CAMBIO DIDIREZIONE E DIETRO-FRONT

I cambi di direzione servono a collegare due diago-nali consecutive e sono effettuati per mezzo di:• Passo di giro• Passo di giro con apertura di coda e di punta• Dietro-front a monte di base• Dietro-front a monte evoluto• Dietro-front infilato di coda a monte• Dietro-front infilato di coda a valleLa scelta del tipo di conversione è fondamentalmen-te legata alla morfologia del terreno; su pendenzelievi, è più conveniente il passo di giro, mentre supendenze sostenute è necessario adottare il dietro-front.Il passo di giro risulta essere meno dispendioso dienergie, rispetto alle diverse modalità di dietro-front.

Tutti i generi di dietro-front comportano dei princi-pi fondamentali, legati all'economicità del movi-mento stesso e alla massima sicurezza:1. muovere un arto per volta, mentre gli altri

sono in perfetto appoggio;2. mantenere il baricentro del corpo all'interno degli appoggi, per assicurare una maggiore

stabilità;3. effettuare il movimento con armonia e senza scatti.

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Progressione concambio di direzionee dietro-front

Tecnica di salita nellosci alpinismo

Sci alpinismo

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Capitolo 3

C3-05 Passo di giro -a

C3-05 Passo di giro -b C3-05 Passo di giro -c C3-05 Passo di giro -d

C3-05 Passo di giro -gC3-05 Passo di giro -e C3-05 Passo di giro -f

Passo di giroÈ il più elementare cambio di direzione, permette dicollegare le diagonali su pendii di lieve pendenza.Dalla progressione in diagonale, avanzare e contem-poraneamente aprire la coda (badando a nonsovrapporre le spatole) dello sci esterno (rispetto alladirezione di svolta); riportare lo sci interno parallelo.Si ripete la sequenza dei movimenti fino al comple-tamento, ottenuto per sucessive approssimazioni,del cambio di direzione e al raggiungimento dellanuova diagonale.La corretta sequenza dei movimenti, risulta essereben cadenzata, continua, evita il dispendioso solle-vamento degli sci, e consente un movimento armo-nico e fluido.Il naturale utilizzo dei bastoncini aiuta a mantenereun equilibrio dinamico del corpo. Il ritmo della sali-ta non subisce variazioni di rilievo, comporta unosforzo fisico limitato, ed il raggio di curva risultaessere minore all'aumentare della pendenza del ter-reno stesso.

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Sci alpinismo Tecnica di salita nellosci alpinismo

Progressione concambio di direzione

e dietro-front

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Capitolo 3

Passo di giro con apertura di coda e dipuntaQuesto cambio di direzione si differenzia dal passoprecedente in quanto permette di eseguire una curvacon raggio ridotto ed affrontare pendenze maggiori.Dalla diagonale, avanzare e contemporaneamenteaprire la coda (badando a non sovrapporre le spato-le) dello sci esterno (rispetto alla direzione di svolta);raccogliere ed avanzare lo sci interno, divaricandoleggermente la punta. Si ripete la sequenza dei movi-menti fino al completamento del cambio di direzio-ne e al raggiungimento della nuova diagonale. Lacorretta sequenza dei movimenti, evita pericolose edannose sovrapposizioni degli sci, e risulta essere bencoordinata e continua. Il cambio di direzione sieffettua sempre senza sollevare gli sci, e senza inter-rompere il ritmo di salita.È possibile ridurre ulteriormente il raggio di curva,iniziando la sequenza dei movimenti divaricando lapunta dello sci interno.

C3-06 Passo di giro con apertura -a

C3-06 Passo di giro con apertura -b

C3-06 Passo di giro con apertura -c

C3-06 Passo di giro con apertura -d

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Tecnica di salita nellosci alpinismo

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Capitolo 3

Progressione concambio di direzionee dietro-front

Sci alpinismo

Dietro-front a monte di baseDalla salita in diagonale, fermarsi con gli sci paralle-li e perpendicolari alla linea di massima pendenza.Il bastoncino a monte si appoggia vicino alla codadello sci a valle, l'altro bastoncino si appoggia vicinoalla spatola dello sci a valle. Su terreno più ripido,per ottenere un maggiore equilibrio, il bastoncino amonte, può rimanere posizionato a monte, ma aduna distanza tale da non intralciare la rotazione delprimo sci.Caricando il peso sullo sci a valle, ruotare lo sci amonte di 180°, fino a disporlo orizzontale, nelladirezione opposta.Spostare il bastoncino, prossimo alla spatola, edisporlo a monte. Spostare il peso del corpo sullo sciappena voltato. Ruotare la punta dello sci a valle,piegando ed arretrando la gamba, attorno al tallonedel piede in appoggio, fino a ridisporlo paralleloall'altro sci.Il movimento può essere facilitato da un leggerocolpo di tacco sulla coda dello sci da raccogliere, checombinato con la rotazione, consente una più agileesecuzione dell'esercizio.Si torna, quindi, in posizione base, da dove riprendela progressione lungo la nuova diagonale.In corrispondenza dei cambi di direzione, la traccialasciata dagli sci assume una forma ad Y.

Il movimento può esse-re facilitato da un legge-ro colpo di tacco sullacoda dello sci da racco-gliere, che combinatocon la rotazione, con-sente una più agile ese-cuzione dell'esercizio.

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Sci alpinismo Tecnica di salita nellosci alpinismo

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Capitolo 3

Progressione concambio di direzione

e dietro-front

C3-07 Dietro-front a monte dibase -a

C3-07 Dietro-front a monte dibase -b

C3-07 Dietro-front a monte dibase -c

C3-07 Dietro-front a monte dibase -d

C3-07 Dietro-front a monte dibase -g

C3-07 Dietro-front a monte dibase -e

C3-07 Dietro-front a monte dibase -f

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Tecnica di salita nellosci alpinismo

Sci alpinismo

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Capitolo 3

Progressione concambio di direzionee dietro-front

Dietro-front a monte evolutoVengono ripresi i movimenti base del precedenteesercizio, variando la posizione iniziale e finale.La posizione iniziale, prevede che gli sci non sianoperpendicolari alla linea di massima pendenza, mache mantengano la medesima incidenza della diago-nale. Anche nella posizione finale, a conversioneconclusa, gli sci devono risultare già orientati lungola direzione della successiva diagonale.L'esercizio richiede una maggior sensibilità nell'uti-lizzo delle pelli di foca, e la progressione risulta piùdinamica e con minore soluzione di continuità.

In corrispondenza dei cambi di direzione, la traccialasciata dagli sci è più simile ad una linea spezzata aV, piuttosto che ad una forma ad Y.

C3-08 Dietro-front a monte evoluto -d

C3-08 Dietro-front a monte evoluto -c

C3-08 Dietro-front a monte evoluto -b

C3-08 Dietro-front a monte evoluto -a

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Sci alpinismo Tecnica di salita nellosci alpinismo

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Capitolo 3

Progressione concambio di direzione

e dietro-front

Dietro-front infilato di coda a valleQuesto tipo di dietro-front si effettua solo su pendiimolto ripidi, con nevi profonde, o in caso di ostaco-li posti immediatamente a monte della zona sceltaper l'inversione. Dalla salita diagonale, diminuire gradatamente l'in-clinazione della traccia fino a disporre gli sci oriz-zontali, e ricavare una piazzola sufficientementeampia. Appoggiare entrambi i bastoncini a monte, eben distanziati, fino a raggiungere un equilibrio sta-bile. Caricare il peso sul piede a valle e piegare lagamba; portare indietro lo sci scarico, e facendoperno attorno al piede fermo, disporlo a valle del-l’altro sci, in posizioneparallela, e ruotato nelladirezione opposta. Portare il peso sullo sci avalle; liberare la coda dellosci scarico spingendoloavanti, e ruotandolo attor-no al tallone del piede inappoggio, infilarlo paralle-lo all'altro. Togliere ibastoncini da monte eriprendere la salita aumen-tando gradatamente l’incli-nazione della traccia.

C3-09 Dietro-front infilato dicoda a valle -b

C3-09 Dietro-front infilato dicoda a valle -c

C3-09 Dietro-front infilato dicoda a valle -d

C3-09 Dietro-front infilato dicoda a valle -e

C3-09 Dietro-front infilato dicoda a valle -f

C3-09 Dietro-front infilato dicoda a valle -a

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Tecnica di salita nellosci alpinismo

Sci alpinismo

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Capitolo 3

Progressione concambio di direzionee dietro-front

Dietro-front infilato di coda a monteQuesto tipo di dietro-front si effettua su pendii moltoripidi, con nevi profonde, o in caso di ostacoli postiimmediatamente a monte della zona scelta per l’inver-sione.Dalla salita diagonale, diminuire gradatamente l’incli-nazione della traccia fino a disporre gli sci perpendico-lari alla linea di massima pendenza, e ricavare una piaz-zola sufficientemente ampia.Appoggiare entrambi i bastoncini a monte, e bendistanziati fino a raggiungere un equilibrio stabile.Caricare il peso sul piede a valle e piegare la gamba;portare indietro lo sci scarico e facendo perno attornoal piede fermo, disporlo a monte dell’altro sci, in posi-zione parallela e ruotato nella direzione opposta. Spostare il peso sul piede a monte, portare indietro losci scarico, e facendolo ruotare attorno al tallone delpiede in appoggio, infilarlo parallelo all’altro sci.Togliere i bastoncini da monte e riprendere la salitaaumentando gradatamente l’inclinazione della traccia.

Accorgimento: con nevi sufficientemente profonde,per velocizzare il movimento, è possibile inserire lacoda dello sci che andrà a monte sotto l’altro sci,anziché accostarlo parallelo; quindi, come di con-sueto, richiamare nella direzione di marcia il secon-do sci.

C3-10 Dietro-front infilatodi coda a monte -a

C3-10 Dietro-front infilatodi coda a monte -b

C3-10 Dietro-front infilatodi coda a monte -c

C3-10 Dietro-front infilatodi coda a monte -d

C3-10 Dietro-front infilatodi coda a monte -f

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Sci alpinismo Tecnica di salita nellosci alpinismo

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Capitolo 3

Progressione senzacambio di direzione

PROGRESSIONE SENZA CAMBIODI DIREZIONE

Passo laterale (“scaletta”)Si utilizza per superare brevi tratti molto ripidi, cheinterrompono la normale progressione.Disposti con sci paralleli e perpendicolari alla lineadi massima pendenza, in presa di spigolo, spostarepiù a monte, prima il bastoncino e poi lo sci amonte; indi riavvicinare prima lo sci e poi il baston-cino rimasti a valle. Ripetere i movimenti fino alsuperamento del tratto interessato.Durante l'esercizio, il peso del corpo grava alternati-vamente e totalmente, sullo sci che resta fermo.Quando il terreno lo consente, si può abbinare allospostamento laterale, anche un breve avanzamento.Questa progressione risulta meno dispendiosa dienergie, e più redditizia in guadagno di quota,soprattutto su terreno duro e non tracciato.

C3-11 Scaletta -a

C3-11 Scaletta -b C3-11 Scaletta -c C3-11 Scaletta -d

C3-11 Scaletta -e C3-11 Scaletta -f C3-11 Scaletta -g

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Tecnica di salita nellosci alpinismo

Sci alpinismo

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Capitolo 3

Alza-tacchiTutti gli attacchi da sci alpinismo sono muniti di undispositivo alza-tacco. Esso consente nei tratti ripididi ridurre la flessione delle caviglie; ne consegue unaprogressione meno affaticante, in quanto si ha lasensazione di percorrere una traccia meno inclinata.Il loro uso deve essere tuttavia opportunamentevalutato giacché:1. su terreni con poca inclinazione accorciano

l'ampiezza del passo;2. su pendii ripidi tendono a compromettere la

tenuta delle pelli, poiché portano il peso a gravare maggiormente in avanti;

3. in salite diagonali, con neve compatta, peggiorano l'equilibrio dello sci alpinista;

4. riducono e a volte annullano, l’efficacia dei rampanti, che a causa della posizione, si ancorano poco alla neve.

Impiego generaledell’attrezzatura

IMPIEGO GENERALE DELL’ATTREZZATURA

Pelli adesiveNel caso si preveda la formazione di “zoccolo” (ade-renze di neve, anche di notevole spessore, al pelodelle pelli), prima di partire è possibile trattare lepelli con sciolina. Dovendo attraversare torrenti ozone in cui è presente acqua di fusione, si pongaattenzione a non bagnare le pelli, che possono poitrasformarsi in fastidiosi zoccoli di neve o gelareriducendo la tenuta.

C3-12 Alza-tacco

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Sci alpinismo Tecnica di salita nellosci alpinismo

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Capitolo 3

Impiego generaledell’attrezzatura

RampantiIn caso di neve molto compatta o ghiacciata, è viva-mente consigliato l'uso dei coltelli da neve (rampan-ti) per non scivolare. I rampanti garantiscono una buona tenuta, tuttaviarichiedono particolare attenzione nel momento incui vengono agganciati agli attacchi, in quanto sicorre il rischio di perdere gli attrezzi. È perciòopportuno scegliere un luogo agevole, prima che ilpendio si faccia troppo ripido.

C3-14 Ramponi e bastonciniC3-13 Rampanti

Sci sullo zaino e ramponiQualora la progressione con gli sci risultasse difficol-tosa è opportuno proseguire a piedi, portando gli scifissati sullo zaino ed eventualmente calzando i ram-poni. Per quanto riguarda la progressione su ghiacciaio e ilsuperamento di tratti ripidi di neve dura o ghiacciosi rimanda al manuale “Alpinismo su ghiaccio”.

C3-15 Sci e zaino -a C3-15 Sci e zaino -b C3-15 Sci e zaino -c

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Tecnica di salita nellosci alpinismo

Sci alpinismo

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Capitolo 3

Impiego generaledell’attrezzatura

Laccioli dei bastoncini e cinghietti disicurezza degli sciDi norma, in fase di salita le mani non vanno tenu-te infilate nei laccioli dei bastoncini.Similmente non si deve fare uso dei cinghietti disicurezza degli sci. Ciò allo scopo di agevolare l’ab-bandono degli attrezzi, che agirebbero a sicuro detri-mento della incolumità personale, in caso di travol-gimento in valanga.Fanno eccezione, se non sussiste un pericolo divalanghe, il caso di attraversamento di ghiacciaiocrepacciato, e la risalita di pendii ripidi con nevemolto dura. Ovvero quegli scenari ove l’eventualeperdita di un attrezzo, rappresenta di per sè unaminaccia alla progressione in sicurezza.In alternativa viene consigliato vivamente l’uso degliski-stopper.

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capitolo 4

Tecnica di discesanello sci alpinismo

INDICE

Premessa

Descrizione generale degli esercizi

Descrizione dei livelli e progressione tecnica degli esercizi

1° livello: curve con apertura di coda dello sci a montediagonaleslittamento dalla diagonalecambio di direzione da fermo collegamento di curve a spazzanevecollegamento di viratecollegamento di curve con apertura di coda dello sci a monte

2° livello: collegamento di “cristiania di base” passo di girocollegamento di curve elementari di basecollegamento di curve di base diagonale con appoggio del bastoncinoslittamento alternato alla diagonalediscesa in cordata su ghiacciaiocollegamento di “cristiania di base”

3° livello: sequenza di “cristiania di base”sequenza di “cristiania di base” ad arco mediosequenza di “cristiania di base” ad arco medio filantesequenza di “cristiania di base” ad arco brevesuperamento di gobbe e cunettecurva con salto

4° livello: sequenze cristiania ad arco ampio, medio, breve sequenza di cristiania arco ampiosequenza di cristiania arco mediosequenza di cristiania arco medio filantesequenza di cristiania arco brevesequenza di curve con salto

5° livello: curve condotte diagonale da conduzionecurva condotta a monte dalla massima pendenzacurva condotta a valle dalla diagonale paralleloserpentinascodinzolocortoraggio

Glossario

Massimo
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Premessa Tecnica di discesa Sci alpinismo

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PREMESSA

Nello sci alpinismo la discesa è una parte integrante della gita da non sottovalutare.Per essere buoni sciatori alpinisti non basta essere buoni alpinisti ed “arrangiarsi” indiscesa, occorre anche avere una tecnica superiore alla media, almeno su pista. Una sicura padronanza in discesa ci consente in primo luogo di ridurre al minimo ilrischio di incidenti, di fare cioè prevenzione e inoltre di accrescere il piacere e la sod-disfazione nello svolgimento dell’attività. Una buona tecnica di discesa permette infi-ne di affrontare terreni impegnativi in relazione alle condizioni della neve (pesante,ventata, crostosa) e all’inclinazione del pendio. Per migliorare il livello tecnico indiscesa di tutti coloro che a diverso titolo frequentano la montagna ci pareva impor-tante fornire un testo come sicuro punto di riferimento. La Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo, nell’anno 2001 hacurato a tal fine la pubblicazione di un audiovisivo sulla tecnica di discesa nello scialpinismo, comprensivo di manuale e videocassetta, realizzato in collaborazione trala Scuola Centrale di Sci Alpinismo e la Sezione Sci Alpinistica del CentroAddestramento Alpino di Aosta. Riportiamo in questo capitolo del manuale la pro-gressione completa degli esercizi dalle curve a spazzaneve alla condotta; tutti gli eser-cizi sono corredati da spiegazioni per facilitarne la comprensione sul terreno.

Con questa nuova impostazione metodologica si intende anche fornire unvalido strumento didattico che permetta agli istruttori di elevare la loro for-mazione pratica e teorica e a creare qualità e uniformità di insegnamentonelle Scuole del Club Alpino Italiano.

La videocassetta, a disposizione di ogni Scuola di Sci Alpinismo, è composta dadue filmati ciascuno della durata di circa 45 minuti. Entrambi mostrano le stesseimmagini ed hanno la medesima presentazione; la differenza consiste nel fatto che ilprimo filmato è presente solo una colonna sonora mentre nel secondo gli esercizi sonoanche commentati. Questa scelta didattica offre l’opportunità all’istruttore, ancora non sufficientementepadrone della terminologia e del corretto gesto tecnico, di avere, tramite il video com-mentato, una guida di riferimento. Successivamente l’Istruttore preparato sarà in grado di commentare in modo adegua-to i vari esercizi, utilizzando come riferimento il presente manuale e la propria espe-rienza. Per favorire l’apprendimento è opportuno che il video non sia presen-tato come un filmato, ma che si operi una scelta degli esercizi da proporre, aseconda del livello del corso, integrando le necessarie spiegazioni teoriche.

Capitolo 4

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Sci alpinismo Tecnica di discesa Descrizione generaledegli esercizi

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DESCRIZIONE GENERALE DEGLI ESERCIZI

La progressione degli eserciziGli esercizi proposti, presentati secondo un ordinecrescente di difficoltà, sono descritti in modo detta-gliato nel presente testo didattico. Tuttavia per unapprofondimento e una migliore visualizzazionedella progressione è possibile fare riferimento allavideocassetta inviata alle Scuole di Sci Alpinismo.Molti esercizi sono stati scelti tra i tanti previsti dallatecnica FISI e la descrizione dei movimenti è ripresaintegralmente o in parte dal Manuale dei Maestri diSci Italiani. Altri invece sono frutto dell’esperienzasci alpinistica.

La progressione tecnica degli esercizi è articolata incinque livelli: 1° livello: curve con apertura di coda dello sci amonte; 2° livello: collegamento di “cristiania di base”;3° livello: sequenza di “cristiania di base”; 4° livello: sequenza di cristiania ad arco ampio,medio, breve; 5° livello: curve condotte. Alcuni esercizi, considerati propedeutici, sono effet-tuabili solo in pista; altri, specificatamente legati alterreno sci alpinistico, sono eseguibili solo su fuoripista. È stata introdotta una categoria di esercizi,non prevista dalla tecnica FISI, denominata “cristia-nia di base” con l’obiettivo di rendere più gradualel’apprendimento.

Testo di riferimentoLa progressione tecnica degli esercizi, sviluppata nelpresente manuale, fa riferimento al testo “SCI ITA-LIANO – testo ufficiale per l’insegnamento dello sci alpi-no” edito nell’ottobre 1998 dalla Federazione ItalianaSport Invernali (FISI) d’intesa con il CollegioNazionale dei Maestri di Sci Italiani (COLNAZ) el’Associazione Maestri di Sci Italiani (AMSI).

Capitolo 4

Una migliore visualizza-zione della progressionedi esercizi è possibileattraverso la videocasset-ta fornita alle Scuolenella primavera del2002.

“cristiania di base”:serie di esercizi per ren-dere più graduale l’ap-prendimento.

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Descrizione generaledegli esercizi

Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Il ruolo del maestro di SciNella fase di formazione degli allievi su pista si con-siglia di ricorrere all’aiuto di un maestro di sci.Per quanto riguarda invece l’aggiornamento degliistruttori la presenza di un maestro di sci è indi-spensabile per affinare la tecnica e per imparare adinsegnare.

GlossarioNella presentazione delle schede relative agli eserciziabbiamo privilegiato il linguaggio tecnico specificoadottato nella progressione dai Maestri di Sci.Le definizioni sono riportate nel glossario finale enon compaiono nella descrizione dei singoli esercizi. Per comprendere la progressione riteniamo moltoutile la consultazione del glossario che fornisce ilsignificato dei termini proposti.

Livello crescente di difficoltà di sciata inrelazione alle caratteristiche del mantonevosoAll’interno di ogni scheda, che descrive gli esercizieseguiti su terreno non battuto, è stata inserita lavoce “difficoltà di sciata su fuori pista”; tale nota fariferimento alla presente tabella. Le valutazioni sulledifficoltà incontrate nella sciata, peraltro di caratteresoggettivo, tengono conto del tipo di neve e dellivello medio di uno sciatore alpinista impegnato suun terreno adeguato alle sue capacità.

Capitolo 4

DIFFICOLTÁ DI SCIATA TIPO DI NEVE

facile

media

difficile

molto difficile

primaverile portante (firn), compatta uniforme e portan-te, poca neve, polverosa su fondo duro

neve fresca su fondo duro,poca neve umida, primaverile polverosa e profonda

neve lavorata da vento, bagnata, profonda, ghiacciata

crostosa con rottura improvvisa, pesante e gessosa

A pagina 128 troveraitutte le spiegazioni suitermini utilizzati nel pre-sente capitolo.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa Descrizione generaledegli esercizi

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Accorgimenti sull’uso dello zainoLo zaino, attrezzatura indispensabile per chi svolgeattività sci alpinistica, modifica il centro di massadello sciatore; l’arretramento del baricentro varia inbase al peso dello zaino e alla posizione del carico inesso. Per mantenere una corretta posizione di postu-ra si consiglia di tenere il corpo e le braccia più avan-ti per conservare il baricentro centrale sugli sci. Durante la fase di chiusura della curva il busto deveessere maggiormente orientato verso valle in leggeroavanzamento per evitare che la spinta dello zainofaccia ruotare il corpo verso monte e lo faccia arre-trare al punto di provocare la caduta all’indietro.Una buona allacciatura dello zaino e una correttachiusura degli scarponi contribuiranno ad evitarenegative oscillazioni.

Si consiglia infine:• di posizionare gli oggetti più pesanti nella partebassa e verso lo schienale in modo che siano le spal-le a sostenere il peso dello zaino.• di aumentare con gradualità il carico dello zainonel corso delle escursioni; questo accorgimento con-sentirà di mantenere un buon assetto.

Capitolo 4

L’arretramento del bari-centro varia in base alpeso dello zaino e allaposizione del carico.

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Descrizione dei livelli Tecnica di discesa Sci alpinismo

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DESCRIZIONE DEI LIVELLI

Curve con apertura di coda dello sci a monte • diagonale;• slittamento dalla diagonale;• cambio di direzione da fermo; • collegamento di curve a spazzaneve;• collegamento di virate;• collegamento di curve con apertura di coda dello

sci a monte.

Collegamento di “cristiania di base” • passo di giro;• collegamento di curve elementari di base;• collegamento di curve di base; • diagonale con appoggio del bastoncino;• slittamento alternato alla diagonale;• discesa in cordata su ghiacciaio;• collegamento di “cristiania di base”.

Sequenza di “cristiania di base”• sequenza di “cristiania di base” ad arco medio;• sequenza di “cristiania di base” ad arco medio

filante;• sequenza di “cristiania di base” ad arco breve;• superamento di gobbe e cunettecurva con salto.

Sequenze cristiania ad arco ampio, medio, breve • sequenza di cristiania arco ampio;• sequenza di cristiania arco medio;• sequenza di cristiania arco medio filante;• sequenza di cristiania arco breve;• sequenza di curve con salto.

Curve condotte • diagonale da conduzione;• curva condotta a monte dalla massima pendenza;• curva condotta a valle dalla diagonale; • parallelo;• serpentina;• scodinzolo;• cortoraggio.

Capitolo 4

1° livello(codice verde)

2° livello(codice giallo)

3° livello(codice arancio)

4° livello(codice rosso)

5° livello(codice azzurro)

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Sci alpinismo Tecnica di discesa Progressione tecnicadegli esercizi

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Capitolo 4

PROGRESSIONE TECNICA DEGLI ESERCIZI

1 diagonale P-FP 1°2 slittamento dalla diagonale P-FP 1°3 cambio di direzione da fermo FP 1°4 collegamento di curve spazzaneve P-FP 1°5 collegamento di virate P-FP 1°6 collegamento di curve con apertura di coda dello sci a monte FP 1°7 passo di giro FP 2°8 collegamento di curve elementari di base P 2°9 collegamento di curve base P 2°10 diagonale con appoggio del bastoncino P 2°11 slittamento alternato alla diagonale P-FP 2°12 discesa in cordata su ghiaccio FP 2°13 collegamento di “cristiania di base” P-FP 2°14 sequenza di”cristiania di base” ad arco medio P-FP 3°15 sequenza di “cristiania di base ad arco medio filante P-FP 3°16 sequenza di “cristiania di base” ad arco breve P-FP 3°17 superamento di gobbe e cunette P-FP 3°18 curva con salto P-FP 3°19 sequenza di cristiania arco ampio P 4°20 sequenza di cristiania arco medio P-FP 4°21 sequenza di cristiania arco medio filante P-FP 4°22 sequenza di cristiania arco breve P-FP 4°23 sequenza di curve con salto P-FP 4°24 diagonale da conduzione P-FP 5°25 curva condotta a monte dalla massima pendenza P 5°26 curva condotta a valle dalla diagonale P 5°27 parallelo P-FP 5°28 serpentina P-FP 5°29 scondinzolo P-FP 5°30 cortoraggio P-FP 5°

N° Tipologia

ESERCIZITerreno Livello

P = PISTA FP = FUORI PISTA

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1° LIVELLO: CURVE CON APERTU-RA DI CODA DELLO SCI A MONTE

Diagonale

Obiettivo Attraversare un pendio con gli sci in presa di spigo-lo e in posizione di angolazione ed equilibrio.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno di media pendenza. Su fuori pista ogni tipo di terreno e di neve.

Difficoltà di sciata su fuori pistada facile a molto difficile.

Descrizione generale dell’esercizioIl corpo è in posizione di base con angolazione, glisci sono paralleli e in presa di spigolo; il peso è distri-buito su entrambi gli sci. Gli arti inferiori e superio-ri sono mantenuti in posizione naturale di postura.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento 1) È opportuno effettuare la diagonale da entrambele parti.2) Insistere soprattutto dal lato che presenta le mag-giori difficoltà per lo sciatore per sviluppare il latosolitamente più carente.3) Per collegare curve a spazzaneve si effettua unattraversamento; tale esercizio si differenzia dalladiagonale in quanto presenta una minor presa di spi-golo e una maggior scivolata.4) Mantenere gli sci maggiormente distanziati perconservare un miglior equilibrio laterale.5) Su terreno non uniforme conservare una certatonicità degli arti inferiori.

1° livello: curve conapertura di coda dellosci a monte

Tecnica di discesa Sci alpinismo

70

Capitolo 4

C4-01 Diagonale

Esercizio: n°1

Terreno: pista e fuoripista

Livello: I

La Diagonale è attraver-sare un pendio con glisci in presa di spigolo ein posizione di angola-zione ed equilibrio.

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 1° livello: curve conapertura di coda

dello sci a monte

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Capitolo 4

C4-02 Slittamento dalla diagonale

Slittamento della diagonale

ObiettivoPerdere quota su pendio senza eseguire cambi didirezione effettuando lo slittamento e controllandola velocità.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista con terreno di media pendenza e con neveben battuta.Su fuori pista con terreno di media pendenza e conneve dura.

Difficoltà di sciata su fuori pista: facile e media.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale, diminuendo la presa di spi-golo per effetto di una diminuzione dell’angolazio-ne, iniziare lo slittamento con attività contempora-nea sui due piedi; proseguire in piegamento-angola-zione rivolgendo il busto nella direzione dello slitta-mento. Terminare l’esercizio in diagonale ritornandoin posizione base.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) Mantenere la parte superiore del corpo rivolta indirezione dello slittamento.2) Durante la fase di slittamento è necessario l’usodegli spigoli per controllare la velocità.3) Durante l’esecuzione mante-nere continuamente il peso suentrambi gli sci. 4) La diminuzione della presa dispigolo avviene principalmenteper l’intervento dell’asse bacino-ginocchia con innalzamentooppure, in misura minore, perl’interventod e l l ’ a s s epiedi-ginoc-chia.

Esercizio: n°2

Terreno: pista e fuoripista

Livello: I

Lo slittamento dallaDiagonale è attraversareun pendio con gli scisenza cambio di direzio-ne e perdendo contem-poraneamente quota.

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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1° livello: curve conapertura di coda dellosci a monte

Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Cambio di direzione da fermo

ObiettivoOttenere una inversione degli sci mantenendo ilbusto rivolto a valle.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu fuori pista con terreno di media pendenza e conogni tipo di neve.

Descrizione generale dell’esercizioDalla posizione base disporsi sul pendio con sciparalleli e perpendicolari alla linea di massima pen-denza, ruotare il busto verso valle e appoggiare ibastoncini dietro di sè verso monte. Sollevare lo scia valle, disporlo verticale con la coda vicino allapunta dello sci a monte e quindi girarlo verso l’e-sterno in modo da affiancarlo parallelo allo sci amonte. Alzare quindi lo sci a monte e portarlo paral-lelo all’altro nella nuova direzione di marcia.Successivamente ritornare con gli arti superiori inposizione base.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento Esercizio effettuato solo su fuori pista.1) L’inversione da fermo si adotta quando lo sciato-re ha difficoltà ad eseguire una curva. 2) È consigliabile realizzare sempre una piazzola. 3) Su terreno ripido e duro è richiesta esperienza eattenzione.4) Quando i bastoncini sono abbastanza distanziatidal corpo, per facilitare l’equilibrio è anche possibilespostare il bastoncino esterno all’inversione e appog-giarlo a valle, prima di richiamare il secondo sci.

Capitolo 4

Esercizio: n°3

Terreno: fuoripista

Livello: I

Il cambio di direzioneda fermo permette unainversione degli sci man-tenendo il busto rivoltoa valle

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 1° livello: curve conapertura di coda

dello sci a monte

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Capitolo 4

C4-03 Cambio di direzioneda fermo

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1° livello: curve conapertura di coda dellosci a monte

Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Collegamento di curve a spazzaneve

Obiettivo Collegare vari attraversamenti consecutivi con curvea spazzaneve.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu fuori pista terreno di lieve-media pendenza e conneve facile.Su pista terreno di lieve pendenza e con neve benbattuta.

Descrizione generale Dallo spazzaneve in attraversamento, sfruttando ilmovimento di orientamento del corpo, iniziare lacurva; superata la massima pendenza, proseguire inpiegamento e sfruttando l’appoggio sullo sci esterno,raggiungere il nuovo attraversamento.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) Per collegare due curve a spazzaneve si effettua unattraversamento.2) Il termine attraversamento si differenzia dalla dia-gonale in quanto presenta una presa di spigolo natu-rale e produce una maggior scivolata.3) I movimenti di piegamento e di distensione degliarti inferiori vengono eseguiti in modo rudimentalee spontaneo. 4) Su terreni di media difficoltà l’attraversamentoviene sostituito dalla diagonale, caratterizzata da sciparalleli e maggior presa di spigolo.5) Con zaini pesanti, allo scopo di mantenere bassevelocità, è conveniente tenere la coda dello sci ester-no leggermente divaricata nella fase iniziale dell’at-traversamento.6) L’attraversamento è più o meno lungo a secondadelle caratteristiche del terreno e della neve.

Capitolo 4

Esercizio: n°4

Terreno: pista e fuoripista

Livello: I

Il collegamento di curvea spazzaneve permette dicollegare vari attraversa-menti consecutivi.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 1° livello: curve conapertura di coda

dello sci a monte

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Capitolo 4

C4-04 Collegamento di curvea spazzaneve

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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Collegamento di virate

ObiettivoCollegare virate con attraversamenti oppure con dia-gonali.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno di lieve-media pendenza, ampio euniforme, con neve ben battuta.Su fuori pista terreno di media pendenza e con nevefresca e umida e poca profonda.

Difficoltà di sciata su fuori pista: media.

Descrizione generale dell’esercizioDall'attraversamento in posizione base, con paralle-lismo naturale, assumere la posizione di spazzaneveiniziando la curva per effetto del movimento diorientamento del corpo. Superata la massima pen-denza, riavvicinare lo sci interno a quello esterno ein piegamento-angolazione completare la curva conla scivolata sterzante. In distensione riprendereI'attraversamento.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) Il peso all'inizio del riavvicinamento è principal-mente sullo sci esterno, per riportarsi su entrambi glisci nella fase di parallelismo.2) Il piegamento-angolazione ha il compito diaumentare la presa di spigolo.3) Imprimere con i piedi una continua azione ster-zante che produrrà una migliore chiusura di curva. 4) La virata si differenzia dalla curva a spazzanevedall’avvicinamento dello sci interno a quello esterno.5) Dopo aver superato la massima pendenza effet-tuare il riavvicinamento dello sci interno a quelloesterno in piegamento.6) Per facilitare il riavvicinamento dello sci interno,al momento della distensione, si consiglia l’utilizzodel bastoncino interno.

1° livello: curve conapertura di coda dellosci a monte

Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Capitolo 4

Esercizio: n°5

Terreno: pista e fuoripista

Livello: I

Il collegamento di viratepermette di collegareattraversamenti o diago-nali.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 1° livello: curve conapertura di coda

dello sci a monte

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Capitolo 4

C4-05 Collegamento di virate

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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1° livello: curve conapertura di coda dellosci a monte

Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Collegamento di curve con aperturadello sci a monte

ObiettivoEseguire una serie di curve controllate su nevi difficili.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu fuori pista terreno di media, ripida pendenza conneve fresca, bagnata e lavorata da vento.

Difficoltà di sciata su fuori pista: difficile.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale iniziare la curva a spazzane-ve caricando il peso sullo sci a valle e aprendo la codadello sci a monte; in distensione e con appoggio delbastoncino riavvicinare lo sci interno a quello ester-no, producendo una azione sterzante. La curva vacompletata tramite un piegamento-angolazione eazione sterzante.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento Esercizio effettuato solo su fuori pista.

1) Curva particolarmente indicata su terreno chenon consente un sufficiente galleggiamento oppureche richiede una bassa velocità di esecuzione.2) Per effettuare questa curva si richiede una energi-ca azione sterzante degli arti inferiori e dei piedi.3) L’appoggio del bastoncino interno serve per scari-care parte del peso del corpo e facilitare così il riav-vicinamento dello sci interno a quello esterno.4) Nella sciata in traccia, per rendere più facile ilcambiamento di direzione, lo sciatore che segue deveanticipare il movimento in modo da rimanere all’in-terno della traccia precedente.

Capitolo 4

Esercizio: n°6

Terreno: fuoripista

Livello: I

Il collegamento di curvecon apertura dello sci amonte permette di scen-dere su pendii di nevedifficile.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 1° livello: curve conapertura di coda

dello sci a monte

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Capitolo 4

C4-06 Collegamento di curvecon apertura dello sci a monte

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2° livello: collegamento di “cristiania di base”

Tecnica di discesa Sci alpinismo

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2° LIVELLO: COLLEGAMENTO DI“CRISTIANIA DI BASE”

Passo di giro

ObiettivoEffettuare un cambio di direzione sollevando lo sci edivergendolo di punta.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoTerreno di lieve pendenza e su neve crostosa.

Difficoltà di sciata su fuori pista: difficile.

Descrizione generale dell’esercizioDalla posizione con sci paralleli, portare il peso suuno sci caricandolo in piegamento, sollevare l’altrosci e divergerlo di punta; quindi appoggiarlo sullospigolo interno verso la direzione scelta e caricarlo.Recuperare lo sci esterno attraverso la distensionedella gamba interna, sollevandolo e riportandoloparallelo all’altro. Effettuare il cambio di direzione successivo con lestesse modalità.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento 1) Cercare di mantenere il peso centrale evitandol’arretramento del baricentro.2) Effettuare i movimenti di piegamento e disten-sione nel modo più graduale possibile. 3) Su terreno liscio si possono effettuare cambia-menti di direzione con una leggera apertura di coda.

Capitolo 4

Esercizio: n°5

Terreno: fuoripista

Livello: II

Il passo di giro permetteun cambio di direzionesollevando lo sci e diver-gendolo di punta.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 2° livello: collegamento di

“cristiania di base”

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Capitolo 4

C4-07 Passo di giro

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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2° livello: collegamento di “cristiania di base”

Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Collegamento di curve elementari dibase

ObiettivoCollegare due o più curve con diagonali di lunghez-za variabile, in cui all’inizio curva è ancora presentel’apertura degli sci a spazzaneve.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno di media pendenza con neve battuta.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale diminuire l’angolazione einiziare il movimento di orientamento del corpoassumendo una leggera apertura a spazzaneve. Sullamassima pendenza riavvicinare lo sci interno a quel-lo esterno, continuare in piegamento-angolazionecontrollando lo slittamento sterzante e l’inerzia rota-zionale. Raggiunta la direzione voluta, in distensio-ne tornare in posizione di diagonale; quindi iniziarela curva successiva.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento Esercizio effettuato solo su pista.1) La posizione di spazzaneve ha soprattutto loscopo di facilitare il cambiamento di direzione e ilcontrollo della velocità.2) Il riavvicinamento dello sci sulla massima pen-denza caratterizza la differenza principale tra la vira-ta e la curva elementare di base.3) Si tratta di un esercizio da effettuarsi su pista, pro-pedeutico per le curve successive.4) Su terreno non uniforme oppure con nevi bagna-te, crostose o alte, l’esercizio non è di facile esecu-zione poiché richiede una discreta velocità di avan-zamento.

Capitolo 4

Esercizio: n°8

Terreno: pista

Livello: II

Il collegamento di curveelementari di base, condiagonali di lunghezzavariabile, si effettua concurve dov’è ancora pre-sente l’apertura sci aspazzaneve.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 2° livello: collegamento di

“cristiania di base”

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Capitolo 4

C4-08 Collegamento di curveelementari di base

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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2° livello: collegamento di “cristiania di base”

Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Collegamento di urve di base

ObiettivoCollegare due o più curve con diagonali di lunghez-za variabile mantenendo per tutto l’arco il paralleli-smo degli sci.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno ampio e uniforme di lieve-mediapendenza con neve battuta.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale per effetto della diminuzio-ne dell’angolazione ed inizio del movimento diorientamento del corpo, iniziare la curva; raggiuntala massima pendenza, proseguire nel successivomovimento di piegamento-angolazione continuan-do l’azione sterzante; raggiunta la nuova direzionevoluta ritornare in posizione di diagonale; iniziare lacurva successiva con le medesime modalità.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimentoEsercizio effettuato solo su pista.1) L’assenza di apertura a spazzaneve a inizio curva èla differenza principale tra la “curva elementare dibase” e la “curva di base”; infatti su quest’ultimaviene mantenuto un parallelismo naturale degli sci.2) Si tratta della prima curva eseguita a sci paralleli.3) Si tratta di un esercizio da effettuarsi su pista, pro-pedeutico per le curve successive. 4) Su terreno non uniforme e/o con neve alta l’eser-cizio non è di facile esecuzione poiché il parallelismodegli sci, ad inizio curva, provoca un aumento dellavelocità e quindi un difficile controllo.

Capitolo 4

Esercizio: n°9

Terreno: pista

Livello: II

Il collegamento di curvedi base con diagonali dilunghezza variabile, sieffettua con sci cherimangano paralleli.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 2° livello: collegamento di

“cristiania di base”

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Capitolo 4

C4-09 Collegamento di curvedi base

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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2° livello: collegamento di “cristiania di base”

Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Diagonale con appoggio del bastoncino

ObiettivoApprendere il movimento necessario degli arti supe-riori per un corretto appoggio del bastoncino.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista su terreno di media pendenza con neve bat-tuta.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale, appoggiare il bastoncino avalle, al termine del piegamento e inizio della disten-sione, mantenendo la traiettoria determinata.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimentoEsercizio effettuato solo su pista.1) Si tratta di un esercizio da effettuarsi su pista pro-pedeutico per le curve successive.2) Le articolazioni interessate per un corretto appog-gio sono quelle del polso, del gomito e della spalla.3) Si consiglia di provare l’esercizio inizialmente dafermi, imitando il gesto di preparazione dell’appog-gio del bastoncino.4) In movimento l’appoggio del bastoncino avvieneappena prima della distensione, ciò consente unabuona coordinazione.5) L’errore che principalmente si verifica è un appog-gio anticipato durante la fase di piegamento checausa un contraccolpo della spalla e di conseguenzauna rotazione del busto.

Capitolo 4

Esercizio: n°10

Terreno: pista

Livello: II

La diagonale con appog-gio del bastoncino per-mette di apprendere ilmovimento necessariodegli arti superiori.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 2° livello: collegamento di

“cristiania di base”

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Capitolo 4

C4-10 Diagonale con appoggiodel bastoncino

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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Slittamento alternato alla diagonale

ObiettivoSviluppare la sensibilità dei piedi mantenendo unacorretta posizione di equilibrio durante la discesa.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSia su pista che fuori pista terreno di media o ancheripida pendenza con neve battuta, compatta euniforme.

Difficoltà di sciata su fuori pista: facile.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale, diminuendo la presa di spi-golo per effetto della diminuzione dell’angolazione,iniziare lo slittamento con attività contemporaneasui due piedi; proseguire in piegamento rivolgendoil busto nella direzione dello slittamento. Quindiriprendere la discesa diagonale con aumento dell’an-golazione e conseguente presa di spigolo.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) La diminuzione della presa di spigolo avvieneprincipalmente per l’intervento dell’asse bacino-ginocchia con un innalzamento; oppure in misuraminore per l’intervento dell’asse piedi-ginocchia. 2) Il busto viene mantenuto in direzione della lineadi slittamento. 3) Gli sci conservano un parallelismo naturale 4) L’attività di slittamento sensibilizza in modo par-ticolare l’uso di entrambi i piedi.5) Questo esercizio viene spesso adottato per supera-re pendii ripidi oppure tratti obbligati di percorso.6) La sensibilità dell’uso dei piedi dipende dallecaratteristiche dell’attrezzatura sci alpinistica: in par-ticolare scarponi “cedevoli” riducono la sensibilità.

2° livello: collegamento di “cristiania di base”

Tecnica di discesa Sci alpinismo

88

Capitolo 4

Esercizio: n°11

Terreno: pista e fuoripista

Livello: II

Lo slittamento alternatoalla diagonale sviluppala sensibilità dei piedimantenendo una corret-ta posizione d’equili-brio.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 2° livello: collegamento di

“cristiania di base”

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Capitolo 4

C4-11 Slittamento alternatoalla diagonale

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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2° livello: collegamento di “cristiania di base”

Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Discesa in cordata sul ghiacciaio

ObiettivoEffettuare una discesa in cordata su ghiacciaio insicurezza e trattenere una eventuale caduta di uncompagno nel crepaccio.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu ghiacciaio con qualsiasi tipo di neve.

Descrizione generale dell’esercizioIl tipo di curva da fare varia in base al terreno, tipodi neve, capacità tecnica dei componenti la cordatae soprattutto all’affiatamento dei componenti stessi.La cordata può essere composta da due e da più per-sone e la distanza tra i componenti varia a secondadel loro numero.La traccia effettuata dal primo di cordata deve esse-re seguita dagli altri componenti.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento Esercizio effettuato solo su fuori pista.1) In fase di apprendimento si consiglia la progres-sione di una cordata di due persone, su un terrenonon glaciale ampio, di media pendenza e con nevebattuta. 2) È necessario tenere sempre la corda in leggera ten-sione.3) Il più esperto è l’ultimo della cordata e dà indica-zioni sul percorso più sicuro da seguire. 4) Si fa presente che la cordata a due elementi è quel-la più vulnerabile su ghiacciaio. 5) La cordata più consigliata è quella composta datre persone in quanto trattiene più facilmente l’e-ventuale caduta di compagno in un crepaccio e offremaggiore versatilità nella scelta delle manovre direcupero.6) Per evitare il contatto della corda con gli sci biso-gna tenerla sollevata con la mano che si trova all’e-sterno della curva.7) Il primo componente può usare i bastoncini men-

Capitolo 4

Esercizio: n°12

Terreno: pista e fuoripista

Livello: II

La discesa in cordata sughiacciaio è una mano-vra di sicurezza utile atrattenere l’eventualecaduta di un compagnoin un crepaccio.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 2° livello: collegamento di

“cristiania di base”

91

tre gli altri, per non essere ostacolati nell’uso dellacorda, li infilano nello zaino. Su neve dura si tiene lapiccozza in mano.8) Un eventuale cordata formata da più di tre ele-menti non è consigliabile perché risulta lenta nellaprogressione e difficoltosa nelle manovre.

Capitolo 4

C4-12 Discesa in cordata su ghiacciaio

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2° livello: collegamento di “cristiania di base”

Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Collegamento di “cristiania di base”

ObiettivoEseguire un collegamento di curve a sci paralleli,realizzando un arco di curva naturale in base al ter-reno e controllando lo sbandamento.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno di media pendenza e uniforme, conneve ben battuta e compatta. Su fuori pista terrenodi media pendenza, con neve fresca su fondo duro.

Difficoltà di sciata su fuori pista: media.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale effettuare il piegamento; indistensione traslazione, con appoggio del bastoncino,effettuare il movimento di orientamento del corpo,determinando il cambio degli spigoli; continuare in pie-gamento-angolazione, controllando l'inerzia rotazionale.Una volta ritornati in posizione di diagonale, iniziare lacurva successiva con le stesse modalità della precedente.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) A differenza degli esercizi precedenti si comincia ora aparlare di traslazione finalizzata al cambio degli spigoli. 2) Nel cristiania di base l’arco di curva è chiamato “natu-rale” per la libertà di ampiezza con il quale può essereinterpretato: infatti esso dipende dalle caratteristiche delpendio, della neve e delle capacità dello sciatore.3) Terminata la curva, il ritorno alla posizione di diago-nale, consente di sistemare la posizione di base prima diaffrontare la curva successiva.4) Con neve profonda e fresca o con neve umida, l’ap-poggio del bastoncino può avvenire prima dell’iniziodella distensione.5) Si può eseguire la curva in 4 tempi così suddivisi:

1°- piegamento di preparazione 2° - distensione-traslazione3°- piegamento-angolazione 4° - distensione e ritorno in diagonale

Capitolo 4

Esercizio: n°13

Terreno: pista e fuoripista

Livello: II

Il collegamento di cri-stiania di base si effettuaa sci paralleli, con archidi curva naturali in baseal terreno, controllandolo sbandamento.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 2° livello: collegamento di

“cristiania di base”

93

Capitolo 4

C4-13 Collegamento di "cri-stiania di base"

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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3° livello: sequenza di “cristiania di base”

Tecnica di discesa Sci alpinismo

94

3° LIVELLO: SEQUENZA DI “CRISTIA-NIA DI BASE”

Sequenza di “cristiania di base” ad arcomedio

ObiettivoEseguire una sequenza di curve ad arco medio conritmo, interpretando il pendio, con controllo della velo-cità e cercando di ridurre lo sbandamento.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno di media pendenza ampio e uniforme,con neve ben battuta e compatta.Su fuori pista terreno di media pendenza, con neve fre-sca su fondo duro oppure con neve alta e farinosa.

Difficoltà di sciata su fuori pista: media.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale effettuare il piegamento; indistensione traslazione, con appoggio del bastoncino,effettuare il movimento di orientamento del corpo,determinando il cambio degli spigoli; continuare in pie-gamento-angolazione, e azione sterzante. In distensio-ne-traslazione e appoggio del bastoncino iniziare lacurva successiva con le stesse modalità della precedente.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento 1) Diversamente dall’esercizio di collegamento, lasequenza non prevede una discesa diagonale e quinditerminata una curva si inizia con quella successiva2) Pur interpretando il pendio e il tipo di neve, lo scia-tore deve imporre un certo ritmo e continuità di movi-mento 3) La distensione, verso l’avanti-interno della curva, hail compito di alleggerire gli sci e favorire l’azione ster-zante; invece il successivo ritorno in piegamento-ango-lazione ha il compito di controllare la velocità con unamaggiore presa degli spigoli. 4) I movimenti di piegamento-angolazione, distensio-ne-traslazione e azione sterzante non sono eseguiti congradualità provocando uno certo sbandamento degli sci.5) Gli sci sono abbastanza distanziati tra loro per per-mettere allo sciatore un maggior equilibrio e una ade-guata presa di spigolo.

Capitolo 4

Esercizio: n°14

Terreno: pista e fuoripista

Livello: III

La sequenza di cristia-nia di base ad arcomedio consiste in unaserie di curve, ritmate,eseguite interpretando ilpendio, controllandovelocità e sbandamento.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 3° livello: sequenza di “cristiania di base”

95

Capitolo 4

C4-14 Sequenza di "cristianiadi base" ad arco medio

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3° livello: sequenza di “cristiania di base”

Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Sequenza di “cristiania di base” ad arcomedio filante

ObiettivoEseguire una sequenza di curve ad arco medio filan-te con ritmo, interpretando il pendio, con controllodella velocità e cercando di ridurre lo sbandamento.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno di media pendenza e uniforme, conneve ben battuta e compatta.Su fuori pista terreno di media pendenza, con nevealta e farinosa oppure con neve umida.

Difficoltà di sciata su fuori pista: media.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale effettuare il piegamento; indistensione traslazione, con appoggio del bastoncino,effettuare il movimento di orientamento del corpo,determinando il cambio degli spigoli; continuare inpiegamento-angolazione, e azione sterzante. In distensione-traslazione e appoggio del bastoncinoiniziare la curva successiva con le stesse modalitàdella precedente.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) Pur interpretando il pendio e il tipo di neve, allosciatore si richiede ritmo e continuità di movimento.2) La distensione, verso l’avanti-interno della curva,ha il compito di alleggerire gli sci e favorire l’azionesterzante; invece il successivo ritorno in piegamentoe angolazione ha il compito di effettuare il cambiodegli spigoli.3) In questo livello di esercizi, si osserva un certosbandamento degli sci prodotto da una azione ster-zante poco gradualizzata e da movimenti di piega-mento e distensione che sono ancora verticali e chehanno perlopiù la funzione di caricare e scaricare ilpeso sugli sci. 4) L’arco di curva medio-filante è più appropriatoper un terreno di media pendenza con neve farino-sa alta in quanto consente di mantenere una certavelocità.

Capitolo 4

Esercizio: n°15

Terreno: pista e fuoripista

Livello: III

La sequenza di cristia-nia di base ad arcomedio filante consiste inuna serie di curve, rit-mate, eseguite interpre-tando il pendio, control-lando velocità e sbanda-mento.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 3° livello: sequenza di “cristiania di base”

97

Capitolo 4

C4-15 Sequenza di "cristianiadi base" ad arco medio filante

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3° livello: sequenza di “cristiania di base”

Tecnica di discesa Sci alpinismo

98

Sequenza di “cristiania di base” ad arcobreve

ObiettivoEseguire una sequenza di curve ad arco breve conritmo, interpretando il pendio, con controllo dellavelocità e cercando di ridurre lo sbandamento.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno da media pendenza a ripido, conneve ben battuta e compatta.Su fuori pista terreno ripido, con neve compattaoppure con neve fresca su fondo duro.

Difficoltà di sciata su fuori pista: media.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale effettuare il piegamento; indistensione traslazione, con appoggio del bastonci-no, effettuare il movimento di orientamento delcorpo, determinando il cambio degli spigoli; conti-nuare in piegamento-angolazione e l’azione sterzan-te. In distensione-traslazione e appoggio del baston-cino iniziare la curva successiva con le stesse moda-lità della precedente.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) Si tratta di un arco di curva dettato dalle capacitàtecniche dello sciatore che interpreta il pendio e iltipo di neve con una certa dinamicità.2) Il corretto appoggio del bastoncino favorisce lagiusta cadenza dei movimenti.3) Si cerca di mantenere una posizione più centralepossibile, evitando l’inclinazione all’interno dellacurva e offrendo una superficie degli sci più grandepossibile.4) Qualche sbandata controllata, a fine curva, dovu-ta alla poca compensazione del busto verso l’esternodella curva, è tollerata.5) I movimenti di piegamento-angolazione e disten-sione-traslazione sono eseguiti con poca gradualità econtinuità.6) L'appoggio contemporaneo dei due bastoncinipermette di mantenere il busto costantemente rivol-to verso la massima pendenza.

Capitolo 4

Esercizio: n°16

Terreno: pista e fuoripista

Livello: III

La sequenza di cristia-nia di base ad arco breveconsiste in una serie dicurve, ritmate, eseguiteinterpretando il pendio,controllando velocità esbandamento.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 3° livello: sequenza di “cristiania di base”

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Capitolo 4

C4-16 Sequenza di "cristianiadi base" ad arco breve

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3° livello: sequenza di “cristiania di base”

Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Superamento di gobbe e cunette

ObiettivoNon perdere aderenza su terreno accidentato e riu-scire a mantenere una certa indipendenza di gambe.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno di media pendenza o ripido.Su fuori pista terreno anche ripido, con neve duraoppure alta.

Difficoltà di sciata: difficile.

Descrizione generale dell’esercizioIn discesa con gli sci paralleli affrontare la gobba conun piegamento degli arti inferiori, anticipando e cosìammortizzando la spinta del terreno verso l’alto.Distendere gli arti inferiori verso la cunetta per otte-nere la massima aderenza degli sci al terreno adeguan-do la posizione del busto per favorire la centralità.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) È consigliabile fare esercizio prima su gobbe ecunétte regolari, rotonde e su terreno non tropporipido.2) Esercitarsi a cambiare direzione sia sulla gobbache dentro la cunétta.3) Soprattutto su nevi pesanti e smosse è bene man-tenere gli sci più aderenti al terreno effettuando ilmovimento di piegamento richiamando gli arti infe-riori verso il baricentro.4) La distensione degli arti inferiori avviene allun-gando gli stessi verso il basso per mantenere unacostante aderenza degli sci sulla neve.5) L’appoggio di entrambi i bastoncini consente dimantenere le spalle ed il busto costantemente rivoltiverso valle.

Capitolo 4

Esercizio: n°17

Terreno: pista e fuoripista

Livello: III

Il superamento di gobbee cunette prevede ilmantenimento dell’ade-renza con il terreno eduna certa indipendenzadi gambe.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 3° livello: sequenza di “cristiania di base”

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Capitolo 4

C4-17 Superamento di gobbe ecunette

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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Curva con salto

ObiettivoEseguire curve a sci paralleli, controllate, con nevidifficili oppure su terreno ripido.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno anche ripido e ghiacciato.Su fuori pista terreno ripido con nevi gessose, dure ecrostose.

Difficoltà di sciata: difficile - molto difficile.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale effettuare il piegamento; conappoggio su uno o due bastoncini, in distensione-traslazione rapida richiamare i piedi vicino al corpo;iniziare l’azione sterzante con allungamento degliarti inferiori e successivo piegamento-angolazioneper terminare la curva in slittamento.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento 1) Durante la fase di richiamo dei piedi gli sci devo-no restare paralleli al pendio evitando che le punte ole code restino sotto la neve.2) La prima parte della curva avviene fuori dallaneve; si cade con gli sci lungo la massima pendenzae si completa la curva con una azione sterzante. 3) Con nevi difficili la curva avviene tutta fuori dallaneve realizzando una inversione di quasi 180 gradi.4) Si tratta di un esercizio molto faticoso se la neveè alta o bagnata. Viene eseguito soprattutto su neviventate.5) Il salto può essere effettuato solo dal primo delgruppo con lo scopo di rompere la neve crostosa epreparare una traccia più facilmente percorribiledagli altri compagni.6) Su neve molto alta la fase di richiamo dei piedi sisvolge all’interno del manto nevoso; si suggerisce diiniziare lungo la linea di massima pendenza e di cari-care entrambi gli sci.

3° livello: sequenza di “cristiania di base”

Tecnica di discesa Sci alpinismo

102

Capitolo 4

Esercizio: n°18

Terreno: pista e fuoripista

Livello: III

La curva con salto si ese-gue a sci paralleli su nevidifficili o terreno ripido.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 3° livello: sequenza di “cristiania di base”

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Capitolo 4

C4-18 Curva con salto

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4° livello: sequenza dicristiania ad arcoampio, medio, breve

Tecnica di discesa Sci alpinismo

104

SEQUENZE DI CRISTIANIA AD ARCOAMPIO, MEDIO, BREVE

Sequenza di cristiania ad arco ampio

ObiettivoEffettuare una sequenza di curve ad arco ampio convelocità e sicurezza alla ricerca della conduzione.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno di media pendenza, ampio e uniformecon neve ben battuta e compatta.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale effettuare il piegamento, indistensione-traslazione; con appoggio del bastoncino,effettuare il cambio degli spigoli, abbinato al movimen-to di orientamento del corpo; continuare in piegamen-to-angolazione; quindi in distensione-traslazione inizia-re la curva successiva con le stesse modalità della prece-dente.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento Esercizio effettuato solo su pista.1) Si tratta di un esercizio, che data la sua velocità, puòessere eseguito solo su terreni aperti e uniformi; consen-te di valutare l’ampiezza dei movimenti e la gradualitàcon cui vengono eseguiti.2) Il movimento di distensione-traslazione è eseguitoverso l’avanti-interno della curva e deve consentire unpiù efficace cambio degli spigoli.3) Il movimento di piegamento-angolazione favorisceuna maggior presa di spigolo e di conseguenza control-la l’inerzia rotazionale. 4) Graduali movimenti di distensione e piegamentocreano le premesse per la futura conduzione.5) Rispetto al “cristiania di base” la distensione-trasla-zione deve essere sufficientemente ampia e gradualenella prima parte di curva; mentre il piegamento-ango-lazione, effettuato nella seconda parte della curva, deveessere distribuito lungo tutta la traiettoria.6) Un corretto appoggio del bastoncino facilita il man-tenimento del busto in asse con gli sci.7) Il peso che negli esercizi precedenti era distribuito suentrambi gli sci, con il miglioramento delle capacitàtende ad essere portato in prevalenza sullo sci a valle.

Capitolo 4

Esercizio: n°19

Terreno: pista e fuoripista

Livello: IV

La sequenza di Cristia-nia ad arco ampio preve-de una serie di curve,eseguite in velocità esicurezza alla ricercadella conduzione.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 4° livello: sequenza dicristiania ad arco

ampio, medio, breve

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Capitolo 4

C4-19 Sequenza di cristianiaad arco ampio

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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4° livello: sequenza dicristiania ad arcoampio, medio, breve

Tecnica di discesa Sci alpinismo

106

Sequenza ad arco medio

ObiettivoEffettuare una sequenza di curve ad arco medio conbuona velocità e adeguata sicurezza alla ricerca dellaconduzione.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno di media pendenza, uniforme conneve ben battuta.Su fuori pista terreno di media pendenza, con nevealta e soffice su fondo duro.

Difficoltà di sciata su fuori pista: media.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale effettuare il piegamento, indistensione-traslazione; con appoggio del bastonci-no, effettuare il cambio degli spigoli, abbinato almovimento di orientamento del corpo; continuarein piegamento-angolazione; quindi in distensione -traslazione iniziare la curva successiva con le stessemodalità della precedente.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) Rispetto all’arco ampio le curve sono tra loro piùvicine.2) Il movimento di distensione-traslazione è esegui-to verso l’avanti-interno della curva e non svolge piùsolo una funzione di alleggerimento degli sci madeve consentire un più efficace cambio degli spigoli.3) Il movimento di piegamento-angolazione ha inol-tre lo scopo di contenere molto lo sbandamento e diricercare la conduzione.4) Rispetto al “cristiania di base” viene richiesto unamaggior velocità di esecuzione e i movimenti sonoeffettuati con più escursione e gradualità; l’azionesterzante è più controllata soprattutto nella secondametà di curva, con lo scopo di migliorare la presadegli spigoli.

Capitolo 4

Esercizio: n°20

Terreno: pista e fuoripista

Livello: IV

La sequenza di Cristia-nia ad arco medio preve-de una serie di curve,eseguite in velocità esicurezza alla ricercadella conduzione.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 4° livello: sequenza dicristiania ad arco

ampio, medio, breve

107

Capitolo 4

C4-20 Sequenza di cristianiaad arco medio

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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4° livello: sequenza dicristiania ad arcoampio, medio, breve

Tecnica di discesa Sci alpinismo

108

Sequenza ad arco medio filante

ObiettivoEffettuare una sequenza di curve ad arco mediofilante con buona velocità e adeguata sicurezza allaricerca della conduzione.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno di media pendenza, uniforme conneve ben battuta.Su fuori pista terreno di media pendenza, con nevealta e farinosa oppure con neve umida.

Difficoltà di sciata su fuori pista: media.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale effettuare il piegamento, indistensione-traslazione; con appoggio del bastonci-no, effettuare il cambio degli spigoli, abbinato almovimento di orientamento del corpo; continuarein piegamento-angolazione; quindi in distensione-traslazione iniziare la curva successiva con le stessemodalità della precedente.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) Rispetto all’arco medio le curve sono meno arro-tondate e più filanti; i movimenti di distensione-tra-slazione e piegamento-angolazione sono menoaccentuati.2) Un corretto appoggio del bastoncino permette didare ritmo all’esercizio.3) Rispetto al cristiania di base i movimenti didistensione-traslazione e piegamento-angolazionesono più armonici ed elastici.4) Su nevi fresche, alte o umide gli sci sono più rav-vicinati per un miglior galleggiamento.

Capitolo 4

Esercizio: n°21

Terreno: pista e fuoripista

Livello: IV

La sequenza di cristia-nia ad arco medio filan-te prevede una serie dicurve, eseguite in velo-cità e sicurezza alla ricer-ca della conduzione.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 4° livello: sequenza dicristiania ad arco

ampio, medio, breve

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Capitolo 4

C4-21 Sequenza di cristiania ad arco medio filante

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4° livello: sequenza dicristiania ad arcoampio, medio, breve

Tecnica di discesa Sci alpinismo

110

Sequenza di cristiania ad arco breve

ObiettivoEffettuare una sequenza di curve ad arco breve conbuon controllo della velocità, in sicurezza, alla ricer-ca della conduzione e del ritmo.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno da media pendenza a ripido, conneve ben battuta e compatta.Su fuori pista terreno ripido, con neve compattaoppure con neve fresca su fondo duro.

Difficoltà di sciata su fuori pista: media.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale effettuare il piegamento, indistensione-traslazione; con appoggio del bastonci-no, effettuare il cambio degli spigoli, abbinato almovimento di orientamento del corpo; continuarein piegamento-angolazione; quindi in distensione-traslazione iniziare la curva successiva con le stessemodalità della precedente.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento 1) Rispetto all’arco medio le curve sono tra loro piùvicine, i movimenti sono più rapidi e marcati.2) La ricerca della conduzione si realizza maggior-mente su un pendio meno ripido, mentre su un pen-dio più ripido la ricerca di un maggior controllo vaa scapito della buona conduzione.3) La corretta preparazione del bastoncino realizzal’appoggio concreto dello stesso.4) È possibile l’appoggio su due bastoncini che con-tribuisce a mantenere il busto più fermo verso valle.5) Il busto, su di un pendio più ripido e in unasequenza di curve più brevi, è maggiormente rivoltoverso valle facilitando il movimento di orientamen-to del corpo e il controllo dell’inerzia rotazionale.6) Rispetto al “cristiania di base” questo eserciziopresenta movimenti più graduali e precisi che garan-tiscono un minor sbandamento nella seconda partedella curva, azione più efficace dell’asse caviglia-ginocchia che consente una più rapida chiusura dicurva.

Capitolo 4

Esercizio: n°22

Terreno: pista e fuoripista

Livello: IV

La sequenza di cristia-nia ad arco breve preve-de una serie di curve,eseguite in velocità esicurezza alla ricercadella conduzione e delritmo.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 4° livello: sequenza dicristiania ad arco

ampio, medio, breve

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Capitolo 4

C4-22 Sequenza di cristianiaad arco breve

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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4° livello: sequenza dicristiania ad arcoampio, medio, breve

Tecnica di discesa Sci alpinismo

112

Sequenza di curve con salto

ObiettivoEseguire una sequenza di curve a sci paralleli, con-trollate ed in particolari condizioni di neve.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno anche ripido e ghiacciato.Su fuori pista terreno ripido con nevi gessose, dure,crostose.

Difficoltà di sciata: difficile - molto difficile.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale effettuare il piegamento; conappoggio su uno o due bastoncini, in distensione-traslazione rapida richiamare i piedi vicino al corpo;iniziare l’azione sterzante con allungamento degliarti inferiori e successivo piegamento-angolazione; siconclude la curva con un breve slittamento diagona-le molto controllato che consente di prepararsi per ilsalto successivo.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento:esercizio effettuato solo su fuori pista.1) Durante la fase di richiamo dei piedi gli sci devo-no restare paralleli al pendio evitando che le punte ole code restino sotto la neve.2) La prima parte della curva avviene fuori dallaneve; si cade con gli sci lungo la massima pendenzae si completa la curva con una azione sterzante.3) Con nevi difficili la curva avviene tutta fuori dallaneve realizzando una inversione di quasi 180 gradi.4) Il busto è prevalentemente rivolto verso valle el’uso contemporaneo dei due bastoncini contribui-sce a tenerlo più fermo.5) Su neve crostosa il salto potrebbe essere effettua-to solo dal primo del gruppo con lo scopo di prepa-rare una traccia più facilmente percorribile; in que-sto caso i compagni che seguono devono anticiparela curva in modo da portare le code sul terreno giàlavorato.

Capitolo 4

Esercizio: n°23

Terreno: pista e fuoripista

Livello: IV

La sequenza di curvecon salto si esegue a sciparalleli in particolaricondizioni di neve.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 4° livello: sequenza dicristiania ad arco

ampio, medio, breve

113

Capitolo 4

C4-23 Sequenza di curve consalto

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5° livello: curve condotte

Tecnica di discesa Sci alpinismo

114

5° LIVELLO: CURVE CONDOTTE

Diagonale di conduzione

Obiettivo Eseguire l’attraversamento di un pendio in presa di spi-goli con la maggior precisione di traiettoria possibile.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno uniforme di media pendenza eanche ripido, con neve battuta e compatta. Su fuori pista su terreno anche ripido con neve durao ghiacciata.

Difficoltà di sciata su fuori pista: facile, media.

Descrizione generale dell’esercizioSci paralleli ed in presa di spigolo, sci a monte ancae spalla corrispondenti di poco avanzati, i piedi col-laborano attivamente alla presa di spigolo, le spalle eil busto rimangono rivolte verso la punta dello sci avalle, il peso è distribuito su entrambi gli sci, le brac-cia sono avanzate e distanziate dal corpo. Iniziare ladiscesa mantenendo la posizione.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) Una buona velocità di avanzamento e un tratto ditraiettoria lungo permettono una buona acquisizio-ne della tecnica.2) Per raggiungere con precisione un punto prefissa-to è necessaria una continua azione correttiva deipiedi. Gli sci effettuano così una traiettoria più cur-vilinea.3) Per apprendere un efficace uso degli spigoli si pos-sono effettuare diagonali, con traiettorie differenzia-te, tramite adeguato piegamento-angolazione, azio-ne correttiva dei piedi e opportuno sfruttamentodella sciancratura degli sci.4) Su terreno non uniforme conservare una certatonicità degli arti inferiori.5) È opportuno effettuare la diagonale da entrambele parti e insistere soprattutto dal lato che presenta lemaggiori difficoltà per lo sciatore.

Capitolo 4

Esercizio: n°24

Terreno: pista e fuoripista

Livello: V

La diagonale da condu-zione si esegue attraver-sando un pendio inpresa di spigoli con lamaggior precisione ditraiettoria possibile.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 5° livello: curve condotte

115

Capitolo 4

C4-24 Diagonale da condu-zione

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Curva condotta a monte dalla massimapendenza

ObiettivoEffettuare una curva condotta dalla massima pen-denza fino alla sua chiusura.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoTerreno di media pendenza con neve battuta e com-patta.

Descrizione generale dell’esercizio Dalla discesasulla massima pendenza, in angolazione - piegamen-to, indirizzare gli sci lungo la traiettoria di curvacontinuando l’attività di conduzione con il peso inprevalenza sullo sci esterno. Terminare l’esercizioverso monte.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) L’esercizio deve essere eseguito da entrambe leparti. 2) Durante l’esecuzione le code degli sci non devo-no uscire dalla traiettoria dell’asse longitudinaledegli sci.3) Velocità, gradualità di movimento e manteni-mento della posizione favoriscono la corretta riusci-ta dell’esercizio. 4) Per una valida esecuzione delle curve condotte èindispensabile sviluppare la sensibilità del sistemacaviglia-piede con continua azione correttiva.5) Mentre negli esercizi di livello inferiore il “sistemapiede” realizzava un’azione sterzante, negli esercizi diconduzione esso svolge un’azione di pilotaggio.

Capitolo 4

Esercizio: n°25

Terreno: pista

Livello: V

La curva condotta amonte dalla massimapendenza si esegue finoalla sua chiusura.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 5° livello: curve condotte

117

Capitolo 4

C4-25 Curva condotta amonte dalla massima pendenza

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Curva condotta a valle dalla diagonale

ObiettivoEseguire una curva condotta completa a sci paralleli.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoTerreno di media pendenza o anche ripido, suffi-cientemente ampio con neve battuta e compatta.

Descrizione generale dell’esercizio Dalla discesa diagonale-piegamento, in distensione-traslazione con appoggio del bastoncino iniziare ilmovimento di orientamento del corpo con contem-poraneo cambio degli spigoli e azione di pilotaggiodei piedi, indirizzare gli sci lungo la traiettoria dicurva. Proseguire in piegamento-angolazione conti-nuando a sviluppare la conduzione; terminare l’eser-cizio verso monte o in diagonale.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) Il primo piegamento-angolazione è di preparazio-ne per una migliore presa degli spigoli.2) La distensione-traslazione ha la funzione di inver-tire gli spigoli con migliore precisione e di attuare unpassaggio di peso più graduale.3) Il piegamento-angolazione è un movimento rea-lizzato con gradualità in modo da consentire unapresa di spigoli più efficace. Infatti da questo livello,il piegamento ha la funzione primaria di mantenereil più possibile invariato il carico sugli sci.4) L’appoggio del bastoncino avviene a fine piega-mento e inizio distensione.5) L’esercizio deve essere eseguito da entrambe le partiinsistendo di più sul lato dove si è più carenti.

Capitolo 4

Esercizio: n°26

Terreno: pista

Livello: V

La curva condotta avalle dalla diagonale sieffettua completamentea sci paralleli.

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Capitolo 4

C4-26 Curva condotta a valledalla diagonale

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Parallelo

ObiettivoRealizzare una sequenza di curve condotte ad arcoampio, concatenate tra di loro con ritmo e conti-nuità.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno di media pendenza e anche ripido,ampio e uniforme con neve battuta e compatta.Su fuori pista terreno di media pendenza ampio euniforme con neve compatta o con neve fresca sufondo duro.

Difficoltà di sciata su fuori pista: media.

Descrizione generale dell’esercizioDalla discesa diagonale-piegamento, in distensione-traslazione, con appoggio del bastoncino, iniziare ilmovimento di orientamento del corpo con contem-poraneo cambio degli spigoli e azione di pilotaggiodei piedi e indirizzare gli sci lungo la traiettoria dicurva. Proseguire in piegamento-angolazione conti-nuando a sviluppare la conduzione; in distensione -traslazione iniziare la curva successiva con le stessemodalità della precedente.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) I movimenti di distensione-traslazione e piega-mento-angolazione sono ampi, graduali e senzainterruzioni con l’intento di conservare la presa dispigoli. 2) Il peso va mantenuto prevalentemente sullo sciesterno.3) L’appoggio del bastoncino avviene nella fase didistensione-traslazione e favorisce il ritmo ampio eblando della sequenza.4) Per una valida esecuzione delle curve condotte èindispensabile sviluppare la sensibilità del sistemacaviglia-piede e una continua azione di pilotaggio.5) Data l’elevata velocità di avanzamento il parallelopuò essere eseguito solo su terreni ampi e uniformicon neve compatta; la velocità di esecuzione è sicu-ramente inferiore che in pista.

Capitolo 4

Esercizio: n°27

Terreno: pista e fuoripista

Livello: V

Il parallelo è unasequenza di curve con-dotte ad arco ampio,concatenate con ritmo econtinuità.

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Capitolo 4

C4-27 Parallelo

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Serpentina

ObiettivoRealizzare una sequenza di curve condotte ad arcomedio abbastanza ravvicinate tra di loro ed eseguitecon ritmo.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno di media pendenza e anche ripido,con neve battuta e compatta.Su fuori pista terreno di media pendenza e ancheripido con neve compatta o soffice.

Difficoltà di sciata su fuori pista: media.

Descrizione generale dell’esercizio Dalla discesa diagonale-piegamento, in distensione-traslazione, con appoggio del bastoncino, iniziare ilmovimento di orientamento del corpo con contem-poraneo cambio degli spigoli e azione di pilotaggiodei piedi e indirizzare gli sci lungo la traiettoria dicurva; continuando l’attività di conduzione in pie-gamento-angolazione iniziare la curva successiva conle stesse modalità della precedente.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) I movimenti di distensione-angolazione e piega-mento-angolazione devono essere effettuati in modoarmonico nel tempo e nello spazio senza interruzio-ni di continuità.2) Il ritmo è intenso ma con una modulazione checonsente l’effettuazione completa dei movimenti. 3) È importante l’azione di pilotaggio dei piedi cheinterviene continuamente nella fase di indirizzamen-to per correggere la traiettoria della curva.4) La traccia lasciata dagli sci mette in evidenza l’at-tività di conduzione e di ricerca costante dello spi-golo. 5) L’appoggio del bastoncino deve essere attivo econcreto soprattutto quando il terreno è più ripido.6) Le braccia mantengono una posizione simmetricarispetto al busto.

Capitolo 4

Esercizio: n°28

Terreno: pista e fuoripista

Livello: V

La serpentina è unasequenza di curve con-dotte ad arco medioabbastanza ravvicinatetra loro ed eseguite conritmo.

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Capitolo 4

C4-28 Serpentina

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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Tecnica di discesa Sci alpinismo

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Scodinzolo

ObiettivoRealizzare una sequenza di curve condotte ad arcobreve ben concatenate tra di loro ed eseguite conritmo e precisione.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno di lieve e media pendenza ampio euniforme, con neve battuta e compattaSu fuori pista terreno di lieve e media pendenza conneve compatta o neve alta.

Difficoltà di sciata su fuori pista: media.

Descrizione generale dell’esercizioDalla diagonale-piegamento, in distensione-trasla-zione, con appoggio del bastoncino e contempora-neo cambio degli spigoli, con l’azione di pilotaggiodei piedi, indirizzare gli sci lungo la traiettoria dicurva, continuando l’attività di conduzione in pie-gamento-angolazione; in distensione-traslazione conappoggio del bastoncino e cambio degli spigoli, ini-ziare la curva successiva con le stesse modalità dellaprecedente.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento1) I movimenti di distensione-traslazione, piega-mento-angolazione e il movimento di orientamentodel corpo sono poco evidenti in quanto gli sci per-corrono una traiettoria di curva meno accentuata.2) Le braccia mantengono una posizione simmetricaverso la linea di massima pendenza. 3) Rispetto alla serpentina il busto rimane pressochéfermo e rivolto verso la linea di massima pendenza. 4) Il peso va mantenuto prevalentemente su entram-bi gli sci.5) L’esercizio viene effettuato anche con nevi alte esu pendio di media pendenza cercando di non per-dere velocità.

Capitolo 4

Esercizio: n°29

Terreno: pista e fuoripista

Livello: V

Lo scodinzolo è unasequenza di curve con-dotte ad arco breve, benconcatenate tra loro edeseguite con ritmo e pre-cisione.

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Capitolo 4

C4-29 Scodinzolo

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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Tecnica di discesa Sci alpinismo

126

Cortoraggio

ObiettivoRealizzare una sequenza di curve condotte ad arcocorto e molto ravvicinate tra loro con ritmo soste-nuto e precisione.

Caratteristiche del terreno e del manto nevosoSu pista terreno e media pendenza e anche ripido,con neve battuta e compatta. Su fuori pista terrenoripido con neve compatta o neve alta.

Difficoltà di sciata su fuori pista: media, difficile.

Descrizione generale dell’esercizioDalla diagonale-piegamento, in distensione-trasla-zione, con appoggio del bastoncino e contempora-neo cambio degli spigoli, con azione di pilotaggiodei piedi, indirizzare gli sci lungo la traiettoria dicurva, continuando con la stessa intensità nell’atti-vità di conduzione in piegamento-angolazione; indistensione-traslazione, con appoggio del bastonci-no e cambio degli spigoli, iniziare la curva successi-va con le stesse modalità della precedente.

Suggerimenti per facilitare l’apprendimento 1) I movimenti marcati, rapidi e ravvicinati tra lorofanno sì di realizzare un esercizio con ritmo brillan-te e dinamico; ciò è consentito, oltre che dalle capa-cità dello sciatore, anche dalla reazione del terrenoche produce una sorta di rimbalzo.2) Il bastoncino deve essere appoggiato in modoattivo ed ha inoltre lo scopo di segnare la cadenza eil ritmo di esecuzione.3) L’uso di entrambi i bastoncini in appoggio èanche un esercizio propedeutico per migliorare lacentralità.4) Il peso va mantenuto prevalentemente sullo sciesterno; tuttavia con nevi soffici è opportuno distri-buirlo su entrambi gli sci, soprattutto su terrenoripido.

Capitolo 4

Esercizio: n°30

Terreno: pista e fuoripista

Livello: V

Il cortoraggio è unasequenza di curve con-dotte ad arco corto,molto ravvicinate traloro ed eseguite conritmo sostenuto e preci-sione.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa 5° livello: curve condotte

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Capitolo 4

C4-30 Cortoraggio

(esercizio tratto da “SCI ITALIANO” manuale dei Maestri di Sci - ed. 1998)

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Glossario Tecnica di discesa Sci alpinismo

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GLOSSARIO DEI TERMINI TECNICI FONDAMENTALI.

ASSI DEL CORPOAl fine di descrivere i rapporti degli arti con il busto dellosciatore e con l’attrezzo, s’immagina il corpo percorso datre assi e tagliato da tre piani:• ASSE LONGITUDINALE: attraversa il corpo dallasommità del capo (vertice) al punto di unione dei talloni(piedi);• ASSE TRASVERSALE: va da una spalla all’altra;• ASSE SAGITTALE: va dal petto al dorso.

PIANI DEL CORPOGli assi individuano i seguenti piani:• PIANO FRONTALE: divide il corpo umano in due partiasimmetriche, una anteriore e una posteriore;• PIANO SAGITTALE: divide il corpo umano in dueparti simmetriche, una sinistra e una destra;• PIANO TRASVERSALE: divide il corpo umano in dueparti asimmetriche, una superiore e una inferiore.

CENTRO DI MASSAIl centro di massa di un corpo, detto anche baricentro, è ilpunto nel quale si possono considerare applicate le risul-tanti delle varie forze-peso delle diverse masse che com-pongono il sistema uomo-sci. Nel corpo umano esso sitrova nella zona centrale del bacino a circa il 57% dell’al-tezza. Il baricentro del sistema uomo-sci può variare inseguito ai movimenti delle braccia e delle gambe, in quan-to spostando un arco si cambia la distribuzione dei pesi.

BACINOStruttura ossea formata dall’unione di ileo, ischio e pube,che si articola in basso con le teste dei due femori. Nel baci-no si può identificare, in generale, il baricentro (= Centrodi massa) ed è da considerarsi il centro motore della “mac-china sciatore”. In sintesi: il centro di massa si muove nelladirezione in cui si muove il bacino. Il bacino, essendo posi-zionato fra gli arti inferiori ed il busto, mediante le suecomplesse articolazioni, è la struttura biomeccanica checonsente di realizzare le posizioni ed i movimenti di curvaanche più raffinati.

BUSTOComplesso di strutture biomeccaniche che vengono simbo-leggiate con l’asse della colonna vertebrale. La funzione

Capitolo 4

Definizioni liberamentetratte dal manuale deiMaestri di Sci “SCI ITA-LIANO” edito dallaF.I.S.I. - ottobre 1998.

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Sci alpinismo Tecnica di discesa Glossario

129

principale del busto è quella di equilibratore nelle fasi dimovimento, caratterizzate sempre dalla variazione delpunto di applicazione del centro di massa. Il movimento delbusto si effettua sul piano sagittale e interessa in modo soli-dale anche la porzione cervicale della colonna vertebrale.

POSIZIONE DI BASEÈ l’assetto del corpo in equilibrio, non completamenteeretto, data dalla conformazione fisica e di atteggiamentoabituale (= di postura ) della persona. Può essere assunta asci paralleli o a sci a spazzaneve.In attraversamento con gli sci in condizione di "paralleli-smo naturale" è la posizione assunta dallo sciatore inmaniera naturale, alla ricerca di un equilibrio personale e diun assestamento in sicurezza.

PIEGAMENTOÈ il passaggio da una posizione estesa (alta) ad una posi-zione piegata, provocando un abbassamento del centro dimassa attraverso la chiusura degli angoli delle articolazionidegli arti inferiori. Si effettua utilizzando principalmente lamuscolatura e le articolazioni degli arti inferiori. Nelle curve a spazzaneve viene usato il termine “abbassa-mento” in quanto il movimento viene eseguito in modorudimentale, naturale e spontaneo.

DISTENSIONE (= ESTENSIONE)È il passaggio da una posizione piegata ad una posizioneestesa attraverso l'apertura degli angoli delle articolazionidegli arti inferiori, determinando un allontanamento delcentro di massa dalla base portante.Il movimento deve essere modulato in base alla lunghezzadella traiettoria di curva che si deve percorrere. Nelle curvea spazzaneve viene usato il termine “innalzamento” inquanto il movimento viene eseguito in modo rudimentale,naturale e spontaneo per ritornare in posizione di base.

PARALLELISMOÈ una delle posizioni assunte dallo sciatore e consiste nellapossibilità di mantenere gli sci a distanza pressoché costan-te tra loro, anche se su piani diversi tra loro. Inoltre, ilparallelismo degli sci, rispetta la naturale tendenza di ognisciatore a mantenere una maggiore o minore distanza traloro. Nelle fasi iniziali di apprendimento, si può ipotizzareun "parallelismo naturale" dato dalla posizione di sicurezzae comodità assunte istintivamente da ogni sciatore in basealle caratteristiche della postura personale.

Capitolo 4

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Glossario Tecnica di discesa Sci alpinismo

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PRESA DI SPIGOLO È l'angolo d'incidenza formato dall'asse trasversale dello scicon il pendio. Un aumento dell'angolazione provoca unamaggiore presa di spigolo mentre una diminuzione diangolazione provoca una minor presa di spigolo.Nelle curve a spazzaneve viene usato il termine di “attra-versamento” in quanto è caratterizzato da un appoggionaturale sullo spigolo dovuto alla tenuta dello scarpone ealla sua posizione orizzontale sul pendio.

AZIONE STERZANTEÈ il movimento ottenuto tramite l'azione del complessoarticolare degli arti inferiori che permette di trasmettereagli sci la variazione di direzione.È importante nella prima fase di apprendimento della tec-nica sciistica. Essa è abbinata al movimento di orientamento del corponella prima fase di curva e al piegamento-angolazione nellaseconda fase della curva.

CONDUZIONEÈ il risultato biomeccanico (fisico, neuromuscolare, tecni-co e geometrico) dell’insieme dei movimenti che consento-no lo sviluppo di una curva con il minor sbandamento pos-sibile dalla traiettoria curvilinea voluta.

CARICO Nella pratica viene usato il termine “peso” come sinonimodi “carico”. Il carico è la grandezza fisica che lo sciatoreapplica alla traiettoria curvilinea e rappresenta la sommato-ria di tutte le forze che agiscono sul sistema uomo-sci.

DISTRIBUZIONE DEI PESIDall’inizio della curva lo sci esterno sopporta prevalente-mente il carico di tutto il peso dello sciatore e delle forzeche agiscono sul suo baricentro fino alla massima penden-za. Successivamente, per effetto dell’azione di piegamento-angolazione, il peso si sposta gradualmente su entrambi glisci. La percentuale di carico durante la curva cambia, infunzione di numerose variabili che intervengono: velocitàdi avanzamento, rapidità di esecuzione dei movimenti,arco di curva, qualità della neve, caratteristiche dello scia-tore.

GRADUALITÁÈ l’abilità a compiere movimenti attivi con un’esecuzioneprogressiva e proporzionale nello spazio e nel tempo deglistessi sci.

Capitolo 4

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Sci alpinismo Tecnica di discesa Glossario

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MOVIMENTO DEGLI ARTI SUPERIORIGli arti superiori effettuano un movimento che divienesempre più importante e significativo con il progredire del-l’abilità dello sciatore. Essi, infatti, hanno lo scopo genera-le di collaborare alla simmetria generale del corpo dellosciatore anche in fase curvilinea.

MOVIMENTO DEGLI ARTI INFERIORIGli arti inferiori realizzano i movimenti di distensione contraslazione e conseguente cambio degli spigoli, con succes-sivo movimento di piegamento-angolazione, impegnandole articolazioni di caviglie, ginocchia ed anche.

TRASLAZIONEÈ lo spostamento del centro di massa che determina la finedi una curva e la volontarietà dell’inizio della curva imme-diatamente successiva. In una prima fase la traslazionedetermina la diminuzione dell’angolazione, continua versol’interno-avanti della curva da realizzare determinando il“cambio degli spigoli” e in seguito produce un’angolazioneabbinata alla distensione. Il movimento di traslazione èsempre associato ai movimenti di distensione e di orienta-mento del corpo.

ANGOLAZIONE L’angolazione è la serie di movimenti che determinano lapresa di spigolo, collaborando a creare la traiettoria dicurva e a mantenere l’equilibrio in diagonale.

ANGOLAZIONE DINAMICAL’angolazione dinamica è l’insieme dei movimenti che col-laborano a determinare la traiettoria di una curva condot-ta; essa modifica punto per punto la traiettoria di curva infunzione delle forze fisiche, della deformazione dell’attrez-zo e dei movimenti di piegamento e distensione. Si ottieneattraverso il continuo spostamento del centro di massaverso l’interno delle curve effettuate in conduzione.

MOVIMENTO DI ORIENTAMENTO DEL CORPOÈ la rotazione del corpo intorno all'asse longitudinale dellosciatore nel senso di curva.Il movimento di orientamento del corpo viene rappresen-tato in maniera diversa a seconda dell’arco di curva daeffettuarsi e della velocità di avanzamento. Nelle curve rotonde e lunghe (parallelo) l’asse sagittale delcorpo tende ad essere parallelo all’asse degli sci.Nelle curve rotonde e medie (serpentina) l’asse sagittale delcorpo è rivolto leggermente verso valle rispetto l’asse degli sci.

Capitolo 4

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Nelle curve rotonde e strette (cortoraggio) l’asse sagittaledel corpo è rivolto in modo consistente verso valle rispettoall’asse degli sci. Tale movimento, effettuato nella primaparte di curva, aiuta a realizzare in maniera determinante latraiettoria voluta, nella seconda parte invece è più control-lato e contenuto attraverso il movimento di piegamento-angolazione.

CAMBIO DEGLI SPIGOLI - CAMBIO DI DIREZIONEÈ considerata la fase più delicata ed importante per l'ese-cuzione iniziale di curva ed è caratterizzata dal passaggiodagli spigoli interni della curva precedente a quelli internidella curva successiva. Si ottiene con un spostamento delcentro di massa verso l'interno-avanti della curva successi-va con conseguente innalzamento. Questo movimentoprovoca inizialmente la diminuzione dell'angolazione dellacurva precedente e, successivamente, provoca l'angolazionedella curva che si deve effettuare. Il cambio degli spigoli avviene in conseguenza della trasla-zione del centro di massa.

DISTENSIONE (=ESTENSIONE) ABBINATA ALL'ANGOLAZIONE DINAMICAEssa caratterizza le fasi iniziali di una curva condotta. Siottiene attraverso un'azione di apertura delle articolazio-ni degli arti inferiori e di spostamento del bacino pro-gressivamente sempre più verso l'interno della curva daeseguire. In questa situazione di inizio curva il centro dimassa, dopo la fase di innalzamento, si abbassa involon-tariamente per effetto dell'aumento dell'angolazione.La direzione del movimento del bacino e la direzionedella traiettoria degli sci determinano un allontanamentodel centro di massa (bacino) dalla base portante.Lo scopo principale è quello di realizzare l'aderenza degli scicon il terreno permettendone la deformazione e creando ipresupposti per la conduzione. Questa azione serve soprat-tutto a creare la forza centripeta che permette la conduzio-ne voluta dallo sciatore.La distensione-angolazione (=estensione-angolazione),inoltre, prosegue senza interruzioni fino al successivomovimento di piegamento-angolazione.

PIEGAMENTO ABBINATO ALL’ANGOLAZIONEDINAMICAEsso caratterizza tutta la seconda parte di una curva con-dotta con il risultato di mantenere il più possibile costantela pressione degli sci sulla neve, ottenendo il controllo con-tinuo della traiettoria.

Capitolo 4

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Questa fase di esecuzione ben coordinata si può definire"ANGOLAZIONE-PIEGAMENTO".In esso prevale la direzione verso l'interno-basso del centrodi massa ed è contenuta, per ogni sciatore, in un arco diescursione ben definito al di fuori del quale il movimentodiviene poco efficace.Per una escursione corretta è necessario che vi sia un inter-vento appropriato degli arti inferiori (principalmente assebacino-ginocchia ma anche ginocchia-piedi).Il punto di curva in cui inizia il movimento di piegamen-to-angolazione varia a seconda dell'arco di curva che si staeffettuando, della velocità di avanzamento e del pendio. Ingenerale: più la curva è filante e più il movimento di pie-gamento-angolazione inizia prima della massima penden-za; più la curva è rotonda e più il movimento di piega-mento-angolazione tende a coincidere con il punto di mas-sima pendenza.Il piegamento abbinato all'angolazione dinamica è la conti-nuazione naturale del precedente movimento di distensio-ne-angolazione (=estensione-angolazione).

AZIONE DI PILOTAGGIO DEI PIEDIÈ l'attività continua di intervento millimetrico nelle fasi diindirizzamento e di conduzione, con azioni muscolari ebiomeccaniche del complesso articolare di piede-cavigliache dà efficaci correttivi alla traiettoria di curva.L'azione di pilotaggio dei piedi esiste a tutti i livelli di inse-gnamento con quantità e qualità differenziate. Tale azione,nei livelli iniziali è più propriamente definita come "azionesterzante"; più si evolve tecnicamente e più si affina la azio-ne motoria, più prende corpo e importanza 1’azione dipilotaggio dei piedi vera e propria.Il sistema "caviglia-piede" è il primo centro di rilevamentodei dati di curva per quanto riguarda i contatti sci-neve.Per una interpretazione corretta delle curve, in modo par-ticolare condotte, è indispensabile sviluppare ed usare lasensibilità profonda complessiva di caviglia-piede.

INDIRIZZAMENTOÈ il risultato dell'azione di pilotaggio dei piedi, del movi-mento di orientamento del corpo e della distensione (=esten-sione)-traslazione, che consente l'esecuzione di traiettorievolute, precise, determinate e quindi più raffinate.

Capitolo 4

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Archi di curva“Cristiania di base”

Tecnica di discesa Sci alpinismo

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ARCHI DI CURVA “CRISTIANIA DIBASE”

A -Sequenza di cristiania di base ad arco medioB -Sequenza di cristiania di base ad arco medio filanteC -Sequenza di cristiania di base ad arco breve

Capitolo 4

A B C

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Sci alpinismo Tecnica di discesa Archi di curvaCristiania

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ARCHI DI CURVA CRISTIANIA

A-Sequenza di cristiania ad arco ampioB-Sequenza di cristiania ad arco medioC-Sequenza di cristiania ad arco medio filanteD-Sequenza di cristiania ad arco breve

Capitolo 4

A B C D

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capitolo 5

Tecnica di bivacco

INDICE

Premessa

Realizzazione del bivaccoLa cavernaLa trunaL'igloo

La tenda

Sopravvivenza d'inverno

Massimo
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Premessa Tecnica di bivacco Sci alpinismo

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PREMESSA

In montagna può capitare che particolari circostanze, quali una tormenta improvvisa,uno smarrimento, la nebbia, la necessità di prestare assistenza a un ferito che non può esse-re trasportato rapidamente in luogo sicuro, costringano gli alpinisti a bivaccare. In questicasi è necessario decidere il bivacco per tempo, organizzandosi bene, per evitare che l’affa-ticamento e l’oscurità non permettano di individuare il luogo più adatto. Qualora si aves-sero in dotazione tende e sacchi da bivacco (in genere, dato il loro peso, ciò avviene solo seil bivacco è previsto), l’unica preoccupazione sarà quella di scegliere un posto riparato dalvento e sicuro dai pericoli oggettivi come le valanghe, la caduta di seracchi, pietre, corni-ci e, se su ghiacciaio, il crollo di ponti di neve. Non disponendo di materiale da bivacco(bivacco imprevisto), gli alpinisti devono costruirsi un ricovero nella neve, scegliendone iltipo in relazione alla disponibilità di tempo, allo spessore e alla qualità del mento nevoso,alla natura del terreno. Luoghi idonei si trovano dove la neve è stata accumulata, in con-che o su pendi sottovento e in prossimità di rocce. Dormendo una decina di metri al disopra del fondo di una valletta o di un canalone si beneficia di una temperatura di diver-si gradi superiore (a condizione che il luogo sia riparato dal vento), perché l’aria fredda,più pesante, si accumula alle quote inferiori. Nei boschi si trovano posti favorevoli nellacavità coperta dai rami che talvolta si forma intorno al tronco dell’albero.

Capitolo 5

REALIZZAZIONE DEL BIVACCO

L’apertura del bivacco deve essere piccola e chiusa conblocchi di neve. Il soffitto deve essere basso e le cuc-cette sopraelevate, per sfruttare meglio il calore resi-duo (la temperatura all’interno sale in genere fino adalcuni gradi sopra 0°C). Le dimensioni del ricoverodipendono dal numero di persone che deve ospitare.Non deve essere costruito troppo piccolo, per consen-tire un minimo di movimento all’interno e perché,

C5-01 Sistemazione del bivacco

La temperatura all’inter-no di un bivacco bencostruito, sale in generefino ad alcuni gradisopra 0°C.

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Sci alpinismo Tecnica di bivacco Realizzazionedel bivacco

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con il riscaldamento dell’aria, il soffitto potrebbeabbassarsi. Se l’entrata non può essere costruita in sali-ta, lo scavo di un fossato nel punto più basso del rico-vero permette all’aria più fredda di depositarvisi. Laposizione del tetto del bivacco deve essere segnalataall’esterno con bastoncini o bandierine.Una brandina per dormire isolati dalla neve si puòimprovvisare con sci, pelli di foca, corde o altro mate-riale. Se il bivacco è previsto, sarà opportuno dotarsidi materassini in materiale idrorepellente (tipo a cel-lule chiuse). Sono leggeri e molto isolanti. È moltoutile disporre di giacca a vento, piumino, teli imper-meabili, da porre sotto la schiena per evitare il contat-to diretto con la neve. I piedi possono essere infilatidentro lo zaino. Specie se poco coperti, si deve assu-mere una posizione rannicchiata che consente unamaggiore conservazione del calore corporeo.A basse temperature è meglio mettere la scarpettainterna degli scarponi nel sacco vicino al corpo. Gliindumenti umidi si stendono o si indossano sopraquelli asciutti. Durante la costruzione del bivacco silavora vestiti leggermente per evitare di sudare o diinfradiciare con la neve gli indumenti più caldi. Siindossa poi tutto il vestiario disponibile quando sientra nel bivacco. Il materiale eccedente può esseresistemato in nicchie appositamente preparate.L’aerazione si assicura mediante fori praticati nel sof-fitto o lateralmente che, in caso di nevicate, devonoessere costantemente tenuti liberi. Esiste tuttavia unaminima circolazione di aria attraverso la neve, graziealla permeabilità che la caratterizza in funzione delladensità. Si controlla la respirabilità dell’aria tenendoaccesa una candela all’altezza della testa. Il suo spe-gnimento indica mancanza di ossigeno. La luce dellacandela, inoltre, serve a intiepidire l’aria del ricoveroinfondendo una sensazione di conforto. Le bevandecalde si preparano vicino all’entrata. Particolare atten-zione deve essere prestata nell’uso delle tavolette dimeta o di altri combustibili solidi che possono gene-rare gas tossici.Nel bivacco di fortuna, qualora esista pericolo di con-gelamento, è necessario muoversi in continuazione econtrollarsi reciprocamente. È importante soprattutto

Capitolo 5

C5-02 Bivacco con poca neve

La posizione del tettodel bivacco deve esseresegnalata all’esterno conbastoncini o bandierine.

Durante la costruzionedel bivacco si lavoravestiti leggermente perevitare di sudare o diinfradiciare con la nevegli indumenti più caldi.

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Realizzazionedel bivacco

Tecnica di bivacco Sci alpinismo

140

muovere le dita dei piedi e massaggiare le mani. Sepossibile si devono consumare spesso bevande calde ecibi nutrienti. Con temperature straordinariamenterigide è opportuno non cedere al sonno.

La cavernaQuando lo spessore della neve è sufficiente (control-lare con una sonda o con uno sci che raggiungaalmeno i due metri) si può ricavare una caverna.L’entrata deve essere stretta, con galleria d’accessopossibilmente in salita affinché la neve di scavo possaessere sgombrata più facilmente e il vano rimangapiù caldo. Si scava con le pale o, in malauguratamancanza di queste, arrangiandosi alla meno peggiocon piccozza, sci, con le stesse mani, protette ade-guatamente, o con quant’altro fosse disponibile.Dapprima si prepara una nicchia sufficiente perdisporsi seduti, che può in seguito essere ingranditaper poter dormire sdraiati. Il soffitto deve essere leg-germente a volta e ben liscio, per evitare lo stillicidiodell’acqua. La costruzione di una caverna per 4-6persone non richiede più di due ore di lavoro se sidispone delle pale. È generalmente consigliabile, alfine di ridurre i tempi di scavo, lavorare aprendocontemporaneamente due entrate ai lati della caver-na. Una delle due viene chiusa con neve dall’esternoa costruzione ultimata. L’altro ingresso verrà chiusodall’interno con blocchi di neve. La caverna si puòricavare in neve di ogni consistenza.

La trunaLa truna si prepara quando lo spessore della neve e iltempo disponibile non sono sufficienti per costruireuna caverna. Si scava una buca rettangolare delledimensioni occorrenti e, se l’altezza non è sufficien-te per stare seduti si costruiscono attorno dei muret-ti con blocchi di neve. Come tetto si usano sci ebastoncini messi di traverso, pelli di foca, cordini,teli o altro materiale (es. rami se si bivacca in bassaquota), e si ricopre l’ossatura così ottenuta con bloc-

Capitolo 5

C5-03 Caverna

C5-05 Bivacco in truna

C5-04 Bivacco in caverna

Se si dispone delle pale,la costruzione di unacaverna per 4-6 personenon richiede più di dueore di lavoro.

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Sci alpinismo Tecnica di bivacco Realizzazionedel bivacco

chi di neve e neve di riporto. Con questi mezzi sipuò anche coprire un piccolo crepaccio dal fondosicuro e ben intasato di neve. La caverna riparamolto meglio dalla bufera e dal freddo, ed è più faci-le a costruirsi, mentre la truna può essere costruitasolo quando si trova neve sufficientemente compat-ta per ricavare i blocchi di neve.

L’iglooL’igloo si può costruire quando si dispone di nevecompressa, dalla quale ricavare per mezzo di unapala, uno sci o un lungo coltello, blocchi di grandidimensioni. I blocchi si preparano a base più omeno trapezoidale in funzione del raggio di curva-tura della costruzione, e di lunghezza simile in modoche ad ogni giro si abbia la possibilità di sfalsare lecommessure. I primi blocchi si tagliano all’internodell’igloo, allo scopo di abbassare il pavimento, glialtri in una “cava” da localizzare nei pressi. Costruitoil basamento, si eleva il primo giro di blocchi conleggera inclinazione verso l’interno. I blocchi delsecondo giro si spostano di 10-15 cm verso il centrodell’igloo sino a formare un gradino. Analogamentesi procede con i giri di blocchi successivi. Affinché sisaldi bene con gli altri occorre rifinire il blocco almomento di posarlo. Una persona deve rimanereall’interno per aiutare a posare il blocco a tronco dicono che forma la chiave di volta, il quale vienesagomato prima di essere posato.I gradini interni ed esterni si smussano per renderecompletamente lisce le pareti. L’ingresso lo si scavaalla fine, dall’interno e dall’esterno, nella parte bassa,con la forma di un piccolo cunicolo. L’altezza dellacupola non deve superare 1,75 m. Con scarsa dispo-nibilità di tempo e poca esperienza è sempre consi-gliabile la costruzione di igloo piccoli, con un dia-metro di circa 2,5 m. Terminata la costruzione,cospargere i blocchi del ricovero con neve polverosa,o preventivamente frantumata (calpestandola), persigillare eventuali fessure tra blocco e blocco ed evi-tare la fuga di calore. Questa neve funge anche da

Capitolo 5

C5-06 Truna

C5-07 Bivacco in igloo

C5-08 Igloo

80

2,50

Con scarsa disponibilitàdi tempo e poca espe-rienza è sempre consi-gliabile la costruzione diigloo piccoli, con un dia-metro di circa 2,5 m.

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La tenda Tecnica di bivacco Sci alpinismo

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legante e in breve la volta della costruzione si saldain un unico corpo. Si tenga presente che in mancan-za di esperienza specifica la costruzione dell’ igloorichiede moltissimo tempo, e la chiusura della voltapresenta notevoli difficoltà. Prima di iniziare lacostruzione vera e propria può convenire scavare ilpiù possibile nel manto nevoso allo scopo di rende-re più agevole e rapido il lavoro.

LA TENDAÈ la nostra casa nel raid di più giorni, e nelle lunghegite quando manca l’appoggio di un rifugio.Esistono vantaggi e svantaggi tra il bivacco contenda e il bivacco dentro la neve. Nel primo caso latenda viene montata in pochi minuti, può essereusata anche con poca neve, e vi si dorme asciutti.Svantaggio di questo tipo di bivacco è il peso mag-giore nello zaino, anche se ormai le moderne tende acupola non pesano più di 2-3 chili per 3 posti. Incaso di bufera è molto fastidioso il continuo sbatte-re dei teli, e la neve che cade deve essere ogni tantospazzata dai teli. Nel bivacco con tenda, quindi nelbivacco previsto, è indispensabile il fornello, preferi-bilmente a gas per il minore rischio di incendio.Alcuni modelli possono essere appesi al soffitto ecreano un certo calore nell’ambiente. Ricordiamoche una bombola di gas (butano o propano) da 200cc dura 2 giorni per 2 persone: sciogliendo neve perfare acqua tiepida, per il cibo e per borracce conclima rigido.

Capitolo 5

C5-09 Tende

In mancanza di esperien-za specifica la costruzio-ne dell’ igloo richiedemoltissimo tempo e lachiusura della volta pre-senta notevoli difficoltà.

Svantaggio di questotipo di bivacco è il pesomaggiore nello zaino.

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Sci alpinismo Tecnica di bivacco Sopravvivenza d’inverno

143

SOPRAVVIVENZA D’INVERNO

Per poter sopravvivere in circostanze avverse (freddo,vento, umidità) in attesa del miglioramento del tempoe/o dell’arrivo dei soccorsi, occorre:• mantenere la calma, avere un atteggiamento

“aggressivo”, non disperare mai;• risparmiare le forze, riflettere sulle azioni

da intraprendere;• mantenersi nelle migliori condizioni fisiche possibili;• conoscere l’effetto del freddo sul corpo e sapere come

proteggersi.L’allenamento al freddo è un concetto molto contro-verso; in pratica esiste un allenamento psicologico asituazioni avverse. Quando un individuo sa controcosa deve lottare, si difende meglio. Se conosce glieffetti di una tempesta di neve, se ha imparato a pro-teggersi da essa, non lasciandosi prendere dal panico,lotterà coscientemente con più efficacia. Questo ragio-namento è valido per qualsiasi agente e per qualsiasipericolo. L’uomo ha paura di ciò che non conosce. Inmontagna vi sono i rigori del clima: bisogna conoscer-li e sapersi proteggere. Nell’uomo un’alimentazione sana fornisce un conti-nuo supporto energetico, indispensabile per l’attuarsidei processi biochimici che caratterizzano la vita vege-tativa e di relazione. Una parte degli elementi intro-dotti con la dieta viene accantonata nell’organismo ecostituisce una vera e propria riserva energetica da uti-lizzare in momenti particolarmente critici, come ildigiuno, la fatica, il freddo e lo stress. Perdurando ildigiuno, l’organismo è costretto a servirsi di questeriserve purtroppo assai limitate. Con un’adeguata scor-ta di viveri nello zaino si riescono sovente a superarenotevoli difficoltà fisiche.La perdita di calore del corpo viene aggravata:• dal vestiario umido, che diventa un conduttore delcalore corporeo verso l’esterno (dissipazione).Particolare attenzione deve essere rivolta ai piedi che,più distanti dal cuore, sono meno irrorati dal sangue equindi meno riscaldati;• dalle parti non coperte del corpo (come la testa e il

Capitolo 5

Quando un individuo sacontro cosa deve lottare,si difende meglio, lottan-do coscientemente e conpiù efficacia.

Una parte dell’alimenta-zione viene accantonatanell’organismo e costitui-sce una vera e propriariserva energetica da uti-lizzare in momenti parti-colarmente critici.

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Sopravvivenza d’inverno

Tecnica di bivacco Sci alpinismo

144

viso), che irradiano grandi quantità di energia (calore)nell’ambiente esterno;• dal vento, che asporta grandi quantità di calore dalcorpo.Le perdite di calore appena descritte vengonosostanzialmente ridotte da un ricovero di neve, nelquale la temperatura della poca aria sale subito sopra0°C. Ogni alimento di rapida digestione (es. gluco-sio) genera calore interno.Ogni attività muscolare produce calore. Saltellare sul posto, pestare i piedi, contrarre imuscoli e tremare, sono atti che aumentano il calo-re interno a breve termine, ma richiedono undispendio di energia.Conservare in condizioni d’emergenza il calore delcorpo è essenziale in quanto l’intervallo di variabilitàtollerabile della temperatura corporea è assai limita-to. Una perdita di pochi gradi può già portare al gra-duale declino delle funzioni del corpo e delle capa-cità mentali. Man mano che il tremito da freddo aumenta, ilcoordinamento della parola diventa più difficile.Con temperatura interna di 30°C-32°C i muscolidiventano rigidi e il tremore diminuisce, lo stato divigilanza mentale continua a peggiorare. Intorno ai 27°C si passa nell’incoscienza e si perdo-no i riflessi. Sotto i 26°C generalmente sopravvienela morte per ipotermia.

Capitolo 5

Saltellare sul posto,pestare i piedi, contrarre imuscoli e tremare, sonoatti che forniscono calorema richiedono undispendio di energia.

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capitolo 6

La neveINDICE

La formazione della neveUmidità e saturazione dell’ariaLe nubiFormazione e crescita del cristallo di neve

Fattori che influenzano la superficie del manto nevosoPressioneTemperatura

• Sole e nuvole• Pioggia• Nebbia• Flusso geotermico• Vento

Le superfici del manto nevosoNeve frescaNeve compatta da ventoCrosta da rigeloNeve primaverileErosioni da superficieNeve pallottolareBrina di superficieBrina opaca (galaverna)

Evoluzione del manto nevoso L’interno di uno strato di neveLa temperatura all’interno del manto nevosoGradiente di temperatura (GT)

Trasformazione della neve al suolo Scomparsa delle ramificazioniI metamorfismi della neve al suolo

• metamorfismo da debole gradiente• metamorfismo da medio gradiente• metamorfismo da forte gradiente• metamorfismo da fusione e rigelo

Trasformazione meccanica da vento

Proprietà della neveIsolamento acustico e termicoPropagazione di onde elettromagneticheRiflessione di onde solari visibili e di raggi infrarossiDensitàCoesioneResistenzaAttritoPlasticità

Massimo
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La formazione della neve

La neve Sci alpinismo

146

LA FORMAZIONE DELLA NEVE

La neve è un elemento molto particolare: dispone divita propria, in continuo cambiamento.La neve è composta da aria e da acqua. Per capirne le trasformazioni è necessario tenere pre-sente gli scambi di materia fra i tre stati dell’acqua:liquido, solido, gassoso.

L’acqua passa dallo stato liquido a quello di gasmediante il processo di evaporazione; al contrario ilvapore acqueo (gas) torna allo stato liquido per con-densazione.Il passaggio dell’acqua dallo stato liquido a solido(ghiaccio) è definito congelamento e il processoinverso da solido a liquido è chiamato fusione.Può verificarsi anche il passaggio diretto da ghiaccioa vapore acqueo e allora si parla di sublimazione; ilprocedimento contrario prende il nome di sublima-zione inversa.È importante sapere, per comprendere poi le tra-sformazioni della neve, che tutti questi processi cau-sano un trasporto di materia da uno stato all’altro,con aumento o riduzione della massa.

Umidità e saturazione dell’aria L’aria che avvolge la terra e che costituisce l’atmosfe-ra è composta da una miscela di ossigeno (21%), di

Capitolo 6

SUBLIMAZIONE

SOLIDO LIQUIDO

(acqua)

congelamento

fusione evaporazione

condensazione

(vapore)(ghiaccio)

GAS

SUBLIMAZIONE INVERSA

C6-01 Stati acqua

Tutti questi processi cau-sano un trasporto dimateria da uno statoall’altro, con aumento oriduzione della massa.

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Sci alpinismo La neve La formazione della neve

147

azoto (78%) ed altri gas in piccola quantità. In natura non esiste aria assolutamente secca privacioè di vapore acqueo; l'aria, a seconda della tempe-ratura, contiene in sospensione una diversa quantitàdi acqua. A parità di volume, maggiore è la tempe-ratura, più elevata è la capacità dell'aria di contene-re vapore acqueo.Se invece la temperatura scende, l’aria raggiunge laquantità massima di acqua che può contenere - inquesto caso è detta satura - ed è costretta a cedere larestante parte che condensa in forma liquida. Si definisce umidità assoluta la quantità di acquaeffettivamente contenuta in un metro cubo di ariaatmosferica. Si definisce umidità relativa il rapporto fra la quan-tità di acqua effettivamente presente in un metrocubo e quella massima che potrebbe esservi conte-nuta (esempio: alla temperatura di 20°C la quantitàmassima possibile è di 17 g; se la quantità effettiva èdi 10 g, l'umidità relativa vale 10:17x100=58%).Gli apparecchi che misurano l'umidità dell'aria sichiamano igrometri.

Altitudine e zero termico: in una massa d'ariaferma (assenza di correnti) la temperatura diminui-sce progressivamente, all’aumentare della quota di0,6 °C ogni 100 metri. La quota dello zero termico,è l’altitudine alla quale, la temperatura media si aggi-ra intorno agli 0°C, se misurata in aria libera.

Le nubiQuando si raffredda, una massa d'aria diminuisce lasua capacità di trattenere l'acqua in sospensione epuò arrivare al limite della saturazione. L'acqua ecce-dente condensa, dapprima in minutissime goccioli-ne che formano la nebbia e le nubi, infine in piog-gia, grandine o neve.

Capitolo 6

-20 -10 0 +10 +20

1,1 2,4 4,8 9,4 17,2

Temperatura dell’aria (°C)

Massima quantità di acqua (grammi in un metro cubo)

In natura non esiste ariaassolutamente secca,priva cioè di vaporeacqueo; l'aria, a secondadella temperatura, con-tiene in sospensione unadiversa quantità diacqua.

Alla temperatura di 20°Cla quantità d’acqua mas-sima contenuta in unmetro cubo d’aria è di17g.

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La formazione della neve

La neve Sci alpinismo

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Capitolo 6

Tuttavia per avere la formazione di nuvole si richie-de una forte concentrazione di vapore acqueo e lapresenza di nuclei di condensazione, costituiti daparticelle di sale derivate dalla evaporazione deimari, oppure da particelle minerali di origine vulca-nica oppure da prodotti della combustione indu-striale. Ad esempio, dopo il transito di un aereo, se si formain coda una scia di colore biancastro, essa è causata dainuclei di condensazione presenti nei gas di scarico.

Formazione e crescita del cristallo di neveLe più importanti riserve d’acqua, come gli oceani, imari, producono, a causa dell’evaporazione, unaabbondante quantità di vapore acqueo che, alzandosidi quota si condensa in goccioline d’acqua.All’interno delle nuvole, in particolari condizioni ditemperatura, con forte umidità e con la presenza diparticelle in sospensione costituite da polveri e sali, siformano i cristalli di neve: infatti le molecole d’acquacedute dalle goccioline si depositano su queste parti-celle chiamate nuclei di congelamento. Un’altra formadi accrescimento avviene quando le goccioline, chevengono a contatto del cristallo che cade, si solidifica-no sulla sua superficie.Pur essendoci una grande quantità di forme, tuttii cristalli hanno in comune la struttura esagonale. La forma finale del cristallo di neve nell’atmosferadipende soprattutto dalla temperatura e dal grado diumidità: la crescita si sviluppa secondo il piano di base(lati e angoli) oppure secondo l’asse perpendicolare alpiano di base. La neve, durante la sua caduta, puòattraversare strati d’aria aventi una temperatura supe-riore a 0°C, mantenendo la forma solida, perché l’ariacircostante non è in grado di fornire sufficiente calore

C6-04 Crescita lati C6-05 Crescita spigoli C6-06 Crescita asse c

da -10 a -12 °C da -12 a -18 °C da -6 a -10 °C

C6-02 Formazione cristallo da vapore

GOCCIOLINA

GOCCIOLINA

GOCCIOLINA

Per avere la formazionedi nuvole è necessariauna forte concentrazionedi vapore acqueo e lapresenza di nuclei dicondensazione.

DI GHIACCIO

GOCCIOLINA D'ACQUA

GOCCIOLINA D'ACQUA

cristalli di ghiaccio

C6-03 Formazione cristallo brinato

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Sci alpinismo La neve La formazione della neve

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per fondere il cristallo. Perciò il limite delle nevicatenormalmente si posiziona di 300-400 metri al di sottodell’isoterma di 0°C. Se in prossimità del suolo latemperatura è superiore a +3/4°C piove, e i cristallifondono. Gli studiosi hanno individuato in naturaoltre 3000 tipi di cristalli.

Viene presentato il sistema di classificazione dellaneve fresca, elaborato dalla CommissioneInternazionale Neve e Ghiaccio (ICSI).

Capitolo 6

C6-07 Classificazione neve

prismi corti di formaallungata cavi o pieni

1aColonne

1bAghi

1cPiastre

1dDendritistellari

1eCristalliirregolari

1fNeve pallottolare

1gGrandine

1hSferette dighiaccio

tipo a formadi ago, spessocilindrica

piastrine a forma esagonale

cristalli esagonali a forma distella, piani ospaziali

grappoli costituiti da cristallimolto piccoli

cristalli brinatiin seguito acontatto congocce d’acqua

gocciolinetrasformate in ghiaccio e di seguitoingrossate

gocciolinecongelate etrasformate in sferedi ghiaccio

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Fattori che influenzanola superficie del mantonevoso

La neve Sci alpinismo

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FATTORI CHE INFLUENZANO LASUPERFICIE DEL MANTO NEVOSO

La superficie superiore del manto nevoso che si trova acontatto con l’atmosfera è in continuo movimento inconseguenza di nuove precipitazioni di neve fresca, diperdite per fusione, di apporti o riduzioni ad opera delvento. La neve è un materiale continuamente soggettoa trasformazioni dovute principalmente a tre fattori:pressione, temperatura e vento.

Pressione

Il passaggio di persone o di mezzi meccanici (es. batti-pista) esercita sulla superficie della neve una pressioneche diminuisce lo spessore del manto nevoso e aumen-ta la densità (peso di un metro cubo di neve). La neve è un materiale comprimibile e la riduzionedello spessore è anche dovuta agli strati superiori chegravano con il loro peso sugli strati sottostanti. Sulla neve fresca, caduta nel corso di una giornata, èpossibile osservare una riduzione dell’altezza del 20%.

Capitolo 6

C6-08 Cristalli di neve fresca

La neve è un materialecontinuamente soggetto atrasformazioni dovuteprincipalmente a tre fatto-ri: pressione, temperaturae vento.

foto realizzate da Météo-France/ CNRM/ CEN

aghi

combinazione di colonna e piastrina

stella brinata

piastrina

colonna

stella

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Sci alpinismo La neve Fattori che influenza-no la superficie del

manto nevoso

Temperatura

La superficie della neve è influenzata dalla tempera-tura dell’atmosfera e quindi dalla variabilità degliagenti atmosferici (sole e nuvole, pioggia, nebbia,vento). Inoltre il manto nevoso riceve dal suolo ilcalore interno della terra, chiamato flusso geoter-mico, che una volta giunto in superficie si diffondenell’atmosfera.

Sole e nuvole Il riscaldamento della superficie nevosa segue con uncerto ritardo il movimento del sole: si osserva così ilmassimo raffreddamento al sorgere del sole e il massi-mo riscaldamento verso le ore 14 solari.Durante il giorno la neve assorbe calore per effetto delsoleggiamento mentre ne perde durante la nottesoprattutto in presenza di cielo sereno. Si può adesempio, nelle ore più fredde, misurare -15 °C sullasuperficie della neve, mentre durante il giorno la tem-peratura dell’aria poteva oscillare da -10 a +10 °C. Il cielo nuvoloso riflette verso il basso il caloredisperso dal suolo che ristagna sotto le nubi e riscal-da la superficie della neve. Da ciò si trae la conside-razione che con sole e cielo sereno la neve rimaneasciutta, mentre in presenza di copertura nuvolosa laneve resta umida.

Capitolo 6

C6-08 Sole e nuvole

C6-10 Nebbia e pioggia

Con sole e cielo sereno laneve rimane asciutta,mentre in presenza dicopertura nuvolosa laneve resta umida.

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Fattori che influenzanola superficie del mantonevoso

La neve Sci alpinismo

152

PioggiaLa pioggia aumenta il peso del manto nevoso soprat-tutto imbevendo d’acqua gli strati più superficiali; inol-tre favorisce la percolazione d’acqua negli strati inferio-ri. La fusione della neve per effetto di un apporto dicalore prodotto dalla pioggia non è molto rilevante.

Nebbia In genere la nebbia apporta calore: infatti si tratta diuna massa d’aria che presenta elevata umidità e tempe-ratura più elevata di quella della superficie della neveche, a contatto con il suolo cede umidità e riscalda laneve.

Flusso geotermico La terra, dal suo interno, produce un flusso continuo dicalore che al livello del suolo determina un temperatu-ra di circa 0°C. Ad ogni 100 metri di profondità la tem-peratura aumenta di 3°C. Se il manto nevoso ha unospessore di almeno 50 cm, il calore fornito con conti-nuità dalla terra rimane rinchiuso dalla coltre nevosa eil suolo mantiene per tutto l’inverno una temperaturaprossima a 0°C.

VentoÈ importante considerare l’azione del vento che inter-viene sulla neve in diversi modi.• Trasforma i cristalli di neve frantumandone le ramifi-cazioni e riducendoli in piccoli grani tondi.• Svolge una azione di erosione e trasporto della neve,creando nuovi depositi.• Determina aumenti o diminuzioni di temperaturadella superficie della neve. Infatti una massa d’aria fred-da e secca, assorbendo vapore acqueo, raffredda lasuperficie; invece una massa d’aria calda e umida for-nirà altro vapore acqueo con conseguente riscaldamen-to della superficie. Infine un vento caldo e secco (Föhn)aumenterà la temperatura della superficie della neve eprovocherà processi di fusione

Capitolo 6

superficie della neve

flusso geotermico

terreno 0°

C6-11 Flusso geotermico

Una massa d’aria freddae secca, assorbendo vapo-re acqueo, raffredda lasuperficie nevosa; inveceuna massa d’aria calda eumida fornirà altrovapore acqueo con con-seguente riscaldamentodella superficie.

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Sci alpinismo La neve Le superfici delmanto nevoso

LE SUPERFICI DEL MANTO NEVOSO

Neve fresca Durante o subito dopo una nevicata, specie se la pre-cipitazione avviene con poco vento, la superficie delmanto nevoso si presenta uniforme e di uguale spes-sore indipendentemente dalla pendenza del terreno.La neve che ricopre il suolo può essere:a) neve fresca asciutta (farinosa), formata da cristalli opiccoli fiocchi (agglomerati di cristalli) leggeri, asciut-ti. Essa scricchiola sotto i passi e non si lascia appal-lottolare.b) neve fresca umida costituita da neve pesante, più omeno bagnata, che forma zoccolo sotto gli sci; duran-te la marcia è faticosa da battere e si lascia appallotto-lare con facilità.

Neve compattata dal ventoSe durante la precipitazione o anche in tempi succes-sivi, si manifesta un forte vento, gli strati superficialisubiscono una compattazione al punto da divenireanche portanti e sostenere il peso di una persona.

Crosta da rigelo La superficie del manto nevoso che ha subito apportidi calore (ad esempio irraggiamento solare), ai qualihanno fatto seguito diminuzioni della temperatura oepisodi di forte vento, presenta delle croste superficia-li più o meno compatte. Tali superfici possono regge-re il peso di uno sciatore oppure rompersi rendendodifficoltose sia la salita che la discesa.

Neve primaverileIl manto nevoso primaverile ha già subito processi difusione e rigelo. La superficie della copertura, nell’ar-co della giornata, può presentarsi a seconda della tem-peratura:a) di neve dura, resistente e ghiacciata, durante la

Capitolo 6

C6-12 Neve fresca

C6-13 Neve compattata dal vento

C6-14 Crosta da rigelo

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Le superfici del mantonevoso

La neve Sci alpinismo

notte o di prima mattina; tanto da richiedere l’usodei rampanti o dei ramponi.b) Firn, cioè neve appena sgelata in superficie, macompatta in profondità e portante. La neve “fiorisce”per l’azione del sole e per l’aumento della tempera-tura. La superficie è uniforme, scorrevole, ideale perla pratica dello sci. Tale situazione non dura a lungo:con l’aumento dell’insolazione il manto nevosodiventa molle e si sprofonda sempre di più.c) Di neve marcia: la superficie è caratterizzata dallapresenza di acqua che può anche scorrere all’internodel manto nevoso. Il forte aumento di temperatura,la pioggia, il calore del sole sono i fattori che causa-no la riduzione della coesione tra i cristalli.

Erosioni da superficieSpesso la superficie del manto non è omogenea e pre-senta una serie di irregolarità; ne citiamo alcune.• solchi lungo la linea di massima pendenza determi-nati dalla pioggia che si infiltra nel manto nevoso epoi scorre su uno strato più duro oppure sul terreno;• dune, ondulazioni prodotte dall’azione del vento insuperficie. La quantità di neve che può essere erosa otrasportata dipende da quanto sono legati i singoli cri-stalli tra di loro (coesione) nonché dall’intensità delvento. Il passaggio di uno sciatore o di un alpinistasulla neve fresca produce una compattazione dellaneve; le tracce diventano quindi meno asportabili dalvento e restano visibili in rilievo. Una superficie erosadal vento si presenta irregolare, non omogenea e quin-di malamente sciabile.

Neve pallottolareÈ costituita da cristalli di neve formati in masse nuvo-lose turbolente e che a contatto di goccioline d’acquasi sono brinati. Tale cristallo non si trova comune-mente come gli altri tipi, cade soprattutto in invernoe al suolo forma uno strato di piccolo spessore. Questaneve pallottolare, una volta ricoperta da altri strati dineve, può diventare un piano di slittamento su cui simuove una valanga.

Capitolo 6

C6-15 Neve primaverile

C6-16 Neve e solchi da pioggia

C6-17 Erosioni

C6-18 Neve pallottolarefoto: Météo-France/CNRM/CEN

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Sci alpinismo La neve Le superfici delmanto nevoso

Brina di superficie La superficie della neve presenta un particolare cri-stallo che si forma al suolo e non nell’atmosfera.Soprattutto all’inizio della stagione invernale e duran-te notti fredde e stellate il terreno si raffredda moltorispetto al giorno. Il vapore acqueo contenuto nell’a-ria accumulato durante le ore di sole, con le bassetemperature notturne sublima a contatto con lasuperficie della neve, che è diventata più fredda del-l’aria, e si trasforma in aghi o in foglie. La dimensione dei cristalli è notevolmente più granderispetto alla neve fresca. Con temperature rigide, nellezone ombreggiate la brina di superficie può mante-nersi per molti giorni. Essa forma uno strato ideale dislittamento delle valanghe. I suoi cristalli si leganopoco sia tra loro che con gli altri strati di neve e sisciolgono solo per infiltrazione di acqua nel mantonevoso con temperature miti o pioggia, oppure in pri-mavera.

Brina opaca (galaverna)Affine per composizione, ma marginale per la forma-zione delle valanghe in quanto non interessa la super-ficie del manto nevoso, è la brina opaca detta anchegalaverna. Quando il tempo è nebbioso e ventoso,con temperature inferiori a 0°C, si forma la brinaopaca: in queste condizioni l’umidità dell’aria, a con-tatto con superfici fredde, forma uno strato bianco sullato controvento di strutture o oggetti. Questo feno-meno si osserva sugli alberi, sui sostegni di impianti afune o di tralicci per la distribuzione dell’energia elet-trica. Il deposito di galaverna si accentua con l’au-mentare del vento.

Capitolo 6

C6-19 Brina di superficie

C6-20 Brina opaca

Il vapore acqueo, con lebasse temperature nottur-ne, sublima a contattocon la superficie dellaneve, e si trasforma inaghi o in foglie.

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Evoluzione del manto nevoso

La neve Sci alpinismo

EVOLUZIONE DEL MANTO NEVOSO

Il manto nevoso alpino inizia a formarsi in autunnocon le prime nevicate, mentre in primavera si fonde esi trasforma in acqua. È costituito da diversi strati dineve prodotti dalle varie nevicate oppure dall’azione ditrasporto del vento che crea nuovi depositi. Una voltache toccano il suolo, i cristalli di neve perdono le lorocaratteristiche, subiscono una serie di trasformazioni eassumono il nome generico di grani. Ogni strato pre-senta caratteristiche differenti per quanto riguarda iltipo di grano, lo spessore, la temperatura, la densità ela durezza. Solo in primavera, quando la massa nevosasi riscalda fino al punto di fusione gli strati sparisconoe si forma un’unica massa omogenea.

L’interno di uno strato di neveOsservando al microscopio l’interno di uno strato dineve si nota una struttura di ghiaccio e molto spaziovuoto che contiene aria e vapore acqueo. I grani sonocollegati tra loro tramite colli; maggiore è la dimensio-ne del collo più forti risultano i legami tra i grani.

La temperatura all’interno del mantonevosoLa terra emana un flusso continuo di calore (flusso geo-termico) e al livello del suolo la temperatura vale circa0°C. Sulla superficie della neve, la temperatura èinfluenzata soprattutto dalle condizioni atmosferiche.In inverno la temperatura media superficiale rimane

Capitolo 6

C6-21 Stratificazione manto nevoso

strati inferiori

strati superiori

C6-22 Interno strato

MANTONEVOSO

MANTONEVOSO

SCAMBIODI CALORE

CALOREFORNITO

DAL TERRENO

SUPERFICIE DELLA NEVE

0

10

20

30

40

50

60

70

0°-5°-10°

TEMPERATURA °C

ALT

EZ

ZA

NE

VE

IN C

M

SUPERFICIE TERRENO 0°

ANDAMENTODELLATEMPERATURA

SERA

GIORNO

TERRENO

C6-23 Temperatura manto

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Sci alpinismo La neve Evoluzione del manto nevoso

157

molto al di sotto di quella del suolo. Durante le ore piùcalde la superficie riceve calore, mentre durante le orepiù fredde essa cede calore. La distribuzione della temperatura all’interno delmanto nevoso può avere un andamento molto diversoa seconda della stagione, dell’esposizione e della quota.Ad esempio in pieno inverno la temperatura parte da0°C a livello del suolo e man mano che si sale verso lasuperficie essa diminuisce facendo registrare valorinegativi. Invece in primavera durante la fase di fusionela temperatura su tutto il profilo del manto nevosopresenta un valore uniforme vicino a 0°C.

Gradiente di temperatura (GT)La stabilità del manto nevoso oltre che dalla inclina-zione del pendio dipende dal tipo di grani di cui sonocostituiti gli strati.L’elemento che gioca il ruolo fondamentale nelle tra-sformazioni della neve è la temperatura, anzi la diffe-renza di temperatura tra la superficie del manto nevo-so e il terreno.Per gradiente di temperatura (GT) si intende lavariazione di temperatura per centimetro di spes-sore del manto nevoso. Vengono stabiliti convenzionalmente tre diversi tipi digradiente:debole gradiente: GT < 0,05 °C/cmmedio gradiente: GT compreso tra 0,05 °C/cm e0,20 °C/cmforte gradiente: GT > 0,20 °C/cmRiportiamo di seguito tre esempi di gradiente, neiquali vengono analizzati l’intero manto nevoso oppu-re un singolo strato.

Capitolo 6

In inverno la temperaturadel manto nevoso parte da0°C a livello del suolo everso la superficie, grada-tamente, diminuisce. Inprimavera, invece, presen-ta un valore uniformevicino a 0°C.

L’elemento fondamentalenelle trasformazioni dellaneve è la temperatura,anzi la differenza di tem-peratura tra la superficiedel manto nevoso e il ter-reno.

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Situazione di “debole gradiente”temp. strato inf.: -12°Ctemp. strato sup.: -14°Cdiff. di temp.: 2°Caltezza neve: 50 cmGT = 2 = 0,04 °C–– ––50 cm

Situazione di “medio gradiente”temp. strato inf.: -9°Ctemp strato sup.: -12°Cdiff. di temp.: 3°Caltezza neve: 30 cmGT = 3 = 0,1 °C–– ––30 cm

Situazione di “forte gradiente”temp. strato inf.: 0°Ctemp. strato sup.: -9°Cdiff. di temp.: 9°Caltezza neve: 30 cmGT = 9 = 0,3 °C–– ––30 cm

Nel grafico, che visualizza i tre casi, si possono osservare:

a) un forte gradiente trail suolo e lo strato supe-riore;b) un medio gradientetra 30 e 60 cm;c) un debole gradientetra 60 cm e la superfi-cie.

Evoluzione del manto nevoso

La neve Sci alpinismo

158

Capitolo 6

-14temp.

ALT

EZ

ZA

cm

140

120

100

80

60

40

20

0

-12 -10 -8 -6 -4 -2 0

GT DEBOLE

GT MEDIO

GT FORTE

C6-27 Tre gradienti

neve

t0 = -12°C

h = 50 cm

superficie t1 = -14°C

altro strato

C6-24 Debole gradiente

neve

t0 = -9°C

h = 30 cm

altro strato t1 = -12°C

altro strato

C6-25 Medio gradiente

neve

t0 = 0°C

h = 30 cm

superficie t1 = -9°C

suolo

C6-26 Forte gradiente

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Sci alpinismo La neve Trasformazione della neve al suolo

159

TRASFORMAZIONI DELLA NEVEAL SUOLO

Gli strati del manto nevoso subiscono delle trasfor-mazioni che iniziano quando la prima neve si deposi-ta al suolo e proseguono fino alla fusione e alla spari-zione del manto nevoso. La descrizione che segue non tiene conto della tra-sformazione meccanica ad opera del vento. Essamediante la frantumazione e la compattazione dei cri-stalli, modifica le caratteristiche della neve: tali effettiverranno approfonditi nel paragrafo successivo.

Scomparsa delle ramificazioniI cristalli di neve fresca una volta depositati al suolocominciano a trasformarsi: perdono alcune ramifica-zioni, scompaiono gli angoli acuti ma la forma baseè ancora riconoscibile. Se la temperatura è abbastan-za elevata questa fase può durare solo poche ore,oppure in caso di temperature più rigide, alcunigiorni. I cristalli di neve che hanno subito questoiniziale cambiamento di forma, sono chiamati tecni-camente “particelle di precipitazione decomposte eframmentate”, e vengono rappresentate graficamen-te dal simbolo /.

I metamorfismi della neve al suoloDopo una prima trasformazione la neve al suolo èsoggetta a vari metamorfismi, cioè passaggi da unostato all’altro, in cui la forma dei grani e il legame tradi essi subiscono delle modificazioni che influenzanola stabilità del manto nevoso.L’elemento che gioca un ruolo fondamentale neimetamorfismi è il gradiente di temperatura.

I metamorfismi avvengono in due modi diversi aseconda della umidità della neve:1) Metamorfismi della neve asciutta o secca: si veri-ficano quando la temperatura è inferiore a 0°C e la

Capitolo 6

C6-28 Scomparsa delle ramificazioni

Con passaggi da uno statoall’altro, la forma dei granie il legame tra di essi subi-scono delle modificazioniche influenzano la stabi-lità del manto nevoso.

foto realizzate da Météo-France/CNRM/CEN

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Trasformazione della neve al suolo

La neve Sci alpinismo

160

neve non contiene acqua allo stato liquido. In queste condizioni si manifestano le seguenti situa-zioni:a) debole gradiente con GT < 0,05 °C/cm la formaoriginale del cristallo non è più riconoscibile; si for-mano grani fini e rotondi, ben saldati tra di loro; b) medio gradiente con GT compreso tra 0,05 e 0,20°C/cm che determina la formazione di grani sfaccet-tati con spigoli evidenti e di dimensioni maggiori deigrani fini;c) forte gradiente con GT > 0,20 °C/cm che deter-mina la formazione di grani di notevoli dimensioni aforma di calice o piramide chiamati brina di profon-dità (o cristalli a calice).

2) Metamorfismo della neve umida o bagnata: siverifica quando la temperatura della neve è vicina a0°C, per cui inizia un ciclo continuo di scioglimentodurante il giorno e di solidificazione durante la notte,che porta alla formazione di gruppi aggregati di gran-di dimensioni e di forma arrotondata, chiamati granida fusione e rigelo.

1.a - Metamorfismo da debole gradiente (meta-morfismo distruttivo)Questo tipo di trasformazione si verifica quando esisteuna debole differenza di temperatura all’interno delmanto nevoso: il GT deve essere inferiore a0,05°C/cm.

Dagli strati inferiori (più caldi) si manifesta un flussodi vapore acqueo verso gli strati superiori (più freddi)e queste molecole d’acqua allo stato gassoso si trasferi-scono dalle parti convesse (superfici dei grani) alle

Capitolo 6

GRANOGRANO

GRANO

COLLI

COLLI

GRANOALTA

TEMPERATURA

FLUSSODI CALOREVAPORE ACQUEO

BASSATEMPERATURA

SUPERFICIE TERRENO 0°

TERRENO

C6-29 Metamorfismo da debo-le gradiente

Con i metamorfismi dineve asciutta o secca siformano: con debole gra-diente, grani fini e roton-di; con medio gradiente,grani sfaccettati; conforte gradiente, la brinadi profondità.

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Sci alpinismo La neve Trasformazione della neve al suolo

161

parti concave (colli). Di conseguenza gli spigoli sismussano, i grani di neve si arrotondano, le dimensio-ni originali del grano diminuiscono, si ingrossano icolli e i legami tra i grani aumentano in quantità.La velocità di questi cambiamenti aumenta con latemperatura: è molto rapida vicino a 0°C e quasi nullaattorno ai -40°C.Le saldature che si realizzano tra i grani attraversoponti di ghiaccio aumentano la coesione della neve edeterminano una maggiore resistenza del manto nevo-so. Il metamorfismo da debole gradiente, chiama-to anche distruttivo, produce grani arrotondati(simbolo •), di piccole dimensioni con diametroda 0,2 a 0,4 mm.In sintesi questo tipo di trasformazione produce ungenerale arrotondamento dei grani e rafforza lastruttura del ghiaccio per la formazione dei colli trai grani. Se, nel corso dell’inverno, all’interno delmanto nevoso si verificasse una situazione di mediogradiente i grani fini e rotondi potrebbero trasfor-marsi in grani sfaccettati.

1.b - Metamorfismo da medio gradiente (meta-morfismo costruttivo)Questa situazione si presenta quando esiste unamedia differenza di temperatura all’interno delmanto: GT compreso tra 0,05 e 0,2 °C/cm.I grani aumentano di dimensione, diventano ango-

losi e presentano facce piane a volte a forma di scali-ni; i singoli grani si allargano mentre le dimensionidei colli restano pressoché costanti, quindi in con-trasto con quanto capita nel metamorfismo a debo-le gradiente. Questo processo di “costruzione del

Capitolo 6

VAPOREACQUEO

FREDDO

GRANOGRANOGRANO

GRANOGRANO

CALDO

FLUSSO DI CALORE

SUPERFICIE TERRENO 0° C

TERRENO

C6-30 Metamorfismo damedio gradiente

Le saldature che si realiz-zano tra i grani attraversoponti di ghiaccio aumen-tano la coesione dellaneve e determinano unamaggiore resistenza delmanto nevoso.

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Trasformazione della neve al suolo

La neve Sci alpinismo

162

Capitolo 6

grano” si verifica perché il vapore acqueo, passandoda zone di alta temperatura a zone di bassa tempera-tura, si deposita sulle facce e non sui colli dei granipiù freddi, posizionati più in alto. In questo meta-morfismo il trasferimento di massa (acqua in formagassosa) va ad ingrossare i grani ed i punti di contat-to diventano più esili. Quindi i grani non sono bensaldati tra loro (bassa coesione), la neve si presentafredda e leggera e non si lascia appallottolare con lemani. La struttura del manto nevoso è meno resi-stente di quella offerta da una neve che ha subito unmetamorfismo da debole gradiente. Il metamorfismo da medio gradiente, chiamatoanche costruttivo, produce cristalli sfaccettati(simbolo ) che presentano un diametro com-preso fra 0,3 e 0,5 mm. Se, nel corso dell’inverno, all’interno del mantonevoso si verificasse una situazione di debole gra-diente, i grani sfaccettati potrebbero trasformarsi ingrani fini e rotondi.La presenza di grani sfaccettati si osserva soprattuttonei seguenti casi:• luoghi all’ombra sia in prossimità del terreno (dovela vegetazione consente una migliore circolazione delvapore), sia all’interno del manto nevoso;• con un limitato spessore della coltre nevosa (altogradiente di temperatura).

1.c - Metamorfismo da forte gradiente (meta-morfismo costruttivo)Questa situazione si presenta quando esiste una fortedifferenza di temperatura all’interno del manto: GTsuperiore a 0,2°C/cm.Con il perdurare per più giorni di questa differenzadi temperatura, i grani a facce piane continuano acrescere seguendo il medesimo meccanismo illustra-to per il medio gradiente. I grani di neve vecchiavicino al suolo, per effetto della temperatura mite,sublimano salendo dal basso verso l’alto. Il flussod’aria trascina con se le molecole di vapore d’acquache, a contatto con i grani più freddi degli stratisuperiori, sublimano inversamente, cioè cristallizza-no sulla superficie. Le dimensioni aumentano e le

Nel metamorfismo damedio gradiente i graninon sono ben saldati traloro, la neve si presentafredda e leggera e non silascia appallottolare conle mani.

Nel metamorfismo daforte gradiente i grani dineve vecchia, vicino alsuolo, sublimano e lemolecole di vapore, acontatto con i grani piùfreddi degli strati supe-riori, vi cristallizzano insuperficie.

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forme assumono le sembianze di piramidi esagonalicave e successivamente anche piene. Questi nuovi grani si chiamano brina di profon-dità oppure cristalli a calice (simbolo ) e pre-sentano un diametro variabile fra 0,5 e 1 mm,(ma che può raggiungere anche gli 8 mm).

I cristalli a calice assomigliano ai bicchieri retrattilida campeggio, sono fragili e presentano una scarsacoesione tra loro. Questi grani compaiono da unasettimana ad un mese dopo che il processo è inizia-to e si possono osservare anche a occhio nudo. Labrina di profondità è una trasformazione irreversibi-le e sparisce solo alla fusione della neve o in seguitoad un riscaldamento consistente del manto nevoso.La brina di profondità si osserva soprattutto neiseguenti casi:• in prossimità del terreno e in presenza di vegetazionee avvallamenti dove le irregolarità lasciano più spazioalla circolazione del vapore;• durante gli inverni con scarse precipitazioni nei qualiè presente un limitato spessore del manto nevoso (altogradiente di temperatura);• nei luoghi all’ombra (bassa temperatura in superficiee quindi gradiente alto) e in particolare durante lunghiperiodi di tempo buono e freddo.

2.a - Metamorfismo da fusione e rigelo (trasfor-mazione della neve umida)Questa trasformazione si verifica quando nella nevec’è dell’acqua allo stato liquido e la sua temperaturaè prossima a 0°C.L’acqua libera può essere prodotta da un riscalda-mento dovuto all’azione del sole, da vento caldo, datemperature miti oppure può essere fornita diretta-

Sci alpinismo La neve Trasformazione della neve al suolo

163

Capitolo 6

VAPOREACQUEO

FREDDO

GRANOGRANO

GRANO

CALDO

FLUSSO DI CALORE

SUPERFICIE TERRENO 0° C

TERRENOTERRENO

C6-31 Metamorfismo da forte gradiente

C6-32 Trasformazione con GF

La brina di profondità èuna trasformazione irre-versibile e sparisce soloalla fusione della neve oin seguito ad un riscalda-mento consistente delmanto nevoso.

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acqua libera

Trasformazione della neve al suolo

La neve Sci alpinismo

164

Capitolo 6

mente dalla pioggia.Durante la fase di fusione l’acqua scende negli stratidel manto nevoso, riempie le aree vuote, fonde igrani piccoli prima di quelli grandi e ricopre con unasottile pellicola d’acqua i grani rimasti.Durante la fase di rigelo la temperatura si abbassa ecausa il congelamento dei grani rimanenti riunendo-li in gruppi.L’alternanza di questi due processi forma degliaggregati chiamati grani da fusione e rigelo diforma rotonda (simbolo ), con diametro com-preso fra 0,6 e 1,5 mm. Le dimensioni sono bensuperiori a quelle di un grano prodotto dal meta-morfismo da debole gradiente.La resistenza di uno strato varia molto a seconda dellafase che si considera: durante la fusione i grani sonopraticamente divisi e quindi la struttura è plasmabile,mentre durante il rigelo si formano dei legami dighiaccio molto solidi. È la caratteristica tipica della neve primaverile. Da notare che in presenza di un manto nevoso di spes-sore consistente il consolidamento si riscontra durantele ore più fredde solo in superficie; infatti gli strati piùprofondi restano bagnati, soprattutto quando il raf-freddamento dura poco tempo. Con il sopraggiungeredelle ore più calde il manto nevoso perde di compat-tezza e la superficie non riesce più a sostenere il pesodella persona. Il metamorfismo da fusione causa lascomparsa della coltre nevosa e conclude il processo ditrasformazione del cristallo di neve che in quest’ultimafase si trasforma in acqua.A quote elevate tuttavia il manto nevoso non spari-sce, ma benché di spessore inferiore, acquista note-vole compattezza: si tratta del nevato, che permanefino all’arrivo delle nuove nevicate invernali. Essodarà poi origine al ghiaccio dei ghiacciai.

C6-33 Metaformismo dafusione

Il metamorfismo dafusione e rigelo si verificaquando nella neve c’èdell’acqua allo statoliquido e la sua tempera-tura è prossima a 0°C.

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Sci alpinismo La neve Trasformazione della neve al suolo

165

Capitolo 6

Metamorfismi della neve

Neve fresca

C6-34 Trasformazioni neve

Particelle frammentate

Medio gradiente:cristalli sfaccettati

Debole gradiente:grani arrotondati

Forte gradiente:brina di profondità

Fusione: grani da fusionee rigelo

foto realizzate da Météo-France/ CNRM/CEN

+ +

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Trasformazione della neve al suolo

La neve Sci alpinismo

Trasformazione meccanica da ventoNelle pagine precedenti sono stati descritti i meta-morfismi che subisce la neve soprattutto a causadelle differenze di temperatura che si manifestanoall’interno del manto nevoso. In questo paragrafoviene illustrato un altro tipo di trasformazione a cuiè soggetta la neve dovuta all’azione meccanica svoltadal vento. Sia durante la precipitazione nevosa,quanto durante la fase di trasporto, quando la neveè già depositata al suolo, il vento frantuma le ramifi-cazioni dei cristalli e produce grani fini e arrotonda-ti. Le forme sono simili a quelle generate dal meta-morfismo da debole gradiente ma, in relazione allavelocità del vento, possono essere di dimensioni piùridotte.Sulla superficie del manto nevoso il vento svolge un’a-zione erosiva che dipende dalla sua intensità e dallacoesione dello strato superficiale. L’effetto di trasportoè ben visibile soprattutto nelle giornate ventose cheseguono una nevicata recente: il vento provoca unaridistribuzione della neve fresca, creando accumulinelle zone sottovento.Durante le precipitazioni nevose in montagna,quando la velocità del vento è superiore ai 3-4 metrial secondo, la neve viene asportata dove la spinta delvento è maggiore e viene depositata in zone dove laspinta si è ridotta. La quantità trasportata cresceconsiderevolmente con l’aumentare della velocità delvento.Il vento aumenta di velocità nella zona controvento(A), raggiunge il valore massimo in cresta (C) e dece-lera nella zona sottovento (B).

Capitolo 6

LATO CONTRO VENTOLATO SOTTO VENTO

DEPOSITO

ACCELERAZIONEDECELERAZIONE

AB

C

C6-38 Azione del vento

C6-35 Stella

C6-36 Grani fini

C6-37 Vento in montagna

foto realizzate da Météo-France/ CNRM/CEN

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Sci alpinismo La neve Proprietà della neve

La neve frantumata viene depositata in zona di dece-lerazione e gli accumuli più significativi si hanno ingole e valli. A causa della frantumazione il formatomedio dei grani di neve può raggiungere 1/10 delformato originario che cadeva in assenza di vento.Pertanto la neve depositata in zona di accumulo èpiù densa della neve circostante e i grani sono benlegati tra loro.

PROPRIETÀ DELLA NEVE

Sono descritte alcune proprietà fisiche e meccanichedella neve allo scopo di evidenziare gli aspetti piùcaratteristici di questo materiale e di spiegare qual-che termine tecnico che ricorrerà nella trattazione. Vengono messe in evidenza le seguenti proprietà:isolamento acustico e termico, permeabilità alleonde elettromagnetiche, densità, coesione, resistenzaalla compressione, alla trazione, al taglio e la plasti-cità.

Isolamento acustico e termicoLa neve è un elemento naturale che possiede la pro-prietà di isolare a livello acustico e termico.L’aria presente nella neve attenua i suoni e le vibra-zioni. Mentre su terreno aperto una voce può essereascoltata a qualche chilometro di distanza, all’inter-no della neve lo stesso segnale può propagarsi soloper una decina di metri.L’aria contenuta nella neve protegge dal freddo. Lepopolazioni nordiche usavano la neve per costruiregli igloo. Al loro interno la temperatura è prossima a0°C mentre all’esterno essa può avere valori ben piùbassi. La neve funge da isolante anche per la superfi-cie della terra: il terreno ricoperto da uno strato dialmeno 50 cm mantiene la temperatura a 0°C men-tre la superficie del manto nevoso può raggiungereanche -30 o -40°C.

Capitolo 6

C6-39 Zone di accumulo

C6-40 Isolamento termico

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Proprietà della neve La neve Sci alpinismo

Propagazione di onde elettromagneticheLa neve consente la propagazione delle onde elettro-magnetiche. I segnali trasmessi da un Apparecchiodi Ricerca di sepolti da VAlanga (A.R.VA.), indossa-to da un seppellito, possono attraversare il mantonevoso e consentono ad un apparecchio ricevente dilocalizzare la posizione del travolto.

Riflessione di raggi solari visibili e diraggi infrarossiLa neve ha la capacità di riflettere i raggi solari (raggiinfrarossi, raggi visibili, raggi UV). Tale proprietàprende il nome di albedo e con essa si intende lacapacità di una superficie di riflettere la luce ricevu-ta; è misurato come rapporto tra il flusso luminosoricevuto da un fascio di raggi paralleli ed il flussoriflesso e diffuso in ogni direzione.La neve ha una albedo molto elevata. La neve frescapresenta il massimo grado di riflessione: fino al 90%della luce ricevuta. Nevi vecchie o sporche inveceriflettono per una percentuale del 60%. I raggi infrarossi (IR) sono invisibili all’occhioumano, vengono emessi da qualunque corpo inmisura diversa a seconda della temperatura e ad essiè associato il trasporto di calore. La neve è sensibileanche ai raggi infrarossi con conseguente aumentodi temperatura del manto nevoso. In notti serene eprive di nuvole la superficie della neve presenta unatemperatura più bassa dell’aria ad indicare che ilcalore si disperde nell’atmosfera. Nelle giornatenuvolose invece la neve si riscalda molto, perché leradiazioni (comprese quelle termiche) emesse dallasuperficie non si diffondono nell’atmosfera, ma sonotrattenute dalla copertura nuvolosa. In questo modola dispersione del calore viene rallentata e le tempe-rature dell’aria e della superficie sono quasi uguali.

Densità Per densità globale si intende la quantità di ghiaccioe acqua presenti in un metro cubo di neve; essa viene

Capitolo 6

SUPERFICIE DELLA NEVE

TX

C6-41 Propagazione onde

RAGGI INFRAROSSI

ALBEDO

CIELO SERENO

LE NUBIRIFLETTONOVERSO IL SUOLO

FLUSSO GEOTERMICO

C6-42 Riflessione raggi

La neve ha la capacità diriflettere i raggi solari;questa proprietà prendeil nome di albedo e conessa si intende la capacitàdi una superficie diriflettere la luce ricevuta.

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Sci alpinismo La neve Proprietà della neve

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misurata in kg/m3.In pratica nella neve sono compresi parti di ghiaccio,acqua, vapore acqueo e aria, e la densità globaleesprime il rapporto tra questi elementi e l’aria. Ad esempio il manto nevoso stagionale ogni annoarriva al massimo ad una densità di circa 500 kg/m3,mentre un metro cubo di ghiaccio preso dal ghiac-ciaio può raggiungere il peso di 917 kg/m3. La densità della neve, oltre a determinare il peso delmanto nevoso, influisce sulle proprietà della neve, inparticolare sulla sua resistenza.

Si riportano dei valori indicativi delladensità della neve

Apparentemente la tabella riporta i valori minimi emassimi riscontrabili nei profili. I valori della densitàrelativa al gradiente debole e medio potrebberosuscitare delle perplessità: vale comunque la regolache all’interno di un medesimo profilo i grani sfac-cettati avranno sempre una densità inferiore ai granifini arrotondati.

CoesionePer coesione si intende la capacità dei cristalli dineve di restare uniti tra di loro. Subito dopo le nevi-cate, i cristalli, a causa del vento, della temperatura edei metamorfismi, perdono la loro struttura origina-

Capitolo 6

TIPO DI NEVE DENSITÀ (Kg/m3)

Neve fresca molto leggera

Neve fresca

Grani fini e arrotondati (debole gradiente)

Grani sfaccettati (medio gradiente)

Grani di brina di profondità (forte gradiente)

Grani da fusione e rigelo

Circa 30

100

200-450

200-400

150-350

300-500

La densità della neve,oltre a determinare ilpeso del manto nevoso,influisce sulle proprietàdella neve, in particolaresulla sua resistenza.

All’interno di un medesi-mo profilo i grani sfac-cettati avranno sempreuna densità inferiore aigrani fini arrotondati.

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Proprietà della neve La neve Sci alpinismo

170

le e formano nel manto nevoso degli strati, ciascunodei quali presenta grani differenti e durezza diversa.La coesione di uno strato di neve è una caratteristi-ca molto importante per la formazione delle valan-ghe a lastroni; infatti più elevata è la coesione piùuna sollecitazione o una rottura del manto nevoso sitrasmettono a distanza. Da un punto di vista pratico interessa valutare amezzo di tests soprattutto la coesione dello stratosuperficiale: tali tests verranno sviluppati nei capito-li dedicati all’osservazione del manto nevoso e alleprove di stabilità.Esistono vari tipi di coesione: feltratura, sinteriz-zazione, capillarità, rigelo.• La coesione per feltratura è un fenomeno tipicodella neve fresca, in particolare dei cristalli a formadi stella, i quali tramite le proprie ramificazioni rea-lizzano un intreccio. Subito dopo una nevicata laneve fresca può stare attaccata a pareti verticali osugli alberi; tuttavia questa coesione è di breve dura-ta e in seguito alla perdita delle ramificazioni il cri-stallo potrà aderire solo su pendii meno ripidi.• La coesione per sinterizzazione è la formazione diponti di ghiaccio tra grani fini e arrotondati; questasaldatura, che conserva la forma arrotondata, legafortemente i grani e ciò causa un aumento della soli-dità. La sinterizzazione può essere prodotta anchedall’azione del vento che salda meccanicamente igrani e causa la formazione di lastroni e cornici.• La coesione per capillarità è prodotta da una sotti-le pellicola d’acqua che avvolge i grani e li incolla traloro: ciò avviene soprattutto nella neve umida, quan-do la temperatura è prossima a 0°C, e c’è quindi laproduzione di acqua liquida.• La coesione per rigelo è creata dal congelamentodell’acqua che avvolge i grani; ciò si manifesta nellaneve bagnata o addirittura fradicia in cui l’acqualiquida cola all’interno del manto nevoso e successi-vamente, al verificarsi dell’abbassamento della tem-peratura, congela fra i grani. Questo situazione dàluogo alla formazione di croste superficiali che avolte possono sostenere il peso di una persona.

Capitolo 6

La coesione di uno stratodi neve è una caratteristi-ca molto importante,perché permette alle sol-lecitazioni o rotture delmanto nevoso di trasmet-tersi a distanza, forman-do le valanghe a lastroni.

La coesione per sinteriz-zazione è una saldaturache conserva la formaarrotondata del grano,legandoli fortemente traloro. Ciò causa unaumento della solidità.

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Sci alpinismo La neve Proprietà della neve

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ResistenzaPer resistenza si intende lo capacità di resistere a sol-lecitazioni che tendono ad allontanare i cristalli dineve gli uni dagli altri. La resistenza della neve dipende da un lato dallecaratteristiche della stessa: forma dei cristalli, strut-tura del manto, temperatura e umidità, dall’altro daltipo di deformazione alla quale è sottoposta.La neve può subire una fratturazione secondo tre tipidi sollecitazioni.

Resistenza alla compressioneLa neve é un materiale comprimibile e presenta unaresistenza alla compressione che aumenta proporzio-nalmente con la vicinanza dei cristalli. Gli sci affondano nella neve fresca finché essa acqui-sta una resistenza tale da resistere alla compressioneesercitata dal peso dello sciatore.Partendo da questa proprietà, la battitura delle pisteprovoca artificialmente un assestamento del mantonevoso, che acquista in resistenza per aumento delladensità.Da notare che con valori di temperatura molto bassioppure prossimi a 0°C la neve si compatta con diffi-coltà: nel primo caso la neve risulta incomprimibiledata l’assenza di umidità mentre nel secondo risultaun miscuglio di neve e acqua.La durezza è una grandezza in grado di esprimere laresistenza alla compressione della neve e può esseremisurata in modo semplice con il test della mano:questo metodo di prova prevede che, la mano(pugno, 4 dita, 1 dito) oppure oggetti di sezione viavia ridotta (matita, lama di coltello), possano esseresospinti in qualità di sonda nei vari strati di neve.

Resistenza alla trazioneI corpi in natura possono essere compressi o sottopo-sti a trazione. La resistenza opposta ai due tipi di sol-lecitazione è spesso della stessa entità; ovvero dobbia-mo applicare una forza pressoché simile per ottenere

Capitolo 6

C6-43 Resistenze

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Proprietà della neve La neve Sci alpinismo

172

il medesimo accorciamento o allungamento. La nevesi differenzia alquanto da questo comportamento,infatti la resistenza offerta alla trazione è solo 1/10 diquella opposta alla compressione. Ciò implica unapotenziale maggiore suscettibilità alla rottura, dellezone del manto nevoso sottoposte a tensioni interne(es. una comitiva di sciatori potrebbe attraversare conrelativa tranquillità una zona concava, sollecitata incompressione, mentre dovrebbe prestare più attenzio-ne qualora si accingesse a percorre una zona convessa,soggetta a trazione).

Resistenza al taglioIl manto nevoso è composto da vari strati sovrappo-sti, corrispondenti ciascuno alle successive nevicate eaventi singolarmente caratteristiche differenti. Ognistrato di neve posto su un pendio tende a scivolareverso valle per effetto della forza di gravità ma vienecontrastato dalle forze resistenti prodotte dalla coe-sione interna del singolo strato di neve e dall’attritocon lo strato sottostante. Queste due azioni, oppostee parallele, inducono una sollecitazione allo scorri-mento (detta appunto di taglio) sui cristalli.

L’attrito esprime la resistenza al movimento che igrani di uno strato presentano rispetto ai grani di unaltro strato adiacente. L’attrito dipende dalle dimen-sioni e dalla forma dei grani, dalla quantità d’acquain forma liquida presente nel manto e dal peso deglistrati di neve superiori.

Capitolo 6

a= 30°

NEVE VECCHIA CONSOLIDATALASTRONE DA VENTO

TAGLIO

TAGLIO

C6-45 Taglio con due stati

Si potrebbe attraversarecon relativa tranquillitàuna zona concava, solleci-tata in compressione,mentre si dovrebbe pre-stare più attenzione qua-lora si percorra una zonaconvessa, soggetta a tra-zione.Tuttavia le concavitàrisultano frequentementezone di accumulo e dun-que da evitare scrupolosa-mente.

La sollecitazione al taglioè determinata dalla ten-denza al scivolamentodei singoli strati di neve,cui si oppone l’attrito ele coesione interna.

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Sci alpinismo La neve Proprietà della neve

173

La resistenza al taglio varia moltissimo, in funzionedel tipo di neve.Nel primo esempio si presenta uno strato di nevefresca compattata dal vento che poggia su neve vec-chia; l’attrito, subito dopo la nevicata è modesto, eciò potrebbe dare luogo al distacco di una valanga.Nel secondo esempio si mostrano tre strati: quello acontatto con il suolo ben consolidato, uno interme-dio debole (costituito da cristalli sfaccettati, oppurebrina di fondo, oppure brina di superficie) e unterzo superficiale di neve accumulata dal vento:anche in questo caso l’attrito è modesto e quindi laresistenza al taglio risulta essere molto bassa.Dunque nel generico pendio possono essere eviden-ziate tre zone tipiche (concave, convesse o piane mainclinate rispetto all’orizzontale) nelle quali si mani-festano i tre diversi modi di sollecitazione.

Capitolo 6

a= 30°NEVE VECCHIA CONSOLIDATASTRATO DEBOLE

LASTRONE DA VENTO

TAGLIO

TAGLIO

C6-44 Taglio con tre strati

zona di compressione

zona di trazione

zona di tensioneal taglio tra i vari strati

C6-46 Zone di sollecitazione

La resistenza al tagliovaria moltissimo, in fun-zione del tipo di neve edel tipo di zone (conca-ve, convesse o pianeinclinate rispetto all’o-rizzontale).

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Proprietà della neve La neve Sci alpinismo

174

PlasticitàIl manto nevoso ha un comportamento simile aquello di un fluido viscoso, piuttosto denso, le cuiproprietà meccaniche dipendono soprattutto dallatemperatura e dalla velocità cui intervengono lesollecitazioni.Con temperature elevate e sollecitazioni applicatelentamente, come ad esempio il peso proprio dellaneve, il manto ha la capacità di sopportare notevo-li sforzi di trazione e compressione attraversodeformazioni plastiche. Diversamente se la solleci-tazione è applicata in forma dinamica il mantonevoso risponde in modo meno plastico e la rottu-ra avviene con minori deformazioni e a livello dicarico più basso. Ad esempio può capitare che inun pendio, pur essendo interessato da una abbon-dante nevicata (carico elevato ma lento), non siverifichino valanghe, mentre si può verificare larottura del manto nel caso del passaggio di ungruppo di sciatori (carico moderato ma repentino).

Capitolo 6

C6-47 Plasticità

Se la sollecitazione èapplicata in forma dina-mica il manto nevosorisponde in modo menoplastico e la rotturaavviene con minorideformazioni e a livellodi carico più basso.

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capitolo 7

Le valangheINDICE

Premessa

I movimenti lenti

I movimenti veloci: le valanghe

Classificazione delle valanghe

La valanga di neve a debole coesione

La valanga di neve a lastroni Lastroni sofficiPunti dov’è più probabile il distaccoDistacco a distanzaPiccoli pendii

La valanga di neve bagnata

La valanga nubiforme (di neve polverosa)

Cause generali del distacco di valanghe

Condizioni critiche per il distacco di una valanga a lastroni Prima condizione: inclinazione del pendioSeconda condizione: lo strato superficiale deve presentare neve con coesioneTerza condizione: presenza di piani di slittamento e scarso legame tra questi e lo strato superficiale

Fattori che determinano il distacco di valangheAumento delle forze attive prodotto da nuove precipitazioni di neveAumento delle forze attive dovuto all’azione del vento

• Formazione del lastrone da vento• L’azione del vento al suolo• La formazione delle cornici

Aumento delle forze attive prodotto dalla pioggiaAumento delle forze attive prodotto da sovraccarico naturaleAumento delle forze attive dovuto al passaggio di sciatori o alpinistiTemperatura e riduzione delle resistenzeApprofondimento dei fenomeni legati alla temperaturaTemperatura, orientamento dei versanti, quota

Morfologia del terreno e vegetazioneLa forma del terrenoLa rugosità della superficieLa vegetazione

Massimo
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Premessa Le valanghe Sci alpinismo

176

PREMESSA

In questo capitolo vengono dapprima presentati i casi più tipici di valanga.Nelle sezioni successive si analizzano le condizioni critiche che favoriscono l’instabi-lità del manto nevoso e quindi i fattori che determinano il distacco di una valanga.

Capitolo 7

I MOVIMENTI LENTI

Come tutti i corpi presenti sulla terra la neve è sog-getta alla forza di gravità che agisce in vario modo aseconda delle situazioni. I movimenti che ne conse-guono si possono così suddividere:• movimenti lenti• movimenti veloci (valanghe)

Il manto nevoso è soggetto in ogni momento a sol-lecitazioni o forze che lo deformano o tendono ametterlo in movimento.Se il manto nevoso appoggia su un terreno piano siha soltanto una azione di compressione, perpendi-colare al piano di appoggio, detta assestamento,dalla quale risulta una diminuzione dello spessore eun aumento di densità.Se invece la neve è depositata su un pendio è sogget-ta ad una serie di forze che tendono a farla scivolareverso valle. Tali forze possono interessare i singolistrati gli uni sugli altri determinando un movimen-to di scorrimento. Quando invece tutto il manto nevoso scivola versovalle a partire dal suolo, il movimento prende ilnome di slittamento. L’insieme di questi movimenti lenti è denominatoneviflusso e comprende l’assestamento, lo slitta-mento della neve a contatto del terreno e lo scorri-mento fra gli strati. I tetti delle case ricoperti dalla coltre nevosa offronodi frequente un esempio, facilmente osservabile, dineviflusso. Assai più raro invece è assistere alla for-mazione di grossi riccioli oppure di crepe formati dal

ASSESTAMENTO

forzapeso

C7-01 Assestamento

C7-02 Neve su tetto

C7-03 Plasticità su terreno

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Sci alpinismo Le valanghe I movimenti veloci

manto nevoso.Tali conformazioni si manifestano in particolarisituazioni di temperatura e in presenza di un terrenoche facilita lo slittamento, come ad esempio unacopertura erbosa.Con temperature elevate e a causa delle diverse velo-cità di slittamento lungo il pendio, il manto nevosoviene compresso con la conseguente produzione dicaratteristiche pieghe, oppure viene “stirato” con laconseguente formazione di crepe.

I MOVIMENTI VELOCI: LE VALANGHE

Mentre i movimenti lenti della neve non si possonoritenere un’insidia per le attività umane, i movimen-ti veloci, cioè le valanghe, rappresentano il pericolomaggiore per gli sciatori e gli alpinisti che frequen-tano terreni innevati. Il termine italiano “valanga”, sinonimo di slavina,deriva dal vocabolo francese “avalanche”.Consultando dizionari ed enciclopedie si possonotrovare svariate definizioni di valanga o slavina. Gli uffici valanghe italiani dell’A.I.NE.VA. si sonoaccordati nel definire una valanga come una massadi neve piccola o grande in movimento lungo unpendio. In questo capitolo si parlerà di valanghe“sportive” (o dell’escursionista) e non delle grandivalanghe catastrofiche che precipitano sulle strade edistruggono i centri abitati. Queste ultime si staccano in genere in condizionimeteorologiche eccezionali, quando sciatori e alpini-sti assennati non dovrebbero essere in azione. Le statistiche dimostrano che oltre il 90% dei casi ildistacco della valanga è provocato dagli infortunatistessi. La trattazione che segue si pone l’obiettivo di forni-re al frequentatore della montagna le nozioni per

Capitolo 7

C7-04 Movimenti lenti

Gli uffici valanghe italia-ni dell’A.I.NE.VA. sisono accordati nel defi-nire una valanga comeuna massa di neve picco-la o grande in movimen-to lungo un pendio.

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I movimenti veloci Le valanghe Sci alpinismo

comprendere meglio il fenomeno delle valanghe ederivare norme di comportamento atte ad evitare diesserne coinvolto.Per valanga si intende una massa di neve, piccolao grande che sia, in movimento lungo un pendio.In genere per ogni valanga è possibile individuareuna zona di distacco, una di scorrimento e una diarresto o di accumulo. La zona di distacco è il luogo dove prende originela valanga. Essa è spesso collocata in vicinanza di cre-ste, al di sopra del limite della vegetazione o nei luo-ghi dove la neve si accumula per effetto del vento odi nuove precipitazioni.La zona di scorrimento è l’area compresa tra la zonadi distacco e quella di arresto; spesso presenta incli-nazioni superiori ai 25 gradi ed è caratterizzata dal-l’assenza di vegetazione. La velocità per le valangheche si muovono radenti al suolo varia dai 30 ai 140km all’ora.La zona di accumulo è il luogo dove la massa nevo-sa rallenta progressivamente fino a fermarsi. Puòessere un ampio ripiano, un fondovalle oppure ilversante opposto di una valle. Il rallentamento e l’ar-resto avvengono su pendii con inclinazioni compre-se tra i 10 e i 20 gradi.

CLASSIFICAZIONE DELLEVALANGHE

La tabella nella pagina seguente rappresenta le diver-se valanghe secondo una classificazione che fa riferi-mento ai seguenti criteri: • tipo di distacco• posizione della superficie di slittamento• tipo di movimento• umidità della neve• forma del percorso

Capitolo 7

C7-05 Valanga dimostrativaA- Zona di distacco

B- FianchiC- Zona di scorrimento

D- Zona di accumulo

La zona di distacco è illuogo dove prende origi-ne la valanga; la zona discorrimento è l’area com-presa tra la zona didistacco e quella di arre-sto; la zona di accumuloè il luogo dove la massanevosa rallenta progressi-vamente fino a fermarsi.

A

B

C

C

D

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Sci alpinismo Le valanghe Classificazione delle valanghe

179

Un altro criterio di classificazione è costituito dallacausa del distacco:• il distacco si dice spontaneo quando è prodotto dacause naturali: accumulo di neve trasportata dalvento, caduta di cornici o di sassi, riduzione delleresistenze interne;• il distacco si dice provocato quando è prodottodall’intervento dell’uomo: passaggio di sciatori o dialpinisti (es. per garantire la sicurezza delle piste e farscaricare pendii considerati pericolosi, talvolta siricorre all’uso di cariche esplosive per provocare arti-ficialmente il distacco).

Capitolo 7

Criteri Descrizione

Tipo di distacco

Posizione della superficie di slittamento

Tipo di movimento

Umidità della neve

Forma del percorso

lineare, ad angoli retti, perpendicolare alla superficie dislittamentoVALANGA DI LASTRONI

puntiformeVALANGA DI NEVE ADEBOLE COESIONE

all’interno del manto nevosoVALANGA DI SUPERFICIE

soprattutto polverosaVALANGA

POLVEROSA

al suoloVALANGA DI FONDO

piattaVALANGA DI VERSANTE

canaloneVALANGA INCANALATA

soprattutto radenteVALANGA

RADENTE

asciuttaVALANGA DI NEVEASCIUTTA

bagnataVALANGA DI NEVEBAGNATA

C7-06 Classificazione valanghe

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Valanga a debolecoesione

Le valanghe Sci alpinismo

180

VALANGA DI NEVE A DEBOLE COE-SIONE

La valanga a debole coesione (o senza coesione) ècausata dal movimento di una o alcune particelle dineve che si staccano e scivolano lungo il pendio coin-volgendo altra neve, e interessando una superficie via

via più larga, di forma triangolare, detta anche a“pera”. Questa valanga si genera solo con neve poco com-patta e cioè a debole coesione, nella quale, contra-riamente a quanto avviene per le valanghe a lastroni,le sollecitazioni imposte al manto nevoso non si tra-smettono a distanza. Raccogliendo con una pala unacerta quantità di questa neve, essa si dispone a formadi cono.Anche la valanga di neve asciutta è lo scivolamentodi uno strato di neve a debole coesione che si pro-duce generalmente in inverno (gennaio, febbraio),in seguito a nuove precipitazioni con basse tempera-ture dell’aria. Si verifica soprattutto su pendii ripidi e si osserva ingenere, durante o subito dopo una nevicata. Questavalanga prende anche il nome di colata di neve fre-sca o scaricamento.Si possono osservare delle valanghe di neve umida adebole coesione quando la neve fresca o vecchia

Capitolo 7

Distaccoda un punto (forma a pera)

Umidità della nevebagnata o asciutta

Durezza delle nevesempre soffice

Tipo di nevenon compatta (senza coesione);reazione a catena che interessasolo una parte dello strato.

Rumoredistacco senza rumore

Innesco della valangapossibile solo se vicino alla zonadi distacco

C7-07 Schema valanga debolecoesione

C7-08 Valanga debole coesione

rottura puntiforme

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Sci alpinismo Le valanghe Valanga a debolecoesione

181

comincia a sciogliersi sotto l’azione del sole. In questocaso la neve ha una densità superiore a quella dellaneve asciutta e presenta temperature vicine agli 0°C. Il punto di inizio del movimento è sempre chiara-mente individuabile; nel caso sia uno sciatore o un

alpinista a determinare questo tipo di valanga, ildistacco si origina al di sotto della sua traccia. Se la pendenza del versante non è molto elevata ladistanza percorsa da queste valanghe è breve e non siraggiungono elevate velocità. Anche l’estensione inlarghezza risulta complessivamente ridotta rispettoalle valanghe a lastroni. Questo tipo di valanga non deve essere sottovaluta-to perché può originare valanghe più pericolose.Infatti uno scaricamento prodotto su di un pendioesposto al sole potrebbe:a) innescare una valanga a lastroni;b) in presenza di un canale ammassare molta neve ecoinvolgere eventuali escursionisti;c) con neve molto bagnata mettere in movimentoingenti masse di neve;d) trascinare una persona travolta e sospingerla oltreun salto di rocce sottostanti.

Capitolo 7

C7-09 Valanga di neve umida

Le valanghe di neveumida a debole coesionenon devono essere sotto-valutate perché possonooriginare distacchi piùpericolosi.

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La valanga di neve a lastroni

Le valanghe Sci alpinismo

182

LA VALANGA DI LASTRONI

Le valanghe a lastroni sono la causa, sull’arco alpino,della maggior parte degli incidenti che vedono coin-volti gli sciatori e gli alpinisti. Quasi sempre sono lestesse vittime, che con il loro sovraccarico, determi-nano il distacco. Poiché le cause dell’instabilità delmanto nevoso sono da ricercare all’interno della suastruttura, le valanghe a lastroni sono le meno preve-dibili e le più pericolose per le attività sportive inmontagna.

La presenza delle condizioni necessarie alla forma-zione di lastroni si può verificare quando, racco-gliendo con la pala un certo quantitativo di neve, siosserva un blocco più o meno compatto.

Le valanghe a lastroni, che si formano con maggiorfrequenza su pendii aventi inclinazione variabile tra30° e 50°, sono dovute al distacco improvviso di unintero strato di neve, a partire da un fronte più omeno esteso. La neve si distacca a lastre e solo duran-te il movimento si divide in frammenti di minoridimensioni. La neve presenta sempre un certogrado di coesione, dovuta prevalentemente all’azio-ne del vento durante una nevicata o successivamen-te ad essa. Si produce una frattura iniziale in un punto critico,dal quale poi, altre fessure si propagano molto rapi-damente in tutte le direzioni, fino al distacco del-l’intero lastrone. La trasmissione delle sollecitazionia grande distanza è resa possibile dalla presenza di

Capitolo 7

Caratteristiche delle valanghea lastroni:Distaccoda una linea (fronte largo).

Umidità della nevebagnata o asciutta.

Durezza della nevesoffice o dura

Tipo di nevecompatta, “parte” tutto lo strato;la neve, avendo una certa coesio-ne trasmette le tensioni

Rumoregli strati duri si staccano con unoschianto, gli strati più sofficisenza rumore

Innesco della valangapossibile anche a distanza; ingenere sono gli stessi sciatori chestaccano la valanga

C7-10 Schema valanga alastroni

C7-11 Valanga a lastroni

strato non distaccatoperché più stabile

fronte di rottura

piano di slittamento

strato debole

deposito

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Sci alpinismo Le valanghe La valanga di neve a lastroni

neve con coesione. Le valanghe a lastroni possono essere di superficie odi fondo a seconda che si muovano solo alcuni stra-ti superficiali o l’intero manto nevoso. Le primesono le più comuni: in esse uno strato più fragilefunge da piano di scorrimento e su di esso slitta unostrato più o meno spesso di neve asciutta che gene-ralmente è il deposito da vento.

Lastroni soffici Parlando di lastroni si pensa a un manto nevosoduro e compatto che si rompe in blocchi pesanti conspigoli vivi; molto spesso invece il lastrone è costi-tuito da neve soffice nella quale si sprofonda sia apiedi che con gli sci. Sembra neve apparentementepolverosa, in realtà l’azione del vento ha legato igrani consentendo quindi la propagazione della sol-lecitazione.Una valanga a lastroni lascia poche possibilità difuga a chi l’ha provocata: spesso la frattura siforma più a monte dell’escursionista che si trovadunque all’interno della zona in movimento.

Punti dove è più probabile il distaccoLa rottura del lastrone avviene generalmente su un’a-rea estesa, in uno strato debole interno parallelo al

Capitolo 7

C7-12 Valanga a lastroni soffici

C7-13 Punti distacco disegno

punti in cui è più facile ildistacco della valanga alastroni

Le valanghe a lastronipossono essere di super-ficie o di fondo a secondache si muovano soloalcuni strati superficialio l’intero manto nevoso.

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La valanga di neve a lastroni

Le valanghe Sci alpinismo

pendio. La fessura che provoca il distacco può for-marsi in una delle tre zone di sollecitazione (trazio-ne, compressione, taglio) oppure anche in punti par-ticolarmente critici (mostrati in figura).La fessura si propaga alla velocità del suono (nellaneve) in tutte le direzioni, causando la rottura persovraccarico anche delle zone circostanti.Si ribadisce la pericolosità dei lastroni di neve sofficeperché sono difficilmente individuabili e facilmentestaccabili anche a distanza. Subito dopo il distacco, ilastroni soffici si sfaldano in neve a debole coesione,mentre i lastroni di neve dura conservano la loroforma più a lungo e si spezzano in blocchi.

Distacco a distanza Quando il manto nevoso presenta una scarsa stabi-lità, a causa di strati interni deboli, può capitare cheun sovraccarico dovuto al peso di sciatori, producauna valanga. Il distacco può essere provocato in unpunto di minore stabilità, anche su terreno pianeg-giante alla base del pendio e quindi distante dal luogodove si verifica la rottura. Questa situazione, tipicadelle valanghe a lastroni, è conseguenza di un mantonevoso in grado di trasmettere le sollecitazioni.

Capitolo 7

C7-14 Punti distacco

C7-15 Zone trazione e compressione

C7-16 Schema distacco adistanza

Distacco

1- Lastrone2- Piano di scorrimento3- Base

1

2

3

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Sci alpinismo Le valanghe La valanga di neve a lastroni

185

Piccoli pendii Non dobbiamo pensare che la pericolosità di unavalanga sia legata solo alla sua dimensione, sottova-lutando così il pericolo insito in pendii apparente-mente piccoli e innocui. Le statistiche dimostrano che talvolta è proprio l’at-traversamento di un piccolo pendio, specie se percor-so senza precauzioni, a innescare il fenomeno valan-ghivo con risultati spesso tragici. Un piccolo lastrone di 10x10 metri avente uno spes-sore di 50 cm e composto da neve che pesa 300 kgal metro cubo, coinvolge una massa di neve del pesodi 15 tonnellate.

Capitolo 7

C7-17 Piccolo pendio

Peso totale del piccolo lastrone!10m x 10m x 0,5m x 0,3t/m3 = 15 tonnellate

10m

!

È solo un piccolo pendio! 50 cm

L’attraversamento di unpiccolo pendio, specie sepercorso senza precauzio-ni, a volte innesca il feno-meno valanghivo conrisultati spesso tragici.

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La valanga di nevebagnata

Le valanghe Sci alpinismo

LA VALANGA DI NEVE BAGNATA

Le valanghe di neve bagnata sono costituite da neveche contiene acqua allo stato liquido ed ha una tem-peratura di 0°C. Le valanghe di questo tipo sonotipiche del periodo primaverile e il distacco è causa-to da un aumento della temperatura dell’aria chedetermina nel manto nevoso la fusione e quindi pro-duzione d’acqua. La conseguenza è una riduzione delle resistenze inter-ne dovute alla perdita di coesione tra i grani e allalubrificazione delle superfici di separazione tra gli stra-ti prodotta dalla percolazione d’acqua.Possono accadere anche d’inverno in seguito a pioggia,oppure dopo una circolazione di vento caldo che abbiainstaurato una fase di disgelo per più giorni.Il meccanismo di distacco è simile a quello delle valan-ghe a debole coesione. Tuttavia è anche possibile che,pur nato da un innesco puntiforme, lo scaricamento dineve dia origine ad una valanga a lastroni.Queste valanghe sono più prevedibili di quelle alastroni, essendo caratterizzate da velocità di scorri-mento piuttosto basse (10-20 km/h) e quindi conpercorsi più intuibili. Ma soprattutto perché si veri-ficano a seguito di un forte rialzo termico, cioè unacondizione necessaria facile da valutare. In ogni caso presentano una elevata densità, variabi-le mediamente fra 300 e 400 Kg/m3, travolgono espingono a valle tutto ciò che incontrano, seguendoin genere canaloni o impluvi. Caratteristiche di queste valanghe sono le striatureche talvolta lasciano lungo il percorso, dovute a inci-sioni sul fondo e sui fianchi del versante, operate daimassi e dal materiale detritico trasportati dalla massanevosa. Per evitare questo tipo di valanghe è suffi-ciente concludere le gite prima che si verifichi ilmassimo riscaldamento solare e quindi entro la mat-tinata. Inoltre, in caso di esposizione forzosa a que-sto tipo di pericolo, devono essere evitati i percorsiattraverso canaloni, vallette e conche, dove siammucchia la neve sia durante la fase di scorrimen-to che in deposito.

Capitolo 7

C7-18 Valanga di neve bagnata

C7-19 Valanga di neve bagnata in canale

Le valanghe di nevebagnata sono più preve-dibili di quelle a lastroniper la velocità di scorri-mento piuttosto bassache permette di intuire ilpercorso e soprattuttoperché si verificano aseguito di un forte rialzotermico, cioè la condizio-ne necessaria al distacco,facile da valutare.

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Sci alpinismo Le valanghe La valanga nubiforme(di neve polverosa)

LA VALANGA NUBIFORME(DI NEVE POLVEROSA)

La valanga nubiforme prende origine da uno scari-camento di neve fresca a debole coesione oppure daldistacco di un lastrone che grazie alla presenza diversanti lunghi e molto ripidi, non scorre a livellodel suolo (cioè radente). La neve a debole coesione,si mescola all’aria e forma una nube, una miscela dipiccole particelle di neve fredda e asciutta (l’aerosol),che precipita a velocità molto elevate: fino a 300km/h. L’altezza del fronte in movimento può rag-giungere la significativa dimensione di alcune decinedi metri.Non segue percorsi preferenziali, ma scorre drittalungo il versante scavalcando qualsiasi ostacolo.Queste valanghe sono caratterizzate dallo sviluppodi un soffio, ovvero un’onda di pressione d’aria chesopravanza il fronte visibile della valanga ed ha unenorme potere distruttivo.Sono valanghe catastrofiche che danneggiano paesi evie di comunicazione. Fortunatamente sull’arcoalpino poco frequenti, in quanto necessitano diabbondanti precipitazioni in poco tempo (80-100cm in 24 ore) e pendii particolarmente scoscesi eaccidentati. Condizioni che si verificano di rado.La foto mostra l’effetto prodotto sugli abeti situatisul versante opposto della valle da cui si è distaccatauna valanga nubiforme; la massa di neve si è ferma-ta nella conca mentre il soffio ha proseguito la suacorsa abbattendo una vasta area di bosco.

Capitolo 7

C7-20 Valanga nubiforme

C7-21 Valanga nubiforme e bosco

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Cause generali deldistacco di valanghe

Le valanghe Sci alpinismo

188

CAUSE GENERALI DEL DISTACCO DI VALANGHE

Rappresentiamo in forma schematica il meccanismodi distacco di una valanga. Da un punto di vistagenerale si può affermare che il manto nevoso è sta-bile quando le forze attive (omini rossi) che tendonoa far muovere la massa di neve lungo il pendio sonoinferiori alle resistenze e agli attriti (omini verdi),che tendono invece a mantenerlo sul pendio. Viceversa il manto nevoso è instabile quando le forzeattive sono superiori alle resistenze a agli attriti.Quando le forze si equivalgono il manto nevoso sitrova in condizioni di equilibrio limite.

Capitolo 7

Alcune esemplificazioni di aumento delleforze attive o riduzione delle resistenze

A- Zona soggetta a trazioneB- Zona soggetta a taglioC- Zona soggetta a compressione

C7-22 Forze e resistenze

C

B

B

A

30°

A

R

40°

A

RC7-23 Aumento inclinazione

22

21

32

12

23

!

!

A = forze attiveR= forze resistenti e attriti

OMINI ROSSI = forze che provocano lo scivolamento del manto nevosoOMINI VERDI = forze che favorisconola tenuta del manto nevoso

Il manto nevoso è stabilequando le forze attiveche tendono a far muove-re la massa di neve lungoil pendio sono inferiorialle resistenze e agli attri-ti, che tendono invece amantenerlo sul pendio.

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Sci alpinismo Le valanghe Cause generali deldistacco di valanghe

189

Le forze di trazione, di compressione e di taglioagenti sul manto nevoso possono essere modificateda fattori esterni di origine naturale (nuove nevicate,accumulo da vento, riscaldamento; ecc.) oppure diorigine artificiale (uomo). Qualsiasi fattore cheaumenti le forze attive oppure che riduca le resisten-ze interne al manto o gli attriti, incide sulle probabi-lità di distacco.

Un aumento delle forze attive può essere prodotto:1) da una maggiore inclinazione del pendio2) da un apporto di neve

a) dovuto a nuove precipitazionib) in seguito a trasporto da vento

3) da un apporto di acqua (pioggia o fusione)4) da un sovraccarico

a) naturale: caduta di sassi, di cornici, di seracchi b) passaggio di sciatori o di alpinisti

Una diminuzione delle resistenze e degli attritipuò essere prodotta:1) da un importante aumento della temperatura

della durata di più giorni che riscalda il manto nevoso e riduce la coesione della neve;

2) dalla presenza all’interno del manto nevoso di strati critici (croste da rigelo, brina di fondo, grani sfaccettati, brina di superficie, neve pallottolare) che riducono l’attrito tra gli strati.

Capitolo 7

30°

A

R

30°

A

C7-24 Aumento del peso e scarsoattrito

Qualsiasi fattore cheaumenti le forze attiveoppure che riduca le resi-stenze o gli attriti, incidesulle probabilità didistacco.

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Condizioni critiche per il distacco

Le valanghe Sci alpinismo

190

CONDIZIONI CRITICHE PER ILDISTACCO DI UNA VALANGA ALASTRONI

Viene analizzato in maniera più approfondita il mec-canismo di distacco di un lastrone di neve, constatatoil fenomeno valanghivo più tipico per chi pratica l’at-tività sci alpinistica, ma che coinvolge anche gli alpini-sti. Da studi e prove pratiche condotte in questi ultimidieci anni si è osservato, su oltre il 75% dei casi, che larottura avviene nella zona centrale del lastrone, conuna inclinazione del pendio compresa tra i 30 e i 45gradi e che il lastrone è costituito da neve soffice conuno spessore compreso tra i 25 e i 100 cm.È stato inoltre possibile individuare le condizioni cheportano il lastrone ad un equilibrio limite cioè ad unasituazione simile ad una “trappola innescata”.Il distacco di un lastrone di neve è legato a 3 condi-zioni necessarie e sufficienti. Esse determinano unasituazione di equilibrio precario e imminente pericolodi distacco; se viene a mancare una sola di queste con-dizioni la rottura non è possibile. 1. Il pendio deve avere una inclinazione di almeno 30°per neve asciutta e almeno 25° per neve bagnata.2. Lo strato superficiale deve presentare neve con coe-sione.3. All’interno del manto nevoso deve esistere un pianodi slittamento e tra questo e lo strato superficiale deveesserci uno scarso legame.

Prima condizione: inclinazione del pendioI lastroni di neve asciutta per staccarsi necessitano diuna inclinazione minima di circa 30° mentre sono suf-ficienti 25° perché si verifichi la caduta di una valangadi neve bagnata. È determinante l’inclinazione massima del pendio,non quella media. Su terreni con inclinazioni tra i 30° e i 45° sono fre-quenti le valanghe di neve a lastroni.

Capitolo 7

Tre sono le condizioninecessarie e sufficientiche determinano unasituazione di equilibrioprecario e di pericolo didistacco di una valanga alastroni; se viene a man-care una sola di questecondizioni la rottura nonè possibile.

Nel valutare l’inclinazio-ne di un pendio si devetenere in considerazionecome determinante ilvalore del tratto di mas-sima pendenza e non lamedia del pendio.

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Sci alpinismo Le valanghe Condizioni critiche per il distacco

191

Su pendii con inclinazione tra i 40° e i 60° sono fre-quenti le valanghe di neve senza coesione (scaricamen-ti spontanei).I pendii con inclinazione superiore ai 50° scaricano incontinuazione durante le nevicate per cui la neve nonvi si può accumulare in grandi quantità.Su pendii con inclinazione inferiore ai 25° la neve ingenere non si mette in movimento. Tuttavia perché la valanga si propaghi senza sensibilerallentamento, basta che sul percorso di scorrimentol’inclinazione superi i 10°- 20°. Un pendio di 10°-20°

può quindi essere pericoloso se si trova alla base di unopiù ripido.I metodi per la misura dell’inclinazione vengono trat-tati nel capitolo “La valutazione della stabilità delmanto nevoso”. Essa può essere misurata:a) sulla carta topografica valutando la distanza dellecurve di livello e utilizzando un apposito regolo oppu-re mediante dei calcoli;b) sul terreno tramite due bastoncini da sci, oppuremediante clinometro.

Seconda condizione: lo strato superficialedeve presentare neve con coesione Per semplicità si parla di strato superficiale, tuttaviasarebbe più corretto parlare di strato superiore;

Capitolo 7

C7-25 Valanghe e inclinazione

Distribuzione delle valanghesecondo varie classi di inclinazione

Scaricamenti frequenti>60°

Valanghe di neve a debolecoesione 40°-60°

Valanghe di neve a lastroni 30°-45°

Distacchi di neve umida obagnata <30°

Perché le tensioni possa-no propagarsi all’internodel manto nevoso, laneve deve presentare unacerta coesione, cioèdisporre di grani legatitra loro.

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Condizioni critiche per il distacco

Le valanghe Sci alpinismo

192

potrebbe infatti verificarsi che il lastrone da vento(neve con coesione) sia ricoperto da uno strato super-ficiale di neve fresca.Per coesione si intende la caratteristica dei grani diessere legati tra loro. Perché le tensioni possano propa-garsi all’interno dei manto nevoso la neve deve presen-tare una certa coesione. Per valutare se uno strato dispone di coesione e poten-zialmente divenire lastrone, si può eseguire il test dellapala: la neve è coesa quando un blocco di neve, taglia-to e posto sulla pala, non si disintegra per effetto dipiccole scosse. In mancanza della pala si può osservare la traccialasciata dagli sci oppure l’impronta dello scarpone sullaneve: se è coesa, in entrambi i casi i bordi risultanoabbastanza netti e si verificano ai lati piccole fessura-zioni.Si sottolinea che anche un lastrone soffice può presen-tare un legame tra i grani.La neve trasportata dal vento ha sempre coesione;anche neve inizialmente a debole coesione può succes-sivamente (dopo solo poche ore) trasformarsi in nevelegata. Certi pendii che immediatamente dopo le nevi-cate potrebbero essere percorsi, perché coperti da nevea debole coesione, in seguito all’assestamento possonopresentare pericolosi lastroni. In genere la neve senzacoesione costituisce una condizione rara; si tratta nellamaggioranza dei casi di neve fresca caduta con bassatemperatura e vento debole.

Capitolo 7

C7-26 Lastrone e superficie dislittamento

Per valutare se uno stratopresenta coesione, si puòeseguire il test della pala:ponendo su essa un bloc-co di neve, quella coesanon si disintegra alla sol-lecitazione di piccolescosse.

La neve senza coesionecostituisce una condizio-ne rara; si tratta nellamaggioranza dei casi dineve fresca caduta conbassa temperatura evento debole.

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Sci alpinismo Le valanghe Condizioni critiche per il distacco

Terza condizione: presenza di un piano dislittamento e scarso legame tra il piano dislittamento e lo strato superficiale

Presenza di piani di slittamento (strati critici)

Le condizioni di stabilità dipendono molto dalla pre-senza all’interno del manto nevoso di uno o più pianidi slittamento, detti anche strati critici, che riduconomolto l’attrito con il lastrone soprastante. Questi piani di slittamento possono essere costituitida: a) strato di brina di fondo o di grani sfaccettati rico-perto da lastrone; b) strato a contatto con il terreno di brina di fondoricoperto di neve;c) crosta da fusione e rigelo su cui poggia neve recen-te; d) strato sottile di brina di superficie ricoperta dalastrone; e) superficie di contatto tra neve vecchia e neve fresca.

Gli strati deboli costituiti da brina di superficie rico-perta, cristalli sfaccettati e brina di profondità sonochiamati “strati deboli persistenti” in quanto possonodurare per diverso tempo (un mese o più) nel mantonevoso. Si ritiene che essi siano i maggiori responsabi-li (60 % dei casi) degli incidenti da valanghe.

Un metodo veloce ma piuttosto sommario per avereun’idea dell’esistenza di strati deboli, consiste nell’in-trodurre verticalmente il bastoncino nella neve perpoter apprezzare la maggiore o minore facilità di pene-trazione. Se la resistenza incontrata è grande e, soprat-tutto, aumenta gradualmente, il pendio è stabile; se siincontra debole resistenza, specie verso il fondo delmanto nevoso, significa che si è in presenza di unostrato debole e quindi di una situazione di instabilità. Non volendo eseguire delle indagini dentro la coltrenevosa, lo sci alpinista o l’alpinista necessitano di unabuona preparazione in tema di nivologia e devonopossedere una adeguata esperienza, per poter supporre

Capitolo 7

C7-28 Profilo stratigrafico

C7-27 Test bastoncino con rotella

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Condizioni critiche per il distacco

Le valanghe Sci alpinismo

194

la presenza all’interno del manto nevoso di piani dislittamento.Per individuare in modo affidabile la presenza di straticritici è necessario realizzare un profilo stratigrafico delmanto nevoso e valutare con attenzione le caratteristi-che dei vari strati.

Su un pendio ripido la stabilità del manto nevosodipende soprattutto dalla resistenza al taglio di basecioè dall’attrito tra gli strati. È importante valutare se lo strato superficiale di nevepiù recente si è sufficientemente legato allo strato pree-sistente. Si tratta di capire quant’è l’attrito tra lo stratocritico, che forma il piano di slittamento e gli stratisuperficiali che formano il lastrone. Se l’attrito è ridot-to si parla di debole resistenza di base al taglio dibase. Le resistenze secondarie sono costituite dalle resi-stenze alla trazione, alla compressione ed al taglio late-rale. Sono dette secondarie perché solamente una suf-ficiente resistenza di base tra gli strati garantisce unequilibrio stabile; esse sole non sono in grado di soste-nere il peso del manto nevoso su tutta la superficie delpendio. Gli strati duri presentano resistenze secondarie elevateinvece gli strati teneri resistenze secondarie basse. Nella maggior parte dei casi una valanga a lastroni èdovuta alla presenza di uno strato a debole coesioneall’interno del manto nevoso che determina un limita-to legame tra questa base e gli strati sovrapposti. Almomento del distacco gli strati superiori, che costitui-scono il lastrone, si mettono in movimento su questasuperficie di scorrimento e la “base debole” resta sul

posto.

C7-29 Schema resistenza altaglio

resistenza al taglio laterale

resistenza alla compressione

resistenza di base al taglio di base

resistenza alla trazione

Una valanga a lastroni èdovuta prevalentementealla presenza, nel mantonevoso, di uno strato adebole coesione, chedetermina un insufficien-te legame tra gli strati dibase e quelli sovrapposti.

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Sci alpinismo Le valanghe Condizioni critiche per il distacco

La resistenza di base può essere misura-ta con il test del blocco di slittamentoLa prova consiste nel sollecitare su un pendio dialmeno 30°, una porzione di manto nevoso di 3 mq,opportunamente isolata, con carichi crescenti, finoad ottenere l’eventuale rottura dello strato debole.L’aumento progressivo delle sollecitazioni, prodottecon e senza sci, consente una classificazione appros-simativa della stabilità. Si tratta del miglior sistema per valutare sul luogola resistenza al taglio di base e quindi rappresentala prova più significativa della capacità di reazionedel manto nevoso alle sollecitazioni esterne. Tuttaviala difficoltà di trovare un sito rappresentativo del-l’intero pendio (senza esporsi alla sua minaccia), ladurata della prova e la necessaria preparazionerichiesta per l’interpretazione dei risultati, fanno sìche il test sia utilizzato unicamente da persone esper-te o per scopi didattici.

Capitolo 7

C7-31 Blocco slittamento consci

C7-30 Blocco slittamento a piedi

L’aumento progressivodelle sollecitazioni, pro-dotte con e senza sci,consente una classifica-zione approssimativadella stabilità del mantonevoso.

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FATTORI CHE DETERMINANO ILDISTACCO DI VALANGHE

Il distacco di valanghe a lastroni è determinato dallapresenza di un manto nevoso in condizioni di instabi-lità latente (inclinazione sufficiente, strato superficialedi neve con coesione, presenza di piani di slittamento)sul quale agiscono dei fattori scatenanti che ne provo-cano il distacco. Si riprende lo schema presentato precedentemente incui si illustrano le cause che provocano un aumentodelle forze attive e quelle che producono una riduzio-ne delle resistenze.

Forze attive, resistenze interne e attritiUn aumento delle forze attive può essere prodotto:• da nuove precipitazioni, che apportano neve

fresca• dal vento - che trasporta la neve • dalla pioggia - che apporta acqua • da un sovraccarico naturale: caduta di sassi,

di cornici, di seracchi • da un sovraccarico dovuto al passaggio di

sciatori o di alpinisti

Una diminuzione delle resistenze e degli attriti puòessere prodotta: • da un importante aumento della temperatura.Il riscaldamento del manto nevoso può interessare glistrati più profondi, se è significativo e dura più giorni.Oltre a questa causa principale ci sono altri fattoriche favoriscono e accelerano la diminuzione delleresistenze:• la presenza all’interno del manto nevoso di strati cri-tici (croste da rigelo, brina di fondo, grani sfaccettati,brina di superficie, neve pallottolare) che riducono l’a-desione tra gli strati.

Nella trattazione che segue vengono descritte levarie cause che determinano il distacco di unavalanga.

Fattori che determinanoil distacco di valanghe

Le valanghe Sci alpinismo

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Capitolo 7

Sufficiente inclinazione,strato superficiale di nevecon coesione, presenza dipiani di scivolamentosono le condizioni chedeterminano il distacco divalanghe a lastroni.

Una diminuzione delleresistenze e degli attritinel manto nevoso, puòessere prodotta da riscal-damento che, per interes-sare gli strati profondi,dev’essere significativo.

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Sci alpinismo Le valanghe Fattori che determinanoil distacco di valanghe

197

Capitolo 7

Inoltre sono illustrati in forma sintetica altri fattori cheinfluiscono sulla stabilità del manto nevoso:• temperatura, esposizione dei versanti, quota;• caratteristiche del terreno (forma, rugosità dellasuperficie, vegetazione).

Le condizioni critiche che portano il manto nevosoad un equilibrio limite, quindi prossimo alla rottu-ra, e i fattori principali che determinano il distaccodi una valanga verranno ripresi nel capitolo dedi-cato alla condotta di gita.

Aumento delle forze attive prodotto danuove precipitazioni di neveLa neve fresca è il fattore più importante nella forma-zione delle valanghe. Ogni nevicata aumenta il pericolo in proporzione allaquantità di neve fresca caduta e all’intensità della nevi-cata. Le seguenti condizioni producono già una situazionecritica per lo sciatore:• 10-20 cm di neve fresca con vento a 50km/h, oppu-re con vento più moderato ma con un fondo che offrepoco attrito (es. croste da fusione, ghiaccio, brina difondo); • 30-40 cm di neve fresca con assenza di vento, oppu-re con temperature poco al di sotto di 0°C, oppurependio percorso frequentemente da molte persone.

Il primo giorno di bel tempo dopo un periodo dinevicate è particolarmente pericoloso.Con temperature relativamente “calde” il pericolodiminuisce però rapidamente (1-2 giorni) dopo che hasmesso di nevicare. Ciò perché lo stesso sovraccaricoaccelera l’assestamento del deposito nevoso.Dopo questa fase di assestamento, in genere, si mani-festano solo le valanghe il cui distacco è provocatodallo sciatore.Intervalli durante le nevicate provocano una stabilizza-zione del manto tanto più efficace quanto più è alta latemperatura.

C7-32 Nuove precipitazioni

La neve fresca è il fattorepiù importante nella for-mazione delle valanghe.Alcuni giorni dopo cheha smesso di nevicare,con temperature relativa-mente calde, il pericolodiminuisce per effettodell’assestamento deldeposito nevoso.

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Se all’inizio o durante l’inverno si formano depositidi neve fresca che superano i 50 cm, si ottiene unabase (fondo) molto solida. Durante gli inverni con poca neve gli incidenti davalanga che coinvolgono sciatori e alpinisti sonodecisamente più numerosi che negli inverni conmolta neve. Ciò accade perché la coltre sottile dineve, caduta all’inizio dell’inverno, che si conservaper un periodo prolungato, con tempo freddo esenza precipitazioni, subisce un’intenso metamorfi-smo costruttivo, conseguenza della notevole diffe-renza di temperatura (gradiente) fra il suolo e lasuperficie, e rimane a lungo fragile.

Aumento delle forze attive dovuto all’a-zione del ventoIl vento in montagna determina un’azione importan-tissima sulla distribuzione del manto nevoso al suolocon un’azione di sollevamento, trasporto e deposizio-ne dei grani di neve. Gli effetti dipendono principal-mente dall’intensità del vento e dalla maggiore ominore coesione dello strato superficiale. Con neve adebole coesione, come può avvenire subito dopo unanevicata, il trasporto inizia con intensità del vento dicirca 3-4 metri al secondo e gli spostamenti sono note-voli. La quantità di neve trasportata cresce considere-volmente con l’aumentare della velocità del vento. Il vento, non per nulla chiamato “costruttore di valan-ghe”, è un fattore che ne determina la formazionemolto più spesso del caldo. Le valanghe asciutte piùpericolose sono indubbiamente quelle di lastroni tene-ri di neve feltrata trasportata dal vento, neve che è dif-ficile da distinguere da quella polverosa senza coesione.La maggior parte delle valanghe è causata da strati dineve depositati in presenza di vento. Anche spessori di soli 15-20 cm di neve fresca pos-sono, con forti venti, creare una situazione di peri-colo locale di valanghe di neve a lastroni.

Fattori che determinanoil distacco di valanghe

Le valanghe Sci alpinismo

198

Capitolo 7

Se all’inizio o durantel’inverno si formanodepositi di neve frescache superano i 50 cm, siottiene una base (fondo)molto solida.

Il vento, non per nullachiamato “costruttore divalanghe”, è un fattoreche ne determina la for-mazione molto più spes-so del caldo.

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Sci alpinismo Le valanghe Fattori che determinanoil distacco di valanghe

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Capitolo 7

Dall’osservazione della superficie erosa (sastrugi) sipuò determinare la direzione del vento al suolo. Ciò èmolto importante per dedurre dove si è depositata laneve traportata.

Si sottolinea che non si deve tenere conto dell’effettovento solo durante la nevicata. Il vento in montagnarappresenta la regola: anche con tempo bello è spessoabbastanza intenso da trasportare grandi masse di nevee accumularle nelle zone sottovento.

Formazione del lastrone da ventoPer capire gli effetti importanti dell’azione di trasportodella neve ad opera del vento, possiamo consideraredue versanti che hanno diversa esposizione rispetto alvento prevalente. Il versante dove si verifica un aumen-to della velocità del vento, a causa della riduzione dellospazio (sezione) attraversato dal flusso, viene chiamatoversante sopravento (a sinistra nella foto). Qui avvienel’azione erosiva del vento che provoca oltre alla ridu-zione dello spessore originario del manto nevoso anchela compattazione del manto con formazione di crostesuperficiali. Sul versante opposto, cioè sottovento, lavelocità del vento diminuisce, grazie all’aumento dellasezione attraversata dal flusso (espansione). Qui haluogo il deposito della neve trasportata con conse-guente formazione di accumuli a forma lenticolare(sottili ai bordi, spessi al centro). Questi accumuli, chiamati lastroni da vento, posso-no essere formati da cristalli aventi una coesione più omeno elevata, e spesso sono instabili in quanto mallegati al manto nevoso preesistente.

C7-33 Schema sastrugi

C7-34 Sastrugi

superficie prima del vento

deposito di nevedirezione del vento

L’azione erosiva delvento, provoca la ridu-zione dello spessore ori-ginario del manto nevosoe la compattazione delmanto con formazione dicroste superficiali.

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Fattori che determinanoil distacco di valanghe

Le valanghe Sci alpinismo

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Infatti a causa della frantumazione il formato dei granipuò raggiungere 1/10 del formato originario caduto inassenza di vento: si genera così un deposito di neve(lastrone) i cui grani sono legati tra loro (coesione) eavente una densità maggiore rispetto a quella dellaneve sottostante. Da notare che questa scarsa stabilità può permane-re per parecchi giorni, soprattutto se la neve venta-ta appoggia su uno strato debole (grani sfaccettati,brina di fondo, neve pallottolare).

L’azione del vento al suolo (zone accumu-lo da vento)Osservando il profilo di un cresta si possono indivi-duare i luoghi dove può accumularsi la neve trasporta-ta dal vento (zone di accumulo da vento): a) alla base di tratti ripidi e nelle radure;b) in valli e canali;c) al riparo dal vento sotto le creste;d) sotto terrazze.

Capitolo 7

C7-35 Schema lastrone da vento

C7-36 Zone di accumulo davento

direzione del vento

pendio sopra vento

lastrone sotto vento

sottovento sopravento

neve depositata dal vento nei versanti

Osservando il profilo diun cresta si possono indi-viduare i luoghi dovepuò accumularsi la nevetrasportata dal vento,detti “zone di accumuloda vento”.

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Sci alpinismo Le valanghe Fattori che determinanoil distacco di valanghe

Capitolo 7

Anche nei versanti sopravento, la neve, sebbene inquantità inferiore, può essere accumulata: su pendioaperto, sotto gli ostacoli naturali, nei canali e nelleconche. Analizzando lo strato superficiale del mantonevoso è possibile riconoscere le zone di accumulodalle zone di erosione. Dove il manto nevoso è stato eroso, la superficie si pre-senta irregolare con scanalature e crestine. I dossi chesi presentano quasi privi di neve segnalano una forteattività del vento. La zona di deposito, si presenta inve-ce con una superficie uniforme, priva di asperità fre-quentemente di spessore assai consistente. Si tenga ben presente che la direzione del ventonella libera atmosfera, visibile ad esempio osservandole creste, è solo indicativa e non rappresenta necessa-riamente la direzione del vento al suolo, moltoinfluenzata dalla micromorfologia del terreno.

La formazione delle corniciSulla linea di cresta che separa due versanti a diversaesposizione rispetto al moto del vento, oppure sui latidelle gole, è frequente la formazione di cornici. Cioè didepositi di neve spesso instabili che sporgono sul ver-sante sottovento. Sono un chiaro indicatore della dire-zione predominante del vento in una determinatazona e in un dato periodo.Le cornici crescono come strati successivi che vengonoaggiunti durante ogni periodo di trasporto della neve.Dopo essersi attaccati al tetto questi strati tendono adestendersi oltre la facciata della cornice e si deformanoper effetto della gravità assumendo la forma di una lin-gua incurvata che talvolta imprigiona uno strato d’aria.

C7-39 Vento e forma del terreno

C7-40 Cornici

C7-39 Costruzione cornice

deposito

scarpa

tetto

cresta

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Fattori che determinanoil distacco di valanghe

Le valanghe Sci alpinismo

202Aumento delle forze attive prodottodalla pioggiaForti piogge apportano rilevanti quantità di acquache aumentano il peso del manto nevoso, rendendopiù instabile il pendio. Inoltre se l’acqua che cola verso il basso incontradelle superfici impermeabili, come ad esempio unacrosta da rigelo, si verifica anche un’azione lubrifi-cante che riduce l’attrito tra gli strati.In questo scenario la superficie della neve presentadei solchi e un aspetto esteriore che ricorda la bucciadi arancio.In caso di forti piogge si possono staccare sponta-neamente e su più pendii numerose valanghe cheseguiranno sul terreno le vallecole e i canali. Tuttavia questa attività valanghiva è di breve duratae si verifica durante la precipitazione o entro duegiorni dal termine delle piogge.

Aumento delle forze attive prodotto daun sovraccarico naturaleOltre alle nuove precipitazioni e all’accumulo davento, nelle cause naturali che concorrono a produr-re tensioni aggiuntive e innescare il distacco divalanghe, rientrano la caduta di sassi, la rottura dicornici e la caduta di seracchi.Può anche capitare che scaricamenti di neve a debo-le coesione, siano la causa con il loro movimento, divalanghe a lastroni. Infatti la massa di neve a debolecoesione può sovraccaricare un pendio già in equili-brio precario, oppure far venire meno, in zona dicompressione la base su cui si appoggia il lastrone.

Capitolo 7

La densità della cornice può superare i 300 kg permetro cubo.È necessario prestare attenzione quando la scarsa incli-nazione dei due versanti non consente la formazionedi cornici: ciò non significa che non vi siano comun-que accumuli di neve trasportata dal vento.

C7-41 Valanga e pioggia

C7-42 Distacco valanga a debole coesione

C7-43 Distacco valanga a lastroni

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Sci alpinismo Le valanghe Fattori che determinanoil distacco di valanghe

Capitolo 7

Aumento delle forze attive dovuto alpassaggio di sciatori o di alpinistiIl peso di sciatori o di alpinisti determina un sovrac-carico del pendio la cui entità dipende sia dal nume-ro dei presenti sia dal tipo di azione che si esegue.Infatti i movimenti che fanno parte della progressio-ne con e senza sci, sia in fase di salita che in fase didiscesa, trasferiscono sollecitazioni molto diverse fraloro a parità di condizioni.Sebbene questo aspetto venga sviluppato nei capito-li dedicati alla preparazione e alla condotta di gita,riteniamo opportuno anticipare alcune valutazioni:• un alpinista senza sci esercita una sollecitazionepari a tre volte quella prodotta da uno sci alpinista infase di salita;• una discesa lenta e controllata esercita una solleci-tazione pari a quattro volte quella prodotta da unosci alpinista in fase di salita;• una caduta con gli sci in discesa oppure una disce-sa eseguita senza sci ai piedi in maniera energica,magari effettuando anche salti, esercitano una solle-citazione sul pendio che può arrivare fino a 8 voltequella prodotta da uno sci alpinista durante la gita.

C7-44 Passaggio di sciatori

C7-45 Passaggio di alpinisti

I movimenti che fannoparte della progressionecon e senza sci, sia in fasedi salita che in fase didiscesa, con medesimecondizioni della neve,imprimono sollecitazionimolto diverse fra loro.

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Temperatura e riduzione delle resistenzeL’aumento della temperatura porta ad una riduzionedelle resistenze. Il riscaldamento principalmente puòessere prodotto da:a) un generalizzato aumento della temperatura dovutoa innalzamento dell’isoterma 0°C (stagione primaveri-le, masse di aria calda, nuvolosità) - in questa situazio-ne tutti i pendii sono interessati e al crescere della quotal’intensità del riscaldamento diminuisce;b) radiazione solare - in questa situazione sono interes-sati solo i versanti soleggiati.Un riscaldamento brusco, dovuto ad esempio ad unaumento della temperatura oppure all’arrivo di ventosecco e caldo come il Föhn, accresce a breve termine ilpericolo.Viceversa un riscaldamento lento, ma non eccessivo,riduce le tensioni nel manto di neve asciutta e produceun buon assestamento.Poiché la neve non è un buon conduttore del calo-re, le variazioni giornaliere della temperaturainfluenzano solo gli strati superiori, penetrando,secondo il tipo di neve, da 10 a 30 cm. Pertanto, perinteressare gli strati profondi del manto nevoso equindi ridurre le resistenze, il riscaldamento devedurare più giorni.Il freddo conserva il pericolo esistente e le tensioniall’interno del manto nevoso permangono per unlungo tempo.Un raffreddamento consolida un manto nevosoumido o bagnato, soprattutto durante la notte e inpresenza di cielo sereno.

Approfondimento dei fenomeni legati allatemperaturaEffetto della lubrificazioneIl calore generato dalla temperatura dell’aria porta allafusione della neve e quindi alla produzione di acqua:finché la neve è umida (e l’acqua liquida non è visibile)si manifesta il fenomeno della capillarità che garantisceuna buona coesione. Tale situazione non determinauna significativa riduzione delle resistenze.Quando, con forte riscaldamento oppure in seguito a

Fattori che determinanoil distacco di valanghe

Le valanghe Sci alpinismo

204

Capitolo 7

Un riscaldamento bru-sco, dovuto ad unaumento della tempera-tura oppure all’arrivo divento secco e caldo comeil Föhn, accresce a brevetermine il pericolo divalanghe.

Il freddo conserva il peri-colo esistente e le tensio-ni, all’interno del mantonevoso, permangono perlungo tempo.

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Sci alpinismo Le valanghe Fattori che determinanoil distacco di valanghe

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Capitolo 7

precipitazioni piovose importanti, all’interno delmanto nevoso il contenuto in acqua liquida supera ilvalore critico dell’8%, la neve si dice bagnata e l’acquaè libera di scorrere. In questa situazione si determina unprocesso di percolazione dell’acqua all’interno della col-tre nevosa con creazione di canali verticali e di conse-guenza si riduce la coesione tra i grani e diminuisconole resistenze.

L’acqua può essere deviata e scorrere lungo strati piùimpermeabili (quali ad esempio croste da fusione erigelo) oppure direttamente sul terreno. In questo caso la pellicola d’acqua agisce anche dalubrificante e riduce l’attrito fra gli strati. La lubrifica-zione di una superficie dura eventualmente presen-te all’interno del manto nevoso è da considerare unaprima causa delle valanghe primaverili.

Brusco e forte aumento di temperaturaDurante la stagione primaverile e occasionalmented’inverno, un livello considerevole di temperaturache si mantiene per un certo periodo di tempo (adesempio una fase di alcuni giorni in cui spira il ventocaldo chiamato Föhn) determina una instabilitàgeneralizzata che può causare il distacco di valanghee le scariche di pietre. In situazione di rialzo termico importante, soprattuttoquando è appena caduta neve fresca, si manifesta untemporaneo aumento del pericolo per diminuzionedella resistenza interna. Con queste condizioni èopportuno scegliere con oculatezza la gita o addiritturarinunciare all’escursione.

C7-46 Lubrificazione

C7-47 Riscaldamento e valanghe

canali d’acqua

si lubrificala crosta

crosta di ghiaccio

neve vecchia

Il processo di percolazio-ne dell’acqua all’internodella coltre nevosa creacanali verticali che ridu-cono la coesione tra igrani e diminuiscono leresistenze.

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Presenza all’interno del manto nevoso distrati critici Nelle sezioni precedenti si è sviluppato il concetto percui la presenza di strati critici all’interno del mantonevoso (croste da fusione e rigelo, brina di fondo, granisfaccettati, brina di superficie, neve pallottolare) offreun piano di scorrimento preferenziale. Questa situazio-ne è una delle tre condizioni che portano il lastrone adun equilibrio limite cioè ad una situazione simile ad una“trappola innescata”. (Le altre due sono l’inclinazione dialmeno 30° e la coesione della neve che indica l’esisten-za potenziale del lastrone). In questo paragrafo si inten-de rimarcare, come a fronte di un aumento della tem-peratura, la presenza di strati critici favorisce e accentuala diminuzione delle resistenze. Spesso alla fine dell’in-verno, quando i versanti esposti a sud hanno già scari-cato, il forte riscaldamento può determinare anchesui versanti settentrionali il distacco di grosse valan-ghe di fondo, specie se all’inizio dell’inverno, sierano formati strati interni di brina di fondo.

Temperatura, orientamento dei versanti,quotaLe variazioni della temperatura influenzano in modoconsiderevole lo stato del manto nevoso; inoltre l’entitàdel riscaldamento risente molto dell’orientamento deiversanti e dell’altitudine. Nel corso del periodo inver-nale (mesi di novembre, dicembre, gennaio) un aumen-to della temperatura della durata di alcuni giorni, dimi-nuisce le tensioni del manto nevoso e facilita l’assesta-mento. Soprattutto quando tale riscaldamento è segui-to da un raffreddamento. Ciò si verifica maggiormentesui versanti esposti ai quadranti meridionali, i quali,ricevendo una maggiore radiazione solare, si stabilizza-no più in fretta rispetto ai versanti settentrionali doveinvece è più probabile la formazione di brina di fondo.Invece con il perdurare di basse temperature il pro-cesso di assestamento viene rallentato e un eventua-le pericolo latente si conserva per un periodo ditempo più lungo in quanto: a) i lastroni di neve depositata dal vento richiedono piùtempo per legarsi alla neve circostante;

Fattori che determinanoil distacco di valanghe

Le valanghe Sci alpinismo

206

Capitolo 7

A fronte di un aumentodella temperatura, la pre-senza di strati criticifavorisce e accentua ladiminuzione delle resi-stenze.

Nel corso del periodoinvernale, un aumentodella temperatura delladurata di alcuni giorni,diminuisce le tensionidel manto nevoso e faci-lita l’assestamento.

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Sci alpinismo Le valanghe Fattori che determinanoil distacco di valanghe

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Capitolo 7

b) sui pendii a nord e nord-ovest continua la formazio-ne di strati deboli (brina di superficie, grani sfaccettati,brina di fondo): permane quindi più a lungo una insta-bilità dovuta al fatto che le successive nevicate pogge-ranno su strati di scorrimento.Nella parte iniziale e centrale dell’inverno, per motivi disicurezza è consigliato, soprattutto alle persone che nonsono in grado di valutare correttamente la stabilità delmanto nevoso, di evitare i pendii esposti a nord e nord-ovest. Durante il periodo primaverile (mesi di marzo,aprile, maggio) il manto nevoso è generalmente più asse-stato rispetto al periodo invernale. Esso si presenta conneve trasformata da numerosi cicli di fusione e rigelo edanche i pericolosi strati intermedi deboli sono menonumerosi. Le condizioni di instabilità del manto nevososono dovute in prevalenza alla fusione della neve cheriguarda dapprima i versanti esposti a est e progressiva-mente a sud e a ovest, mentre in seguito il riscaldamen-to interesserà anche i versanti settentrionali. Il pericolodi valanghe sarà quindi in aumento nel corso dellagiornata e fino alle ore serali. Lungo i pendii ripidisoleggiati alla base delle rocce, in presenza di nevefresca, si potranno verificare distacchi spontanei divalanghe di neve umida. Il forte calore inoltre provo-ca la caduta di pietre imprigionate dal ghiaccio neicanaloni racchiusi da rocce e la caduta di cornici sullato sottovento delle creste.Anche la quota riveste un ruolo importante in quan-to la trasformazione è più lenta negli strati di neve cadu-ta ad altitudini elevate all’inizio dell’inverno. Alle quotebasse, invece, l’assestamento è più rapido perché le tem-perature sono più alte. È opportuno ricordare che latemperatura generalmente diminuisce con l’aumentodella quota: in media di 0,6°C ogni 100 m di dislivello.Quindi, non considerando il fenomeno dell’inversionetermica (frequente in inverno), se a 1000 metri di altitu-dine si misurano 10°C, a 2000 metri la temperatura saràdi 4°C e a 3000 metri il termometro misurerà -2°C. Inparticolare nel periodo primaverile è consigliabile evita-re, nelle ore calde della giornata, i canaloni e i pendiiesposti da tempo al sole specie se carichi di neve recente. Le gite dovranno quindi essere portate a termineprima di mezzogiorno, al fine di evitare gli effetti delforte riscaldamento.

Nella parte iniziale e cen-trale dell’inverno, permotivi di sicurezza, èconsigliato evitare i pen-dii esposti a nord e nord-ovest.

Negli strati di neve cadu-ta alle quote elevate latrasformazione è piùlenta. Alle quote basse,invece, l’assestamento èpiù rapido perché le tem-perature sono più alte.

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MORFOLOGIA DEL TERRENO EVEGETAZIONE

La forma del terrenoIl terreno in montagna presenta una grande varietàdi forme che influenzano la distribuzione della nevee delle tensioni che si manifestano all’interno delmanto nevoso. Da un punto di vista generale si puòdire che i cambiamenti di pendenza (in cima o allabase dei versanti) sono i luoghi più a rischio.La presenza sui pendii di marcate discontinuitàcome ripiani e terrazze contribuiscono alla stabiliz-zazione del manto nevoso. I luoghi più sicuri pereffettuare una traccia sono le creste e i dossi.Al contrario i terreni più esposti alle valanghe sono icanaloni, le gole incassate e i pendii aperti posti inprossimità di creste specialmente se soggetti all’azio-ne di deposito da vento.

La rugosità della superficiePer rugosità della superficie si intendono le asperità,più o meno grandi che sporgono dalla superficie delterreno e che con la loro presenza producono degliancoraggi che tendono a contrastare il movimentodella neve. In generale si può dire che le valanghesono tanto più favorite quanto più la superficie delterreno è liscia.La maggior stabilizzazione del manto nevoso è assi-curata da grossi massi rocciosi e dal bosco fitto disempreverdi. Tuttavia può anche accadere che singo-li ostacoli come blocchi rocciosi isolati, o gruppi iso-lati di alberi posano aggravare localmente le condi-zioni di stabilità.In generale versanti non articolati, specialmente secoperti da erba lunga non falciata, oppure roccelisce, facilitano il distacco naturale delle valanghe difondo (B, E). Inoltre blocchi e altri ostacoli tratten-gono la neve solo finché affiorano dal manto nevo-so. Altrimenti ostacolano unicamente la formazionedi valanghe di fondo. Quando sono coperti da unostrato di neve, gli ostacoli non impediscono più il

Morfologia del terreno e vegetazione

Le valanghe Sci alpinismo

208

Capitolo 7

I terreni più esposti allevalanghe sono i canaloni,le gole incassate e i pen-dii aperti, posti in prossi-mità di creste dov’è pos-sibile il deposito davento.

Versanti non articolati,specialmente se copertida erba lunga non falcia-ta, oppure rocce lisce,facilitano il distacconaturale delle valanghedi fondo.

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Sci alpinismo Le valanghe Morfologia del terreno e vegetazione

distacco delle valanghe di superficie che costituisco-no la grande maggioranza delle micidiali valanghe dineve a lastroni (C, D).

La vegetazioneUn bosco fitto di abeti svolge un’azione beneficarispetto al distacco delle valanghe:• con i fusti costituisce dei veri e propri ancoraggi;• rende meno probabile la formazione di lastroni da

vento e di strati di brina di fondo e rallenta nel tempo la fusione del manto nevoso;

• favorisce l’azione di assestamento grazie alla neveche cade dai rami.

È bene tuttavia ricordare che l’azione benefica delbosco dipende soprattutto dalla densità dei fusti edalla statura delle piante.Piccoli arbusti come rododendri, mughi, ontani,non ostacolano il distacco di valanghe a lastroni,anzi lo favoriscono perché facilitano la formazionedella brina di profondità e provocano un assesta-mento irregolare del manto nevoso. l boschi radi,soprattutto se di larici, non ostacolano il distacco divalanghe a lastroni soffici e non impediscono la for-mazione di lastroni di neve ventata. Il larice, cometutte le piante che d’inverno sono sprovviste di chio-ma, non trattiene la neve durante le precipitazioni,quindi non ostacola la formazione di accumuli nèall’interno nè fuori del bosco. Quando, in un boscorado di abeti e larici, si incontra una zona di soli lari-ci, è probabile che vi sia pericolo di valanghe.

C7-48 Terreno e valanghe

A B C D E

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Capitolo 7

Piccoli arbusti comerododendri, mughi eontani, non ostacolano ildistacco di valanghe alastroni. Anzi, lo favori-scono, perché facilitanola formazione della brinadi profondità e provoca-no un assestamento irre-golare del manto nevoso.

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capitolo 8

La valutazione della stabilità del manto nevoso

INDICE

Premessa

Metodi di esame del manto nevoso e rappresentatività dei test

Misura dell’inclinazione di un pendioValutazione dell’inclinazione sulla cartina topograficaValutazione dell’inclinazione sul terreno

Test della pala

Test del bastoncino

Test della sonda

Profilo stratigraficoEsecuzione di un profilo stratigraficoClassificazione dei grani di neve in base alla formaTest della manoAltre caratteristiche misurabili del manto nevoso Modulo "profilo della neve/test della mano"Interpretazione di un profilo stratigrafico e valutazioni sulla stabilitàProfili significativi

Test del blocco di slittamentoGeneralità ed evoluzione storica dei blocchi di slittamentoEsecuzione del blocco di slittamentoGradi di carico del blocco di slittamentoRappresentatività e limiti del test

Massimo
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GeneralitàMetodi di esame del manto nevoso

La valutazione della stabilità del manto nevoso

sci alpinismo

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PREMESSA

In questo capitolo di approfondimento si tratta di come valutare la stabilità di unmanto nevoso. Da principio ci si sofferma su importanza e rappresentatività dei testsin riferimento alla pratica sci alpinistica. Quindi si presentano i sistemi di misuradella inclinazione di un pendio, in quanto i lastroni di neve asciutta staccati da unosciatore necessitano di una inclinazione minima di almeno 30°. Infine si illustranovari metodi di esame del manto nevoso, e vengono trattati in modo particolare il pro-filo stratigrafico e il blocco di slittamento.

Capitolo 8

METODI DI ESAME DEL MANTONEVOSO E RAPPRESENTATIVITÀDEI TEST

Secondo studi recenti, il distacco spontaneo di unlastrone ha origine dalla presenza nel manto nevosodi zone di debolezza (o super-fragili). In queste areela resistenza basale (taglio di base) non è sufficienteper sostenere il peso del manto nevoso ed esso diconseguenza rimane sospeso solo grazie alle resisten-ze laterali: sui margini di queste zone si creano per-ciò delle forti tensioni. A causa dell’estrema variabi-lità del terreno e dell’azione del vento che modificalo spessore della neve, anche su superfici limitate apochi metri quadrati, non è attualmente possibiledeterminare dove sono localizzate le zone super fra-gili, né quanto sono estese (variabilità spaziale dellastabilità). In particolare risulta assai difficile stabilirecon semplici test analitici (profilo del manto nevoso,cuneo di slittamento, ecc.) il livello di stabilità delmanto nevoso di un preciso pendio.Il pericolo di valanghe sul terreno pertanto non puòessere né misurato né calcolato. È tuttavia possibileeffettuare delle prove empiriche che si fondano sul-l’esperienza pratica e su esperimenti condotti sulpendio nevoso. L’attendibilità dei risultati è frutto diuna interpretazione soggettiva la cui validità dipen-

Il pericolo di valanghesul terreno non può esse-re né misurato né calco-lato, esso è normalmentestimato.

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Sci alpinismo La valutazione della stabilità

del manto nevoso

Metodi di esame del manto nevoso

213

de dalle conoscenze e dall’esperienza di chi esegue laprova.I metodi di esame che verranno presi in considerazio-ne sono i seguenti:• Test della pala (coesione della neve)• Test del bastoncino (prova penetrometrica veloce) • Test della sonda (prova penetrometrica veloce) • Profilo stratigrafico e test della mano • Test del blocco di slittamento

Per verificare la prima delle tre condizioni necessa-rie al distacco di valanga di lastroni, bisogna misura-re l’inclinazione del pendio.Per verificare l’esistenza della seconda condizionedel distacco di un lastrone, si può impiegare il testdella pala al fine di valutare la coesione della neve.Per verificare l’esistenza della terza condizione (pre-senza di piani di slittamento e scarso legame tra glistrati, cioè bassa resistenza al taglio) bisogna esegui-re un profilo stratigrafico e il test del blocco di slit-tamento. Le altre due prove (bastoncino e test della sonda)danno indicazioni orientative sulla durezza deglistrati superiori, esse possono fornire informazionisolo a chi dispone di una discreta conoscenza dellaneve e abbia già eseguito dei profili stratigrafici. Si sottolinea il fatto che queste prove servono avalutare il grado di pericolo, nel punto in cui sisvolgono i medesimi; le conclusioni tratte, acausa della irregolarità del terreno, sono difficil-mente estendibili a tutto il pendio.Questi metodi, in particolare il profilo stratigra-fico e il blocco di slittamento, sono un aiuto pervalutare la stabilità del manto nevoso e nondevono essere considerati una prova assoluta perdecidere se attraversare un pendio oppure faredietro-front. Nel contesto della azioni per la riduzione delrischio di valanghe, essi rivestono un ruolo per-centualmente modesto. Come infatti si approfondirà nel capitolo“Preparazione e condotta di gita”, buona parte delrischio si elimina a casa ascoltando i bollettini nivo-

Capitolo 8

Con l’inclinazione delpendio si verifica laprima delle tre condizio-ni necessarie che deter-minano il distacco divalanga di lastroni.

I metodi di verifica delmanto nevoso, nel conte-sto della riduzione delrischio di valanghe, per-centualmente rivestonoun ruolo modesto.

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Metodi di esame del manto nevoso

La valutazione della stabilità del manto nevoso

Sci alpinismo

214

meteo, studiando i possibili itinerari e scegliendo inmodo adeguato la gita; un’altra parte del rischio sipuò eliminare, una volta arrivati in zona, assumendoulteriori informazioni e soprattutto osservandoattentamente il terreno, le condizioni meteo e sce-gliendo con cura la traccia. Elementi molto più importanti ai fini di una corret-ta prevenzione e valutazione del pericolo sono illivello di conoscenza della nivologia e delle valanghe,la qualità e la quantità delle informazioni raccolte,l’attenta osservazione del terreno e una adeguataesperienza maturata in montagna.Nella pratica sci alpinistica, adottando un criterioprudente nella scelta della gita e un comportamentocorretto lungo il percorso, il profilo stratigrafico e ilblocco di slittamento, di norma non vengono effet-tuati durante l’escursione. Trovandosi in zona, può risultare utile realizzare que-sti test il giorno precedente la gita programmata, qua-lora si osservi una netta differenza tra le indicazionifornite dal bollettino valanghe e le osservazioni localidell’ambiente. Oppure quando si è sorpresi da preci-pitazioni e mancano ulteriori informazioni, ovvero seci sposta in una nuova zona non conosciuta.

In conclusione queste prove, ed in particolare il pro-filo stratigrafico e il blocco di slittamento svolgonole seguenti funzioni:• dal punto di vista didattico sono un’aiuto preziosoper far conoscere la struttura del manto nevoso e pervalutare la resistenza al taglio. Perciò è assai utiledurante i corsi dedicare tempo ad apprendere questimetodi di osservazione;• forniscono importanti indicazioni sulle condizionigenerali della neve in quella specifica zona;• sono un aiuto per valutare il grado di pericolositàdi un luogo circoscritto e confermano all’espertoquanto già era noto sulla stabilità del manto nevoso;• consentono di capire i criteri di rilevamento adot-tati dai Servizi Valanghe Regionali sulla base deiquali vengono redatti i bollettini valanghe.

Capitolo 8

C8-02 Prova del blocco

C8-01 Esame del manto nevoso

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Sci alpinismo La valutazione della stabilità

del manto nevoso

Misura dell’inclinazionedi un pendio

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MISURA DELL’INCLINAZIONE DIUN PENDIO

I lastroni di neve asciutta staccati da uno sciatorenecessitano di una inclinazione minima di circa 30gradi mentre sono sufficienti 25 gradi per valanghedi neve bagnata.È determinante l’inclinazione massima del pendio enon quella media.

Valutazione dell’inclinazione sulla carti-na topograficaL’inclinazione critica di 30° può essere determinatasulla carta, scala 1:25.000, misurando la distanzadi 7 mm tra due curve aventi un dislivello di 100m. La distanza dev’essere misurata perpendicolar-mente alle curve di livello (lungo la linea di massima

pendenza).È possibile utilizzare un regolo di plastica traspa-rente e per una misura precisa si raccomanda diusare la lente e una cartina con scala 1:25.000. Perricavare l’inclinazione scegliere il pettine corretto inrelazione alla scala della cartina e alla equidistanzadelle curve; quindi far coincidere due curve di livel-lo consecutive con due linee del regolo e leggerne il

Capitolo 8

Distanza curve

Inclinazione media in gradi

Pendenza mediapercentuale

8 mm 7 mm 6 mm 5 mm 4 mm

27° 30° 34° 39° 45°

50% 58% 68% 81% 100%

Per una inclinazione di 30° ladistanza tra le curve di livellovale 7 mm.Sulle cartine 7 mm corrispon-dono a:• 200 m di dislivello,

in quelle 1:50.000 • 100 m di dislivello,

in quelle 1:25.000

C8-03 Regolo e curve di livello

20° 30° 40°25° 35° 45°

2100

2125

Su di una cartina scala1:50.000, l’inclinazionecritica di 30° può esseredeterminata misurandola distanza di 7 mm tradue curve aventi un disli-vello di 200 m.

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Misura dell’inclinazionedi un pendio

La valutazione della stabilità del manto nevoso

Sci alpinismo

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dato.Valutazione dell’inclinazione sul terrenoSul terreno la misura della inclinazione può essereeseguita con i bastoncini da sci. Si utilizza una relazione trigonometrica per calcolarela distanza alla quale marcare con del nastro adesivoil bastoncino da sci. I bastoncini vengono utilizzati in pratica per simula-re un clinometro. Per aumentare la precisione dellamisura si può impiegare una piccola livella ad acqua(6-10 cm circa).

Sul terreno vale anche la seguente regola pratica: “chivuol salire in modo agevole, a 28-30 gradi cominciaad effettuare dietro-front”.

Capitolo 8

L/ 25°

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H (

cm)

110

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125

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30° 35° 40° 45°

C8-05 Clinometro per terreno

Sopra è riportato un artigiana-le clinometro di carta plastifica-ta, dotato di un ago di metallopassante per il vertice, che muo-vendosi per effetto della gravità,indica l’inclinazione del pen-dio.L’inclinazione di un pendio puòanche essere misurata con unabussola dotata di clinometro.

L

H

C8-04 Inclinazione e bastoncini

L= lunghezza del bastone(impugnatura - rondella)

= inclinazionetg= tangenteH= altezza sulla verticale(rotella - giro di nastro)H = L x tg (alfa)

tg 27°= 0,50tg 30°= 0,58tg 35°= 0,70tg 40°=0,84

Regola pratica: metà lunghezza del bastoncino= 27°

Si marcano i bastoncini con del nastro isolante (attenzione ai baston-cini regolabili) secondo i dati della tabella.

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del manto nevoso

Test della pala

Capitolo 8

TEST DELLA PALA

Si tratta di una prova semplice e veloce che serve adeterminare la coesione della neve nel mantonevoso: una neve “legata” e cioè che abbia “coesio-ne”, costituisce una delle tre condizioni necessarie esufficienti affinché si possa distaccare una valanga dilastroni. La differenza esistente tra neve con o senzacoesione è molto più importante che non quella traneve dura e neve soffice in quanto la mancanza dicoesione può essere riscontrata solo in nevi moltosoffici: esistono infatti nevi soffici che presentanocoesione. Saper distinguere tra questi due tipi di neve risulta per-tanto particolarmente importante: in ambedue i casi losciatore può affondare con gli sci fino alle ginocchia.Su una neve polverosa oppure costituita da particel-le frammentate senza coesione, però, lo sciatore puòscendere o salire senza pericolo pendii anche moltoripidi; viceversa in presenza di neve con coesionel’attraversamento potrebbe rivelarsi pericoloso.Il test della pala permette di accertare la presenza omeno di coesione tra i cristalli di uno strato pre-sente in superficie o all’interno del manto nevoso. Esso si esegue semplicemente ritagliando con la pala ocon le mani, nello strato del manto che interessa, uncubo con circa 30 centimetri di lato. Scuotendo deli-catamente la pala e osservando come la neve si disponesulla medesima: • se la neve scivolerà sui fianchi lasciando qualcosache assomiglia a un cono di sabbia o di zucchero, siconcluderà che la neve è “senza coesione”, per cuinon si dovrebbero temere valanghe di lastroni masoltanto colate di neve poco pericolose per chi lecausa; • se la neve invece si spezzerà in blocchi con spigo-li ben visibili, vorrà dire che la neve è “con coesio-ne” e quindi si possono temere valanghe da lastro-ni tipiche degli sciatori.Lo sci alpinista abbastanza esperto, anche senza ricor-rere al test della pala, è in grado di valutare la presenzadi coesione osservando la traccia prodotta dagli scioppure valutando l’erosione della superficie della neve.

C8-06 Non coesione con test pala

C8-07 Coesione con test pala

C8-08 Coesione con sci

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Test del bastoncino La valutazione della stabilità del manto nevoso

Sci alpinismo

TEST DEL BASTONCINO

Il metodo consiste nell’introdurre verticalmente ilbastoncino nella neve per poter apprezzare la mag-giore o minore facilità di penetrazione. Se la resi-stenza incontrata è grande, e soprattutto, va aumen-tando gradualmente, il pendio è tendenzialmentestabile. Se si incontra bassa resistenza, specie verso ilfondo del manto nevoso, significa che si è in presen-za di uno strato debole e quindi di un pendio poten-zialmente instabile. Il bastoncino può essere introdotto nella neve soffi-ce con moderata pressione dalla parte del puntaleoppure dalla parte dell’impugnatura se sono presen-ti strati resistenti.Si tratta di una prova empirica poco precisa che tut-tavia, grazie alla sua rapidità, può risultare un cam-panello d’allarme. È pertanto un’indagine che varipetuta spesso durante il percorso, ad ogni cambiodi esposizione o di pendenza, oppure prima diaffrontare pendii ripidi sia in fase di salita che in fasedi discesa.Durante una esercitazione finalizzata allo studio delmanto nevoso, il test del bastoncino, se eseguitodopo una prova stratigrafica, consente di correlare inmodo molto approssimativo, la concordanza odiscordanza dei risultati ottenuti osservando ilmanto nevoso.Nel corso di una gita il test del bastoncino ci diceprincipalmente quanta neve fresca è presente.

Altri elementi di interpretazioneSe la resistenza aumenta progressivamente e non siincontrano cedimenti si è in presenza di una situa-zione favorevole. L’esistenza all’interno di stratideboli può essere individuata solo se si riesce a tra-passare lo strato superficiale. Viceversa, se esso ècostituito da croste oppure da neve battuta dal ventola perforazione non risulta possibile. Una volta supe-rato lo strato superficiale, se si incontra scarsa resi-stenza, significa che è presente uno strato debole

Capitolo 8

C8-09 Test bastoncino rotella

C8-10 Test bastoncino impugnatura

Una volta superato lostrato superficiale, se siincontra scarsa resisten-za, significa che è presen-te uno strato debolecostituito ad esempio dabrina di fondo o granisfaccettati.

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Sci alpinismo La valutazione della stabilità

del manto nevoso

Test del bastoncino

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Capitolo 8

costituito ad esempio da brina di fondo o grani sfac-cettati. Con neve primaverile, oltrepassando la cro-sta superficiale con il bastoncino, si può valutarel’entità della neve marcia sottostante.

Limiti del testAi fini della valutazione della stabilità di un pendio,il test del bastoncino offre indicazioni molto som-marie:• superfici di media durezza impediscono al baston-cino di perforare la neve;• strati deboli di piccolo spessore non sono indivi-duabili;• la prova non è in grado di valutare la resistenza altaglio.

La lunghezza del bastoncino limita la profonditàdello spessore analizzato e soprattutto la presenzadella manopola (la rotella fornisce risultati ancorpeggiori) limita la sensibilità nel rilevare la durezzadegli strati e impedisce un graduale affondamentonella neve. In commercio esistono dei bastoncini-sonda, checonsentono di unire le due impugnature e di elimi-nare le rotelle: la profondità indagata può quindiessere spinta sino alla lunghezza di 2 bastoncini.Tuttavia pur raggiungendo maggiore profondità, acausa della conicità dell’asta e della presenza all’e-stremità dell’attacco della rotella, ne risulta comun-que una bassa sensibilità.

Il test può venire utilizzato per stimare lo spessore dineve fresca. Grazie soprattutto alla sua velocità diesecuzione, il sondaggio può essere ripetuto spessodurante l’escursione e pertanto il test diventa un sen-sore in grado di allarmare in caso quantitativi criticidi neve fresca.

La lunghezza del baston-cino limita la profonditàdello spessore analizzabi-le e la presenza dellamanopola o della rotellariducono la sensibilitànecessaria.

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TEST DELLA SONDA

È una prova empirica più perfezionata del test con ilbastoncino, non dà risultati quantitativi e deve esse-re affiancata all’insieme di conoscenze e informazio-ni già in possesso dell’utente. Il test, sviluppato daGiovanni Peretti. può essere utile a complemento dialtre prove empiriche.La prova ha come obiettivo l’individuazione dei varistrati che compongono il manto nevoso, la stima delloro spessore e il riconoscimento della resistenza allapenetrazione che oppongono.Rispetto al bastoncino la sonda deve presentareuniformità di sezione lungo tutto lo sviluppo dell’a-sta e non vi devono essere sporgenze nel punto digiunzione tra un elemento e l’altro. La normalesonda da autosoccorso può essere segnata ogni 10cm con un pennarello indelebile. Inoltre è possibilemigliorare la sensibilità avvitando ad una estremitàun puntale sempre di forma conica ma più largo dialcuni millimetri rispetto al diametro dell’asta.Grazie a queste caratteristiche, anche se vengonoattraversati strati duri, l’attrito sull’asta è minimizza-to e si ottiene maggiore precisione nell’individuazio-ne di strati differenti.

Modalità di esecuzioneLa sonda può essere montata al completo oppure,per effettuare una valutazione più veloce ma menoprecisa, può essere limitata a qualche elemento. Èconsigliato l’uso dei guanti per evitare che il caloredelle mani crei incrostazioni di ghiaccio sull’asta.Con nevi abbastanza soffici e porose si ottengonobuoni risultati affondando la sonda in modo unifor-me, con forza costante, ma con delicatezza, per con-servare la massima sensibilità sulle dita al fine di rile-vare i diversi strati. Con nevi più dure e consistentiè meglio affondare la sonda a piccoli colpetti, proce-dendo con intensità costante anche quando le velo-cità di affondamento sono diverse. Si potrà creare una scala personale di valutazione

Test della sonda La valutazione della stabilità del manto nevoso

Sci alpinismo

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Capitolo 8

La sonda deve presentareuniformità di sezionelungo tutto lo sviluppodell’asta, senza sporgen-ze nel punto di giunzio-ne tra un elemento e l’al-tro.

Nell’impiego della sondaè consigliato l’uso deiguanti, per evitare che ilcalore delle mani creiincrostazioni di ghiacciosull’asta.

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Sci alpinismo La valutazione della stabilità

del manto nevoso

Test della sonda

Capitolo 8

della resistenza (1=quasi nulla; 2=scarsa; 3=media;4=elevata; 5=molto elevata), visualizzabile con unprofilo su un grafico per poter confrontare le variecompattezze.

Impiego della sondaLa scelta di un determinato metodo e il luogo adat-to per la prova dipendono dalla capacità dell’utente.• Per persone sufficientemente esperte e che quindihanno già un’idea di come sia la situazione dellaneve, il sondaggio è utile per verificare sia l’attendi-bilità delle proprie valutazioni, sia per controllare sela situazione si mantiene invariata lungo il percorso. • Ai principianti e durante i corsi si consiglia di ese-guire dapprima la stratigrafia, e successivamente dipraticare il test della sonda, per imparare a correlarele caratteristiche del manto nevoso osservate nel pro-filo stratigrafico con la resistenza alla penetrazioneavvertita.

Limiti del testL’interpretazione dei risultati è legata alle capacità eall’esperienza dell’operatore: • la sonda non è in grado di rilevare gli strati debolie soffici con spessore inferiore a qualche centimetro(strati che possono risultare molto pericolosi);• la sonda non è in grado di misurare la resistenza altaglio;come per le altre prove anche il test della sonda offreun dato puntiforme e quindi dà indicazioni validesolo per una zona circoscritta al luogo in cui è statoeffettuato. Tuttavia dopo aver eseguito un profilostratigrafico e un blocco di slittamento, con il meto-do della sonda è possibile in tempi contenuti esegui-re vari test nel pendio in esame e confrontare di voltain volta i risultati con quelli forniti dal profilo.

C8-11 Test della sonda

Il test della sonda offreun dato puntiforme equindi dà indicazionivalide solo per una zonacircoscritta al luogo incui è stato effettuato.

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PROFILO STRATIGRAFICO

Il profilo stratigrafico permette, congiuntamente alblocco di slittamento, di effettuare un’indagine esau-stiva del manto nevoso. L’analisi è svolta con gli stru-menti in dotazione allo sci alpinista e quindi risultaessere semplificata rispetto a quella condotta dai rile-vatori dei Servizi Valanghe.Il profilo stratigrafico consente di:• evidenziare i singoli strati di neve e valutare i poten-ziali piani di slittamento;• determinare per ciascun strato l’indice di durezzamediante il test della mano;• individuare forma e dimensione dei grani tramite unalente di ingrandimento e la piastrina cristallografica;• misurare l’andamento della temperatura in funzionedello spessore (disponendo di un termometro);• valutare quantitativamente il contenuto in acqualibera (facoltativo).

La prova permette di individuare gli strati deboli,anche quelli sottili e fragili che non vengono eviden-ziati da una sonda penetrometrica e quindi consente discoprire più dettagliatamente i potenziali piani di slit-tamento. La prova non consente di valutare la resi-stenza di base al taglio, che come è noto rappresenta ilparametro più importante della stabilità del pendio.Con il test della mano si valutano le così dette resi-stenze secondarie del pendio (resistenza alla trazione,alla compressione e al taglio laterale). Il compito distimare la resistenza di base al taglio è affidato al testdel blocco di slittamento.

Esecuzione di un profilo stratigraficoPer eseguire un profilo stratigrafico è necessariodotarsi della seguente attrezzatura: pala, sonda,metro, lente di ingrandimento, piastrina cristallo-grafica, termometro. L’esecuzione del profilo stratigrafico prevede leseguenti operazioni: 1. Nel caso si effettui successivamente il test del bloc-co di slittamento scegliere un luogo rappresentativodel pendio avente preferibilmente un’inclinazione

Profilo stratigrafico La valutazione della stabilità del manto nevoso

Sci alpinismo

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Capitolo 8

Il profilo stratigrafico èsvolto con gli strumentiin dotazione allo sci alpi-nista e quindi risultaessere semplificato ri-spetto a quello condottodai rilevatori dei ServiziValanghe.

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Sci alpinismo La valutazione della stabilità

del manto nevoso

Profilo stratigrafico

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Capitolo 8

superiore a 30° (Jamieson 1995). Per motivi di sicu-rezza la prova non va compiuta su un pendio di gran-di dimensioni, bensì su una ridotta superficie possibil-mente avendo alla base un ripiano. Il test del blocco dislittamento può essere eseguito anche su pendii conpendenze di 25° di inclinazione ma si dovrà fare moltaattenzione a rilevare fratture, in quanto è probabile cheil blocco non si stacchi (Jamieson 1995 e J. Schweizer2002).

2. Scegliere un luogo non soggetto a disturbi: nondovrebbe comprendere piste da sci sepolte dalla neve,né depositi di valanghe, né trovarsi a meno di 5 metrida alberi; inoltre è preferibile evitare la sommità di unpendio, in quanto il vento può aver asportato strati dineve e quindi modificare l’attendibilità del test.

3. Scavare una buca considerandoche l’osservazione sarà effettuata sem-pre sul lato in ombra del profilo(larga almeno 3 m se poi si vuole rea-lizzare il blocco di slittamento). Dinorma la buca viene scavata fino alterreno ma se si vuol risparmiaretempo si limiterà la profondità delprofilo a 1,5 m (così facendo si com-prende il 98% delle valanghe provo-cate dagli sciatori).

4. Tagliare con cura la parete con unapala da neve.

5. Individuare i singoli strati di neveraschiando leggermente la parete conun guanto (oppure con la piastrinacristallografica): alla fine gli strati duririsulteranno sporgenti rispetto a quel-li molli che risulteranno rientranti.

6. Determinare, a partire dall’alto, i limiti tra gli stratitastando con un dito; una leggera pressione esercitatacontro la neve permette di evidenziare le diverse durez-ze. Misurare con un metro oppure con una sonda gra-duata lo spessore di ciascun strato.

7. Individuare la forma e le dimensioni dei cristalli pre-senti in ciascun strato utilizzando una piastrina cristal-

C8-12 Profilo stratigrafico

Risulta a volte difficilescegliere un'area che siarappresentativa del pen-dio da esaminare e chetuttavia sia posta in zonasicura.

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lografica, e una lente di ingrandimento (effettuare l’os-servazione del cristallo all’ombra entro 10 secondi). Seuno strato è composto da due tipi di grani, per primoverrà trascritto quello presente in quantità maggiore eper secondo quello presente in quantità minore. Ladimensione è data dalla dimensione media dei suoigrani caratteristici misurata in millimetri.

8. Valutare la durezza di ciascuno strato applicando iltest della mano (in seguito descritto).

9. Misurare la temperatura della neve, infilando iltermometro orizzontalmente a 2-3 cm di profonditàdalla superficie e lungo il profilo verticale ogni 10 o20 cm fino nell’interfaccia neve/suolo.

10. Valutare il tenore di umidità di ogni strato(facoltativo).

Lo scopo dell’analisi è indagare la composizione delmanto nevoso.Si devono cercare di identificare soprattutto glistrati deboli e le superfici di slittamento quali:• Strati di cristalli sfaccettati prodotti dal metamorfi-smo da gradiente.• Strati di brina di profondità, conseguenti a un avan-zato stadio di metamorfismo da gradiente. • Strati di brina di superficie inglobata da successivenevicate; di norma sono assai sottili ed occorre moltaattenzione per riconoscerli.• Strati di neve vecchia e compatta ad elevata durezza.• Strati di ghiaccio e croste da fusione e rigelo.• Strati di neve pallottolare (particelle molto brinate) egalaverna (goccioline d’acqua sopraffusa ghiacciate sulposto).

Redazione di un profilo stratigraficoAllo scopo di facilitare l’interpretazione dei dati conte-nuti nel modulo “profilo stratigrafico” impiegato daiServizi Valanghe dell’A.I.NE.VA. e dal S.V.I.-C.A.I.,vengono riportate alcune tabelle semplificate ricavatedal prontuario sulla classificazione internazionale dellaneve (1990).

Profilo stratigrafico La valutazione della stabilità del manto nevoso

Sci alpinismo

224

Capitolo 8

Per eseguire un profilostratigrafico è necessariodotarsi della seguenteattrezzatura: pala, sonda,metro, lente di ingrandi-mento, piastrina cristal-lografica, termometro.

Con il profilo stratigrafi-co si deve cercare di iden-tificare sopratutto glistrati deboli e le superfi-ci di slittamento.

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Sci alpinismo La valutazione della stabilità

del manto nevoso

Profilo stratigrafico

225

Capitolo 8

Classificazione dei grani di neve in basealla forma. Simbolo generale: F

Particelle di precipitazione forma iniziale dei cristalli di neve fresca (colonne, aghi, piastre, dendriti stel-lari, cristalli irregolari, neve pallottolare, grandine, sferette di ghiaccio).

Particelle di precipitazione frammentate e decomposte arrotondamento e/o separazione delle particelle di precipitazione; la formainiziale del cristallo è parzialmente riconoscibile. Un tempo si usava il ter-mineeve feltrata.

Grani arrotondati (monocristalli)piccole particelle arrotondate (<0,5 mm) oppure grosse particelle arrotonda-te (>0,5 mm); si tratta di grani rotondi con poche sfaccettature e spesso benlegati tra loro. (Stadio finale del metamorfismo distruttivo - GT debole).

Cristalli sfaccettaticristalli pieni con superfici piane; di solito prismi esagonali; con il diminui-re del gradiente termico si arrotondano le facce. Forma di crescita cinetica.(Stadio iniziale del metamorfismo costruttivo - GT medio).

Brina di fondo - cristalli a forma di calicecristalli a forma di calice e striati, normalmente cavi o parzialmente pieni.Forma di crescita cinetica.(stadio finale del metamorfismo costruttivo - GT forte).

Grani da fusione e rigelopolicristalli arrotondati, sia bagnati che rigelati; grani arrotondati a grap-poli; neve fusa. I grani sono legati gli uni agli altri da processi di fusionee rigelo.

Cristalli a piumabrina di superficie e brina di cavità. Cristalli striati a piuma, allineati, di soli-to piani, a volte aghiformi.

Masse di ghiacciostrati di ghiaccio orizzontale, verticale o sul fondo.

Depositi in superficie e croste galaverna, crosta da pioggia, crosta da sole, crosta da vento, crosta da fusio-ne e rigelo.

1

2

3

4

5

6

7

8

9

Classificazione di base Simbolografico

Simbolonumerico

C8-13 Classificazione grani

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Sci alpinismo

Test della manoUn parametro che esprime con sufficiente approssi-mazione la resistenza a compressione della neve è ladurezza. Poiché lo sciatore alpinista non dispone di uno stru-mento specialistico come la sonda a percussionesvizzera, questo parametro viene ricavato con unmetodo speditivo detto test della mano. Con questa prova, oggetti di varie dimensioni ven-gono spinti delicatamente nelle neve applicando unaforza di penetrazione di circa 50 Newton, ovverocirca 5 Kg peso; azione che viene facilmente esegui-ta con una mano.

Durezza della neve. Simbolo generale: R

Capitolo 8

TEST DELLAMANO

Termine Sci alpinisticoTermine tecnico

Sonda a percussione (N)(10 N =1 kg)

0-20molto sofficemolto bassa

R10-103Pugno

Ordine di grandezza dellapressione (Pa)

Simbolo Simbolografico

20-150sofficebassa

R2103-1044 Dita

150-500semi duramedia

R3104-1051 Dito

500-1000duraalta

R4105-106Matita

>1000molto duramolto alta

R5>106Lama coltello

ghiaccio R6

C8-16 Durezza della neve

C8-14 Piastrina e lente

C8-15 Test della mano

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Altre caratteristiche misurabili delmanto nevoso

Dimensione dei grani. Simbolo generale: ELa dimensione dei grani della neve al suolo vieneespressa in millimetri oppure per mezzo dei terminiriportati in tabella.

Sci alpinismo La valutazione della stabilità

del manto nevoso

Profilo stratigrafico

227

Capitolo 8

TERMINE Molto piccola

Piccola

0,2-0,5< 0,2 2-5 > 50,5-1 1-2Dimensione(mm)

Media Grande Moltogrande

Estrema

C8-17 Dimensione dei grani

Misurazione del manto nevoso.

Contenuto in acqua liquida (umidità). Simbolo generale: L’umidità viene espressa come una percentuale delvolume. Si manifesta acqua in forma liquida soloquando viene superato il contenuto d’acqua capilla-re che corrisponde al 3% circa del volume. L’acquacapillare è l’acqua che può essere trattenuta dalleforze di superficie contro la gravità.

Altezza totale del manto nevoso

Altezza della neve fresca caduta in un giorno

Equivalente in acqua di uno strato di neve

Densità (peso per metro cubo)

cm

cm

mm

kg/mc

HS

HN

HW

_

TERMINE Dimensioni Simbolo

C8-18 Misurazione mantonevoso

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Sci alpinismo

228

Capitolo 8

La rugosità superficialeSimbolo: S Causata da vento, pioggia, evaporazione o fusioniirregolari viene misurata in millimetri.

Liscia

Ondulata

Solchi concavi

Solchi convessi

Solchi irregolari

Sa

Sb

Sc

Sd

Se

TERMINE Simbolo Simbolo grafico

Viene riprodotto un modulo per la stesura di un“profilo stratigrafico” non compilato.

C8-20 Rugosità superficiale

Asciutta

Umida

Bagnata

Molto bagnata

Fradicia

0%

< 3%

3-8%

8-15%

> 15%

TERMINE Simbolo % di

I grani di neve hanno scarsa tendenza ad unirsiquando vengono pressati

Quando viene leggermente schiacciata la nevetende a restare unita.

Non è possibile estrarre l’acqua se non schiacciando moderatamente la neve tra le mani.

L’acqua si può estrarre premendo moderatamentela neve.

La neve è impregnata d’acqua.

Note

C8-19 Presenza di acqua

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del manto nevoso

Profilo stratigrafico

229

Capitolo 8

C8-21 Profilo neve vuoto

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Sci alpinismo

230

Interpretazione di un profilo stratigrafi-co e valutazioni sulla stabilitàI dati più importanti per valutare la stabilità del mantonevoso sono forniti dal profilo stratigrafico e dal bloc-co di slittamento.L’interpretazione dei dati forniti dalle due prove e laconseguente valutazione del grado di stabilità del pen-dio sono molto legati all’esperienza e alla soggettivitàdi giudizio del singolo operatore. Sono in corso dadiversi anni studi per individuare e descrivere i para-metri più importanti che determinano la stabilità delmanto nevoso con lo scopo di proporre un sistema dianalisi che, condiviso a livello internazionale, costitui-sca un valido aiuto nella previsione del pericolo. In questa sezione sintetizziamo alcuni aspetti ritenutiutili per una migliore interpretazione del profilo strati-grafico. Si fa riferimento a recenti ricerche effettuatedal Servizio Valanghe Svizzero, che analizza distacchidi lastroni provocati da sciatori, e a studi comparativisvolti dal Centro Valanghe di Arabba.- Le misure condotte su 200 valanghe a lastroni hannoevidenziato nel 75% dei casi che il lastrone presentava:• una inclinazione del pendio tra 30 e 45 gradi;• uno spessore tra 25 e 100 cm; • una densità compresa tra 100 e 250 Kg/m3 (durez-za pugno o 4 dita).- Come è già stato illustrato nel capitolo “Le valan-ghe”, le condizioni che determinano il distacco diuna valanga sono:• l’inclinazione del pendio; • l’esistenza di uno strato superficiale (o ricoperto) dineve con coesione; • la presenza di un piano di slittamento e uno scarsolegame tra questa superficie e gli strati soprastanti. Con riferimento alla terza condizione, il piano di slit-tamento corrisponde in genere con una discontinuitànel profilo delle durezze che può essere riscontrata dauna prova penetrometrica oppure con il test dellamano. Altri elementi di valutazione:• Gli strati deboli di valanghe innescate da sciatorisono solitamente composti da brina di superficie,grani sfaccettati o brina di fondo. Minore è la stabilità,più vi sono importanti strati deboli.

Capitolo 8

Con i dati ottenuti dalprofilo stratigrafico e dalblocco di slittamento, lavalutazione del grado distabilità del pendiodipende dall’esperienza edalla soggettività di giu-dizio del singolo opera-tore.

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Sci alpinismo La valutazione della stabilità

del manto nevoso

Profilo stratigrafico

231

• Gli strati deboli sono solitamente morbidi, perlopiùcon indice di durezza “pugno”, a volte “da pugno aquattro dita”. Gli strati deboli critici si trovano spessoschiacciati tra strati più duri: uno strato superiore chepresenta due gradi in più rispetto allo strato sofficeinferiore, va interpretato come segno d’instabilità. • In generale gli strati deboli possono essere presenticon uno strato avente spessore di pochi centimetri(circa < -3-5 cm). Più vicino alla superficie si trovalo strato debole, più critico esso si rivela per l’inne-sco di distacchi da parte dello sciatore. La gammapiù favorevole ai fini dell’instabilità è compresaentro i 75 cm circa. • Le croste da fusione-rigelo e le lenti di ghiaccio ten-dono a stabilizzare il manto, a condizione di essereabbastanza spesse. Tuttavia esse possono anche diven-tare superfici di slittamento fino a quando il legamedella neve fresca con la crosta è insufficiente. In pri-mavera l’umidificazione di questi strati impermeabi-li causa una riduzione dell’attrito.• Più spesso e più duro è il lastrone sovrapposto allostrato debole (vedi profilo d), meno probabile è undistacco da parte dello sciatore. - Con riferimento alla terza condizione e nel conte-sto di una prova stratigrafica, valutare il legame trauna superficie di slittamento e uno strato di nevesovrastante (misurabile con il test del blocco di slitta-mento), significa studiare la natura della superficie

Capitolo 8

Tipo a) Tipo b) Tipo c)

C8-22 Profili tipici -a

C8-23 Profili tipici -b

Tipo d) Tipo e) Tipo f )

Gli strati deboli critici sitrovano spesso schiacciatitra strati più duri: unostrato superiore che pre-senta due gradi in piùrispetto allo strato sofficeinferiore, va interpretatocome segno d’instabilità.

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Sci alpinismo

232

nella quale avviene la rottura. In base alle ricercheeffettuate si può ritenere che le strutture del mantonevoso, che abitualmente si presentano in situazionidi distacchi provocati, possano essere raggruppate inquattro categorie.

Capitolo 8

Il manto nevoso presenta uno strato debole costituito da cristal-li sfaccettati o brina di fondo, compreso tra uno strato duro(lastrone) e della neve vecchia consolidata. Questa situazionesembra che si riscontri, con le diverse combinazioni, nella mag-gior parte dei distacchi provocati.

Il caso 1b è molto simile al caso 1a: è assente lo strato di nevevecchia a contatto con il suolo. Questa situazione è tipica degliinverni caratterizzati da scarse precipitazioni, temperature enevicate autunnali che giungono tardi; frequentemente viene amancare una base solida e lo strato debole è a contatto del terre-no.

Nel manto nevoso è presente un piano di slittamento costituitoda un sottile strato di brina di superficie, successivamente rico-perta da neve con coesione (lastrone). Questo strato deboleessendo di piccolo spessore è difficilmente individuabile con unaprova penetrometrica.

Categoria 2

Tra quelli elencati si tratta del caso meno evidente: neve recentetrasportata da vento che presenta una discreta densità è sovrap-posta ad uno strato di neve recente che offre una densità piùbassa.

Categoria 3

Il manto nevoso presenta un piano di slittamento costituito dacroste di fusione e rigelo, sopra il quale si deposita uno strato dineve recente trasportato dal vento. Si tratta di una tipica situa-zione primaverile.

Categoria 4

neve vecchia

lastrone

lastrone di neve recente

lastrone

neve vecchiasottile strato brina

superficiale

lastrone di neve recente

ad alta densità

neve vecchiastrato debole di neve

recente a bassa densità

crosta da fusione e rigelo

neve vecchia

strato debole brina fondo

o cristalli sfaccettati

Categoria 1a

C8-24 Strutture tipiche deldistacco

Categoria 1b

lastrone

strato debole brina fondo

o cristalli s

faccettati

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del manto nevoso

Profilo stratigrafico

233

Esempi di profili significativi.

Esempio Profilo 1Pericolo di valanghe - categoria 1a

All’interno del manto nevoso è presente uno stra-to di 20 cm di neve a debole coesione (cristallisfaccettati); sopra di esso si è depositato uno stra-to di neve fresca trasportata dal vento. L’esistenzadel lastrone soffice in superficie è evidenziatodalla presenza nello strato da grani arrotondati,prodotti dall’azione del vento, e dal fatto che pre-sentano una certa durezza. Lo strato debole impe-disce un legame forte con la neve fresca.

Esempio Profilo 2Pericolo di valanghe a lastroni - categoria 1b

A contatto con il suolo è presente uno stratodebole costituito da cristalli sfaccettati e brina difondo. Tale situazione si produce in inverni conscarse nevicate seguite da lunghi periodi di freddointenso (metaformismo da forte gradiente). Unlastrone abbastanza compatto appoggia su questostrato debole: può essere sufficiente un leggerosovraccarico per determinare il distacco.

Esempio Profilo 3Pericolo di valanghe a lastroni - categoria 2

All’interno del manto è presente uno strato debo-le costituito da brina di superficie, successivamen-te ricoperta da neve recente che è stata trasporta-ta dal vento. Questa situazione si manifesta spes-so sui versanti in ombra, nei canaloni, ai marginidi torrenti. La brina di superficie non consente unbuon legame e il pericolo di valanghe cresce conlo spessore della neve fresca sovrastante.

Capitolo 8

C8-25 Profilo 1

C8-26 Profilo 2

C8-27 Profilo 3

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Profilo stratigrafico La valutazione della stabilità del manto nevoso

Sci alpinismo

234

Esempio Profilo 4Pericolo di valanghe a lastroni - categoria 4Il manto nevoso vecchio ha subito frequenti ciclidi fusione e rigelo ed è ben consolidato (si posso-no osservare grani bagnati prodotti da processi difusione e rigelo, nonché una durezza consistentedello strato). In seguito si è depositato un lastro-ne di neve lavorata dal vento, che pur essendo inprimavera, ha bisogno per legarsi allo strato dineve vecchia.

Esempio Profilo 5In generale il pendio si considera relativamentesicuro.Osservando l’aumento graduale della resistenza ilmanto nevoso vecchio si considera ben stabilizza-to. I 20 cm di neve fresca, depositati sopra quellavecchia, possono dare luogo su pendii ripidi esoleggiati a scaricamenti di neve a debole coesio-ne.

Esempio Profilo 6Condizioni di discreta stabilità con basse tem-perature. Pericolo di valanghe a debole coesio-ne con alte temperature.Si tratta di una situazione di pericolo tipicamen-te primaverile. Durante la notte, con cielo sereno,lo strato superficiale, si rigela e acquista una ele-vata durezza (linea tratteggiata). Durante il gior-no le temperature elevate possono portare allafusione tutto il manto e la presenza di acqua ridu-ce la coesione tra i grani. Se per qualche giornoperdurano alte temperature anche di notte, ilmanto nevoso non si consolida, e il pendio,sopratutto se non ha ancora scaricato, può essereinteressato da grosse valanghe di fondo. Il distac-co è favorito dalla presenza vicino al suolo di cri-stalli sfaccettati che aiutano lo scorrimento.

Capitolo 8

C8-28 Profilo 4

C8-29 Profilo 5

C8-30 Profilo 6

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Sci alpinismo La valutazione della stabilità

del manto nevoso

Test del blocco di slittamento

235

TEST DEL BLOCCO DI SLITTAMENTO

Generalità ed evoluzione storica dei bloc-chi di slittamentoLa prova, denominata “rutschblock”, consiste nel sol-lecitare, su un pendio di almeno 30°, una porzione dimanto nevoso di 3 mq, opportunamente isolata, concarichi crescenti fino ad ottenere l’eventuale rotturadello strato debole. L’aumento progressivo delle solle-citazioni, prodotte con e senza sci, consente una classi-ficazione approssimativa della stabilità. Si tratta del miglior sistema per valutare sul luogo laresistenza al taglio e quindi rappresenta la prova piùsignificativa della reazione del manto nevoso alle solle-citazioni esterne. Tuttavia la difficoltà di trovare un sitorappresentativo, i tempi di esecuzione richiesti e lapreparazione necessaria per l’interpretazione dei risul-tati, fanno si che il test sia utilizzato soprattutto dagli“addetti ai lavori”. La prova fu impiegata per la primavolta dall’esercito svizzero negli anni ’60 ad opera diFöhn e venne utilizzata solo per mostrare la rottura altaglio. Grazie anche a numerosi test pratici, nel 1973W. Munter introdusse una scala che prevedeva aumen-ti progressivi di carico. In relazione al livello di caricoa cui corrispondeva lo slittamento del blocco, il pendioera considerato: pericoloso, sospetto oppure sicuro.Nel 1987, in seguito ad altre campagne di prove sui“rutschblock” Fohn pubblicava una nuova scala dicaricamento. Nel 1992, W. Munter con la sua nuovaguida pratica “Il rischio di valanghe”, privilegiava laprova del cuneo rispetto a quella del blocco. Nelle stagioni invernali ‘90-’91 e ’92 B. Jamieson e C.Johnston, ricercatori della Facoltà di Ingegneria Civiledell’Università di Calgary, sulla base degli esperimenticondotti da Föhn, hanno effettuato oltre 1000 tests suiblocchi di slittamento, nei monti Cariboo e Monasheedel Canada occidentale. Gli studi sul campo hannoconsiderato la scelta del luogo, la tecnica di realizza-zione, la variabilità del grado di stabilità su un pendiouniforme, la relazione tra pendenza e grado di stabilitàdedotto dal test del blocco.

Capitolo 8

C8-31 Test blocco -a

La prova, denominata“rutschblock” è il migliorsistema per valutare “insito” la resistenza al taglioe rappresenta il test piùsignificativo sulla reazio-ne del manto nevoso allesollecitazioni esterne.

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Test del blocco di slittamento

La valutazione della stabilità del manto nevoso

Sci alpinismo

236

Nuovo sistema di raccolta dati recentemente adot-tato da alcuni Servizi Valanghe Regionali per la ste-sura del bollettino valanghe.Da qualche anno alcuni Uffici di PrevisioneValanghe aderenti all’A.I.NE.VA. stanno sperimen-tando un nuovo sistema di raccolta dati a supportodella previsione regionale. Esso integra i sistemi tra-dizionali di raccolta dati, basati principalmente sudeduzioni indirette (analisi stratigrafica, prova pene-trometrica, analisi dei parametri meteorologici, ecc.)che utilizzano reti automatiche e rilevazioni manuali,con un nuovo metodo basato sull’esecuzionediretta di test e osservazioni supplementari effet-tuati lungo itinerari sci alpinistici e percorsi fuoripista. Questo metodo complementare di raccolta dati si èrivelato di grande utilità per il miglioramento dellaprevisione valanghe regionale specie in situazioni congradi di pericolo da l a 3 caratterizzati da scarsa atti-vità valanghiva spontanea. Il sistema si basa sull’effettuazione da parte di GuideAlpine professioniste opportunamente addestrate,oppure di personale operante presso gli uffici di pre-visione, di test di stabilità (blocchi di slittamento eprofili stratigrafici) su pendii rappresentativi lungopercorsi sci alpinistici classici o discese fuori pistaparticolarmente frequentate. I test vengono ripetuti,con cadenza variabile, a seconda del servizio regiona-le, da 2 volte a settimana a una volta ogni 15 giorni,sugli stessi itinerari. Su ogni blocco di slittamento che ha dato esito posi-tivo, viene inoltre eseguita una analisi stratigraficaspeditiva limitatamente allo strato debole e agli stratiadiacenti (lastrone e base del manto nevoso). Su cia-scun itinerario vengono normalmente eseguiti da 1 a3 blocchi di slittamento (con relativa analisi strati-grafica) a quote ed esposizioni diverse.I blocchi sono eseguiti secondo le dimensioni e leprocedure proposte da Jamieson e Johnston(1993) e sottoposti a livelli progressivi di caricosecondo la sequenza proposta da Föhn (1987) eintegrata da Jamieson e Johnston (1993).

Capitolo 8

C8-32 Test blocco -b

Il sistema si basa su testdi stabilità, effettuati supercorsi sci alpinisticiclassici o discese fuoripista, da parte di GuideAlpine opportunamenteaddestrate, o di personaleoperante presso gli ufficidi previsione.

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Sci alpinismo La valutazione della stabilità

del manto nevoso

Esecuzione del bloccodi slittamento

237

Esecuzione del blocco di slittamentoIn considerazione della ampia gamma di sperimen-tazioni scientifiche effettuate in Svizzera e in Canadae in analogia a quanto adottato dai Servizi ValangheRegionali dell’A.I.NE.VA., il blocco viene eseguitosecondo le dimensioni e le procedure proposte daFöhn (1987) e integrate da Jamieson e Johnston(1993).

Il test del blocco di slittamento consente di valutarela resistenza di base al taglio in scala 1:1, cioè con ilpeso reale dello sciatore. È necessario quindi isolarela superficie della prova in modo che essa non risen-ta delle resistenze secondarie (resistenze alla trazione,compressione e taglio laterale).

Dati tecnici per la realizzazione del bloc-co di slittamento1. Scegliere un luogo rappresentativo del pendio aven-te un’inclinazione di almeno 30 gradi. Per motivi disicurezza la prova non va compiuta su un pendio digrandi dimensioni, bensì su una ridotta superficie pos-sibilmente avendo alla base un ripiano.

Capitolo 8

C8-33 Esecuzione del blocco

profilo

0,5 m

3 m0,5 m

1,5 m

Caricamento degli sci

Posizione di caricamento normale:35 cm dal bordo superiore.

Posizione di caricamento con ilgrado 6 (caso di lastroni soffici): 70cm dal bordo superiore.

Inclinazione pendio: almeno 30°30°

2 m

Il test del blocco di slitta-mento consente di valu-tare la resistenza di baseal taglio in scala 1:1, cioècon il peso reale dellosciatore.

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Esecuzione del bloccodi slittamento

La valutazione della stabilità del manto nevoso

Sci alpinismo

238

2. Scegliere un luogo non soggetto a disturbi: nondovrebbe comprendere piste da sci sepolte dalla neve,né depositi di valanghe, né trovarsi a meno di 5 metrida alberi; inoltre è preferibile evitare la sommità di unpendio, in quanto il vento potrebbe aver asportatostrati di neve e quindi modificare l’attendibilità deltest.

3. Scavare una buca per il profilo stratigrafico dialmeno 3 m di larghezza. Se si vuol risparmiaretempo si limiterà la profondità del profilo a 1,5 m(così si comprende il 98% delle valanghe provocatedagli sciatori).

4. Separare dal resto del manto nevoso un blocco dineve di forma rettangolare largo 2 m e lungo 1,5 m; lasuperficie di 3 m2 è determinante per il risultato e deveessere quindi rispettata rigorosamente. Si può utilizza-re una pala per liberare i due fianchi e il lato a valle.Invece il lato a monte può essere separato con un cor-dino che presenta dei nodi e che viene fatto scorrere sudue sonde da valanga infisse ai due vertici superiori delblocco. In caso di neve consistente si ricorre alla codedegli sci o ancora alla pala. Lo scavo richiede circa 20-30 minuti. Si entra nel blocco dal lato a monte.

5. La prova del blocco è valida solo in presenza di stra-ti deboli con spessore superiore alla penetrazione deglisci; in caso di lastroni soffici lo sciatore potrebbe perfo-rare lo strato superficiale e raggiungere o addiritturaoltrepassare lo strato debole falsando quindi l’attendi-bilità della prova. Per evitare questo inconveniente, incaso di lastroni soffici, il grado di carico 6 vieneapplicato eseguendo un terzo salto con gli sci acirca metà blocco.

6. Il grado di stabilità stimato con il blocco su undeterminato pendio, può essere estrapolato a pendiivicini aventi le medesime caratteristiche ma con diver-sa inclinazione. Su un pendio più ripido è previsto unvalore più basso, ma l’influenza del pendio è piuttostolimitata (Jamieson e Johnston, 1993). Dunque non viè necessità di correzione per i test del blocco eseguiti supendii con angolazione compresa tra circa 30 e 40°.Volendo estrapolare un dato valido per pendii più ripi-

Capitolo 8

Per il luogo della provadel blocco di slittamentoè preferibile evitare lasommità di un pendio,in quanto il ventopotrebbe aver asportatostrati di neve e quindimodificare l’attendibilitàdel test.

In caso di lastroni soffici,perforabili dallo sciatore,il grado di carico 6 vieneapplicato eseguendo unterzo salto con gli sci acirca metà blocco.

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Sci alpinismo La valutazione della stabilità

del manto nevoso

Esecuzione del bloccodi slittamento

239

Gradi di carico del blocco di slittamen-to secondo FÖHN (1987) modificato daJamieson e Johnston (1993)

Capitolo 8

di di 40°, l’indice deve essere diminuito di 1 grado.Viceversa volendo interpolare un dato valido per pen-dii meno ripidi di 30°, l’indice deve essere aumentatodi 1 grado. Ad esempio, qualora il test del blocco effet-tuato su un pendio di prova con 35° di inclinazione,fornisce indicazioni corrispondenti al grado di carica-mento 4, al pendio di pari caratteristiche ma con unainclinazione di 42 ° viene attribuito il grado di carica-mento 3.

Si verifica una rottura con conseguente slit-tamento del lastrone già durante l’operazio-ne di scavo del blocco.

1 Situazione pericolosa: sonopresenti numerose zone conmanto nevoso instabile.I pendii corrispondenti nonvanno attraversati.

Situazione sospetta: vi posso-no essere delle zone di instabi-lità e sono possibili valangheprovocate. I pendii corrispon-denti sono attraversabili solocon una scelta corretta dell’iti-nerario e rispettando le distanzedi sicurezza.

Situazione più o meno sicura:il manto nevoso si presenta perlo più stabile e vi è una bassaprobabilità di provocare valan-ghe. Vanno comunque rispetta-te le norme di sicurezza elemen-tari.

GRADO ROTTURA DEL BLOCCO VALUTAZIONI

Lo sciatore si avvicina al blocco con gli sciai piedi dalla parte superiore e vi sale concautela a circa 35 cm dal bordo superiore.

2

Senza sollevarsi sui talloni, lo sciatore ese-gue una flessione esercitando una forzaverso il basso.

3

Lo sciatore esegue un salto con gli sci aipiedi ricadendo nello stesso punto.

4

Lo sciatore ripete il salto nello stesso punto.5

Lo sciatore esegue un salto senza gli sci(aumentando così il sovraccarico).

6

In caso di lastroni soffici trapassabilicompletamente dagli sci. Lo sciatore esegue un terzo salto con glisci a 70 cm dal bordo superiore.

6a

Nessuna delle azioni ha determinato unarottura.

7

C8-34 Gradi caricamento blocco

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Rappresentatività e limiti del testPer valutare quanto un singolo o più test effettuatisu un pendio, siano rappresentativi dell’intero pen-dio, Jamieson e Johnston (1993) hanno effettuatonumerose prove, con gruppi da 36 a 73 blocchi suciascun pendio, avente un angolo medio di inclina-zione compreso tra i 28 e i 30 gradi. Gli esperimenti hanno fornito i seguenti risultati:a) si ha il 67% di probabilità che il grado del bloccofornito da un singolo test rappresenti il grado mediodel pendio; b) si ha il 97% di probabilità che il grado del bloccofornito da un singolo test non si discosti di un gradoin più o in meno dal grado medio del pendio.

Queste stime sono valide per pendii che fornisco-no un grado medio di 3-4-5.Per confermare la grande variabilità spaziale dellastabilità, cioè l’esistenza su un pendio uniforme dizone stabili e di zone instabili, vengono mostrati duecasi di pendii su cui i ricercatori Jamieson e Johnstonhanno svolto il test del blocco. Il caso 1 riporta un set di 44 prove effettuate in unpendio avente un’inclinazione variabile da 27° a 35°situato su versante nord a quota di 2100 m.

Esecuzione del bloccodi slittamento

La valutazione della stabilità del manto nevoso

Sci alpinismo

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28°-33°

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C8-35 Variabilità spaziale -a

distanza verticalesul pendio in metri

distanza orizzontalesul pendio in metri

cima del pendio

Si ha il 91% di probabi-lità che la media di duetest eseguiti a 10 metri didistanza non si discostidi mezzo grado in più oin meno dal grado mediodel pendio.

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Sci alpinismo La valutazione della stabilità

del manto nevoso

Esecuzione del bloccodi slittamento

241

I risultati dei test sono relativi ad un lastrone di circa50 cm che appoggia su un fondo debole costituito daneve pallottolare (grani arrotondati simili a chicchi digrandine ma più leggeri e contenenti più aria).Come si può osservare il grado del blocco assumevalori da 4 (luogo pericoloso) a 7 (luogo sicuro).

Il caso 2 riporta un set di 20 prove realizzate in unpendio avente un’inclinazione variabile da 19° a 36°situato su versante nord a quota 1900 m. I risultatidel test sono relativi ad un lastrone di circa 45 cmdepositato sopra uno strato di brina di superficie.In entrambi i casi si osservano valori del blocco piùalti e più variabili nella parte alta del pendio: ciòsembra confermare che i dati ottenuti da singoli test,eseguiti vicino alla sommità dei pendii, possonoessere poco affidabili, rispetto ai test eseguiti nellezone più basse del medesimo pendio, in quantoaffetti da ampia dispersione.

Questa sperimentazione, come evidenziato nelpunto c), ci dimostra inoltre che se il luogo sceltoper il test risulta essere sufficientemente rappresenta-tivo, realizzando due prove alla distanza di 10 metrisi dispone, al 91% di probabilità, del valore che sidiscosta di mezzo grado in più o in meno dal gradomedio del pendio. Resta purtroppo il fatto che ilmanto nevoso è estremamente eterogeneo: vicino azone sicure e stabili vi sono superfici instabili e quin-di un test realizzato su un’area stabile potrebbe nonessere rappresentativo. Risulta quindi assai critico e

Capitolo 8

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35°29°

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C8-36 Variabilità spaziale -b

distanza verticalesul pendio in metri

distanza orizzontalesul pendio in metri

cima del pendio

Il manto nevoso è estre-mamente eterogeneo:vicino a zone sicure e sta-bili vi sono superficiinstabili e quindi un testrealizzato su un’area sta-bile potrebbe non essererappresentativo.

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Esecuzione del bloccodi slittamento

La valutazione della stabilità del manto nevoso

Sci alpinismo

possibile fonte di decisioni errate, estendere a tuttoil pendio i risultati forniti da un test del blocco ese-guito in un determinato sito. Sebbene gli studi fino-ra condotti abbiano dimostrato un buon rapportotra il distacco di una valanga e i gradi dei blocchi dislittamento, attualmente non si può ancora afferma-re che in presenza di gradi elevati del blocco (5, 6, 7)il pendio sia veramente sicuro. Saranno necessarinuovi studi per valutare con maggior precisione laconnessione fra gradi del blocco e possibilità didistacchi provocati dagli sciatori. Secondo Föhn,altri elementi di valutazione come il profilo strati-grafico e la situazione atmosferica, devono essereconsiderati insieme al test del blocco, per determi-nare le condizioni di stabilità del pendio nevoso.

Considerazioni finaliI test offrono indicazioni molto importanti relativealle condizioni generali della neve e delle valanghe inuna determinata zona. I limiti oggettivi dei test sonoperò tali, per cui risulta assai problematico estende-re a tutto il pendio, le valutazioni espresse da unaprova effettuata in uno specifico punto. Inoltre sonoda considerare a ulteriore detrimento, i limiti sog-gettivi legati alla preparazione dello sci alpinistamedio.Nell’ambito dei corsi organizzati dalle Scuole, siritiene assai opportuno realizzare profili stratigraficie blocchi di slittamento, in quanto sono test indi-spensabili per capire i meccanismi che regolano l’e-voluzione del manto nevoso e il distacco delle valan-ghe. I risultati di queste indagini e le analisi dinumerosi incidenti sia invernali che estivi, accadutinon solo a sciatori ma anche ad escursionisti senzasci, ci consigliano di utilizzare un sistema di valuta-zione del pericolo e di scelta della gita che nonrichieda una grande conoscenza della nivologia, eche, salvo casi particolari e con la presenza di perso-ne preparate, non preveda l’effettuazione di proveimpegnative per determinare la stabilità del mantonevoso. Deve quindi trattarsi di un metodo progres-sivo di riduzione del rischio, che si basa su una accu-rata preparazione della gita, e su un adeguato com-portamento in ambiente.

Capitolo 8

C8-37 Test blocco -c

Nell’ambito didattico, siritiene assai opportunorealizzare profili strati-grafici e blocchi di slitta-mento, in quanto sonotest indispensabili percapire i meccanismi cheregolano l’evoluzione delmanto nevoso e il distac-co delle valanghe.

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capitolo 9

Incidenti da valanga e probabilità di sopravvivenza

INDICE

Premessa

Incidenti da valanga sulle Alpi Fonti e datiLa situazione sulle Alpi alla fine del 2000Analisi sulla situazione italianaAlcune considerazione sull’incidente da valangatravolti da valanga

L’informazione nivometereologica: i bollettini valanghe

Probabilità di sopravvivenza in valangaEntro i primi 15 minuti dal seppellimentoDai 15 ai 45 minuti dal seppellimentoOltre i 45 minuti La rapidità di decesso cresce con la profondità di seppellimento

Massimo
torna al sommario
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PremessaIncidenti da valangasulle Alpi

Incidenti da valanga eprobabilità di sopravvivenza

Sci alpinismo

244

INCIDENTI DA VALANGA SULLEALPI

Fonti e datiVengono qui presentate alcune statistiche di caratte-re generale sul fenomeno valanghivo che riguardanol’attività dello sci alpinismo, dell’alpinismo e dellosci fuori pista. Nel corso del 2000 l’A.I.NE.VA. ha avviato un’ini-ziativa volta al riordino, su base informatica, dell’ar-chivio storico relativo agli eventi avvenuti negli ulti-mi 15 anni. In Italia i dati sugli incidenti da valangasono raccolti da diverse organizzazioni preposte alleprevenzione e al soccorso in montagna: gli UfficiValanghe afferenti all’A.I.NE.VA., il CorpoNazionale del Soccorso Alpino e Speleologico(C.N.S.A.S.), l’Alpin Verein Sudtirol (A.V.S.), ilServizio Valanghe Italiano (S.V.I.-C.A.I.) e ilSoccorso Alpino della Guardia di Finanza(S.A.G.F.). Per la ricostruzione storica di alcunieventi, sono stati consultati i lavori di F. Gansser(1986), A. Cagnati e M. Valt (1989), F. Valla (1990)e J.P. Zuanon (1996). Il presente capitolo riporta informa sintetica uno studio realizzato nel 2001 daalcuni Tecnici operanti presso i centri Valanghe diArabba e di Bormio: M. Valt, A. Cagnati, R. Zasso,G. Peretti, E. Meraldi.

Capitolo 9

In Italia i dati sugli inci-denti da valanga sonoraccolti da diverse orga-nizzazioni preposte allaprevenzione e al soccorsoin montagna.

PREMESSA

In questo capitolo verranno evidenziati due aspetti fondamentali:a) gli incidenti da valanga producono una elevata mortalità con 1,1 vittime per inci-dente se sono coinvolti alpinisti, mentre il valore è di 0,6 vittime per incidente nellosci alpinismob) la curva di sopravvivenza in valanga indica che solo entro i primi 15 minuti lepersone sotto la neve hanno elevate possibilità (93%) di essere salvate; tra i 15 e i 45minuti dal seppellimento le probabilità scendono al 25%.

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Sci alpinismo Incidenti da valanga eprobabilità

di sopravvivenza

Incidenti da valangasulle Alpi

245

La situazione sulle Alpi alla fine del2000La CISA-IKAR ha tracciato un primo bilancio degliincidenti da valanga negli ultimi 15 anni per i paesialpini e cioè per Francia (Alpi e Pirenei), Svizzera,Austria e Italia (Alpi ed Appennini). Negli ultimi 5 anni il numero di vittime da valanghe è

aumentato in Francia e in Austria, è rimasto pressochéstazionario in Svizzera, mentre è diminuito in Italia.(figura C9-01)In Italia in 15 anni vi sono state 274 vittime con una

media di 18 vittime per anno. Anche per quantoriguarda la pratica dello sci fuori pista, le tendenza giàriscontrate nella statistica generale per gli ultimi 5 annisono confermate con un aumento in Francia, Svizzerae Austria e una diminuzione in Italia.

Capitolo 9

C9-01 Vittime da valanga -Alpi

C9-02 Vittime fuori pista -Alpi

Negli ultimi 5 anni ilnumero di vittime davalanghe è aumentato inFrancia e in Austria, èrimasto pressoché stazio-nario in Svizzera, mentreè diminuito in Italia.

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Incidenti da valangasulle Alpi

Incidenti da valanga eprobabilità di sopravvivenza

Sci alpinismo

Analisi della situazione italiana

Il dato relativamente confortante della diminuzionedel numero delle vittime in questi ultimi 5 anni nondeve però trarre in inganno sulla effettiva gravità delfenomeno. Se si analizzano i dati sempre rapportandoli a tredistinti periodi di 5 anni, ma raggruppandoli pertipologie di attività, si osserva che il numero di inci-denti nel fuori pista sono rimasti su valori analoghia quelli del precedente quinquennio, mentre in altreattività, come lo sci alpinismo, il numero di inci-denti, dopo un’impennata nel periodo 1991-1995, èdiminuito.

L’incremento degli incidenti nell’alpinismo è legatosoprattutto all’aumento di eventi valanghivi durantela stagione estiva. Per quanto riguarda lo sci fuoripista, mentre le statistiche ufficiali disponibili a livel-lo internazionale non distinguono il tipo di attrezzocon il quale viene praticata l’attività, per l’Italia èstato possibile constatare l’incidenza di una pratica

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SCI ALPINISMO0

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80

SCI FUORI PISTA SCI IN PISTA ALPINISMO CASA VIE ALTRI

1986 - 1990

1991 - 1995

1996 - 2000

SCI

SNOW BOARD

C9-03 Incidenti - Italia

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Capitolo 9

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C9-04 Incidenti fuori pista -Italia

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Sci alpinismo Incidenti da valanga eprobabilità

di sopravvivenza

Incidenti da valangasulle Alpi

247

in forte espansione quale è quella che comporta l’u-tilizzo dello snowboard. (figura C9-04)Il primo incidente con snowboard registrato in Italiaè quello verificatosi nel 1991 sul Passo S. Pellegrino(TN), lungo la discesa che, dall’arrivo della Funiviadel Col Margherita (BL), riporta al passo per il ver-sante Trentino. In questi ultimi 10 anni si è assistito ad una forteespansione di questa nuova disciplina e di conse-guenza anche degli incidenti che nelle ultime duestagioni sono arrivati a superare gli incidenti avve-nuti con gli sci. Questo fenomeno deve essere tenuto nella giustaconsiderazione come sta avvenendo in altre nazioniper nuove discipline sportive praticate al di fuoridelle piste controllate.Sempre dal punto di vista generale, le persone tra-volte sono per il 45% sci alpinisti, il 28% sciatorifuori pista, il 14% alpinisti mentre le rimanenti per-centuali afferiscono a categorie di persone che si tro-vano in aree controllate (piste da sci, vie di comuni-cazioni, centri abitati). Queste percentuali nonvariano di molto anche negli altri paesi alpini, eccet-to in Francia dove la pratica dello sci fuori pista pro-voca il 33% delle vittime.

Capitolo 9

C9-05 Categorie coinvolti -Italia

In questi ultimi 10 annisi è assistito ad una forteespansione dell’attivitàcon lo snowboard e diconseguenza anche degliincidenti che sono arriva-ti a superare gli incidentiavvenuti con gli sci.

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Incidenti da valangasulle Alpi

Incidenti da valanga eprobabilità di sopravvivenza

Sci alpinismo

248

Alcune considerazioni sull’incidente davalangaAnalizzando i 448 incidenti catalogati è emerso cheil 40% degli incidenti provoca delle vittime (figuraC9-06). Siccome nel 50% dei casi le persone travol-te sono più di una e molto spesso anche le vittimesono più di una, ne consegue che l’incidente davalanga si risolve con una elevata mortalità (figuraC9-07).

Capitolo 9

INCIDENTI SENZAVITTIME

60%

INCIDENTI CONVITTIME

40%

INCIDENTI SENZAVITTIME

60%

INCIDENTI CONVITTIME

40%

C9-06 Percentuale vittime -Italia

1 PERSONA TRAVOLTA

60%

2-3 PERSONETRAVOLTE

34%

4 E PIÙ PERSONETRAVOLTE

16%

C9-07 Travolti ogni incidente

Gli incidenti da valangache coinvolgono alpinistiregistrano 1,1 vittimeper incidente mentrenello sci alpinismo ilvalore è di 0,6 vittimeper incidente; nello scifuori pista è di 0,42.

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Sci alpinismo Incidenti da valanga eprobabilità

di sopravvivenza

Incidenti da valangasulle Alpi

249

Ecco quindi che l’incidente da valanga, con il suoalto tasso di mortalità assume una dimensione rile-vante. Analizzando il tasso di mortalità per tipologiadi attività appaiono subito delle diversità.In particolare, gli incidenti da valanga che coinvol-gono alpinisti sono estremamente drammatici con1,1 vittime per incidente mentre nello sci alpinismoil valore è di 0,6 vittime per incidente (figura C9-08).Nella pratica dello sci fuori pista il tasso di mortalitàè inferiore con un valore di 0,42. Certamente nello lo sci fuori pista un ruolo decisivoper la sopravvivenza è giocato dalla vicinanza deisoccorsi, rispetto alle attività praticate in zone remo-te di alta montagna. Inoltre nei comprensori sciisti-ci, oltre agli addetti agli impianti di risalita, anche glisciatori possono essere dei potenziali spettatori dieventuali incidenti e questo determina, in via gene-rale, una elevata probabilità che l’allarme sia datotempestivamente e che i soccorsi arrivino sul luogodell’incidente in breve tempo.

Capitolo 9

C9-08 Mortalità per incidente

Nello lo sci fuori pista unruolo decisivo per lasopravvivenza è giocatodalla vicinanza degliimpianti sciistici e conse-guentemente dei soccorsi.

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LIBERATI DA SOLI45%

SONDAGG10%

UNITÁ CINOFILE9%

ARVA7%

ALTRO1%

VISTA - UDITO28%

Incidenti da valangasulle Alpi

Incidenti da valanga eprobabilità di sopravvivenza

Sci alpinismo

250

I travolti da valangaIl 35% delle persone coinvolte in una valangarimangono completamente sepolte e cioè con latesta e le vie respiratorie sotto la neve.

Da osservazioni risulta che il 37% delle personecoinvolte in valanga rimane in superficie. Esse dun-que, in aggiunta alle eventuali persone del grupponon coinvolte, potrebbero portare soccorso ai sepol-ti e ai semi sepolti. In realtà ciò avviene difficilmen-te a causa dello stato psicologico ed emotivo in cuiversano. È tuttavia certo che i primi minuti dopol’incidente sono fondamentali e diventa essenzialel’azione di auto soccorso.

Capitolo 9

SEPOLTI35%

SEMISEP28%

RIMASTI INSUPERFICIE

37%C9-9 Ritrovamento dei travolti

C9-10 Ritrovamento dei sepolti

È tuttavia certo che iprimi minuti dopo l’inci-dente sono fondamentaliper la sopravvivenza deitravolti e diventa quindiessenziale l’azione diauto soccorso.

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Sci alpinismo Incidenti da valanga eprobabilità

di sopravvivenza

Incidenti da valangasulle Alpi

251

In generale, una buona parte dei travolti, il 45%,riesce a liberarsi da sè, un altro 28% è individua-to da terzi mediante ricerca vista e udito, e ilrimanente 27% (più di 1 persona su 4) viene dis-seppellita con altri metodi. (figura C9-10)Fissando l’attenzione sulle modalità di ritrovamentodei sepolti, cioè di quelle persone che devono esserevelocemente estratte dalla neve, per mantenere ele-vata la loro probabilità di sopravvivenza, emergecome solo il 37% siano state estratte vive. Di queste:ben il 38% viene individuata con ricerca vista udito,il 27% mediante l’utilizzo di A.R.VA., il 16% attra-verso sondaggio e solo il 5% con l’impiego di UnitàCinofile.Le persone sepolte ed estratte non più in vita (63%)sono state localizzate solo nel 16% dei casi conA.R.VA., nel 38% con Unità Cinofile, nel 34% tra-mite sondaggio e nell’8% mediante ricerca vistaudito.

Appare quindi chiaro che l’intervento delle UnitàCinofile e delle squadre organizzate di soccorso nonrappresentano una garanzia per ritrovare i travolti,completamente sepolti, ancora in vita. L’autosoccorso, e cioè l’utilizzo di A.R.VA., pala esonda leggera da valanga, da parte di tutti i pra-ticanti di escursioni al di fuori delle aree control-late, rappresenta la maggior garanzia di successonell’intervento di soccorso. Verificandosi nel 38%degli incidenti che una o più persone del gruppoassistono non coinvolti all’incidente e perciò poten-zialmente in grado di prestare soccorso.

Capitolo 9

C9-11 Ritrovamento dei sepolti

Le persone sepolte edestratte non più in vita(63%) sono state localiz-zate solo nel 16% dei casicon A.R.VA., nel 38%con Unità Cinofile, nel34% tramite sondaggio enell’8% mediante ricercavista udito.

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Incidenti da valangasulle Alpi

Incidenti da valanga eprobabilità di sopravvivenza

Sci alpinismo

252

L’informazione nivometeorologica: ibollettini valangheGli Uffici Valanghe delle Regioni e ProvincieAutonome aderenti all’A.I.NE.VA. emettono nelperiodo invernale, con cadenza giornaliera o trisetti-manale, un bollettino regionale dove è riportato, tral’altro, il grado di pericolo di valanghe secondo unascala europea a 5 gradi. 40 incidenti da valanga, fra quelli analizzati, corri-spondenti ad un 20%, si sono verificati in periodi incui il bollettino valanghe non veniva emesso e cioè intarda primavera, in estate oppure in autunno. Questo dato non è affatto sorprendente se si conside-ra la presenza di ambienti innevati anche durante ilperiodo estivo (ghiacciai) e il fatto che l’escursionismoe lo sci fuori pista vengono praticati tutto l’anno ancheoltre le date di chiusura dei grandi comprensori sciisti-ci (o prima dell’apertura degli stessi). Per quanto riguarda gli incidenti che si sono verificatidurante i periodi di emissione del bollettino in relazio-ne al grado di pericolo indicato nel bollettino, è stataeffettuata una elaborazione relativa agli ultimi 7 annipoiché la scala a 5 gradi è entrata in uso nell’inverno1993/94. La maggior parte degli incidenti avviene con i gradidi pericolo 3 (marcato) e 2 (moderato). Anche per quanto riguarda lo sci fuori pista le percen-tuali non variano di molto, e ciò sta a significare che

Capitolo 9

NU

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MODERATO MARCATO FORTE MOLTOFORTE

C9-12 Incidenti e grado dipericolo

Il 20% di incidenti davalanga, fra quelli analiz-zati, si sono verificati inperiodi in cui il bolletti-no valanghe non venivaemesso e cioè in tardaprimavera, in estateoppure in autunno.

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Sci alpinismo Incidenti da valanga eprobabilità

di sopravvivenza

Incidenti da valangasulle Alpi

253

l’utilizzo del solo grado di pericolo nel processodecisionale, non è sufficiente a evitare i rischi con-nessi. Per attuare una buona prevenzione, è neces-sario considerare adeguatamente anche le altreinformazioni contenute nei bollettini (es. localizza-zione dei pendii critici). (figura C9-12)

ConclusioniIn Italia il numero degli incidenti da valanga nelfuori pista è rimasto invariato nel corso dell’ultimodecennio, contestualmente si è verificata una dimi-nuzione del numero delle vittime. Tuttavia l’inci-dente da valanga rimane in generale un evento adelevato tasso di mortalità, pur se la categoria delfuori pista presenta il valore assoluto più basso, fratutte le categorie di frequentatori della montagnainvernale. Gli sforzi per la prevenzione sono dunquegiustificati, ma un risultato maggiore si potrebbeconseguire con una miglior diffusione delle tecnichedi autosoccorso fra gli escursionisti, e in particolarmodo riguardo l’uso dell’A.R.V.A., ancora poco uti-lizzato, ma di fondamentale utilità quale mezzo diricerca nei primi 15 minuti dall’avvenuto seppelli-mento. Gli interventi delle Unità Cinofile e dellesquadre di soccorso, seppur tempestivi in relazioneai tempi di allertamento, non sono sufficienti agarantire una elevata probabilità di sopravvivenza.Nonostante le unità mediche al seguito siano di fon-damentale importanza, per il primo soccorso deglieventuali feriti, o per i dissepolti ancora in vita, main stato di ipotermia.Per queste ragioni è auspicata la diffusione delle tec-niche di autosoccorso e dell’attività di formazionedegli escursionisti affinché siano in grado di valuta-re correttamente le situazioni a rischio. Inoltre, i Servizi Valanghe dovrebbero estendere l’e-missione dei bollettini a periodi più lunghi in modotale da coprire tutto il periodo in cui è potenzial-mente possibile la pratica dello sci nei territori dicompetenza.

Capitolo 9

L’incidente da valangarimane in generale unevento ad elevato tasso dimortalità, anche se lacategoria del fuori pistapresenta il valore assolu-to più basso fra tutte lecategorie di frequentato-ri della montagna inver-nale.

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Probabilità di sopravvivenza

Incidenti da valanga eprobabilità di sopravvivenza

Sci alpinismo

254

PROBABILITÀ DI SOPRAVVIVENZAIN VALANGA

Le possibilità di sopravvivenza di un travolto davalanga che rimanga sepolto con le vie respiratorieostruite (va ricordato che è praticamente impossibi-le muovere gli arti sepolti, una volta che la valanga siè arrestata), diminuiscono in maniera drammaticacon il trascorrere del tempo.Entro i primi 15 minuti dal seppellimento le proba-bilità di ritrovare persone in vita sono del 93%.Su 100 travolti dunque, 7 persone non sopravvivono,a causa delle lesioni mortali subite durante il travolgi-mento stesso.Tra i 15 e i 45 minuti dal seppellimento, si osserva unforte calo delle probabilità di sopravvivenza che passa-no dal 93% al 25% circa. Durante tale periodo suben-tra la morte per asfissia acuta per tutti i sepolti che nondispongano di una cavità d’aria in prossimità delle vieaeree superiori.Tra i 45 e i 90 minuti dal seppellimento, una picco-la percentuale di persone (circa il 20%) può soprav-vivere se dispone di una certa quantità d’aria ed hasufficiente libertà toracica per i movimenti respira-tori. In seguito, tra i 90 e i 130 minuti, si muore peripotermia.Resta perciò fondamentale ritrovare e disseppellire

Capitolo 9

00 30 60 90 120 150 180 MINUTI

20

40

60

80

93

100

%

C9-13 Curva di sopravvivenza

Entro i primi 15 minutidal seppellimento le pro-babilità di ritrovare per-sone in vita sono del93%.

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di sopravvivenza

Probabilità di sopravvivenza

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la persona sepolta entro i primi 15 minuti dal-l’incidente per nutrire una ragionevole aspettativadi salvare il travolto.La curva di sopravvivenza in valanga è stata elaboratanel 1992 da Brugger e Falk sulla base di 422 personesepolte nel periodo dal 1981 al 1991. Le cause prin-cipali dei decessi sono state l’asfissia e l’ipotermia.Vale la pena analizzare meglio i vari periodi di sep-pellimento per capire le criticità correlate al seppelli-mento.

Entro i primi 15 minuti dal seppelli-mento: elevate probabilità di sopravvi-venza Nel periodo di tempo compreso tra l’istante inizialee i primi 15 minuti dal seppellimento, 98 persone su105 completamente sepolte sono sopravvissute.Soltanto 7 vittime sono state recuperate morte inquesto periodo. Ciò corrisponde ad una probabilitàdi sopravvivenza pari al 93%. Le analisi dei 7 casimortali verificatisi nei primi 15 minuti hannomostrato che 6 erano stati feriti mortalmente, men-tre in 1 caso non erano state praticate misure dipronto soccorso immediatamente dopo il recupero. Praticamente tutti i sepolti, salvo quelli che avevanoriportato ferite letali, sono dunque sopravvissutisenza danni ai primi 15 minuti, qualora siano statiloro prestati i primi soccorsi di urgenza.

Da 15 a 45 minuti dal seppellimento:caduta drammatica delle probabilità disopravvivenzaNei successivi 30 minuti (tra i 15 ed i 45 dal seppelli-mento) si constata un calo precipitoso delle probabilitàdi sopravvivenza, che diminuiscono dal 93% al 25%circa. Dopo che la permanenza sotto la neve si è protrattaper più di 20 minuti, cominciano a verificarsi i primidecessi per asfissia, pur in assenza di lesioni, non ria-nimabili nonostante gli sforzi più intensivi. Da ciò si può dedurre che nel periodo dai 15 ai 45

Capitolo 9

La curva di sopravviven-za in valanga elaboratanel 1992 ha rivelato chele cause principali deidecessi sono state l’asfis-sia e l’ipotermia.

Dopo che la permanenzasotto la neve si è protrat-ta per più di 20 minuti,cominciano a verificarsi iprimi decessi per asfissia.

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Probabilità di sopravvivenza

Incidenti da valanga eprobabilità di sopravvivenza

Sci alpinismo

256

minuti dopo la sepoltura, subentra la morte per asfis-sia acuta per tutti i sepolti che non dispongono di unacavità di aria in cui respirare. Resta da determinare se la morte per asfissia avvengaper occlusione della bocca e del naso da parte dellaneve, per compressione toracica, per blocco dellecorde vocali oppure per aspirazione (penetrazione dicorpi estranei o di vomito nelle vie respiratorieprofonde). In ogni caso questo intervallo di tempo rappresenta,per un sepolto, il periodo di massimo pericolo.

Oltre i 45 minuti: sopravvivenza solo inpresenza di sacche d’ariaOltrepassato il tempo di 45 minuti dal seppellimen-to, la curva assume un andamento piatto. Se il sepol-to dispone di una cavità abbastanza grande in cuirespirare ed ha una certa libertà toracica per i movi-menti respiratori, egli può sopravvivere per ore pur-ché non abbia riportato ferite gravi. Nell’arco di tempo qui analizzato, il periodo di seppel-limento più lungo, tra quelli presi in considerazionedallo studio di Brugger e Falk, ammontava a 16 ore. Se l’apporto di ossigeno è sufficiente, il sepolto sitrova addirittura in una situazione di relativa sicu-rezza, dal momento che egli, protetto da una coltreisolante di neve, si raffredda ad un ritmo relativa-mente basso (circa 3°C/h) e che il consumo di ossi-geno, una volta superato il tremore causato dal fred-do, cala significativamente in concomitanza con ilcalo della temperatura corporea.Numerose relazioni indicano che, in presenza di tipidi neve molto porosa (neve fresca, neve polverosa),una cavità in cui respirare, anche se relativamentepiccola, rende possibile una sopravvivenza di oresenza danni permanenti. Il numero di questi soprav-vissuti è molto piccolo: di tutte quelle comprese inquesto studio, solo 20 persone su 422 (5%) sonostate recuperate vive dopo più di 45 minuti dal sep-pellimento. Le numerose vittime recuperate mortedopo più di 45 minuti di sepoltura erano in preva-lenza decedute per asfissia già tra i primi 15 e 45

Capitolo 9

Se il sepolto dispone diuna cavità abbastanzagrande in cui respirare edha una certa libertà tora-cica per i movimentirespiratori, egli puòsopravvivere per ore.

In presenza di tipi dineve molto porosa, unacavità in cui respirare,anche se relativamentepiccola, rende possibileuna sopravvivenza di oresenza danni permanenti.

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di sopravvivenza

Probabilità di sopravvivenza

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minuti. Al termine del periodo di andamento piattodella curva, (circa 90 minuti dal momento dellasepoltura), ha inizio un nuovo calo della probabilitàdi sopravvivenza. Si suppone che qui si presentino iprimi casi di morte per ipotermia, dato che durantequesto periodo la temperatura interna dei sepolti ècalata di circa 4,5°C. Si raggiunge così la temperatu-ra critica di 33°C, a partire dalla quale inizia ilrischio di fibrillazione ventricolare e si passa dallacosiddetta “safe zone” (zona di sicurezza) alla “dan-ger zone”(zona di pericolo).Nella figura che segue vengono illustrate le fasi diseppellimento:• nella prima fase detta di sopravvivenza gli scampa-ti hanno ancora a disposizione una riserva d’aria;• nella fase di asfissia (dopo circa 20 minuti dal sep-pellimento) la curva della mortalità raggiunge il suomassimo a causa dei numerosi decessi per soffoca-mento;• nella fase di latenza (funzioni vitali ridotte al mini-mo) oltre i 45 minuti, l’esistenza di una cavità in cuirespirare è la premessa essenziale della sopravvivenza;• nella fase di recupero si nota un aumento dellacurva di mortalità: le cause sono da attribuire ad unulteriore raffreddamento a cui verrebbe esposta lapersona appena liberata dalla neve.

Capitolo 9

C9-14 Fasi del seppellimento

Dopo circa 90 minuti dalmomento della sepolturasi suppongono i primicasi di morte per ipoter-mia, infatti la temperatu-ra interna dei sepolti,calata di circa 4,5°C, rag-giunge la soglia critica di33°C.

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Probabilità di sopravvivenza

Incidenti da valanga eprobabilità di sopravvivenza

Sci alpinismo

258

La rapidità di decesso cresce con laprofondità di seppellimentoNella ricerca condotta Falk e Brugger la profonditàmedia di sepoltura misurava 104 centimetri.

Dallo studio si è potuto rilevare una stretta relazionetra profondità di seppellimento e durata dello stesso(vedi tabella): quanto più la vittima è sepolta profon-damente, tanto più tardi essa viene recuperata.

Capitolo 9

1-50 cm

10 min

123

95 (77%)

28 (23%)

51-100 cm

55 min

108

36 (33%)

72 (67%)

oltre 100 cm

120 min

101

19 (19%)

82 (81%)

Profonditàdi seppellimento

Durata del seppel-limento (media)

Totale dei recupe-rati (N=332)

Sopravvissuti

Deceduti

Quanto più la vittima èsepolta profondamente,tanto più tardi essa vienerecuperata.

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capitolo 10

A.R.VA.: apparecchi e tecnichedi ricercaINDICE

Gli A.R.VA.: breve storia

A.R.VA. caratteristiche generaliA.R.VA. analogici, digitali, analogico-digitali

Funzionamento dell’A.R.VA.Posizione dell’apparecchioDistanza tra trasmettitore (TX) e ricevitore (RX)Posizione dell’antennaCommutatore manuale del volumeAltoparlanti e auricolareConversione automatica da ricerca a trasmissioneApparecchio in ricezione tenuto verticalmenteLa presenza di una o due antenneAngolo di ricezioneDefinizione di portata massima, minima, utile

Metodi di ricerca con A.R.VA.La ricerca direzionale

• Con apparecchi analogici e analogico-digitali ad una antenna• Con apparecchi analogici e analogico-digitali a due antenne

La ricerca a croce o per linee ortogonali

Fasi della ricerca con A.R.VA.Fase Primaria: ricerca del primo segnaleFase Secondaria: localizzazione del travoltoFase Finale: ricerca di precisione

Ricerca di più persone sepolteDefinizione di apparecchi “distanti” e apparecchi “vicini”Ricerca multipla: due apparecchiRicerca multipla: tre o più apparecchi

Il problema dei falsi massimiRicevitore con antenna verticale e trasmettitore orizzontaleRicevitore e trasmettitore con antenna orizzontale

Ricerca di persone sepolte in profonditàRiconoscere un seppellimento profondoMetodo della ricerca fine a cerchioDiverse posizioni dell’A.R.VA. sepoltoCaso di un solo massimo

Manutenzione e corretto funzionamento dell’A.R.VA.Fattori che disturbano il corretto funzionamento dell’A.R.VA.La verifica di funzionamento degli A.R.VA.

Esercizi sull’utilizzo dell’A.R.VA.

Massimo
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Gli A.R.VA.: breve storia

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

260

GLI A.R.VA. “Apparecchi di Ricerca in VAlanga”:BREVE STORIA

I primi A.R.VA. nacquero nel 1940 per merito di uncerto Bachler, Ufficiale dell’Esercito Svizzero, cheper primo ebbe l’idea di equipaggiare tutti i suoi sol-dati di un qualcosa che permettesse di ritrovare chiveniva sepolto da una valanga, sfruttando il princi-pio delle onde elettromagnetiche.I tempi non erano però maturi per portare a termineun esperimento di questo genere; infatti si dovetteaspettare fino al 1960 per un passo avanti nella speri-mentazione di sistemi elettronici per la ricerca disepolti in valanga. In quell’anno venne provato per laprima volta un magnete, inserito nel tacco degli scar-poni (piastrina RECCO), che poteva essere segnalatoda un detettore magnetico.Alcuni grossi problemi, quali la scarsa maneggevo-lezza del detettore, gli elevati costi, la scarsa portatadi ricerca e l’impossibilità di effettuare un’azione diautosoccorso tempestiva, bloccarono anche questotentativo.Lo sviluppo successivo, sempre da parte di Bachler,data l’anno 1965: si basava sull’impiego delle ondeelettromagnetiche del tipo utilizzato nei normaliradio ricevitori a transistori.Nel 1966 Lawton (USA) realizza il primo apparec-chio ricetrasmittente di dimensione e peso tali dapoter essere sfruttato sia per scopi professionali chesportivi: lo SKADI, così denominato da Lawton,lavorava sulla bassa frequenza di 2,275 kHz. In seguito furono effettuati test anche con altre fre-

Capitolo 10

C10-01 Skadi

Nel 1960 venne provatoper la prima volta unmagnete, da inserire neltacco degli scarponi (pia-strina RECCO), che pote-va essere segnalato da undetettore magnetico.

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Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Gli A.R.VA.: breve storia

261

quenze: 155 - 10 - 240 kHz e 108 MHz che pur-troppo non vennero oltremodo approfonditi.Le prime sperimentazioni pratiche vennero svoltedall’Istituto per lo studio della neve e delle valanghedi Davos (CH) nello stesso anno 1966. Tuttavia unasvolta decisiva al problema giunse, sempre per meri-to dell’Esercito Svizzero, quando nel 1969 fu decisodi dotare tutti i militari, di un apparecchio che con-sentisse il ritrovamento del sepolto, da parte dei suoistessi compagni, senza dover dipendere dalle squadredel soccorso organizzato.Il primo parametro che gli Svizzeri cercarono di sta-bilire, fu la frequenza ottimale da utilizzare per que-sto scopo e soprattutto quale fosse la frequenza com-pletamente libera da interferenze che potesserodisturbare o addirittura impedire le ricerche.Così, mentre la ditta austriaca Motronic realizzavaprima l’apparecchio Pieps 1 e poi il Pieps 2, rical-cando le caratteristiche dell’americano Skadi, la casasvizzera Autophon costruiva il primo A.R.VA. adalta frequenza, 457 kHz, chiamato Barrivox VS 68.I due produttori perseguivano obiettivi completa-mente diversi: Autophon voleva produrre un apparec-chio estremamente valido ed efficace sotto tutti gliaspetti, a scapito dell’economicità e destinato ad unautenza professionale. Motronic invece, intendevarivolgersi al mercato sportivo, con uno strumentoaccessibile alla maggior parte degli sciatori alpinisti.Un apparecchio meno valido ma che per il basso costopotesse interessare una fascia più ampia di utenti.Un grosso problema sorse nei paesi dove non esiste-va ancora un apparecchio di produzione nazionale,quali l’Italia, la Francia, la Germania e molti altri.Ove cioè vennero commercializzati A.R.VA. sia adalta che a bassa frequenza, creando una situazione diincompatibilità di frequenze fra i diversi utenti.Per queste motivate ragioni anche altri costruttoririconobbero il problema, e dopo aver costruitoA.R.VA. con monofrequenza bassa, come i tedeschiRedar e Ruf 1 o l’americano Ramer, sperimentaronoun tentativo di soluzione, costruendo apparecchi chetrasmettevano e ricevevano segnali su entrambe lefrequenze. In Germania l’ Ortovox e il Ruf 2, in

Capitolo 10

Nel 1969 la Svizzeradecise di dotare tutti isuoi militari di un appa-recchio che consentisse ilritrovamento del sepolto,da parte dei suoi stessicompagni, senza dipen-dere dalle squadre delsoccorso organizzato.

Un grosso problemasorse in Italia, e in moltialtri paesi, quando ven-nero commercializzatiA.R.VA. sia ad alta che abassa frequenza, creandouna situazione di incom-patibilità di frequenzefra i diversi utenti.

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Gli A.R.VA.: breve storia

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

262

Austria il Pieps 3 e DF, e in Francia l’A.R.VA. 4000.In Italia, grazie alle necessità delle truppe alpine econ la loro importante collaborazione, la ditta Fitrerealizzò nel 1983 lo Snow Bip RT 75 A, ad alta fre-quenza, che trovò subito un importante riscontrocommerciale tra i frequentatori della montagna atutti i livelli.Le ricerche e gli studi successivi sempre condottidall’Istituto di Davos furono tutti incentrati sull’in-dividuazione delle caratteristiche ideali che questistrumenti dovevano possedere:• Portata, che doveva essere la massima possibile.• Massima velocità e facilità d’uso nella fase di ricerca.• Precisione elevata nella localizzazione del sepolto.• Massima affidabilità e minime rotture.• Miglior rapporto qualità-prezzo.• Minime interferenze dall’azione di agenti esterni.• Unica frequenza in tutti i paesi.

Quest’ultima caratteristica è forse la più importante,anche se a prima vista potrebbe sembrare sufficienteche ogni componente un singolo gruppo abbia unapparecchio che emetta segnali sulla stessa frequenzadei suoi compagni.Un osservazione di questo tipo è sicuramente super-ficiale: dobbiamo infatti pensare all’importanza dipoter soccorrere altri gruppi di sciatori, anche sequesti non dispongono del nostro stesso A.R.VA.;alla singola persona che si unisce casualmente adaltri gruppi; alle traversate in altre nazioni e all’in-compatibilità con gli apparecchi impiegati dai pro-fessionisti militari e civili.Nel 1983 la CISA-IKAR, massimo organismo mon-diale che si occupa di soccorso in montagna, decisedi svolgere dei tests su base internazionale, ai qualiparteciparono tutti i paesi dell’arco alpino, per indi-viduare quale frequenza dovesse essere vivamenteconsigliata ai costruttori ed agli utenti finali.Nel maggio del 1984 la CISA-IKAR emise uncomunicato nel quale raccomandava caldamente l’u-tilizzo della sola frequenza alta (457 kHz), risultatadi gran lunga la più efficace per le esigenze operati-ve di professionisti e sportivi. Buona parte del suc-

Capitolo 10

La ditta Fitre realizzò nel1983 lo Snow Bip RT 75A, ad alta frequenza, chetrovò subito un impor-tante riscontro commer-ciale tra i frequentatoridella montagna a tutti ilivelli.

L’utilizzo di un’unica fre-quenza in tutti i paesi èla caratteristica piùimportante: dobbiamoinfatti pensare all’impor-tanza di poter soccorrerealtri gruppi di sciatori,anche se questi nondispongono del nostrostesso A.R.VA.

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Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Gli A.R.VA.: breve storia

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cesso di questa frequenza è dovuto alla maggioreportata massima per questo tipo di apparecchi edalla riduzione del tempo di ricerca come diretta con-seguenza: portata massima e tempo di ritrovamentosono infatti direttamente proporzionali.Purtroppo le indicazioni emerse dai tests dellaCISA-IKAR non furono subito adottate da tutti icostruttori. Coloro i quali non disponevano ancoradi validi apparecchi progettati per la monofrequenzaalta, proseguirono la propria azione commercialecentrata su quelli meno validi funzionanti a bifre-quenza.Anzi, alcuni costruttori riuscirono a ottenere che ilCEN, l’organismo europeo per l’unificazione di nor-mative commerciali, approvasse entrambi i tipi diA.R.VA., a monofrequenza alta e a bifrequenza, concaratteristiche costruttive e funzionali ben diverse frai due tipi di apparecchi.Questa norma autorizzava e regolamentava di fattola vendita anche di strumenti dalle caratteristichefunzionali assolutamente insufficienti, consideratol’uso vitale che essi rivestono nella pratica professio-nale e sportiva in montagna. A conferma del fatto,che al di là di motivi prettamente commerciali, gliapparecchi a monofrequenza alta siano da conside-rare più efficaci, possiamo precisare che oggi tutti icostruttori di A.R.VA. commercializzano apparecchirispondenti alla raccomandazione della CISA-IKAR, e progettati per la monofrequenza alta.Nel 1990 si svolse a Bormio, e successivamente nel1994 a Chamonix, un’altra campagna di prove com-parate, organizzate dalla CISA-IKAR, per verificareil grado di affidabilità raggiunto dai vari apparecchiesistenti in commercio.Nel 1997 viene immesso sul mercato un nuovoapparecchio per la ricerca in valanga di costruzioneamericana: il Tracker DTS. Esso è concepito per unnuovo modo di localizzare le persone travolte dallevalanghe. Non più solo una segnalazione acustica,ma anche delle informazioni visive da leggere su undisplay.Costituito da un microprocessore, con due antennedisposte a X, ed un display, il nuovo A.R.VA. per-

Capitolo 10

La maggiore portatamassima di una frequen-za e il tempo di ritrova-mento del seppellito,sono direttamente pro-porzionali.

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Gli A.R.VA.: breve storia

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

264

mette di effettuare, una volta captato il segnale, unaricerca di tipo direzionale. Vale a dire, guidare il soc-corritore sul travolto, utilizzando frecce luminoseche indicano la direzione da seguire e di numeridecrescenti che simulano la diminuzione delladistanza in fase di avvicinamento.Nel 1998 segue una svolta importante nel settoredegli apparecchi di ricerca in valanga: nascono infat-ti anche in Europa, gli apparecchi della nuova gene-razione che impiegano tecnologie digitali imple-mentate su microprocessori. In quell’anno la ditta tedesca Ortovox presenta ilmodello M1, la francese Nic Impex l’A.R.VA. 9000,mentre l’anno successivo gli svizzeri presentano unprogetto combinato tra Barryvox e Mammut per unnuovo apparecchio digitale.Nei mesi di settembre e ottobre del 1998 si sono svol-ti in vari paesi e sotto il coordinamento della CISA-IKAR, i tests comparativi sugli A.R.VA di nuovagenerazione (A.R.VA. 9000, ORTOVOX M1,TRACKER DTS), e a titolo di confronto, le provesono state eseguite anche su tre modelli convenziona-li a tecnologia analogica (BARRYVOX VS2000,FITRE SNOW BIP II, PIEPS 457 OPTI 4). Per realizzare delle prove analoghe, il ServizioValanghe Italiano e il Corpo Nazionale SoccorsoAlpino e Speleologico promuovono nel 1999, ungruppo di lavoro sull’argomento, giungendo a pub-blicare un completo rapporto sulle caratteristiche esull’uso degli apparecchi in commercio.Sulla scorta dei risultati di questi tests, la commis-sione CISA fa presente che il livello tecnologico rag-giunto dai nuovi apparecchi è considerato ancorainsoddisfacente, e raccomanda di continuare ad uti-lizzare gli apparecchi tradizionali che offrono unacomprovata affidabilità. Vengono altresì invitati iproduttori dei nuovi A.R.VA. ad eliminare i difettiriscontrati durante i test e a proseguire nella ricerca:miglioramenti infatti sono constatati con l’introdu-zione delle segnalazioni visive, con l’introduzionedella doppia antenna, con la ricerca di una maggio-re affidabilità e semplicità.Nel 2001 allo scopo di uniformare la tecnica di

Capitolo 10

Nel 1998 nascono anchein Europa gli apparecchidella nuova generazioneche impiegano tecnolo-gie digitali implementatesu microprocessori.

Visti i risultati dei test, lacommissione CISA nel1999, fa presente che illivello tecnologico rag-giunto dai nuovi appa-recchi è consideratoancora insoddisfacente.

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Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Gli A.R.VA.: breve storia

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ricerca A.R.VA. con tutti gli apparecchi in commer-cio, viene introdotta nelle Scuole del C.A.I., comemetodologia d’insegnamento e standard d’utilizzo,la tecnica di ricerca direzionale che sfrutta le linee diforza del campo elettromagnetico.A tutt’oggi il settore degli apparecchi A.R.VA è inrapida evoluzione, con una continua ricerca da partedelle ditte costruttrici per migliorare gli standardproduttivi, affinare le modalità di ricerca attuali, maanche per perfezionare la tecnica di ricerca nel casodi più sepolti simultanei.Da ricordare inoltre che la complessità dei nuoviapparecchi obbliga a conoscere in modo approfon-dito il proprio A.R.VA. Nel 2004 sono presenti nelmercato 5 A.R.VA. di tipo digitale e analogico-digi-tale che dispongono di un commutatore automaticodi volume e che, in base alle caratteristiche offertedal singolo apparecchio, sviluppano una diversa stra-tegia di ricerca per localizzare contemporaneamentepiù persone sepolte. Davanti a questa varietà di prodotti e alla moltepli-cità di sistemi di ricerca le organizzazioni come ilC.A.I, che seguono con particolare attenzione la pre-venzione dei pericoli e l’efficacia dell’intervento disoccorso, devono adottare dei metodi di ricerca chesiano il più possibile validi qualunque sia il tipo diapparecchio impiegato.

Capitolo 10

A tutt’oggi il settore degliapparecchi A.R.VA è inrapida evoluzione, conuna continua ricerca daparte delle ditte costrut-trici per migliorare glistandard produttivi.

Nel 2004 sono presentinel mercato 5 A.R.VA. ditipo digitale e analogico-digitale che dispongonodi un commutatore auto-matico di volume e che,in base alle caratteristicheofferte dal singolo appa-recchio, sviluppano unadiversa strategia di ricercaper localizzare contempo-raneamente più personesepolte.

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A.R.VA. caratteristichegenerali

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

266

A.R.VA. CARATTERISTICHE GENERALI

Il termine A.R.VA. significa Apparecchio di Ricerca inValanga. È chiamato anche con altri sinonimi: DVV,LVV. Si tratta di un apparecchio elettronico rice-tra-smittente funzionante alla frequenza di 457 kHz.Durante l’escursione viene acceso in modalità di tra-smissione, mentre per la ricerca di un eventuale com-pagno sepolto, dotato di un altro A.R.VA., viene com-mutato in modalità ricezione. In funzione dell’inten-sità del segnale elettromagnetico captato, l’apparecchioricevente fornisce indicazioni di tipo acustico e/o visi-vo, relative alla direzione e alla distanza che li separa-no. Oggi esistono due grandi famiglie di apparecchiche si differenziano per il tipo di tecnologia impiegata:analogica o digitale.

A.R.VA. analogiciSono apparecchi che traducono direttamente il segna-le elettromagnetico captato, in un segnale acustico(via altoparlante o auricolare), senza interporre alcunaelaborazione da parte del circuito elettronico. Sonodotati di un commutatore manuale del volume, che aparità di distanza, consente di sentire in modo più omeno attenuato il segnale emesso dall’A.R.VA. tra-smittente.

C10-02 A.R.VA. Analogici

Capitolo 10

Durante l’escursionel’A.R.VA. viene acceso inmodalità di trasmissione,mentre per la ricerca di uneventuale compagnosepolto, dotato di un altroA.R.VA., viene commuta-to in modalità ricezione.

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Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

A.R.VA. caratteristichegenerali

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C10-04 A.R.VA. 9000C10-03 Tracker DTS

TRACKER DTS (USA)

• Dotato di 2 antenne• Frecce luminose che indicano la direzione• Commutatore del volume automatico• Fornisce anche un segnale acustico• Conversione automatica in trasmissione

A.R.VA. EVOLUTION (F)

• Dotato di 1 antenna• Freccia di direzione • Commutatore del volume automatico• Led luminoso per ricerca multipla

A.R.VA. digitaliSi tratta di apparecchi che, con l’ausilio di un micro-processore, elaborano in forma digitale il segnale emes-so e ricevuto dal trasmettitore e forniscono indicazionivisive sul display (frecce, metri) relative alla direzioneda seguire nel corso della ricerca. Presentano il vantag-gio del segnale visivo che è più facilmente interpreta-bile del segnale acustico. Tuttavia il sistema digitale,rispetto a quello analogico, richiede un certo tempoper ricevere il segnale, elaborarlo ed inviarne i risultatial display.Riportiamo a titolo di esempio due A.R.VA. di tipodigitale.

Capitolo 10

Nel digitale il segnale visi-vo è più facilmente inter-pretabile di quello acusti-co; tuttavia, rispetto alsistema analogico, l’elabo-razione del segnale richie-de maggior tempo.

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A.R.VA. analogico-digitaliQuesti modelli operano con entrambe le tecnologie:il sistema analogico fornisce senza tempi di ritardouna indicazione acustica, mentre il sistema digitalefornisce indicazioni sulla direzione da seguire, tra-mite frecce, e indica con un valore numerico, se infase di ricerca l’apparecchio ricevente si sta avvici-nando all’apparecchio trasmittente (i metri indicatinon sono quelli effettivi ma solo una distanza indi-cativa). Riportiamo a titolo di esempio due A.R.VA.di tipo analogico-digitale.

A.R.VA. caratteristichegenerali

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

268

Capitolo 10

C10-05 Ortovox M2 C10-06 Barrivox Opto 3000

Il sistema analogico for-nisce senza tempi diritardo una indicazioneacustica, mentre il siste-ma digitale fornisce indi-cazioni sulla direzione daseguire.

ORTOVOX M2 (D)

• Dotato di 1 antenna• Freccia direzionale• Commutatore del volume manuale• Fornisce indicazioni acustiche e visive

BARRYVOX OPTO 3000 (CH)

• Dotato di 2 antenne• Frecce che indicano la direzione• Commutatore del volume impostabile • Fornisce indicazioni acustiche e visive • Conversione automatica in trasmissione

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Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Funzionamentodell’A.R.VA.

269

FUNZIONAMENTO DELL’A.R.VA.

Il principio fisico alla base del funzionamento di unA.R.VA. è l’emissione e la ricezione di un segnaleelettromagnetico operante ad una frequenza di 457kHz. L’apparecchio emettitore genera nello spazioun campo elettromagnetico la cui intensità diminui-sce all’aumentare della distanza dall’antenna trasmit-tente. Le linee di forza, che segnalano la presenza delcampo elettromagnetico, sono delle curve chiuse chesi diramano dalle due estremità dell’antenna (dipo-lo) con una forma simile ad un fagiolo. Le linee diforza hanno una intensità crescente via via che ci siavvicina al trasmettitore e si addensano in corri-spondenza delle polarità (estremità) dell’antenna.L’intensità del campo elettromagnetico è costantesulla medesima linea di forza.

Capitolo 10

C10-08 Collocazione antenna

C10-07 Campo elettromagnetico

Le linee di forza, chesegnalano la presenzadel campo elettromagne-tico, sono delle curvechiuse che si diramanodalle due estremità del-l’antenna (dipolo) conuna forma simile ad unfagiolo.

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Funzionamentodell’A.R.VA.

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

270

Posizione dell’apparecchioPer posizione orizzontale si intende che l’A.R.VA. èimpugnato parallelo al suolo e con l’altoparlante e/oil display rivolto al ricercatore. Poiché i travolti davalanga in pochi casi si trovano sepolti verticalmen-te, nelle illustrazioni che seguono si ipotizza chel’A.R.VA. trasmittente giaccia in posizione orizzon-tale. L’apparecchio ricevente capta il segnale pro-dotto dall’apparecchio trasmittente, lo amplifica e loconverte in una indicazione acustica e/o visiva.L’intensità del segnale ricevuto dipende:a) dalla distanza fra i due A.R.VA.; b) dalla posizione dell’antenna dell’A.R.VA. riceven-te rispetto alla direzione delle linee di forza delcampo elettromagnetico.

Capitolo 10

C10-09 Posizione A.R.VA.

L’apparecchio riceventecapta il segnale prodottodall’apparecchio trasmit-tente, lo amplifica e loconverte in una indica-zione acustica e/o visiva.

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Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Funzionamentodell’A.R.VA.

271

Distanza tra trasmettitore (TX) e ricevi-tore (RX)Più l’apparecchio ricevente si avvicina al trasmettito-re, maggiore è il segnale ricevuto perché si incontra-no linee di forza di intensità crescente (posizioni A eB). Questo principio sarà sfruttato nel metodo diricerca a croce. Una seconda caratteristica è rappre-sentata dalla direzionalità dell’apparecchio (vediposizione dell’antenna), che consente di avvicinarsial trasmettitore seguendo un insieme di linee dicampo: in questo modo il segnale diventa più inten-so perché viene catturato un maggior numero dilinee di forza (posizioni C e D). Questo secondoprincipio sarà sfruttato nel metodo di ricerca dire-zionale.

Capitolo 10

C10-10 Campo elettromagne-tico e metodi di ricerca

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A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

Posizione dell’antennaIn un dato punto il segnale è captato con la massi-ma intensità quando la posizione dell’antenna èparallela alle linee di forza del campo elettromagne-tico mentre esso è captato con la minima intensitàquando l’antenna è perpendicolare alle linee diforza.

Commutatore manuale del volume Il commutatore manuale di volume consente diregolare la sensibilità del volume utilizzando unascala divisa in un certo numero di livelli (da 1 a 9oppure da 1 a 8, o da 1 a 5, a seconda dei modelli diA.R.VA.).Si fa notare che mantenere un volume di ascoltobasso assume una notevole importanza nella fase diricerca: infatti l’orecchio umano è più sensibile allevariazioni di volume di piccoli segnali piuttosto chea quelli più forti.Alcuni apparecchi digitali restituiscono un segnaleacustico che varia automaticamente in funzionedella distanza tra TX e RX e non dispongono di uncommutatore manuale.Si ritiene importante che l’apparecchio sia dotato diun commutatore manuale del volume: ciò consenteda un lato di ridurre il segnale acustico a valori talida capire se ci si sta allontanando oppure avvicinan-do al travolto, dall’altro offre la possibilità, in caso diseppellimenti multipli in cui si odono più “bip” con-temporaneamente, di puntare ad un solo A.R.VA..

Altoparlanti e auricolareTutti gli apparecchi che in fase di ricezione fornisco-no un segnale acustico sono dotati di un altoparlante. In alcuni A.R.VA. è previsto l’impiego di un aurico-lare che, una volta collegato all’apparecchio, disinse-risce automaticamente l’altoparlante.Inoltre in qualche modello è prevista la funzioneMUTO, cioè un tasto abilitato dall’utilizzatore, cherende muti i segnali udibili in fase di ricezione (utile

C10-11 Campo e orientamento antenna

C10-12 Commutatore del volume -a

C10-13 Commutatore delvolume -b

C10-15 Altoparlanti –b

C10-14 Altoparlanti –b

Funzionamentodell’A.R.VA.

Capitolo 10

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C10-16 Auricolari

Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

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per non disturbare la ricerca dei soccorritori cheoperano nelle vicinanze)

Conversione automatica da ricerca a tra-smissioneAlcuni A.R.VA. sono dotati di un sistema che, dopoun periodo di tempo (5-10 minuti) di permanenzain modalità ricezione fa commutare automaticamen-te l’apparecchio in modalità trasmissione. L’utente,che viene avvisato prima della conversione da unsegnale acustico, premendo un tasto ha la possibilitàentro qualche decina di secondi di impedire la com-mutazione automatica in trasmissione.Questa funzione assicura che dopo una esercitazioneo un soccorso l’apparecchio ritorni in posizione ditrasmissione.

Apparecchio in ricezione tenuto verti-calmenteUn apparecchio posto in ricezione e tenuto vertical-mente non è direzionale; cioè l’A.R.VA., pur ruota-to attorno all’asse più lungo (il lato dove è posizio-nata l’antenna), fornisce lo stesso segnale.

C10-17 A.R.VA. tenuto verti-calmente

Funzionamentodell’A.R.VA.

Capitolo 10

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Funzionamentodell’A.R.VA.

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

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La presenza di una o due antenneSe nell’apparecchio è presente una antenna essa ègeneralmente posizionata secondo l’asse longitudi-nale dell’apparecchio. In questo caso la barra lumi-nosa contenuta nel display fornisce la massimaintensità quando l’antenna è parallela alle linee diforza; inoltre l’indicazione dei metri (molto appros-simata perché dipende anche dall’orientamento del-l’apparecchio) informa se ci si sta avvicinando oppu-re allontanando dall’A.R.VA. che trasmette.

Se invece sono presenti due antenne, l’apparecchiocalcola la direzione e l’intensità della risultante otte-nuta dai due segnali ricevuti e quindi visualizza suldisplay la direttrice verso cui muoversi (che coincidecon la linea di forza) e fornisce la distanza in metri(orientativa) dall’A.R.VA. trasmittente.

Capitolo 10

C10-18 Disposizione antenne

C10-19 Funzionamento condue antenne

Con due antenne, l’appa-recchio calcola la direzio-ne e l’intensità dellarisultante ottenuta daidue segnali ricevuti equindi visualizza suldisplay la direttrice versocui muoversi.

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Funzionamentodell’A.R.VA.

Angolo di ricezioneL’A.R.VA. in modalità ricevente è dotato di unangolo di ricezione di circa 90°; cioè l’angolo entroil quale si riceve il segnale emesso dal trasmettitore.

Capitolo 10

C10-20 Angolo ricezione con TX orizzontale

C10-21 Angolo ricezione conTX verticale

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Funzionamentodell’A.R.VA.

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Capitolo 10

Definizione di portata massima, mini-ma, utile

Nelle caratteristichedegli A.R.VA., rivesto-no particolare impor-tanza le “portate”, ovve-ro le distanze alle quali,è udibile il segnalesonoro (“bip-bip”) pergli apparecchi analogici,o alle quali lo strumen-to è in grado di fornireindicazioni utili alla

ricerca, se si ha a che fare con apparecchi digitali.Si definisce portata massima, la massima distanzaalla quale il segnale resta ancora percettibile (convolume posizionato al massimo); i due apparecchi,trasmettente e ricevente, devono essere posizionaticon le antenne tra loro coassiali su una superficielibera da ostacoli (coassiali=antenne parallele eposte lungo lo stesso asse). Il segnale, in questa situa-zione di massima portata, si ode solo come una sortadi brusio di fondo o di un soffio pulsante; leggerimovimenti (orizzontali o verticali) dell’apparecchiopermettono di non perdere il massimo segnale.Si definisce portata minima la massima distanzaalla quale il segnale resta percettibile (ancora convolume posizionato al massimo) quando i due appa-recchi sono stati invece posizionati con le antennetra loro ortogonali.La portata utile è un valore cautelativo che costi-tuisce il parametro di riferimento durante le fasi diricerca. Si tratta di un valore convenzionale che tieneconto di vari fattori (stato batterie, posizione reci-proca delle antenne, temperatura e umidità, sensibi-lità uditiva dell’utilizzatore) e dell’apparecchio incommercio che presenta la minor portata.Si consiglia di provare il proprio A.R.VA. in mododa misurare la portata minima e verificare se questaè superiore al valore convenzionale di portata utileproposto: ciò consentirà in fase di ricerca, soprattut-

C10-22 Portata minima e massima

La portata utile è unvalore cautelativo e con-venzionale, determinatoda vari fattori che costi-tuiscono il parametro diriferimento durante lefasi di ricerca.

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Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Funzionamentodell’A.R.VA.

277

to con un solo soccorritore, di adottare corridoi diricerca più larghi.Sulla base dei tests comparativi sugli A.R.VA. tradi-zionali (Barrivox VS2000, Fitre Snow Bip II,Ortovox F1, Pieps Optifinder) e sugli A.R.VA. dinuova generazione (Tracker DTS, Ortovox M1,Mammut-Barrivox Opto 3000, A.R.VA. 9000) con-dotte dalla CISA nel 1998 e dal S.V.I. e C.N.S.A.S.nel 1999 sono state fissate le seguenti portate utili:• per A.R.VA. analogici la portata utile è stabilitapari a 20 metri. • per A.R.VA. digitali la portata utile è stabilitapari a 10 metri.Le prove hanno evidenziato che le portate (sia mini-ma che massima) degli A.R.VA. tradizionali, risulta-no ben superiori alle portate degli apparecchi dinuova generazione. In futuro, in seguito alla produ-zione di nuovi modelli, la portata utile potrà essereaumentata e resa uniforme per tutti gli apparecchi.Pertanto non si è ritenuto utile, in questa fase di rapi-da evoluzione tecnica, dare indicazioni numericherelative alle portate massime e minime dei singoliapparecchi, in quanto destinate a rapida obsolescenza.Va comunque segnalato che attualmente, in un appa-recchio analogico-digitale la portata analogica (segnalesonoro) è sempre superiore alla portata digitale (indi-cazione numerica sul display), per cui in fase di rice-zione, l’A.R.VA., a grande distanza (ad esempio 80metri) emette solo una segnalazione acustica, mentre adistanza più ravvicinata (ad esempio 40 metri) fornisceanche indicazione visiva.Alcuni dati tecnici generali degli A.R.VA.

Capitolo 10

FREQUENZA DI EMISSIONE

ALIMENTAZIONE

DURATA DELLE BATTERIEIN EMISSIONE

DURATA DELLE BATTERIEIN RICEZIONE

PORTATA MINIMA

TEMPERATURA DI ESERCIZIO

457 kHz - FREQUENZA STANDARD INTERNAZIONALE

Batterie alcaline. Il tipo di batterie dipende dal modello:2xAA oppure 3XAAA

Da 200 a 300 ore.

In ricezione l’A.R.VA. consuma 5 volte di più. Solo rice-zione: 40-50 ore. Dopo 200 ore di trasmissione: da 1 a 5ore.

Da 15 a 80 metri a seconda del modello.

Da -20 a + 40°C

Le prove hanno evi-denziato che le porta-te (sia minima chemassima) degliA.R.VA. tradizionalirisultano ben superio-ri alle portate degliapparecchi di nuovagenerazione.

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Metodi di ricerca con A.R.VA.

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

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METODI DI RICERCA CON A.R.VA.

PremessaLe modalità operative di ricerca, che verranno svi-luppate nel seguito, sfruttano in maniera metodica erazionale i principi di funzionamento di tale appa-recchio: a- più l’A.R.VA. ricevente si avvicina all’A.R.VA. tra-smittente, maggiore è l’intensità del campo elettro-magnetico e quindi più forte il segnale ricevuto;b- a parità di posizione, quando l’antennadell’A.R.VA. ricevente è parallela alla linea di forzaemessa dall’A.R.VA. trasmittente, si ottiene il segna-le più elevato;c- l’A.R.VA. trasmittente può essere raggiuntoseguendo le linee di forza (ricerca direzionale),oppure muovendosi secondo dei percorsi ortogonalitra loro, che riducono progressivamente l’area diricerca (ricerca a croce).

Capitolo 10

La ricerca direzionaleQuesta modalità di ricerca consiste sostanzialmente nelraggiungere il travolto muovendosi lungo un insieme di

linee di forza del campo elettromagneticogenerato dall’antenna dell’apparec-

chio trasmittente. Si effettuauna traiettoria curvilinea, cheseguendo le linee di forza,conduce all’A.R.VA. sepol-to. (Se il trasmettitore èsepolto in posizione verti-cale le traiettoria sarà retti-linea). Ciò è possibile condue modalità differenti aseconda del tipo di appa-recchio ricevente: analogi-

co o digitale.Nel caso di ricevitore analo-

gico, l’apparecchio vienetenuto orizzontale, parallelo al

piano di ricerca e parallelo allelinee di forza; seguendo tali linee ed avvi-C10-23 Rotazione del ricevitore

Più l’A.R.VA. ricevente siavvicina all’A.R.VA. tra-smittente maggiore èl’intensità del campoelettromagnetico.

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Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Metodi di ricerca con A.R.VA.

cinandosi al trasmettitore ilsegnale acustico deveaumentare.Per capire se l’A.R.VA. è cor-rettamente orientato, e quin-di procedere lungo le linee diforza, bisogna trovare la posizio-ne in cui il segnale è massimo: per ottene-re ciò si fa compiere all’apparecchio unarotazione a ventaglio di circa 120°. Nello schema qui a lato, si osserva che nelleposizioni A e B, l’A.R.VA. non è parallelo allalinea di forza e il segnale acustico è bassocon volume medio. Invece nella posizioneC, il segnale acustico è più forte perché siè raggiunto il parallelismo fra l’antennaricevente e la tangente alla linea di forza in quel punto.Nel punto D, l’A.R.VA. ricevente fornisce un segnaleacustico forte con il commutatore ad un volume basso:infatti è orientato correttamente e raccoglie numeroselinee di forza del campo.

Con apparecchi analogici e analogico-digitali ad una antennaLa sequenza delle operazioni, a partire da un puntoqualsiasi della fase di ricerca, valida per apparecchianalogici e analogico-digitali ad una antenna, è laseguente:1. con un livello di ascolto basso (miglior capacità didiscriminazione), individuare la direzione di massimaintensità sonora fra la direzione di marcia precedente e,muovendo lo strumento a “ventaglio”, le direzioni circa60° a destra e circa 60° a sinistra rispetto alla posizionecentrale (vedi fig. C10-20);2. scegliere la direzione secondo la quale l’intensità delsegnale è massima e procedere, tenendo l’apparecchiofermo, in quella direzione;3. se il segnale è crescente, mantenere la direzione fin-ché l’intensità determina livelli di ascolto eccessivamen-te elevati, cioè quando non si riescono a distinguere levariazioni di volume; ripetere quindi l’operazione difase 1;

Capitolo 10

C10-24 Metodo direzionale

Per capire se l’A.R.VA. ècorrettamente orientato, equindi procedere lungo lelinee di forza, bisogna tro-vare la posizione in cui ilsegnale è massimo: perottenere ciò si fa compiereall’apparecchio una rota-zione a ventaglio di circa120°.

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Metodi di ricerca con A.R.VA.

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

280

4. se il segnale diventa decrescente o si mantienecostante, procedere per un certo tratto (1-2 metri) eripetere l’operazione di fase 1.

Con apparecchi analogici e analogico-digitali a due antenneNel caso si operasse con apparecchi digitali oppure ana-logico digitali dotati di due antenne, l’A.R.VA. indicaverso quale direzione bisogna spostarsi (destra - sini-stra) in modo da seguire costantemente le linee di forzadel campo. È importante non muoversi troppo velo-cemente per consentire al processore di elaborare evisualizzare le informazioni. Poiché si continua acambiare direzione non è necessario fermarsi ad orien-tare l’apparecchio: il percorso risulta così una lineacurva senza soluzione di continuità. Ciò diversamentedal caso con utilizzo di strumenti analogici, in cui ilpercorso è costituito da una serie di linee spezzate.

La ricerca a croce o per linee ortogonaliQuesta modalità di ricerca consiste nel raggiungere iltravolto, movendosi a partire da un punto in cui ilsegnale è udibile, secondo linee ortogonali. Il principioalla base di questa tecnica di ricerca, è legato al fatto percui movendosi lungo una linea retta, il segnale (ovvia-mente mantenendo costante il valore della attenuazio-ne di volume e la posizione dell’A.R.VA. per quellospecifico punto della ricerca) raggiunge un valore mas-simo per poi diminuire. Ripetendo questi movimentiperpendicolari fra loro e riducendo progressivamen-te il volume dell’apparecchio ricevente, si restringegradualmente l’area della ricerca fino ad individuarela posizione dell’apparecchio sepolto.Questa ricerca tipicamente eseguita con dispositivi ana-logici, può anche essere effettuata con dispositivi ana-logici-digitali o puramente digitali. Infatti è possibileutilizzare la sola indicazione numerica fornita daldisplay di un apparecchio digitale per effettuare unaricerca a croce.La sequenza delle operazioni, a partire da un puntoqualsiasi della fase di ricerca in cui il segnale sia udi-bile, riferita ad apparecchi analogici oppure ana-logico-digitali oppure digitali, è la seguente:

Capitolo 10

L’A.R.VA. digitale o analo-gico digitale indica versoquale direzione bisognaspostarsi (destra - sinistra)in modo da seguirecostantemente le linee diforza del campo.

Con movimenti perpen-dicolari fra loro e ridu-cendo progressivamenteil volume dell’apparec-chio ricevente, si restrin-ge gradualmente l’areadella ricerca fino ad indi-viduare la posizione del-l’apparecchio sepolto.

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Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Metodi di ricerca con A.R.VA.

1. Abbassare il livello sonoro dell’apparecchio al mini-mo udibile senza correre il rischio di perdere il segnale;tenendo l’apparecchio in posizione orizzontale conl’altoparlante rivolto verso l’alto, distinguere il volumemaggiore che determinerà la linea di ricerca.Per A.R.VA. digitali (fig. -a) fare riferimento allariduzione dell’indicazione numerica. 2. Muoversi lungo questa linea e mantenere l’appa-recchio nella stessa posizione senza variare il volumedi ascolto. Valutare la variazione di intensità delsegnale e individuare il punto in cui questa avrà rag-giunto il valore massimo.3. Portarsi sul punto di massima intensità individua-to e ridurre il volume alla soglia dell’udibile (luogodel minimo valore numerico sul display digitale).4. A partire dal punto di massimo individuato in pre-cedenza, muoversi in direzione perpendicolare alla lineaseguita fino a quell’istante. Il verso sarà scelto per esclu-sione seguendo quello per cui il segnale andrà aumen-tando (o diminuendo il valore numerico sul display).5. Ripetere le operazioni a partire dal punto 2.Appena raggiunti i valori minimi di regolazionedella sensibilità, l’apparecchio deve essere avvicinatoal terreno. A questo punto si determina dove proce-dere al sondaggio.La sequenza è schematizzata nella figura -c in cui sonoevidenziati i punti di variazionedi segnale e di direzione da cuiderivano le scelte della nuovalinea di ricerca. La figura -a,mostra come ruotandol’A.R.VA. sul piano, si individuala posizione di segnale massimo.Questa direzione stabilisce ladirezione di ricerca. La figura -bevidenzia come, individuata laposizione ottimale dell’A.R.VA.,l’orientamento dell’apparecchionon vada più modificato qua-lunque sia la direzione percorsa:l’asse A-B dell’apparecchio deveessere mantenuto dal soccorrito-re anche se si sposta.

Capitolo 10

C10-25 Metodo a croce -a

C10-26 Metodo a croce -b

C10-27 Metodo a croce -c

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Fasi della ricerca con A.R.VA.

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

282

FASI DELLA RICERCA CON A.R.VA.

La tecnica di ricerca con A.R.VA. consiste essenzial-mente di tre fasi distinte e sequenziali:• Fase primaria: ricerca del primo segnale

Metodo:- linee parallele (più soccorritori)- con movimento a “greca” (un solo soccorritore)

• Fase secondaria: localizzazioneMetodo:- ricerca direzionale o per linee di forza del campo

• Fase finale: ricerca di precisioneMetodo:- ricerca a croce o per linee ortogonali

Fase primaria: ricerca del primo segnale La ricerca del primo segnale deve essere effettuata muo-vendosi orientando l’A.R.VA. in tutte le direzioni, cioèruotandolo attorno ai tre assi dell’apparecchio stesso.L’intento è di cogliere il segnale nella situazione diorientamento dell’antenna il più favorevole possibile.Ovviamente il livello dell’attenuatore di volume del-l’apparecchio deve essere al massimo. Il metodo utiliz-zato può essere differente a seconda del numero di soc-corritori presenti sul luogo. Nel caso di un singolo soc-corritore, la tecnica di ricerca del primo segnale consi-ste nel percorrere l’intera estensione della valanga effet-

Capitolo 10

C10-28 Ricerca con A.R.VA. analogici

Muovendosi e orientandol’A.R.VA. in tutte le dire-zioni cioè con una rotazio-ne attorno ai tre assi dellostrumento, si effettua laricerca del primo segnale.

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Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Fasi della ricerca con A.R.VA.

283

tuando un percorso secondo lo schema qui a fiancoillustrato in figura C10-31. È importante che la distan-za fra vari tratti di percorrenza (la così detta banda diricerca o corridoio) sia pari (e mai superiore) al doppiodella portata utile (PU) dell’apparecchio di ricerca,onde assicurare la completa copertura della valanga. Per lo stesso motivo le inversioni di direzione in corri-spondenza dei bordi della valanga vengono effettuate auna distanza inferiore o pari alla portata utile.La traccia a “zig zag” è più adatta quando è necessarioprocedere con gli sci ai piedi (neve profonda e pococonsistente) mentre quella a “greca”, lo è quando lanatura della superficie della valanga richiede una pro-gressione a piedi. Il metodo a greca presenta comunquedei vantaggi che si possono così riassumere:• sensibile economia di percorso (circa 18% in meno)• maggior sicurezza nel rispetto delle distanze utili

derivata da una maggior facilità di apprezzamento degli spazi.

Nel caso in cui siano disponibili più soccorritori, lacopertura della valanga sarà effettuata suddividendo lavalanga stessa in più strisce da percorrersi, da parte deisingoli soccorritori, secondo linee rette parallele comeindicati schematicamente qui a fianco. La distanza tradue soccorritori (cioè la banda di ricerca) non deve esse-re superiore a due volte la portata utile (2xPU). I soc-corritori si schiereranno, regolarmente intervallati, sulfronte della valanga e procederanno contemporanea-mente e parallelamente nella stessa direzione.

Capitolo 10

C10-29 Ricerca con A.R.VA. digitali

C10-31 Ricerca fase 1 un solo soccorritore

C10-30 Ricerca fase 1 vari soccorritori

La traccia a “zigzag” è più adattacon gli sci ai piedi(neve profonda epoco consistente),mentre quella a“greca” lo è quan-do si richiede unaprogressione apiedi.

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Fasi della ricerca con A.R.VA.

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

284

Fase secondaria:localizzazione del travolto In questa fase si applica la tecnica di ricerca direzio-nale o per linee di forza del campo, già illustrata inprecedenza e qui ripresa in dettaglio nella figura chesegue. Questo modo di procedere viene applicato apartire dal punto di individuazione del primo segna-le, a completamento della fase precedente, e si pro-trae fino a che si è prossimi al travolto: ciò avviene,grosso modo, quando l’apparecchio ricevente emet-te un segnale ancora percettibile a livello 3 (es. vali-do con A.R.VA. aventi un commutatore di volume a9 livelli di regolazione).

Capitolo 10

C10-32 Ricerca fase 2 direzionale

6°- Nella fase finale di ricerca siadotta il sistema a croce.

5°- Ripetere le fasi 2-3-4 finchéil commutatore del volume indi-ca livelli bassi (2-3) tali da con-sentire l’inizio della fase finale.

4°- Ripetere l’operazione a ven-taglio per individuare la direzio-ne che fornisce la maggioreintensità.

3°- Fermarsi e ridurre il volumein modo da sentire il segnalechiaro e udibile nelle sue varia-zioni. Non portare il volumealla soglia udibile più bassa per-ché si rischierebbe di perdere ilsegnale.

2°- Procedere nella direzioneindividuata fino a che il volumedel segnale è talmente elevato danon consentire la percezione diulteriori variazioni.

1°- Una volta rilevato un segna-le ben stabile, tenere l’apparec-chio orizzontale e con l’altopar-lante rivolto verso l’alto. Spostarelentamente il braccio da sinistraverso destra per un angolo di120° e percepire le variazioni diintensità del “BIP”. Ripetere ilmovimento a ventaglio finchénon si individua la direzione chefornisce la maggiore intensità.

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Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Fasi della ricerca con A.R.VA.

285

Fase finale: ricerca di precisioneSi passa alla fase finale, o di precisione della ricerca,quando, durante la fase secondaria condotta con ilsistema direzionale, le indicazioni del nostro appa-recchio suggeriscono una distanza minore di 3 metridall’apparecchio sepolto, ovvero forniscono unsegnale acustico che si ode in un area di circa 2-3metri quadrati (es. volume a livello 3-2 per A.R.VA.dotati di commutatore a 9 livelli).

La fase finale della ricerca viene effettuata utilizzan-do la tecnica “a croce” già illustrata in precedenza nelsuo funzionamento fondamentale. Oltre a quantoesposto in proposito, sono di seguito ribadite alcuneprecauzioni, o accorgimenti pratici, tipici di questafase.

Nella fase finale l’apparecchio deve essere tenutoorizzontale, a livello del manto nevoso e paralleload esso per minimizzare la distanza dal sepolto, conl’altoparlante (o display) rivolto verso l’alto.

Durante il movimento rettilineo per l’individuazio-ne del massimo, l’A.R.VA. non deve essere ruotatoma mantenuto sempre nella stessa posizione, ciòper non variare artificiosamente la risposta dell’ap-parecchio.

In buona parte dei manuali d’uso degli apparecchidigitali e analogico-digitali, per la fase finale dellaricerca, il metodo consigliato è quello a linee orto-gonali. Si raccomanda sempre lo studio meticolosodelle istruzioni allegate allo strumento.

Una volta individuato il punto si procede al son-daggio. L’utilizzo della sonda permette di localizza-re con assoluta precisione il corpo del travolto, sti-marne la profondità e impostare la traiettoria delloscavo. La sonda che segnala la posizione del sepolto,non deve essere rimossa fino a disseppellimento ulti-mato.

Capitolo 10

C10-33 Ricerca fase 3 - croce

Nella fase finale l’appa-recchio deve essere tenu-to orizzontale, a livellodel manto nevoso eparallelo ad esso perminimizzare la distanzadal sepolto, con l’alto-parlante (o display)rivolto verso l’alto.

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Ricerca di più personesepolte

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

286

RICERCA DI PIÙ PERSONE SEPOLTE

Negli ultimi anni, con considerevole frequenza, negliincidenti da valanga vengono coinvolte due o più per-sone. Il grafico (fig. C10-34), mostra chiaramente cheuna percentuale notevole (50%) di seppellimenti avve-nuti in Italia, interessa 2 o più persone. Da una indagi-ne, relativa al periodo 1970-1999, svolta dall’Istituto diRicerca sulla neve e le valanghe di Davos (Svizzera), siriscontra una percentuale pari al 61% di casi, in cuivengono coinvolte più di una persona.Definiamo la ricerca di due o più travolti come ricer-ca multipla. Questo tipo di ricerca rappresenta un’o-perazione difficile, poiché si devono localizzare piùA.R.VA., che trasmettono contemporaneamente, econ segnali si sovrappongono fra loro creando confu-sione. Dopo aver localizzato il primo segnale, e indica-to il punto con la sonda, spesso non è possibile dissep-pellire il travolto, spegnere l’A.R.VA., e poi continua-re la ricerca degli altri travolti. Frequentemente, unavolta segnato il punto dove eseguire lo scavo, è neces-sario proseguire nella ricerca, lasciando ad altri il com-pito del disseppellimento. Consideriamo inoltre che gliattuali apparecchi digitali e analogico-digitali si diversi-ficano fra loro per funzioni speciali, riguardanti le indi-cazioni e l’individuazione di due o più travolti, e ognu-no di essi è progettato per procedure specifiche di ese-cuzione della ricerca multipla. Ci proponiamo, in que-sta sezione, di indicare dei metodi standard di ricerca,che possano essere utilizzati indipendentemente daltipo di apparecchio con cui si opera.

Definizione di apparecchi “distanti” eapparecchi “vicini”Nel seguito verranno illustrati due diversi sistema diricerca, a seconda che si debba localizzare dueA.R.VA. sepolti in zone distanti tra loro, oppure sidebba localizzare due o più A.R.VA. sepolti in zonevicine tra loro. Per stabilire i concetti di “distanti” e“vicini”, che determineranno procedure diverse diricerca, si suggeriscono dei valori inerenti alle distan-ze dei trasmettitori. Tali valori sono puramente indi-

Capitolo 10

C10-34 Travolti ogni incidente- Italia

La ricerca multipla rap-presenta un’operazionedifficile, poiché si devonolocalizzare più A.R.VA.che trasmettono contem-poraneamente con segna-li che si sovrappongonofra loro creando confu-sione.

Per stabilire i concetti di“distanti” e “vicini”, chedetermineranno proce-dure diverse di ricerca, sisuggeriscono dei valoriinerenti alle distanze deitrasmettitori.

E

PERSONEAVOLTE

6%

2/3 persone travolte

34%

4 e piùpersone travolte

16%

1 persone travolta

50%

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Ricerca di più personesepolte

287

cativi e non da considerare assoluti, possono differen-ziarsi in base a disparate circostanze (posizione degliapparecchi, profondità di seppellimento, modello diapparecchio, stato delle batterie).Assumiamo come riferimento un quadrato di 10 per10 metri e consideriamo gli apparecchi situati al suointerno come vicini tra di loro.Gli apparecchi posti a distanza superiore a 10 m, equelli situati agli estremi della diagonale del quadratostesso (circa 14 metri di distanza) vengono considera-ti distanti tra di loro.Operare con volumi bassi, significa usare livelli da 1a 3 del commutatore manuale di volume per apparec-chi dotati di scala da 1 a 9, e livelli da 1 a 2, per appa-recchi con scala di regolazione inferiore. Nel caso diapparecchio puramente digitale la ricerca è di più dif-ficile applicazione perché manca il commutatoremanuale del volume. In questa situazione ci si avvaledell’apparecchio per la sola indicazione numerica (ilnumero che esprime orientativamente la distanza inmetri sostituisce il suono).

Ricerca multipla: due apparecchi (lonta-ni o vicini)Esistono attualmente vari metodi di ricerca multiplache tuttavia si diversificano a seconda che gli A.R.VA.siano sepolti vicini oppure lontani tra loro. Abbiamoelaborato un sistema, denominato “metodo dei qua-dranti” che si pone l’obiettivo di localizzare due appa-recchi indifferentemente dalla loro mutua posizione.Questo sistema trova il primo A.R.VA. sepolto con laprocedura già descritta (localizzazione e ricerca di pre-cisione); successivamente, per individuare il secondoA.R.VA., la ricerca, impiegando sostanzialmente ilmetodo di localizzazione “per linee ortogonali o acroce”, inizia dal punto del primo ritrovamento, ana-lizza le aree poste a sinistra a destra e al centro e quin-di per esclusione si concentra su uno di questi qua-dranti.Fasi della ricerca con il “metodo dei quadranti”:a) Dopo aver rilevato il primo segnale (completata lafase primaria della ricerca), procedere con il metodo

C10-35 Multipla distanze

È importante far osservareche le due procedure per laricerca multipla, descrittenelle sezioni che seguono,sono legate alle caratteri-stiche degli A.R.VA. attual-mente in commercio.Poiché le case produttricistanno sviluppando nuovimodelli di A.R.VA. dotatidi sistemi di ricerca piùsemplificati, non si esclu-de che in tempi brevi,siano presenti sul mercatoapparecchi che risolveran-no il problema dei seppel-limenti multipli indican-do sul display il numerodei sepolti ed escludendoprogressivamente i segnaliemessi dagli apparecchigià localizzati.

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Ricerca di più personesepolte

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

direzionale seguendo il segnale più intenso. Pur sapen-do che esistono due apparecchi sepolti, in base alladistanza o alla posizione di seppellimento, non è dettoche subito si rilevino entrambi i segnali.b) Una volta individuato il primo apparecchio (TX1),dapprima con il metodo direzionale e poi con il meto-do a croce, si marca la posizione (punto P1). Per deter-minare più facilmente le direttrici di movimento daseguire per la localizzazione del secondo apparecchio èpossibile collocare un bastoncino in posizione ortogo-nale alla direzione di provenienza. (vedi fig. C10-36)c) Nel punto P1 tenere l’A.R.VA. ricevente con lo stes-so orientamento con il quale si è effettuata la ricercafinale a croce di TX1 ed aumentare il volume finchési rileva il secondo apparecchio (TX2). Da P1 ci sipuò spostare indifferentemente a sinistra, a destraoppure in avanti, curando di non modificare l’orienta-mento dell’A.R.VA. (cioè non deve essere ruotato nelpiano, per conservare il livello di sensibilità iniziale).Lo scopo è di evidenziare il segnale emesso dal TX2che potrebbe trovarsi nei tre quadranti: OVEST, ESToppure NORD. d) TX2 posizionato nei quadranti OVEST oppure EST:nel caso in cui TX2 si trovi sepolto a sinistra oppure adestra occorre spostarsi dal punto P1 lateralmente fin-ché si rileva in modo più evidente il segnale emesso dalsecondo apparecchio; una volta stabilita l’area di ricer-

Capitolo 10

C10-36 Ricerca due apparecchi -a

È importante operarecon volume bassi: utiliz-zando livelli elevati delvolume i tratti da per-correre saranno maggio-ri, si consiglia pertantodi esercitarsi a lavorarecon volumi ridotti.

Nel caso di A.R.VA. vicinitra loro e sepolti in modoparticolare (ad esempioTX1 in posizione verticalee TX2 in posizione oriz-zontale) potrebbe verifi-carsi che in fase di ricercasi ingaggi prima TX2 poi-ché il campo elettroma-gnetico prodotto da que-st’ultimo si rivela piùintenso.

Se nella ricerca vengonoimpiegati A.R.VA. dotatidi volume automatico,bisogna fare riferimentoalle indicazioni numeri-che anziché al segnaleacustico durante gli spo-stamenti.

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Ricerca di più personesepolte

289

ca si può individuare TX2 con il metodo a croce. (vedifig. C10-37)e) TX2 posizionato nel quadrante NORD: nel caso in cuiTX2 si trovi sepolto davanti, la ricerca condotta spo-standosi verso i quadranti EST oppure OVEST dovreb-be dare esito negativo. Pertanto dal punto P1 si precedein avanti entrando nel quadrante NORD: il segnale diTX2 dovrebbe aumentare. (vedi fig. C10-38)

C10-37 Ricerca di due apparecchi - b

C10-38 Ricerca di due apparecchi - c

Se il “metodo dei qua-dranti” risultasse eccessi-vamente elaborato per unsoccorritore di poca espe-rienza, è possibile eseguirela ricerca multipla di dueapparecchi applicando il“metodo della microgre-ca” descritto nella sezionesuccessiva;

Capitolo 10

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C10-39 Microgreca -a

Ricerca di più personesepolte

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Sci alpinismo

290

Ricerca multipla: tre o più apparecchiDurante la ricerca primaria del segnale, per copriretutta la superficie valanghiva, si possono seguire deicorridoi di ricerca (più soccorritori), oppure effet-tuare un percorso a forma di greca (un soccorritore).Se viene percepito un segnale, si applica il metodo,come noto, della ricerca per linee di campo.

Proseguendo nella ricerca perlinee di campo, se si rilevano piùsuoni, o visualizzazioni sul displayindicanti la presenza di più appa-recchi, si deve cambiare strategiadi ricerca. In genere i segnali di due apparec-chi sono tra loro distinguibili,

viceversa in presenza ditre o più A.R.VA., isegnali si sovrappongo-no, e sono difficilmentedistinguibili (vedi fig.C10-39). Bisogna ora interpretare i

segnali che si rilevano: inprimo luogo occorre stabilire il

numero degli apparecchi sepolti, e la dimensionedell’area in cui si trovano.In base al livello del commutatore di volume, e altipo di apparecchio ricevente in dotazione, è possi-bile formulare una stima orientativa dell’estensionedi tale area (come indicazione vedi tabella 1).Cosi procedendo avremo individuato una porzionedi valanga in cui si ricevono più segnali e si potràoperare su di essa con maggiore tempestività.Riportiamo a titolo di esempio nella tabella 1, alcu-ni valori indicativi medi, ricavati da prove pratiche,di portata minima e portata massima per apparecchidotati di commutatore manuale di volume. Nelleprove sono stati impiegati due trasmettitore per rica-vare una indicazione media, e le misure sono stateeffettuate tenendo il trasmettitore in superficie.

Capitolo 10

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Ricerca di più personesepolte

291

Capitolo 10

LIVELLO DEL COM-MUTATORE

BARRYVOXVS68(9 livelli)

FITRESNOW BIP II(9 livelli)

ORTOVOX M2ACUSTICO(5 livelli)

MAMMUTOPTO 3000ACUSTICO(8 livelli)

1

Min(m)

Max(m)

Min(m)

Max(m)

Min(m)

Max(m)

Min(m)

Max(m)

2 3 4

1 2 2 4,50 4 7 10 16

0,50 2 2 4,50 4 7 10 16

1,30 3 3 5 4,80 12 20 24

0,60 1,20 1 2,50 2,50 3,80 4 7

Ricerca di più persone sepolte: metododella microgrecaIl procedimento che viene presentato, si basa su unmetodo elaborato da Manuel Genswein, tecnicoelettronico svizzero, che si occupa dello sviluppodegli apparecchi A.R.VA.Nell’esempio di figura C10-40 si sono individuati 3segnali e ci si trova sul livello 4 del commutatore divolume (apparecchi con scala da 1 a 9).Definiamo questa porzione di valanga come“microarea” di ricerca.In questa porzione di valanga si applica una ricerca agreca con bande strette e con livelli bassi del com-mutatore di volume: tale procedura verrà indicatacon il termine ricerca a microgreca.Questa tecnica, se applicata con metodo, garantiscebuone probabilità di perlustrare la zona individuata,evitando situazioni di confusione (sovrapposizionedi ricercatori e mancanza di una metodologia diricerca) tipiche dei seppellimenti multipli. Procedura di ricerca (riferita ad apparecchi con scaladel volume da 1 a 9):a. in primo luogo bisogna marcare con un bastonci-

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no il punto in cui si abbandona la ricerca del primosegnale e si inizia la fase di localizzazione; una voltacompletata la ricerca multipla si dovrà ritornare atale punto per continuare a perlustrare la restantearea.

b. Marcare il punto di inizio della microgreca con unbastoncino orientare l’apparecchio nella posizionedove si percepisce maggiormente il segnale e fissarenel commutatore di volume il valore 3. (conA.R.VA. dotati di 5 livelli di volume fissare un valo-re 2). In questa fase si deve necessariamente riceverealmeno un segnale; nel caso contrario significa che siè iniziata troppo distante la ricerca a microgreca.L’orientamento dell’apparecchio e la regolazionedella sensibilità del volume (3) devono rimanereinvariati lungo il percorso della microgreca.

c. Iniziare a percorrere la microgreca spostandosi peresempio a destra. La chiara diminuzione, perdita delsegnale, delimita la larghezza della microgreca. Ènecessario ricevere, anche se a valore minimo, alme-no un segnale (sempre volume 3).

d. Quindi giunti al punto dove si tende a perdere ilsegnale, cambiare direzione muovendosi perpendi-colarmente di 3 metri (fig. C10-40).

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292

Capitolo 10

C10-40 Microgreca -b

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Si deve ricordare che stiamo lavorando con sensibi-lità basse, per cui l’apparecchio va tenuto vicino allasuperficie della neve e in posizione orizzontale, inol-tre si mantiene la posizione di partenza (cioè nondeve essere ruotato nel piano, per conservare il livel-lo di sensibilità iniziale).

e. Proseguire ora verso sinistra; l’eventuale aumentosignificativo di un segnale indica la buona riuscitadella ricerca.

f. In tal caso, agganciato il segnale che aumenta deci-samente, abbandonare la microgreca (punto P),ridurre la sensibilità, passando a volumi minimi eindividuare il sepolto con la tecnica di ricerca orto-gonale. Ricordiamo che anche in questa fasel’A.R.VA. va mantenuto in posizione orizzontale allasuperficie del manto nevoso e non và ruotato nelpiano.

g. Segnalare il punto dove verrà eseguito il sondag-gio e lo scavo da parte di altri soccorritori (fig. C10-41).

h. Riprendere il percorso della microgreca ritornan-do al punto dove lo si era abbandonato e riportare ilcommutatore di volume sul valore 3 (punto P).

Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

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Capitolo 10

C10-41 Microgreca -c

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294

i. Continuare lungo la microgreca fino al punto incui i segnali tendono a scomparire.

l. Spostarsi perpendicolarmente di 3 metri e proce-dere verso destra, finché si aggancia in modo netto il2° apparecchio.

m. Abbandonare la microgreca (punto P1) e proce-dere come nel primo caso per la localizzazione.

n. Dopo aver segnalato il punto di sondaggio, ritor-nare al punto P1 della microgreca, riportare il volu-me al valore 3, e riprendere la traiettoria della micro-greca.

o. Proseguendo nella microgreca localizzare con lastessa procedura il terzo apparecchio.

p. La microgreca va poi continuata ripartendo dalpunto P2, fino a perlustrare completamente lamicroarea d’interesse.

q. Completata la ricerca multipla si ritorna al puntoin cui si è iniziata la ricerca direzionale e si continuaa perlustrare l’area rimanente. Nel caso di ulterioriapparecchi è possibile isolare una successiva “microa-rea”, e procedere sulla relativa microgreca.

Capitolo 10

C10-42 Microgreca -d

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Ricerca di più personesepolte

295

Osservazionia. In questo tipo di ricerca multipla è utile la colla-borazione di un compagno, che aiuta a segnalare ipunti di abbandono e di ripresa della microgreca (P,P1, P2), a mantenere la linearità delle traiettorie e aconservare fra loro la distanza costante di circa 3metri.

b. Nel caso di più ricercatori (fasce di ricerca), è pre-feribile che la ricerca multipla venga effettuata da unsolo ricercatore, ciò al fine di evitare confusione esovrapposizione di ruoli.

c. Il valore tipico del commutatore di volume (livel-lo 3), e la profondità della microgreca (3 metri), pos-sono essere modificati in funzione del tipo di appa-recchio e della esperienza del ricercatore.Il disegno illustra una situazione di ricerca completasvolta da un unico soccorritore, su un’area di valan-ga relativamente grande (fig. C10-43).

Capitolo 10

C10-43 Microgreca globale

C10-43 Microgreca globale

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Il problema dei falsimassimi

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296

IL PROBLEMA DEL FALSI MASSIMI

In questa sezione di approfondimento, viene affronta-to il problema dei falsi massimi o massimi ingannevo-li. Durante la ricerca finale o di precisione, in funzio-ne delle mutue posizioni, dell’antenna dell’A.R.VA.ricevente rispetto all’antenna dell’A.R.VA. trasmitten-te, è possibile individuare più punti di segnale massi-mo, pur essendo un solo apparecchio sepolto. Questofenomeno si manifesta evidente soprattutto nel caso disepolture profonde, e richiede delle strategie di ricercapiù raffinate. Per profondità medie di seppellimento,questa apparente anomalia, pur esistendo, risulta pocorilevante, e non richiede correzioni al metodo di ricer-ca illustrato (a croce). Con riferimento al segnale acu-stico, si intende per punto di massimo, quello muo-vendo dal quale, a regolatore di volume mantenutocostante, esso diminuisce di intensità, qualunque sia ladirezione assunta.Per massimo reale, si intende il punto che coincidecon la verticale dell’A.R.VA. trasmittente.Per falso massimo, si intende qualunque altro massi-mo che non coincide con il precedente. La distanza frala verticale dell’A.R.VA. sepolto e il falso massimo, ècirca pari alla profondità di seppellimento.Vengono segnalati due scenari in cui si manifestanofalsi massimi:a) A.R.VA. trasmittente con antenna orizzontale e

A.R.VA. ricevente con antenna verticale;b) A.R.VA. trasmittente con antenna orizzontale e

A.R.VA. ricevente con antenna orizzontale.

Ricevitore con antenna verticale e tra-smettitore orizzontale Questa situazione presenta quattro falsi massimi: duesi trovano sul piano di ricerca, e sono facilmente rile-vabili; gli altri due sono localizzati sotto la vittima enon sono rilevanti ai fini della ricerca (se non su pen-dii molto ripidi). È interessante notare, che la personasepolta si trova tra i due falsi massimi, e in corrispon-denza di un punto di “minimo”. La ricerca finaleavviene con apparecchio a contatto del suolo; tuttavia

Si intende per massimo ilpunto che coincide con laverticale dell’A.R.VA. tra-smittente, dove muoven-do da esso, con il livellodi volume mantenutocostante, il segnale acusti-co diminuisce di inten-sità, qualunque sia ladirezione assunta.

Capitolo 10

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Il problema dei falsimassimi

297

C10-44 Profondi - TX orizzon-tale e RX verticale

C10-45 Solo 2 falsi massimi dasopra

a titolo dimostrativo, si può osservare che tanto più ilricevitore viene tenuto sollevato da terra, tento più ifalsi massimi si allontanano dal punto di minimo,sotto la cui verticale giace l’A.R.VA. trasmittente.

Capitolo 10

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Il problema dei falsimassimi

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

298

Ricevitore e trasmettitore con antennaorizzontaleIl primo disegno (fig. C10-46) illustra la situazionevista in sezione (cioè perpendicolare al piano verti-cale che contiene le due antenne) ed evidenzia lapresenza di tre massimi; in realtà se il campo diricerca viene osservato dall’alto (fig. C10-47) si pos-sono individuare degli altri massimi il cui numerodipende dalla posizione reciproca delle antenne.

Situazione con TX orizzontale e RXorizzontale vista in sezione

Dal secondo disegno (fig. C10-47) si distinguonodue casi: a) A.R.VA. orizzontali e antenne parallele: conl’antenna ricevente parallela a quella del trasmettito-re (ipotizzando che il ricercatore muova da destra asinistra lungo una traiettoria che interseca la vertica-le del trasmettitore), si rilevano due massimi ai lati epunto di massimo intenso sopra l’A.R.VA. trasmit-tente. Sospettando questo scenario, ci si deve muo-versi oltre il primo massimo, al fine di assodare se in

Capitolo 10

C10-46 Profondi - TX oriz-zontale e RX orizzontale

Con l’antenna riceventeparallela a quella tra-smittente (ipotizzandoche il ricercatore muovada destra a sinistra lungouna traiettoria che inter-seca la verticale del tra-smettitore), si rilevanodue massimi ai lati epunto di massimo inten-so sopra l’A.R.VA. tra-smittente.

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Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Il problema dei falsimassimi

299

Capitolo 10

prossimità esista un massimo più intenso. Se il ricer-catore muove ai lati della verticale del trasmettitore,può incontrare altri due massimi per ciascuna parte(notare che quest’ultima situazione non sempre èevidente, e ciò dipende dal modello degli apparec-chi).b) A.R.VA. orizzontali e antenne ortogonali: conl’antenna ricevente ortogonale a quella del trasmet-titore (ipotizzando che il ricercatore muova dall’altoal basso) si rilevano 4 falsi massimi, e in corrispon-denza del trasmettitore, il segnale è debole.

Le situazioni illustrate, in particolare con il ricevito-re e il trasmettitore posizionati in orizzontale, posso-no trarre in inganno i ricercatori. Si devono perciò applicare delle strategie di ricerca,che soprattutto in occasione di seppellimentiprofondi, tengano conto dei falsi massimi, e orienti-no il ricercatore sull’effettiva area di sepoltura.

Situazione con TX orizzontale e RXorizzontale vista dall’alto C10-47 Molti massimi da

sopra

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Ricerca di personesepolte in profondità

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

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RICERCA DI PERSONE SEPOLTE INPROFONDITÀ

In questo paragrafo di approfondimento si affrontail caso in cui la persona sia sepolta in profondità,cioè oltre 1,06 metri che rappresenta il valore mediodei sepolti in valanga. Sebbene statisticamente talesituazione abbia una ricorrenza pari a circa il 12% èuna eventualità da considerare. La questione tuttaviadeve essere affrontata da ricercatori che già dispon-gono di buone conoscenze dell’A.R.VA. e dei meto-di di ricerca e quindi risulta adatta per corsi di per-fezionamento e per istruttori.In questa situazione, a causa del problema dei falsimassimi, la ricerca effettuata con il metodo a crocerisulta difficile e anche se il sondaggio può dare unbuon aiuto per individuare la posizione esatta delsepolto, esso richiede notevole abilità e maggiortempo a causa della zona più ampia da perlustrare.Si fa notare che la produzione di A.R.VA. e lo studiodi nuovi sistemi di ricerca sono in grande fermentoe non si escludono in futuro dei cambiamenti. Tra levarie strategie di ricerca oggi sperimentate si è opta-to per il metodo della ricerca fine a cerchio elabo-rato nel 1994 dal tecnico elettronico svizzeroManuel Genswein. Il sistema sfrutta il fatto che se il soccorritore tienel’A.R.VA. ricevente in posizione verticale puòincontrare solo due falsi massimi oppure un solopunto massimo; viceversa, secondo quanto è statoillustrato nella sezione precedente, se l’A.R.VA. rice-vente si mantiene in posizione orizzontale si posso-no riscontrare numerosi falsi massimi che inganna-no nella fase finale della ricerca.Individuati i due falsi massimi, riportando l’appa-recchio ricevente in posizione orizzontale, si puòprocedere alla ricerca del massimo reale che si trovatra i due falsi massimi.

Capitolo 10

Tra le varie strategie diricerca oggi sperimentatenella ricerca di personesepolte in profondità si èoptato per il metododella ricerca fine a cerchioelaborato nel 1994 daltecnico elettronico svizze-ro Manuel Genswein.

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Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Ricerca di personesepolte in profondità

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Capitolo 10

Riconoscere un seppellimento profondoSe durante la fase finale della ricerca (con il metodoa croce), per non perdere il segnale si deve mantene-re un livello del commutatore “alto” (ad esempioposizione del selettore su 2 per apparecchi con livel-li da 1 a 9), oppure l’indicazione numerica resta “ele-vata” (ad esempio 1,8-2 m con apparecchi digitali),significa che si è in presenza di un seppellimentoprofondo (oltre 1,5 metri). Bisogna effettuare dei test di ricerca a tali profonditàe in base alla posizione del selettore (o all’indicazio-ne numerica del display per gli A.R.VA. digitali) sti-mare la “sensibilità” del proprio apparecchio. Anchein questa situazione si evidenzia l’importanza dellaconoscenza della sensibilità e delle indicazioni forni-te del proprio apparecchio.

Metodo della ricerca fine a cerchio Una volta raggiunto il segnale presunto massimo, ecapito che ci troviamo in un caso di seppellimentoprofondo adotteremo il metodo del cerchio nel mododescritto di seguito.a) Portare l’A.R.VA.ricevente in posizio-ne perpendicolare alsuolo.b) Con il metodo acroce ripetere l’ope-razione di ricerca delprimo falso massimom a n t e n e n d ol’A.R.VA. in posizio-ne verticale.c) Segnalare con unbastoncino il puntocosì localizzato (infigura indicato conMax1).d) Con l’A.R.VA. C10-48 Metodo a cerchio -a

È opportuno effettuaredei test di ricerca aprofondità di oltre 1,5 me, in base alla posizionedel selettore (o all’indi-cazione numerica deldisplay per gli A.R.VA.digitali), stimare la “sen-sibilità” del proprioapparecchio.

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Sci alpinismo

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Capitolo 10

sempre tenuto in posizione verticale e senza modifica-re il volume, spostarsi dal bastoncino Max1, (preferi-bilmente lungo la direzione dalla quale si è entrati) efermarsi quando si perde il segnale acustico (oppurequando il valore numerico sul display aumenta deci-samente; valore da ricavare con una comparazione conA.R.VA. analogico): si è così percorso un certo tratto(lunghezza L)e) Allontanarsi ancora di circa metà di tale tratto(50%) e marcare il punto (1). Si tratta di una mano-vra cautelativa che consente di muoversi all’esternodell’A.R.VA. sepoltof) Scegliendo una delle due direzioni percorrere uncerchio avente per centro il bastoncino Max1 e comeraggio la distanza tra Max 1 e il punto 1 (distanza L +L/2)g) Durante l’esecuzione del cerchio fermarsi quandoricompare il segnale acustico (oppure quando ricom-pare il valore numerico sul display che si aveva nelpunto 1). Questo punto (2) fa riferimento al 2° falsomassimo (vedi fig. C10-48)h) Proseguire ora verso il bastoncino Max1 e lungo que-

sto percorsoindividuare colmetodo a croce

il punto di massima intensità, che rappresenta il 2° falsomassimo. Marcare il punto (Max 2)i) Portare l’A.R.VA. in posizione orizzontale e spo-standosi lungo la linea Max1-Max2, con l’apparecchiorasente al suolo individuare il punto dove il segnaleacustico è massimo (oppure dove il numero deldisplay è minimo). Tale punto indicato con Max3,

rappresenta il massimo reale perpen-dicolare al trasmettitore e si pro-

cede quindi al sondaggio.

C10-49 Metodo a cerchio -b

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Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Ricerca di personesepolte in profondità

Capitolo 10

A titolo riassuntivo si riporta il disegno complessivodella ricerca fine a cerchio nel caso si riscontrino duefalsi massimi.

Diverse posizionidell’A.R.VA. sepoltoCon questo metodo è pos-sibile trovare il secondomassimo indipendente-mente dall’orientamentodell’antenna dell’A.R.VA.sepolto e dalla sua profonditàdi sepoltura. Dalla collocazionedel punto finale Max3 è possibile sti-mare la disposizione dell’ A.R.VA. sepol-to. Se il punto Max3 è a metà diMax1<->Max2, l’A.R.VA. sepolto èin posizione orizzontale, mentre l’avvici-narsi del punto Max3 ad uno dei due falsi massimista ad indicare l’inclinazione più o meno accentuatadell’A.R.VA. sepolto.

C10-51 Metodo cerchio posizioni

C10-50 Metodo cerchio globale

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Sci alpinismo

Caso di un solo massimoSe durante l’esecuzione del cerchio non si percepisce

nessun altrosegnale, significache si è in pre-senza di un solo

massimo e quindi ciò sta ad indicare chel’apparecchio sepolto si trova in posizioneverticale.In questo caso la persona travolta sitrova sotto l’unico massimo rilevato eciò può essere verificato nel seguentemodo: tenendo il ricevitore sopra ilpunto e portandolo in posizione orizzon-

tale il segnaledovrebbe dimi-

nuire notevol-mente. Infatti da

una situazione conantenne coassiali (segnale massimo) si passaad una situazione con antenne poste a 90gradi (segnale minimo).

Quindi si procede al sondaggio e al successivo scavo.Si sottolinea che nella ricerca su pendio l’apparec-chio deve rimanere in posizione perpendicolarerispetto alla superficie del manto nevoso.Ne consegue che anche il sondaggio viene effettuatoperpendicolarmente al pendio.

Capitolo 10

C10-52 Metodo cerchio solo 1max

C10-53 Metodo cerchio ricercasu pendio

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Manutenzionedell’A.R.VA.

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Capitolo 10

MANUTENZIONE E CORRETTO FUN-ZIONAMENTO DELL’A.R.VA.

a. Utilizzare esclusivamente batterie alcaline di buonaqualità non ricaricabili. Sono consigliabili le batteriealcaline, rispetto a quelle normali, perché sono caratte-rizzate da un’alta stabilità anche alle basse temperature.

b. Con uso frequente, controllare regolarmente lo statodi carica delle batterie; devono essere sempre cariche poi-ché le portate effettive risentono di questo parametro.

c. Se non si utilizza l’A.R.VA. per un lungo periodo,rimuovere le batterie.

d. Dopo l’impiego in ambiente umido o bagnato (es.sudore, prove nella neve), è opportuno rimuovere le bat-terie e far asciugare l’apparecchio, lontano da fonti dicalore dirette.

e. Trattare l’apparecchio con cura; per quanto robusto,urti violenti possono danneggiare soprattutto l’antenna,e/o altri componenti, riducendone la portata, se nonaddirittura, compromettendone il corretto funziona-mento.

f. Controllare con regolarità la portata: spesso unA.R.VA. vecchio e “maltrattato” presenta portate infe-riori a quelle che offriva da nuovo.

Fattori che disturbano il corretto funzio-namento dell’A.R.VA.Per evitare che fattori di varia natura influenzino nega-tivamente il raggio d’azione, sia in trasmissione che inricezione, e possano pregiudicare il funzionamento deldisplay, è necessario attenersi ad una serie di regole.In trasmissione: nella tasca in cui è custodito l’A.R.VA.non devono essere presenti oggetti metallici, o elettroni-ci; una eventuale radio rice-trasmittente deve essere con-servata altrove. In ricezione: devono esistere almeno 50 cm di distanzatra l’A.R.VA. e qualunque oggetto metallico o elettroni-co; il telefono cellulare deve essere spento. Si ricordainoltre che linee di alta tensione e gli impianti di risa-lita disturbano il corretto funzionamento dell’A.R.VA.

Oggetti metallici, elet-tronici, cellulari, linee dialta tensione e impiantidi risalita disturbano ilcorretto funzionamentodell’A.R.VA.

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Manutenzionedell’A.R.VA.

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Sci alpinismo

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La verifica di funzionamento degliA.R.VA.Prima di iniziare una escursione, o di mettersi in motoper una operazione di soccorso, deve essere provato ilfunzionamento degli A.R.VA., tanto in ricezionequanto in trasmissione.Il metodo di controllo, deve considerare la presenza diapparecchi sia analogici che digitali.Il responsabile del gruppo, prima controlla che tutti gliapparecchi funzionino in ricezione, quindi verifica lacorretta emissione di tutti gli A.R.VA.La procedura da seguire per il controllo degli A.R.VA.viene descritta nel capitolo “Condotta di gita”.

ESERCIZI SULL’UTILIZZODELL’A.R.VA.Si è vista l’importanza della rapidità di intervento incaso di travolgimento. L’uso dell’A.R.VA. diventa indispensabile, ma altret-tanto irrinunciabile risulta la correttezza d’uso e l’abi-lità individuale. È necessario pertanto un continuoaddestramento, per il quale vengono proposti eserciziatti ad aumentare e mantenere una adeguata destrezza.

Operazioni ed esercizi (da svolgereanche a secco: abitazione, prati, boschi)1) leggere con attenzione le istruzioni di funziona-mento del proprio A.R.VA. e acquistare familiarità conil sistema di accensione e spegnimento, trasmissione ericezione, funzioni particolari;

2) controllare la carica delle batterie;

3) verificare il funzionamento dell’autodiagnosi;

4) addestrarsi ad indossare correttamente l’A.R.VA.;

5) con apparecchi in vista determinare la portata mas-sima e la portata minima;

6) verificare l’angolo di ricezione: dalla posizione dimassimo segnale (antenna parallela alle linee di

Capitolo 10

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Sci alpinismo A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Esercizi sull’utilizzodell’A.R.VA.

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campo), ruotare l’apparecchio ricevente finché si perdeil segnale;

7) tenendo il TX in posizione orizzontale e l'RX inposizione verticale verificare che l'apparecchio riceven-te non è direzionale pur ruotandolo attorno all'asse piùlungo;

8) eseguire la ricerca del primo segnale su una zona sta-bilita: con un solo ricercatore (percorso a greca), conpiù ricercatori (linee parallele);

9) in fase di localizzazione, esercitarsi nella ricerca dire-zionale con apparecchi a tecnologia diversa, e verifica-re l’andamento delle linee di campo;

10) in fase di ricerca finale, esercitarsi con il metodo acroce con apparecchi a tecnologia diversa.

Ricerca individuale di un apparecchiosepolto1) Seppellire l’A.R.VA., contenuto dentro uno zainoo dentro un sacco imbottito, sotto almeno 50 cm. dineve: ciò favorirà l’uso della sonda e della pala.Inizialmente il terreno potrà essere in piano, ma inseguito dovrà essere inclinato e sconnesso.

2) Durante la fase di localizzazione, con segnale acu-stico, sottolineare la necessità di operare con un segna-le appena percettibile, ma ancora distinto; in generaleè bene muoversi con un ritmo da camminata, in modoche l’apparecchio abbia il tempo di elaborare il segna-le ricevuto.

3) Durante la fase finale, con segnale acustico, eser-citarsi nella ricerca a croce con apparecchi a tecnolo-gia diversa, e curare il cambio di volume; è benemantenere basse velocità di avanzamento e osservareprecisione.

4) Effettuare prove di sondaggio, per imparare adiscriminare la risposta al tocco offerta da un corpoumano (provare su terra, sassi, zaino, persone).

Capitolo 10

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Esercizi con gli A.R.VA.

A.R.VA.: apparecchi e tecniche di ricerca

Sci alpinismo

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Ricerca multipla di due apparecchi con ilmetodo dei quadranti

Ricerca multipla con il metodo dellamicrogreca

Ricerca con A.R.VA. sepolto in profondità• Verificare il fenomeno dei due massimi con

trasmettitore in posizione orizzontale e ricevitore inposizione verticale.

• Verificare il fenomeno dei vari massimi con trasmettitore in posizione orizzontale e ricevitore in posizione orizzontale.

• Ricerca di apparecchi sepolti in profondità (oltre 1,5 metri) applicando il metodo del cerchio.

Operazione di autosoccorsoSimulazione di una operazione di autosoccorso conscelta di un luogo adatto; l’esercitazione prevede diseppellire non solo zaini contenenti A.R.VA., maanche zaini o manichini privi di A.R.VA. (per le pro-cedure da seguire vedere il capitolo “autosoccorso invalanga”).

Capitolo 10

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capitolo 11

Scelta e preparazione della gita sci alpinistica

INDICE

Premessa

Metodo di riduzione del rischio di valanghe

Pianificazione dell’escursione a tavolino - Fase 1

Fase 1.1: le condizioni meteo-nivoBollettino nivo-metereologicoLa scala europea del pericolo valangheInformazioni complementari

Fase 1.2: il terrenoIntroduzione alla valutazione del terrenoStagioni per la pratica sci alpinisticaEsposizione dei versantiGuide di itinerari sci alpinistici Scelta dell’itinerario in relazione alla sciabilità della neveStudio dell’itinerario con carta topografica e preparazione del tracciato di rotta

Fase 1.3: caratteristiche e comportamento dei partecipantiIntroduzioneComportamenti durante l’attività sci alpinisticaCapacità individuali e requisiti dell'istruttore e del capogitaLa responsabilità dell’accompagnatoreEquipaggiamento individuale e collettivo

Particolari organizzativi e suggerimentiComportamento in rifugioOra di partenzaConsigli prima di partireSuggerimenti per la scelta della gita

Le “traversate” o “alte vie” e “raid” in sci

Numeri telefonici e indirizzi web utili dei bollettini nivo-meteo

Massimo
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Premessa Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

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PREMESSA

Conoscenza delle proprie capacità e stima del pericoloI frequentatori della montagna considerano tale ambiente come un intoccabile spaziodi libertà dell’individuo, nel quale soddisfare il desiderio di avventura, di contattocon la natura, o anche gratificazione personale legata al superamento di difficoltà.Alpinisti e sci alpinisti accettano i rischi connessi alle particolari condizioni ambien-tali, e alle difficoltà oggettivamente insite nelle varie attività. Quando un’azione interessa l’incolumità della nostra persona, dei compagni o dieventuali soccorritori, la preparazione richiesta non tollera pressappochismo o untemerario senso dell’avventura. Un’attenta pianificazione e scelta dell’escursione deve essere considerata quale parteintegrante dell’azione. La prudenza e la diligenza non devono essere interpretati come principi in contrastocon il piacere, e la soddisfazione che spingono a intraprendere un’attività di questogenere.L’obiettivo è di adottare tutte le misure precauzionali affinché l’attività alpi-nistica, e sci alpinistica comporti un rischio residuo accettabile.La prudenza offre un margine di sicurezza che dipende dalle capacità e conoscenzedell’individuo, e dal tipo di situazione.Il rischio residuo, dipende da molti fattori, ed è perciò molto difficile da valutare. Sono sicuramente importanti le capacità e l’esperienza dei partecipanti: in una stes-sa situazione, gli esperti corrono un rischio minore dei principianti. Poiché il gradodi percezione del rischio dipende dalla persona, in modo analogo, anche l’espertoaccetta maggiori incognite, quando affronta gite impegnative o situazioni difficili. Nessuno quindi è al riparo da incidenti, siano essi principianti o alpinisti affermati.Ciò che conta è essere coscienti della propria capacità di valutazione: biso-gna assumere un atteggiamento critico nei confronti delle proprie conoscenzee abilità.Per essere uno sciatore alpinista completo e autonomo, non basta leggere manuali, fre-quentare corsi, compiere centinaia di gite sempre però al seguito di qualcuno. Bisognadiventarlo. Vi sono sciatori alpinisti con anni di “esperienza” alle spalle che continuano a nonavere alcuna sensibilità sci alpinistica, oppure che riescono a goderne solo pochi aspet-ti. Altri invece, che progressivamente assimilano quanto è necessario e diventano auto-nomi. Considerando a parte gli itinerari che si svolgono su ghiacciaio, o che presen-tano tratti alpinistici, per l’effettuazione dei quali è richiesta una adeguata prepara-

Capitolo 11

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Sci alpinismo Scelta e preparazionedella gita

sci alpinistica

Premessa

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zione, lo sci alpinismo è un’attività facile da svolgere all’interno di un gruppo.Diventa difficile praticare bene l’attività sci alpinistica quando si presenta-no situazioni di ridotta visibilità, di peggioramento del tempo, o in caso diincidente, e a maggior ragione quando si tratta di stimare il pericolo divalanghe. Le incognite poi si moltiplicano quando ci si muove in forma auto-noma e si possiede poca esperienza.Chiunque abbia discrete capacità sciistiche e una buona condizione fisica, è in gradodi apprendere rapidamente, e percorrere con soddisfazione la maggioranza degli iti-nerari sci alpinistici.Questa caratteristica è uno dei pericoli principali dello sci alpinismo: poiché le difficoltàtecniche sono disgiunte dai rischi principali (cattivo tempo, valanghe, crepacci), è moltofacile imparare a fare dello sci alpinismo, prima di imparare a farlo in sicurezza.Per conoscersi c’è un unico sistema: analizzare e non giustificare i propri erro-ri, ascoltare e valutare le critiche, i consigli, e le osservazioni dei compagni digita. Bisogna ricercare con umiltà e tenacia, i segni che la natura spesso ci offre,ascoltare se stessi e conservare il senso di rispetto verso la montagna. Lo sci alpinista deve inoltre dimostrare forza d’animo, e sufficiente distacco dallesituazioni contingenti per prendere decisioni obiettive. Un accurata pianificazione è fondamentale per la riuscita della gita in montagna. Ilsuccesso dipende oltre che dalle proprie capacità, anche dalla scelta appropriata delluogo dove svolgere l’escursione, e naturalmente dalle condizioni meteorologiche. A volte, pur a malincuore, è necessario procrastinare la realizzazione di unasalita, perché vengono a mancare le condizioni di sicurezza: cattive condi-zioni del tempo, o nevicate recenti, possono costringere a disdire il rifugioprenotato da mesi, o a rinunciare ad una ascensione da tempo agognata.Si deve ricordare che il fenomeno delle valanghe rappresenta per l’alpinista un rischio,che non si manifesta solo d’inverno, ma sempre qualora sia a contatto con la neve.Inoltre va sottolineato che il 95% dei distacchi di lastroni, è causato dagli stessi scia-tori o alpinisti, che li sovraccaricano con il proprio peso. Perciò nella maggior partedei casi le valanghe possono essere evitate.

Capitolo 11

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Metodo di riduzionedel rischio di valanghe

Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

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Capitolo 11

METODO DI RIDUZIONE DELRISCHIO DI VALANGHE

Le misure di precauzione si basano sull’attuazione ditre fasi fondamentali:1. a livello regionale (a casa), pianificazione accuratadell’escursione;

2. a livello locale (sul luogo), valutazione dettagliatadella situazione valanghiva, scelta dell’itinerario ade-guato, e adozione di un comportamento appropria-to sul terreno;

3. sul singolo pendio, valutazione della stabilità delmanto nevoso, e messa in atto di provvedimenti spe-ciali di sicurezza, con lo scopo di ridurre il sovracca-rico oppure di evitare la zona sospetta.

Per ciascuna fase, vengono considerati inoltre tre cri-teri di valutazione:a) la situazione nivo-meteorologica;b) le particolarità del terreno;c) le caratteristiche e il comportamento dei parteci-panti.

Ne consegue una regola basata su un sistema di trefiltri, dal reticolo sempre più fine, con l’obiettivo dieliminare progressivamente gli errori di progettazio-ne, e attuazione di una escursione. Buona parte delrischio si riduce progettando la gita a tavolino,prima della partenza; un’altra quota di rischio vieneeliminata osservando il luogo selezionato per l’escur-sione, e scegliendo con cura il percorso; infine ilrischio rimanente, viene ulteriormente ridotto valu-tando i singoli tratti critici presenti nell’itinerario, eapplicando particolari provvedimenti di sicurezza.Questo sistema, oltre ad esaminare congiuntamentefattori determinanti quali il manto nevoso, la situa-zione meteorologica ed il terreno, presta particolareattenzione alla lettura della carta topografica, messain relazione al terreno. Inoltre sono tenute in consi-derazione le caratteristiche dei partecipanti e l’equi-paggiamento individuale e collettivo.

Il rischio si riduce pro-gettando la gita a tavoli-no; un’altra quota dirischio viene eliminataosservando il luogo e sce-gliendo con cura il per-corso; infine viene ulte-riormente ridotto indivi-duando i tratti critici del-l’itinerario e applicandoopportuni accorgimentidi sicurezza.

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Per lo sci alpinista è importante non solo possederebuone capacità di orientamento, ma anche essere ingrado a tavolino, di individuare sulla carta topogra-fica i pendii ripidi, e una volta sul posto, possederele conoscenze ed i mezzi per misurare l’inclinazionedel pendio.Viene ora descritta in forma riassuntiva, e a titolo dipromemoria la prima fase di questo metodo, cioè lapianificazione della gita a tavolino.I singoli concetti relativi alla scelta e preparazionedella gita vengono illustrati successivamente inmodo approfondito.

Sci alpinismo Scelta e preparazionedella gita

sci alpinistica

Metodo di riduzionedel rischio di valanghe

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Capitolo 11

È importante possederebuone capacità di orien-tamento, essere in gradodi individuare topogra-ficamente i pendii ripidie, una volta sul posto,sapere ed avere i mezziper misurare l’inclina-zione del pendio.

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Pianificazione dell’escursione a tavolino - Fase 1

Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

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PIANIFICAZIONE DELL’ESCURSIO-NE A TAVOLINO - FASE 1

Capitolo 11

1.1 LE CONDIZIONI METEO-NIVO

BOLLETTINO METEOROLOGICO• precipitazioni previste e visibilità• temperatura: quota dello zero termico, limite delle nevicate• venti: direzione ed intensità• previsioni a breve e medio termine

BOLLETTINO VALANGHE• grado di pericolo• caratteristiche del manto nevoso• tendenza prevista

INFORMAZIONI COMPLEMENTARI• gestori di rifugi, guide locali, responsabili piste da sci, persone esperte e fidate

1.2 IL TERRENO

STAGIONI, GUIDE, CARTE TOPOGRAFICHE, TRACCIATO DI ROTTA• stagioni per la pratica dello sci alpinismo• valutazione esposizione dei versanti • guide di itinerari sci alpinistici, relazioni tratte da riviste specializzate• scelta itinerario in relazione alla sciabilità della neve• carte topografiche 1:25.000 (con o senza tracciati sci alpinistici)• individuazione zone critiche: pendii ripidi, tratti esposti, crepacci, seracchi• misure pendenze in funzione del pericolo valanghe• preparazione del tracciato di rotta• individuazione delle possibili varianti e relativo tracciato di rotta• individuazione itinerari alternativi

1.3 LE CARATTERISTICHE DEI PARTECIPANTI ED EQUIPAGGIAMENTO

CARATTERISTICHE DEI PARTECIPANTI• Esperienza sci alpinistica e competenze tecniche (seguire un tracciato di rotta, effettuare una trac-cia, effettuare un autosoccorso)• Esperienza alpinistica e competenze tecniche (arrampicare da capocordata, attrezzare passaggi,effettuare manovre di corda e recuperi da crepaccio)• Capacità tecniche in discesa• Preparazione fisica e capacità di badare a se stesso e ad altri • Forza d’animo e disponibilità ad aiutare in situazioni difficili • Autodisciplina e attitudine alla disciplina di gruppo

EQUIPAGGIAMENTO INDIVIDUALE E COLLETTIVO• Equipaggiamento ed attrezzatura individuale (+ A.R.VA., pala, sonda)• Attrezzatura alpinistica individuale (ramponi, picozza, imbracatura, moschettoni)• Materiale di pronto soccorso e per realizzare una barella di fortuna• Materiale per la riparazione di attacchi e pelli

C11-01 Pianificazione gita scialpinistica: prospetto riassunti-vo della fase 1

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Sci alpinismo Scelta e preparazionedella gita

sci alpinistica

Fase 1.1: Condizioni meteo-nivo

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FASE 1.1: LE CONDIZIONI METEO-NIVO

L’ascolto del bollettino nivo-meteo è una operazioneessenziale per la pianificazione della gita. In alcuniPaesi confinanti con l’Italia, nel caso di incidente, ilmancato ascolto del bollettino viene considerato ingiurisprudenza come un atto di negligenza. Con leinformazioni ottenute si può ridurre notevolmente(fino al 60-70%) il rischio di valanghe. Tuttavia talerisultato si consegue se le indicazioni fornite vengo-no interpretate correttamente, e se la situazione nelfrattempo non sia cambiata a causa di mutate con-dizioni meteorologiche. Per la scelta della gita biso-gna adottare una mentalità aperta, volta a considera-re la situazione in varie regioni (Prealpi, Appennini,versante sud alpino, versante nord alpino), giacché lecondizioni locali possono differire assai da zona azona.Oggi si può accedere ad informazioni nivo-meteotramite:• la segreteria telefonica dei servizi valanghe (anno-tare il messaggio);• il self-fax dei servizi valanghe; • Internet, mediante il personal computer e unmodem;• la radio, televisione, e i giornali.

Bollettino nivo-meteorologicoInformazioni essenziali da ricavare da unbollettinoPrevisioni meteo• Possibilità o meno di precipitazioni (nevose e/opiovose) e visibilità;• Temperatura: quota dello zero termico o limitedelle nevicate;• Presenza o meno di venti, loro intensità e direzione;• Previsioni a breve e medio termine.

Capitolo 11

Le informazioni nivo-meteo possono ridurrenotevolmente (fino al60-70%) il pericolo divalanghe, sempre che leindicazioni fornite sianointerpretate corretta-mente e che la situazionenel frattempo non siamutata meteorologica-mente.

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Fase 1.1: Condizioni meteo-nivo

Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

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Bollettino valanghe • Caratteristiche del manto nevoso, grado di pericolo• Individuazione dei pendii più critici e di quelli piùsicuri• Tendenza prevista• Analisi di bollettini precedenti, per avere informa-zioni sull’ultima caduta di neve e l’eventuale azionedel vento.

Per una corretta scelta della gita sarebbe oppor-tuno: 1) valutare con attenzione se l’escursione program-mata è sicura;2) se l’area inizialmente scelta presenta una situazio-ne meteo-nivologica non favorevole, orientarsi adun’altra regione, e quindi, assumendo le adeguateinformazioni, individuare la zona che presenta lemigliori condizioni di percorribilità;3) una volta certi della sicurezza della zona, tra i variitinerari si può preferire il percorso che offre la nevemigliore.

Descrizione del bollettinoSull’arco alpino italiano operano 7 servizi di previ-sione valanghe che dipendono, amministrativamen-te, dalle Regioni e Provincie Autonome nelle qualiricade il territorio di pertinenza: Regione Piemonte,Regione Autonoma Valle d’Aosta, RegioneLombardia, Provincia Autonoma di Trento,Provincia Autonoma di Bolzano, Regione delVeneto, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.Sulla dorsale appenninica, opera invece il CorpoForestale dello Stato, che in collaborazione con ilServizio METEOMONT, diffonde bollettini nivo-meteorologici.I servizi valanghe hanno iniziato ad operare neglianni ‘70, quando, in virtù di specifiche competenzederivanti dagli statuti speciali di autonomia, o aseguito di deleghe di funzioni dallo stato alle regio-ni, alcuni enti hanno sancito con proprie leggi diesercitare l’attività di prevenzione nei riguardi dellevalanghe istituendo appositi servizi. Precedentemente, sulle Alpi italiane, a partire dal

Capitolo 11

Se l’area inizialmentescelta presenta unasituazione nivo-meteonon favorevole è oppor-tuno orientarsi ad un’al-tra regione.

Sull’arco alpino italianooperano 7 servizi di pre-visione valanghe chedipendono, amministra-tivamente, dalle Regionie dalle Provincie Auto-nome.Sulla dorsale appennini-ca la diffusione dei bol-lettini nivo-meteo èinvece svolta dal CorpoForestale dello Stato cheopera in collaborazionecon METEOMONT(ufficio di previsionedell'Esercito Italiano).

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Fase 1.1: Condizioni meteo-nivo

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1967 l’attività di rilevamento dati ai fini della previ-sione delle valanghe, era svolta dal Servizio ValangheItaliano (S.V.I.). Una speciale commissione del ClubAlpino Italiano, cui va il merito di aver introdotto inItalia metodi sistematici di osservazione dei parame-tri nivologici, analoghi a quelli degli altri paesi alpi-ni. L’attività dei servizi di previsione valanghe, essen-do regolata da normative regionali o provinciali, èautonoma, ma coordinata dall’A.I.NE.VA.(Associazione interregionale neve e valanghe) perquanto concerne la standardizzazione dei metodi diosservazione, delle procedure di elaborazione deidati, e seppur in maniera più limitata, dei prodottiofferti al pubblico. Durante la stagione invernale vengono diffusi rego-larmente, con cadenza giornaliera o trisettimanale,messaggi informativi denominati: Bollettino nivo-meteorologico o Bollettino valanghe. Essi fornisco-no previsioni meteorologiche, e una descrizione sin-tetica delle condizioni del manto nevoso, del perico-lo di valanghe per la zona di competenza, e in qual-che caso una stima dell’evoluzione del pericolo per igiorni successivi (24-72 ore).

Capitolo 11

L’attività dei servizi diprevisione valanghe,essendo regolata da nor-mative regionali o pro-vinciali, viene coordina-ta dall’A.I.NE.VA. chestandardizza i metodi diosservazione e le proce-dure di elaborazione deidati.

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Concetto di pericolo di valanghePer pericolo di valanghe si intende la possibilità che siverifichino, in una determinata regione, distacchi divalanghe più o meno grandi, in grado di provocare,potenzialmente, danni materiali o alle persone. Neibollettini si parla sempre di pericolo per descrivere lasituazione in modo oggettivo.I concetti di pericolo e di rischio possono essere megliochiariti con un esempio: uno sciatore su fuoripista, cheattraversa ripetutamente un pendio ripido poco con-solidato, rischia molto di più di uno che lo attraversauna volta sola, pur essendo il grado di pericolo inva-riato.

La scala europea del pericolo valanghe

Capitolo 11

SCALA DEL PERICOLO

STABILITÀ DELMANTO NEVOSO

PROBABILITÀ DI DISTACCO DI VALANGHE

1 Debole Il manto nevoso è in genera-le ben consolidato e stabile.

Il distacco è generalmente possibile solo conun forte sovraccarico su pochissimi pendiiripidi estremi. Sono possibili solo piccolevalanghe spontanee (cosiddetti scaricamenti).

2 Moderato Il manto nevoso è moderata-mente consolidato su alcunipendii ripidi, per il resto eben consolidato.

Il distacco è possibile soprattutto con unforte sovraccarico sui pendii ripidi indicati.Non sono da aspettarsi grandi valanghe spon-tanee.

3 Marcato Il manto nevoso presenta unconsolidamento da modera-to a debole su molti pendiiripidi.

Il distacco è possibile con un debole sovrac-carico soprattutto sui pendii ripidi indicati.In alcune situazioni sono possibili valanghespontanee di media grandezza, e in singolicasi, anche grandi valanghe.

4 Forte Il manto nevoso è debol-mente consolidato sullamaggior parte dei pendiiripidi.

Il distacco è probabile già con un debolesovraccarico su molti pendii ripidi. In alcu-ne situazioni sono da aspettarsi molte valan-ghe spontanee di media grandezza, e talvolta,anche grandi valanghe.

5 Molto forte Il manto nevoso è in genera-le debolmente consolidato eper lo più instabile.

Sono da aspettarsi numerose grandi valanghespontanee, anche su terreno moderatamenteripido.

C11-02 Scala del pericolo

“Uno sciatore, fuoripi-sta, che attraversa ripe-tutamente un pendioripido poco consolidato,rischia molto di più diuno che lo attraversauna volta sola, pur rima-nendo il grado di perico-lo invariato.”

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Indicazione per gli utentiAdottate sulle Alpi Italiane (Regioni e ProvincieAutonome associate A.I.NE.VA.)

Descrizione della scala del pericoloIl bollettino valanghe regionale si limita quindi a for-nire informazioni circa il grado di pericolo (secondo lascala europea del pericolo di valanghe), e la localizza-zione dello stesso, non in riferimento a specifici sitivalanghivi, ma a insiemi di pendii, caratterizzati dacerte condizioni di quota, esposizione e configurazionegenerale del terreno. Esso è quindi uno strumento chefornisce un aiuto per le decisioni relative alla sceltadella meta.

Capitolo 11

SCALA DEL PERICOLO

INDICAZIONI PER SCIALPINISTI ESCURSIO-NISTI E SCIATORIFUORI PISTA (adottate anche in Austria)

INDICAZIONI PER VIE DI COMU-NICAZIONE, PISTEDA SCI E IMPIANTIDI RISALITA

INDICAZIO-NI PER CEN-TRI ABITATI

1 Debole Condizioni generalmente sicu-re per gite sciistiche.

2 Moderato Condizioni favorevoli maoccorre considerare adeguata-mente locali zone.

3 Marcato Le possibilità per gite sciistichesono limitate ed è richiesta unabuona capacità di valutazionelocale.

È consigliabile adottaremisure di sicurezza neiluoghi esposti.

4 Forte Le possibilità per gite sciistichesono fortemente limitate ed èrichiesta una grande capacità divalutazione locale.

È raccomandabile la chiu-sura di vie di comunica-zione, piste da sci eimpianti di risalita interes-sati dai percorsi abitualidelle valanghe.

È raccomandabi-le adottare misu-re di sicurezza neicentri abitati piùesposti.

5 Molto forte Le gite sciistiche non sonogeneralmente possibili.

Può essere necessaria lachiusura di vie di comuni-cazione, piste da sci eimpianti di risalita, ancheal di fuori dei percorsi abi-tuali delle valanghe.

Può essere neces-saria l’evacuazio-ne degli edificiesposti.

C11-03 Scala del pericolo perutenti

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Dall’aprile del 1993 i responsabili dei servizi valangheeuropei si sono accordati per l’utilizzo di una scala uni-ficata del pericolo di valanghe. La scala unificata com-porta 5 gradi di pericolo, e viene utilizzata in Austria,Francia, Germania, Italia, Scozia, Spagna e Svizzera. I principi sui quali si basa la scala sono i seguenti:• un unico aggettivo riassume tutte le particolarità delgrado (debole, moderato, marcato, forte, molto forte);• la scala è crescente, infatti i vari gradi e i corrispon-denti aggettivi rappresentano, da 1 a 5, situazioni cre-scenti di pericolo;• la scala non è lineare, infatti il grado 3, che è il gradomediano della scala, non rappresenta il pericolo medio:bensì una situazione che già richiede una particolare eattenta valutazione sulla scelta dell’itinerario;• la gradazione della scala è basata sull’aumento dell’e-stensione delle aree di debolezza del manto nevosoall’aumentare del pericolo;• la probabilità di distacco di valanghe può essereaumentata in modo considerevole da un sovraccaricoesterno; minore è il grado di consolidamento delmanto nevoso, tanto più piccolo è il sovraccarico suffi-ciente per produrre un distacco.Ecco di seguito alcune definizioni importanti per unacorretta interpretazione della scala:

• Dimensione delle valangaScivolamento o scaricamento: valanga di neve adebole coesione, relativamente poco pericolosa per lepersone, con lunghezza minore di 50 m.Valanga piccola: valanga che può seppellire, ferire ouccidere una persona; si ferma su un pendio ripido, epresenta lunghezza minore di 100 m.Valanga media: valanga che può seppellire edistruggere un’automobile, danneggiare un camion,distruggere una piccola casa o piegare alcuni alberi;raggiunge il fondo del pendio, e presenta una lun-ghezza minore di 1000 m.Valanga grande: valanga che può seppellire e distrug-gere il vagone di un treno, un automezzo di grandidimensioni, vari edifici o una parte di un bosco; pre-senta una lunghezza superiore a 1000 m, percorre i ter-reni a ridotta inclinazione (nettamente inferiori a 30°)per una distanza superiore a 50 m, e può raggiungere ilfondovalle.Capitolo 11

La scala unificata del peri-colo di valanghe compor-ta 5 gradi di pericolo, eviene utilizzata in Austria,Francia, Germania, Italia,Scozia, Spagna e Svizzera.

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Capitolo 11

• Stabilità del manto nevoso Nella scala di pericolo, per descrivere il grado di stabi-lità viene utilizzata una “scala del consolidamento” delmanto nevoso, con le seguenti definizioni:- ben consolidato- moderatamente consolidato- da moderatamente a debolmente consolidato- debolmente consolidato.

• Inclinazione dei pendiiIl pericolo valanghe non è presente indistintamente sututto il territorio ma si concentra sui pendii aventi unainclinazione compresa tra i 30° e i 45°; viene perciòintrodotto il concetto di inclinazione di un pendio e siutilizzano come riferimento i seguenti termini.

pendio poco ripido: meno di 30°pendio ripido: da 30° a 35°pendio molto ripido: da 35° a 40°pendio estremamente ripido: più di 40°

• Tipo di distacco- distacco spontaneodistacco che avviene senza l’intervento dell’uomo (dacui si originano le valanghe spontanee);- distacco provocatodistacco che avviene a causa di un intervento dell’uo-mo che aumenta le tensioni nel manto nevoso (pesoproprio, esplosione ecc.).

• Estensione delle aree di debolezzaLa presenza più o meno diffusa di pendii ripidi perico-losi, viene indicata con gli aggettivi: “pochissimi”(meno del 5%), “alcuni” (5%-25%), “molti” (25%-50%), “maggior parte” (più del 50%), che traducono,in termini probabilistici, la più o meno grande esten-sione delle aree di debolezza del manto nevoso. Nellefigure C11-04 e C11-05 sono evidenziati con una reti-natura i pendii critici: si noti in figura C11-05 la ridu-zione dell’estensione delle aree di debolezza dopo 14giorni.

Il pericolo valanghe non èpresente indistintamentesu tutto il territorio mon-tuoso ma si concentra suipendii aventi una pen-denza compresa tra i 30°e i 45°.

La presenza più o menonumerosa di pendii ripidipericolosi, viene indicatacon gli aggettivi: “pochis-simi”, “alcuni”, “molti”,“maggior parte”, che tra-ducono, in termini stati-stici, la più o meno gran-de estensione delle aree didebolezza del mantonevoso.

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Capitolo 11

C11-04 Aree di debolezza -a Comprensorio sciistico di Porta Vescovo nelle Dolomiti Agordine. Con la retinatura, sono stati individuati i pendii critici del2 dicembre 2000. Estratto dal bollettino: il pericolo di valanghe è marcato (grado 3); oltre i 2000-2200 m di quota, ma inparticolar modo in prossimità di creste e forcelle, nei siti esposti ai versanti settentrionali, sono presenti consistenti accumuli davento ed i distacchi provocati di valanghe a lastroni sono possibili con un debole sovraccarico.

C11-05 Aree di debolezza -bComprensorio sciistico di Porta Vescovo nelle Dolomiti Agordine. Con la retinatura, sono stati individuati i pendii critici del 16dicembre 2000. Estratto dal bollettino: il pericolo di valanghe è moderato (grado 2); saranno possibili distacchi provocati divalanghe a lastroni localmente anche con debole sovraccarico. Le situazioni critiche sono localizzate in prossimità delle creste eforcelle oltre i 2200 m di quota, specie nelle esposizioni da N a SE.

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Fase 1.1: Condizioni meteo-nivo

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Capitolo 11

• Sovraccarico di un pendioPer sovraccarico si intende la sollecitazione (al taglio)prodotta sul pendio da uno sciatore.- sovraccarico forte: gruppo compatto di sciatori,mezzo battipista, uso di esplosivo; - sovraccarico debole: singolo sciatore, escursionistasenza sci ( da 1 a 4 volte il sovraccarico prodotto da unsingolo sciatore).

Sollecitazioni a taglio esercitate sul mantonevoso con vari tipi di sovraccarico

Occorre tenere presente che il sovraccarico esercita-to sul manto nevoso dipende anche dallo stile dellasciata: sciare con dolcezza o sciare di forza con cadu-te, non produce lo stesso effetto. Si rientra nella clas-se di sovraccarico forte, sia con 10 sci alpinisti insalita, sia con soli due-tre sci alpinisti che in discesaspesso cadono.

C11-06 Vari tipi di sovraccarico

TIPO DI SOVRACCARICO SOLLECITAZIONE NORMALIZZATASU UNO SCI ALPINISTA IN SALITA

Sci alpinista in salita. 1x

Sci alpinistica in salita: dietro-front. 2x

Sci alpinista in discesa lenta e controllata. 4x

Sci alpinista in discesa: caduta. 8x

Escursionista senza sci. 3x

Mezzo meccanico battipista. 7x

1 kg, esplosione sulla superficie della neve. 17x

1 kg, esplosione in aria sopra la neve. 30x

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Capitolo 11

Utilità e limiti della previsione valanghe regionaleNonostante i grandi progressi ottenuti dalla scienzain questo campo, non è ancora possibile fornire indi-cazioni sul pericolo di valanghe che riguardano i sin-goli pendii. È possibile tuttavia individuare abba-stanza dettagliatamente i luoghi pericolosi, intesicome insieme di pendii caratterizzati: da una certaquota, da una certa esposizione e da una certa confi-gurazione generale del terreno (canaloni, impluvi,zone in vicinanza di creste, ecc.). Ne deriva che,quando è necessario effettuare scelte che comportanodei rischi (attraversare o non attraversare un pendio,chiudere o non chiudere una pista da sci, ecc.), nonè sufficiente basarsi sulle sole informazioni contenu-te nei bollettini, ma è necessario correlare il pericolodi valanghe regionale con la situazione locale, chepuò essere anche diversa. Non basta quindi acquisirele informazioni, è necessario interpretarle corretta-mente, metterle in relazione con le condizioni localie comportarsi di conseguenza. Il bollettino valanghedeve perciò essere inteso come uno strumento chefornisce un aiuto per le decisioni.

Informazioni complementariLa raccolta delle informazioni deve essere svolta perpiù giorni consecutivi, poiché la stabilità dei pendiicambia con rapidità (nevicate, pioggia, azione delvento, bruschi aumenti di temperatura), e soprattut-to per conoscere l’evoluzione che ha subito il mantonevoso. È opportuno integrare le informazioni attin-te dai bollettini nivo-meteorologici con notizie diret-te provenienti da persone qualificate residenti inluogo. Ricordare tuttavia che non tutti sono compe-tenti in materia di valanghe. Le informazioni atten-dibili provengono in genere da coloro che oltre adabitare in zona, effettuano escursioni con gli sci, oche per esperienza personale conoscono le gite dellaregione:• Gestori di rifugi.• Guide alpine locali, responsabili piste da sci, istrut-tori del C.A.I. locali.• Persone esperte e fidate.

Quando è necessarioeffettuare scelte checomportano rischi, nonè sufficiente basarsi sullesole informazioni nivo-meteo, ma è necessariocorrelare il pericolo divalanghe regionale conla situazione locale, chepuò essere anche diversa.

È opportuno integrare leinformazioni attinte daibollettini nivo-meteocon notizie dirette, pro-venienti da persone qua-lificate residenti nelluogo.

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Fase 1.2: il terreno

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Capitolo 11

FASE 1.2: IL TERRENO

Introduzione alla valutazione del terrenoUna volta accertato che la zona scelta sia sufficiente-mente sicura dal punto di vista del pericolo di valan-ghe, si devono esaminare altri elementi.Sulla base delle condizioni di stabilità del manto nevo-so fornite dal bollettino, deve essere valutata l’esposi-zione dei versanti più favorevole. La consultazione diguide sci alpinistiche e relazioni, consente di studiarele esposizioni, l’impegno e le difficoltà presentate dal-l’escursione. Inoltre risulta utile anche considerare iltipo di neve in funzione della sciabilità: quest’ulti-mo criterio, che richiede peraltro esperienza per essereadeguatamente impiegato, consente di individuare traun gruppo di percorsi, considerati sicuri in termininivo-meteo, quelli che offrono le nevi migliori sotto ilprofilo discesistico. Successivamente, il percorso sceltoverrà studiato sulla carta topografica e potrà esserepreparato un tracciato di rotta.

Stagioni per la pratica sci alpinisticaPer la scelta della gita in primo luogo va considerato ilperiodo stagionale in cui si intende effettuare l'escur-sione; infatti un percorso di caratteristiche “primaveri-li” solo in particolari condizioni può essere affrontatonella stagione invernale. In passato lo sci alpinismo eraun’attività che si svolgeva prevalentemente nella sta-gione primaverile, mentre oggi si pratica sin dal mesedi novembre. Proprio nella stagione invernale si devo-no adottare misure precauzionali maggiori, ed evitareitinerari a rischio. Ciò in quanto le basse temperaturee il minor irraggiamento solare non favoriscono, perun periodo anche prolungato, il consolidamento delmanto nevoso con il conseguente perdurare di accu-muli da vento e scarso legame tra gli strati.In primavera invece il manto nevoso risulta general-mente più sicuro, in quanto i fattori nivo-meteo nefavoriscono l’assestamento, e di conseguenza le condi-zioni di instabilità sono più facilmente individuabili.Fatta questa premessa di carattere generale è bene tener

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Fase 1.2: il terreno Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

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presente una suddivisione di massima relativa alla scel-ta della gita:• nei mesi da novembre a marzo si privilegiano itine-rari sotto i 2500 m e privi di ghiacciaio;• nei mesi da marzo a giugno si scelgono gite su mon-tagne più alte e anche su terreno glaciale.Tali indicazioni si possono ricavare leggendo conattenzione le guide in cui, oltre alla descrizione dell’i-tinerario, sono indicati i periodi consigliati per effet-tuare le gite con sicurezza.Si tenga presente che le condizioni di innevamentovariano molto oltre che tra regione e regione, anche davalle a valle, e si possono verificare situazioni partico-lari che esulano dalle regole generali e richiedono espe-rienza e spirito di osservazione. A conferma di ciò bastipensare a quanti incidenti si sono verificati, anche convittime, in stagioni invernali caratterizzate da lunghiperiodi di scarse precipitazioni, su pendii ripidi, conpoco irraggiamento solare. Per evitare situazioni chenascondono elevati rischi, difficili da riconoscere, èbene attenersi alle indicazioni stagionali per la praticadello sci alpinismo.

Esposizione dei versantiDal bollettino nivo-meteo è importante evincere qualisiano i versanti più sicuri. Dal punto di vista generale,anche se è difficile fare esemplificazioni, nella parte ini-ziale e centrale dell’inverno saranno più sicuri i versan-ti esposti a sud e sud-ovest, che ricevono una maggio-re quantità di radiazione solare, piuttosto che quelliesposti ai quadranti settentrionali, dove è più facile tro-vare strati interni deboli di brina di fondo. A questoproposito va sottolineato che la maggior parte degliincidenti provocati da sciatori, avviene su pendiiripidi nel settore orientato da NE a NO, passandoper nord.Nel periodo primaverile occorre evitare i pendii soleg-giati a partire dalla tarda mattinata, in quanto i pro-cessi di fusione portano rapidamente a forti condizio-ni di instabilità anche se temporanee. Nel capitolo“Condotta di gita” vengono descritti alcuni esempi dipercorsi in cui si approfondisce l’influenza della espo-sizione dei versanti.

Capitolo 11

C11-07 Stagioni per lo sci alpinismo

C11-08 Esposizione dei versanti

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sci alpinistica

Fase 1.2: il terreno

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Capitolo 11

Nella scala delle diffi-coltà, lettera A (alpini-sta) indica la presenza diimpegno di caratterealpinistico, che implicaoltre all’uso di attrezza-tura alpinistica anchel’eventuale necessità diprogredire in cordata.

La consultazione diguide sci alpinistiche erelazioni consente di stu-diare le esposizioni, l’im-pegno e le difficoltà pre-sentate dall’escursione.

Guide di itinerari sci alpinisticiUna volta individuata la regione più adatta in cui effet-tuare l’uscita, si tratta di scegliere la gita consultandoguide, testi, o riviste di settore che forniranno indica-zioni dettagliate riguardo le difficoltà, l’esposizione, itempi di percorrenza medi, l’esistenza di eventuali rifu-gi o punti di appoggio. Inoltre è opportuno:a) studiare con attenzione eventuali varianti e/o puntidi fuga;b) individuare percorsi alternativi;c) assumere altre informazioni sulle caratteristichedella gita, consultando amici che hanno già frequenta-to la zona.

Scala delle difficoltàPer la valutazione delle difficoltà presentate dagli itine-rari si descrive la tradizionale Scala Blachère che vieneadottata nella maggior parte delle guide di sci alpini-smo; si presenta inoltre in forma sintetizzata la piùrecente Scala Alpina. La difficoltà di un itinerario fariferimento ad una “situazione di normalità” cioè abuona visibilità e vento debole con condizioni di nevediscrete ma non particolarmente favorevoli. Tuttavia, nella giornata scelta per effettuare l’escursio-ne la “situazione reale” potrebbe presentare delle con-dizioni peggiori: ad esempio visibilità ridotta oppureforte vento, neve ghiacciata, oppure neve crostosa opesante e gessosa. Si tenga presente che le difficoltà didiscesa sono spesso determinate più dal tipo di neveche dall’inclinazione del pendio. La Scala Blachère assegna a ogni itinerario un grado di

C11-09 Guide sci alpinistiche

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Fase 1.2: il terreno Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

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difficoltà del tipo MS, BS, OS per descrivere comples-sivamente una serie di parametri quali la lunghezza e ildislivello dell’itinerario, la ripidezza e la continuità deipendii, la presenza di tratti esposti, eventuali pericolioggettivi. La scala adotta poi la lettera A (alpinista) nelcaso in cui siano previste difficoltà di carattere alpini-stico, che implicano, oltre all’uso di attrezzatura ido-nea anche l’eventuale necessità di progredire in corda-ta: attraversamento di ghiacciai crepacciati, tratti diarrampicata, superamento di pendii ghiacciati, ecc.

Tabella difficoltà

Capitolo 11

MSper medio sciatore:terreno caratterizzato da pendii aperti di pendenza moderata e dislivelli contenuti.

MSAper medio sciatore alpinista: per raggiungere lacima potrebbe essere necessario proseguire apiedi su percorso di roccia o di misto.

BSper un buon sciatore: terreno con inclinazionefino a 30-35°; lunghezza e dislivelli discreti.In taluni punti si richiede una buona tecnicadi discesa.

BSAper un buon sciatore alpinista: l’itinerario, oltreall’impegno sciistico richiesto a un BS, presentaanche caratteri alpinistici: percorso di ghiacciaio,di creste, di tratti rocciosi.

OSper un ottimo sciatore: terreno ripido, trattiesposti, passaggi obbligati, lunghezza e dislivellisostenuti; in taluni punti si richiede di curvare earrestarsi in breve spazio e nel punto voluto.

OSAper ottimo sciatore alpinista: l’itinerario, oltreall’impegno sciistico richiesto a un OS, presentaanche caratteri alpinistici: percorso di ghiacciaio,di creste, di tratti rocciosi, crepacce terminali.

C11-10 Difficoltà sci alpini-stiche

La Scala Alpina fa riferimento alla Scala UIAAimpiegata in alpinismo.F = facileD = difficilePD = poco difficileTD = molto difficileAD = abbastanza difficileED = estremamente difficile

È possibile stabilire una corrispondenza tra fra iprimi tre gradi e la Scala di Blachère: F=MS,PD=BS, AD=OS.Invece i tre gradi superiori (D, TD, ED) riguardanolo sci ripido (oltre i 40-45°) e lo sci estremo.Questa valutazione generale tiene conto di vari

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Sci alpinismo Scelta e preparazionedella gita

sci alpinistica

Fase 1.2: il terreno

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Capitolo 11

aspetti quali: la ripidezza e continuità dei pendii, lalunghezza e il dislivello dell’itinerario, l’esistenza ditratti esposti dovuti alla presenza di salti rocciosi, ledifficoltà alpinistiche su roccia e su ghiaccio, even-tuali pericoli oggettivi derivanti dalla caduta di serac-chi o di pietre oppure dalla presenza di crepacci ecrepacce terminali.

Inoltre la Scala Alpina prevede anche l’uso di unavalutazione puntuale sulla difficoltà in discesa, qua-lora l’itinerario presenti brevi passaggi ripidi oppureesposti. Questa valutazione dello specifico punto siarticola in sette livelli:

S1 = Itinerario facile, che non richiede tecnica parti-colare per muoversi in sicurezza.

S2 = Pendii abbastanza ampi, anche un po’ ripidi(25°), o itinerari dentro un vallone.

S3 = Inclinazione dei pendii fino a 35°. La sciata sututti i tipi di neve deve svolgersi senza difficoltà tec-nica.

S4 = Inclinazione dei pendii fino a 45° se l’esposi-zione non è troppo forte; a partire da 30° e fino 40°se l’esposizione è forte o il passaggio stretto. Diventaindispensabile un’ottima tecnica sciistica.

S5 = Inclinazione da 45° a 50° e più se l’esposizioneè moderata. A partire da 40° se l’esposizione è forte.

S6 = Oltre i 50° se l’esposizione è forte, come quasisempre avviene. Altrimenti a partire da 55° per deicorti passaggi poco esposti.

S7 = Passaggi a 60° o più, o salto di barre rocciose suterreno molto ripido o esposto.

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Fase 1.2: il terreno Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

330

Capitolo 11

Scelta dell’itinerario in relazione alla scia-bilità della neveÈ importante scegliere la gita giusta, al momentogiusto, nella giusta località; per esempio gite in zonesenza ghiacciai al di sotto di 2.500 m nei mesi danovembre a marzo, su montagne più alte e conghiacciai dal mese di marzo al mese di giugno. La conoscenza dei tipi e delle condizioni della neveesalta il divertimento della discesa e contribuisce allasicurezza. Una scelta razionale dell’itinerario nondeve ignorare le condizioni del manto nevoso: impu-tare al caso discese per nulla divertenti in neve catti-va, è un atteggiamento fatalista. Sovente è la man-canza di esperienza e di spirito di osservazione che sitraduce in scelte di itinerari poco soddisfacenti.

Fattori di variabilità della superficie delmanto nevoso Gli agenti che influiscono sulla superficie del mantonevoso sono: il vento, il sole e la temperatura dell’a-ria. Tenendo presente che il periodo utile per la pra-tica dello sci alpinismo si estende di solito franovembre e giugno compresi, è evidente che in talearco temporale si manifestino situazioni meteorolo-giche assai differenti, durante le quali l’intensità del-l’azione dei medesimi è variabile. Per un ulterioreapprofondimento degli effetti prodotti sulla neve daquesti fattori, si rimanda il lettore al capitolo “Laneve”.

VentoMediante azione meccanica, forma sui pendii apertiuna crosta la cui resistenza è spesso insufficiente asostenere il peso dello sciatore, rendendo difficile l’e-secuzione delle curve. Minore importanza, perchépoco estese, hanno le zone dove la massa nevosa tra-sportata dal vento passa senza lasciare depositi: qui siformano superfici durissime (a volte tanto dure danon essere scalfite nemmeno dalle lamine degli sci),oppure “onde” che possono superare anche i 50 cmdi altezza, fastidiosissime da attraversare.

Il vento, mediante azio-ne meccanica, forma suipendii aperti una crostala cui resistenza è spessoinsufficiente a sostenereil peso dello sciatore,rendendo difficile l’ese-cuzione delle curve.

Una scelta razionale del-l’itinerario non deveignorare le condizionidel manto nevoso:imputare al caso “disceseper nulla divertenti inneve cattiva”, è un atteg-giamento fatalista.

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Fase 1.2: il terreno

331

Capitolo 11

SoleIl processo di fusione e rigelo compatta il mantonevoso. Il suo influsso è massimo in assenza di ventoe varia notevolmente in funzione dell’angolo di inci-denza dei raggi solari con il pendio: in pratica l’azio-ne del sole è direttamente proporzionale all’ampiez-za dell’angolo di incidenza dei raggi.L’angolo di incidenza varia ovviamente anche in fun-zione dell’esposizione del pendio. Sui versanti est eovest l’irradiazione è due volte inferiore che sui ver-santi sud. In pieno inverno i versanti ripidi in pienonord non ricevono praticamente raggi solari.

Temperatura dell’ariaQuando la neve viene a contatto con masse d’aria lacui temperatura supera lo zero, comincia a fondere,indipendentemente dall’ora, dall’esposizione, dallapresenza o assenza di vento, dalla quota. Il processodi fusione ha le stesse conseguenze dell’azione solarequalora sia seguito da un abbassamento della tempe-ratura al di sotto dello zero; avviene però anche suipendii dove il sole non batte. L’effetto è positivo, manelle fasi iniziali si formano croste che non reggonoil peso dello sciatore, rendendo sgradevole la discesa.Se dopo una nevicata avvenuta con temperaturesotto lo zero, la temperatura dell’aria non arriva asuperare 0° C, la neve soffice si mantiene per perio-di anche di qualche settimana, senza subire trasfor-mazioni apprezzabili.

Dove e quando trovare le nevi idonee Le nevi più adatte a una pratica divertente dello scialpinismo sono sostanzialmente di due tipi.

1. Neve fresca farinosa: tipica delle basse temperatu-re, si presenta come una massa soffice, inconsistente,leggera perché ricca d’aria. Anche se profonda, nonpresenta eccessiva resistenza agli sci durante le curve.

2. Neve primaverile (firn): tipica neve che ha subi-to frequenti cicli di fusione e rigelo, si presenta comeuna massa compatta, a struttura granulare, talvoltaricoperta in superficie da sottili lamelle di ghiaccio o

L’influsso del sole è mas-simo in assenza di ventoe varia notevolmente infunzione dell’angolo diincidenza dei raggi sola-ri con il pendio.

C11-11 Neve invernale e pri-maverile

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da un leggero strato di brina quando è ancora indu-rita dal gelo notturno. Sotto l’azione del sole la nevediventa molle dapprima in superficie, poi in profon-dità. Con questa neve le condizioni migliori pereffettuare la discesa si hanno all’inizio del disgelo: lasuperficie diventa scorrevolissima, uniforme e nonpresenta quasi resistenza durante le curve. La neverimane in queste condizioni per circa 1-2 ore, dopodi che il rammollimento in profondità la rende sem-pre più pesante e quindi più difficile da sciare.

Utilizzando le premesse fin qui riportate, si può cer-care di individuare dove e quando trovare le nevi piùidonee. Gli scopi sono due: 1) in funzione del periodo stagionale e della situa-zione meteorologica dei giorni precedenti, sceglierela gita con l’orientamento più favorevole a unabuona discesa; 2) durante lo svolgimento della discesa individuarele zone di neve più favorevoli ad un percorso diver-tente, in particolare per l’effettuazione delle curve. Questo secondo punto sarà approfondito nel capito-lo dedicato alla “Tecnica di discesa”.Per analizzare il problema è utile ricorrere a una sem-plice schematizzazione: neve farinosa e neve prima-verile nel periodo invernale, neve farinosa e neve pri-maverile nel periodo primaverile.

Periodo invernale, neve farinosa (polverosa)Da novembre a marzo, al di sopra dei 1.400 m, laneve cade in genere con temperature che non supe-rano lo zero. In questi casi la precipitazione può con-siderarsi di neve farinosa e tale rimane per lungotempo su tutti i pendii che vanno da nord a nordovest. Difficilmente la temperatura riesce a trasfor-mare il manto nevoso, mentre molto accentuata puòessere l’azione del vento, che provoca la formazionedella crosta. Gli effetti del vento aumentano con l’al-titudine e con l’esposizione.Per questo motivo, sopra i 2.500 m è molto difficiletrovare neve farinosa, se non in condizioni particola-

Fase 1.2: il terreno Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

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Capitolo 11

Gli effetti del ventoaumentano con l’altitu-dine e con l’esposizione,tanto che, sopra i 2.500m, è molto difficile tro-vare neve farinosa, senon in condizioni parti-colari di protezione dalvento.

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Fase 1.2: il terreno

333

Capitolo 11

ri di protezione dal vento; lo stesso vale per costoni ecreste, sempre molto esposti. A quote inferiori ilvento può avere una forte influenza anche in zoneapparentemente riparate, quando le percorre d’infila-ta. Canaloni che terminano in colli o bocchette,anche se in ombra, facilmente presentano neve cro-stosa, soprattutto nelle parti alte. Zone favorite sonoi boschi, dove le piante, facendo da frangivento, osta-colano il formarsi della crosta. Nei boschi non trop-po fitti, si possono effettuare magnifiche discese. Suipendii soleggiati (quadrante da sud est a sud ovest) sipuò trovare buona neve farinosa fino a 3 o 4 giornidopo la nevicata, se la pendenza non supera i 25°,fino a 2 o 3 giorni se la pendenza è superiore, tranne,naturalmente, nelle zone battute dal vento.

Periodo invernale, neve primaverilePur essendo tipica della primavera, questa neve si puòincontrare qualche volta anche in pieno inverno.Perché ciò accada occorre però che si verifichino par-ticolari condizioni concomitanti: pendio ripido,esposizione molto soleggiata, terreno al riparo dalvento e almeno tre settimane prive di precipitazioni. Con il verificarsi di tali condizioni, la neve primave-rile può raggiungere i 2.500 m di quota. Un eventooccasionale che può causare la formazione di neve

C11-13 Discesa su neve primaverile

Zone favorite sono iboschi dove le piante,facendo da frangivento,ostacolano il formarsidella crosta e, se nontroppo fitte, permettonodi effettuare magnifichediscese.

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Sci alpinismo

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primaverile è anche lo spirare del Föhn che causa unanomalo rialzo della temperatura con conseguentetrasformazione della neve. Con l’avanzare della stagione questo tipo di neve sifa più frequente: verso la fine di febbraio, è possibi-le trovarla fino a 2.000 m su pendii esposti a est eovest, a 15 giorni dall’ultima nevicata; in marzo, conle stesse esposizioni, giunge fino a 2.500 m. Per pen-dii esposti a sud la quota massima si alza in propor-zione. Con l’inizio di marzo il tempo tende ad assu-mere caratteristiche primaverili: cessa il periodocaratterizzato da lunghi intervalli tra le nevicate, iltempo diventa variabile e le precipitazioni si fannopiù frequenti. Questo da un lato favorisce gli sciato-ri, in quanto lo spessore del manto nevoso aumenta(cosa che mette nelle migliori condizioni di percor-ribilità i ghiacciai), dall’altro però impedisce unabuona trasformazione della neve invernale in prima-verile, perché lo strato superficiale viene continua-mente rinnovato. In questo periodo di transizione,nonostante l’imminente arrivo della primavera, laneve primaverile è difficile da trovare. Bisogna quin-di orientarsi sulla scelta di itinerari non molto espo-sti al sole se la gita si effettua qualche giorno dopol’ultima nevicata. Se i pendii sono molto soleggiati,conviene effettuare la gita subito dopo la nevicata edevitarli già dopo due o tre giorni.

Periodo primaverile, neve primaverileL’aumento dell’insolazione e più ancora della tempe-ratura diurna, tendono con l’avanzare della stagione,ad uniformare i vari tipi di neve, facendoli evolvereverso il tipo primaverile. Naturalmente, la quotamassima raggiunta dalla neve primaverile varia aseconda dei versanti, ma con il procedere della sta-gione tende a diminuire la differenza di quota mas-sima tra un versante e l’altro. Solo nevicate di unacerta entità (oltre i 20 cm), potranno per qualchegiorno contrastare il progredire di questa evoluzione.Vale la pena di ascoltare con una certa metodicità ibollettini meteorologici; si potrà così venire a cono-scenza delle variazioni del limite dell’isoterma 0°C(vi è relazione diretta tra il variare della temperatura

Capitolo 11

Con l’inizio di marzo iltempo tende ad assume-re caratteristiche prima-verili cessa il periodocaratterizzato da lunghiintervalli tra le nevicate,il tempo diventa variabi-le e le precipitazioni sifanno più frequenti.

Vale la pena di ascoltarecon una certa metodicitài bollettini meteorologi-ci; si potrà così venire aconoscenza delle varia-zioni del limite dell’iso-terma 0°C (vi è relazionediretta tra il variare dellatemperatura dell’ aria ele variazioni della neve).

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sci alpinistica

Fase 1.2: il terreno

335

Capitolo 11

dell’ aria e le variazioni della neve). Inoltre si potràsapere se in montagna sono spirati o spirerannoventi e di che intensità. È anche importante essere alcorrente delle nuove precipitazioni.

Periodo primaverile, neve farinosaIn genere, in primavera questo tipo di neve si incon-tra solo per pochi giorni dopo una nevicata; i pendiipiù esposti al sole sono i primi a trasformarsi, men-tre quelli in ombra, a quote superiori ai 2.000 m,possono restare coperti di neve farinosa anche peruna settimana. Tenere presente che l’innalzamentodi quota ritarda la trasformazione su qualsiasi ver-sante. Sarà il caso perciò di effettuare una gita subi-to dopo la nevicata (condizioni di sicurezza permet-tendo) se si vuol sciare in buona neve profonda.Altrimenti lasciare passare 10-12 giorni perché si tra-sformi in primaverile.

C11-12 Discesa su neve fari-nosa

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Studio dell’itinerario con carta topogra-fica e preparazione del tracciato di rotta

Carte topograficheL’itinerario della gita viene studiato nei particolariconsultando guide sci alpinistiche, e carte topografi-che, eventualmente recanti indicazione degli itinera-ri sciistici. Una buona lettura consente di individua-re la conformazione generale del terreno, l’esposizio-ne dei versanti che saranno percorsi in salita e disce-sa, la presenza di vegetazione, eventuali rifugi, puntidi riferimento significativi. Si traccia sulla carta l’iti-nerario più sicuro in funzione delle condizioni dellaneve, dell’eventuale pericolo di valanghe e dei peri-coli oggettivi che si possono incontrare (crepacci,bastionate di roccia, ecc.). L’itinerario più diretto può essere il più rapido, ma èquasi sempre il più faticoso, meglio dunque un iti-nerario che permetta di salire regolarmente evitandopendii troppo ripidi.

Tracciato di rottaÈ sempre utile preparare preventivamente la tabelladi marcia con il tracciato di rotta: non solo per iti-nerari complicati e percorsi su ghiacciaio, ma ancheper tragitti meno impegnativi. Infatti si manifestanospesso situazioni di scarsa visibilità ed anche un alpi-nista conoscitore del luogo potrebbe incontrare seriproblemi di orientamento.Si consiglia vivamente di dedicarsi con costanza aquesta prassi; oltre ad interpretare più facilmente iriferimenti topografici, ed acquistare maggiore fami-gliarità con la strumentazione, si otterrà il grandevantaggio, una volta in gita, di essere tempestivinelle decisioni e soprattutto di non sbagliare la dire-zione di marcia. Si tratta di un metodo potente per aumentare la capacità di osservazione dell’ambientee accrescere l’autonomia.

Fase 1.2: il terreno Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

336

Capitolo 11

C11-14 Carte topografiche

Una buona lettura topo-grafica consente di indi-viduare la conformazio-ne generale del terreno,l’esposizione dei versantiche saranno percorsi insalita e discesa, la pre-senza di vegetazione,eventuali rifugi, punti diriferimento significativi.

Si consiglia di dedicarsicon costanza alla prepa-razione del tracciato dirotta: oltre ad interpre-tare più facilmente i rife-rimenti topografici siotterrà, in caso di scarsavisibilità, di non sbaglia-re direzione di marcia.

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sci alpinistica

Fase 1.2: il terreno

337

Capitolo 11

Valutazione dell’inclinazione sulla carti-na topograficaL’inclinazione può essere determinata sulla cartamisurando la distanza più piccola tra due curvedi livello. Essa deve essere misurata perpendicolar-mente alle curve di livello (lungo la linea di massimapendenza).Nota: a volte si deve prestare attenzione aipendii con andamento a ”S” alti da 30 a 50metri e con zone pianeggianti sopra e sotto,in quanto presentano spesso una inclinazio-ne effettiva superiore alla inclinazione mediache si determina sulla carta topografica.È possibile utilizzare un regolo di plasticatrasparente e per una misura precisa si rac-comanda di usare la lente e una cartina conscala 1:25.000. Per ricavare la pendenzabisogna far coincidere la distanza tra le curve

misura

su ca

rtina

25 m

inclinazionemedia

25 m

terreno

distanza tra le curve di livello

C11-16 Inclinazione pendio a S

PUNTI SIGNI-FICATIVI

QUOTA Dislivello Distanza Azimutdi marcia

Azimut di ritorno

Tempo Note

LOCAL. 2

LOCAL. 1

LOCAL. 3

LOCAL. 4

LOCAL. 5

QUOTA 1

QUOTA 2

QUOTA 3

QUOTA 4

C11-15 Tracciato di rotta

inclinazionereale

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Fase 1.2: il terreno Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

338

di livello con quella delle linee del regolo.Si riporta a titolo di promemoria la sequenza dioperazioni relative alla realizzazione di un trac-ciato di rotta:a) disporre di carte topografiche in scala 1:25.000;

b) dotarsi di goniometro, squadretta, regolo per la misura dell’inclinazione, lente di ingrandimento;

c) disegnare sulla carta l’itinerario;

d) individuare le zone critiche: versanti con esposi-zione sfavorevole (bollettino), pendii ripidi, trattiesposti, zone con crepacci, o seracchi;

e) misurare le pendenze in funzione del pericolovalanghe;

f ) studiare possibili varianti all’itinerario principale epossibili vie di fuga;

g) realizzare il tracciato di rotta dell’itinerario princi-pale utilizzando i punti di riferimento più significa-tivi (malghe, rifugi, selle, rocce affioranti, creste,zone critiche);

h) individuare possibili percorsi alternativi;

Capitolo 11

DISTANZA FRA DUE CURVECON DISLIVELLO DI 200 m

CON SCALA 1:25.000

INCLINAZIONE MEDIA IN GRADI

8 mm

7 mm

6 mm

5 mm

4 mm

27°

30°

34°

39°

45°

DISTANZA FRA DUE CURVECON DISLIVELLO DI 200 m

CON SCALA 1:50.000

16 mm

14 mm

12 mm

10 mm

8 mm

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Fase 1.2: il terreno

339

Capitolo 11

i) realizzare il tracciato di rotta dei percorsi alternativi.Tracciato di rotta: calcolo dei tempioccorrenti per la salita e la discesaNel calcolo del tempo di percorrenza occorre tenereconto del numero dei partecipanti, delle loro capa-cità e del loro grado di preparazione, delle difficoltàdella neve e del terreno. Di norma si può calcolare di superare un dislivello di300-400 metri all’ora in salita; ovvero in falsopianodi coprire una distanza di 4-5 km all’ora. In genereuna comitiva è tanto più lenta quanto più è nume-rosa, soprattutto nel caso si debbano superare delledifficoltà alpinistiche. Il dislivello percorribile inun’ora è tanto minore quanto maggiore è il dislivel-lo complessivo della salita. Battere pista in neveprofonda e scendere su neve crostosa sono fattori dirallentamento. Il calcolo dei tempi consente di sce-gliere l’ora di partenza e di regolare l’entità dellesoste durante la gita.

C11-18 Tracciati corretti esbagliati

In genere una comitiva ètanto più lenta quantopiù è numerosa, soprat-tutto nel caso si debbanosuperare delle difficoltàalpinistiche.

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Fase 1.2: il terreno Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

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Capitolo 11

C11-17 Regolo per inclinazione

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Fase 1.3Caratteristiche

e comportamento dei partecipanti

341

FASE 1.3: CARATTERISTICHE E COMPORTA-MENTO DEI PARTECIPANTI

IntroduzioneAnche se è possibile praticare lo sci alpinismo solita-rio, motivi di sicurezza legati soprattutto al correttascelta dell’itinerario e alla possibilità di attuazionedelle tecniche di autosoccorso, consigliano di effet-tuare le gite insieme ad altri compagni. In funzionedella preparazione individuale dei partecipanti allagita, deve essere scelta la difficoltà dell’itinerario. Sivalutano le capacità sciistiche e alpinistiche, l’espe-rienza e l’allenamento. Fra di essi è auspicata la mag-gior omogeneità possibile. In ogni caso, nella sceltadella lunghezza e della complessità della gita, si fa rife-rimento al partecipante più debole e meno capace. Siè osservato che numerosi incidenti sono stati provo-cati da errori di comportamento, e da decisioni frut-to di spinte emotive e psicologiche, piuttosto che dauna errata valutazione della stabilità del mantonevoso.Nel corso di una gita, soprattutto in occasione disituazioni difficili, il responsabile del gruppo spessosi deve interrogare su una molteplicità di variabili(ne citiamo alcune):• L’equipaggiamento personale e di gruppo è ade-guato ed efficiente?• Tutti dispongono di A.R.VA., pala e sonda?• I gruppetti, in cui è stata divisa la comitiva, cono-scono l’itinerario da seguire, e i punti significatividel percorso? • Quali sono coloro che dispongono di sufficienticompetenze per tracciare una pista e comportarsi inmodo adeguato sui pendii ripidi? • Chi tra i partecipanti ha sufficienti competenzealpinistiche per attrezzare una corda fissa?• Come reagiscono i componenti del gruppo difronte a una scelta difficile, ove si dovesse anchesaper rinunciare?• In situazioni di stress, tutti sono sufficientementeautonomi, oppure qualcuno ha bisogno di un aiuto?

Capitolo 11

La difficoltà dell’itinera-rio dev’essere scelta infunzione della prepara-zione individuale deipartecipanti alla gita.

Si è osservato che nume-rosi incidenti sono statiprovocati da errori dicomportamento, e dadecisioni frutto di spinteemotive e psicologiche,piuttosto che da una erra-ta valutazione della stabi-lità del manto nevoso.

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Fase 1.3Caratteristichee comportamento dei partecipanti

Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

342

• I componenti del gruppo sono in grado di rispet-tare regole di sicurezza, quali ad esempio le distanzedi alleggerimento, oppure non hanno un comporta-mento sufficientemente disciplinato e perciò tale dacompromettere la sicurezza generale?• Chi è in grado di mettere in atto un’azione di auto-soccorso?

Comportamenti durante l’attività scialpinisticaRiportiamo alcuni comportamenti che si pos-sono manifestare durante l’attività sci alpinisti-ca di gruppo.

La riluttanza ai cambiamentiL’uomo è restio a cambiare idea: assunta una deci-sione, la porta avanti, anche se ci sono molti segnalicontrari. Una buona contromisura alla pertinacia,consiste nello studiare anticipatamente le alternati-ve. Le difficoltà al cambiamento si presentanosoprattutto in gite di gruppo organizzate con largoanticipo. Spesso capita infatti che, nonostante lecondizioni nivo-meteo non siano favorevoli, l’impe-gno con il rifugio, la disponibilità dei partecipanti, ildesiderio di tentare comunque, inducano ad effet-tuare ugualmente l’uscita. Devono invece essere lebuone condizioni del manto nevoso e del tempo adecidere lo svolgimento di una gita. Al fine di garan-tire ai partecipanti la maggior sicurezza possibile,cambiamenti di itinerario e spostamenti di datedevono essere adottati con fermezza, anche se ciòpotrebbe causare problemi organizzativi e malumoritra le persone.

Gruppo numerosoUn piccolo gruppo è più mobile e più rapido: puòquindi se necessario, mantenere le distanze di alleg-gerimento (10 m) o di sicurezza (50-100 metri opiù). Comportamento che per motivi di temporisulta a volte difficile da attuare con molte persone.Il responsabile di gruppi numerosi a volte tende adassumersi più rischi. Comitive formate da molti

Capitolo 11

Al fine di garantire aipartecipanti la maggiorsicurezza possibile, cam-biamenti di itinerario espostamenti di datedevono essere adottaticon fermezza, anche seciò potrà causare proble-mi organizzativi e malu-mori tra le persone.

Comitive formate damolti individui allunga-no i tempi di percorren-za e, in condizioni pro-blematiche, rendono piùdifficile il controllo delladisciplina.

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Sci alpinismo Scelta e preparazionedella gita

sci alpinistica

Fase 1.3Caratteristiche

e comportamento dei partecipanti

343

individui allungano i tempi di percorrenza, e in con-dizioni problematiche rendono più difficile il con-trollo della disciplina.

Emulazione e competizioneEsempio 1Se in uno stesso luogo sono presenti gruppi diversipossono manifestarsi situazioni di emulazione o dicompetizione. Il tempo sta volgendo al brutto e lavisibilità riducendo: l’orientamento del grupposarebbe quello scegliere un itinerario più semplice.Tuttavia la presenza di un altro gruppo che precedeinduce la scelta di seguirne le tracce.

Esempio 2A seguito di recenti nevicate si valuta poco pruden-te risalire un canale tecnicamente interessante eremunerativo e sarebbe preferibile ripiegare versouna meta meno impegnativa ma più sicura. Tuttavia,poiché un altro gruppo in zona ha scelto una escur-sione ugualmente difficile, si decide di riprendere ilpercorso inizialmente abbandonato.

Mentalità sportiva non appropriata allecircostanzeAllo scopo di alleggerire il peso dello zaino, ed otte-nere elevate velocità di progressione, erroneamentesi riduce oltremodo l’equipaggiamento e l’eventualeattrezzatura alpinistica. Si è osservato che tanto mag-giore è la capacità tecnica in discesa tanto più è ele-vata la ricerca della velocità, del ripido e della tracciapersonale.

Partecipanti poco esperti o principiantiUno sci alpinista principiante è impegnato soprat-tutto a controllare i propri sci e a mantenere undiscreto equilibrio durante l’esecuzione dei cambi didirezione e dei dietro-front; inoltre in discesa è faci-le alle cadute. Spesso è poco allenato a questo tipo didisciplina, e impegna notevoli energie, sia in fase disalita che in fase di discesa, soprattutto in conse-guenza delle cadute. Un principiante si troverebbe in

Capitolo 11

Si è osservato che tantomaggiore è la capacitàtecnica in discesa tantopiù è elevata la ricercadella velocità, del ripidoe della traccia personale.

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Fase 1.3Caratteristichee comportamento dei partecipanti

Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

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forte difficoltà a gestire un autosoccorso e a maggiorragione a trasportare un infortunato. È quanto maiopportuno scegliere un itinerario al di sotto del pro-prio livello, anche perché se le condizioni del tempopeggiorano, le difficoltà possono aumentare sensibil-mente. Bisogna pertanto prevedere un percorsomeno impegnativo di riserva. In modo particolaredurante i corsi, la gita deve essere commisurata allecapacità dei partecipanti, e al livello del corso, cer-cando sempre di conservare un buon margine, siaper quanto riguarda la sicurezza in termini di valan-ghe, sia per quanto riguarda l’impegno globalerichiesto dall’escursione. Come è ben noto, la gita èstudiata per gli allievi.

Partecipanti con scarso allenamento o incattive condizioni fisicheUna persona poco allenata, rispetto all’impegnorichiesto dall’escursione, oppure in cattive condizio-ni fisiche, procede con lentezza, non osserva l’am-biente circostante, è poco reattivo durante la pro-gressione con gli sci. Soprattutto in primavera,quando la stabilità del manto nevoso diminuisce conl’irraggiamento solare, il ritardo provocato dalla len-tezza può condurre a situazioni assai delicate. Ma anche in inverno, quando l’oscurità cala preco-cemente, una gita che si conclude al tramonto,potrebbe indurre serie conseguenze, se ad esempio siverificasse un incidente in fase di discesa.La stanchezza riduce la velocità di risposta del fisico:a volte, in discesa, proprio a causa di un movimentolento, gli attacchi non si sganciano e si possono veri-ficare lesioni ai legamenti della gamba o addiritturafratture. Viceversa una persona in buone condizionifisiche, reagendo con forza e rapidità al movimentodi torsione imposto dagli sci, può far scattare gliattacchi e liberare la gamba.Si raccomanda quindi di consultare persone espertecirca le caratteristiche della gita e scegliere una itine-rario che presenti un livello di impegno inferiore alleproprie condizioni fisiche.

Capitolo 11

È quanto mai opportunoscegliere un itinerario aldi sotto del proprio livel-lo, anche perché se lecondizioni del tempopeggiorano, le difficoltàpossono aumentare sen-sibilmente.

La stanchezza riduce lavelocità di risposta delfisico: a volte, in discesa,proprio a causa di unmovimento lento, gliattacchi non si sgancia-no e si possono verifica-re lesioni ai legamentidella gamba o addirittu-ra fratture.

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Sci alpinismo Scelta e preparazionedella gita

sci alpinistica

Fase 1.3Caratteristiche

e comportamento dei partecipanti

345

Partecipanti con scarse conoscenze diautosoccorsoNon è sufficiente possedere l’A.R.VA. e aver svoltoqualche esercitazione durante un corso, per indivi-duare velocemente una persona travolta. La localizza-zione e assai più improbabile se la valanga ha coin-volto più sciatori. Una volta disseppellito, l’infortu-nato potrebbe trovarsi in stato di assideramentooppure aver riportato delle lesioni. In pratica lasopravvivenza di un travolto da valanga dipende ingran parte dalle conoscenze e abilità dei compagni digita. Pertanto bisogna addestrarsi periodicamenteall’uso del proprio A.R.VA. Inoltre è bene ripassare econsolidare negli anni, con una certa regolarità, lenozioni di primo soccorso.

Capacità individuali e requisiti dell'i-struttore e del capogita Si riportano alcune qualità legate al carattere e all’at-titudine individuale, che se presenti, possono esseredi grande aiuto in caso di difficoltà:• Esperienza sci alpinistica e competenze tecniche(seguire un tracciato di rotta, effettuare una traccia,effettuare un autosoccorso).• Esperienza alpinistica e competenze tecniche (arram-picare da capocordata, attrezzare passaggi, effettuaremanovre di corda e recuperi da crepaccio).• Capacità tecniche in discesa.• Preparazione fisica e allenamento.• Adattamento all’ambiente.• Forza d’animo e disponibilità ad aiutare in situa-zioni difficili.• Autodisciplina e attitudine alla disciplina di gruppo.• Autocritica e maturità di giudizio.Con riferimento alla varietà di situazioni che si posso-no presentare durante una escursione, diventa fonda-mentale la figura dell’Istruttore o del capogita esper-to. Oltre alle caratteristiche individuali, di cui sopra, siravvisano, tra le prerogative del responsabile del grup-po altre specifiche qualità, che gli consentono di assu-mere le decisioni più corrette, sia in fase di preparazio-ne che di conduzione della gita e gli conferiscono auto-revolezza all'interno del gruppo.

Capitolo 11

La sopravvivenza di untravolto da valangadipende in gran partedalle conoscenze e abi-lità dei compagni digita, pertanto bisognaaddestrarsi periodica-mente all’uso del pro-prio A.R.VA..

Con riferimento allavarietà di situazioni chesi possono presentaredurante una escursione,è fondamentale la figuradell’Istruttore o delcapogita esperto.

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Fase 1.3Caratteristichee comportamento dei partecipanti

Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

346

Requisiti dell’istruttore e del capogitaesperto• Essere aggiornato sulle tecniche della propria disci-plina e sulle misure di sicurezza.• Mantenere una costante attività in montagna e con-servare buone condizioni fisiche: evita che la fatica pre-giudichi le capacità di valutazione e consente di averele forze per aiutare qualcuno in difficoltà. • Avere una visione di insieme ed essere tempestivi nel-l’adozione delle misure precauzionali. • Maturare la capacità di prendere la decisione più cor-retta sulla base di informazioni incomplete e contrad-dittorie (intuizione).• Sviluppare la capacità di ragionare anche sotto stressed essere in grado di assumere la responsabilità di deci-dere.• Cercare di esprimersi con chiarezza. Dare poco perscontato. Accrescere la capacità di comunicare, discambiare opinioni, di confrontarsi, di accettare le cri-tiche e riconoscere gli errori. • Motivare le scelte, spiegando la situazione all'internodel gruppo, piuttosto che imporre le decisioni inmodo autoritario e senza giustificazioni.

Capitolo 11

C11-19 Tracciati corretti esbagliati

L’Istruttore deve essereaggiornato sulle tecni-che della propria disci-plina e sulle misure disicurezza. Inoltre devemantenere una costanteattività in montagna econservare buone condi-zioni fisiche.

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sci alpinistica

Fase 1.3Caratteristiche

e comportamento dei partecipanti

347

La responsabilità dell’accompagnatoreIl responsabile di un gruppo, oltre a dimostrare invarie occasioni competenza e buon senso, deve tene-re in opportuna considerazione le responsabilità chevengono attribuite al capo comitiva dall’ordinamen-to giuridico. L’accompagnatore (Istruttore, capo gita, collaborato-ri) nello svolgimento della propria attività nell’ambi-to dell’organizzazione (C.A.I.), si pone in relazionecon altri soggetti, interni od esterni all’organizzazio-ne, che si affidano ad essa per svolgere attività alpi-nistiche (o sportive in genere). Con l’iscrizione ad un corso (o ad una gita) l’allievo(o il partecipante) si affida all’organizzazione(C.A.I.), che agisce attraverso i propri accompagna-tori, confidando sull’esperienza e sugli insegnamen-ti di questi.Nello svolgimento della propria attività l’accompa-gnatore, oltre a tenere un comportamento etico, cioèconforme ai principi che ispirano l’attività dell’orga-nizzazione cui appartiene (C.A.I.), deve primaria-mente rispettare il diritto assoluto di ogni persona anon subire pregiudizio alla propria vita, integrità edincolumità personale.L’organizzazione e l’accompagnatore, cui l’allievo delcorso o il partecipante alla gita si sono affidati, sonoperciò chiamati a rispondere (responsabilità) nelcaso in cui, nello svolgimento della loro attività, siverifichi una lesione del diritto all’integrità fisica del-l’accompagnato.Ciò avviene, tuttavia, soltanto quando tale lesionederiva da un comportamento dell’accompagnatorecontrario alle regole dell’ordinamento giuridico(comportamento illecito).Tale responsabilità può venire in rilievo su due prin-cipali piani:• responsabilità penale, consistente nella violazionedi una norma penale (reato), che comporta la irro-gazione della sanzione penale (reclusione, arresto,multa o ammenda). La responsabilità penale è stret-tamente personale, cioè ascrivibile unicamente allapersona fisica che ha tenuto il comportamento ille-

Capitolo 11

Con l’iscrizione ad uncorso l’allievo si affidaall’organizzazione cheagisce attraverso i propriaccompagnatori, confi-dando sull’esperienza esugli insegnamenti diquesti.

L’organizzazione e l’ac-compagnatore, cui l’al-lievo del corso si è affida-to, sono perciò chiamatia rispondere, nel caso incui, nello svolgimentodella loro attività, si veri-fichi una lesione deldiritto all’integrità fisicadell’accompagnato.

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Fase 1.3Caratteristichee comportamento dei partecipanti

Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

348

Capitolo 11

cito causativo della lesione (esempio: Art.590 C.P.“Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesionepersonale è punito con la reclusione fino a tre mesio con la multa fino a euro 309”);• responsabilità civile, consistente nella violazione diuna norma civile (inadempimento di un obbligo),che comporta il pagamento di una somma di dena-ro a risarcimento del danno. In tal caso l’obbligo dirisarcire il danno può far capo anche a soggetti diver-si dall’autore della lesione, tenuti a rispondere insie-me con lui (C.A.I.) o a garantirlo (Assicurazione).(esempio: art. 2043 C.C. “Qualunque fatto doloso ocolposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto,obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire ildanno”).In entrambi i casi, perché si possa parlare di respon-sabilità dell’accompagnatore, è necessario che lalesione del diritto all’integrità fisica dell’accompa-gnato sia derivata da un comportamento quantome-no colposo dell’accompagnatore.La colpa è un difetto della condotta concreta rispet-to ad un modello di condotta astratta imposto dauna regola (legale o non legale) finalizzata ad evitareil turbamento della civile convivenza. Quando il comportamento che ha causato la lesionenon è stato conforme alla condotta astratta previstada una norma di legge, di regolamento o altre disci-pline, anche tecniche, dettate nel nostro campo diazione si parla di colpa specifica, quando invece viè violazione delle regole comuni di prudenza, dili-genza e perizia si parla di colpa generica.

Concetto di colpa generica e di casualitàPer l’accompagnatore la colpa generica consiste nonsolo nella violazione delle comuni regole di prudenza,diligenza e perizia, che valgono per ogni persona, maanche di quelle che derivano dall’esperienza e dallanatura dell’attività esercitata. Il parametro astratto divalutazione della condotta concreta dell’accompagna-tore, non sarà soltanto quello del comportamento delbuon padre di famiglia, cioè della diligenza solitamen-te usata in identiche circostanze dai componenti dellacollettività, ma del soggetto che esercita una attività

La responsabilità penale,che consiste nella viola-zione di una normapenale (reato), comportauna sanzione penale(reclusione, arresto,multa, ammenda) ed èstrettamente personale.

La responsabilità civile,che consiste nella viola-zione di una norma civi-le (inadempimento diun obbligo), comporta ilpagamento di unasomma di denaro a risar-cimento del danno. Intal caso l’obbligo puòessere trasferito (es.Assicurazione).

La colpa è un difettodella condotta concretarispetto ad un modellodi condotta astrattaimposto da una regolafinalizzata ad evitare ilturbamento della civileconvivenza.

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sci alpinistica

Fase 1.3Caratteristiche

e comportamento dei partecipanti

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Capitolo 11

qualificata, quella, appunto, di istruttore-accompagna-tore.Il criterio di valutazione a cui si ricorre è quello dellacosiddetta prevedibilità dell’evento: sussiste colpa se ilresponsabile era in grado di rendersi conto o aveva ildovere di farlo, usando la propria esperienza o quellache è doveroso pretendere in chi ricopre una determi-nata qualifica o assume un determinato ruolo ai finidella tutela della sicurezza di altre persone.L'evento dannoso (lesione dell’incolumità fisica del-l’accompagnato) avrebbe cioè potuto essere evitato edoveva essere evitato se l’accompagnatore avesse tenu-to un comportamento diligente, prudente e perito.Se a determinare l’evento dannoso ha concorso il com-portamento negligente, imprudente ed imperito di piùpersone si verificherà un concorso di persone nell’ille-cito e tutti saranno chiamati a rispondere dell’inciden-te e delle sue conseguenze (sanzioni).Naturalmente è necessario che tutte le diverse azioniod omissioni poste in essere dai vari soggetti concor-renti esplichino una efficacia causale adeguata al pro-dursi dell’evento dannoso, secondo le regole dellacomune esperienza. È fonte di responsabilità non soloil comportamento attivo che produce l’evento danno-so, ma anche la mancata adozione (omissione) dimisure idonee ad impedirlo, che l’accompagnatore ha,in quanto tale, l’obbligo di attuare.Il rapporto di causalità tra l’azione/omissione e l’even-to dannoso è escluso soltanto dalla causa sopravvenu-ta che sia da sola sufficiente a produrre l’evento. È bene ricordare che l’attività dell’accompagnatore sisvolge in forma organizzata nell’ambito della strutturadel C.A.I.. Possono perciò venire in rilievo, nel caso diincidente ascrivibile a comportamento illecito dell’ac-compagnatore, anche le responsabilità degli altri sog-getti, gerarchicamente o funzionalmente sovraordinatia questo che hanno l’obbligo di vigilanza sulla suaazione (direttore del corso, direttore della scuola, pre-sidente di sezione).

Il parametro astratto divalutazione della condot-ta concreta dell’accompa-gnatore, non sarà soltan-to quello del comporta-mento del buon padre difamiglia, ma del soggettoche esercita una attivitàqualificata, quella,appunto, di istruttore-accompagnatore.

Il criterio di valutazionea cui si ricorre è quellodella cosiddetta prevedi-bilità dell’evento: sussi-ste colpa se il responsa-bile era in grado di ren-dersi conto o aveva ildovere di farlo.

È fonte di responsabilitànon solo il comporta-mento attivo che produ-ce l’evento dannoso, maanche la mancata ado-zione (omissione) dimisure idonee ad impe-dirlo, che l’accompagna-tore ha, in quanto tale,l’obbligo di attuare.

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Fase 1.3Caratteristichee comportamento dei partecipanti

Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

350

Capitolo 11

Forme della colpa generica• ImprudenzaÈ la violazione di comandi negativi (divieti). Le regoledella prudenza vietano infatti determinati comporta-menti o loro modalità di attuazione. L’imprudenza èavventatezza, insufficiente ponderazione, scarsa consi-derazione della realtà, del pericolo, degli interessialtrui. Al contrario è persona prudente chi osserva, chiadotta un atteggiamento accorto, cauto; imprudentechi agisce in contrasto con le norme di sicurezza detta-te dall’esperienza; colui che arrischia troppo e vaincontro a pericoli; chi dimostra leggerezza, spericola-tezza, precipitazione.È imprudente, ad esempio, iniziare una escursione incaso di previsione di forte maltempo, affrontare pendiiripidi con forte innevamento, o sovraccaricare con ungruppo numeroso pendii ritenuti sospetti, non attrez-zare con corde fisse o corde doppie, tratti alpinisticidecisamente impegnativi rispetto al livello tecnico deipartecipanti; in un ghiacciaio togliersi gli sci e girova-gare a piedi senza corda. Sopravvalutare le capacità e laresistenza dell’allievo, frequentare un luogo totalmen-te sconosciuto, ecc.

• NegligenzaÈ la violazione di regole positive (comandi). Le regoledi diligenza sono quelle che prevedono le modalità concui vanno compiute le azioni, soprattutto l’attenzione.È persona diligente chi esegue un compito con cura escrupolo. Viceversa è persona negligente chi prestascarsa cura al compito da svolgere; chi dimostra tra-scuratezza, disattenzione, dimenticanza, pigrizia, difet-ti dovuti ad incuria. È negligente, non ascoltare il bol-lettino nivometeo prima di intraprendere una gita;non controllare il buon funzionamento degli A.R.VA.;utilizzare materiale alpinistico non adatto o in cattivecondizioni; durante una escursione procedere in testaal gruppo senza più curarsi della situazione degliaccompagnati e dell’andamento della salita.È la violazione delle regole tecniche prescritte per ilcompimento di una determinata attività. È personacompetente (perita) chi tiene un comportamento

È imprudenza la violazio-ne di comandi negativi(divieti). Le regole dellaprudenza vietano infattideterminati comporta-menti o loro modalità diattuazione. L’imprudenzaè avventatezza, insuffi-ciente ponderazione, scar-sa considerazione dellarealtà, del pericolo, degliinteressi altrui.

È negligenza la violazio-ne di regole positive(comandi). Le regole didiligenza sono quelle cheprevedono le modalitàcon cui vanno compiutele azioni, soprattutto l’at-tenzione.

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Sci alpinismo Scelta e preparazionedella gita

sci alpinistica

Fase 1.3Caratteristiche

e comportamento dei partecipanti

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Capitolo 11

conforme alle regole della buona tecnica dettate nelsuo campo di azione, ponendole in essere senza diffi-coltà ed in modo tempestivo; è adeguatamente prepa-rato, esperto ed aggiornato. È il caso della guida alpi-na, del maestro di sci, dell’istruttore che hanno acqui-sito nozioni teoriche e maturato abilità pratichemediante consolidata attività; tali competenze costi-tuiscono il necessario bagaglio di chi opera in undeterminato settore. Viceversa, l’imperizia è il manca-to o difettoso impiego di tali nozioni e abilità, e l’im-preparazione a svolgere certe attività.Dimostra imperizia la persona che svolge con scarsacompetenza un compito, per difetto d’esperienza overa e propria incapacità. Si manifesta imperizia, nelloscegliere un percorso tecnicamente troppo impegnati-vo per le capacità dei partecipanti al gruppo, sbagliarein modo grossolano la direzione di marcia disponendodi cartina topografica, bussola e altimetro; posizionarein modo errato un ancoraggio, ecc.

Gite sezionali organizzate con diligenzaIl gruppo numeroso, la difficoltà di imporre la disci-plina, la scarsità di collaboratori esperti, richiedonoche la gita sezionale sia organizzata con diligenza.Devono essere curati in modo particolare la scelta delcapo gita e degli eventuali collaboratori, il livello tec-nico dell’escursione, le caratteristiche dei partecipanti,l’organizzazione dell’uscita. In caso di incidente, lascelta di un capo comitiva poco esperto per quel par-ticolare percorso, oppure l’affidamento della gestionedi un gruppo particolarmente numeroso ad un soloresponsabile, senza la collaborazione di altri alpinistiesperti, sono elementi che possono far ricondurre leresponsabilità al Presidente di Sezione.

Indicazioni per una condotta corretta delresponsabile del gruppoa) L’accompagnatore deve essere dotato di capacità edesperienza adeguate al tipo di escursione e possedereuna buona condizione fisica.

b) Nel caso di gite che richiedono un impegno alpini-

È persona competente(perita) chi tiene uncomportamento confor-me alle regole dellabuona tecnica dettatenel suo campo di azione,ponendole in esseresenza difficoltà ed inmodo tempestivo.

Devono essere curati inmodo particolare la scel-ta del capo gita e deglieventuali collaboratori, illivello tecnico dell’escur-sione, le caratteristichedei partecipanti, l’orga-nizzazione dell’uscita.

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Fase 1.3Caratteristichee comportamento dei partecipanti

Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

352

Capitolo 11

stico, si deve informare sulle capacità fisiche e tecnichedei partecipanti, e si deve assicurare che essi siano ade-guatamente attrezzati. Inoltre deve valutare la necessitàdi eventuali collaboratori.

c) Il responsabile di gita sezionale gode di autonomiadi valutazione ed ha la facoltà di stabilire i requisiti diaccesso alla escursione, di accettare o escludere la pre-senza di alcuni soggetti, di opporsi a che il gruppodiventi troppo numeroso.

d) L’accompagnatore, durante l’escursione ha la prero-gativa di effettuare le scelte che si rendono più oppor-tune, secondo i canoni della prudenza e della diligen-za (e della perizia nel caso dell’accompagnatore profes-sionale e di quello qualificato). La negligenza da partedell’accompagnato, potrebbe escludere o ridurre laresponsabilità di chi lo accompagna. Gli ordini vannoimpartiti con chiarezza e decisione, e con la dovutaautorevolezza.

e) L’accompagnatore ha l’obbligo di ammonire erichiamare coloro che nelle escursioni si comportanoin modo imprudente.

f ) In caso di indicazioni non veritiere circa le propriecapacità, al partecipante può esser impedito di conti-nuare il corso o di prendere parte alla gita. Nell’ambitodi una escursione anche davanti a manifesti segni diincapacità e spossatezza, nessuno potrà essere lasciatosolo.

g) Poiché in montagna non si possono mai prevederein modo totale i rischi di incidenti (es. perdita di orien-tamento, scivolata, malore) occorre prestare attenzionea tutti i partecipanti, ed essere in grado di fornire even-tuale assistenza.

Indicazioni per una condotta corretta delpartecipante al gruppoa) A carico degli accompagnati, se richiesto, esiste ildovere di informazione circa le proprie capacità econoscenze tecniche. Le precedenti esperienze da partedell’escursionista o alpinista sono a volte determinantiper accettare la sua partecipazione ad un corso o aduna gita.

C11-20 Ambiente invernale

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sci alpinistica

Fase 1.3Caratteristiche

e comportamento dei partecipanti

353

Capitolo 11

b) Il partecipante deve possedere una preparazione fisi-ca e tecnica adeguata al tipo di gita.

c) Il partecipante deve contribuire alla buona realizza-zione dell’escursione con un comportamento pruden-te e con impegno.

d) L’accompagnato dovrà adeguare il suo comporta-mento alle indicazioni di chi lo guida; in caso di disub-bidienza assumerà in proprio le conseguenze e l’ac-compagnatore verrà sollevato dalle responsabilità.

Equipaggiamento individuale e collettivo

Scelta dell’equipaggiamento personale ecollettivoI fattori che influiscono sulla scelta dei materialisono: il tipo di terreno (eventuali ghiacciai o diffi-coltà alpinistiche); la stagione, la quota e le condi-zioni meteorologiche; le possibilità di rifugio e disoccorso; la lunghezza della gita, ecc. In ogni caso,ognuno deve portare il proprio zaino con il necessa-rio. Il materiale collettivo viene distribuito fra i par-tecipanti tenendo conto della loro forza e capacità.L’attrezzatura alpinistica necessaria e le tecniche diprogressione da adottare su pareti di ghiaccio oppu-re per l’attraversamento di ghiacciai, nonché lemanovre di recupero da crepaccio sono trattate nelmanuale “Alpinismo su ghiaccio”. In questo para-grafo, a titolo di promemoria, si vogliono evidenzia-re alcuni mezzi e strumenti importanti.

Equipaggiamento specifico per valanghe• A.R.VA.: apparecchio per ricerca vittime di valan-ga: prima di ogni gita controllare a casa il buon fun-zionamento dell’apparecchio.• Pala da neve: non tutti i modelli che si trovano incommercio rispondono alle esigenze.• Sonda da valanga o bastoncini-sonda.• Binocolo: vivamente consigliato per osservare conmaggior precisione l’ambiente circostante.• Cordino per tagliare il blocco di slittamento e usi

Numerosi fattori influi-scono sulla scelta deimateriali, in ogni casoognuno deve portare ilproprio zaino con ilnecessario. Il materialecollettivo viene distri-buito fra i partecipantitenendo conto della loroforza e capacità.

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Fase 1.3Caratteristichee comportamento dei partecipanti

Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

354

vari.Nota: ogni componente del gruppo deve essere for-nito di A.R.VA., pala e sonda; questo set di sicurez-za fa parte dell’equipaggiamento individuale e nondi gruppo. Si ricordi che per scavare 1 m 3 di nevecon una pala piccola sono necessari 15 minuti; inve-ce lo scavo effettuato con mezzi di fortuna richiedecirca un tempo 5 volte superiore (75 minuti).

Strumentazione per realizzare un trac-ciato di rotta e misurare l’inclinazionea) cartine topografiche (preferibili in scala 1:25.000)relative alla zona della gita, e ad aree limitrofe, dovepotrebbero effettuarsi i percorsi alternativi;b) bussola con goniometro;c) altimetro;d) tracciati di rotta compilati e moduli prestampatiin bianco;e) regolo per misurare la pendenza sulla cartinatopografica;f ) bastoncini da sci segnati e/o clinometro per misu-rare l’inclinazione dei pendii.

Dotazione per effettuare un profilo stratigrafico• lente, piastrina cristallografica, termometro,metro.

Capitolo 11

C11-21 A.R.VA. C11-22 Pale C11-23 Sonde

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Sci alpinismo Scelta e preparazionedella gita

sci alpinistica

Particolari organizzativi

e suggerimenti

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PARTICOLARI ORGANIZZATIVI ESUGGERIMENTI

Bisogna prenotare per tempo, se occorre, i posti inrifugio o in albergo. E stabilire il punto di ritrovo(luogo e ora) per il viaggio di andata e ritorno. Èbene informarsi sulla possibilità di conoscere l'evo-luzione del tempo. In caso di comitive numerose ènecessario tenere un elenco esatto dei partecipanti.Circa la meta, l’itinerario previsto e l'ora probabiledi ritorno, dovrebbero essere informati: a casa, ifamiliari; al punto di partenza, il gestore del rifugioo l’albergatore. In rifugio bisogna accordarsi con ilcustode per i pasti, la sveglia e la partenza. La metae la via prescelta devono essere scritte, con i nomi deipartecipanti, sul libro del rifugio. Infine è doverosocomportarsi correttamente e lasciare il rifugio inordine.Capita a volte di partecipare a gite organizzate daaltri. In questo caso, prima della gita, documentarsisull'itinerario e sulle sue particolarità (difficoltà,pericoli, tempi previsti), sia per propria soddisfazio-ne personale, sia per prepararsi ad affrontare qualsia-si evenienza. Informarsi sull'equipaggiamento perso-nale e di gruppo necessario, sui viveri occorrenti.

Comportamento in rifugioI rifugi costituiscono la base preziosa per molteascensioni. Un comportamento corretto ne aiuta laconservazione e ne migliora l'utilizzazione.Quanto più il rifugio è affollato, tanto più si deveavere riguardo per il prossimo e fare in modo che ipropri compagni si comportino nello stesso modo.Prima di entrare in rifugio, si puliscono gli scarponi,gli abiti e il sacco se sono cosparsi di neve. Si ripon-gono gli sci e i bastoncini nell'apposito locale; le pic-cozze, i ramponi e le corde, in bell'ordine all’entrata.Se il rifugio è dotato di scarpe o zoccoli da capanna,è buona norma calzarli subito all'ingresso, riponen-do i propri scarponi negli appositi spazi.Nei rifugi custoditi ci si attiene in tutto alle diretti-

Capitolo 11

In caso di comitivenumerose è necessariotenere un elenco esattodei partecipanti.La meta e la via presceltadevono essere scritte, coni nomi dei partecipanti,sul libro del rifugio.

Nei rifugi custoditi ci siattiene in tutto alle diret-tive del custode, soprat-tutto per quanto riguar-da l'assegnazione deiposti per dormire, i loca-li di soggiorno, l'orariodei pasti.

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Particolari organizzativi e suggerimenti

Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

ve del custode, soprattutto per quanto riguarda l'as-segnazione dei posti per dormire, i locali di soggior-no, l'orario dei pasti. Se il custode chiede collabora-zione, lo si aiuta senza fare confusione, agevolando-lo nel suo lavoro (servire bevande e pasti, apparec-chiare e sparecchiare la tavola, ecc.).Non si depongono i sacchi sui tavoli, sulle panche osugli sgabelli, cioè dove possono ingombrare o darefastidio ad altri. Il sacco si colloca con ordine neldormitorio in corrispondenza del proprio posto. Atavola si portano solo i viveri che si intendono con-sumare per il pasto.I rifiuti si raccolgono e si gettano negli appositi reci-pienti o si riportano a valle.I servizi vanno tenuti con scrupolosa pulizia. Si evitidi dare sfogo alle proprie esigenze fisiologiche all'e-sterno del rifugio o del bivacco, in prossimità del-l'ingresso o comunque in zona antistante.È sempre buona norma, prima di coricarsi, prepara-re il sacco per la gita, applicare le pelli sotto gli sci epredisporre il vestiario, e l'occorrente per la primacolazione. In rifugio è regola che dalle ore 22 le lucisiano spente e si faccia silenzio. Se si arriva tardi inrifugio o se si parte presto, è buona educazioneridurre al minimo il rumore, e fare un uso stretta-mente necessario della lampada frontale.Il libro del rifugio non si imbratta con scritte inuti-li. Deve servire unicamente per gli scopi che nehanno consigliato l'adozione. Si abbia cura di indi-carvi per sommi capi l'itinerario che si intendeseguire (specie se lungo e difficile), nonché la com-posizione della comitiva.Anche nei rifugi non custoditi, oltre al rispetto delleregole precedenti, è doveroso pagare i servizi di cui siè usufruito. Le tariffe sono sempre esposte al pubbli-co in apposite tabelle.Prima di lasciare un rifugio, si rimette tutto in per-fetto ordine: si ripiegano le coperte, si ripongono glizoccoli da riposo, si puliscono i tavoli. Se il rifugionon è custodito, si scopa il pavimento, si pulisce lacucina, si spegne con cura il fuoco, si chiude even-tualmente il gas, si serrano le imposte, le finestre, laporta. Il rifugio deve essere lasciato nelle condizioniin cui si vorrebbe trovarlo.

Capitolo 11

C11-24 Sci alpinista e rifugio

Prima di lasciare unrifugio, si rimette tuttoin perfetto ordine: siripiegano le coperte, siripongono gli zoccoli dariposo, si puliscono itavoli. Se il rifugio non ècustodito, si scopa ilpavimento, si pulisce lacucina, si spegne concura il fuoco, si chiudeeventualmente il gas, siserrano le imposte, lefinestre, la porta.

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Sci alpinismo Scelta e preparazionedella gita

sci alpinistica

Particolari organizzativi

e suggerimenti

357

Ora di partenzaDeve essere anticipata il più possibile per disporredel necessario margine di sicurezza in caso di impre-visti; per scendere con le migliori condizioni di neve;per sfruttare la possibilità di salire a piedi su nevedura (soluzione che spesso aumenta la sicurezza ediminuisce la fatica); per evitare il possibile peggio-ramento meteorologico pomeridiano, caratteristicodel periodo primaverile; per la maggior sicurezzaofferta dalla neve non rammollita dall'innalzamentopomeridiano della temperatura, sui ghiacciai e suipendii da cui possono staccarsi valanghe di neveumida. Si terrà conto dei tempi calcolati, delle diffi-coltà previste, dell’evoluzione del tempo, e delle oredi luce a disposizione. Per quest'ultimo dato si vedala tabella seguente.

Capitolo 11

C11-25 Ore visibilità

1. Esempio: a metà Maggio ladurata della visibilità è di ore16,30. Inizia alle 5,15 (oralegale) e termina alle 21,45.

2. Esempio: a fine Novembre ladurata della visibilità è di ore10,30. Inizia alle 7 (ora solare)e termina alle 17,30.

3. NOTE:a) I dati sono validi per latitu-dine 45° N (es. Piemonte), concielo sereno, e si riferiscono allametà del mese considerato.b) Il grafico è stato ricavato, conrilievi, sulle reali condizioni incui la vista può discernere i det-tagli del terreno.c) Le ore sono espresse nei valo-ri (solari o legali) direttamenteleggibili sull'orologio.

Gen.

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24

Feb.

Mar.

Apr.

Mag.

Giu.

Lug.

Ago.

Set.

Ott.

Nov.

Dic.

S 7.10 S 17.3510.25

S 6.45 11.35

S 6.00 13.15

L 5.55 15.15

L 5.15 16.30

L 5.00 17.10

L 5.10 16.50

L 5.30 15.50

L 6.10 14.05

S 6.00 12.15

S 6.45 10.50

S 7.45

S 18.20

S 19.15

L 21.10

L 21.45

L 22.10

L 22.00

L 21.20

L 20.15

S 18.15

S 17.35

S 17.2510.10

OR

A L

EG

ALE

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Particolari organizzativi e suggerimenti

Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

358

Consigli prima di partire• Ascoltare l’ultimo bollettino valanghe e meteorolo-gico e osservare il tempo (nuvolosità, vento, evolu-zione del barometro-altimetro). Qualora il tempofosse incerto consultarsi per decidere se partire,aspettare o rinunciare.• Verificare in particolare che le pelli siano efficientie munite di collante sufficiente, che gli attacchi fun-zionino, che le batterie delle lampadine frontalisiano cariche e che l’attrezzatura personale sia com-pleta. • Accertarsi che l’equipaggiamento di gruppo siadistribuito e ogni incombenza nei riguardi del rifu-gio eseguita.

Capitolo 11

Suggerimenti per la scelta della gitaIn una disciplina così complessa e ricca di variabilifissare delle regole è sempre difficile. Si vogliono for-nire alcuni orientamenti nella fase di pianificazionedella gita, soprattutto per i meno esperti.

Con grado 4 del bollettino (pericolo forte):Il manto nevoso è debolmente consolidato sulla mag-gior parte dei pendii ripidi e il distacco è probabilegià con un debole sovraccarico su molti pendii ripidi.Si consiglia di non effettuare escursioni.

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Sci alpinismo Scelta e preparazionedella gita

sci alpinistica

Le “traversate”o “alte vie” e “raid” in sci

359

Capitolo 11

Con grado 3 del bollettino (pericolo marcato):il manto nevoso presenta un consolidamento damoderato a debole su molti pendii ripidi e il distac-co è possibile con un debole sovraccarico soprat-tutto sui pendii ripidi indicati.

Per i poco esperti, una volta ottenute informazionifavorevoli per frequentare una certa zona, il consi-glio è di evitare tutti i pendii ripidi e quindi di effet-tuare un percorso su un terreno avente un’inclina-zione minore di 30° e che si sviluppi lontano da pen-dii ripidi. Nel dubbio è preferibile rinunciare all’e-scursione.

Ai più esperti, una volta ottenute informazioni favo-revoli per frequentare una certa zona, si raccomandadi scegliere un itinerario che eviti i pendii ripidifavorevoli al distacco, e di prestare grande attenzio-ne nell’esecuzione della traccia e al comportamentodel gruppo.

Con grado 2 del bollettino (pericolo moderato):Il manto nevoso è moderatamente consolidato sualcuni pendii ripidi, per il resto è ben consolidato eil distacco è possibile soprattutto con un fortesovraccarico sui pendii ripidi indicati.

Si consiglia di mantenere in gita una costante atten-zione perché grado 2 non significa che sia escluso ilpericolo di valanghe, bensì il distacco è possibile inalcuni pendii specifici.

LE “TRAVERSATE” O “ALTE VIE” E“RAID” IN SCIIn un’epoca in cui le prestazioni fisiche continuano amigliorare grazie anche al contributo offerto daimateriali leggeri e nuove tecniche, gli itinerari classi-ci delle Alpi sono percorsi in tempi sempre più brevi,spesso in giornata direttamente dal fondo valle, senzaavvalersi di punti di appoggio. Rifugi e bivacchi incu- C11-26 Raid

Per i poco esperti e conil bollettino che indicagrado 3 si consiglia è dievitare tutti i pendiiripidi, e quindi di effet-tuare un percorso su unterreno avente un’incli-nazione minore di 30° eche si sviluppi lontanoda pendii ripidi.

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Le “traversate”o “alte vie” e

“raid” in sci

Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

360

stoditi sono invece utilizzati come base di partenzaper più salite, o per traversate di massicci montanidella durata di più giorni; ne sono un esempio le “altevie” particolarmente lunghe e impegnative. Il precur-sore delle traversate fu Léon Zwingelstein, che intra-prese da solo nel 1933 un grande viaggio con gli sciai piedi e una tenda sulle spalle: partì da Nizza aiprimi di febbraio e giunse in Austria, attraverso ilSilvretta il 6 aprile. La prima traversata integrale scialpinistica delle Alpi fu compiuta nel 1956 daWalter Bonatti con tre compagni, impresa di gran-dissimo valore mai riuscita prima di allora. Il grandeitinerario prevedeva 1795 km di cammino, 146.386metri di dislivello, 66 giorni di marcia, con partenzadal Monte Canin, estremo est delle Alpi Giulie ita-liane, e arrivo al Colle di Nava nelle Alpi Marittime.Rigorosa e severa l’etica del raid, che si è svolto senzal’ausilio di nessun mezzo meccanico, solo con gli scio a piedi, in condizioni difficili, durante un invernoparticolarmente rigido.Merita di essere ricordata per gli ideali di solidarietà,di fratellanza e amicizia, la traversata sci alpinisticadelle Alpi “Sci alpinismo senza frontiere”, svoltasinel 1982 dal 20 marzo al 23 maggio. Questa inizia-tiva ideata e poi organizzata dal Club Alpino Italiano

Capitolo 11

C11-27 Tende

La prima traversata inte-grale sci alpinistica delleAlpi fu compiuta nel1956 da Walter Bonatticon tre compagni. Ilgrande itinerario preve-deva 1795 km di cammi-no, 146.386 metri didislivello, 66 giorni dimarcia.

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Sci alpinismo Scelta e preparazionedella gita

sci alpinistica

Le “traversate”o “alte vie” e “raid” in sci

361

Capitolo 11

e da Fritz Gansser, coordinatore internazionale del-l’iniziativa, ha unito italiani, francesi, svizzeri,austriaci, tedeschi e iugoslavi, in un unica idealecatena lungo tutto l’arco alpino. La traversata eradivisa in due parti percorse contemporaneamente,tramite staffette di sci alpinisti, con partenza daTrieste e Nizza e incontro al passo del San Gottardonel cuore delle Alpi. L’impresa, di alto valore eticoper gli ideali proposti, è da considerare uno deimomenti più significativi del nostro sodalizio, tantoche furono organizzati numerosi raduni celebrativinegli anni successivi. Un altro modo di vivere una grande avventura, chevada oltre la sola dimensione sportiva, è il “raid”totale, che non prevede fermate nelle valli e richiedeun’autonomia assoluta, offrendo ai suoi protagonistisicurezza e libertà. Tale è la definizione che vienedata dal Club Alpino Francese, in seno al quale siconta il maggior numero di appassionati di questaspecialità. Il percorso è svolto per alcuni giorni intotale autonomia, e comporta zaini pesanti con vittoe materiale di bivacco; generalmente per maggioreflessibilità d’impiego, la tenda viene preferita ai rico-veri nella neve. Nonostante l’equipaggiamento e imoderni ritrovati alimentari facilitino sempre più glisci alpinisti, i raid richiedono una buona preparazio-ne e notevole resistenza psico-fisica.Va citato il raid di tre mesi realizzato dai fratelliHubert e Bernard Odier, che collegando le cimedell’Austria Orientale alla Alpi Marittime, hannorealizzato un viaggio di ampiezza eccezionale nel1979. Il raid ha rappresentato il compimento di unagrande avventura; pur avendo salito vettedell’Himalaya e della Groenlandia, essi affermanoche “la loro più bella emozione di alpinisti e sciatoriè stato l’arrivo a compimento del raid, la realizzazio-ne di un lungo sogno”. Un tempo lo sci alpinismoera per lo più praticato in ambito europeo, ora inve-ce gli orizzonti si sono ampliati ed è possibile vivereanche l’esperienza di una spedizione extra-europea.La catena dell’Himalaya, la Cordillera delle Ande, adesempio offrono salite sci alpinistiche in alta quotache hanno l’importanza e il valore di vere e propriespedizioni.

Un altro modo di vivereuna grande avventura,oltre la sola dimensionesportiva, è il “raid” tota-le; che non prevede fer-mate nelle valli e richiedeun’autonomia assoluta.

Un tempo lo sci alpini-smo era per lo più prati-cato in ambito europeo,ora invece gli orizzontisi sono ampliati ed èpossibile vivere anchel’esperienza di una spe-dizione extraeuropea.

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Numeri telefonici eindirizzi web utili deibollettini nivo-meteo

Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

362

NUMERI TELEFONICI E INDIRIZZIWEB UTILI DEI BOLLETTINI NIVO-METEO

Capitolo 11

A.I.NE.VA.

ITALIA

0461.230030 Bollettini nivometeorologici Alpi Italiane

Valle d’Aosta 0165.776300 Bollettino nivometeorologico

Liguria 010.532049 Bollettino nivometeorologico

Alto Adige 0471.270555 Bollettino nivometeorologico e self-fax

Lombardia 1678.370770342.901521

Bollettino nivometeorologicoSelf-fax

Piemonte 011.3185555 (TO)

0324.81201 (NO)0163.27027 (VC)071.66323 (CN)559

Bollettino nivometeorologico e self-fax

Bollettino nivometeorologico

Pagina televideo regionale

Veneto 0436.7800070436.792210436.7800080436.780009

Bollettino nivometeorologicoBollettino nivometeorologico e di analisi a mezzoself-faxFax-polling

FriuliVenezia Giulia

1678.603770432.501029

Bollettino nivometeorologico+self faxDati innevamento e bollettino analisi

Appennino 06.8555618 Bollettino valanghe Meteomont/Forestali

Televideo Pag. 490-491

SVIZZERA

0041.911620041.91187

Bollettino meteorologico in italianoBollettino nivometeorologico

SLOVENIA

0038.6619822 Bollettino valanghe

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Sci alpinismo Scelta e preparazionedella gita

sci alpinistica

Numeri telefonici eindirizzi web utili deibollettini nivo-meteo

363

Capitolo 11

GERMANIA

0049.89121012100049.8912101130

Bollettino valangheBollettino valanghe: servizio fax

Pirenei Occ.

SPAGNA

0034.9342329670034.934232967

Bollettino valangheBollettino valanghe

FRANCIA

0033.8366810200033.836680238

Bollettino nivometeorologicoBollettino meteorologico

36.15 METEO Informazioni nivometeorologiche su Minitel

0033.78580042 Bollettino nivometeorologico: Haute Savoie 74, Savoie 73, Isère 38, Hautes-Alpes 05, Haute Province 04, Alpes Maritimes06, Pyrenees Orientales 66, Andorre 99, Ariège09, Haute-Garonne 31, Hautes Pyrenees 65,Pyrenees Atlantiques 64, Corse 20

Voralberg

AUSTRIA

0043.5522.1588 Bollettino valanghe

Salzburg 0043.662.1588 Bollettino valanghe

Oberosterreich 0043.732.1588 Bollettino valanghe

Karnten 0043.463.1588 Bollettino valanghe

Steiermark 0043.316.1588 Bollettino valanghe

Tirolo 0043.512.15880043.58091581

Bollettino valangheBollettino valanghe: servizio fax

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Numeri telefonici eindirizzi web utili deibollettini nivo-meteo

Scelta e preparazionedella gita sci alpinistica

Sci alpinismo

364

Italia

• A.I.NE.VA. Arco Alpino Italianowww.aineva.it/alpino.htm

• Valle D’Aostawww.aineva..it/aosta.htm

• Piemontewww.regione.piemonte.it/meteo/neve.htm

• Lombardiawww.regione.lombardia.it/Meteonew.nsf/Home/Valanghe

• Trentinowww.provincia.tn.it/meteo/bol_valan.hm

• Alto Adigewww.provinz.bz.it/valanghe/index1_i.hm

• Venetowww.arpa.veneto.it/csvdi/bollettino/

• Friuli Venezia Giuliawww.regione.fvg.it/montagna/montagna.htm

• Meteomontwww.meteomont.sail.it/

• Appennini Corpo Forestale dello Statowww.corpoforestale.it/bollettini_meteo/bolletti-no.htm

Capitolo 11

• SVI Servizio Valanghe Italianowww.cai-svi.it/

• A.I.NE.VA. Associazione Interregionale Neve eValanghewww.aineva.it/

• ANENA Association National pour l’Etude dela Neige e des Avalancheswww-pole.grenet.fr/cgi-bin/w3-msql/POLE/REDOC/REPERTOIRE/fiche.html

• CSAC Cyberspace Snow and AvalancheCenter www.csac.org/

• AAAP American Avalache AssociationProfessional www.avalanche.org/~aaap

• Colorado Avalanche Information Centerwww.caic.state.co.us/

• CEMAGREFwww.cemagref.fr/

• SLF Davos: Istituto Federale per lo Studiodella Neve e delle Valanghewww.slf.ch/welcome-it.html

Inoltre riportiamo gli indirizzi di organizzazioni che si occupano di neve e valanghe.

• Westwide Avalanche Networkwww.avalanche.org/

• CAA Canadian Avalanche Associationwww.avalanche.ca/

• Scottish Avalanche Information Servicewww.sais.gov.uk/

• Institut Cartografic de Catalunyawww.icc.es/allaus

• Progetto SAME http://same.grenoble.cemagref.fr/

• Centre d’Etudes de la Neige (Meteo France)www.cnrm.meteo.fr:8000/cnrm/cgi-bin/image-map/france?243,191

• Ufficio Valanghe Sloveno www.rzs-hm.si/odlocise.html

• Soccorso Alpino Slovaccowww.horska-sluzba.sk/

Altri Paesi• Svizzerawww.wsl.ch/slf/avalanche/avalanche-it.html

• Franciawww.meteo.fr/temps/france/avalanches/

• Austriawww.tiscover.com/1Root/reports/7/f_lawinenue-bersicht0.2.html

• Austria-Steiermarkwww.zamg.ac.at/markt/graz/lawinen/start.html

• Bavierawww.bayern.de/lfw/lwd/lagebericht.htm

• Sloveniawww.rzs-hm.si/napoved/snezne_razmere.html

• Slovacchiahttp://ski.sk/ski/ski.php3?l=en&s=avalanche&p=&ids=f2e20b3ce70a1ce56da11396e4bfa67e

• Spagna Pirenei Orientaliwww.icc.es/allaus/castella/cbutfrocc.html

• Spagna Pirenei Occidentaliwww.icc.es/allaus/castella/cbutfrori.html

• Arco Alpinowww.avalanches.org

Infine indichiamo i più noti indirizzi web, che permettono tramite link di sele-zionare i bollettini desiderati.

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Capitolo 12

capitolo 12

Condotta durante la gita sci alpinistica

INDICEPremessa

Valutazione locale del pericolo di valanghe - fase 2Condotta di gita: prospetto riassuntivo della fase 2 Fattori di rischio importanti

Visibilità Altezza critica della neve frescaSegnali d’allarme di forte pericolo Inclinazione del pendio e test del bastoncino

Suggerimenti prima di partire per la gita in programmaPreparativi prima della partenza e modo di procedere

Formazione di piccoli gruppi Controllo equipaggiamento individuale e di gruppoMetodo corretto per indossare A.R.VA. Verifica del corretto funzionamento dell’A.R.VA. prima della partenza Comportamento individuale Itinerario e controllo con carta topografica, bussola e altimetroTraccia - Microtraccia

Regole di sicurezza da adottare nell’esecuzione della traccia e della microtraccia

Bosco fitto sempre verde Bosco rado di lariciZone di entrata e di uscita del bosco Dossi, costoni, crestePendii ripidi e apertiRicerca dei punti di riferimentoPercorso sovrastato da pendii ripidiPercorso che sovrasta un saltoVicinanza di creste e pendio sottovento Pendii con corniciAttraversamento di pendio sotto le rocceSalita in un canaleVersanti esposti da NE a NOPendii esposti da E a S soprattutto in primaveraItinerario frequentato - tracce esistentiScelta delle soste

Regole di sicurezza da adottare in fase di discesa Influenza del peso dello sciatore sul manto nevosoEsecuzione della traccia in discesaSciabilità della neve

Valutazione della stabilità del singolo pendio e scelta ottimale della traccia - fase 3Condotta di gita: prospetto riassuntivo della fase 3Considerazioni sulla percorribilità del pendioSuddivisione del gruppo di sei persone in due gruppi di treDistanze fra i singoli e zone di attesaAttraversamento di un pendio sospetto e osservazione dei compagni

Esempi significativi di distacchi di valangaComportamento in caso di distacco della valangaMetodo di riduzione del rischio di valanghe: schema riassuntivo

Massimo
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Premessa Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

366

PREMESSA

In questo capitolo si descrive il modo più idoneo per realizzare con piena soddisfa-zione una escursione, e nello stesso tempo cautelarsi rispetto al pericolo di incidenti.Riproponiamo lo schema generale di riduzione del rischio già presentato nel capitolo“Scelta e preparazione della gita sci alpinistica”, nel quale è stata approfondita laprima fase, cioè la pianificazione a tavolino dell’escursione. Le misure di precauzione si basano sull’attuazione di tre fasi fondamentali:1. a livello regionale (a casa), pianificazione accurata dell’escursione;2. a livello locale (sul luogo), valutazione dettagliata della situazione valanghiva,scelta dell’itinerario adeguato, e adozione di un comportamento appropriato sul terreno;3. sul singolo pendio ripido, valutazione della stabilità del manto nevoso, emessa in atto di provvedimenti speciali di sicurezza, con lo scopo di ridurre il sovrac-carico, oppure di evitare la zona sospetta.La seconda fase presuppone una costante osservazione, durante tutta la gita,delle condizioni nivo-meteo, del terreno e dei partecipanti, e tenendo contodella loro influenza quali fattori di rischio, l’effettuazione del percorso piùsicuro.Nel corso della gita, si applicano una serie di regole per l’esecuzione della traccia, chegrazie a favorevoli condizioni di tempo e di neve, consentono di percorrere i pendiiripidi presenti lungo l’itinerario, senza la necessità di doversi soffermare a studiarevolta per volta il consolidamento del manto nevoso.Nella fase 3, che verrà sviluppata alla fine del capitolo, viene richiesto invece unlivello di attenzione e di analisi più approfondito di quello adottato nellafase 2: si tratterà infatti di stabilire se quel particolare pendio ripido è percorribileoppure da evitare. Il campanello d’allarme che ci induce a passare dalla fase 2 alla fase 3, cioèa riflettere e ad analizzare la stabilità del singolo pendio ripido, e quindi adottareun certo tipo di comportamento, può scattare quando si osservano contempora-neamente alcuni importanti fattori di rischio: a) inclinazione del pendio di almeno 30° eb) altezza critica della neve recente, oppure presenza di accumuli da vento.Viene presentato un prospetto riassuntivo della fase 2 in cui si descrivono in formasintetica i vari fattori che si devono considerare per la scelta complessiva del percorsoe il comportamento appropriato sul terreno, visti in funzione dei tre criteri (meteo-nivo, terreno, partecipanti). Di seguito questi aspetti verranno illustrati in modo più dettagliato.Per la trattazione approfondita degli argomenti si è preferito utilizzare come filo con-

Capitolo 12

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Sci alpinismo Condotta durante la gita sci alpinistica

Premessa

367

Capitolo 12

C12-00 Passo Pordoi

duttore lo sviluppo progressivo di una escursione cominciando dalle osservazioni del-l’ambiente e ai preparativi da effettuare prima della partenza per passare poi all’ese-cuzione della traccia in salita ed in discesa e quindi a valutare la stabilità di un pen-dio se ciò risultasse necessario. Questo metodo di divulgazione, rispetto a quello adottato nel capitolo “scelta e pre-parazione di una gita sci alpinistica” non segue passo passo i punti descritti nel pro-spetto riassuntivo, bensì cerca, nel corso della gita, di evidenziare la diversa impor-tanza dei vari argomenti.

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Valutazione locale delpericolo di valangheFase 2

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

368

Condotta di gita:Prospetto riassuntivo della fase 2

Capitolo 12

TEMPO• Precipitazioni in corso: neve, pioggia • Scarsa visibilità • Vento: intensità, direzione• Temperatura dell’aria elevata (superiore a 0°C già al mattino)

NEVE• Altezza critica della neve fresca = pericolo marcato o superiore:a. con 40/50 cm di neve recente rinunciare alla gitab. bastano 20/30cm di neve recente e condizioni sfavorevoli per abbandonare o modificare la gita • Erosione da vento e accumuli di neve (nei canali, in prossimità delle creste) • Segnali d’allarme di forte pericolo (itinerario molto pericoloso e da evitare): valanghe spontaneecadute in giornata, distacchi a distanza, fessure e rumori “wooum” al momento del carico del mantonevoso.

Verificare la corrispondenza tra informazioni del bollettino e condizioni generali del tempo e delmanto nevoso. Considerare l’opportunità di eseguire dei test di stabilità (profilo stratigrafico e bloc-co di slittamento) il giorno precedente la gita, se si è già presenti in zona.

TERRENO: FATTORI CHE AUMENTANO IL RISCHIO• Pendii ripidi con inclinazione uguale o maggiore di 30°• Vegetazione: il bosco rado non protegge dalle valanghe a lastroni • Canaloni, conche, avvallamenti (probabili accumuli da vento)• Percorso su pendio aperto privo di ripari naturali • Percorso sovrastato da pendii ripidi (pareti, canaloni, seraccata)• Vicinanza di creste (possibile presenza di accumuli da vento e di cornici)• Percorso che sovrasta un risalto (rocce, ghiacciaio, crepaccio)• Itinerario che si svolge sui versanti esposti da nord a nord est • Itinerario poco frequentato

EQUIPAGGIAMENTO (controllo prima della partenza)• Verifica corretto funzionamento dell’A.R.VA.• Controllo equipaggiamento individuale • Controllo materiali di gruppo e loro distribuzione

COMPORTAMENTI IN GITA• Presenza di un responsabile di gruppo ed elenco dei presenti• Formazione di piccoli gruppi• Esecuzione di una traccia che eviti il più possibili i fattori di rischio• In discesa mantenere le distanze (eventuale sciata lenta in traccia)• Mantenere una costante osservazione del tempo e del terreno• Controllare i tempi di marcia e dedicare tempo per osservare e analizzare• Indicatori per passare alla FASE 3: pendenza, neve fresca, accumuli

C12-01 Condotta di gita

2.1 LE CONDIZIONI NIVO-METEO

2.2 IL TERRENO

2.3 EQUIPAGGIAMENTO E COMPORTAMENTI

VALUTAZIONE LOCALE DEL PERI-COLO DI VALANGHE - FASE 2

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Sci alpinismo Condotta durante la gita sci alpinistica

Valutazione locale delpericolo di valanghe

Fase 2

369

Capitolo 12

Fattori di rischio importantiPer fornire un aiuto allo sci alpinista, soprattutto all’i-nizio dell’escursione, ove debba decidere se conferma-re la gita programmata oppure modificare l’itinerario,viene anticipata la descrizione di alcuni fattori dirischio ritenuti importanti:1) condizioni meteo: scarsa visibilità (nuvolosità, neb-bia, maltempo)2) condizioni neve: altezza critica della neve fresca3) condizioni neve: segnali di allarme di forte pericolo4) terreno: inclinazione critica di 30°

VisibilitàIl grado di visibilità in montagna dipende da moltifattori. Esso varia nello spazio e nel tempo.L’orientamento è facilitato da tutti gli oggetti cheassorbono la luce (rocce, alberi, ecc.), ed è ostacolatoda tutto ciò che riflette la luce (es. neve, ghiaccio). Gli elementi che compromettono maggiormente lavisibilità sono la nebbia, le nubi basse o le nevicate;in particolare associati a vento. La situazione puòdiventare ancor più critica ove non vi siano punti diriferimento continui, (es. un sentiero), o su pendiiomogenei. Cattive condizioni di visibilità, oltre a determinareproblemi di orientamento, diminuiscono il nostrolivello di percezione dei pericoli oggettivi. Spesso laconcentrazione nella ricerca della direzione con tuttigli strumenti a disposizione, e l’applicazione rigorosadelle nozioni e delle capacità tecniche, consentono diorientarci, ma distolgono l’attenzione dal cogliere isegnali della natura. Condizioni di scarsa visibilità suun ghiacciaio innevato non solo determinano proble-mi di orientamento, ma aumentano il grado di rischiodi caduta in un crepaccio a cui ci esponiamo. Con scarsa visibilità, ed in particolare con la nebbia,tutto acquista un’altra dimensione, le distanze sem-brano aumentare, le forme si dilatano, le pendenzanon si percepisce più correttamente, tanto che a voltenon si distingue se si sale o si scende. La luce diffusaconfonde il limite tra il terreno e la nebbia, e i con-torni degli oggetti visibili. Sugli sci, quando mancacompletamente la visibilità, si perde ogni punto di

C12-02 Scarsa visibilità in gita

Cattive condizioni di visi-bilità, oltre a determinareproblemi di orientamen-to, diminuiscono ilnostro livello di percezio-ne dei pericoli oggettivi.

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riferimento e, a volte, si fatica a capire se si è fermi oancora in movimento. I rumori risultano attenuati e spesso è difficile udire ipropri compagni se si mantengono, esempio tipiconello sci alpinismo, le distanze di alleggerimento, o sesi procede in cordata. Si tende perciò a riunirsi nellostesso punto concentrando molte persone in pocospazio, come spesso avviene quando si avverte la pre-senza di un pericolo; condizione che può aumentare ilrischio (di valanghe per sovraccarico del pendio o dicaduta in un crepaccio, per sovraccarico del ponte dineve). La cattiva visibilità influenza inoltre la nostradisposizione mentale verso ciò che si sta facendo, puòaumentare il nervosismo verso i compagni e crearetensioni all’interno del gruppo.A volte anche la mancanza di visibilità a causa di lucedebole e diffusa su terreno innevato, prima dell’alba edopo il tramonto, a cielo sereno, può essere critica, inparticolare per quanto riguarda il riconoscimento del-l’inclinazione dei pendii situati sopra e di fianco aquelli su cui si stanno procedendo.

Come comportarsi:• Osservare costantemente le condizioni meteorolo-giche ed accorgersi per tempo che la visibilità stadiminuendo.• Utilizzare carta, bussola ed altimetro, per fare ilpunto, prima che la visibilità sia troppo scarsa.• Orientarsi continuamente, in modo da conoscereesattamente la propria posizione, seguendo i riferi-menti naturali e quelli sulla carta topografica, appro-fittare di ogni schiarita per aggiornare il punto.• Non esitare a tornare sui propri passi per ritrovar-si in un punto noto della carta topografica.

Altezza critica della neve frescaIl quantitativo critico di neve fresca determina unasituazione di pericolo marcato o di grado superiore.La quantità critica di neve fresca dipende anche dacondizioni addizionali, quali la forza del vento, lasuperficie della neve vecchia e la temperatura.Regola empirica per valutare l’altezza critica dellaneve fresca

Valutazione locale delpericolo di valangheFase 2

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

370

Capitolo 12

C12-03 Altezza neve fresca

La cattiva visibilitàinfluenza inoltre la nostradisposizione mentaleverso ciò che si sta facen-do, può aumentare il ner-vosismo verso i compagnie creare tensioni all’inter-no del gruppo.

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Valutazione locale delpericolo di valanghe

Fase 2

371

Capitolo 12

• 10-20 cm di neve fresca in caso di condizioni addi-zionali sfavorevoli• 30 cm di neve fresca in caso di condizioni addizio-nali medie• 30-40 cm di neve fresca in caso di condizioni addi-zionali favorevoliIn montagna chi non vuole correre grossi rischi dopouna nevicata di 40 cm, resta a casa, o in un luogo sicu-ro per qualche giorno. Particolarmente critico è il PRIMO GIORNOBELLO dopo un periodo di tempo perturbato.

Segnali d’allarme di forte pericolo (grado 4) Durante un itinerario scelto correttamente non sidovrebbero mai manifestare segnali di questo genereperché sono indicatori di forte pericolo. Qualora sidovessero osservare significa che la scelta della gita èsbagliata, e che si deve abbandonare la zona e modifi-care l’itinerario.a) Valanghe di lastroni di neve spontanee cadute ingiornata.b) Distacchi a distanza.c) Fessurazioni e rumori “wooum” quando si carica ilmanto nevoso.

Valanga spontanea caduta in giornataUna valanga che si stacca nel corso della giornata indi-ca che il manto nevoso è assai instabile; spesso nel girodi qualche ora viene seguita da altre. Se l’origine del distacco è prodotto da un rialzo termico(riduzione delle resistenze), o dalla pioggia (sovraccari-co e riduzione delle resistenze), tutti i pendii aventi lastessa quota e la medesima inclinazione, di quello inte-

CONDIZIONI SFAVOREVOLI

Vento forte (circa 50 km/h)

Temperature basse (inferiori a –8C°)

Crosta di fusione, brina di superficie, ghiacciovivo, superficie costituita da vecchi strati di neve

Pendio poco frequentato

CONDIZIONI FAVOREVOLI

Vento debole

Temperature poco sotto 0C° soprattuttoall’inizio delle precipitazioni

Pioggia che si trasforma in neve

Pendio percorso spesso e da molte persone

In montagna chi nonvuole correre grossirischi dopo una nevicatadi 40 cm, resta a casa, oin un luogo sicuro perqualche giorno.

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ressato dalla valanga, possono ritenersi pericolosi.Se invece l’origine del distacco è prodotto da un tra-sporto di neve operato dal vento, si possono verifica-re valanghe su versanti anche diversi fra loro (la fotoillustra questo caso).

Valanga caduta uno o due giorni prima della gitaQuesta situazione non rappresenta sempre un segna-le di forte pericolo, tuttavia dall’osservazione si pos-sono evidenziare due casi pericolosi.Se la valanga è stata prodotta da un aumento di tem-peratura (rialzo termico, sole primaverile), è prevedi-bile un aumento dell’instabilità nel corso della gior-nata: saranno dapprima i pendii più ripidi, e orien-tati a est e a sud, ad essere coinvolti. Se il distacco si è verificato dopo nevicate recenti, oun periodo in cui il vento ha trasportato neve, signi-fica che il manto nevoso non è stabile e che talesituazione può durare ancora qualche giorno.

Distacchi a distanzaIn conseguenza delle diverse condizioni del mantonevoso, per il tipo e l’entità della coesione, si posso-no generare valanghe relativamente distanti dalpunto in cui viene esercitata una sollecitazione. I distacchi vicini provocati dallo sciatore sono possi-bili in situazioni di “pericolo marcato”. Se si provocano distacchi a distanza significa che esi-ste un “pericolo forte”. I distacchi a distanza sono possibili solo se grandisuperfici presentano una debole resistenza di base. Supponendo che un pendio ripido sia instabile, èbene non sollecitarne la zona di compressione alpiede, ed allontanarsi dall’area.Occorre accertarsi che un eventuale distacco in qual-che altra parte del pendio non interessi i componen-ti del gruppo, o gli estranei, che si trovino sia sullostesso tracciato che su uno diverso. Questa preoccu-pazione ovviamente riguarda anche la nostra incolu-mità, dato che altri sciatori alpinisti potrebbero pro-vocare da lontano il distacco nella zona che stiamopercorrendo. Va poi ricordato l’obbligo di agire inmodo che la valanga da noi eventualmente provoca-

Valutazione locale delpericolo di valangheFase 2

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

Capitolo 12

C12-04 Valanga spontanea

C12-05 Distacco a distanza

Se la valanga è stata pro-dotta da un aumento ditemperatura, è prevedibi-le un aumento dell’insta-bilità nel corso dellagiornata e saranno dap-prima i pendii più ripidi,e orientati a est e sud, adessere coinvolti.

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Valutazione locale delpericolo di valanghe

Fase 2

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Capitolo 12

ta, non vada ad investire, durante il suo moto, altrepersone che venissero a trovarsi più a valle.

Rumori “wooum” e fessure al momento del cari-co del manto nevosoIn presenza di neve asciutta, la formazione di fessu-re al momento del carico del manto nevoso, e rumo-ri “wooum” di assestamento, sono chiari segnali digrande instabilità, cioè si constata una situazione di“pericolo forte”. Il rumore è provocato dalla fuoriu-scita dell’aria dalle cavità del manto nevoso, quandoquesto si assesta sotto carico. Ci si deve allora fer-mare e intraprendere tutte le precauzioni possibiliper abbandonare la zona. La foto mostra un pendiodi inclinazione inferiore a 30°, nel quale un lastronedi neve dapprima ha evidenziato fessurazioni, quin-di ha prodotto il “wooum” e infine si è “assestato”.

Inclinazione del pendio e test delbastoncinoL’inclinazione critica dei pendii è di 30°.Una delle precauzioni più importanti che unosciatore alpinista può prendere, è quella di nonaffrontare mai pendii ripidi, almeno fino a quan-do le sue conoscenze e la sua esperienza non gliconsentano di affrontare, con piena consapevo-lezza, la valutazione della stabilità del mantonevoso su un determinato pendio e in un precisomomento.I pendii più pericolosi per lo sciatore alpinista sonoquelli che hanno un’inclinazione variabile da 30° a45°. Al di sotto di questa inclinazione difficilmenteuna valanga si mette in movimento, anche se, unavolta distaccata può proseguire il moto anche sulpiano. Oltre i 50°, in generale, la neve non riesce atrattenersi sul pendio, e quindi scivola a valle conuna frequenza tale da non consentire quasi mai laformazione di grossi accumuli. Sul terreno vale la seguente regola pratica: “chivuol salire in modo agevole, su inclinazioni paria 28-30 gradi, comincia ad effettuare dietro-front”.

C12-06 Wooum

In presenza di neveasciutta, la formazione difessure al momento delcarico del manto nevoso,e rumori “wooum” diassestamento, sono chia-ri segnali di grande insta-bilità.

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Per una disamina più accurata dei metodi di misuradi misura dell’inclinazione, si rimanda il lettore alcapitolo: “La valutazione della stabilità del mantonevoso”. Un ottimo sistema per valutare velocemen-te l’inclinazione di un pendio è quello di usare ibastoncini, opportunamente segnati, e disposti adangolo retto come da schema seguente.

Osservazioni sul posto prima di partireL’effettuazione della gita, preparata a tavolino, ottie-ne l’ultima conferma la sera precedente oppure ilmattino prima di partire: saranno le condizioni deltempo, della neve, del terreno e dei partecipanti, adecidere se confermare, cambiare l’itinerario oppurerinunciare.Ancora prima di iniziare la gita, appena giunti sulposto, è già possibile rendersi conto di alcuni fattorideterminanti per la valutazione delle condizioni delmanto nevoso, e di conseguenza per un riscontro

pratico di quanto dedotto dal bollettinovalanghe. Per allargare il campo visivo risulta moltoutile l’impiego del binocolo.Gli elementi meteorologici da consideraresono: a) Precipitazioni in atto (neve, pioggia) etendenza del tempo;b) Visibilità;c) Azione del vento;d) Elevati valori di temperatura (oltre 0°C );Gli elementi legati alla nivologia da osserva-

re prioritariamente sono: a) l’altezza critica della neve fresca;b) accumuli di neve prodotti dall’azione del vento;c) segnali d’allarme indicatori di forte pericolo. La foto mostra un’evidente azione eolica sulle creste:il cielo è sereno, non ci sono precipitazioni, e la visi-bilità è buona; tuttavia la neve fresca, caduta nei 2-3giorni precedenti, viene trasportata dal vento crean-do cospicui accumuli.

Valutazione locale delpericolo di valangheFase 2

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

374

Capitolo 12

L

h

C12-07 Inclinazione conbastoncini

h = 1/2 del bastone => 27°h= 2/3 del bastone => 35°h= bastone intero => 45°

a=L*tgtg 27°=0,50tg 30°=0,58tg 35°=0,70tg 40°=0,84

Un ottimo sistema pervalutare velocementel’inclinazione di un pen-dio è quello di usare ibastoncini, opportuna-mente segnati, e dispostiad angolo retto.

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Valutazione locale delpericolo di valanghe

Fase 2

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Capitolo 12

Suggerimenti prima di partire per la gitain programmaStabilire regole di comportamento in questa discipli-na assai complessa, è difficile in quanto le sceltedipendono da numerosi parametri e soprattutto dal-l’esperienza sci alpinistica dei partecipanti. Si forni-scono alcuni suggerimenti soprattutto per i princi-pianti. Sottolineando peraltro, che il concetto diprincipiante è relativo, e che tutti si devono sempreinterrogare non solo sulla fattibilità della gita, masoprattutto in merito alla propria esperienza e capa-cità di valutazione. Così come un arrampicatore chesi muove bene sul III grado, progredisce sul IV ed èprincipiante sul V, uno sci alpinista che procede consufficiente sicurezza su percorsi di medio impegno, èun principiante su terreni più impegnativi condiversi pendii ripidi o a maggior ragione su ghiac-ciaio. In questo fase di avvio, per decidere se conti-nuare con la gita in programma oppure modificare oaddirittura rinunciare all’itinerario, vengono offertidei suggerimenti che non fanno riferimento alleindicazioni del bollettino, bensì tengono conto dellasola osservazione dell’ambiente. Si suppone che lagita sia stata scelta grazie a un bollettino favorevole eche invece al momento della partenza la situazionemeteo-nivo sia peggiorata, oppure si ipotizza di non

C12-08 Azione del vento

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disporre di aggiornamenti recenti del bollettino: inentrambi le situazioni si deve contare sull’osservazio-ne dell’ambiente e sulle proprie conoscenze.

È preferibile rinunciare alla gita nel caso di:a. persistenti condizioni meteorologiche avverse; b. scarsa visibilità;c. altezza della neve fresca oltre i 40 cm;d. segnali di forte pericolo (valanghe spontaneacadute in giornata, distacchi a distanza, fessurazionie rumori “wooum”);e. forte ritardo sull’orario previsto soprattutto in pri-mavera.

È opportuno cambiare itinerario se siosserva:a. visibilità ridotta e tendenza del tempo non favore-vole a schiarite;b. azione consistente del vento;c. temperatura particolarmente elevata rispetto allastagione e all’ora;d. altezza della neve fresca di 20-30 cm (ricordareche più si sale di quota più aumenta l’altezza dellaneve fresca);e. evidenti accumuli di neve trasportata dal vento;f. neve molto bagnata o fradicia su pendii che nonhanno ancora scaricato;g. parere contrario di esperti locali;h. cattive condizioni fisiche di qualche partecipante.

Preparativi prima della partenza emodo di procedereIn questa sezione viene descritta una serie di opera-zioni preliminari da svolgere al momento della par-tenza, si spiegano i concetti di itinerario, traccia emicrotraccia, e si illustra il modo di procedere tipicodello sci alpinismo. La tecnica individuale di salita edi discesa sono esposte nei relativi capitoli, mentreuna sezione specifica è dedicata alle regole di sicu-rezza da adottare nella esecuzione di una traccia.

Valutazione locale delpericolo di valangheFase 2

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

376

Capitolo 12

Così come un arrampica-tore che si muove benesul III grado può essereun principiante sul V,uno sci alpinista, cheprocede con sufficientesicurezza su percorsi dimedio impegno, puòessere un principiante suterreni più impegnativi oa maggior ragione sughiacciaio.

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Capitolo 12

Formazione di piccoli gruppiAl fine di non caricare eccessivamente il mantonevoso ed in particolare eventuali lastroni da vento,è buona norma procedere in un gruppo composto almassimo da 5/6 persone. Se la comitiva è numerosala si suddivide in più gruppi; ciascuno di essi avrà unresponsabile e sarà dotato di materiale collettivo. Èbuona norma che i gruppi siano tra loro in contattoe che tutti facciano riferimento al responsabile dellacomitiva. Tra un gruppo e il successivo, la distanzaminima di sicurezza da mantenere è di almeno centometri in condizioni normali, in conformità allecaratteristiche del terreno e dell’innevamento.Questo importante e corretto comportamento deveessere attentamente osservato per tutto lo svolgi-mento della gita, tanto in salita quanto in discesa, sida diventare una costante e sana abitudine.

Controllo equipaggiamento individualee di gruppoSi tenga ben presente che A.R.VA., pala, e sonda,sono da considerare equipaggiamento individua-le: infatti la sonda individua con precisione ilpunto di seppellimento e la pala consente di sca-vare con rapidità.Per l’elenco dell’attrezzatura occorrente si rimanda illettore ai capitoli “Equipaggiamento” e “Scelta e pre-parazione della gita sci alpinistica”.Per l’attrezzatura alpinistica si deve invece consulta-re il manuale “Alpinismo su ghiaccio”.

C12-09 Piccoli gruppi

Se la comitiva è numero-sa, la si suddivide in piùgruppi; ciascuno di essiavrà un responsabile esarà dotato di materialecollettivo.

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Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

Metodo corretto per indossare A.R.VA.Fin dall’inizio della gita è necessario indossare l’ap-parecchio di ricerca in valanga (A.R.VA.). L’A.R.VA. deve essere indossato in maniera cor-retta (assolutamente non trasportato nello zaino)allo scopo di: proteggere l’apparecchio contro even-tuali urti, ed evitare che in caso di incidente essovenga immediatamente strappato dalla massa nevo-sa in movimento; consentire il ritrovamento piùveloce delle vie respiratorie del sepolto. I recenti modelli di A.R.VA. sono dotati di cinghieper il fissaggio al corpo. Taluni apparecchi si accen-dono e si dispongono in trasmissione non appena sicollegano le fibbie.Gran parte degli strumenti dotati di cinghie offronola possibilità, nella fase di ricerca, di non svincolaretotalmente l’apparecchio dal corpo del soccorritore.La soluzione migliore per indossare l’A.R.VA. èquella di utilizzare il sistema di fissaggio in dotazio-ne e di posizionare l’apparecchio a tracolla, a contat-to con la maglieria intima, sotto la camicia, in mododa averlo sotto l'ascella su un fianco.Nel caso non si disponga di cinghie predisposte, èpossibile custodire l’apparecchio dentro una tascaposizionata sul petto e dotata di cerniera lamporobusta (es. tasca di una salopette dotata di cernierae velcro).

Verifica del corretto funzionamentodell’A.R.VA. prima della partenzaAll’inizio di qualsiasi escursione è indispensabile veri-ficare il corretto funzionamento degli A.R.VA., sia inmodalità ricezione che in modalità trasmissione. Il metodo di controllo contempla la presenza, nelgruppo da verificare, di apparecchi sia analogici chedigitali. Proprio perché questi ultimi non sempre sono dotatidi una regolazione del volume, deve essere mantenu-ta una distanza di almeno 10 metri, tra il gruppo e lapersona che si avvicina al capo comitiva per il con-trollo di inizio gita. Il responsabile del gruppo procede nel seguente

Capitolo 12

C12-12 A.R.VA. a tracolla

C12-13 A.R.VA. in tasca

C12-11 A.R.VA. in ricezione

C12-10 Indossare l'A.R.VA.

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Valutazione locale delpericolo di valanghe

Fase 2

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Capitolo 12

modo:1) fa predisporre tutti gli A.R.VA. del gruppo inricezione, sul valore minimo (per gli apparecchidotati di volume);2) si allontana dal gruppo almeno 10 metri e posi-ziona il proprio A.R.VA. in trasmissione;3) fa passare davanti a sé un componente alla volta,con un intervallo di 10 metri dal resto del gruppo,per controllare che ciascun apparecchio riceva il suosegnale;4) completata questa verifica, fa commutare tutti gliapparecchi in trasmissione, mentre posiziona il pro-prio in ricezione;5) fa sfilare davanti a sé, con un intervallo di 10metri, i componenti del gruppo e controlla la cor-retta emissione di tutti gli A.R.VA. (e la capacità diricezione del proprio strumento); 6) infine riporta il proprio apparecchio in trasmis-sione e raggiunge i compagni.Non sarà effettuato nessun altro intervento sugliA.R.VA. sino alla fine dell’escursione, o dell’opera-zione di soccorso, salvo quelli necessari ad una even-tuale ricerca.

Comportamento individualeIn caso di travolgimento, non si ha il tempo di pen-sare ad una reazione preventiva. È quindi necessarioassumere alcune precauzioni importanti fin dall’ini-zio della gita. Viene consigliato vivamente l’uso degli ski stopper.Nella fase di salita, la regola generale non preve-de l’uso di cinghietti di sicurezza, salvo il caso diattraversamento di ghiacciaio, sempre che nonsussista pericolo di valanghe, oppure solamentesui pendii più ripidi e con neve molto dura, perevitare la perdita degli attrezzi.

In fase di salita le mani non devono essere infila-te nei laccioli dei bastoncini. Lo zaino deve essere fissato bene anche in vita inquanto, oltre a garantire maggiore equilibrio nellaprogressione e proteggere dal freddo, costituiràun’ottima difesa dagli urti in caso di travolgimento.

C12-14 Comportamento individuale

C12-15 Progressione su ghiacciaio

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Itinerario e controllo con carta topogra-fica, bussola e altimetroPer itinerario si intende il percorso generale, a gran-de scala, per raggiungere l’obiettivo prefissato dalpunto di partenza. E molto importante studiare pre-ventivamente l’itinerario che si intende percorrere.Con il tracciato di rotta, si individuano: le esposizio-ni dei singoli pendii da percorrere, l’inclinazionemassima dei pendii più ripidi che dovranno essereaffrontati, le quote di partenza e di arrivo, la morfo-logia generale del percorso scelto, l’eventuale presen-za di configurazioni particolari del terreno comedossi, canali, creste e i tempi di percorrenza presunti.

TracciaLa traccia è una frazione dell’itinerario, a media scala,che deve soddisfare a due requisiti essenziali, quellodella sicurezza in via preminente e subordinatamentequello dell’economia di energie necessaria per raggiun-gere l’obiettivo. La traccia si studiata e decide in sito,tratto dopo tratto, e riguarda quella parte di itinerarioche è possibile vedere chiaramente davanti a sé.

Comportamento in salitaDurante la salita occorre iniziare con un ritmo lento,che può essere accelerato gradualmente senza maisuperare il limite dell’affanno. I partecipanti idoneisi alternano nel compito di battere la pista. Il passo deve essere regolato sui più deboli, cui even-tualmente sarà risparmiata la fatica di battere. Siprocede nella traccia del primo con un distacco, insituazioni normali, da uno a due metri tra l’uno el’altro. Qualora motivi di sicurezza lo richiedano,saranno disposti distacchi maggiori.Aprendo la pista si deve osservare attentamente laconfigurazione del terreno davanti a sé, immaginan-do e prevedendo in anticipo la traiettoria che ci siaccinge a seguire, imprimendosi nella mente even-tuali punti di riferimento verso i quali avanzare; vol-tandosi anche indietro, per meglio riconoscerli alritorno. Si sfruttano al massimo le caratteristiche del terreno,

Valutazione locale delpericolo di valangheFase 2

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

Capitolo 12

C12-16 Controllo itinerario

C12-17 Comportamento in salita

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Fase 2

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Capitolo 12

evitando i bruschi cambiamenti di direzione. Pereseguire cambi di direzione e dietro-front scegliereripiani o conche, possibilmente in luoghi riparati.Aggirare le creste e le gobbe in modo da non inter-rompere il ritmo della salita. La traccia deve snodar-si con pendenza costante in modo da ridurre le vol-tate al numero minimo indispensabile; compatibil-mente con la pendenza, è opportuno eseguire icambi di direzione con raggio ampio. Nei cambi di direzione, che si faranno possibilmen-te nei punti più comodi, la traccia non deve mutarependenza. Quando bisogna ricorrere ai dietro-front,conviene distanziarsi di circa cinque metri per evita-re tra una voltata e l’altra, fermate e scatti, che inter-rompono il ritmo e accrescono la fatica. Lo stesso accorgimento vale per chi si trova subitodietro il battipista. Questi infatti, con neve cattiva osu terreno irregolare, può avere difficoltà a mantene-re un passo costante.L’inclinazione della traccia deve essere tale da per-mettere una salita senza eccessiva fatica, e in ognicaso non raggiungere mai il limite di aderenza dellepelli. È opportuno non eccedere sull’impiego deglialzatacchi: essi riducono lo sforzo innaturale dellacaviglia sui pendii ripidi, rendendo più comodo, manon meno faticoso il passo. Soprattutto con princi-pianti si consiglia di evitarne l’utilizzo. Ciò in quan-to chi è alla prime esperienze deve sforzarsi di acqui-sire e affinare sensibilità rispetto all’aderenza dellepelli, senza esporsi alla complicazione e fatica diseguire tracce ripide realizzate con sci dotati di alza-tacchi.Spesso, anziché impegnarsi in traversate a mezzacosta su pendii ripidi, in cui generalmente lo sci amonte e a valle percorrono tracce a diversa altezza, èpreferibile abbassarsi leggermente per seguire ilfondo delle vallette, certamente più comode e non-dimeno più sicure.Dovendo attraversare torrenti o ruscelli, si pongaattenzione a non bagnare le pelli, che possono poidare luogo a zoccoli di neve fastidiosissimi, o gelaree perdere aderenza. Individuare possibili posti di

Nei cambi di direzione,che si faranno possibil-mente nei punti piùcomodi, la traccia nondeve mutare pendenza.

L’inclinazione della trac-cia deve essere tale dapermettere una salitasenza eccessiva fatica, ein ogni caso non rag-giungere mai il limite diaderenza delle pelli.

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rifugio per eventuali cambiamenti di tempo o inci-denti. Orientarsi costantemente in modo da potere semprericonoscere sulla carta topografica il punto in cui cisi trova. Se l’itinerario di salita coincide con quello di discesa,individuare i pendii su cui converrà ridiscendere perincontrare le condizioni migliori di neve.

Tracce esistentiE importante valutare le tracce esistenti: possonoessere fatte male o, se le condizioni di neve sonocambiate, essere divenute inadeguate o pericolose. Seguire le tracce esistenti solo quando collimanoperfettamente con le nostre scelte.

MicrotracciaLa microtraccia è una frazione della traccia, limitataa pochi metri, e quindi richiede osservazioni a scalaridotta.È necessario pensare in termini di microtraccia ogniqualvolta le condizioni del terreno o della neve oancora meteorologiche, lo rendano necessario oaddirittura indispensabile. Numerose applicazioni della definizione di micro-traccia verranno descritte nella sezione successiva,dove si illustreranno le misure di prevenzione daadottare: sui dossi, in presenza di pendii ripidi, concospicui spessori della neve fresca, quando l’azionedel vento risulta importante, quando troppe personesi trovano in spazi ristretti, quando ci sono condi-zioni di scarsa visibilità, nelle zone di entrata e diuscita da un bosco, quando si devono attraversaretratti ritenuti sospetti, in prossimità di creste, ecc.

Valutazione locale delpericolo di valangheFase 2

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

382

Capitolo 12

C12-18 Microtraccia

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Sci alpinismo Condotta durante la gita sci alpinistica

Valutazione locale delpericolo di valanghe

Fase 2

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Capitolo 12

C12-19 Bosco fitto sempre verde

C12-20 Bosco rado di larici

Regole di sicurezza da adottare nell’esecu-zione della traccia e della microtracciaValutare continuamente lungo tutto il percorso: • meteo: visibilità, vento, temperatura (specie in pri-mavera e anche durante la salita ai rifugi);• neve: altezza critica della neve fresca, segnali d’al-larme indicatori di forte pericolo; • terreno: morfologia, pendii ripidi;• partecipanti: condizioni fisiche, tabella di marcia.Poiché le valanghe a lastroni sono insidiose, e nono-stante tutte le precauzioni e l’esperienza, non semprepossono essere previste, la traccia e la microtraccia,tanto in salita quanto in discesa, devono tenderecontinuamente all’itinerario più sicuro, presumendoil pericolo di valanghe, in varia misura, sempre pre-sente. Assumendo cioè un atteggiamento sempreprudenziale (in favore di sicurezza), e mai temerario. Vengono presentate in successione le misure precau-zionali da adottare per ridurre, nelle varie situazioni,il rischio di coinvolgimento in valanga.

Bosco fitto sempre verdeSi è sempre sentito dire che sciare nel bosco è sicuro;quando i bollettini segnalano cospicuo innevamen-to, è convinzione si possa svolgere comunque unagita, purché sia nel bosco. Ciò è vero solo in parte: ilbosco sempreverde di abeti è garanzia di effettivasicurezza solo se abbastanza fitto, costituito preva-lentemente da alberi di alto fusto, non caratterizzatoda canali e radure, che possano alterare gli equilibridel manto nevoso a causa dell’azione del vento.Questo tipo di vegetazione deve essere pertantovalutato criticamente nelle varie situazioni che sipresentano.

Bosco rado di lariciQuando invece ci si trova ad attraversare un boscorado di larici, specialmente verso il limite superioredella vegetazione forestale, non ci si deve sentiretroppo al sicuro, anzi. Quel tipo di bosco va consi-derato come una zona potenzialmente valanghiva etale da non fornire alcun tipo di riparo. Le piante,

Le valanghe a lastronisono insidiose, e nono-stante tutte le precauzio-ni e l’esperienza, nonsempre possono esserepreviste. Quindi la trac-cia e la microtraccia,tanto in salita quanto indiscesa, devono tenderecontinuamente all’itine-rario più sicuro.

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distanti fra di loro, non costituiscono un ancoraggiovalido, il manto nevoso subisce un tipo di evoluzio-ne simile a quella dei pendii aperti ed inoltre il sottobosco col quale convivono i larici, favorisce la for-mazione di strati deboli all’interno del manto nevo-so. Il nostro comportamento, in particolare la sceltadella traccia e della microtraccia saranno simili aquelli adottati in uno scenario di pendio aperto.

Zone di entrata e di uscita del boscoUna caratteristica negativa e particolare della raduranel bosco è la sua risposta all’azione del vento. Le piante, specie se alte e poste in prossimità delle cre-ste, costituiscono un ostacolo al flusso del vento, pro-vocandone prima un’accelerazione importante, e suc-cessivamente in corrispondenza della radura, un ral-lentamento. A causa dell’aumento della velocità delvento aumenta anche il trasporto eolico della neve,che verrà depositata: o nelle radure, oppure subitodopo il gruppo di alberi. Favorendo così in queipunti, la formazione di lastroni da vento, che posso-no poggiare come abbiamo già visto, su un fondocostituito da strati deboli o anche di scorrimento.

Dossi, costoni, cresteI costoni ed i dossi sono luoghi più sicuri rispettoalle depressioni e alle valli. La traccia deve percorre-re di preferenza un dosso, piuttosto che entrare in uncanale, più o meno marcato che sia. Questa precau-zione vale a maggior ragione, quando per l’azionedel vento i dossi si presentano ripuliti dalla neve. Laneve erosa dai terreni convessi riempie abbondante-mente i canali: per la particolare conformazione delterreno, le concavità possono accogliere e trattenerenotevoli quantità di neve, favorendo così la forma-zione di lastroni da vento che poggiano sul terreno osul manto nevoso sottostante solo sui bordi.Dunque in presenza di un manto nevoso di ridottospessore, e di neve soffiata non impegnarsi nelle vallie nelle depressioni cariche di neve.

Valutazione locale delpericolo di valangheFase 2

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

384

Capitolo 12

C12-21 Entrata e uscita bosco

C12-22 Dossi

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Sci alpinismo Condotta durante la gita sci alpinistica

Valutazione locale delpericolo di valanghe

Fase 2

Capitolo 12

Pendii ripidi e apertiIn un pendio aperto vi sono pochi ripari naturali chepossono deviare o arrestare una valanga, quali dossipronunciati, creste di morena, ampi ripiani, grandirocce affioranti. Un terreno che offre ostacoli natu-rali consente di avanzare da un luogo sicuro ad unaltro, riduce la possibilità che più persone venganocoinvolte contemporaneamente e difficilmente èinteressato da grandi valanghe. In salita i versanti aperti e ripidi devono essere per-corsi mantenendo la suddivisione dei partecipantialla gita in piccoli gruppi al fine di non sovraccari-care eccessivamente il manto nevoso. Per quantoriguarda la discesa, anche qualora le condizioni distabilità del manto nevoso offrano buone garanzie, èpreferibile scendere uno alla volta, soprattutto lungoi tratti potenzialmente pericolosi e i pendii più ripi-di. In ogni caso è molto importante individuaresempre qualche riferimento per la sicurezza e sce-gliere attentamente eventuali punti di sosta anche sedi breve periodo.

Ricerca dei punti di riferimentoNell’affrontare un versan-

te è importante indivi-duare e seguire i

punti del terre-no che offro-

no protezio-ne naturale e

quindi possanodare qualche

garanzia di sicu-rezza in più; o che

siano in grado di offri-re eventuali vie di fuga.

Ad esempio: le rocce e imassi affioranti che possono

fornire una certa protezione in caso di valanga, cosìcome i dossi e tutti i displuvi che generalmente oltread essere zone di erosione, non vengono interessatidal flusso della valanga. Eseguire i cambiamenti di

C12-23 Pendio aperto

C12-24 Scelta traccia

Scelta itinerario:1. Dorsali e creste2. Punti pianeggianti3. Cambiamenti di direzionesotto le rocce4. Lungo le rocce, nella lineadi massima pendenza, even-tualmente a piedi

EVITARE:A. Pendii uniformiB. Versanti in ombra

1

4A

3

2

1

B

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direzione, specialmente i dietro-front, in punti ripa-rati. Da notare tuttavia che non tutti i ripari sonosicuri: alberi isolati, o rocce che spuntano appena,non sono una garanzia contro le valanghe superfi-ciali. Bisogna evitare, se possibile, i pendii uniformie i versanti in ombra. Non temere le deviazioni.Preferire, per esempio, scendere su un piano e risali-re qualche metro, piuttosto che tagliare un pendioripido all’ombra senza che sia necessario.

Percorso sovrastato da pendii ripidiAnche se la traccia si svolge in piano, l’itinerariopotrebbe essere dominato da pendii di neve, salti dirocce, oppure seraccate, cioè blocchi di ghiaccio for-mati dal fitto intersecarsi dei crepacci. Casi classicisono i percorsi che portano ai rifugi, oppure quelliche seguono il versante di un vallone. Se non siconoscono i luoghi è bene studiare la carta topogra-fica, e soprattutto in primavera, durante le giornatemolto calde, informarsi sulla sicurezza di certi itine-rari.

Percorso che sovrasta un saltoSe un tratto dell’itinerario si sviluppa in un pendiosotto il quale è presente un salto, costituito da unaparete rocciosa, oppure un crepaccio, una gola ecc.,bisogna prestare particolare attenzione.Se ad esempio il terreno è duro, bisogna individuarecon cura i punti dove eseguire i cambi di direzione oi dietro-front, ed effettuare una traccia poco pen-dente in modo da ridurre la possibilità di cadute o diperdita degli attrezzi. Se invece è presente neve recente, anche uno scarica-mento di neve a debole coesione potrebbe trascinarele persone coinvolte, e spingerle oltre il salto; oppu-re seppellirle dentro un crepaccio. Nella foto la sali-ta e la discesa si devono effettuare a destra del crina-le roccioso e il ripido pendio finale sovrasta un saltodi rocce: bisognerà prestare particolare attenzione sianella esecuzione della traccia di salita, sia durante lafase di discesa, in modo da evitare cadute e pericolo-se scivolate.

Valutazione locale delpericolo di valangheFase 2

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

C12-25 Punti di riferimento

C12-26 Percorso sotto un pendio

C12-27 Percorso sopra un salto

Capitolo 12

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Valutazione locale delpericolo di valanghe

Fase 2

Capitolo 12

Vicinanza di creste e pendio sottoventoEvitare i pendii sottovento, specialmente se in zoned’ombra e di elevata inclinazione. Le zone prossimealle creste (soprattutto i colli) ed i pendii in prossi-mità dei passi sono sempre sospettati di celare accu-muli di neve soffiata. Come già detto dobbiamo con-siderare il vento quale origine della maggior partedelle valanghe che coinvolgono sciatori alpinisti. Inogni momento, ma in particolare dopo le nevicate,esso sposta grandi quantità di neve dai pendii sopra-vento per depositarle su quelli sottovento. La trasfor-mazione meccanica dei cristalli che ne consegue, con-ferisce agli strati deposti dal vento una strutturadiversa da quelli sottostanti, con i quali non legano erimangono in sito anche per molti giorni in equili-brio precario. Soltanto un sensibile rialzo termico, enaturalmente il distacco, possono infatti eliminare ilpericolo da essi minacciato. Si deve ricordare che gliaccumuli si formano anche in corrispondenza dimodeste variazioni morfologiche, e comunque dispo-ste all’interno di ampi pendii, ciò perché il vento puòspirare da diverse direzioni.

Pendii con corniciLa formazione di accumuli di neve è naturalmentepiù accentuato in corrispondenza di creste, ed inparticolare di quelle sommitali, dove l’azione delvento è resa evidente dalla presenza di cornici spor-genti sul lato sottovento. Le cornici, oltre che rap-presentare esse stesse un pericolo per il possibiledistacco, possono in conseguenza di una loro cadutainnescare valanghe. Le cornici segnalano un altroimportante pericolo, ossia quello della presenza diun accumulo di neve al disotto di esse. Le cornici diformazione recente sono individuabili per la ridottastratificazione e per la presenza di spigoli acuti e nonarrotondati. Per percorrere una cresta con cornicericercando una certa sicurezza, è opportuno transita-re al di sotto della probabile linea di frattura.

Attraversamento di pendio sotto le rocce Non effettuare lunghi attraversamenti in pieno pendio;

C12-29 Rottura cornice

C12-30 Percorso su cornice

corrente d’aria

punto di possibile rottura

C12-28 Vicinanza di creste

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se non si possono evitare, eseguirli con la massima pru-denza, mantenendo le distanze di alleggerimento(almeno 10 m) o quelle di sicurezza, transitando il piùalto possibile. I tratti del percorso che attraversanopendii ripidi o ne sono sovrastati, sono spesso classi-ficati sospetti, o pericolosi, in funzione di come simanifestano lo stato della neve e le condizionimeteorologiche. Nel caso in cui la zona sospetta pre-senti un tratto roccioso affiorante, come soventeaccade all’estremità superiore dei pendii, è senz’altroopportuno effettuarne l’attraversamento al limiteinferiore delle rocce, se possibile proprio toccandole,eventualmente con gli sci in spalla, e qualora neces-sario, con corda e assicurazione.

Salita in un canale La salita in un canale generalmente aumenta le incogniterelative alla stabilità a causa della maggior variabilità dellamorfologia, di più cospicui accumuli di neve, della pro-babile presenza di acqua sul fondo e sulle rocce laterali, edella differente trasformazione della neve a causa delladiversa esposizione, della difficile valutazione della stabi-lità dei pendii soprastanti, ecc. Bisogna quindi essere certidella effettiva stabilità del tratto prima di affrontarlo, sci aipiedi, con una fitta serie di zig-zag che rischiano prima opoi di toccare qualche punto debole. In alternativa è piùsaggio salire direttamente in linea di massima pendenza,con gli sci in spalla, lungo la fascia ritenuta più sicura.

Versanti esposti da NE a NOLa maggior parte degli incidenti dovuti alle valanghe deglisciatori avviene sui versanti orientati da NE a NO pas-sando per N, e su pendii ripidi in vicinanza di creste. Nelcaso mostrato in figura C12-33 la vetta può essere rag-giunta seguendo due itinerari: con neve recente e condi-zioni sfavorevoli, il pendio ripido terminale rivolto a nordpuò essere facilmente evitato, percorrendo la lunga dorsa-le di destra. In figura C12-34 è mostrata una situazione a rischio: duesci alpinisti stanno affrontando un pendio ripido rivolto anord, carico di neve, in cui sono evidenti delle colate didebole coesione e numerosi accumuli in prossimità dellecreste.

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

C12-31 Attraversamento sotto rocce

C12-32 Salita in canale

C12-33 Esposizione nord

C12-34 Segnali di allarme

Valutazione locale delpericolo di valangheFase 2

Capitolo 12

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Valutazione locale delpericolo di valanghe

Fase 2

Capitolo 12

Pendii esposti da est a sud soprattutto inprimavera In primavera il riscaldamento diurno è generalmentedeterminante per la trasformazione dei pendii soggettiall’irraggiamento solare. Il manto nevoso subisce unveloce riscaldamento: i pendii est al mattino, i pendiisud a mezzogiorno ed i pendii ovest nel pomeriggio. Seuna gita si svolge sui versanti meridionali e prevede ilritorno per lo stesso itinerario, è imperativo partireprima che faccia chiaro. In caso di forte rigelo nottur-no la neve diventa molle a partire già da metà matti-nata (l’orario dipende dalla quota e dalla temperatura),tuttavia se durante la notte il cielo è stato coperto, loscarso raffreddamento indurisce poco la superficie delmanto nevoso. Quindi già dal primo mattino a parti-re dai versanti orientati a est, si può incontrare neveumida e non portante. La figura mostra un pendio rivolto a est che presentaneve recente già umida: un solo sci alpinista ha provo-cato uno scaricamento di neve a debole coesione.È necessario che il pendio venga caricato da un sin-golo sciatore alla volta. Qualora il pendio fosse percorso in mattinata da ungruppo numeroso, o nel pomeriggio anche da un solosciatore, potrebbero prodursi distacchi di neve bagna-ta ben più consistenti. Si tenga presente che quando laneve è molto umida o fradicia, e i pendii terminanoall’estremo inferiore dentro una forra o in un canale, incaso di distacco basta poca neve per provocare notevo-li accumuli e quindi il seppellimento totale. In generale è opportuno prestare molta attenzione eadottare misure particolari, quando ci si trova su vastipendii ripidi e regolari e in presenza di neve bagnata oaddirittura fradicia.

Itinerario frequentato - tracce esistenti Seguire un itinerario che è già stato percorso da altrigruppi presenta sia aspetti positivi che negativi.

Elementi favorevoli Il transito costante di sciatori produce una certa com-pattazione e battitura della superficie del manto nevo-

C12-35 Sciatore e scaricamento

Quando la neve è moltoumida o fradicia e i pendiiterminano all’estremoinferiore dentro una forrao in un canale, in caso didistacco, basta poca neveper provocare notevoliaccumuli e quindi il sep-pellimento totale.

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so, e quindi favorisce la coesione della neve fresca; indeterminate circostanze passaggi numerosi e distribui-ti nel tempo possono ridurre la probabilità di distacco.In generale un itinerario già frequentato è un aiuto psi-cologico in quanto conferma la percorribilità del per-corso e mostra la strada da seguire.

Elementi sfavorevoliNella pratica alpinistica il sapere che una certa linea suroccia o misto è già stata percorsa fornisce ai ripetitorimaggiori garanzie di percorribilità; tuttavia questa con-cezione spesso non è applicabile allo sci alpinismo, inquanto, diversamente dalla roccia e dal ghiaccio l’ele-mento neve (e quindi la stabilità del manto nevoso),viene modificata da vari fattori (temperatura dell’aria,sole, azione del vento) in tempi molto più brevi. È il caso ad esempio, di pendii orientati tanto a nordquanto a sud, che dopo essere stati percorsi da nume-rosi sciatori, in seguito ad un rialzo significativo dellatemperatura durato qualche giorno, sono stati interes-sati da grosse valanghe di fondo estese all’intero pendio. Un ulteriore aspetto negativo, è rappresentato dal fattoche un percorso intersecato da molte piste oppone dif-ficoltà nella realizzazione della traccia di salita, esoprattutto in discesa, la presenza di solchi induritiostacola una regolare progressione.

Tracce esistentiÈ importante valutare le tracce vecchie: possonoessere fatte male o, se le condizioni di neve sonocambiate, essere divenute inadeguate o pericolose. Ilfatto che un gruppo di sciatori sia passato su un pen-dio non è una garanzia di sicurezza. Anche le traccedi animali non assicurano l’assenza di pericolo.Seguire le tracce esistenti solo quando collimanoperfettamente con le nostre scelte.

Scelta delle sosteBisogna attribuire molta importanza alla scelta deipunti di sosta. Innanzitutto devono rispondere a cri-teri di massima sicurezza, soprattutto per gruppinumerosi. Oltre a consentire una buona visione deltragitto ancora da percorrere, devono essere prescelti

Valutazione locale delpericolo di valangheFase 2

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

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Capitolo 12

C12-36 Percorso frequentato

Nella pratica alpinistica ilsapere che una certa lineasu roccia o misto è giàstata percorsa fornisce airipetitori maggiori garan-zie di percorribilità, nellosci alpinismo, tuttavia,questa concezione spessonon è applicabile.

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Sci alpinismo Condotta durante la gita sci alpinistica

Valutazione locale delpericolo di valanghe

Fase 2

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Capitolo 12

possibilmente al sole e in luogo riparato dal vento,ma in particolare modo al sicuro sotto il punto divista valanghivo. Evitare soste in luoghi dominati da pendii ripidi,allo sbocco dei colatoi o sotto le seraccate.Possibilmente i vari gruppi di sciatori alpinistidovranno fare sosta in tempi e luoghi diversi, per noncausare sollecitazioni eccessive sul manto nevoso. La prima breve sosta si fa in genere a riscaldamentoavvenuto per levare gli indumenti di troppo. A questo proposito si ricorda che camminando ètanto importante non avere caldo quanto non averefreddo. In seguito le soste si fanno in funzione deiproblemi di itinerario, dell’allenamento, del peso delsacco e della lunghezza della gita. Si prevedano com-plessivamente 30 minuti di sosta ogni 2 o 3 ore dicammino. Sostando è consigliabile togliere il saccoma, se la fermata e breve, rimanere in piedi. Su pendio ripido è bene ancorare il sacco al terrenocon il bastoncino, infilato capovolto nella neve.Soprattutto se sudati, per evitare un raffreddamentobrusco dell’organismo, conviene coprirsi anche se lasosta è molto breve. Durante la sosta si controlla l’e-quipaggiamento, si verifica la posizione e l’itinerariosulla carta topografica. In punti quotati si tara l’alti-metro. Nel limite del possibile, per evitare perdite ditempo prezioso, è opportuno che i componenti delgruppo compiano contemporaneamente talune azio-ni (togliere e mettere gli sci, e/o le pelli; riposare emangiare). Al termine della salita, o della parte sciistica, rimuo-vere le pelli, pulirle e riporle con cura nello zaino;rimuovere la neve dagli gli attacchi e predisporli perla discesa; posizionare bene gli sci assicurandosi chenon possano cadere né scivolare a valle e che le solet-te non siano rivolte al sole. Nelle soste non si devonolasciare sul terreno i rifiuti: riporli nel sacco. Questaregola di buona educazione è tassativa quando si trat-ta di rifiuti indistruttibili. In vetta non fermarsiintrattenersi troppo a lungo, specie con basse tempe-rature o vento i muscoli caldi sono un’ottima pre-venzione contro le fratture in discesa.

C12-37 Scelta soste

Durante la sosta si con-trolla l’equipaggiamento,si verifica la posizione el’itinerario sulla cartatopografica e, se il puntoè quotato, si tara l’altime-tro.

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Regole di sicurezza da adottare in fase didiscesaUna discesa in sicurezza è forse il comportamento piùdifficile da rispettare da parte degli sciatori alpinisti,nonostante le statistiche indichino chiaramente che lamaggior parte degli incidenti avviene proprio durantequesta fase importante della gita. Si tende a ridurre lemisure precauzionali adottate in salita, e la scelta delcorridoio di discesa il più delle volte è influenzata dafattori psicologici: si privilegia la qualità della neve, lamaggiore inclinazione del pendio, si ricerca l’ebbrezzadella velocità. In discesa il sovraccarico a cui è sottoposto il pendioaumenta considerevolmente, sia perché diventa assaidifficile mantenere le distanze di sicurezza, sia perchéla sollecitazione impressa dallo sciatore è nettamentesuperiore a quella esercitata in fase di salita.

Influenza del peso dello sciatore sulmanto nevosoAlcuni movimenti, che fanno parte della tecnica scial-pinistica di base, trasferiscono al manto nevoso solleci-tazioni molto diverse fra loro a parità di condizioni.Supposto “P” il peso di uno sciatore tipo, intento arisalire un pendio ed “S” è la sollecitazione da lui gene-rata si verifica: • per la salita con curve larghe S=P;• per il dietro-front S=2 volte P;• per la discesa lenta e controllata S=4 volte P;• per la caduta in discesa S=8 volte P.Dal che si può notare come la presenza contempora-nea su un pendio di 4 persone, ciascuna intenta a com-piere una delle 4 azioni sopra descritte, situazione fre-quentissima nelle fasi finali di un’ascensione sci alpini-stica, influisca sul manto nevoso in quel tratto, nonpiù per il peso globale dei 4 individui, bensì per unequivalente peso globale di 15 persone, in ragionedella simultaneità d’azione e dei fattori di amplifica-zione delle sollecitazioni.

Distanze da tenere in discesaPoiché in discesa aumenta la sollecitazione sul manto

Valutazione locale delpericolo di valangheFase 2

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

392

Capitolo 12

C12-38 Sovraccarico sul pendio

Una discesa in sicurezza èforse il comportamentopiù difficile da rispettare,nonostante le statisticheindichino chiaramenteche la maggior parte degliincidenti avviene propriodurante questa faseimportante della gita.

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Sci alpinismo Condotta durante la gita sci alpinistica

Valutazione locale delpericolo di valanghe

Fase 2

Capitolo 12

nevoso, bisogna assolutamente cambiare atteggiamen-to. Il comportamento ideale da rispettare sempre indiscesa, anche se non si presentano particolari proble-mi, è quello che prevede di mantenere i piccoli grup-pi, e di osservare delle distanze minime di 10-20 metritra uno sciatore e l’altro. Inoltre ogni gruppetto deverimanere opportunamente distanziato da quello che loprecede. Nel caso si debba percorrere un tratto sospet-to, esso va affrontato interamente uno alla volta,facendo in modo che una sola persona si muova sulpendio interessato: i compagni saranno fermi in osser-vazione in un luogo sicuro.

Esecuzione della traccia in discesa La soletta degli sci deve essere ripulita da residui dineve e ghiaccio formatasi durante la salita, ed even-tualmente sciolinata se non si è provveduto alla scioli-natura a caldo (vedere nel capitolo “Equipaggiamento”la parte relativa alla preparazione degli attrezzi). Unvelo di sciolina è consigliabile perché rende più agevo-li tutte le manovre, come curve, frenate, ecc., e non èsemplicemente un accorgimento per scivolare piùveloci. Prima di partire si controlla che gli attacchi siano inposizione di discesa e che il sacco sia ben aderente elegato in vita per evitare sbilanciamenti in curva.La prima difficoltà che si deve vincere nell’affrontareuna discesa fuori pista è di ordine psicologico. Lavariabilità della neve, l’altezza del manto nevoso, l’irre-golarità del terreno, la stanchezza della salita, la decon-centrazione derivante dal raggiungimento della meta,sono fattori che provocano una diminuzione di elasti-cità, vale a dire un irrigidimento muscolare che impe-disce di sfruttare a pieno le capacità tecniche. La disce-sa è parte integrante della gita e non deve essere sotto-valutata.Per essere buoni sciatori alpinisti non basta esserebuoni alpinisti ed “arrangiarsi” in discesa. Occorreanche essere buoni sciatori, cioè in possesso, almeno supista, di una tecnica superiore alla media. Quando ildislivello è notevole, si possono trovare nel corso diuna sola discesa vari tipi di neve, per esempio farinosain alta quota, crostosa nella fascia intermedia, fradicia

C12-39 Distanze in discesa

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alle quote inferiori. Per ottenere la massima sicurezza in discesa, tutti icomponenti del gruppo, qualunque sia la lorocapacità, devono rispettare alcuni principi che con-sentono di ridurre al minimo l’eventualità di inci-denti. Quando la discesa avviene lungo lo stesso itinerario disalita, si dispone già di una buona conoscenza, sia delterreno, sia delle probabili condizioni della neve. Se,invece, la discesa si svolge su un versante diverso dellamontagna, bisogna controllare sul terreno le informa-zioni ricavate dallo studio della carta. Dall’alto rara-mente la visione di un percorso è totale come avvienedurante la salita; si devono quindi individuare puntidi riferimento e punti di sosta, da cui studiare il pro-seguimento della discesa. Lo sciatore alpinista piùesperto, o chi meglio conosce la zona, scende perprimo e si ferma in un punto sicuro (alberi, rocce, zonepiane, costoni) dove aspetta i compagni che scendono,a seconda dei casi, più o meno distanziati gli uni daglialtri. Su qualsiasi terreno e con qualsiasi qualità dineve, la traccia deve essere tale per cui tutti, anche itecnicamente meno dotati, possano seguirla agevol-mente. L’apripista segue un itinerario scevro dal pericolo divalanghe, cercando di sfruttare al massimo la confor-mazione del terreno; per esempio, scegliendo un dossoed evitando un canalino. È importante che sappia rico-noscere ed evitare placche ventate e gelate, scegliere laparte ancora in ombra su neve polverosa o al sole suneve ghiacciata, riconoscere a prima vista il tipo dineve e individuare rapidamente la posizione dei cre-pacci. Queste nozioni si acquistano ascoltando i consi-gli di persone più esperte, con l’osservazione e soprat-tutto accumulando esperienza pratica. Il modo di ese-guire le curve dipende dall’abilità dello sciatore chedeve, però, evitare i virtuosismi personali e adottareuna sciata sicura, per limitare le cadute, sempre peri-colose e dispendiose di energia. Una sola slogatura puòcostringere tutto il gruppo a rinunciare al piacere delladiscesa, per procedere al trasporto dell’infortunato. Incaso di cattivo tempo anche un piccolo infortunio puòmettere tutti in pericolo. Quando le caratteristiche del

Valutazione locale delpericolo di valangheFase 2

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

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Capitolo 12

Quando la discesa avvienelungo lo stesso itinerariodi salita, si dispone già diuna buona conoscenza siadel terreno, sia delle pro-babili condizioni dellaneve. Se invece la discesasi svolge su un versantediverso, bisogna control-lare sul terreno le infor-mazioni dallo studio dellacarta.

L’apripista deve seguireun itinerario scevro dalpericolo di valanghe, cer-cando di sfruttare al mas-simo la conformazionedel terreno.

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Sci alpinismo Condotta durante la gita sci alpinistica

Valutazione locale delpericolo di valanghe

Fase 2

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Capitolo 12

terreno e della neve (ghiacciai crepacciati, pericolo divalanghe, salti di roccia, ecc.) e le condizioni atmosfe-riche (nebbia, tormenta) lo richiedano come misuraprecauzionale, tutti i componenti del gruppo devonoscendere lungo la stessa traccia. In questo caso, per consentire ai compagni di restare intraccia, l’apripista deve eseguire delle curve ben chiuse(spazzaneve, virate, virate con apertura di coda dellosci a monte) ad una velocità ridottissima.Se il percorso si snoda in zone con pendenza modesta,si comincia con una corta diagonale in lieve discesa,procedendo quindi con una serie di curve ben arro-tondate e chiuse, intervallate da brevi diagonali e con-tenute entro un immaginario corridoio, come mostra-to in figura C12-40a. Se la pendenza aumenta, si devediminuire il raggio della curva ed eventualmente chiu-derla sino a trovarsi con la punta degli sci rivolta versomonte. Compatibilmente con la natura del terreno,tenere una diagonale sufficientemente lunga e inpiano, così da poter riprendere la posizione di base.(figura C12-40b) I componenti del gruppo seguiran-no distanziati di almeno 10 metri con l’avvertenza dievitare bloccaggi e di anticipare le curve per non usci-re dalla traccia. Eventuali gruppi successivi seguirannocon una distanza non inferiore a cento metri fra grup-po e gruppo. Ultimi scenderanno coloro che tra-sportano materiali di emergenza (pronto soccorso,trasporto dell’infortunato).

In un tratto stretto e ripido, si può adottare l’esercizio“Slittamento alternato alla diagonale” (vedi capitolo“Tecnica di discesa nello sci alpinismo”), che permettedi perdere quota senza eseguire cambi di direzione, econsente di mantenere basse velocità. In caso di pendio sufficientemente ampio gli slitta-menti possono essere alternati alle diagonali (vedi figu-ra C12-41a). Nella situazione di pendio stretto in cuirisulta impossibile eseguire diagonali di collegamento,conviene scegliere la posizione in cui ci si sente piùsicuri, con sci perpendicolari alla linea di massima pen-denza, ed effettuare slittamenti in modo da perderequota (vedi figura C12-41b). Affrontando una mezzacosta lunga e ripida, per non rompere l’equilibrio del

C12-40 Discesa e pendenze:figura a

C12-41 Discesa e slittamenti:figura b

C12-40 Discesa e pendenze:figura b

C12-41 Discesa e slittamenti:figura a

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manto nevoso, si devono evitare diagonali che lo tagli-no per tutta la lunghezza, interrompendole con qual-che curva, come nella figura C12-39. Questo percorsoa “denti di sega” vale per tutti i pendii ripidi e carichidi neve, sia su ghiacciaio sia altrove, tanto in discesaquanto in salita (solo, ovviamente, quando non sipossa fare a meno di attraversarli).

Accorgimenti importantiDurante la discesa è opportuno effettuare frequenti mabrevi soste, che permettono di esaminare attentamen-te il terreno a valle, e di alternarsi nel tracciare la pistaper evitare eccessiva stanchezza, soprattutto in condi-zioni di neve cattiva o di scarsa visibilità. I componenti del gruppo devono fermarsi semprea monte del primo. Questa regola diventa impera-tiva nel caso di progressione su ghiacciaio e insituazioni di scarsa visibilità.Su terreno privo di pericoli è opportuno che anche imeno abili si esercitino a tracciare la pista. È impor-tante esercitarsi a seguire un’unica traccia anche insituazioni in cui questa tecnica non sia strettamentenecessaria, ciò poiché solo una notevole pratica con-sente di applicare senza errori questo metodo di disce-sa. L’abilità di un gruppo di sciatori alpinisti in discesasi riconosce a prima vista dalle tracce che lasciano sullaneve. Una bella traccia a forme regolari, si distinguesenz’altro da un’altra a solchi e buche che la rendonosimile a un campo male arato. Si tenga presente inoltreche per pista migliore si intende anche la più sicura.

Valutazione locale delpericolo di valangheFase 2

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

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Capitolo 12

C12-42 Discesa a denti di sega

C12-43 Discesa e scelta percorso

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Sci alpinismo Condotta durante la gita sci alpinistica

Valutazione locale delpericolo di valanghe

Fase 2

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Capitolo 12

Sciabilità della neveRimane da discutere come scegliere durante la discesail percorso più adatto in relazione alle condizioni dellaneve. Un versante, anche con un’esposizione generaleben precisa, presenta sempre tratti orientati in mododifferente. Si deve dunque porre attenzione ai possibi-li cambiamenti di neve. Sui versanti sud, d’inverno,la neve farinosa si trova di preferenza negli avvalla-menti. Sui pendii limitrofi di contenimento è faciletrovare fragili croste, mentre sul colmo dei costoni checircondano gli avvallamenti la crosta è più solida tantoda permettere in certi casi di curvare con facilità.Dovendo abbandonare un avvallamento, si passa sulcolmo del dosso con un deciso traverso, fatte salve leprecauzioni dettate dalle condizioni di stabilità delpendio stesso. Un altro esempio: un canalone espostoa est ha il lato destro orografico meno soleggiato delsinistro. Di conseguenza, sul lato sinistro si trova nevecon crosta da sole, sul destro neve farinosa. Se il latosinistro ha già neve di tipo primaverile conviene resta-re su questo lato per due motivi: primo perché sul latodestro si troverà quasi sicuramente della cattiva crosta,secondo perché passando dalla neve primaverile, riccadi acqua, alla neve più fredda della zona meno soleg-giata, si potrebbe formare ghiaccio sotto sci, compro-mettendone la scorrevolezza. Sarebbe molto laboriosovolere elencare tutti i casi possibili; tuttavia, estenden-do questi concetti, e soffermandosi di tanto in tantolungo la discesa ad osservare il terreno e la neve, nonsarà difficile individuare e collegare al meglio le zone dineve più favorevoli. Con un po’ di esperienza, in inver-no si distingueranno agevolmente le zone di neve durada quelle di neve farinosa, poiché queste ultime si pre-sentano con la superficie appena increspata da piccolee innocue croste da vento (fenomeno pressocchè ine-vitabile). In primavera il discernimento è di più sem-plice deduzione, in quanto la neve si presenta moltopiù uniforme; si deve però imparare ad evitare le insi-diose placche di neve poco scorrevoli, di colore opacoe superficie più sporca rispetto alle zone adiacenti.

Sui pendii di contenimen-to degli avvallamenti èfacile trovare fragili cro-ste, mentre sui colmi deicostoni che circondano gliavvallamenti la crosta èpiù solida tanto da per-mettere in certi casi dicurvare con facilità.

Con un po’ di esperienza,in inverno si distingue-ranno agevolmente lezone di neve dura da quel-le di neve farinosa, poichéqueste ultime si presenta-no con la superficie appe-na increspata da piccole einnocue croste da vento.

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VALUTAZIONE DELLA STABILITÀDEL SINGOLO PENDIO E SCELTAOTTIMALE DELLA TRACCIA- FASE 3

Le tre fasi di valutazione (regionale, zonale e singolopendio), non rappresentano solo una sequenza cro-nologica, ma sono anche caratterizzate da un livellodi impegno crescente. Nella sezione che descrive la fase 2, cioè la valutazio-ne locale, si è voluto illustrare il comportamento daadottare in una gita “normale”, progettata con cura eassistita da favorevoli condizioni del tempo, che nonha richiesto valutazioni particolari della stabilità deipendii ripidi, né l’adozione di speciali comportamen-ti precauzionali. In questa sezione del capitolo vienedescritta la fase 3, che si pone i seguenti obiettivi:• Rendersi conto che la situazione richiede unmomento di riflessione - individuare gli elementi chefanno suonare il campanello di allarme• Valutare la stabilità del pendio • Adottare provvedimenti precauzionali: scelta tracciae distanze di sicurezza, oppure un percorso alternati-vo, oppure tornare indietro. In primo luogo bisogna rendersi conto che la situa-zione richiede un’analisi più accurata. Il campanello d’allarme che ci induce a riflettere,può scattare quando si osservano contemporanea-mente alcuni importanti fattori di rischio: 1) inclinazione del pendio di almeno 30°, oppure 25°con neve bagnata e2) altezza critica della neve recente, oppure presenzadi accumuli da vento (l’entità del riporto è spesso dif-ficile da quantificare).In secondo luogo spetta al singolo sci alpinista, sullabase della esperienza maturata e delle conoscenzescientifiche in tema di neve e valanghe di cui dispo-ne, valutare la stabilità del pendio. In terza istanza si tratta di fare la scelta più sicura: a) evitare il pendio e ritornare; b) scegliere un percorso alternativo meno soggetto arischi;c) affrontare il pendio osservando distanze di allegge-

Valutazione della sta-bilità del singolo pen-dio e scelta ottimaledella traccia - Fase 3

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

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Capitolo 12

Una gita “normale”, pro-gettata con cura e assistitada favorevoli condizionidel tempo, non deverichiedere valutazioniparticolari della stabilitàdei pendii ripidi, né l’ado-zione di speciali compor-tamenti precauzionali.

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rimento (10 m) o di sicurezza sia in salita che indiscesa.Di seguito vengono presentate alcune situazioni checonsigliano la rinuncia, e si suggeriscono alcune soluzio-ni, qualora il pendio sia considerato sospetto ma percor-ribile.

Sci alpinismo Condotta durante la gita sci alpinistica

Valutazione della sta-bilità del singolo pen-

dio e scelta ottimaledella traccia - Fase 3

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Capitolo 12

Condotta di gita: prospetto riassuntivo della fase 3

C12-44 Condotta sul pendio

Tempo• visibilità• vento • temperatura dell’aria elevata Neve• altezza critica di neve fresca: 20-30 cm• neve con coesione (2a condizione necessaria per il distacco di valanga)• recenti accumuli di neve soffiata• storia del manto nevoso (conoscenza dal bollettino - esperienza personale - fornisce informazionisulla 3a condizione necessaria per il distacco di valanga)

3.1 Condizioni meteo-nivo

Terreno: fattori che aumentano il rischio• Misurare l’inclinazione con i bastoncini da sci o con clinometro:

a) almeno 30° con nevi asciutte; b) almeno 25° con nevi bagnate.

Si verifica la 1a delle tre condizioni necessarie e sufficienti per il distacco di valanga di lastroni:• pendio localizzato in vicinanza di creste• pendio esposto da NORD EST a NORD OVEST• presenza di zone ripide situate sopra oppure sotto il pendio • possibilità di aggiramento• possibilità di percorsi alternativi

3.2 Terreno

Esecuzione di una traccia che riduca il sovraccarico• partecipanti disciplinati: in una situazione poco sicura mettere in atto una condotta rigorosadiventa un fattore di sicurezza essenziale.• conduzione del gruppo applicando misure speciali di prevenzione: distanze, corridoio, sciata intraccia, attraversamenti, zone di attesa, tratti da percorrere singolarmente.

3.3 Comportamento dei partecipanti

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Considerazioni sulla percorribilità delpendioIl precedente prospetto, raccoglie in forma sinteticai fattori da considerare qualora si intenda analizzarela stabilità del singolo pendio e decidere se percor-rerlo oppure modificare il percorso. Come è stato illustrato nel capitolo “Le valanghe”, ildistacco di un lastrone di neve è legato a tre condi-zioni che determinano una situazione di equilibrioprecario e un possibile distacco; se viene a mancareuna sola di queste condizioni la rottura non è possi-bile. Riassumendo:1. Il pendio deve avere una inclinazione di almeno30° per neve asciutta e almeno 25° per neve bagnata.2. Lo strato superficiale deve presentare neve concoesione (lo strato di neve legata può essere di segui-to ricoperto da neve fresca).3. All’interno del manto nevoso deve esistere unpiano di slittamento, e tra questo e lo strato superfi-ciale, deve sussistere uno scarso legame a taglio.

Le cause che possono produrre il distacco sono prin-cipalmente dovute ad un sovraccarico (apporto dineve fresca, accumulo di neve trasportata dal vento,pioggia, passaggio di sciatori, caduta di sassi - corni-ci), oppure ad una diminuzione delle resistenze edegli attriti all’interno del manto nevoso (unimportante aumento della temperatura che riduce lacoesione della neve, e la presenza all’interno delmanto nevoso di strati critici).

Ci troviamo ora alla base di un pendio, allertati dalcampanello d’allarme, perché si è notato:a) inclinazione di almeno 30° con neve asciutta(oppure 25° con neve bagnata), la 1a condizione perun possibile distacco è verificata;b) altezza critica della neve fresca di 20-30 cm, dovu-ta a recenti precipitazioni di neve, oppure ad accu-muli prodotti dal vento.

Bisogna ora verificare se la neve possiede coesione(affinché le tensioni possano propagarsi all’interno

Valutazione della sta-bilità del singolo pen-dio e scelta ottimaledella traccia - Fase 3

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

400

Capitolo 12

Il distacco di un lastronedi neve è legato a tre con-dizioni che determinanouna situazione di equili-brio precario e un possi-bile distacco; se viene amancare una sola di que-ste condizioni la rotturanon è possibile.

Le cause che possonoprodurre il distacco sonoprincipalmente dovutead un sovraccarico oppu-re ad una diminuzionedelle resistenze e degliattriti all’interno delmanto nevoso

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Sci alpinismo Condotta durante la gita sci alpinistica

Valutazione della sta-bilità del singolo pen-

dio e scelta ottimaledella traccia - Fase 3

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Capitolo 12

del manto nevoso la neve deve presentare una certacoesione): se mediante gli sci oppure con il test dellapala si riscontra un certo legame, significa che è veri-ficata la 2a condizione per un possibile distacco.In questo scenario, a chi non ha molta esperienza onon dispone di sufficienti informazioni, per valutarequanto lo strato superficiale sia legato al mantonevoso vecchio, viene consigliato di non percorrereil pendio. Si ribadisce il concetto: per coloro i qualinon siano in grado di effettuare valutazioni sullecondizioni di stabilità, i versanti che superano i 30gradi di inclinazione devono essere consideratipotenzialmente pericolosi e quindi evitati.

Indicazioni per sci alpinisti più espertiPer valutare l’eventuale sussistenza della 3a condizio-ne, è importante capire se all’interno del mantonevoso è presente un piano di slittamento e quantoil piano di slittamento è legato agli strati soprastan-ti. Una consultazione regolare del bollettino relativoalla zona di interesse consente di capire l’evoluzionedel manto nevoso. Se ci si trova in una zona pococonosciuta e/o non si hanno notizie sulla storia dellenevicate, risulta utile eseguire, anche il giorno prece-dente la gita, un profilo stratigrafico e dei blocchi dislittamento per avere indicazioni sulle condizioni dipercorribilità del manto nevoso.Vanno quindi considerati altri fattori che possonoaumentare il rischio quali: scarsa visibilità, elevatatemperatura dell’aria, pendio in prossimità di creste,pendio esposto a nord nel periodo invernale oppurependio esposto a sud nel periodo primaverile, trattiripidi situati sopra oppure sotto il pendio in esame,il numero e le capacità dei partecipanti all’escursio-ne.Si riportano a titolo esemplificativo tre situazio-ni in cui si consiglia di rinunciare a percorre ilpendio.

Chi non ha molta espe-rienza o non dispone disufficienti informazioniper valutare quanto lostrato superficiale sialegato al manto nevosovecchio, viene consiglia-to di non percorrere ipendii con inclinazionisuperiori a 30°.

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Situazione 1 (vedi foto C12-45)In condizioni di:• pendio ripido• altezza critica di neve fresca e neve con coesione• scarsa visibilitàsi consiglia di tornare indietro.

Situazione 2 (vedi foto C12-46)In condizioni di:• pendio ripido• altezza critica di neve prodotta dall’azione di tra-sporto del vento ed evidenti accumuli• prossimità di creste si consiglia di tornare indietro.

Situazione 3 (vedi foto C12-47)In condizioni di:• pendio ripido• altezza critica di neve recente pesante e bagnata • intenso riscaldamento che dura da più giornisi consiglia di tornare indietro.

Suddivisione del gruppo di sei persone indue gruppi di treAbbiamo già visto come la stabilità del manto nevo-so dipenda dal rapporto tra il peso (quello della nevepiù quello aggiunto) che tende a provocare il distac-co, e l’attrito (interno al manto e verso il terreno)che lo ostacola. L’intervento esterno di uno sciatore può soltantoagire a detrimento sul peso aggiunto. In salita, il comportamento ideale in condizioniottimali implica di distribuire i partecipanti in grup-petti di sei persone al massimo ciascuno, natural-mente ben distanziati fra loro. Quando si ritiene siagiunto il momento di diminuire la sollecitazioneesercitata sul manto per affrontare un pendio critico,si ottiene una prima riduzione del carico suddivi-dendo il gruppo di sei persone in due di tre,ancora una volta distanziando i gruppi opportu-namente tra loro.

Valutazione della sta-bilità del singolo pen-dio e scelta ottimaledella traccia - Fase 3

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

Capitolo 12

C12-47 Pendio e alta temperatura

C12-48 Suddivisione squadra

C12-45 Pendio e visibilità

C12-46 Pendio e cresta

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Valutazione della sta-bilità del singolo pen-

dio e scelta ottimaledella traccia - Fase 3

Capitolo 12

C12-49 Distanze tra singoli

Distanze fra i singoli e zone di attesaQuando si ritiene “sospetto” un pendio e non sianopossibili soluzioni più tranquille, sarà opportunoridurre ulteriormente il carico, distanziando, in sali-ta, di almeno una ventina di metri tra loro anche icomponenti di ogni gruppetto di tre persone. Caso tipico per questa situazione è l’attraversamentodi piccoli canali posti su pendii più sicuri, o lunghipendii abbastanza ripidi con pochi punti di riferi-mento e terreno troppo uniforme.La figura C12-50 mostra un attraversamento corret-to, ma una scelta della sosta sbagliata: la traversata ècompiuta da una persona alla volta e si è deciso disalire con sci in spalla sul lato destro del canale; tut-tavia una parte del gruppo si è fermata all’interno delcanale (maggiore accumulo di neve e incertezza nellaprosecuzione), mentre sarebbe stato più opportunosostare prima dello sbocco del canale in corrispon-denza del dosso roccioso.

Attraversamento di un pendio sospetto eosservazione dei compagniInfine, nel caso particolare della necessità di doverattraversare un pendio sospetto senza poter ricorrere alpassaggio, o sulla cresta sommitale, o alla base dellerocce affioranti, occorre cercare con attenzione ilpunto più idoneo. Per principio la traversata deve svolgersi in leggeradiscesa diagonale e da una sola persona alla volta. Perquesto è meglio portarsi il più in alto possibile inmodo da ridurre la quantità di neve che ci potrebbeinvestire.Il punto scelto deve avere le minori variazioni di pen-denza possibili e deve offrire, in partenza e in arrivo,luoghi di sosta sicuri.Se è indispensabile attraversare un pendio sospetto,bisogna adottare le seguenti misure di sicurezza:• il gruppo si arresta in luogo protetto, e una sola per-sona alla volta verrà a trovarsi in zona di maggiorrischio; • si indossa la giacca a vento, si copre il capo, si infila-no i guanti e si proteggono le vie respiratorie con un C12-51 Attraversamento pendio

C12-50 Distanze e soste

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passamontagna o un fazzoletto;• si tengono le mani sfilate dai laccioli dei bastonciniper poterli abbandonare rapidamente (la neve in movi-mento potrebbe imprigionarli, tirando le braccia versoil basso e sommergendo il capo);• si slacciano gli eventuali cinghietti di sicurezza (pre-feribile l’uso degli ski-stopper) per consentire che glisci si stacchino dai piedi dopo l’apertura degli attacchi;• si stabiliscono i punti del pendio che devono essereraggiunti da ciascun componente del gruppo;• il pendio deve essere attraversato diagonalmente ilpiù in alto possibile e di preferenza in discesa, con unapendenza ridotta per consentire una moderata ecostante velocità;• si tiene costantemente sotto osservazione il compa-gno che si muove per individuare con certezza, in casodi valanga, il punto in cui l’infortunato comincia aessere trascinato a valle, e soprattutto il punto in cuiviene visto per l’ultima volta. La determinazione diquesti punti è importantissima in fase di ricerca dell’e-ventuale sepolto, perché consente di limitare il campodi ricerca e di stabilire un criterio di priorità nella scel-ta della zona da perlustrare, con notevole guadagno ditempo;• si tiene d’occhio il pendio sovrastante o la zona dadove potrebbe staccarsi la valanga per poter avvertire intempo il compagno che si sta muovendo.

ESEMPI SIGNIFICATIVI DI DISTACCHI DI VALANGASi riportano tre casi di distacchi da valanga, accadu-ti durante lo svolgimento di gite sci alpinistiche, cheriteniamo un utile riferimento didattico.Esempio 1Un gruppo sta affrontando un pendio finale piuttostoampio orlato da una cresta.Ci sono circa 30 cm di neve fresca, il pendio presentaun’inclinazione superiore a 30° e ci si trova in prossimitàdella cresta. Si decide di non salire diagonalmente in pienopendio, ma di raggiungere la sella posta a sinistra dellacima, percorrendo un pendio meno ripido; quindi prose-guire alla base delle rocce per guadagnare la cima. In fase disalita, dopo la forcella, transitando sotto le rocce, viene

Esempi significativi didistacchi di valanga

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

Capitolo 12

La determinazione delpunto in cui l’infortunatocomincia a essere trascina-to a valle, e soprattuttodel punto in cui vienevisto per l’ultima volta, èimportantissima in fase diricerca dell’eventualesepolto.

Percorso valanghivo

Una persona solasul percorsovalanghivo

Traccia

Via di fuga

La prima persona nel postoal sicuro osserva i compagni

Attenzione agli ostacoli nel percorso valanghivo

Il gruppo apetta inun posto al sicuro

C12-52 Attraversamento e regole

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Sci alpinismo Condotta durante la gita sci alpinistica

Esempi significativi didistacchi di valanga

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Capitolo 12

C12-55 Cresta e accumulo -c

provocato per sovraccarico, il distacco di una valanga alastroni che coinvolge l’intero pendio ripido sottostante lavetta. La rottura si è verificata sotto gli sci e nessuno scialpinista è coinvolto dalla massa di neve. In discesa il grup-po segue l’itinerario di salita; si noti che la valanga ha sfio-rato la traccia di salita alla forcella. Si può dedurre che lastabilità del pendio fosse già critica (inclinazione, altezzacritica di neve fresca, coesione da vento), e che il sovracca-rico prodotto dal gruppo sia stata la causa del distacco. Solouna oculata scelta del percorso e una certa dose di fortunahanno potuto evitare brutte conseguenze.

Esempio 2Nel mese di aprile un gruppo di forti sci alpinisti, conclu-deva con questa escursione una serie di gite effettuate consuccesso nei giorni precedenti. La parte finale dell’itinera-rio è caratterizzata da un pendio di 40°, situato a quota3100 m, e orientato a NE. Due giorni prima si erano veri-ficate precipitazioni nevose per circa 20 cm, accompagnateda forti venti provenienti dal versante NO. Successivamente il tempo era tornato sereno, e la tempera-tura era bruscamente salita. La traccia in salita viene eseguita correttamente: fino allasella con gli sci, transitando per luoghi sicuri e lontani dalpendio aperto. Successivamente a piedi lungo la cresta. Ilcapogruppo si ferma in prossimità della sella per eseguireun test, e valutare la stabilità del pendio mentre i suoi com-pagni proseguono verso la cima. Egli non si esprime con chiarezza circa l’esito delle prove, eun componente del gruppo, decide comunque di scendereper il pendio, senza attendere che il capogita raggiunga lacima. Dopo aver eseguito due curve, alla terza si verifica ildistacco del lastrone che coinvolge anche un altro compa-gno che stava iniziando a sua volta la discesa. I travolti sono stati ritrovati in vita.

In questo caso sono stati commessi alcuni errori:• si è sottovalutato la forte azione del vento che haprodotto accumuli da vento anche con deboli preci-pitazioni nevose; • si è considerato poco il brusco aumento di tempe-ratura che ha diminuito le resistenze interne delmanto nevoso;• i test sono stati eseguiti in prossimità della cresta ein questa zona i risultati sono meno attendibili;• nel gruppo hanno prevalso in certa misura impru-denza e indisciplina. C12-56 Ripido e accumulo

C12-53 Cresta e accumulo -a

C12-54 Cresta e accumulo -b

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Esempio 3Il bollettino meteo-nivo di venerdì 3 aprile segnalava:“...per venerdì e sabato è previsto tempo perturbato connuvolosità e precipitazioni estese e persistenti accompagna-ti da forti venti meridionali; per domenica tempo instabilecon possibilità di residue precipitazioni. Il rialzo termico dei giorni precedenti ha ridotto le resi-stenze interne del manto nevoso e le previste precipitazionidetermineranno sopra i 1800 m di quota apporti anchecospicui di neve fresca non saldata alla coltre sottostante.Sopra tale quota il pericolo di valanghe è in aumento dagrado 3 a grado 4 in quanto i nuovi apporti di neve pro-durranno condizioni di instabilità generale con conseguen-te aumento del pericolo di distacchi naturali di valanghe dineve umida o bagnata”. Nella tarda mattinata di domenica una comitiva di 8 scialpinisti, nell’intento di compiere sul versante sud una clas-sica traversata del gruppo, compiva un errore di percorso esi portava nei pressi di una forcella a 2300 m circa checomunica col versante nord. Pur essendosi resi conto del-l’errore di rotta e dell’altezza della neve fresca superiore a30 cm, decidevano ugualmente di compiere la discesa sulversante opposto caratterizzato da pendenze di circa 45° erocce affioranti. Mentre il primo sciatore si fermava suldosso, il secondo determinava sul versante nord il distaccodi un lastrone con spessore di circa 50 cm. La massa nevo-sa trascinava lo sciatore per circa 600 metri lungo il sotto-stante canalone, senza tuttavia determinarne il seppelli-mento.Gli altri componenti del gruppo decidevano discendere nel canale per allertare il soccorso. Dopo circa un’ora giungevano sul posto i soccorritori chelocalizzavano prontamente il travolto ritrovandolo ancorain vita. L’uomo tuttavia decedeva poco dopo a causa delleferite riportate alla testa lungo il percorso.

In questo caso sono stati commessi numerosi eimportanti errori:• in quelle condizioni si doveva rinunciare alla gita,sia in fase di pianificazione (grado 4, forti venti), cheal momento della partenza (visibilità ridotta altezzacritica neve fresca);• con scarsa visibilità si è sbagliato strada e si e pre-ferito continuare ugualmente;• nonostante l’altezza critica e il tipo di neve si èvoluto scendere nel canale nord;• tutto il gruppo è sceso nel canale: potevano stac-carsi altre valanghe.

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

406

C12-57 Ripido e pericolo elevato -a

C12-58 Ripido e pericolo elevato -b

Esempi significativi didistacchi di valanga

Capitolo 12

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Sci alpinismo Condotta durante la gita sci alpinistica

Comportamento incaso di distacco

della valanga

407

Capitolo 12

COMPORTAMENTO IN CASO DIDISTACCO DELLA VALANGA

Nel momento in cui il pendio si rompe e i blocchi simettono in movimento, la caduta è molto probabile egli sci agganciati ai piedi attirano come un ancora ilcorpo verso il basso. Poiché la velocità dei lastroni, giànella fase di distacco, raggiunge i 50 km all’ora, la fugaverso valle, oltre a risultare inutile, sottrae attimi pre-ziosi all’effettuazione di altre operazioni più importan-ti. Si ha infatti una reale speranza di restare in superfi-cie, o di essere seppelliti a poca profondità, solamentese si abbandonano sci e bastoncini. La fuga può essermessa in atto, solo nel caso di valanghe a debole coe-sione, che si staccano al di sopra dello sciatore e cheancora non lo hanno coinvolto. I movimenti natatori,sovente consigliati, sono possibili solo in piccole cola-te di neve e non in mezzo a blocchi che pesano quin-tali. Inoltre questi movimenti impediscono alla perso-na, prima che questi venga travolta edimmobilizzata, di crearsi una cavità d’aria davanti alviso. Pertanto, nel caso di distacchi di valanghe alastroni, il comportamento da adottare è il seguente:1. abbandonare i bastoncini e sganciare gli sci; 2. piegare le braccia e le mani davanti al viso e mante-nerle in questa posizione con ogni forza, in modo dacreare una cavità d’aria necessaria alla sopravvivenza.

C12-59 Valanga e travolgi-mento

La fuga può esser messa inatto solo nel caso di valan-ghe a debole coesione, chesi staccano al di sopradello sciatore e che ancoranon lo hanno coinvolto.

Nel caso di valanghe alastroni, il comportamen-to da adottare è il seguen-te: abbandonare i baston-cini e sganciare gli sci; piegare braccia e manidavanti al viso in modo dacreare una cavità d’arianecessaria alla sopravvi-venza.

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METODO DI RIDUZIONE DEL RISCHIO VALANGHE:SCHEMA RIASSUNTIVO

Metodo di riduzionedel rischio di valanghe:schema riassuntivo

Condotta durante la gita sci alpinistica

Sci alpinismo

408

Capitolo 12

C12-60 Metodo di riduzionedel rischio

FASI METEO-NIVO TERRENO PARTECIPANTI

• Bollettino meteo

• Bollettino valanghe

• Informazioni di

esperti locali e persone

fidate

1- REGIONALE:

pianificazione della gita

a tavolino con studio di

alternative

• Descrizione itinerari/

guide

• Cartina topografica

1:25000

• Tracciato di rotta/

pendenze

• Individuazione zone

critiche

• Percorsi alternativi

• Partecipanti e

responsabile

• Esperienza

sci alpinistica

• Esperienza alpinistica

• Tenuta fisica

e psichica

• Scelta equipaggia-

mento personale e di

gruppo

• Meteo: situazione

attuale, visibilità-vento-

temperatura

• Neve: altezza critica

neve fresca, accumuli

da vento, segnali d’al-

larme

• Verifica del bollettino

• Test di stabilità(*)

2- LOCALE:

scelta complessiva del

percorso e comporta-

mento appropriato sul

terreno

• Esecuzione di una

traccia e di una micro-

traccia corrette: pendii

ripidi, vegetazione,

dossi, canali, pendii

aperti, vicinanza di cre-

ste, percorso sopra

oppure sotto un salto,

esposizione,...

• Partecipanti e respon-

sabile

• Controllo A.R.VA.

• Controllo equipaggia-

mento individuale e di

gruppo

• Formazione di piccoli

gruppi

• Distanze normali, di

alleggerimento, di sicu-

rezza

• Visibilità-vento-

temperatura

• Altezza critica di

neve fresca, coesione,

accumuli

• Valutazione della sta-

bilità del pendio con-

frontando le informa-

zioni in possesso con

le osservazioni del-

l’ambiente

3- SINGOLOPENDIO:

valutazioni sulla stabi-

lità del pendio e ado-

zione di comporta-

menti precauzionali

speciali

• Controllo

inclinazione >30°

• Ulteriori fattori di

rischio: vicinanza di

creste, esposizione sfa-

vorevole, zone ripide

sopra e sotto

• Possibilità

di aggiramenti e/o di

percorsi alternativi

• Valutazione capacità

tecniche in relazione al

percorso

• Comportamento

disciplinato

del gruppo e misure

precauzionali:

distanze, corridoio,

sciata in traccia,

attraversamenti, soste

(*) Considerare l’opportunità di eseguire dei test di stabilità (profilo stratigrafico e blocco di slittamento) il giorno prece-dente la gita, se già presenti in zona.

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capitolo 13

Autosoccorso in valanga

INDICE

Premessa

Fase organizzativa (fase 1)Nomina di un direttore della ricerca, stima dei superstiti, valutazione del luogo, assegnazione dei compiti

Fasi operative e strategie di ricercaRicerca vista-udito Ricerca specifica con A.R.VA. e individuazione aree primarieSondaggio nel caso di sepolti senza A.R.VA.Richiesta di soccorso organizzato, da attivare in base alla situazione del momento

Descrizione dettagliata di alcune operazioniIdentificazione aree primarie di ricercaIl sondaggio

• caratteristiche e uso della sonda• il sondaggio a maglia larga

Lo scavo nella nevePrimo soccorso al sepolto in valanga

Massimo
torna al sommario
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Premessa Autosoccorso in valanga

Sci alpinismo

410

PREMESSA

L’elevato rischio di morte è sicuramente l’aspetto più grave di un coinvolgimento invalanga. Statistiche condotte negli ultimi quindici anni indicano che circa il40% dei travolti va incontro ad un seppellimento completo, cioè si ritrova,all’arresto della valanga, con il viso sotto la neve, spesso nell’impossibilità direspirare.In questi casi il travolto ha circa una possibilità su due di morire nel giro di pochiminuti, e l’intervento di soccorso organizzato rischia di essere tardivo. Spesso solo chisi trova sul posto ha la facoltà di agire in modo efficace, a patto di disporre delle capa-cità e dell’esperienza necessarie.In sostanza, la ricerca osserva che 100 incidenti di valanga causano 60 vit-time; questo dato statistico esprime tutta la sua gravità quando viene com-parato con gli incidenti stradali, dove su 100 incidenti si verificano invece 3morti.Appare evidente quindi, come questo tipo di incidente sia estremamente pericoloso, ecome sia necessario rivolgere la nostra attenzione, anzitutto verso un comportamentogenerale che minimizzi la possibilità di rimanere coinvolti in tale evento. Tuttaviapur assumendo le massime precauzioni, qualche possibilità di essere travolti persiste enon può essere eliminata. Nel caso allora che l’evento si verifichi, la ricerca medicaindica che un’azione di soccorso particolarmente tempestiva, e ovviamente condottain maniera corretta, può ridurre di molto le probabilità di morte. L’analisi delle curve di sopravvivenza sinora formulate indica infatti che sol-tanto entro i primi 15 minuti dal seppellimento si hanno ancora elevate pro-babilità di recuperare vivo il travolto. Solo persone presenti all’evento (amicio terzi che siano), molto vicine al luogo dell’incidente e ovviamente non coin-volte, avranno dunque la possibilità di intervenire in un così breve lasso ditempo. Solo costoro possono attuare un “autosoccorso”. Intendendo con taletermine un complesso di procedure, immediatamente poste in atto dai superstiti, odanche da altre persone sopraggiunte, ma non organizzate allo scopo, e finalizzate allaricerca e disseppellimento dei travolti, disponendo delle sole usuali attrezzature pro-prie dello sci alpinista.È importante rimarcare, che al pari di quanto avviene nelle forme di soccorso “orga-nizzato”, anche in un autosoccorso non saranno determinanti solamente le procedu-re tecniche adottate, e la loro corretta esecuzione, bensì assolutamente cruciali e deci-sive per il successo, saranno pure le fasi iniziali di valutazione dello scenario edel problema (includendo le informazioni dirette degli osservatori), di organizza-zione degli operatori disponibili, e la loro capacità di lavorare in sinergia. Errori compiuti in tali fasi possono pregiudicare la riuscita delle operazioni, riflet-tendosi a cascata sulle decisioni operative successive e vanificando qualsiasi ottimaleconoscenza ed applicazione delle metodiche intraprese.Lo svolgimento di una procedura di autosoccorso passa obbligatoriamente attraverso

Capitolo 13

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Sci alpinismo Autosoccorso in valanga

Premessa

411

la gestione di tre specifiche aree, che sono quelle:- delle dinamiche psicologiche individuali e di gruppo;- della applicazione di un adeguato protocollo di intervento;- degli interventi medici;aree in successione l’una all’altra, in cui la corretta attuazione dell’una sarà possibi-le solo quando la precedente sia stata positivamente affrontata e conclusa.

Capitolo 13

C13-01 Incidente da valanga

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Fase organizzativa(fase 1)

Autosoccorso in valanga

Sci alpinismo

412

FASE ORGANIZZATIVA (FASE 1)

L’incidente valanghivo giunge il più delle volteimprovviso, inatteso, brusco come un’improvvisadeflagrazione: l’individuo - spesso sorpreso in benaltra condizione mentale che quella più adatta agestire la drammaticità del momento - è totalmentecoinvolto nella situazione di pericolo creatasi,“affondato” in essa, minacciato nell’incolumità dauna natura fattasi improvvisamente ostile. Bersagliodi elevatissimo stress visivo, emotivo, mentale(paura, confusione, istinto di fuga), il gruppo di scialpinisti - forse già eterogeneo di per sé - sarà com-pletamente minato nella propria organizzazione, neiruoli, nelle comunicazioni interne ed esterne, e logi-camente nella quantità di operatori poi disponibilied efficienti.Prima difesa da tutto questo deve essere innanzitut-to un atteggiamento mentale “prevenuto”, ossia laconsapevolezza in ciascuno di poter di colpo trovar-si “immersi” in tale negativa situazione psicologica:“saperlo prima” potrà forse essere di aiuto nel tenta-tivo di dominare impulsi ed emozioni. Essere quin-di preparati a vincere se stessi e gli istinti.In secondo luogo, si consideri che dopo l’incidentela primissima difficoltà sarà la riorganizzazione deisuperstiti, per trasformarli in soccorritori dei com-pagni travolti. La regola di fondo deve essere “se non dovrò io coor-dinare, saprò mettermi a disposizione”. Anche inquesto caso, il componente del gruppo deve esserepreventivamente consapevole della necessità di ren-dersi disponibile senza riserve; cioè accettare e svol-gere compiti, rispettare i ruoli assegnati, e relazio-nare in maniera rigida e pragmatica. Tale collettivoatteggiamento sarà finalizzato anche a facilitare l’i-dentificazione (ed i compiti) di un leader, che possaguidare le scelte e le operazioni; un responsabiledell’autosoccorso, anche automaticamente indivi-duato per particolari doti, al momento dell’inciden-te, di autocontrollo, razionalità, rapidità nelle deci-sioni, e che potrebbe anche non coincidere con lapersona ritenuta più esperta, o carismatica all’inizio

Capitolo 13

Dopo l’incidente la pri-missima difficoltà è lariorganizzazione deisuperstiti, per trasfor-marli in soccorritori deicompagni travolti. La regola di fondo deveessere “se non dovrò iocoordinare, saprò met-termi a disposizione”.

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Sci alpinismo Autosoccorso in valanga

Fase organizzativa(fase 1)

413

dell’escursione.Il suo compito sarà senz’altro favorito dall’adesionepiena, da parte dei soccorritori, alla rigida disciplinaimposta dalla sequenza:

ordine -> esecuzione -> rapporto

(ricevuto un incarico, lo eseguo, e riferisco imme-diatamente il risultato conseguito). Viceversa,discussioni, contestazioni, personalismi pretestuosi,provvedimenti arbitrari, confusione o mancatorispetto dei ruoli, comprometteranno gravementerapidità ed efficacia di esecuzione.Terzo aspetto determinante: il fattore “tempo”. Saràirrinunciabile operare con velocità e precisione, qua-lità spesso in antitesi. Sotto la pressione della gravetensione emotiva, e stressati dall’urgenza di interve-nire rapidamente, il processo mentale che porteràalle decisioni più opportune attraversa forzatamentediverse fasi: raccolta delle informazioni (anche visi-ve), analisi ed elaborazione delle stesse, assegnazionedi ruoli, scelta delle metodiche. Tutto ciò potrà essere facilitato dall’adozione di par-ticolari strategie: • pensare a poche cose;• fare solo le più necessarie;• essere essenziali nelle comunicazioni verbali, e rife-rire con calma;• ascoltare.

Tutti i superstiti abili psicologicamente e fisica-mente, dovranno operare nell’autosoccorso neiprimi 15-20 minuti, evitando di avere persone ino-perose e tempi morti; così come si eviterà lo sprecodi risorse in esecuzioni inutili o non contingenti. Sicercherà di conservare una mentalità positiva edottimistica, fattiva e tesa al successo dell’intervento.Sono da evitare atteggiamenti di sfiducia, o pessimi-stici commenti verbali, perché potrebbero essereeventualmente recepiti dal sepolto ed interpretaticome segnali di abbandono. Quanto sin qui illustra-to dovrà poi operativamente esprimersi attraversol’adozione e l’applicazione del protocollo di autosoc-

Capitolo 13

Sotto la pressione dellagrave tensione emotiva,il processo mentale cheporterà alle decisioni piùopportune attraversa for-zatamente diverse fasi:raccolta delle informa-zioni (anche visive), ana-lisi ed elaborazione dellestesse, assegnazione diruoli, scelta delle meto-diche.

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Fase organizzativa(fase 1)

Autosoccorso in valanga

Sci alpinismo

414

corso (figura C13-02), che individua un numerolimitato di procedure (4 fasi), distribuite secondo unrigoroso ordine cronologico e di importanza. Altreproblematiche pur sempre inerenti l’intervento disoccorso in valanga, non sono da ricondurre in que-sto protocollo: con esse infatti si superano forzosa-mente i tempi utili di intervento. La semplificazionee schematicità del protocollo, è finalizzata ad ottene-re una metodica, che possa essere ricordata anche incondizioni di elevato stress psicofisico.

Analizziamo in dettaglio le fasi del protocollo.

Nomina di un direttore della ricerca,stima dei superstiti, valutazione delluogo, assegnazione dei compitia. Individuazione di chi gestirà la ricerca.

In genere colui il quale, tra gli esperti, per diversimotivi rimasto meno scioccato dall’evento, si preoc-cupa di riunire i superstiti e ne giudica le condizio-ni. Raccoglie le idee e si attiva per stimolare l’iniziodelle ricerche. Così agendo, si è già naturalmenteimposto e involontariamente proposto al successivocompito di coordinamento. Così non fosse, occorreassegnare l’incarico sulla base delle capacità presun-te, ma specialmente della stabilità di nervi, dellalucidità di azione e della rapidità di decisione.b. Stima della sicurezza del luogo. Il responsabile si preoccupa di portare in un luogo ido-neo e sicuro i superstiti; esso costituirà anche depositoper zaini e materiali (per quanto possibile il più vicino

Capitolo 13

1. Fase organizzativa: nomina di un direttore della ricerca, valu-tazione del luogo, analisi generale e assegnazione dei compiti

2. Ricerca vista udito

3. Ricerca specifica con A.R.VA. Individuazione aree primarie.Sondaggio

4. Richiesta di soccorso organizzato

C13-02 Metodica di intervento

La semplificazione eschematicità del proto-collo, è finalizzata adottenere una metodica,che possa essere ricordataanche in condizioni dielevato stress psicofisico.

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Sci alpinismo Autosoccorso in valanga

Fase organizzativa(fase 1)

415

alla valanga al fine di evitare inutili spostamenti).Verifica il numero delle persone presenti e stimaquante persone sono rimaste sepolte o ferite.Raccoglie da eventuali testimoni dell’accaduto, (e inun gruppo ben condotto dovrebbero sempre esserci),tutte le informazioni utili per pianificare al megliol’intervento di autosoccorso. Informazioni importan-ti sono: come è stata provocata la valanga, quante per-sone sono state coinvolte, quali sono i punti di tra-volgimento e scomparsa del/i travolto/i, se la/e perso-na/e travolta/e ha/hanno in dotazione A.R.VA.È anche molto importante valutare l’attendibilità ela lucidità dei testimoni, qualora siano superstitisotto shock. Possibilmente annotare su carta le indi-cazioni ricevute. c. Ordine di spegnimento di tutti gli A.R.VA. Il coordinatore dà il comando di spegnere tutti gliapparecchi A.R.VA., e incarica una persona di veri-ficare l’effettivo spegnimento di tutti gli apparecchi. Nel frattempo si estraggono le pale e si montano lesonde. d. Gruppo per ricerca vista e uditoIl coordinatore sceglie qualcuno che si dovrà dedica-re alla ricerca vista e uditoe. Esperti per la ricerca con A.R.VA.Il coordinatore individua le persone più abili che sioccuperanno della ricerca con A.R.VA.f. Sondaggio per travolti senza A.R.VA.In caso di sepolti privi di A.R.VA. il coordinatoredeve individuare le zone primarie di ricerca median-te sondaggio e inviare un gruppo di persone dotatedi sonde e paleg. Il coordinatore incarica qualcuno di verificare ladisponibilità di un telefono cellulare e del suo fun-zionamento per chiamata al 118.

Capitolo 13

È molto importantevalutare l’attendibilità elucidità dei testimoni (es.superstiti sotto shock) epossibilmente annotaresu carta le indicazioniricevute.

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FASI OPERATIVE E STRATEGIE DIRICERCA

Ricerca vista-udito Il coordinatore dovrà:a. Formare il gruppo di ricerca, in base al numero deipresenti e alla dimensione della valanga. Si tenga pre-sente che immediatamente a seguire la ricerca vista eudito, deve essere organizzata quella con l’A.R.VA., e idue gruppi pertanto, subito definiti e distinti.b. Ordinare al gruppo vista udito di accenderel’A.R.VA. in ricezione (su valori di sensibilità medi, chenon consentano di captare un segnale proveniente daoltre 5 metri di distanza).c. Ordinare di dotarsi di pala e sonda.I componenti della ricerca dovranno entrare in valangadotati di sonda (precedentemente montata) e pala. Findal momento della preparazione della gita, si consigliadi attrezzare la pala con un cordino che possa fungere datracolla; consentirà di mantenere le mani libere per ese-guire altre operazioni. In base al tipo di valanga è moltoimportante decidere se muoversi con o senza sci. La pre-senza di blocchi di neve ostacola notevolmente il movi-mento con gli sci, viceversa la neve soffice allunga itempi di spostamento senza l’uso dei medesimi. d. Inviare i ricercatori sulla valanga, essi devonoesplorare con gli occhi le zone della valanga nella spe-ranza di cogliere segni che mostrino la presenza o il pas-saggio del travolto (es. il ritrovamento di oggetti perso-nali). La ricerca vista e udito deve essere eseguita su tuttala superficie della valanga, condotta in silenzio, per poterudire eventuali anche se improbabili lamenti, e perascoltare i suggerimenti del responsabile. Il ritrovamen-to di oggetti va subito comunicato al coordinatore.L’oggetto ritrovato deve essere segnalato e posto in evi-denza sulla superficie della neve, senza rimuoverlo dalluogo del ritrovamento. Intorno all’oggetto ritrovato ilricercatore esegue un rapido sondaggio, in modo daverificare la presenza o meno del corpo del travolto. Nelcaso di ricezione del segnale A.R.VA. il ricercatore deveavvertire immediatamente il coordinatore dell’autosoc-corso, il quale in base alla dimensione della valanga, al

Fasi operative e strategie di ricerca

Autosoccorso in valanga

Sci alpinismo

416

Capitolo 13

La ricerca vista e uditodev’essere eseguita sututta la superficie dellavalanga, condotta insilenzio, per poter udireeventuali anche seimprobabili lamenti, eper ascoltare i suggeri-menti del responsabile. Ilritrovamento di oggettiva subito comunicato alcoordinatore.

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Sci alpinismo Autosoccorso in valanga

Fasi operative e strategie di ricerca

417

numero di soccorritori disponibili potrà: - far proseguire la ricerca del travolto al ricercatore vistaudito (ricerca finale con A.R.VA.);- incaricare il ricercatore più vicino di intervenire per laricerca finale con A.R.VA., in modo da far proseguiresul resto della valanga la ricerca vista e udito.

Ricerca specifica con A.R.VA. e individua-zione aree primarieAppena avviati i ricercatori vista udito, il coordinatoreattiva in contemporanea la ricerca A.R.VA. Individuate le persone da adibire a questa ricerca, ilcoordinatore:a. Ordina l’accensione dell’A.R.VA. al massimo dellaricezione e avvia la ricerca secondo le note modalità (vedicapitolo: A.R.VA., apparecchi e tecniche di ricerca).b. Si mantiene in costante comunicazione con iricercatori. La prima ricezione del segnale A.R.VA.deve essere comunicata al coordinatore. Nella fase fina-le della ricerca si ribadisce l’importanza dell’uso dellasonda per una rapida e precisa individuazione del sepol-to. È necessario, dopo aver stabilito il contatto con ilcorpo del sepolto, non rimuovere la sonda, ma infor-mare il coordinatore e iniziare lo scavo (vedi paragrafo apag. 20). c. “Legge” la valanga e individua le aree primarie peril sondaggio (vedi paragrafo a pag. 14).

Sondaggio nel caso di sepolti senzaA.R.VA.La ricerca dovrà essere eseguita nell’area ritenuta prio-ritaria fra quelle precedentemente individuate.L’essenzialità e la rapidità della esecuzione permettonodi ottenere risultati positivi. Le disposizioni del coordi-natore in questa fase devono essere: a) Nomina di un responsabile del sondaggio e delrelativo gruppo. Il responsabile dovrà coordinare tutte leoperazioni di sondaggio nel luogo indicato dal coordi-natore.b) Utilizzo del metodo a maglia larga, in quanto rite-nuto più efficace in funzione del tempo disponibile perl’autosoccorso (vedi paragrafo a pag. 18).

Capitolo 13

Nella fase finale dellaricerca si ribadisce l’im-portanza dell’uso dellasonda per una rapida eprecisa individuazionedel sepolto. È necessario,dopo aver stabilito ilcontatto con il corpo delsepolto, non rimuoverela sonda, ma informare ilcoordinatore e iniziare loscavo.

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Fasi operative e strategie di ricerca

Autosoccorso in valanga

Sci alpinismo

418

Richiesta di soccorso organizzato, da atti-vare in base alla situazione del momentoUna domanda che spesso si pone al coordinatore nellagestione dell’autosoccorso, è quando attivare l’interven-to del soccorso organizzato.In proposito analizziamo la seguente sequenza: 1 EVENTO VALANGHIVO2 ARRESTO VALANGA3 ESAME SITUAZIONE4 INIZIO AUTOSOCCORSO5 MESSA IN SICUREZZA6 RITROVAMENTO7 SCAVO 8 RIANIMAZIONE9 TRASPORTO A VALLE

A che punto della sequenza inseriamo la voce attivazio-ne del Soccorso Organizzato? Immediatamente subito dopo aver concluso la faseorganizzativa della manovra di autosoccorso, qualo-ra si disponga di telefono portatile o radio ricetra-smittente (RT).Le realtà del Soccorso Alpino diffuse sul territorio,attualmente sono in grado di garantire prestazioni,sotto il profilo dei tempi di intervento e della qualitàdell’intervento stesso, tramite l’elisoccorso, inimmagi-nabili sino a pochi anni fa. I tempi di intervento dalmomento della chiamata dipendono da:• Distanza e dislivello tra base elisoccorso e valanga• Situazione meteorologica• Conoscenza del territorio• Validità e completezza informazioni• Individuazione del sito valanghivo• Eventuale assistenza a terraCon la chiamata al soccorso alpino (Tel. 118 perl’Italia), grazie all’uso dell’elicottero, arriveranno inzona valanga una unità cinofila, un medico rianimato-re, un tecnico di soccorso alpino. Nell’arco di pochiminuti avremo così la possibilità di poter contare sul-l’aiuto di una équipe di specialisti del soccorso in valan-ga. Non sempre però è possibile l’utilizzo della telefoniacellulare (ovvero radio RT). Con questo presupposto,almeno due persone dovranno avviarsi alla volta del più

Capitolo 13

C13-03 Intervento elicottero

Le realtà del SoccorsoAlpino diffuse sul terri-torio sono in grado digarantire prestazioni, intempi di intervento e inqualità dell’interventostesso, tramite elisoccor-so, inimmaginabili sino apochi anni fa.

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Sci alpinismo Autosoccorso in valanga

Fasi operative e strategie di ricerca

419

vicino posto di chiamata, col compito di allertare il soc-corso organizzato. Ciò avverrà valutando i rischi ai qualicostoro si esporranno (tempo necessario per raggiunge-re il fondovalle, ore di luce a disposizione, attraversa-mento di pendii pericolosi, loro condizioni psico-fisi-che), e non prima di aver partecipato comunque aiprimi 15-20 minuti di azione intensiva del gruppo. Nel caso in cui le condizioni meteo non permettesserol’impiego del mezzo aereo, il raggiungimento della zona,a carico della colonna di soccorso, dovrà avvenire viaterra, implicando la relativa dilatazione dei tempi diintervento.L’intervento del Soccorso Alpino non si sostituisce allamanovra di autosoccorso, ma diventa un necessariocomplemento, in quanto sicuramente il travolto neces-siterà di assistenza medica, e dovrà essere ospedalizzato.Qualora la manovra di autosoccorso risultasse con esitonegativo, l’unità cinofila provvederà, con tempi mag-giori, a localizzare il sepolto. Molti elicotteri da soccorso sono inoltre dotati di appa-recchiatura speciali (antenne direzionali), e quindi, spe-cialmente nel caso di valanghe di notevoli dimensioni odifficilmente percorribili, la ricerca A.R.VA. potrà esse-re condotta velocemente con l’ausilio del mezzo aereo.È pertanto necessario, durante le manovre di autosoc-corso, non inquinare la valanga, in modo da non osta-colare l’eventuale ricerca del sepolto da parte dell’unitàcinofila. La principale fonte di inquinamento del sito, èda attribuire alle persone che effettuando la manovra diautosoccorso sprofondano sino all’inguine nella neve. Sela neve è inconsistente dovremo obbligatoriamenteusare gli sci per effettuare le nostre ricerche. Questa èuna scelta finalizzata a non rallentare eccessivamente laprogressione in valanga, ed evitare quello strofinamentonella coltre nevosa con conseguente inquinamento diodori che potrebbero ostacolare il delicato olfatto delcane da ricerca.Ricordiamo ancora che il Soccorso Alpino, in casodi travolgimento valanghivo deve essere attivatoperché:• il travolto dovrà quasi sicuramente essere ospedaliz-zato;• i superstiti potrebbero non essere in grado di organiz-

Capitolo 13

C13-04 Unità cinofila

La principale fonte diinquinamento della col-tre nevosa, è da attribuirealle persone che, effet-tuando la manovra diautosoccorso, sprofonda-no sino all’inguine nellaneve.

La richiesta di soccorsoorganizzato va effettuatasubito dopo aver conclu-so la fase organizzativadella manovra di auto-soccorso.

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Fasi operative e strategie di ricerca

Autosoccorso in valanga

Sci alpinismo

420

zare e di condurre positivamente la manovra di auto-soccorso;• le dimensioni della valanga potrebbero essere mag-giori della media;• potrebbero sussistere gravi difficoltà di movimentosulla valanga;• i presenti sono in stato di confusione mentale;• vi sono molti travolti e pochi superstiti;• alcuni A.R.VA. si rivelano difettosi nel funziona-mento;• si verifica il seppellimento di persone non dotate diA.R.VA.

In che modo si attiva il soccorso esterno?• con telefonino chiamando il 118;• con radio RT contattando eventuali radioamatori;• con invio di due persone al più vicino posto dichiamata.Durante la salita sarebbe opportuno controllare ememorizzare quali sono i punti dell’itinerario conbuona ricezione di segnale.

Capitolo 13

AUTOSOCCORSO IN VALANGA (prospetto ad uso del coordinatore)

NOMINA DEL COORDINATORE, STIMA DEI SUPERSTITI, ASSEGNAZIONE COMPITI• Il luogo è sicuro? Ci si raccoglie in un punto solo = deposito zaini e materiali• Raccogliere e valutare le informazioni: testimoni attendibili?• Spegnere A.R.VA., preparare pale e sonde• Verificare il funzionamento del telefono cellulare• Dare indicazioni chiare • Assegnare ogni compito ad una specifica persona (ricerca vista e udito, ricerca A.R.VA., sondaggio,

funzionamento cellulare)RICERCA VISTA ED UDITO • A.R.VA. in media ricezione• Come si muoveranno in valanga? Con che cosa?• Segnalare e marcare i reperti RICERCA A.R.VA.• Attivare ricerca A.R.VA.• Se possibile, lettura della valanga: punti travolgimento, scomparsa? • Linea di flusso? Aree primarie?• Servono linee di sondaggio?RICHIESTA DI SOCCORSO ORGANIZZATO• Farla subito?• Quanti mandare?• C’è pericolo?• Annotare i nomi dei presenti e dei travolti, i tempi operativi (ora dell’evento, di inizio

dell’autosoccorso, i tempi di ritrovamento, di durata del seppellimento)• Annotare i reperti• Cavità aerea presente? • Appena conviene, disporre A.R.VA. dei soccorritori in trasmissione

C13-05 Prospetto per coordinatore

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Descrizione dettagliata di alcune

operazioni

421

Capitolo 13

DESCRIZIONE DETTAGLIATA DIALCUNE OPERAZIONI

Identificazione aree primarie di ricercaIn questa fase dell’ autosoccorso il responsabile ha giàassegnato i vari compiti e ha attivato le ricerche vistaed udito e ricerca con A.R.VA.: ora può “studiare” conpiù calma il percorso della valanga (linea di flusso) eassumere le decisioni più opportune in base ai risulta-ti che arrivano di volta in volta dalle ricerche e dallavisione d’insieme.

C13-06 Aree di ricerca

T

S Settore 1

Linea di ingresso

Linea di distacco

Settore 2Settore 2

Linea di scorrimento

Punto di scomparsa

Zona di più probabileritrovamento

Punto di travolgimento

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Descrizione dettagliata di alcuneoperazioni

Autosoccorso in valanga

Sci alpinismo

422

Capitolo 13

Per i compagni superstiti, che forzatamente soste-ranno nei pressi della valanga, la lettura del terrenovalanghivo può comportare alcune difficoltà (es.limitato angolo di visuale), e si dovrà considerareeventualmente la necessità di portarsi in un puntopiù favorevole di osservazione dello scenario, condispendio tuttavia di tempo ed energie. Proceduraindispensabile in alcuni casi per identificare le zonedove avviare con priorità una specifica metodica diricerca (ad esempio il sondaggio).Bisogna fare un’analisi dell’ambiente in cui si è verifi-cato l’evento per determinare quale bacino abbia ali-mentato la valanga, la sua grandezza, se si è scaricatocompletamente o meno, se altri bacini instabiliincombono sul percorso o sulla zona di accumulo; alfine di stabilire, compatibilmente con il numero disuperstiti, se sia il caso di prevedere una sentinella oeventuali vie di fuga per i ricercatori. L’osservazionedel piano di scorrimento, e delle zone di accumulo,terrà in particolare considerazione quelle caratteristi-che proprie del moto valanghivo e riferibili sia a valan-ghe di pendio, sia incanalate.

C13-07 Probabile seppelli-mento

P1 Ostacolo

P2 Curva

P3 Cambio di pendenza

P4 Accumulo finale

P5 Neve intatta ai bordi

O Osservatori

E Traccia di entrata

T Punto di travolgimento

S Punto di scomparsa

L Linea di flusso

P Aree primarie di ricerca

OE

T

S

P1

P3

L

P4

P2

P5

P2

La lettura del terrenovalanghivo può compor-tare alcune difficoltà se sidispone, ad esempio, diun limitato angolo divisuale. Ecco la necessitàdi portarsi in un puntopiù favorevole di osserva-zione dello scenario, condispendio tuttavia ditempo ed energie.

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Descrizione dettagliata di alcune

operazioni

Capitolo 13

C13-08 Accumulo finale

Travolgimento

NONO

60°

Scomparsa

Nel caso di valanghe di pendio, su terreno aperto eprivo di particolari ostacoli (figura C13-07), èimportante, quando possibile, acquisire informazio-ni sui presunti punti di ingresso, di travolgimento, edi scomparsa: questi punti dovrebbero essere al piùpresto marcati, in maniera da restare ben identifica-bili per tutto il successivo prosieguo del soccorso. La presenza di ostacoli naturali, curve, o cambi dipendenza lungo il piano di scorrimento, rallentandoil flusso, e favoriscono piccoli accumuli locali chepossono divenire punti di probabile arresto delcorpo trascinato (figura C13-07, P1-P2-P3).Allineando il punto di travolgimento e quello di scom-parsa (se noti con certezza), si può identificare un areaa valle del secondo, con ampiezza di circa 60°, e sim-metrica alla traiettoria stimata, che costituisce zona pre-ferenziale di ricerca lungo l’accumulo (figura C13-08).La zona di ricerca può essere ridotta anche in base adaltri elementi:• la direzione (e velocità) in cui si muoveva l’infortu-nato prima di essere travolto, se scendeva il pendio congli sci (stima della somma vettoriale fra forza d’inerziadello sciatore e forza di trascinamento della valanga);• la posizione relativa che i travolti (se in quantitàmaggiore ad uno), avevano al momento dell’inci-dente (in assenza di disomogeneità del terreno, ledistanze fra di essi si mantengono inalterate anchenella zona di arresto);• gli indizi ricavati dagli oggetti trovati in superficie(reperti); anche se spesso gli sci o i materiali leggerisi trovano in punti diversi da quello di seppellimen-to del travolto. In ogni caso, soprattutto quando ilpunto di scomparsa è molto più a monte della zonadi accumulo oppure non è ben individuato, è beneesplorare come zona primaria la parte centrale dellazona di arresto (accumulo finale). In particolare ilpiede della zona di accumulo. Anche le zone di nevefresca contigue ai bordi, devono essere valutate, per-ché il sepolto può essere stato sospinto all’esterno deibordi (figura C13-07, P5).Per quanto concerne i meccanismi di deposito delcorpo del travolto, si consideri inoltre quanto di segui-to descritto. Il moto di una massa nevosa in movi-

C13-09 Zone laterali

C13-10 Zone più lente

Travolgimento

Direzione del flusso

Più lento,arrestodel moto

Più veloce,ma meno cheal centro

Massimavelocità

Travolgimento

Direzione del flusso più veloce

T2T1

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mento soggiace ai principi che governano la dinamicadei fluidi, e sul terreno ciò comporterà che al centrodel flusso la velocità di scorrimento sarà maggiorerispetto ai bordi della massa (figura C13- 09).Superando una curvatura, la velocità del flusso saràmaggiore al bordo esterno rispetto al lato internodella curva.Il corpo umano presenta densità maggiore dellaneve, per cui durante il travolgimento, ed in assenzadi un tentativo di galleggiamento (movimenti nata-tori), questo verrà gradualmente sospinto in profon-dità. La componente di spinta al seppellimento, èmassima nelle zone suscettibili ad una diminuzionedella velocità di flusso, ed il corpo del travolto ten-derà appunto ad essere depositato in dette zone(figura C13-10). Questi concetti andranno particolarmente tenutipresenti nell’esaminare situazioni di valanghe inca-nalate.Riassumendo ora quanto sin qui descritto sull’argo-mento, possiamo in genere ritenere aree di ricercaprimaria:• la zona di accumulo finale;• le zone di accumulo laterali, là dove la valangacompie delle curve;• gli avvallamenti;• le zone dove la valanga perde velocità e dove ilpendio diventa meno ripido;• le zone poste a monte e a valle di ostacoli natu-rali (alberi, rocce, ecc.).

Descrizione dettagliata di alcuneoperazioni

Autosoccorso in valanga

Sci alpinismo

424

Capitolo 13

Il moto di una massanevosa in movimentosoggiace ai principi chegovernano la dinamicadei fluidi, e sul terrenociò comporterà che alcentro del flusso la velo-cità di scorrimento saràmaggiore rispetto aibordi della massa.

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Descrizione dettagliata di alcune

operazioni

425

Capitolo 13

Il sondaggio

Caratteristiche e uso della sonda La sonda è un’asta tubolare (acciaio, lega di alluminio,fibra di carbonio), mediamente lunga 3 metri e condiametro di circa 10-12 mm, realizzata in più pezzi chesi uniscono fra loro. Tale unione è ottenuta tramiteavvitamento dei vari pezzi; oppure col sistema “a fru-sta”, cioè per mezzo di un elastico che passa all’internodelle sezioni tubolari della sonda e viene bloccato tesoalla sommità della medesima. L’uso del tipo di sonda afrusta riduce i tempi di montaggio della stessa.La sonda va introdotta verticalmente in modo da:• evitare di curvare l’asta metallica con possibilità diromperla;• evitare che durante l’uso le sonde si allarghino inprofondità, non mantenendo così le distanze inizialicol rischio di non individuare il corpo del travolto.La sonda deve essere introdotta a piccoli colpi, per lalunghezza stabilita dal capo squadra. La sonda deveessere estratta solo dopo aver stabilito che non abbiaurtato contro ostacoli ritenuti dubbi. Il sondatoredovrà indossare i guanti, per evitare di produrre, colcalore delle mani, croste di ghiaccio sulla superficieesterna che ridurrebbero la penetrabilità e la sensibilitàdella sonda stessa. Colpendo un corpo umano con lasonda, si avverte un piccolo contraccolpo, come se siurtasse un oggetto in materiale gommoso. È difficilecomprendere la differenza tra il corpo umano e il ter-reno gelato, o lo zaino; tra uno scarpone e uno sci o unsasso; anche degli arbusti possono dare risposte chefacilmente inducono in errore. Per affinare la sensibi-lità dei sondatori, si effettuano esercitazioni, simulan-do nel modo più reale possibile la situazione di sep-pellimento. Esistono diversi metodi di sondaggioadottati dal soccorso organizzato (nel cui merito nonentriamo data la specificità); nel caso di autosoccorso,si adotta il sistema a maglia larga, ritenuto il più effi-cace in funzione del tempo e delle persone a disposi-zione. È evidente l’importanza di individuare l’areaprimaria dove eseguire il sondaggio, in quanto è lì chesi giocano le possibilità di successo dell’intervento.

La sonda deve essereintrodotta a piccoli colpi,per la lunghezza stabilitadal capo squadra.La sonda deve essereestratta solo dopo averstabilito che non abbiaurtato contro ostacoliritenuti dubbi.

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Il sondaggio a maglia largaPer organizzare il sondaggio, chi lo gestisce dovrà:a) allineare i sondatori con le spalle a stretto contat-to su una linea; b) posizionare due segnali laterali (bastoncini ecc.) aidue estremi della fila, per delimitare l’inizio dell’areasondatac) fare appoggiare la sonda, tenuta verticale, al cen-tro dei piedi leggermente divaricatid) al comando (GIÙ!), fare eseguire il sondaggioindicandone la profonditàe) ritirata la sonda, questa sarà posizionata con lapunta appoggiata sulla neve, 60 cm davanti a sé, edinclinata in appoggio sulla spalla destra;f ) controllare che le sonde di tutti i ricercatori sianoinclinate e allineate;g) dare il comando di avanzare con i piedi sullanuova linea di sondaggio (AVANTI!); la sonda ritor-na verticale come al punto c.La sequenza, dal punto d al punto g, dovrà essereripetuta fino al successo della ricerca secondo icomandi del capo sondaggio. Gli estremi dell’ultima linea di sondaggio vannomarcati, e con i due segnali iniziali, permetterannola delimitazione dell’area sondata “spalla a spalla”.Nel caso in cui i ricercatori siano pochi, può parte-cipare al sondaggio, ad un estremo della fila, anchechi lo coordina.Nel caso in cui, il numero dei ricercatori non sia suf-ficiente a coprire tutto il fronte dell’area di ricercaprimaria, il gruppo inizierà eseguendo l’esplorazionesu una fascia ridotta. Si procede sulla fascia fino allimite opposto dell’area di ricerca primaria. Quindi ci si sposta su una fascia parallela ai segnaliposti all’inizio, e si ricomincia il sondaggio. Qualoratutta l’area sia stata esplorata senza aver rinvenuto isepolti, si trasferisce il sondaggio alla successiva zonadi ricerca primaria.Per ottimizzare il metodo, in regime di soccorso orga-nizzato, può essere utilizzata una funicella graduata,per controllare le distanze e l’allineamento, mentre ladelimitazione delle zone sondate è effettuata median-te appositi nastri colorati.

Descrizione dettagliata di alcuneoperazioni

Autosoccorso in valanga

Sci alpinismo

Capitolo 13

C13-12 Reticolo di sondaggioLe dimensioni del reticolo di ricerca,

costituito dai fori delle sonde,si aggira sui 60x60 cm, come si può

evincere dallo schema.

60 cm

60 c

m

C13-11 Sondaggio e allineamentoÈ importante cercare di mantenere

il più possibile l’allineamento.

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Descrizione dettagliata di alcune

operazioni

427

Capitolo 13

C13-15 Sondaggio su pendio

NO

MaxsegnaleA.R.VA.

Sarebbe anche utile la delimitazione della valanga,precauzione fondamentale in caso di nevicate che pos-sano mimetizzare le zone di ricerca.

Qualora un sondatore sia insospettito da un toccoparticolare, lascerà la sonda infissa in quel punto,e avviserà il responsabile del sondaggio, il qualeprovvede ad inviare, se disponibile, uno spalatore(dotato di sonda di riserva), per procedere allo scavo.In questo modo i sondatori continuano il loro lavo-ro senza interruzioni, lasciando ad altri il compitodello scavo, evitando perdite di tempo.

Nel caso non sia disponibile uno spalatore dedicato,si utilizza per questa funzione, il sondatore più ester-no alla riga (ricordarsi pala a tracolla).Su pendio ripido, il sondaggio finale della zona loca-lizzata con segnale A.R.VA. massimo, deve essereeffettuato perpendicolarmente al terreno.

C13-14 Sonda e scavoSondaggio e punto probabile.Se durante il sondaggio si sentequalcosa, si lascia la sonda, sichiama lo spalatore il quale ciconsegna una sonda e prose-guiamo con il sondaggio.

C13-13 Sondaggio con funicella

Qualora un sondatore siainsospettito da un toccoparticolare, lascerà lasonda infissa in quelpunto, e avviserà ilresponsabile del sondag-gio, il quale provvede adinviare, se disponibile,uno spalatore.

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Descrizione dettagliata di alcuneoperazioni

Autosoccorso in valanga

Sci alpinismo

428

Capitolo 13

Lo scavo nella nevePrima di procedere allo scavo, ricordiamo che dopoaver individuato il corpo del sepolto tramite la sonda,la stessa sonda non deve essere rimossa, in quantorappresenta il primo contatto diretto col sepolto, ed èun riferimento importante per uno scavo corretto edefficacie. Per eseguire uno scavo in maniera veloce edadeguato, occorre avere con sé una pala, strumento chedeve fare parte dell’attrezzatura di ogni sci alpinista. Incommercio esistono diversi tipi di pala, dalle ultraleg-gere in carbonio alle tradizionali in alluminio.Ricordiamo che deve essere un attrezzo pratico e robu-sto, ed inoltre è raccomandabile, inserire un cordinosul manico della pala affinché si possa trasportare a tra-colla, lasciando le mani libere per eseguire altre opera-zioni.Nel caso di incidente in cui siano coinvolte personeimpreparate, o senza attrezzatura adatta, in mancanzadi pale, si usa qualunque oggetto a disposizione, adesempio le code degli sci oppure le mani.

10'

90'

40'- 50'

È IMPORTANTE AVERE CON SÈ SEMPRE A.R.VA., PALE E SONDA

PALA

PU

NTA

S

CI

MA

NI

GU

AN

TATE

MA

NI

NU

DE

30 min. 60 min. 120 min. 180 min. 240 min.

TEMPI DI DISSEPPELLIMENTO \CON DIVERSE ATTREZZATURE DI SCAVO (spostamento di 1 metro cubo di neve)

230'

C13-16 Tempi diseppellimento

Nel caso di incidente incui siano coinvolte perso-ne impreparate, o senzaattrezzatura adatta, inmancanza di pale, si usaqualunque oggetto adisposizione, ad esempiole code degli sci oppure lemani.

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Lo scavo nella neve non è la banalità che potrebbeapparire a prima vista: pur finalizzato all’esposizione edal recupero del travolto, esso può condurre ad una seriedi errori che ritarderanno l’inizio degli interventi sani-tari, o che addirittura potrebbero arrecare ulterioritraumi al ferito. È bene quindi sottolineare, come talescavo vada intrapreso, innanzitutto con il primo obiet-tivo di raggiungere ed ossigenare l’infortunato, perpoterlo poi valutare e medicalizzare già all’interno dellabuca. Solo alla fine di questi interventi sarà possibilel’estrazione e l’evacuazione del travolto.Particolari accorgimenti dovranno consentire perciò,durante le procedure di scavo, l’arrivo prima possibiledi aria al ferito, la protezione delle sue vie aeree (arischio di ulteriore soffocamento per la movimentazio-ne della neve), ed un suo cauto rivolgimento qualoranecessario. Dopo avere localizzato il punto di probabi-le seppellimento, sarebbe istintivo scavare in modo fre-netico lungo la sonda stessa: questo modo di procede-re non è corretto, in quanto lo scavo così realizzatorisulta una buca verticale. Per continuare lo scavo più

Sci alpinismo Autosoccorso in valanga

Descrizione dettagliata di alcune

operazioni

429

Le tabelle che seguono indicano i tempi di scavo inminuti necessari per spostare neve di media densità, infunzione degli attrezzi disponibili; ci si rende contoche la mancanza di una pala invalida tutte le fatichetese a contenere i tempi dell’autosoccorso.

Capitolo 13

10/15 15/20 35/45

15/20 25/35 60/90

25/35 45/60 100/130

VOLUME TEMPO DI SCAVO [minuti]

PALA GRANDE[m3] PALA PICCOLA SCI

1

2

3

LOCALIZZANDO

Torace

Polso

Scarpone

TEMPO NECESSARIO PER LIBERARE LE VIE AEREE [minuti]

VOLUME [m3] PALA MEZZI DI FORTUNA: mani/sci

1,75 14 70

2,42 19 96

2,56 20 102

C13-17 Tempo di scavo

Dopo avere localizzato ilpunto di probabile sep-pellimento, sarebbe istin-tivo scavare in modo fre-netico lungo la sonda stes-sa: questo modo di proce-dere non è corretto, inquanto lo scavo così rea-lizzato risulta una bucaverticale.

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in profondità o per cercare di liberare le vie respirato-rie del travolto, bisognerebbe entrare nella buca colrischio di calpestarne il corpo, arrecandogli ulterioridanni; diversamente sarebbe necessario provvedere adallargare la cavità allontanandosi dalla traiettoria chepiù velocemente ci condurrebbe al ferito. Così proce-dendo lo scavo risulta difficoltoso e lungo, soprattuttoquanto più sia profondo il seppellimento. La soluzio-ne più adeguata, consiste invece nello scavare lontanodalla sonda ma dirigendosi verso l’estremità infissa, edallargare poi successivamente lo scavo man mano chesi espongono le parti corporee. Verrà così a crearsi unapiù vasta area, all’interno del manto nevoso, che fun-gerà da nicchia per la medicalizzazione, ed altresì dacorridoio per evacuare il ferito.Le figure C12-18 e C13-19, indicano le modalità direalizzazione dello scavo.

La figura C13-20 illustra come, dopo aver individua-to il sepolto con la sonda e iniziato lo scavo, la possi-bilità di usare una seconda sonda faciliti l’individua-zione della giacitura del sepolto.

Descrizione dettagliata di alcuneoperazioni

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430

Capitolo 13

NO

C13-19 Modalità di scavo -b

C13-20 Due sonde

La soluzione di scavo piùadeguata consiste nell’ini-ziare lontano dalla sondama dirigendosi verso l’e-stremità infissa, ed allar-gare poi successivamentelo scavo man mano che siespongono le parti corpo-ree.

C13-18 Modalità di scavo -a

NO

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Questa opportunità, valutata di volta in volta, puòportare anche alla necessità di effettuare un secondoscavo, che già possa estendere quella che sarà l’area dimedicalizzazione. La figura C13-21 illustra la cosiddetta “Tecnica deltunnel”. Se la densità della neve lo consente, realizzatoun primo accesso ad una parte corporea, con la manoguantata si risale lungo la parte scavando con il palmo,cosi da creare velocemente una canalizzazione d’aria.Appena possibile si orienterà questo tunnel verso latesta del sepolto, per il quale, l’arrivo di ossigeno èun’impellente necessità.

La figure C13-22 e C13-23 illustrano il sistema discavo finalizzato a creare un’area più ampia dovemovimentare e medicalizzare l’infortunato in manie-ra atraumatica.

Sci alpinismo Autosoccorso in valanga

Descrizione dettagliata di alcune

operazioni

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Capitolo 13

C13-23 Modalità di scavo -dC13-22 Modalità di scavo -c

Area di movimentazionee medicalizzazione

C13-21 Tecnica del tunnel:realizzare un canale d’aria verso ilviso, usando la mano, più veloce, piùsicuro.

Cavità aerea

Se la densità della neve loconsente, realizzato unprimo accesso ad unaparte corporea, con lamano guantata si risalelungo la parte, scavandocon il palmo, cosi da crea-re velocemente una cana-lizzazione d’aria.

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Capitolo 13

Primo soccorso al sepolto in valangaLe tecniche di scavo in precedenza descritte, permet-teranno ai soccorritori di raggiungere ed estrarrel’infortunato, avviando così la fase della sua “medica-lizzazione”, che dovrà ottemperare alle norme descrit-te nel capitolo pronto soccorso.Prima dell’applicazione diretta di queste tecniche, inquesto particolare incidente, due parametri fonda-mentali dovrebbero essere rilevati dai soccorritori:1) il tempo ipotetico di seppellimento del travolto;2) l’esistenza o meno di una cavità aerea intorno alcapo, in particolare davanti a bocca e naso (l’assenzadi cavità area si avrà in caso di narici e bocca ostrui-te dalla neve).

Questi due parametri dovrebbero essere indagati conil massimo scrupolo, ed essere poi riferiti alle squadredi soccorso organizzato che successivamente interve-nissero: la loro corretta interpretazione ha infatti note-vole valore di diagnosi (delle condizioni del travolto)e di prognosi (delle sue possibilità di sopravvivenza).Focalizzata dunque l’attenzione sulla necessità diconoscere questi due cruciali dati, avvicinandosi altravolto (cui la tecnica del tunnel dovrebbe già garan-tire l’arrivo di una pur minima quantità d’aria) lamedicalizzazione inizierà con la valutazione delle suecondizioni: se la constatazione di cavità aerea puòessere a volte già intrapresa prima del completamentodello scavo, un più completo esame del travolto saràpossibile in genere solo disponendo di uno spazioadeguato; per di più potrà essere necessaria la sua

C13-24 Medicalizzazione

Le tecniche di scavo per-metteranno ai soccorri-tori di raggiungere edestrarre l’infortunato,avviando così la fasedella sua “medicalizza-zione”, che dovrà ottem-perare alle normedescritte nel capitolopronto soccorso.

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Sci alpinismo Autosoccorso in valanga

Descrizione dettagliata di alcune

operazioni

433

Capitolo 13

supinazione, da intraprendersi secondo precisi cri-teri di protezione della colonna vertebrale (vedi capi-tolo pronto soccorso), poiché senz’altro tali infortu-nati vanno considerati potenziali traumatizzati. Accomodato il ferito in una postura che faciliti il suoesame, questo verrà ovviamente condotto (in caso diincoscienza) secondo le fasi ABC; sarà opportunoproteggerlo da un ulteriore raffreddamento, conside-rando che, in assenza di idonei vicini ricoveri o ditecniche di trasporto non traumatiche, proprio labuca di scavo ricavata nella valanga può costituire illuogo “meno freddo” in cui mantenere la vittima. Nel caso di un seppellimento inferiore ai 45 minuti,il pericolo preminente è l’asfissia acuta e questaemergenza condizionerà quindi le diverse tecnichedi intervento (ABC, posizione laterale di sicurezza),da intraprendere con particolare urgenza. Al travol-to che al recupero presenti un buon livello dicoscienza, potranno essere fatti compiere movimen-ti attivi per favorirne il riscaldamento, ed anchevenire somministrate bevande calde.Nel caso di un seppellimento stimato superiore ai 45minuti, valendo sempre il criterio di una movimen-tazione atraumatica dell’infortunato, sarà impor-tante considerare anche un eventuale stato di ipo-termia (assideramento), che imporrà allora mano-vre più meditate, più caute, senza frenesia o frettaeccessive. Diventerà fondamentale la delicatezza delrecupero, l’evitare brusche flessioni delle grandi arti-colazioni (che spingerebbero grosse masse di sangueperiferico freddo verso il cuore, già in questo caso adun livello critico di temperatura), per spostare lenta-mente in toto il ferito. Appena possibile verrannodisposte adeguate misure di protezione termica(eventuali teli tipo “metalline” in cui avvolgerel’infortunato). Per quanto concerne le manovre ria-nimatorie, intraprese su di un ferito in avanzata ipo-termia (= assenza di segni vitali e cavità aerea pre-sente), si consideri che queste andrebbero poi conti-nuate ininterrottamente fino all’intervento del soc-corso organizzato.Forme organizzate di soccorso andrebbero sempreallertate in occasione di incidenti da valanga: dopo le

Nel caso di un seppelli-mento inferiore ai 45minuti, il pericolo pre-minente è l’asfissia acutae questa emergenza con-dizionerà quindi lediverse tecniche di inter-vento, da intraprenderecon particolare urgenza.

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Descrizione dettagliata di alcuneoperazioni

Autosoccorso in valanga

Sci alpinismo

434

Capitolo 13

fasi di recupero e medicalizzazione, si presenteràinfatti il problema dell’evacuazione dei travolti, cheanche quando apparentemente illesi non dovrebberoessere considerati autonomi per ulteriore progressio-ne in ambiente (potenziali traumi spinali o viscerali).

Recupero entro 45’ di seppellimento• Rimozione atraumatica. • Tecniche di rianimazione.• Protezione termica.• Se cosciente, bevande calde zuccherate.FARE IN FRETTA!

Recupero con seppellimento maggioredi 45’ Se stato di morte apparente, riferirsi all’esistenza di unacavità aerea per differenziare decesso o ipotermia.• Rimozione atraumatica e prevenzione dell’after drop (no movimenti bruschi, ampi, superflui).• Impacco termico, protezione del freddo.• Se possibile tecniche avanzate di assistenza cardio-respiratoria.

Terminologia adottata nella proceduradi primo soccorsoA titolo di informazione vengono citate sintetica-mente le fasi di intervento previste dalla proceduradi primo soccorso:fase A: valutare lo stato di coscienza ed eventual-mente ripristinare l'apertura delle vie aeree.fase B: valutare la presenza di attività respiratoria edeventualmente praticare la respirazione artificiale.fase C: valutare la presenza di attività circolatoria edeventualmente praticare il massaggio cardiaco.fase D: valutare eventuali deficit neurologici(paziente vigile che risponde quando viene chiama-to e quando riceve uno stimolo doloroso).fase E: ricercare quelle anomalie quali, fratture,emorragie, contusioni, escoriazioni che non sonostate rilevate nelle fasi precedenti e che hanno biso-gno di un trattamento medico.

Dopo le fasi di recuperoe medicalizzazione, sipresenterà il problemadell’evacuazione dei tra-volti, che anche quandoapparentemente illesinon dovrebbero essereconsiderati autonomi.

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capitolo 14

Barella e trasporto dell’infortunato

INDICE

Premessa

Tipi di barellaBarella componibile Barella gonfiabileAccoppiatoriBarella di fortuna

Assistenza all’infortunato

Trasporto dell’infortunato

Massimo
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Premessa Barella e trasportodell’infortunato

Sci alpinismo

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PREMESSA

In questo capitolo viene trattata la procedura per il trasporto di uno sciatore alpini-sta ferito, su terreno sciistico, a seguito: di una caduta con gli sci, di un incidente davalanga o di una caduta in crepaccio su ghiacciaio. Il problema del trasporto di unapersona infortunatasi su terreno prettamente alpinistico (parete di ghiaccio o di roc-cia), data la complessità delle tecniche e delle manovre di corda richieste, viene inve-ce affrontato nei manuali “Alpinismo su ghiaccio” e “Alpinismo su roccia”. In questiultimi anni la possibilità di un intervento da parte di una squadra di soccorso tra-mite elicottero è notevolmente aumentata, così come si è ampliata la copertura del ter-ritorio montano della rete di telefona mobile: grazie a queste nuove opportunità, l’im-piego dell’elicottero è diventato il sistema di soccorso più diffuso. Al momento dell’in-cidente spetta pertanto all’alpinista più esperto giudicare, in base alla gravità del-l’infortunio, alle difficoltà del terreno, alla lunghezza del percorso, alle condizioniatmosferiche, alla capacità dei compagni; se convenga o meno invocare il soccorsoorganizzato. Tuttavia si possono verificare circostanze per le quali, non è possibiledisporre del mezzo aereo ed è quindi necessario, purché il ferito sia trasportabile,ricorrere alla costruzione di una barella e al trasporto dell’infortunato in luogo sicu-ro; o incontro alla squadra di soccorso che sale dal basso. Si citano alcune situazioni:a) non si dispone del telefono cellulare oppure la zona non è raggiungibile da segna-li telefonici;b) a causa delle cattive condizioni del tempo, oppure dell’ora tarda, non è possibilel’intervento dell’elicottero, ma solo di una squadra di soccorso a piedi da valle.In primo luogo devono essere scrupolosamente valutate le condizioni del ferito; nonpotendo stabilire la gravità dell’incidente, è necessario sollevare il corpo dell’infortu-nato con estrema cautela, in modo da mantenerlo sempre orizzontale. Se c’è il sospet-to di una lesione alla spina dorsale, il ferito non è trasportabile con mezzi di fortu-na, e per l’evacuazione bisogna comunque attendere la squadra di soccorso.

Capitolo 14

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Sci alpinismo Barella e trasportodell’infortunato

Tipi di barella

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TIPI DI BARELLA

Sostanzialmente esistono due categorie di barelle:nella prima si collocano slitte vere e proprie (com-ponibili e gonfiabili), nella seconda, barelle dacostruire con gli sci, il cui assemblaggio può esserefacilitato dall’uso di accoppiatori, oppure realizzatosolo con mezzi improvvisati.

Barella componibileQuesto modello sfrutta gli sci dell’infortunato, chevengono uniti da due o più ponti di metallo, sui qualiviene teso un telo per reggere il ferito. La slitta scorrecompletamente appoggiata sulla neve, guidata da unosciatore davanti, e frenata da una o due persone dadietro. Questo tipo di slitta si può ribaltare nei diago-nali, e su neve molto molle sprofonda e non scivola.Il ferito si può sistemare in modo abbastanza sicuro ecomodo, ed è sollevato da terra. La slitta pesa circa 3kg, ed è smontabile in vari pezzi.

Barella gonfiabileSi tratta di una slitta gonfiabile costruita con il tessutodei gommoni. L’infortunato è meno soggetto a scossebrusche perché giace come su un materasso, la slittagalleggia su qualsiasi tipo di neve, ed è quindi pocofaticosa da manovrare e veloce anche in piano; grazieal galleggiamento è ridotto l’impuntamento lateraleche tende a capovolgere le altre slitte. Per la guida sononecessari un guidatore, e uno o due frenatori. L’unicosvantaggio, è la notevole scorrevolezza su neve durache richiede molta attenzione da parte dei frenatori. Ilpeso del gommone è di circa 3 kg, i quali non sonosuddivisibili.

AccoppiatoriGli accoppiatori sono costituiti da tre ponti, normal-mente in lega leggera, uno dei quali viene utilizzato perunire le punte degli sci dell’infortunato, mentre i

Capitolo 14

C14-01 Barella componibile

C14-02 Barella gonfiabile

Quando non è possibiledisporre di un mezzoaereo, è necessario, pur-ché il ferito sia trasporta-bile, ricorrere alla costru-zione di una barella percondurlo in luogo sicuroo per andare incontroalla squadra di soccorsoche sale dal basso.

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Tipi di barella Barella e trasportodell’infortunato

Sci alpinismo

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restanti due, più piccoli, bloccano il bastoncino del-l’infortunato in prossimità delle code degli sci.Consentono di costruire rapidamente e in modo effi-cace, l’intelaiatura della barella di fortuna. Rispetto aimodelli di slitte già predisposti, gli accoppiatori, peressere adoperati, richiedono parecchio tempo e unacerta conoscenza della tecnica per allestire la barella.Sono poco costosi e risultano adatti a comitive poconumerose; tuttavia, poiché questa barella deve esseresostenuta dal guidatore, e non scivola su tutta la lun-ghezza degli sci, la fase di trasporto è lenta e faticosa.

Barella di fortunaVengono descritte le fasi di costruzione di una barellarealizzata con mezzi improvvisati. L’assemblaggio èfacilitato se si dispone degli accoppiatori, in quantole punte e le code degli sci vengono bloccati da appo-siti ponti di metallo evitando così laboriosi sistemi difissaggio mediante cordini e sarà solo necessario pre-parare la rete di corda su cui adagerà l’infortunato, epredisporre una serie di cordini per immobilizzarlo.Per realizzare una barella di fortuna sono necessari:a) una mezza corda, oppure uno spezzone di 30 m,per la frenatura;b) uno spezzone di cordino, di almeno 20 m, per larete di sostegno;c) gli sci e i bastoncini dell’infortunato;d) i bastoncini del guidatore;e) la piccozza o il manico della pala;f ) cordini e fettucce.Il sistema di costruzione, sebbene abbastanza laborio-so, garantisce robustezza alla barella e quindi che lastruttura regga il peso e le sollecitazioni durante il tra-sporto.

Capitolo 14

C14-03 Accoppiatori

Gli accoppiatori sonocostituiti da tre ponti,normalmente in lega leg-gera, uno dei quali vieneutilizzato per unire lepunte degli sci dell’infor-tunato, mentre i restantidue, più piccoli, bloccanoil bastoncino dell’infortu-nato in prossimità dellecode degli sci.

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Sci alpinismo Barella e trasportodell’infortunato

Tipi di barella

Assemblaggio dell’intelaiatura L’assemblaggio è realizzato con sci, bastoncini, piccoz-za o manico della pala, e cordini, attraverso varie fasiche prevedono nell’ordine di:a) bloccare gli attacchi in posizione di discesa;

b) posizionare a circa 30 cm dalla punta degli sci, lapiccozza con la becca verso le punte, e successivamen-te con i cordini bloccare la piccozza agli sci stessi: sicostruisce un nodo barcaiolo sul manico, e si realizzauna legatura a ponte (3-4 giri di cordino passati all’in-terno e 2-3 giri passati di piatto strozzanti). Si consiglia di utilizzare cordini di piccolo diametro.

c) passare il cordino anche nei fori posti sulle puntedegli sci, così da creare un ulteriore forza resistente alloscivolamento dello scheletro e della rete;

d) accoppiare i bastoncini del soccorritore, e posizio-narli a 10 cm circa dalle code degli sci; posizionare unaltro paio di bastoni sotto gli sci con l’impugnaturaben aderente alla coda degli sci stessi, ed utilizzandosempre il nodo mezzo barcaiolo e la legatura a ponte,bloccarli agli sci medesimi. Le code degli sci dovrannoessere bloccate ad una distanza, pari alla larghezza delleanche del conducente, in modo da non ostacolarne l’a-zione (circa 60 cm).

Capitolo 14

C14-05 legatura in punta -a C14-05 Legatura in punta -b C14-05 Legatura in punta -c

C14-04 Legatura a ponte

C14-06 Legatura in coda -a C14-06 Legatura in coda -b C14-06 Legatura in coda -c

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Tipi di barella Barella e trasportodell’infortunato

Sci alpinismo

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Per dare maggiore robustezza al telaio si può utilizzareun cordino per collegare, in trazione, la becca della pic-cozza, il puntale del bastoncino destro, il puntale dellapiccozza e il puntale del bastoncino sinistro.

Assemblaggio della rete di sostegnoLa rete di sostegno, realizzata con uno spezzone, dicorda, si sviluppa nelle seguenti fasi: • bloccare l’estremità dello spezzone con nodo bar-caiolo al centro del manico della piccozza, o del mani-co della pala, ed eseguire l’intreccio seguendo i parti-colari illustrati di seguito.

Capitolo 14

C14-07 Assemblaggio da sopra C14-08 Assemblaggio da sotto

C14-09 Costruzione rete -a C14-09 Costruzione rete -b

C14-09 Costruzione rete -c C14-09 Costruzione rete -d

A

B

La rete di sostegno si rea-lizza con uno spezzone dicorda apposito.

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Sci alpinismo Barella e trasportodell’infortunato

Tipi di barella

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• Ripetere il sistema di intreccio fino al termine del-l’intelaiatura, e bloccare lo spezzone, con un nodo bar-caiolo costruito sull’incrocio fra le code degli sci e ibastoncini dell’infortunato. In questo modo si realizza un intreccio che impedisce,se opportunamente tensionato, lo scorrimento e loscioglimento della rete di sostegno.

Assemblaggio del sistema di sostegno e difrenaturaMediante fettucce e cordini, saranno predisposti isistemi di sostegno che faciliteranno il trasposto, e lacorda o gli spezzoni, fungeranno da freni per la barel-la di fortuna. Si procede a:a) bloccare i capi, preferibilmente diuna fettuccia, sulle impugnature deibastoncini, costituendo uno spal-laccio che consentirà al soccorrito-re, incaricato del trasporto dellabarella di fortuna, di scaricare ilpeso della medesima sulle spalle enon sulle braccia. Lo spallacciograva dietro il collo e su entrambe lespalle, di lunghezza tale da permet-tere di impugnare i bastoncini conle braccia distese. Imbottire even-tualmente la zona del collo e dellespalle;

b) fissare la metà della corda al cen-tro della piccozza con nodo bar-caiolo, e nel caso, realizzare sui duerami alcune asole fisse che sarannoimpugnate dai frenatori per facilita-re la trattenuta;

c) predisporre lungo la barella, conulteriori spezzoni di cordino, dellemaniglie che saranno utilizzate daaltri soccorritori sia per frenare cheper il trasporto come portantina.

Capitolo 14

C14-10 Barella completa

Mediante fettucce e cordi-ni, saranno predisposti isistemi di sostegno chefaciliteranno il traspostodella barella di fortuna,mentre la corda o gli spez-zoni fungeranno da freni.

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Assistenzaall’infortunato

Barella e trasportodell’infortunato

Sci alpinismo

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ASSISTENZA ALL’INFORTUNATO

Una volta certi che si possa effettuare il trasporto diemergenza, in attesa che la slitta venga costruita,l’infortunato deve essere coperto con quanto dimeglio sia a disposizione; isolato dalla neve con sci,rami, pelli di foca, o altro materiale (sacco da bivacco,teli termici), e assistito in continuazione.L’infortunato viene sistemato sulla slitta:• con la testa rivolta verso il basso, se è ferito allegambe;• con le gambe rivolte verso il basso, se è ferito allatesta;• in posizione laterale, se ha difficoltà di respirazioneo ha perso conoscenza.Per l’immobilizzazione di eventuali arti fratturati siseguono le regole di primo soccorso.L’infortunato verrà adagiato ed opportunamentebloccato sull’intreccio che si cercherà di rendere piùconfortevole distendendo maglioni, giacche a vento, equant’altro si ritenga opportuno per creare un’imbot-titura. Nello zaino dell’infortunato si infilano i piedi, mentrelo zaino del guidatore può essere utilizzato a mo’ dicuscino, o per sollevare le ginocchia. L’infortunato deve essere solidamente legato alla slit-ta, con le braccia incrociate sul petto ma non legate.Bisogna curare che la legatura impedisca anche loscorrimento del corpo lungo l’asse della slitta.Durante il trasporto occorre parlare con l’infortunato,e controllarne le condizioni, con particolare cura perla circolazione del sangue negli arti immobilizzati.

Capitolo 14

Nell’attesa, l’infortunatodeve essere coperto conquanto di meglio sia adisposizione, isolato dallaneve con sci, rami, pelli difoca, o altro materiale(sacco da bivacco, teli ter-mici), e assistito in conti-nuazione.

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Sci alpinismo Barella e trasportodell’infortunato

Trasporto dell’infortunato

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TRASPORTO DELL’INFORTUNATO

La situazione ottimale prevede la seguente disposi-zione:• una o due persone che precedono la barella per sce-gliere il percorso migliore, battere la neve, o prepa-rare le curve e attrezzare eventuali tratti difficili;• un guidatore posto davanti, che avrà il compito disostenere con l’aiuto dello spallaccio di fettuccia ilpeso della barella, e dell’infortunato, di coordinare lemanovre, e di seguire l’itinerario tracciato;• a seconda del tipo di slitta utilizzata, e del tipo diterreno, uno o due frenatori, bravi sciatori e senzabastoncini, posti dietro alla barella alla distanza di 4-7 metri, che impugnando le asole ricavate sui ramidi corda, trattengono la barella, e fanno attenzionealla stabilità laterale del mezzo;• una persona che assiste l’infortunato, controlla latenuta della barella, e aiuta all’occorrenza i frenatorio il guidatore;• la linea di discesa adottata, seguirà principalmente, lalinea di massima pendenza e la sciata sarà adeguata allaconformazione del terreno (spazzaneve o slittamenti);• le diagonali sono da evitare, ma nel caso in cui sifosse costretti, un frenatore si posizionerà a montedella barella di fortuna, per evitare il ribaltamento;• sul piano, o in leggera salita, le corde di frenaturasi trasformano in corde di trazione, oppure la barel-la viene sollevata su tutti i lati, e impiegata comeportantina;• qualora si dovessero affrontare terreni molto ripidi,sia in discesa che in salita, la barella di fortuna saràcalata o recuperata con le tecniche proprie dell’auto-soccorso;• quando non è trattenuta dai frenatori (durantetutte le soste, per realizzare ancoraggi, ecc.), la barel-la dovrà sempre essere assicurata al terreno per evita-re che sfugga;• infine si rammenta che la conduzione della barella difortuna risulta essere lenta e difficoltosa su nevi profon-de e crostose, molto faticosa su terreni piani, più age-vole su nevi trasformate e con pendenze elevate.

Capitolo 14

C14-11 Trasporto barella -a

C14-11 Trasporto barella -b

C14-11 Trasporto barella -c

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Trasporto dell’infortunato

Barella e trasportodell’infortunato

Sci alpinismo

444

In conclusione si può affermare che il trasporto diuna slitta è abbastanza impegnativo, e richiede unabuona coordinazione per essere svolto con rapidità,senza rischiare di capovolgere il mezzo, e senzainfliggere scossoni al ferito. È dunque indispensabi-le provare questa manovra durante esercitazioni disimulazione, prima di venirsi a trovare in condizionidi reale emergenza.Ogni comitiva deve essere equipaggiata con slittesmontabili o accoppiatori di facile montaggio.Si desidera ricordare che la barella rimane uno stru-mento di emergenza, e che la sua costruzione ed uti-lizzo devono essere attentamente valutati in funzio-ne soprattutto della gravità dell’infortunio, dellecondizioni atmosferiche, della lunghezza e difficoltàdel percorso da seguire e del numero dei soccorrito-ri disponibili.

Capitolo 14

Il trasporto di una slit-ta/barella è abbastanzaimpegnativo: richiedeuna buona coordinazio-ne per essere svolto conrapidità, senza rischiaredi capovolgere il mezzo,e senza infliggere scosso-ni al ferito.

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capitolo 15

Richiesta di soccorso

INDICE

Premessa

Numeri di chiamata del soccorso alpino sulle Alpi

Segnali internazionali di soccorso alpinoSegnalazione acustica o ottica Segnalazione visiva

Il soccorso aereoRichiesta di soccorso

Scelta della zona di atterraggio e misure di sicurezzaFase di atterraggioAvvicinamento e allontanamento dal velivoloFase di decolloOperazioni di imbarco e sbarco con elicottero in volo

Soccorso in crepaccio

Chiamata di soccorso: scheda sintetica

Massimo
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Premessa Richiesta di soccorso Sci alpinismo

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NUMERI DI CHIAMATA DEL SOCCORSO ALPINO SULLE ALPI

In montagna è possibile che la chiamata ricada sucentrali diverse da quella di riferimento. È perciòindispensabile fornire l’esatta località di partenzadella gita. Sarà compito della centrale operativaallertare la squadra di soccorso più idonea.

ITALIA: 118 FRANCIA: 15 SVIZZERA: 144 GERMANIA: 110 AUSTRIA: 144SLOVENIA: 112

Capitolo 15

PREMESSA

Riportiamo in questo capitolo le norme fondamentali di comportamento da osserva-re in caso di richiesta di soccorso e durante il suo svolgimento.La trattazione è divisa in due parti; nella prima si richiamano al lettore i segnali che,per convenzione internazionale, devono essere adottati in caso di richiesta di soccor-so. Nella seconda, viene considerato il caso, particolarmente importante, del soccorsoaereo, cioè tramite elicottero.Vengono ovviamente fornite solo le indicazioni che appaiono essenziali per potere effi-cacemente interagire e collaborare con i soccorritori, nonché le informazioni che pos-sono risultare di particolare utilità all’alpinista. Per ulteriori informazioni e precisazioni anche di natura tecnica, si può consultare laletteratura più specializzata, e in particolare il manuale tecnico di soccorso alpino,edito dal C.A.I.-C.N.S.A.S.

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Sci alpinismo Richiesta di soccorso Segnali internazionalidi soccorso alpino

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SEGNALI INTERNAZIONALI DI SOCCORSO ALPINO

Si possono distinguere fondamentalmente due con-dizioni in cui può essere necessario utilizzare segnalidi soccorso alpino, e cioè a seconda che sia possibi-le, o meno, il contatto visivo tra chi invia e chi devericevere il messaggio. Nel primo caso i segnali pos-sono essere di tipo acustico, in genere la voce, o dinatura ottica, in genere una segnalazione luminosa.Nel secondo caso, vengono utilizzati particolariatteggiamenti, o posizioni del corpo, di una o piùpersone. I segnali in questione debbono assolutamente rispet-tare il più accuratamente possibile, il codice stabilitoper convenzione internazionale, che viene sottoriportato.

Segnalazione acustica o otticaLa segnalazione acustica o ottica è codificata per idue casi di interesse: richiesta (chiamata) di soccor-so, e risposta di soccorso. I segnali da utilizzare neidue casi sono descritti nella figura.

Capitolo 15

CHIAMATA DI SOCCORSO

Emettere richiami acustici o ottici in numero di 6 OGNI MINUTO

(un segnale ogni 10 secondi) (un segnale ogni 10 secondi)

UN MINUTO UN MINUTOUN MINUTODI INTERVALLO

Continuare l'alternanza di segni e intervalli fino alla certezza di essere stati localizzati

(un segnale ogni 20 secondi)

UN MINUTO

RISPOSTA DI SOCCORSO

Emettere richiami acustici o ottici in numero di 3 OGNI MINUTO

(un segnale ogni 20 secondi)

UN MINUTO UN MINUTODI INTERVALLO

Continuare l'alternanza di segni e intervalli fino alla certezza di essere stati localizzati

C15-01 Segnali di chiamata

C15-02 Segnali di risposta

I segnali di soccorso alpi-no debbono assoluta-mente rispettare, il piùaccuratamente possibile,il codice stabilito perconvenzione internazio-nale.

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Segnali internazionalidi soccorso alpino

Richiesta di soccorso Sci alpinismo

Segnalazione visivaQuando esiste il contatto visivo tra colui o coloroche necessitano di aiuto e colui o coloro che posso-no intervenire, direttamente (soccorso) o indiretta-mente (avviso al posto di soccorso), i segnali da uti-lizzare, illustrati nella figura sono i seguenti.

Come è evidente dalla loro descrizione, le segnala-zioni di cui sopra sono utilizzate normalmente nelcaso di soccorso tramite elicottero ed è questa quin-di la loro applicazione più frequente e importante.

Il SOCCORSO AEREO

Il soccorso aereo è oggi efficientemente organizzatoin tutti i paesi in cui si pratica l’attività alpinistica.L’elicottero è il velivolo che per le sue peculiari carat-teristiche tecniche, costituisce il mezzo più idoneoper effettuare in ambiente montano operazioni disoccorso e sgombero urgente di ammalati e/o trau-matizzati gravi, sempre che le condizioni meteorolo-giche ne consentano il volo. La foto mostra la calatadi un soccorritore da elicottero mediante verricello.

Posizione: in piedi con le brac-cia alzate, e spalle al vento. • Risposta affermativa ad even-tuali domande poste dai soccor-ritori.• Atterrate qui, il vento è allemie spalle

NOPosizione: in piedi con un brac-cio alzato e uno abbassato, espalle al vento. • Non serve soccorso.• Risposta negativa a eventualidomande poste dai soccorritori.

Segnalazioni convenzionateusate quando esiste il contattovisivo e non è possibile quelloacustico.

C15-03 Segnali convenzionalivisivi

SI

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Capitolo 15

C15-04 Uso verricello

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Sci alpinismo Richiesta di soccorso Il soccorso aereo

L’immagine illustra una ricerca di travolti da valangaeseguita da un elicottero dotato di un A.R.VA. conspeciale antenna ricevente.

Richiesta di soccorsoCi riferiamo qui a richieste di intervento effettuate pervia telefonica o radio.

1. Digitare il numero di telefono del soccorso sanitario(per l’Italia 118).

2. Specificare all’operatore che ci si trova in montagna,e comunicare il nome della località in cui è avvenutol’incidente.

3. Fornire il nome di chi chiama e il numero di telefo-no da cui si sta chiamando (se la chiamata dovesseinterrompersi è importante che il telefono vengalasciato libero per consentire alla centrale operativa dirichiamare).

4. Specificare il luogo esatto e la quota di dove è avve-nuto l’evento, o in ogni caso un riferimento impor-tante di ricerca, rilevabile dalla cartina.

5. Riferire cosa è successo (lasciarsi in ogni caso inter-vistare dall’operatore di centrale che avrà la necessità diconoscere la dinamica dell’incidente.

6. Precisare quante persone sono state coinvolte.

7. Dire quando è successo (la conoscenza dell’ora del-l’evento può far scattare diverse procedure).

8. Comunicare la posizione dell’infortunato (appeso,sepolto dalla neve, disteso, seduto), e se la personacoinvolta ha difficoltà respiratorie; se è cosciente; seperde molto sangue.

9. Di norma l’intervento di soccorso è già scattato, main ogni caso è indispensabile rispondere alle domandedell’operatore, che servono per inquadrare con piùprecisione quanto potrà essere necessario all’equipe dielisoccorso.

10. Informare sulle condizioni meteo del luogo: even-tuali precipitazioni in corso, vento e visibilità.

Capitolo 15

C15-05 Ricerca A.R.VA. con elicottero

L’elicottero è il mezzopiù idoneo per effettuarein ambiente montanooperazioni di soccorso esgombero urgente diammalati e/o traumatiz-zati gravi, sempre che lecondizioni meteorologi-che ne consentano ilvolo.

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Scelta della zona di atterraggioe misure di sicurezza

Richiesta di soccorso Sci alpinismo

11. Informare sulla situazione del terreno sul quale avràluogo l’atterraggio (terreno aperto, bosco, pendio ripi-do, presenza di cavi sospesi, linee elettriche, funivie).

12. Fornire altre notizie che possono risultare utili permeglio organizzare l’operazione di soccorso.

Si tenga inoltre presente che, sebbene si sia in attesadell’arrivo dell’elicottero, le operazioni di autosoc-corso condotte dai componenti della cordata odella comitiva devono continuare; a maggiorragione se sussiste una situazione di travolgimentoda valanga nella quale la velocità di ritrovamento deisepolti riveste la massima importanza.

Capitolo 15

SCELTA DELLA ZONA DI ATTER-RAGGIO E MISURE DI SICUREZZA

L’elicottero, per le sue caratteristiche, può atterraree/o decollare quasi ovunque. In fase di soccorso ilvelivolo può appoggiarsi al suolo con i pattini, oppu-re può operare in volo stazionario in prossimità delsuolo (hovering), ovvero non potendosi avvicinare alterreno, resta in volo ed utilizza un verricello pereffettuare calate e recuperi. Entro i limiti del possi-bile il punto di atterraggio deve essere scelto in baseai seguenti criteri:1. si scelgano aree pianeggianti sopraelevate, evitan-do zone corrispondenti a conche o avvallamenti odisposte sui pendii;

2. l’area deve essere lontana da fili tesi quali lineeelettriche, impianti a fune, teleferiche;

3. devono essere evitate zone dove sia elevato ilrischio di caduta di pietre, o ghiaccio, o di frana-mento di terra o ghiaia, e quindi canaloni e luoghisottostanti le pareti;

4. devono essere possibili traiettorie di atterraggio edi successivo decollo con inclinazioni non superiori

C15-07 Zone di atterraggio -cterreno pianeggiante e privo di vegetazione

C15-06 Atterraggio su ghiacciaio

Sebbene si sia in attesadell’arrivo dell’elicottero,le operazioni di autosoc-corso, condotte dai com-ponenti della cordata odella comitiva, devonocontinuare.

C15-07 Zone di atterraggio -bevitare gli avvalamenti

C15-07 Zone di atterraggio -alontano da fili tesi

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Sci alpinismo Richiesta di soccorso Scelta della zona di atterraggio

e misure di sicurezza

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a 20° rispetto all’orizzontale;

5. la piazzola deve avere il fondo solido e di dimen-sioni tali da consentire all’elicottero di appoggiare ipattini, e cioè circa m 4x4; deve essere pianeggiante,libera da vegetazione alta più di 20-30 cm e sgom-bra a terra da qualsiasi oggetto. Il terreno circostan-te deve essere libero da vegetazione e altri ostacoliper un’area di almeno m 40x40;

6. non devono essere presenti materiali od oggettiche possano essere sollevati dal flusso d’aria generatodal rotore: indumenti lasciati sul terreno o mala-mente indossati e svolazzanti, copricapo mal fissati,corde e cordini, attrezzi sporgenti, giacche, possonocostituire serio pericolo sia per l’elicottero che per ipresenti;

7. qualora l’area di atterraggio fosse su terreno inne-vato, la neve deve essere ben battuta attorno allapiazzola; ciò per ridurre il turbinio di neve che pro-voca il flusso d’aria del rotore e compattare la super-ficie (spesso in presenza di neve il velivolo non siappoggia al suolo per evitare di sprofondare in modoirregolare);

8. eventuali altre cordate, o singoli alpinisti presentisul luogo dell’intervento, devono rimanere il piùpossibile fermi e in posizione non troppo vicina, pernon ostacolare le operazioni, o addirittura mettere inpericolo persone e mezzi (scariche di sassi, ghiaccioo altro). Ciò è particolarmente importante nel casosi trovino in posizione sovrastante l’area delle opera-zioni e/o lo stesso elicottero;

9. le persone presenti e non direttamente coinvoltenelle manovre, è bene vengano raggruppate in ununico punto, in condizioni di sicurezza, e ben visibi-li da parte del pilota.

Capitolo 15

C15-07 Zone di atterraggio -earea libera sufficientemente ampia

C15-07 Zone di atterraggio -dnon trovarsi sotto la minaccia di sassi o valanghe

45°

20°

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Scelta della zona di atterraggioe misure di sicurezza

Richiesta di soccorso Sci alpinismo

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Fase di atterraggioLa piazzola viene segnalata da una sola persona, chesi pone con le braccia alzate, le spalle al vento, e restaimmobile dinanzi al punto dove si vuole che atterril’elicottero.Chi segnala non deve muoversi, perché in quelmomento è l’unico punto di riferimento per ilpilota; prima che l’elicottero atterri bisognaabbassarsi e restare fermi, in attesa di indicazionida parte dell’equipaggio o del pilota. Questa rego-la vale soprattutto in caso di terreno innevato in cui,a causa della neve sollevata dalle pale, diventa estre-mamente difficile per il pilota valutare la profondità,e in quelle situazioni egli va quasi ad appoggiarsi conl’elicottero contro il segnalatore. In alcune situazioni - ad esempio persone che dal-l’alto possono confondersi con l’ambiente - è utilesegnalare la propria posizione sventolando un indu-mento dal colore sgargiante, che cioè ben contrasticon lo sfondo circostante.Non dimenticare di allacciare bene indumenti ecopricapo, e fare attenzione ad oggetti che potrebbe-ro volare creando situazioni di pericolo.

Capitolo 15

C15-08 Fase di atterraggio -b

C15-09 Arrivo elicottero

C15-10 Atterraggio elicottero

C15-08 Fase di atterraggio -a

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Sci alpinismo Richiesta di soccorso Scelta della zona di atterraggio

e misure di sicurezza

Avvicinamento e allontanamento dalvelivoloPer le operazioni di imbarco e sbarco da un elicotte-ro, è necessario adottare alcune importanti regole:1. quando l’elicottero è appena atterrato si deveattendere il segnale del personale di bordo prima diavvicinarsi, e salire o scendere, ed allontanarsi;

2. non avvicinarsi mai al rotore di coda!

3. in piano ci si avvicina obliquamente dai due qua-dranti anteriori e mai frontalmente;

4. su terreno in pendenza ci si avvicina e ci si allon-tana dall’elicottero dal lato a valle e non si deve maipercorrere il lato a monte;

5. procedere in posizione piegata, e restare in con-tatto visivo con i membri dell’equipaggio;

6. non avvicinarsi con indumenti o materiale chepossano volare via (cappelli, giacche a vento aperte,ecc.), e con equipaggiamento o attrezzi che possanoaumentare l’ingombro verticale (sci, piccozze, zaini a“torre”, ecc.).

Capitolo 15

C15-12 imbarco -cattenzione alla testa quando le pale si fermano

C15-11 Avvicinamento

C15-12 imbarco -eavvicinarsi da valle e non camminare verso monte

C15-12 imbarco -aper muoversi avere conferma

STOP OK

C15-12 imbarco -bal velivolo accede una persona alla volta

C15-12 imbarco -dnon alzare oggetti lunghi

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Scelta della zona di atterraggioe misure di sicurezza

Richiesta di soccorso Sci alpinismo

Nel caso ci si trovi in prossimità di parete, o di unpendio, per l’accesso e per l’allontanamento si utiliz-za il lato a valle.Se esistono degli avvallamenti che permettono disostare in condizioni di sicurezza, è possibile restareaccovacciati sul lato a monte e attendere indicazionidall’equipaggio, per salire a bordo.

Fase di decolloSi tenga presente che anche nella fase di decollo,si deve rimanere fermi e in posizione abbassata,finché l’elicottero non si sia allontanato.

Capitolo 15

C15-15 Avvicinamento su pendio

C15-13 Imbarco su neve

C15-14 Imbarco con infortunato

C15-17 Appoggio su cresta C15-16 Decollo

C15-18 Appoggio su pattino

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Sci alpinismo Richiesta di soccorso Scelta della zona di atterraggio

e misure di sicurezza

Operazioni di imbarco e sbarco con eli-cottero in voloSpesso, per mancanza di spazi o conformazione delluogo (cengia, terrazzo, parete, guglia, pendio), nonè possibile, in fase di soccorso, l’atterraggio del veli-volo. In questi casi l’elicottero resta in volo staziona-rio, in prossimità del suolo (hovering), oppure nonpotendo avvicinarsi al terreno, utilizza un verricelloper effettuare sbarchi ed imbarchi di persone. Il ver-ricello è una piccola gru posizionata all’esternooppure all’interno dell’abitacolo, che può essere ditipo pneumatico, idraulico o elettrico. Esso è dotatodi un cavo, che consente il recupero di persone, feri-ti barellati e non, e materiali. La lunghezza del cavoè diversa a seconda del tipo di velivolo e può variareindicativamente da 25 fino a 90 metri. La portatadel verricello è generalmente compresa tra 200 e 300kg, e a seconda dei modelli, può recuperare una odue persone alla volta.Vengono ora rappresentate alcune situazioni in cui ilvelivolo si appoggia con un solo pattino, resta inhovering oppure impiega il verricello.La cosa più importante prima di agire, è semprequella attendere indicazioni e conferme da partedell’equipaggio.Nella figura C15-17 è rappresentata l’operazione direcupero con appoggio di un singolo pattino, inquanto le dimensioni della cima o cresta, non con-sentono l’atterraggio.Nella figura C15-19 è illustrata un’operazione disoccorso in parete, in cui la calata o il recupero èeffettuato tramite verricello.Nella figura C15-20 è raffigurata una situazione involo stazionario (hovering), dove non è possibilel’appoggio dei pattini per problemi relativi ad osta-coli al rotore principale.

Alcuni consigli in caso di recupero di una corda-ta in parete.Se la situazione lo consente, è opportuno recuperarele corde di cordata, porle nello zaino, e autoassicu-rarsi alla sosta con una longe o con un cordino.

Capitolo 15

C15-19 Recupero con verricello

C15-20 Recupero in hovering

C15-21 Soccorritore e ferito

C15-22 Soccorritori e barella

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Soccorso in crepaccio Richiesta di soccorso Sci alpinismo

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SOCCORSO IN CREPACCIO

Sull’arco alpino gli incidenti da caduta in crepacciosono abbastanza frequenti e richiedono un interven-to rapido ed efficace. Il tempo di sopravvivenza diuna persona caduta in un crepaccio dipende da varifattori; per garantire una buona riuscita della mano-vra di soccorso, bisogna cercare di recuperare l’infor-tunato entro un’ora. Soprattutto se abbigliato convestiario leggero, oppure ferito o incastrato tra lepareti di ghiaccio. Tale compito spetta pertanto aicompagni di escursione, perché l’intervento del soc-corso per quanto tempestivo potrebbe comunquerisultare tardivo. Nel caso i compagni non siano riu-sciti nella manovra, il soccorso organizzato proce-derà al recupero allestendo, se necessario un caval-letto sul bordo del crepaccio, o ricorrendo ancheall’impiego di un martello pneumatico per raggiun-gere l’infortunato.

I motivi di tale accorgimento sono i seguenti:• le corde sospese o svolazzanti possono ostacolare lemanovre dell’elicottero;• si agevola il lavoro del tecnico del soccorso e sievita il taglio della corda.Il soccorritore, in genere, non si vincola contempo-raneamente in modo fisso sia alla parete che all’eli-cottero; quando egli, sospeso al velivolo, giunge alpunto di recupero, si collega alla persona da traspor-tare, e taglia il collegamento che vincola questi allaparete.La foto precedente (C15-21) illustra il recupero diferito condotto da un soccorritore e la successiva(C15-22) mostra il trasporto di un ferito adagiato inuna barella, e condotto da due soccorritori.

C15-23 Soccorso in crepaccio

Capitolo 15

Quando il soccorritore,sospeso al velivolo, giun-ge al punto di recupero,si collega alla persona datrasportare, e taglia ilcollegamento che vincolaquesti alla parete.

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Sci alpinismo Richiesta di soccorso Chiamata di soccorso:scheda sintetica

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CHIAMATA DI SOCCORSO: SCHEDA SINTETICA

Telefono= 118 (ITALIA ) Altri recapiti telefonici_______________________________________

Annunciare l’incidente in modo conciso e rispondere alle domande

Chi?- nome di chi chiama e dell’organizzazione- numero di telefono o nome in codice (radio) di chi chiama- luogo dove ci si trova e quota

Cosa è successo?

Dove è avvenuto l’incidente?

Quando è avvenuto l’incidente?

Numero, gravità e tipo delle ferite?

Quanti soccorritori sono già sul posto?

Condizioni meteo nella zona dell’incidente?

Visibilità: - meno di 200m- fino a 1 km - più di 1 km

Elicottero: per l’atterraggio sul luogo dell’incidente: - Terreno aperto?- C’è bosco?- C’è vento forte?- Cavi sospesi? (linee elettriche, teleferiche, funivie)

Osservazioni

Numeri telefonici dei Paesi Alpini:ITALIA: 118 FRANCIA: 15SVIZZERA: 144 AUSTRIA: 144GERMANIA: 110 SLOVENIA: 112

Capitolo 15

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Sci-alpinismo ???? Titolo sottocapitolo

Bibliografia

Massimo
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