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I Manuali del Club Alpino Italiano 14 I Manuali del Club Alpino Italiano ALPINISMO SU GHIACCIO E MISTO COMMISSIONE NAZIONALE SCUOLE DI ALPINISMO E SCI ALPINISMO COMMISSIONE NAZIONALE SCUOLE DI ALPINISMO E SCI ALPINISMO

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I Manuali del Club Alpino Italiano 14I Manuali del Club Alpino Italiano

ALPINISMO SU GHIACCIO E MISTO

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I “Manuali del Club Alpino Italiano”

ALPINISMO SU GHIACCIO

E MISTO

14

Club Alpino Italiano

Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Sci AlpinismoCommissione Centrale delle Pubblicazioni

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Club Alpino ItalianoVia A. Petrella, 19- 20124 Milano

Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo

Commissione Centrale delle Pubblicazioni del Club Alpino Italiano

Collana:“I manuali del Club Alpino Italiano”n°14 - edizione: novembre 2005

Proprietà letteraria riservata.Riproduzione vietata senza l’autorizzazione scritta da parte del C.A.I.

testi, disegni e foto:Scuola Centrale di Sci Alpinismo - Scuola Centrale di Alpinismocon il contributo di alcuni Organi Tecnici Centrali,di vari Enti e la collaborazione di numerosi soci.

coordinamento tecnico e redazione:Maurizio Dalla Libera

progetto grafico editoriale: Gruppo Ixelle - www.ixelle.it - Mestre

finito di stamparenel mese di novembre presso le Grafiche Chinchio - Sarmeola di Rubano - Padova

in sovracopertina: Gruppo del Monte Bianco - Cresta di Bionnassay

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Alpinismo su ghiaccio e misto Presentazione del presidente generale

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CLUB ALPINO ITALIANO

A dieci anni dalla precedente edizione del Manuale (1995) vede la luce questa nuova versione,

aggiornata nei contenuti tecnici (informativi) e culturali (formativi). L’intervallo di tempo tra-

scorso può apparire breve se letto con le categorie interpretative tradizionali, ma diventa rilevan-

te se ci si pone nell’ottica delle rapidissime trasformazioni che la tecnica e la tecnologia impongo-

no alla nostra quotidianità. Nel rispetto dell’impostazione consolidata e familiare della manua-

listica CAI, tanto cara ai nostri Soci, il presente volume di oltre 600 pagine si colloca nella nuova

linea editoriale che tanto successo ha riscosso con il “Manuale di Sci Alpinismo” e che traduce

impostazioni grafiche in linea con le nuove strategie della comunicazione bibliografica, sempre

più sensibile all’integrazione fra parola e immagine. Ma, al di là degli aspetti didascalici e didat-

tici del Manuale, il punto di svolta – che dovrà essere sempre più rimarcato in futuro – riguar-

da l’attenzione con cui gli autori hanno guardato ai cambiamenti in atto nei terreni dell’alta

montagna dove l’alpinismo su ghiaccio trova la sua naturale espressione. La montagna, più di

ogni altro ambiente naturale, è un ecosistema fragile ed in continua trasformazione. In un futu-

ro geologico ipotizzabile le montagne sono destinate forse a diventare pianure sotto l’effetto dei

processi erosivi e dell’implacabile legge dell’entropia. Probabilmente nasceranno nuove montagne

con forme e strutture imprevedibili. Ma, senza dover evocare i tempi geologici e restando concre-

tamente ancorati con i piedi per terra al presente, al “qui ed ora” della nostra esperienza vissuta

dell’ “andar-per-monti”, non possiamo ignorare ciò che sta accadendo da alcuni anni (non diver-

samente comunque dai tempi passati) sulle nostre montagne. Cedimenti e crolli di ghiacciai pen-

sili, sbriciolamento di strutture rocciose (camini, diedri, canaloni, ecc.), assottigliamento del “per-

mafrost” morenico, vanno disegnando sempre più, estate dopo estate, scenari e morfologie irrico-

noscibili. Vie di salite classiche vengono cancellate, percorsi escursionistici storici devono essere

modificati. Di fronte a questo stato di cose la conoscenza delle montagne, unita alla consapevo-

lezza storico-culturale dei mutamenti naturali ed antropici, non può essere accantonata in una

dimensione meramente accademica o di astratto riferimento statutario (art. 1), ma deve diven-

tare patrimonio comune e condiviso di tutti gli alpinisti che desiderano affrontare “in sicurezza”

la montagna. Conoscere, quindi, per essere più sicuri è l’imperativo categorico di un alpinismo

responsabile e maturo. Per tali fondate motivazioni, il nuovo manuale merita i dovuti riconosci-

menti ed un grande successo tra i molti prevedibili fruitori. Esso si muove, infatti, nell’ottica di

non separare tecnica e cultura, secondo lo spirito e la storia associativa del Club Alpino Italiano.

Annibale Salsa

Presidente Generale Club Alpino Italiano

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Presentazione e ringraziamenti

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PRESENTAZIONE E RINGRAZIAMENTI DELLA COM-MISSIONE NAZIONALE SCUOLE DI ALPINISMO E SCIALPINISMO - CNSASA

La presente edizione del manuale “Alpinismo su ghiaccio e misto” che le scuole aspettavano con

impazienza, frutto dell'esperienza delle nostre Scuole Centrali e dello studio della Commissione

Materiali e Tecniche, ha senza dubbio il pregio d' essere completo, quasi pignolo su tutti gli

aspetti delle ascensioni d' alta montagna. Attento anche alla realtà oggettiva dell' ambiente in

quota che in questi ultimi anni è cambiato non di poco, dove le vie di ghiaccio diventano sem-

pre di più vie di misto, questo fatto non secondario ha indotto ad estendere la parte tecnica di

roccia. Tale scelta fa si che questo manuale di ghiaccio sia veramente il testo comune per le scuo-

le di alpinismo e di sci alpinismo.

La Commissione vuole ringraziare :

• Maurizio Dalla Libera che ha coordinato il gruppo di lavoro e curato la redazione

• Il gruppo di lavoro formato da Istruttori della Scuola Centrale di Sci Alpinismo e della Scuola

Centrale di Alpinismo: Franco Brunello, Davide Di Giosaffatte, Edoardo Fioretti, Bruno

Moretti, Angelo Panza, Giuliano Bressan, Lorenzo Giacomoni, Claudio Melchiorri, Emiliano

Olivero

• I collaboratori operanti nella CNSASA: Guido Coppadoro per la correzione delle bozze e

Paolo Veronelli per la segreteria; Massimo Doglioni per la consulenza editoriale

• L’organico della Scuola Centrale di Sci Alpinismo per la partecipazione a riunioni e prove tec-

niche rese necessarie per la realizzazione del manuale

• La Commissione Centrale Materiali e Tecniche e gli Istruttori Vittorio Bedogni, Giuliano

Bressan, Claudio Melchiorri e Carlo Zanantoni per la collaborazione e la consulenza

• Le Commissioni Materiali e Tecniche della Lombardia e del Veneto Friuli Venezia Giulia per

il loro contributo sui materiali

• I Tecnici del CNSAS Franco Dobetti, Michele Barbiero, Lorenzo Giacomoni per il contribu-

to fornito nella stesura del capitolo “Richiesta di soccorso”

• La Guida Alpina Paolo Caruso e la casa editrice Edizioni Mediterranee per la consulenza

nella stesura del capitolo dedicato alla progressione su ghiaccio

• L’Istruttore Matteo Fiori per la consulenza giuridica relativa al capitolo “preparazione e con-

dotta della salita”

• Jean Paul Zuanon e Giovanni Kappenberger per la sensibilità e l’aiuto manifestati in più

occasioni

• Il Servizio Valanghe del CAI per l’apporto fornito in tema di neve, valanghe e autosoccorso

• Il Centre d’Etudes de la Neige (CEN) di Météo France per aver autorizzato la pubblicazio-

ne di foto sui cristalli di neve

• L’Associazione Interregionale Neve e Valanghe (AINEVA) e in particolare la Direzione della

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Alpinismo su ghiaccio e misto Presentazione e ringraziamenti

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rivista “Neve e valanghe” per averci autorizzato a riprodurre parti di testo ed immagini pre-

senti nelle loro pubblicazioni relative a bollettini nivometeo, neve e valanghe

• Il Centro Valanghe di Arabba e i tecnici Anselmo Cagnati, Mauro Valt, Renato Zasso per la

consulenza sulle caratteristiche della neve e sulla valutazione della stabilità del manto nevoso

• Per la realizzazione di numerose immagini che compaiono nel manuale si ringraziano inol-

tre gli istruttori: Bruno Brunello, Franco Brunello, Davide Di Giosaffatte, Edoardo Fioretti,

Ivano Mattuzzi, Bruno Moretti, Angelo Panza, Ettore Taufer, Carlo Zanon, Lorenzo

Giacomoni, Francesco Cappellari, Emiliano Olivero, Alberto Ongari, Giacomo Cesca, Massimo

Fioretti, Davide Rogora, Antonio Carboni, Claudio Smiraglia, Franco Gallo, Maurizio

Carcereri, Luigi Bernardi, Fabio Zamperetti, Alessandro Bimbatti, Carlo Barbolini, Gian

Mario Piazza, i partecipanti al corso nazionale per INSA edizioni 2003 e 2005 e la Scuola di

sci alpinismo di Marostica e Thiene, la Scuola “Franco Piovan di Padova”, la Scuola “Umberto

Conforto” di Vicenza.

Rolando Canuti

Presidente della Commissione Nazionale

Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo

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Alpinismo su ghiaccio e misto

PREFAZIONE

Il lavoro prodotto con esperienza e passione dagli amici istruttori nella edizione 1995 è

stato aggiornato e sviluppato: ci siamo occupati non solo della evoluzione delle tecniche di

arrampicata su ghiaccio e dei materiali, ma si è anche considerata la maggiore complessità

dell’attività alpinistica in alta montagna in seguito ai recenti cambiamenti climatici.

Diversi itinerari classici come pareti nord e canaloni su neve, che venivano percorsi nella

stagione estiva da molte cordate, ora si sono progressivamente ridotte o sono purtroppo

addirittura scomparsi per la mancanza di neve e di ghiaccio.

Infatti a partire dall’inizio degli anni novanta il progressivo riscaldamento dell’atmosfera ha

fatto registrare durante i mesi estivi valori di temperatura molto elevati che hanno accele-

rato l’arretramento dei ghiacciai e innalzato il livello altimetrico del permafrost. Molti sassi,

massi e blocchi di ghiaccio che prima erano cementati dal ghiaccio, ora, venendo meno

questo collante, hanno incrementato le frane, le scariche di pietre e di ghiaccio. A causa di

questo maggiore aumento dell’instabilità, diverse pareti nord, che 10-15 anni fa erano per-

corse regolarmente nei mesi di luglio e agosto, durante le attuali estati secche e calde risul-

tano spesso impercorribili per motivi di sicurezza. I frequentatori dell’alta montagna si

stanno adattando al mutamento di scenario e l’attività alpinistica si sta diversificando: c’è

chi preferisce salire nel periodo estivo prevalentemente creste di misto, chi, invece, sceglie

di affrontare certe pareti nord nel periodo primaverile o in autunno dopo le prime nevica-

te, oppure ci sono gli appassionati del ghiaccio ripido che affrontano couloir e goulotte in

pieno inverno. Tuttavia se da un lato si è cercato di ridurre il rischio di scariche di sassi e di

ghiaccio, dall’altro queste scelte fanno emergere altri pericoli oggettivi: chi si muove d’inver-

no e in primavera si trova nelle medesime condizioni di uno sci alpinista e quindi alle prese

con il problema delle valanghe; analogamente colui che privilegia la salita di cresta su misto

deve comunque fare i conti con lo zero termico e deve applicare sul terreno le tecniche di pro-

gressione e le modalità di assicurazione più adatte per mantenere una marcia spedita.

Pertanto all’alpinista, che affronta l’alta montagna, viene richiesto oltre che un’adeguata

preparazione tecnica soprattutto una buona formazione scientifica e culturale; il manuale

per fornire una appropriata base teorica e sperimentale riporta i più recenti lavori condot-

ti dalla CCMT e dalle Scuole Centrali sulla catena di assicurazione, sui vari sistemi di assi-

curazione e sulle problematiche della neve e delle valanghe.

La conoscenza approfondita dell’ambiente e delle tecniche relative al tipo di disciplina è il

modo migliore per prevenire ed evitare gli incidenti: si tratta in primo luogo di una que-

stione di cultura. La conoscenza dell’ambiente permette una sicura frequentazione; solo

allora si sa come affrontarlo, si applicano le tecniche adeguate, si attivano i mezzi fisici e la

forza mentale, si sceglie l’attrezzatura e l’abbigliamento.

Nella secolare convivenza con l’ambiente naturale da parte di chi vive in montagna e nel

corso di duecento anni di alpinismo è stata elaborata una cultura e sono state messe insie-

Prefazione

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Alpinismo su ghiaccio e misto Prefazione

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me le conoscenze capaci di far fronte alle avversità e di prevenire le situazioni potenzial-

mente pericolose.

Gli attuali modelli di comportamento proposti da una certa stampa sensibile solo alla pre-

stazione spettacolare, oltre a dare informazioni superficiali e distorte, tendono purtroppo a

banalizzare e a trasformare in fatti ordinari attività che richiedono invece anni di prepara-

zione ed esperienza.

L’esigenza di una più approfondita formazione culturale non è indispensabile solo per

ridurre i pericoli oggettivi, ma è importante perché la sola conoscenza delle tecniche non è

sufficiente per formare un alpinista; è necessaria un’etica di comportamento che tuteli l’am-

biente naturale e che si ispiri a valori di rispetto e solidarietà nei confronti delle persone con

cui arrampichiamo o veniamo in contatto.

In questa nuova prospettiva l’istruttore o colui che guida il gruppo non esercita solo un

ruolo di accompagnamento e di riferimento da un punto di vista tecnico ma deve svolgere

anche un’azione culturale ed educativa.

Nel presente manuale sono sviluppati soprattutto gli aspetti inerenti l’attività alpinistica su

ghiaccio e misto, mentre le tematiche di carattere culturale e scientifico, come ad esempio

cultura alpina, storia dell’alpinismo e dello sci alpinismo, meteorologia, geomorfologia,

pericoli della montagna, topografia, flora e fauna, ecologia, fisiologia, primo soccorso,

saranno trattate in un manuale appositamente dedicato.

Fornire conoscenze e tecniche per frequentare la montagna in sicurezza, dapprima in modo

guidato e successivamente in forma autonoma, è da sempre la filosofia che guida il nostro

operato.

“Alpinismo su ghiaccio e misto” è rivolto agli allievi che partecipano a corsi di base e avan-

zati organizzati dalle scuole di alpinismo e di sci alpinismo del Club Alpino Italiano e a tutti

gli istruttori come riferimento essenziale ai fini dell’uniformità didattica.

Il manuale è anche rivolto a tutti coloro che, già svolgendo questa complessa attività, vogliono

approfondire la loro preparazione sulle tematiche inerenti le tecniche di progressione, l’attrez-

zatura alpinistica, i sistemi di assicurazione e la preparazione e condotta della salita.

Nell’ottica di un utilizzo del manuale in ambito didattico si è scelto di modulare le cono-

scenze con gradualità, in modo da permettere all’alpinista principiante una formazione di

base e a quello più evoluto un approfondimento.

È compito degli istruttori, sulla base degli obiettivi e dei contenuti stabiliti per ciascuna

tipologia di corso dalla Commissione Nazionale, scegliere nel manuale gli argomenti più

adatti per il livello del corso e svolgerli durante le lezioni teoriche e le uscite pratiche. Va

ricordato che una scuola è buona se gli allievi alla fine di un percorso formativo sono riu-

sciti ad apprendere alcune conoscenze e abilità di base stabilite dagli obiettivi principali del

corso; la formazione deve far capire a tutti i partecipanti l’importanza di muoversi nell’am-

biente in sicurezza, perché la montagna presenta difficoltà e pericoli che spesso i meno

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Prefazione

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esperti sottovalutano.

All’istruttore si chiede di curare quelle tecniche di insegnamento che consentono di trasfe-

rire all’allievo ciò che conosce e sa fare, in modo che, grazie all’intervento didattico e ad

un’adeguata esperienza personale, egli possa frequentare in sicurezza l’ambiente di monta-

gna in forma sempre più autonoma.

Per realizzare un’opera che comprenda varie discipline e che risulti sufficientemente

approfondita ci siamo avvalsi di importanti contributi sia da parte di Commissioni operan-

ti all’interno del CAI sia di Enti che svolgono attività di informazione, divulgazione e pre-

venzione nell’ambiente montano, nonché della cooperazione di numerosi amici istruttori ed

esperti praticanti dell’attività alpinistica.

Diversamente dal precedente manuale, in questo si fa riferimento non solo al ghiaccio, ma

anche al misto per le motivazioni precedentemente espresse. Vogliamo ancora una volta

ricordare che l’attività su ghiaccio e misto è una disciplina di notevole complessità, nella

quale bisogna avvalersi di tecniche e conoscenze provenienti da ambiti specifici relativi alla

progressione su roccia, neve e ghiaccio; ma forse è anche il settore nel quale l’alpinista può

maggiormente esprimersi nella sua globalità. Per questo il manuale risulta di ragguardevole

complessità e ci auguriamo di sufficiente completezza.

Abbiamo riservato ampio spazio alla catena di assicurazione, tematica considerata specifica

della progressione su roccia, perché è importante far cultura alpinistica e questa passa anche

attraverso conoscenze più ampie rispetto a quelle indispensabili per la salita da realizzare. Per

questo si sono approfondite tematiche relative alle sollecitazioni che subiscono l’alpinista,

l’ancoraggio di sosta e l’ultimo rinvio in caso di volo del primo di cordata sia con corda bloc-

cata che con l’impiego di freni, si sono evidenziati dettagli tecnici e norme relativi agli ele-

menti che fanno parte della catena di assicurazione (corde, cordini, fettucce, moschettoni,

imbracatura, ecc.). Tale trattazione è stata possibile grazie al prezioso contributo della

CCMT che ha svolto un lungo lavoro sulle nuove metodologie di assicurazione che meglio

si adattano ai terreni precari. Le tecniche di assicurazione su ghiaccio e su terreno misto da

applicare in parete e che prevedono una progressione per tiri di corda sono illustrate e messe

a confronto, facendo particolare riferimento all’affidabilità degli ancoraggi. Infine vengono

riportati in sintesi i risultati delle prove, con le considerazioni conclusive, condotte dalla

CCMT coordinata da Giuliano Bressan.

Abbiamo descritto le tecniche della “progressione in conserva” cioè il movimento contem-

poraneo di alpinisti o sci alpinisti che sono legati tra loro in cordata. Nella prima parte si

riprendono argomenti noti come la descrizione delle caratteristiche principali del ghiacciaio,

gli accorgimenti da adottare nell’attraversamento di zone crepacciate e la progressione su

ghiacciaio, effettuata sia a piedi che con gli sci. Invece nella seconda parte si affronta una

tematica relativamente nuova che riguarda la progressione in conserva su pendii e creste per-

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Alpinismo su ghiaccio e misto Prefazione

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ché la lunghezza di questi itinerari, la necessità di rimanere esposti a pericoli oggettivi il

minor tempo possibile, l’esigenza di conservare delle buone condizioni di neve impongono

di dover procedere rapidamente, pur conservando un certo grado di sicurezza. A seconda

che il movimento avvenga su terreno facile di misto, oppure su cresta rocciosa di misto o

su parete di neve vengono adottati sistemi diversi di legatura e di progressione.

Descriviamo in forma aggiornata, adattati in ordine crescente di difficoltà, dapprima con

la sola piccozza e poi con due attrezzi, gli esercizi della progressione base su neve e ghiac-

cio, che fanno parte del bagaglio di esperienze maturate in ambiente del CAI. Alcuni di

questi sono stati rivisti adottando una nuova metodologia didattica che si ispira a studi sul

movimento su ghiaccio sviluppati dalla Guida Alpina Paolo Caruso.

Abbiamo dedicato uno spazio specifico alla neve, alle valanghe e all’autosoccorso.

L’obiettivo è quello di far comprendere le trasformazioni del manto nevoso e le cause prin-

cipali che sono all’origine del distacco di una valanga, evento purtroppo quasi sempre cau-

sato dall’imperizia degli alpinisti che non rispettano le norme di sicurezza. Crediamo che

appropriate conoscenze e una adeguata esperienza maturata in montagna ci consentano di

interpretare correttamente le informazioni contenute nel bollettino nivometeorologico, di

scegliere una salita con criteri più oggettivi e di muoversi sul terreno in modo più consa-

pevole e soprattutto più sicuro. Tante conoscenze ed esperienze maturate in questi anni

sono frutto anche della collaborazione con esperti che operano presso i Centri Valanghe; in

modo particolare cogliamo l’occasione per citare A. Cagnati, M. Valt e R. Zasso del Centro

di Arabba e G. Peretti e A. Praolini del Centro di Bormio.

Infine si è curato con particolare attenzione l’aspetto della prevenzione degli incidenti, sia

in fase di scelta e preparazione della salita sia durante il comportamento sul terreno.

Conoscere i pericoli per poter meglio evitarli è una regola fondamentale. Vengono consi-

derati in forma sintetica i pericoli oggettivi dovuti alle condizioni meteorologiche e alla

situazione della montagna e i pericoli soggettivi legati alla persona, quali incapacità, inade-

guata forza d’animo, mancanza di conoscenze e impreparazione tecnica, stima non corret-

ta delle difficoltà in rapporto alla propria esperienza.

L’obiettivo è quello di adottare tutte le misure precauzionali affinché l’attività alpinistica

comporti un rischio residuo accettabile; bisogna perciò dedicarsi con diligenza e prudenza

con il duplice obiettivo di prevenire gli incidenti e garantire quelle grandi soddisfazioni che

la frequentazione della montagna ci può offrire. La prudenza tuttavia, e qui sta forse il pro-

blema maggiore, è un margine di sicurezza che dipende dalle capacità e conoscenze dell'in-

dividuo.

Per questo bisogna essere coscienti della propria capacità di valutazione e saper assumere un

atteggiamento critico nei confronti delle propria esperienza. Per conoscere i propri limiti biso-

gna analizzare e non giustificare i propri errori, fare un bilancio onesto delle forze in gioco e

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Prefazione

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delle difficoltà da superare, valutare le critiche e le osservazioni dei compagni di cordata.

Queste considerazioni non valgono solo per l’alpinista esperto, ma devono essere presenta-

te anche nei corsi in modo che i partecipanti si rendano conto delle loro attitudini e dei

loro limiti.

Pertanto la figura del capocomitiva e soprattutto quella dell’istruttore assumono una impor-

tanza particolare in primo luogo per gli obblighi morali nei confronti di chi si affida agli

accompagnatori, confidando sull’esperienza di questi e sull’affidabilità dell’organizzazione e

considerando anche le responsabilità che vengono attribuite dall’ordinamento giuridico.

Il responsabile di un corso o di un gruppo, dotato di adeguata competenza in rapporto al

tipo di ascensione, oltre a fare le sue scelte ispirandosi alla esperienza e al buon senso, deve

agire sempre con diligenza e prudenza, perché questo si richiede ad un soggetto che eserci-

ta una attività qualificata.

Il manuale fa largo uso di immagini a colori e riporta a lato del testo alcuni concetti chia-

ve per facilitare la comprensione di quanto proposto; alle Scuole viene consegnato un DVD

che raccoglie tutte le foto e le illustrazioni che accompagnano il testo, con lo scopo di for-

nire un sussidio didattico nella preparazione delle lezioni.

Ci auguriamo che la pubblicazione, frutto di un lungo lavoro, possa essere di valido aiuto

per molti, in particolare per istruttori e allievi dei corsi di alpinismo e di sci alpinismo, e

rivolgiamo un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno collaborato con passione e

tenacia alla sua realizzazione.

Speriamo di aver dato un piccolo contributo perché chi ama i monti possa ancor più

apprezzarne le bellezze incomparabili e vivere le grandi emozioni dell’ambiente alpino, fre-

quentando la montagna con spirito di grande rispetto; è solo sviluppando la conoscenza

dell’ambiente e di noi stessi che potremo lentamente entrare sempre più in sintonia con la

roccia, la neve, il vento.

Maurizio Dalla Libera

Direttore della Scuola Centrale di Sci Alpinismo

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Alpinismo su ghiaccio e misto Sommario

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SOMMARIO

Presentazione del Presidente Generale pag. 3

Presentazione e ringraziamenti della Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Sci alpinismo - CNSASA pag. 4

Prefazione pag. 6

Sommario pag. 11

Capitolo 1: equipaggiamento

Premessa pag. 18

Abbigliamento pag. 21

Attrezzatura varia pag. 33

Materiale da bivacco pag. 44

Capitolo 2: attrezzatura alpinistica

Premessa pag. 50

Corde pag. 51

Cordini, fettucce e preparati pag. 53

Moschettoni pag. 56

Imbracatura pag. 58

Casco pag. 60

Piccozza e martello-piccozza pag. 62

Ramponi pag. 73

Viti e chiodi da ghiaccio pag. 79

Fittoni e corpi morti pag. 81

Manutenzione degli attrezzi pag. 83

Chiodi da roccia pag. 85

Blocchetti da incastro fissi e regolabili pag. 86

Piastrine multiuso pag. 87

Freni e discensori pag. 91

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Sommario

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Capitolo 3: Imbracatura e nodi principali

Utilizzo dell’imbracatura pag. 94

Nodi principali pag. 96

Collegamento della corda all’imbracatura bassa pag. 99

Collegamento della corda all’imbracatura combinata pag. 101

Realizzazione di imbracature di emergenza pag. 102

Nodi per assicurazione ed autoassicurazione pag. 103

Nodi e sistemi autobloccanti pag. 108

Nodi di giunzione pag. 116

Capitolo 4: Catena di assicurazione e normative

Premessa pag. 120

Principi della catena di assicurazione pag. 121

Materiali e normative pag. 156

Capitolo 5: Progressione di base su neve e ghiaccio

Premessa pag. 202

Ricerca dell’equilibrio e tipi di movimenti pag. 202

La progressione incrociata applicata alla tecnica di base pag. 205

Progressione individuale su neve senza ramponi con piccozza oppure con bastoncini da sci pag. 208

Tecnica individuale di progressione su ghiaccio con piccozza e ramponi pag. 221

Gradinamento pag. 243

Capitolo 6: Progressione con due attrezzi e introduzione alla “piolet-traction”

Premessa pag. 254

Uso generale degli attrezzi pag. 254

Salita diretta con due attrezzi in appoggio e in appoggio - trazione pag. 254

Salita diretta con due attrezzi in trazione pag. 256

Utilizzo dei ramponi pag. 259

Uscita da un breve tratto ripido pag. 260

Progressione su pendio ripido pag. 261

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Alpinismo su ghiaccio e misto Sommario

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Capitolo 7: Progressione individuale su misto

Premessa pag. 274

Impiego dei ramponi su terreno misto pag. 274

Baricentro e movimento naturale pag. 276

La posizione di base pag. 277

Il movimento in salita – arrampicata diretta pag. 278

Il movimento in discesa faccia a valle pag. 280

Il movimento in discesa faccia a monte e posizione in spaccata pag. 281

Il movimento in traversata pag. 282

La tecnica di opposizione e di sostituzione pag. 283

Progressione in camino pag. 286

Progressione in fessura pag. 288

Progressione in diedro pag. 289

Osservazioni particolari relative alla pratica dello sci alpinismo pag. 290

Capitolo 8: Ancoraggi

Premessa pag. 292

Ancoraggi su neve e ghiaccio pag. 292

Ancoraggi su roccia pag. 301

Ancoraggi di sosta pag. 305

Collegamento degli ancoraggi di sosta pag. 309

Ancoraggi di calata pag. 316

Ancoraggi intermedi (o di protezione) pag. 318

Capitolo 9: Tecniche di assicurazione in parete

Premessa pag. 320

Ancoraggi di sosta, intermedi e autoassicurazione pag. 321

Richiami sull’assicurazione dinamica e sui freni pag. 329

Tecniche di assicurazione dinamica al primo di cordata pag. 334

Tecniche di assicurazione al secondo di cordata pag. 353

Assicurazione con metodo tradizionale a spalla pag. 356

Progressione della cordata su terreno alpinistico pag. 358

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Sommario

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Capitolo 10: Progressione in conserva della cordata

Premessa pag. 366

Progressione in conserva su ghiacciaio pag. 367

Progressione in conserva su pendii e creste pag. 392

Prospetto di riepilogo pag. 410

Capitolo 11: Manovre di corda

Premessa pag. 412

Avvolgimento e trasporto della corda pag. 413

La corda doppia pag. 414

Risalita della corda con i nodi autobloccanti pag. 432

Sistemi di paranchi pag. 433

Attrezzatura di passaggi con corda fissa pag. 434

Passaggio delle corde in carico dal tuber alla sosta pag. 438

Capitolo 12: Recuperi da crepaccio

Premessa pag. 442

Indicazioni sulla quantità di forza da applicare in un recupero pag. 443

Messa in sicura della cordata e predisposizione del sistema iniziale di recupero da crepaccio pag. 447

Paranco semplice con rinvio al compagno(compagno in grado di collaborare) pag. 453

Recupero con azione interna ed esterna (compagno in grado di collaborare) pag. 456

Paranco Vanzo (compagno in grado di collaborare) pag. 460

Paranco Mezzo Poldo con piastrina pag. 464

Paranco Mezzo Poldo con piastrina e spezzone ausiliario pag. 466

Paranco Mezzo Poldo con piastrina su terreno misto pag. 469

Capitolo 13: La neve e le valanghe

Premessa pag. 474

La formazione della neve pag. 474

Le superfici del manto nevoso pag. 478

Evoluzione del manto nevoso pag. 482

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Alpinismo su ghiaccio e misto Sommario

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Trasformazioni della neve al suolo pag. 485

Le valanghe pag. 495

La valanga a debole coesione pag. 497

La valanga a lastroni pag. 499

La valanga di neve bagnata pag. 503

La valanga nubiforme (di neve polverosa) pag. 504

Condizioni critiche per il distacco di una valanga a lastroni pag. 505

Fattori che determinano il distacco di valanghe pag. 509

Incidenti da valanga e autosoccorso pag. 523

Incidenti da valanga sulle Alpi pag. 524

Probabilità di sopravvivenza in valanga pag. 525

Autosoccorso e responsabile della ricerca pag. 527

Ricerca vista-udito pag. 530

Identificazione aree primarie di ricerca pag. 530

Richiesta di soccorso organizzato pag. 534

Capitolo 14: Preparazione e condotta della salita

Premessa pag. 538

Pericoli oggettivi pag. 540

Pericoli soggettivi pag. 563

Preparazione della salita pag. 570

La responsabilità dell’accompagnatore pag. 608

Capitolo 15: Richiesta di soccorso

Premessa pag. 620

Numeri di chiamata del soccorso alpino sulle Alpi pag. 620

Segnali internazionali di soccorso alpino pag. 621

Il soccorso aereo pag. 623

Scelta della zona di atterraggio e misure di sicurezza pag. 625

Soccorso in crepaccio pag. 631

Chiamata di soccorso: scheda sintetica pag. 632

Bibliografia pag. 633

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capitolo 1

Equipaggiamento

INDICE

Premessa

Abbigliamento • Indumenti a contatto con la pelle• Pantaloni • Copri calzoni• Giacca a vento• Giacca imbottita• Copricapo• Guanti• Occhiali• Crema solare

Attrezzatura varia• Scarponi• Ghette• Zaino• Lampada frontale• Thermos e borracce• Bastoncini regolabili• Telo termico• Farmacia• Relazione salita, cartina, strumentazione• Accessori vari• A.R.VA. • Documenti e tessera del C.A.I.

Materiale da bivacco• Il bivacco imprevisto• Il bivacco organizzato• Fornello • Pentole e posate• Viveri e bevande• Materassini • Sacco a pelo e sacco da bivacco• Tendina

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PREMESSA

Il vestiario ha importanza primaria in alta montagna e in connessione con atti-vità a spiccato contenuto tecnico come quella alpinistica. È importante indos-sare vari strati di indumenti sottili e leggeri.Le principali funzioni del vestiario sono:- proteggere da condizioni atmosferiche avverse- favorire o perlomeno non ostacolare i processi di termoregolazione del corpo- proteggere da effetti meccanici dannosi dell'ambiente (quali sfregamento

contro superfici ruvide, penetrazione di elementi taglienti, ecc.)- garantire comodità, senza ostacolare i movimenti.Per quanto riguarda il primo punto va ricordato che il corpo umano è termore-golato attraverso un complesso sistema fisiologico attorno a una temperaturaottimale di 37°C; variazioni anche di pochi gradi rispetto a tale valore (febbre,ipotermia) comportano forte riduzione della funzionalità e in particolare dellacapacità di produrre lavoro. Gran parte dell'energia prodotta dal corpo umanoviene utilizzata per produrre calore: in normali condizioni di attività fisica e dicondizioni ambientali solo circa il 25% dell'energia prodotta viene trasformatain lavoro muscolare. Lo scambio di calore con l'esterno, che consente di mante-nere costante la temperatura interna, avviene essenzialmente attraverso l'appa-rato circolatorio periferico e attraverso l'evaporazione tramite sudorazione. Tali processi sono resi critici da condizioni ambientali particolarmente avverse:elevate temperature e insolazione, basse temperature, forte vento, pioggia o umi-dità elevata. Nel caso di temperature ambientali elevate ed elevata umiditàatmosferica, sotto fatica, il processo di ablazione del calore da parte della circo-lazione sanguigna e il processo di sudorazione non devono essere ostacolati dalvestiario, pena il rischio di sovra riscaldamento e infine di “colpo di calore”. Nelcaso di temperature basse, soprattutto se in presenza di umidità e vento, è inprimo luogo il vestiario che deve assistere i processi fisiologici che combattonol'insorgere dell'ipotermia, dell'assideramento e del congelamento locale.Un buon capo di vestiario, in dipendenza ovviamente dalla sua funzione spe-cifica, deve essenzialmente essere caratterizzato da un certo grado di isolamentotermico e da una certa capacità di traspirazione. La prima proprietà dipendeessenzialmente dallo spessore e dalla struttura dei tessuti, in particolare dallaquantità di aria da essi trattenuta. La seconda proprietà, più difficile da otte-

Equipaggiamento Alpinismo su ghiaccio e misto

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nere in misura soddisfacente, dipende essenzialmente dalla struttura e dallacapacità della fibra tessile di condurre l'umidità; è comunque dipendente dallecondizioni dell'ambiente in quanto la traspirazione richiede un sufficiente gra-diente termico e di umidità ed è quindi favorita in ambiente fresco e asciutto.Attualmente sono disponibili sul mercato tessuti sia in fibra naturale che in fibrasintetica, questi ultimi in misura sempre crescente. Diamo nel seguito solamen-te alcune indicazioni essenziali in quanto i materiali disponibili sul mercato,soprattutto quelli in fibra sintetica, sono estremamente numerosi e spesso diffe-renziati solamente per caratteristiche secondarie o addirittura sostanzialmenteidentici malgrado la diversa denominazione.Le fibre naturali (cotone, lana, seta) sono caratterizzate essenzialmente da:- resistenza (allo strappo) buona per il cotone e la seta, cattiva per la lana- resistenza all'usura (sfregamento) buona per il cotone, cattiva per la lana e la

seta- elevata capacità di assorbire umidità e quindi vantaggio per la pelle (salvo

“allergie”, frequenti nel caso della lana)- asciugamento lento, soprattutto nel caso della lana- buon isolamento termico, maggiore nel caso della lana e della seta, minore

nel caso del cotone- deformabilità elevata per la lana e la seta, scarsa per il cotoneIl cotone è ancora usato nell'abbigliamento alpinistico; la lana classica lo è sem-pre meno mentre per il freddo intenso si sta diffondendo nel mercato la nuovalana merino; la seta è utilizzata principalmente nella biancheria intima, persottocalze o sottoguanti. Le fibre sintetiche, come già detto, sono presenti sul mercato in numero elevatoe con caratteristiche sensibilmente diverse. La loro scarsa capacità di assorbireumidità le ha rese per lungo tempo poco adatte al contatto con la pelle, ma esi-stono oggi numerosi tessuti che, per composizione e struttura, superano sostan-zialmente tale problema. In media le caratteristiche principali sono le seguenti:- resistenza (allo strappo) migliore di quella delle fibre naturali- resistenza all'usura (sfregamento) migliore di quella delle fibre naturali- scarsa o quasi nulla capacità di assorbire umidità- asciugamento rapido- isolamento termico in genere di per sé modesto, ma buono in combinazione

con altri materiali e/o in strutture particolari

Alpinismo su ghiaccio e misto Equipaggiamento

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- peso specifico minore di quello delle fibre naturali- tendenza ad assumere carica elettrostatica e quindi a sporcarsi rapidamente.Un esempio interessante di tessuto in fibra sintetica è il Goretex. Si tratta essen-zialmente di un laminato, cioè di un tessuto costituito da più strati di cui uno,interno, protetto meccanicamente su ambo i lati da strati più esterni, è costituitoda una membrana di Teflon i cui pori sono di dimensioni tali da permettere ilpassaggio di acqua sotto forma di vapore, e quindi la traspirazione, ma non ilpassaggio di gocce d'acqua anche piccolissime, per cui risulta impermeabile.Risolve quindi abbastanza soddisfacentemente il problema di indumenti chedevono essere impermeabili e contemporaneamente sufficientemente traspiranti,quali giacche a vento, sovrapantaloni, ghette, guanti. Il suo principale difetto èquello di non possedere di per sé elevata resistenza meccanica. In combinazionecon altri materiali peraltro può essere e viene normalmente utilizzato anche perscarpe, zaini, tende.Le fibre sintetiche vengono utilizzate anche per produrre il pile, tessuto, similea pelo sintetico, utilizzato per determinati indumenti (giacche, calze, guanti,copricapi, ecc.). Tale rivestimento viene ottenuto direttamente dalla struttura portante in fibradel tessuto e costituisce con esso quindi corpo unico; ha ottime proprietà termi-che, ma scarsa impermeabilità al vento e, per poter essere utilizzato con buonirisultati anche in tali condizioni, deve essere dotato di un rivestimento internoopportuno chiamato “windstopper”.Per quanto riguarda gli indumenti a contatto della pelle (guanti leggeri, passa-montagna, slip, sottopantaloni e maglia,...) si segnalano materiali come il poli-propilene, il fleece, il capilene.

Passiamo ora in rapida rassegna il principale equipaggiamento in uso nella pra-tica dell'alpinismo su ghiaccio; gli attrezzi tecnici vengono invece descritti nelcapitolo 2.

Equipaggiamento Alpinismo su ghiaccio e misto

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ABBIGLIAMENTO

Indumenti a contatto con la pelleGli indumenti a contatto con la pelle devonoessere scelti in funzione dell'ambiente in cui sisvolge l'attività e delle caratteristiche della stes-sa. Attività con elevato impegno aerobico (es.lunghe salite in quota) produrranno grossequantità di liquidi che richiedono di esseresmaltite e quindi necessitano di indumenti chetrasportino all’esterno il più rapidamente possi-bile di strato in strato il sudore.Capi in filato di capilene e di polipropilenesono molto traspiranti, si asciugano rapida-mente e favoriscono l’“espulsione” dei liquidiverso l’esterno attenuando la spiacevole sensa-zione di bagnato. La biancheria di cotone pos-siede gradevoli proprietà a contatto con la pelle,ma si inzuppa piuttosto rapidamente col sudo-re e risulta quindi poco pratica a basse tempe-rature.Oggi, specie in alta montagna o nelle spedizio-ni extraeuropee, vengono normalmente impie-gati indumenti in pile o simili, che, avendo unbasso coefficiente di inzuppamento, si asciuga-no molto rapidamente. Si può ottenere una efficace protezione dalfreddo e dal vento indossando più capi sovrap-posti che producono la formazione di interca-pedini isolanti fra gli strati. Inoltre, in caso dipioggia, avendo più capi a disposizione, ci sitrova ad avere sempre qualcosa di asciutto daindossare ed è possibile dosare meglio la prote-zione termica del corpo.Le calze devono essere robuste e in grado di tra-

Alpinismo su ghiaccio e misto Equipaggiamento

Attività con elevatoimpegno aerobico pro-durranno abbondantiquantità di liquidi dasmaltire; necessitanoquindi indumenti chetrasportino all’esterno ilsudore il più rapidamen-te possibile di strato instrato.

In alta montagna vengo-no normalmente impie-gati indumenti in pile osimili che, avendo unbasso coefficiente diinzuppamento, si asciu-gano molto rapidamente.

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Equipaggiamento Alpinismo su ghiaccio e misto

sportare rapidamente il sudore verso l'esterno.Oggi sono preferiti i tessuti sintetici in quantocombinano favorevolmente i pregi di altri

materiali: hanno buone proprietà ter-miche, che si mantengono anche allostato bagnato, sono sufficientemen-te robusti e non ostacolano partico-larmente la sudorazione; i calzini sitrovano con spessore fine e spesso inpolipropilene mentre le calze pesan-ti sono prodotte in pile. Le calze dilana, o più spesso un misto lana-sin-tetico, sono ancora in uso, ma sonopoco robuste e di calzata in generemeno comoda.

Per evitare dolorosi sfregamenti sottole calze pesanti di pile o lana, a diretto

contatto con la pelle, è convenienteindossare calzini sottili di polipropilene oppuredi cotone.Una volta si utilizzava la camicia di lana o dicotone, tipicamente di flanella: tuttavia siinzuppava rapidamente di sudore e quindi,soprattutto in condizioni di basse temperature,l'indumento doveva essere cambiato con unacerta frequenza ad evitare pericolosi raffredda-menti. Anche per questo indumento, tradizionalmen-te legato alle fibre naturali, sono oggi disponi-bili ottime versioni in fibre sintetiche che favo-riscono in particolare la sudorazione e sono dirapido asciugamento.L'abbigliamento in montagna, soprattuttod'inverno, deve rispondere a un duplice requi-sito: protezione dal freddo, che può essere

C01-01 Indumenti contatto pelle: maglietta in capilene, calzamaglia,

slip in capilene, calzini in polipropilene.

L'abbigliamento inmontagna, soprattuttod'inverno, deve rispon-dere a un duplice requi-sito: proteggere dal fred-do, che può essere ancheintenso, e possibilità diregolazione.

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Alpinismo su ghiaccio e misto Equipaggiamento

anche molto intenso, e possibilità di regolazio-ne. Riguardo a quest'ultimo punto si tenga pre-sente che il caldo eccessivo e sudorazione sonofattori negativi. Entrambi affaticano l'organi-smo e richiedono un'assunzione supplementa-re di liquidi che può essere difficile reperire. La sudorazione, inoltre, è responsabile dellasensazione di freddo improvviso che cogliedurante le soste anche se ci si è coperti subito.Infatti, per asciugare, il sudore assorbe il caloredi evaporazione dal corpo. Più che pochi indu-menti molto pesanti, conviene dunque averenumerosi “strati” più sottili e leggeri, che da unlato permettono una migliore regolazione edall’altro una maggiore coibentazione, grazie aicuscinetti di aria calda che si formano tra l'unoe l'altro (inoltre c'è la possibilità di eliminarel'indumento bagnato di sudore senza pregiu-dizio della copertura totale). In genere,quando alla mattina l'organismo è fred-do, si parte molto coperti. Bisogna avere l'avvertenza, man manoche l'attività muscolare produce calo-re in eccesso, di scoprirsi gradualmen-te, evitando di accaldarsi e di sudaretroppo. Durante le soste, venendo a man-care la produzione di calore del movi-mento, è indispensabile coprirsi subi-to, soprattutto se si è sudati e se c'èvento, anche se la fermata è breve.

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C01-02 Indumenti intermedi: maglietta a pelle, una maglia con manichelunghe con collo e un pile in windstopper

Il sudore per asciugareassorbe il calore di eva-porazione dal corpo. Piùche pochi indumentipesanti, conviene averenumerosi “strati” piùsottili e leggeri, che per-mettono una miglioreregolazione e una mag-giore coibentazione.

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Equipaggiamento Alpinismo su ghiaccio e misto

PantaloniAttualmente si impiegano pantaloni in fibra ela-sticizzata che arrivano fino al piede e si adattanoalla forma della gamba; ciò riduce la possibilitàche il rampone vada ad impigliarsi nel tessuto.Sono molto valide anche le salopette in elasticiz-zato che presentano il vantaggio di fornire prote-zione alle reni e allo stomaco e di possedere unamaggior dotazione di tasche appropriate. Alcunimodelli sono dotati di ghette integrate oppurehanno la possibilità di essere chiusi attorno allaparte bassa della gamba o sullo scarpone.Devono permettere libertà di movimenti,non essere irritanti per la pelle, essere moltorobusti, non inzupparsi facilmente, avere

buone proprietà termiche e sufficiente tra-spirazione, asciugare rapidamente. Queste

caratteristiche si ottengono in media assai megliocon tessuti misti che con sole fibre naturali ed esi-stono oggi numerose soluzioni valide propostedal mercato.

CopricalzoniDevono essere impermeabili e antivento purconsentendo una certa traspirazione. I sovra-pantaloni in nylon sono impermeabili, ma nontraspiranti. Molto più efficienti dal punto divista della traspirazione sono quelli in Goretex.Esistono anche sovrapantaloni imbottiti adattialle condizioni di basse temperature e vento.Nella maggior parte dei casi però l'impermea-bilità dopo un certo periodo di uso viene pur-troppo a ridursi considerevolmente. È impor-tante siano provvisti di cerniere laterali che per-mettano di indossarli anche con gli scarponi e iramponi ai piedi.

C01-03 Pantaloni e copricalzoni

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Giacca a ventoDeve essere in tessuto impermeabile e traspi-rante, meglio se dotata di cappuccio non aspor-tabile, eventualmente integrato nel colletto, digrandezza tale da poter essere indossato anchecon il casco. È opportuno che la cerniera dichiusura sia lunga fino al mento e munita didoppio cursore, per poter indossare la giaccasopra l'imbracatura lasciando fuoriuscire lacorda di cordata. La cerniera deve essere in pla-stica, poiché quelle di metallo, come già detto,a temperature molto basse risultano dolorose alcontatto.La migliore vestibilità è quella che consente diestendere completamente in alto le bracciasenza scoprire le reni, ed è ottenuta di solitocon maniche larghe e comode, chiuse da polsi-ni regolabili. Molto utili le tasche, ampie e,possibilmente, chiuse da cerniere.Dal punto di vista dei materiali sonooggigiorno da sconsigliare, per l'usoin alta montagna, le giacche innylon o perlon imbottito che nonsono traspiranti. Le giacche inGoretex o similare hanno ottime pro-prietà di impermeabilità e traspirazione. Èda verificare con cura che tutte le cucituresiano termosaldate per evitare la penetrazionedell’acqua. Esistono oggi soluzioni assai inte-ressanti dal punto di vista delle proprietà ter-miche, della traspirazione e del peso, che utiliz-zano, in funzione di isolanti, combinazioni didiversi materiali e strutture quali corotherm,thinsulate e altri e come traspirante il Goretex.

Alpinismo su ghiaccio e misto Equipaggiamento

C01-04 Giacca a vento

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Giacca imbottitaÈ costituita di norma da un involucro esternoe da un'imbottitura che, in alcuni modelli, èestraibile. L'imbottitura interna può essere inpiumino d'oca o in varie fibre sintetiche. Legiacche con imbottitura in piumino naturalehanno migliori proprietà termiche, ma, sebagnate, perdono almeno temporaneamente laloro capacità isolante e l'imbottitura tende adistribuirsi in modo non uniforme. Le giacche

con imbottitura sintetica sono meno isolan-ti ma soffrono in misura minore delle

conseguenze dell'inzuppamento. Sonocomunque capi di vestiario da utilizza-re solamente in alta quota, con condi-

zioni di temperatura molto bassa o perbivacco. In altre condizioni sono vantaggiosa-mente sostituite dalle combinazione di unanormale giacca a vento e di un corpetto imbot-tito, da usare in caso di necessità.

Equipaggiamento Alpinismo su ghiaccio e misto

CopricapoUn buon copricapo deve proteggere adeguata-mente dal freddo e dal vento ed essere abba-stanza ampio da poter coprire nuca, fronte eorecchie. Inoltre il berretto potrebbe essereindossato sotto il casco. È opportuno portarecon sé anche un passamontagna di tipo leggeroin cotone o seta da indossare in combinazionecon un altro copricapo. Il passamontagna è unottimo riparo in situazioni meteo severe (ventoforte, basse temperature, tormenta). Può essereanche in lana o in tessuto misto e anche in pilee deve permettere una certa traspirazione; ver-sioni di pile “wind stopper” costituiscono una

C01-05 Giacca imbottita

C01-06 Copricapi: berretto da sole, passamontagna in capilene, copricapo

indossabile anche sotto il casco, foulard

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GuantiFunzioni essenziali dei guanti sono:- protezione dal freddo- protezione dalle abrasioni e urti sul ghiaccio(in particolare nella tecnica “piolet traction”).Un guanto impermeabile a cinque dita risultapiù pratico ed efficace nell’impiego degli attrez-zi e nell’uso delle viti da ghiaccio. Le moffole(di lana infeltrita e/o con imbottitura in pile)per quel che riguarda la protezione dal freddo,sono senz'altro da preferire ai guanti a cinquedita, infatti, contengono una maggior quantitàdi aria, offrendo un isolamento superiore; rac-chiudono inoltre in un unico involucro lequattro dita, che si scaldano a vicenda. In casodi freddo intenso, può essere utile l'uso di unsottoguanto in acrilico o in seta o di unasopramoffola; la sopramoffola in perlon pro-tegge dall'inzuppamento. Anche il Goretexviene utilizzato in combinazione con pile o altritessuti.Molto validi sono guanti in materiale “windstopper” che proteggono dal vento: va infattiricordato che, ad esempio, le moffole in lana,estremamente calde in assenza di vento, perdo-no con quest’ultimo molta della loro termicitàal punto da richiedere sopraguanti in nylon o

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soluzione efficace. Un foulard ripara dal vento,impedisce al sudore di colare sugli occhi, abbi-nato al berretto da sole ripara le orecchie. Nelleescursioni estive, un cappellino di tela è moltoutile per proteggere il capo dall’azione direttadel sole: può essere dotato di frontino oppuredi tesa larga.

Alpinismo su ghiaccio e misto Equipaggiamento

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equivalenti.Per salite su ghiaccio è opportuno dotarsi diguanti a cinque dita dentro i quali può essereospitato un sottoguanto in pile ed è bene por-tare almeno un paio di moffole di riserva.

Equipaggiamento Alpinismo su ghiaccio e misto

OcchialiIn ambiente nevoso di alta montagna è indispen-sabile l'uso di appositi occhiali. I motivi sono bennoti, ma è opportuno comunque richiamarli bre-vemente. Dedichiamo poi un certo spazio acaratteristiche e criteri di scelta in quanto l'im-portanza di questo essenziale elemento dell'equi-paggiamento è spesso sottovalutata.All'aumentare della quota, l'irradiazione solarecresce progressivamente a causa della riduzionedello spessore atmosferico e quindi della diminu-zione dell'assorbimento. Anche la composizionedello spettro solare cambia sostanzialmente. Lo

C01-07 Guanti da sinistra a destra dall’alto: wind stopper, moffola inlana, a 5 dita in lana, guanto tecnico in neoprene, sottoguanto in capile-ne, copriguanto in Goretex.

C01-08 Occhiali

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spettro solare di interesse nella presente discus-sione si può suddividere in tre regioni principali:UV (ultravioletto), visibile e infrarosso. La radia-zione UV, invisibile all'occhio umano, corrispon-de a lunghezze d'onda inferiori a circa 380 nm (1nm = un miliardesimo di metro) ed è spiccata-mente attinica, promuove cioè determinate rea-zioni chimiche; la radiazione visibile, che appun-to consente la visione umana, si estende da circa380 nm a circa 710 nm; la radiazione IR (infra-rosso), invisibile ma che percepiamo sostanzial-mente come calore, corrisponde a lunghezzed'onda superiori a circa 710 nm.Poiché l'assorbimento atmosferico è selettivo,cioè in funzione della lunghezza d'onda, ne con-segue un considerevole aumento della radiazioneUV (ultravioletto). Neve e ghiaccio presentanoelevata diffusione (colore bianco) ed elevatariflessività (struttura “speculare” della superficie,soprattutto del ghiaccio) e questo accresce ulte-riormente il livello medio della radiazione cui èsottoposto l'occhio umano producendo elevateconcentrazioni della radiazione, i riflessi, assaifastidiosi e anche dannosi. È ben noto l'effettodannoso ed estremamente doloroso di una ecces-siva esposizione degli occhi a radiazione con ele-vato contenuto UV: da una irritazione modestadella congiuntiva si può giungere alla congiunti-vite acuta (cecità temporanea) e, nei casi piùgravi, a lesioni permanenti. Di tali effetti è relati-vamente frequente non rendersi conto in tempoutile, in quanto divengono evidenti molte oredopo l'esposizione. Un alpinista in queste condi-zioni non è ovviamente in grado di collaborarealla buona conduzione della cordata e costituisce

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impedimento e pericolo oltre che per sé stessoanche per i compagni.È quindi indispensabile ricorrere all'uso diocchiali da sole che devono assolutamente esseredi qualità e adatti all'uso in ambiente di altaquota.Essi devono garantire:• efficiente assorbimento della radiazione UV;tale assorbimento deve crescere al decrescere dellalunghezza d'onda in quanto la radiazione UV ètanto più dannosa quanto questa è più breve.Esistono precise indicazioni mediche al proposi-to: al di sotto di 310 nm l'assorbimento deveessere praticamente totale, non inferiore al 70%al di sotto di 380 nm.

• un ragionevole assorbimento nella regione visi-bile dello spettro solare; tale assorbimento vieneottenuto tramite opportuna colorazione dellelenti ed è normalmente compreso tra il 50% e l'80%. L'eccessivo assorbimento, cioè occhialimolto scuri, è sconsigliabile in quanto produceaffaticamento dell'occhio; inoltre la pupilla siadatta alla riduzione del livello di luminosità dila-tandosi e una eccessiva dilatazione accresce l'as-sorbimento di radiazione UV. Le colorazioni piùopportune sono quelle comprese nella gammagrigioverde - grigio - grigio bruno; altre colora-zioni, soprattutto quelle assai marcate, sono daevitare in quanto alterano eccessivamente lecaratteristiche della percezione (eccessivo o insuf-ficiente contrasto, alterazioni eccessive della sen-sibilità cromatica, addirittura disturbi dellavista). Anche colorazioni ad andamento digra-dante dall'alto verso il basso sono da evitare, inquanto affaticano l'occhio in conseguenza del

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continuo adattamento necessario a seguito deifrequenti movimenti verticali del capo. Lentifototropiche caratterizzate da assorbimentodipendente dall'intensità della radiazione, equindi variabile automaticamente con essa, costi-tuirebbero una buona soluzione se non per ilfatto che la loro efficienza risulta stabile solo perquelle in vetro, mentre quelle in materiale sinte-tico perdono gradualmente le loro caratteristicheper effetto di fatica. Lenti polarizzate sono effi-cienti nell'assorbire la luce riflessa, aumentandocosì anche il contrasto, ma la loro funzionalitàdipende fortemente dalla direzione di provenien-za della luce

• assorbimento pressoché totale della radiazioneIR (infrarossa). Tale radiazione non ha di per séeffetti direttamente nocivi sull’occhio, che però laassorbe fortemente con conseguente fastidiosoriscaldamento locale

• angolo di visione sufficiente: alcuni tipi ancorain commercio, allo scopo di proteggere lateral-mente, risultano di dimensioni troppo piccole elimitano il campo visivo con conseguente affati-camento (anche psicologico) e rischio. La formamigliore è quella a “goccia”

• robustezza e sicurezza; da questo punto di vistasono preferibili le lenti in materiale sintetico. Lamontatura deve essere sufficientemente robusta epuò essere in nylon, materiale leggero e indefor-mabile, in plastica o in poliflex. La plastica siregola molto facilmente e si può adattare alleforme del viso: ha però una durata e resistenzainferiore al polifex che a sua volta è difficile damodellare

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• ventilazione adeguata, tale da evitare eccessivoappannamento, peraltro inevitabile in determi-nate condizioni; le lenti in materiale sintetico siappannano meno.

Spesso è necessario utilizzare protezioni lateralie per il naso: gli occhiali ne devono quindi esse-re forniti. Esse devono peraltro essere rimovibi-li (almeno quelle laterali) in quanto ostacolanouna adeguata ventilazione; quelle laterali pos-sono essere evitate mediante forma e strutturaadeguata degli occhiali in cui si ponga cura dievitare elementi riflettenti in prossimità delleregioni critiche.La scelta di un paio di occhiali adatto all'uso inalta quota è resa difficoltosa dal fatto che deter-minate caratteristiche essenziali (protezioneUV, ecc.) non sono sempre rilevabili da unasemplice ispezione visiva. È quindi necessarioaffidarsi a un rivenditore serio e competenteoppure alla propria o all'altrui esperienza. Di recente è stata emanata una nuova certifica-zione per occhiali da sole UNI EN 1836, laquale, oltre a stabilire una serie di requisiti cherendono gli occhiali “sicuri” (privi di partisporgenti, essere costruiti con materiali chenon devono causare irritazioni alla pelle,...),obbliga il produttore a riportare in etichetta leseguenti informazioni: il riferimento allanorma UNI EN 1836, l’identificazione delfabbricante, il numero della categoria del filtro,il tipo di filtro, il numero e l’anno della normatecnica di riferimento, le istruzioni per la curae la manutenzione.

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C01-09 Occhiali e casco

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Crema solareÈ importante applicare una crema solare sulviso, le labbra, il naso, le orecchie e in generalesulle parti esposte alle radiazioni solari. Oltre allacrema unica con alto grado di protezione si puòutilizzare un prodotto specifico per le parti piùdelicate come ad esempio le labbra. Da notareche la crema protegge anche dal vento freddo.Tenere inoltre presente che la crema dopo 6 mesiperde metà del suo potere protettivo.

ATTREZZATURA VARIA

ScarponiNell'arrampicata su neve e ghiaccio si può uti-lizzare uno scarpone dotato di scafo in plasticaoppure uno scarpone in cuoio conparti in plastica. Le scarpe dimateriale plastico sono sem-pre dotate di scarpetta inter-na che può essere in pelleimbottita interna-mente con varimateriali coibentioppure completa-mente di materiale sintetico.Le calzature in cuoiosono disponibili sia senzache con scarpetta interna.I pregi principali dello scar-pone con scafo in plastica sono:• maggior termicità• maggior impermeabilità

C01-10 Scarponi da ghiaccio

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• maggior resistenza• minor manutenzioneI pregi principali dello scarpone in cuoio conparti in plastica sono: • maggior “sensibilità” e mobilità consentitaalla caviglia• maggiore durata nel tempo (con il passare deltempo la plastica si deteriora)• migliore sensibilità nell’arrampicata

La forma maggiorata dello scafo degli scarponiin plastica può limitare la sensibilità nell'ar-rampicata su roccia e misto, ma il suo impiegoprincipale è su neve e su ghiaccio.Alcuni consigli:- non serrare eccessivamente la scarpa per noncompromettere con il tempo la circolazione,favorendo l'insorgere di eventuali congelamenti- evitare i giri morti dei lacci intorno alle cavi-glie perché tendono quasi sempre ad allentarsie divenire quindi pericolosi- scegliere un tipo di scarpa le cui suole debor-dino il meno possibile dallo scafo e che abbia-no ben marcata la scanalatura anteriore e poste-riore se si prevede l’utilizzo di ramponi conattacco rapido- dopo ogni ascensione far asciugare accurata-mente lo scarpone avendo cura di estrarre lascarpetta interna- in caso di bivacco con freddo intenso, evitaredi tenere all'esterno lo scafo o lo scarpone nelcaso sia in cuoio, che con la bassa temperaturatende a indurirsi notevolmente rendendo poidifficile la calzata. In ogni caso tenere la scar-petta interna nel luogo più caldo possibile.

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GhetteServono innanzitutto per evitare che la nevepossa entrare nello scarpone e, inoltre, per pro-teggere ulteriormente il piede e parte dellagamba dal freddo. Possono essere al ginocchio(o sopra) oppure corte.Sono realizzate con vari materiali: cordura,Goretex, nylon. Le ghette in tela pesante sonoparticolarmente robuste, ma si inzuppano facil-mente e sono pesanti. Il Goretex costituisceuna buona soluzione, ma non è particolarmen-te robusto. Il nylon è impermeabile, ma nontraspirante. Spesso viene utilizzata una combi-nazione di due tessuti.Sono normalmente provviste di chiusura poste-riore o laterale (cerniera o altro) per poterleindossare senza togliere gli scarponi e i rampo-ni. La cerniera deve essere in plastica, poichéquelle di metallo a temperature molto basserisultano dolorose al contatto. Devono esseretrattenute allo scarpone tramite un opportunosistema di aggancio: il più comune è costituitoda fibbie o laccioli o cavetti che passano sottola suola: devono essere assai robusti e pratici damaneggiare. Le ghette integrali, particolarmen-te adatte per alpinismo invernale d'alta quota ospedizioni, avvolgono completamente lo scar-pone e lasciano libera soltanto la suola, assicu-rando così un maggior potere coibente.

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C01-11 Dall’alto al basso sonomostrate ghette in cordura, Goretex, nylon-cordura

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ZainoDeve avere dimensioni contenute ed essereprivo di tasche laterali e di cinghie inutili chepotrebbero diventare di impaccio durante lasalita. La sorpassata intelaiatura metallica èora sostituita da irrigidimenti incorporati,più funzionali e leggeri; in molti casi taliirrigidimenti sono flessibili e possono esse-re adattati alla conformazione della schie-na. Si trovano sul mercato zaini differen-

ziati per taglia e adatti all'uno e all'altrosesso. Sono costruiti oggigiorno quasi

esclusivamente in nylon; alcuneditte usano anche il “cordura”,

un nylon tessuto con elevatecaratteristiche di resistenza all’u-

sura; altre ancora il “delfion”, avente caratteri-stiche simili. Gli spallacci, molto larghi eimbottiti, devono distribuire bene il peso;molto importante è la presenza di un cinturo-ne che blocca lo zaino in vita con la funzione discaricare parte del peso sulle anche alleggeren-do così la pressione sulla colonna vertebrale,aspetto non trascurabile quando si debbanoportare carichi importanti. Il cinturone hainoltre la funzione di aumentare la stabilità evi-tando sbilanciamenti. Una piccola cinghia checollega sul petto gli spallacci migliora ulterior-mente la stabilità evitando lo scivolamentodalle spalle.In alcuni modelli il dorso è termoformato inmodo da creare un appoggio ottimale sullaschiena e una corretta circolazione di aria.L’adattabilità del dorso dello zaino alla schienacostituisce un aspetto che va attentamente pon-

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C01-12 Zaino medio

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derato. È utile che lo zaino sia fornito di dueporta piccozze situati in posizione opportuna ecioè in modo da consentire un facile inseri-mento ed estrazione della piccozza ancheindossando i guanti, e in modo da tenere la pic-cozza il più possibile verticale anche con lozaino parzialmente scarico. Inoltre le cinghieesterne sono indispensabili per fissare a V rove-sciata gli eventuali sci. Lo zaino deve essere di dimensioni sufficientiper accogliere tutto quanto è necessario per lagita in programma; per una escursione che sisvolge in giornata si consiglia uno zaino di 30-35 litri di capacità. Meglio se si può evitare diappendere all’esterno parte dell'equipaggia-mento (tranne piccozza e ramponi): si evita dibagnarlo, di perderlo e si diminuisce lo sbi-lanciamento. Anche la leggerezza dellozaino è un requisito importante. Esistono modelli per ogni tipo di atti-vità anche con prolunga per aumen-tarne la capienza e anche adattabile asacco da bivacco d'emergenza. Nelcaso di escursioni di più giorni èconsigliabile utilizzare uno zainocon capacità di 45-50 litri.Alcuni zaini recano all'interno unpezzo di materiale espanso utilizza-bile come materassino di emergen-za, molto utile per l’isolamento dallaneve. Una “pattella” ampia è utile pertenere gli oggetti di pronto utilizzo.

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C01-13 Zaino grande

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Lampada frontaleIl modello più diffuso è costituito da un proiet-tore completo di batteria che si monta diretta-mente sul capo o sul casco con un sistema difissaggio ad elastico appositamente predispo-sto. Il corpo illuminante è orientabile ed èdotato di un semplice dispositivo a effetto“zoom” che consente la regolazione dell'apertu-ra del fascio luminoso. L’impiego della tecnologia a LED (diodi aemissione luminosa) ha portato diversi vantag-gi: minor consumo di energia (1/10) rispettoad una lampadina normale, resistenza agli urtie alle vibrazioni, 100.000 ore di durata, miglio-re visibilità; l'unico svantaggio dei LED è cheproducono un fascio luminoso fino alla distan-za di 15 metri. Per avere un cono luminoso piùpotente è necessario ricorrere all’impiego dilampade normali a incandescenza oppure alampade alogene.Inoltre ci sono modelli di frontali che, a secon-da dell’attività che si sta svolgendo, rendonodisponibili, anche grazie alla presenza di undoppio faro, 3-4 livelli diversi di illuminazione:economico, normale, massimo, per lunghedistanze.Tra gli svariati modelli offerti dal mercato sisegnala una gamma di lampade che possa sod-disfare le esigenze di un alpinista, il quale per-notta in un rifugio non custodito (illuminazio-ne ravvicinata con risparmio di energia) e che simuove durante le ore notturne (livello di illu-minazione regolabile):a) modelli classici con portapile sulla testadotati di zoom con unico faro su cui è possibi-

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C01-14 Lampada su casco

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le inserire una lampada standard a incande-scenza da 4,5 V (distanza 30 metri conautonomia di circa 10 ore) oppure una alo-gena da 4,5 V (distanza 100 metri con auto-nomia di circa 6 ore ). Il vano batterie puòalloggiare una pila quadra da 4,5 V oppuretramite adattatore 3 pile alcaline stilo AA da1,5 V (vedi foto C01-15)

b) modelli compatti e leggeri con portapilesulla testa dotati di doppio faro LED/alogeno;con LED si ottiene una distanza fino a 10-15metri ed una autonomia di circa 150 ore,oppure con lampada alogena da 6 V siottiene una distanza di 100 metri eduna autonomia di 4 ore. Il vano batte-rie può alloggiare 4 pile alcaline stiloAA da 1,5V. A seconda dei modellisono disponibili da 3 a 5 livelli di illu-minazione (vedi foto C01-16)

c) modelli a lunga autonomia anche in condi-zioni di temperature molto basse con portapilestaccato e dotati di doppio faro LED/alogeno;con LED si ottiene una distanza fino a 10-15metri ed una autonomia fino a circa 300 ore,oppure con lampada alogena da 6 V si ottieneuna distanza di 100 metri ed una autonomia di9 ore. Poiché in caso di freddo intenso la fun-zionalità e durata delle batterie possono risulta-re molto ridotte il portapile, che alloggia 4 bat-terie alcaline R14-C, viene messo sotto gliindumenti oppure a tracolla (vedi figura C01-14) onde evitarne l'eccessivo raffreddamento(vedi foto C01-17).I contenitori sono in materiale plastico e nonpiù di metallo come un tempo: risultano quin-

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C01-17 Frontale con portapile staccato

C01-16 Frontale doppio faro

C01-15 Frontale classica

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Equipaggiamento Alpinismo su ghiaccio e misto

di più leggeri e duraturi. La manutenzione con-siste essenzialmente in una periodica pulizia deicontatti e nell'evitare di lasciare le pile nel loroalloggiamento per periodi molto lunghi in casodi inattività.

Thermos e borracceThermos: classici in plastica oppure metallicicon smaltatura interna. Capacità: 1 litro o 1/2litro. È molto importante disporre durante lasalita di bevande calde: soprattutto con il fred-do un buon sorso di the zuccherato forniscenuove energie e a volte aiuta a completare l’e-scursione.Borraccia in metallo o in plastica: per bevandefredde.

Telo termicoSi tratta di una protezione d'emergenza estre-mamente leggera e utile in caso di incidenti o

Bastoncini regolabiliI bastoncini da sci di tipo telescopico a tre ele-menti sono utili in varie circostanze:• aiutano a mantenere l’equilibrio durante lamarcia soprattutto se si portano zaini pesanti;• alleggeriscono la sollecitazione sulle ginocchiain fase di discesa;• consentono di tenere il busto più verticalerispetto all’uso della piccozza come appoggioverticale.Di contro presentano lo svantaggio del peso edi un certo ingombro quando si pongono sullozaino.

C01-18 Thermos e borracce

C01-19 Bastoncini regolabili

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Alpinismo su ghiaccio e misto Equipaggiamento

soste forzate. Occupa pochissimo spazio; è con-sigliabile sia per bivacchi di fortuna sia perriparare un ferito nell’attesa di soccorso. Il mer-cato offre teli di consistenza diversa: in figura èmostrato un tipo leggero color oro da 70 g e unaltro pesante di color argento da 200 g. Un teloleggero è presente anche nella confezione diprima medicazione.

Farmacia Confezione di primo soccorso ad uso personaleConsigliamo un kit minimo di dotazione per-sonale da tenere nello zaino durante le escur-sioni:• nastro di cerotto non elastico alto da 3 a 5 cm• salviette imbevute di disinfettante • garze sterili • cerotti medicati di varie misure• cerotto e strisce adesive tipo “steril strip”• 1 benda rigida e 2 bende elastiche (da 5 e da10 cm)• pastiglie per il mal di testa• pastiglie per la nausea e il vomito• pastiglie per diarrea • collirio leggero per gli occhi

Medicine personali chiunque abbia bisogno di medicine particola-ri deve ricordare di portarsele.

Piccola cassetta di primo soccorso e medici-ne per un gruppo All’elenco dei materiali di primo soccorso sopradescritto, oltre ad essere ampliato come quan-tità, può essere aggiunto:

C01-20 Teli termici

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• confezione di forbici, guanti monouso, pin-zette• spray di ghiaccio secco• Antifebbrili in compresse • Antidolorifici in compresse• Pastiglie per dolori addominaliPer gruppi numerosi è indispensabile dotarsi diuna cassetta contenente il necessario per unprimo soccorso anche per brevi gite. Il sistema più semplice è quello di portare il kitraccomandato dalla commissione medica delC.A.I.; questa cassetta, oltre alla lista dei far-maci, dovrebbe contenere anche istruzioni det-tagliate per il loro uso; è bene conservare alle-gati ai medicinali i foglietti delle case produt-trici con indicazioni, avvertenze e controindi-cazioni ed inoltre bisogna controllare regolar-mente il contenuto e la data di scadenza.

Equipaggiamento Alpinismo su ghiaccio e misto

C01-21 Farmacia

Relazione salita, cartina, strumenta-zioneÈ importante portare con sé non solo la rela-zione di salita e di discesa relativa al percorsoprogettato ma anche relazioni di itinerari alter-nativi effettuabili in zona.È bene dotarsi di cartina topografica, in scaladettagliata (1:25.000, 1:50.000), di bussola edi altimetro anche se si conosce la zona, perchéin caso di scarsa visibilità anche i più espertisenza strumentazione girano a vuoto.Può risultare utile il G.P.S. (ricevitore satellita-re di posizione) sia per seguire una rotta impo-stata sia per ritornare sui propri passi.

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A.R.VA. L’A.R.VA. è un apparecchio elettronico diricerca travolti da valanga. Nell’attività alpini-stica estiva su neve, se l’escursione è stata pro-gettata correttamente, il pericolo da valanghe èscarso e quindi risulta inutile l’impiego di taleapparecchio. Diversamente se l’attività si svolgenel periodo invernale o all’inizio della primave-ra, nei periodi nei quali la neve è recente e nonsi è assestata (per recarsi all’attacco di vie, salitadi canali, attraversamento di pendii ripidi,...),ai fini della sicurezza diventa utile l’impiegodell’A.R.VA.; ancora meglio se accompagnatoda una pala da neve.

Documenti e tessera del C.A.I.Documenti utili: carta di identità, eventualepassaporto, patente per l’auto. Si ricordi di portare con sé la tessera del C.A.I.quando si pernotta in rifugi del Club AlpinoItaliano o di altri club esteri con trattamento direciprocità. Si tenga presente inoltre che la tes-sera del C.A.I. copre fino a un certo massimalele spese di soccorso, in caso di incidente, conuna formula assicurativa.

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Accessori variOrologio con sveglia, accendino, fiammiferi,fischietto, temperino multiuso, materiale foto-grafico, matita e fogli di carta, telefonino connumeri utili per chiamata rifugi e soccorso,articoli per toilette.

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C01-22 A.R.VA.

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MATERIALE DA BIVACCO

Il bivacco imprevistoLa possibilità che si verifichi un bivacco forza-to e provocato da cause esterne come incidenti,ritardi, cattive condizioni della montagna, cat-tivo tempo, è più o meno elevata a secondadella difficoltà e della lunghezza delle gite. In un certo tipo di ascensioni impegnative,avere con sé un sacco da bivacco, un telo ter-mico, il fornello, dei viveri liofilizzati di emer-genza, vestiario adeguato, maglietta e guanti diricambio, può essere un'utile precauzione.

Equipaggiamento Alpinismo su ghiaccio e misto

Il bivacco organizzato A seconda delle caratteristiche dell’ascensione sipossono sommariamente prevedere tre situazio-ni in cui si necessita di attrezzatura da bivacco eche presentano livelli crescenti di complessità:• dormire e mangiare in locale non custodito(bivacco, locale invernale di un rifugio)• pernottare in tenda e preparare i pasti• organizzare uno o più bivacchi in parete.

Le scelte dell’attrezzatura minima per poterpassare la notte in condizioni sufficientementeconfortevoli, dei viveri e del materiale da cuci-na sono legate all’esperienza oltre che alle con-dizioni climatiche e di quota. Pertanto non siesiti a chiedere consigli a chi ha già sperimen-tato tali condizioni.In questa sede presentiamo un elenco genericodi attrezzature senza entrare nel merito delle tresituazioni sopra citate.

Avere con sé un sacco dabivacco, un telo termico, ilfornello, dei viveri liofiliz-zati di emergenza, vestia-rio adeguato, maglietta eguanti di ricambio, puòessere un'utile precauzio-ne nelle ascensioni lungheed impegnative.

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C01-24 Fornello e set cucina

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FornelloA seconda del tipo di impiego e dellatemperatura il mercato offre fornelli agas con ricariche di varie dimensioniadeguate al tempo di utilizzo e fornellia combustibile liquido• Bombole a solo gas butano: molto diffuse,pratici ma a bassa temperatura non garantisco-no un buon funzionamento• Bombole con miscela di gas butano-propano:miglior resa alle basse temperature • Fornello a combustibile liquido (benzina,petrolio,..): è impiegato in luoghi dove è diffi-cile reperire le bombole di gas e richiede unacerta pratica d’uso.

Alpinismo su ghiaccio e misto Equipaggiamento

C01-23 Ricariche di gas

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Viveri e bevande Segnaliamo un elenco di viveri da consu-

mare nel corso della giornata e allasera con l’ausilio del fornello: barret-te (cioccolato, torrone), merendine,bustine di the, bustine di caffè, zuc-chero, miele in tubetti piccoli, tubodi latte condensato, müesli, biscottiintegrali, misto di frutta secca, fette

biscottate, salumi in busta sottovuoto(prosciutto crudo, spek, bresaola), for-maggio grana senza crosta in busta sot-

tovuoto, liofilizzati a base di carne e ver-dure, oppure risotto, oppure minestrone

in busta a cui aggiungere acqua calda,dadi per brodo, tortellini, buste di arancia

liofilizzata, sali e integratori per acqua.

Equipaggiamento Alpinismo su ghiaccio e misto

C01-28 Viveri e bevande

C01-26 Fornello e set tegami C01-27 Assieme chiuso

Pentole e posateSi consigliano pentolini in metallo leggero, un setdi posate e una scodella di plastica oppure unatazza di plastica pieghevole. Nelle tre foto cheseguono viene mostrato un sistema di fornello,dotato di parafiamma, due tegami, bruciatore ebombola, che può essere appeso e quindi ricom-posto in una unica confezione (C01-27).

C01-25 Fornello in funzione

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Alpinismo su ghiaccio e misto Equipaggiamento

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Sacco a pelo e sacco da bivaccoIn commercio sono reperibili diversi modelli disacchi a pelo, diversificati essenzialmente permateriale di costruzione (piumino, materialesintetico) e temperature minime di utilizzo. Sesi presume di rimanere più giorni al freddo conun sacco a pelo che rischia di restare bagnato,conviene orientarsi piuttosto che sulla piumasu una imbottitura in materiale sintetico.Sacco da bivacco: è un sacco non imbottito incui la persona può infilarsi completamente.Pesa poco e ha un'ottima efficienza. È da pre-ferire in Goretex o materiali simili per conser-vare l’impermeabilità all’acqua, evitare la con-densa interna e consentire la traspirazione.Spesso dovendo trasportare il materiale dabivacco si può scegliere il sacco da bivacco e il

Materassini a) Materassino in espanso a cellule chiuse:modelli da 1 m oppure lunghi fino ai piedi, diforma a rotolo oppure richiudibili a Z; b) Materassino autogonfiabile con contenitorecilindrico in nylon: modelli da 1 m oppure da1,80 m, di tipo pesante oppure leggero; Dovendo impiegare la tenda per più giorniconviene utilizzare quello a cellule a contattocon il catino e sopra posizionare il tipo gonfiabile. Nel caso di bivacchi a cielo aperto per econo-mizzare il peso conviene utilizzare un espanso acellule chiuse di 1 m e abbinare lo schienaleestraibile dello zaino; nella situazione di bivac-co su parete verticale il materassino può esseresostituito da una amaca o addirittura da una“portaledge”.

C01-29 Materassini e sacco

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Equipaggiamento Alpinismo su ghiaccio e misto

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TendinaSe la tenda viene collocata nella neve su ghiac-ciaio conviene scegliere un modello quattrostagioni, con falde larghe da distendere sul ter-reno, una buona aerazione, sufficienti tiranti epicchetti a vite lunghi in plastica, il cui peso ècompreso tra i 2 e i 3 kg.Esistono anche tendine da bivacco senza pale-ria, ancorabili alla parete con chiodi da roccia;altri modelli possono essere utilizzati comemantellina o “poncho”.

sacco a pelo (soluzione pesante) oppure il saccoda bivacco e una giacca imbottita detta anche“duvet” (soluzione leggera); sacco da bivacco ezaino dotato di prolunga dentro cui inserire legambe e parte del busto (soluzione molto leg-gera).

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capitolo 2

Attrezzatura alpinistica

INDICEPremessa

Corde

Cordini, fettucce e preparati

Moschettoni

Imbracatura• Generalità• Scelta e regolazione

Casco• Norme principali

Piccozza e martello-piccozza• Struttura• Il lacciolo• Il cordino di collegamento• Caratteristiche per la scelta e l’uso• Norme principali

Ramponi• Generalità• La struttura• Sistemi di fissaggio• Placca antizoccolo• Allacciatura dei ramponi con cinghie• Norme principali

Viti e chiodi da ghiaccio

Fittoni e corpi morti

Manutenzione degli attrezzi

Chiodi da roccia

Blocchetti da incastro fissi e regolabili

Piastrine multiuso• Piastrina impiegata come discensore• Piastrina utilizzata come bloccante nel recupero di due secondi di cordata• Utilizzo di corde intere e mezze corde• Per evitare la trasformazione non voluta da bloccante a freno• Recupero contemporaneo di due secondi

Freni e discensori

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PREMESSA

In questo capitolo sono trattati i principali attrezzi utilizzati nella pratica alpini-stica su neve e ghiaccio. Per quanto riguarda gli elementi che concorrono alla catena di assicurazione,quali corda, cordini, fettucce, imbracatura, moschettoni, viti da ghiaccio e chiodi,vengono descritte solo le caratteristiche essenziali suggerendone il modo di uso piùcorretto e demandando al capitolo 4 (catena di assicurazione e normative) il com-pito di approfondire l’argomento. Questa scelta è giustificata dal fatto di offrire allettore una panoramica dell’attrezzatura e destinare una sezione apposita per losviluppo della parte più tecnica e normativa.Per attrezzi quali casco, piccozza, ramponi, oltre a illustrarne gli aspettigenerali si citano anche le caratteristiche costruttive previste dalla normati-va internazionale. Si fa presente che le norme U.I.A.A. sono state definite daun’associazione a cui aderiscono 65 paesi e sono “volontarie” nel senso che staal fabbricante decidere se vuole, oppure no, produrre attrezzi che soddisfanole norme. La marchiatura U.I.A.A. assicura l’alpinista che il prodotto sod-disfa a certi requisiti ed è controllato ogni due anni. Buona parte degliattrezzi specifici dell'alpinismo è soggetta a normativa europea (EN) e per-tanto tali prodotti, per essere posti in commercio, devono riportare, oltre adeventuali altre indicazioni: - il marchio EN seguito dal numero della norma: ad esempio EN892per le corde. - il marchio CE seguito da un numero che identifica l’Ente che rilasciail certificato (a parte discensori, freni, piastrine autobloccanti) Per consentire una corretta interpretazione dei carichi di rottura dei mate-riali si riportano alcune unità di misura:kN (kilo Newton)=100 kg peso daN (deca Newton)=1 kg pesoÈ importante che l’alpinista utilizzi materiale certificato CE o comunqueomologato U.I.A.A., sia per propria sicurezza personale sia per non incorre-re in contestazioni di negligenza nel caso di incidenti.Per una descrizione dettagliata dell’attrezzatura per l’arrampicata su rocciae su ghiaccio si rimanda al capitolo 4 e alla collana dei manuali del C.A.I.In ogni caso, per una trattazione più completa di caratteristiche e materiali,nonché per la relativa normativa, si rimanda alla letteratura specifica pro-dotta dalla Commissione Centrale Materiali e Tecniche.

Attrezzatura alpinistica

Alpinismo su ghiaccio e misto

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CORDE

Le corde per l’alpinista e per l’arrampicatoresono progettate per trattenere cadute, per cuisono elastiche: infatti se sottoposte ad un cari-co si allungano. Sono anche chiamate “dinami-che” a differenza delle corde dette “statiche”che invece sono progettate per reggere carichisenza allungarsi; ad esempio sono adatte perl’attività speleologica. Le corde per l’alpinismo sono di tre tipi: • corde semplici o intere (simbolo 1) progetta-te per essere impiegate da sole in arrampicata;• mezze corde (simbolo 1/2) progettate peressere impiegate sempre in coppia con un'altramezza corda;• corde gemellari (simbolo OO) progettate peressere impiegate necessariamente in coppiacome se si trattasse di un’unica corda semplice.

Alpinismo su ghiaccio e misto Attrezzatura alpinistica

C02-01 Classificazione cordeCORDA SEMPLICE

MEZZA CORDA

CORDA GEMELLARE

Le corde per l’alpinismosono di tre tipi: • corde semplici • mezze corde • corde gemellari

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Le corde in campo alpinistico presentano unalunghezza che varia solitamente da 50 a 70metri (le più comuni sono da 50 o 60 metri) ein commercio i produttori offrono variegamme a seconda dell’uso: arrampicata sporti-va (leggerezza e manovrabilità), alpinismo clas-sico (resistenza, impermeabilità), alpinismoimpegnativo (robustezza, resistenza). Ciascunagamma offre varie versioni; in particolare laserie alpinismo propone un modello che con ilbagnato si inzuppa meno (everdry o superdry).Gli elementi essenziali da controllare sullacorda (oltre al tipo e alla lunghezza) sono ilnumero di cadute (number of falls) e la forza diimpatto o di arresto (impact force). Si tengapresente che il numero di cadute sostenibilidalla corda subisce una pesante riduzione inseguito all’uso e nel caso in cui sia bagnata (perapprofondimenti vedi capitolo 4). In alpinismo è molto diffuso l’uso di due mezzecorde: si consiglia di utilizzare modelli con ele-vato numero di cadute e bassa forza di impat-to; non conviene scegliere le corde gemellariperché non si può legare un compagno ad unsolo capo e risultano meno versatili. In genera-le non è opportuno scegliere corde (mezze osemplici) di diametro troppo piccolo perché ifreni attuali lavorano peggio e la presa dellemani su corde sottili è più problematica.Per il comportamento delle corde e le relativenorme, vedasi il capitolo 4.

Attrezzatura alpinistica

Alpinismo su ghiaccio e misto

Gli elementi essenzialida controllare sullacorda (oltre al tipo e allalunghezza) sono ilnumero di cadute (num-ber of falls) e la forza diimpatto o di arresto(impact force).

In generale non è oppor-tuno scegliere corde(mezze o semplici) didiametro troppo piccoloperché i freni attualilavorano peggio e lapresa delle mani sucorde sottili è più pro-blematica.

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CORDINI, FETTUCCE EPREPARATI

Cordini e fettucce sono destinati a resistere aforze e non ad assorbire energia e pertantohanno caratteristiche strutturali differenti dallecorde di arrampicata; essi quindi non devonoper nessun motivo essere utilizzati al postodelle corde, neppure a parità di diametro osezione.Riportiamo qui sotto i dati sulla resistenzaminima che, secondo la normativa europea EN564, deve essere garantita dalle ditte costruttri-ci le quali devono indicare (sul rocchetto dellaconfezione) la normativa EN 564, il proprionome o marchio, il diametro nominale.

Alpinismo su ghiaccio e misto Attrezzatura alpinistica

D (mm) diametronominale del cordino

Rc (kN) carico di rotturaminimo

4

8

7

6

5

3,2

12,8

9,8

7,2

5,0

Le resistenze imposte dalle norme si riferisconoalle condizioni “nominali”, cioè a un tratto dicordino o fettuccia non annodato.Nella pratica bisogna inoltre considerare che icordini/fettucce sono generalmente usati sottoforma di anello chiuso da un nodo, il cui fatto-re di riduzione può essere assunto pari a circa0,5 (valore conservativo). Poiché in un anellochiuso i rami portanti sono 2, è ancora neces-sario introdurre nel calcolo della resistenza un

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fattore moltiplicativo pari a 2: in conclusioneun anello chiuso ha, con buona approssimazio-ne, una resistenza pari al cordino/fettuccia sem-plice non annodato.Per le fettucce le norme europee EN 565 pre-scrivono di fornire l'indicazione del carico dirottura direttamente sulla fettuccia per mezzodi fili paralleli, colorati, equidistanti: ciascunfilo rappresenta 5 kN: ad esempio tre fili corri-spondono a 15 kN. La resistenza minima nondeve comunque essere inferiore a 5 kN. Ilcostruttore deve indicare (sul rocchetto dellaconfezione) la normativa EN 565 e il proprionome o marchio.Si tenga presente che il carico di rotturaminimo per i cordini e fettucce impiegatinei rinvii è stabilito in 22 kN.Dovendo preparare il rinvio, per ottenere uncarico di rottura superiore al minimo, convienerealizzarlo con 4 rami e utilizzare un cordinodi nylon da 7 mm di diametro oppure un cor-dino in kevlar o dyneema da 6 mm di diame-tro chiusi con nodo a contrasto doppio oppureuna fettuccia larga 30 mm e chiusa con nodofettuccia.Per gli anelli cuciti di fettuccia le normeeuropee EN 566 prescrivono che il carico dirottura sia non inferiore a 22 kN e la cuciturasia evidenziata con una colorazione contrastan-te con quella di base per permettere un più age-vole controllo del suo stato. In figura C02-03 asinistra è mostrata una fettuccia in poliammidementre a destra una in dyneema. Il mercatooffre misure variabili da 24 cm a 150 cm.Il costruttore deve indicare la normativa EN566 e il proprio nome o marchio.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

C02-02 Rinvio consigliato

C02-03 Fettucce cucite

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Daisy chain: si tratta di una fettuccia aventeuna serie di anelli cuciti. Utilizzata alle dueestremità ha un carico di rottura di 22 kNmentre se è impiegata come longe offre unaresistenza minore 3-4 kN. Non bisogna com-mettere il grave l’errore di collegare il moschet-tone tra due anelli perché la cucitura presentauna scarsa tenuta.

Alpinismo su ghiaccio e misto Attrezzatura alpinistica

C02-04 Daisy chain

C02-06 Preparati lunghi

C02-05 Preparati equivalenti

Per quanto riguarda i rinvii preparati, chiamatianche express, la normativa fissa per la fettuc-cia un carico di rottura minimo di 22 kN men-tre i moschettoni devono avere almeno un cari-co di 20 kN. In figura C02-05 è illustrata la collocazione deimoschettoni: è equivalente porre le apertureentrambe da una parte oppure disporle ai latiopposti. Inoltre in alpinismo, dove è benemantenere l’angolo della corda che passa nelmoschettone il più vicino possibile a 180°, inmodo da ridurre gli attriti, si consiglia di usarepreparati lunghi da 16 a 25 cm piuttosto checorti (più adatti all’arrampicata in falesia).

kN. 4

kN. 22

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Viene consigliata la chiusura KEYLOCK per-ché viene eliminato qualsiasi dente di chiusurasia sul corpo che sulla leva: in questo modo sievita che la corda si impigli durante l’inseri-mento e lo sgancio.

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MOSCHETTONI

Il moschettone consente l'aggancio della cordaall'ancoraggio e la normativa lo inserisce neidispositivi chiamati connettori. Il moschettoneè costruito in lega leggera, ha la forma di unanello schiacciato, di forma variabile a secondadell’impiego e su un lato è dotato di una levaazionabile manualmente che ritorna in sede pereffetto di una molla. Nella figura C02-07 sonomostrati cinque tipi di moschettoni moltousati nell’alpinismo: un moschettone con leva afilo uno tipo B (base) con leva dritta, un altrodi base con leva curva, un moschettone ovalecon ghiera e un moschettone a base larga tipoH dotato di ghiera per effettuare l’assicurazio-ne con il freno mezzo barcaiolo.La normativa europea EN12275 per i connet-tori stabilisce 7 tipi diversi di moschettoni(vedi capitolo 4). Sul corpo del moschettonedevono essere riportati in modo indelebile: iltipo di moschettone, i valori delle resistenze (inkN), il nome o marchio del costruttore. Il cari-co minimo lungo l’asse maggiore a leva chiusaè stabilito in almeno 20 kN.

I moschettoni da rinvio possono essere di variotipo:

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C02-07 Moschettoni principali

LEVA

CHIUSURA

diritta

keylockDente sul corpoDente sulla leva

a filocurva

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C02-08 Chiusura keylock

I moschettoni a base larga dotati di ghiera pos-sono richiedere modalità diverse per l’aperturadella leva. In alpinismo il moschettone piùusato è dotato di ghiera manuale, che vieneimpiegato nelle manovre di assicurazione.Per il corretto funzionamento del moschettonecon ghiera è sempre importante prima dell’usochiudere la ghiera. Nella figura C02-10 è illu-strata la procedura per l’apertura di unmoschettone con ghiera automatica tipo twistlock. Invece nella figura C02-11 è illustrata laprocedura per l’apertura di un moschettonecon ghiera automatica tipo auto lock.Per informazioni più dettagliate sui moschetto-ni si rimanda al capitolo 4.

C02- 09 Ghiera manualeed express

ghiera automatica express

ghiera manuale

2 punti di impiglio1 punto di impiglio

1 punto di impiglio KEY-LOCK

C02-11 Ghiera auto lockC02-10 Ghiera twist lock

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IMBRACATURA

GeneralitàL’imbracatura è indispensabile per ogni alpini-sta. In caso di caduta l’imbracatura ha il compi-to principale di ripartire la sollecitazione soprat-tutto sul bacino e la parte superiore delle coscee lo strappo deve essere trasmesso al corpo tra-mite un punto di applicazione posto superior-mente al suo baricentro; inoltre non deve esserepossibile, in alcun caso, lo sfilamento.

Scelta e regolazioneIn commercio si trovano tre tipi di imbracatu-ra regolamentati dalla normativa EN(EN12277: bassa (cosciale), alta (pettorale) eintera (o completa). Non è possibile usare dasola la parte alta ma essa deve essere abbinatacon la parte bassa.In alpinismo va utilizzata l’imbracaturabassa oppure la combinata costituita cioè daparte bassa più alta (il pettorale non devenecessariamente essere della stessa marca del-l’imbracatura bassa). L’imbracatura intera, da prove eseguite, nonsoddisfa in modo completo ai requisiti richiestiperché il contraccolpo conseguente all’arrestopuò provocare danni molto seri a livello dellevertebre cervicali.L’impiego dell’imbracatura bassa e combinata eil collegamento con la corda sono aspetti chevanno curati con attenzione ad evitare, in casodi caduta o di particolari manovre, cattive con-dizioni di sospensione che possono avere con-seguenze assai gravi. Per sviluppare queste si

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Alpinismo su ghiaccio e misto

C02-12 Imbracatura bassa

C02-13 Pettorale

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rimanda al capitolo 3.Poiché il mercato offre vari tipi di imbracatura,per l’alpinismo consigliamo di scegliere unmodello che presenti le seguenti caratteristiche:• sia di tipo regolabile in modo da indossarlasenza togliere ramponi o sci; utile anche perinfilarsi copricalzoni• disponga di portamateriali funzionali: quellianteriori abbastanza rigidi per avere rinvii aportata di mano e quelli posteriori più morbi-di per evitare punti di appoggio con lo zaino• abbia un buon sistema di regolazione deicosciali e dei sistemi di sostegno per evitare chei cosciali scivolino lungo le gambe • il pettorale sia regolabile e le bretelle aggiu-stabili in modo da avere circa una spanna sottole ascelle• l’imbracatura deve essere comoda e non deveostacolare la libertà di movimento.

Nel caso di imbracatura nuova, soprattuttose combinata, è utile provarla in sospensio-ne prima di servirsene sul terreno. Durantela sospensione il corpo va tenuto completa-mente rilassato (simulazione dello svenimen-to): in tali condizioni la posizione di equilibriodeve essere simile a quella di una persona sedu-ta, con le gambe un poco piegate e non disteseverticalmente verso il basso, senza che si deb-bano lamentare costrizioni eccessive, soprattut-to sotto le ascelle e in corrispondenza dei geni-tali. Particolare importanza assumono la posi-zione del punto di sospensione, che deve tro-varsi tra l'ombelico e il principio dello sterno(né troppo basso, né troppo alto), e il punto diattacco dei cosciali, che deve essere il più possi-

Alpinismo su ghiaccio e misto Attrezzatura alpinistica

Durante la sospensionela posizione di equilibriodeve essere quella di unapersona seduta, con legambe un po’ piegate,senza che si debbanolamentare costrizionieccessive, soprattuttosotto le ascelle e in corri-spondenza dei genitali.

Particolare importanzaassume la posizione delpunto di sospensione,che deve trovarsi tral'ombelico e il principiodello sterno

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bile frontale, cosa che in talune imbracaturenon avviene in quanto presentano due attacchitroppo laterali. Non devono manifestarsi for-micolii o addirittura blocchi della sensibilitàdopo periodi di sospensione relativamentebrevi e la postura non deve essere caratterizzatada accentuata lordosi (inarcamento all'indietrodella spina dorsale, causato da sospensionetroppo alta, o troppo lasca, cioè da scaricamen-to del peso sul torace invece che sulle cosce).Nel caso delle donne si consiglia di utilizzareun pettorale a otto di misura leggermenteabbondante (in relazione allo sviluppo del tora-ce) in combinazione con un cosciale ad attaccoanteriore centrale (cosciale “a seggiolino”).Le imbracature vanno controllate periodica-mente con particolare attenzione alle cuciture ealle abrasioni che possono aver indebolito ele-menti portanti.

Attrezzatura alpinistica

Alpinismo su ghiaccio e misto

CASCO

Il casco da alpinismo è costituito da una calot-ta di materiale sintetico talvolta rafforzatomediante fibra di vetro o carbonio che deveresistere a urti e colpi di una certa entità. Èprovvisto di sottogola il cui attacco al bordodeve essere realizzato mediante due punti perlato; deve essere aerato e avere una strutturaportante interna che permetta di regolare ladistanza testa-involucro. Deve proteggere latesta e la colonna vertebrale dell'alpinista dasollecitazioni violente che possono derivare dacaduta di pietre o ghiaccio, da urti contro laparete o altri ostacoli durante una caduta, dalle

Le imbracature vannocontrollate periodica-mente con particolareattenzione alle cuciture ealle abrasioni che posso-no aver indebolito ele-menti portanti.

Il casco deve proteggerela testa e la colonna ver-tebrale dell'alpinista dasollecitazioni violentederivate da caduta dipietre o ghiaccio, da urticontro la parete o altriostacoli durante unacaduta

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conseguenze di manovre errate, ecc. Devequindi essere in grado di assorbire energia suf-ficiente senza che la calotta si rompa e senzatrasmettere sollecitazioni eccessive al corpo sot-tostante; deve inoltre ripartire la sollecitazionein misura adeguata sulla volta cranica evitandoeccessive pressioni locali e deve evitare il con-tatto diretto del cranio con corpi acuminati otaglienti.

Norme principaliUn casco che abbia ottenuto l’omologazione dellanormativa europea EN 12492 deve riportare:- codice della norma- nome e marchio del fabbricante- nome o sigla del modello- dimensioni del casco- anno di fabbricazione.- periodo per il quale ne è garantita la sicurezza.

Una caratteristica critica del casco è la resisten-za all'invecchiamento. Va ricordato che il cascoè particolarmente esposto alle intemperie e allaradiazione solare. Alcuni materiali sintetici,specie alcuni che venivano usati nel passato,sono molto sensibili alla radiazione solare einvecchiano rapidamente diventando fragili.Tali materiali non dovrebbero oggigiorno esse-re più impiegati dai costruttori e proprio a que-sto scopo le norme hanno inserito le due ulti-me indicazioni dell'elenco sopra presentato. Vacomunque fatto notare che l'alpinista tende aconsiderare eterno il proprio casco, non essen-do l'invecchiamento e l’aumento della fragilitàrilevabili tramite una semplice ispezione visiva. La norma relativa ai caschi (EN 12492) pre-

Alpinismo su ghiaccio e misto Attrezzatura alpinistica

C04-14 Casco

C02-15 Intelaiatura casco

C02-16 Caschi vari

C02-17 Casco leggero

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scrive le seguenti prove: - caduta verticale di un grave sul centro dellacalotta in grado di generare una energia diimpatto di 100 joule (1N/1m equivalente aquella generata da un sasso di 2 kg che cade daun'altezza di 5 m o di 1 kg che cade da 10 m,ecc.); in queste condizioni il casco deve tra-smettere, alla testa di prova che simula il craniodell'alpinista, una forza massima di 10 kN- caduta di un grave sulla parte frontale, sullaparte laterale e sulla parte posteriore della calot-ta in grado di generate una energia di impattodi 25 joule; la forza massima trasmessa nondeve essere superiore a 10 kN- caduta di un grave appuntito di 1,5 kg daun'altezza di 1,5 m; la punta può penetrarenella calotta, ma non deve toccare la sottostan-te testa di prova- controllo delle caratteristiche del sottogola edei suoi attacchi.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

PICCOZZA E MARTELLO-PICCOZZA

StrutturaLa piccozza è l’attrezzo fondamentale per laprogressione su neve e su ghiaccio. Nata nelsecolo scorso dalla fusione tra il semplicebastone usato come sostegno e appoggio perlunghe camminate e l'accetta usata per tagliarei gradini nel ghiaccio, è ora diventata uno stru-mento tecnologicamente avanzato. È costituitada tre parti principali: testa, manico e puntale.La testa è costruita in acciaio o, più raramente,C02-18 Struttura piccozza

TESTA

BECCA

PALETTA

MANICO

PUNTALE

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in titanio. Viene costruita separatamente dalmanico e si può dividere in due parti aventifunzioni e usi diversi: la becca e la paletta(quando quest'ultima è sostituita da una massabattente, l'attrezzo prende il nome di martello-piccozza). Può essere fatta in un unico pezzooppure composta da più parti intercambiabili.La becca si può distinguere a seconda dellaforma in:• becca ricurva classica con curvatura verso ilbasso, adatta per un uso tradizionale e su ascen-sioni di media difficoltà, pur avendo già buonecapacità di ancoraggio anche su ghiaccio abba-stanza ripido;• becca ricurva accentuata ancora con curvatu-ra verso il basso, adatta a pendii di ghiacciomolto ripidi e che consente un più efficaceancoraggio; • becca a banana con curvatura verso l'alto,adatta per pendii che si avvicinano alla vertica-lità e per cascate di ghiaccio; si estrae più facil-mente delle altre se opportunamente profilata eaffilata (bisellatura) nella parte superiore.Nella parte inferiore la becca è provvista didentatura che si estende tra 1/3 e 2/3 della sualunghezza. Tale dentatura può essere più omeno fine, specializzando ulteriormente l'at-trezzo in relazione al tipo di ghiaccio: in gene-rale la dentatura più fine è adatta a ghiaccioduro, mentre quella più grossolana è adatta aghiaccio più morbido e friabile; spesso, comecompromesso, la dentatura varia dalla puntaverso la base della becca passando da fine a piùgrossa. Va fatto osservare che la dentatura,migliorando la tenuta, rende difficoltoso il gra-dinamento. In alcuni casi una dentatura è pre-

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C02-19 Parti intercambiabili

C02-20 Forme della becca

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sente anche superiormente, ma, pur miglioran-do la tenuta, rende sensibilmente più difficolto-sa l'estrazione dell'attrezzo; sono a volte presentianche scanalature laterali, che però non dannovantaggi apprezzabili, ma indeboliscono la beccaaumentandone la probabilità di rottura. Dal punto di vista dell’utilizzo tecnico hannoimportanza anche altre caratteristiche: la formadella sezione della becca, l'angolo con cui essatermina, l'angolo di apertura del cuneo costi-tuito dalla punta della becca (vedi C02-21). Lasezione (fig. A) può essere rettangolare (1), a Trovesciata (2), smussata nella parte alta (3),tubolare (4), semitubolare (5); le sezioni ret-tangolari e le loro varianti sono adatte a ghiac-cio consistente (la smussatura, o bisellatura,superiore facilita l’inserimento e l’estrazione)mentre le sezioni tubolari o semitubolari sonoadatte a ghiaccio molle e spugnoso. L'angolocon cui termina la becca (fig.B) può esserepositivo (6), il che garantisce migliore penetra-zione e soprattutto migliore tenuta sotto tra-zione per cui meglio si adatta alla progressionein piolet traction, oppure negativo (7) concaratteristiche opposte e maggiore efficienzanel gradinamento. L’angolo di apertura delcuneo frontale (fig. C particolare 8) può essereslanciata con conseguente buona penetrazione,oppure più smussata con maggiore effetto di rot-tura del ghiaccio.

La paletta serve principalmente per tagliare igradini e le piazzuole di sosta nel ghiaccio; esi-stono alcuni tipi di paletta più inclinati, spessodi conformazione particolare con scanalature ofori che possono servire su terreno impegnativo

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C02-21 Particolari becca

1 2 5

6

7

8

43

A

C

B

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con neve dura o verglass in condizioni di pre-caria tenuta della becca. Esistono anche palettetubolari per lo stesso tipo di impiego.La massa battente serve per infiggere i chiodida ghiaccio a percussione e chiodi da roccia;per questo specifico uso, è opportuno che l'al-pinista impugni l'attrezzo con la mano con cuidi solito usa il martello. La superficie battentenon deve essere troppo piccola (di massimanon inferiore a 10 cm2) poiché in posizioni sco-mode e di equilibrio malsicuro risulta assai dif-ficile l’infissione di chiodi. Il manico permette di impugnare la piccozza esono molto importanti le sue caratteristiche diresistenza meccanica. Le prove imposte dallenorme non possono essere superate da piccoz-ze con il manico in legno. Sono ormai univer-salmente adottati manici in leghe di alluminioo più raramente in materiale sintetico rinforza-to con fibra di vetro. Esistono anche manici inmateriali speciali (carbonio e kevlar) estrema-mente leggeri ma molto costosi e tali da nonmodificare sostanzialmente in meglio le carat-teristiche dell'attrezzo.Generalmente un buon manico è rivestito perintero o in parte con materiale gommoso anti-scivolo; tale rivestimento deve raccordarsi conil puntale in maniera tale da non ostacolarel'infissione della piccozza nella neve. Alcunimanici presentano un foro, poco al di sopradella metà della lunghezza, che può servire perl'applicazione del lacciolo. La lunghezza delmanico può variare dai 45 ai 65 cm, in relazio-ne all'uso specifico dell'attrezzo e alla staturadell'alpinista. Su difficoltà più elevate si usanoattrezzi con manici più corti.

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Un buon manico di pic-cozza è rivestito per inte-ro o in parte con mate-riale gommoso antisci-volo; tale rivestimentodeve raccordarsi con ilpuntale in maniera taleda non ostacolare l'infis-sione della piccozzanella neve.

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Il puntale, generalmente di acciaio, serve ainfiggere la piccozza e a usarla in appoggio. Neesistono diverse conformazioni; alcuni tipi dipuntale sono poco adatti per l'uso su neve, per-ché tendono a riempirsi rendendo precaria latenuta in appoggio (ad esempio quello tubola-re della figura C02-21). È presente un foro perl’eventuale applicazione del cordino di collega-mento, oppure per autoassicurazione provviso-ria, o per il recupero della piccozza dopo unacorda doppia (vedi capitolo 11).La piccozza deve essere caratterizzata da unaforza battente adeguata, affinché il suo uso nonrisulti inefficiente o eccessivamente faticoso indeterminate circostanze (ad esempio piolettraction, gradinamento, ecc.). Perché questoavvenga il baricentro deve trovarsi nel terzosuperiore dell'attrezzo; il baricentro può essereindividuato bilanciando la piccozza su un dito.Nelle piccozze molto leggere il baricentro sitrova nel terzo centrale e quindi posseggonoforza battente insufficiente; possono andarebene in quelle escursioni anche di tipo sci alpi-nistico in cui si richiede essenzialmente unappoggio verticale mentre rimane sporadicol’uso in trazione.

Il laccioloIl lacciolo, detto anche dragonne alla francese,può essere parte integrante dell'attrezzo all'attodell'acquisto o essere applicato successivamen-te dall'utente. Questa seconda soluzione è pre-feribile in quanto consente un migliore adatta-mento alle condizioni d'uso e alle preferenzeindividuali. Usualmente la dragonne va collegata al foro

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C02-22 Puntali

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della testa oppure al foro presente a metà mani-co. Il lacciolo è costituito da una fettuccia suf-ficientemente larga (25-30 mm) chiusa adanello e dotata di uno scorrevole la cui funzio-ne è quella di permettere la regolazione dell'a-sola attorno al polso. Esistono varie versioni didragonne legate alle difficoltà della salita e almodo di impiegare gli attrezzi; ad esempio, tra-mite un anello di metallo realizzato sulla testa,è possibile poter scollegare l’attrezzo dallamano, tenendo una parte della dragonne colle-gata al polso.Si fa notare che la piccozza dotata di un laccio-lo preesistente applicato tramite un anellometallico che scorre lungo il manico non èattrezzo adatto per affrontare pendii ripidi: ilsistema va bene su modeste difficoltà e soprat-tutto usando l’attrezzo come appoggio vertica-le.Per usi tradizionali e su ascensioni di mediasino a medio-alta difficoltà il lacciolo serveprincipalmente per evitare di perdere l'attrezzo;viene inserita la mano nel lacciolo e vieneimpugnata la testa dell'attrezzo usandolo inappoggio verticale (camminate su ghiacciaio esu neve, progressione su terreno facile). Su ter-reno più impegnativo, invece, ha una funzioneimportante per la progressione in quanto con-sente di scaricare parte del peso tramite il ser-raggio del polso (vedi capitolo 6).È possibile applicare, tramite foriappositamente predisposti sullatesta o sulla becca, delle masse diequilibratura, cioè dei cilindretti dimetallo che hanno lo scopo di aumen-tare l'inerzia della battuta.

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C02-23 Lacciolo

C02-24 Lacciolo sganciabile

C02-25 Cordino e placchetta

anello di cordino

moschettone

cordinodi collegamento

placchetta

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Il cordino di collegamentoIl cordino di collegamento all’imbracatura è unaccessorio che può essere usato per effettuaresalite su terreno ripido; viene applicato nel forodel puntale tramite un piccolo moschettone eun nodo a otto (vedi figura C02-25). Sul cordino, avente un diametro di 6-7 mm,viene applicata una placchetta che consente diregolare la distanza dall’attrezzo. L’ansa del cor-dino così formata va collegata all’imbracaturacon un moschettone a ghiera. La placchettanon deve essere troppo piccola, per poter esse-re agevolmente manovrata con i guanti.Il cordino deve essere scelto di lunghezza taleche, montato sulla placchetta e allungato almassimo, consenta al braccio di muoversi nellasua massima estensione con la piccozza impu-gnata correttamente appena sopra il puntale.Per evitare la perdita degli attrezzi ma nonvolendo utilizzare cordino e placchetta è possi-bile agganciare una sorta di cordino elastico(vedi figura C02-27).

Caratteristiche per la scelta e l'usoLa piccozza è il principale attrezzo da usare infase di progressione; essa viene peraltro utiliz-zata anche in numerose altre manovre, com-prese quelle di soccorso e autosoccorso e ladiscesa in corda doppia, manovre che verrannodescritte nel capitolo 11. Viene inoltre usatacome ancoraggio nell’assicurazione su neve enelle manovre ausiliarie all'autoassicurazione sughiaccio.Una caratteristica molto importante per l'usoin parete è l'angolo di impatto, angolo che labecca forma con la parete all'atto dell'infissio-

C02-26 Cordini per attrezzi

C02-27 Elastici per attrezzi

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ne. Esso si misura, come mostrato nella figuraC02-28, disponendo la piccozza di fronte auna parete verticale a contatto di questa con lapunta della becca e con il puntale: l'angolo diimpatto è l'angolo formato con la parete dallaparte inferiore del primo terzo della becca: essopuò essere superiore, uguale o inferiore a 90°(angolo retto).Un angolo di impatto maggiore di 90°, detto“positivo”, a seguito di una trazione verso ilbasso sull'attrezzo, genera una componente“positiva” della forza rivolta (lungo la becca)verso la parete: questo tende ad aumentarne lapenetrazione della becca nel ghiaccio e quindila tenuta. Le piccozze con angolo di impattopositivo sono quindi attrezzi adatti alla tecnicadi progressione piolet traction, mentre sonopoco efficienti per il gradinamento.Un angolo di impatto minore di 90°, detto“negativo”, a seguito di una trazione verso ilbasso sull'attrezzo, genera una componente“negativa” della forza, rivolta cioè verso l'ester-no della parete: questo facilita la fuoriuscitadella becca dal ghiaccio e riduce quindi la tenu-ta. Le piccozze con angolo di impatto negativosono quindi attrezzi non adatti alla tecnica diprogressione piolet - traction, mentre sono effi-cienti per il gradinamento.Un angolo di impatto pari a circa 90°, a segui-to di una trazione verso il basso sull'attrezzo,non genera praticamente alcuna componentedella forza nè verso l'interno nè verso l'esternodella parete. Le piccozze di questo tipo sonoquindi attrezzi utilizzabili per la progressionepiolet traction, il gradinamento, ecc. e sonoquindi attrezzi universali, non specializzati.

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C02-28 Angolo di impatto

C02-29 Becche e angolo

1/3 della becca

angolo di impatto

Angolo di impattodella piccozzaDefinizione dell’angolo diimpatto (è raffigurato ilcaso di angolo positivo,cioè maggiore di 90°, chefavorisce penetrazione etenuta).

Misurazione dell’angolo diimpatto.

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Un'altra caratteristica importante è la lunghez-za del manico, che va adattata al tipo di pro-gressione. Le piccozze (di tipo tecnico) sonodisponibili in lunghezze da 40 a 90 cm conpasso di 5 cm. Le lunghezze minori sono van-taggiose per l'uso in parete, in particolare per laprogressione piolet traction; per pendii di nevedi modesta pendenza o su ghiacciaio conven-gono lunghezze maggiori, ma non è comunqueconveniente superare lunghezze di 55-65 cm. Ilmartello-piccozza è disponibile in lunghezze da40 a 55 cm. Esistono anche manici telescopici (previstidalle norme) che attualmente però sono scarsa-mente collaudati, pesanti, sostanzialmente discarsa affidabilità e quindi da impiegare al piùsu terreno relativamente facile e di caratteristi-che assai variabili.A seguito di quanto esposto più sopra e neiparagrafi precedenti, si possono fornire leseguenti indicazioni di massima per la sceltaottimale dell'attrezzo in base al tipo di terrenosu cui si pratica prevalentemente l'attività alpi-nistica. Deve essere detto peraltro che tale scel-ta è dettata in misura importante dalle capacitàtecniche individuali e anche dalle abitudini epreferenze dell'interessato; è poi di fatto l'espe-rienza personale e di compagni di fiducia quel-la che permette di selezionare l'attrezzo piùadatto nelle varie condizioni. (Per gli aspettitecnici si veda il capitolo 6).Si possono distinguere due principali casi diinteresse pratico:- uso universale, in parete, su misto, su ghiac-ciaio- uso specializzato, su parete ripida.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

La scelta della piccozza èdeterminata dalle capa-cità tecniche individualie dalle abitudini e pre-ferenze dell'interessato:sono le esperienze per-sonali e quelle dei com-pagni di fiducia che per-mettomo di selezionarel'attrezzo più adatto allevarie condizioni.

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Nel primo caso va trovato un compromessotra gli attrezzi specificamente adatti a ter-reno facile e alla neve - angolo di impat-to negativo, manico lungo, becca amodesta curvatura - e quelli adatti a terrenotecnicamente impegnativo - angolo di impattopositivo, manico corto, becca a forte curvatura.Tale compromesso può essere costituito da unattrezzo con angolo di impatto circa pari a 90°o lievemente positivo e con manico metallico oin materiale sintetico di lunghezza compresaindicativamente tra 50 e 60 cm; conviene labecca curva di tipo classico a sezione rettango-lare (o a T rovesciata), con forma della punta acuneo slanciato, angolo di taglio positivo, den-tatura media nel primo terzo e solamente sullaparte inferiore; la paletta è opportuno sia pocoinclinata con taglio diritto o poco arcuato; ilpuntale può essere di qualsiasi tipo, ma preferi-bilmente non cavo. Nel secondo caso l'attrezzo deve essere caratte-rizzato da un angolo di impatto positivo e averemanico metallico o in materiale sintetico dilunghezza compresa indicativamente tra 40 e50 cm; conviene la becca ricurva accentuata asezione rettangolare smussata superiormente,oppure a banana, con forma della punta acuneo slanciato, angolo di taglio positivo, den-tatura media o variabile di lunghezza compresatra un terzo e due terzi della becca e solamentesulla parte inferiore; dovendo utilizzare in unasalita due attrezzi è opportuno munirsi di unmartello piccozza (vedi figura C02-30).Il puntale deve essere dotato del foro necessarioper applicazioni varie.Notevole flessibilità è offerta dagli attrezzi a

C02-30 Due attrezzi

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struttura modulare, già menzionati. L'intercambiabilità di diversi tipi di becca,paletta e massa battente consente di risolveresoddisfacentemente il problema dell'adatta-mento alle diverse condizioni d'uso evitando diacquistare e dover portare con sè più attrezzi;anche il caso della rottura della becca, ancoroggi possibile, si risolve dotandosi di un pezzodi riserva assai più leggero e meno ingombran-te di un attrezzo completo. La rottura delmanico è assai meno probabile e quella delpuntale ancor più improbabile e con conse-guenze minori; la becca invece si può rompereper fatica. Nel caso degli attrezzi modulari vacurato attentamente il collegamento tra loro(bloccaggio) delle varie parti che deve essereeffettuato tramite apposito attrezzo e controlla-to frequentemente anche durante l'uso.

Norme principaliLa normativa europea EN 13089 per le piccoz-ze e i martelli-piccozza distingue due tipi diattrezzo:

N=piccozza normale (“classica”), di uso universaleT=piccozza tecnica, per elevate difficoltà

Il manico della piccozza deve resistere ad uncarico di 2,5 kN per il tipo N e 3,5 kN per iltipo T applicato a metà della sua lunghezza,con la piccozza disposta orizzontalmente esospesa mediante anelli di fettuccia in duepunti distanti 25 cm dal centro stesso; al ter-mine della prova la piccozza non deve presen-tare una deformazione permanente superiore a3 mm. Questo aspetto della norma è collegato

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L'intercambiabilità didiversi tipi di becca,paletta e massa battenteconsente di risolveresoddisfacentemente ilproblema dell'adatta-mento alle diverse con-dizioni d'uso evitandodi acquistare e doverportare con sè piùattrezzi.

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all'uso orizzontale della piccozza come mezzo diassicurazione. Si noti che è ammessa una defor-mazione permanente, seppur piccola, e quindipiccozze che abbiano subito violente sollecita-zioni trasversalmente al manico vanno attenta-mente controllate e, se del caso, sostituite. Le norme prevedono anche prove di resistenzadella connessione manico-testa, di resistenzadella becca (a flessione), di resistenza del pun-tale, di resistenza della paletta e di comporta-mento a fatica (solo per il tipo T). Le prove diresistenza a fatica costituiscono un'importanteinnovazione normativa: il meccanismo dellafatica è infatti la causa principale di cedimento,soprattutto della becca.Sulla piccozza deve essere indicato il codicedella norma, il nome o marchio del costruttoree la classificazione dell’attrezzo (N o T). Ilcostruttore deve anche fornire indicazioni suuso e manutenzione e sulla vita presumibiledella piccozza.

Alpinismo su ghiaccio e misto Attrezzatura alpinistica

RAMPONI

GeneralitàI ramponi costituiscono l'altro attrezzo essen-ziale (con la piccozza) per le ascensioni sughiaccio. Storicamente sono successivi alle pic-cozze grazie anche all'uso, in passato, degliscarponi chiodati. Nel 1909 l'alpinista OscarEckenstein ideò il primo vero rampone a 10punte. I ramponi a 12 punte, come normal-mente siamo abituati a vedere, sono stati intro-dotti nella prima metà degli anni ’30 da AmatoGrivel.

Le prove di resistenza afatica costituisconoun'importante innova-zione normativa: il mec-canismo della fatica èinfatti la causa principa-le di cedimento, soprat-tutto della becca.

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C02-31 Ramponi 1

A seguito dell'evoluzione dei materiali e delletecniche, le ditte produttrici propongono oggiuna nutrita serie di ramponi tra i quali è possi-bile scegliere quelli più adatti al tipo di ascen-sione da effettuare.

Possiamo individuare tre settori di impiego cherichiedono caratteristiche diverse:a. ramponi da cascata b. ramponi da alpinismoc. ramponi da escursionismoI ramponi studiati per cascata e dry-toolingsono approfonditi in un manuale specifico;invece i ramponi progettati per l’escursionismosu neve e per lo sci alpinismo, che presentabasse difficoltà su neve dura o ghiaccio tenero,presentano 10 punte e sono in genere più leg-geri dei modelli delle altre categorie.In questa sezione ci occupiamo dei ramponiper alpinismo: essi sono dotati di 12 punte,presentano una allacciatura ad attacco rapido eil peso alla coppia varia da 800 a 1000 grammi.

La strutturaI ramponi sono di norma costruiti in acciaio alcromo-molibdeno resistente alle basse tempe-rature. La parte anteriore è costituita di solitoda 4 punte frontali d'appoggio (due circa oriz-zontale e le altre due circa a 45°) per l'uso sughiaccio ripido. Il telaio del rampone, cioè lastruttura che porta le punte, può essere a profi-lo verticale o a profilo orizzontale. Il telaio ver-ticale è caratteristico dei ramponi rigidi piùtecnici, garantisce minori vibrazioni e alta resi-

Attrezzatura alpinistica

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C02-32 Ramponi 2

stenza purché usato con suola rigida.Nella categoria ramponi da alpinismo possia-mo distinguere in modo sommario tre tipi distruttura:a. Rampone con snodo centrale o con laparte centrale in lamina d’acciaio (semi-rigi-do) adatto ad un uso universale, dal misto alleascensioni di difficoltà medio/alta.b. Rampone rigido, privo di snodo adatto alleascensioni di alta difficoltà su pareti di ghiaccioripido; risulta a volte scomodo invece per effet-tuare lunghe camminate. Richiede scarponi asso-lutamente rigidi (scafo in plastica o equivalente),a suola piana e non troppo morbida, altrimenti èsoggetto a rottura al centro del corpo. Nella pro-gressione frontale risulta più efficiente e menofaticoso rispetto a quello snodato, ma è più sog-getto alla formazione di zoccolo.c. Rampone snodato tra la parte anteriore equella posteriore, a telaio orizzontale, privo diattacco rapido e dotato di anelli e cinghie peril fissaggio. Di norma è di facile regolazione eadattabile alla quasi totalità delle calzature.Nella progressione frontale risulta meno effi-ciente e più faticoso rispetto a quello rigido, maviene meno sollecitato a flessione ed è quindimeno soggetto a rottura. È meno soggetto allaformazione di zoccolo.In generale le punte frontali, inclinate più omeno marcatamente verso il basso, possonoessere diritte o lievemente curvate verso ilbasso.Per pareti molto ripide (tecnica piolet traction)sono preferibili i modelli con punte frontali piùlunghe, più spiccatamente inclinate verso ilbasso e più ricurve.

Alpinismo su ghiaccio e misto Attrezzatura alpinistica

Il rampone snodato, atelaio orizzontale, privodi attacco rapido, è difacile regolazione e adat-tabile alla quasi totalitàdelle calzature.

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La distanza tra le punte deve essere un pocomaggiore per garantire migliore stabilità. Perpendenze minori o per salite di misto devonoessere adottati criteri sostanzialmente opposti.Le seconde punte, più laterali rispetto a quellefrontali per garantire stabilità, possono essereverticali o diagonali in avanti. Su difficoltà pro-nunciate una forte inclinazione in avanti è van-taggiosa, ma rende più difficoltosa la progres-sione su terreno misto; per uso universale con-vengono quindi seconde punte verticali omoderatamente inclinate in avanti.

Sistemi di fissaggioL'allacciatura con attacco rapido è basata su unprincipio simile a quello adottato in alcuniattacchi da sci ed è formata di norma da unaparte anteriore in cui va a incastrarsi la puntadella suola dello scarpone e una parte posterio-re che, per mezzo di una leva, serra il ramponesulla calzatura. Gli attacchi rapidi devono esse-re completi di una cinghia posteriore di sicu-rezza che impedisce lo sgancio accidentale dellaleva e in ogni caso la perdita del rampone. Questo tipo di allacciatura, nata inizialmentesolo per scarponi rigidi che, sia anteriormenteche posteriormente, abbiano un alloggiamentoadeguato all'attacco rapido, ha subito dellevarianti poiché il mercato ha prodotto nuovimodelli di scarpone più flessibili e a volte privi

Attrezzatura alpinistica

Alpinismo su ghiaccio e misto

C02-33 Scelta rampone

C02-34 Bordo avanti e dietro

1 2 3

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della suola con bordo sporgente.Il rampone deve adattarsi perfettamente allacalzatura di cui si dispone: in particolare biso-gna controllare se il bordo della suola delloscarpone sporga avanti, dietro oppure non siapresente.Nella figura C02-34 è mostrato uno scarponedotato di suola rigida dai bordi sporgenti avan-ti e dietro che calza un rampone munito diarchetto anteriore e talloniera posteriore; sitratta del sistema più diffuso.La figura C02-35 fa vedere uno scarpone piùflessibile con suola dal bordo posteriore spor-gente che calza un rampone munito di attaccoflessibile anteriore e talloniera posteriore; inalternativa alla talloniera è possibile impiegareun archetto flessibile posteriore.Nella figura C02-36 è presente uno scarponeflessibile con suola priva di bordi sporgenti checalza un rampone munito di attacchi flessibiliavanti; il collo del piede è avvolto da una fet-tuccia che impedisce la perdita del rampone.Nel caso di talloniera posteriore è importanteregolare la lunghezza del rampone in modo chele punte posteriori si trovino a filo del tacco.

Alpinismo su ghiaccio e misto Attrezzatura alpinistica

C02-36 Niente bordi

C02-35 Bordo dietro

Placca antizoccoloLa placca antizoccolo (“antibot”o “antisnow”) èun accessorio formato da una placca in gommache viene fissata sotto il rampone per impedirela formazione di uno zoccolo di neve tra lepunte. Lo zoccolo è il fastidioso e pericolosoinconveniente che si verifica con condizioni dineve umida o bagnata. Per la propria sicurezza e per una maggiore spe-

~5÷10 mm

C02-37 Regolazione dietro

OK

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ditezza si consiglia al momento dell’acquisto difissare sotto il rampone la placca adatta a quelmodello.Quando non è disponibile l'“antibot”, l'unicasoluzione consiste nel battere frequentementecon il manico della piccozza i ramponi, alter-nativamente, così da far cadere lo zoccolo. Inaltri casi la soluzione migliore è togliere i ram-poni e procedere facendo dei gradini con lapunta o con il tacco dello scarpone. In alcunicasi invece (ad esempio neve che copre unostrato di ghiaccio) è indispensabile l'uso deiramponi.

Allacciatura dei ramponi con cinghieL'allacciatura tradizionale è formata da una opiù cinghie che, attraverso il passaggio in appo-siti anelli e il successivo serraggio, rendono ilrampone il più possibile solidale con lo scarpo-ne. Ha il pregio di poter essere usata su quasitutti i tipi di scarponi ed essere facilmentesostituibile in caso di rottura. Due i difettiprincipali: il primo è la difficoltà di serrare ade-guatamente le cinghie, specie in condizioniambientali precarie (freddo, neve ecc.), per cuiè bene controllare spesso durante l'ascensione il

Attrezzatura alpinistica

Alpinismo su ghiaccio e misto

C02-38 Antizoccolo 1

C02-39 Con e senza antizoccolo

C02-40 Ramponi con cinghie

fermi posteriori

anelli per la cinghia di allacciamento

telaiosnodi e bullonidi regolazionedella larghezza

punte frontali

puntelaterali

punte frontali laterali

snodi e bullonidi regolazionedella lunghezza

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serraggio delle cinghie sullo scarpone; il secondodifetto è diretta conseguenza del primo: serran-do troppo si provoca una costrizione del piedeall'interno dello scarpone che può portare anchea dei congelamenti. È un sistema un po' supera-to e risulta più lento durante ascensioni di misto,dove è indispensabile togliere e mettere i rampo-ni più volte.

Norme principaliLe norme europee EN 893 prevedono essen-zialmente prove di resistenza e deformazionedelle punte verticali, prove di fatica delle puntefrontali e prove di fatica su tutto il rampone.Sono poi previste prove di resistenza dell'allac-ciatura e degli anelli in cui essa deve passare. Diparticolare importanza in relazione all'uso del-l'attrezzo sono le prove di fatica che sono le uni-che in grado di fornire indicazioni sulla “vita”dell'attrezzo. Sui ramponi deve essere indicato ilnome o marchio del costruttore e il modello,oltre al codice della norma.

Alpinismo su ghiaccio e misto Attrezzatura alpinistica

C02-41 Vite da ghiaccio

testa

lung

hezz

a d

i inf

issi

one

VITI E CHIODI DA GHIACCIO

Le viti da ghiaccio sono i mezzi più utilizzati perl'assicurazione su ghiaccio e il loro inserimento edisinserimento avviene per avvitamento e svita-mento. Garantiscono infissioni ed estrazioni rapidee poco faticose, “tenuta” sufficiente, scarsa tenden-za a rompere il ghiaccio circostante.Possono essere costruite con materiali diversi: nor-malmente sono in acciaio al cromo-molibdeno, intitanio o leghe di alluminio con fresa al titanio. Leviti da ghiaccio attualmente in commercio presen-

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tano tutte struttura tubolare cava e la lunghezza ènormalmente compresa tra 15 e 25 cm. Un anco-raggio a norma prevede che il costruttore riporti ilcodice EN 568 e il nome o il marchio del fabbri-cante e stabiliscono che la forza di estrazione nondeve essere inferiore a 10 kN.Bisogna diffidare da materiali non provvisti dimarchio in quanto poco funzionali e a volteanche inaffidabiliLa tenuta in condizioni operative dipende essen-zialmente dal corretto uso dell'ancoraggio (infis-sione) e dalle caratteristiche del ghiaccio. Perquanto riguarda queste ultime, in base alla com-pattezza e alla durezza si distinguono solitamen-te tre situazioni, abbastanza facilmente riconosci-bili in pratica:- ghiaccio poroso: poco compatto perché ricco diinclusioni di aria chiaramente visibili, molle per-ché a temperature relativamente elevate (pocoinferiori a 0 °C), opaco, di aspetto lattiginoso;- ghiaccio compatto e duro: sostanzialmenteprivo di inclusioni di aria, temperatura bassa,opaco, di colore bianco-azzurrino;- ghiaccio molto compatto e duro: privo di inclu-sioni, trasparente, vetroso, temperatura moltobassa, caratteristico delle cascate, a volte fragile.Le viti da ghiaccio sono di uso sicuro solo con idue ultimi tipi di ghiaccio e non con il primo,per il quale la tenuta è problematica (a volte èpossibile ricorrere a fittoni, meglio se tubolari-vedere il paragrafo successivo “fittoni e corpimorti”). Sicuramente in questi casi è opportunoscavare con la piccozza una nicchia nella speran-za di raggiungere strati di ghiaccio più favorevo-le a un’infissione solida dell’ancoraggio.Come per molti altri chiodi è importante con-

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Alpinismo su ghiaccio e misto

C02-42 Viti da ghiaccio varie

La tenuta dipende essen-zialmente dal correttouso dell'ancoraggio (in-fissione) e dalle caratte-ristiche del ghiaccio. Perquanto riguarda questeultime, in base alla com-pattezza e alla durezza sidistinguono solitamentetre situazioni, abbastan-za facilmente riconosci-bili nella pratica:- ghiaccio poroso- ghiaccio compatto

e duro- ghiaccio molto

compatto e duro

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trollarne l'integrità, sia all'atto dell'acquisto cheperiodicamente, ponendo particolare attenzioneall'esame dell'anello e delle eventuali saldature(possibilmente da evitare).La normativa utilizza il termine “ancoraggi daghiaccio” al posto della definizione generica di“chiodi da ghiaccio”. Esiste in effetti una secondatipologia denominata proprio “chiodi da ghiac-cio” il cui inserimento e disinserimento avvieneper percussione cioè con l’uso del martello.Tuttavia, con l’avvento nel mercato di viti facil-mente inseribili e di buona tenuta rispetto aimodelli precedenti, i chiodi a percussione chetendono a rompere il ghiaccio e offrono tenuteinferiori sono sempre meno utilizzati.La figura C02-43 mostra due chiodi a percussio-ne “snarg” di forma tubolare cava.Per ulteriori approfondimenti e note tecniche sirimanda al capitolo 4 mentre le modalità di infis-sione ed estrazione vengono trattate nel capitolo 8.

Alpinismo su ghiaccio e misto Attrezzatura alpinistica

FITTONI E CORPI MORTI

Ambedue servono da ancoraggio su neve o nevedura. I fittoni (nella figura C02-43) sonocostruiti di norma in lega leggera (tubolare oprofilato), solitamente presentano una fila di“uncini” per aumentarne la tenuta e hanno unalunghezza non inferiore a 40 cm, che può giun-gere a 60-80 cm. Il loro uso è analogo a quellodella piccozza (come ancoraggio) su neve, mavengono utilizzati, in sostituzione di questa,quando la neve non presenta buona consistenza.Vanno inseriti mediante il martello, a menoche non vengano utilizzati orizzontalmente C02-44 Fittoni

C02-43 Chiodi da ghiaccio a percussione

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C02-46 Corpo morto 2

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come ancoraggio a “T” in modo simile alla pic-cozza. L'inclinazione rispetto al pendio a valledeve essere alquanto maggiore di quella carat-teristica delle viti e dei chiodi da ghiaccio: indi-cativamente attorno a 120°. Questa maggioreangolazione, che deve favorire la penetrazionenella neve in caso di sollecitazione contrastan-do l'estrazione, è dettata principalmente dalfatto che i fittoni vengono utilizzati nella nevee non nel ghiaccio e, in misura minore, dalfatto che, data la loro lunghezza e la loroconformazione, essi tendono a flettersi unpoco.I corpi morti sono costituiti da una piastraangolata (a forma di V molto aperta e solita-mente provvista di fori per aumentarne la tenu-ta) in lega di alluminio, a cui è collegato, tra-mite due rami, un cavetto di acciaio abbastan-za lungo per facilitarne l'inserimento nellaneve. Vengono infilati nella neve, in genere utilizzan-do il martello, con inclinazione di poco supe-riore a quella del pendio e si tirano verso ilbasso con il cavetto fino a che non si bloccanocompletamente in posizione stabile. Il cavettodeve essere inserito nella neve scavando unsolco stretto e profondo. La posizione del cavet-to e l’angolazione del corpo morto devono esse-re tali che i rami di aggancio del cavetto allalamiera risultino ambedue in tensione, altrimen-ti la tenuta può risultare assai ridotta in quantoviene facilitata l'estrazione per rotazione.Occorre ovviamente infilare il corpo mortoalcuni metri più a monte del punto previsto perl'ancoraggio; in caso di necessità il cavetto puòessere prolungato tramite un cordino.

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C02-47 Inserimento corpo morto

C02-45 Corpo morto 1

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MANUTENZIONE DEGLIATTREZZI

Per una buona conservazione dell’attrezzatura èimportante farla asciugare (piccozze, ramponi,chiodi da ghiaccio, ecc.) appena possibile. Perle piccozze modulari sarebbe preferibile smon-tare le parti che le compongono per evitare l'os-sidazione tra le connessioni.Controllare, prima di partire per una ascensio-ne, il serragio dei bulloni e lo stato delle spineelastiche (se esistono) negli attrezzi modulari enei ramponi. Verificare frequentemente lo statodel sistema di allacciamento dei ramponi.Nelle piccozze il cordino di collegamento e illacciolo vanno sostituiti periodicamente(invecchiamento, sfregamento nei fori, irrigidi-mento, ecc.).Per quanto riguarda la manutenzione delle vitie dei chiodi da ghiaccio, la parte più esposta al

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C02-48 Zaino

C02-49 Manutenzione

Numerose prove effettuate sul terreno hannoperaltro mostrato che, almeno nel caso dellestrutture attualmente disponibili e per effettodi meccanismi non ancora del tutto chiariti, icorpi morti spesso, invece di inserirsi piùprofondamente nella neve quando sollecitati(questo è il meccanismo di funzionamento pre-visto), ne vengono strappati fuori; vanno quin-di utilizzati soltanto in condizioni che noncomportano sollecitazioni eccessive. In caso dinecessità, anche un fittone, una pietra, lo zainoecc. possono essere usati come corpi morti.

OK

OK

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deterioramento è la punta che va mantenutapiù integra possibile; nel caso dei chiodi la testava periodicamente controllata e il chiodo deveessere eliminato se presenta fessurazioni odeformazioni eccessive.Le parti affilate (piccozze, ramponi, frese delleviti da ghiaccio) vanno mantenute tali utiliz-zando carta abrasiva molto fine; eventuali affi-lature vanno effettuate utilizzando una limafine a mano (non la mola per evitare surriscal-damenti che ne modificano il trattamento ter-mico di indurimento superficiale), ma occorreavere una certa esperienza e conoscere gli ango-li sotto i quali le varie parti vanno affilate, altri-menti possono essere apportati gravi danni ereso praticamente inservibile l'attrezzo. Il casco deve essere sostituito al termine delperiodo indicato dal costruttore e comunquequalora risulti lesionato o chiaramente logorato.Corde e cordini vanno sottoposti periodica-mente, prima e dopo un'ascensione, a un'ispe-zione accurata per verificare che non abbianosubito lesioni (non sempre evidenti) per pro-lungato sfregamento, ramponamento, cadutadi pietre o ghiaccio, ecc. Gli attrezzi in fibratessile, quali corde, cordini, fettucce, imbraca-ture non devono essere conservati in prossimitàdi fonti di calore e devono essere lavati, senecessario, solamente in acqua tiepida, al piùcon sapone o detersivo sicuramente neutro(risciacquare bene).

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Le parti affilate vannomantenute tali utilizzan-do carta abrasiva moltofine; eventuali affilaturevanno effettuate utiliz-zando una lima fine amano: occorre avere unacerta esperienza e cono-scere gli angoli sotto iquali le varie partivanno affilate, altrimen-ti possono essere appor-tati gravi danni e resopraticamente inservibilel'attrezzo.

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CHIODI DA ROCCIA

Hans Fiechtl, guida austriaca, è riconosciutocome il “padre storico” del chiodo da roccia e siconsidera il 1909 come l’anno in cui questostrumento è stato introdotto “ufficialmente”nell’alpinismo. Il chiodo è composto da dueparti principali, presenti in ogni modello: latesta e lama.I chiodi di gran lunga più comuni sono inacciaio dolce e in acciaio temprato. L’acciaiodolce privo di trattamento termico permette alchiodo di adattarsi meglio alle irregolarità dellafessura in cui è piantato, ma d’altra parte nerende più difficile l’estrazione e ne riduce (conl’uso) le caratteristiche di resistenza. Essi sonousati prevalentemente su calcare; tuttavia serealizzati con acciaio semiduro sono impiegabi-li anche su granito. Nella figura C02-50 da sini-stra a destra e dall’alto in basso sono mostrate iseguenti tipi: a U, universale, orizzontale, piatto.I chiodi d’acciaio temprato sono chiodi piegatiin acciaio al cromo e subiscono un trattamentotermico che ne rende difficile la deformazione equindi essi tengono per incastro. Sono maggior-mente usati su granito. Nella figura C02-51 dasinistra a destra e dall’alto in basso si osservano iseguenti tipi di chiodi: a V, universale, orizzon-tale, piatto.Secondo la normativa EN 569 esistono diversecategorie di chiodi e per ottenere il label i chio-di, oltre a presentare determinate caratteristi-che, devono resistere a prove statiche di rotturacon carichi applicati secondo tre direzioni. Peri requisiti tecnici e le prove di resistenza sirimanda al capitolo 4.

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C02-50 Chiodi dolci

C02-51 Chiodi temprati

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BLOCCHETTI DA INCA-STRO FISSI E REGOLABILI

Blocchi da incastro fissiSono presenti sul mercato blocchi da incastro“fissi” (meglio noti come “nuts”, “chocks”, bicu-nei, stopper) e blocchi da incastro “regolabili”(meglio noti con il nome di “friends”).

Secondo le norme EN 12270, un blocco da inca-stro fisso è un corpo di metallo a forma di cuneonon regolabile, collegato ad un anello di metalloo cordino. Esistono in commercio blocchi diforma diversa. Il costruttore è tenuto a riportareper iscritto: il nome del fabbricante, il numerodella normativa, minima resistenza in kN. Nellafigura C02-52 è mostrata una serie di stopper asezione asimmetrica.

Blocchi da incastro regolabiliSecondo le norme EN 12276, un blocco da inca-stro regolabile è un blocco che può essere regola-to ed incastrato nelle fessure della roccia collega-to ad un anello di metallo, cordino o fettuccia.Esistono in commercio diversi tipi e modelli di

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C02-53 Friend

C02-52 Stopper

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PIASTRINE MULTIUSO

Le piastrine multiuso stanno avendo una forteespansione dovuta alla praticità d’utilizzo, allaloro versatilità ed al peso molto ridotto. La piastrina può essere impiegata in vari modi:a) come freno quando la piastrina svolge lafunzione di discensore;b) come bloccante quando la piastrina è utiliz-zata nei recuperi di uno-due secondi di cordata;c) come bloccante nelle manovre di autosoc-corso con il grande vantaggio, rispetto ai bennoti bloccanti fatti con i cordini, di essere rigi-do e di non perdere tratti di corda faticosa-mente recuperata.Si fa notare che esistono ancora in circolazionepiastrine dotate di una costolatura in rilievorispetto al piano e collocata da una sola parte,posta tra le due feritoie in cui sono passate lecorde. Nei modelli più recenti tale costolaturanon è più presente.

C02-54 Piastrine multiuso

blocchi regolabili; sono consigliati quelli con“bracci” flessibili, i quali permettono un uso inun maggiore ventaglio di possibilità, consenten-do un piazzamento anche orizzontale senza peri-colo di spezzare il braccio, come potrebbe avve-nire con quelli rigidi.Il costruttore è tenuto a riportare per iscritto: ilnome del fabbricante; il numero della normativa(EN 12276); il nome e le dimensioni del model-lo (se ne esistono più di uno); minima resistenzain kN approssimata per difetto all’intero più vici-no. Per approfondimento sulle prove di resi-stenza dei blocchi da incastro si rimanda alcapitolo 4.

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A) Piastrina impiegata come discensoreLa figura C02-55 mostra la discesa in cordadoppia utilizzando due corde semplici: vieneinserito un moschettone a ghiera che si appog-gia sul lato senza costolatura. La figura C02-56 illustra invece la discesa incorda doppia adoperando due mezze corde: inquesto caso per aumentare l’azione frenantevengono consigliati due moschettoni sempreappoggiati sul lato piatto

B) Piastrina utilizzata come bloccantenel recupero di due secondi di cordataRiportiamo in sintesi i risultati di alcune provecondotte dalla Commissione Lombarda per iMateriali e le Tecniche (CLMT), che ha opera-to in sintonia con l’omonima CommissioneCentrale.Le motivazioni che hanno indotto ad eseguiretest su questo attrezzo adoperato come bloc-cante erano diverse:a) l’utilizzo di corde intere o mezze corde (unoo due secondi)b) la possibilità, con corde adoperate singolar-mente specie se di diametro ridotto, che lacorda sì “giri” nell'asola trasformando la fun-zionalità dell’attrezzo da bloccante a freno c) la fattibilità di controllare una corda di unsecondo che sta salendo qualora l’altra corda siasottoposta a carico, cioè gravata dal peso del-l’altro secondo di cordata che risulta appeso oche addirittura sia “volato”d) l’ipotesi che l’attrezzo, usato come bloccan-te e sottoposto a un carico elevato potesse por-tare al grave danneggiamento delle corde; sivoleva studiare il caso in cui il secondo di corda-

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C02-55 Doppia con cordesemplici

C02-56 Doppia con mezzecorde

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ta fosse coinvolto in un volo con corda lasca o inuna caduta ‘’a pendolo’’ generando, in entrambii casi, una forza notevolmente elevata.

Utilizzo di corde intere e mezze corde Sia nelle prove statiche (carico applicato congradualità) sia in quelle dinamiche (corda lascae volo di 4 metri ) non si è mai notato danneg-giamento significativo della corda né tantomeno il taglio della stessa.Non è possibile l’uso della piastrina per rea-lizzare un’assicurazione dinamica del primodi cordata. Sebbene si verifichi lo scorrimento della cordadentro la piastrina, quando essa viene usatacome bloccante, l’assicurazione al primo non ègiustificata, anche perché i carichi misuraticome freno dinamico sono molto alti (da 500 a600 daN con corda semplice o due mezzecorde) e senza applicare una forza di tratteni-mento sul ramo scarico della corda.

Per evitare la trasformazione nonvoluta da bloccante a frenoIn laboratorio è stata utilizzata una macchinaper trazione lenta che, con l’aumento gradualedel carico, ha permesso di verificare il compor-tamento statico dell’attrezzo. Si è osservato che,in assenza di un’azione di trattenimento sulramo di corda scarico e con carico applicatocon continuità, a seconda dei modelli di pia-strina, i valori con cui la corda comincia a scor-rere variano da 110 a 500 daN.Durante il recupero di un solo secondo di cor-data può capitare che la corda si giri nell’a-sola trasformando la piastrina da posizione

Alpinismo su ghiaccio e misto Attrezzatura alpinistica

C02-57 Recupero 1 corda GIGI

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di bloccante a quella di freno; quest’eventopuò avvenire in modo aleatorio e fra i fattoriche lo determinano sicuramente concorre ildiametro della corda e la larghezza dell’asola. Perla massima sicurezza conviene agganciare ilmoschettone a quello di sosta in modo daimpedirne la rotazione; ciò vale specialmentecon corde sottili.

Recupero contemporaneo di duesecondiAttraverso una serie di cadute reali condotte suuna cordata di tre componenti, si è verificata lapossibilità di bloccaggio della corda di unsecondo che cade l’altro compagno continua asalire e quindi grava passivamente sulla piastri-na. Da aggiungere che non è stata applicatanessuna forza di trattenimento da parte dell’as-sicuratore.Le prove hanno evidenziato che, nel recuperosimultaneo dei due secondi, quando uno gravae l’altro si trova accidentalmente a cadere, puòavvenire lo scorrimento della corda se questanon viene trattenuta. Lo scorrimento è impu-tabile a vari fattori; tra questi il rapporto deipesi gioca un ruolo importante (se chi grava èdecisamente più pesante di chi cade, la piastri-na non blocca e viceversa). Il diametro dellacorda, la larghezza della feritoia ed altri fattoriconcorrono comunque a determinare il funzio-namento dell’attrezzo. Si può affermare che la piastrina non deveessere considerata un autobloccante automati-co in assoluto ma va manovrata garantendosempre l’azione di trattenimento dellacorda; basta infatti una modesta forza di trat-

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Alpinismo su ghiaccio e misto

C02-59 Recupero di duesecondi

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tenimento per impedire o arrestare lo scorri-mento della corda in qualsiasi situazione di uti-lizzo come bloccante.

Alpinismo su ghiaccio e misto Attrezzatura alpinistica

FRENI E DISCENSORI

In questa sezione viene presentata una sinteticapanoramica dei discensori e dei freni più diffu-si. Per approfondire le caratteristiche dei frenisi rimanda ai capitoli 4 e 9, mentre per l’im-piego dei discensori bisogna fare riferimento alcapitolo 11.I freni sono attrezzi che servono per frenare loscorrimento della corda. Alcuni vengono utiliz-zati sia per le discese in corda doppia sia perl’assicurazione dinamica al compagno di corda-ta. Altri invece sono utilizzati esclusivamenteper effettuare discese in corda doppia. Nella figura C02-60 sono mostrati alcuni tipidi discensori. Da sinistra a destra: piastrinamultiuso (già illustrata nella precedente sezio-ne), tuber, robot, otto.Nella figura C02-61 vengono mostrate lemodalità con cui la corda veste un otto e unrobot; invece nella successiva figura C02-62 sivede un tuber usato in una discesa in cordadoppia. L’otto, rispetto al robot e al tuber,tende ad attorcigliare molto le corde rendendodifficoltoso il loro recupero e riutilizzo in dop-pie consecutive. Il robot è un attrezzo polivalente che può fun-zionare anche come dispositivo di recupero;come discensore si adatta a corde di tutti i dia-metri da 5 a13 mm.

C02-60 Discensori

C02-61 Otto e robot

C02-62 Doppia con tuber

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La corda si inserisce senza staccare l’attrezzodall’imbracatura: basta infatti sollevare lo scor-revole verso l’alto e far passare le corde sopra loscorrevole stesso che ritornerà in sede automa-ticamente sotto tensione. Se si impiega il robotcon mezze corde, per aumentare l’effetto dellafrenatura è opportuno far passare le corde den-tro le due sporgenze.Nella figura C02-62 sono evidenziati vari casidi inserimento di corde aventi diametri diversi.Nella figura C02-64 è presentata una rassegnadi freni impiegati nell’assicurazione dinamica,cioè un sistema di assicurazione che permetteuno scorrimento della corda nel freno dissipan-do gran parte dell’energia di caduta sotto formadi calore. Da sinistra a destra: mezzo barcaiolo realizzatocon moschettone a base larga HMS, tuber, ottoe sticht.Per conoscere le caratteristiche tecniche e lecapacità frenanti si rimanda ai capitoli 4(“Catena di assicurazione e normative”) e 9(“Tecniche di assicurazione in parete”).

Attrezzatura alpinistica

Alpinismo su ghiaccio e misto

C02-63 Doppia con robot

C02-64 Freni

5÷7 10÷11 9+9 9+11 11+119Ø

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capitolo 3

Imbracatura e nodi principali

INDICE

Utilizzo dell’imbracatura

Nodi principali • Nodo delle guide con frizione (o nodo a otto)• Nodo bulino semplice • Nodo delle guide doppio con frizione • Nodo a palla (o nodo delle guide con frizione ripassato)

Collegamento della corda all’imbracatura bassa• Nodo delle guide con frizione infilato (otto infilato)• Nodo bulino “infilato”

Collegamento della corda all’imbracatura combinata

Realizzazione di imbracature di emergenza• Nodo bulino doppio in vita con bretella

Nodi per assicurazione ed autoassicurazione• Nodo barcaiolo (nodo di autoassicurazione) • Nodo mezzo barcaiolo (nodo di assicurazione) • Asola di bloccaggio

Nodi e sistemi autobloccanti• Generalità• Nodo Prusik • Nodo Machard • Nodo svizzero (o “bellunese”) :• Sistema autobloccante “va e vieni”• Sistema autobloccante “Edi” (o “Lorenzi”)• Sistema autobloccante “a cuore”

Nodi di giunzione• Nodo guide semplice (o “galleggiante semplice”) • Nodo a contrasto doppio (o nodo doppio inglese)• Nodo guide doppio• Nodo fettuccia (o nodo copiato)

03-Imbracatura e nodi 21-11-2005 13:55 Pagina 93

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Imbracatura e nodi principali

Alpinismo su ghiaccio e misto

UTILIZZODELL’IMBRACATURA

Per approfondimenti sull’impiego dell’imbra-catura, si rimanda alla videocassetta e alladispensa dal titolo “Imbracature a confrontonella progressione su ghiacciaio e in parete”,realizzate dalla Commissione Materiali eTecniche e dalla Scuola Centrale di Alpinismodella CNSASA.Le considerazioni essenziali vengono di seguitorichiamate:- per uso alpinistico e scialpinistico vengonoutilizzati due tipi di imbracature: imbracaturabassa (definita nelle norme “cosciale”) edimbracatura combinata (cosciale+pettoraleseparati). Esistono in commercio anche imbra-cature complete (cosciale e pettorale non sepa-rabili) che tuttavia non trovano utili applica-zioni nelle discipline in trattazione.- Lo scopo principale dell’imbracatura è quellodi distribuire sul corpo umano, in modo razio-nale e non traumatico, la forza d'arresto prove-niente dalla corda in caso di caduta.- Nel caso del procedimento in cordata di con-serva (attraversamento di un ghiacciaio), chideve trattenere un'eventuale caduta del com-pagno è facilitato se si trova incordato “basso”(mediante utilizzo della sola imbracaturabassa), e cioè se il punto d’applicazione dellostrappo (nodo di collegamento corda-imbraca-tura) si trova vicino al baricentro del corpo,poco sopra il bacino. Chi è incordato bassoavanza, infatti, con il bacino e può accosciarsirapidamente arretrando le spalle, in posizione

C03-01 Imbracatura bassa

C03-02 Imbracatura combinata

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Alpinismo su ghiaccio e misto Imbracatura e nodi principali

USOIMBRACATURA

SOLOBASSA

COMBINATA

Attraversamentodi ghiacciaio con o senza sci

Progressione da capo cordatao da secondo senza zaino

Progressione da capo cordatao da secondo con zaino

Discesa a corda doppiacon zaino

Discesa a corda doppiasenza zaino

X

X

X

X

X

X

X

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favorevole alla tenuta, mentre chi è incordatoalto (imbracature combinata o completa) siinclina in avanti, fa passi affrettati e scomposti,o vola con la faccia nella neve. Un ulteriorevantaggio dell’imbracatura bassa è dato dallamaggior prontezza e resistenza dei muscoli piùpotenti del corpo (quadricipiti femorali) allosforzo improvviso che si verifica.- L'incordatura bassa offre inoltre la non tra-scurabile comodità di poter togliere o indossa-re con più facilità vari capi di vestiario.- In un’eventuale sospensione, in special modocon il peso dello zaino, è innegabile la scomo-dità dell’imbracatura bassa (ribaltamento); ilproblema è tuttavia facile da risolvere se si tieneindossata la parte alta (pettorale) o se si predi-spone un sistema (fettuccia o cordino che col-lega gli spallacci dello zaino alla corda median-te un moschettone), in modo tale da potersifacilmente agganciare, in caso di sospensione,alla corda di trattenuta.In forma sintetica, si presenta il seguente pro-spetto sull’uso corretto dell’imbracatura:

C03-03 Tabella uso imbracatura

Osservazioni sul prospetto:• Il contrassegno “X” pre-sente nella casella stabili-sce il corretto impiego• Si può notare, ad esem-pio, che mentre nella pro-gressione da capocordatacon zaino è necessariodisporre dell’imbracaturacombinata (cosciale piùpettorale), nella progres-sione da capocordatasenza zaino è consentitosia l’uso della sola imbra-catura bassa che di quellacombinata.

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NODI PRINCIPALI

Vengono qui sinteticamente descritti i nodimaggiormente in uso nella pratica alpinistica escialpinistica, accompagnati da illustrazioni chepermettono di apprenderne l'esecuzione. Inodi trattati sono stati prescelti sia perché disemplice realizzazione, sia perché di facile scio-glimento, anche dopo essere stati sottoposti acarico.

Nodo delle guide con frizione (o nodoa otto): ha ampio impiego in campo alpini-stico. Viene comunemente utilizzato per il col-legamento ad un qualsiasi punto della corda dicordata; può essere facilmente costruito ai capio nei tratti intermedi della corda. Lo stessonodo, costruito nella modalità “infilato” vieneutilizzato come collegamento diretto all’imbra-catura nella progressione sia su roccia che sughiaccio e nell’attraversamento di ghiacciaio,con o senza sci, utilizzando uno dei due capicorda (vedi capitolo “La progressione su ghiac-ciaio”). La “frizione” permette al nodo di scio-gliersi più facilmente dopo essere stato caricato,tuttavia questo nodo risulta di difficile sciogli-mento dopo forti tensioni.

Imbracatura e nodi principali

Alpinismo su ghiaccio e misto

C03-04 Guide con frizione

Il nodo delle guide confrizione viene comune-mente utilizzato per ilcollegamento ad un qual-siasi punto della corda dicordata; può essere facil-mente costruito ai capi onei tratti intermedi dellacorda.

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Nodo delle guide doppio con frizione:rispetto al nodo delle guide con frizione, con-sente di ottenere un’asola a doppio occhiello.Proprio per questo trova frequente utilizzo, inmancanza di imbracatura, per ottenere deicosciali e costruire un’imbracatura di emergen-za, anche con la stessa corda di cordata.

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Nodo bulino semplice: ha moltepliciimpieghi in varie manovre di corda; è di esecu-zione abbastanza semplice ed offre notevoli van-taggi, tra cui quello di poter essere sciolto confacilità anche dopo una forte tensione. Ha la tendenza a sciogliersi spontaneamente, percui è sempre necessario effettuare sul capo cortoun nodo di sicurezza ben stretto e accostato alnodo principale, onde evitare tale inconveniente.

Alpinismo su ghiaccio e misto Imbracatura e nodi principali

C03-05 Bulino semplice

C03-06 Guide doppio con frizione

ramo di collegamento

ramo di collegamento

ramo di collegamento

ramo di collegamento

capoterminale

capoterminale

capoterminale

capoterminale

nodo di sicurezza

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Imbracatura e nodi principali

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Nodo a palla (o nodo delle guide confrizione ripassato): viene eseguito diretta-mente sulla corda di cordata in caso di attraver-samento di zone innevate crepacciate (vedicapitolo “La cordata su ghiacciaio”). Lo scopo èquello di frenare, e successivamente bloccare, loscorrimento della corda di cordata sul bordodel crepaccio, in caso di caduta nello stesso. Si ottiene da un nodo delle guide con frizione,ripassando l’asola che avanza, all’interno delnodo stesso, come indicato in figura (punti A,B e C).Utilizzando una mezza corda, si consiglia di effet-tuare un secondo passaggio dell’asola nel nodo,aumentandone così il volume e, conseguente-mente, l’efficacia (punti D ed E).Se ne raccomanda l’uso soprattutto su ghiacciaiinnevati, dove l’individuazione dei crepacci èpiù difficile e la presenza di bordi con nevemolle consente al nodo di incastrarsi e quindidi bloccare la corda.

Con corde semplici procedere fino al punto “C”.Con mezze corde prevedere un avvolgimento inpiù in modo da aumentare le dimensioni delnodo – procedere fino al punto “E”.

A B C

A B C D E

CORDE INTERE

MEZZE CORDE

C03-07 Nodo a palla

A

C

B

D

E

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Alpinismo su ghiaccio e misto Imbracatura e nodi principali

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COLLEGAMENTO DELLACORDA ALL’IMBRACATURABASSA

Nodo delle guide con frizione infilato(otto infilato): si ottiene componendo unnodo a otto sul ramo di corda che fa ingressonell’imbracatura (vedi figura A), ripercorrendo ilmedesimo nodo, in senso inverso, con il capo dicorda in uscita dall’imbracatura stessa (vedi figu-re B, C e D). È il nodo di collegamento all'im-bracatura di più facile esecuzione ed è quindiquello più frequentemente usato. Malgrado nonabbia la tendenza a sciogliersi spontaneamente ècomunque opportuno, visto il tipo di impiego,fare sempre un nodo di sicurezza. Se sottopostoa forte tensione, risulta di difficile scioglimento.

C03-08 Otto infilato

A B

C D

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CB

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Nodo bulino “infilato”: si ottiene com-ponendo un’asola di nodo bulino semplice sulramo di corda che fa ingresso nell’imbracatura,ripassando il capo di corda in uscita dall’im-bracatura dapprima nell’asola del bulino, quin-di, in senso inverso, nelle stesse asole dell’im-bracatura dalle quali proviene, ripercorrendoinfine il bulino semplice, ottenendo così unnodo “infilato” (vedi figura). È un nodo di esecuzione meno semplice del-l’otto infilato, e con una certa tendenza a scio-gliersi spontaneamente: per quest'ultimo moti-vo richiede sempre un nodo di sicurezza beneeseguito.

Imbracatura e nodi principali

Alpinismo su ghiaccio e misto

C03-09 Bulino infilato

A

FED

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COLLEGAMENTO DELLACORDA ALL’IMBRACATURACOMBINATA

Per un'imbracatura combinata il requisito fon-damentale è che la corda per collegare coscialee pettorale (solitamente alquanto distanti traloro) non deve formare un unico anello il qualenon permetterebbe, in caso di strappo o cadu-ta, la corretta distribuzione della forza di arre-sto e nella successiva sospensione, l’assetto cor-retto dell’alpinista e della sua colonna vertebra-le. Il problema può essere così risolto:• chiudere le asole del pettorale con un cordinoannodato stretto, tale da non consentire alnodo a otto infilato della corda principale dipassarvi all’interno; • infilare un capo della corda di cordata nell’a-sola ottenuta mediante il cordino annodatostretto nel pettorale;• legare la corda di cordata direttamente all’im-bracatura bassa con un nodo a otto infilato,avendo l’accortezza di mantenerlo sufficiente-mente alto in modo che in tensione faccia daappoggio al cordino annodato stretto del pet-torale. Così la trazione verrà esercitata in massimaparte sui cosciali ed il pettorale interverrà sola-mente ad evitare il rovesciamento o comunquea mantenere la posizione corretta. Il collega-mento imbracatura bassa e pettorale è daadottarsi soprattutto nei casi di progressioneda capo cordata con zaino e di discesa a cordadoppia con zaino; fare riferimento alla tabellasull’uso dell’imbracatura di pag. 95.

Alpinismo su ghiaccio e misto Imbracatura e nodi principali

C03-10Collegamento di imbracatura combinata

anello di cordino

nodo di blocco

nodo a otto infilato

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REALIZZAZIONE DI IMBRA-CATURE DI EMERGENZA

Nodo bulino doppio in vita con bre-tella: viene comunemente utilizzato su terrenifacili per realizzare una legatura di emergenzacon uno spezzone di corda, non disponendodell’imbracatura (ad esempio, per autoassicu-rarsi durante un’assicurazione tradizionale aspalla o una calata in corda doppia con metodo“Piaz”). È sufficiente disporre di uno spezzonedi corda lungo almeno 3,5-4 metri. Si ottiene passando la corda doppia attorno allavita e indossando a tracolla la bretella chiusache fuoriesce dall’asola del nodo bulino dop-pio, che va posizionato frontalmente (vedifoto).

Imbracatura e nodi principali

Alpinismo su ghiaccio e misto

C03-11 Collegamento imbracatura combinata

A B

C D

E F

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NODI PER ASSICURAZIONEED AUTOASSICURAZIONE

Nodo barcaiolo (nodo di autoassicu-razione): universalmente usato perI'autoassicurazione. Per tale utilizzo, va sempreeseguito su moschettoni muniti di ghiera.Di veloce esecuzione, esso permette una rapidaregolazione della distanza dell'autoassicuratodall'ancoraggio, e ciò - proprietà assai impor-tante - senza mai staccarsi da esso. È importan-te saperlo eseguire velocemente in qualsiasiposizione e, in particolare, direttamente sulmoschettone con una sola mano.

103

Nodo mezzo barcaiolo (nodo di assi-curazione): è sostanzialmente un freno ecome tale viene usato in vari casi, tra cui la suaapplicazione più importante, cioè effettuarel'assicurazione dinamica al capo cordata.Applicazione che sarà esaminata dettagliata-mente nell’apposito capitolo. È stato adottatocome freno dall'U.I.A.A. e ad esso si fa esplici-to riferimento nelle norme EN (sulle caratteri-stiche d’uso del moschettone di tipo H). Puòessere quindi considerato nella pratica alpinisti-

Alpinismo su ghiaccio e misto Imbracatura e nodi principali

C03-12 Barcaiolo

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ca il nodo più importante ed è perciò assoluta-mente necessario saperlo eseguire in modoveloce e corretto anche con una sola mano ecomunque direttamente entro il moschettone.Dovendo essere utilizzato in manovre in cui èfondamentale che funzioni perfettamente, alsuo apprendimento va dedicato il dovutoimpegno, anche perchè, soprattutto le primevolte, è facile sbagliarlo. Alla sua corretta esecuzione, così come al suocorretto utilizzo, va posta la massima attenzio-ne anche da parte di chi ne ha già acquisitoesperienza.Nella foto in basso viene indicato con C il capodi corda carico, che riceve lo strappo in caso dicaduta dell'assicurato, primo o secondo di cor-data che sia, o che deve sostenere il peso in casodi calata o di altre manovre; con L viene indi-cato invece il capo di corda libero o scarico,tenuto da chi trattiene (o cala).Il nodo mezzo barcaiolo è composto da dueasole, una aperta e una chiusa. Infilata la cordaentro il moschettone (asola aperta), l'asolachiusa va sempre eseguita col capo L, nella

Imbracatura e nodi principali

Alpinismo su ghiaccio e misto

C03-13 Mezzo barcaiolo

C CL L C L C L

PER RECUPERARECORDA

PER DARECORDA

Al nodo mezzo baracaio-lo, dovendo essere utiliz-zato in manovre in cui èfondamentale che fun-zioni perfettamente, vadedicato il dovuto impe-gno, anche perchè,soprattutto le primevolte, è facile sbagliarlo.

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Alpinismo su ghiaccio e misto Imbracatura e nodi principali

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maniera indicata nella foto (e cioè inserendotale asola nel moschettone dopo avere effettua-to una mezza rotazione nel verso evidenziato)ciò permetterà al capo C, cioè quello da cuipuò provenire la sollecitazione, di trovarsi sem-pre dalla parte dell’asse maggiore (senza leva diapertura) del moschettone, onde garantire lacondizione ottimale di funzionamento delmoschettone stesso. Il nodo così ottenuto va usato, a seconda delladirezione di movimento di chi arrampica, perdare corda (al primo di cordata, in casi partico-lari al secondo) o per recuperarla (dal secondodi cordata, in casi particolari dal primo): perpassare dall'una all'altra condizione il nodo varovesciato attorno al moschettone. In questomodo il capo C, sottoposto a strappo o carico,si troverà sempre dalla parte dell’asse maggioredel moschettone. Il nodo va dunque eseguitocome mostrato nella parte sinistra della foto epoi portato nella posizione corretta caso percaso (parte destra della foto). Il rovesciamentodeve avvenire senza pericolo di bloccaggio. Perquesto bisogna evitare di usare moschettonicon angolo di lavoro acuto, in quanto si rende-rebbe difficoltoso il ribaltamento del nodo(specialmente con corde semplici o con duemezze corde) e in caso di caduta si potrebbe diconseguenza produrre strozzamento e addirit-tura rottura della corda. Dovranno perciò esse-re usati moschettoni di tipo H, che presentanoun angolo di base aperto (sono detti “a pera”) esono sempre muniti di ghiera per evitarne l’a-pertura accidentale. Il nodo deve essere sempremanovrato con due mani, una sul capo C e l'al-tra sul capo L.

Il nodo mezzo baracaio-lo va usato, a secondadella direzione di movi-mento di chi arrampica,per dare corda (al primodi cordata, in casi parti-colari al secondo) o perrecuperarla (dal secondodi cordata, in casi parti-colari dal primo).Per passare dall'unaall'altra condizione ilnodo va rovesciato attor-no al moschettone.

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Il mezzo barcaiolo può essere realizzato conentrambe le mani sul ramo libero sia che ilcompagno si muova a sinistra oppure a destrarispetto al nodo; l’importante è che il capo C,sottoposto a strappo o carico, si trovi sempredalla parte dell’asse maggiore del moschettone.Nelle due serie di sequenze suggeriamo la rea-lizzazione del mezzo barcaiolo sul capo libero(corda scarica) e con la mano opposta al movi-mento del compagno.

Imbracatura e nodi principali

Alpinismo su ghiaccio e misto

A

B

C

A

B

C

Nella prima serie si descrive l’e-secuzione del nodo mezzo bar-caiolo sul ramo libero (a destra)con la mano destra (dx)

Nella seconda serie si descrivel’esecuzione del nodo mezzobarcaiolo sul ramo di corda libe-ro (a sinistra) con la mano sini-stra (sx)

C03-14 Mb con mano destra

C03-15 Mb con mano sinistra

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Alpinismo su ghiaccio e misto Imbracatura e nodi principali

Asola di bloccaggio:

permette di bloccare (e successivamente, senecessario, liberare) lo scorrimento del nodomezzo barcaiolo nel caso la corda entri in ten-sione, ad esempio per effetto della caduta di unalpinista che quindi rimane appeso alla corda,permettendo in tal modo all’assicuratore dipoter liberare entrambe le mani. Data la suagrande utilità è necessario saperla eseguire benee velocemente in ogni posizione.Per maggior sicurezza è opportuno eseguiresempre anche la controasola, cioè un nodo disicurezza che evita il rischio di disfare l'asolacon una trazione involontaria del capo di cordain uscita. L'esecuzione dell'asola di bloccaggiocon la relativa controasola si effettua comemostrato nella sequenza di figure dove si èindicato, come già nella sequenza precedentedel mezzo barcaiolo, con C il capo della cordache sostiene il carico e con L il capo di mano-vra. Per sciogliere l'asola è sufficiente tirare conforza il capo L (ovviamente dopo aver sciolto lacontroasola). C03-16 -b Contro asola

C03-16 -a Asola bloccaggio

107

C

L

C C C C

C

LL

L

L

L

C

C

C

L

L L

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Imbracatura e nodi principali

Alpinismo su ghiaccio e misto

NODI E SISTEMI AUTO-BLOCCANTI

GeneralitàI nodi autobloccanti sono in generale ottenutiavvolgendo, con o senza l'interposizione di unmoschettone, più spire di cordino attorno allacorda. Vengono di seguito descritti i piùimportanti e più efficienti, al cui uso è normal-mente opportuno limitarsi: esistono infattinumerosi altri nodi di questo tipo e numerosevarianti, ma occorre fare molta attenzione alleloro caratteristiche, che spesso non li rendonoadeguati all'uso alpinistico.Un nodo autobloccante ha la proprietà di scor-rere se impugnato in corrispondenza dei giri dicordino che lo formano e di bloccarsi automa-ticamente se sottoposto a trazione applicataall'asola che da esso esce.Ai fini della tenuta, il numero delle spire deveessere scelto in funzione della differenza di dia-metro esistente fra corda e cordino, e precisa-mente deve essere tanto più alto quanto piùpiccola è la differenza tra i diametri. Il numerodelle spire deve essere inoltre aumentato qualo-ra i materiali utilizzati (corde e cordini) sianopiù rigidi della norma (ad esempio per effettodel gelo).Agli effetti della scorrevolezza dell'autobloc-cante sulla corda, è buona norma non segnarela metà e i quarti della medesima con giri dinastro adesivo per non provocare il bloccaggiodel nodo nei punti segnati, determinando in talmodo delle situazioni che possono risultarepericolose.

108Un nodo autobloccanteha la proprietà di scorre-re se impugnato in cor-rispondenza dei giri dicordino che lo formanoe di bloccarsi automati-camente se sottoposto atrazione applicata all'a-sola che da esso esce.

Agli effetti della scorre-volezza dell'autobloc-cante sulla corda, èbuona norma nonsegnare la metà e i quar-ti della medesima congiri di nastro adesivo pernon provocare il bloc-caggio del nodo neipunti segnati.

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Alpinismo su ghiaccio e misto Imbracatura e nodi principali

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Vengono inoltre descritti due sistemi autobloc-canti unidirezionali (“Va e vieni” e “Edi”) ese-guibili direttamente sulla corda di cordata,principalmente per manovre di recupero e diautosoccorso in genere, ma anche per l’esecu-zione dell’assicurazione statica nei confronti delsecondo di cordata.

Nodo PrusikÈ il più classico e antico dei nodi autobloccanti.Il Prusik si esegue con uno spezzone di cordinodi diametro preferibilmente non inferiore a 6mm (se inferiore si consiglia kevlar o dynee-ma), avvolgendolo due o più volte intorno allacorda prima di stringerlo accuratamente. Siconsiglia di evitare un numero di giri tanto ele-vato da provocare un eccessivo bloccaggio sottocarico del nodo, con conseguente difficoltà disbloccaggio e di scorrimento lungo la corda anodo scaricato. Generalmente il Prusik si esegue con un anellopreformato di cordino della lunghezza di circa60-70 cm (figura in basso), ma può esserenecessario anche eseguirlo con uno spezzone dicordino aperto (con un capo solo), chiudendopoi l'anello con un nodo bulino semplice bloc-cato (foto in basso).

C03-17 nodo autobloccante Prusik, esecuzione utilizzando un anello preformato di cordino

nodo copiato

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Durante l'esecuzione del nodo ci si deve assi-curare che i giri sulla corda non si sovrappon-gano tra di loro e siano esattamente disposticome raffigurato. Il Prusik ha la proprietà di essere autobloccan-te in tutte e due le direzioni (bidirezionale). Ilnodo di giunzione del cordino deve risultare inposizione tale da non interferire con il mecca-nismo di bloccaggio e da non ostacolare l'ap-plicazione del carico. Il nodo Prusik si prestaindifferentemente a tutti i tipi di utilizzo,garantendo un’efficace tenuta anche su cordebagnate.

Imbracatura e nodi principali

Alpinismo su ghiaccio e misto

C03-18 Prusik con capo soloNodo Prusik eseguito con un solo capo e chiuso con bulino semplice.

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Nodo MachardIl nodo Machard (talora erroneamente chiama-to “Marchand”) è realizzabile con una solaasola cui applicare il carico, ovvero con dueasole di cordino (vedi figura). Con un'asola blocca in una sola direzione (uni-direzionale), con due asole blocca in ambeduele direzioni, come il Prusik. Possiede la pro-prietà di funzionare anche quando viene ese-guito con uno spezzone dello stesso diametrodella corda, purché si realizzino almeno quattrospire. Su corde ghiacciate è consigliabile effet-tuarlo con una sola asola. Con due asole, grazie alla facilità di bloccaggio,è consigliato come autobloccante di sicurezzanella discesa a corda doppia, per la risalita sullacorda e per le manovre di recupero da crepaccio.

Alpinismo su ghiaccio e misto Imbracatura e nodi principali

C03-19 Machard

Machardunidirezionale

Machardbidirezionale In base alla ultime prove

è preferibile unire i capidel cordino con nodo acontrasto doppio.

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Nodo svizzero (o “bellunese”)Il nodo svizzero o bellunese è particolarmenteadatto come autobloccante con corde dello stes-so diametro e si può costruire anche utilizzandoil capo della stessa corda impiegata per il recu-pero (unica possibilità in caso di mancanza dicordini).

Costruzione del nodoSi posiziona il pollice (o l’indice) parallelo allacorda, verso il basso, in direzione del carico e siavvolge lo spezzone di corda iniziando a montee dando tre giri attorno a dito e corda e poiancora tre giri sulla sola corda.Si porta ora il capo dello spezzone in alto, lo siinfila al posto del dito per poi uscire a metàdegli avvolgimenti. Successivamente i variavvolgimenti vengono ben stretti sulla corda equindi si realizza sul capo libero un nodo sem-plice di sicurezza.Il nodo bellunese deve sempre essere pretensio-nato e tenuto sotto costante controllo.La parte che svolge la maggior funzione di tenu-ta è quella costruita dalle spire rivolte verso l’an-coraggio (avvolgimenti su dito e corda).Il numero di spire consigliato affinché il nododia buone garanzie di tenuta è di tre + tre, even-tualmente aumentabili su entrambi i lati in baseal tipo di corda e all’aumento del carico.

Imbracatura e nodi principali

Alpinismo su ghiaccio e misto

C03-20 Svizzero -a

C03-20 Svizzero -b

1

2

4

3

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Sistema autobloccante “va e vieni”Si tratta di un sistema autobloccante unidire-zionale semplice ed efficace, può infatti essereeseguito con due moschettoni uguali di qual-siasi tipo (anche a ghiera), a condizione chesiano utilizzate solo corde di diametro superio-re a 8,5 mm.Il punto di forza di questo sistema rispetto atutti gli altri autobloccanti unidirezionali, stanella possibilità di poter dare agevolmentecorda sul ramo sotto carico, durante un recu-pero (corda incastrata con persona da recupera-re sospesa). In tale evenienza è infatti sufficien-te inserire all’interno del moschettone un’asoladel ramo di corda scarico, tirandolo con forzadall’altro lato: si crea così un nodo mezzo bar-caiolo già in posizione di discesa, che lavoraattorno ad entrambi gli assi maggiori dei duemoschettoni, e che può essere facilmentegovernato (per la calata) sul ramo “di mano-vra”. A questo punto è sufficiente anche un leg-gero richiamo del ramo “di manovra” per rein-trodurre automaticamente la funzione auto-bloccante (di recupero) del sistema. Costruzione del nodo: due moschettoni ugualivanno inseriti nell’ancoraggio in posizione con-trapposta, con le aperture verso il basso. Vienequindi inserita in entrambi la corda, in modotale da avvolgere i due assi maggiori deimoschettoni, ripassandola quindi all’internodel primo moschettone d’ingresso, creandocosì sulla base di quest’ultimo, un anello“schiacciato”. Si ottengono in questo modo unramo di corda “carico” ed uno “di manovra”(vedi foto).

Alpinismo su ghiaccio e misto Imbracatura e nodi principali

C03-21 -c Sistema “va e vieni”Posizione di calataIl ramo di manovra (a sini-stra) è utilizzato per la cala-ta; non appena “richiama-to”, tornerà in posizione direcupero.

C03-21 -b Sistema “va e vieni”Asola per “dare corda”sotto caricoL’asola viene “strattonata”con decisione, mentre lamano non inquadratatiene con forza il ramo dimanovra.

C03-21 -a Sistema “va e vieni”Posizione di recuperoIl ramo a destra (guardan-do) è carico ed il ramo asinistra (di manovra) è uti-lizzato per il recupero.

A

B

C

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Imbracatura e nodi principali

Alpinismo su ghiaccio e misto

Sistema autobloccante “Edi” (o “Lorenzi”)Il nodo Edi o Lorenzi è un altro sistema bloc-cante unidirezionale.Ha il vantaggio di poter essere realizzato conmoschettoni di qualsiasi forma, anche a ghiera,e in assenza di carico non rischia di perdere lasua funzione.

Costruzione del nodoIpotizzando il carico posto sul ramo sinistrodella corda, si passa il ramo scarico nelmoschettone agganciato all’ancoraggio e si rad-doppia la spira in modo da creare un anello. Sifa salire questo anello lungo l’asse maggiore delmoschettone, quindi si aggancia il secondomoschettone (quello posto più in basso) inmodo che venga schiacciato dall’anello. Infinesi inseriscono nel moschettone inferiore i duerami di corda che scendono dal moschettoneprincipale.

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C03-22 Edi -a

C03-22 Edi -b C03-22 Edi -c C03-22 Edi -d

CARICO

CARICO CARICO CARICO

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Sistema autobloccante “a cuore”Si tratta di un sistema bloccante undirezionalesemplice ed efficace, che però deve sempre esse-re tenuto in carico e sotto controllo per evitareche i moschettoni perdano la loro corretta posi-zione, compromettendo il bloccaggio dellacorda: per ovviare a tale problema i duemoschettoni devono sempre essere accoppiatiper poter bloccare la corda che va al carico.Il nodo a cuore può essere eseguito solo su duemoschettoni uguali, entrambi trapezoidali eprivi di ghiera, onde ottenere il necessario effet-to bloccante unidirezionale della corda.

Costruzione del nodoIpotizzando il carico posto sul ramo sinistrodella corda, si passa il ramo scarico nei duemoschettoni affiancati, iniziando da sinistraverso destra e successivamente lo si riporta nelsolo moschettone di sinistra, entrando dall’e-sterno.L’asola che avvolge i due moschettoni devedisporsi leggermente verso l’alto sull’asse prin-cipale degli stessi.

Alpinismo su ghiaccio e misto Imbracatura e nodi principali

C03-23 A cuore -a C03-23 A cuore -b C03-23 A cuore -c

CARICO CARICO CARICO

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Imbracatura e nodi principali

Alpinismo su ghiaccio e misto

NODI DI GIUNZIONE

Servono per unire tra di loro singole estremitàdi corde, cordini e fettucce o per unire due cordeper la calata in corda doppia, o, ancora, per for-mare anelli chiusi di cordino e di fettuccia.

Nodo guide semplice (o “galleggian-te semplice”): viene usato soprattutto percollegare due corde da utilizzare per la calata incorda doppia, in tale caso infatti, rispetto aglialtri nodi di giunzione, si posiziona sempre sullato di corda non aderente al terreno, riducen-do così il pericolo di incastrarsi nelle fessure. Questo nodo, appena realizzato, va semprestretto con forza un capo alla volta e controlla-to prima dell’utilizzo. Per la corda doppia, lasciare sempre almeno 30cm tra il nodo e le due estremità di corda.

Nodo a contrasto doppio (o nododoppio inglese): viene generalmente usatoper congiungere spezzoni di corda, anche se didifferente diametro, e per formare anelli chiusidi cordino (in kevlar, nylon o dyneema),soprattutto per il collegamento degli ancoraggidi sosta. La costruzione, molto semplice, è illu-strata in figura.

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C03-24 Guide semplice

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Alpinismo su ghiaccio e misto Imbracatura e nodi principali

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Nodo guide doppio: viene prevalente-mente utilizzato per formare anelli chiusi dicordino da impiegare su ancoraggi intermedi(clessidre, spuntoni, ecc.) e di sosta. È anch’es-so “galleggiante”, sebbene più voluminoso delnodo semplice e, come quest’ultimo, va strettocon forza un capo alla volta, lasciando almeno10 cm tra il nodo e le estremità libere di cor-dino.

Nodo fettuccia (o nodo copiato):questo nodo è l’unico a garantire un'unionesicura di fettucce (per cui è detto anche “nodofettuccia").

C03-26 Guide doppio

C03-25 Contrasto doppio

1

2

3

4

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È caratterizzato da semplicità di costruzione edefficace bloccaggio.L'esecuzione è abbastanza semplice: si formavicino ad una estremità un nodo semplicesenza stringerlo e con l'altra estremità lo siripercorre completamente in senso inverso. È indispensabile, per evitarne l'accidentalescioglimento (con l’uso tende a scorrere), strin-gere sempre con forza il nodo, tirando un capoalla volta, controllarne periodicamente lo statoe, una volta tensionato, lasciare almeno 10 cmtra le estremità libere ed il nodo. Può essereeseguito anche con frizione, con relativa mag-giore facilità all’atto dello scioglimento. Il nodoa fettuccia non è adatto per formare anelli chiu-si di cordino perché, in recenti prove, si è rile-vato che spesso questa giunzione riduce mag-giormente il carico di rottura rispetto al nodo acontrasto doppio.

Imbracatura e nodi principali

Alpinismo su ghiaccio e misto

C03-27 Fettuccia

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capitolo 04

Catena di assicurazione e normative

INDICE

Premessa

Principi della catena di assicurazione• Richiami di fisica: dinamica, peso, la caduta dei corpi,

energia potenziale ed energia cinetica • Sollecitazioni sul corpo umano in seguito a caduta• Energia cinetica e deformazione della corda• Differenza tra corda bloccata e corda frenata• Fattore di caduta • Forza di impatto o di arresto • Sollecitazione sulla sosta a corda bloccata senza rinvii• Aumento della forza d’arresto nei voli successivi• Effetto carrucola• Attrito prodotto dal moschettone • Carico di rottura di un rinvio • Assicurazione dinamica e funzione dei freni• Prove di caduta con freno senza rinvio• Prove di caduta con freno in presenza di rinvii• Fasi della trattenuta dinamica• Rinvii angolati e aumento delle forze sul rinvio• Illustrazione delle tecniche di assicurazione dinamica

Materiali e normative • Normativa internazionale: norme U.I.A.A. e norme CEN• Norme CEN e marchiatura CE• Corde

• Caratteristiche generali• Caratteristiche meccaniche richieste-Normativa U.I.A.A.-EN 892• Decadimento delle prestazioni dinamiche delle corde

• Cordini e fettucce • Imbracatura• Moschettoni (connettori)• Viti e chiodi da ghiaccio

• Generalità• Viti da ghiaccio• Chiodi da ghiaccio a percussione• Chiodi da roccia

• Blocchi da incastro fissi e regolabili

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PREMESSA

La catena di assicurazione considera tutti gli elementi che concorrono alla sicu-rezza della cordata nel caso in cui si verifichi una caduta. Oltre ai componen-ti essenziali quali corda, cordini, fettucce, imbracatura e moschettoni vieneanche studiato il comportamento dei freni e degli ancoraggi naturali e artifi-ciali. Premettendo che il volo in ambiente di montagna è visto sempre come unevento non abituale e che va evitato, la “catena di assicurazione” si pone l’o-biettivo di ridurre al minimo i danni sia a colui che cade, sia a chi, in sosta,sta assicurando. Infatti, anche colui che assicura può subire seri traumi causa-ti ad esempio dalle bruciature prodotte da uno scorrimento eccessivo della cordadentro la mano oppure dallo sbattere violentemente contro la parete. Dopo aver richiamato alcuni concetti propedeutici di fisica, si parlerà dellesollecitazioni che subiscono l’alpinista, l’ancoraggio di sosta e l’ultimo rinvioin caso di volo del primo di cordata sia con corda bloccata che con corda fre-nata. Mentre nel capitolo 2 si sono trattati gli aspetti essenziali degli elementi chepartecipano alla catena di assicurazione nel presente capitolo, all’internodella sezione “materiali e normative” si evidenziano dettagli tecnici e normerelativi a corde, cordini, fettucce, moschettoni e imbracatura.Quindi verranno citate le principali tecniche di assicurazione dinamica lecui caratteristiche verranno sviluppate nel capitolo 9.

Per una trattazione più completa delle caratteristiche dei materiali, nonchéper l’approfondimento delle tecniche di assicurazione, si rimanda alla lette-ratura specifica prodotta dalla Commissione Centrale Materiali e Tecniche edalle Commissioni Materiali e Tecniche VFG e Lombarda operanti a livelloregionale.

Catena di assicurazionee normative

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PRINCIPI DELLA CATENADI ASSICURAZIONE

Richiami di fisica

DinamicaI corpi tendono a mantenere il loro stato diquiete o di moto finché non intervengonoforze esterne a modificarlo: ad esempio un’au-tomobile ferma si muove se la spinge la forzadel motore, oppure, su una strada in pendenza,la forza di gravità. Un corpo che si muove conmoto rettilineo uniforme è dotato di velocitàcostante; invece nel moto non uniforme la velo-cità si modifica, cioè si parla di accelerazione.Una forza costante applicata a un corpo produ-ce un’accelerazione. Se la forza raddoppiaanche l’accelerazione raddoppia, in altre parolesi dice che l’accelerazione è direttamente pro-porzionale all’intensità della forza che l’ha pro-vocata. La massa esprime la quantità di materiacontenuta in un corpo e, quando ad esso vieneapplicata una forza, la massa appare come unamisura della resistenza che il corpo oppone allavariazione della propria velocità o stato di quie-te. La relazione che lega la massa del corpo, laforza e l’accelerazione è la seguente: a=F/m si può anche esprimere F=m*a oppure m=F/aNel Sistema Internazionale (SI) l’unità di misu-ra della forza è il NEWTON (N) che corri-sponde all’intensità della forza che agendo suun corpo avente la massa di 1 kg gli imprimeuna accelerazione di 1 m/s2

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Alpinismo su ghiaccio e misto Catena di assicurazionee normative

Una forza costanteapplicata a un corpoproduce un’accelerazio-ne. Se la forza raddoppiaanche l’accelerazioneraddoppia, in altre paro-le si dice che l’accelera-zione è direttamenteproporzionale all’inten-sità della forza che l’haprovocata.

Nel Sistema Internazio-nale (SI) l’unità di misu-ra della forza è il NEW-TON (N) che corrispon-de all’intensità dellaforza che agendo su uncorpo avente la massa di1 kg gli imprime unaaccelerazione di 1 m/s2

1 daN (deca Newton)=10 N 1 kN(chilo Newton)=1000 N

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1 daN (deca newton)=10 N 1 kN (chilo newton)=1000 N Dal principio si traggono alcune importanticonseguenze: una stessa forza applicata a duecorpi diversi imprime l’accelerazione maggiorea quello che possiede la massa minore.

PesoLa forza di gravità o peso (P) è la forza a cuisono soggetti tutti i corpi sulla Terra deiquali determina la caduta verso il basso quandonon siano sostenuti o vincolati. I corpi checadono liberamente sotto l’effetto della gravitàobbediscono alla legge della dinamica P=m*g.Il valore dell’accelerazione di gravità “g”, inogni dato luogo della superficie terrestre èuguale per tutti i corpi. Per cui un sassolino oun macigno cadrebbero con la medesima velo-cità se non vi fosse la resistenza dell’aria. Lafigura C04-01 illustra l’effetto dell’aria: neltubo di sinistra, in cui è stata tolta l’aria, lapiuma e la pallina cadono contemporaneamen-te; viceversa in presenza di aria i due oggettiscendono con velocità diverse. Analogamente due paracadutisti di pari pesoacquistano velocità differenti a seconda dellaposizione che assumono durante la caduta. Danotare tuttavia che tale concetto non si applicaal caso della caduta di un alpinista legato allacorda; infatti si tratta di voli relativamentemodesti, troppo limitati perché la resistenzadell’aria abbia effetto. La forza di gravità, o peso, è proporzionale allamassa; per cui se tutti i corpi cadono con ugua-le velocità, il corpo con massa maggiore è tra-

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Alpinismo su ghiaccio e misto

C04-01 Caduta senza aria

Il valore dell’accelera-zione di gravità “g”, inogni dato luogo dellasuperficie terrestre èuguale per tutti i corpi;in assenza di aria essicadrebbero con parivelocità.

Nel contenitore di destraè presente aria e il sassoe la piuma cadono convelocità diverse a causadella resistenza dell’aria.Invece, nel contenitoredi sinistra dal quale èstata tolta l’aria, il sassoe la piuma cadono con lamedesima velocità.

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scinato da una forza più grande. Pertanto aduna massa più grande corrisponde un peso(cioè una forza) superiore.L’accelerazione di gravità, in media, sulla super-ficie terrestre ha un valore di 9,81 m/s2.Nel sistema pratico (valido per la Terra) si èpreso il chilogrammo-peso (o chilogrammo-forza) come unità di misura della forza.La relazione che lega le misure tra il sistema SIe il sistema pratico è la seguente:la massa di 1 kg, sotto l’azione della forza di 1N, si muove con l’accelerazione di 1 m/s2; lastessa massa, sotto l’azione del suo peso (1 kg-peso) si muove con accelerazione di gravitàg=9,81 m/s2.1 kg-peso=9,8 N uguale a circa 1 daNad esempio 22 kN equivalgono a circa 2200 kgpeso (kgp) o kg forza (kgf ).

La caduta dei corpi Un corpo C di massa m sospeso ad una certaaltezza h dal suolo è soggetto alla forza di gra-vità o peso P=m*g.Una volta lasciato libero di cadere il corpo èsoggetto all’accelerazione di gravità che si puòritenere costante. Trascurando la resistenza del-l’aria il moto di caduta libera diretto verso ilbasso si considera uniformemente accelerato,cioè la velocità continua ad aumentare e valgo-no le seguenti leggi:v=g*t (v=velocità; t=tempo)h=1/2*g*t

2 (h=spazio percorso o altezza di caduta)dalle quali si può determinare la velocità cheacquista il corpo in caduta libera.

v=√2*g*h

Un corpo C di massa msospeso ad una certaaltezza h dal suolo è sog-getto alla forza di gra-vità o peso P=m*g.

Una volta lasciato liberodi cadere il corpo è sog-getto all’accelerazione digravità che si può ritene-re costante.

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Energia potenziale ed energia cineticaPer sollevare un peso a un’altezza h (ad esempio5 m) occorre un lavoro che si misura con larelazione L=P * hQuesto lavoro corrisponde a quello che il corpodi peso p può fornire cadendo dalla medesimaaltezza h.

La relazione L=P * h misura l’energiapotenziale del sistema, energia che si

dice di posizione o di gravità perchédipende dalla posizione del corpo

rispetto al livello scelto comeriferimento dell’altezza h. Ilprimo di cordata, che dopoessere salito di 5 metri siferma, è dotato di energiapotenziale. Si tratta di unaenergia “immagazzinata”che dipende dall’oggettoe dalla forza di gravitàche lo attrae verso ilbassoL’energia di movimen-to, per il fatto di essereimmediatamente visibi-le sotto forma di motodi un corpo, viene detta

cinetica, anziché poten-ziale.

Un corpo che cade libera-mente dall’alto, e quindi sogget-

to ad un moto uniformemente acce-lerato, acquista una energia cinetica espressa

dalla seguente relazione: E=1/2m*v2

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C04-02 Conservazione energia

Altezza di caduta: 5 m

Lunghezza di corda utilizzata:2,5 m

2,5 m

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Se prendiamo in esame un corpo sospeso aduna certa altezza h da un certo punto di riferi-mento, la sua energia cinetica è nulla mentrequella potenziale vale L=P*h=m*g*h; poiché,per la legge di conservazione dell’energia lasomma delle due energie si mantiene costantedurante il moto, se un alpinista legato cade,man mano che si avvicina al suolo perde ener-gia potenziale e acquista energia cinetica. Nel momento in cui la corda lo blocca la suaenergia potenziale si annulla mentre quellacinetica assume il valore massimo. In quell’i-stante l’alpinista è dotato di una velocitàv=√2*g*h e l’energia cinetica posseduta saràE=1/2 m (√2*g*h)2=m*g*h=L.L’unità di misura dell’energia è il joule (j).Pertanto l’energia potenziale si è trasformatatutta in energia cinetica in accordo col princi-pio di conservazione dell’energia meccanica. In figura C04-03 sono mostrati tre esempi diun alpinista che compie voli diversi: da fermol’energia potenziale è massima e dipende dal-l’altezza di caduta, mentre l’energia cinetica ènulla. Viceversa, appena prima di essere tratte-nuto dalla corda, l’energia potenziale è nullamentre quella cinetica risulta massima.

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C04-03 Voli ed energie

m= 80 kg

g = 9,8 m/s2

Energia potenziale L=m*g*h (J)

Energia cinetica E=1/2 m*v2 (J)

Velocità dopo la caduta v=√2*g*h

L=15696 J; E=0 J

L=31392 J; E=0 J

L=62784 J; E=0 J

L=0; E=15696 Jv=71 km/h

A

B

C

L=0; E=31392 Jv=100 km/h

L=0; E=62784 Jv=140 km/h

L=10

H=

20

L=20

L=40

H=

80

H=

40

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Sollecitazioni sul corpo umano inseguito a cadutaIniziamo a trattare i componenti della catena diassicurazione analizzando cosa succede quandoun corpo umano cade, allo scopo di determi-nare qual'è l'elemento essenziale, tra corda,imbracatura, rinvii ecc., che elimina o quanto-meno riduce eventuali danni ai componentidella cordata. Si consideri che cosa può accadere agli organiinterni in caso di volo, in cui il corpo umanonon urti contro la parete e la caduta sia arresta-ta dall'intervento esclusivo della catena di assi-curazione. Il considerare questo caso limite cidà la possibilità di confrontarci con fenomeniche si verificano normalmente in altre attivitàcome ad esempio nel paracadutismo. In ricerche e studi svolti dall'aeronautica fran-cese, in particolare durante il secondo conflittomondiale, è stato scoperto che in alcuni casi,all'apertura del paracadute si verificavanodanni agli organi interni. Questi danni eranocollegati all'accelerazione, o meglio alla decele-razione, che il corpo umano subiva al momen-to dell'apertura del paracadute.Se un corpo viene accelerato, o decelerato, essodiviene sede di forze di inerzia.Nel caso del corpo umano, al verificarsi di unacaduta, e conseguentemente all'entrata in azio-ne della corda, si ha come effetto una fortedecelerazione e la formazione delle corrispon-denti forze d'inerzia che, attraverso l'imbraca-tura, sono trasmesse alla corda.Paracadute troppo piccoli implicano un effettofrenante troppo basso, tale per cui il paracadu-

Alpinismo su ghiaccio e misto Catena di assicurazionee normative

Si consideri che cosapuò accadere agli organiinterni in caso di volo,in cui il corpo umanonon urti contro la paretee la caduta sia arrestatadall'intervento esclusivodella catena di assicura-zione.

Nel caso del corpoumano, al verificarsi diuna caduta, e conse-guentemente all'entratain azione della corda, siha come effetto unaforte decelerazione e laformazione delle corri-spondenti forze d'iner-zia che, attraverso l'im-bracatura, sono trasmes-se alla corda.

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tista rischierà quantomeno gravi traumi agliarti inferiori al contatto con il suolo. Paracadute molto ampi invece causano l'effettonegativo di cui si parlava in precedenza: dopo illancio e la conseguente accelerazione del corpo,che ne annulla la sensazione di peso durante ilvolo libero, all'apertura del paracadute la dece-lerazione può risultare talmente forte da farperdere i sensi al paracadutista, anche se questosi trova in posizione eretta. Di fronte a questidati e considerazioni, i ricercatori si sono postiil problema di valutare il massimo valore didecelerazione sopportabile, per poi dimensio-nare di conseguenza il diametro del paracadu-te. Tale valore è stato definito in 15 volte g,dove g è il valore dell'accelerazione di gravitàconvenzionale. Mettiamo fin d'ora in evidenzache il valore di 15 g è il limite di sicurezza,sopportabile peraltro per tempi molto brevi. È opportuno chiarire, inoltre, che si parla diaccelerazione o decelerazione esattamente allastessa maniera, in quanto non cambia l'effettosul corpo umano.Il valore di 15 g, applicato ad una massa di80 kg, che è la massa di riferimento di unalpinista, ed è anche il valore assuntodall'U.I.A.A. per le prove sui materiali, equi-vale ad una forza di 1200 daN o 12 kN(circa 1200 kgp), limite di sicurezza fisiolo-gico.Nel tentativo di applicare questi concetti all'al-pinismo, cerchiamo di definire quale può esse-re il paracadute dell'alpinista. In alpinismo unabrusca decelerazione si può verificare quandocontemporaneamente accadono alcuni eventi,e cioè: la corda resta per qualche motivo bloc-

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C04-04 Paracadute: il diametro del paracadute determina la violenza

della decelerazione (Valore di sicurezza sopportabile 15 g)

C04-05 Decelerazioneg=accelerazione di gravità

15 g

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cata in sosta, oppure viene bloccata su unospuntone o in una fessura. In questi casi la con-dizione è simile a quella del paracadute troppogrande, cioè situazione che si vuole e che dob-biamo evitare.Come si era già detto, si vede l'utilità di ricor-rere a questo caso limite per valutare le solleci-tazioni massime e quindi le caratteristiche darichiedere alle corde. Se invece la corda scorre dentro un freno, ladecelerazione che si raggiunge sarà minorerispetto ai casi, prima esemplificati, del suobloccaggio. Nel caso limite di corda bloccata, essa si com-porta come un elastico e determina un arrestograduale della caduta; la corda è in tal caso “ilparacadute” dell'alpinista. Le norme U.I.A.A.-CEN prescrivono appunto che le corde sideformino almeno quanto è necessario perchéla punta massima della forza d'arresto nonsuperi il valore di 1200 daN; d'altra parterichiedono alla corda una rigidezza sufficienteper lo svolgimento di tutte le manovre relativeal suo impiego.Ovviamente la caratteristica fondamentale darichiedere a una corda è che non si rompa neltrattenere una caduta. A questo scopo le sud-dette norme, facendo ancora riferimento alcaso limite di corda semplice bloccata, prescri-vono che essa resista ad almeno 5 cadute di unamassa di 80 kg, come si dirà più avanti.

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Nel caso limite di cordabloccata, essa si compor-ta come un elastico edetermina un arrestograduale della caduta; lacorda è in tal caso “ilparacadute” dell'alpini-sta. Le norme U.I.A.A.-CEN prescrivono ap-punto che le corde sideformino almenoquanto è necessario per-ché la punta massimadella forza d'arresto nonsuperi il valore di 1200daN.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

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Energia cinetica e deformazionedella cordaAnalizziamo ora l'energia cinetica che deveessere neutralizzata dalla capacità di deforma-zione della corda. Nel caso dell'alpinista checade, l'energia cinetica è nulla quando l'alpini-sta sta per cadere e alla fine del volo quando ilcorpo è di nuovo fermo; essa invece sarà massi-ma praticamente nel momento in cui la cordainizia l'azione frenante vera e propria. L’energiacinetica che il corpo possedeva un attimoprima dell'inizio dell'azione della corda finiscetutta nella catena di assicurazione. Ma doveall'interno della catena? Il dove dipende dallemodalità con cui la catena sta funzionando. Sela corda è bloccata in sosta, allora l'energia èandata a finire quasi tutta in deformazionedella corda.

C04-06 Energia cinetica edeformazione

LA CORDA, DEFORMANDOSI, ASSORBE QUASI TUTTA L’ENERGIA

lunghezza corda 10 m

altezzavolo 20 m

energiacinetica1600 daN·m

il lavoro di deformazione è di circa 1600 daN·m

lunghezza corda 5 m

altezzavolo 10 m

energiacinetica800 daN·m

il lavoro di deformazione è di circa 800 daN·m

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Differenza tra corda bloccata e cordafrenataAnticipiamo in questa sezione una afferma-zione che verrà meglio spiegata in seguito: seinvece, nella catena di assicurazione, c'è unfreno (1/2 barcaiolo, tuber, otto, sticht,...),buona parte dell'energia di caduta (energiacinetica) va a finire nel freno e non nell'al-lungamento della corda. Tutto questo inquanto la corda comincia a scorrere nel frenoche, dissipando energia, la trasforma da cineti-ca in termica per mezzo delle forze di attrito.Bisogna capire a fondo questa differenza disituazioni per non generare confusione, inseguito, sull'utilità di concetti come fattore dicaduta e forza di arresto. La figura C04-07 illu-stra a sinistra un dispositivo che blocca la corda(GRI-GRI) mentre a destra è mostrato unfreno (mezzo barcaiolo).

C04-07 Corda bloccata e frenata

CON CORDA BLOCCATAquasi tutta sulla corda

DOVE VA A FINIRE L’ENERGIA DI CADUTA?

CON CORDA FRENATAquasi tutta sul freno

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C04-09 Fattore di caduta (2) C04-08 Fattore di caduta (1)

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Fattore di cadutaL'energia in gioco in una caduta dipende dal-l'altezza di quest'ultima e viene assorbita dallacorda, come energia di deformazione.Maggiore è l’altezza di caduta, maggiore saràl’energia cinetica da dissipare. Si osserva che losforzo massimo, nel caso di corda bloccata,dipende unicamente dal rapporto tra altezzadi caduta e lunghezza di corda interessata;questo rapporto prende il nome di “Fattore dicaduta” (fc).

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Alpinismo su ghiaccio e misto

IL FATTORE DI CADUTA SI DETERMINA A CORDA BLOCCATA

5 m di corda

10 m di volo

10:5=2

fattore di caduta 2

10 m di corda

20 m di volo

20:10=2

H/L=12=0,3

F=600 daN

40

fattore di caduta 2

L=40

H=

12

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Alpinismo su ghiaccio e misto Catena di assicurazionee normative

Analizziamo qualche esempio: se ci si alza dallasosta per 5 metri senza mettere rinvii e improvvi-samente si cade, il volo sarà di 10 metri, mentrela lunghezza di corda in grado di assorbire ener-gia sarà di 5 metri, da cui il fattore di caduta10/5=2; se invece ci si alza di 10 metri, sempresenza rinvii, il volo sarà di 20 metri e la cordainteressata ne misurerà 10, per cui il fattore dicaduta 20/10=2 è identico al precedente e iden-tica sarà la forza massima con cui la corda reagi-sce, sempre supposto che sia bloccata in sosta.Naturalmente in arrampicata si usano i freni, mail volo a corda bloccata è una situazione chepuò capitare realmente quando è impedito loscorrimento della corda che va in tensione, adesempio per incastro della corda in una fessura operché si avvolge attorno ad uno spuntone oancora per utilizzo improprio di un freno. Nellapratica dell'alpinismo, al di fuori delle vie ferrate,il valore massimo di fc corrisponde al caso in cuinella progressione verticale non sono presentirinvii tra l'ancoraggio di partenza (sosta) e ilcorpo che cade (alpinista 1° di cordata), ed è paria 2; oppure come si detto quando, in seguito aduna caduta del primo, la corda si blocca su unospuntone.

Fattore di caduta superiore a 2 nellevie ferrate e impiego di un dissipatoreLa conoscenza del fattore di caduta, inoltre, per-mette di comprendere l'assoluta necessità del dis-sipatore nell'assicurazione lungo le funi d'acciaio,tese verticalmente, delle ferrate; in questa situa-zione si potrebbero verificare fattori di caduta5,6,7 e più, alle quali nessuna corda reggerebbe.È pertanto necessario disporre di un set da fer-

C04-10 Corda bloccata da spuntone

C04-11 Caduta in ferrata

lunghezza volo: 4 metri fattore

di caduta 2

2 metri di corda4 metri di volo

4:2=2

spezzone di corda bloccato2 metri

distanza tra gli ancoraggi6 metri

lunghezzacorda:1 metro

1 metro di corda6 metri di volo6:1=6

fattore di caduta 6

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rata completo e preconfezionato dal costrutto-re secondo le norma europea EN 958 e costitui-to da un dissipatore, corda e due moschettoniadeguati. Tra le varie specifiche la norma imponeun valore massimo per la forza di arresto di 6 kNe che lo scorrimento della corda all’interno deldissipatore deve iniziare a carichi superiori a 1,2kN. Pertanto un set assemblato acquistando lesingole parti non è a norma. Solo un sistemaomologato EN 958 dà la completa garanzia delcorretto funzionamento.

Forza di impatto o di arrestoLa forza di impatto è la forza che agisce sullacorda e sull'alpinista al momento dell'arrestodella caduta, ossia nel momento in cui tale forzaraggiunge il suo valore massimo.Quando la corda entra in azione per trattenerel'alpinista che cade, comincia a tendersi e adallungarsi, quindi ad assorbire energia. La tensio-ne della corda, ossia la forza che agisce su di essae che si scarica sull'alpinista, aumenta progressi-vamente fino a toccare il valore più elevato incorrispondenza al massimo allungamento dellacorda, cioè al momento di arresto della caduta; diqui il termine “forza d'arresto”.Tale valore dipende dalle caratteristiche di defor-mabilità della corda: a parità di massa che cade edi fattore di caduta, corde poco deformabili(“rigide”) determinano forze di arresto elevate,pericolose per l'alpinista e per gli ancoraggi, men-tre si ottengono valori bassi con corde moltodeformabili (“elastiche”), che sono però pocopratiche nelle manovre. Una buona corda dovràperciò rappresentare il giusto compromesso tra leesigenze di funzionalità e la necessità di contene-

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C04- 12 Set ferrata

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re la forza di arresto entro limiti accettabili anchenelle peggiori condizioni di caduta. Al riguardo,le normative U.I.A.A. e EN stabiliscono che laforza d'arresto, alla prima caduta - per un volo acorda bloccata con massa di 80 kg a fattore dicaduta 2 -, non debba superare il valore di 1200daN. A parità di resistenza dinamica (numero di cadu-te sopportate senza rompersi secondo le suddettenormive) è sempre da preferire una corda carat-terizzata da bassa forza d'arresto al fine di limita-re i danni ad alpinista ed ancoraggi in caso divolo. In realtà sono commercializzate corde sem-plici che presentano una forza di arresto ben infe-riore al valore limite con valori che vanno da 700daN a 950 daN. Attenzione, infine, a non confondere la forzad'arresto con il carico a rottura della corda, che èla forza necessaria da applicare per romperla. Ilcarico a rottura, sempre ben superiore alla forzad'arresto, è un parametro di scarso interesse perl'alpinista e comunque poco importante ai finidella scelta di una buona corda, anche se può for-nire utili informazioni sulle sue caratteristiche. Atitolo orientativo si può affermare che per unamezza corda il carico di rottura vale circa 16 kN(20 volte il peso di un alpinista di 80 kg), men-tre per una corda semplice vale circa 24 kN (30volte il peso di un alpinista di 80 kg).

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A parità di resistenzadinamica (numero dicadute sopportate senzarompersi secondo le sud-dette normive) è sempreda preferire una cordacaratterizzata da bassaforza d'arresto al fine dilimitare i danni ad alpini-sta ed ancoraggi in caso divolo.

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Sollecitazione sulla sosta a cordabloccata senza rinviiAppendendo una massa ad un rinvio o anchead una sosta, l’ancoraggio viene sollecitato dauna forza peso analoga. Il trasduttore di forze, rappresentato da unacella di carico, applicato al rinvio e collegatoallo strumento indicatore rileva una forza di 80daN appendendo un peso di 80 kg.

C04-13 Sollecitazione su ancoraggio

cella di caricoper la misuradella forza

massa80 kg

corda

80 daN

strumento dimisura

F2= 80 daN

F3= 80 daN

PROVE DI CADUTA CON CORDA BLOCCATA

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Si ipotizza ora il caso di una corda bloccata allasosta e di un alpinista che in fase di salita cadasenza prima aver posizionato dei rinvii: l’altez-za del volo è sempre doppia rispetto alla lun-ghezza della corda interessata. La corda assorbe l’energia cinetica e si allungain modo diverso a seconda dell’altezza di cadu-ta o di volo.Per essere precisi con “altezza del volo” si è indi-cato il “volo libero”, cioè fino al momento incui entra in tensione la corda: l’altezza del volototale è data dalla somma del volo libero piùl’allungamento della cordaNel primo caso l’altezza del volo è di 8 m, men-tre nel secondo caso è di 20 m: in entrambe lesituazioni la sollecitazione che riceve l’alpinistaequivale alla forza di arresto della corda che èstata ipotizzata pari a 1000 daN. Se si fosse scelta una corda con fa=1200 daN (ilvalore massimo consentito ai costruttori), lasosta, in assenza di rinvii intermedi, avrebbericevuto una sollecitazione analoga all’impattosubito dall’alpinista cioè 1200 daN.

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C04-14 Sollecitazione su ancoraggio

caso a: volo di 4+4 msollecitazione sulla sosta: 1000 daN

caso b: volo di 10+10 msollecitazione sulla sosta: 1000 daN

forza di arresto sull’alpinistacaso a: 1000 daNcaso b: 1000 daN

sosta

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Aumento della forza d’arresto neivoli successiviLe prove a corda bloccata, con fattore di cadu-ta 2, rappresentano il test più impegnativo peruna corda d’alpinismo e permettono di valutar-ne le caratteristiche e il degrado delle sue pre-stazioni dovuto all’usura.Mostriamo i risultati di alcune prove svolte dalgruppo di lavoro della CMT del VFG presso laTorre di Padova. La tabella C04-15 riporta i valori della forza diarresto registrata sulla sosta con uno spezzonedi corda semplice già usata, bloccata in sosta efattore di caduta 1.

FC=1

Lunghezzaspezzone=2 m

Lunghezzaspezzone=4 m

Altezza di caduta (m)

1° volofa (daN)

3° volofa (daN)

2° volofa (daN)

2

4

520

517

642

643

705

717

C04-15 Voli e forze di arresto

La tabella C04-16 riporta i valori della forza diarresto registrata sulla sosta con uno spezzonedi corda semplice già usata, bloccata in sosta efattore di caduta 2.

FC=2

Lunghezzaspezzone=2 m

Lunghezzaspezzone=4 m

Altezzadi caduta (m)

1° volofa (daN)

3° volofa (daN)

2° volofa (daN)

4

8

707

759

914

951

1023rottura

spezzone

C04-16 Voli e forze di arresto

1138rottura

spezzone

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• Possiamo osservare che il valore della forza diarresto non dipende dalla lunghezza del volo,bensì dal fattore di caduta: si passa infatti daicirca 500 daN nel caso di FC=1 ai circa 700daN nel caso di FC=2.• Si nota che nei voli successivi al primo il valo-re della forza di arresto è aumentato: ciò è dovu-to al danneggiamento progressivo della corda edi conseguenza alla sua diminuita elasticità.

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Effetto carrucolaPrendiamo ora in esame la sollecitazione chericeve un rinvio intermedio con alcuni esempidi situazione “in quiete” cioè studiando carichiappesi e non in movimento.Nel primo caso (propedeutico) sul rinvio vieneposizionata una puleggia che produce sullacorda un attrito trascurabile. Per trattenere ilpeso di 80 kg applicato sul ramo di sinistrabisogna applicare 80 kg sul ramo di destra. Siosserva che il rinvio deve sostenere la sommadelle due sollecitazioni cioè 160 daN.Il secondo caso rappresenta un’applicazione delprimo esempio: il ramo di destra della corda èbloccato alla sosta mentre sul ramo di sinistra èappeso un alpinista della massa di 80 kg. Sulrinvio si produce l’effetto carrucola e la forzacon cui è sollecitato vale 160 daN.

Attrito prodotto dal moschettoneNella realtà sul rinvio non è applicata unapuleggia (attriti assenti) bensì un moschettoneche introduce un attrito tra corda e metallo.Secondo risultati di prove effettuate in labora-torio, lo scorrimento di una corda tesa, appog-

C04-17 Effetto carrucola (1)

corda

carrucola

corda

carrucola

F3= 160 daN

F3= 160 daN

F1= 80 daN F2= 80 daN

F2= 80 daN

F1= 80 daN

C04-18 Effetto carrucola (2)

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Alpinismo su ghiaccio e misto

Carico di rottura di unrinvioNel caso di caduta a cordabloccata e in presenza di unrinvio, sul ramo a cui è colle-gato l’alpinista si può genera-re al massimo una forza di1200 daN.A causa dell’attrito pro-dotto dal moschetto-ne sul ramo con-nesso alla sostaè sufficiente

140

giata a un perno cilindrico del raggio di 5mm (moschettone), all’incirca per mezzogiro (180°), dà luogo ad una riduzione dello

sforzo tra il ramo traente e quello resistentedell’ordine di 1,7 in condizioni statiche, men-

tre può variare da 1,35 a 1,50 in condizionidinamiche.Pertanto per trattenere un peso di 170 daN col-legato al ramo di destra è sufficiente applicareuna forza di 100 daN sul ramo di sinistra. Siparla quindi di fattore di riduzione o amplifi-

cazione a seconda del verso nel qualeviene studiato.

C04-20 Rinvio

C04-19 Attrito del moschettone

Angolo di attritoO=80°= π rad

Superficie d’attritocorda/metallo

Carico al rinvioF3=270daN

Alla sostaF1=100 daN

F1/F2=e µ*0=1,7

Al pesoF2=170 daN

800+1200=2000 daN

800 daN

1200 daN

alpinistache cadesosta

RESISTENZA ALLA TRAZIONE (CARICO DI ROTTURA)min. 2000 daN

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Assicurazione dinamica e funzionedei freniTutti i discorsi precedentemente fatti si riferi-scono a situazioni in cui la corda è bloccata.Nella pratica alpinistica si effettua al primo dicordata una assicurazione dinamica, cioè unsistema di assicurazione che permette unoscorrimento della corda nel freno dissipan-do gran parte dell’energia di caduta in attri-to cioè sotto forma di calore. Infatti toccandoad esempio il moschettone del barcaiolo subitodopo un volo si può constatare che è caldo: l’e-nergia potenziale della massa si è trasformata inenergia cinetica e questa in calore durante ladecelerazione operata dal freno. Nel caso di corda frenata, cioè di assicura-zione dinamica, non ha senso parlare di“fattore di caduta”. È il sistema mano - frenoche svolge l’azione prevalente di paracadute;all’effetto di deformazione della corda con l’e-stremità bloccata, si sostituisce ora quello delloscorrimento della corda dentro il freno, cheassume quindi il compito di dissipare l’energiacinetica.Il freno è quell’attrezzo che, pilotato dalla

una quantità di forza inferiore per trattenere lacaduta: assumendo il coefficiente di attrito cau-telativamente più basso (F2/F1=1,5) la forza chedeve esercitare la sosta vale 1200/1,5=800 daN.Il rinvio è quindi soggetto alla somma delle dueforze che equivale a 2000 daN. Di conseguenzale norme fissano un valore di 2000 daN comecarico minimo per la rottura di moschettoni.

141

Nel caso di corda frena-ta, cioè di assicurazionedinamica, non ha sensoparlare di “fattore dicaduta”. È il sistemamano - freno che svolgel’azione prevalente diparacadute; all’effetto dideformazione dellacorda con l’estremitàbloccata, si sostituisceora quello dello scorri-mento della corda den-tro il freno, che assumequindi il compito di dis-sipare l’energia cinetica.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

mano dell’assicuratore, permette di rallentareed arrestare la caduta. Tutti i vari tipi di frenihanno una caratteristica comune: essi si com-portano come moltiplicatori della forza appli-

cata dalla mano.L’alpinista genera sullamano mediamente unaforza di 15-30 daN.L’efficacia della frenata èdata dall’effetto combi-nato:- della forza esercitata dallamano dell’assicuratore-dalla capacità frenantedell’attrezzo.Ciò significa che in lineateorica si può ottenere lo

stesso effetto di frenata sia con una “debole”forza della mano combinata con un frenomolto efficace sia, viceversa, con una elevataforza applicata della mano con un freno menoefficiente. Tuttavia vale la pena di sottolineare che èmeglio avere un freno efficace che può esse-re modulato morbidamente in caso dirichiesta di basse forze frenanti piuttostoche un freno poco efficace che non permettedi trattenere opportunamente caduteimportanti.È necessario sottolineare un altro aspetto deifreni: quanto minore è la forza generata dalsistema mano-freno tanto maggiore risultala corsa della corda nel freno; inoltre quan-to maggiore è la corsa nel freno, tanto mino-ri risultano le tensioni nella catena di assi-curazione.

Fm

Fs

frenoFa

C04-21 Freni moltiplicatori di forze (1)Un qualsiasi freno può essere

considerato un “ moltiplicatore di forza”•forza Fm in “ingresso” al freno

(generata dalla mano”• forza Fa in “uscita” dal freno

(che arresta la caduta” Fa= K F m

Il valore del “fattore di moltiplicazione” (K)

dipende dal freno (efficacia del freno)

forza a monte del freno (mano)

forza a valledel freno (corda)

forza scaricata sull’ancoraggioo sull’imbracatura

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Alpinismo su ghiaccio e misto Catena di assicurazionee normative

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Vari possono essere i freni utilizzati per l’assicu-razione: il nodo mezzo barcaiolo, riconosciutoin sede U.I.A.A. quale “italian hitch” (vedi figu-ra C04-22), l’otto, il tuber e la piastrina sticht.La capacità frenante è espressa dal fattore dimoltiplicazione della forza definito come rap-porto tra la forza nella corda a valle e la forza amonte del freno.Dalla tabella C04-24 che illustra i fattori dimoltiplicazione dei vari freni si nota che, adesempio per il mezzo barcaiolo, i valori tipicisono tra 8 e 12: questo significa che forze dellamano (a monte del freno) dell’ordine di 15-30daN generano una forza frenante a valle delfreno di 120-360 daN. Inoltre dalla tabella risulta evidente come ilmezzo barcaiolo sia l’unico che presenti la mas-sima capacità frenante quando i due rami dicorda sono tra loro paralleli, come nel caso ditrattenuta di una caduta in assenza di rinvii.Gli altri freni si comportano in modo opposto,nel senso che la maggior forza frenante si svi-luppa quando i rami operano a 180° ovvero inpresenza di un rinvio.

FmFm

Fa

Fa

C04-24 Efficacia freni

C04-23 Tipi di freni

Ramiparalleli

Rami a 180°

8-12 6-8

otto 2-3 4-6

tuber 1,5-2 3-5

piastrina sticht 1,5-2 3-5

mezzo barcaiolo

Fm= forza a monte del frenoFa= forza a valle del freno

FMF= Fa/Fmfattore di moltiplicazione del freno

C04-22 Mezzo barcaiolo

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Prove di caduta con freno senza rinvioRiportiamo i risultati di alcune prove svolte dalgruppo di lavoro della CMT del VFG presso laTorre di Padova. In questo tipo di prova non sono stati impiegatifreni come l’“otto” o il “tuber” perché tali sistemirichiedono per il loro buon funzionamento la pre-senza di un rinvio.La tabella C04-25 riporta i valori della forza diarresto registrata sulla sosta utilizzando uno spez-zone di corda semplice e come freno un 1/2 bar-caiolo. Non essendovi rinvii, l’altezza del volo èsempre doppia della lunghezza interessata.

Catena di assicurazionee normative

Alpinismo su ghiaccio e misto

C04-25 Freno senza rinvio

F3= 330 daN

F1= 30 daN

F2= 300 daN

strumento di misura

cella

330 daN

La tabella C04-25 illu-stra le sollecitazioni ingioco e gli scorrimentidella corda dentro ilfreno con altezze delvolo differenti.

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Osservando i risultati si possono trarre le seguenticonsiderazioni:a) la sollecitazione sulla sosta è sostanzialmenteuguale come valore ma di verso opposto a quellasubita dall’alpinista; nello schema vale 330 daN;b) confrontando i valori di forza d’arresto conquelli ottenuti nelle prove di caduta con cordabloccata (dalla figura C04-16 la fa va da 707 daNa 1138 daN), si nota una notevole diminuzionedelle forze in gioco (da 262 daN a 520 daN);c) voli con la stessa altezza di caduta possono pre-sentare valori anche molto differenti di forza d’ar-resto: ciò dimostra la diversa forza impressa da chiassicura. Si confrontino la prova 1 con la 2; leprove 3 e 4; le prove 5,6,7;d) in genere, maggiore è la forza di arresto e mino-re risulta lo scorrimento della corda;e) nonostante si usi un freno efficace, anche peraltezze di caduta modeste (6 m) gli scorrimentidella corda nel freno sono notevoli (160-310 cm)e ben difficilmente un assicuratore potrà dare cosìtanta corda senza ustionarsi la mano. Pur appli-cando la buona norma che la mano dell’assicura-tore deve essere tenuta distante dal freno saràmolto difficile in parete tenerla ad una distanzamaggiore di 60-70 cm, anche per esigenze dimanovra della corda.

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C04-26 Prove con mb senzarinvio

N°prova

Lunghezzacorda (m)

Forzaarresto (daN)

Altezzavolo (m)

Corsa corda nel freno (cm)

1 1 2 437 65

1 2 262 180

2 4 295 225

2 4 378 150

3 6 453 260

3 6 363 310

3 6 520 165

2

3

4

5

6

7

Pur applicando la buonanorma che la mano del-l’assicuratore deve esseretenuta distante dal frenosarà molto difficile inparete tenerla ad unadistanza maggiore di 60-70 cm, anche per esigenzedi manovra della corda.

Pur applicando la buonanorma che la mano del-l’assicuratore deve esseretenuta distante dal frenosarà molto difficile inparete tenerla ad unadistanza maggiore di 60-70 cm, anche per esigenzedi manovra della corda.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

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Prove di caduta con freno in presen-za di rinviiAnche in questo caso, riportiamo i risultati dialcune prove svolte dal gruppo di lavoro dellaCMT del VFG presso la Torre di Padova.In queste prove come freni sono stati impiega-ti il mezzo barcaiolo, l’“otto” e il “tuber” e perrendere più agevole un confronto si è preferitoposizionarli tutti alla sosta. La tabella C04-28 riporta i valori della forza diarresto registrata sull’ultimo rinvio utilizzandouno spezzone di corda semplice; la massa almomento del volo si trova a 2 metri sopra lasosta, per cui l’altezza di caduta vale 4 metri.

C04-27 Freno con rinvio

F3= 810 daN

F1= 300 daN

cella

F0= 30 daN

810 daN

strumento di misura

F2= 510 daN

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Osservando i risultati si possono trarre leseguenti considerazioni:a) a parità di volo (4 m), lo scorrimento dellacorda dentro il freno rispetto alle prove senzarinvio (150-225 cm) è sensibilmente ridotto (da30 a 110 cm). Ciò è dovuto alla presenza del rin-vio che, grazie all’attrito generato dal moschet-tone sulla corda, amplifica l’azione frenante pro-dotta dal sistema mano-freno. Dalla figura sipuò osservare che la forza frenante uscente dalfreno (300 daN) moltiplicata per il coefficientedi attrito (F2/F1=1,7) produce una azione fre-nante complessiva di 510 daN (300 * 1,7=510). b) i freni tuber e otto sono più efficaci del mezzobarcaiolo: a parità di energia da dissipare e aparità di tenuta dell’assicuratore consentono diabbassare il valore della forza di arresto grazie amaggiori scorrimenti di corda. Di contro le ele-vate corse della corda dentro il freno creanoall’assicuratore seri problemi nel trattenere lacaduta del compagnoc) a parità di volo e di freno, a seconda dellaforza impressa dalla mano, l’azione frenante delsistema mano-freno è diversa e diverso risulta loscorrimento della corda: l’assicuratore cheimprime una trattenuta energica ottiene bassi

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C04-28 Prove freni con rinvio

N°prova

Freno Forza sul rinvio (daN)

Altezzavolo (m)

Corsa della cordanel freno (cm)

1 1/2 barcaiolo 4 800 30

tuber 4 610 110

otto 4 640 84

1/2 barcaiolo 4 730 85

1/2 barcaiolo 4 900 45

tuber 4 567 105

2

3

4

5

6

I freni tuber e otto sonopiù efficaci del mezzobarcaiolo: a parità dienergia da dissipare e aparità di tenuta dell’assi-curatore consentono diabbassare il valore dellaforza di arresto grazie amaggiori scorrimenti dicorda.

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scorrimenti ed elevati carichi sull’ultimo rinvio.Si effettui un confronto delle prove 1 con 4 econ 5, e 2 con 6.d) La forza applicata sull’ultimo rinvio risentedell’effetto carrucola ed è uguale alla somma didue forze: la forza proveniente da chi assicurapiù la forza esercitata sull’alpinista che cade; essesono tra loro dipendenti perché è la forza fre-nante che determina la forza di arresto. La primaè quella necessaria all’assicuratore per trattenerela caduta (F1=300 daN) ed è più debole dellaforza trasmessa a chi cade. La seconda è la forzadi impatto che riceve l’alpinista che è pari all’a-zione frenante prodotta dal sistema mano-frenomoltiplicata per il coefficiente di attrito delmoschettone (300 * 1,7=510 daN). In forma più semplice possiamo dire che la forzaapplicata sull’ultimo rinvio è circa il doppiodella forza di arresto subita da colui che cade.In conclusione risulta di fondamentale impor-tanza per la sicurezza della cordata posizionare ilprimo rinvio prima possibile, comunque entro iprimi 3 metri dalla sosta. In questo modo otteniamo due risultati: si ridu-ce l’altezza di caduta e soprattutto l’azione fre-nante del sistema mano-freno viene moltiplicatadall’attrito del rinvio, permettendo così di dimi-nuire lo scorrimento della corda entro valori piùfacilmente gestibili.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

C04-29 Sollecitazione ultimo rinvio

F1F2

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forza di arresto

F1 F2

sull’ultimo rinvio le forze si sommano

forza necessaria all’assicuratore per trattenere

la caduta

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Fasi della trattenuta dinamicaRiportiamo in forma sintetica i risultati di studie prove condotte dalla CCMT sul comporta-mento della mano e del freno nel corso di unaassicurazione dinamica effettuata con un frenocollegato all’ancoraggio di sosta, con la presenzadi un unico rinvio e di una massa che cade sol-lecitando il rinvio stesso.

Va tenuto presente che nell’assicurazione dina-mica, per tutta la fase di trattenuta fino all’arre-sto della caduta, si ha una corsa della corda nelfreno che dissipa l’energia; tale corsa è tanto

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600�

700�fase inerziale�

FOR

ZA

(daN)

TEMPO(s)

fase muscolare� corda bloccata nel freno�

forza sul rinvio

forza sulla sosta

500�

400�

300�

200�

100

00� 0,1� 0,2� 0,3� 0,4� 0,5� 0,6� 0,7� 0,8� 0,9� 1�

CO

RSA

DE

LL

A C

OR

DA

(m)

fase inerziale� fase muscolare� corda bloccata nel freno�

corsa totale nel freno

corsa nella fase inerziale0,5�

1�

1,5�

2�

TEMPO(s)

0�0�

0,1� 0,2� 0,3� 0,4� 0,5� 0,6� 0,7� 0,8� 0,9� 1�

C04-30 Forze e corse

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maggiore quanto minori sono gli attriti (roccia,rinvii, ecc.). Il fenomeno della trattenuta può essere schema-ticamente suddiviso in due fasi: la fase inerzia-le e la fase muscolare la prima fase dura 0,2secondi ed è chiamata inerziale; la mano dell’as-sicuratore che impugna la corda tende ad acqui-stare la velocità del corpo che cade e perciò subi-sce una accelerazione. Si genera in questa faseuna forza frenante in cui prevale la forza d’iner-zia che determina con il contributo del freno la“forza di arresto”. Questo picco di tensione, chenel grafico di esempio vale 600 daN, si verificasul rinvio dopo circa 0,25 secondi e tale feno-meno avviene prima dell’arresto della massa checade. La corsa della corda nel freno in questafase è appena iniziata; infatti dal grafico si osser-va che dopo 0,25 secondi lo scorrimento all’in-terno del freno è stato di circa 50 cm a fronte diuna corsa totale di 130 cm.

Nella seconda fase, detta muscolare, intervie-ne prevalentemente l’azione dell’assicuratoreche, opponendo resistenza con parte delproprio peso, mantiene bloccata la corda ola lascia scorrere in modo più o meno con-trollato. In questa fase l’entità della corsa nel freno,fino al suo completo arresto della caduta,

dipende dal valore medio della forza frenan-te esercitata dall’assicuratore.Si fa notare che all’aumentare del volo la forzafrenante del sistema mano-freno resta la stessamentre deve aumentare la corsa della cordadentro il freno.Tutto ciò comunque va a ribadire un concettomesso in evidenza dall’analisi delle prove con-

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Alpinismo su ghiaccio e misto

3 m

6 m

di scorrimento

+ 2 m

C04-31 Volo importante ed effetti dello scorrimento

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Rinvii angolati e aumento delle forzesul rinvioLa presenza nel tratto di corda di rinvii e losfregamento della cordasul terreno aumentanol’attrito, il quale a suavolta facilita l’azionefrenante del sistemamano-freno.Se gli ancoraggiintermedi man-tengono la cordaabbastanza in asse e non siproducono significativiattriti il freno lavora al mas-simo delle sue prestazioni(caso a della figura C04-32). Diversamente se sonopresenti numerosi rinviiangolati si può giungerealla situazione limite

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dotte sul campo su una massa che cade soprauna sosta in assenza di rinvii e trattenuta dalfreno più efficace. Dalla tabella C04-26 si osser-va che un gruppo di assicuratori, per trattenereun volo di 6 metri e preparati psicologicamenteall’evento, hanno fatto scorrere dentro il frenomediamente 245 cm di corda.Diverse prove condotte con varie altezze dicaduta confermano che un volo in assenza dirinvii e con il freno più efficace richiede unoscorrimento pari a circa 1/3 dell’altezza dicaduta.

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C04-32 Rinvii sfalsati

azione frenante:allungamento +scorrimento

il frenonon interviene

solo da questo puntola corda si allunga manon scorre

L2

L1

H

solo con corda bloccata

si può parlare di fattore di caduta

CASO A CASO B

2HFC=L1+L2+H

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nella quale il freno praticamente intervienemolto poco perché la corda tende a bloccarsinegli ultimi rinvii posizionati. Di conseguenzasi determinano sull’ultimo rinvio e sull’al-pinista che cade elevati valori dellaforza di arresto. Come mostra ilcaso b della figura C04-32, allimite con corda bloccata siritorna a parlare di fattore dicaduta e per ridurre la sol-lecitazione sul rinvio esull’alpinista è piùopportuno dotarsi dicorde con una bassaforza d’arrestonominale.Nella figura C04-33(1) sono confrontatetre corde aventiforze di impattodiverse: si nota chequella dotata del valo-re più piccolo (720daN) determina sul-l’ultimo rinvio una sol-lecitazione inferiore(650 daN) rispetto aglialtri modelli.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

CORDE CON FORZE DI IMPATTO DIVERSE

FORZA DI ARRESTOSULL'ULTIMO RINVIO (kN)

5 kN

7,2

6,5

7,7

8,4

9 10

6 kN

7 kN

8 kN

9 kN

10 kN

11 kN

12 kN

13 kN

14 kN

C04-33 (2) Rinvii sfalsati e corde6 Rinvii sfalsati su 19 metri di salita, con attriti sulla roccia. volo di 8 metri

C04-33 (1) Rinvii sfalsati e corde

volo di 8 m

freno

L 0=4

m

L1 =3m

L 2=3

m

L3 =3m

L 4=3

m

L5 =7m

160°160°

160°

160°

160°

160°

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Alpinismo su ghiaccio e misto Catena di assicurazionee normative

C04-34 Assicurazione classica-parallelo

assicuratore

ancoraggi di sosta

freno

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Illustrazione delle tecniche di assicurazione dinamicaIn questa sezione si espongono in forma estre-mamente sintetica le tecniche di assicurazionedinamica; le caratteristiche delle singole tecni-che e gli aspetti applicativi vengono sviluppatinel Capitolo 9. Ci sono due categorie:1. tecniche che non consentono il sollevamen-to dell’operatore: a) assicurazione classica con gli ancoraggi colle-gati in parallelob) assicurazione classica con gli ancoraggi col-legati in serie2. tecniche che coinvolgono il corpo dell’assi-curatore: a) assicurazione classica bilanciata b) assicurazione ventrale

Assicurazione classica - parallelo

Gli ancoraggi sono collegati tra loro in paralle-lo, l’assicuratore è connesso al più sicuro degliancoraggi e il freno (di solito il mezzo barcaio-lo) è posizionato al vertice.Presenta il pregio di garantire una maggioresicurezza all’operatore in sosta. Un aspettonegativo è dovuto al fatto che durante la tratte-nuta vi è una fase in cui il freno non è operati-vo: essa dura per tutto il tempo richiesto per ilcompleto ribaltamento del triangolo di sosta;solo allora il freno opera. L’assicuratore, che sitrova il freno sollevato, tende a tirare la cordadal basso con buona parte del suo peso: ciòdetermina una elevata forza frenante.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

C04-35 Assicurazione classica-serie

Assicurazione classica - serie

Gli ancoraggi sono collegati insieme con uncordino in trazione, l’assicuratore è connessoad un ancoraggio e il freno è posizionato diret-tamente su un altro ancoraggio. Questa variante non presenta l’inconvenientedel ribaltamento del vertice e quindi consenteuna riduzione della forza frenante e produceminori sollecitazioni nella catena di assicura-zione. Per contro il sistema non consente unaripartizione dei carichi sui vari punti, rendendoquindi meno sicura la sosta. Tuttavia tale obie-zione decade se gli ancoraggi si rivelano parti-colarmente affidabili. La CCMT ha in previ-sione studi su tale sistema.

Assicurazione classica - bilanciata

Si tratta di una variante dell’assicurazione clas-sica. L’assicuratore è collegato tramite la cordadi cordata e un nodo barcaiolo al vertice deltriangolo di sosta ove è anche posizionato ilfreno. Colui che assicura, legato ad una distan-za di circa 40-60 cm dal nodo barcaiolo, è pre-feribile sia appeso piuttosto che in piediappoggiato a terra. La caduta del capocordatasolleverà sempre, in modo più meno consisten-te l’operatore, salvo casi in cui siano presentipiù rinvii angolati o in ogni caso un notevoleattrito contro la roccia.

assicuratore

ancoraggi di sosta

freno

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C04-36 Assicurazione classica bilanciata

assicuratore

ancoraggi di sosta

freno

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Alpinismo su ghiaccio e misto Catena di assicurazionee normative

Assicurazione ventrale

Questa assicurazione è nata nei paesi anglofonicon l’intento di contrapporre il peso dell’assi-curatore alle forze derivanti dalla caduta.L’assicuratore è collegato al vertice del triango-lo di sosta e il freno è connesso all’imbracatura.Il freno in genere è un tuber ed ha bisogno, perpoter funzionare efficacemente, di far passare lacorda in uscita dallo stesso attraverso unmoschettone posto al vertice del triangolo (èchiamato pseudo rinvio). Anche in questo casola caduta del capo-cordata solleverà sempre, inmodo più meno consistente, l’operatore duran-te la fase di trattenuta.

In conclusione si può affermare che le tecnicheassicurazione classica bilanciata e assicurazioneventrale (che prevedono il sollevamento dell’as-sicuratore) generano carichi inferiori sia al rin-vio (dal 15 al 20%) sia alla sosta (fino a circa il50%) rispetto alle tecniche in cui non vi è sol-levamento; inoltre non è tale sollevamento cheriduce i carichi (vedi capitolo 9).

C04-37 Assicurazione ventrale

assicuratore

ancoraggi di sosta

freno

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04-catena di assicurazione ok 21-11-2005 9:45 Pagina 155

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Alpinismo su ghiaccio e misto

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MATERIALI E NORMATIVE

Normativa internazionale: normeU.I.A.A. e norme CENNorme U.I.A.A.Esistono norme di validità internazionale chedefiniscono alcune delle caratteristiche dicostruzione e resistenza/durata che gran partedell’attrezzatura alpinistica deve possedere.Da un punto di vista storico, le prime normead essere introdotte per il materiale alpinisticohanno riguardato le corde. I primi studi sullecaratteristiche delle corde da alpinismo furono,infatti, pubblicati sui numeri del novembre1931 e maggio 1932 dell'Alpin Journal.Nell'agosto successivo, a Chamonix, fu fondatal'U.I.A.A. (Union Internationale desAssociations d'Alpinisme=Unione Internazionaledelle Associazioni Alpinistiche). Nel 1965 il Marchio (label) U.I.A.A. è regi-strato in campo internazionale e nello stessotempo è applicato alle corde che superano leprove stabilite. Nel 1969 entrano in vigore lenorme relative ai moschettoni, nel 1977 quellealle piccozze e ai martelli da ghiaccio, nel 1980quelle riguardanti imbracature e caschi, nel1983 sono approvate le norme per i cordini e lefettucce. Successivamente molti altri attrezzi in uso nellapratica alpinistica - come blocchi da incastro,risalitori, dissipatori, viti e chiodi da ghiaccio -sono stati vagliati e assoggettati a normativaU.I.A.A. Si fa presente che le norme U.I.A.A. sono statedefinite da un’associazione a cui aderiscono 65paesi e che dal punto di vista formale ha sede a

Nel 1965 il Marchio(label) U.I.A.A. è regi-strato in campo interna-zionale e nello stessotempo è applicato allecorde che superano leprove stabilite.

le norme U.I.A.A. sonostate definite da un’asso-ciazione a cui aderiscono65 paesi e che dal puntodi vista formale ha sede aBerna.

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Berna. Le norme U.I.A.A. sono “volontarie”nel senso che sta al fabbricante decidere sevuole, oppure no, produrre attrezzi che soddi-sfano le norme. La marchiatura U.I.A.A. assi-cura l’alpinista che il prodotto soddisfa a certirequisiti ed è controllato ogni due anni.

Norme CENLe norme CEN sono espressione della volontàdel Parlamento Europeo il quale ha approvatonel 1989 la Direttiva 89/686/CEE che stabili-sce una serie di regole che riguardano tutti gliattrezzi usati in campo industriale per preveni-re le conseguenze di una caduta dall’alto. Inseguito a questa Direttiva, a livello europeo èattualmente in atto, da parte del C.E.N.(Comité Européen de Normalisation), un pro-cesso di “armonizzazione” delle varie normenazionali e internazionali relative ad attrezzatu-re di protezione individuale (PPE=PersonalProtective Equipment, o in italianoDPI=Dispositivo di Protezione Individuale)nell'ambito di attività lavorative, sportive,ricreative, ecc. Per quanto riguarda l’attrezzatura alpinistica, leprime norme C.E.N. sono entrate in vigore il1° luglio 1995; il gruppo di lavoro che le haelaborate è formato praticamente dalle stessepersone che hanno redatto le norme U.I.A.A.. Le norme CEN sono quasi sempre una tradu-zione delle norme U.I.A.A. anche se in alcunicasi per le norme più recenti si è verificato ilprocesso inverso.Le norme CEN hanno validità solo in Europae sono vincolanti per i costruttori: la normati-va europea EN (European Norms=rispondenti

Alpinismo su ghiaccio e misto Catena di assicurazionee normative

Per quanto riguarda l’at-trezzatura alpinistica, leprime norme C.E.N.sono entrate in vigore il1° luglio 1995; il gruppodi lavoro che le ha elabo-rate è formato pratica-mente dalle stesse perso-ne che hanno redatto lenorme U.I.A.A..

Le norme CEN hannovalidità solo in Europa esono vincolanti per icostruttori.

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alle norme europee) deve cioè essere fatta pro-pria dalle varie legislazioni nazionali e quindinon possono essere commercializzati, inEuropa, prodotti che non possiedano lecaratteristiche dettate dalle norme. Attualmente (dicembre 2004) è soggetta a nor-mativa EN una buona parte degli attrezzi spe-cifici dell'alpinismo: cordini (EN 564), fettuc-ce (EN 565), anelli cuciti (EN 566), autobloc-canti (EN 567), ancoraggi da ghiaccio (EN568), chiodi (EN 569), corde (EN 892), ram-poni (EN 893), set di autoassicurazione per“via ferrata” (EN 958), tasselli o spit (EN 959),moschettoni (EN 12275), piccozze e martellida ghiaccio (EN 13089), imbracature (EN12279), caschi (EN 12492), friends (EN12276), blocchetti da incastro (EN 12270),carrucole (EN 12278).

Catena di assicurazionee normative

Alpinismo su ghiaccio e misto

Norme CEN e marchiatura CELe norme CEN sono individuate con la siglaEN (European Norm) seguita dal numero diidentificazione; per esempio il testo dellanorma sulle corde ha il n. EN 892. Questa siglanon ha nulla a che vedere con la marchiaturadegli attrezzi alpinistici che devono presentare,se corrispondenti alle norme europee, un mar-chio con le lettere CE (Conforme auxExigences=conforme alle esigenze).

Categorie di rischioI Dispositivi di Protezione Individuale (PPE)che vengono impiegati nel lavoro e in settorisportivi come l'alpinismo sono suddivisi in trecategorie, in relazione all'importanza che rive-

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stono per la sicurezza della persona, dal rischioda cui proteggono ed alla loro complessità diprogettazione:1. protezione contro danni fisici di lieve entità2. protezione contro danni di media entità3. protezione contro rischi di morte o lesionigravi di carattere permanente.

L'appartenenza di un prodotto ad una catego-ria di rischio richiede determinati requisiti qua-litativi e comporta particolari tipi di controllodella produzione da parte di un Notified Body(organismo notificato). Si tratta, in pratica, diun istituto di analisi e controllo ufficialmentericonosciuto dal governo, che può avere al suointerno uno o più laboratori per le prove(anch'essi riconosciuti) o appoggiarsi ai labora-tori esterni. L'istituto controlla la qualità diproduzione e la sua rispondenza alle dichiara-zioni commerciali e deve essere “notified”, cioènotificato dal proprio governo allaCommissione Europea quale istituto capace diespletare correttamente questi compiti.

MarchiaturaPrima del 1997 la marchiatura prevedeva chedopo la sigla CE fosse riportato anche l’anno diapprovazione, seguito dal numero di identifica-zione dell’Ente che rilascia il certificato. A par-tire dal '97 la situazione è cambiata; per evitareerrate interpretazioni da parte dei fabbricanti,particolarmente, sul significato dell'anno dainserire nelle marcature, si è deciso di eliminar-lo. Resterà dunque la sigla CE seguita dalnumero di identificazione (ID) del “NotifiedBody” che ha eseguito o esegue il controllo. Nel

Alpinismo su ghiaccio e misto Catena di assicurazionee normative

I Dispositivi diProtezione Individuale(PPE) sono suddivisi intre categorie, in relazio-ne all'importanza cherivestono per la sicurezzadella persona, dal rischioda cui proteggono edalla loro complessità diprogettazione:1. protezione controdanni fisici di lieveentità2. protezione controdanni di media entità3. protezione controrischi di morte o lesionigravi di carattere perma-nente.

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primo caso si tratta di un “Notified Body” chesi limita ad eseguire le prove di laboratorionecessario per verificare la rispondenza allenorme dei materiali (PPE che rientrano inCAT 2). Nel secondo caso si tratta di unNotified Body che mantiene sotto controllo lafabbrica, eseguendo o facendo eseguire prove dilaboratorio sui prodotti con una frequenza daesso stessa decisa (PPE che rientrano in CAT 3). Fanno parte della categoria 3 i seguenti dispo-sitivi di uso alpinistico e quindi certificabiliCE: corde, fettucce cucite, imbracature,moschettoni, chiodi, dadi, friend, autobloccan-ti meccanici, caschi. Alcuni dispositivi, in base all’attuale normati-va, non possono essere certificati CE perché dasoli non proteggono l’individuo da una caduta.Il costruttore ha la facoltà di apporre entrambii marchi CE ed U.I.A.A.: in questo caso pro-pone i suoi prodotti sia per il mercato europeosia per quello internazionale.

Conclusioni e consigliTutti gli attrezzi sopra elencati, per essere postiin commercio, dovranno riportare, oltre adeventuali altre indicazioni: - o marchio EN seguito dal numero dellanorma: ad esempio EN892 per le corde. - o marchio CE seguito da un numero cheidentifica l’Ente che rilascia il certificato (aparte discensori, freni, piastrine autobloccanti).- Si raccomanda di utilizzare sempremateriali omologati.Come abbiamo visto, l’omologazione U.I.A.A.è stata sostituita dalle norme CEN. I marchirelativi possono rivestire un ruolo importante

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nei giudizi di responsabilità penale e civile. Incaso di incidente il giudizio di responsabilitàrichiede l’accertamento rigoroso, caso per caso,delle cause che lo hanno determinato; nell’am-bito di questa indagine il Giudice è tenuto aconsiderare l’evoluzione tecnologica che carat-terizza tutte le attività produttive per cui dovràvalutare se la condotta dell’indagato sia stataconforme “alla migliore scienza ed esperienza”del momento storico in cui si è verificato l’in-cidente. Pertanto è doveroso che guide alpine, istrut-tori, accompagnatori di escursionismo,capigita ed organizzatori in genere si accer-tino sempre che i partecipanti siano dotatidi materiali alpinistici a norma.

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CORDE

Caratteristiche generaliDalle prime corde di canapa alle attuali inmateriale sintetico la strada è stata lunga, ma losviluppo di questo attrezzo ha contribuito inmodo decisivo alla evoluzione dell'alpinismo.Per l’alpinista e per l’arrampicatore, le corde digran lunga più importanti sono quelle cosid-dette “dinamiche”, che si differenziano dalle“statiche” per le loro caratteristiche di deforma-bilità assiale (allungamento) se sottoposte adun carico. Questa differenziazione è essenziale poiché lecorde “dinamiche” sono state progettate perresistere a cadute e quindi sono adatte all’ar-

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rampicata mentre le corde “statiche” sono stateprogettate per reggere carichi statici o quasi equindi sono adatte per calate o per speleologia. Le corde in fibra poliammidica (nylon 6, nylon6.6, polipropilene, ecc.) sono strutturalmentecomposte da due parti principali: l’anima e lacamicia (o calza). La resistenza alla rotturadipende per circa un 70% dall’anima e per un30% dalla calza. L’anima è costituita da un insieme di trefoli, aloro volta formati da una terna di stoppini;questi sono ottenuti da 6 fascetti più sottilicostituiti da un insieme di monofilamenti for-temente torsionati tra loro.Il diametro dei trefoli varia da 2.5 a 3.0 mm. Ilnumero totale di monofilamenti, 2/3 del tota-le, è di circa 40.000.La calza, a struttura tubolare, è ottenuta perintreccio di un insieme di stoppini tra loro per-pendicolari e disposto a circa 45° rispetto all’as-se longitudinale della corda. Il numero totale dimonofilamenti è all’incirca 1/3 del totale:mediamente circa 20.000.La calza ha la duplice funzione di contenimen-to e protezione dell’anima e di “bilanciamento”delle caratteristiche dinamiche della corda.A parità di diametro, un maggior numero di

stoppini nella calza conferisce una maggioreresistenza all’usura superficiale, diversamenteun minor numero migliora le caratteristichedinamiche della corda.Infatti il comportamento globale dei filamentidell’anima, pressoché rettilinei, è più “rigido”di quello della calza ove i filamenti sono a 45°rispetto all’asse della corda.Le corde oggi in commercio hanno diametri

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Alpinismo su ghiaccio e misto

C04-38 Anima e camicia

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variabili da 8 a 11 mm, (sarebbe meglio parla-re di peso per unità di lunghezza vista la pocaprecisione del diametro) in funzione della lorodestinazione d'uso, ma ai fini di un loro corret-to utilizzo non è il diametro l'elementoimportante da tenere in considerazione,bensì i criteri di progetto e di prova che deriva-no dalla seguente classificazione: - corde semplici (simbolo 1) omologate peressere impiegate da sole in arrampicata;- mezze corde (simbolo 1/2) omologate peressere impiegate sempre in coppia con un'altramezza corda;- corde gemellari (simbolo OO ) (in inglesetwin) omologate per essere impiegate accoppia-te con un'altra corda gemellare come se si trat-tasse di un’unica corda semplice.La lunghezza delle corde utilizzate in campoalpinistico varia solitamente da 50 a 70 metri(anche se attualmente le corde più frequente-mente utilizzate sono di 50 e 60 metri).

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C04-39 Tre tipi di cordeCORDA SEMPLICE

MEZZA CORDA

CORDA GEMELLARE

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Il peso delle corde (espresso solitamente ingrammi/metro) vale: corda semplice 58-85 g/mmezze corde (singola) 42-55 g/m corde gemellari (la coppia) 76-94 g/m

Alcune delle caratteristiche delle corde impor-tanti per il loro utilizzo sono:• notevole maneggevolezza anche in condizioniambientali difficili; in queste situazioni risultavantaggioso l'uso di corde cosiddette “everdry”(altre denominazioni, “drylonglife”, “superdry”ecc.), che hanno la particolarità di avere i fila-menti della camicia trattati con idrorepellentiche riducono l’assorbimento di acqua: ciò per-mette alla corda di mantenere caratteristiche dimaneggevolezza sostanzialmente invariateanche con pioggia e gelo. Questa caratteristicapuò a volte dare risultati inferiori alle aspettati-ve oltre a ridursi con l’utilizzo della corda.• Facilità di scorrimento nei moschettoni,comoda annodabilità e poca propensione all’at-torcigliamento.• Migliore resistenza all’effetto spigolo (si trat-ta di una prestazione che alcuni costruttoristanno mettendo a punto): la corda sotto cari-co viene fatta passare attorno ad uno spigolovivo di 0,75 mm di raggio.

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Caratteristiche meccaniche richieste- Normativa U.I.A.A. – EN 892Attrezzatura e condizioni di provaL’attrezzatura per le prove di omologazionedelle corde è l’apparecchio di Dodero che servea verificarne la resistenza e la capacità di assor-bire adeguatamente l’energia di caduta (vedereindicazioni bibliografiche).Le condizioni di prova si riferiscono alla cadu-ta di una massa metallica di 80 kg per le cordesemplici e per le corde gemellari e di 55 kg perle mezze corde; il tratto di corda interessato allacaduta è di 2,5 metri tra orifizio e massa, sottocarico di 80 kg, nel caso di corda semplice.

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6

C04-40 Dodero

ELEMENTI ESSENZIALI DELL’APPARECCHIO DODERO

piastra forata detta anello fisso

punto fisso(asse fisso)

massa

230

cm±

10 c

m

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Requisiti di accettazione di unacorda secondo la normativaUna corda, per essere omologata, deve possede-re i seguenti requisiti:• resistenza dinamica come segue:a) una corda semplice deve essere in grado diresistere senza rompersi ad almeno 5 cadute e laforza di arresto, alla prima caduta, deve essereminore di 12 kNb) una mezza corda deve essere in grado di resi-stere senza rompersi ad almeno 5 cadute e laforza di arresto, alla prima caduta, deve essereminore di 8 kNc) due corde gemellari devono essere in gradodi resistere senza rompersi ad almeno 12 cadu-te e la forza di arresto, alla prima caduta, deveessere minore di 12 kN• deformabilità a carico statico: applicandostaticamente un peso di 80 kg l’allungamentodeve essere minore dell’8% per la corda sem-plice e le corde gemellari e deve essere inferioreal 10% per la mezza corda • deformabilità a carico dinamico: la normaprevede che l’allungamento dinamico, riferitosempre ad una massa di 80 kg, non superi ilvalore del 40%• scorrimento della calza: viene misurato uti-lizzando una apparecchiatura specifica che per-mette di evidenziare lo scorrimento della calzarispetto all’anima: esso non deve superare il 2%.

MarchiaturaLa normativa richiede che le corde omologatesiano identificate: a) mediante cartellino descrittivo che deveaccompagnare ogni corda riportandone le

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Alpinismo su ghiaccio e misto

Una corda, per essereomologata, deve posse-dere i seguenti requisiti:• resistenza dinamica • deformabilità a carico

statico• deformabilità a carico

dinamico• scorrimento della calza

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Decadimento delle prestazioni dina-miche delle corde Per dare indicazioni sullo stato d’usura di unacorda ci si riferisce unicamente al numero dicadute massime che essa è in grado di soppor-tare: l’usura quindi corrisponde alla riduzionepercentuale delle cadute sopportate al Doderorispetto a quelle garantite dal costruttore concorda nuova. Oggi i costruttori produconocorde in grado reggere a un numero di caduteben superiore (10-15) a quello richiesto dallenorme. Si considera non più utilizzabile (nonpiù sufficientemente sicura) una corda che nonsia più in grado di sopportare un numero dicadute pari a quelle richieste dalle norme. Vafatto rilevare che alcune delle attuali corde adiametro ridotto (molto apprezzate per il lorobasso peso) hanno un numero di cadute con-

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caratteristiche quali: tipo, lunghezza, diametro,peso per unità di lunghezza, forza di arrestomassima, numero di cadute, scorrimento dellaguaina, allungamento, ecc.; deve anche riporta-re altre informazioni relative all’utilizzo tra lequali la vita presumibile del prodotto, le condi-zioni di manutenzione, ecc.b) mediante la fascetta che deve essere applica-ta alle due estremità. Sulla fascetta sono ripor-tati in forma indelebile: il riferimento normati-vo EN 892, il nome o il marchio del fabbri-cante, il tipo di corda. Nella maggior parte deicasi sarà presumibilmente riportato anche ilmarchio U.I.A.A. (anch’esso mostrato nellatabella).c) Il marchio CE seguito da un numero cheidentifica l’Ente che rilascia il certificato.

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Per dare indicazionisullo stato d’usura diuna corda ci si riferisceunicamente al numero dicadute massime che essaè in grado di sopportare:l’usura quindi corri-sponde alla riduzionepercentuale delle cadutesopportate al Doderorispetto a quelle garanti-te dal costruttore concorda nuova.

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sentite più basso (ma comunque superiore a 5secondo la Norma) e pertanto sono sottopostea un decadimento più accelerato; inoltre sonopiù scorrevoli dentro freni e in operazioni direcupero. Le prestazioni dinamiche, cioè il numero mas-simo di cadute sopportabili, si riducono a causadei seguenti fattori: usura durante le ascensioni(micro voli compresi), moulinette, luce solare,acqua e ghiaccio.

Utilizzo in arrampicataÈ ormai assodato che una corda non subisceuna riduzione di resistenza se non viene adope-rata e lasciata in luogo asciutto e non espostoalla luce. Viceversa lo stato di efficienza di unacorda dipende fortemente dal tipo di uso chene viene fatto e dalla sporcizia (polvere) che lacorda raccoglie. A questo proposito, è noto chei microcristalli (sabbia, polvere, ecc.) penetratinella corda durante l’utilizzo tendono a tran-ciare i filamenti di nylon che compongono la

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Alpinismo su ghiaccio e misto

DE

CA

DIM

EN

TO

(%)

DECADIMENTO PROPRIETÀ DINAMICHEDELLE CORDE PER USURA NATURALE

METRI IN ARRAMPICATA

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0

0 5000 10000 15000 20000 25000 30000

C04-41 Arrampicata e usura

Le prestazioni dinami-che, cioè il numero mas-simo di cadute sopporta-bili, si riducono a causadei seguenti fattori:usura durante le ascen-sioni (micro voli com-presi), moulinette, lucesolare, acqua e ghiaccio.

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corda stessa. Questo effetto viene reso ancorapiù marcato dall’uso in corda doppia o in mou-linette sia per un effetto meccanico di com-pressione che di micro fusione di filamentidella calza dovuto al riscaldamento per attrito.Inoltre non va dimenticato che la calza, che èsottoposta maggiormente a questo fenomenodi sporcamento, contribuisce per il 30% allaresistenza della corda; pertanto se la calza pre-senta lesioni evidenti, si deve ritenere che lacorda non ha più i margini di sicurezza richie-sti.Dal grafico, che prende spunto da dati speri-mentali e fa riferimento a un utilizzo medio suterreni diversi, si nota che dopo circa 10.000metri di arrampicata il decadimento è sceso al30%. Ciò significa che una corda nuova chesopportava ad esempio 9 cadute al Doderoprima di rompersi, ora dopo 10.000 metri diarrampicata può sostenere solo 3 cadute equindi non più a norma cosa che invece nonsarebbe successa se la corda fosse stata in gradodi reggere, da nuova, almeno 15 cadute. Talesituazione peggiora nel caso di impiego fre-quente in moulinette (palestra di roccia) acausa dello stress prodotto dallo scorrimentodentro gli anelli di calata e dall’uso di discenso-ri.

Esposizione alla luce solarePoiché il nylon è sensibile alla luce solare (inmodo particolare alle radiazioni UV), si assistead un notevole decadimento delle prestazionidinamiche della corda se esposta al sole: infat-ti, dopo 3 mesi di esposizione in quota, ilnumero di cadute sopportate al Dodero si ridu-

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La calza, che è sottopo-sta maggiormente a que-sto fenomeno di sporca-mento, contribuisce peril 30% alla resistenzadella corda; pertanto sela calza presenta lesionievidenti, si deve ritenereche la corda non ha più imargini di sicurezzarichiesti.

Il nylon è sensibile allaluce solare (in modo par-ticolare alle radiazioniUV); ciò comporta unnotevole decadimentodelle prestazioni dinami-che della corda se espo-sta al sole: infatti, dopo3 mesi di esposizione inquota, il numero dicadute sopportate alDodero si riduce per lomeno del 25%.

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ce per lo meno del 25% e anche fino al 50%. Il decadimento di prestazioni è più vistoso perle corde esposte ad altitudini più elevate (l'in-tensità della componente UV della luce solarecresce all'aumentare della quota). La degradazione dei colori dei fili della camiciaè un indice del decadimento delle loro caratte-ristiche meccaniche e quindi delle proprietàdinamiche della corda (vedi bibbliografia).Pertanto nel peggiore dei casi una corda chesopporta 10 cadute, in seguito ad impiego pro-lungato in ambiente, specie se di alta monta-gna, può tenere solo 5 cadute.

Corde bagnate e corde gelateLa resistenza dinamica (numero cadute soppor-tate al Dodero) può ridursi fino a1 70% nelcaso di corde bagnate (resistenza residua ca. 1/3di quella iniziale! - vedi bibliografia). Tale com-portamento è indipendente dalla durata del-l'ammollo. Ciò significa che una corda chesupporta 15 cadute, una volta bagnata ne puòtenere solo 5. Eseguendo invece prove su corde ghiacciate(-10 /-15°C), la resistenza dinamica risulta leg-germente migliore rispetto ai valori riscontraticon le corde bagnate: è stata infatti rilevata unariduzione più contenuta dei valori (circa il50%). Le corde bagnate, dopo un essicamentocompleto, in ambiente in ombra e arieggiato,presentano un recupero completo (o quasi)delle caratteristiche dinamiche iniziali, anchedopo diversi trattamenti di bagna-asciuga.

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La resistenza dinamicapuò ridursi fino a1 70%nel caso di corde bagna-te cioè circa 1/3 di quel-la iniziale. Tale compor-tamento è indipendentedalla durata dell'ammol-lo. Ciò significa che unacorda che supporta 15cadute, una volta bagna-ta ne può tenere solo 5.

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Conclusioni sul decadimento delleprestazioni dinamiche delle cordeIpotizzare che dopo circa 10.000 metri diarrampicata, per effetto della luce solare e del-l’usura, la resistenza dinamica si sia ridotta al30% significa che una corda che da nuovateneva 9 cadute al Dodero, può ora sostenernesolo 3. Se poi tale corda si bagna le sue presta-zioni diminuiscono ulteriormente del 70%.Vale a dire che la nostra corda usata e bagnatapuò reggere 1 caduta. Si consiglia quindi di acquistare corde semplicie mezze corde che offrano un numero elevatodi cadute, di scegliere diametri non eccessiva-mente ridotti perché altrimenti il sistemamano-freno lavora meno efficacemente, di nonutilizzare la stessa corda per l’attività in falesia emontagna e di cambiare la corda sia in seguitoad abrasioni o voli importanti o comunque,anche se integra, dopo 10.000 metri di arram-picata (discese comprese).

Utilizzo delle mezze cordeÈ piuttosto diffuso il comportamento di utiliz-zare nelle salite due mezze corde anziché unasola corda semplice. Ciò per vari motivi:a. per poter effettuare discese in corda doppiasfruttando calate di 40-50 metri anziché 20- 25nel caso si disponesse di una sola cordab. effettuare la progressione in conserva sughiacciaio impiegando una mezza cordac. con ancoraggi non particolarmente affidabili,allo scopo di ridurre la sollecitazione sugli anco-raggi in caso di caduta del primo di cordata. Come primo obiettivo si vuole dimostrareche è possibile utilizzare una mezza corda

Si consiglia quindi diacquistare corde sempli-ci e mezze corde cheoffrano un numero ele-vato di cadute, di sce-gliere diametri noneccessivamente ridottiperché altrimenti il siste-ma mano-freno lavorameno efficacemente, dinon utilizzare la stessacorda per l’attività infalesia e montagna e dicambiare la corda sia inseguito ad abrasioni ovoli importanti ocomunque, anche seintegra, dopo 10.000metri di arrampicata(discese comprese).

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nella progressione in conserva sia su ghiac-ciaio che su pendio di neve e creste di bassadifficoltà; per le applicazioni si rimanda alcapitolo 10.Riportiamo i risultati di alcune prove condottecon apparecchio Dodero su mezze corde siaasciutte che bagnate applicando una massa di80 kg (anziché i 55 kg previsti dalla normativa)con fattore di caduta=1.La forza di arresto (fa) riportata è riferita allaprima caduta. Le prove con corda asciutta sonostate sospese al superamento della sesta caduta.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

Dalla tabella si osserva che nel caso peggiore lacorda bagnata tiene almeno una caduta. Per quanto riguarda la marcia su ghiacciaio euna eventuale caduta in crepaccio si fa notareche la corda nell’apparecchio Dodero è blocca-ta mentre nella progressione in conserva la cor-data non è vincolata a punti fissi ma è il com-pagno che trattiene la caduta. Lo studio sulla

TIPO DI MEZZACORDA

FC N°cadute

CONDI-ZIONI

CORDA

fa 1acadutadaN

NOTE

CORDA A-diam. mm 8n°cadute = 17-18 (con fattore di caduta=2)forza arresto=1020 daN(valori riferiti a corda gemellare)

CORDA B-diam. mm 7,8n° cadute= 12(con fattore di caduta=2)forza arresto=780 daN(valori riferiti a corda gemellare)

1 4 578 asciutta rottura sul nodo bulino

1 >6 581 asciutta

1 5 578 asciutta rottura sul nodo bulino

1 1 596 5h in acqua rottura sul nodo bulino

1 1 595 5h in acqua rottura sul nodo bulino

1 1 594 5h in acqua rottura sul nodo bulino

1 >6 595 asciutta

1 5 596 asciutta rottura sul rinvio

1 >6 596 asciutta

1 3 644 6h in acqua rottura sul rinvio

1 2 647 6h in acqua rottura sul nodo bulino

1 3 645 6h in acqua rottura sul nodo bulino

C04-42 Corde asciutte e bagnate

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caduta in crepaccio di un componente dellacordata ha evidenziato che il compagno almassimo riesce mediamente ad esercitarenella trattenuta una forza di circa 150 daN:si tratta di un valore molto inferiore al carico dirottura della mezza corda (circa 1600 daN).Per quanto riguarda la progressione su pendiodi neve e su cresta facile di modesta inclinazio-ne, dove non si prevedono incastri della corda,si può utilizzare ancora la mezza corda in quan-to sono presenti numerosi attriti e soprattuttol’assicuratore in fase di trattenuta sollecita lacorda con bassi carichi. Nel caso invece di progressione in conservasu tratti rocciosi e su creste dove sono pre-senti spuntoni e lame la mezza corda va dop-piata (cioè ad esempio con 50 metri si otten-gono due tratti da 25 metri); in questa situa-zione non è adatto l’impiego della sola mezzacorda in quanto, se essa, in caso di volo di unodei componenti, dovesse impigliarsi attorno aduno spuntone, si creerebbe una situazione dicorda bloccata e la mezza corda non avrebbe lacapacità di sopportare questo tipo di caduta. Come secondo obiettivo si intende chiarireche nella progressione in conserva non esi-stono controindicazioni nel collegare lamezza corda all’imbracatura con nodo bar-caiolo.Sono state condotte delle prove con apparec-chio Dodero sia su spezzoni di corda asciuttache bagnata, con fattore di caduta=2, conmassa di 80 kg, tenendo la mezza corda dop-piata e collegando ciascuna estremità allamassa con nodo barcaiolo.È stata esaminata una mezza corda che presen-

Nella progressione inconserva la mezza cordava doppiata; in questasituazione non è adattol’impiego della solamezza corda in quanto,se essa, in caso di volo diuno dei componenti,dovesse impigliarsi, sipotrebbe creare unasituazione di corda bloc-cata e la mezza cordanon avrebbe la capacitàdi sopportare questotipo di caduta.

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tava diametro di 9 mm, una fa=5,30 kN e unnumero di cadute pari a 17.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

N° prove

fa (daN)

Volo (m)

1

846

4 532

5,65 5,835,815,77 5,86

1006 112410941059

In tabella sono riportati i dati con corda asciut-ta; i risultati con corda bagnata presentano unaforza di arresto superiore di circa il 14%.Le prove sono state sospese volontariamentedopo il quinto tentativo.Quindi collegare la mezza corda all’imbracatu-ra con nodo barcaiolo da ampie garanzie ditenuta:• per l’attraversamento di un ghiacciaio e lasalita su facili pendii di neve è sufficiente lamezza corda distesa perché la caduta in crepac-cio produce come si è visto bassi carichi;• per la progressione su cresta rocciosa dove èprobabile che la corda si impigli è opportunoutilizzare la mezza corda doppiata.

CORDINI E FETTUCCE

Parlando di cordini e fettucce vale la pena di fareuna premessa di tipo generale allo scopo di evi-tare ambiguità o fraintendimenti; questi ele-menti della catena di sicurezza sono destinati aresistere a forze e non ad assorbire energia e per-tanto hanno caratteristiche strutturali differentidalle corde di arrampicata anche se questo avolte appare poco evidente da un esame pura-mente visivo. La differenziazione di utilizzo è parte integrante

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della norma EN 564 (ed. febbraio 1997) cheindividua i requisiti e i metodi di prova dei com-ponenti in oggetto. Questi infatti sono sottopo-sti a prove di rottura mediante l’applicazione sta-tica di un carico.Cordini e fettucce non devono quindi per nes-sun motivo essere utilizzati al posto delle corde,neppure a parità di diametro o sezione. La moti-vazione di questo approccio è dovuta alla picco-la deformabilità del cordino (dovuta essenzial-mente alla sua limitata lunghezza e al tipo dilavorazione) rispetto a quello della corda e quin-di al suo piccolo assorbimento di energia. Cordini e fettucce sono generalmente costituitida fibra poliammidica oppure anche con altrimateriali quali il kewlar e il dyneema aventicaratteristiche meccaniche più elevate. Sono presenti sul mercato anelli di fettuccia pre-cucita di varie lunghezze e rinvii o preparaticostituiti dalla sola fettuccia cucita oppure dota-ti anche di moschettoni.Tenendo conto che i cordini/fettucce sono uti-lizzati nei punti di rinvio e quindi sono sottopo-sti a un “effetto carrucola” le norme stabili-scono che questi componenti abbiano uncarico di rottura minimo di 22 kN.Nonostante che per l’asse maggiore del moschet-tone sia stato fissato un carico minimo di 20 kNpermane per anelli di cordini e fettucce un cari-co leggermente superiore.Le resistenze imposte dalle norme si riferisconoalle condizioni “nominali”, cioè a un tratto dicordino o fettuccia non annodato in corrispon-denza dei supporti utilizzati per la prova di tra-zione e fissato a questi in modo che la rotturaavvenga nella parte centrale del campione.

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Cordini e fettucce nondevono essere utilizzati alposto delle corde, neppu-re a parità di diametro osezione. Ciò è dovuto allapiccola deformabilità delcordino (per la sua limi-tata lunghezza e tipo dilavorazione) rispetto aquello della corda e quin-di al suo piccolo assorbi-mento di energia.

I cordini/fettucce sonogeneralmente utilizzatinei punti di rinvio equindi sono sottoposti aun “effetto carrucola” ;ciò comporta che questicomponenti abbiano uncarico di rottura minimodi 22 kN.

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Cordini (trefoli ritorti + calza)

Diametro 4-8 mmLabel CEN sulla bobina.I cordini devono avere un carico minimo Fmaggiore del prodotto del diametro (in mm)del cordino d elevato al quadrato per un fattoref=20daN/mm2.Carico minimo di rottura F>d2(mm)*f

Fettucce (tessuto piatto o tubolare)

Label CEN sulla bobina.Spessore nominale minimo 1 mmPresenza di fili spia (resistenzanominale=n°fili• 500 daN) ben distinguibili. Se intaccata, non deve disfarsi completamente.

Fettucce cucite ad anello e rinvii(tessuto piatto o tubolare)

Etichetta con label CEN sull’anello con cari-co di rottura riportato (>2200 daN)Filo della cucitura ben visibile.Non deve disfarsi completamente se intaccataal bordo.

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C04-44 Anelli di fettucciaAnelli di fettuccia precuciti

poliammide (a sinistra)-dyneema (destra) lunghezze variabili

da 24 cm a 150

C04-43 Rinvii e fettucce

RINVII

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Alpinismo su ghiaccio e misto Catena di assicurazionee normative

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Effetto nodoNella pratica bisogna inoltre considerare che icordini/fettucce sono generalmente usati sottoforma di anello chiuso da un nodo: è quindinecessario tenere conto dell’indebolimento daesso causato moltiplicando la resistenza nomi-nale (senza nodo) per un fattore di riduzione.Nel caso dei nodi tale fattore, pur essendoalquanto variabile in funzione del tipo dinodo utilizzato, può essere assunto pari acirca 0,5 (valore conservativo). Poiché in unanello chiuso i rami portanti sono 2, è ancoranecessario introdurre nel calcolo della resisten-za un fattore moltiplicativo pari a 2: in conclu-sione un anello chiuso ha, con buona approssi-mazione e cautelativamente, una resistenza parial cordino/fettuccia semplice non annodato.

Effetto spigoloUn altro aspetto importante che influenza la resi-stenza di cordini/fettucce è l’appoggio che questicomponenti possono avere su uno spigolo con uncerto raggio di curvatura: quanto più il raggio dicurvatura è piccolo (al limite una lama) tanto piùl’effetto di riduzione di resistenza è elevato; anco-ra, prove di laboratorio dimostrano che questoeffetto è molto più marcato quanto maggiore è ildiametro del cordino. Questo porta a suggerire,come mostrato in seguito, che per ridurre l’“effet-to spigolo” è meglio usare un cordino di piccolodiametro con più rami che non un cordino di dia-metro maggiore con due soli rami (il confrontodeve essere fatto a parità di sezione resistentetotale).

Il fattore di riduzione diun nodo costruito su diun ramo di cordino puòessere assunto pari acirca 0,5. Poiché in unanello chiuso i rami por-tanti sono 2, avrà, conbuona approssimazione,una resistenza pari alvalore nominale del cor-dino/fettuccia semplicenon annodato.

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In generale si possono dare le seguenti indica-zioni: • il raggio di curvatura dei moschettoni che rispet-tano le norme non produce mai la rottura di cor-dino o fettuccia per “effetto spigolo”; la rotturaavviene in corrispondenza del nodo• per quanto riguarda l'effetto taglio ( lame o bordidi roccia), la fettuccia ha in genere una resistenzaminore rispetto al cordino quando i vari rami sisovrappongono reciprocamente, esercitando uneffeto di “schiacciamento”.Si riporta una sintesi della tabella tratta dalla pub-blicazione del 1983 “Cordini e fettucce” a cura dellaCommissione Materiali e Tecniche del C.A.I. a cuisi rimanda per maggiori indicazioni.

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C04-45 Effetto dei nodi

EFFETTO DEI NODI Fattori di riduzionesulla resistenza

EFFETTO DEGLI SPIGOLI(bordi con sezione a forte curvatura o smussati)

Tipi di nodo FETTUCCE CORDINI

Nodo fettuccia 0,63

Caratteristiche tecniche

Anello passante per foro ø 30 mmricavato su lamiera: spess. 4 mm,bordo arrotondato

Spess. 3 mm, bordo smussato

Passante per l’occhiello del chiodo (spessore lamiera 4 mm)

Anello passante a “strozzo”-nodo sul braccio sottostante

-nodo sul braccio sovrastante

anello passante per l’occhiello del chiodo(4 rami): -rami sovrapposti

-rami non sovrapposti

0,54

0,52 0,51

0,33 0,45

0,36 0,44

0,34

0,27

0,23

0,27

0,48

0,42 0,48

0,58

Nodo delle guide

Nodo a contrasto inglese doppio

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La resistenza di un anello di cordino (R anello)con due o più rami, un nodo ed escludendol’effetto spigolo può essere così calcolata:

dove:• R nominaleresistenza nominale del cordino/fettuccia• n° raminumero di rami di cordino/fettuccia nell’anello• F nodofattore (<1) riduttivo per effetto nodo

A titolo di esempio un anello che debba rea-lizzare una resistenza di 20 kN con un cor-dino di 7 mm (R nominale =10 kN) e unnodo con un fattore di riduzione di 0,5richiede il seguente numero di rami:

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Riportiamo in tabella i dati sulla resistenzaminima per i cordini che, secondo la normati-va europea EN 564, deve essere garantita dalleditte costruttrici, le quali devono indicare (sulrocchetto della confezione) la normativa EN564, il proprio nome o marchio e il diametronominale.

Alpinismo su ghiaccio e misto Catena di assicurazionee normative

Diametro (mm)

cordini

4 3,2

Carico di rottura

(kN)

8

7

6

5

7,2

9,8

12,8

5,0

Ranello=(Rnominale)*(n° di rami)*(Fnodo)

n° rami=Ranello/(Rnominale* Fnodo)=20/(10*0,5)=4

R~2127 daN R~1764 daN R~1058 daN R~941 daN

CORDINO 7 mm

C04-47 Sforzo sopportabile con cordino da 7 mm

C04-46 Cordini: diametro e resistenza

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FettucceNel caso delle fettucce, le norme europee EN565 (del febbraio 1997) non prescrivono alcostruttore di correlare la resistenza con lasezione, ma di fornire l'indicazione del caricodi rottura direttamente sulla fettuccia permezzo di fili paralleli, colorati, equidistanti,chiaramente identificabili, incorporati nellafettuccia lungo la sua lunghezza. Ciascun filo rappresenta 5 kN: ad esempio trefili corrispondono a 15 kN. La resistenza mini-ma non deve comunque essere inferiore a 5 kN.Riportiamo a titolo indicativo una tabella chemostra le resistenze minime solitamente garan-tite dai costruttori, i quali devono indicare (sulrocchetto della confezione) la normativa EN565 e il proprio nome o marchio.

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Catena di assicurazionee normative

Alpinismo su ghiaccio e misto

L x S (mm)20 x 2 piatta 8

12

12

10

A (mm2) Carico di rottura (kN)

40

20 x 3 tubolare

30 x 2 piatta

25 x 2 piatta

30 x 3 tubolare 18

50

60

60

90

L=larghezza della fettuccia

A=sezione della fettuccia

S=spessore della fettuccia

C04-48 Fettucce e resistenza

Nel caso delle fettucce,l'indicazione del caricodi rottura viene rivelatodirettamente per mezzodi fili “spia”: fili paralle-li, colorati, equidistanti,chiaramente identifica-bili, incorporati nellafettuccia lungo la sualunghezza. Ogni filoequivale a 5kN.

Da prove ancora in corso possiamo esprimerele seguenti considerazioni:- in presenza di spigoli meglio cordini più finicon più rami che cordini più grossi con menorami- nel caso di occhielli di chiodi o tasselli conraggio di curvatura piccolo, è opportuno utiliz-zare un moschettone per operare il collegamen-to del cordino con l'ancoraggio.

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Alpinismo su ghiaccio e misto Catena di assicurazionee normative

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Rnominale

1500 0,63

0,230,27

0,63

N° rami Fattoreriduzione

R di carico(daN)

3

2

4

4

1500

1500

1500

1890

810

1380

3780

Si riportano i calcoli dello sforzo sopportabileda una fettuccia avente 3 fili spia in relazione almodo con cui viene sistemata sull’ancoraggio. Icasi sono illustrati nella figura C04-49.

Anelli cuciti di fettucciaLe norme europee EN 566 (del febbraio 1997)prescrivono che il carico di rottura sia non infe-riore a 22 kN, cioè un poco superiore a quelloprescritto per l'asse maggiore del moschettonenormale. La cucitura deve essere evidenziata conuna colorazione contrastante con quella di baseper permettere un più agevole controllo del suostato. Il costruttore deve indicare la normativaEN 566 e il proprio nome o marchio.

C04-49 Sforzo sopportabile da tre fili spiaR~1890 daN R~3780 daN R~1380 daN R~810 daN

FETTUCCIA 3 fili spia

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Alpinismo su ghiaccio e misto

Kevlar e dyneemaIl kevlar è una fibra aramidica prodotta nel1965 chimicamente simile al nylon ed è attual-mente presente nel mercato alpinistico comecordino del diametro di 5,5 mm e del diametrodi 6 mm. La fibra dyneema è un polietilene(PE HT) prodotto dalla DSM con il marchiodyneema, oppure dalla ALLIED con il marchioSpectra. Queste fibre presentano caratteristichefisico-meccaniche eccezionali (resistenza allarottura 3-4 volte superiori al nylon, a parità dipeso) sia allo strappo, sia sotto l’effetto dei nodie di spigoli. I cordini prodotti con queste fibrepresentano un carico di rottura di circa 19 kN.Per realizzare anelli bisogna impiegare il nodo acontrasto doppio (meglio se triplo) perchésenza carico il nodo tende ad allentarsi e leestremità tendono ad accorciarsi.A titolo di riferimento mostriamo una tabelladi comparazione sulle resistenze alla rotturaottenute ponendo in trazione alcuni nut dotatidi anello di cordino in nylon o in kevlar.

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n° nut

4 inglese doppio

inglese doppio

inglese doppio

cordino Ø mm nodo rotturacordino

nylon

nylon

nylon

3

5

8

5,5

7

15,4 kN

16,8 kN

12,3 kN

Queste fibre presenta-no caratteristiche fisi-co-meccaniche ecce-zionali (resistenza allarottura 3-4 volte supe-riori al nylon, a paritàdi peso) sia allo strap-po, sia sotto l’effettodei nodi e di spigoli. Icordini prodotti conqueste fibre presentanoun carico di rottura dicirca 19 kN.

C04-50 Nodo di giunzione per blocchi da incastro

C04-51 Blocchi da incastro e resistenza

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IMBRACATURA

L’imbracatura fa parte dell'equipaggiamentoindispensabile di ogni alpinista. I requisiti chedeve possedere un’imbracatura sono così riassu-mibili:• la sollecitazione in caso di caduta deve essereripartita sulle parti del corpo maggiormente ingrado di resistere senza danno eccessivo (baci-no, parte superiore delle cosce)• lo strappo deve essere trasmesso al corpo tra-mite un punto di applicazione posto superior-mente al suo baricentro; in tali condizioni,dopo la caduta, il corpo deve tendere ad assu-me da sé la postura verticale• durante la sospensione (ad esempio al termi-ne della fase di caduta) il carico, vale a dire ilpeso del corpo e dell'attrezzatura personale,accresciuto dalle forze d’inerzia, deve esseresostenuto dal cosciale (si veda più sotto), ondeevitare danni e dolore nel caso di sospensioniprolungate; il corpo deve essere mantenuto inposizione eretta dal pettorale (si veda più sotto)

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C04-52 Nylon-Kevlar e resistenza

12,5 kN

nylon Ø7 mm

kevlar Ø5,5 mm

18,2 kN

7,5 kNeffetto spigolo 15,2 kN

7,6 kNeffettostrozzo

10,4 kN

effetto nodo

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L’imbracatura può essere:• bassa (cosciale)• combinata, cioè costituita da cosciale e dapettorale• intera (pezzo unico)

L’imbracatura intera, da prove eseguite, sembranon soddisfare in modo completo ai requisitirichiesti: il contraccolpo conseguente all’arrestoe al violento raddrizzamento del corpo (dovutoall’alto punto di attacco alla corda) può provo-care danni molto seri a livello delle vertebrecervicali (cosiddetto “colpo del coniglio”).Per converso è pericoloso l'uso del solo coscia-le (imbracatura bassa) quando si arrampica conlo zaino, sia perché la forza di arresto può cau-sare una pericolosa flessione della colonna ver-tebrale sia perché il caduto può restare sospesoa testa in giù. L’uso del solo cosciale è inveceammesso nell’ambito dell'arrampicata sportivaed in genere nelle arrampicate in cui i “voli”siano senza zaino.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

C04-53 Tipi di imbracature

imbracatura completaimbracatura bassaimbracatura combinata

parte alta

parte bassa

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Imbracature: le prove di laboratorioe caratteristiche1) La resistenza viene verificata su di un mani-chino di legno con una prova statica di rotturaa trazione: in posizione eretta fino a 500 kg dipeso; a testa in giù fino a 1000 kg peso.L’imbracatura non deve subire danni;

2) La maggior parte del peso del corpo devegravare sui cosciali

3) larghezza cosciali 43/45 mm

4) larghezza spallacci 28/35 mm

5) allacciamento corda sopra l’ombelico

6) inclinazione della colonna vertebrale di 20°

7) niente parti metalliche nelle zone delicate

8) se presenti, le parti metalliche devono rima-ne parallele al corpo

9) anelli metallici di diametro <3 mm

10) le cuciture devono essere distinguibili

11) regolata in maniera corretta, deve permet-tere a chi la indossa di rimanere sospeso peralmeno 10 minuti senza particolari difficoltàcircolatorie e respiratorie; dopo 10 minuti lapersona deve poter eseguire, senza difficoltàalcuna, qualsiasi movimento.

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Norme principaliL’imbracatura è regolamentata dalla normativaEN12277. La norma contempla quattro tipi di imbracatu-ra: A completa, B per ragazzi (<40 kg), C pelvi-ca (cosciali), D toracica (pettorale). Essa nonconsidera eventuali combinazioni, ma si limita

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da un lato a caratterizzare i vari tipi dal punto divista del grado di sicurezza garantita, dall’altro aobbligare i costruttori a fornire indicazioni suirischi che l’uso di determinati tipi comporta.Così il tipo C (pelvica) è definito specificandoche è in grado di sostenere il corpo in posizioneseduta solo nel caso la persona sia cosciente e iltipo D (pettorale) è definito specificando chenon può da solo mantenere sospesa una personasenza che essa subisca danno. La resistenza mec-canica viene verificata su un manichino di legnocon una prova statica di trazione: in posizioneeretta fino a 16 kN, a testa in giù fino a 10 kN.La norma contempla inoltre vari altri aspetti chel’attrezzo deve soddisfare.Il costruttore è tenuto a fornire esplicitamentetali indicazioni d’uso e in particolare per il tipoD sull’imbracatura deve comparire la scritta: “danon usare da sola”.Per quanto riguarda la scelta dell’imbracaturapiù adatta alle varie circostanze d’uso, il collega-mento delle due parti di un’imbracatura combi-nata e il collegamento dell’imbracatura con lacorda si rimanda al capitolo 3.

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MOSCHETTONI(CONNETTORI)

L'aggancio della corda all'ancoraggio è possibi-le tramite il moschettone. Questo attrezzo,inventato nel 1912 da Otto Herzog, oggigior-no è costruito in lega leggera, ha la forma di unanello schiacciato che varia alquanto secondol’impiego specifico dell'attrezzo. È apribile daun lato per mezzo di una leva azionabilemanualmente, la quale ritorna in sede per effet-to di una molla. Nei moschettoni da rinvio la leva può esserediritta, curva e a filo e presenta vari tipi di chiu-sure.

È mostrata in figura C04-54 la marcatura deimoschettoni.L’attuale normativa europea EN12275 sostitui-

C04-54 La marcatura deimoschettoni

MARCATURA DEI MOSCHETTONI

Ogni moschettone omologato CE deve riportare indelebilmente, in modo da non dimi-nuirne la resistenza, i seguenti dati:• il nome o il marchio registrato del fabbricante, importatore o dettagliante;• la sigla CE ed eventuale sigla U.I.A.A.;• un numero di identificazione dell’Ente certificatore;• i carichi minimi garantiti dal fabbricante per l’asse magg. a leva chiusa, per l’asse min.,per l’asse magg. a leva aperta;• marchio Klettersteig (per moschettoni da via ferrata).

1= U.I.A.A. CE4262= resistenza asse maggiore a leva chiusa3= resistenza asse minore4= resitenza asse maggiore a leva aperta

1 2 3 4

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sce il termine moschettone con il nuovo terminegenerico connettore: in sede di trasferimentodalle norme U.I.A.A. alle norme CEN è statalasciata ai costruttori la possibilità di produrrenuovi tipi di connessione tra la corda e la parete.In base alla normativa EN12275 la tipologiadei moschettoni (e più in generale i connetto-ri) presenta 7 tipi diversi di moschettoni: B(base), H (per mezzo barcaiolo), K (per ferra-ta), D (direzionale), A (per ancoraggi), Q (conchiusura a vite-maglie rapide), X (ovale).Ciascuna di queste categorie è caratterizzata, oltreche dal tipo di impiego del moschettone, da:• resistenza statica a trazione garantita nella dire-zione dell'asse maggiore con leva chiusa: Rm1• resistenza statica a trazione garantita nella dire-zione dell'asse maggiore con leva aperta: Rm1o• resistenza statica garantita nella direzione tra-sversale all'asse maggiore (asse minore): Rm2.La tabella C04-55 riporta tali dati per i diversitipi di moschettoni.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

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Note sulla tabella:• * = non è richiesto il valore se il moschettone èdotato di dispositivo di bloccaggio automatico. • Per il tipo K non viene fornito il valore di cari-co per l’asse maggiore a leva aperta, in quanto neimoschettoni da ferrata la ghiera ritorna automa-ticamente in chiusura e viene impedita perciò l’a-pertura accidentale.Come già segnalato, la scelta di 20 kN, comecarico massimo lungo l’asse maggiore a leva chiu-sa, deriva dall’effetto carrucola che si manifesta inun rinvio. Il valore indicato dalle norme tieneconto dell’effetto dell’attrito sul moschettone(rapporto tra forza sul ramo uscente ed entrantepari a 1,5).

C04-55 Dati sui moschettoni

TIPO DESCRIZIONE Rm1 (kN)

B

Rm1o (kN)

Q

D

A

H

K

X

20

Rm2 (kN)

Base, normale, universale, diuso generale

Per assicurazione (HMS=mezzo barcaiolo), dotato dibloccaggio a ghiera automati-co (a baionetta) o non auto-matico (a vite), con leva nonbloccabile in posizione aper-ta. In genere a base larga.

Per ferrata (Klettersteig=ferrata)

Per ancoraggio

Direzionale, cioè di costru-zione tale da definire univo-camente l’asse di applicazio-ne della forza

Dotato di bloccaggio a ghieranon automatico(a vite).

Ovali

20

25

20

20

25

16

7*

7*

7*

6*

5*

-

-

7

7

7

7

-

10

-

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Alpinismo su ghiaccio e misto

La resistenza statica nella direzione dell’asseminore è richiesta per garantire una sufficienterobustezza anche nel caso in cui il moschettonenon lavori in modo perfettamente assiale.

Riportiamo alcune considerazioni emerse da unaserie di prove condotte sui connettori dalla com-missione CMT Lombarda, documentate da unvideo su supporto DVD.• Sui moschettoni H a ghiera, nella versione “abase larga” adatta all'uso con il mezzo barcaiolo,le prove eseguite hanno evidenziato che la ghiera,pur avendo lo scopo di mantenere la leva in sede,contribuisce ad aumentare il carico: perciò biso-gna avere cura di chiudere bene la ghieraprima di usare il moschettone. Inoltre, si è rile-vato che la ghiera chiusa sul corpo del moschet-tone, se soggetta ad una forza che tende a farlauscire dalla sede (test non considerato dallenorme) presenta una resistenza piuttosto bassa.• Un moschettone posto a lavorare in flessio-ne offre un carico di rottura piuttosto basso (340daN) (vedi C04-56). • Moschettone con leva (o dito) a filo: i risultatihanno messo in evidenza che il filo non costituisceil punto debole perché la rottura avviene sul corpo.Il carico di rottura sull’asse minore è stato misura-to in due prove 1100 daN e 1300 daN.• Vecchio moschettone marcato L: si fa presen-te che le vecchie norme prevedevano l’utilizzo didue tipi di moschettoni: “normale” marcato N e“leggero” marcato L. Per il tipo L era consentitoun carico a dito aperto di 4 kN: si consiglia dinon utilizzare questo moschettone perché talebasso valore nel rinvio, in situazioni critiche, èfacilmente raggiungibile.

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C04-57 Dito aperto

C04-56 Moschettone in flessione

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VITI E CHIODIDA GHIACCIO

GeneralitàLa normativa EN568, al posto della definizionegenerica di “chiodi da ghiaccio”, adotta il termi-ne “ancoraggi da ghiaccio”, intendendo così imezzi più utilizzati per l'assicurazione su ghiac-cio. Devono presentare le seguenti caratteristi-che generali:- semplicità e facilità d'uso: deve essere facile, rapi-da e poco faticosa sia l’infissione che l’estrazione - “tenuta” sufficiente, cioè forza di estrazione (sene veda più avanti la definizione) sufficiente-mente elevata- scarsa tendenza a rompere il ghiaccio circo-stante per non inficiarne la tenuta (cioè modera-to effetto cuneo)Gli ancoraggi da ghiaccio si possono suddivide-re in due tipologie principali:a) viti da ghiaccio: attrezzo da ancoraggio il cuiinserimento/disinserimento nel ghiaccio avvieneper avvitamento/svitamento (alcuni tipi sonomostrati nella figura C04-58)b) chiodi da ghiaccio: attrezzo da ancoraggio ilcui inserimento nel ghiaccio avviene per percus-sione; il disinserimento può avvenire anche persvitamento(vedi figura C04-59).La struttura a corpo pieno non è più previstadalle norme, perchè presenta un carico di rot-tura molto basso. (vedi cavatappi e chiodi WartHog).Le viti da ghiaccio attualmente in commerciopresentano tutte struttura tubolare, mentre lacategoria di chiodi da ghiaccio contempla anco-

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C04-59 Chiodi da ghiaccio

C04-58 Viti da ghiaccio

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ra tipologie con corpo pieno. Per ragioni fisichefondamentali l'unica struttura che per via dellesue caratteristiche geometriche e meccanichepermette un' infissione con effetto di rottura delghiaccio sufficientemente ridotto da consentireadeguata tenuta è quella tubolare; le strutture acorpo pieno, in particolare quelle a profilo assia-le conico non sono in grado di resistere a forzedi estrazione se non assai modeste e, inoltre,come riportato non possiedono resistenza mec-canica sufficiente. Ne consegue la chiara supe-riorità degli ancoraggi tubolari.L'uso di altri tipi, ancora in commercio, è confi-nato a casi assai particolari.Le caratteristiche di questi ancoraggi sono moltovarie a seconda del tipo e del costruttore: bisognadiffidare da materiali non provvisti di marchio inquanto poco funzionali e a volte anche inaffida-bili e ancora presenti in molti punti vendita. Le viti da ghiaccio possono essere costruite conmateriali diversi: normalmente sono in acciaio alcromo-molibdeno, in titanio o leghe di allumi-nio con fresa al titanio.Una caratteristica geometrica assai importantedal punto di vista della tenuta, sia per le viti cheper i chiodi da ghiaccio, è la lunghezza, che vaintesa come lunghezza di infissione (se ne vedala definizione nel paragrafo successivo). Spesso,in commercio vengono indicate altre lunghezze,come quella totale, cioè comprensiva dell'anello(od occhiello) e della testa che risultano pocosignificative in quanto non sono parametri diprogetto previsti dalle norme.La tenuta è misurata dalla forza di estrazione,cioè dalla forza perpendicolare all’asse della viteche, applicata all'anello del chiodo completa-

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Alpinismo su ghiaccio e misto

Le viti da ghiaccio posso-no essere costruite conmateriali diversi: normal-mente sono in acciaio alcromo-molibdeno, intitanio o leghe di allumi-nio con fresa al titanio.

La tenuta è misuratadalla forza di estrazione,cioè dalla forza perpendi-colare all’asse della viteche, applicata all'anellodel chiodo completa-mente infisso, ne deter-mina la fuoriuscita dalghiaccio o la rottura.

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mente infisso, ne determina la fuoriuscita dalghiaccio (ghiaccio compatto e duro, densità0,75 kg/dm3) o la rottura. Le norme prescrivonouna forza di estrazione non inferiore a 10 kN; èammessa una deformazione permanente. Le norme EN 568 distinguono, come già detto,tra viti e chiodi da ghiaccio. In ambedue i casi siconsiderano soltanto corpi cilindrici (o semici-lindrici) cavi (non sono considerati corpi pieni).La forza di estrazione non deve essere inferio-re a 10 kN (l'ancoraggio non si deve rompere enon deve uscire dal ghiaccio; è consentita defor-mazione permanente). Per le viti è prevista unaprova di avvitabilità, per i chiodi una prova diresistenza/usura al martellamento. Gli ancorag-gi devono riportare il codice EN 568 e ilnome o il marchio del costruttore.

Viti da ghiaccioOrmai superati i vecchi “cavatappi”, a corpopieno e risultati perciò del tutto inaffidabili (laloro tenuta è sempre inferiore a 4 kN), sonoentrate nell'uso comune le viti da ghiaccio tubo-lari.A parte il tipo di materiale usato, di cui si è giàdetto, importanti per distinguere da un punto divista funzionale i vari tipi di viti da ghiaccio sonoalcune caratteristiche geometriche. Queste sono:- la lunghezza di infissione, che è definita dallenorme come la distanza misurata tra la punta(parte frontale) della vite e l'attacco dell'anello- il diametro e lo spessore (diametro interno edesterno) della struttura tubolare- le caratteristiche dell'elica di filettatura, cioèpasso e profilo- la conformazione della parte frontale (punta).

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La lunghezza, insieme al diametro, concorre inmisura essenziale a determinare le caratteristichedi tenuta dell'ancoraggio sia dal punto di vistadella resistenza meccanica che da quello dellaresistenza del ghiaccio che attornia la vite. Esistequindi, per ciascun tipo di vite, una lunghezzaminima che garantisce la tenuta minima dettatadalle norme (10 kN). Tale lunghezza è normal-mente compresa tra 15 e 25 cm: le lunghezzeminori sono proprie delle viti di maggior dia-metro e con filettatura profonda, quelle maggio-ri si riferiscono a viti di diametro minore e filet-tatura più superficiale. Lunghezze superiori a 25cm non sono necessarie e rendono l'attrezzopoco maneggevole.Altre caratteristiche hanno rilevanza solo proget-tuale. Una caratteristica, legata alla geometriadell’attrezzo, ha invece una rilevanza moltoimportante per l’utilizzatore: la facilità con cui sipuò inserire la vite e con cui la si può estrarre.Da questo punto di vista rivestono grandeimportanza la configurazione della parte fronta-le e la filettatura. Si possono dare alcune indica-zioni di massima, che possono guidare nella scel-ta e nell'utilizzazione, ma la miglior guida ècostituita dall'esperienza.La punta della vite è dotata di una struttura afresa la cui conformazione è molto importanteper la penetrazione iniziale e anche per un age-vole avanzamento. Tale fresatura non deve esse-re troppo fine (in genere è costituita da tre oquattro denti), ma a parte questo è difficile for-nire indicazioni utili anche in quanto i risultatidipendono dal tipo di ghiaccio. In ogni casodeve essere convenientemente affilata, condizio-ne che va controllata e mantenuta.

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C04-60 Viti da ghiaccio (2)

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La facilità (minor sforzo) e la rapidità di infissio-ne dipendono invece dal passo dell'elica di filet-tatura che in molti casi occupa solo la primaparte del gambo. Un passo ridotto (filettaturapiù fine) favorisce la penetrazione con poco sfor-zo, ma richiede un numero elevato di giri; unpasso più lungo riduce per contro il numero digiri richiesto per l'avvitamento e lo svitamento,ma aumenta lo sforzo necessario. Il profilo(sezione) dell'elica ha effetti similari: profonditàmaggiori della filettatura aumentano lo sforzonecessario. D'altra parte sia la profondità dell'e-lica che il suo passo (insieme a lunghezza e dia-metro) concorrono a determinare la tenuta checresce al crescere del numero e della profonditàdei filetti. Le viti migliori sono quelle che otti-mizzano il compromesso tra l'esigenza di unaelevata tenuta e di un agevole utilizzo.La tenuta delle viti attualmente in commercio ècompresa tra circa 10 e 16 kN (riferendosiovviamente a prodotti marchiati e certificati;altri prodotti, le cui caratteristiche non sononote, sono vivamente da sconsigliarsi).Una menzione meritano le viti da ghiaccio dota-te di un anello scorrevole lungo il gambo; ciò neconsente l'utilizzazione nel caso di spessore delghiaccio inferiore alla lunghezza dell'ancoraggio,naturalmente con riduzione della tenuta.

Chiodi da ghiaccio a percussioneSono chiodi tubolari (Snarg) che si inseriscono acolpi di martello (vedi figura C04-61).Questi presentano una filettatura esterna a volteappena accennata. Sono di solito abbastanzaveloci da inserire e da togliere e danno dellebuone garanzie di sicurezza e di tenuta.

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C04-61 Chiodi da ghiaccioSnarg

La tenuta delle vitiattualmente in commer-cio è compresa tra circa10 e 16 kN.

Una menzione meritanole viti da ghiaccio dotatedi un anello scorrevolelungo il gambo; ciò neconsente l'utilizzazionenel caso di spessore delghiaccio inferiore allalunghezza dell'ancorag-gio, naturalmente conriduzione della tenuta.

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CHIODI DA ROCCIA

Il chiodo è un dispositivo che, inserito in una fes-sura della roccia per mezzo di un martello, costi-tuisce un punto di ancoraggio.Esiste il problema della standardizzazione di provesui chiodi da roccia perché la resistenza dei chiodicoinvolge le caratteristiche meccaniche della roc-cia e della forma delle fessure. L’U.I.A.A. ha quin-di proposto solo norme per la resistenza a rotturadel corpo del chiodo, raggiungendo così l’impor-tante obiettivo di assicurare il controllo della qua-lità di produzione. In un chiodo si possono nor-malmente identificare due parti: la testa e la lama.

Requisiti di costruzioneL’occhiello deve avere uno spessore di almeno 3mm. Gli spigoli devono essere arrotondati (raggiomin. 0,2 mm) o smussati (smusso minimo 0,2mm a 45°). L’occhiello deve permettere l’inseri-mento di una barra di 15±0,1 mm di diametro (4).

Prove di resistenzaIl chiodo viene trattenuto da una morsa con gan-sce a bordo arrotondato (1) di cui una ruotabile(2) per adattarsi alla forma del chiodo. Al chiodo,opportunamente bloccato con spinotti passanti(3) o altro sistema equivalente, vengono applicatele forze di prova in tre direzioni.

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TIPO

Chiodi di sicurezza kN 25 10 15

Chiodi di progressioneIl carico di rottura è il valore minimo raggiunto durante la prova su 3 chiodi (3 campioni di chiodoper ogni tipo di trazione).

kN 12,5 5 7,5

DIREZIONEF1direzione normale

F2direzione inversa

F3direzione trasversale

VALORI MINIMI DI CARICO DI ROTTURA velocità di transizione 35±15mm

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BLOCCHI DA INCASTROFISSI E REGOLABILI

Negli anni ‘60, dapprima nell’ambiente alpini-stico inglese e poi in quello americano, sonostati sviluppati attrezzi per la predisposizione dipunti di assicurazione “puliti”, cioè che nonrovinano la roccia a causa del loro frequenteinserimento ed estrazione (cosa che succedecon i chiodi). Sono stati così ideati i “blocchida incastro”, sia fissi (meglio noti come “nuts”,“chocks”, ecc.) sia regolabili (“friends”), moltodiffusi ed utilizzati oggigiorno. Per entrambi i modelli sono in vigore normeche ne definiscono le caratteristiche di tenuta.Si deve peraltro sottolineare che tali norme defi-niscono solamente le caratteristiche costruttivedi questi attrezzi, che chiaramente non possonoessere prese a riferimento nel caso di uso impro-prio o in circostanze non “ottimali”.

MarchiaturaI chiodi devono riportare sulla testa e in modoindelebile le seguenti iscrizioni:

CHIODO DI SICUREZZA CHIODO DI PROGRESSIONE

Presenta un alto carico di rottura edè lungo almeno 90 mm.

EN 569 (norme europee)

NOME o MARCHIO o fabbricante, o fornitore, o importatore

EN 569 (norme europee)

NOME o MARCHIO o fabbricante, o fornitore, o importatore

LUNGHEZZA del chiodo espressa in cm, arrotondata per difetto

LUNGHEZZA del chiodo espressa in cm, arrotondata per difetto

Con minori prestazioni, soddisfa comun-que i requisiti di resistenza esposti

S simbolo “chiodo di sicurezza”

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Blocchi da incastro fissiSecondo le norme EN 12270, un blocco daincastro è un corpo di metallo a forma di cuneonon regolabile, collegato ad un anello (dimetallo o cordino). L’anello non caricato devepermettere il passaggio di un’asta di almeno 25mm di diametro.Esistono in commercio blocchi di forma diver-sa: a piramide tronca (bicunei o stoppers), asezione esagonale o asimmetrica (eccentrici),telescopici, a forma di T.Secondo la normativa, i blocchi vengono sotto-posti a prove di resistenza statica in apparec-chiature di forma e dimensione opportuna eviene misurato il valore massimo di rottura diuno dei componenti (blocco o anello) o di fuo-riuscita del blocco dall’apparecchiatura.Il costruttore è tenuto a riportare per iscritto: ilnome o il marchio del fabbricante, o del forni-tore, o dell’importatore; il numero della nor-mativa (EN 12270); il nome e le dimensionidel modello (se ne esistono più di uno); mini-ma resistenza in kN approssimata per difettoall’intero più vicino; il significato di ogni sim-bolo sul prodotto; istruzioni sul suo utilizzocorretto; modo di scelta di elementi sostitutividel sistema; istruzioni sulla manutenzione;durata del prodotto e avviso che dovrebbe esse-re sostituito in caso di danni; informazioni sul-l’influenza di reagenti chimici, temperatura,acqua e ghiaccio, effetto taglio, invecchiamento.I blocchi devono riportare in forma indelebilele seguenti informazioni: la dimensione, laminima resistenza in kN approssimata perdifetto all’intero più vicino (al momento sonoreperibili in commercio anche blocchi la cui

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Secondo la normativa, iblocchi vengono sotto-posti a prove di resisten-za statica in apparec-chiature di forma edimensione opportuna eviene misurato il valoremassimo di rottura diuno dei componenti(blocco o anello) o difuoriuscita del bloccodall’apparecchiatura.

I blocchi devono ripor-tare in forma indelebilele seguenti informazioni:la dimensione e la mini-ma resistenza in kNapprossimata per difettoall’intero più vicino (almomento sono reperibiliin commercio ancheblocchi la cui resistenzaè espressa da asterischi -di diametro compresotra 2 e 4 mm - ognunodei quali rappresenta 5kN; per esempio tre aste-rischi significano unaresistenza di almeno 15kN).

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resistenza è espressa da asterischi - di diametrocompreso tra 2 e 4 mm - ognuno dei quali rap-presenta 5 kN; per esempio tre asterischi signi-ficano una resistenza di almeno 15 kN).

Blocchi da incastro regolabiliSecondo le norme EN 12276, un blocco daincastro regolabile è un blocco che può essereregolato ed incastrato nelle fessure della rocciacollegato ad un anello di metallo, cordino o fet-tuccia. L’anello non caricato deve permettere ilpassaggio di un’asta di almeno 15 mm di dia-metro.Esistono in commercio diversi tipi e modelli diblocchi regolabili. Tra i più comuni ed apprez-zati sono i “friend” e più in generale tutti idispositivi a camme girevoli (noti nei paesianglosassoni come SLCDs, spring-loaded cam-ming devices). Questi sono meccanismi chepresentano tre o quattro camme incernierate suuno o due perni e la cui forma, a spirale loga-ritmica, consente un adattamento ottimale inuna certa gamma di ampiezze delle fessurenaturali presenti nella roccia. I primi friendssono stati ideati in Yosemite, USA, da RayJardine. I dispositivi a quattro camme hannomaggior resistenza e stabilità nelle fessure,mentre quelli a tre camme sono più adatti perpiccole fessure. Anche se ormai abbastanza rari,si trovano ancora in commercio attrezzi con“bracci” rigidi anziché flessibili. Questi ultimipermettono un uso in un maggiore ventaglio dipossibilità, consentendo un piazzamento ancheorizzontale senza pericolo di spezzare il braccio,come potrebbe avvenire con quelli rigidi.Secondo la normativa, i blocchi vengono sotto-

Questi sono meccanismiche presentano tre oquattro camme incernie-rate su uno o due perni ela cui forma, a spiralelogaritmica, consente unadattamento ottimale inuna certa gamma diampiezze delle fessurenaturali presenti nellaroccia.

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posti a prove di resistenza statica in apparec-chiature di forma e dimensione opportuna, eviene misurato il valore massimo di rottura diuno dei componenti (blocco o anello) o di fuo-riuscita del blocco dall’apparecchiatura.Il costruttore è tenuto a riportare per iscritto: ilnome o il marchio del fabbricante, o del forni-tore, o dell’importatore; il numero della nor-mativa (EN 12276); il nome e le dimensionidel modello (se ne esistono più di uno); mini-ma resistenza in kN approssimata per difettoall’intero più vicino; il significato di ogni sim-bolo sul prodotto; istruzioni sul suo utilizzocorretto; modo di scelta di elementi sostitutividel sistema; istruzioni sulla manutenzione;durata del prodotto e avviso che dovrebbe esse-re sostituito in caso di danni; informazioni sul-l’influenza di reagenti chimici, temperatura,acqua e ghiaccio, effetto taglio, invecchiamento.

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capitolo 5

Progressione di base su neve eghiaccio

INDICE

Premessa

Ricerca dell’equilibrio e tipi di movimenti

La progressione incrociata applicata alla tecnica dibase

Progressione individuale su neve senza ramponi conpiccozza oppure con bastoncini da sci• Esercizi 1-9

Tecnica individuale di progressione su ghiaccio conpiccozza e ramponi• Esercizi 10-17

Gradinamento• Esercizi 20-22

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PREMESSA

In questi ultimi anni la tecnica su ghiaccio è stata oggetto di studi e speri-mentazioni che hanno approfondito gli schemi motori dei vari movimenti eperfezionato la progressione graduale degli esercizi. In questo capitolo descri-viamo in forma aggiornata, adattati in ordine crescente di difficoltà, gli eser-cizi della progressione base su neve e ghiaccio, che fanno parte del bagagliodi esperienze maturate in ambiente del C.A.I. Alcuni di questi sono statirivisti adottando una nuova metodologia didattica che si ispira a studi sulmovimento su ghiaccio sviluppati dalla Guida Alpina Paolo Caruso. È pos-sibile suddividere la progressione su ghiaccio in tre categorie, ciascuna dellequali è caratterizzate da un grado di difficoltà crescente:a) progressione incrociata adatta per pendenze medie e terreno classico;b) progressione fondamentale adatta per un terreno che presenta tratti piùripidi;c) progressione a triangolo adatta per terreno costantemente ripido e impe-gnativo.In questa sezione presentiamo una serie di esercizi di base, da effettuare siasu neve che su ghiaccio, che utilizza la “progressione incrociata”, mentre nellasezione “uso dei due attrezzi e introduzione alla piolet-traction” vengonotrattati alcuni esercizi che si basano sulla progressione fondamentale.

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

RICERCA DELL’EQUILIBRIOE TIPI DI MOVIMENTI

In generale le tecniche si pongono come obiet-tivo la riduzione dello sforzo richiesto dallasalita e quindi puntano a migliorare il movi-mento, le capacità fisiche e l’atteggiamentomentale. In arrampicata bisogna ricercare con-tinuamente una situazione di equilibrio cheaiuti il lavoro di sostegno e di spinta da partedelle gambe: bisogna passare da una posizionebase all’altra. Si tratta quindi di adottare queiC05-01 Modulo a croce

NOSÌ

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Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

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movimenti e quelle progressioni che favorisca-no il miglior equilibrio, che pertanto richieda-no una forza minore e di conseguenza garanti-scano una maggiore sicurezza. Considerando lo spostamento degli arti a cop-pie possiamo avere tre tipi di movimenti: 1) incrociato: si muovono in sequenza o simul-taneamente braccio sinistro – gamba destraoppure braccio destro – gamba sinistra;2) omologo: si muovono in sequenza o simul-taneamente le due braccia oppure le duegambe;3) omolaterale (ambio): si muovono in sequen-za o simultaneamente braccio e gamba sinistrioppure braccio e gamba destri.Il centro di massa di un corpo, detto anchebaricentro, è il punto nel quale si possono con-siderare applicate le risultanti delle varie forze-peso delle masse che compongono la persona esi trova nella zona centrale del bacino a circa il57% dell’altezza. L’equilibrio è già stabilequando il baricentro si trova lungo la “diagona-le” che collega due appoggi.Per dare un’idea della condizione di equilibriosi applica lo schema del così detto “modulo acroce”.Immaginando di tracciare sul pendio due retteperpendicolari tra loro di cui una sulla linea dimassima pendenza, l'equilibrio ottimale siottiene facendo si che i piedi si trovino sempresu due quadranti opposti.Il baricentro del corpo viene così sempre a tro-varsi tra questi due punti e la base d’appoggiorisulta ampia. La figura C05-01 indica a sini-stra la posizione corretta dei piedi (ampia basedi appoggio) e a destra la posizione da evitare

C05-02 Movimento incrociato - a

C05-03 Movimento incrociato - b

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(poca base di appoggio). Lo studio dell’equili-brio applicato ai soli piedi viene ora ampliato eintegrato dallo studio degli schemi motori deiquattro arti.Per meglio analizzare come si raggiunge l’equi-librio nei tre movimenti citati, utilizziamocome riferimento una persona dotata dibastoncini da sci che si muove nel primo casosu un pendio di modesta inclinazione e nelsecondo caso su un pendio più ripido.Su media pendenza il movimento incrociatorisulta il più vantaggioso: infatti togliendo duepunti (ad esempio braccio sx e gamba dx) ilbaricentro cade sulla diagonale che collega glialtri due appoggi. Su terreno più pendenteinvece questo sistema non è vantaggioso perchénel momento in cui si alzano i due arti (ad esem-pio braccio sx e gamba dx) il baricentro non saràpiù in equilibrio sulla base di appoggio.Su media pendenza il movimento omologo èmeno vantaggioso di quello incrociato perchése togliamo i due appoggi anteriori oppure idue appoggi posteriori il baricentro non sitrova in equilibrio. Su terreno più pendente invece il baricentro èin equilibrio perché ci si appoggia sulle gambeoppure si resta appesi con le braccia.Su media pendenza il movimento omolaterale(ambio) non risulta vantaggioso perché elimi-nando due punti di appoggio (per esempio illato sinistro) il baricentro è in equilibrio insta-bile lungo una linea verticale e non si trova suuna base d’appoggio ampia come si verifica nelmovimento incrociato. Anche su terreno più verticale si conserva unequilibrio instabile: infatti anche se si sposta il

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

C05-04 Movimento omologo - a

C05-05 Movimento omologo - b

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baricentro per raggiungere un nuovo punto diequilibrio si ottiene una base di appoggio esi-gua.Per concludere si può affermare che per l’ar-rampicata il movimento incrociato e quelloomologo sono gli schemi motori più utili: suun terreno di media inclinazione viene applica-ta il sistema incrociato mentre su un pendiopiù verticale si adotta il sistema omologo; inquest’ultimo caso infatti la posizione del corpoin equilibrio sui piedi muniti di ramponi per-mette di sollevare le mani e analogamente ilcorpo sostenuto da due attrezzi impugnati dallemani agevola lo spostamento dei piedi.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

LA PROGRESSIONE INCRO-CIATA APPLICATA ALLATECNICA DI BASE

La progressione incrociata è basata sullo sche-ma motorio che riguarda le coppie di artiincrociati; ad esempio mano destra - piede sini-stro e, viceversa, mano sinistra e piede destro.Può essere eseguita in due modi:a) simultanea b) non simultanea oppure con 3 punti fissiPer simultaneo si intende lo spostamento con-temporaneo degli arti incrociati in modo da farpenetrare simultaneamente gli attrezzi (degliarti incrociati) nella neve o nel ghiaccio (vedifigure da C05-08 a C05-12).Per non simultaneo si intende lo spostamentodi un arto alla volta (3 punti fissi) mantenendosempre lo schema di movimento incrociato.

C05-07 Movimento all’ambio - b

C05-06 Movimento all’ambio - a

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Esempio di movimento non simultaneo insalita: mano dx più alta e mano sx più bassa,piede sx più alto e piede dx più basso: si spo-sta prima l’arto più lontano dalla direzione dimarcia, in questo caso il piede dx. Segue poi ilbraccio incrociato, cioè il braccio sx, poi ilpiede sx e dopo la mano dx. (Se nella posizionedi partenza le mani sono tenute basse, è megliospostare per prima la mano più bassa, non ilpiede - cioè, in questo caso, prima la mano sx,poi il piede dx). In discesa, sarà il contrario: dalla stessa posi-zione si abbassa prima la mano dx e poi ilpiede sx. Si continua con la mano sx e poi conil piede dx.La sequenza delle foto mostra il movimentosimultaneo in salita di un alpinista dotato diramponi e di una piccozza; la mano libera siappoggia alla parete. Le figure C05-08 e C05-12 descrivono la posizione di base, la figuraC05-09 evidenzia mano destra e piede sinistroin aria, mentre la figura C05-11 indica manosinistra e piede destro in aria.Naturalmente questa progressione viene ese-guita anche con due attrezzi Per effettuare correttamente la progressionesimultanea bisogna piantare la piccozza e ilrampone dei due arti in movimento eseguendoun solo moto continuo; è importante riuscire asfruttare l’inerzia del corpo piantando l’attrez-zo e il rampone simultaneamente. Inoltre è digrande utilità effettuare una respirazione cor-retta perché l’affaticamento generale è normal-mente maggiore rispetto al medesimo movi-mento su roccia. Come linea di principio siespira quando si compie lo sforzo maggiore e si

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

C05-09 Simultaneo - b

C05-10 Simultaneo - c

C05-08 Simultaneo - a

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inspira nella fase di preparazione; quindi nellaprogressione su ghiaccio si espelle l’aria quandosi sollevano gli arti e si piantano gli attrezzi,mentre si immette aria dopo aver inserito gliattrezzi e prima di eseguire il movimento suc-cessivo. In caso di stanchezza è sufficiente inserire unapausa tra un passo e l’altro. La progressione incrociata non simultanea èconsigliabile quando è necessario essere parti-colarmente prudenti su un terreno più vertica-le o precario oppure quando si è piuttosto stan-chi.Bisogna sempre fare attenzione a non ricaderenella posizione in ambio: cioè bisogna evitare adesempio di spostare il piede destro e poi la manodestra e di seguito il piede e la mano sinistri. La decisione di eseguire la progressionesimultanea oppure quella non simultaneadipende dall’inclinazione del pendio, dal livel-lo dell’alpinista e dalla precarietà del terreno. Dall’esperienza maturata è preferibile insegnarefin dall’inizio quella simultanea perché facilital’apprendimento e la comprensione dello sche-ma motorio. Man mano che la si impara diven-ta facile capire che si può mantenere lo stessoschema muovendo un arto alla volta ma inmodo da evitare la progressione omolaterale(ambio); infatti se il terreno è precario o impe-gnativo in relazione alle proprie capacità, èmeglio muovere un arto alla volta cioè impie-gare la progressione incrociata non simultanea. Acquisita una adeguata esperienza e compatibil-mente con un terreno sicuro e di inclinazionemedia conviene puntare alla progressione simul-tanea perché è poco faticosa e ci consente di

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-12 Simultaneo - e

C05-11 Simultaneo - d

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aumentare la velocità di progressione; tutto ciòcostituisce una sicurezza e un vantaggio in parti-colar modo nelle salite classiche di montagna.Entrambi i modi possono essere applicati aivari esercizi che vengono descritti di seguito: a)in salita faccia a monte, b) in salita fianco alpendio in diagonale c) in salita fianco al pendiocon passo incrociato d) in discesa faccia a vallee a monte e) in discesa fianco al pendio conpasso incrociato f ) in traversata faccia a monte(solo simultanea).In numerosi esercizi il movimento vienemostrato muovendo un passo alla volta. In fasedi apprendimento, scegliendo un terreno facilee adeguato al tipo di esercizio, si può iniziarecon la progressione simultanea per poi fare pra-tica con il modo non simultaneo.

PROGRESSIONE INDIVI-DUALE SU NEVE SENZARAMPONI CON PICCOZZAOPPURE CON BASTONCINIDA SCI

Esercizio 1: salita e discesa direttapendenza moderata su neve mollesenza ramponi con e senza bastonci-ni da sciIl pendio, di pendenza moderata (20-25°), conneve poco consistente in cui lo scarpone affon-da, va salito direttamente faccia a monte edisceso direttamente faccia a valle.

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

Acquisita una adeguataesperienza e compatibil-mente con un terrenosicuro e di inclinazionemedia conviene puntarealla progressione simulta-nea perché è poco fatico-sa e ci consente diaumentare la velocità insalita.

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L’impiego dei bastoncini da sci presenta nume-rosi vantaggi:a) in fase di apprendimento consentono di farpratica con il sistema di progressione incrociata b) permettono di far assumere al corpo unaposizione più naturale con il busto maggior-mente erettoc) in marcia, soprattutto con zaini pesanti e inmodo particolare durante la discesa, i bastonci-ni sono molti indicati perché si sollecitanomeno le ginocchia e su terreno non uniformegarantiscono un migliore equilibrio.Nella figura C05-13 si osserva la posizione dipartenza secondo lo schema incrociato, mentrela figura C05-14 mostra il movimento contem-poraneo di due arti incrociati.È opportuno osservare una serie di accorgi-menti soprattutto se la marcia avviene senzal’uso dei bastoncini da sci:- ricercare l’equilibrio mantenendo il baricen-tro sui piedi; in salita evitare di tenere il bustotroppo avanzato verso monte, invece in discesail busto deve flettersi verso valle cercando dinon restare arretrati- i piedi vanno appoggiati sulla neve con unacerta decisione; con neve poco consistente,prima di portare subito il peso sul piede, l’im-pronta va pressata più volte con lo scarpone.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-13 E1 Incrociato partenza

C05-14 E1 Incrociato partenza

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Esercizio 2: attraversamento o salitacon pendenza moderata su nevecompatta senza ramponi con e senzabastoncini da sciSpesso capita di dover attraversare canali eavvallamenti in cui è presente neve compattaspesso ricoperta da detriti sassosi; su questasuperficie dura e scivolosa, che richiede duelinee di tracce per conservare un buon equili-brio, tuttavia non si riesce con lo scarpone alasciare l’impronta di tutta la suola.Bisogna realizzare con il piede a monte unatacca nella direzione di marcia e con il piede avalle un’altra tacca; le tacche, che dovrannoessere sfalsate e poste su due linee, verrannosuccessivamente allargate dai successivi passag-gi in modo da ospitare l’intera suola dello scar-pone.La progressione incrociata e soprattutto la rea-lizzazione delle tacche vengono agevolati se siutilizzano bastoncini da sci che aiutano a man-tenere il busto sopra i piedi. Se si utilizza un solo bastoncino la posizione dibase prevede il piede a monte avanzato, lamano a monte sul bastoncino, la mano a valleappoggiata al fianco e il piede a valle arretrato.La progressione incrociata avviene spostandocontemporaneamente il bastoncino e la gambaa valle; successivamente spostando la gamba amonte si ritorna in posizione base. È possibileimpugnare il bastoncino con la mano a valle.Nel caso si volesse procedere con un arto allavolta si muoverà il bastoncino e si eseguirannoin successione due passi.

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

C05-16 E2 Attraversamento - b

C05-15 E2 Attraversamento - a

C05-17 E2 Attraversamento - c

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Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

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Esercizio 3: salita diagonale su pen-dii con inclinazione moderata finoa 25° su neve molle o poco compat-ta senza ramponi e con piccozzaSi procede diagonalmente, fianco al pendio,con i piedi che seguono due linee parallele; lapiccozza impugnata sulla testa (con il palmodella mano appoggiato tra la paletta e labecca), becca in avanti, viene utilizzata inappoggio verticale e tenuta con la mano amonte. Su neve soffice o comunque non par-ticolarmente dura è necessario appoggiare ilpiù possibile tutta la pianta del piede perridurre o evitare l'affondamento e mantenerel'equilibrio; vantaggioso può anche risultareil comprimere preventivamente la neve con loscarpone. Su neve buona e con adeguata esperienza sipuò effettuare una progressione simultaneain diagonale. La posizione di base che deverispettare lo schema motorio incrociato è laseguente: il piede a monte è avanzato, lamano a monte, che impugna la piccozza, e ilpiede a valle si trovano in posizione arretrata.Quindi si spostano contemporaneamente lapiccozza a monte e la gamba a valle e succes-sivamente si muove la gamba a monte; così siritorna in posizione base.

Progressione non simultanea indiagonalePer coloro che hanno poca esperienza, oppu-re quando il terreno richiede un movimentopreciso, si muoverà un arto alla volta. Si ini-zia dalla posizione di base e quindi si effet-

C05-19 E3 Diagonale - b

C05-20 E3 Diagonale - c

C05-18 E3 Diagonale - a

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tueranno due passi. Su neve più compatta siutilizzano prevalentemente il bordo e lapunta degli scarponi.Vengono presentate in sequenza le figure cheillustrano il movimento in diagonale muo-vendo un arto alla volta: si inizia dalla posi-zione di base (figura C05-21), si sposta la pic-cozza (figura C05-22), si muove il piede avalle (figura C05-23) e quindi spostando ilpiede a monte si ritorna alla posizione di base(figura C05-24).

Accorgimenti per affrontare l’inver-sione di marciaCamminando su un pendio in diagonale ènecessario cambiare frequentemente la dire-zione procedendo ad una inversione. Ogniinversione di direzione richiede il passaggiodella piccozza da una mano all’altra.Nel caso la salita preveda numerose inversio-ni si deve ricorrere in continuazione alloscambio della dragonne applicata alla piccoz-za: oltre al fastidio prodotto da questa opera-

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

C05-21 E3Diagonale ns - a

C05-22 E3Diagonale ns - b

C05-24 E3Diagonale ns - d

C05-23 E3Diagonale ns - c

C04-25 E3 Cordino - a

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Esercizio 4: inversione di marciadalla diagonale senza ramponiLe figure che seguono illustrano le fasi dell’in-versione di marcia, iniziando i movimenti dadestra verso sinistra. 1) Si inizia dalla posizione di base: piede amonte avanzato, piccozza e gamba oppostaarretrati (figura C05-27).2) Spostare in avanti la piccozza (figura C05-28).3) Con piccozza piantata in appoggio, spostaree ruotare il piede a valle e affondare nella nevelo scarpone di punta all’altezza dell’altro piede(figura C05-29).4) Impugnare con entrambe le mani la testadella piccozza, ruotare il piede interno allacurva e affondarlo nella neve (figura C05-30);rispetto all’altezza dell’altro arto la posizionedel piede sarà più o meno alta a seconda dellapendenza e della consistenza della neve.5) Eseguire il cambio del lacciolo e orientare il

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zione ripetitiva c’è soprattutto il rischio diperdere l’attrezzo al momento dello sposta-mento del lacciolo. È possibile ovviare a questo inconvenienteassicurando la dragonne della piccozza conun cordino da collegare all’imbracatura. Lalunghezza del cordino di collegamento puòessere variata tramite una placchetta, diforma simile a quella impiegata per tendere letende da campeggio (vedi capitolo sui mate-riali). L’importante è che il cordino non osta-coli la marcia, soprattutto quando si calzanoi ramponi e il terreno diventa duro.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C04-26 E3 Cordino - b

Nel caso la salita preve-da numerose inversionisi deve ricorrere in con-tinuazione allo scambiodella dragonne applica-ta alla piccozza. È pos-sibile ovviare a questoinconveniente assicu-rando la dragonne dellapiccozza con un cordi-no da collegare all’im-bracatura.

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busto verso la direzione di marcia (figura C05-31).6) Spostare il piede esterno alla curva in avantiappoggiando lo scarpone lungo la direzione dimarcia; si ritorna così nella posizione di base(figura C05-32).

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

C05-27 E4 Inversione - a C05-28 E4 Inversione - b C05-29 E4 Inversione - c

C05-30 E4 Inversione - d C05-31 E4 Inversione - e C05-32 E4 Inversione - f

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Esercizio 5: salita diagonale, passoincrociato con inclinazione fino a30°/35° su neve poco compatta -senza ramponi con piccozza (o conbastoncini)Si procede diagonalmente, fianco al pendio,con piccozza in appoggio verticale impugnatasulla testa con la mano a monte. Partendo dallaposizione di base della diagonale (vedi figuraC05-33) il passo incrociato consiste nel tenerfermo il piede a monte, innalzare il piede avalle e, facendogli compiere una rotazioneverso l’esterno, posizionarlo sopra l’altro piedecon la punta rivolta verso la direzione di mar-cia. Il piede a valle, che esegue l’incrocio, èquello che con il suo movimento determinaessenzialmente l’innalzamento lungo il pendio.

Il passo incrociato eseguito in modo simulta-neo prevede:1) dalla posizione di base (vedi figura C05-33)caricare il peso sul piede a monte;2) alzare contemporaneamente la piccozza(mano dx) e il piede a valle (piede sx) che ese-gue l’incrocio (vedi figura C05-34);3) una volta posizionati i due arti, spostare ilpiede a monte (piede dx) e si ritorna in posi-zione base. Fare eventualmente una pausa (vedifigura C05-35).La tecnica del “passo incrociato” è redditizia intermini di innalzamento e non risulta partico-larmente faticosa; essa richiede tuttavia unabuona padronanza e una certa abitudine allospecifico movimento, di per sé piuttosto inna-turale. In particolare il mantenimento del cor-retto equilibrio durante l'esecuzione del passo

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-35 E5 Incrociato - c

C05-34 E5 Incrociato - b

C05-33 E5 Incrociato - a

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richiede molta attenzione e solo l'allenamentolo rende spontaneo.

Il passo incrociato eseguito in modo nonsimultaneo prevede di iniziare con la posizio-ne di salita diagonale vista nell’esercizio 3 (fig.C05-18), spostare la piccozza ed eseguire duepassi.

In salita da destra a sinistra la successione deimovimenti con un arto alla volta è la seguente:1) spostare la piccozza obliquamente in alto(figura C05-36);2) spostare il piede a valle (il sx nella figuraC05-37), effettuare l’incrocio e posizionarlosopra con la punta rivolta verso la direzione dimarcia;3) spostare verso l’alto il piede a monte (il sxnella figura C05-38).Come si vedrà più avanti, il passo incrociato siutilizza nelle stesse condizioni di pendenzaanche su ghiaccio con i ramponi ai piedi.

Inversione di marcia con passo incrociato:il movimento di inversione è simile a quellodescritto per la salita diagonale. Si inizia l’in-versione dalla posizione di base (figura C05-33) evitando l’incrocio dei piedi.

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

C05-38 E5 Incrociato - c

C05-37 E5 Incrociato - b

C05-36 E5 Incrociato - a

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Esercizio 7: traversata con pendenzamedia 35°/40° su neve poco compat-ta senza ramponi con piccozzaLa traversata su neve senza ramponi su un trat-to di pendio di media inclinazione con nevepoco compatta si effettua faccia a montetenendo la piccozza sulla mano posta nelladirezione di marcia ed applicando lo schemaincrociato simultaneo. Ipotizzando che la traversata avvenga da sini-stra verso destra la progressione è la seguente:

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Esercizio 6: salita faccia a monte supendii ripidi con inclinazione di40°/45° su neve molle senza rampo-ni con piccozzaSi procede frontalmente lungo la linea di mas-sima pendenza. Questa progressione è più red-ditizia in termini di dislivello, ma comportauno sforzo fisico maggiore. Fronte al pendio, si muovono i piedi su duelinee parallele, divaricati fra di loro circa 30/40cm. La piccozza viene utilizzata, impugnatacon una mano, lateralmente in appoggio verti-cale, e la progressione segue lo schema incro-ciato. A volte la piccozza può essere impugnatacon entrambe le mani, una sulla becca e unasulla paletta e piantata profondamente davantial corpo, piuttosto in alto, in modo da potereffettuare anche una certa trazione; tuttavia, sela piccozza non è completamente affondatanella neve, è opportuno impugnare il manicoper evitare il braccio di leva.Sulle medesime pendenze ma con neve dura

bisogna invece calzare i ramponi.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-39 E6 Frontale schema

C05-40 Frontale

Linea di massima pendenza

30-40 cm

piedesinistro

piededestro

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a) posizione di base: piedi divaricati e posti allastessa altezza, mani divaricate e in linea con ipiedi (figura C05-41);b) portare la mano sinistra libera verso destraall’altezza del petto in appoggio sul pendio espostare simultaneamente a destra il piede dx;l’equilibrio è garantito dagli altri due arti con-trapposti (figura C05-42);c) caricare il peso sul piede dx (figura C05-43);d) piantare la piccozza verso destra e spostare adestra il piede sx; l’equilibrio è garantito daglialtri due arti contrapposti (figura C05-44); siritorna così alla posizione di partenza (figureC05-45 e C05-46).Nel caso la superficie fosse compatta al puntoda non riuscire ad entrare con metà scarponenella neve è opportuno calzare i ramponi edeseguire la progressione descritta dall’esercizio16 (traversata con ramponi).

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

C05-41 E7 Traverso - a C05-43 E7 Traverso - c C05-42 E7 Traverso - b

C05-44 E7 Traverso - d C05-46 E7 Traverso - f C05-45 E7 Traverso - e

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Esercizio 8: discesa faccia a valle supendii poco ripidi di inclinazionefino a 25°/30° con neve poco com-patta o molle senza ramponi con pic-cozzaSui pendii di modesta inclinazione e con neveabbastanza compatta ma tale da essere intacca-ta dallo scarpone si può scendere scivolando o“sciando”. In questo caso si impugna la piccoz-za sul manico vicino al puntale con una manoinfilata nel lacciolo e con l'altra mano sopra latesta dell'attrezzo, tenendo la becca rivoltaverso il basso; la piccozza viene tenuta presso-ché orizzontale davanti al torace e cioè già inposizione per porre in atto l'autoarresto qualo-ra questo si rendesse necessario.È molto utile, soprattutto in fase di apprendi-mento, l’impiego dei bastoncini da sci. Si scen-de con le ginocchia piegate in avanti e con ilpeso che grava sulla pianta dei piedi; l’equili-brio viene mantenuto spostando avanti e indie-tro il bacino, i piedi sono paralleli e la velocitàsi riduce caricando di più i talloni.Su neve molle oppure con inclinazioni superio-ri e neve abbastanza compatta, si procede apassi ritmati, dando colpi decisi con il taccodello scarpone per ricavare una traccia suffi-cientemente sicura. La piccozza viene tenuta inappoggio verticale con la becca rivolta versomonte. Il busto deve essere flesso in avanti e leginocchia piegate così da ottenere e mantenerecondizioni ottimali di equilibrio, con il bari-centro che ancora va a cadere tra i due punti diappoggio. La posizione del corpo è tanto piùraccolta quanto più aumenta l'inclinazione delpendio.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-48 E8 Discesa -b

C05-49 E8 Discesa -c

C05-47 E8 Discesa -a

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Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Esercizio 9: discesa faccia a monte supendii ripidi di inclinazione fino a40°/45° con neve poco compatta omolle - senza ramponi con piccozzaSi effettua su pendii ripidi con neve molle opoco compatta ripetendo in modo inverso imovimenti già descritti nell’esercizio 6 per lasalita frontale, alternando anche qui posizionidi raccoglimento e distensione.La faccia è rivolta al pendio, si muovono i piedisu due linee parallele, divaricati fra di loro circa30/40 cm. La piccozza viene utilizzata, impu-gnata con una mano, lateralmente in appoggioverticale, e la progressione segue lo schemaincrociato. Si pianta la piccozza e si eseguono due passi indiscesa.Sulle medesime pendenze ma con neve durabisogna invece calzare i ramponi.A volte la piccozza può essere impugnata conentrambe le mani, una sulla becca e una sullapaletta, e piantata profondamente davanti alcorpo, piuttosto in alto, in modo da potereffettuare anche una certa trazione.Bisogna avere l’accortezza di non scenderetroppo con i piedi in modo da non trazionarela piccozza verso l’esterno.

C05-50 E9 Discesa frontale - a

C05-52 E9 Discesa frontale - c

C05-51 E9 Discesa frontale - b

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TECNICA INDIVIDUALE DIPROGRESSIONE SU GHIAC-CIO CON PICCOZZA ERAMPONI

Impiego dei ramponiEliminazione dello zoccolo e placcaantizoccolo Una prima indicazione sull’uso dei ramponi èquella di camminare con i piedi leggermentedistanziati per evitare di inciampare e di eseguireil passo con un unico colpo deciso, senza ulterio-ri aggiustamenti che sbriciolerebbero il ghiacciosotto le punte. Su neve molle bisogna fare atten-zione ai pericolosi zoccoli di neve che potrebberoformarsi sotto i ramponi, soprattutto in discesa.Essi si eliminano dando un colpetto sullo scarpo-ne con la piccozza; su pendio più ripido, dove lapiccozza è impegnata per assicurazione, lo zocco-lo può essere rimosso battendo il rampone delloscarpone con lo zoccolo sul tallone dell’altro scar-pone appoggiato a terra. In genere su neve mollenon si calzano i ramponi, ma può capitare chequesto tipo di neve ricopra uno strato di ghiacciosu cui questi attrezzi sono indispensabili. È tutta-via vivamente consigliato applicare sotto i ram-poni delle placche in gomma antizoccolo: siaumenta notevolmente la sicurezza nella progres-sione e si evita una costante e fastidiosa operazio-ne di rimozione del blocco di neve. Spesso que-sto placche presentano sagome diverse a secondadel tipo di rampone.Nella tecnica individuale di progressione con iramponi si applicano due tecniche fondamentalidefinite come “punte a piatto” e “punte avanti”.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-53 Zoccolo

C05-54 Antizoccolo

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Ramponi con punte a piattoVengono utilizzate tutte le punte e quindi i ram-poni devono essere disposti in modo da appog-giare completamente sul pendio (a piatto). Èimportante che tutte le punte dei ramponi mor-dano efficacemente il pendio per garantire lamigliore stabilità. Tale tecnica è poco istintiva,ma rappresenta la tecnica base da utilizzare supendenze non particolarmente forti ed è quindiessenziale padroneggiarla completamente.Richiede una notevole mobilità articolare di cavi-glie, ginocchia e molta pratica.Nella figura C05-55 è mostrato un ramponeinfisso correttamente, mentre in figura C05-56 siosserva un rampone piantato su un pendio con lesole punte interne e insufficiente mobilità dicaviglia e ginocchia.

Ramponi con punte avanti (progres-sione frontale)Le punte frontali dei ramponi devono morderesimultaneamente il ghiaccio. Per ottenere questoè opportuno tenere i talloni lievemente più bassidelle punte e le ginocchia abbastanza flesse, con-sentendo agli arti inferiori di assumere una posi-zione elastica e non rigida. Conviene piantare iramponi con un unico colpo ben assestato e cari-care poi progressivamente il piede, per saggiarnela tenuta. Nella figura C05-57 è mostrata la posi-zione “base” corretta in cui il tallone si trova lie-vemente più basso delle punte frontali, caviglie eginocchia leggermente flesse.La posizione scorretta, con il tallone troppo alto,produce affaticamento dei polpacci e comportarischio di fuoriuscita delle punte frontali qualora lapunta dello scarpone faccia leva contro la parete.

C05-55 Punte a piatto

C05-56 Piatto scorretto

NO

C05-57 Punte frontali

C05-58 Punte frontali scorrette

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

NO

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C05-62 Trazione

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C05-59 Appoggio verticale

C05-61 Appoggio verticale due mani

Impiego della piccozzaA seconda dell’inclinazione del pendio e dellaconsistenza del terreno (neve oppure ghiaccio) lapiccozza può essere usata in vari modi:a) in appoggio verticale: si impugna la piccozzacon la mano a monte, la becca in avanti, palmodella mano sulla testa, dragonne chiusa sul polso.Si affonda il puntale nella neve e l’attrezzo vieneadoperato come un bastone. Questa tecnica siapplica su pendenze medie in progressione siadiagonale che fronte al pendio, salita e discesa;b) in appoggio di becca: si impugna la piccozzasopra la testa con il palmo della mano appoggia-to sulla paletta, la becca si trova in avanti infissanel pendio e il puntale si appoggia sul terrenocome un bastone. Questa tecnica si applica suneve compatta o ghiaccio e pendio ripido, inprogressione fronte al pendio;c) in appoggio verticale con entrambe le maniche impugnano la becca e la paletta: si affonda ilpiù possibile il manico nella neve davanti alcorpo per evitare il braccio di leva. Questa tecni-ca si applica su neve profonda e su pendio ripido,in progressione fronte al pendio;d) in trazione, impugnando la piccozza come

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-63 Appoggio trazione

C05-60 Appoggio di becca

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nella tecnica piolet-traction. Questa tecnica siapplica su neve dura o ghiaccio e pendio ripido,in progressione fronte al pendio;e) in appoggio-trazione, impugnando la piccozzatra manico e testa e piantando sempre la beccanel pendio. Questa tecnica si applica su nevedura o ghiaccio e pendio ripido, in progressionefronte al pendio in salita, discesa e in traversata.

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

Esercizio 10: salita diagonale coninclinazione fino a circa 30° su nevedura o ghiaccio – con ramponi e pic-cozza (oppure bastoncini da sci)Si procede camminando in diagonale, fianco alpendio, cambiando frequentemente direzione. Ilpiede a monte viene appoggiato seguendo la dire-zione del movimento, mentre il piede a valledeve avere la punta rivolta verso il basso, tantopiù marcatamente quanto maggiore è l'inclina-zione del pendio. I ramponi vengono utilizzatientrambi “punte a piatto”: le punte vanno pian-tate contemporaneamente evitando la rullata tal-lone-punta ed effettuando una torsione lateraledelle caviglie. La piccozza è impugnata con lamano a monte e usata in appoggio verticale.

C05-64 E10 Diagonale ramponi - a

C05-65 E10 Diagonale ramponi - b

C05-66 E10Diagonale ramponi - c

C05-67 E10 Diagonale ramponi - d

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In sostituzione della piccozza risultano utilianche i bastoncini da sci.

Movimento simultaneo Con adeguata esperienza si può effettuare unaprogressione simultanea spostando contempora-neamente la piccozza e la gamba opposta. Si parte dalla posizione di base (vedi figura C05-64). Si muovono simultaneamente la mano amonte e il piede a valle (vedi figura C05-65 incui si evidenziano due arti opposti sollevati) equindi si appoggiano i due arti. Si ritorna in posi-zione base spostando il piede a monte.

Movimento non simultaneoQuando il terreno invece richiede un movimen-to preciso si procede in modo non simultaneo ead ogni spostamento di piccozza si effettuerannodue passi. Nella figura C05-68 è mostrata la posi-zione di base, mentre in figura C05-69 si notache l’alpinista ha spostato più avanti la piccozza.La figura C05-70 fa vedere l’avanzamento delpiede a valle. Invece nella figura C05-71 è evi-denziato un movimento ad ambio da evitare:infatti sia la mano che il piede che stanno amonte sono sollevati.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-68 E10Diagonale ramponi ns - a

C05-69 E10Diagonale ramponi ns - b

C05-70 E10Diagonale ramponi ns - c

C05-71 E10Ambio da evitare

Quando il terreno invecerichiede un movimentopreciso si procede inmodo non simultaneo ead ogni spostamento dipiccozza si effettuerannodue passi.

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Esercizio 11: inversione di marciacon ramponiIl movimento è simile a quello già descrittonell’inversione di marcia dalla diagonale senzaramponi (esercizio 4). Bisogna eseguire spessol’inversione di marcia sia perché costretti dalterreno sia per alternare lo sforzo delle caviglie.Le figure che seguono illustrano le fasi dell’in-versione di marcia, iniziando i movimenti dadestra verso sinistra.1) si inizia dalla posizione di base: piccozza egamba opposta arretrati e piede a monte avan-zato (figura C05-72)2) dalla posizione base, con piccozza piantatain appoggio, ruotare il piede a valle e piantareil rampone “punte avanti” all’altezza dell’altropiede (figura C05-73)3) impugnare con entrambe le mani la testadella piccozza e posizionare il piede interno allacurva “punte avanti” alla stessa altezza dell’altro(figura C05-74). Vedere nota.

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

C05-72 E11 Inversione ramponi - a

C05-74 E11Inversione ramponi - c

C05-73 E11 Inversione ramponi - b

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4) eseguire il cambio del lacciolo, orientare ilbusto verso la direzione di marcia e spostare ilpiede esterno alla curva in avanti; si ritorna cosìalla posizione di base (figura C05-76)

Nota: per alpinisti di buone capacità, una voltaimpugnata con entrambe le mani la piccozza, sipuò passare dalla posizione di figura C05-73 aquella di figura C05-75 “saltando” la fase difigura C05-74: si posiziona direttamente ilrampone “punte a piatto” verso la direzione dimarcia e si sceglie un’altezza adeguata alla pen-denza e alla durezza del ghiaccio.

Il movimento di inversione è valido sia perla progressione in diagonale sia per l’effet-tuazione del passo incrociato descritto nel-l’esercizio successivo.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-75 E11 Inversione ramponi - d

C05-76 E11 Inversione ramponi - e

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Esercizio 12: salita diagonale “passoincrociato” con inclinazione fino30°/35° su neve dura o ghiaccio –con ramponi e piccozza Il movimento è simile a quello mostrato nell’e-sercizio 4 eseguito senza ramponi, tuttavia conl’accortezza di tenere il piede a valle con lapunta rivolta verso il basso, tanto più marca-tamente quanto maggiore è l'inclinazione delpendio. Si procede diagonalmente, fianco alpendio, con piccozza in appoggio verticaleimpugnata sulla testa con la mano a monte.Partendo dalla posizione di base della diagona-le, il passo incrociato consiste nel tener fermo ilpiede a monte, innalzare il piede a valle e facen-dogli compiere una rotazione verso l’esterno,posizionarlo sopra l’altro piede con la puntarivolta verso il basso. Si ribadisce che i rampo-ni sono entrambi utilizzati “punte a piatto”eche il piede a valle, al termine dell’incrocio,deve posizionarsi con la punta rivolta verso ilbasso in modo da far aderire al terreno tutte lepunte dei ramponi.

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

C05-77 E12 Incrociato ramponi -a

C05-78 E12 Incrociato ramponi - b

C05-79 E12Incrociato ramponi - c

C05-80 E12 Incrociato ramponi - d

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Il passo incrociato eseguito in modo simulta-neo prevede:1) dalla posizione di base caricare il peso sulpiede a monte (vedi figura C05-77)2) sollevare contemporaneamente la piccozza(mano dx) e il piede a valle (piede sx) che ese-gue l’incrocio (nella figura C05-78 si notanogli arti alzati)3) una volta posizionati i due arti (vedi figuraC05-79), spostare il piede dx a monte e fareeventualmente una pausa (vedi figura C05-80);si è così ritornati alla posizione base.I movimenti del passo incrociato eseguito inmodo non simultaneo sono simili a quellivisti nell’esercizio 5 considerando gli accorgi-menti, già citati, legati all’uso dei ramponi. Siparte dalla posizione base di salita diagonale, sisposta la piccozza e si eseguono due passi. Lasalita viene descritta da destra a sinistra muo-vendo un arto alla volta:1) la figura C05-81 mostra la posizione base 2) si pianta in avanti la piccozza e successiva-mente si sposta il piede a valle (vedi figuraC05-82) 3) il piede a valle (il sinistro nella figura C05-83)

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-81 E12 Incrociato ramponi ns - a

C05-82 E12Incrociato ramponi ns - b

C05-83 E12 Incrociato ramponi ns - c

C05-84 E12 Incrociato ramponi ns - d

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effettua l’incrocio e si posiziona con la puntarivolta verso il basso 4) infine si colloca il piede a monte (il destronella figura C05-84).

Note:- nella fase di incrocio non bisogna commette-re l’errore di appoggiare solo la fila esterna dellepunte dei ramponi del piede a monte; ciò sipuò correggere portando più a valle il ginoc-chio del piede che sta a monte.- in questa progressione si possono usare anchei bastoncini da sci.- nel caso si indossino ghette poco aderentibisogna fare attenzione ad evitare il rampona-mento delle gambe che potrebbero causareanche una possibile perdita di equilibrio.- per l’inversione di marcia si veda l’esercizio n° 11.

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

Esercizio 13: salita faccia a montediretta “passo misto” con inclinazio-ne fino a 45°/50° su neve dura oghiaccio, con ramponi e piccozzaSi procede faccia a monte lungo la linea di mas-sima pendenza. Un piede utilizza il rampone“punte avanti”, l'altro “punte a piatto”, da cuila denominazione “passo misto”. La posizione di base (vedi figura C05-85) pre-vede: un piede va tenuto con le punte a piattomentre l’altro piede va utilizzato con le punteavanti; inoltre la piccozza, per favorire l’equili-brio, va tenuta dalla mano corrispondente alpiede punte avanti.

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La successione dei movimenti può essere ese-guita spostando la piccozza ed effettuando duepassi:a) posizione base (vedi figura C05-85)b) spostare in avanti la piccozza (vedi figuraC05-86)c) portare gradualmente il peso del corpo sul piedepunte avanti e innalzare il piede a valle (ramponesx “punte a piatto”) (vedi figura C05-87)d) spostare quindi gradualmente il peso delcorpo sul piede sx “punte a piatto” e innalzareil piede dx punte avanti. La piccozza può essere usata: a)in appoggio ver-ticale b)in appoggio di becca c) in trazione d)inappoggio-trazione (vedi figure di pagina 23).L’esercizio consente di far riposare il polpacciodel piede impiegato punte a piatto; per evitareeccessivo affaticamento è opportuno scambiareogni tanto la funzione dei piedi, cambiandocorrispondentemente la mano che impugna lapiccozza.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-85 E13 Passo misto - a C05-86 E13 Passo misto - b C05-87 E13 Passo misto - c

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Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

Esercizio 14: salita faccia a montediretta “punte avanti” con inclina-zione fino a 45°/50° su neve dura oghiaccio - con ramponi e piccozzaSi procede sempre fronte al pendio lungo lalinea di massima pendenza.Entrambi i piedi vengono utilizzati “punteavanti”.La piccozza, impugnata con una mano, puòessere usata:a) in appoggio-trazione, impugnando la pic-cozza tra manico e testa e piantando sempre labecca nel pendio (vedi figura C05-63)b) in trazione, impugnando la piccozza comenella tecnica piolet-traction (vedi figura C05-62)A volte per superare brevi tratti ripidi e dispo-nendo della sola piccozza è utile ricavare con lapaletta delle fossette sul pendio, dette in gergo“acquasantiere”, per creare un appiglio per lamano libera e quindi facilitare il movimento.La posizione di base (vedi figura C05-89) èquella tipica della progressione incrociata equindi ad esempio mano destra (che tiene lapiccozza in trazione) e piede sinistro alti; piededestro basso e mano sinistra appoggiata su unatacca del pendio e in posizione abbassata. Si inizia a spostare l’arto più lontano dalla dire-zione di marcia. La successione dei movimenti, che prevedeanche la preparazione di acquasantiere per farappoggiare la mano libera, è la seguente:1) realizzare una tacca per la mano in appoggioe riposizionare la piccozza in alto (vedi figuraC05-89: mano destra con piccozza)

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C05-88 Acquasantiera

A volte per superarebrevi tratti ripidi edisponendo della solapiccozza è utile ricavarecon la paletta delle fos-sette sul pendio, dette ingergo “acquasantiere”,per creare un appiglioper la mano libera equindi facilitare il movi-mento.

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Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

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2) salire con il piede destro (vedi figura C05-91)3) muovere la mano sinistra (che va ad utilizza-re la tacca)4) salire con il piede sinistro(vedi figura C05-92)5) muovere la mano destra che impugna la pic-cozza (vedi figura C05-92)6) realizzare una nuova tacca, riposizionare lapiccozza e riprendere dal punto 2

C05-89 E14 Diretta avanti - a C05-90 E14 Diretta avanti - b

C05-91 E14 Diretta avanti - c C05-92 E14 Diretta avanti - d

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C05-95 Cordini troppo lunghi

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Esercizio 15: discesa diretta faccia avalle con inclinazione fino a 25-30°su neve dura o ghiaccio - con rampo-ni e piccozza (oppure bastoncini)Su pendio che presenta inclinazione modesta siscende direttamente faccia a valle, con legambe leggermente divaricate per ridurre ilpericolo di inciampare e si utilizzano i rampo-ni “punte a piatto” (vedi figura C05-93).Le punte dei piedi vanno tenute tendenzial-mente parallele alla linea di massima pendenza,né aperte né chiuse evitando il movimentotacco-punta (rullata); divaricando i piedi (a“papera”) si compromette l’equilibrio perché sicontrasta poco la forza di gravità che spinge inavanti. Prima di alzare un piede bisogna spo-stare il peso del corpo sull’altra gamba e suc-cessivamente il rampone scarico va appoggiatocon energia sul terreno: in altre parole al movi-mento dei piedi si accompagna il movimentodel corpo, che viene a gravare alternativamentesull'uno e sull'altro piede (vedi figura C05-94). Ad ogni passo conviene alzare bene il piede perevitare che le punte dei ramponi tocchino lasuperficie. Il corpo va tenuto raccolto, con legambe tanto più flesse quanto maggiore è l'in-clinazione del pendio, in modo da abbassare ilpiù possibile il baricentro, per ottenere unamigliore condizione di equilibrio. La piccozzaviene tenuta orizzontalmente davanti al torace,impugnata appena sopra il puntale con lamano infilata nel lacciolo e sopra la testa conl'altra mano, già in posizione per mettere inatto l'autoarresto in caso di caduta (vedi eserci-zio 22). La piccozza si può tenere anche inappoggio verticale con la becca rivolta all'indie-

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

C05-93 Piedi quasi paralleli

C05-94 Alternare il peso

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Esercizio 16: discesa diagonale fian-co al pendio con inclinazione fino a25°/30° su neve dura o ghiaccio –con ramponi e piccozza (oppurebastoncini)Il movimento è simile a quello mostrato nell’e-sercizio 10 (salita diagonale) eseguito tuttaviain questo caso a ritroso; la progressione indiscesa viene descritta camminando da destraverso sinistra guardando il pendio dall’alto. Il piede a monte viene appoggiato seguendo ladirezione del movimento, mentre il piede avalle deve avere la punta rivolta verso il basso,tanto più marcatamente quanto maggiore èl'inclinazione del pendio. I ramponi vengonoutilizzati entrambi “punte a piatto”: le puntevanno piantate contemporaneamente evitandola rullata tallone-punta ed effettuando una tor-sione laterale di ginocchia e caviglie. La piccoz-za è impugnata con la mano a monte e usata inappoggio verticale. In sostituzione della piccoz-za risultano utili anche i bastoncini da sci.

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tro, verso il pendio. È importante coordinarebene il cambio del peso sui piedi in modo chequando si pianta il rampone il piede non vadasolo in appoggio ma venga gravato del peso delcorpo; in questo modo si imprime un colposecco.È importante non avere rinvii o cordini appesiall’imbracatura troppo lunghi, per non correreil rischio di agganciare tale materiale con lepunte dei ramponi. La figura C05-95 mostraun esempio da non seguire.Bisogna evitare che il materiale possa intralcia-re il movimento.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-96 E16 Discesa diagonale ramponi - a

C05-97 E16 Discesa diagonale ramponi - b

C05-98 E16 Discesa diagonale ramponi - c

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Movimento simultaneoCon adeguata esperienza si può effettuare unaprogressione simultanea spostando contempo-raneamente la piccozza e la gamba opposta. La sequenza dei movimenti è la seguente:1) posizione base (vedi figura C05-96) 2) sollevare i due arti opposti (vedi figura C05-97)3) far penetrare in modo deciso i ramponi nelghiaccio utilizzando il peso del corpo. Nellafigura C05-98 il peso si trova in equilibrio sullagamba sinistra mentre la destra rimane rilassa-ta fino al momento dell’impatto con il ghiaccio.

Movimento non simultaneoQuando il terreno richiede un movimento pre-ciso si procede invece in modo non simultaneoe ad ogni spostamento di piccozza si effettue-ranno due passi. Per mantenere lo schemaincrociato si inizia con la piccozza piantata amonte e con il piede opposto (quello a valle) inavanti. Pertanto a) si sposta la piccozza b) simuove il piede a valle (figure C05-99 e C05-100) e c) si richiama l’altro piede, tornando inposizione base (figura C05-101)

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

C05-99 E16 Discesa diagonale ramponi ns - a

C05-100 E16 Discesa diagonale ramponi ns - b

C05-101 E16Discesa diagonale ramponi ns - c

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4

6

81

3

5

7

piede sx

piede dx posizionedi partenza

SEQUENZA DELLEPOSIZIONI DEI PIEDI

R

D

R

direzione di marcia

237

Esercizio 17: discesa diagonale fian-co al pendio “mezzo passo” coninclinazione fino 35°/40° su nevedura o ghiaccio – con ramponi e pic-cozzaPer scendere brevi tratti ripidi, si può procederediagonalmente, fianco al pendio, utilizzando iramponi “punte a piatto” e ponendo il piede amonte sempre in corrispondenza dell'improntafatta precedentemente da quello a valle (figuraC05-102). Tale progressione viene denominata“Mezzo Passo”.La piccozza può essere utilizzata o in appoggioverticale impugnata con la mano a monte, oppu-re tenuta orizzontalmente davanti al bacino (vedifigura C05-93), eventualmente appoggiando ilpuntale al pendio per maggiore equilibrio.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-102 E17 Mezzo passoschema

DISCESA CON RAMPONI:diagonalmente fianco al pendio mezzo passo

2

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È possibile adottare questa tecnica anche supendenza media. Il movimento degli arti infe-riori si articola in una successione di due fasi:raccolta (R) e distensione (D) che si alternanocon continuità. Dalla posizione di raccolta R, in cui i piedi sitrovano vicini compatibilmente con un sicuroequilibrio (vedi figura C05-103), si abbassa ilpiede a valle, mantenendo il busto sostanzial-mente eretto, effettuando così una distensioneverso il basso D (vedi figura C05-104). Si raccoglie il piede a monte R (vedi figuraC05-105) e infine si ritorna nella posizione dipartenza (vedi figura C05-106). I ramponi vengono utilizzati ambedue “punte apiatto” quello a monte in posizione quasi oriz-zontale, quello a valle con la punta sempre piùo meno marcatamente rivolta verso il basso. Inogni fase di raccolta il piede a monte vieneposto circa in corrispondenza dell'orma lascia-ta precedentemente da quello a valle. La lineadi discesa non segue la massima pendenza, maè diagonale (fianco al pendio) e ciò comportaun frequente cambio di direzione.

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

C05-103 E17Mezzo passo - a

C05-104 E17 Mezzo passo - b

C05-105 E17 Mezzo passo - c

C05-106 E17 Mezzo passo - d

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Esercizio 18: discesa faccia a montediretta “punte avanti” con inclina-zione fino a 40°/45° su neve dura oghiaccio - con ramponi e piccozzaIl movimento su pendio ripido in discesa èsimile a quello mostrato nell’esercizio 14 (sali-ta faccia a monte) eseguito tuttavia in questocaso a ritroso. Si procede sempre fronte al pen-dio lungo la linea di massima pendenza.Entrambi i piedi vengono utilizzati “punteavanti”. Tuttavia in discesa la progressionerisulta più impegnativa di quella in salita siaperché bisogna utilizzare bene i ramponi e ilbilanciamento del peso sui piedi sia perché èabbastanza difficile ricavare con la piccozza leacquasantiere da impiegare con la mano libera.La piccozza, impugnata con una mano, puòessere usata:a) in appoggio-trazione, impugnando la pic-cozza tra manico e testa e piantando sempre labecca nel pendio (vedi figura C05-63)b) in trazione, (vedi figura C05-62)La posizione di base è quella tipica della pro-gressione incrociata e quindi ad esempio manodestra (che tiene la piccozza in appoggio-tra-zione) e piede sinistro alti; piede destro basso emano sinistra appoggiata sul pendio e in posi-zione abbassata. Si inizia a spostare l’arto piùlontano dalla direzione di marcia (fig.C05-107).La successione dei movimenti è la seguente:1) caricare il peso su entrambi i piedi e abbassarela piccozza (mano destra) (vedi figura C05-108)2) portare il peso sul piede destro, piantare piùin basso il rampone sinistro e accertarne latenuta (figura C05-109)

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

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3) abbassare la mano sinistra (figura C05-110)4) portare il peso sul piede sinistro, piantare più inbasso il rampone destro e accertarne la tenuta. (Siritorna alla posizione di figura C05-107).

Esercizio 19: traversata faccia amonte con inclinazione di 40°/45°su ghiaccio con ramponi e piccozzaA volte è necessario eseguire dei brevi traversisu pendio ghiacciato e ripido disponendo deiramponi e di un solo attrezzo. Per migliorare lastabilità è opportuno muovere un arto allavolta e realizzare delle acquasantiere che ver-ranno utilizzate dalla mano libera. Queste tac-che devono essere conformate in maniera daavere un invito a bordo il più possibile netto eun poco rilevato in modo da costituire un appi-glio sufficientemente comodo e sicuro.Questo esercizio rispetto a tutti i precedentiutilizza come schema motorio la progressionefondamentale e non quella incrociata: cioènella traversata si spostano prima le mani e poii piedi (schema omologo).

C05-107 E18 Discesa faccia a monte ramponi - a

C05-108 E18 Discesa faccia a monte ramponi - b

C05-109 E18 Discesafaccia a monte ramponi - c

C05-110 E18 Discesa faccia a monte ramponi - d

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

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C05-112 Traverso schemi d e f

D E F

Ipotizzando la traversata da sinistra a destra:- con la piccozza, impugnata con la manodestra, scavare nel ghiaccio una prima taccaall’altezza della spalla sinistra e una secondaall’altezza della spalla destra - nella posizione di partenza, fronte alla parete,la mano sinistra utilizza la tacca, la piccozza èpiantata poco più in alto della testa, circa soprala spalla; le gambe sono divaricate e i ramponisono infissi punte avanti (figura C05-111a efoto C05-113)

- si inizia a spostare l’arto più lontano e quindila mano sinistra viene collocata sulla secondatacca (figura C05-111b e foto C05-114)- viene realizzata una terza tacca alla distanza dicirca 50 cm e quindi si pianta la piccozza più adestra (figura C05-111c e foto C05-115)

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-111 Traverso schemi a b c

a b c

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- portare il peso sul piede destro e spostare ilpiede sinistro verso destra tenendo fermi glialtri arti (figura C05-112d e foto C05-116)- portare il peso sul piede sinistro e spostare ilpiede destro verso destra tenendo fermi gli altriarti (figura C05-112e e foto C05-117)- realizzare una tacca alla distanza di circa 50cm e posizionare vicino la piccozza. Si ritornanella posizione di base (figura C05-112f e fotoC05-118).

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

C05-113 E19 Traverso - a C05-115 E19 Traverso - cC05-114 E19 Traverso - b

C05-116 E19 Traverso - d C05-118 E19 Traverso - fC05-117 E19 Traverso - e

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GRADINAMENTO

Il termine “gradino” sta a indicare una interru-zione dell’uniformità del pendio di dimensionitali da poter essere utilizzata come appoggioper i piedi (scarponi con o senza ramponi); inrari casi può trovarsi preesistente sul terreno,ma solitamente viene ricavato adoperando lapiccozza, che dovrà essere ovviamente di tipoclassico.Il gradinamento, inteso come tecnica di pro-gressione, è oggi completamente superatocome risultato dell'evoluzione di più moderneed efficienti tecniche che sfruttano l'attualedisponibilità di attrezzi tecnicamente avanzati.D'altro canto esso si applica ancora in condi-zioni particolari o di emergenza: ad esempioquando si verifica la rottura o la perdita di unrampone o di un attrezzo, o quando si devesuperare un breve tratto ghiacciato e si reputavantaggioso non calzare i ramponi. Il taglio delgradino si rende allora necessario per non com-promettere la propria stabilità e a sicurezzadella progressione. Con la piccozza classica il gradino si ricava conle seguenti operazioni:1) incidere la base con una serie di colpi daticon la becca procedendo dall’interno verso l’e-sterno onde ottenere prima un’ incisione oriz-zontale;2) rompere il ghiaccio dall’alto al basso con labecca in modo da ottenere un gradino;3) pulire e sistemare il gradino abbozzato con lapaletta in modo da creare un piano sufficiente-mente regolare di appoggio destinato a ospitare

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-119 Gradino per tutta la suola

C05-120 Gradino per tutta la suola

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la pianta dello scarpone, con o senza rampone.Impugnando saldamente la piccozza e utiliz-zando sempre il braccio a valle, si ricava ognigradino iniziando dal punto più vicino e ter-minando nel punto più lontano nei senso dellaprogressione, consentendo un considerevolerisparmio di energia. Per gradinare in sicurezzaè fondamentale assumere una corretta posizio-ne di equilibrio, con il corpo verticale, utiliz-zando con la mano libera un appiglio, in gene-re una tacca precedentemente ricavata. La pic-cozza, impugnata all'estremità dei manico,vicino al puntale, deve essere assicurata al polsocon il lacciolo.Si fa notare che uno scarpone privo di rampo-ne garantisce l’equilibrio anche se appoggia inparte sulla superficie del gradino; diversamenteuno scarpone munito di rampone deve appog-giare tutte le punte a piatto sul gradino. Con l’utilizzo di un solo attrezzo (piccozza) glistessi gradini si possono a volte usare in discesaanche come appigli per le mani, ma è solita-mente più sicuro utilizzare delle apposite tac-che. Le cosiddette “acquasantiere” già viste nel-l’esercizio 11 si ricavano per mezzo della palet-ta della piccozza, dando colpi dall’alto verso ilbasso con una leggera rotazione del manicoverso l'esterno per favorire l'asportazione delghiaccio; nel caso di ghiaccio duro può esserenecessario utilizzare anche la becca. È opportu-no che la tacca possieda un bordo o invito bendefinito e un poco rilevato per renderne piùsicura l'utilizzazione quale appiglio e le suedimensioni devono essere tali da ospitarecomodamente le dita della mano.

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

Per gradinare in sicurez-za è fondamentale assu-mere una corretta posi-zione di equilibrio, conil corpo verticale, utiliz-zando con la mano libe-ra un appiglio, in genereuna tacca precedente-mente ricavata. La pic-cozza, impugnata all'e-stremità dei manico,vicino al puntale, deveessere assicurata al polsocon il lacciolo.

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Progressione con un solo ramponeDal punto di vista del tipo di progressione ven-gono segnalati alcuni casi:A. salita diagonale, passo incrociato, con gradi-no per il piede senza ramponeB. salita diagonale, passo misto, con gradinoper il piede senza ramponeC. discesa diagonale, passo misto, con gradinoper il piede senza ramponeNella progressione i gradini vanno eseguiti adue per volta e la distanza tra un gradino e ilsuccessivo è determinata dall’inclinazione delpendio nonché dalla statura della persona.Nell'eventuale utilizzo dei gradini in discesa,questi devono essere più ravvicinati; se il trattoè breve (4-5 metri) conviene scendere gradi-nando altrimenti è preferibile ricorrere allacorda doppia.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-121 Tacca e gradino

tacca gradino

Nella progressione i gra-dini vanno eseguiti a dueper volta e la distanza traun gradino e il successi-vo è determinata dall’in-clinazione del pendiononché dalla staturadella persona. Nell'eventuale utilizzodei gradini in discesa,questi devono essere piùravvicinati.

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Esercizio 20: gradinamento in salitadiagonale con un solo rampone epiccozzaPresentiamo due modi per effettuare una salitasenza un rampone: “gradinamento con passoincrociato” e “gradinamento con passo misto”.In entrambi i sistemi il movimento si sviluppain leggera diagonale fianco al pendio, ricavan-do con la piccozza impugnata con la mano avalle, un gradino ogni due passi per il piedesenza rampone, onde rendere più sicura la pro-gressione, con lo stesso attrezzo si ricavanodelle tacche per le mani.

Gradinamento in salita con passoincrociato a) Posizione di base: la piccozza viene piantatasulla parete mentre con l’altra mano ci si tienesulla tacca precedentemente ricavata; porre ilpeso del corpo sul piede privo di rampone esollevare il piede munito di rampone (ad esem-pio il piede sinistro) appoggiandolo con puntea piatto alla parete ad una altezza sufficienteper appoggiare il ginocchio dell’altra gamba sultallone, per favorire maggiore equilibrio (vedifigura C05-122)b) con la piccozza si realizza una tacca per lamano libera e successivamente si ricava un gra-dino, posto un poco più avanti e in alto rispet-to al piede munito di rampone, sufficiente-mente grande per appoggiarvi il piede privo dirampone (vedi figura C05-123) c) si pianta la piccozza nella parete e, tenendo-si alla tacca creata per la mano libera, si sollevail piede privo di rampone appoggiandolo sul

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

C05-122 E20 Gradinamento incrociato - a

C05-123 E20 Gradinamento incrociato - b

C05-124 E20 Gradinamento incrociato - c

C05-125 E20 Gradinamento incrociato - d

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gradino (vedi figura C05-124) d) caricando il proprio peso sulla gamba senzarampone si sposta nuovamente il piede conrampone effettuando un incrocio e posizionan-dolo di piatto sulla parete ad una altezza suffi-ciente per appoggiare il ginocchio a livello deltallone; si ritorna così alla posizione di parten-za (vedi figura C05-125).

Gradinamento in salita con passomistoa) Posizione di base: la piccozza viene piantatasulla parete mentre con l’altra mano ci ritienesulla tacca precedentemente ricavata; il piedemunito di rampone (ad esempio il piededestro) viene appoggiato punte avanti allaparete, mentre il piede privo di rampone vieneposto nel gradino precedentemente ricavato adun’altezza sufficiente da permettere l’appoggiodel ginocchio sul tallone per un maggiore equi-librio e stabilità b) con la piccozza si realizza in alto e avanti unanuova tacca per la mano libera ed in seguito unnuovo gradino per il piede senza rampone,posto in alto e avanti approssimativamenteall’altezza del ginocchio della gamba priva dirampone (vedi figura C05-126)c) si pianta in alto la piccozza, si pone la manolibera sulla tacca precedentemente ricavata, siporta il peso sulla gamba priva di rampone e siposiziona il piede munito di rampone con lepunte avanti (vedi figura C05-127)d) si porta il piede privo di rampone nel gradinoricavato in precedenza; una volta piantata la pic-cozza si ritorna nella posizione di partenza (vediparticolare delle gambe nella figura C05-128).

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

C05-127 E20 Gradinamento misto - b

C05-126 E20 Gradinamento misto - a

C05-128 E20 Gradinamento misto - c

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Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

Esercizio 21: gradinamento in discesadiagonale con un solo rampone e pic-cozzaIl movimento in discesa adotta il sistema di gra-dinamento con passo misto presentato in fase disalita nell’esercizio 20, con la differenza che ci simuove all’indietro.Si procede in diagonale fianco al pendio forman-do un gradino per il piede senza rampone e man-tenendo il piede munito di rampone con le puntein avanti. Questa tecnica utilizza il passo mistoperché mentre un piede utilizza un gradino e sitrova di piatto l’altro viene impiegato con lepunte avanti. Si ipotizza che manchi il rampone destro.

a. Posizione di base: la piccozza viene piantatasulla parete mentre con l’altra mano ci si tienesulla tacca precedentemente ricavata; il piedeprivo di rampone è appoggiato sul gradino rica-vato in precedenza mentre il piede dotato di ram-pone (es. piede sinistro) viene appoggiato allaparete con le punte avanti dei ramponi frontali eabbassato in modo tale da poter appoggiare ilginocchio sul tallone dell’altro piede e (foto C05-129);b. Si ricava dapprima all’altezza del viso una taccaper la mano libera e quindi ci si appoggia perricavare con la piccozza un gradino all’altezza delpiede munito di rampone (foto C05-130);c. Si pianta la piccozza e si abbassa il piede senzarampone nel gradino precedentemente ricavato d. Si abbassa il piede munito di rampone appog-giandolo punte avanti in modo tale che il ginoc-chio possa appoggiarsi al tallone dell’altro piede,C05-131 E21

Gradinamento discesa misto -c.eps

C05-129 E21 Gradinamento discesa misto -a

C05-130 E21 Gradinamento discesa misto -b.eps

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Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

Scivolata in seguito a caduta eautoarrestoIn caso di caduta o scivolata involontaria suneve o ghiaccio occorre sempre, con la massimaprontezza e prima di acquistare velocità, por-tarsi nella posizione di frenata cioè proni e conla testa verso l'alto. Questa tecnica viene definita “autoarresto”.Ciò è possibile solo con una buona pratica. Aseconda dell'attrezzatura a disposizione almomento della caduta si applica poi uno deiseguenti metodi di arresto.

Autoarresto con gli sci ai piediSe i bastoncini sono tenuti fuori dei laccioli, si

può abbassare immediatamente la mano lungol'asta del bastoncino a monte fin contro larotella e frenare premendo fortemente nellaneve la punta.Con le mani nei laccioli, si può tentare di fre-nare con le manopole, oppure si può afferrareun bastoncino subito sopra la rotella e fareazione di leva contro la neve, tirando con lamano del lacciolo e spingendo con l'altra (ilsecondo bastoncino rimane appeso al polsoinutilizzato).Quando esiste il rischio che una caduta con glisci possa avere gravi conseguenze (in discesa supendio ripido e gelato, oppure in cordata sughiacciaio) conviene tenere sempre a spallacciola piccozza in modo da poterla estrarre rapida-mente per frenare come descritto in seguito.

tornando così alla posizione di base (foto C05-131).

C05-132 E21 Gradino discesa misto -d.eps

Quando esiste il rischioche una caduta con glisci possa avere gravi con-seguenze (in discesa supendio ripido e gelato,oppure in cordata sughiacciaio) convienetenere sempre a spallac-cio la piccozza in mododa poterla estrarre rapi-damente per frenare.

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Autoarresto senza sci, né piccozza, nébastoncini, né ramponiCadendo sulla schiena su neve non dura sicerca di fermarsi saltando una o più volte inavanti e affondando i tacchi. Altrimenti occor-re girarsi proni sul pendio, staccare il bacinodal pendio e con le braccia e le gambe divarica-te cercare di frenare con le mani e la punta deipiedi (figura C05-132).

Autoarresto con piccozza e ramponiLa figura C05-133 mostra varie situazioni discivolata (di schiena, di testa, schiena e testa inbasso) e i modi per riportarsi con la faccia versoil pendio e la testa in alto. In fase di scivolatabisogna esercitare una pressione sulla beccadella piccozza posta lateralmente per imprime-re al corpo una rotazione che consente di tor-nare nella posizione base di frenata. Una voltaproni e con la testa in alto, impugnare la pic-cozza a braccia piegate con una mano tra beccoe paletta (perché non venga strappata) e l’altra

C05-132 Autoarresto senza attrezzi

Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

scivolata di schiena

scivolata di testa

1

4 5 6 7

2 3

In fase di scivolata biso-gna esercitare una pres-sione sulla becca dellapiccozza posta lateral-mente per imprimere alcorpo una rotazione checonsente di tornare nellaposizione base di frena-ta. Una volta proni e conla testa in alto, impu-gnare la piccozza a brac-cia piegate con unamano tra becco e paletta(perché non venga strap-pata) e l’altra sul manicoall’altezza del puntale. La testa della piccozzava tenuta all’altezzadella spalla per frenarecon tutto il peso delcorpo.

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sul manico all’altezza del puntale. La testa della piccozza va tenuta all’altezza dellaspalla per frenare con tutto il peso del corpo. Lamano che impugna il manico vicino al puntaledeve sporgere lateralmente dal corpo all'altezzadei fianchi per evitare pericolose ferite all'addo-me. Senza i ramponi è possibile utilizzare lepunte degli scarponi. Con i ramponi calzati bisogna avere l’avverten-za di tenere i piedi sollevati per evitare che iramponi agganciandosi nella neve faccianorimbalzare il corpo. In tutte le tecniche di progressione in cui labecca della piccozza non viene utilizzata, siconsiglia di tenerla rivolta verso il pendio, per-ché in caso di caduta la piccozza si trovi giànella posizione corretta per la frenata.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione di basesu neve e ghiaccio

scivolata di schiena

11 2 3

scivolata di testa

11 2 3 4

11 2 3 4

C05-133 Autoarresto senza attrezzi

sulla schiena a testa in basso

Con i ramponi calzatibisogna avere l’avverten-za di tenere i piedi solle-vati per evitare che iramponi agganciandosinella neve facciano rim-balzare il corpo.

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Progressione di basesu neve e ghiaccio

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Esercizio 22: scivolata intenzionale eautoarrestoLa padronanza dei metodi di “autoarresto” fannoparte della tecnica fondamentale di sicurezza sughiaccio e questa può essere acquisita solamenteattraverso una adeguata sperimentazione.In primo luogo va scelto un terreno adatto:a) Le condizioni del pendio devono essere favo-revoli: pendenze medie, assenza di rocce e cre-pacci, neve dura rammollita in superficie dal soleb) A seconda dell’esposizione del terreno: se ilpendio è breve e termina su un ampio ripiano oin un avvallamento si può evitare di legare chi siaccinge alla prova; viceversa su terreno esposto oripido bisogna assicurare chi esegue la scivolata.Vengono elencati gli esercizi che si possono ese-guire facendo riferimento alle modalità diautoarresto descritte in precedenza: 1) con gli sci e un bastoncino non vincolato alpolso dal lacciolo2) senza piccozza, senza ramponi, senza bastonci-ni nei casi:

a) scivolata di schienab) scivolata di testa

3) con piccozza e ramponia) scivolata di schienab) scivolata di testa con viso al pendioc) scivolata di schiena con testa in basso.

La figura C05-134 mostra la prima fase dellaprocedura di autoarresto: da notare i piedi solle-vati e la piccozza posizionata inizialmente sotto ilbusto. La figura C05-135 illustra la possibilitàche, una volta presa velocità la piccozza si spostiin alto e che si debba imprimere una certa forzaper non perdere l’attrezzo ed esercitare la frenata.

C05-134 Autoarresto con piccozza - a

C05-135 Autoarresto con piccozza - b

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capitolo 6

Progressione con due attrezzi eintroduzione alla “piolet-traction”

INDICE

Premessa

Uso generale degli attrezzi

Salita diretta con due attrezzi in appoggio e in appoggio -trazione

Salita diretta con due attrezzi in trazione

Utilizzo dei ramponi

Uscita da un breve tratto ripido

Progressione su pendio ripido• Esercizi 23-27

06-progressione con due 21-11-2005 9:59 Pagina 253

xl
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PREMESSA

In questa sezione si parlerà di progressione su una parete che presenta brevitratti con inclinazione non superiore ai 60°/65°, in cui si utilizzano dueattrezzi sia per appoggio che per trazione. Viene introdotta la tecnica della“piolet-traction” (trazione sugli attrezzi) per salire pendii di ghiaccio e persuperare corti salti più ripidi. I metodi di progressione su pendii e cascate dighiaccio aventi inclinazione accentuata, verticale o leggermente strapiom-banti, che richiedono l’utilizzo di attrezzatura specifica e di tecniche parti-colari, vengono trattati da una apposita pubblicazione.

Progressione con dueattrezzi e introduzione alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

SALITA DIRETTA CON DUEATTREZZI IN APPOGGIO EIN APPOGGIO - TRAZIONE

Nel capitolo 5 “Progressione di base su neve eghiaccio” si è già introdotto l’impiego della pic-cozza. In questa sezione vengono ripresi e

USO GENERALE DEGLI ATTREZZI

Per le salite su pareti di neve-ghiaccio classiche chepresentano una pendenza massima di 50°/55° e avolte brevissimi rigonfiamenti più ripidi di 60°/65°,si utilizzano due attrezzi per la progressione:a) una piccozza classica utile anche per appoggioverticale, per gradinamento e per la preparazionedi soste;b) un martello-piccozza utile anche per superarein trazione brevissimi tratti ripidi e per l’infissio-ne di chiodi da roccia e di chiodi a percussioneda ghiaccio.

C06-01 Appoggio verticale

06-progressione con due 21-11-2005 9:59 Pagina 254

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Progressione con dueattrezzi e introduzione

alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

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approfonditi gli utilizzi degli attrezzi. Essi pos-sono essere usati: in appoggio verticale, inappoggio di becca, in appoggio- trazione e intrazione.Il modo di impugnare gli attrezzi è conseguen-te all’inclinazione del pendio e alla durezza delterreno. In tutti i casi i laccioli delle piccozzedevono essere chiusi sul polso e regolati corret-tamente in modo da utilizzare gli attrezzi sia inappoggio che in trazione.Su pendenza moderata gli attrezzi vengonoimpiegati in appoggio verticale, impugnando-li sulla testa e piantandoli con le mani in modoverticale nel pendio.Quando il pendio presenta neve dura oppureghiaccio morbido è possibile utilizzare gliattrezzi in appoggio di becca e in appoggio-tra-zione.In modalità appoggio di becca il palmo dellamano appoggia sulla paletta o sul battente delmartello e si affonda nel terreno la becca,tenendo il manico quasi parallelo al pendio edil puntale in appoggio sul pendio.Con pendio più ripido si adotta la modalitàappoggio-trazione in cui gli attrezzi possonoessere impugnati tra la becca e la paletta se sitratta di piccozza, oppure tra la becca e il bat-tente se invece si dispone di un martello pic-cozza. C06-03 Appoggio trazione

C06-02 Appoggio di becca

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Progressione con dueattrezzi e introduzione alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

SALITA DIRETTA CON DUEATTREZZI IN TRAZIONE

Come si impugnano gli attrezzi Nella progressione su terreno ripido su ghiaccioduro o compatto si rende necessario l’utilizzoappropriato del lacciolo per la mano (dragonne)ed è importante impugnare il manico molto vici-no al puntale: la mano, infilata nel lacciolo,impugna il manico dell’attrezzo e l’asola vieneregolata attorno al polso tramite l’apposito scor-revole. In presenza di pendii ripidi è la tecnicapiù corretta, infatti impugnando manico e lac-ciolo contemporaneamente è necessario esercita-re con la mano una pressione assai forte onde evi-tare che lo stesso lacciolo, scivolando, provochiun allentamento della presa: l’affaticamentorisulterebbe così notevolmente superiore.

Utilizzo di un attrezzo classico da“lancio”Nel caso di attrezzi di tipo “classico”, con beccaricurva poco inclinata, il sistema articolato brac-cio, mano, piccozza ha i principali centri di rota-zione nel gomito e nel polso; un ulteriore centrodi rotazione, meno ampio, è costituito dalla spal-la. Il movimento complessivo è piuttosto ampioe l’attrezzo viene quasi “lanciato” rilasciando leg-germente il manico nel momento della battuta.

Utilizzo di un attrezzo da “aggancio”Nel caso di attrezzi a becca fortemente inclinatao a banana il centro di rotazione della spalla nonviene praticamente utilizzato. All’inizio del movi-mento tra braccio e avambraccio, come pure traavambraccio ed attrezzo è presente un angolo di

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C06-05 Impugnatura scorretta

C06-06 Attrezzo da lancio

C06-04 Impugnatura corretta

NO

06-progressione con due 21-11-2005 9:59 Pagina 256

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Progressione con dueattrezzi e introduzione

alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

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C06-07 Attrezzo da aggancio

circa 90°. Quindi, prima della battuta, spalla,braccio ed attrezzo si trovano in asse. A pochicentimetri prima dell’impatto si dovrà ruotare ilpolso per fare in modo che l’attrezzo si “agganci”alla parete; si completa l’azione esercitando unatrazione verso il basso allo scopo di far penetraremeglio la punta. Il movimento nel suo complessorisulta meno ampio e più raccolto che nel caso pre-cedente e l’attrezzo viene in pratica “agganciato”.

Battuta e tipo di ghiaccioPer piantare con precisione la becca, impugnan-do saldamente il manico, bisogna mirare a unpunto ben determinato. Questo punto sarà, pre-feribilmente, una piccola concavità o un solchet-to che incide la superficie del ghiaccio. Vannoevitate invece, per quanto possibile, le convessitàdel ghiaccio in quanto, in questo caso, la superfi-cie tende più facilmente a rompersi in scaglie. L'intensità della battuta deve essere correlata altipo di ghiaccio. Nella tipologia sotto indicataoccorre tener conto del fatto che la consistenzavaria a seconda del processo di formazione, dellaesposizione, della temperatura dell'aria, ecc.Possiamo distinguere:- ghiaccio molto duro:vetroso, trasparente, si scaglia facilmente insuperficie; in questi casi, dopo il primo colpo cherompe la superficie, è opportuno insistere nellostesso punto fino a che l'attrezzo non è penetratoin modo sicuro- ghiaccio di durezza media:bianco-azzurro, permette una buona tenuta degliattrezzi e si scaglia poco; è questa la consistenzaideale- ghiaccio poroso, opaco:

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Progressione con dueattrezzi e introduzione alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

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C06-08 Estrazione corretta

la becca si pianta bene e la progressione è di soli-to più facile; a parità di infissione la tenuta èperaltro meno buona che nel caso precedente- ghiaccio marcio, grigio/biancastro:è pericoloso, forma spesso delle corazze staccatedalla parete, che rischiano di crollare a ognimomento; bisogna procedere con estrema delica-tezza e cautela.È l'esperienza che insegna a dosare il colpo perogni tipo di ghiaccio, in modo da non sprecareinutilmente energie e da consentire sempre unagevole recupero dell'attrezzo (ricordiamo che lafase di estrazione degli attrezzi è delicata per lasicurezza e l'equilibrio).

Altezza a cui vanno piantati gli attrezziSoprattutto su inclinazioni notevoli, gli attrezzinon vanno piantati alla distanza massima con-sentita dalla distensione completa del braccio,perché, nel caso l'ancoraggio non risulti ottimaleal primo colpo, diviene molto difficile e faticosoestrarre l'attrezzo per ripiantarlo. Senza contarepoi che piantando gli attrezzi troppo in alto ci siviene a trovare col corpo troppo vicino alla pare-te in posizione innaturale e rigida.In presenza di ghiaccio scaglioso è opportuno cheil secondo di cordata utilizzi, laddove possibile,gli stessi buchi fatti dal primo.

Come si estraggono gli attrezziLa fase di estrazione degli attrezzi è delicata per lasicurezza e l’equilibrio. Soprattutto gli attrezzicon becca a banana creano spesso difficoltà diestrazione anche se l’introduzione è stata corretta(cioè non troppo profonda). La corretta tecnicadi estrazione (vedi figura C06-08) prevede:

A

B

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C06-10 Utilizzo ramponi

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caso a) il pendolamento del manico in senso ver-ticale per liberare la beccacaso b) l’applicazione di qualche colpo con lamano alla base della testa in modo da spingere ilmanico verso la parete e quindi facilitare lo sgan-ciamento.La tecnica errata e pericolosa (vedi figura C06-09)consiste nel far oscillare lateralmente il manico:ciò comporta un movimento di torsione dellabecca che ne potrebbe determinare la rottura oper lo meno lo snervamento.

Progressione con dueattrezzi e introduzione

alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

UTILIZZO DEI RAMPONI

I ramponi possono essere utilizzati con passomisto, un rampone punte avanti e l’altro punte apiatto, fino a quando le condizioni e l’inclinazio-ne del pendio lo permettono. Questo tipo di progressione, alternando la posi-zione dei due piedi, permette un defaticamentodel polpaccio relativo al piede che utilizza il ram-pone punte a piatto, richiedendo quindi unminor dispendio di energie rispetto alla progres-sione con i ramponi punte avanti.Con un ulteriore aumento della pendenza o aduna variazione della consistenza della neve oghiaccio si procederà con i ramponi punte avan-ti. Rammentiamo che l’utilizzo dei ramponipunte a piatto prevede che tutte le punte deiramponi mordano il terreno, il che richiede unabuona mobilità della caviglia. Nell’utilizzo dei ramponi punte avanti sarannosolamente le quattro punte anteriori ad essereinfisse nel terreno. Si imprime un unico colpo

NO

NO

CC06-09 Estrazione sbagliata

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USCITA DA UN BREVETRATTO RIPIDO

Una regola da tenere ben presente nell’uscita diun breve tratto ripido, quando il pendio siappoggia (diminuisce cioè bruscamente di pen-denza), è quella secondo cui non si devono maipiantare gli attrezzi nel punto di curvatura delpendio né immediatamente sopra (figura C06-11), poiché tale manovra comporterebbe conelevata probabilità la rottura e il distacco dellospigolo di ghiaccio. È invece corretto dapprimapiantare gli attrezzi sotto il punto di bruscocambiamento della pendenza, effettuare il mas-simo raccoglimento compatibile con l’equili-brio alzando i piedi e quindi piantare gli attrez-zi il più in alto possibile nel tratto a bassa incli-nazione. Nella figura C06-12 si nota il martel-lo piccozza piantato oltre il bordo mentre lapiccozza si trova sotto il bordo. Affinché il

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ben assestato ed è importante che il rampone siaperpendicolare al pendio: tale condizione vamantenuta con attenzione tenendo anche contodella conformazione locale della parete (ondula-zioni, solchi, colonne, ecc.) onde evitare situazio-ni che offrirebbero scarsa tenuta.La parte posteriore del piede va tenuta legger-mente abbassata, in modo da far mordere leseconde punte e ridurre l’affaticamento dei pol-pacci. Se, come capita ai principianti, il talloneviene tenuto alto, oltre a causare maggior fatica,può accadere che la punta dello scarpone faccialeva contro il ghiaccio, provocando la fuoriuscitadelle punte.

Progressione con dueattrezzi e introduzione alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

C06-11 Non piantare sulla curvatura

C06-12 Sopra e sotto il bordo

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Progressione con dueattrezzi e introduzione

alla “piolet-traction”

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PROGRESSIONE SU PENDIORIPIDO

In questa sezione riprendiamo i concetti di pro-gressione incrociata e progressione fondamenta-le per introdurre i successivi esercizi.

La progressione incrociata su pendioripido e ghiaccio teneroSu pendii di neve dura o di ghiaccio morbido econ adeguata esperienza si può applicare la pro-gressione incrociata privilegiando il movimen-to simultaneo. Come è stato già illustrato nelcapitolo precedente, questa tecnica è basata sulloschema motorio che riguarda le coppie di artiincrociati (ad esempio: mano destra - piede sini-stro e, viceversa, mano sinistra - piede destro).Per simultaneo si intende lo spostamento con-temporaneo degli arti incrociati in modo da farpenetrare simultaneamente gli attrezzi (degli artiincrociati) nella neve o nel ghiaccio. Si ricordiche la progressione incrociata non simultanea(muovere un arto alla volta mantenendo 3 puntifissi) è consigliabile quando è necessario essereparticolarmente prudenti su un terreno più ver-ticale o precario oppure quando si è piuttostostanchi. In questa sezione verrà presentata laprogressione incrociata con due attrezzi ese-guita in modo simultaneo. Per quanto riguar-

manico dell’attrezzo non faccia leva sul bordo,quando si esercita trazione per innalzarsi biso-gna che la mano che lo impugna si trovi appe-na sopra il bordo stesso (vedi posizione dellapiccozza nella figura C06-13).

C06-13 Evitare la leva sul bordo

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da la descrizione dei movimenti in discesa e intraversata, secondo il sistema incrociato, sirimanda il lettore al capitolo precedente. La tec-nica di discesa con due attrezzi è simile a quelladi salita eseguita tuttavia all’indietro, muovendoper primo l’arto più lontano dalla direzione dimarcia; si veda l’esercizio 18 nel quale si descri-vono i movimenti in modo non simultaneo. Latecnica da adottare in traversata, su terrenosicuro e con adeguata padronanza degliattrezzi, è quella incrociata simultanea, che pre-senta lo stesso schema motorio illustrato nell’e-sercizio 7. Se invece il pendio è ripido con ghiac-cio è preferibile adottare la progressione fonda-mentale descritta in questo capitolo.

La progressione fondamentale supendio molto ripido e ghiacciatoSu terreno ripido con ghiaccio duro si adotta laprogressione fondamentale con due appoggie con spaccata che si basa sullo schema di movi-mento omologo (prima si muovono le due manie poi i due piedi) e sull’introduzione di uno opiù passi al centro. Rispetto a quella incrociata,questa progressione è più adatta a un terreno piùripido e difficile essendo ancora più stabile esicura. La progressione fondamentale con dueappoggi va adottata su parete e può essere appli-cata in salita, in discesa e in traverso. La progres-sione fondamentale con spaccata va adottata sucamini e diedri e in questa sezione viene descrit-ta la sua applicazione in fase di salita.Per ragioni di continuità rispetto alla pro-gressione di base, illustrata nel capitolo pre-cedente, la numerazione degli esercizi ripartedal numero 23.

Progressione con dueattrezzi e introduzione alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Progressione con dueattrezzi e introduzione

alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Esercizio 23: salita diretta faccia amonte “incrociata”-su pendio ripidocon inclinazione fino a 50° su ghiac-cio morbido - con ramponi e dueattrezziSi procede fronte al pendio lungo la linea dimassima pendenza. Entrambi i piedi vengonoutilizzati “punte avanti”. Gli attrezzi possono essere utilizzati:a) in appoggio-trazioneb) in trazione La sequenza delle figure è vista da sinistra adestra e dal basso verso l’alto.La posizione di partenza è quella tipica dellaprogressione incrociata e quindi ad esempiomano destra e piede sinistro alti, piede destro emano sinistra abbassati (vedi figura C06-14). La successione dei movimenti è la seguente:1) spostare gli arti più lontani dalla direzione dimarcia e quindi innalzare la mano sinistra e ilpiede destro (vedi figura C06-15)2) piantare la piccozza e il rampone dei due artiin movimento eseguendo un solo moto conti-nuo; è importante riuscire a sfruttare l’inerziadel corpo piantando l’attrezzo e il ramponesimultaneamente (vedi figura C06-16)3) spostare in alto gli altri due arti incrociati equindi nel nostro esempio si sollevano la manodestra e il piede sinistro (vedi figura C06-17)4) piantare i due arti sollevati contemporanea-mente sfruttando il peso del corpo: si ritornacosì nella posizione base (vedi figura C06-18)Risulta di notevole aiuto effettuare una respira-zione corretta: si inspira quando si sollevano gliarti e, soprattutto su ghiaccio e neve dura, siespelle l’aria quando si piantano gli attrezzi.

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In caso di stanchezza è sufficiente inserire unapausa tra un passo e l’altro.In fase di discesa, ci si muove al contrario: dallaposizione di partenza si abbassa prima la manodestra e poi il piede sinistro. Si continua con lamano sinistra e poi con il piede destro.Come già segnalato la progressione incrociatanon simultanea è consigliabile quando è neces-sario essere particolarmente prudenti su un ter-reno più verticale o precario oppure quando siè piuttosto stanchi.

Progressione con dueattrezzi e introduzione alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

C06-18 E23 Ripido incrociata - e

C06-17 E23 Ripido incrociata - d

C06-16 E23 Ripido incrociata - c

C06-14 E23 Ripido incrociata - a

C06-15 E23Ripido incrociata - b

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Esercizio 24: salita diretta faccia amonte “fondamentale con dueappoggi” su tratto ripido con incli-nazione fino a 60°-65° su ghiaccio–con ramponi e due attrezziPer procedere su pendio di ghiaccio ripido o supe-rare un breve salto più verticale ci si muove fronteal pendio lungo la linea di massima pendenza.Entrambi i piedi vengono utilizzati “punte avanti”.Gli attrezzi sono utilizzati in trazione. Si adotta laprogressione fondamentale con due appoggi cheprevede di muovere dapprima gli arti superiori epoi quelli inferiori. Nella posizione di base (vedifigura C06-19), che deve garantire il miglior equi-librio, il minor consumo di energia e la maggiorevisibilità, si tengono i piedi sullo stesso piano,distanti fra loro un po’ più della larghezza del baci-no; le mani sono abbassate in corrispondenza deifianchi e impugnano gli attrezzi le cui becche sitrovano all’altezza delle spalle. Il bacino è accosta-to alla parete e le spalle sono rivolte all’indietro inmodo che il peso del corpo vada a gravare sui piedi.La successione dei movimenti è la seguente:1) si solleva un attrezzo e mirando ad un punto sulghiaccio lo si pianta evitando di distendere total-mente il braccio; quindi si pianta il secondo attrez-zo alla stessa altezza del primo (figura C06-20)2) prima di muovere un piede bisogna portare ilpeso sulla verticale del piede che rimane fermo:solo ora si potrà alzare il piede scarico conservan-do l’equilibrio. Nel nostro esempio si sposta ilbacino, prima all’indietro (retroversione) e quindilateralmente, in modo da gravare sul piede sini-stro; si solleva il piede destro e lo si pianta più inalto al centro a poca distanza dell’altra gamba(figura C06-21)

Progressione con dueattrezzi e introduzione

alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

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3) portare il peso sul piede al centro, alzare l’altropiede (nell’esempio quello sinistro) e posizionarloin alto leggermente divaricato (figura C06-22)4) portare il peso sul piede più alto (quello sinistro)e posizionare il piede, che era rimasto in basso alcentro, alla stessa altezza dell’altro piede e legger-mente divaricato; si abbia inoltre cura di spostareil bacino verso la parete. Si ritorna così alla posi-zione di base (figura C06-23) Si consiglia di eseguire il passo al centro con un’al-tezza ridotta: se infatti si alza troppo il piede si devericorrere eccessivamente alla trazione sulle bracciaper ritrovare l’equilibrio.

Progressione con dueattrezzi e introduzione alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

C06-19 E24 Salita due appoggi - a

C06-20 E24 Salita due appoggi - b

C06-21 E24 Salita due appoggi - c

C06-23 E24 Salita due appoggi - e

C06-22 E24 Salita due appoggi - d

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Esercizio 25: discesa diretta faccia amonte “fondamentale con dueappoggi” su tratto ripido con incli-nazione fino a 60°-65° su ghiaccio–con ramponi e due attrezziPer procedere in discesa su un pendio di ghiac-cio ripido si adotta la progressione fondamen-tale con due appoggi che prevede di muoveredapprima gli arti inferiori e poi quelli superio-ri. Ci si muove fronte al pendio lungo la lineadi massima pendenza, entrambi i piedi vengo-no utilizzati “punte avanti” e gli attrezzi sonoutilizzati in trazione. In discesa si ripetono a ritroso i movimentidescritti in fase di salita. Nella posizione di base(vedi figura C06-24) si tengono i piedi sullostesso piano, distanti fra loro un po’ più dellalarghezza del bacino; le mani sono abbassate incorrispondenza dei fianchi e impugnano gliattrezzi le cui becche si trovano all’altezza dellespalle. Il bacino è accostato alla parete e le spal-le sono rivolte all’indietro in modo che il pesodel corpo vada a gravare sui piedi. La successione dei movimenti è la seguente:1) prima di muovere un piede bisogna portareil peso sulla verticale del piede che rimanefermo: solo dopo si potrà alzare il piede scaricoconservando l’equilibrio; pertanto si sposterà ilbacino, prima all’indietro (retroversione) e poilateralmente. Nel nostro esempio il peso sulpiede sinistro, e quindi si abbassa non di moltoil piede scarico (nell’esempio quello destro) e losi posiziona al centro a poca distanza dell’altragamba (figura C06-25)2) portare ora il peso sul piede al centro, abbas-

Progressione con dueattrezzi e introduzione

alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

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sare il piede scarico e posizionarlo più sotto del-l’altro (figura C06-26)3) portare il peso sul piede più basso (quellosinistro), abbassare il piede al centro e posizio-narlo all’altezza dell’altro e leggermente divari-cato (figura C06-27)4) abbassare un attrezzo e mirando ad unpunto sul ghiaccio piantare la becca all’altezzadelle spalle; quindi piantare il secondo attrezzoalla stessa altezza del primo. Riportare il bacinoverso la parete (figura C06-28).

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Alpinismo su ghiaccio e misto

C06-27 E25 Discesa due appoggi - d

C06-24 E25Ripido incrociata - a

C06-25 E25Discesa due appoggi - b

C06-26 E25 Ripido incrociata - c

C06-28 E25Discesa due appoggi - e

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Esercizio 26: traversata faccia amonte “fondamentale con dueappoggi” su tratto ripido con incli-nazione fino a 60°-65° su ghiaccio–con ramponi e due attrezziPer effettuare una traversata su pendio ripido eghiacciato si adotta la progressione fondamen-tale con due appoggi, che prevede di muovereun arto alla volta, iniziando con i due attrezzi eproseguendo con due oppure quattro passi. Sead esempio si traversa da sinistra a destra,prima si muove la mano sini-stra e poi la destra; adottan-do il sistema a due passiseguono il piede sinistro epoi il destro. Applicandoinvece il sistema a 4 passi sispostano prima il sinistro,poi il destro, quindi nuova-mente il sinistro e infine ildestro.Nelle sequenze che seguonosi ipotizza di compiere la tra-versata da sinistra verso destra e di effettuaredue passi: 1) nella posizione di partenza, fronte alla pare-te, gli attrezzi sono piantati poco più in altodella testa, in linea verticale con le spalle; legambe sono divaricate e i ramponi sono infis-si punte avanti; il bacino è proteso verso laparete (schema C06-29 fase A e foto C06-31)2) si inizia a spostare l’arto più lontano e quin-di l’attrezzo sinistro viene posizionato davantial petto (schema C06-29 fase B e foto C06-32)3) spostare a destra l’attrezzo impugnato con la

Progressione con dueattrezzi e introduzione

alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

C06-30 E26 Traversata schemi D E

D E

A B C

C06-29 E26 Traversata schemi ABC

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mano destra (schema C06-29 fase C e fotoC06-33)4) portare il peso sul piede destro, arretrando ilbacino e spostandolo sulla verticale di questopiede, spostare il piede sinistro verso destratenendo fermi gli altri arti (figura C06-30 faseD e foto C06-34)5) analogamente portare il peso sul piede sini-stro, spostare il piede destro verso destra,tenendo fermi gli altri arti; si riavvicina il baci-no alla parete e si riassume la posizione di base(figura C06-30 fase E e foto C06-35).Durante la traversata su terreno più verticale edelicato è possibile effettuare 4 passi.

Progressione con dueattrezzi e introduzione alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

C06-31 E26 Traversata due appoggi - a

C06-32 E26 Traversata dueappoggi - b

C06-33 E26 Traversata dueappoggi - c

C06-35 E26 Traversata dueappoggi - e

C06-34 E26 Traversata dueappoggi - d

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Esercizio 27: salita diretta faccia a monte“fondamentale con spaccata” su trattoripido con inclinazione fino a 60°-65° sughiaccio – con ramponi e due attrezziPer superare brevi tratti ripidi e ghiacciati che pre-sentano canalini, svasature oppure diedri costituitida una parete di misto e da un pendio di ghiaccio,conviene adottare la progressione fondamentale conspaccata. Essa trova applicazione in tutte quellesituazioni in cui la migliore posizione di equilibrio siottiene allargando le gambe in spaccata piuttostoche tenere i piedi vicini e alla stessa altezza. È da sot-tolineare che quando ci si trova con le gambe diva-ricate, anziché sollevare alternativamente i piedirimanendo in spaccata, risulta più opportuno ese-guire con il primo piede un passo al centro e appog-giare lo scarpone un po’ più alto dell’altro; successi-vamente effettuare l’innalzamento del secondopiede sempre al centro ed infine riportarsi con ilprimo piede in spaccata. Questa tecnica ci permettedi spostare agevolmente il baricentro sopra la base diappoggio, ci consente di posizionare i ramponi conmaggior precisione e di evitare movimenti a scatti. Si ricorda inoltre di eseguire i passi intermedi conpiccole ampiezze in modo da favorire lo spostamen-to del bacino. La continuità e la fluidità del movi-mento dipende molto dal reciproco movimentodegli arti inferiori e del bacino.La progressione si sviluppa nel seguente modo:1) la posizione di base prevede di tenere le gambedivaricate e gli attrezzi piantati all’altezza dellespalle; il bacino è vicino alla parete e le spallesono protese all’indietro (figura C06-36)2) posizionare in alto e uno alla volta gli attrezzievitando di distendere troppo le braccia (figuraC06-37)

Progressione con dueattrezzi e introduzione

alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

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3) portare il peso su un piede (ad esempio il piedesinistro) arretrando il bacino e spostandolo versoquesto piede; quindi sollevare il piede scarico (ilpiede destro) (figura C06-38)4) posizionare il primo piede che si è sollevato (nel-l’esempio il destro) al centro in prossimità dell’altragamba distesa e carica; si raccomanda eseguire unmodesto innalzamento (figura C06-39)5) portare il peso su quest’ultima gamba (piededestro), con una traslazione laterale del bacino;quindi sollevare e posizionare il piede scarico (piedesinistro) al centro e più in alto (figura C06-40)6) caricare con il peso l’ultimo piede mosso (piedesinistro), con analogo movimento di bacino; quin-di divaricare la gamba scarica (piede destro) e posi-zionare il piede alla stessa altezza dell’altro; avercura di riavvicinare il bacino alla parete. Si ritornacosì nella posizione di base (figura C06-41).

Progressione con dueattrezzi e introduzione alla “piolet-traction”

Alpinismo su ghiaccio e misto

C06-36 E27 Fondamentale con spaccata - a

C06-37 E27 Fondamentale con spaccata - b

C06-38 E27 Fondamentale con spaccata - c

C06-41 E27 Fondamentale con spaccata - f

C06-40 E27 Fondamentale con spaccata - e

C06-39 E27 Fondamentale con spaccata - d

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capitolo 7

Progressione individuale su misto

INDICE

Premessa

Impiego dei ramponi su terreno misto

Baricentro e movimento naturale

La posizione di base

Il movimento in salita - arrampicata diretta

Il movimento in discesa faccia a valle

Il movimento in discesa faccia a monte e posizione inspaccata

Il movimento in traversata

La tecnica di opposizione o di sostituzione

Progressione su camino

Progressione su fessura

Progressione su diedro

Osservazioni particolari relative alla pratica dello scialpinismo

07-progressione individuale... 21-11-2005 10:03 Pagina 273

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Progressione individuale su misto

Alpinismo su ghiaccio e misto

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IMPIEGO DEI RAMPONI SUTERRENO MISTO

Per l’arrampicata su terreno misto è necessariomettere in atto una sintesi tra le tecniche diprogressione su roccia e su ghiaccio. L’uso diramponi e piccozza rende affine questa tecnicaa quella di progressione su ghiaccio, tuttavia imovimenti del corpo dell’alpinista sono piùsimili a quelli dell’arrampicata su roccia.Arrampicare su terreno misto vuol dire proce-dere su una struttura di roccia e ghiaccio, più omeno verticale, sfruttando con mani e piedi,opportunamente muniti di piccozza e rampo-ni, le asperità presentate dalla roccia e le possi-bilità di presa offerte dalla neve e dal ghiaccio.Per raggiungere un sufficiente grado di sicurez-za su questo terreno è necessari un adeguatotirocinio in ambiente che consenta di valutarela consistenza del terreno e che sviluppi la sen-sibilità sulle punte dei ramponi e l’uso degliattrezzi che assumono la funzione di vere e pro-prie terminazioni degli arti.Le asperità della roccia che consentono l'ar-rampicata sono chiamate appigli quando sonoutilizzate dalle mani in trazione, appoggi quan-do sono usate dai piedi, e talvolta dalle mani, in

PREMESSA

In questo capitolo si danno alcuni cenni sulla progressione con ramponi su ter-reno misto, costituito da strutture rocciose ricoperte in parte da neve o da ghiac-cio di basse o medie difficoltà. Per una completa trattazione del movimento inarrampicata su roccia si rimanda al manuale “Alpinismo su roccia”.

C07-01 Punte dentro fessura

C07-02 Uso laterale scorretto

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Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione individuale su misto

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C07-03 Punte a piatto C07-04 Tallone basso C07-05 Passi corti

appoggio o in spinta. Le parti di ghiaccio/nevedi adeguata consistenza possono offrire siaappoggi che appigli, a seconda che venganosfruttate con la presa dei ramponi, per i piedi,o con la piccozza, per le mani.Diamo alcuni consigli per utilizzare corretta-mente i ramponi (vedi anche il capitolo 6):• quando si utilizza il rampone “punte a piatto”fare in modo che tutte le punte aderiscano alterreno (vedi figura C07-03) ed evitare l’usodelle sole punte laterali (vedi figura C07-02)• quando si utilizza il rampone “punte avanti”fare in modo che il rampone sia perpendicola-re al pendio e il tallone leggermente abbassato(vedi figura C07-04)• sfruttare le fessure per inserire le punte (vedifigura C07-01)• non eseguire passi troppo lunghi, anzi è pre-feribile accorciare l’escursione degli arti (vedifigura C07-05)• anche quando l’appoggio presenta un’ampiasuperficie non appoggiare l’intera suola ma uti-lizzare solo la parte anteriore.

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BARICENTROE MOVIMENTO NATURALE

Risulta importante considerare che la posizionedel baricentro corporeo – coincidente all’incircacon il centro del bacino – risulta determinate aifini dell’equilibrio nell’arrampicata. Quando sicammina, avendo due punti di appoggio, perliberare il piede che dovrà eseguire il passo, biso-gna anzitutto spostare tutto il peso del corpo sulpiede appoggiato; chi arrampica si comporta inmodo analogo e per togliere il peso da un piededovrà, tenendo le spalle praticamente ferme, spo-stare il bacino sul piede che resta fermo. Inarrampicata bisogna acquisire con l’esercizio lacapacità di isolare il movimento del bacino daquello del resto del corpo. Osservando il com-portamento di una persona che affronta un ter-reno ripido e faticoso si nota che la tendenzanaturale è quella di mettere sempre i piedi su dueappoggi posti alla stessa altezza, poi spostare lemani ed effettuare due o più passi sugli appoggiseguenti; in altre parole ad uno spostamentodelle braccia seguono più movimenti dellegambe. Sono gli arti inferiori, i più forti, ad esercitare ilruolo principale, mentre gli arti superiori inter-vengono per mantenere l’equilibrio e per la ricer-ca di nuovi appigli. È importante nel movimen-to in parete utilizzare il più possibile le gambe erisparmiare l’impegno delle braccia. Nel seguitovengono illustrati alcuni movimenti fondamen-tali quali la posizione base, le progressioni suparete in salita, in discesa, in traversata e le tecni-che da applicare su camino, fessura e diedro.

Progressione individuale su misto

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione individuale su misto

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LA POSIZIONE BASE

La progressione fondamentale su parete è com-posta da una sequenza di movimenti per passa-re da una posizione base all’altra. Si tratta di una posizione statica che l'alpinistaassume quando ha bisogno di interrompere laprogressione per riposare, osservare il percorsoda seguire e studiare i movimenti successivi.La posizione base deve coincidere con unaposizione che consenta il miglior equilibrio, ilminor consumo di energia e la più ampiavisuale possibile: in altre parole questa posizio-ne garantisce la maggior sicurezza.Essa si ottiene ponendosi sul terreno con i piedisullo stesso piano, distanti tra loro circa quantola larghezza del bacino; le mani sono posiziona-te sul terreno sullo stesso piano delle spalle.Bisogna avere sempre cura di portare la mag-gior parte del peso sulla verticale dei piedi emantenere le braccia distese, portando legger-mente indietro la testa e le spalle. I piedi, sonodisposti alla stessa altezza, scostati fra di loro,con le punte rivolte alla parete e i talloni leg-germente abbassati. Le punte anteriori dei ramponi, sfruttando fes-sure e tacche della roccia o scalini e rugosità delghiaccio, assicurano il sostegno necessario all’e-quilibrio.Le articolazioni (caviglie, ginocchia, anche,schiena, spalle, ecc.) sono rilassate per diminui-re la tensione muscolare al massimo. Una respi-razione con atti completi e regolari agevola ilrilassamento ed il riposo muscolare, oltre aridurre la tensione emotiva. C07-06 La posizione base

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Progressione individuale su misto

Alpinismo su ghiaccio e misto

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IL MOVIMENTO IN SALITA(arrampicata diretta)

Dopo aver analizzato la conformazione dellaparete, si sollevano prima le mani, una pervolta, per prendere gli appigli posti al di sopradella testa, ma evitando di alzarle al punto datrovarsi completamente distesi, perché questoerrore impedirebbe di guardare in basso e divalutare dove appoggiare i piedi (vedi figuraC07-07). Quindi si comincia a muovere i piediricordando che per mantenere l’equilibrio ènecessario muovere (traslare) prima il baricen-tro sulla verticale del piede che rimane fermo espostarlo leggermente all’indietro; solo dopo sipotrà alzare l’altro piede (vedi figura C07-08).Si muove un solo arto alla volta cercando dieffettuare passi corti; in particolare il primopiede che si alza ha un’altezza ridotta e va adappoggiarsi a poca distanza dall’altra gamba.Così facendo si riduce al minimo il consumo dienergia dovuto al successivo spostamento delbacino sul piede a monte. Inoltre se esso fosseposizionato molto alto si ricorrerebbe maggior-mente alla trazione sulle braccia per poter poisollevare il corpo.Una volta eseguito il primo passo si porta ilpeso del corpo sul piede a monte e si innalza ilpiede scarico (vedi figura C07-09). Infine siriportano entrambi i piedi alla stessa altezza e siritorna in pozione base (vedi figura C07-10).Ripetendo tale sequenza nel movimento deglialtri arti, si raggiunge una nuova posizionebase. Lo sguardo precede il movimento e stabi-lisce dove devono essere spostati i piedi e le

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Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione individuale su misto

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mani. Gli spostamenti devono essere, possibil-mente, brevi, fluidi e ben calcolati, in modo dalimitare il dispendio energetico ed agevolare ilmantenimento dell’equilibrio. Agli arti superiori è demandato principalmenteil compito di mantenere l'equilibrio; su talunipassaggi e su difficoltà elevate le braccia diven-tano organi indispensabili di trazione.

C07-07 Salita -a

C07-09 Salita -c C07-10 Salita -d

C07-08 Salita -b

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Progressione individuale su misto

Alpinismo su ghiaccio e misto

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C07-13 Discesa -c

C07-11 Discesa -a C07-12 Discesa -b

IL MOVIMENTO IN DISCE-SA CON FACCIA A VALLE

Su terreno facile si scende con la faccia rivolta avalle oppure con il fianco alla parete, avendocura di poggiare, con opportuna pressione emovimento delle caviglie, tutte le punte deiramponi (ad eccezione delle anteriori).Dalla posizione base, si abbassano gli arti supe-riori uno alla volta il più possibile vicino all’al-tezza del bacino e si quindi ci si raccoglie sugliarti inferiori (vedi figure C07-11 e C07-12). Il raccoglimento consente di osservare megliodove appoggiare i piedi perché il corpo viene atrovarsi più staccato dalla parete; inoltre si ha lapossibilità di compiere con le gambe passi dimaggior ampiezza verso il basso.Nella figura C07-13 si nota l’allungamentodelle gambe per il ritorno alla posizione base.

C07-14 Discesa -d

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IL MOVIMENTO IN DISCESACON FACCIA A MONTE EPOSIZIONE IN SPACCATA

Su terreno più impegnativo si scende con la fac-cia rivolta a monte avendo cura di poggiare, conopportuna pressione e movimento delle caviglie,le punte anteriori dei ramponi.Il movimento è simile a quello visto nella sezioneprecedente, cioè dapprima ci si raccoglie abbas-sando gli arti superiori e poi si allungano legambe. In questo esempio proponiamo anche laposizione base in spaccata: spesso infatti persalire o scendere più agevolmente è opportunoallargare le gambe in spaccata. Questa posizionebase di partenza è una variante di quella fonda-mentale (piedi abbastanza vicini e alla stessaaltezza) perché le asperità del terreno offrono solodegli appoggi distanti; la spaccata viene conside-rata una posizione stabile che agevola il movi-mento delle mani e prepara ad un nuovo sposta-mento (vedi figura C07-15). Prima di spostare ilpiede bisogna ricordarsi di portare il peso sullagamba in appoggio (traslazione) e di effettuareun leggero spostamento del bacino verso l’ester-no. Quando si è nella posizione con le gambedivaricate, anziché portare subito in basso i piedi,è preferibile abbassare di poco il piede scarico eriavvicinarlo prima alla gamba in appoggio (vedifigura C07-16). Nella figura C07-17 si osserval’allungamento della seconda gamba, mentre lafigura C07-18 evidenzia il ritorno nella posizio-ne base e il successivo raccoglimento, con piediravvicinati e posti alla medesima altezza. I tallonisono bassi e il peso grava sulle punte anteriori deiramponi.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione individuale su misto

C07-15 Discesa fronte a monte -a

C07-16 Discesa fronte a monte -b

C07-17 Discesa fronte a monte -c

C07-18 Discesa fronte a monte -d

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Progressione individuale su misto

Alpinismo su ghiaccio e misto

IL MOVIMENTO IN TRAVERSATA

Su terreno di misto “delicato” è opportunoeffettuare la traversata faccia a monte, muovereun arto alla volta ed utilizzare come schemamotorio la progressione fondamentale; cosìcome illustrato nell’esercizio 19 del capitolo“progressione di base su neve e ghiaccio” si spo-stano prima le mani e poi i piedi partendo conl’arto più lontano. È inoltre importante mante-nere le punte anteriori del rampone perpendi-colari al pendio e il tallone leggermente abbas-sato. Al movimento degli arti, come nell’arrampica-ta diretta, si fa precedere uno spostamentoall’indietro ed una traslazione del bacino, nelladirezione opposta a quella dell’arto che simuove: si ottiene l’equilibrio distribuendo ilpeso sugli arti che non si muovono. L’arto chesi muove sarà “alleggerito” ed il movimentorisulterà più fluido, preciso e meno faticoso. La figura C07-19 mostra la posizione basementre la figura C07-20 illustra la traversataverso destra che inizia con lo spostamento dellamano sinistra verso la direzione di marcia.Nella figura C07-21 si osserva lo spostamentodegli arti inferiori mentre la figura C07-22ripropone la posizione base.A seconda delle caratteristiche del passaggio èanche possibile spostare lateralmente gli arti insuccessione alternata (per esempio: braccio sini-stro, gamba sinistra - braccio destro e gambadestra).

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C07-19 Traverso -a

C07-22 Traverso -d

C07-20 Traverso -b

C07-21 Traverso -c

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Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione individuale su misto

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LA TECNICA DI OPPOSIZIONE E DI SOSTITUZIONE

In alpinismo è stata introdotta la “tecnica diopposizione” intendendo un tipo di arrampica-ta che si svolge lungo due piani della paretevariamente angolati e che sfrutta le asperitàposte su piani diversi. L’uso del termine “oppo-sizione” è dovuto al fatto che l’equilibrio non èottenuto scaricando semplicemente il peso delcorpo sugli arti inferiori e facendo trazionesugli arti superiori, bensì spingendo con gli artiverso lati opposti esercitando anche delle forzeorizzontali che contribuiscono sia a mantenerel’equilibrio sia a fornire la spinta verso l’alto.Nella posizione di base generalmente gli artiinferiori, in spaccata, sfruttano asperità poste alato di ciascun piano e come sempre si devecercare di scaricare sulle gambe la maggiorparte del peso del corpo.Nella figura C07-23 viene descritta la sequenzadei movimenti per effettuare una salita. Ilmovimento, da una posizione base alla succes-siva, si attua con un raccoglimento e una suc-cessiva distensione del corpo. In questo caso sisollevano prima gli arti inferiori, poi quellisuperiori e si muove un arto alla volta. Data l’a-zione contrapposta dei due arti inferiori, perpoterne scaricare e sollevare uno, si deve sosti-tuire la spinta con quella del corrispondentearto superiore; con movimenti simmetrici deglialtri arti potremo quindi scaricare e sollevare asua volta anche il secondo arto inferiore, rag-

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giungendo infine nuovamente, con l’innalza-mento degli arti superiori, la posizione di base.Il lavoro di opposizione è sempre maggiore diquello che occorrerebbe per assicurare l'equili-brio naturale, perché la forza di gravità agiscelungo una direzione che passa all'esterno deipunti di appoggio. Questa tecnica, oltre chein parete aperta, trova la sua principale appli-cazione a particolari conformazioni rocciose,come il camino, la fessura e il diedro.

Inoltre il principio della contrapposizione delleforze può essere realizzato in altri modi: nonnecessariamente le spinte in opposizione sonosempre prodotte dagli arti inferiori e superiori,ma anche da altre forme di contrapposizionecome schiena-gambe, piede-ginocchio, ginoc-chia-schiena.Sebbene la terminologia “opposizione” non siaobsoleta, recentemente è stato introdotto il ter-

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Alpinismo su ghiaccio e misto

C07-23 Tecnica di opposizione

1 2

43

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Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione individuale su misto

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mine “sostituzione” che intende considerareanche certi movimenti che avvengono su pareteaperta. La sostituzione consiste nell’utilizzare lebraccia in pressione in obliquo verso il basso percompensare la mancanza dell’appoggio su unadelle gambe e per consentire quindi di sostitui-re il piede che deve essere alzato. La tecnica disostituzione viene riferita non solo a conforma-zioni che presentano due piani e in cui si mani-festa con molta evidenza l’azione di contrappo-sizione (camino, fessura, diedro), ma anche suparete aperta e su placca. Infatti, anche in roc-cia, senza l’uso dei ramponi e con scarpette d’a-derenza, su placca verticale, dove la trazionedelle braccia e la spinta delle gambe risultanooblique, le componenti orizzontali si oppongo-no e si annullano a vicenda e quindi si può par-lare di opposizione; di fatto sia su placca che sualtre conformazioni si utilizza spesso il terminesostituzione.

C07-24 Esempio di sostituzione

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Progressione individuale su misto

Alpinismo su ghiaccio e misto

PROGRESSIONE IN CAMINO

Il camino è una conformazione rocciosa chiusaed è formato da due piani di roccia più o menoparalleli tra loro, posti ad una distanza tale dapermettere all'alpinista di entrare con tutto ilcorpo. Esso presenta una inclinazione variabile e le suepareti possono essere ben articolate e ricche diappigli e appoggi; ciò che contraddistinguemaggiormente il camino è la distanza tra le suepareti, perché da questa dipende la tecnica disalita da adottare.Nei camini larghi si sale in spaccata frontale.L'alpinista si pone con le gambe divaricate eappoggia i piedi sulle facce opposte del camino.Le braccia sono divaricate e distese con le maniin appoggio sulle opposte pareti. Nelle figuraC07-25 è mostrata questa posizione base men-tre la figura C07-26 illustra il movimento dellagamba destra. Scaricando il peso del corpo sul-l'asse formato dal piede sinistro e dalla manoopposta (destra) si inizia il movimento innal-zando l'altro piede. Nella figura C07-27 si nota che l’alpinista haentrambi i piedi sollevati ed è ora in grado didistendere le braccia.L'esecuzione alternata di questi spostamenticonsente la progressione. Nella figura C07-28 è illustrata un’altra tecnicadi opposizione, applicabile in camini larghi,denominata sagittale. Camini più stretti si salgono facendo opposi-zione fra le mani e la schiena appoggiate alla

C07-25 Salita camino -a

C07-26 Salita camino -b

C07-27 Salita camino -c

C07-28 Sagittale

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Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione individuale su misto

roccia e i piediappoggiati in pressio-ne contro le asperitàdella parete opposta(vedi figura C07-29). Per salire si innalza ilcorpo spingendosulle mani, quindi sispostano uno allavolta i piedi spingen-do sulla schiena.

La successione di questi movimenti consenteuna progressione lenta ma continua anche sucamini stretti. Gli spostamenti devono esserebrevi e fatti in modo che non venga mai a man-care la contrapposizione di forze tra le braccia ele gambe. Il corpo si dispone fronte alla pareteche presenta più asperità. Non viene utilizzatala piccozza.

Le foto in sequenza a lato illustrano i movi-menti adottati per scendere lungo un caminolargo. La figura C07-30 mostra la posizione di par-tenza, mentre la figura C07-31 evidenzia l’ab-bassamento degli arti superiori.La figura C07-32 mostra la posizione di racco-glimento, mentre nella figura C07-33 si osser-va che la contrapposizione viene esercitata dalpiede sinistro e dalla mano destra, consentendocosì al piede sinistro di abbassarsi.

C07-29 Schiena piedi

C07-31 Discesa camino -b

C07-32 Discesa camino -c

C07-33 Discesa camino -d

C07-30 Discesa camino -a

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Progressione individuale su misto

Alpinismo su ghiaccio e misto

PROGRESSIONE IN FESSURA

La fessura è una spaccatura della roccia adandamento verticale, obliquo oppure orizzon-tale, di larghezza piuttosto limitata, tale da nonconsentire all'alpinista di entrare con tutto ilcorpo, come avviene per il camino, ma al mas-simo di sfruttarla in vario modo per salire oprocedere in traversata.Per il superamento delle fessure vengono com-binate, secondo le caratteristiche della fessurada superare, la tecnica di arrampicata diretta, latecnica di incastro e la tecnica di opposizione.La tecnica di incastro consente di ottenere l’at-trito necessario a bilanciare la forza di gravitàattraverso azioni di torsione o di espansionedelle articolazioni di mano, braccio, piede egamba, e delle punte di ramponi e piccozza, trale facce contrapposte della fessura. Per la descri-zione delle numerosi varianti che presenta que-sta tecnica si rimanda al manuale “Alpinismosu roccia”. In questa sede ci limitiamo a dare unesempio di come in fase di progressione puòessere sfruttata la fessura. Anche in questo casoviene applicata la tecnica di opposizione.Le figure C07-34 e C07-35 mostrano chefacendo opposizione sul piede sinistro e lamano destra si è potuto sollevare il piededestro.Nella figura C07-36 l’opposizione è prodottadalla mano sinistra e dal piede destro: ciò con-sente di sollevare il piede sinistro e incastrarlonella fessura come mostrato in figura C07-37.Quando la fessura presenta un labbro che offreuna buona presa per le mani è possibile adotta-

C07-34 Uso di fessura -a

C07-36 Uso di fessura -c

C07-35 Uso di fessura -b

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Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione individuale su misto

re una particolare tecnica di opposizione chia-mata “Dulfer” (vedi figura C07-38). L'alpinistaafferra con le mani il labbro della fessura edesercita una forte trazione verso di sè spingen-do con i piedi appoggiati sulle asperità dellaparete. L'innalzamento avviene mediante brevispostamenti successivi delle mani e dei piedi.Anche in questo caso è indispensabile mante-nere la costante contrapposizione di forze trabraccia e gambe al fine di non perdere l'ade-renza sulla roccia. C07-37 Uso di fessura -d

C07-38 Dulfer

PROGRESSIONE IN DIEDRO

Il diedro è formato dall'incontro di due pareti,più o meno verticali, che formano un angolodiedro concavo di varia ampiezza. Molto spes-so all'intersezione delle due pareti esiste unafessura che può offrire un'ottima presa per lemani, oppure può essere usata dagli arti infe-riori come incastro. Solitamente la progressio-ne in diedro è quella di opposizione, per cui sisfruttano gli appigli e gli appoggi posti sui duepiani di roccia: questo permette di scaricaremaggiormente il peso del corpo sugli arti infe-riori, purché si eviti di usare appoggi situatitroppo all’interno, fatto che comporterebbe unosbilanciamento del corpo ed al ricorso ad ungrosso sforzo delle braccia (vedi figura C07-39).Qualora sia più opportuno, in relazione allaconformazione della roccia, l’alpinista può sali-re lungo una delle pareti in arrampicata diretta,o comunque alternando l’arrampicata diretta C07-39 Diedro

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Progressione individuale su misto

Alpinismo su ghiaccio e misto

all’opposizione. La figura C07-40 mostra unconformazione mista costituita da un caminodiedro.

OSSERVAZIONI PARTICOLA-RI RELATIVE ALLA PRATICADELLO SCI ALPINISMO

Le tecniche di arrampicata descritte vannoapplicate a seconda delle particolari strutturerocciose che si presentano all'alpinista durantel'arrampicata. L'esperienza e il buon sensoindicheranno di volta in volta il sistema miglio-re di progressione. Le strutture di terreno mistoche più spesso si incontrano sugli itinerari scialpinistici sono creste, paretine più o menoarticolate, barriere di rocce rotte, talora solcateda canalini o da piccoli camini, sovente coper-te di neve o incrostate di vetrato. Le difficoltà,in genere, non superano mai il secondo e ilterzo grado.Un pericolo comune è rappresentato dalla cat-tiva qualità della roccia. Importante dunquesaggiare sempre appigli e appoggi e usare estre-ma cautela per non smuovere massi instabiliche potrebbero colpire i compagni di gita congravissime conseguenze. Se il passaggio puòessere superato trasportando gli sci, ciascunalpinista deve sistemarli accuratamente sulsacco fissandoli con le apposite cinghiette inmodo che, durante l'arrampicata, eventualioscillazioni o squilibri del carico non compro-mettano la stabilità e l’aderenza al terreno.

C07-40 Camino diedro

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capitolo 8

Ancoraggi

INDICE

Premessa

Ancoraggi su neve e ghiaccio • Viti e chiodi da ghiaccio• Piccozza e martello-piccozza• Ancoraggi con sci e corpi morti• Clessidra di ghiaccio (metodo “abalakov”)

Ancoraggi su roccia• Ancoraggi naturali• Chiodi da roccia• Blocchetti da incastro (regolabili e non regolabili)

Ancoraggi di sosta• Collegamento degli ancoraggi di sosta• Diagrammi degli sforzi su due ancoraggi in caso di sollecitazione

verticale verso il basso

Collegamento degli ancoraggi di sosta• Collegamento mobile in parallelo (sistema classico)• Collegamento mobile in parallelo “ad asola inglobata”• Collegamento semimobile in parallelo

Ancoraggi di calata

Ancoraggi intermedi (o di protezione)

08-Ancoraggi 21-11-2005 11:09 Pagina 291

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PREMESSA

Nella progressione in cordata su qualsiasi tipo di terreno (neve, ghiaccio, roc-cia, creste, ghiacciai, ecc.), per poter applicare le tecniche di assicurazione(vedi capitolo successivo) occorre predisporre degli ancoraggi lungo il percor-so, sui quali sostare per assicurare il compagno in movimento (ancoraggi disosta) o ai quali collegare la corda al terreno scelto per la progressione (anco-raggi intermedi). Questi ancoraggi sono altresì indispensabili per eseguirequalsiasi manovra di corda, come la corda doppia, il recupero da crepaccio,la calata di ferito. Secondo la loro costituzione, gli ancoraggi possono esserenaturali (spuntoni, clessidre di roccia, ecc.) o artificiali (piccozze, sci, chiodi,blocchetti da incastro, ecc.).Si descrivono qui di seguito i vari tipi di ancoraggio più comunemente in uso inbase al tipo di terreno (su neve e ghiaccio ovvero su roccia) ed in base al tipo diutilizzo (ancoraggi di sosta, intermedi e di calata).

Ancoraggi Alpinismo su ghiaccio e misto

ANCORAGGI SU NEVE E GHIACCIO

Viti e chiodi da ghiaccioNella pratica alpinistica si consiglia l'uso delleviti tubolari, di uso quasi universale, che nonnecessitano di martello per essere infisse. Ingenerale, le viti sono da preferire ai chiodi,anche quelli tubolari, sia per il minore impatto,in fase di infissione, sulla superficie ghiacciata,sia perché, non essendo inserite a colpi di mar-tello, risultano meno soggette a danneggiamen-ti a volte non rilevabili da un esame visivo. Le viti da ghiaccio sono costituite da un corpotubolare in titanio o acciaio speciale con un’a-nima liscia dotato in punta di elementi ditaglio, di un filetto di avvitamento sul lato

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esterno, che ne permette l’infissione a manoper avvitamento, e da un anello in titanio oleghe speciali con occhiello fissato sulla testa,che ne consente il collegamento (tramitemoschettone, cordino o fettuccia) alla corda dicordata. Alcuni tipi di viti hanno una manovella oppu-re una placchetta collegata all’occhiello che nefacilità l’avvitamento, utile soprattutto su fortidifficoltà.L'uso di viti e chiodi da ghiaccio, sebbenerichieda meno pratica dell’infissione dei chiodida roccia, richiede comunque adeguata capa-cità nell’individuare il più opportuno accop-piamento chiodo-ghiaccio. Non va infattidimenticato che la tenuta (forza di estrazione)dipende, oltre che dalle dimensioni e dalla qua-lità del materiale, anche dal tipo di ghiaccio.Molto sinteticamente, è possibile fornire leseguenti indicazioni:- con ghiaccio poroso si preferiscono viti tubo-lari più lunghe e di maggior diametro;- con ghiaccio compatto ma non fragile, vannobene tutti i tipi di viti e chiodi;- con ghiaccio fragile che si rompe in grosseplacche, è preferibile usare viti tubolari dotatedi ottima penetrazione.Si sottolinea che, su ghiaccio eccessivamenteporoso e molle, viti e chiodi non garantisconosicurezza sufficiente in quanto di lunghezzainadeguata e devono essere sostituiti con altriattrezzi (piccozze, fittoni, ecc.).La dotazione di viti e chiodi da ghiaccio peruna cordata può variare sensibilmente da caso acaso e deve essere fissata in relazione alle diffi-

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C08-01 Viti da ghiaccio a-b-c

A

B

C

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coltà e al tipo di terreno. Anche per l’attraver-samento di un ghiacciaio è opportuno che cia-scuno dei componenti la cordata abbia almenodue viti da ghiaccio (manovre di recupero). Persalite su pareti di media difficoltà e vie dimisto, la dotazione va aumentata aggiungendoviti di varie dimensioni, per far fronte a situa-zioni di ghiaccio sottile. Per salite più impe-gnative non possono essere date indicazioni aldi fuori della raccomandazione di operare scel-te attente basate sulla conoscenza del terreno esull’esperienza. Esistono in commercio viti daghiaccio di vari diametri e lunghezze. Dopoaverle estratte, soprattutto quando fa moltofreddo, è indispensabile togliere subito la caro-ta di ghiaccio che vi si forma all'interno.Sistemazione di una vite nel ghiaccio: con lapiccozza si pulisce la superficie e con la beccadella piccozza si fa un piccolo buco di invito.La vite viene sistemata in modo che il suoasse sia perpendicolare al terreno di progres-sione (90°); tuttavia esistono tipi di viti cheprevedono una infissione leggermente piùinclinata verso il basso. (controllare le eventua-li indicazioni fornite dal costruttore). Si inizia avvitando dapprima a mano, poi si uti-lizza l’apposita manovella di avvitamento. La vite va avvitata fino all'anello; se ciò nonfosse possibile, si usa un cordino per diminuireil braccio di leva. (vedi figura C08-05).

Modalità corrette e sbagliate di infis-sione delle viti da ghiaccio La vite si può avvitare con la mano diretta-mente sulla placchetta, oppure utilizzando una

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C08-02 Infissione vite

C08-03 Vite infissa

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apposita manovella, oppure impiegando comeleva un attrezzo.

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C08-05 Infissione e riduzione della leva

C08-06 Infissione -a

C08-07 Infissione -b

C08-04 Uso manovella

Piccozza e martello-piccozzaSi distinguono essenzialmente due modi dipredisporre l’ancoraggio con piccozza o martel-lo-piccozza:a) in verticale con neve compatta;b) in orizzontale con neve inconsistente (anco-raggio a T, del tipo “corpo morto”).

Vari casi con piccozza infissa in modo verticaleSu neve compatta e consistente si avvolgeintorno alla testa della piccozza un anello dicordino: il collegamento può essere eseguitosenza incrocio (figura C08-08) oppure realiz-zando un incrocio (C08-09): questo secondo

NO

NO

90°

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C08-12 Piccozza verticale

metodo riduce la possibilità che il cordino scor-ra attorno all’attrezzo.

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C08-08 –a Cordino senza incrocio C08-09 –b Cordino con incrocio

C08-11 Piccozza e inclinazione

C08-10 Cordino fissato

Su terreno quasi pianeggiante la piccozza sipianta fino alla testa, leggermente inclinatarispetto alla verticale. Su terreno ripido, la pic-cozza si pianta in un gradino in modo che risul-ti quasi parallela alla pendenza. In questo modole sollecitazioni tendono ad affondare ulterior-mente l'attrezzo. È necessario ricavare un solcodi uscita per il cordino. La piccozza deve esseretanto più lontana dall'alpinista quanto menoripido è il pendio, per ridurre al massimo l'an-golo di sollecitazione.

spiazzo per ancoraggio

linea di massima pendenza

solco di alloggiamentodel cordino

moschettone

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C08-13 Piccozza orizzontale

Linea di massimapendenza

Caso con piccozza infissa in posizio-ne orizzontaleSu neve di scarsa consistenza si scava una bucaprofonda circa 50 cm, in cui si depone la pic-cozza in posizione orizzontale con la beccainfissa sul fondo. Il cordino dell'ancoraggioviene fissato sul manico della piccozza in corri-spondenza del baricentro con un nodo barcaio-lo o bocca di lupo. Per l'uscita del cordino siscava un solco. Si copre la buca di neve com-primendola bene con i piedi. I risultati miglio-ri si ottengono con neve umida e bagnata.Anche in questo caso, quanto meno è ripido ilpendio tanto più deve essere prolungato il cor-dino dell'ancoraggio.

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Ancoraggi con sci e corpi mortiSu neve gli sci, grazie alla loro superficie mag-giore, offrono una migliore garanzia di tenutarispetto alla piccozza. A seconda della consi-stenza della neve e dell’inclinazione del pendioè possibile utilizzare in vari modi gli sci comepunto di ancoraggio: sci accoppiati e verticali,sci incrociati e verticali, sci paralleli e verticali,sci accoppiati e orizzontali. Nei primi tre casigli sci vanno infissi nella neve inclinati versomonte e il cordino dell'ancoraggio deve essereil più possibile a contatto con la superficie delterreno: tutto ciò per evitare leve negative cheriducono la tenuta dell’ancoraggio.

Sci accoppiati e verticali: si tratta del sistemapiù semplice e veloce; gli sci, che possono esse-re infossati anche fino a coprire gli attacchi,sono legati con un cordino a strozzo. Va quin-di posizionato un moschettone.

Sci incrociati: il sistema è abbastanza veloce eoffre il vantaggio di avere una maggior base diappoggio. Le tre foto mostrano le modalità diinserimento del cordino e la realizzazione del-

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C08-14 –b Sci accoppiati

C08-14 -a Sci accoppiati

C08-15 a- b- c Sci incrociati

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l’ancoraggio. Anche in questo caso gli sci pos-sono affondare nella neve fin oltre gli attacchi.

Sci paralleli e verticali: su neve di poca consi-stenza o su pendenze moderate, si piantano glisci vicini e paralleli con le solette rivolte a valle.I due bastoncini da sci vengono posizionati aridosso del puntale degli attacchi e si realizzacon un cordino un nodo a strozzo.

Sci paralleli e orizzontali: su neve moltoinconsistente o su pendenze più accentuate sidispongono gli sci legati insieme in una fossaorizzontale profonda circa 50 cm. Il cordinodell'ancoraggio viene legato in corrispondenzadegli attacchi e fuoriesce lungo un appositosolco. Gli sci vengono coperti di neve, che sicomprime bene con i piedi.

Corpi morti e fittoni: su neve di scarsa consi-stenza, oltre agli sci possono essere utilizzatitaluni attrezzi, denominati corpi morti, chegrazie alla loro estesa superficie, offrono unabuona garanzia di tenuta rispetto ai metodisinora illustrati. In particolare, risultano idonei a questo scopolarghe lastre di alluminio (corpi morti), aforma di scudo o romboidali, opportunamenteforati ad una o più estremità onde permetterneil collegamento, tramite un cavetto o un cordi-no, al moschettone di ancoraggio (da sistemaretanto più distante dal corpo morto, quantomeno inclinato è il pendio). Sono altresì utilizzabili, quali corpi morti “diemergenza”, anche le pale da neve ed alcunischienali rigidi posti internamente agli zaini.

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C08-16 a -b Sci paralleli

C08-17 Sci orizzontali

fissaggio delle code

A B

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Ovviamente l’efficace tenuta di tali sistemi diancoraggio è in diretta funzione dell’esperienza edella capacità di valutazione del terreno nevoso. Inoltre risultano utili anche fittoni da neve lun-ghi da 50 a 150 cm da utilizzare piantati osepolti come corpo morto.

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C08-19 Fittone

C08-18-a-b Corpo morto

Clessidra di ghiaccio (metodo“Abalakov”): nel caso si debba creare unancoraggio per rinforzare una sosta o effettua-re una calata, può essere realizzata una clessi-dra artificiale nella quale passare un cordino dicalata, che poi verrà abbandonato. Occorreinnanzitutto individuare una zona di ghiaccionecessariamente compatto, dove si praticheràun primo foro, tramite vite da ghiaccio tubo-lare (consigliata la lunghezza di 22 cm) su unpiano orizzontale e inclinato di 45° rispettoalla superficie (vedi C08-20, in sezione vistadall’alto).Lasciando questa vite infissa, con una secondavite praticare un altro foro sullo stesso piano, econ angolo di 45° rivolto verso il primo foro, in

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ANCORAGGI SU ROCCIA

Ancoraggi naturali (spuntoni, blocchiincastrati, strozzature, clessidre): si tratta di for-mazioni rocciose naturali la cui solidità va sem-pre verificata con la massima attenzione. Sonoutilizzabili passandovi attorno un anello(preformato o da unire con un nodo di giun-zione) di cordino o di fettuccia, avendo cura diverificare che non vi siano spigoli taglienti acontatto con l’anello medesimo, e che (in casodi spuntoni) uno strappo o una sollecitazione

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modo tale da intercettare la prima vite.Quando la seconda vite sta per incontrare laprima, estrarre quest’ultima e completare ilsecondo foro. Tolte entrambe le viti, infilare nelforo più profondo l’apposito “rampino” oppu-re un leva-nut oppure un pezzo di filo di ferroe, nell’altro foro, il cordino. Estrarre quindi ilrampino che, agganciando il cordino, lo faràfuoriuscire senza fatica. In mancanza di unattrezzo specifico si può utilizzare un cordinoin kevlar, che infilato doppio nel foro, permet-terà di far fuoriuscire il cordino da abbandonare.Annodare il cordino, ottenendo così l’ancorag-gio desiderato. La distanza tra un foro e l’altro va da un mini-mo di 10 cm a 20 cm e si impiega un cordinoda 8-9 mm di diametro. Si sottolinea che ilsistema “Abalakov” non va bene come ancorag-gio intermedio di assicurazione, mentre risultapiù adatto per calate in corda doppia; per que-sta situazione si consiglia di costruire due cles-sidre e di collegarle tra loro.

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C08-20 Abalakov costruzione

C08-21 Abalakov estrazione

C08-22 Abalakov finito

90° max

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verso l’alto non faccia fuoriuscire l'anello. Se lospuntone è arrotondato è preferibile usare unafettuccia, che consente un'aderenza migliorerispetto a corde e cordini. Le strozzature sonoformate da massi appoggiati alla parete conuno dei loro spigoli. Su formazioni calcaree ètalvolta possibile utilizzare le clessidre (forinaturali della roccia)

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C08-23 Ancoraggi naturali a-b-c-d

Chiodi da rocciaPer una trattazione completa sull’uso dei chio-di da roccia si rimanda al manuale “Alpinismosu roccia”. In questa sezione vogliamo solo for-nire delle indicazioni generali sull’impiego deichiodi da roccia che riteniamo utili nell’ambitodi una salita di ghiaccio: infatti in questo gene-re di escursioni sono presenti spesso dei trattirocciosi sui quali a volte è necessario realizzaresoste e posizionare rinvii intermedi.Per piantare un chiodo da roccia bisogna esseredotati di un martello o di un martello-piccoz-za. L'uso dei chiodi richiede notevole pratica,sia nella scelta della forma e del tipo di metal-lo, sia nella ricerca delle fessure più adatte incui piantarli, sia nel controllo della loro soli-dità. Si dispone attualmente di una grandevarietà di chiodi.In base alla composizione del metallo con cuisono realizzati si distinguono tre tipi principali(vedi foto C08-24):1) chiodi in metallo tenero che si deformanoper adattarsi alla fenditura (chiodi a U e uni-versali in alto nella foto)2) chiodi in metallo duro che tengono per inca-stro e non si deformano (chiodi a V e universa-li a metà nella foto)

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3) chiodi al titanio resistenti e leggeri che sideformano (chiodi a L e a V in basso nella foto).La natura del terreno orienta sul tipo di chiododa impiegare. Su rocce tenere (calcare, conglo-merato, ecc.) vanno utilizzati preferibilmentechiodi di metallo tenero che si adattano allefessure perché quelli in metallo duro tendono arompere la roccia. Essi vanno piantati conenergia e fino all’occhiello (C08-25) e quandoun chiodo entra lentamente e progressivamen-te significa che in genere è buono.Su rocce “dure” (granito, gneiss, ecc.), si impie-gano prevalentemente chiodi di metallo duroche se piantati correttamente lavorano in pres-sione fra le facce della fessura. Anche in questocaso i chiodi vanno infissi fino all’occhiello eperché diano buone garanzie di tenuta su gra-nito è bene che inizialmente si possano confic-care con la mano fino quasi alla metà della lorolunghezza. I chiodi realizzati in titanio in gene-re si adattano bene sia su strutture rocciosetenere che dure. Comunque si piantino è fon-damentale che la sollecitazione esercitata sulchiodo non rischi di farlo uscire dalla sua sede,bensì produca una torsione che tenda ad inca-strarlo maggiormente nella fessura.

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C08-24 Chiodi da roccia

C08-25 Chiodo piantato

C08-26 Effetto torsione

A B

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Si consiglia di verificare la solidità del chiodoappena sistemato. Inoltre è buona norma,prima di agganciarsi, provare i chiodi che sitrovano già piantati in parete.Quando un chiodo non è infisso completa-mente la sua parte esterna svolge la funzione dileva che diminuisce la tenuta del chiodo stesso;è possibile tuttavia ridurre questo “braccionegativo” in vari modi. Si può usare una fet-tuccia “a strozzo” o un cordino chiuso con unnodo barcaiolo sulla lama il più possibile vici-no alla roccia.

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C08-27 Riduzione leva

Blocchetti da incastro (regolabili enon regolabili)Sono ancoraggi sicuri, molto rapidi e comodida sistemare, ma richiedono notevole esperien-za d'uso e abilità nel posizionamento nelle fes-sure e nei buchi della roccia. È importante,infatti, che un eventuale strappo o lo stessomovimento della corda non tendano a disinca-strarli. Esistono in commercio blocchetti diogni forma e dimensione, con anello di cordi-no, fettuccia o cavo metallico. Per una tratta-zione completa si rimanda al manuale“Alpinismo su roccia”. In foto e in figura siriportano alcuni tra i blocchetti di più comuneimpiego (stopper, excentric, tricam, friend).Tutti gli ancoraggi, su ghiaccio, neve e roccia,sono altresì classificabili, a seconda del tipo diimpiego a cui sono di volta in volta destinati, inancoraggi di sosta e di calata (di norma, due opiù ancoraggi collegati tra loro) e ancoraggiintermedi o di protezione (di norma, singoliancoraggi).

stopper

C08-28 Blocchetti da incastro

tricamexcentric friend

C08-29 a –b Uso blocchetti

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ANCORAGGI DI SOSTA

Nella predisposizione di una sosta ovvero di unpunto di calata e, comunque, tutte le volte incui un ancoraggio singolo non dia sufficientigaranzie di sicurezza, è sempre necessario colle-gare due o più ancoraggi, con le modalitàdescritte di seguito.Poiché l'alpinista affida la propria vita e quelladell’intera cordata a questo tipo di ancoraggi,non si insisterà mai abbastanza sull'enorme curacon cui devono essere predisposti.Caratteristiche del terreno e consistenza dellaneve possono rendere molto difficile la prepara-zione di un ancoraggio di sosta sicuro e solo unanotevole pratica permette di adottare di volta involta la soluzione migliore. Si tenga presenteche è perfettamente inutile conoscere i nodi, letecniche di assicurazione e di soccorso se non siè in grado di preparare una sosta affidabile.Un ancoraggio deve rispondere ad alcuni requi-siti fondamentali: a) garantire la resistenza alle sollecitazioni tra-smesse da una caduta o dal peso dell'alpinistache viene calato o recuperatob) essere disposto in modo da offrire resistenzain tutte le possibili direzioni di sollecitazione;per esempio, un cordino attorno a uno spunto-ne utilizzato come sosta serve unicamente atrattenere una sollecitazione verso il basso -quale quella determinata dalla caduta del secon-do di cordata - e non verso l'alto - quale quelladeterminata dalla caduta del capo cordata, dopoaver posizionato degli ancoraggi intermedi. Si deve altresì tenere conto del tempo di realiz-zazione (ad es.: l’infissione di un chiodo da

Alpinismo su ghiaccio e misto Ancoraggi

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ghiaccio è molto più rapida della costruzione diun fungo) e del materiale a disposizione. Un cenno a parte meritano chiodi, cordini e fet-tucce che si trovano in parete, sia nei punti disosta sia in quelli intermedi, soprattutto su per-corsi poco frequentati. Questi materiali devonoessere sempre minuziosamente controllati per-ché possono essere stati maldisposti o esseregiunti alla soglia di rottura per il deterioramen-to del materiale, dovuto alla continua esposizio-ne alle intemperie e alle cadute di sassi; i cordinie le fettucce, di norma, vanno sempre sostituiti. È fondamentale utilizzare sempre e solo mate-riale conforme alle norme europee (EN) o omo-logato UIAA ed in particolare cordini di diame-tro preferibilmente non inferiore a 6 millimetri(ad eccezione di quelli in kevlar o dyneema).

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Collegamento degli ancoraggi disostaPer realizzare una sosta, gli ancoraggi (indi-spensabili almeno due) che ne fanno partedevono essere opportunamente collegatimediante cordino, fettuccia o la stessa corda dicordata. Esistono due modi di collegamento: inserie e in parallelo. Si ritiene sufficiente descri-vere in questo manuale il collegamento “inparallelo”. Si tratta di un collegamento che ha la dupliceproprietà di distribuire in maniera uniforme lesollecitazioni su tutti gli ancoraggi collegati,senza, nel contempo, compromettere l'interasosta in caso di cedimento di uno di essi. Inquest'ultima evenienza, tuttavia, gli ancoraggi(o l’ancoraggio) rimasti in posto ricevono un

C08-30-b Ribaltamento

C08-30-a Sosta e assicurazione

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pericoloso strappo, dovuto all’allungamentoimprovviso del collegamento, che rischia dipregiudicarne la tenuta: è pertanto consigliabi-le realizzare un collegamento il più possibilecorto, compatibilmente con un’efficace riparti-zione dei carichi sui singoli ancoraggi di sosta. Questo accorgimento, in caso di ribaltamentodella sosta generato da una caduta del primo dicordata che abbia posizionato almeno un anco-raggio intermedio, ridurrà la lunghezza delvolo nonché la sollecitazione sulla sosta dovutaproprio al ribaltamento della stessa (vedi suc-cessivo capitolo “Tecniche di assicurazione inparete”). Per consentire un’efficace distribuzione dellesollecitazioni sugli ancoraggi collegati in paral-lelo, l’angolo che il cordino (o fettuccia) di col-legamento forma in prossimità del vertice infe-riore del triangolo non deve oltrepassare i 90°:angoli più aperti determinano sugli ancoraggidi sosta un sovraccarico anziché una ripartizio-ne delle sollecitazioni.

Diagrammi degli sforzi su due anco-raggi in caso di sollecitazione verti-cale verso il bassoGli schemi nella pagina seguente presentano ilcaso particolare di ancoraggi posti alla stessaaltezza con la medesima sollecitazione verticale.Gli esempi, comunque, risultano sufficiente-mente indicativi di ciò che accade anche inaltre situazioni.Si consideri che su ghiaccio, ovviamente, è piùfacile sistemare convenientemente gli ancorag-gi che non su roccia.

Alpinismo su ghiaccio e misto Ancoraggi

C08-31 Angolo di 120 gradi

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Le forze sono qui indicate indaN (decanewton), come cor-rettamente vengono descritte alivello internazionale.

Gli schemi a lato evidenzianocome, passando da un angolo,tra i rami del cordino, di 120° aun angolo di 90°, di 60° e di 30°,la sollecitazione sugli ancoraggisi riduca rispettivamente, del30%, del 40% e del 50% (rispet-to alla situazione di partenza).Si noti che nel caso di 120° lasollecitazione sugli ancoraggieguaglia in valore quella applica-ta al sistema; ne consegue chebisogna fare in modo che, entrocerti limiti, l’angolo sia il piùacuto possibile. Si noti peraltrola crescente lunghezza necessariaper il cordino a parità di distan-za tra gli ancoraggi.

Vengono ora illustrati tre tipi dicollegamento in parallelo: mobi-le con sistema classico, mobile“ad asola inglobata” e semimobi-le, con le relative caratteristiche. Nell’esecuzione dei collegamentidegli ancoraggi di sosta si racco-manda di utilizzare moschettonia ghiera.

Ancoraggi Alpinismo su ghiaccio e misto

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C08-32 Distribuzione sollecitazioni

173 daN 173 daNA A

200 daN200 daN 120°

-0,6 d

100daN

-0,6 d

100daN

P= 200 daN

100 daN 100 daNA B

100 daN

100daN

90°-0,7 d141 daN

-0,7 d

141 d

aN

d

d

58 daN 58 daNA B

116 daN 116

daN

60°d

100 daN

d

100 daN

d

27 daNA B

100 daN 100 daN

30°-1,9 d

104 daN

-1,9 d

104

daN

d

P= 200 daN

P= 200 daN

27 daN

P= 200 daN

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COLLEGAMENTO DEGLIANCORAGGI DI SOSTA

Collegamento mobile in parallelo(sistema classico)È il tipo di collegamento mobile comunementeadottato. Nel realizzare questo tipo di collegamento su dueancoraggi, su uno dei due rami di cordino (o difettuccia) va eseguito mezzo giro (garda), primache entrambi siano sovrapposti e raccolti nelmoschettone applicato al vertice inferiore dellasosta. Il collegamento risulta molto veloce quan-do si utilizza un anello di fettuccia precucito. È utile posizionare il nodo di giunzione delcordino sul lato più corto del triangolo inmaniera tale da non interferire, in caso di ribal-tamento della sosta verso l’alto (inversione dellalunghezza dei rami), con i moschettoni e gliancoraggi presenti. Il sistema può essere realiz-zato anche con un cordino aperto: con un po’di pratica risulta più semplice l’esecuzione delcollegamento, tanto più se si effettuerà il siste-ma ad asola inglobata (descritto nella sezionesuccessiva). A tal fine si consiglia, una volta predisposto ilcollegamento, di provare sempre l’effetto delribaltamento della sosta sul nodo di giunzione,individuando di volta in volta la posizione delnodo che garantisca totale mobilità al collega-mento. In caso di tre ancoraggi, il mezzo giro può esse-re eseguito sia sui due rami interni sia sul soloramo, dei tre da sovrapporre, che collega i dueancoraggi più esterni.

C08-33 Collegamentomobile a-b-c

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PRO:- ripartizione uniforme del carico su tutti gliancoraggi collegati, anche con notevoli escur-sioni della direzione di sollecitazione o con ilribaltamento del triangolo di sosta verso l’alto(volo del primo di cordata con protezioni inter-medie).

CONTRO:- il cedimento di uno degli ancoraggi collegatiprovoca un improvviso “allungamento” del col-legamento, con forte strappo (pericoloso “effet-to cerniera”) sull’ancoraggio rimasto- la rottura accidentale di un solo ramo del col-legamento (caduta sassi) comporta il disfaci-mento dell’intera sosta- un collegamento eccessivamente lungo deter-minerebbe, in caso di ribaltamento della sosta,un aumento dei carichi sulla sosta stessa e unamaggior lunghezza di caduta- a differenza dell’asola inglobata, il nodo digiunzione (presente se si utilizza un cordinoannodato o si accorcia un anello di fettucciaprecucito) viene a trovarsi lungo il collegamen-to e sussiste pertanto il pericolo (soprattutto incaso di volo del primo su rinvii intermedi) cheil nodo medesimo vada ad interferire, scorren-do lungo i rami mobili, con ancoraggi emoschettoni applicati in sosta (autoassicurazio-ne, freno, pseudo rinvio, chiodi, ecc.) compro-mettendo seriamente, in tali casi, la mobilitàdel collegamento.

Ancoraggi Alpinismo su ghiaccio e misto

C08-34 Tre ancoraggi

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Collegamento mobile in parallelo“ad asola inglobata”È un metodo di recente introduzione che pre-vede l’applicazione, al cordino (o fettuccia) dicollegamento, di un nodo di giunzione che inpassato era già stato studiato per le fettucce: ilcosiddetto “nodo inghiottito”.

Consiste in un nodo di giunzione che va effet-tuato dapprima doppiando uno dei capi liberidi corda o fettuccia provenienti dagli ancoraggidi sosta, quindi effettuando un giro all’indietroper poi passare all’interno (come per un nodosemplice) con l’asola ricavata e l’altro capo libe-ro (vedi realizzazione nella pagina successiva).È importante fare attenzione: i due capi liberidevono fuoriuscire dal nodo per una lunghezzapari ad almeno 10 volte il diametro del cordinoutilizzato (ad esempio: cordino nylon 7 mm – icapi devono avanzare minimo per 7 cm).Inoltre l’asola deve essere piccola, lo spazio suf-ficiente per 2, massimo 3 moschettoni.È opportuno precisare che, a differenza dellaaltre giunzioni, in questo caso non è estrema-mente importante pretensionare energicamentei nodi. Questo perché ci sono due capi che scor-

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C08-36 Asola inglobata costruzione -b

A B C

C08-35 Asola inglobatacostruzione -a

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rono contrapposti uno all’altro e, di conseguen-za, il nodo tende a stringersi da solo.Per completare il collegamento, sarà necessarioabbassare il ramo di cordino che è situato tra idue ancoraggi, per posizionarlo all’altezza del-l’asola inglobata, assieme alla quale sarà aggan-ciato al moschettone di sosta (senza il mezzogiro necessario per il collegamento mobile consistema classico).

PRO: - mobilità totale: ripartizione uniforme delcarico su tutti gli ancoraggi collegati, anche connotevoli escursioni della direzione di sollecita-zione- nodo di giunzione sempre al vertice dellasosta: in caso di ribaltamento della sosta (cadu-ta del primo di cordata che abbia posizionatodegli ancoraggi intermedi), a differenza del col-legamento mobile di tipo classico, non si ponealcun rischio di interferenza del nodo di giun-zione con moschettoni e ancoraggi di sosta, inquanto il nodo di giunzione è corpo unico conl’asola posta al vertice del triangolo di sosta- presenza di un’asola chiusa al vertice dellasosta: viene garantito sempre un punto sicurodove è possibile agganciare indipendentementedue o più moschettoni al fine di:a) autoassicurarsi e agganciare il freno (assicu-razione classica bilanciata)b) autoassicurarsi e agganciare lo “pseudo-rin-vio” (assicurazione ventrale)c) autoassicurarsi per i componenti della corda-ta, qualora gli anelli degli ancoraggi siano pic-coli o non consentano l’apposizione di idoneimoschettoni.

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C08-37 Asola inglobata colle-gamento –a –b–c

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Soprattutto per i casi a) e b) il vantaggio è ele-vato. Infatti la suddetta asola consente a chiassicura di tenere sempre vicino alla propriaautoassicurazione il moschettone con il freno(assicurazione bilanciata) o quello dello “pseu-do-rinvio” (assicurazione ventrale), senza corre-re il rischio che esso venga proiettato veloce-mente lungo il collegamento di sosta, in caso dicaduta (su rinvii) del 1° di cordata. Per ovviarea questo problema, nei casi di collegamentomobile di tipo classico, si usa agganciare ilmoschettone del freno in quello dell’autoassicu-razione (ovviamente, quando quest’ultima èapplicata al vertice del triangolo di sosta): taleoperazione richiede però attenzione, in caso dicaduta del primo di cordata, in quanto imoschettoni così agganciati potrebbero lavorarenon correttamente (torsioni, sollecitazioni late-rali, ecc.)- velocità di esecuzione: rispetto ad altri nodidi giunzione (doppio inglese, nodo fettuccia,ecc.) la sua realizzazione è meno lenta e laborio-sa, permettendo di risparmiare tempo nella pre-parazione delle soste.

CONTRO:- il cedimento di uno degli ancoraggi collegatiprovoca un improvviso “allungamento” del col-legamento, con forte strappo (pericoloso “effet-to cerniera”) sull’ancoraggio rimasto- la rottura accidentale di un solo ramo del col-legamento (caduta sassi) comporta il disfaci-mento dell’intera sosta- un cordino (o fettuccia) di collegamentoeccessivamente lungo determinerebbe, in casodi ribaltamento della sosta, un aumento dei

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carichi sulla sosta stessa e una maggior lunghez-za di caduta.

Collegamento semimobile in paralleloIl collegamento semimobile in parallelo è utiliz-zato principalmente su ghiaccio, ma trovaapplicazione anche su roccia, a condizione chesia prevedibile la direzione dell’eventuale solle-citazione sull’ancoraggio di sosta. Il sistema pre-vede la realizzazione di un nodo semplice su cia-scun ramo che va all’ancoraggio: ciò comportache la mobilità di questo collegamento è tantopiù ridotta quanto più i due nodi semplici ven-gono fatti scorrere verso il vertice del triangolodi sosta.Il nodo di giunzione del collegamento va sem-pre collocato nel tratto fisso creato tra l’anco-raggio (chiodo, ecc.) ed il nodo semplice, inmodo da non interferire con moschettoni eancoraggi.L’obiettivo principale di questo sistema consistenel ridurre lo strappo sull’ancoraggio superstitenel caso di cedimento dell’altro ancoraggio incaso di ribaltamento della sosta.Le figure C08-39 descrivono la costruzione diun collegamento semimobile dotato di duenodi e realizzato con una fettuccia precucita.Invece nelle figure C08-40 si evidenzia cosacapita nel caso del cedimento di un punto diancoraggio.

PRO:- I nodi semplici realizzati sui rami del collega-mento (eseguiti prima di inserire il cordino neimoschettoni dei due ancoraggi) riducono note-volmente, in caso di cedimento di un ancorag-

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C08-38 Semimobile a-b

C08-39 Semimobile con fettuccia a– b

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gio, l’allungamento del collegamento ed il con-seguente strappo sull’ancoraggio superstite.- La presenza dei due nodi semplici impedisce ildisfacimento della sosta in caso di rottura acci-dentale di uno dei rami del collegamento (cadu-ta sassi). - Ripartizione uniforme del carico sugli anco-raggi, sebbene limitata a reggere escursioni nelladirezione di sollecitazione prevista (più i nodisemplici sono vicini al vertice, minore sarà la“mobilità” dell’ancoraggio).

CONTRO:- La direzione di sollecitazione deve essere pre-vedibile, altrimenti, in caso di ribaltamentodella sosta verso l’alto (volo del primo di corda-ta con protezioni intermedie), il carico graveràsu uno solo degli ancoraggi collegati (quello piùin basso).- Realizzazione complessa qualora si debba inse-rire il cordino di collegamento direttamentenegli ancoraggi (ad es., nell’occhiello del chio-do) anziché nei moschettoni (braccio di levanegativo, spazio insufficiente, ecc.). Un collegamento semimobile con i nodi realiz-zati in prossimità del vertice, presenta il vantag-gio di ridurre (quasi annullare), in caso di cedi-mento improvviso di uno degli ancoraggi, solle-citazioni critiche su quello rimasto, ma altempo stesso, soprattutto in caso di ribaltamen-to della sosta, raramente garantisce equidistri-buzione dei carichi su entrambi gli ancoraggi.Un collegamento semimobile con nodi “allon-tanati” dal vertice in maniera adeguata (figuraC08-42), aumentando la mobilità del collega-

Alpinismo su ghiaccio e misto Ancoraggi

C08-42 Nodi distanti dal vertice

C08-41 Nodi vicini al vertice

C08-40 Semimobile e cedimento a-b

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ANCORAGGI DI CALATA

Per predisporre una calata in corda doppia(vedi apposita trattazione nel capitolo“Manovre di corda”), è necessario realizzareinnanzitutto un ancoraggio le cui caratteristi-che di sicurezza e di affidabilità siano le stessetestè illustrate per gli ancoraggi di sosta, infattianche in questo caso si affida la propria vita allatenuta dell’ancoraggio (realizzato da chi si calao preesistente). Valgono altresì le stesse considerazioni fatte pergli ancoraggi di sosta circa la necessità di colle-gare sempre e comunque due o più ancoraggi,salvo casi particolari quali ancoraggi su tronchid’albero, su manufatti in cemento, acciaio, ecc.È indispensabile innanzitutto adottare iseguenti accorgimenti:- valutare subito la direzione di calata prevedi-bile, in modo da studiare opportunamente lacollocazione ed il tipo di ancoraggi da posizio-nare e collegare- qualora l’ancoraggio di calata sia preesistente,anche se su percorso frequentato, verificaresempre con attenzione i singoli ancoraggi ed ilcollegamento, senza esitare nell’aggiungerechiodi e nel rimuovere cordini o fettucce trova-ti in posto, sostituendoli con uno spezzone dicordino (o fettuccia) nuovo

Ancoraggi Alpinismo su ghiaccio e misto

mento, garantisce equidistribuzione anche incaso di ribaltamento della sosta, a prezzo però disollecitazioni più critiche sulla stessa (allunga-mento maggiore del collegamento) in caso dicedimento improvviso di uno degli ancoraggi.

C08-43 Collegamento fisso

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- trattandosi di un ancoraggio da abbandonare,il cordino (con numero adeguato di rami) o lafettuccia di collegamento vanno inseriti diret-tamente negli ancoraggi (occhielli dei chiodi,clessidre, ecc.) da collegare, senza interposizio-ne di moschettoni.Viene comunemente utilizzato il “collegamen-to fisso”, la cui realizzazione, illustrata in foto,è inizialmente la stessa del collegamento mobi-le in parallelo, salvo poi raccogliere i rami dicordino provenienti dagli ancoraggi collegati,in un unico nodo semplice (vedi figura C08-43).Le asole del nodo semplice così ottenute costi-tuiranno l’anello di calata in cui inserire lacorda. Per migliorare il recupero della corda èpossibile inserire nell’asola una maglia rapidaoppure un moschettone da abbandonare.Rispetto ai collegamenti mobile e semimobile,questo sistema garantisce il mancato abbassa-mento improvviso del vertice del triangolo incaso di cedimento di uno degli ancoraggi edimpedisce il disfacimento della sosta in caso dirottura accidentale (caduta sassi) di uno deirami del collegamento. Nel caso di tre o più punti collegati ed in casodi spezzoni di collegamento di diametro pari osuperiore a 10 mm, per evitare la realizzazionedi un nodo unico troppo voluminoso, è anchepossibile realizzare un nodo semplice per cia-scuno dei rami di cordino provenienti dagliancoraggi collegati, ricordandosi di inserire lacorda di calata in tutte le asole così ricavate. Unico svantaggio del collegamento fisso (chene limita l’utilizzo alle sole calate) è l’assolutamancanza di “mobilità” dei rami con conse-guente mancanza di equidistribuzione, sugli

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C08-44 Fisso a tre punti

C08-45 Fisso doppio nodo

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ancoraggi collegati, delle sollecitazioni in casodi cambio di direzione del carico. Proprio a talfine è indispensabile prevedere la direzione disollecitazione già al momento della formazionedel nodo semplice (o dei nodi semplici) sul cor-dino o fettuccia di collegamento.

C08-46 Protezioni a-b-c

ANCORAGGI INTERMEDI(O DI PROTEZIONE)

Per l’impiego e le caratteristiche di questo tipodi ancoraggi si rimanda all’apposita trattazionenel successivo capitolo “Tecniche di assicura-zione in parete”.

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capitolo 9

Tecniche di assicurazione in parete

INDICE

Premessa

Ancoraggi di sosta, intermedi e autoassicurazione • Ancoraggi di sosta• Ancoraggi intermedi o di protezione (rinvii)• Autoassicurazione provvisoria e definitiva

Richiami sull’assicurazione dinamica e sui freni• Assicurazione dinamica• Richiami sui freni• Corsa della corda nel freno• Effetto del rinvio

Tecniche di assicurazione dinamica al primo di cordata• Generalità• Tecniche senza sollevamento dell’assicuratore

• Assicurazione classica• Tecniche con sollevamento dell’assicuratore

• Generalità• Assicurazione classica bilanciata• Assicurazione ventrale

• Considerazioni sull’utilizzo del freno mezzo barcaiolo• Confronto tra le tecniche di assicurazione al primo di cordata

Tecniche di assicurazione al secondo di cordata• Recupero con nodo mezzo barcaiolo• Recupero con piastrina

Assicurazione con metodo tradizionale a spalla

Progressione della cordata su terreno alpinistico• Generalità• La progressione in parete con ancoraggi di sosta

• Numero dei componenti• Cordata di due persone• Cordata di tre persone• Progressione su pendio di ghiaccio o neve dura • Posizionamento del primo ancoraggio intermedio

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PREMESSA

Per assicurazione si intende l’insieme delle manovre di corda che, attuate suun ancoraggio di sosta, consentono di ridurre al minimo o neutralizzare leconseguenze prodotte dalla eventuale caduta di uno dei componenti la cor-data.Tutte le tecniche di progressione applicate su qualsiasi tipo di terreno, a parteil movimento della cordata “in conserva” (vedi capitolo “La progressione sughiacciaio”), sono basate su due presupposti fondamentali: - l’autoassicurazione- l’assicurazione del compagno (primo e secondo di cordata).In questo capitolo sono presentate quelle tecniche che, sulla base di un’am-plissima sperimentazione, sia nella pratica alpinistica che nelle prove di labo-ratorio, appaiono presentare le maggiori garanzie di sicurezza e, in generale,di efficienza. Essendo tuttora il settore in costante evoluzione, sono prevedi-bili, in futuro, innovazioni.Vengono dapprima ripresi in forma sintetica alcuni elementi che riguardanola catena di assicurazione: le soste, i rinvii, l’autoassicurazione, l’impie-go dei freni nell’assicurazione dinamica, le sollecitazioni sugli alpinisti,sulle soste e sull’ultimo rinvio. Si prosegue mettendo a confronto le tecnichedi assicurazione al primo di cordata, descrivendo i sistemi più idonei daadottare in base all’affidabilità degli ancoraggi di sosta e intermedi. Vengonoquindi trattate le tecniche di assicurazione al secondo o ai due secondidi cordata. Infine viene trattata la progressione in parete della cordatadi due o tre elementi con ancoraggi di sosta, mentre il movimento della cor-data su ghiacciaio e su terreno facile (creste, neve, ecc.) verrà trattato neicapitoli successivi. L’impiego della corda, che costituisce un vincolo materia-le tra due o tre compagni impegnati nella stessa impresa e che ne rafforza l’u-nità psicologica e morale, è imperniato su regole molto semplici ma indero-gabili, le quali richiedono di essere conosciute e applicate con la massimaattenzione ed elevato senso di responsabilità. È pertanto indispensabile cheogni alpinista conosca le manovre di assicurazione e che le sappia ese-guire con correttezza e rapidità in tutte le situazioni. L'assicurazioneeseguita sommariamente, con leggerezza o, peggio, con una manovra sba-gliata, non consente di fermare l'eventuale caduta del compagno e mette arepentaglio la vita di tutti i componenti la cordata.

Tecniche di assicura-zione in parete

Alpinismo su ghiaccio e misto

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ANCORAGGI DI SOSTA,INTERMEDI E AUTOASSI-CURAZIONE

Ancoraggi di sostaPer le caratteristiche degli ancoraggi di sosta edil collegamento dei medesimi, si rimanda alprecedente capitolo “Ancoraggi”.La sosta costituisce il punto chiave della catenadi sicurezza, in quanto dalla sua affidabilitàdipende l’incolumità dell’intera cordata. Datal’importanza di tali ancoraggi, essi devono esse-re quanto più affidabili possibile compatibil-mente con il tipo di terreno e le difficoltà diposizionamento.Si ricorda comunque che:- bisogna cercare di individuare preventiva-mente un punto di sosta che sia sufficiente-mente comodo e possibilmente riparato da sca-riche di sassi o ghiaccio: una buona soluzione

Alpinismo su ghiaccio e misto Tecniche di assicura-zione in parete

La Commissione Centrale Materiali e Tecniche (CCMT), d’intesa con laCommissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo (CNSASA),con la Scuola Centrale di Alpinismo e con rappresentanti della CommissioneTecnica del Collegio Nazionale delle Guide Alpine, ha eseguito, nel corso didue anni, una dettagliata serie di esperimenti nelle più diverse condizioni diutilizzo, sia su ghiaccio che su roccia, sulle tecniche di assicurazione al primodi cordata che implicano o meno il sollevamento dell’assicuratore.I risultati di tali prove, a cui rimandiamo il lettore per un esame piùapprofondito, sono riportati nel filmato “Tecniche di assicurazione: confron-to tra classica e ventrale” e nel quaderno allegato “Le tecniche di assicurazio-ne in parete”, prodotti dalla CCMT e distribuiti nel 2001 a cura dellaCNSASA.

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potrebbe essere una rientranza della pareteoppure il lato di un canale piuttosto che restar-ne al centro- nella realizzazione di una sosta non si deveusare mai un solo ancoraggio, a meno di casieccezionali (tronchi d’albero, manufatti inacciaio, cemento, ecc.). Quasi sempre vannoutilizzati due ancoraggi, ma in casi particolaripuò essere necessario aumentarne il numero- nel predisporre gli ancoraggi di sosta ed il lorocollegamento, va tenuto presente che gli stessidevono formare un sistema in grado di resiste-re a forze bidirezionali: le sollecitazioni posso-no infatti provenire dal basso, in caso di cadu-ta del secondo di cordata, o anche del primoche ancora non abbia posizionato ancoraggiintermedi (rinvii), ovvero dall’alto, in caso dicaduta del primo di cordata qualora questiabbia posizionato almeno un rinvio al di sopradella sosta- compatibilmente con la distribuzione deicarichi sugli ancoraggi di sosta, è opportunorealizzare un triangolo di sosta il più corto pos-sibile, in modo da ridurre l’effetto negativo delribaltamento della sosta in caso di caduta delprimo di cordata su rinvii intermedi. La solu-zione ideale sarebbe con ancoraggi posti sullastessa verticale in quanto questo permette diridurre a zero l’angolo e di avere la lunghezzadel triangolo più corta in assoluto- nella realizzazione di una sosta su ghiaccio, ledistanze tra i chiodi collegati dipendono dallaconsistenza del ghiaccio e dalle dimensioni delchiodo.L'autoassicurazione è indispensabile in fase diassicurazione: è infatti l'unica garanzia contro

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Alpinismo su ghiaccio e misto

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le conseguenze di un malore, un sasso o unalastra di ghiaccio che cade dall'alto, un movi-mento falso, una distrazione. A questo propo-sito si tenga presente che l'autoassicurazione èuna manovra da eseguire, oltre che nelle sostesu terreno alpinistico, anche durante le calatein corde doppia e durante l'esecuzione dellemanovre di soccorso (recuperi, calate). In que-sti ultimi casi, in cui gli alpinisti non sono lega-ti in cordata, ci si autoassicura fissando ilmoschettone di autoassicurazione ad una“longe” di cordino o di fettuccia opportuna-mente legata all'imbracatura (vedi capitolo“Manovre di corda”).

Alpinismo su ghiaccio e misto Tecniche di assicura-zione in parete

Ancoraggi intermedi o di protezione(rinvii)Su terreno alpinistico, lungo il tratto di arram-picata che gli è consentito dalla lunghezza dellacorda, il capocordata passa la corda attraversoalcuni ancoraggi intermedi, per ridurre la lun-ghezza di una eventuale caduta. In genere questi ancoraggi sono costituiti dachiodi da roccia o da ghiaccio, blocchetti daincastro, anelli di cordino o di fettuccia suspuntoni rocciosi e clessidre, ecc. (vedi capito-lo “Ancoraggi”). Tali materiali devono esserecollocati secondo una prudente valutazione delcapocordata, prima di iniziare il superamentodi passaggi ritenuti difficili.La corda di cordata viene collegata all'ancorag-gio intermedio tramite cordino o fettuccia emoschettone o, più comunemente, tramite unafettuccia precucita alle cui estremità sono fissa-ti due moschettoni (cosiddetti “rinvii” o “pre-

C09-01 Rinvio su ghiaccio

C09-02 Rinvio su corpo morto

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parati”), per permettere lo scorrimento dellacorda. Su un pendio uniforme di ghiaccio èopportuno posizionare i rinvii in modo tale chesiano più ravvicinati nella parte iniziale dellalunghezza di corda.Come successivamente evidenziato nel presen-te capitolo, è particolarmente importante che ilprimo di cordata posizioni il primo ancoraggiointermedio, una volta partito dalla sosta, primapossibile e comunque non oltre 3 metri dallasosta stessa.In un “rinvio”, sia il moschettone a contattocon l’ancoraggio che quello in cui scorre lacorda devono avere la leva di apertura rivoltaverso l'esterno rispetto alla parete, per evitareche possano accidentalmente aprirsi premendocontro una sporgenza della stessa. Durante laprogressione, il capocordata deve inserire lacorda nel moschettone del rinvio sempre dal-l’interno (lato parete) verso l’esterno, onde evi-tare, in caso di caduta, pericolose torsioni delrinvio e soprattutto il rischio che la corda possasfilarsi dal rinvio stesso, nel modo illustrato afianco. Per lo stesso motivo testè accennato ilrinvio va posizionato sempre con le leve diapertura di entrambi i moschettoni rivolte indirezione opposta a quella di progressione.Nella figura C09-04 si nota un errato inseri-mento della corda dentro il moschettone: incaso di caduta del primo di cordata potrebbeverificarsi la fuoriuscita della corda.

Tecniche di assicura-zione in parete

Alpinismo su ghiaccio e misto

C09-03 Rinvio corretto

C09-04 Rinvio sbagliato a-b

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Autoassicurazione provvisoria edefinitivaL'alpinista che assicura il compagno che arram-pica, che sale o scende un pendio ghiacciato oche attraversa un tratto di ghiacciaio pericolo-so, deve essere fermo, in posizione sicura e dimassima stabilità. Per ottenere ciò l'alpinista sideve “autoassicurare” ad un ancoraggio disosta, fissandovi un moschettone a ghiera e rea-lizzando su quest’ultimo un nodo barcaiolocon il tratto della corda di cordata a pocadistanza (50-100 cm) dalla propria legatura.

Autoassicurazione provvisoria sughiaccio per realizzare la sostaÈ di fondamentale importanza per la buonariuscita della salita e la sicurezza della cordatanon perdere gli attrezzi sia in fase di progres-sione sia in fase di esecuzione di soste e mano-vre. Quando si decide di realizzare una sosta sughiaccio, ci si può autoassicurare in manieraprovvisoria agli attrezzi in vari modi:

1) facendo passare la corda di cordata attraver-so un moschettone collegato all’anello delladragonne. In questa fase il compagno non deveesercitare trazione sulla corda di cordata.2) È anche possibile collegarsi momentanea-mente con una longe all’attrezzo. In questocaso si possono applicare vari sistemi:a) la figura C09-06 mostra la connessione alladragonne; b) la figura C09-07 mostra una fettuccia con-giunta ad una estremità con barcaiolo almoschettone inserito nell’anello e l’altra estre-mità legata all’imbracatura.

Alpinismo su ghiaccio e misto Tecniche di assicura-zione in parete

C09-05 Preparazione sosta

C09-06 Longe per attrezzo

C09-07 Piccozza e fettuccia a-b

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c) la figura C09-08 illustra una daisy chainconnessa ad una estremità al moschettone chepassa nel foro del puntale e l’altra estremità col-legata in modo regolabile all’imbracatura.Va precisato che, nei casi finora visti, una voltainseriti le viti e realizzata la sosta, è opportunocollegare gli attrezzi all’imbracatura o alla sostaallo scopo di non perderli in caso di manovre ocaduta di ghiaccio.3) Un altro sistema consiste nell’impiegare duecordini che collegano gli attrezzi all’imbracatu-ra: risulta utile sia durante la progressione siaquando si devono avere le mani libere. Esisteuna versione di cordini muniti di placchetta laquale consente la sospensione sugli attrezzi(vedi figura C09-09) ed una versione preconfe-zionata di cordini elastici avente soprattutto loscopo di evitare la perdita dell’attrezzo. 4) Sosta con uso degli attrezzi.Si fa notare che, in casi particolari, gli attrezziben piantati e collegati opportunamente traloro possono partecipare assieme ad un altropunto di ancoraggio (vite o chiodo da ghiaccio,spuntone,..) alla realizzazione della sosta.Si sottolinea che durante tutta questa fase dipreparazione il compagno di cordata mantienel’assicurazione fino alla realizzazione completadella sosta. L’autoassicurazione definitiva, cioè il collega-mento di chi assicura, dipende dall’affidabilitàdell’ancoraggio che, a sua volta, condiziona iltipo di assicurazione al compagno. Per comple-tare la presente sezione anticipiamo in modosommario la descrizione dell’autoassicurazione,la quale, a seconda del terreno, può essere rea-

Tecniche di assicura-zione in parete

Alpinismo su ghiaccio e misto

C09-08 Piccozza e daisy chain a-b

C09-09 Cordino e placchetta

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lizzata su uno dei punti di ancoraggio oppure alvertice. Le tecniche di assicurazione dinamica sonotrattate in modo approfondito in una sezionesuccessiva.

Alpinismo su ghiaccio e misto Tecniche di assicura-zione in parete

C09-10 Sosta su piccozze

Soste su ancoraggi affidabili Su ghiaccio e su roccia, con soste particolar-mente sicure che utilizzano ancoraggi affidabi-li, viene impiegata l’assicurazione classica,adottando quale freno il nodo mezzo barcaiolo(vedi capitolo “Imbracatura e nodi”) con unmoschettone a base larga (tipo HMS) munitodi ghiera. Si realizza il collegamento mobile trai punti di ancoraggio: a) mediante il sistema “classico” b) con asola inglobata Il moschettone di autoassicurazione viene fissa-to all’ancoraggio - tra quelli collegati - ritenutopiù sicuro, in modo da non intralciare la mano-vra di assicurazione. Il freno viene invece appli-cato, tramite un moschettone a ghiera, diretta-mente al vertice inferiore del triangolo di sosta.(vedi in seguito la sezione “Tecniche di assicu-razione dinamica”). I moschettoni da utilizzare per gli ancoraggi deb-bono preferibilmente essere muniti di ghiera.

Considerazioni sulla distanza tra levitiLa distanza tra le viti o i chiodi dipende dal tipodi ghiaccio (ghiacciaio, seracco, cascate) e dallasua consistenza: con ghiaccio buono il tratto oriz-zontale può anche essere nullo mentre per il trat-to verticale possono bastare 20-25 cm.

C09-11 Ancoraggio mobile classico

C09-12 Ancoraggio mobilecon asola

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Soste su ancoraggi non particolar-mente affidabiliSu ghiaccio e su roccia, con ancoraggi di sostanon particolarmente affidabili oppure nonbidirezionali, è necessario impiegare una assi-curazione che prevede il sollevamento dell'assi-curatore in quanto questa permette di ridurre icarichi e produce una minore sollecitazionesulla sosta. Il moschettone di autoassicurazioneva sempre applicato al vertice del triangolo disosta e l’autoassicurazione viene effettuata conun nodo barcaiolo sulla corda di cordata; verràquindi realizzata l’assicurazione classica bilan-ciata o l’assicurazione ventrale (tecniche chesaranno illustrate di seguito).Il tipo di collegamento (mobile oppure semi-mobile) dipende dal tipo di terreno e dalla dire-zione che assumerebbe il sistema in caso diribaltamento.In genere si privilegia il collegamento semimo-bile se un punto di ancoraggio non è partico-larmente sicuro e soprattutto se le distanzesono cospicue (distanze tra i punti di ancorag-gio e distanza tra assicuratore e vertice dellasosta).

Tecniche di assicura-zione in parete

Alpinismo su ghiaccio e misto

C09-13 Ancoraggio mobile

C09-14 Ancoraggio semimobile

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RICHIAMI SULL’ASSICURA-ZIONE DINAMICA E SUIFRENI

Il lettore, per una maggiore comprensione degliargomenti trattati, può consultare il capitolo“Introduzione alla catena di assicurazione” delpresente manuale, oppure, se desidera ulterioriapprofondimenti, può fare riferimento alladocumentazione prodotta dalla CommissioneCentrale Materiali e Tecniche.

A) Assicurazione dinamicaL’assicurazione dinamica è l’insieme delle tec-niche di assicurazione che permettono la dissi-pazione per attrito di una parte rilevante dell’e-nergia cinetica acquistata dall’alpinista duranteuna caduta in parete. In situazione di corda fre-nata, questa energia viene quasi completamen-te dissipata da un freno e (tranne il caso dicaduta in assenza di rinvii) dall’ultimo rinvio.Con attriti elevati lungo la catena di sicurezza(rinvii angolati, corda a contatto con la parete,ecc.), il freno potrebbe anche non entrare inazione, determinandosi così una situazione dicorda bloccata. Mettendo in atto un’assicura-zione dinamica, cioè arrestando la caduta conun opportuno frenaggio progressivo dellacorda, si riducono fortemente sia lo strapporicevuto da chi cade, sia le forze applicateall’ancoraggio di sosta ed all’ultimo ancoraggiointermedio (rinvio) posizionato dal capocordata.È proprio la forza frenante esercitata dalsistema mano-freno che determina le solleci-tazioni su tutta la catena di assicurazione, ed

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in particolare:a) sull’alpinista che cadeb) sull’ancoraggio di sostac) sull’ultimo ancoraggio intermedio (rinvio).

B) Richiami sui freniIl freno è quell’attrezzo che, pilotato dallamano dell’assicuratore, permette di rallentareed arrestare la caduta.La forza frenante è il risultato dell’effetto com-binato:a) della forza esercitata dalla mano dell’assicu-ratore (15-30 daN) all’entrata nel freno;b) della capacità frenante del freno (definitoFMF, ovvero Fattore di Moltiplicazione delleForze, come rapporto tra forza uscente e forzaentrante nel freno).Questo significa che si ottiene lo stesso risultatofrenante operando sia con un freno con eleva-to FMF e modesta “trattenuta”, sia con unfreno con basso FMF ed elevata “trattenuta”.Tra i vari freni oggi esistenti che possono esse-re impiegati per l’assicurazione, in questa sedetratteremo l’uso del classico nodo mezzo bar-caiolo, riconosciuto in sede U.I.A.A. quale“italian hitch” (metodo italiano) e l’uso delcosiddetto secchiello (denominato più corret-tamente tuber).Tali freni hanno una caratteristica in comune:si comportano come moltiplicatori di forze,cioè come amplificatori della forza applicataalla mano, e generano in questo modo la forzafrenante che agisce, attraverso la corda, sulcorpo che cade.La forza frenante sviluppata dal mezzo bar-

Tecniche di assicura-zione in parete

Alpinismo su ghiaccio e misto

C09-15 Mezzo barcaiolo a 180°

C09-16 Tuber a 180°

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caiolo, sebbene risenta molto dell’abilità del-l’assicuratore, risulta maggiore di quella svi-luppata da un tuber, a fronte di una identicaforza generata dalla mano trattenente.A parità di condizioni e con i rami di cordaposti a 180° (situazione di trattenuta in presen-za di rinvii intermedi - sollecitazione verso l’al-to) si sviluppano le seguenti forze frenanti:- mezzo barcaiolo: da 90 daN a 240 daN (FMF6~8)- tuber: da 45 daN a 150 daN (FMF 3~5)Va rimarcato che con i rami di corda, inentrata e in uscita dal freno, posti a 0°, e cioèparalleli tra loro (situazione di trattenuta inassenza di rinvii intermedi - sollecitazione versoil basso) molti freni meccanici come il tubere lo Sticht presentano un FMF di circa1,5~1,7 (come un rinvio) e cioè estremamentebasso, mentre il mezzo barcaiolo, in questasituazione, ha al contrario un FMF di circa10, e cioè vantaggiosamente molto alto. Sievidenzia, inoltre, che il valore del FMF delfreno (mezzo barcaiolo, tuber, ecc.) dipendemolto dal tipo di corda e dalla geometria delfreno stesso.

C) Corsa della corda nel frenoNell’assicurazione dinamica, per tutta la fase ditrattenuta fino all’arresto della caduta, si hauna corsa della corda nel freno che dissipa l’e-nergia cinetica acquistata dal corpo che cade.Orientativamente e in termini semplificati valela formula: Corsa della corda = Energia cinetica/(Forzafrenante+Attriti vari)Perciò la lunghezza di corda che scorre dentro

Alpinismo su ghiaccio e misto Tecniche di assicura-zione in parete

C09-17 Posizione del mezzo barcaiolo con rami di corda, in entrata e uscita dal freno, posti a 180°

C09-17 Posizione del tuber con rami di corda, in entrata e uscita dal freno, posti a 180°

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Tecniche di assicura-zione in parete

Alpinismo su ghiaccio e misto

mezzo barcaiolo(FMF=8)

tuber(FMF=5)

30 daN

30 daN

240 daN

150 daN

408 daN

255 daN

648 daN

405 daN

147 daN

235 daN

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il freno dipende dall’energia cinetica da dissi-pare, dal tipo di freno adottato, dalla mano del-l’assicuratore, dalla presenza di attriti dovuti airinvii e al contatto della corda con la parete.

A puro titolo di esempio, riportiamo il caso di caduta di un alpinista di 75 kg che, salito sopra la sosta di 8metri, cade dopo aver posizionato un rinvio intermedio 4 metri sopra la sosta (Energia cinetica = 8 metri divolo*75 kg di peso = 600 daN da dissipare) mentre il secondo esegue un’assicurazione ventrale, rispettiva-mente, con i due freni sottoelencati:

Frenoutilizzato

Forzaentrante nel

freno

Caricoultimorinvio

Corsadella cordanel freno

Forzad’arresto su

alpinista

Forzauscente dal

freno

C09-18 Tabella mezzo barcaiolo e tuber

Nel calcolo della corsa nel freno (corsa = ener-gia/forza uscente dal freno) non si sono consi-derati gli attriti. I dati in tabella sono pura-mente orientativi e hanno il solo scopo dimostrare come, impiegando un freno con mag-giore capacità frenante (FMF più elevato) emantenendo la stessa tecnica e lo stesso com-portamento dell’assicuratore in fase di trattenu-ta, si ottengano corse della corda nel freno piùbasse a prezzo, tuttavia, di sollecitazioni piùalte sull’alpinista che cade (forza d’arresto) esull’ultimo rinvio. Si può pertanto dedurre cheè possibile ottenere bassi carichi, nella catena disicurezza, a prezzo di maggiori corse della cordanel freno. È però importante ribadire che, aprescindere dal freno usato, la forza frenantedipende molto dal comportamento di colui cheassicura. È perciò opportuno esercitarsi in palestra, effet-tuando prove di trattenuta, sia per capire le sol-lecitazioni in gioco, sia per conoscere meglio ifreni impiegati. Un volo di 8 metri è una caduta già importan-

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te: nella pratica alpinistica la corsa della cordanel freno con un mezzo barcaiolo, senza la pre-senza di rinvii, è pari a circa 1/3 ~ 1/4 dell’al-tezza di caduta e cioè circa 2 metri. Ben diffi-cilmente, senza utilizzare dei guanti, l’assicura-tore potrà far scorrere così tanta corda senzasubire delle lesioni. È perciò fondamentale cheil capocordata, in partenza da una sosta, posi-zioni il primo ancoraggio intermedio appenapossibile, e comunque non oltre 3 metri circadalla sosta stessa.

Alpinismo su ghiaccio e misto Tecniche di assicura-zione in parete

D) Effetto del rinvioIl moschettone dell’ultimo rinvio posizionatoprima di una caduta produce un attrito sullacorda per cui la forza a valle (verso il corpo incaduta) risulta maggiore della forza a monte(verso il freno) di un coefficiente pari a 1,5~1,7.Anche il rinvio può essere considerato come unamplificatore della forza frenante prodotta dalsistema mano-freno.Osservando la figura a lato, si traggono leseguenti considerazioni:a) la forza frenante del sistema mano-freno, chesarà moltiplicata dal rinvio di circa 1,7, assumein questo esempio il valore di 300 daN;b) la forza di arresto sull’alpinista che cade èpari alla forza frenante amplificata per effettodel rinvio (e di eventuali attriti sulla parete) edin questo caso vale 510 daN;c) sull’ultimo rinvio si sommano la forza fre-nante (diretta verso la sosta) e la forza di arre-sto (verso il corpo che cade). In pratica l’anco-raggio intermedio su cui si verifica la cadutariceve una sollecitazione quasi doppiarispetto a quella subita dall’alpinista caduto.

C09-19 Carico sul rinvio 1

ultimo rinvio

810 daN

510 daN

forza frenante (300daN) + forza d’arresto (510daN)= carico all’ultimo rinvio (810 daN)

freno300 daN

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TECNICHE DI ASSICURA-ZIONE DINAMICA AL PRIMO DI CORDATA

A) GeneralitàQueste tecniche vengono divise in due categorie:- tecniche che non implicano un sollevamentodell’assicuratore: assicurazione classica.- tecniche che producono il sollevamento dell’as-sicuratore: assicurazione classica bilanciata eassicurazione ventrale.È opportuno far rilevare che, oltre all’innalza-mento o meno dell’assicuratore, esiste un altroimportante aspetto che contraddistingue le duefamiglie di assicurazioni e che ne rende consiglia-bile di volta in volta l’impiego, in funzione del-l’affidabilità degli ancoraggi di sosta e di prote-zione sui quali si opera.Nel caso di assicurazione con sollevamento del-l’assicuratore, si registrano carichi all’ultimo rin-vio inferiori di circa il 10~20% rispetto all’assi-curazione classica: da un’analisi della meccanicadella trattenuta si evidenzia che questo alleggeri-mento dei carichi sul rinvio (e su tutti gli ele-menti della catena di sicurezza) non dipendetanto dall’entità del sollevamento dell’assicurato-re quanto dal comportamento di quest’ultimo; èquindi opportuno limitare tale innalzamentorealizzando un collegamento di sosta più cortopossibile compatibilmente con la giusta riparti-zione dei carichi sugli ancoraggi di sosta, senzacon questo nulla togliere ai vantaggi di questotipo di assicurazione.Vi sono altresì molte varianti di esecuzione dellepredette tecniche, da attuare in relazione alle

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Alpinismo su ghiaccio e misto

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caratteristiche del terreno, all’affidabilità dell’an-coraggio di sosta, all’esistenza di ancoraggi inter-medi e all’attrezzatura alpinistica a disposizione.Si è ritenuto sufficiente descrivere in questomanuale le tecniche di assicurazione più valideche trovano applicazione nei vari terreni, avva-lendosi come freni dell’utilizzo di:a) nodo mezzo barcaiolob) freno tuber.

OsservazioniNei disegni successivi gli ancoraggi di sosta sonostati raffigurati con un anello che simula il chio-do da ghiaccio o da roccia.

B) Tecniche senza sollevamento del-l’assicuratoreAssicurazione classicaQuesto metodo, caratterizzato da diverse varian-ti, è comunemente adottato nelle scuole delC.A.I.Il freno va applicato al vertice inferiore del trian-golo di sosta e l’assicuratore è autoassicurato, conla corda di cordata ed un nodo barcaiolo, al piùsicuro degli ancoraggi di sosta (vedi precedentesezione “Autoassicurazione”).Nell’assicurazione classica, come freno vieneutilizzato il nodo mezzo barcaiolo: ciò inquanto gli altri tipi di freno (tuber, piastrinaSticht, ecc.), quando operano con i rami dellacorda, in entrata e in uscita dal freno, paralleli traloro (come in caso di caduta del capocordata inassenza di rinvii intermedi), non garantiscono unsufficiente FMF (vedi precedente sezione“Richiami sui freni”).

Alpinismo su ghiaccio e misto Tecniche di assicura-zione in parete

C09-20 Assicurazione e autoassicurazione classica

al primo di cordata

autoassi-curazione

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ProI pregi si possono così riassumere:a) l’assicuratore non è coinvolto dal volob) elevata forza frenante in caso di caduta conscarsi attriti e/o senza rinvii intermedi (cadutadiretta sulla sosta)c) minori problemi, dopo la caduta, nellemanovre di autosoccorso.

Controa) forte sollecitazione sulla sosta e sull’ultimorinvio posizionato dal primo di cordata primadella cadutab) durante la trattenuta da parte dell’assicura-tore, vi è una prima fase in cui il freno non èoperativo: tale fase dura tutto il tempo richie-sto per il completo ribaltamento verso l’alto deltriangolo di sosta; solo allora, infatti, il frenoinizia la sua funzione.Questo comportamento determina due aspettinegativi:- la caduta dell’alpinista è prolungata di un’en-tità pari al doppio dell’altezza del triangolo disosta (realizzare triangoli corti)- in tal modo si verrà ad operare un forte cari-co sulla corda in quanto il freno, con il ribalta-mento, si solleva molto e l’assicuratore tende atirare la corda dal basso con buona parte dellasua massa: il risultato sarà un’elevata forza fre-nante (ad esempio 300 daN) con un conse-guente elevato valore di carico sull’ultimo rin-vio (810 daN)c) è facile generare, specie con il mezzo bar-caiolo posizionato alto rispetto all’assicuratore,un lasco di corda che prolunga la caduta delcapocordata

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Alpinismo su ghiaccio e misto

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d) essendo funzionale all’uso del solo frenomezzo barcaiolo, non permette di attuare la pro-gressione con mezze corde passate alternate neirinvii.

ConclusioniSviluppando un’elevata forza frenante, rispettoalle tecniche con sollevamento dell’assicurato-re, è una manovra consigliabile quando si operacon soste e ancoraggi particolarmente affidabi-li, sia su ghiaccio che su roccia.In definitiva, si può raccomandare, in generale,di creare un triangolo di collegamento il piùcorto possibile, compatibilmente con la fun-zione di ripartizione dei carichi sugli anco-raggi di sosta collegati, trovando cioè unragionevole compromesso tra lunghezza delcordino (o fettuccia) di collegamento e angoloal vertice del triangolo di sosta. Così facendo siridurrà l’entità del ribaltamento della sostatraendo benefici da una minor violenza dellatrattenuta.In genere, la posizione ideale dell’assicurato-re, per eseguire un’efficace assicurazione contecnica classica, si ottiene mantenendo ilfreno all’altezza del busto.Un corretto utilizzo del freno mezzo barcaiolorichiede infatti che la mano trattenente nonvenga mai tenuta troppo vicina al nodo, bensìche sia posizionata a 40-50 centimetri dallostesso in modo da consentire una corsa “con-trollata” della corda e permettere così di modu-lare la frenata. La mano trattenente non devequindi impugnare troppo rigidamente (a menoche non si abbia a che fare con voli importan-ti) la corda bensì, pur tenendola saldamente

Alpinismo su ghiaccio e misto Tecniche di assicura-zione in parete

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(onde evitarne lo scorrimento incontrollato),deve cercare di accompagnarla verso il freno.Da uno scorrimento minimo di 40-50 cm dellacorda nel moschettone (che avviene anche sechi assicura si irrigidisce istintivamente nellatrattenuta), con un adeguato allenamento inpalestra si può arrivare a scorrimenti controlla-ti di lunghezza superiore, che consentono diridurre notevolmente le sollecitazioni sullasosta e sull’ultimo ancoraggio intermedio.Si sottolinea che il nodo mezzo barcaiolodeve sempre trovarsi lontano da ostacoli(nodi, roccia, altri moschettoni, ecc.) e inposizione di scorrimento verso il primo dicordata.In caso di recupero di corda “lasca”, l’assicura-tore deve sempre ricordarsi di “ricapovolgere” ilmezzo barcaiolo in direzione favorevole alloscorrimento verso il primo di cordata. Infatti,qualora il primo di cordata dovesse cadere conil nodo “capovolto”, il freno potrebbe non fun-zionare, verificandosi così una situazione dicorda bloccata.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

C09-21 Assicurazione classica C09-22 Assicurazione classica (ribaltamento)

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Tecniche con sollevamento dell’assi-curatoreGeneralitàSu ghiaccio e su roccia, dove non sia possibileposizionare ancoraggi affidabili, deve essere uti-lizzata un’assicurazione che prevede il solleva-mento dell’assicuratore, in quanto questa per-mette di ridurre i carichi all’ultimo rinvio, allasosta e alla persona che cade.In funzione della situazione particolare e dellepriorità che l’assicuratore si darà di volta involta, verrà scelta l’assicurazione classica bilan-ciata o l’assicurazione ventrale, tenendo contodei pro e dei contro di seguito illustrati.In caso di ancoraggi non particolarmente affi-dabili, si ricorda che il collegamento semimo-bile in parallelo degli ancoraggi di sosta garan-tisce, rispetto ai collegamenti mobili, un ridot-to spostamento del vertice del triangolo di sostain caso di cedimento improvviso di uno degliancoraggi collegati.Va ribadito che, salvo in presenza di attriti con-siderevoli, il “bilanciamento” fatto dal corpodell’assicuratore non riesce in molte occasio-ni a trasformare una sosta “monodireziona-le” in “bidirezionale”: una volta quindi chel’assicuratore viene sollevato, sarà spesso lasosta a bloccare l’innalzamento.

Assicurazione classica bilanciata L’assicurazione classica bilanciata è indicataquando si opera con ancoraggi di sosta nonparticolarmente affidabili sia su ghiaccio che suroccia. La tecnica trae origine, quale variantedella assicurazione classica, dalle necessità diattenuare gli effetti del ribaltamento del trian-

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golo di sosta e di ridurre le sollecitazioni sul-l’ultimo rinvio. L’autoassicurazione va realizza-ta al vertice inferiore del triangolo di sosta, tra-mite la corda di cordata ed un nodo barcaiolo.Con il collegamento degli ancoraggi di tiposemimobile, con cordino o fettuccia precucita,sul moschettone di autoassicurazione va inseri-to un secondo moschettone sul quale si effettual’assicurazione mediante mezzo barcaiolo (vedifigura C09-23). Invece con collegamento adasola inglobata il moschettone di assicurazioneva inserito dentro l’asola; in questo modo l’al-tro moschettone di autoassicurazione è menocoinvolto da una eventuale caduta del primo dicordata.L’assicuratore, posizionato a circa 40-60 cm dalbarcaiolo di autoassicurazione, può essere siaappeso alla sosta sia con i piedi appoggiati aterra (ma sempre con il ramo di autoassicura-zione ben teso).Si tratta quindi di una tecnica che utilizzacome freno il nodo mezzo barcaiolo, analoga-mente a quanto capita per l’assicurazione clas-sica (l’unico freno con FMF efficace in caso dicaduta del primo senza rinvii intermedi).La figura C09-25 fa riferimento a un collega-mento semimobile (realizzato con cordino ocon fettuccia precucita) e mostra in primopiano il moschettone di assicurazione che siaggancia a quello di autoassicurazione. Invecela figura C09-26 fa riferimento ad un collega-mento (mobile oppure semimobile) con asolainglobata e descrive nel particolare il moschet-tone di assicurazione che si aggancia dentro l’a-sola.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

C09-23 Ass. bilanciata semimobile

C09-24 Ass. bilanciata con asola

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Proa) la forza frenante esercitata dal sistema mano-freno è più alta dell’assicurazione ventrale, maè più bassa rispetto all’assicurazione classicab) rispetto all’assicurazione classica, si generanosollecitazioni minori sull’ultimo rinvio e, ingenere, anche sulla sostac) rispetto all’assicurazione ventrale, in caso diribaltamento della sosta si ottiene un solleva-mento dell’assicuratore più contenuto in virtùdel collegamento diretto del freno al triangolodi sosta, che ammortizza l’innalzamento.

Controa) la caduta del primo di cordata su rinvii inter-medi solleverà sempre, più o meno violente-mente, l’assicuratore (in funzione dell’altezzadel triangolo di sosta e dell’autoassicurazione),salvo il caso in cui siano presenti rinvii angola-ti o comunque determinanti attriti della cordasulla pareteb) nel caso in cui l’assicuratore sia solo appog-giato e non sospeso alla sosta, la presenza dilaschi di corda creerà sicuramente strappi dan-nosi per una buona trattenuta; è pertanto pre-

Alpinismo su ghiaccio e misto Tecniche di assicura-zione in parete

C09-26 Ass. bilanciata e asolaC09-25 Ass. bilanciata e moschettone

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feribile restare appesic) si manifesta una maggiore difficoltà nell’ap-prontamento delle manovre di autosoccorso,specialmente in caso di sollevamento cospicuod) come per la tecnica classica, l’utilizzo delmezzo barcaiolo genera dei laschi di corda cheallungano la caduta del capocordatae) essendo funzionale all’uso del solo frenomezzo barcaiolo, non può essere attuata in casodi progressione con mezze corde passate alter-nate nei rinvii.

Considerazioni sulle soste realizzatecon ancoraggi poco affidabiliLa riduzione dei carichi (dal 10 al 20%) chequesta manovra genera rispetto all’assicurazio-ne classica è in larga parte determinata da undiverso comportamento della mano dell’assicu-ratore e solo in minima parte dall’entità del sol-levamento stesso. Sotto questo aspetto è quin-di opportuno, laddove è possibile, limitare taleinnalzamento mediante una ridotta lunghezzadel triangolo di sosta.Tuttavia su neve poco consistente e terrenopoco pendente (con ancoraggi realizzati concorpi morti, attrezzi, ecc.) è importante chel'autoassicurazione sia lunga per far lavorarecorrettamente il corpo morto ed inoltre perridurre la possibilità che, in caso di ribaltamen-to della sosta e conseguente sollevamento del-l’assicuratore, si verifichi l’estrazione degliancoraggi. La figura C09-27 illustra 2 piccozzeposte in posizione orizzontale, in collegamentomobile e a titolo dimostrativo ancora nonricoperte dalla neve.

Tecniche di assicura-zione in parete

Alpinismo su ghiaccio e misto

C09-27 Coll. mobile con due piccozze

C09-28 Coll. semimobile con due piccozze

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In genere con punti di ancoraggio non partico-larmente affidabili e con il vertice della sostaabbastanza distante dall’assicuratore risulta piùconveniente adottare il collegamento semimo-bile; in assenza di rinvii intermedi e in seguitoal cedimento improvviso di uno degli ancorag-gi di sosta, il semimobile rispetto al mobilegarantisce una ridotta sollecitazione sull’anco-raggio superstite.

Assicurazione ventraleL’assicurazione ventrale è nata nei paesianglofoni con l’intento di contrapporre il pesodell’assicuratore alle forze derivanti dalla cadu-ta, cercando così di preservare la sosta da cari-chi eccessivi. Sebbene l’assicurazione in vita tramite tuberpossa essere effettuata sia con una corda checon due mezze corde, viene qui descritta la ver-sione in cui si impiegano due mezze corde chepassano in modo alternato nei rinvii; lo scopoè quello di ridurre al minimo le sollecitazionisui rinvii e possibilmente sulla sosta qualora cisi trovi ad operare con ancoraggi particolar-mente precari.La figura C09-29 fa riferimento ad un collega-mento semimobile (realizzato con cordino ocon fettuccia precucita) e mostra il pseudo rin-vio che si aggancia a quello di autoassicurazio-ne. Invece la figura C09-30 fa riferimento adun collegamento mobile (oppure semimobilese vengono realizzati i nodi sui rami) con asolainglobata e mostra lo pseudo rinvio che siaggancia dentro l’asola.Le caratteristiche di questo metodo sono leseguenti:

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C09-29 Assicurazione ventrale 1

C09-30 Assicurazione ventrale 2

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Tecniche di assicura-zione dinamica alprimo di cordata

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- l’assicuratore, tramite la corda di cordata, èautoassicurato al vertice del triangolo di sosta(nodo barcaiolo su moschettone a ghiera)- il freno è applicato all’imbracatura tramitemoschettone a ghiera che comprende sia l’anel-lo di servizio che l’asola formata dalle duecorde- condizione indispensabile nell’esecuzione del-l’assicurazione ventrale è che il primo di corda-ta, prima di partire, passi le due mezze cordeattraverso un moschettone posto al vertice deltriangolo di sosta (pseudo-rinvio). Ciò alloscopo di evitare che, in caso di caduta prima diaver posizionato almeno un rinvio sopra lasosta, le sollecitazioni si scarichino direttamen-te sull’imbracatura dell’assicuratore, rendendoquantomeno problematica la trattenuta- nella progressione a corde alternate, le duemezze corde vanno comunque passate appaiatenello pseudo-rinvio e nei primi due ancoraggiintermedi che vanno posizionati entro i primi5-6 m dopo la sosta- lo pseudo-rinvio consente anche di limitarel’innalzamento dell’assicuratore in caso dicaduta del primo di cordata che abbia posizio-nato almeno un rinvio intermedio.Nella figura C09-32 è illustrata una assicura-zione ventrale con tuber in vita su cui passanodue mezze corde. Il collegamento dei due puntidi ancoraggio è di tipo semimobile.Nella figura C09-33 è mostrato il particolaredello pseudo rinvio che è agganciato almoschettone di autoassicurazione.Nella figure C09-34 e C09-35 è illustrato ilsecondo tipo di aggancio del pseudo rinvio.Collegando gli ancoraggi in modo semimobile

Tecniche di assicura-zione in parete

Alpinismo su ghiaccio e misto

C09-32 Assicurazioneventrale su moschettone

C09-33 Assicurazione ventra-le su moschettone particolare

C09-31 Assicurazione ventrale corde sfalsate

2° rinvio

1° rinvio

pseudo rinvio

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(con i due nodi) per mezzo di un cordino chiu-so con un’asola inglobata si può inserire il pseu-do rinvio nell’asola: in caso di caduta del primodi cordata, in assenza di rinvii, il moschettonedi autoassicurazione non viene coinvolto.

Proa) rispetto all’assicurazione classica e alla classicabilanciata, l’assicurazione ventrale, per il mododi operare indotto nell’assicuratore (il moto dellamano trattenente è orizzontale e non coinvolgela forza peso della mano stessa), genera una forzafrenante minore e quindi minori carichi su tuttala catena di sicurezzab) l’uso di due mezze corde passate in modoalternato nei rinvii (attuabile solo con questatecnica) riduce notevolmente il carico sull’ulti-mo rinvio e sulla sosta, in caso di cadutac) permette di limitare al massimo i laschi dicorda nella manovra del freno, non prolungan-do in tal modo la caduta del capocordatad) l’assicurazione ventrale con impiego del tubere di una corda semplice è frequentemente utiliz-zata anche nell’arrampicata sportiva su per-corsi caratterizzati da ancoraggi affidabili evicini tra loro: in questo caso eventuali voli delcapocordata non dovrebbero creare particolariproblemi a colui che assicura e nel contempo iltuber in vita gli consente una gestione più preci-sa della corda rispetto ad altri sistemi frenanti.

Controa) la caduta del primo di cordata solleverà quasisempre, più o meno violentemente, l’assicura-tore; l’entità del sollevamento è in funzionedella lunghezza del triangolo di sosta e delramo di autoassicurazione

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C09-34 Assicurazione ventrale su asola

C09-35 Assicurazione ventrale su asola (particolare)

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b) solo la presenza di attriti e rinvii angolatipuò giustificare il passaggio alternato dellecorde nei rinvii, da ciò derivando una notevoleriduzione di sicurezza consistente nell’avereuna sola mezza corda interessata al volo (cadu-ta sassi o ghiaccio, volo su una lama affilata,ecc.)c) soprattutto nella progressione con passaggioalternato delle corde nei rinvii, si determinanocorse della corda nel freno molto alte, ancheoltre 2 metri. Infatti, citando a titolo di esem-pio una delle prove di caduta effettuate contuber in vita, si osserva che operando con duemezze corde accoppiate viene prodotto un cari-co di 499 daN con una corsa nel freno di 65cm, mentre operando con due mezze cordealternate si produce un carico di 326 daN conuna corsa nel freno di ben 265 cm (indispensa-bile l’uso dei guanti, pena lesioni alle mani)d) rispetto alle assicurazioni classica e classicabilanciata, presenta una maggiore difficoltànell’approntamento delle manovre di autosoc-corso, specie nei casi di sollevamento cospicuo.A tale proposito si rimanda il lettore al capito-lo 11 “Manovre di corda” nel quale vienedescritta l’operazione che consente di passare lacorda in carico dal tuber alla sosta: infatti nelcaso di caduta del primo di cordata colui cheassicura deve bloccare la corda nel tuber chetiene in vita e portare la corda sotto carico allasosta per poter quindi mettere in atto le opera-zioni di soccorso.

ConclusioniL’assicurazione ventrale viene impiegata soprat-tutto quando si opera su terreni e protezioni

Tecniche di assicura-zione in parete

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non particolarmente affidabili, su ghiaccio e suroccia. Questa manovra genera carichi inferio-ri, rispetto all’assicurazione classica e a quellabilanciata, riconducibili in larga parte ad undiverso comportamento dell’assicuratore (che èconseguenza del suo innalzamento) e solo inminima parte all’entità del sollevamento stesso:è quindi opportuno limitare tale innalzamento- che potrebbe anche essere traumatico per l’as-sicuratore - mediante una ridotta lunghezza deltriangolo di sosta, senza nulla togliere alle pre-rogative di questo tipo di assicurazione.In generale, in caso di progressione con duemezze corde, in presenza di buoni ancoraggie quando la preoccupazione maggiore è dievitare la rottura della corda per una cadutadi sassi o per una caduta su di una lama diroccia, è consigliabile passare le cordeaccoppiate nei rinvii. In caso di ancoraggi precari o addirittura, incasi limite, quando non è possibile allestiresoste con buona tenuta bidirezionale e comun-que, in generale, nelle situazioni in cui l’o-biettivo principale è ridurre i carichi nellacatena di sicurezza, è preferibile adottarel’assicurazione ventrale con corde passate inmodo alternato nei rinvii.

Alpinismo su ghiaccio e misto Tecniche di assicura-zione in parete

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Considerazioni sull’utilizzo del frenomezzo barcaioloIn tema di assicurazione dinamica si attribuiscesempre al nodo mezzo barcaiolo un’importanzafondamentale, sebbene le tecniche di assicura-zione si siano differenziate a seconda dellecaratteristiche del terreno di progressione e seb-bene siano presenti nel mercato altri tipi difreni. Infatti in molte situazioni di progressio-ne in montagna si ricorre al nodo mezzo bar-caiolo, che è un freno che richiede però profon-da conoscenza e adeguata sperimentazione,come già descritto nella tecnica classica di assi-curazione e come emerge dalle seguenti carat-teristiche.

Difetti del freno mezzo barcaiolo- Soprattutto in caso di utilizzo di mezze corde,il mezzo barcaiolo produce fastidiosi attorci-gliamenti; a questo inconveniente si può ovvia-re sfilando accuratamente la corda per tutta lasua lunghezza e avvolgendola con cura al ter-mine dell'ascensione. - Non è utilizzabile con due mezze corde passa-te alternate nei rinvii in quanto, in caso dicaduta del primo di cordata, nel nodo si verifi-ca uno scorrimento di una corda sull’altra equindi un danneggiamento. - Qualora utilizzato impropriamente (ad esem-pio, “capovolto” in senso opposto a quello discorrimento; posto a contatto con ostacoli/altrinodi/moschettoni, ecc.; realizzato su moschet-toni non di tipo H), il mezzo barcaiolo generaforze frenanti eccessive, potendo addiritturaarrivare a situazioni critiche di corda bloccata.

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C09-36 Mezzo barcaiolo

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- A differenza di altri freni “metallici”, è l’unicofreno che genera un attrito diretto corda sucorda; in caso di cadute importanti produce unforte deterioramento della corda nel tratto incui è avvenuta la dissipazione - una corda cheabbia subito uno strappo violento non dovreb-be più essere usata.

Pregi del freno barcaiolo:- Rispetto ad altri tipi di freni, a parità di attri-ti sulla corda e di forza esercitata dalla manotrattenente dell’assicuratore, il nodo mezzobarcaiolo è il freno che fornisce la massimacapacità frenante in caso di caduta; questoaspetto è considerato un pregio piuttosto cheun difetto. Si tenga presente che il freno ampli-fica la forza esercitata dalla mano e quindi laforza frenante dipende molto anche dal com-portamento di chi assicura.- Il mezzo barcaiolo è l’unico freno che fun-ziona nel caso in cui non vi siano, lungo lacatena di sicurezza, ancoraggi intermedi;anzi, in questi casi limite, esso è in grado diesercitare la massima capacità frenante (FMFmassimo). Gli altri freni eserciterebbero unFMF solo di 1,5~1,7. Si pensi ad esempio alcaso in cui l’assicuratore sia colto di sorpresa:un freno con elevata capacità frenante come ilmezzo barcaiolo può salvare la situazione.

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Confronto tra le tecniche di assicura-zione al primo di cordataIl seguente prospetto sintetico mette a con-fronto le tecniche senza sollevamento dell’assi-curatore (classica) con quelle che implicanotale sollevamento (ventrale).

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ASSICURAZIONE PREGI DIFETTI TECNICA

Assicurazione senza sollevamento

Assicurazione con sollevamento

- facile manovrabilità

- assicuratore non coinvolto dalla caduta

- minori problemi nel l’approntamento di eventuali manovre di autosoccorso

- minori sollecitazioni sulla sosta e sull’ultimo rinvio

- facile manovrabilità e comodità

- maggior precisione nella gestione della corda

- maggiori sollecitazioni sulla sosta e sull’ultimo rinvio

- sollevamento e forte strappo all’assicuratore, con possibili significativi urti contro la parete;

- maggiori difficoltà nell’approntamento di eventuali manovre di autosoccorso;

- maggiore lunghezza del volo di chi cade

Assicurazione classica

Assicurazione ventralee classica bilanciata

Il prospetto va opportunamente integrato conle seguenti precisazioni:- la sollecitazione sull’ultimo rinvio determi-nata da tecniche di assicurazione senza solle-vamento è molto maggiore di quella prodot-ta da tecniche con sollevamento; tale differen-za si determina solo in caso di scarso attritodella corda lungo il percorso (ad es., un solo rin-vio) e va riducendosi notevolmente fino a diven-tare trascurabile se gli attriti aumentano- operando con soste e ancoraggi affidabili(spit, fix, ottimi chiodi, ecc.), le tecniche che

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non implicano il sollevamento dell’assicuratoresono da preferirsi in quanto non coinvolgono ilcorpo dell’assicuratore stesso e permettonocorse limitate della corda nel freno- operando con soste e ancoraggi non partico-larmente affidabili, le tecniche che implicano ilsollevamento dell’assicuratore sono da preferir-si in quanto sollecitano in modo minore lacatena di sicurezza: in tal senso, allo stato attua-le l’assicurazione ventrale è da preferirsi rispet-to alla classica bilanciata- si ribadisce che la forza frenante deriva dal-l’effetto combinato della forza trattenente dellamano e della capacità frenante del freno(FMF). Ciò significa, in linea di principio,che un freno vale l’altro salvo saper modula-re opportunamente la forza della mano trat-tenente; tuttavia è preferibile utilizzare unfreno efficace che può essere modulato mor-bidamente in caso di richiesta di basse forzefrenanti, piuttosto che un freno poco effica-ce che non permette di trattenere caduteimportanti. Va ricordato che una forza frenan-te debole richiede corse elevate della corda nelfreno e che solo azioni frenanti vigorose sono ingrado di fermare voli consistenti. È infattiimpensabile arrestare una caduta importantesenza un cospicuo scorrimento della cordanella mano (a meno che la catena di sicurezzanon presenti rinvii angolati e forte attrito dellacorda sulla parete): diventa allora indispensabi-le l’uso dei guanti da parte dell’assicuratore,salvo bruciarsi le mani e/o perdere il con-trollo della corda- in caso di utilizzo di due mezze corde“alternate”, nell’assicurazione al primo di

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cordata è indispensabile l’uso di un freno chetenga separate le due corde (tuber o piastrinaSticht), per evitare pericolosi sfregamenti tra ledue mezze corde come capita, ad esempio, incaso di utilizzo del mezzo barcaiolo o di freni tipo“otto”.Un opportuno esercizio all’uso delle varie tecni-che consente di raggiungere una conoscenza otti-male delle stesse, specialmente per quanto riguar-da il controllo dello scorrimento della corda nelfreno.Si può concludere osservando che il migliorsistema in assoluto non esiste. Si raccomandapertanto di:a) esercitarsi nell’applicazione delle varie tecnicheb) imparare ad utilizzare le diverse tecniche diassicurazione con spirito critico, in modo dasaper adottare quella più adatta in relazione allasituazione specifica.Per quanto sopra, ricordando che l’obiettivo pri-mario, in fase di assicurazione, è quello di adot-tare il dispositivo che meglio consenta, da unlato, di trattenere efficacemente una caduta delcompagno e dall’altro lato di sollecitare il menopossibile gli elementi della catena di assicurazio-ne, si può concludere che solo un addestramen-to costante e specifico alle varie forme di assi-curazione, sperimentando di persona la propriacapacità di modulare la frenata (tenuta decisa otenuta “morbida” della mano trattenente) con idiversi metodi di assicurazione, con i vari tipidi freni e con diversi gradi di angolazionedella corda (o di due corde, appaiate o sfalsa-te) sui rinvii intermedi, può consentire di adot-tare la scelta di volta in volta più oculata peruna progressione della cordata in sicurezza.

Tecniche di assicura-zione in parete

Alpinismo su ghiaccio e misto

L’obiettivo primario, infase di assicurazione, èquello di adottare ildispositivo che meglioconsenta, da un lato, ditrattenere efficacementeuna caduta del compa-gno e dall’altro lato disollecitare il meno possi-bile gli elementi dellacatena di assicurazione.

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TECNICHE DI ASSICURA-ZIONE AL SECONDO DICORDATA

L’assicurazione al secondo di cordata pone menoproblemi in quanto, salvo il caso di traversate,una caduta non provoca sollecitazioni di inten-sità elevata, pericolose per l’ancoraggio di sosta.

Recupero con nodo mezzo barcaioloIl freno mezzo barcaiolo può essere adottato perl’assicurazione di un secondo di cordata su unacorda semplice o su due mezze corde, se adope-rate come fossero una sola corda.Colui che assicura, con una mano recupera lacorda proveniente dal basso e con l’altra mano,cioè quella che dovrà trattenere l’eventuale cadu-ta, tira la corda che scorre attraverso il nodo. Èsempre bene tenere tesa la corda che provienedal secondo di cordata, mantenendo il nodosempre in posizione di recupero onde impedirelo scorrimento dello stesso in caso di caduta delcompagno.Questo tipo di assicurazione, su ancoraggi moltoaffidabili, può essere eseguito autoassicurandosisull’ancoraggio di sosta più sicuro, fissando ilmoschettone del mezzo barcaiolo direttamenteal vertice del triangolo di sosta: ciò permetterà,in caso di progressione a comando alternato, dinon dover cambiare tipo di manovra per la pro-secuzione della progressione nella lunghezza suc-cessiva, nel caso venga adottata la tecnica di assi-curazione classica del primo di cordata (vedi inprecedenza).

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C09-37 Recupero con mezzo barcaiolo

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Nella figura C09-38 è mostrata una sosta in cuisi applica l’assicurazione classica. Nella figuraC09-39 è invece illustrata una assicurazionebilanciata.

Recupero con piastrinaIl recupero di uno o di due secon-di di cordata in simultanea (vediprogressione della cordata a tre,successivamente trattata) puòessere eseguito realizzando un’as-sicurazione “statica”, attraversol’utilizzo di appositi dispositiviautobloccanti. Nella foto a lato èmostrata una piastrina autobloccante:si tratta di un attrezzo leggero e versatile cheoltre a permettere il recupero di una o due cordecontemporaneamente, può essere altresì utilizza-to quale discensore per la corda doppia nonchéper altre manovre di corda e di autosoccorso(vedi capitolo “Manovre di corda”).In caso di utilizzo di piastrine con una “costola”da un lato (tipo quella di cui alla foto in alto), ilrecupero di due secondi in simultanea va sempreeffettuato applicando il moschettone a contrasto(quello trasversale alla piastrina) dal lato della

piastrina privo di costola. Il funzionamento della piastrina

autobloccante nel recuperodi una o di due corde vienedi seguito illustrato: il ramosuperiore della corda è quel-lo che va al compagno darecuperare.

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C09-38 Recupero mezzo barcaiolo ass. classica

C09-40 Piastrina autobloccante

C09-39 Recupero mezzo barcaiolo ass. bilanciata

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C09-41 Uso piastrina con duecorde a-b-c

Al compagno

Inserimento corda Recupero di una corda Recupero di due corde

Così come avviene per l’assicurazione con ilmezzo barcaiolo, anche nel recupero di duesecondi con la piastrina l’assicuratore deve sem-pre tenere impugnate le corde in uscita dallapiastrina stessa.

C09-42 Recupero di un secondo con piastrina C09-43 Recupero di due secondi con piastrina

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ASSICURAZIONE CON ME-TODO TRADIZIONALE ASPALLA

Questa manovra viene, di norma, eseguita su ter-reno facile e solo in presenza di particolari condi-zioni di sicurezza, successivamente descritte. L’assicurazione a spalla va usata quando non siapossibile approntare un punto di sosta adatto arealizzare un’assicurazione dinamica con freni.È eseguibile anche senza disporre di imbraca-tura, verso il basso o verso l'alto, sia nei confron-ti del secondo che del primo di cordata.Trattandosi di un metodo “indiretto”, che sfrut-ta l’attrito della corda attorno al corpo dell’assicu-ratore, va posto in essere solo quando siano statiattentamente valutati gli effetti di un’eventualecaduta o scivolata del compagno assicurato.Ci si deve innanzitutto autoassicurare ad unancoraggio di sosta ritenuto affidabile (anche sepuò sostenere sollecitazioni in una sola direzione):per fare ciò, in mancanza di imbracatura, è neces-sario quantomeno legarsi in vita con la stessacorda o con uno spezzone di corda o cordino(vedi capitolo “Imbracatura e nodi - Realizzazioneimbracatura di emergenza”). Gli elementi essenziali sono la posizione del corpoe il modo di vestire la corda. L'alpinista che pro-cede a questa manovra nei confronti del secondodi cordata, una volta autoassicuratosi, si disponein piedi di fianco al pendio, con la gamba a valletesa, la gamba a monte leggermente piegata e laspalla a monte possibilmente appoggiata allaparete. Il corpo assume così una posizione incli-nata verso monte, secondo l'asse dell'eventuale

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verso il basso

verso l’alto

C09-44 Assicurazione a spalla 1

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strappo. Lo strappo viene assorbito dal corpo gra-zie all'effetto ammortizzante delle gambe.La corda che proviene dal compagno, impugnatadalla mano esterna con braccio disteso e pollicerivolto verso il basso, passa sotto l'ascella esterna,dietro al dorso e sopra la spalla a monte, scendedavanti al corpo e viene impugnata dalla manointerna con il braccio piegato e il pollice rivoltoverso l'alto.I gomiti sono tenuti aderenti ai fianchi e le manisaldamente chiuse a pugno. In caso di caduta delcompagno, le braccia devono essere rapidamenteincrociate davanti al petto in modo da bloccare lacorda ottenendo il massimo attrito.L’assicurazione a spalla nei confronti delsecondo di cordata va eseguita sempre a cordatesa, onde ridurre al minimo un’eventuale scivo-lata del compagno e la conseguente sollecitazioneproveniente dalla corda.È importante che il sistema costituito da ancorag-gio - assicuratore - compagno si mantenga inlinea. Una eventuale caduta viene ammortizzatadall’assicuratore che a sua volta è sostenuto dal-l’ancoraggio.Invece nell’assicurazione a spalla al primo di cor-data, il quale deve disporre di corda per potermuoversi senza impedimenti, in caso di caduta siriceverà un forte strappo direttamente sul propriocorpo e conseguentemente sulla sosta alla quale èautoassicurato. Proprio per questo motivo l’assicurazione alprimo di cordata con metodo tradizionale vaeffettuata solo per brevi tratti e a condizione chevengano posizionati numerosi ancoraggi interme-di, il primo dei quali, ancor prima che il capocor-data si muova dalla sosta, sarà subito collegato alla

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C09-46 Assicurazione a spalla 3

C09-45 Assicurazione a spalla 2

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medesima (vedi figura C09-44). È consigliabile altresì eseguire questa manovrasolo su terreni poco pendenti, misti o di cresta,dove abbondano spuntoni e cambi di direzio-ne. Solo in tali condizioni, infatti, gli attriti dellacorda nel tratto interessato alla caduta, potrannopermettere all’assicuratore di trattenere la stessaefficacemente e senza pregiudicare la tenuta del-l’ancoraggio di sosta. A tale proposito si rimanda il lettore al capitolo 10“Progressione in conserva della cordata”.

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PROGRESSIONE DELLA CORDATA SU TERRENO ALPINISTICO

a) GeneralitàSu terreno alpinistico le cordate devono esserecomposte da due o, al massimo, tre componentiper motivi di velocità e di sicurezza.Per quanto riguarda la formazione della cordatavanno considerati tre aspetti:a) il numero dei componentib) il loro modo di legarsi alla cordac) la loro posizione reciproca, che dipende dallerispettive capacità nonché dalla natura e dallecondizioni del terreno.In relazione al tipo di terreno, possiamo distin-guere tre diversi movimenti della cordata:a) in parete (su roccia, ghiaccio e misto)b) in attraversamento di ghiacciaioc) su itinerari di neve e su creste di neve o ghiac-cio con difficoltà modeste.

L’assicurazione a spallaè consigliabile eseguirlasolo su terreni pocopendenti, misti o di cre-sta, dove abbondanospuntoni e cambi didirezione. Solo in talicondizioni, infatti, gliattriti della corda neltratto interessato allacaduta, potranno per-mettere all’assicuratoredi trattenere la stessaefficacemente e senzapregiudicare la tenutadell’ancoraggio di sosta.

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b) La progressione in parete con anco-raggi di sostaNel presente capitolo viene sviluppata la progres-sione in parete con ancoraggi di sosta, mentre l’at-traversamento di ghiacciai e la progressione suneve e ghiaccio in conserva verranno trattati inappositi capitoli.

Numero dei componentiPossono formarsi cordate di due o tre alpinisti.Solitamente il numero ideale dei componenti diuna cordata è due. In ghiaccio, tuttavia, una cor-data di tre persone rispetto ad una di due potreb-be comportare taluni vantaggi in determinate cir-costanze di tempo e luogo. Ad esempio, per unalaboriosa traversata su ghiacciaio o per salite com-plesse, la formazione a tre è da preferirsi: nelprimo caso per maggiore disponibilità di perso-ne e mezzi in caso di caduta in crepaccio; nelsecondo caso, per la maggiore duttilità dellacordata a fronte di situazioni particolari, previ-ste o impreviste che siano.

Cordata di due personeNel caso di una cordata a due la corda da uti-lizzare può essere una corda semplice o duemezze corde. Le due mezze corde hanno il van-taggio di consentire calate in corda doppia piùlunghe (importanti soprattutto su itinerari dimisto o quando la discesa è prevalentemente suroccia) e di facilitare, in alcuni casi, determina-te manovre di emergenza; inoltre, in caso dicaduta sassi si dimezza il rischio che le corderisultino danneggiate. I componenti si legano alle estremità della corda

Alpinismo su ghiaccio e misto Tecniche di assicura-zione in parete

Possono formarsi corda-te di due o tre alpinisti.Solitamente il numeroideale dei componentidi una cordata è due. Inghiaccio, tuttavia, unacordata di tre personerispetto ad una di duepotrebbe comportaretaluni vantaggi in deter-minate circostanze ditempo e luogo.

Nel caso di una cordataa due la corda da utiliz-zare può essere unacorda semplice o duemezze corde.

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con uno dei nodi visti in precedenza. Utilizzandodue mezze corde, risultano meno ingombrantidue nodi a otto infilati rispetto a due bulini infi-lati. Il principio fondamentale è che i due alpini-sti si muovano uno alla volta: mentre uno è inmovimento, l’altro è fermo e autoassicurato eprovvede all'assicurazione del compagno. Una cordata di due elementi, nella progressionein assicurazione, su ghiaccio o roccia, procede nelmodo seguente, scambiandosi le comunicazioniverbali sottoindicate:- il capocordata comincia a salire dopo essersiaccertato che il secondo sia autoassicurato e inposizione di assicurazione dinamica- il secondo “fila” la corda al capocordata e lo assi-cura, controllando la sua progressione e avvisan-dolo, se opportuno, della disponibilità di cordarimasta (gridando, ad esempio, “CINQUE”, percomunicare il numero di metri approssimativa-mente mancanti alla fine della corda)- quando il capocordata arriva al punto di sosta, siautoassicura al primo ancoraggio affidabile (tro-vato in posto o realizzato), dopodichè, posiziona-ti gli altri ancoraggi di sosta (o verificata la soliditàdi quelli trovati in posto), li collega opportuna-mente (vedi capitolo “Ancoraggi”) e grida alsecondo “MOLLA E RECUPERO”: al qualeavviso il secondo, rimanendo autoassicurato insosta, smonta l’assicurazione, liberando la cordaeccedente, e risponde al compagno “CORDALIBERA”; (spesso per segnalare l’arrivo in sosta siusa il termine “molla tutto”; tuttavia persone pocoesperte potrebbero interpretare male tale espres-sione e togliere anche la loro autoassicurazioneprima che il compagno li prenda in carico) - il capocordata recupera quindi la corda ecceden-

Tecniche di assicura-zione in parete

Alpinismo su ghiaccio e misto

Utilizzando due mezzecorde, risultano menoingombranti due nodi aotto infilati rispetto adue bulini infilati.

Spesso per segnalare l’ar-rivo in sosta si usa il ter-mine “molla tutto”; tut-tavia persone pocoesperte potrebbero inter-pretare male tale espres-sione e togliere anche laloro autoassicurazioneprima che il compagno liprenda in carico.

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te sino a che il compagno non comunica“CORDA FINITA”; a questo punto predisponel’assicurazione per il recupero del secondo (pia-strina autobloccante o mezzo barcaiolo, semprefissata al vertice dell’ancoraggio) comunicandogli“PARTI” o “VIENI”- il secondo libera il collegamento dagli ancoraggidi sosta (rimuovendoli qualora non preesistenti),stacca per ultimo quello della propria autoassicu-razione e risponde al capocordata “PARTO” o“VENGO”- durante la progressione, il secondo potrà comu-nicare al capocordata “RECUPERA” in caso dicorda non tesa, “MOLLA” qualora abbia bisognodi corda (per abbassarsi o aggirare ostacoli) e“BLOCCA” o “TIENI” qualora stia per perderel’equilibrio ovvero necessiti di riposare sulla corda,anche per rimuovere le protezioni intermedieposizionate dal capocordata (in montagna ècomunque buona norma che il secondo di corda-ta eviti di “appendersi” alla corda di cordata,magari sfruttando, se necessario, le protezioniintermedie quali punti di riposo)- raggiunto il primo, il secondo si autoassicuraall’ancoraggio e consegna tutto il materiale recu-perato nel tiro sottostante al capocordata, che nelfrattempo può smontare il dispositivo di assicura-zione- prima di togliere la propria autoassicurazione, ilcapocordata si accerta che il secondo sia già inposizione di assicurazione dinamica, e può quin-di partire per il nuovo tratto di arrampicata.La sequenza sopra illustrata è ovviamente relativaalla progressione con un unico capocordata perl’intera ascensione, mentre, nella progressionedetta “a comando alternato”, ad ogni punto di

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Prima di togliere la pro-pria autoassicurazione, ilcapocordata si accertache il secondo sia già inposizione di assicurazio-ne dinamica, e può quin-di partire per il nuovotratto di arrampicata.

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sosta chi procede in un tiro di corda quale secon-do di cordata prosegue nel tiro di corda successi-vo diventando capocordata.

Cordata di tre personeNel caso di una cordata di tre componenti, vienequi descritta la formazione a V rovesciata, meglionota come cordata “a forbice”.Possono essere utilizzate due mezze corde o anchedue corde semplici.Disponendo di una sola corda in tre persone ilcapocordata si lega a metà corda (si consiglia ilnodo bulino) e alle due estremità si legano glialtri alpinisti. L’assicurazione al primo di cor-data deve essere sempre effettuata su entrambele mezze corde, mentre, in caso di utilizzo didue corde semplici, il capocordata sarà assicu-rato su una sola delle due corde; tuttavia inquesto caso le corde vanno entrambe passatenegli ancoraggi intermedi.L’assicurazione a ciascun secondo di cordata puòessere effettuata anche su una sola mezza corda, inquanto le sollecitazioni in caso di caduta sono, diregola, significativamente inferiori a quelle delprimo di cordata. La formazione a forbice è la piùfunzionale e veloce per cordate di tre elementi,perché consente al capocordata di recuperare con-temporaneamente i due “secondi” (se il terrenonon è particolarmente difficile); ha inoltre il van-taggio di non lasciare mai solo l’alpinista menoesperto. Richiede tuttavia un certo affiatamentodella cordata e punti di sosta sufficientementeampi. I tempi di progressione e le comunicazionitra i componenti la cordata sono gli stessi testèdescritti per la cordata a due, con le seguenti par-ticolarità:

Tecniche di assicura-zione in parete

Alpinismo su ghiaccio e misto

L’assicurazione al primodi cordata deve esseresempre effettuata suentrambe le mezzecorde, mentre, in caso diutilizzo di due cordesemplici, il capocordatasarà assicurato su unasola delle due corde.

L’assicurazione a ciascunsecondo di cordata puòessere effettuata anchesu una sola mezza corda,in quanto le sollecitazio-ni in caso di cadutasono, di regola, signifi-cativamente inferiori aquelle del primo di cor-data.

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- il capocordata viene assicurato sulle due mezzecorde dal secondo più esperto, mentre il terzocomponente “fila” le corde- i due secondi saranno assicurati e recuperati dalcapocordata mediante assicurazione statica conuna piastrina autobloccante fissata direttamenteal vertice dell’ancoraggio- ricevuto l’ordine di salire, il primo a partire deidue secondi, ove non concordato in precedenza,griderà al capocordata il colore della corda darecuperare (in caso di due mezze corde) oppurestrattonerà due-tre volte con decisione la corda darecuperare (in caso di utilizzo di corda unicamonocolore)- i due “secondi” devono avere l'avvertenza diarrampicare a qualche metro di distanza uno dal-l’altro, per non intralciarsi a vicenda ed evitare ilrischio che la caduta di uno coinvolga l’altro- su tratti con roccia instabile, difficoltà elevate oin traverso, il capocordata valuta se fare salire icompagni uno alla volta; analoghe decisionisaranno di volta in volta prese in discesa e in tra-versata.

Progressione su pendio di ghiaccio oneve duraLa progressione più sicura si realizza con la sostasu almeno due ancoraggi e con il posizionamentodi ancoraggi intermedi (rinvii) lungo il tiro dicorda, prima di affrontare tratti impegnativi;diversamente risulterebbe difficile e rischioso siaposizionarli che toglierli.L’importanza del posizionamento del primo rin-vio più vicino possibile alla sosta, già accennata inprecedenza, viene ribadita e argomentata nellatrattazione successiva.

Alpinismo su ghiaccio e misto Tecniche di assicura-zione in parete

La progressione più sicu-ra si realizza con la sostasu almeno due ancoraggie con il posizionamentodi ancoraggi intermedi(rinvii) lungo il tiro dicorda, prima di affronta-re tratti impegnativi.

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Tecniche di assicura-zione in parete

Alpinismo su ghiaccio e misto

Posizionamento del primo ancorag-gio intermedio Qualora il primo di cordata cada dopo essersialzato di 3-4 metri dalla sosta senza aver anco-ra posizionato alcun ancoraggio intermedio,realizzerà un volo di oltre 7-8 metri: tale cadu-ta causerà un corsa della corda nel freno fino aun terzo dell’altezza di caduta (oltre 2 metri) edifficilmente, senza guanti, l’assicuratore potràgarantire un tale scorrimento della corda senzasubire lesioni alle mani. È quindi determinanteposizionare il primo ancoraggio intermedio ilpiù vicino possibile all’ancoraggio di sosta, ecomunque non oltre 3 m dallo stesso. Si ricor-di a tal proposito che il moschettone del rinvioha anche la proprietà di amplificare di circa1,5-1,7 volte la forza esercitata dal sistemamano-freno, per cui un opportuno e tempesti-vo posizionamento del primo rinvio, oltre aridurre l’altezza della caduta, consente di otte-nere anche una maggiore azione frenante eduna significativa riduzione dello scorrimentodella corda nel freno.

La posizione 3-4 metrilaterale del primo di cor-data evita che chi assicu-ra sia colpito da pezzi dighiaccio

Posizionamento ottimaledel primo rinvio intermedio

C09-47 Spostamento laterale in salita

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Capitolo 10

Progressione in conserva della cordata

INDICE

Premessa

Progressione in conserva su ghiacciaio• Caratteristiche del ghiacciaio• Impiego dell’imbracatura e collegamento in cordata• Formazione della cordata a tre e a due elementi• Modalità di legatura• Cordino con prusik• Nodi a palla• Impugnatura della corda• La marcia su ghiacciaio• Movimento con gli sci su ghiacciaio

Progressione in conserva su pendii e creste• Caratteristiche del terreno e generalità sulla progressione• Terreno facile su neve e roccia - conserva corta• Cenge con detriti e gradoni rocciosi - conserva corta• Pendio di neve di pendenza moderata - conserva corta• Tratti rocciosi e creste di bassa difficoltà - conserva media• Pendii di neve o di ghiaccio facile - conserva lunga

Prospetto di riepilogo

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PREMESSA

Nella pratica alpinistica e sci alpinistica i vari tratti di un itinerario, aseconda del tipo di terreno, delle capacità tecniche e delle condizioni fisiche epsichiche dei componenti, possono essere affrontati:- slegati - di conserva: i componenti della cordata si muovono simultaneamente adot-tando anche sistemi veloci di assicurazione- utilizzando le tecniche di assicurazione che si attuano in parete e che pre-vedono un movimento della cordata a tiri di corda.

Nel capitolo precedente sono state illustrate le tecniche di progressione sughiaccio e su terreno misto (roccia, ghiaccio e neve) da applicare alle grandipareti e che prevedono un movimento della cordata per tiri di corda in cuiquando un componente si muove l’altro effettua l’assicurazione ed è vincola-to al terreno tramite una sosta.In questo capitolo vengono invece descritte le tecniche della “progressione inconserva “cioè il movimento contemporaneo di alpinisti o sci alpinisti chesono legati tra loro in cordata; si tratta di una progressione che avviene sudifficoltà inferiori di quelle presentate da una parete, ma che richiedecomunque un certo grado di assicurazione.

Nel capitolo vengono individuate due categorie di progressione:1. la progressione in conserva su ghiacciaio effettuata sia a piedi checon gli sci2. la progressione in conserva su pendii e creste; si considerano varitipi di terreni: pendii di neve, tratti rocciosi facili, creste nevose e roc-ciose, pareti di neve o di ghiaccio facile

Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

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PROGRESSIONE IN CON-SERVA SU GHIACCIAIO

Caratteristiche del ghiacciaioMentre in pianura la copertura di neve durasolo qualche giorno e nella media montagnapuò durare alcuni mesi, oltre una certa altitu-dine, sia per la maggiore nevosità che per le piùbasse temperature, riesce a permanere una certaquantità della neve caduta rispetto a quella cheviene sciolta. Dove il bilancio è alla pari, inequilibrio, si ha il limite delle nevi persisten-ti: più in alto la neve ricopre il terreno inpermanenza mentre più in basso il terrenoviene ad essere libero dalla neve almeno qual-che giorno all’anno. La quota alla quale si tro-vano le nevi perenni varia con la latitudine e lecondizioni climatiche del luogo andando dai5000-6000 metri dell’Himalaya al livello delmare delle regioni polari. Sulle Alpi il limite cli-matico delle nevi persistenti teorico si aggira inmedia sui 2900 m però a causa dell’esposizionesolare e ai venti umidi esso si abbassa lungo lacatena da occidente a oriente andando dai3200 m del Monte Bianco ai 2500 m delle AlpiGiulie. Al di sopra di questo limite l’aumentodel peso del manto nevoso trasforma in ghiac-cio gli strati sottostanti.Il ghiaccio derivato dalla trasformazione dellaneve e accumulatosi al di sopra del limite dellenevi persistenti tende a scendere verso valleprevalentemente a causa della forza di gravitàcon una velocità che va da alcuni metri a 150metri all'anno. Nella discesa, poiché la tempe-ratura va aumentando, il ghiaccio diminuisce

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

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di spessore e di larghezza. La parte bassa delghiacciaio, detta lingua, può dunque trovarsi aldi sotto del limite delle nevi, in una zona dovesi ha una fusione intensa o addirittura totaledel ghiaccio. Ciò avviene soprattutto per igrandi ghiacciai, come quello dei Vitelli, nelgruppo dell'Ortles-Cevedale, la cui linguascende fino a 2.550 m, cioè quasi 500 metri aidi sotto del limite delle nevi persistenti, che sivedono molto in alto nella figura C10-01.I ghiacciai più grandi, che occupano una valle,vengono definiti alpini o vallivi; quelli derivan-ti dall'unione di più colate vallive sono dettihimalayani. Un grande ghiacciaio vallivo èquello del Miage, sul versante italiano delMonte Bianco. Ha origine in un alto vallonedella Val Veny e scende per 10 km fino a menodi 1800 m di quota. Come si vede dalla figuraC10-02, gran parte della lingua è coperta damateriale detritico, caduto dalle ripide pareticircostanti, che lo protegge dalla fusione. Sinotano anche numerosi resti di valanghe checontribuiscono alla sua alimentazione.Esistono anche ghiacciai privi di lingua, chesono diffusissimi sulle Alpi; vengono detti di 2°ordine e sono localizzati in un circo, cioè unripiano circondato su tre lati da ripide paretirocciose, che il ghiacciaio stesso insieme ai varifenomeni crionivali ha scavato. Un tipicoghiacciaio di circo è quello dell’Aviolo nelgruppo dell'Adamello.La figura C10-04 illustra le caratteristiche diuna lingua di ghiacciaio vista in sezione. Di un ghiacciaio possiamo distinguere duezone: il bacino collettore e il bacino ablato-re. Il bacino collettore è situato al di sopra del

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Alpinismo su ghiaccio e misto

C10-02 Ghiacciaio del Miage

C10-03 Ghiacciaio dell’Aviolo

C10-01 Lingua del ghiacciaio

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limite delle nevi persistenti, è di colore biancoed è privo di morena superficiale perché i massiche vi giungono, precipitando dalle paretiattorno, vengono subito inghiottiti dalle nevi omascherati da successive nevicate. È il bacinoche alimenta continuamente il ghiacciaio rac-cogliendo le nevi dalle più diverse provenienzeed è tagliato da pochi, ma talora grandi crepac-ci.Il bacino ablatore è la continuazione a valle delbacino collettore; in esso, come dice il nome, siverifica il fenomeno della fusione del ghiaccio;esso in piena estate ha colore bluastro o verda-stro, è coperto da detrito morenico ritornatovisibile insieme con i sottostanti strati di ghiac-cio ed è intersecato da crepacci delle più diver-se dimensioni. In figura C10-05 è mostrato il bacino colletto-re del ghiacciaio Venerocolo nel gruppodell'Adamello; questa zona è situata al di sopradel limite delle nevi persistenti. Il ghiacciaio è formato da materiale plastico,

limite delle nevi perenni

ghiacciaio coperto da neve

bacino collettore

ghiacciaio scoperto

bacino ablatore

seracco sospeso

crepaccia terminale

morena di superficie

seraccatacrepaccio a V

parete di roccia

crepaccio a campana

crepaccio a lati paralleli

uscita di scaricodelle acque glaciali

C10-04 Sezione ghiacciaio

C10-05 Bacino collettore

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Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

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una via di mezzo tra lo stato solido e lo statoliquido, che scorre sul fondo del terreno; comegià detto la velocità con cui si muove è variabi-le: ad esempio la Mer de Glace situata nel ver-sante nord del gruppo del Monte Bianco simuove di 20-25 cm al giorno. Anche lo spesso-re è assai variabile andando da 3000 m dellaGroenlandia al centinaio di metri delle Alpi.Sulla superficie di questa massa di ghiaccio sitrova una crosta la cui altezza può raggiungereanche i 50-60 m che si presenta più dura e fra-gile dello strato sottostante. Quando la crosta èsottoposta ad eccessive trazioni e compressionisi spezza e si frattura dando origine alle crepac-ce terminali, a crepacci e a seracchi.Il crepaccio situato più in alto è quellocomunemente chiamata “crepaccia termina-le”. Essa circonda con più o meno continuità ilbacino collettore e, come illustrato nella figuraC10-04, segna il punto dove il ghiaccio cambianettamente di pendenza. Spesso le “terminali” rappresentano uno degliostacoli più seri per gli alpinisti in quanto,nel loro superamento, si trovano ad affronta-re pendenze più impegnative.I crepacci si formano per le tensioni provocatedalla diversa velocità di deflusso delle varie zonedel ghiacciaio e per l'inclinazione del letto sucui scorre il ghiacciaio stesso; essi si trovanosempre nelle stesse zone perché in esse vi è lacausa che li determina. Si chiamano crepaccitrasversali quelli che tagliano per traverso lacolata di ghiaccio e sono determinati dall’au-mento di pendenza del fondo oppure dalla pre-senza di un gradino roccioso. Si chiamano cre-pacci longitudinali quelli che si allungano

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C10-06 Seracchi

secondo la direzione di discesa del ghiacciaio esono causati dal restringimento o dall’allarga-mento della colata tra i fianchi della valle edella lingua frontale dove questa si allarga aventaglio. Si formano poi crepacci obliqui nelle zone incui la velocità del filone mediano del ghiacciaiodiventa maggiore di quella che si ha ai lati,oppure dove la colata cambia direzione. Sonodisposti a spina di pesce convergenti verso ilmezzo e verso la valle.Quando la colata glaciale deve superare un bru-sco salto o dove il fondo roccioso si solleva adosso, oppure sui pendii ripidi, si aprono cre-pacci in tutte le direzioni, che danno origine aiseracchi, blocchi di ghiaccio simili a torri opinnacoli, il cui insieme forma la seraccata, checorrisponde alle cascate dei torrenti. Il nomederiva dalla somiglianza con i blocchi di for-maggio tagliati che nel Vallese vengono chia-mati “Serarchi”. In figura C10-06 si vede laseraccata del ghiacciaio di Scerscen Inferiorenel gruppo del Bernina. I seracchi sia su pendiiche canaloni possono scaricare valanghe dighiaccio a tutte le ore del giorno e della notte ein qualsiasi stagione. Indizio sicuro di questopericolo sono i pezzi di ghiaccio sparsi sulnevaio e i solchi che questi frammenti scavanonella neve. Lungo gli orli del ghiacciaio, dove questo è acontatto con pareti rocciose e non vi sianomorene sovrapposte, si trova il crepaccio peri-ferico; esso è prodotto dalla differente tempe-ratura della roccia rispetto al ghiaccio e quindidella accentuata fusione e può presentare undistacco spesso notevole e talora alpinistica-

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mente arduo da superare. Il crepaccio periferi-co, costituito da una parete di ghiaccio e da unaparete di roccia, non va confuso con la crepac-cia terminale la quale invece è formata intera-mente da ambo le parti di ghiaccio.Sul fronte del ghiacciaio le acque derivantidalla fusione penetrano attraverso i crepacciall'interno del ghiacciaio e raggiungono ilfondo roccioso. Escono poi dalla fronte informa di torrente da una apertura detta porta obocca del ghiacciaio.Dotati come sono di movimento, i ghiacciaispazzano le montagne dal detrito precipitatodalle pareti che li circondano per effetto delgelo o di frane, trasportandolo a valle e abban-donandolo dove essi progressivamente si esau-riscono fino a diventare torrenti dando cosìorigine alle morene; inoltre modellano e scava-no il fondo roccioso e i fianchi tra cui la colatascorre producendo in questo modo una esca-vazione.Il detrito morenico, dovuto principalmente aldisfacimento delle pareti che incombono sulghiacciaio, emerge in modo sparso nel bacinoablatore oppure sotto forma di cordoni lateraliche accompagnano lungo i fianchi la colata gla-ciale. Questi cordoni, sollevati talora di moltimetri sulla superficie del ghiacciaio, non sonototalmente costituiti di detriti; la superficie èmorenica ma la struttura portante è di ghiacciovivo. È importante tenere presente questofenomeno per evitare pericolose scivolate suicordoni di ghiaccio scuro mascherati dal finedetrito roccioso. Spesso le morene sono usate per accedere alleparti alte del ghiacciaio però bisogna fare atten-

Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

C10-07 Porta del ghiacciaio

C10-08 Morena

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Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

zione perché il materiale instabile che le ricoprepuò rendere la marcia difficoltosa.

Scelta dell’itinerarioIn genere le carte topografiche riportano le areecrepacciate e le zone dei seracchi e spesso anchele guide alpinistiche forniscono indicazioni suipercorsi più sicuri e da quale lato sia più con-veniente entrare sul ghiacciaio. Si tenga però presente che i ghiacciai, essendostrutture in movimento, cambiano la loroconformazione col passare degli anni; se lacarta non è recente, si può incorrere in spiace-voli sorprese. Una buona conoscenza dellazona, un'ottima esperienza su terreno d'altamontagna, la capacità di valutare le condizionidella neve, il periodo stagionale favorevole,sono tutti fattori che concorrono a diminuiresino ad annullare la pericolosità di un tratto dighiacciaio crepacciato. Non bisogna mai confi-dare solamente sulle probabilità di trovare unatraccia precostituita. È necessario innanzi tuttoindividuare il percorso sulla cartina, avvalendo-si di relazioni oppure dei consigli di coloro chehanno già praticato la traversata (gestori deirifugi, alpinisti, guide, ecc..).In una zona del tutto sconosciuta risultanomolto utili i sopralluoghi, tenendo presenteche, per consentire l’attacco delle vie alle primeore del mattino, nella maggioranza dei casil ’attraversamento dei ghiacciai si effettua nelleore notturne. Le zone crepacciate si possonoindividuare ed evitare soprattutto osservandoleda un punto distante, possibilmente situato inalto. A questo proposito si tenga presente che icrepacci e le seraccate non sono unicamente un C10-10 Seracchi e pista

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C10-09 Crepacci e pista

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pericolo, ma possono costituire un ostacolonaturale insuperabile.Lo strato di neve che copre la superficie delghiacciaio varia con la stagione: è massima ininverno e in primavera mentre man mano chel’estate avanza diminuisce e raggiunge il livellominimo all’ inizio dell’autunno. Il ghiacciaio si dice secco quando la superfi-cie è priva di neve. In questi casi i crepaccisono ben visibili ed evitabili.Viceversa se il ghiacciaio è ricoperto di nevesi dice che è umido.I crepacci sono più pericolosi all'inizio dell'in-verno, mentre in primavera e in estate, quandola neve è ben trasformata e indurita, i ponti cheli ricoprono sono più resistenti.Il pericolo si accentua sia dopo una nevicata,soprattutto se accompagnata dal vento chelivella le asperità nascondendo l'andamento deicrepacci, che a primavera inoltrata con l'au-mento pomeridiano della temperatura, cheriduce la consistenza dei ponti di neve.

Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

C10-11 Ghiacciaio secco

C10-12 Ponte su crepaccio

Impiego dell’imbracatura e collega-mento in cordataPrima di accedere al ghiacciaio, anche se consi-derato facile, si indossa sempre l'imbracatura, siaper potersi legare tempestivamente all'occorren-za, sia per facilitare il recupero nel caso di cadu-ta in crepaccio, sia per potersi agganciare a unacorda fissa approntata per superare un tratto dipercorso. Se non si procede legati si collegaall’imbracatura una longe realizzata con un cor-dino, fettuccia oppure daisy chain, e il moschet-

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tone va appeso all’imbracatura.Una volta legati alla corda la longe va tolta.Ci sono delle situazioni in cui il problema diquando legarsi non si pone: ad esempio in esta-te la classica traversata della Vallée Blanche dal

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

C10-13 Longe con cordino C10-15 Longe con daisy chain

1 Superficie del giaccio

2 Condizioni oggettive del ghiacciaio

3 Tipologia del percorso

4 Numero di elementi che compongono la cordata

5 Abilità alpinistiche dei componenti la cordata

6 Materiale tecnico adisposizione

7 Livello di conoscenza del-le manovre di autosoccorso

Il momento di legarsi e il modo di formarela cordata dipendono da numerosi fattoriche sinteticamente illustriamo nella tabella:

• Secco se ghiaccio vivo• Umido se ricoperto di neve

• Poco tormentato• Molto tormentato

• In salita• In piano• In discesa

• Due componenti• Tre componenti

• Esperti• Principianti

• N° corde• N° piccozze• Chiodi da ghiaccio

• Buona• Scarsa o nulla

C10-14 Longe con fettuccia

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Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Rifugio Torino al Rifugio des Cosmiques richie-de che ci si leghi appena fuori dal rifugio. Ilmedesimo tragitto compiuto con gli sci nella sta-gione primaverile richiede sicuramente l’uso del-l’imbracatura ma spesso non esige la formazionedella cordata.Una volta deciso di legarsi bisogna considerareche si opera in condizioni di maggiore difficoltàquando si verificano le seguenti situazioni:a) il ghiacciaio risulta ricoperto di neve dura ofrescab) il ghiacciaio presenta numerosi crepaccic) il percorso ha dei tratti in discesa in zone cre-pacciated) non tutti i componenti della cordata possie-dono abilità alpinistiche idonee ad affrontare unasituazione di emergenza e risultano carenti perquanto concerne le manovre di autosoccorsoe) il numero dei componenti ed il materiale adisposizione è minimale (2 soli componenti euna sola corda).È comunque importante scegliere un postodove effettuare la formazione della cordatasicuro da pericoli.La valutazione responsabile delle varie situazioniche si perfeziona attraverso l’esperienza, e chesoprattutto nella gestione di gruppi numerosideve ispirarsi alla prudenza, detta di volta involta il comportamento da seguire.

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Formazione della cordata a tre e a dueelementiSi riportano alcune considerazioni utili per la for-mazione della cordata:1. la cordata più consigliata è quella composta datre persone in quanto trattiene più facilmente l’e-ventuale caduta di compagno in crepaccio e offremaggiore versatilità nella scelta delle manovre dicorda2. la posizione del capocordata dipende general-mente dal tipo di percorso da seguire: normal-mente egli si pone davanti in piano e in salita,mentre in discesa si posiziona dietro3. le probabilità di caduta in un crepaccio sononotevolmente superiori per il primo di cordata4. la corda da utilizzare è bene che sia lunga alme-no 50 metri e può essere una corda sempliceoppure una mezza corda; le prove eseguite recen-temente dalla CCMT hanno convalidato l’im-piego della mezza corda per l’attraversamento diun ghiacciaio (per ulteriori dettagli si rimanda illettore al capitolo “catena di assicurazione e nor-mative”)5. per potersi svincolare dalla corda, in caso dicaduta del compagno, è necessario, scaricando ilpeso del caduto sull’ancoraggio, disporre di cordalibera (consigliati almeno 5 metri avvolta ad anel-lo e tenuta a tracolla)6. risulta quanto mai inutile mettere a disposi-zione corda sufficiente per effettuare le manovredi auto soccorso al componente che non le sa rea-lizzare. In questo caso è preferibile garantirsi latenuta, aumentando la distanza di collegamentoed eventualmente realizzando dei nodi a pallaintermedi

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

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Cordata a dueSecondo Primo

barcaiolo

barcaiolo

Nodi a palla Nodi a palla

10 m minimo

metà corda5 mt 5 mt

3 m 3 m4 m

Nodo guide con frizione

Cordata a treTerzo di cordata

Secondo di cordata

Primo di cordata

10 m

barcaiolo Barcaiolo

barcaiolo

10 m

metà corda

prusikprusik

prusikprusik

cordino da ghiacciaio

cordino da ghiacciaio

4 m 4 m

Nodi a palla3°

2 1

2° 1°Nodi a palla

3 m 3 m 3 m3 m

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7. nel caso in cui si disponga di due corde saràopportuno che la seconda corda sia affidataall’ultimo di cordata.

Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

C10-16 Cordata a tre media

C10-17 Cordata a due media

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Modalità di legaturaSia che la progressione su ghiacciaio avvengaa piedi che con gli sci si utilizza l'imbracatu-ra bassa e il sistema di legatura è uguale.1. Sia nella legatura a due che in quella a tre si èprivilegiato un sistema che consenta a ciascuncomponente di poter effettuare qualsiasi mano-vra di soccorso e si è adottata una distanza tra icomponenti pari a 10 metri; poiché alcunemanovre richiedono un quantitativo di cordalibera pari al doppio della distanza di collega-mento è necessario disporre di una corda sem-plice o mezza corda lunga almeno 50 metri.2. In alcune situazioni 10 metri è una distanzamolto esigua per garantire la tenuta del compa-gno caduto ed è logico che nei tratti del percor-so ritenuti più pericolosi questa distanza siaaumentata anche a scapito delle riduzione dellepossibilità di manovre effettuabili. In questocaso la corda eccedente (conservare almeno 5metri per effettuare eventuali recuperi) è beneche sia tenuta da chi sta dietro, poiché questi hapiù probabilità di rimanere fuori dal crepaccio.3. Il primo e l’ultimo di cordata si colleganoalla corda (10 metri tra componenti) medianteun nodo barcaiolo realizzato su un moschetto-ne con ghiera che va collegato all’anello di servi-zio della imbracatura: il nodo barcaiolo consen-te di modificare velocemente la lunghezza dellacorda rimanendo sempre assicurati ad essa.Da notare inoltre che la connessione all’anello diservizio consente di abbassare il punto di appli-cazione dello strappo e quindi aumentare lacapacità di trattenuta.4. Nella cordata a tre il secondo si lega a metàcorda realizzando un nodo delle guide con fri-

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

La corda eccedente vaposta a tracolla e bloccatacon un’asola semplice (vedifigura C10-24) oppurepuò essere posizionatasotto la patella dello zainoo anche inserita in un sac-chetto contenuto nellaparte alta dello zaino.

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zione conservando una asola lunga circa 50 cmche viene collegata all’imbracatura tramitemoschettone con ghiera e nodo barcaiolo.L’asola distanziatrice consente che in caso dicaduta del primo di cordata possa intervenireanche il terzo componente per aiutare nella trat-tenuta mentre il nodo barcaiolo evita il movi-mento dell’asola all’interno del moschettone.5. Il primo e l’ultimo componente della cor-data si legano anche le estremità della corda,con un otto infilato direttamente all’imbracatu-ra: ciò consente di riutilizzare velocemente lalunghezza completa della corda restando sempreassicurati. La corda eccedente va infilata sotto lapatella dello zaino oppure va avvolta ad anelliaderenti al corpo, avendo cura che il ramo che vaal nodo barcaiolo non sia lasco. Anche nella pro-gressione con gli sci si collegano le estremitàlibere della corda all’imbracatura, perché in casodi dover soccorrere un compagno caduto in uncrepaccio si è già legati e pronti a muoversi e pre-disporre la sosta per il recupero.6. Procedendo in cordata si tiene sempre lacorda tesa.7. È buona norma che ogni componente di unacordata abbia a disposizione almeno due chiodida ghiaccio. Ciò consentirà, a chi è caduto in uncrepaccio, di auto bloccarsi e facilitare il compa-gno nella predisposizione di opportuni punti diancoraggio e a chi è rimasto fuori di predisporreun buon ancoraggio.

Cordino da ghiacciaioCiascun componente realizza sulla corda unnodo prusik mediante anello di cordino (lungo3,20/3,50 m; nylon con diametro di 7 mm;

C10-18 Cordino da ghiacciaio con prusik

Asola di bloccaggio con nodo di sicurezza

Corda di cordata

60 +70 cm

Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

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381C10-19 Cordino da ghiacciaio1

C10-22 Cordino da ghiacciaio 4

C10-21 Cordino da ghiacciaio 3

C10-20 Cordino da ghiacciaio 2

Nodi a pallaLo scopo dei nodi a palla (nodo delle guide confrizione ripassato), realizzati sulla corda di cor-data durante la progressione su ghiacciaio,(generalmente due nodi alla distanza di 3-4metri) è quello di frenare e successivamentebloccare lo scorrimento della corda sul bordodel crepaccio in un’ eventuale caduta nello stes-so. L’uso dei nodi a palla è raccomandato inparticolare su ghiacciaio innevato quando l’in-dividuazione dei crepacci risulta più difficolto-sa e il nodo tende ad incastrarsi sul bordo delcrepaccio. In caso di ghiacciaio secco o con

oppure kevlar o dyneema) congiungendo i capitramite asola di bloccaggio e nodo di sicurezza.Questo cordino, che durante la marcia non siimpugna e viene fatto passare sotto una fettucciadell’imbracatura, serve per le seguenti manovre:a)per ancorare e bloccare il compagno caduto inun crepaccio, infilando nell'anello di corda glisci, i bastoncini, o la piccozza. Questo sistemapermette di svincolarsi dalla corda di cordata,dopo essersi accertati che l'ancoraggio presceltorappresenti di per se stesso un sostegno di asso-luta garanziab) per bilanciarsi con la mano, mentre il corpo ètutto proteso in avanti durante il sondaggio deicrepaccic) nel caso di caduta in un crepaccio: con la sem-plice aggiunta di un anello di corda, questo pru-sik posto davanti al nodo di cordata permette discaricare immediatamente il peso del corpo infi-landovi un piede.Nelle figure a lato è illustrata la sequenza perrealizzare il cordino da ghiacciaio.

Alpinismo su ghiaccio e misto

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superfici gelate non conviene adottare il nodo apalla: infatti, in situazione di caduta, la cordadi cordata scava un solco sul bordo del crepac-cio e ciò produce un certo attrito che rallenta lacorsa; viceversa il nodo a palla tende a far fuo-riuscire la corda dal solco e quindi non favori-sce il bloccaggio della corda.

Esecuzione del nodo a pallaCon corde semplici oppure con mezze corde ecordata senza sci procedere fino al punto “C”.Il nodo richiede circa 80 cm.In cordata con sci e con mezze corde prevedereun avvolgimento in più in modo da aumentarele dimensioni del nodo, procedendo fino alpunto “E”. Il nodo con un altro giro richiedecirca 100 cm.

Impugnatura della cordaIn generale il cordino prusik viene tenutosotto una fettuccia dell’imbracatura in mododa essere facilmente accessibile e non si usa pertrattenere con la mano la caduta del compagno.Invece può essere utilizzato per assicurare ilprimo durante i sondaggi di un ponte postosopra un crepaccio, oppure, una volta trattenu-to con il proprio corpo la caduta del compagnonel crepaccio, il cordino prusik consente di sca-ricare il peso del compagno su un ancoraggioprovvisorio.Nello sci alpinismo, per ovvi motivi dovutiall’uso dei bastoncini da sci, la corda non vieneimpugnata durante la marcia (se non percomodità).Nella progressione su ghiacciaio senza sci la

Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

C10-23 Nodo a pallaCorde semplici punti:A – B – CMezze Corde punti:A – B – C – D – E

C

B

A

D

E

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corda viene tenuta a mano rovesciata (palmorivolto verso il basso e pollice verso se stessi);questo accorgimento ha lo scopo di preavvisareche è imminente la scivolata del compagno equindi prepara colui che deve trattenere lacaduta.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

La marcia su ghiacciaioSi traccia la pista cercando di seguire le zonemeno crepacciate (anche quando il ghiacciaioappare uniformemente coperto di neve e privodi crepacci). Le morene laterali, quando sianopercorribili, sono sicure e in caso di nebbiaimpediscono di smarrire la direzione.I bruschi rigonfiamenti che sono la causa dellaformazione di molti crepacci vanno evitati;bisogna però tenere presente che, nelle zoneconvesse, i crepacci sono in genere evidenti,mentre nelle zone concave possono costituireuna vera trappola. Crepacci quasi insignifican-ti all'occhio si estendono in profondità consezione a campana.Durante l'escursione bisogna seguire la via piùsicura, anche se talvolta obbliga a un percorsocomplicato e tortuoso. Si parte presto la matti-na per trovare i ponti di neve gelati. Le traccepreesistenti non devono essere mai seguite allacieca.Solo l'esperienza permette di intuire l'esistenzae l'orientamento dei crepacci in base alla strut-tura del ghiacciaio. I crepacci nascosti si distin-guono sovente grazie alle strisce di neve porta-ta dal vento,più candida della neve circostante;oppure grazie a strisce di neve opaca, a leggeriavvallamenti, a un accenno di gradino, a sottili

C10-24 Impugnatura corda

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spaccature nella neve. Le aperture laterali visi-bili possono indicare la direzione in cui conti-nua un crepaccio.Durante il percorso bisogna, nei limiti del pos-sibile, mantenere una direzione perpendicolarea quella degli eventuali crepacci.Anche un ghiacciaio dall'apparenza innocuapuò nascondere gravi insidie, perché non sem-pre i crepacci sono facilmente identificabili insuperficie.Un ghiacciaio senza neve presenta pochi peri-coli perché tutti i crepacci che lo solcano sonoevidenti; in genere, però, quanto più si sale diquota, tanto più il manto nevoso tende anasconderli. Si tenga presente che il vento puòformare sottili ponti di neve (di pochi centime-tri di spessore) su crepacci larghi fino a unmetro.Nel percorrere un ghiacciaio in queste condi-zioni pericolose si procede con la massima cir-cospezione sondando spesso il terreno con ibastoncini oppure con la piccozza e a volte assi-curati; risulta utile a colui che sonda tenere ilcordino prusik in mano.

Progressione in conserva della cordata

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C10-25 Crepaccio a V

C10-26 Crepaccio a campana

C10-27 Direzione perpendicolare al crepaccio

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Esempi di assicurazioni “veloci”Nell'attraversamento dei crepacci su ponti didubbia resistenza o affrontando in salita o indiscesa pendii ripidi o superando zone seracca-te, a volte non è sufficiente procedere in con-serva ma diventa necessario adottare delle “tec-niche di autoassicurazione e assicurazione velo-ci”; in alcune situazioni invece risulta indispen-sabile applicare le “tecniche di assicurazione inparete” (vedi capitolo 9) per avere maggioriprobabilità di trattenere il compagno in ognievenienza. Non è possibile elencare dellenorme fisse e valide in tutti i casi; di volta involta, a seconda della conformazione, dellecondizioni di innevamento, della pendenza delghiacciaio e dell'andamento dei suoi crepacci,si sceglie il tipo di ancoraggio e di assicurazio-ne più confacenti. Ci limitiamo a fornire alcu-ni di esempi di “assicurazione veloce”.La figura C10-29 mostra un componente che,autoassicurato su due attrezzi, realizza una assi-curazione a spalla al compagno che sta salendoun breve tratto ripido. In assenza di rinviiintermedi, la sollecitazione prodotta da unaeventuale scivolata verrebbe trattenuta dalcompagno, il quale a sua volta potrà giovarsidell’ancoraggio posto in linea.Anche nel caso evidenziato nella figura C10-30il compagno meno esperto viene assicurato aspalla. Il più esperto si è autoassicurato inmodo veloce ad una piccozza che ha posiziona-ta piuttosto a monte. Come si può notare ilsistema di assicurazione (ancoraggio- assicura-tore - compagno) opera in asse.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

C10-28 Sondaggio crepaccio

C10-29 Due attrezzi e spalla

C10-30 Piccozza e spalla

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Movimento con gli sci su ghiacciaioProgressione con gli sci da slegatiCon il ghiacciaio ricoperto di neve e con gli sciai piedi diminuiscono le probabilità di sprofon-dare in un crepaccio.Durante le soste su ghiacciaio si devono man-tenere le distanze di sicurezza fra uno sciatore el'altro per non rischiare di sollecitare un pontecon il peso di più persone. Inoltre non si tolgo-no mai gli sci. Ogni volta che sia necessariocompiere un'operazione sugli sci (per esempio,mettere o togliere le pelli, sciolinare, ecc.), sitoglie uno sci solo alla volta.Quando le condizioni del ghiacciaio permetto-no di scendere non in cordata, traccia la pistachi ha la maggiore esperienza.L'apripista cerca, con gli stessi criteri adottatiin salita, un itinerario sicuro (se possibile quel-lo già esplorato durante la salita), evita movi-menti bruschi e cadute, presta la massimaattenzione ai crepacci e segnala ai compagni ipunti pericolosi e quelli sicuri per le fermate.Gli altri sciatori seguono esattamente le traccedel primo, a debita distanza per potersi ferma-re con sicurezza in qualsiasi momento.L'ultimo porta la corda. I ponti di neve vengo-no passati, secondo le circostanze, in posizionedi spazzaneve, allo scopo di ripartire meglio ilpeso, oppure (su terreno facile) in velocità, perfermarsi oltre il crepaccio in un posto sicuro(con slittamenti alternati alla diagonale). Sitenga presente che in discesa difficilmente unosciatore finisce in un crepaccio mentre è inmovimento (a patto che esegua le curve dolce-mente e faccia attenzione al terreno). I momen-ti più pericolosi sono le cadute e gli arresti (evi-

Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

C10-31 Sciatori su ghiacciaio

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tare le prime è dunque di fondamentale impor-tanza).Quando ci si ferma, si sceglie una zona sicura,si frena in maniera non brusca, ci si arrestasempre a monte dell'apripista (che potrebbeessersi fermato proprio sul margine di una zonapericolosa).

Progressione con gli sci in cordatadurante la salitaNormalmente si seguono le tracce del primo dicordata al quale spetta il compito di tracciarel'itinerario più sicuro.La piccozza viene tenuta fra schiena e spallaccioe non legata sul sacco, in modo da potere esse-re usata prontamente. Appesi all'imbracatura siportano i cordini e i moschettoni necessari perbloccare e recuperare un compagno caduto inun crepaccio, oltre che due o più chiodi daghiaccio; questi possono tornare molto utili perallestire ancoraggi e allo stesso caduto per anco-rarsi alle pareti del crepaccio e impedire ulte-riori sprofondamenti.Camminando in cordata è molto importanteche tutti i componenti riescano a tenere lo stes-so passo, si arrestino simultaneamente avver-tendosi a vicenda, curino in corrispondenza deicambiamenti di direzione di accelerare e rallen-tare per evitare strattoni alla corda oppure chela corda rimanga molle tra l'uno e l'altro. Conun minimo di affiatamento e di allenamento sielimina così la scomodità di procedere legatiche è uno dei fattori principali che incita glisciatori alpinisti a non usare la corda su ghiac-ciaio se non quando il pericolo è visibile (nonrendendosi conto che i crepacci che si vedono

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

C10-32 Piccozza a spallaccio

C10-33 Salita in cordata con sci

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sono gli unici non pericolosi). In caso di nevefresca e mancando ogni riferimento o indizioper identificare la presumibile direzione deicrepacci, oppure quando si ha il timore di pro-cedere lungo l'asse longitudinale di un crepac-cio, è preferibile adottare una progressione piùfaticosa, in cui il primo e il terzo componentedella cordata seguono la stessa traccia, mentreil secondo procede su una pista diversa e paral-lela al senso di marcia.

Progressione con gli sci in cordatadurante la discesaCamminare in salita legati non presenta parti-colari difficoltà; tutt'altra cosa è invece la disce-sa in cordata. Questa tecnica è utile solo sementre si scende si è in grado di trattenere chisprofonda in un crepaccio. Spesso certi inci-denti in discesa capitano o diventano più graviproprio perché gli sciatori alpinisti sono legatiin cordata. Bisogna infatti tenere presente checon molta probabilità, su terreno ripido o nevedura, anche un ottimo sciatore non può evita-re di venire trascinato nel crepaccio dal compa-gno che lo precede.Effettuare correttamente una discesa in scilegati in cordata richiede inoltre notevoli capa-cità, esperienza e affiatamento che occorreacquisire precedentemente. Su ghiacciaio, dun-que, la discesa in cordata non viene adottatacome regola generale, ma soltanto in casi parti-colari, quando lo impone la prudenza.È consigliabile scendere in cordata, o per lomeno che si leghino gli apripista, nelle seracca-te, sui ghiacciai sconosciuti, con cattiva visibi-lità, con neve fresca (specialmente se lavorata

C10-34 Discesa in cordata con sci

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dal vento) o neve marcia. Si può valutare inve-ce di non scendere in cordata su neve dura tra-sformata, oppure su ghiacciai con pochi cre-pacci, specialmente negli inverni con moltaneve e se ben conosciuti in condizioni estive.Come in salita, anche in discesa durante lesoste si mantengono le opportune distanze enon si tolgono mai gli sci (se necessario, unosolo alla volta).Prima di affrontare l'argomento della discesa incordata si ricorda che l'impiego di questa tecni-ca ha senso solo se si rispettano due principifondamentali: velocità ridottissima e uso delletecniche alpinistiche di assicurazione nei puntiritenuti pericolosi.La discesa in cordata (possibilmente cordata ditre persone) si effettua normalmente in filaindiana; gli sciatori possono scendere disassatise si teme la presenza di crepacci paralleli alladirezione di discesa.In questo caso è importante tracciare almenodue piste diverse per evitare di correre il rischiodi cadere nello stesso crepaccio: il primo e ilterzo scendono nella stessa traccia, il secondosegue una pista indipendente e parallela allaprima.Scendendo in cordata, si rinuncia ovviamenteal piacere della discesa in favore della sicurezza.Per evitare cadute e per non essere trascinati dalcompagno che sprofonda in un crepaccio,quanto più difficile è il terreno, tanto più lentodeve essere il movimento della cordata.La corda deve restare leggermente tesa fra i sin-goli componenti della cordata.Per ultimo scende lo sciatore alpinista piùesperto, che a voce può guidare nella scelta

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

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dell'itinerario il compagno che scende perprimo. Il primo sciatore tiene i bastoncini inmano,mentre gli altri, per non essere ostacolatinel maneggiare la corda, li infilano, con lerotelle in su, nello zaino. Su neve dura tengonoin mano la piccozza. Se non vi sono crepaccivisibili e lo spazio è sufficiente, su segnale avoce o con bastoncino del primo, i componen-ti della cordata curvano contemporaneamente.Su terreno difficile e zona crepacciata,tuttiscendono e voltano nella traccia del primo.Per evitare di calpestarla e danneggiarla con lelamine degli sci,bisogna tenere la corda solleva-ta con la mano che si trova all'esterno dellacurva.Per ripartire meglio il peso del corpo si gira aspazzaneve o con virate oppure con l’aperturadi coda dello sci a monte. Anche un dietrofront è preferibile a una curva brusca o con cat-tivo controllo degli sci.Su neve chi sprofonda improvvisamente in uncrepaccio viene trattenuto dal compagno chemette gli sci di traverso per non venire trasci-nato, o si butta a terra facendo opposizione conil peso del corpo. Dopo avere arrestato la cadu-ta occorre ancorare la corda con l'anello prusikinfilandovi la piccozza, i bastoni (affondati conla manopola in giù) o gli sci (infilati di codasino all'attacco); quando lo strato di neve nonha spessore sufficiente, nel ghiaccio sottostantesi fissa la corda a un chiodo a vite o alla pic-cozza.Dopo avere ancorato il compagno è necessariosvincolarsi dalla corda di cordata per procederealle manovre di recupero. Nelle cordate di piùdi due sciatori alpinisti è compito di un altro

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componente trovare un ancoraggio sicuro,mentre chi ha bloccato la caduta trattiene ilcompagno, appeso nel crepaccio, con le sueforze. Gli accorgimenti sin qui descritti servono a evi-tare conseguenze gravi e fatali a uno o più com-ponenti della cordata qualora ceda improvvisa-mente un ponte di neve non individuato.

Esempi di assicurazioni veloci consci Come già trattato nel paragrafo "la marcia sughiacciaio", la sospetta o accertata presenza diponti di neve che non offrono garanzie di soli-dità oppure la presenza di pendii ripidi in vici-nanza di crepacci richiedono la progressionenon contemporanea della cordata. Si tengaanche presente che mentre è relativamente faci-le arrestare la caduta in un crepaccio di uncompagno che si trova più in alto sul pendio,può essere molto difficile trattenerlo se si trovapiù in basso, soprattutto se la pendenza è note-vole.In questi casi si muove un solo componentealla volta, mentre gli altri sciatori alpinistirestano fermi, autoassicurati e in posizione disicurezza: a seconda della situazione possonoessere adottate tecniche di "assicurazione velo-ci" oppure ricorrere alla progressione di unacordata con autoassicurazione e assicurazionein parete secondo le tecniche illustrate nel capi-tolo 9.Nella figura C10-35 il secondo di una cordatadi tre componenti, disteso sul terreno e con glisci ben posizionati, assicura a spalla il primomentre sta superando un tratto ritenuto insi-

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C10-35 A spalla con sci

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dioso. In caso di scivolata la sollecitazione sitrasmette in linea con il secondo e il terzogarantendo così una buona tenuta.

Nella figura C10-36 le condizioni richiedonodi realizzare un ancoraggio con gli sci e assicu-rare con mezzo barcaiolo il capocordata che stasaggiando la tenuta di un ponte di neve.

Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

PROGRESSIONE IN CON-SERVA SU PENDII E CRESTE

Nella pratica alpinistica capita spesso di doverprocedere su terreni considerati “facili” attuan-do una progressione in conserva, nella quale icomponenti della cordata sono legati e si muo-vono in contemporanea. Si tratta di itinerari divario genere: tratti facili di roccia e di crestenevose, pendii di neve, creste rocciose maanche itinerari di misto che si caratterizzanodall’alternanza di passaggi di neve, di ghiaccioe di roccia.La lunghezza di questi itinerari, la necessità dirimanere esposti a pericoli oggettivi il minortempo possibile, l’esigenza di conservare dellebuone condizioni di neve impongono di doverprocedere rapidamente pur conservando uncerto grado di sicurezza. Per questo motivo sutratti facili di molte ascensioni e in numerosediscese si preferisce non adottare le tecniche diassicurazione su parete le quali invece prevedo-no il movimento di un componente alla voltaassicurato dagli altri compagni che sono vinco-

C10-36 Ancoraggio con sci

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lati al terreno da opportune soste. Questa pro-gressione tiro per tiro è poco consigliabile, ameno che uno dei compagni non abbia espe-rienza o sia infortunato o non si senta bene.Su questi terreni “facili” i componenti dellacordata potrebbero slegarsi e procedere indi-pendentemente; questa soluzione che da unlato è buona perché permette un notevolerisparmio di tempo è anche potenzialmentepericolosa perché un appiglio che cede, l’in-ciampo su un rampone, l’essere colpiti da unsasso possono causare la perdita d ’equilibrio euna possibile caduta impossibile da trattenere.Solo raramente, quando i membri della corda-ta hanno elevata esperienza,medesime capacitàed un alto margine di sicurezza rispetto alle dif-ficoltà che devono superare, il procedere slega-ti può risultare un rischio accettabile; nellamaggior parte dei casi il pericolo a cui si espo-ne la cordata viaggiando slegata non giustificala riduzione dei tempi e l’eliminazione dei fasti-di prodotti dall’uso della corda.Il miglior sistema resta dunque la progressionein conserva che prevede la legatura in cordata,senza l’adozione delle normali procedure diassicurazione e che tuttavia richiede moltaesperienza, attenzione e decisione da parte deicomponenti e soprattutto del più esperto senella cordata vi sono elementi che presentanouna netta differenza di competenza.Ci sono due aspetti importanti che devonoessere valutati di volta in volta dalla personapiù esperta. Il primo elemento è costituitodalla grande varietà di situazioni offerte dalterreno che necessitano la conoscenza di un

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gran numero di tecniche non sempre facili dagestire.Il secondo elemento da considerare è costituitodal fatto che il vincolo tra cordata e la monta-gna è realizzato dai componenti la cordata stes-sa, mancando spesso ancoraggi naturali e chio-di, cioè ogni persona svolge contemporanea-mente il ruolo di colui che assicura e di chiviene assicurato; l’errore di un componente siripercuote subito sull’intera cordata e le conse-guenze negative potrebbero essere elevate.La persona più esperta deve quindi saper adot-tare in qualsiasi momento le scelte necessarie agarantire la sicurezza applicando le tecniche piùopportune sia in base al terreno che alle condi-zioni psicofisiche della cordata; infatti a condi-zionare l’andatura e il tipo di progressione saràsempre il più debole. Inoltre anche l’aspettopsicologico non va sottovalutato, soprattuttoquando fra i componenti vi è una netta diffe-renza di esperienza: l’alpinista esperto devesaper capire, anche su terreni facili, quandoè meglio legare alla corda una persona ine-sperta oppure stanca: oltre a fornire una sicu-rezza psicologica si produrrà una velocità diprogressione maggiore.

Indicazioni e suggerimentiPrima di descrivere le varie tipologie di assicura-zione adottabili nella progressione in conserva,riportiamo una serie di raccomandazioni fruttodi anni di frequentazione della montagna.• La corda tra due alpinisti deve stare sempretesa; se essa rimane lasca e si trascina sul suolo,in molti casi è minacciata la sicurezza della cor-data.

Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

C10-37 Cordata a tre su cresta

C10-38 Cordata a due in discesa

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Con corda tesa la caduta è arrestata immedia-tamente per il fatto che essa è quasi inesistente.Viceversa con corda lasca il colpo che si ricevedalla persona che cade e che acquista velocità ètale da rendere assai difficile l’arresto.• Si deve sempre cercare,per quanto possibile,dimantenere sempre il contatto visivo tra i com-ponenti della cordata.• In presenza di neve soffice bisogna assestarepiù volte la neve con lo scarpone in modo daprodurre una base stabile che non si sgretoliuna volta caricata con il proprio peso: ciò ridu-ce il rischio di perdere l’equilibrio e garantiscemaggiore sicurezza sia individuale che alla cor-data.• Si consiglia, finché la pendenza e le propriecapacità lo consentono, di scendere con la fac-cia a valle perché si ha una visione d’insiemedella discesa che permette di scegliere l’itinera-rio migliore; viceversa scendendo con la facciaa monte la vista è più limitata e spesso per capi-re dove si vuole andare bisogna prima sporger-si per esaminare la discesa e poi raccogliersinuovamente per proseguire.• Al ritorno di una salita, durante l’attraversa-mento del ghiacciaio, bisogna mantenere sem-pre alta l’attenzione e addirittura, in certe zonedove al mattino presto si era transitati senzacorda, ora è necessario legarsi in cordata. Infattinella tarda mattinata e nel pomeriggio il ghiac-ciaio, oltre a essere crepacciato quanto l’andata,non garantisce più la stabilità di certi ponti dineve a causa dell’azione di riscaldamento delsole. È importante continuare la marcia assicu-rati rispettando la distanza e la corda tesa; ciònon sempre è facile perché la salita è terminata

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

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e si tende ad avvicinarsi al compagno per par-lare un po’ e fare nuovi progetti.• Se non si è sicuri di poter praticare questotipo di assicurazione “mobile” è meglio proce-dere realizzando soste e tiri di corda.

Tipi di terreno e modalità di pro-gressione in conservaLe situazioni in montagna sono molto varie edè difficile stabilire in base al tipo di terreno unelenco standardizzato di sistemi di assicurazio-ne; in materia di alpinismo non esiste una solu-zione ideale. Con riferimento all’esperienzaacquisita in lunghi anni di frequentazione dellamontagna, proponiamo delle diverse modalitàdi progressione che dipendono dal tipo di ter-reno su cui si svolge l’ascensione.Si ricordi comunque che la scelta dipende:• dalle caratteristiche del terreno• dalle capacità ed esperienza dei componentila cordata• dalla valutazione del rischio

Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

Terreno facile su neve e roccia - conserva corta Su terreno facile, sul quale il movimento nonrichiede l’uso degli arti superiori, costituito dapendii nevosi non ripidi, ampie creste nevose erocciose, con poca pendenza, cenge e gradonicon brevi tratti più impegnativi si adotta unaprogressione in conserva corta che presenta leseguenti modalità:1. utilizzare corda semplice oppure mezza cordae legare le estremità alle imbracature con nodo aotto infilato

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2. raggiunti i 5 m di distanza tra due componen-ti fissare la corda all’anello di servizio tramitemoschettone a ghiera e nodo barcaiolo; disporrela corda rimanente a tracolla e fissarla mediante ilnodo bulino con bretella. Nella cordata a tre il 2°(la persona meno esperta) si lega alla metà dellacorda con nodo barcaiolo all’anello di serviziotramite moschettone con ghiera3. il capocordata tiene 3-4 asole “aperte” inmano di lunghezza decrescente con la accor-tezza che la corda che va al compagno esca dallamano in direzione del compagno. Nella corda-ta a tre anche il 3° tiene su una mano le asoledi corda. 4. la corda deve essere tesa e la distanza effet-tiva tra due alpinisti è circa 2 m; si trattaquindi di un tratto molto corto che permette lamarcia senza toccarsi e soprattutto consente di“sentire” subito il tentativo di scivolata delcompagno e quindi l’immediato intervento5. non si realizzano i nodi a palla e nemmeno ilcordino prusik sulla corda6. il più esperto procede da primo in salita e neitraversi e da ultimo in discesa 7. se il percorso segue un tratto diagonale fian-co al pendio gli alpinisti tengono la corda nellamano a valle e la piccozza in quella a montecon la dragonne ben stretta al polso.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

C10-39 Asole per secondo dietro

al secondo che segue dietro

primo di cordata

al secondo che avanza

terzo di cordata

C10-40 Asole per secondo avanti

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La progressione in conserva corta si basa sulprincipio di arrestare la scivolata primaancora che inizi. Per questo motivo tra i com-ponenti della cordata la corda deve rimanere ilpiù tesa possibile. È fondamentale che il capo-cordata, soprattutto nella cordata a due, tengasempre sotto controllo il movimento del com-pagno: infatti in caso di scivolata di quest’ulti-mo bisogna reagire immediatamente per averebuone possibilità di arrestare la caduta.Viceversa con corda lasca, a causa della velocitàacquistata dalla persona, la trattenuta diventamolto difficile se non impossibile.La figura C10-43 mostra una discesa nellaquale il capocordata si trova più a monte e con-

Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

C10-41 Conserva corta a due

C10-42 Conserva corta a tre

C10-43 Corta con asole in discesa

C10-44 Corta con asole e blocco

C10-45 Scivolata con corda lasca

Conserva corta a duesecondodi cordata

secondodi cordata

primodi cordata

2 m (legatura a 5 m)

metà corda

Conserva corta a treterzo di cordata primo

di cordata

metà corda2 m 2 m

legatura a 5 m legatura a 5 m

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trolla la progressione del meno esperto. In casodi scivolata del primo l’intervento è immedia-to.Invece nella figura C10-45 si osserva cosa puòcapitare se la corda rimane lasca. In questo casoi due hanno risposto prontamente ed entrambisono in posizione corretta per poter arrestare lascivolata.

Le asole di corda in manoLe asole di corda tenute in mano servono perregolare la distanza qualora si presentino deitratti più complessi e possono servire a dilazio-nare nel tempo la sollecitazione prodotta dallacaduta e consentire quindi al compagno (cor-data a due) oppure ai compagni (cordata a tre)di bloccare la scivolata (girando la corda attor-no ad uno spuntone oppure attorno al manicodella piccozza, gettandosi dall’altro lato dellacresta prima che la corda si metta in tiro,...).Per diverso tempo si portava in mano qualcheanello di corda realizzando un ultimo girochiuso intorno alla mano.Tuttavia dall’esperienza maturata soprattuttonell’ambiente delle Guide Alpine si è osservatoche in qualche caso di improvvisa scivolata delcompagno la corda bloccava la mano del capo-cordata, lo sbilanciava e gli impediva di inter-venire efficacemente. Si è preferito quindiadottare un sistema con asole corte di lunghez-za diversa e “aperte”.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

C10-46 Anelli chiusi

C10-47 Asole aperte

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Situazione di pari livelloNella cordata a due componenti di pari livelloconviene che entrambi tengano qualche asola dicorda. Nella cordata a tre le asole possono esseretenute dal 1° e dal 3°.

Cenge con detriti e gradoni rocciosi -conserva cordaSu terreni rocciosi facili come cenge e gradonitendono a fermarsi molti detriti ed è quindi piùprobabile che sia gli alpinisti durante la marciache il trascinamento della corda sul suolo possanocausare movimento di sassi.Mantenere una corda tesa sollevata dal suolo ridu-ce la caduta di pietre mentre la breve distanza trai componenti riduce la possibilità che un sassomosso, data la scarsa velocità, possa arrecare seridanni. Nel caso di gradoni che presentano in sali-ta brevi tratti più impegnativi (2-4 m ) si possonoadottare due sistemi di progressione:a) il primo accelera l’andatura facendo svolgere leasole di corda, supera il salto di roccia e realizzauna sicurezza a spalla; in questo modo egli si posi-ziona fuori dalle difficoltà prima che queste ven-gano affrontate dal secondo (come illustrato nellafigura C10-48)b) il secondo di cordata si ferma (ed eventual-mente anche il terzo), il primo supera il salto etramite un cordino attorno ad uno spuntone rea-lizza una assicurazione tramite mezzo barcaiolo.Nella fase di discesa in presenza di salti, il piùesperto che sta a monte e possibilmente sulla ver-ticale, una volta accertata la fattibilità del percor-so, può assicurare la calata del compagno sia aspalla che ricorrendo ad assicurazione veloce concordino passante intorno a spuntoni o ad anco-raggi vari.

Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

C10-49 Conserva corta su gradoni in discesa

C10-48 Conserva corta su gradoni in salita

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Pendio di neve di pendenza modera-ta (fino a 30-40°) – conserva cortaQuando l’itinerario della cordata si svolge suun pendio di neve, privo di crepacci, che possapresentare anche brevi tratti in cui si adopera-no le punte avanti dei ramponi, si affronta ilpercorso nel seguente modo:a) legati in conserva corta a distanza di 5 mb) non si tengono le asole in mano e la cordadeve restare tesac) si procede lungo la linea di massima pen-denza con un solo attrezzo oppure con dueattrezzi sia in appoggio verticale che in appog-gio di beccad) come di consueto il più esperto procede daprimo in salita e nei traversi e da ultimo indiscesa; questo sistema vale anche per la corda-ta a tre nella quale la persona meno esperta siposiziona al centro.

Ulteriori considerazioni sulla con-serva cortaLa progressione in conserva corta è un metodoveloce in quanto non viene impegnato tempoin operazioni di assicurazione e la speditezzadella cordata è limitata dall’impaccio di muo-versi con la corda in mano e dalla necessità dimantenere la corda tesa.Tuttavia la sicurezza della cordata è ripostanella capacità dei compagni di trattenere la sci-volata.Nella cordata a due se il meno esperto, che pro-cede dietro, dovesse scivolare, deve avvertire ilprimo chiamando a gran voce in modo da cer-care di non coglierlo totalmente impreparato.La cordata a tre viene in generale considerata

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

C10-50 Conserva corta a due su neve in salita

C10-51 Conserva corta a due su neve in discesa

C10-52 Conserva cortaa tre su neve

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più sicura di quella a due; valutiamo alcunesituazioni in fase di salita o di traverso:a) la scivolata del meno esperto, posizionato alcentro, sebbene venga osservata da chi procededietro, richiede comunque di essere segnalatada colui che cade, per dar modo al primo direagire prontamenteb) nel caso dovessero scivolare il terzo o ilprimo, i quali tengono in mano gli anelli, lacapacità di trattenuta offerta da due persone ècomunque superiore al caso di caduta del piùesperto in una cordata a due.Va comunque ribadita l’importanza di valutarela pericolosità del percorso e le conseguenze diuna scivolata collettiva; in caso di dubbio èmeglio affrontare dei singoli tratti di itinerarioapplicando le tecniche usuali di assicurazionein parete.

Tratti rocciosi e creste di bassa diffi-coltà – conserva mediaSu tratti rocciosi e su creste che presentanobasse difficoltà (I - II grado), sui quali il movi-mento richiede l’uso degli arti superiori e dovesono presenti spuntoni e lame, si adotta unaprogressione in conserva media che presenta leseguenti modalità.1. Utilizzare corda semplice oppure mezzacorda doppiata e tenere una distanza tra icomponenti di circa 10 m.2. Con corda semplice: nella cordata a due silegano le estremità alle imbracature con nodo aotto infilato; raggiunti i 10 m di distanza tra idue componenti fissare la corda all’anello diservizio tramite moschettone a ghiera e nodobarcaiolo; disporre la corda rimanente a tracol-

Progressione in conserva della cordata

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la. Nella cordata a tre il 2° (la persona menoesperta) si lega alla metà della corda con nodobarcaiolo su moschettone con ghiera all’anellodi servizio; tenere 10 m +10 m di distanza e lacorda rimanente va posta dal 1° e dal 3° a tra-colla. Si utilizza il medesimo sistema di legatu-ra adottato nella conserva corta, con la diffe-renza che si allunga la distanza tra i compo-nenti e non si usano i nodi a palla.

3. Con mezza corda è consuetudine usarlasingola anche se in questa situazione è consi-gliabile raddoppiarla. In ogni caso si dovràsaper valutare volta per volta il terreno in quan-to, in caso di volo di uno dei componenti, se lacorda si dovesse impigliare attorno ad unospuntone si creerebbe una situazione di cordabloccata: la mezza corda non avrebbe la capa-cità di sopportare questo tipo di caduta (perulteriori dettagli vedere il capitolo 4).Nella cordata a due si adotta la stessa legaturadel caso con corda semplice: 10 m di distanza,nodo barcaiolo su moschettone con ghiera col-legato all’anello di servizio dell’imbracatura ecorda rimanente a tracolla per entrambi.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

C10-53 Conserva media a tre su cresta con corda semplice

ottoinfilato

corda atracolla

barcaiolo

10 m

corda atracolla

barcaiolo

barcaiolo

10 m

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Nella cordata a tre disponendo di una mezzacorda lunga 50 m si realizza una cordata a Vrovesciata: il capocordata si lega all’imbracatu-ra a circa metà corda con bulino, raccoglie atracolla circa 10 metri di corda e blocca i duerami con due barcaioli all’anello di servizio.

I secondi si legano alle rispettive estremità connodo a otto infilato avendo l’accortezza direstare in posizione sfalsata in modo da evitare

Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

C10-54 Conserva media a due su cresta con mezza corda

bulino

tratto di cordada raccogliere

conserva sucresta cordata adue con mezzacorda

tratto di cordada raccogliere

bulinobarcaiolo

barcaiolo

10 m

C10-55 Conserva media a tre su cresta con mezza corda

2°1° barcaiolo

2° barcaiolo

corda a tracolla

otto infilato

12 m

otto infilato

bulino

10 m

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interferenze durante la progressione.4. Non si tengono asole di corda in mano.5. Il più esperto procede da primo in salita enei traversi e da ultimo in discesa.6. La corda non deve rimanere lasca e vienefatta passare intorno a lame e spuntoni perchéquesti aumentano la possibilità di trattenereeventuali cadute.È a volte opportuno che il capocordata posi-zioni dei rinvii sfruttando gli ancoraggi natura-li; in tal caso è da prevedere dei punti di ricon-giungimento della cordata per la riconsegna delmateriale al primo.In caso di brevi passaggi tecnici può essere adot-tata una sicura a spalla o una sosta veloce (cordi-no attorno a spuntone e mezzo barcaiolo).Si ribadisce l’importanza di controllare labontà degli ancoraggi naturali perché a voltesu basse difficoltà si possono trovare blocchio lame instabili.7. Su terreno di misto a volte per superare unpassaggio bisogna impegnare entrambe lemani: in tal caso la piccozza deve essere facil-mente disponibile e comunque assicurata conun cordino. Essa può essere posta sullo spallac-cio oppure tenuta su un fianco sfruttando ilporta-materiale dell’imbracatura.8. Se si dovesse verificare la caduta di un com-ponente della cordata mentre si percorre il filodi cresta, bisogna aver fiducia nelle propriecapacità di trattenere il compagno e spostarsivelocemente sul versante opposto per controbi-lanciare il volo.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

C10-56 Cordata a tre su cresta

ae

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Pareti di neve o di ghiaccio facile(conserva lunga)Su pareti di neve, su pendii di ghiaccio facile,su creste che presentano tratti con pendii aper-ti nevosi o ghiacciati oppure su successione digradoni sui quali non si ritiene necessario ese-guire tiri di corda e relative soste, si adotta unaprogressione in conserva lunga che presenta leseguenti modalità.1. Utilizzare corda semplice oppure duemezze corde e tenere la corda completamentedistesa.2. Nella cordata a due si legano le estremitàalle imbracature con nodo a otto infilato; nellacordata a tre si adotta la formazione a V rove-sciata dove il capocordata si lega al vertice e idue secondi si legano alle estremità sfalsati di 3-4 m in modo da seguire singolarmente le trac-ce del primo ed evitare di intralciarsi a vicenda.Nell’ipotesi si disponesse di una sola mezzacorda bisogna considerare che essa va usatadoppia (25 metri di distanza massima tra icomponenti con una corda lunga 50 m); infat-ti il primo di cordata non può collegare all’im-bracatura una sola mezza corda in quanto, incaso di volo, se essa dovesse impigliarsi attornoad uno spuntone si creerebbe una situazione dicorda bloccata e la mezza corda non avrebbe lacapacità di sopportare una caduta con fattore 2(per ulteriori dettagli vedere il capitolo 4“Catena di assicurazione e normative”).3. Il movimento del secondo o dei secondi deveessere tale da mantenere la corda sempre il piùtesa possibile.4. Nessuno degli alpinisti tiene in mano asoledi corda.

Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

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5. Il più esperto procede da primo in salita enei traversi e da ultimo in discesa.6. Il primo deve predisporre delle protezioniintermedie (viti da ghiaccio, chiodi, anelli dicordino su spuntoni e lame, nut e friend,...)che vengono recuperati dai secondi durante laprogressione in conserva.È bene avere sempre almeno due punti inter-medi tra il capocordata e gli altri compo-nenti: infatti nel caso di caduta del primo lasicurezza della cordata è riposta nella tenutadelle protezioni intermedie la cui sollecitazionepotrebbe essere molto forte. A questo proposi-to va sottolineato che su pendii innevati anchedi modesta inclinazione (dai 30° in avanti) e amaggior ragione su tratti ghiacciati un corpoche cade produce uno scarso attrito sulla super-ficie e acquista in breve tempo alta velocità edelevata energia cinetica. Si ribadisce l’impor-tanza di controllare la bontà degli ancoragginaturali.7. Quando il primo di cordata è prossimo a ter-minare il materiale deve predisporre una sosta erecuperare i compagni. Una volta ripreso ilmateriale il capocordata ricomincia la progres-sione e riprende la posa delle varie protezioni.8. Se la cordata percorre il filo di una crestarocciosa sarebbe opportuno collocare la prote-zione su un lato, poi spostarsi sull’altro e posi-zionare la successiva protezione: i rinvii vengo-no così collocati in modo sfalsato. Se invece lacordata si muove lungo un canale è più proba-bile incontrare ancoraggi naturali su un lato.9. Per cordate sufficientemente esperte puòrisultare utile l’impiego di un bloccante mecca-

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

C10-57 Conserva lunga a duesalita

C10-58 Conserva lunga a duesosta

Nella figura C10-57 siosserva il primo di cordatache ha posizionato due rin-vii; nella figura C10-58 eglista approntando la sosta edè provvisoriamente assicu-rato ai due attrezzi

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nico, che, posto in corrispondenza di un rinviointermedio consente alla corda di muoversi

solo in un verso: così utilizzato l’autobloc-cante trattiene l’eventuale scivolata delsecondo di cordata senza coinvolgere ilprimo. Viceversa il volo del capocordata

è trattenuto dalla presenza di un rinvio e dal-l’azione del secondo mentre il bloccante non èinteressato.A questo scopo viene utilizzato il tibloc, unbloccante unidirezionale della Petzl, che puòessere impiegato anche come risalitore, oppureper realizzare un paranco di recupero.Il tibloc è un bloccante statico che funziona sucorde aventi diametri compresi da 8 a 11 mm.Esso non è progettato per trattenere forti cadu-te infati esercitando sul dispositivo una solleci-tazione di 400 daN (400 kg forza) i dentinitranciano la corda (fattore di caduta = 1).Applicando invece una forza non superiore a300 daN la camicia si segna ma la corda non sirompe: questa situazione si manifesta quandola corda non è tesa e presenta un lasco di 50 cm(fattore di caduta = 0,5). Nella figura C10-62 il tibloc è montato su unrinvio ed ha un orientamento tale da impedire loscorrimento della corda verso il basso. Nella figu-ra C10-61 si può osservare meglio il particolare.La progressione in conserva prevede che i com-ponenti della cordata si muovano contempora-neamente; il primo di cordata posiziona i rinviie il compagno che segue man mano che sale liraccoglie.È importante che il secondo mantenga lacorda tesa e non consenta laschi superiori amezzo metro, perché altrimenti, in caso di sci-

Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

C10-61 Uso del tibloc sul rinvio

C10-60 Uso del tibloc come risalitore

C10-59 Tibloc

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volata, si produrrebbero gravi lesioni alla cordae ripercussioni sulla sicurezza della cordata.Se il primo di cordata dovesse cadere, il tiblocnon interviene e il rinvio svolge il normalecompito di protezione (vedi figura C10-63).Con una cordata a due, composta da alpinistidi buone capacità e di pari livello, che si muovesu un pendio di neve o ghiaccio facile e chedispone di 2 bloccanti si propone la seguenteprogressione:a) il capocordata posiziona dei rinvii intermedie una volta arrivato alla fine della prima lun-ghezza di corda, colloca un chiodo da ghiaccioe vi collega un tiblocb) la cordata prosegue in contemporanea acorda distesa e quando il secondo giunge al rin-vio con tibloc, il capocordata pianta un chiodoe inserisce un secondo tibloc, successivamenteil secondo toglie chiodo e il primo tibloc equindi la cordata riprende il movimento inconservac) alla fine della terza lunghezza, terminati itibloc e considerando comunque che sarannostate posizionate 5-8 protezioni, si realizza unasosta nella quale si ricongiunge la cordata e siconsegna il materiale al capocordatad) bisogna far notare che con l’uso dei tibloc ilsecondo non può scendere, perché il bloccanteimpedisce alla corda di muoversi verso il bassoe quindi egli non deve commettere degli erroridi percorso in particolare nei tratti rocciosi.

Alpinismo su ghiaccio e misto Progressione in conserva della cordata

C10-62 Tibloc e scivolata del secondo

C10-63 Tibloc e caduta del primo

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Progressione in conserva della cordata

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Ghiaccio

Terreno facile:pendii nevosi nonripidi, creste nevosee rocciose ampie econ poca pendenza,cenge e gradoni consingoli brevi trattipiù impegnativi(3m)

Pendio di neve,privo di crepacci,che possa presentareanche brevi tratti incui si adoperano lepunte avanti deiramponi

Tratti rocciosi ecreste che presenta-no basse difficoltà edove sono presentispuntoni e lame

Pareti di neve opendii di ghiacciofacile, creste chepresentano tratticon pendii apertinevosi o ghiacciatioppure successionedi gradoni

TIPO DIASSICURAZIONE

Conserva media

Conserva lunga

Conserva media

Conserva corta

Conserva corta

MODALITÀ DI PROGRESSIONE

• distanza di legatura 10 m, corda tesa• corda eccedente su zaino oppure a tracolla• cordino prusik all’imbracatura• nodi a palla con superficie innevata

• legatura a 5 m, distanza effettiva 2 m• 3-4 asole aperte in mano• corda tesa• nodo barcaiolo su moschettone

con ghiera collegato all’anello di servizio della imbracatura e corda rimanente a tracolla

• il più esperto procede da primo in salita enei traversi e da ultimo in discesa

• legatura a 5 m e corda tesa• non si tengono le asole in mano• si procede lungo la linea di massima

pendenza• nodo barcaiolo su moschettone con

ghiera collegato all’anello di servizio dellaimbracatura e corda rimanente a tracolla

• il più esperto procede da primo in salita enei traversi e da ultimo in discesa

• legatura a 10 m, corda tesa• non si tengono le asole in mano• nodo barcaiolo su moschettone con

ghiera collegato all’anello di servizio della imbracatura e corda rimanente a tracolla

• aggirare spuntoni; assicurazioni veloci• la mezza corda va usata doppiata

• corda semplice oppure due mezze corde• corda completamente distesa e tesa• almeno due protezioni intermedie tra il

capocordata e gli altri componenti; quando il primo è prossimo a terminare il materiale deve predisporre una sosta e recuperare i compagni

• utile un bloccante meccanico (tibloc)posto in un rinvio per trattenere il secondo di cordata senza coinvolgereil primo

TIPODI TERRENO

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capitolo 11

Manovre di corda

INDICE

Premessa

Avvolgimento e trasporto della corda

La corda doppia• Generalità• Realizzazione della “longe” per autoassicurazione e corda doppia• Corda doppia con discensore e autobloccante• Corda doppia con metodo “Piaz”• Corda doppia su Abalakov• Corda doppia su fungo di neve o di ghiaccio• Corda doppia su neve e ghiaccio con recupero dell’ancoraggio

(piccozze, vite da ghiaccio, sci orizzontali)• Allestimento della corda doppia per gruppi numerosi• Corda doppia guidata dall’alto• Corda doppia guidata dal basso

Risalita della corda con i nodi autobloccanti

Sistemi di paranchi• Paranco del pacco• Paranco di Poldo

Attrezzatura di passaggi con corda fissa

Passaggio delle corde in carico dal tuber alla sosta

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Manovre di corda Alpinismo su ghiaccio e misto

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PREMESSA

In questo capitolo si prenderanno in considerazione alcune manovre di cordadi uso comune nella progressione alpinistica ed un’altra serie che potrebberisultare utile per realizzare operazioni di sicurezza e di autosoccorso.Nel primo gruppo descriviamo il trasporto della corda e la discesa in cordadoppia con l’aggiunta del recupero degli attrezzi. Nel secondo gruppo illu-striamo la risalita della corda con i nodi autobloccanti, l'attrezzatura di pas-saggi (corda fissa) e l’operazione che, nell’ambito della assicurazione ventra-le, consente di passare le corde in carico dal freno tuber alla sosta.

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Alpinismo su ghiaccio e misto Manovre di corda

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C11-01 Corda a bambola con bretelle

AVVOLGIMENTO E TRA-SPORTO DELLA CORDA

È importante preparare con cura la corda per varimotivi:a. evitare attorcigliamenti sia prima della progres-sione sia nel lancio per discesa in corda doppiab. trasportare la corda senza che intralci il movi-mento.Un primo sistema è chiamato bambola con bre-telle: consiste nell’avvolgere la corda singola par-tendo da un capo ed effettuare delle asole dop-pie e aperte. Una volta avvolta la corda si sfilanoi due capi, si realizzano alcuni giri e si strozza lamatassa. Quindi con le estremità libere si creanodelle bretelle in modo da trasportare sulle spallela corda (vedi figura C11-01).

1 2 3 4

6 7 8

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Manovre di corda Alpinismo su ghiaccio e misto

LA CORDA DOPPIA

GeneralitàÈ una manovra di uso frequente che consenteall'alpinista di scendere, affidandosi completa-mente alla corda, un tratto di parete di lunghez-za pari alla metà della corda di cui dispone. Un tempo la corda doppia era considerata unamanovra eccezionale, per via della scomodità eprecarietà dei metodi allora in uso e della diffi-coltà pratica di esecuzione. Da alcuni anni, lasemplificazione di questa manovra di calata,

C11-02 Corda con matassaad anello

Un secondo sistema, meno consigliato, è chia-mato matassa ad anello: si eseguono una seriedi anelli sufficientemente ampi da poter esseretrasportati a spalla. Con l’estremità libera sirealizzano dei giri intorno alla matassa e allafine questa viene bloccata. In questo caso simanifesta l’attorcigliamento e il successivoscioglimento potrebbe rivelarsi più laborio-so.(vedi figura C11-02)

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Alpinismo su ghiaccio e misto Manovre di corda

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unitamente all’introduzione di attrezzi discen-sori appositamente realizzati, ha “banalizzato”l’operazione al punto da rendere una consuetu-dine la discesa con questo metodo, in vogasoprattutto sulle vie alpinistiche delle monta-gne più frequentate, in prossimità delle qualinon è raro trovare itinerari con soste apposita-mente attrezzate per la discesa in corda doppia.Quanto sopra ha portato come conseguenza uninnalzamento in termini percentuali del nume-ro di incidenti mortali, perlopiù imputabili aduna eccessiva confidenza con la tecnica in que-stione: cedimento dei punti di ancoraggio,rottura dei cordini, sfilamento delle corde,sono solo alcuni esempi degli incidenti più fre-quenti.Una sola disattenzione durante l’esecuzione diuna calata generalmente non concede possibi-lità di appello, risultando quasi sempre fatale.Si ritiene pertanto indispensabile che, da unpunto di vista organizzativo e di metodo, vengastabilita la sequenza di operazioni sottodescrit-ta, che oltre a risultare utile in chiave didattica,permette di memorizzare e rendere più rapida esicura l’effettuazione della manovra.Le fasi della manovra sono: 1. messa in opera dell’ancoraggio di calata2. predisposizione della corda doppia3. effettuazione della calata4. recupero della corda doppia.

1. Messa in opera dell’ancoraggio dicalataPer prima cosa va predisposto un ancoraggio dicalata mediante un “collegamento fisso” in cuiinserire la corda di calata. Per la preparazione e

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Manovre di corda Alpinismo su ghiaccio e misto

realizzazione di questo tipo di ancoraggio, alquale l'alpinista affida la propria vita, si riman-da all’apposita trattazione nel precedente capi-tolo “Ancoraggi”. Si raccomanda ancora unavolta di verificare attentamente ed eventual-mente rinforzare o sostituire chiodi, cordini,fettucce, moschettoni o maillon rapide preesi-stenti. Il cordino (o fettuccia) di collegamentodell’ancoraggio deve essere libero da attriti edeve possibilmente sporgere sulla parete inmodo che il recupero della corda dal bassopossa effettuarsi agevolmente.

2. Predisposizione della corda doppiaa) Gli alpinisti dopo essersi autoassicuratiall’ancoraggio anche se il posto è giudicato sicu-ro tramite un’apposita “longe” di autoassicura-zione (vedi trattazione successiva). b) Si slegano dalla corda di cordata (se ancoralegati) per consentire al capocordata di eseguirel'operazione. In questo momento, così comeall’atto del recupero dal basso, non bisogna maidimenticare di assicurare un punto qualsiasidella corda ad un’imbracatura o all’ancoraggiostesso, onde evitare di perderla accidentalmen-te durante le manovre. c) Va quindi passato un capo della corda dentrol'asola di calata dell’ancoraggio. In caso di uti-lizzo di due corde per la calata, il nodo di giun-zione (nodo semplice, vedi capitolo “Imbracaturae nodi”) va posizionato appena al di sotto del-l’asola di calata e sempre sul ramo interno (latoparete) onde evitare che, nella successiva mano-vra di recupero dal basso, si debba agire sul ramoesterno rischiando così di “strozzare” il ramo sot-tostante.C11-03 Nodo verso parete

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Alpinismo su ghiaccio e misto Manovre di corda

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Nodi alle estremità della corda doppia: si con-siglia di annodare le estremità con due nodiseparati e segnare il capo da tirare.Pregi: le corde si lanciano separatamente e siattorcigliano meno in fase di discesa. Difetti: se non si scioglie il nodo della corda chesale la fase di recupero diventa impossibile fin-tanto che non si arrivi a scioglierlo risalendosulla corda recuperata. È anche possibile realizzare un unico nodo coni due capi di corda. Pregi: si forma un unico anello e nel caso si iniziaccidentalmente a recuperare con il nodo anco-ra da sciogliere si può ovviare tirando dall’altrolato. Difetti: si attorcigliano molto di più le cordedurante la discesa e si devono lanciare contem-poraneamente le corde. Nota sui nodi: in caso di forte vento o in pre-senza di situazioni particolari si può scegliere dievitare i nodi finali, se questi corressero ilrischio di bloccarsi in fessure o altro, fuori dallalinea di discesa.d) Si raccoglie la corda in anelli ordinati e la silancia nel vuoto, orizzontalmente e non verso ilbasso, in modo che i primi anelli, sotto il pesodel nodo, facciano srotolare la corda rapida-mente (attenzione in caso di vento a tenereconto della deviazione che può subire la corda). e) Dopo essersi accertati che la corda sia giuntafino ad un punto di arrivo, ci si predispone perla calata. In caso di terreno con ostacoli (piante o roccesporgenti) può convenire scendere con le cordeappese all’imbracatura, in modo che non siincastrino col lancio.

C11-04 Unico nodo

capo da tirare

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3. Effettuazione della calataA prescindere dal metodo di corda doppiaadottato (vedi trattazioni successive), durantela fase di calata devono sempre essere messi inatto i seguenti accorgimenti:- La “longe” di autoassicurazione va tolta dal-l’ancoraggio solo una volta che la corda doppiasia stata “vestita” con discensore e autobloccan-te di sicurezza e sia stato verificato il correttofunzionamento di quest’ultimo.- Ad inizio calata, soprattutto su neve e ghiac-cio, è importante rimanere “bassi” rispettoall’ancoraggio, evitando di sollecitarlo verso l’e-sterno. - Durante la calata, va mantenuta una velocitàlenta, costante e senza strappi o sobbalzi.- Se la corda doppia è stata inserita direttamen-te nelle asole di cordino o fettuccia dell’anco-raggio (senza interposizione di moschettone,maillon, ecc.), non si deve per nessun motivo“far scorrere” la corda stessa, una volta sotto ilcarico dell’alpinista in calata.- Il primo alpinista che scende, giunto alla sostasuccessiva (o dopo averla realizzata, qualoranon preesistente), vi si autoassicura tramitel’apposita “longe” e, dopo aver svestito la cordadoppia, prova la scorrevolezza dei capi per esse-re certo che il successivo recupero della cordaavvenga agevolmente. Quindi, dopo aver vin-colato i capi della corda all’ancoraggio (preser-vando così i compagni da un eventuale sfila-mento accidentale), comunica agli stessi che lacorda è libera per la calata successiva.- Ciascun componente la cordata, man manoche giunge in prossimità dell’ancoraggio, vi si

Manovre di corda Alpinismo su ghiaccio e misto

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autoassicurerà tramite la propria “longe” sem-pre prima di togliere discensore e autobloccan-te, dando poi il segnale di “corda libera” alcompagno successivo. - Se per la discesa si sono giuntate due corde, èimportante ricordarsi quale delle due è da recu-perare per evitare che, all’atto del recupero, ilnodo si incastri nell'ancoraggio: a tal scopo,l’ultimo componente a scendere potrà inserireun moschettone nel ramo da recuperare.- Nel caso le corde tendessero ad intrecciarsi, l'ul-timo che scende può utilizzare un moschettoneinfilato fra le due corde per tenerle separate.

4. Recupero della corda doppiaa) Quando tutti i componenti la cordata sonoautoassicurati al nuovo ancoraggio di calata,vengono sciolti i nodi precedentemente realiz-zati sulle due estremità della corda. b) Si autoassicura l’estremità da tirare alla sostao ad una imbracatura, vengono quindi allarga-ti i due rami e si procede al recupero avendocura di seguire la corda che sale, eliminando ipericolosi attorcigliamenti che potrebbero dareluogo alla formazione di nodi. c) Particolare delicatezza deve essere usata negliultimi metri, perché la corda, sollecitata da unostrappo violento, potrebbe attorcigliarsi attornoall'ancoraggio e bloccarsi in modo inestricabile. d) Per accelerare le operazioni di calata, mentreun alpinista procede al recupero, un altro inse-risce il ramo di corda recuperato nell’asola delnuovo ancoraggio, predisponendo così la cala-ta successiva.

Alpinismo su ghiaccio e misto Manovre di corda

C11-05 Recupero doppia

corda

attenzioneai nodi

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Manovre di corda Alpinismo su ghiaccio e misto

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Realizzazione della “longe” perautoassicurazione e corda doppiaDisponendo di uno spezzone di corda (o di fet-tuccia) lungo almeno 3 m, ci si lega a circa 2/3

dello stesso all’imbracatura con unnodo a otto infilato (non impegna-re l’anello di servizio). Dei due ramicosì ottenuti, quello più lungo sarà

utilizzato, fissandone il terminale adun moschettone a ghiera, quale

“longe” di autoassicurazione alle soste,mentre quello più corto (mai superiore a

30 cm) sarà utilizzato per il collegamento aldiscensore.Per l’utilizzo del discensore e del nodo auto-bloccante quale autoassicurazione durante lacalata in corda doppia si rimanda alla sezionesuccessiva.

In alternativa al predetto sistema, disponendodi un anello di fettuccia precucito di circa 1,40m (ad esempio fettuccia chiusa in dyneema)bisogna legare lo stesso all’imbracatura con ilsistema di fissaggio indicato nelle figure (ondeevitare il pericoloso nodo a strozzo).Sull’anello chiuso di fettuccia va quindi realiz-zato, a poca distanza dal fissaggio all’imbraca-tura, un nodo guide semplice o con frizione, in

C11-07 Fettuccia su imbracatura

A B C

C11-06 Longe con spezzone

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Alpinismo su ghiaccio e misto Manovre di corda

modo tale da ottenere un’asola sfalsata, nellaquale verrà inserito il moschettone collegato aldiscensore. All’asola terminale sarà infine fissa-to (nodo barcaiolo) il moschettone a ghiera diautoassicurazione alle soste. Nella corretta posizione di calata, la “longe”del discensore non deve superare i 30-40 cm,

in modo che il discensore stesso siposizioni all’altezza degli occhi.Per effettuare numerose calate puòessere utile bloccare il moschetto-ne di autoassicurazione con ungommino usato nei moschettoni

da rinvio.

Corda doppia con discensore e auto-bloccanteIl sistema di corda doppia più sicuro, rapido e difacile esecuzione è quello con discensore e nodoautobloccante di autoassicurazione. Moltocomodi e sicuri sono i discensori, dispositivi fre-nanti appositamente studiati, nei quali vengonoinserite le corde di calata (si consigliano attrezziquali le piastrine autobloccanti, il tuber, il robotutilizzabili anche nelle manovre di assicurazione).Innanzitutto va realizzato sulla corda doppia unnodo autobloccante machard utilizzando unanello chiuso di cordino (preferibile il kevlar) dafissare all’anello di servizio dell’imbracaturamediante un moschettone a ghiera. La cordadoppia va quindi inserita, nel tratto a monte del-l’autobloccante appena realizzato, in un discen-sore collegato alla imbracatura tramite l’apposita“longe” (vedi trattazione precedente). Questo

C11-08 Longe con fettucciaC11-09 Moschettone e gommino

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C11-10 Calata in doppia

freno

autobloccante

ramo della longe di autoassicurazione

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metodo consente di guidare e controllare ladiscesa facendo scorrere verso il basso, con unamano, l’autobloccante durante la calata.È fondamentale che il collegamento autobloc-cante-imbracatura sia più corto di quellodiscensore-imbracatura, onde evitare che l’auto-bloccante finisca a contatto con il discensore,perché in questo caso non intervenendo con lemani la corda nel discensore continua a scorrere. È quindi importante prima di partire provareil sistema sotto carico e verificare che, senzatoccare con la mano l’autobloccante, la disce-sa non possa avvenire.Descriviamo con le foto alcuni tipi di freni.In figura C11-11 la piastrina autobloccantesvolge la funzione di freno ed è e collegataall’imbracatura tramite una daisy chain; l’auto-bloccante machard è collegato all’anello di ser-vizio.In figura C11-12 il tuber svolge la funzione di

Manovre di corda Alpinismo su ghiaccio e misto

C11-11 Doppia con piastrina C11-12 Doppia con tuber C11-13 Doppia con robot

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Alpinismo su ghiaccio e misto Manovre di corda

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freno ed è collegato all’imbracatura tramite unalonge costruita con fettuccia precucita; il ramopiù lungo della longe è utilizzato come autoas-sicurazione. Il machard è collegato all’anello diservizio.In figura C11-13 il robot svolge la funzione difreno ed è collegato all’imbracatura tramite unadaisy chain opportunamente regolata; come diconsueto il machard è collegato all’anello diservizio.In mancanza di un discensore, la discesa incorda doppia può essere effettuata con unfreno-moschettone impiegando preferibilmen-te moschettoni con ghiera e tenendo le apertu-re alle estremità e sui lati opposti (vedi figuraC11-14 e particolare di figura C11-15).Disponendo di un solo moschettone è anchepossibile realizzare sulle corde di calata un nodomezzo barcaiolo, che però determina fastidiosiattorcigliamenti delle stesse.

C11-14 Doppia con moschettoni C11-15 Freno moschettone

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Manovre di corda Alpinismo su ghiaccio e misto

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C11-16 Calata Piaz

Corda doppia con il metodo “Piaz”Può capitare di doversi calare su brevi ma infi-di tratti innevati, ghiacciati o rocciosi, talorasenza disporre di imbracatura e di materialealpinistico a sufficienza: in tali casi si può pro-cedere alla calata in corda doppia con il meto-do classico, detto “Piaz”. È necessario essereopportunamente vestiti (collo coperto, panta-loni robusti) per evitare scottature.Secondo tale sistema, la corda doppia che pro-viene dall'ancoraggio passa fra le gambe, giraintorno a una coscia all'altezza dell'inguine,passa davanti al petto, gira sopra la spalla oppo-sta alla coscia, passa diagonalmente dietro ildorso e viene afferrata con la mano opposta.L'altra mano impugna la corda che provienedall'ancoraggio.L'alpinista inizia la discesa tenendosi con ilcorpo leggermente di fianco alla parete, benstaccato dalla roccia, lo sguardo rivolto verso ilbasso per osservare il percorso. Il movimento sieffettua con passi lenti e regolari, senza salti esenza strappi, allo scopo di sollecitare il menopossibile l'ancoraggio. La velocità di discesa viene regolata avvicinan-do o scostando dal corpo la mano a valle, chegoverna la corda che va verso il basso. L’autoassicurazione viene realizzata con un cor-dino legato in vita (ovviamente all'imbracatura,se presente) e fissato alla corda doppia con unnodo autobloccante (machard). La mano amonte non svolge alcuna azione frenante e,oltre ad essere utilizzata per l’equilibrio, prov-vede a far scorrere verso valle il nodo autobloc-cante.

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Alpinismo su ghiaccio e misto Manovre di corda

Trattandosi di un sistema di calata molto sco-modo (forti attriti della corda sull’inguine esulla spalla) e pericoloso, se ne raccomanda l’ef-fettuazione solo su terreno poco pendente,ovvero per brevi tratti.

425Corda doppia su fungo di neve o dighiaccioPer l’esecuzione di una calata in corda doppiasu ghiaccio o su neve compatta, si può ricorre-re alla realizzazione di un fungo artificiale, rica-vato sulla superficie nevosa o ghiacciata del ter-reno.Scavando un solco nel ghiaccio con la piccozza,si isola uno “spuntone” sulla superficie a formadi pera rovesciata. Il fungo deve infatti avere latesta leggermente più ampia del gambo, perimpedire la fuoriuscita verso l’alto della cordadi calata che vi viene avvolta attorno. Su ghiaccio buono è sufficiente un fungo di80-100 cm di diametro, alto circa 20 cm, men-tre su superfici di neve di buona consistenzabisogna pressare la neve e ricavare lo scavo chedeve avere dimensioni pressoché doppie diquello su ghiaccio.Condizione di sicurezza indispensabile nellarealizzazione di qualsiasi fungo è quella di frap-porre, tra corda e parte superiore del gambo delfungo, degli indumenti consistenti (ad es., unagiacca a vento) per evitare che il fungo vengatagliato, durante la calata, dalla corda sottocarico. La manica dell’indumento va collegataalla corda stessa con nodo barcaiolo sul ramo dicorda opposto al senso di trazione, per consen-tire che, al momento del recupero, la giacca si

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Manovre di corda Alpinismo su ghiaccio e misto

Corda doppia su neve o ghiaccio conrecupero dell’ancoraggioLa corda doppia su neve compatta può essereeseguita anche utilizzando le piccozze comeancoraggio: in tal caso è ovvia la necessità didover recuperare gli attrezzi. Su ghiaccio, inve-ce, si consiglia di ricorrere alla doppia con recu-pero della vite da ghiaccio, successivamentedescritta, solo quando la mancanza di tempoe/o la conformazione del terreno impediscanol’utilizzo del fungo di ghiaccio e la scarsità dimateriale non permetta di lasciare la vite stessain parete.

Piccozza (neve consistente). Si fissa sulpuntale un cordino (1). Si pianta la piccozzacon il cordino verticalmente nella neve e se ne

arrotoli e faccia scorrere la corda con ridottiattriti. Le due corde della doppia sono tenuteunite, al disotto del fungo, da un moschettonefissato alla corda che si dovrà tirare, con nodobarcaiolo. Vengono infine unite le estremitàdelle due corde e si segna il capo da tirare.

C11-18 Doppia su Abalakov

C11-17 Fungo di ghiaccio

Corda doppia su AbalakovNel capitolo 8 dedicato agli ancoraggi è stataillustrata la possibilità di realizzare una clessidradi ghiaccio (metodo “Abalakov”). Una voltaindividuata una zona di ghiaccio necessaria-mente compatto, vengono realizzati due foritramite vite da ghiaccio tubolare, (consigliata lalunghezza di 22 cm) e attraverso la clessidraartificiale viene fatto passare un cordino dicalata, che poi verrà abbandonato.

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Alpinismo su ghiaccio e misto Manovre di corda

mette una seconda in senso trasversale,collegandole tra loro tramite le dragon-ne con un moschettone che saràagganciato anche al cordino (1). Sipassa il cordino dietro al manicodella piccozza trasversale, fissando-ne l’altro capo ad un ramo dellacorda (precedentemente passataattorno al manico della piccozzaverticale) con un nodo bulino,creando un’asola chiusa e ampia (2).Sullo stesso ramo di corda avvolto dalcordino viene quindi costruito un nododelle guide semplice (3), collocato appena amonte del bulino. Si annodano infine i capiterminali della corda con un nodo delle guidecon frizione. Ultimata la discesa, basteràche l'alpinista tiri il ramo della cordacui è legato il cordino per sfilare la pic-cozza piantata e tutto il materiale ad essa colle-gato. Nel caso non avesse esito positivo la fuo-riuscita degli attrezzi, si recupererà la corda dal-l’altro capo.

Vite da ghiaccio. Per il presente sistema dicalata sono necessarie condizioni ottimali delghiaccio. Inoltre si sottolinea che su questo tipodi ancoraggio si calerà solo l’ultimo alpinistadella cordata, mentre per gli altri componentil’ancoraggio stesso dovrà essere rinforzato conmateriale che verrà recuperato dall’ultimoprima di calarsi. La vite va inserita nel ghiaccio e va subitoestratta, espellendone la carota, inoltre si dovràavvitarla e svitarla più volte: in questo modo sicrea una sede che, pur tenendo salda la vite

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C11-19 Doppia su piccozze

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stessa durante la calata, non ne ostacolerà ilsuccessivo svitamento a distanza. Dopo avercollocato un rinvio preparato sul corpo dellavite, si fissa un cordino (diametro 3-5 mm) sul-l’occhiello della stessa tramite un nodo stroz-zante; si gira quindi il cordino intorno al corpo,tra occhiello e rinvio, nel senso inverso all’avvi-tamento. Il numero di giri del cordino devesuperare di almeno tre unità quello dei giridella vite. La corda doppia di calata viene oracollocata nel moschettone a base larga di tipoHMS del rinvio precedentemente fissato allavite. L’estremità libera del cordino viene quindiavvolta attorno ad un ramo della corda doppia,e fissato con un nodo bulino, creando cosìun’asolina chiusa e non strozzante.Sullo stesso ramo di corda avvolto dal cordinoviene infine costruito un nodo delle guide sem-plice, collocato appena a monte dell’asola dibulino. Si annodano infine i capi terminalidella corda con un nodo delle guide con frizio-ne e si segna il capo da recuperare. A discesaultimata, basterà tirare il ramo della corda sulquale è costruito il nodo, per imprimere allavite un moto rotatorio che la farà uscire dallasede, recuperandola con corda e cordino. Nel caso la vite rimanesse bloccata nella pareteè possibile recuperare la corda tirando l’altrocapo. L’operazione è agevolata dalla presenza diun moschettone a base larga, attraverso il qualepuò passare il nodo della corda e dall’asola suf-ficientemente ampia del cordino.

Manovre di corda Alpinismo su ghiaccio e misto

moschettone a baselarga HMS

nododelle guide semplice

asola ampia e chiusa con bulino

capoda tirare

C11-20 Doppia con vite

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Alpinismo su ghiaccio e misto Manovre di corda

Ancoraggio con gli sciorizzontali (neve pococonsistente)Battere una piazzola di nevedella lunghezza degli sci ericavare uno scavo, in modo che almomento del recupero gli sci possanoruotare ed uscire di punta dalla buca.Attorno agli sci, fissati tra loro peroffrire la maggior tenuta, vieneavvolto con 4-5 giri il cordino peril recupero il quale poi viene fattouscire a monte. I bastoncinivanno collocati sul bordo, avalle dello scavo, in modo chein fase di recupero il cordino,passato sopra, tiri gli sci versol’alto. A discesa ultimata sitirerà il capo di corda segnato.

Allestimento della corda doppia pergruppi numerosiPer calate di gruppi numerosi, viene adottato ilsistema illustrato a lato, che consente di potereffettuare la calata su due rami fissi di corda,cautelandosi così dalle conseguenze di scarichedi sassi o ghiaccio, che potrebbero recidere unodei rami di corda durante la calata, causandonelo sfilamento.Ovviamente, l’ultimo a scendere dovrà scioglie-re le due asole e recuperare il moschettone sucui erano fissate, scendendo in corda doppia.

C11-21 Doppia con sci

C11-22 Doppia per gruppi

senso di rotazionedegli sci

collegare il bastoncino

fissaggio delle code

capo da recuperare segnare la corda

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Alpinismo su ghiaccio e misto

Corda doppia guidata dal bassoIn caso di compagni non sufficientementeautonomi nelle manovre di calata con discen-sore e autobloccante, qualora il sistema dellacorda doppia guidata dall’alto non sia ritenutosicuro dal capocordata (calate su strapiombi,scarsa visibilità, difficoltà nell’individuare dal-l’alto il punto di arrivo della calata, successiviancoraggi di calata da realizzare in parete, ecc.),si può ricorrere a questo sistema. Il capocorda-ta autoassicura alla sosta il compagno e inseri-sce le corde di calata nel discensore; inseriscepoi sul tratto di corda appena a valle del discen-sore del compagno il proprio freno e l’auto-bloccante. Quindi, una volta messe in tensionele corde di calata, inizia la discesa, lasciandoloil compagno presso l’ancoraggio.

Corda doppia guidata dall’altoQuesta manovra può essere utile ogniqualvoltasi ritenga opportuno assicurare dall’alto com-pagni già in grado di compiere autonomamen-te una discesa in corda doppia. Il capocordata predispone la corda nello stessomodo testè illustrato per la discesa di gruppinumerosi, ma raccogliendo in anelli e lancian-do in basso solo uno dei due rami, sul quale icompagni scenderanno uno alla volta, adottan-do la medesima tecnica della calata in doppia,ma su un solo ramo.L’altro ramo di corda sarà di volta in volta uti-lizzato dal capocordata per assicurare dall’alto,tramite discensore (o mezzo barcaiolo) fissatoall’ancoraggio stesso i compagni che scendono.

C11-23 Doppia guidata da sopra

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Giunto in fondo alla corda doppia e predispo-sto il nuovo ancoraggio, avendo avuto cura dimantenere sempre le corde in tensione con ilpeso del proprio corpo, il capocordata invita ilcompagno a togliere l’autoassicurazione e astaccarsi dalla parete; quindi regola la velocitàdi discesa dal basso con una leggera trazionesulle corde. L’operazione è effettuabile anchecon più compagni, collegandoli tutti, tramite irispettivi discensori, nella corda doppia e facen-doli poi scendere uno alla volta, a partire daquello più a valle. Tale metodo consente anchedi verificare la correttezza delle operazioni dicalata da parte degli altri componenti.

Alpinismo su ghiaccio e misto Manovre di corda

C11-24 Doppia guidata da sotto

discensoregià collegato alla doppia

ancoraggiodi calatasecondo allievo

in attesa,il più esperto

discensore primo allievoper calata, regolando latensione delle corde dal

basso

corda doppiafissata

all’ancoraggio

primo allievo(il meno esperto)

capocordata autoassicurato in sosta

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Manovre di corda Alpinismo su ghiaccio e misto

C11-25Risalita con autobloccanti

RISALITA DELLA CORDACON I NODI AUTOBLOC-CANTI

È una manovra che consente di salire lungouna corda in condizioni di costante sicurezza.Può essere necessario ricorrere a questo sistemaper risalire un tratto di corda al quale si è rima-sti appesi (caduta in crepaccio) ovvero per libe-rare una corda doppia bloccata in alto: in que-st’ultimo caso i nodi autobloccanti devonoessere avvolti intorno a tutte e due le cordecontemporaneamente (evitare assolutamente dirisalire su una corda sola). Per la progressione siutilizzano due cordini: uno per il busto e l’altroper un piede. Il primo viene collegato all’im-bracatura dopo aver realizzato sulle corde unnodo autobloccante machard (p1). Il secondo ècollegato ad un altro nodo autobloccantemachard (p2), posizionato al disotto del prece-dente e sull’altra estremità viene formata un’a-sola chiusa con nodo delle guide con frizione,che va usato come staffa per il piede. Il cordino della staffa, passando all’interno del-l’imbracatura, consente di restare in asse duran-te la distensione della gamba.Nella figura C11-26 è rappresentata schemati-camente la successione delle varie fasi dellamanovra di risalita. Le operazioni vengonodescritte partendo dal basso.Prima di iniziare il movimento è opportunoverificare la tenuta degli autobloccanti.Nella fase A il peso grava tutto sul piede (staffa).Nella fase B si distende la gamba e si innalzal’autobloccante collegato all’imbracatura p1

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p1

p2

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C11-27 Pacco

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Nella fase C ci si appende all’autobloccantecollegato all’imbracatura, si scarica il peso dalpiede e si fa scorrere quanto più possibile inalto l’autobloccante p2 connesso alla staffa.Nella fase A si carica l’autobloccante del piedee si distende la gamba; si ritorna così nella posi-zione iniziale.

Alpinismo su ghiaccio e misto Manovre di corda

C11-26 Fasi di risalita

SISTEMI DI PARANCHI

A volte è necessario tendere una corda fissaoppure collegare tra loro degli ancoraggi.Descriviamo sinteticamente le fasi di costruzio-ne di due sistemi di paranchi.

Nodo del paccoNella fase A si realizzano sulla prima estremitàun nodo a otto e un nodo semplice; nella faseB si inserisce dentro il nodo semplice la secon-da estremità; nella fase C si porta in trazionetirando il capo; nella fase D si realizza un’asoladi bloccaggio.A B DC

p1

I

I

I

I

s

s

s

s

p1

p1

p1

p2

p2

p2

A

C

B

A

C= cordaI= imbracaturap1-p2= autobloccantiS= staffa

c

c

c

c

p2

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Manovre di corda Alpinismo su ghiaccio e misto

Paranco di PoldoNella fase A si realizza sulla prima estremità unnodo delle guide e si fa passare dentro il secon-do capo; nella fase B si forma sul secondo capoun altro nodo delle guide che si aggancia almoschettone; nella fase C si effettua la trazionetirando in basso il ramo centrale e si tirando inalto il ramo destro.

ATTREZZATURA DI PAS-SAGGI CON CORDA FISSA

In talune situazioni si possono incontrare pas-saggi esposti o pericolosi relativamente breviche per ragioni di sicurezza e rapidità richiedo-no di essere attrezzati per consentire il passag-gio veloce del gruppo senza formare delle cor-date. Talvolta è conveniente attrezzare il pas-saggio per il superamento di un breve trattoimpegnativo anche se la comitiva procede incordate.Se il passaggio da attraversare è previsto, ènecessario che coloro che devono provvedereall'attrezzatura precedano il gruppo con l’anti-cipo necessario per non tenere bloccati i com-

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C11-28 Paranco di Poldo

A B C

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Alpinismo su ghiaccio e misto Manovre di corda

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pagni sul passaggio. L'attrezzatura dei passaggisi fa mediante corde fisse, che possono esseretese in verticale o in trasversale, secondo lecaratteristiche del passaggio.Gli ancoraggi devono essere controllati spesso,perché vengono sollecitati molto e un lorocedimento avrebbe conseguenze gravissime perquanti ci si affidano. Per gli stessi motivi, nelpercorrere i passaggi attrezzati, occorre mante-nere opportune distanze.La corda fissa tesa in verticale viene ancoratasolidamente in basso e in alto, a uno o piùancoraggi idonei; se il tratto è obliquo può pre-sentare dei punti fissi intermedi. Le cordate o ilgruppo superano rapidamente il passaggio, ser-vendosi della corda fissa come passamano neipassaggi più delicati o esposti, autoassicuran-dosi con un nodo prusik e facendolo scorrerenel senso della progressione. I primi salitori chehanno il compito di attrezzare è utile che, oltrealla corda da fissare, per la progressione in cor-data dispongano di una seconda corda. La figu-ra C11-29 mostra il tensionamento di unacorda fissa sull’ancoraggio finale.

C11-29 Fissa finale

A B C D

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Manovre di corda Alpinismo su ghiaccio e misto

La corda fissa tesa in traversata, oltre a esseresolidamente ancorata alle estremità, deve averealcuni ancoraggi intermedi, in particolare incorrispondenza di spigoli taglienti e di devia-zioni di percorso.Per gli ancoraggi si possono sfruttare spuntonie clessidre di roccia, oppure usare i chiodi, lapiccozza o, su neve alta e inconsistente, gli sciopportunamente piantati nella neve. La cordaviene fissata agli ancoraggi intermedi con cor-dini bloccati con nodo prusik, in modo da ren-dere indipendente ogni tratto. La corda tesa in traversata può servire da passa-mano e ci si assicura a essa con un prusik e unmoschettone collegati all'imbracatura.

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C11-30 Fissa verticale

ancoraggio finale

tensionamento con asola e controasola

nodo mezzo barcaiolocon asola econtroasola

ancoraggio iniziale

mezzo barcaiolo, asolae controasola

ancoraggi intermedi

prusikancoraggiofinale

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Alpinismo su ghiaccio e misto Manovre di corda

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Se la traversata orizzontale non presenta trattiin salita o discesa, ci si assicura alla corda fissasemplicemente inserendovi uno dei duemoschettoni collegati all’imbracatura tramitelonge a due rami, come nella progressione suvie ferrate.Una corda tesa orizzontalmente può servire disicurezza nell'attraversamento di un ponte suun crepaccio.

La figura C11-31 descri-ve il posizionamento diuna corda fissa in oriz-zontale.

mezzo barcaiolo, asolae controasola

ancoraggi intermedi

ancoraggioiniziale

prusik

C11-31 Fissa orizzontale

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PASSAGGIO DELLE CORDEIN CARICO DAL TUBERALLA SOSTA

Nel caso in cui si verifichi la caduta del primodi cordata, il compagno che sta effettuandouna assicurazione ventrale con l’impiego delfreno tuber riceve una spinta verso l’alto; aseconda della sollecitazione egli, dopo aver ese-guito la trattenuta, può trovarsi ancora appesoalla sosta oppure trovarsi sopra gli ancoraggiche si sono ribaltati. In ogni caso le corde incarico che vanno al compagno bloccano l’assi-curatore; pertanto è necessario portare le cordein carico dal freno tuber alla sosta per svincola-re l’assicuratore che dovrà poi mettere in atto leoperazioni di soccorso più idonee.Si descrive in forma sintetica la successionedelle fasi. Nelle foto si è impiegata una solacorda per rendere più chiare le operazioni; ana-logamente la manovra è eseguibile con duecorde.

Manovre di corda Alpinismo su ghiaccio e misto

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Alpinismo su ghiaccio e misto Manovre di corda

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Le figure 1 e 2 mostrano gli ancoraggi collegati con asola inglobata, la autoassicurazio-ne effettuata al vertice del triangolo di sosta, lo pseudo rinvio inserito nell’asola.

Figura 3: dopo la trattenuta del compa-gno, con una mano sul tuber si tengonobloccate le corde. Con la mano libera siprendono le corde libere e si passanoall’interno del moschettone formandoun’asola. Si passa la mano all’interno del-l’asola così formata e si prendono lacorda che fuoriescono dalla parte oppo-sta del moschettone.

Figura 4: l’asola viene bloccata e si puòcostruire anche la controasola.

C11-32 Tuber-sosta 1 C11-33 Tuber-sosta 2

C11-34 Tuber-sosta 3 C11-35 Tuber-sosta 4

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Manovre di corda Alpinismo su ghiaccio e misto

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Figura 5: si realizza sulla corda in caricoun nodo autobloccante (machard) e sicollega al moschettone tramite barcaiolouno spezzone di cordino.

Figura 6: lo spezzone va collegato al ver-tice della sosta tramite un moschettoneeseguendo un mezzo barcaiolo e asola dibloccaggio.

Figura 7: dapprima si scioglie la cordadi cordata e si mette in carico lo spezzo-ne. Poi si inserisce al vertice della sostaun moschettone e si collega la corda dicordata con mezzo barcaiolo e asola dibloccaggio.

Figura 8: si scioglie il mezzo barcaiolodello spezzone e il carico passa alla cordadi cordata.

C11-36 Tuber-sosta 5 C11-37 Tuber-sosta 6

C11-38 Tuber-sosta 7 C11-39 Tuber-sosta 8

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capitolo 12

Recuperi da crepaccio

INDICE

Premessa

Indicazioni sulla quantità di forza da applicare in un recupero

Messa in sicura della cordata e predisposizione del sistema iniziale di recupero da crepaccio • Tenuta• Predisposizione del primo sistema di assicurazione• Caricamento dell’ancoraggio provvisorio• Predisposizione all’ancoraggio definitivo• Collegamento dei punti di ancoraggio• Caricamento dell’ancoraggio definitivo• Autoassicurazione e riduzione degli attriti

Paranco semplice con rinvio al compagno (compagno in grado di collaborare)

Recupero con azione interna ed esterna (compagno in grado di collaborare)

Paranco Vanzo (compagno in grado di collaborare)

Paranco Mezzo Poldo con piastrina

Paranco Mezzo Poldo con piastrina e spezzone ausiliario

Paranco Mezzo Poldo con piastrina su terreno misto

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PREMESSA

In questo capitolo vengono analizzate le manovre che allo stato attuale appaiono piùvalide ed efficienti nel caso in cui si debba soccorrere e recuperare un compagno cadu-to in un crepaccio oppure, su terreno misto, sollevare una persona che non è in gradodi proseguire in modo autonomo. Il loro adattamento alle diverse condizioni checaratterizzano ogni singolo caso dovrà essere lasciato al giudizio ed all’esperienza del-l’alpinista. Diverse varianti sono infatti possibili, ma la loro utilità e sicurezzadovranno preventivamente essere vagliate con particolare attenzione.Per nostra fortuna queste manovre sono di applicazione assai poco frequente ed èquindi facile dimenticarne la tecnica di esecuzione, trovandosi così nell’emergenzaincapaci di effettuarle; è quindi opportuno, soprattutto nel caso degli Istruttori e ditutti coloro che si assumono la responsabilità della conduzione di una cordata, eser-citarsi periodicamente nella loro esecuzione. Nel capitolo vengono descritte le seguenti manovre:1. Messa in sicura della cordata e predisposizione del sistema iniziale di recupero dacrepaccio (manovra che sarà comune a tutte le tecniche di recupero descritte)2. Paranco semplice con rinvio al compagno (compagna in grado di collaborare)3. Recupero con azione interna ed esterna (compagno in grado di collaborare)4. Paranco veloce con sistema Vanzo (compagno in grado di collaborare)5. Paranco Mezzo Poldo con piastrina6. Paranco Mezzo Poldo con piastrina e spezzone ausiliario7. Paranco Mezzo Poldo su terreno mistoL’ultimo sistema illustrato (7) considera il recupero di un compagno impossibilitatoa proseguire in modo autonomo su un tratto verticale di ghiaccio o roccia.Le manovre di recupero proposte hanno in comune la prima fase che si con-clude con il caricamento dell’ancoraggio definitivo e che prevede l’utilizzodella piastrina autobloccante. Dato che tale fase è sempre antecedente alla veri-fica delle condizioni del compagno caduto e quindi anche alla scelta del sistema direcupero da attuare, si è ritenuto opportuno realizzare un sistema di anco-raggio in cui si possa operare nella situazione peggiore, nella quale cioè il com-pagno non sia in grado di collaborare. Poiché il sistema di recupero più idoneo inuna simile circostanza è il paranco Mezzo Poldo (eventualmente anche con spezzo-ne ausiliario), è vantaggioso che l’ancoraggio preveda la presenza della pia-strina autobloccante. Altre manovre non necessitano di tale dispositivo ma si èpreferito privilegiare una procedura che consideri la situazione meno favorevole.

Recuperi da crepaccio Alpinismo su ghiaccio e misto

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INDICAZIONI SULLA QUAN-TITÀ DI FORZA DA APPLICA-RE IN UN RECUPERO

La forza necessaria a sollevare un alpinista cadutopuò arrivare a circa il doppio del peso del cadutostesso a causa degli attriti che si verificano per losfregamento tra corda e bordo del crepaccio e perl’angolo che si genera tra la verticale del caduto ela direzione secondo la quale viene esercitata latrazione per effettuare il recupero. La forza di tra-zione che un uomo medio può applicare in con-dizioni normali è circa pari alla metà del propriopeso; ciò determina che per sollevare un alpinista,con una trazione sulla corda alla quale questi èappeso, sarebbero necessarie ben 4 persone.Ovviamente in condizioni più favorevoli possonoessere sufficienti meno soccorritori.Il contenimento della forza necessaria al solleva-mento del caduto può essere ottenuto nei seguen-ti modi:- riduzione dell’attrito tra corda e bordo del cre-paccio- riduzione o annullamento dell’angolo tra verti-cale del caduto e direzione del recupero: ad ango-li maggiori corrisponde una maggior pressione nelcontatto tra corda e terreno e pertanto maggioriattriti - demoltiplicazione della forza applicata per ilrecupero.- numero di soccorritoriTanto più si concretizzeranno questi obiettivi,tanto minore sarà la forza necessaria al solleva-mento del caduto, da cui dipende il successo omeno dell’operazione di recupero.

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Lo scopo delle varie manovre proposte in questocapitolo è di ottimizzare il rapporto tra forzaapplicata nel recupero, tempo di applicazionedella forza stessa e sollevamento del caduto, inrelazione alle varie possibili situazioni in cui ci sitrova ad operare. Ciò consente di affermare che:- la riduzione dell’attrito della corda sul bordo delcrepaccio può essere ottenuta mediante l’inseri-mento tra l’una e l’altro di un attrezzo (piccozza)o un capo di vestiario; - la riduzione o annullamento dell’angolo tra ver-ticale del caduto e direzione del recupero, e quin-di anche dell’attrito, può essere ottenuta median-te l’applicazione di determinati metodi di recu-pero successivamente descritti (recupero conazione interna ed esterna oppure paranco veloce- sistema Vanzo), ma realizzabili solamente nelcaso in cui il caduto sia in grado di collaborare edil bordo del crepaccio sia agibile dal soccorritore.- la demoltiplicazione delle forze può essere otte-nuta applicando il principio delle carrucole mul-tiple. - Una riduzione dell’attrito sul moschettone dicirca il 18% può essere ottenuta mediante l’uti-lizzo di una piccola puleggia. Il posizionamentodella puleggia verrà meglio precisato nei diversiparanchi.

Note sul paranco semplice con rinvioal compagnoLa forza necessaria al sollevamento del cadutomediante una carrucola semplice, in teoria corri-sponde alla metà del peso dell’alpinista mentrenella pratica equivale a circa il peso stesso. Laquantità di corda da recuperare è due volte mag-

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C12-01 Puleggia

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giore di quanto deve essere sollevato il compa-gno. Vari fattori intervengono negativamente edin modo sensibile nella quantificazione dellaforza necessaria per il sollevamento: attrito dellacorda che scorre sul moschettone posto in vita alcaduto, attrito sul bordo del crepaccio, l’angolotra verticale del caduto e direzione del recupero.In tali condizioni il recupero potrà essere effet-tuato in presenza di almeno tre/quattro soccorri-tori (cordata da tre).

Note sul recupero con azione internaed esternaIl sistema prevede che il caduto collabori e risal-ga in modo autonomo lungo la corda. Il soccor-ritore non esercita sforzi significativi nella fase disollevamento ma deve badare all’assicurazionedel caduto durante la risalita. Non vi sono attri-ti della corda sul bordo del crepaccio.

Note sul paranco VanzoNon si possono dare indicazioni significativesulla forza di trazione, in quanto il compagnocollabora alla risalita. In questo caso, operandosul bordo del crepaccio si riduce l’attrito con ilbordo stesso e la trazione nella sola direzione ver-ticale può essere svolta da parte di un solo soc-corritore (operazione agevolata dalla presenza diuna puleggia).

Note sul paranco Mezzo Poldo conpiastrinaLa forza necessaria al sollevamento del cadutomediante Mezzo Poldo in teoria corrisponde aun quarto del peso dell’alpinista (in assenza tota-le di attriti) mentre la quantità di corda da recu-

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perare è quattro volte maggiore di quanto neces-sita per sollevare il compagno. Da prove condot-te dalla CMT del VFG, in cui è stato considera-to l’attrito della corda sul bordo di roccia, per sol-levare un peso di 77 daN la forza da applicare nelrecupero è di circa 42 daN e di circa 35 daN conuna puleggia; in altre parole con questo parancoe senza pulegge si richiede una forza circa parialla metà del peso del caduto.

Note sul paranco Mezzo Poldo conpiastrina e con spezzoneLa forza necessaria al sollevamento del cadutomediante Mezzo Poldo con spezzone in teoriacorrisponde a un ottavo del peso dell’alpinista (inassenza totale di attriti) mentre la quantità dicorda da recuperare è otto volte maggiore diquanto necessita per sollevare il compagno. Daprove condotte dalla CMT del VFG, in cui èstato considerato l’attrito della corda sul bordo diroccia, per sollevare un peso di 77 daN la forza daapplicare nel recupero è di circa 28 daN e di circa23 daN con una puleggia; vale a dire che conquesto paranco e senza pulegge si richiede unaforza circa pari ad un terzo del peso del caduto.

Ulteriori considerazioni sulle prove Le prove hanno evidenziato che l’impiego di unamezza corda rispetto ad una semplice riduce gliattriti e pertanto anche la forza richiesta per ilrecupero; tuttavia una corda di diametro inferio-re tende a scorrere di più nelle mani del soccorri-tore per cui ciò comporta una presa più difficol-tosa per colui che recupera e soprattutto richiededi passarla intorno alle spalle per sfruttare la spin-ta delle gambe.

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MESSA IN SICURA DELLACORDATA E PREDISPOSI-ZIONE DEL SISTEMA INI-ZIALE DI RECUPERO DACREPACCIO

Se la cordata si muove con corda tesa e con unsistema di legatura corretta, la caduta di unalpinista in un crepaccio non dovrebbe risulta-re troppo rovinosa e l’arresto dovrebbe avveni-re in uno spazio limitato a pochi metri.Di seguito vengono descritte le sequenze dellefasi di trattenuta e di preparazione del sistemadi recupero, comuni alle varie tecniche chesaranno proposte successivamente.

1-TenutaColui che assicura si oppone con tutte le proprieforze all’improvvisa trazione, gettandosi nelladirezione opposta se calza gli sci o cercando diabbassarsi se indossa i ramponi, eventualmenteaiutandosi piantando la becca della piccozzanella direzione opposta a quella della trazione.Una volta bloccata la caduta, con il peso delcompagno che grava sull’imbracatura, l’assicura-tore provvede a stabilizzare la propria posizionein modo da poter operare con una certa libertà.La posizione migliore, successivamente alla trat-tenuta, prevede che l’assicuratore sia in linea conla corda in modo da scaricare sui piedi la trazio-ne esercitata dal caduto (evitare in ogni modo ditrovarsi con la testa rivolta al bordo del crepac-cio ed i piedi nella direzione opposta).Il caduto, per quanto possibile, dovrà cercare di

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scaricare il proprio peso ancorandosi ad unadelle pareti del crepaccio in modo da agevolare ilpiù possibile il soccorritore durante la prima fasedi messa in sicura della cordata.

2-Predisposizione del primo sistemadi assicurazione Predisporre un ancoraggio provvisorio (da rea-lizzarsi il più velocemente possibile) sul qualescaricare parzialmente la trazione esercitata dalcaduto, in modo da poter predisporre successi-vamente, in condizioni di maggior sicurezza ecomodità, l’ancoraggio definitivo: quest’ultimodovrà essere in grado di offrire assoluta garan-zia di tenuta. Nelle figure C12-02 e C12-03vengono mostrati due esempi di ancoraggi usocorpo morto su neve poco consistente. Sirimanda comunque il lettore al capitolo 8“Ancoraggi”.Nelle figure C12-04 e C12-05 si illustrano dueancoraggi su neve consistente. A seconda dellecondizioni della neve o del ghiaccio, l’ancorag-gio provvisorio dovrà essere realizzato comesotto indicato:

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C12-02 Sci orizzontali

C12-03 Piccozza orizzontale

C12-05 Piccozza verticaleC12-04 Sci paralleli

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C12-06 Ancoraggio provvisorio 1

C12-07 Ancoraggio provvisorio 2

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- Neve poco consistente: seppellire la piccozzao gli sci o lo zaino orizzontalmente, all’internodi una buca appositamente scavata, facendoviuscire il cordino precedentemente fissato albaricentro dell’attrezzo sepolto mediante unnodo barcaiolo o Prusik (corpo morto).- Neve con sufficiente consistenza: infiggereil più profondamente possibile e con la dovutainclinazione il manico della piccozza o pianta-re gli sci in verticale.- Neve molto dura o ghiaccio: piantare labecca della piccozza o avvitare un chiodo daghiaccio.

3-Caricamento dell’ancoraggio prov-visorioCollegare l’anello del cordino da ghiacciaio(anello di cordino opportunamente connessoalla corda tramite un nodo autobloccantePrusik all’atto della legatura in cordata e tenu-to durante tutta la marcia infilato nella cinturadell’imbracatura) (vedi capitolo 10) all’anco-raggio provvisorio e caricare gradualmente l’an-coraggio accertandosi della sua tenuta. Nel casodi neve con sufficiente consistenza gli attrezzi(piccozza o sci) possono essere infilati diretta-mente nell’anello di cordino, durante l’infissio-ne degli stessi nella neve.Durante questa fase e fino al completamentodel punto successivo, al fine di evitare che uneventuale cedimento dell’ancoraggio provviso-rio possa causare una rovinosa caduta nel cre-paccio dell’intera cordata, il soccorritore dovràcollaborare alla tenuta del caduto mantenendoin costante trazione la corda di cordata.

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4-Predisposizione dell’ancoraggiodefinitivoRealizzare l’ancoraggio definitivo con il mate-riale disponibile, tale da garantire la massimasicurezza della cordata (l’eventuale cedimentodi questo, durante le successive fasi di recupe-ro, causerebbe quasi certamente la caduta del-l’intera cordata nel crepaccio). A seconda delle condizioni della neve o delghiaccio, l’ancoraggio definitivo dovrà essererealizzato in uno dei seguenti modi:- Neve poco consistente: se realizzato concura, generalmente l’ancoraggio provvisoriopuò essere direttamente considerato comeancoraggio definitivo. Viene ottenuto seppel-lendo orizzontalmente la piccozza o gli sci o lozaino opportunamente riempito di neve, all’in-terno di una buca appositamente scavata,facendovi uscire il cordino precedentementefissato in posizione baricentrica mediante unnodo barcaiolo o Prusik (corpo morto).Avendo a disposizione uno specifico corpomorto in alluminio (ve ne sono di molto validiin commercio), questo potrà ottimamentesostituire i sistemi sopra indicati con notevolevantaggio nei tempi di approntamento.- Neve con sufficiente consistenza: collegare l’an-coraggio provvisorio ad un secondo o predisporneuno nuovo e completo a monte del precedenteutilizzando un attrezzo o gli sci infissi verticalmen-te, oppure a “X” o a “corpo morto”.- Neve molto dura o ghiaccio: collegare l’an-coraggio provvisorio ad un secondo chiodo o,meglio, predisporre un nuovo e completoancoraggio a monte del precedente mediantedue o più chiodi.

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Si raccomanda, per una maggior velocità esemplicità di esecuzione delle fasi successive, difare in modo che l’ancoraggio definitivo si trovisempre a monte dell’ancoraggio provvisorio.

5-Collegamento dei punti di anco-raggioI vari punti che costituiscono l’ancoraggio defi-nitivo dovranno essere opportunamente collega-ti tra di loro mediante un cordino sufficiente-mente lungo (vedi capitolo 8 “Ancoraggi”, para-grafo “Collegamento degli ancoraggi di sosta”).Nel “punto di derivazione” dei vari ancoraggicosì ottenuto, applicare un moschettone a ghie-ra con piastrina bloccante. Inserire la corda dicordata-tratto compreso tra il nodo autobloc-cante del cordino da ghiacciaio (cordino utiliz-zato per scaricare il peso sull’ancoraggio provvi-sorio) e la legatura all’imbracatura del soccorri-tore - nella piastrina in posizione bloccante uti-lizzando un moschettone a base larga (qualora lacorda disponibile non fosse sufficiente, recupe-rarne facendo scorrere il barcaiolo costruito sulmoschettone nella propria imbracatura - vedimetodo di legatura su ghiacciaio). Tensionare ilpiù possibile la corda recuperando mediante lapiastrina bloccante.

6-Caricamento dell’ancoraggio defi-nitivoTrasferire in modo graduale il peso del caduto dal-l’ancoraggio provvisorio all’ancoraggio definitivosciogliendo contro-asola ed asola di bloccaggiodel cordino da ghiacciaio ed utilizzato sino a que-sto momento per scaricare il peso sull’ancoraggioprovvisorio.

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C12-08 Ancoraggi e piastrina

C12-09 Collegamento ancoraggi

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7-Autoassicurazione e riduzionedegli attritiInserire un moschettone nel foro inferiore dellapiastrina e collegare la corda (ramo scarico)con un nodo barcaiolo. Effettuare l’autoassicu-razione mediante un nodo Machard bidirezio-nale alla corda di cordata, sul ramo in uscitadalla piastrina (ramo scarico, privo di nodi apalla) e raggiungere il bordo del crepaccio perpoter valutare le condizioni del compagno.Frapporre tra corda e bordo del crepaccio, dopoaverlo opportunamente assicurato, un qualsiasiattrezzo (piccozza, bastoncini, zaino,..) o uncapo d’abbigliamento in modo da evitare che lacorda, durante la fase di recupero, incidaprofondamente la neve sul bordo del crepacciorendendo estremamente faticose e difficoltosele successive operazioni di recupero. In base allasituazione provvedere o meno al recupero di scie zaino del compagno caduto ed alla scelta delsistema di recupero od altra operazione daeffettuarsi.

Predisposizione del sistema di recuperoNella realtà si possono presentare sostanzial-mente quattro situazioni nelle quali i soccorri-tori opteranno per uno dei sistemi di recuperodescritti:- il gruppo dei soccorritori è numeroso (4 o più)- il compagno caduto è perfettamente in gradodi collaborare (fisicamente e psicologicamenteintegro)- il compagno caduto è leggermente infortuna-to e/o in stato confusionale (il suo apportonelle fasi di recupero è limitato)- il compagno caduto non è in grado di collaborare.

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C12-10 Ancoraggio definitivo

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PARANCO SEMPLICE CONRINVIO AL COMPAGNO(sistema adatto a gruppi numerosi e con compagnoin grado di collaborare - si basa sulla grande forzadisponibile derivante dal numero cospicuo di soc-corritori)

Per poter utilizzare il paranco semplice è neces-sario che:- il compagno caduto collabori almeno parzial-mente al recupero;- si disponga di una quantità di corda libera paria circa il doppio della distanza tra compagnocaduto ed ancoraggio su cui questo è stato assi-curato dopo la caduta (la corda deve essere suf-ficiente almeno a raggiungere il compagnocaduto ed a risalire oltre il bordo del crepaccio);- i soccorritori siano almeno 3/4.

1. Provvedere alla messa in sicura della cordataed alla predisposizione del sistema iniziale direcupero come indicato all’inizio del capitolo(paragrafi dall’1 al 6) in modo da poter prose-guire con qualsiasi manovra di recupero, bloc-care il ramo di corda in uscita dalla piastrinamediante un barcaiolo realizzato su unmoschettone posto nel foro inferiore della pia-strina stessa.2. Inviare al caduto la corda disponibile, dop-piata e predisposta con un moschettone a ghie-ra che il caduto dovrà agganciare all’anello diservizio della propria imbracatura.3. Effettuare il recupero mediante una trazionecoordinata dei soccorritori.Durante la fase di recupero, per garantire l’assi-

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curazione al compagno caduto, è necessarioprevedere un autobloccante sul ramo di cordache viene trazionato, oppure fare in modo cheil soccorritore posto più lontano dal bordo delcrepaccio effettui il recupero “a spalla”.

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C12-11 Paranco semplice con piastrina

C12-12 Recupero con paranco semplice

Paranco semplice con rinvio al com-pagno senza uso di piastrina(questo sistema pur essendo equivalente in tuttoal precedente si diversifica dal fatto che nell’anco-raggio principale al posto della piastrina è presen-te solo un moschettone. Questa differenza com-porta una maggior velocità e semplicità di esecu-zione nella prima fase, ma in caso di difficoltàdurante le operazioni di recupero il passaggio ametodi diversi potrebbe richiedere una serie dioperazioni piuttosto complesse)

1. Nel caso non si disponga di piastrina i soc-corritori possono bloccare il ramo di corda pro-veniente dal compagno caduto direttamente alpunto di derivazione dell’ancoraggio medianteun barcaiolo (anziché la piastrina).2. Inviare quindi al caduto la corda disponibile

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doppiata e predisposta con un moschettone aghiera che il caduto dovrà agganciare all’anellodi servizio della propria imbracatura.3. Effettuare il recupero mediante una trazionecoordinata dei soccorritori.

Durante la fase di recupero, per garantire l’assi-curazione al compagno caduto, è necessarioprevedere un autobloccante sul ramo di cordache viene trazionato, oppure fare in modo cheil soccorritore posto più lontano dal bordo delcrepaccio effettui il recupero “a spalla”.

Nota 1: per rendere meglio versatile il sistema(dare corda se serve) è più conveniente realizza-re sul moschettone di ancoraggio un mezzobarcaiolo con asola di bloccaggio e controasolaanziché il barcaiolo (sotto carico non consentedi dare corda).

Nota 2: al fine di facilitare l’eventuale conver-sione ad altri sistemi di recupero, anziché uti-lizzare il barcaiolo per bloccare la corda di cor-data, è possibile utilizzare il mezzo barcaiolocon asola di bloccaggio e controasola.

Nota 3: il cordino da ghiacciaio presente inC12-11 e C12-13 può essere rimosso una voltarealizzato l’ancoraggio definitivo.

C12-13 Paranco semplice senza piastrina

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STAFFA

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RECUPERO AD AZIONEINTERNA ED ESTERNA(sistema utilizzabile solamente con caduto ingrado di collaborare fattivamente - si basa sulprincipio della risalita autonoma del caduto conconseguente eliminazione di attriti di ogni genere- lavora il ramo di corda privo di nodi a palla)

Sistema di recupero che consente di:• garantire l’assicurazione al caduto diretta-mente dall’esterno• azzerare o quasi lo sforzo che il soccorritoredovrebbe sostenere per effettuare il recupero• aiutare il caduto durante la fase di innalza-mento • facilitare la conversione ad altro sistema direcupero (passare al paranco semplice con ful-cro sull’imbraco del caduto)• lasciare al caduto la facoltà di stabilire l’innal-zamento• recuperare il capocordata, caduto senza rin-vii intermedi, su terreno di misto: al verticedella sosta è presente un mezzo barcaiolo, asoladi bloccaggio e controasola (vedi particolare difigura); quindi viene collegata la piastrina,oppure si realizza un nodo Edi, o un nodoautobloccante similare.

Questo metodo richiede:- un soccorritore esterno;- una quantità di corda disponibile pari a circail doppio della distanza tra compagno cadutoed ancoraggio su cui questo è stato assicuratodopo la caduta;- il caduto in grado di collaborare fattivamente;

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C12-14 Azione interna-esterna

ANCORAGGIODEFINITIVO

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- l’utilizzo di una staffa ottenuta mediante unanello di cordino agganciato, mediante unmoschettone, ad un Machard bidirezionalecostruito sul ramo fisso della corda doppiata.1. Si provvede alla messa in sicura della corda-ta ed alla predisposizione del sistema iniziale direcupero come indicato all’inizio del capitolo(paragrafi dall’1 al 6); si collega la piastrina e siinserisce la corda utilizzando un moschettone aghiera con base larga in modo da favorire ilcambio di posizione anche sotto carico. (vedifigura C12-15) 2. Una volta accertato che il compagno è ingrado di collaborare, bloccare il ramo di cordain uscita dalla piastrina mediante un barcaiolorealizzato su un moschettone posto nel foroinferiore della piastrina stessa. (vedi figuraC12-16)

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C12-15 Azione interna-esterna 2 C12-16 Azione interna-esterna 3

corda in carico

ramolibero

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3. A questo punto bisogna doppiare la corda erealizzare una staffa; sono possibili due soluzioni:

3a. Inviare al caduto la corda disponibiledoppiata e predisposta con un moschettone aghiera che il caduto dovrà agganciare all’anellodi servizio della propria imbracatura; il cadutopredisporrà un nodo Machard bidirezionale sulramo di corda fisso tra i due che gli sono staticalati (ramo che va al barcaiolo). A questoautobloccante il caduto collegherà un anello dicordino sufficientemente lungo che dovrà uti-lizzare come staffa per innalzarsi.

3b. Per facilitare le operazioni del caduto, ilsoccorritore, valutata la opportuna distanza,posiziona sull’ansa della corda doppiata unmoschettone a ghiera e realizza sul ramo fissoun nodo machard chiuso con moschettone acui collega il cordino per la staffa. Quindi ansae staffa vengono calati al compagno.4. Il cordino della staffa (nodo barcaiolo sulmoschettone), per ridurre lo sforzo sulle brac-cia, dovrà passare all’interno del cinturone del-l’imbracatura e dovrà essere chiuso attorno alloscarpone mediante un barcaiolo. Per ottenereuna maggiore escursione è possibile far passarela staffa all'esterno dell'imbracatura; tuttavia ilsollevamento richiederà uno sforzo di bracciasuperiore. Si preferisce collegare il moschettonedell’ansa all’imbracatura del caduto perché nelcaso non dovesse funzionare la staffa il recupe-ro verrebbe comunque effettuato mediante ilparanco semplice (vedi figura C12-11) 5. Contemporaneamente il soccorritore prov-vederà a predisporre il ramo scarico di cordaproveniente dal caduto nel foro ancora liberodella piastrina, in posizione di recupero, facen-C12-17 Interna esterna 4

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dola passare nel moschettone a ghiera già pre-sente sulla stessa, in modo da poter recuperareil caduto durante le successive fasi di innalza-mento.6. A questo punto il recupero sarà di fattomolto simile ad una risalita autonoma di corda,con il caduto che innalzerà il piede posto nellastaffa, spostando verso l’alto il relativo nodoautobloccante, e quindi si isserà aiutandosi conle mani sullo stesso ramo di corda sul quale èstato costruito l’autobloccante (ramo fisso dellacorda). 7. Il soccorritore, al contempo, provvederà arecuperare il ramo mobile della corda median-te la piastrina facendo in modo che risulticostantemente teso.8. Esaurito il movimento di sollevamento ilcaduto scaricherà il proprio peso sull’imbra-catura e riprenderà l’operazione di risalita ripe-tendo i movimenti descritti in precedenza.

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C12-18 Azione interna-esterna 5

C12-19 Azione interna- esterna foto 6

capo da recuperare

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Recupero con azione interna edesterna senza uso di piastrina Nel caso in cui il soccorritore non disponesse dipiastrina sarà possibile utilizzare un sistema direcupero analogo al precedente adottando unnodo Edi o similare.1) predisporre il sistema iniziale di recupero comeindicato nel paragrafo “Collegamento dei punti diancoraggio”. A questo punto il soccorritore bloc-cherà il ramo di corda proveniente dal cadutomediante un barcaiolo (anziché la piastrina) nelpunto di derivazione dell’ancoraggio.2) Quindi predisporrà un nodo Edi o equivalenteper il recupero nelle fasi successive (vedi figuraC12-21).Tutte le altre operazioni corrisponderanno allamanovra precedente.

N.B.: adottare questa versione della manovra sola-mente nei casi in cui si abbia la certezza di poterportare a termine il recupero con questo metodo.

PARANCO VANZO(sistema utilizzabile con caduto in grado di colla-borare – si basa sul principio di effettuare il recu-pero esattamente sulla verticale del caduto conconseguente eliminazione di ogni attrito – lavorail ramo di corda privo di nodi a palla)

Questa manovra richiede:- un soccorritore esterno- una quantità di corda disponibile pari a circail doppio della distanza tra compagno cadutoed ancoraggio su cui questo è stato assicurato

C12-21 Azione interna-esterna Edi -b

C12-20 Azione interna-esterna Edi -a

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dopo la caduta (la corda deve essere sufficientealmeno a raggiungere il compagno caduto ed arisalire oltre il bordo del crepaccio)- il caduto in grado di collaborare anche soloparzialmente- il bordo del crepaccio privo di cornici e suffi-cientemente solido- uno spezzone di cordino in dyneema dellalunghezza di 3,20 - 3,50 m (si può usare il cor-dino da ghiacciaio).Tale manovra consente di annullare gli attritiche normalmente si generano tra corda e bordodel crepaccio, ottimizzando il rapporto traforza applicata e sollevamento del caduto.Il soccorritore dovrà operare, opportunamenteassicurato, sul bordo del crepaccio, esercitandouna trazione diretta sull’infortunato (trazioneverticale). Il fatto che le operazioni di recuperovengano effettuate sul ramo di corda scarico(non interessato durante la caduta) consenteinoltre un agevole recupero del compagnocaduto anche nel caso in cui uno o entrambi inodi a palla avessero superato il bordo del cre-paccio.

1. La fase iniziale della manovra, che prevedel’approntamento dell’ancoraggio definitivo, ècomune alle manovre precedenti e descritta neiparagrafi antecedenti.2. Dopo aver approntato l’ancoraggio definiti-vo ed averlo caricato con il peso del caduto,bloccare la corda scarica in uscita dalla piastri-na bloccante mediante un barcaiolo costruitosu un moschettone agganciato al foro inferioredella piastrina stessa. (vedi C12-24)3. Impiegare se possibile il cordino da ghiac-

Alpinismo su ghiaccio e misto Recuperi da crepaccio

C12-22 Vanzo 1

C12-24 Vanzo 3

C12-23 Vanzo 2

ancoraggio definitivo

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Recuperi da crepaccio Alpinismo su ghiaccio e misto

ciaio (dyneema lungo 3,50 m) oppure sipotranno utilizzare in modo opportuno piùcordini.4. Doppiare il cordino di 4/5 m. facendo inmodo di ottenere due rami con lunghezze leg-germente differenti e costruire un nodo Prusik,chiuso con nodo delle guide, sul tratto di cordanon in tensione (ramo di corda in uscita dalbarcaiolo di cui al punto 2).5. Realizzare l’autoassicurazione del soccorrito-re mediante un nodo barcaiolo costruito sulramo più corto del cordino, in prossimità delcapo, ed agganciato al moschettone a ghieraposto nell’anello di servizio dell’imbracatura(ciò consentirà una facile regolazione delladistanza). Ricordare di realizzare il contronododi sicurezza in prossimità del capo di questoramo di cordino.6. Inviare al caduto la corda doppiata e dotata dimoschettone a ghiera affinché il compagnopossa provvedere ad agganciarlo all’imbracatura.7. Eseguire sulla parte di corda di ritorno dalcompagno un nodo autobloccante bellunese (oMachard infilato), con il ramo più lungo edancora libero del cordino utilizzato per autoas-sicurarsi.8. Durante la fase di recupero mantenere ilnodo bellunese all’altezza del bordo del crepac-cio e sempre in tiro mediante la realizzazione, amonte del bellunese stesso, con un cordino sot-tile, di un’asola sufficientemente larga da farscorrere agevolmente la corda che verrà recupe-rata durante il sollevamento del caduto, ma taleda trattenere il nodo bellunese. Il ramo liberodi questo cordino verrà avvolto attorno alloscarpone facendo attenzione a far uscire il ramo

C12-25 Vanzo 4

C12-26 Vanzo 5

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che porta all’asola sopra descritta sotto ed ester-namente allo scarpone. Tale sistema impediràal nodo bellunese di salire durante il recuperodel compagno impedendo di perdere cordadurante le fasi di rilascio.9. Il recupero potrà a questo punto avere iniziotrazionando la corda che risale dal compagnoche sarà stata precedentemente disposta sottol’ascella e sopra la spalla opposta. Il solleva-mento, al fine di non affaticare la schiena,dovrà avvenire piegando e distendendo legambe, mantenendo il busto verticale.10. Al fine di ridurre lo sforzo del soccorritore,nel caso in cui il caduto fosse in grado di colla-borare fattivamente, sarebbe opportuno chequesti realizzasse una staffa sul ramo fisso dicorda tra i due che gli sono stati calati. In que-sto modo la fase di recupero assomiglierà aquella precedentemente descritta (recupero conazione interna ed esterna).Porre particolare attenzione affinché l’ultimonodo autobloccante costruito (bellunese oPrusik infilato) sia sempre in tensione in quan-to garantisce l’assicurazione al compagno unavolta che sarà stato iniziato il recupero.

N.B.: nella pratica sci alpinistica questo meto-do di recupero non è sempre utilizzabile a causadella presenza sul bordo del crepaccio di corni-ci che lo rendono impraticabile da parte dell’o-peratore.

Alpinismo su ghiaccio e misto Recuperi da crepaccio

C12-27 Vanzo 6

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Recuperi da crepaccio Alpinismo su ghiaccio e misto

PARANCO MEZZO POLDOCON PIASTRINA(Sistema di recupero in grado di garantire il suc-cesso anche con un solo soccorritore e cadutoimpossibilitato a collaborare – si basa sullademoltiplicazione delle forze – lavora il ramo dicorda con nodi a palla)

Il paranco, considerando l’attrito su un bordo dighiaccio e non utilizzando puleggie, necessitanel recupero di una forza circa pari alla metà delpeso del caduto, mentre la quantità di corda darecuperare è QUATTRO volte maggiore diquanto deve essere sollevato il compagno.Questa manovra inoltre richiede:- spazio minimo per la manovra 1,20 m- un soccorritore esterno;- una piastrina bloccante oppure nodo Edi onodo cuore- n° 5 moschettoni (consigliato moschettone Ca base larga)- altra estremità della corda o spezzone di cordino-per ancoraggio- n°1 cordino per autobloccante machard bidire-zionale- altra estremità della corda o spezzone di cordinoper paranco- eventuale puleggia da inserire sul ramo dicorda recuperato dal soccorritore, cioè nelmoschettone M2 (lo sforzo si riduce del 18%).

1. La fase iniziale della manovra, che prevedel’approntamento dell’ancoraggio definitivo, ècomune alle manovre precedenti.2. Dopo aver approntato l’ancoraggio definiti-

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vo ed averlo caricato con il peso del cadutomediante la piastrina bloccante, inserire unmoschettone a base larga (possibilmente a ghie-ra) (C) nel foro della piastrina (B).3. Su questo moschettone (C) passare lo spezzo-ne del Mezzo Poldo o un tratto della stessacorda di cordata.4. Portarsi con l’altro capo dello spezzone sulbordo del crepaccio.5. Costruire sul ramo di corda in tensione(ramo che scende al caduto) un nodo Machardbidirezionale molto corto. Inserire nel Machardbidirezionale un moschettone (M1).6. Far passare il capo libero dello spezzone delMezzo Poldo nel moschettone del Machard(M1) e quindi costruire un nodo barcaiolo (connodino di sicurezza) nel quale inserire unmoschettone (M2).7. Ripassare il ramo libero dello spezzone ausi-liario nel moschettone (M2).8. Recuperare l’infortunato trazionando il ramodi corda in uscita dal moschettone M2 fino ache sul ramo in tensione si venga a formare unlasco tale da consigliarne il recupero mediantepiastrina bloccante9. Quando necessario riposizionare lo spezzonedel Mezzo Poldo, bloccandolo con una mano(impugnare con una mano la corda in entrataed uscita da moschettone M2) e facendolo scor-rere verso il crepaccio sui due moschettoni incui è infilato (C – M1).10. Di tanto in tanto il lasco che si formeràdurante la fase di recupero sul ramo di corda alquale è appeso l’infortunato verrà recuperatomediante la piastrina (B).

Alpinismo su ghiaccio e misto Recuperi da crepaccio

C12-28 Mezzo Poldo -1

Spezzone per il mezzo poldo (puòessere ancheun tratto dellacordata)

Nodo autobloccante“Machardbidirezionale”con moschettone

Nodo barcaioloper bloccarelo spezzone del MezzoPoldo

M2

recupero

M1

C

B

piastrinabloccante

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N.B.: Durante le fasi di recupero, i nodi a pallagiungeranno ad interferire dapprima con l’auto-bloccante “Machard bidirezionale” del MezzoPoldo e successivamente con la piastrina bloccante. Nel primo caso sarà sufficiente tensionare lacorda di recupero mediante la piastrina bloc-cante e quindi sciogliere il “Machard bidirezio-nale” per ricostruirlo a valle del nodo a palla. Nel secondo caso – nodo a palla a ridosso dellapiastrina – sarà necessario bloccare lo spezzonedel Mezzo Poldo mediante asola di bloccaggioe controasola, dopo aver recuperato sufficientecorda da consentirne il reinserimento nella pia-strina a valle del nodo a palla. Sfilare quindi lacorda dalla piastrina e reinserirla oltre il nodo apalla. Mettere in tensione la corda di recuperomediante la piastrina, sciogliere contro asola edasola di bloccaggio dallo spezzone del MezzoPoldo e riprendere le operazioni di recupero(vedi fig. C12-29).

Recuperi da crepaccio Alpinismo su ghiaccio e misto

PARANCO MEZZO POLDOCON PIASTRINA E SPEZZO-NE AUSILIARIO(Sistema più lento del precedente ma meno fati-coso - si basa su un’ulteriore demoltiplicazionedelle forze rispetto alla manovra precedente -lavora il ramo di corda con nodi a palla)

Questo sistema di recupero costituisce un’evolu-zione della manovra precedente e comporta unaminore velocità di recupero oltre ad una riduzionedello sforzo richiesto: risulta molto utile nel caso incui l’infortunato sia molto pesante oppure nel casoin cui gli attriti siano elevati. La costruzione è iden-

C12-29 Mezzo Poldo 2

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tica al caso precedente, con l’aggiunta di un ulte-riore spezzone (spezzone ausiliario).Il paranco, considerando l’attrito su un bordo dighiaccio e non utilizzando puleggie, necessita, nelrecupero, di una forza circa pari ad un terzo delpeso del caduto, mentre la quantità di corda darecuperare è otto volte maggiore di quanto deveessere sollevato il compagno.Questa manovra inoltre richiede:- spazio minimo per la manovra 1,50 m- un soccorritore esterno;- una piastrina bloccante oppure nodo Edi onodo cuore- n° 6 moschettoni (consigliato moschettone Ca base larga)- spezzone di cordino o tratto di corda isolatodal resto - n°1 cordino per autobloccante machard bidi-rezionale- n° 2 tratti di corda isolati dal resto o 2 spez-zoni di cordino per paranco- eventuale puleggia da inserire nel moschetto-ne M2 (lo sforzo si riduce del 18%).Descrizione delle fasi:1. La fase iniziale della manovra, che prevedel’approntamento dell’ancoraggio definitivo, ècomune alle manovre precedenti.2. Dopo aver approntato l’ancoraggio definiti-vo ed averlo caricato con il peso del cadutomediante la piastrina bloccante, inserire unmoschettone a base larga (possibilmente a ghie-ra) (C) nel foro della piastrina (B).3. Su questo moschettone (C) passare lo spez-zone ausiliario.4. Portarsi con l’altro capo dello spezzone ausi-liario sul bordo del crepaccio.5. Costruire sul ramo di corda in tensione

Alpinismo su ghiaccio e misto Recuperi da crepaccio

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(ramo che scende al caduto), un nodo Machardbidirezionale molto corto ed inserire nelMachard bidirezionale un moschettone (M1).Sino a questo punto le operazioni corrispondo-no a quelle della manovra precedente.6. Far passare il capo libero dello spezzone ausi-liario nel moschettone del Machard bidirezio-nale (M1) e quindi costruire un nodo barcaio-lo (con nodino di sicurezza) nel quale inserireun moschettone (M2).7. Bloccare all’ancoraggio lo spezzone ausiliariomediante un barcaiolo infilato nel moschetto-ne posto nell’anello inferiore della piastrina (C)(valutare opportunamente la lunghezza).8. Passare un ramo del secondo spezzone (spezzo-ne del Mezzo Poldo) nel moschettone posto nel-l’anello inferiore della piastrina (C) (a fianco delbarcaiolo precedentemente costruito).9. Predisporre in un capo del secondo spezzone(spezzone del Mezzo Poldo) un nodo barcaiolocon moschettone (M3)10. Passare il ramo attrezzato con il moschetto-ne (M3) nel moschettone (M2) posizionato sulcapo del primo spezzone (spezzone ausiliario).11. Ripassare il ramo libero dello spezzone delMezzo Poldo nel moschettone (M3).12. Recuperare l’infortunato fino a che sul ramoin tensione si crei un lasco tale da consigliarne ilrecupero mediante piastrina bloccante.

Recuperi da crepaccio Alpinismo su ghiaccio e misto

C12-30 Mezzo Poldo con spezzone

Moschettone abase larga perospitare il barcaio-lo dello spezzoneausiliario e lo spezzone del Mezzo Poldo

RECUPERO

PIASTRINABLOC-CANTE

ANCORAGGIODEFINITIVO

Nodo barcaioloper bloccare ilcapo dellospezzone delMezzo Poldo

Nodobarcaiolo per bloccareil capo dello spezzone ausiliario

M2

M1

M3

C

B

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PARANCO MEZZO POLDOCON PIASTRINA SU TERRE-NO MISTO(Sistema che consente di utilizzare l’ancoraggiodella sosta già esistente dopo che il mezzo bar-caiolo utilizzato per assicurare il compagno è statobloccato con asola di bloccaggio e controasola)

Nell’attività alpinistica su terreno misto puòcapitare che durante la fase di progressione a tiridi corda il primo di cordata cada in assenza dirinvii intermedi e venga trattenuto dal compa-gno in sosta. Se il caduto non è in grado di colla-borare al recupero è necessario che il compagnorealizzi un paranco Mezzo Poldo, a partire dalmezzo barcaiolo con cui ha trattenuto il volo. Vengono descritte per completezza tutte le fasidel recupero che risultano, in questo caso, diffe-renti rispetto a quelle viste precedentemente sughiacciaio.1. Bloccare il mezzo barcaiolo, al quale è assicu-rato il compagno caduto, mediante asola di bloc-caggio e contro asola, avendo l’accortezza dilasciare almeno 60 cm. di asola lasca in uscitadalla contro asola di sicurezza.2. Verificare lo stato dell’ancoraggio ed eventual-mente rinforzarlo.3. Fare passare l’asola lasca in uscita dalla con-troasola all’interno del moschettone sul quale èrealizzato il mezzo barcaiolo, ricongiungerla conse stessa e chiuderla con un moschettone a ghie-ra (A) (vedi C12-31). Su questo moschettoneinserire la piastrina per il recupero (B).4. Autoassicurarsi all’ancoraggio mediante unospezzone di corda.

Alpinismo su ghiaccio e misto Recuperi da crepaccio

C12-31-a Mezzo Poldo misto

C12-31-b Mezzo Poldo misto

A

B

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5. Svincolarsi dal capo di corda al quale si eralegati.6. Inserire un moschettone a base larga (possi-bilmente a ghiera) (C) nel foro libero della pia-strina (B).7. Su questo moschettone (C) passare lo spezzo-ne del Mezzo Poldo oppure un tratto della stessacorda di cordata (vedi ultimo disegno di questaserie).8. Portarsi con l’altro capo dello spezzone sulbordo del terrazzino e, sul ramo di corda in ten-sione, realizzare un nodo Machard bidirezionalemolto corto ed infilarvi un moschettone (M1).9. Far passare il capo libero dello spezzone delMezzo Poldo nel moschettone del Machard(M1) e quindi costruire un nodo barcaiolo(con nodino di sicurezza) nel quale inserire unmoschettone (M2).10. Ripassare il ramo libero dello spezzone delMezzo Poldo nel moschettone M2.11. Il paranco a questo punto è terminato. Orabisognerà inserire la corda in tensione nella pia-strina (B).12. Recuperare l’infortunato fino a che sul ramoin tensione si crei un lasco tale da consentire l’in-serimento nella piastrina (B) della corda sottocarico.13. Bloccare mediante asola di bloccaggio e con-tro-asola lo spezzone del Mezzo Poldo, mante-nendolo in tensione.14. Inserire la corda recuperata nella piastrina nel“modo bloccante” e recuperare con la piastrinastessa tutta la corda lasca rimanente. 15. Sciogliere contro-asola ed asola di bloccaggiodallo spezzone del Mezzo Poldo.Nota: da questo punto la manovra è comune

Recuperi da crepaccio Alpinismo su ghiaccio e misto

C12-32 Mezzo Poldo misto 2

A

B

C

M1

M2

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quella vista su ghiaccio16. Iniziare il recupero vero e proprio dopo avereventualmente riposizionato lo spezzone delMezzo Poldo (riportare il moschettone (M2)infilato nel barcaiolo verso il basso, a ridosso delmoschettone (M1) posto nel Machard).17. Quando necessario riposizionare lo spezzonedel Mezzo Poldo, bloccandolo con una mano efacendolo scorrere sui due moschettoni in cuirisulta infilato.18. Di tanto in tanto il lasco che si formeràdurante la fase di recupero sul ramo di corda alquale è appeso l’infortunato verrà recuperatomediante la piastrina (B).Nota: nel caso si rendesse necessario il recuperodell’infortunato fino all’ancoraggio, è possibile,quando questi giunge in prossimità del terrazzino,staccare il Machard presente sulla corda in tensio-ne ed agganciare il moschettone M1, ora libero,all’imbracatura dell’infortunato. A questo puntocontinuare le fasi di recupero normalmente.

Paranchi contrapposti su crepacciocon cornici(Sistema che consente di portare il compagno cadu-to sulla verticale dell’apertura del crepaccio nel casoin cui una cornice di notevoli dimensioni ne impe-disse il recupero)

Questa manovra richiede:- Almeno due soccorritori esterni;- Una seconda corda od uno spezzone sufficien-temente lungo- Materiale necessario a predisporre i due paran-chi prescelti

Alpinismo su ghiaccio e misto Recuperi da crepaccio

C12-33 Mezzo Poldo misto 3

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Recuperi da crepaccio Alpinismo su ghiaccio e misto

La manovra consiste nel predisporre due sistemidi recupero contrapposti: il principale necessarioper il sollevamento del compagno caduto nel cre-paccio, il secondario, realizzato con una secondacorda sull’altro lato del crepaccio, per portare ilcompagno stesso sulla verticale del crepaccio chene consenta la fuoriuscita. 1. Provvedere ad impostare la manovra di recu-pero secondo uno dei vari metodi sinora descrit-ti (escluso il sistema Vanzo per l’inagibilità delbordo del crepaccio)2. Predisporre un sistema di recupero secondariosull’altro lato del crepaccio, utilizzando unaseconda corda od uno spezzone sufficientementelungo ed uno dei sistemi di recupero descritti inprecedenza.3. Predisporre, mediante un barcaiolo e nodo disicurezza, un moschettone sul capo di questacorda ed agganciarlo alla corda di cordata sullaquale è appeso il compagno caduto, al di sottodel nodo a palla che si trova più in basso (sarànecessario che il compagno caduto collabori inquesta operazione o, se ciò non fosse possibile,che uno dei soccorritori venga calato nel crepac-cio per poter effettuare l’operazione stessa).4. Recuperare mediante il sistema di recuperosecondario in modo da spostare verso il centrodel crepaccio il compagno caduto e l’eventualenodo a palla che avesse oltrepassato il bordo delcrepaccio.5. Una volta che il caduto avrà raggiunto la ver-ticale libera del crepaccio, iniziare le operazioni disollevamento con il paranco principale.6. Di tanto in tanto trazionare il paranco secon-dario in modo da mantenere il compagno cadu-to sempre sulla verticale di uscita dal crepaccio.

C12-34 Paranchi contrapposti

sistema di recuperoprincipale

sistema di recuperosecondario

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capitolo 13

Neve, valanghe e autosoccorso

INDICE

Premessa

La formazione della neve

Le superfici del manto nevoso

Evoluzione del manto nevoso

Trasformazione della neve al suolo

Le valanghe

La valanga a debole coesione

La valanga di neve a lastroni

La valanga di neve bagnata

La valanga nubiforme (di neve polverosa)

Condizioni critiche per il distacco di una valanga a lastroni

Fattori che determinano il distacco di valanghe

Incidenti da valanga e autosoccorso

Incidenti da valanga sulle Alpi

Probabilità di sopravvivenza in valanga

Autosoccorso e responsabile della ricerca

Ricerca vista-udito

Identificazione aree primarie di ricerca

Richiesta di soccorso organizzato

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LA FORMAZIONEDELLA NEVE

La neve è un elemento molto particolare: dispo-ne di vita propria, in continuo cambiamento. Laneve è composta da aria e da acqua. Per capirne le trasformazioni è necessario tenerepresente gli scambi di materia fra i tre stati del-l’acqua: liquido, solido, gassoso.L’acqua passa dallo stato liquido a quello di gasmediante il processo di evaporazione; al contra-rio il vapore acqueo (gas) torna allo stato liquidoper condensazione. Il passaggio dell’acqua dallostato liquido a solido (ghiaccio) è definito con-gelamento e il processo inverso da solido a liqui-do è chiamato fusione.Può verificarsi anche il passaggio diretto daghiaccio a vapore acqueo e allora si parla disublimazione; il procedimento contrario prendeil nome di sublimazione inversa.

PREMESSA

Riteniamo importante che l'alpinista comprenda le principali trasformazio-ni che subisce il manto nevoso e le cause che sono all’origine del distacco diuna valanga. Questo evento purtroppo è prodotto per oltre il 90 % dei casidall’imperizia degli alpinisti che non rispettano le norme di sicurezza.Crediamo che appropriate conoscenze e una adeguata esperienza maturatain montagna ci consentano di interpretare correttamente le informazionicontenute nel bollettino nivometeorologico, di scegliere una salita con criteripiù oggettivi e di muoversi sul terreno in modo più consapevole soprattuttopiù sicuro. Nel presente manuale questa tematica è trattata in forma sinte-tica; per approfondimenti rimandiamo il lettore al manuale “Sci alpinismo”oppure a testi più specialistici.

Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

SUBLIMAZIONE

SOLIDO LIQUIDO

(acqua)

congelamento

fusione evaporazione

condensazione

(vapore)(ghiaccio)

GAS

SUBLIMAZIONE INVERSA

C13-01 Stati acqua

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Umidità e saturazione dell’aria L’aria che avvolge la terra e che costituisce l’at-mosfera è composta da una miscela di ossigeno(21%), di azoto (78%) ed altri gas in piccolaquantità. In natura non esiste aria assolutamente seccapriva cioè di vapore acqueo; l'aria, a seconda dellatemperatura, contiene in sospensione una diver-sa quantità di acqua. A parità di volume, mag-giore è la temperatura, più elevata è la capacitàdell'aria di contenere vapore acqueo.Se invece la temperatura scende, l’aria raggiungela quantità massima di acqua che può contenere- in questo caso è detta satura - ed è costretta acedere la restante parte che condensa in formaliquida.Gli apparecchi che misurano l'umidità dell'aria sichiamano igrometri.

Altitudine e zero termico: in una massa d'ariaferma (assenza di correnti) la temperatura dimi-nuisce progressivamente, all’aumentare dellaquota di 0,6 °C ogni 100 metri. La quota dellozero termico, è l’altitudine alla quale, la tempera-tura media si aggira intorno agli 0°C, se misuratain aria libera, cioè non è influenzata dal terreno.

Le nubiQuando si raffredda, una massa d'aria diminui-sce la sua capacità di trattenere l'acqua in sospen-sione e può arrivare al limite della saturazione.

Alpinismo su ghiaccio e misto Neve, valanghe e autosoccorso

-20 -10 0 +10 +20

1,1 2,4 4,8 9,4 17,2

Temperatura dell’aria (°C)

Massima quantità di acqua (grammi in un metro cubo)

In natura non esiste ariaassolutamente secca,priva cioè di vaporeacqueo; l'aria, a secondadella temperatura, con-tiene in sospensione unadiversa quantità diacqua.

Alla temperatura di 20°Cla quantità d’acqua mas-sima contenuta in unmetro cubo d’aria è di17g.

13-La neve e valanghe 21-11-2005 12:17 Pagina 475

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Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

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L'acqua eccedente condensa, dapprima in minu-tissime goccioline che formano la nebbia e lenubi, infine in pioggia, grandine o neve.Tuttavia per avere la formazione di nuvole sirichiede una forte concentrazione di vaporeacqueo e la presenza di nuclei di condensazione,costituiti da particelle di sale derivate dalla eva-porazione dei mari, oppure da particelle minera-li di origine vulcanica oppure da prodotti dellacombustione industriale. Ad esempio, dopo il transito di un aereo, se siforma in coda una scia di colore biancastro, essaè causata dai nuclei di condensazione presenti neigas di scarico.

Formazione e crescita del cristallo dineveLe più importanti riserve d’acqua, come gli ocea-ni, i mari, producono, a causa dell’evaporazione,una abbondante quantità di vapore acqueo che,alzandosi di quota si condensa in goccioline d’ac-qua. All’interno delle nuvole, in particolari con-dizioni di temperatura, con forte umidità e conla presenza di particelle in sospensione costituiteda polveri e sali, si formano i cristalli di neve:infatti le molecole d’acqua cedute dalle goccioli-ne si depositano su queste particelle chiamatenuclei di congelamento. Pur essendoci una grande quantità di forme,tutti i cristalli hanno in comune la strutturaesagonale. La neve durante la sua caduta, può attraversarestrati d'aria aventi una temperatura superiore a0°C, mantenendo la forma solida, perché l'ariacircostante non è in grado di fornire sufficientecalore per fondere il cristallo. Perciò il limite dellenevicate normalmente si posiziona di 300-400

CRISTALLI DI GHIACCIO

GOCCIOLINA D'ACQUA

GOCCIOLINA D'ACQUA

C13-02 Formazione cristalloda vapore

Per avere la formazionedi nuvole è necessariauna forte concentrazionedi vapore acqueo e lapresenza di nuclei dicondensazione.

cristalli di ghiaccio

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metri al di sotto dell’isoterma di 0°C. Se in pros-simità del suolo la temperatura è superiore a+3/4°C piove, e i cristalli fondono. Gli studiosihanno individuato in natura oltre 3000 tipi dicristalli. Viene presentato il sistema di classifica-zione della neve fresca, elaborato dallaCommissione Internazionale Neve e Ghiaccio(ICSI) prevede 10 forme di cristalli di neve fre-sca: colonne, aghi, piastre, dendriti stellari, cri-stalli irregolari, neve pallottolare, grandine, sfe-rette di ghiaccio. L'immagine C13-03 mostra seicristalli di neve fresca.

Alpinismo su ghiaccio e misto Neve, valanghe e autosoccorso

C13-03 Classificazione neve

prismi corti di formaallungata cavi o pieni

1aColonne

1bAghi

1cPiastre

1dDendritistellari

1eCristalliirregolari

1fNeve pallottolare

1gGrandine

1hSferette dighiaccio

tipo a formadi ago, spessocilindrica

piastrine a forma esagonale

cristalli esagonali a forma distella, piani ospaziali

grappoli costituiti da cristallimolto piccoli

cristalli brinatiin seguito acontatto congocce d’acqua

gocciolinetrasformate in ghiaccio e di seguitoingrossate

gocciolinecongelate etrasformate in sferedi ghiaccio

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C13-05 Neve fresca

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LE SUPERFICI DEL MANTONEVOSO

Neve fresca Durante o subito dopo una nevicata, specie se laprecipitazione avviene con poco vento, la super-ficie del manto nevoso si presenta uniforme e diuguale spessore indipendentemente dalla pen-denza del terreno.La neve che ricopre il suolo può essere:a) neve fresca asciutta (farinosa), formata da cri-stalli o piccoli fiocchi (agglomerati di cristalli)leggeri, asciutti. Essa scricchiola sotto i passi enon si lascia appallottolare.b) neve fresca umida costituita da neve pesante,più o meno bagnata, che forma zoccolo sotto gliscarponi; durante la marcia è faticosa da batteree si lascia appallottolare con facilità.

Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

C13-04 Cristalli di neve fresca

aghi stella brinata

piastrinastella

colonna

combinazione di colonna e piastrina

foto realizzate da Météo-France/ CNRM/ CEN

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Neve compatta da ventoSe durante la precipitazione o anche in tempisuccessivi, si manifesta un forte vento, gli stratisuperficiali subiscono una compattazione alpunto da divenire anche portanti e sostenere ilpeso di una persona.

Crosta da rigelo La superficie del manto nevoso che ha subitoapporti di calore (ad esempio irraggiamentosolare), ai quali hanno fatto seguito diminuzionidella temperatura o episodi di forte vento, pre-senta delle croste superficiali più o meno com-patte. Tali superfici possono reggere il peso diuno sciatore oppure rompersi rendendo difficol-tose sia la salita che la discesa.

Neve primaverileIl manto nevoso primaverile ha già subito pro-cessi di fusione e rigelo. La superficie dellacopertura, nell’arco della giornata, può presen-tarsi a seconda della temperatura:a) di neve dura, resistente e ghiacciata, durantela notte o di prima mattina; tanto da richiede-re l’uso dei rampanti o dei ramponi.b) Firn, cioè neve appena sgelata in superficie,ma compatta in profondità e portante. La neve“fiorisce” per l’azione del sole e per l’aumentodella temperatura. La superficie è uniforme,scorrevole, ideale per la pratica dello sci. Talesituazione non dura a lungo: con l’aumentodell’insolazione il manto nevoso diventa mollee si sprofonda sempre di più.c) Di neve marcia: la superficie è caratterizzatadalla presenza di acqua che può anche scorrereall’interno del manto nevoso. Il forte aumento

Alpinismo su ghiaccio e misto Neve, valanghe e autosoccorso

C13-06 Neve compattata dal vento

C13-08 Neve primaverile

C13-07 Crosta da rigelo

C13-09 Neve e solchi da pioggia

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di temperatura, la pioggia, il calore del solesono i fattori che causano la riduzione dellacoesione tra i cristalli.

Erosioni da superficieSpesso la superficie del manto non è omogeneae presenta una serie di irregolarità; ne citiamoalcune.• solchi lungo la linea di massima pendenzadeterminati dalla pioggia che si infiltra nelmanto nevoso e poi scorre su uno strato piùduro oppure sul terreno;• dune e sastrugi, ondulazioni prodotte dall’a-zione del vento in superficie. La quantità di neveche può essere erosa o trasportata dipende daquanto sono legati i singoli cristalli tra di loro(coesione) nonché dall’intensità del vento. Ilpassaggio di uno sciatore o di un alpinista sullaneve fresca produce una compattazione dellaneve; le tracce diventano quindi meno asporta-bili dal vento e restano visibili in rilievo. Unasuperficie erosa dal vento si presenta irregolare,non omogenea e quindi malamente sciabile.

Neve pallottolareÈ costituita da cristalli di neve formati in massenuvolose turbolente e che a contatto di goccioli-ne d’acqua si sono brinati. Tale cristallo non sitrova comunemente come gli altri tipi, cadesoprattutto in inverno e al suolo forma uno stra-to di piccolo spessore. Questa neve pallottolare,una volta ricoperta da altri strati di neve, puòdiventare un piano di slittamento su cui simuove una valanga.

Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

C13-10 Erosioni

C13-11 Neve pallottolarefoto realizzate da Météo-France/CNRM/CEN

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Alpinismo su ghiaccio e misto Neve, valanghe e autosoccorso

Brina di superficie La superficie della neve presenta un particolarecristallo che si forma al suolo e non nell’atmo-sfera. Soprattutto all’inizio della stagione inver-nale e durante notti fredde e stellate il terreno siraffredda molto rispetto al giorno. Il vaporeacqueo contenuto nell’aria accumulato durantele ore di sole, con le basse temperature notturnesublima a contatto con la superficie della neve,che è diventata più fredda dell’aria, e si trasfor-ma in aghi o in foglie. La dimensione dei cristalli è notevolmente piùgrande rispetto alla neve fresca. Con temperatu-re rigide, nelle zone ombreggiate la brina disuperficie può mantenersi per molti giorni. Essaforma uno strato ideale di slittamento dellevalanghe. I suoi cristalli si legano poco sia traloro che con gli altri strati di neve e si sciolgonosolo per infiltrazione di acqua nel manto nevosocon temperature miti o pioggia, oppure in pri-mavera.

Brina opaca (galaverna)Affine per composizione, ma marginale per laformazione delle valanghe in quanto non inte-ressa la superficie del manto nevoso, è la brinaopaca detta anche galaverna. Quando il tempo ènebbioso e ventoso, con temperature inferiori a0°C, si forma la brina opaca: in queste condizio-ni l’umidità dell’aria, a contatto con superficifredde, forma uno strato bianco sul lato contro-vento di strutture o oggetti. Questo fenomeno siosserva sugli alberi, sui sostegni di impianti afune o di tralicci per la distribuzione dell’energiaelettrica. Il deposito di galaverna si accentua conl’aumentare del vento.

C13-12 Briana di superficie

Il vapore acqueo, con lebasse temperature nottur-ne, sublima a contattocon la superficie dellaneve, e si trasforma inaghi o in foglie.

C13-13 Briana opaca

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EVOLUZIONE DEL MANTONEVOSO

Il manto nevoso alpino inizia a formarsi inautunno con le prime nevicate, mentre in pri-mavera si fonde e si trasforma in acqua. È costi-tuito da diversi strati di neve prodotti dallevarie nevicate oppure dall’azione di trasportodel vento che crea nuovi depositi. Una voltache toccano il suolo, i cristalli di neve perdonole loro caratteristiche, subiscono una serie ditrasformazioni e assumono il nome generico digrani. Ogni strato presenta caratteristiche diffe-renti per quanto riguarda il tipo di grano, lospessore, la temperatura, la densità e la durezza.Solo in primavera, quando la massa nevosa siriscalda fino al punto di fusione gli strati spari-scono e si forma un’unica massa omogenea.

L’interno di uno strato di neveOsservando al microscopio l’interno di unostrato di neve si nota una struttura di ghiaccioe molto spazio vuoto che contiene aria e vapo-re acqueo. I grani sono collegati tra loro trami-te colli; maggiore è la dimensione del collo piùforti risultano i legami tra i grani.

La temperatura all’interno del mantonevosoLa terra emana un flusso continuo di calore(flusso geotermico) e al livello del suolo la tem-peratura vale circa 0°C. Sulla superficie dellaneve, la temperatura è influenzata soprattuttodalle condizioni atmosferiche. In inverno latemperatura media superficiale rimane molto

Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

C13-14 Stratificazione manto nevoso

strati inferiori

strati superiori

C13-15 Interno strato

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al di sotto di quella del suolo. Durante le orepiù calde la superficie riceve calore, mentredurante le ore più fredde essa cede calore. La distribuzione della temperatura all’internodel manto nevoso può avere un andamentomolto diverso a seconda della stagione, dell’e-sposizione e della quota. Ad esempio in pienoinverno la temperatura parte da 0°C a livellodel suolo e man mano che si sale verso la super-ficie essa diminuisce facendo registrare valorinegativi. Invece in primavera durante la fase difusione la temperatura su tutto il profilo delmanto nevoso presenta un valore uniformevicino a 0°C.

Gradiente di temperatura (GT)La stabilità del manto nevoso oltre che dall’in-clinazione del pendio dipende dal tipo di granidi cui sono costituiti gli strati.L’elemento che gioca il ruolo fondamentalenelle trasformazioni della neve è la temperatu-ra, anzi la differenza di temperatura tra lasuperficie del manto nevoso e il terreno.Per gradiente di temperatura (GT) si inten-de la variazione di temperatura per centime-tro di spessore del manto nevoso.

Alpinismo su ghiaccio e misto Neve, valanghe e autosoccorso

In inverno la temperaturadel manto nevoso parte da0°C a livello del suolo everso la superficie, grada-tamente, diminuisce. Inprimavera, invece, presen-ta un valore uniformevicino a 0°C.

MANTONEVOSO

MANTONEVOSO

SCAMBIODI CALORE

CALOREFORNITO

DAL TERRENO

SUPERFICIE DELLA NEVE

0

10

20

30

40

50

60

70

0°-5°-10°

TEMPERATURA °C

ALT

EZ

ZA

NE

VE

IN C

M

SUPERFICIE TERRENO 0°

ANDAMENTODELLATEMPERATURA

SERA

GIORNO

TERRENO

C13-16 Temperatura manto

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Vengono stabiliti convenzionalmente tre diver-si tipi di gradiente:debole gradiente: GT < 0,05 °C/cmmedio gradiente: GT compreso tra 0,05°C/cm e 0,20 °C/cmforte gradiente: GT > 0,20 °C/cmRiportiamo di seguito tre esempi di gradiente,nei quali vengono analizzati l’intero mantonevoso oppure un singolo strato.

Situazione di “debole gradiente”temp. strato inf.: -12°Ctemp. strato sup.: -14°Cdiff. di temp.: 2°Caltezza neve: 50 cmGT = 2 = 0,04 °C

–– ––50 cm

Situazione di “medio gradiente”temp. strato inf.: -9°Ctemp. strato sup.: -12°Cdiff. di temp.: 3°Caltezza neve: 30 cmGT = 3 = 0,1 °C

–– ––30 cm

Situazionedi “forte gradiente”temp. strato inf.: 0°Ctemp. strato sup.: -9°Cdiff. di temp.: 9°Caltezza neve: 30 cmGT = 9 = 0,3 °C

–– ––30 cm

Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

L’elemento fondamentalenelle trasformazioni dellaneve è la temperatura,anzi la differenza di tem-peratura tra la superficiedel manto nevoso e il ter-reno.

C13-17 Debole gradiente

C13-18 Medio gradiente

C13-19 Forte gradiente

neve

t0 = -12°C

h = 50 cm

altro stato t1 = -14°C

altro strato

neve

t0 = -9°C

h = 30 cm

altro strato t1 = -12°C

altro strato

neve

t0 = 0°C

h = 30 cm

altro stato t1 = -9°C

suolo

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TRASFORMAZIONI DELLA NEVE AL SUOLO

Gli strati del manto nevoso subiscono delle tra-sformazioni che iniziano quando la prima nevesi deposita al suolo e proseguono fino allafusione e alla sparizione del manto nevoso. La descrizione che segue non tiene conto dellatrasformazione meccanica ad opera del vento.Essa mediante la frantumazione e la compatta-zione dei cristalli, modifica le caratteristichedella neve: tali effetti verranno approfonditi nelparagrafo successivo.

Scomparsa delle ramificazioniI cristalli di neve fresca una volta depositati alsuolo cominciano a trasformarsi: perdono alcu-ne ramificazioni, scompaiono gli angoli acutima la forma base è ancora riconoscibile. Se latemperatura è abbastanza elevata questa fasepuò durare solo poche ore, oppure in caso ditemperature più rigide, alcuni giorni. I cristallidi neve che hanno subito questo iniziale cam-biamento di forma, vengono rappresentate gra-ficamente dal simbolo /.

I metamorfismi della neve al suoloDopo una prima trasformazione la neve al suoloè soggetta a vari metamorfismi, cioè passaggi dauno stato all’altro, in cui la forma dei grani e illegame tra di essi subiscono delle modificazioniche influenzano la stabilità del manto nevoso.L’elemento che gioca un ruolo fondamentale neimetamorfismi è il gradiente di temperatura.

Alpinismo su ghiaccio e misto Neve, valanghe e autosoccorso

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Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

I metamorfismi avvengono in due modi diver-si a seconda della umidità della neve:1) Metamorfismi della neve asciutta o secca:si verificano quando la temperatura è inferiorea 0°C e la neve non contiene acqua allo statoliquido. In queste condizioni si manifestano le seguentisituazioni:a) debole gradiente con GT < 0,05 °C/cm laforma originale del cristallo non è più ricono-scibile; si formano grani fini e rotondi, bensaldati tra di loro; b) medio gradiente con GT compreso tra 0,05e 0,20 °C/cm che determina la formazione digrani sfaccettati con spigoli evidenti e didimensioni maggiori dei grani fini;c) forte gradiente con GT > 0,20 °C/cm chedetermina la formazione di grani di notevolidimensioni a forma di calice o piramide chia-mati brina di profondità (o cristalli a calice).

2) Metamorfismo della neve umida o bagna-ta: si verifica quando la temperatura della neveè vicina a 0°C, per cui inizia un ciclo continuodi scioglimento durante il giorno e di solidifi-cazione durante la notte, che porta alla forma-zione di gruppi aggregati di grandi dimensionie di forma arrotondata, chiamati grani dafusione e rigelo.

1.a - Metamorfismo da debole gradiente(metamorfismo distruttivo)Questo tipo di trasformazione si verifica quan-do esiste una debole differenza di temperaturaall’interno del manto nevoso: il GT deve essereinferiore a 0,05°C/cm.

C13-20 Scomparsa delle ramificazioni

Con passaggi da uno statoall’altro, la forma dei granie il legame tra di essi subi-scono delle modificazioniche influenzano la stabi-lità del manto nevoso.

foto realizzate da Météo-France/CNRM/CEN

Con i metamorfismi dineve asciutta o secca siformano: con debole gra-diente, grani fini e roton-di; con medio gradiente,grani sfaccettati; conforte gradiente, la brinadi profondità.

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Dagli strati inferiori (più caldi) si manifesta unflusso di vapore acqueo verso gli strati superio-ri (più freddi) e queste molecole d’acqua allostato gassoso si trasferiscono dalle parti conves-se (superfici dei grani) alle parti concave (colli).Di conseguenza gli spigoli si smussano, i granidi neve si arrotondano, le dimensioni originalidel grano diminuiscono, si ingrossano i colli ei legami tra i grani aumentano in quantità.La velocità di questi cambiamenti aumenta conla temperatura: è molto rapida vicino a 0°C equasi nulla attorno ai -40°C.Le saldature che si realizzano tra i grani attra-verso ponti di ghiaccio aumentano la coesionedella neve e determinano una maggiore resi-stenza del manto nevoso. Il metamorfismo dadebole gradiente, chiamato anche distrutti-vo, produce grani arrotondati (simbolo •),di piccole dimensioni con diametro da 0,2 a0,4 mm.In sintesi questo tipo di trasformazione produ-ce un generale arrotondamento dei grani erafforza la struttura del ghiaccio per la forma-zione dei colli tra i grani. Se, nel corso dell’in-verno, all’interno del manto nevoso si verificas-se una situazione di medio gradiente i grani finie rotondi potrebbero trasformarsi in grani sfac-cettati.

Alpinismo su ghiaccio e misto Neve, valanghe e autosoccorso

GRANOGRANO

GRANO

COLLI

COLLI

GRANOALTA

TEMPERATURA

FLUSSODI CALOREVAPORE ACQUEO

BASSATEMPERATURA

SUPERFICIE TERRENO 0°

TERRENO

C13-21 Metamorfismo dadebole gradiente

Le saldature che si realiz-zano tra i grani attraversoponti di ghiaccio aumen-tano la coesione dellaneve e determinano unamaggiore resistenza delmanto nevoso.

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1.b - Metamorfismo da medio gradiente(metamorfismo costruttivo)Questa situazione si presenta quando esiste unamedia differenza di temperatura all’interno delmanto: GT compreso tra 0,05 e 0,2 °C/cm.

I grani aumentano di dimensione, diventanoangolosi e presentano facce piane a volte aforma di scalini; i singoli grani si allarganomentre le dimensioni dei colli restano presso-ché costanti, quindi in contrasto con quantocapita nel metamorfismo a debole gradiente.Questo processo di “costruzione del grano” siverifica perché il vapore acqueo, passando dazone di alta temperatura a zone di bassa tem-peratura, si deposita sulle facce e non sui collidei grani più freddi, posizionati più in alto. Inquesto metamorfismo il trasferimento di massa(acqua in forma gassosa) va ad ingrossare igrani ed i punti di contatto diventano più esili.Quindi i grani non sono ben saldati tra loro(bassa coesione), la neve si presenta fredda eleggera e non si lascia appallottolare con lemani. La struttura del manto nevoso è menoresistente di quella offerta da una neve che hasubito un metamorfismo da debole gradiente. Il metamorfismo da medio gradiente, chia-mato anche costruttivo, produce cristallisfaccettati (simbolo ) che presentano un

Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

VAPOREACQUEO

FREDDO

GRANOGRANOGRANO

GRANOGRANO

CALDO

FLUSSO DI CALORE

SUPERFICIE TERRENO 0° C

TERRENO

C13-22 Metamorfismo damedio gradiente

Nel metamorfismo damedio gradiente i graninon sono ben saldati traloro, la neve si presentafredda e leggera e non silascia appallottolare conle mani.

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diametro compreso fra 0,3 e 0,5 mm. Se, nel corso dell’inverno, all’interno del mantonevoso si verificasse una situazione di debolegradiente, i grani sfaccettati potrebbero trasfor-marsi in grani fini e rotondi.La presenza di grani sfaccettati si osservasoprattutto nei seguenti casi:• luoghi all’ombra sia in prossimità del terreno(dove la vegetazione consente una migliore cir-colazione del vapore), sia all’interno del mantonevoso;• con un limitato spessore della coltre nevosa(alto gradiente di temperatura).

1.c - Metamorfismo da forte gradiente(metamorfismo costruttivo)Questa situazione si presenta quando esiste unaforte differenza di temperatura all’interno delmanto: GT superiore a 0,2°C/cm.Con il perdurare per più giorni di questa diffe-renza di temperatura, i grani a facce piane con-tinuano a crescere seguendo il medesimo mec-canismo illustrato per il medio gradiente. Igrani di neve vecchia vicino al suolo, per effet-to della temperatura mite, sublimano salendodal basso verso l’alto. Il flusso d’aria trascinacon sè le molecole di vapore d’acqua che, acontatto con i grani più freddi degli strati supe-riori, sublimano inversamente, cioè cristallizza-no sulla superficie. Le dimensioni aumentano e le forme assumo-no le sembianze di piramidi esagonali cave esuccessivamente anche piene. Questi nuovi grani si chiamano brina diprofondità oppure cristalli a calice (simbolo )e presentano un diametro variabile fra 0,5 e 1

Alpinismo su ghiaccio e misto Neve, valanghe e autosoccorso

Nel metamorfismo daforte gradiente i grani dineve vecchia, vicino alsuolo, sublimano e lemolecole di vapore, acontatto con i grani piùfreddi degli strati supe-riori, vi cristallizzano insuperficie.

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Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

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mm, (ma che può raggiungere anche gli 8 mm).I cristalli a calice assomigliano ai bicchieriretrattili da campeggio, sono fragili e presenta-no una scarsa coesione tra loro.

Questi grani compaiono da una settimana adun mese dopo che il processo è iniziato e si pos-sono osservare anche a occhio nudo. La brina di profondità è una trasformazioneirreversibile e sparisce solo alla fusione dellaneve o in seguito ad un riscaldamento consi-stente del manto nevoso.La brina di profondità si osserva soprattuttonei seguenti casi:• in prossimità del terreno e in presenza divegetazione e avvallamenti dove le irregolaritàlasciano più spazio alla circolazione del vapore;• durante gli inverni con scarse precipitazioninei quali è presente un limitato spessore delmanto nevoso (alto gradiente di temperatura);• nei luoghi all’ombra (bassa temperatura insuperficie e quindi gradiente alto) e in partico-lare durante lunghi periodi di tempo buono efreddo.

VAPOREACQUEO

FREDDO

GRANOGRANO

GRANO

CALDO

FLUSSO DI CALORE

SUPERFICIE TERRENO 0° C

TERRENOTERRENO

C13-23 Metamorfismo daforte gradiente

C13-24 Trasformazione con GF

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2.a - Metamorfismo da fusione e rigelo (tra-sformazione della neve umida)Questa trasformazione si verifica quando nellaneve c’è dell’acqua allo stato liquido e la suatemperatura è prossima a 0°C.L’acqua libera può essere prodotta da un riscal-damento dovuto all’azione del sole, da ventocaldo, da temperature miti oppure può esserefornita direttamente dalla pioggia.Durante la fase di fusione l’acqua scende neglistrati del manto nevoso, riempie le aree vuote,fonde i grani piccoli prima di quelli grandi ericopre con una sottile pellicola d’acqua i granirimasti.Durante la fase di rigelo la temperatura siabbassa e causa il congelamento dei grani rima-nenti riunendoli in gruppi.L’alternanza di questi due processi formadegli aggregati chiamati grani da fusione erigelo di forma rotonda (simbolo ), condiametro compreso fra 0,6 e 1,5 mm. Le dimensioni sono ben superiori a quelle diun grano prodotto dal metamorfismo da debo-le gradiente.La resistenza di uno strato varia molto a secon-da della fase che si considera: durante la fusio-ne i grani sono praticamente divisi e quindi lastruttura è plasmabile, mentre durante il rigelosi formano dei legami di ghiaccio molto solidi. È la caratteristica tipica della neve primaverile. Da notare che in presenza di un manto nevosodi spessore consistente il consolidamento siriscontra durante le ore più fredde solo insuperficie; infatti gli strati più profondi restanobagnati, soprattutto quando il raffreddamentodura poco tempo.

La brina di profondità èuna trasformazione irre-versibile e sparisce soloalla fusione della neve oin seguito ad un riscalda-mento consistente delmanto nevoso.

Il metamorfismo dafusione e rigelo si verificaquando nella neve c’èdell’acqua allo statoliquido e la sua tempera-tura è prossima a 0°C.

acqua libera

C13-25 Metamorfismo dafusione

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Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

Con il sopraggiungere delle ore più calde il mantonevoso perde di compattezza e la superficie nonriesce più a sostenere il peso della persona. Il metamorfismo da fusione causa la scomparsadella coltre nevosa e conclude il processo di tra-sformazione del cristallo di neve che in que-st’ultima fase si trasforma in acqua.A quote elevate tuttavia il manto nevoso nonsparisce, ma benché di spessore inferiore,acquista notevole compattezza: si tratta delnevato, che permane fino all’arrivo delle nuovenevicate invernali. Esso darà poi origine alghiaccio dei ghiacciai.

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Alpinismo su ghiaccio e misto Neve, valanghe e autosoccorso

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Metamorfismi della neve

Neve fresca

C13-26 Trasformazioni neve

Particelle frammentate

Medio gradiente:cristalli sfaccettati

Debole gradiente:grani arrotondati

Forte gradiente:brina di profondità

Fusione: grani da fusionee rigelo

+ +

foto realizzate da Météo-France/ CNRM/CEN

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LATO SOPRA VENTOLATO SOTTO VENTO

DEPOSITO

ACCELERAZIONEDECELERAZIONE

AB

C

Neve, valanghe e autosoccorso

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Trasformazione meccanica da ventoNelle pagine precedenti sono stati descritti imetamorfismi che subisce la neve soprattutto acausa delle differenze di temperatura che simanifestano all’interno del manto nevoso. Inquesto paragrafo viene illustrato un altro tipodi trasformazione a cui è soggetta la neve dovu-ta all’azione meccanica svolta dal vento. Siadurante la precipitazione nevosa, quantodurante la fase di trasporto, quando la neve ègià depositata al suolo, il vento frantuma leramificazioni dei cristalli e produce grani fini earrotondati. Le forme sono simili a quelle gene-rate dal metamorfismo da debole gradiente ma,in relazione alla velocità del vento, possonoessere di dimensioni più ridotte.Sulla superficie del manto nevoso il vento svolgeun’azione erosiva che dipende dalla sua intensitàe dalla coesione dello strato superficiale. L’effettodi trasporto è ben visibile soprattutto nelle gior-nate ventose che seguono una nevicata recente: ilvento provoca una ridistribuzione della neve fre-sca, creando accumuli nelle zone sottovento.Durante le precipitazioni nevose in montagna,quando la velocità del vento è superiore ai 3-4metri al secondo, la neve viene asportata dove

la spinta del vento è maggiore e viene depo-sitata in zone dove la spinta si è ridotta.

La quantità trasportata cresce consi-derevolmente con l’aumentare dellavelocità del vento.Il vento aumenta di velocità nellazona sopra vento (A), raggiunge ilvalore massimo in cresta (C) e dece-

lera nella zona sottovento (B).

C13-27 Stella

C13-28 Grani fini

C13-29 Vento in montagna

foto realizzate da Météo-France/ CNRM/CEN

C13-30 Azione del vento

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LE VALANGHE

Mentre i movimenti lenti della neve (vedi figu-ra a lato) non si possono ritenere un’insidia perle attività umane, i movimenti veloci, cioè levalanghe, rappresentano il pericolo maggioreper gli sciatori e gli alpinisti che frequentanoterreni innevati. Il termine italiano “valanga”, sinonimo di slavi-na, deriva dal vocabolo francese “avalanche”.Consultando dizionari ed enciclopedie si pos-sono trovare svariate definizioni di valanga oslavina. Gli uffici valanghe italiani dell’A.I.NE.VA. sisono accordati nel definire una valanga comeuna massa di neve piccola o grande in movi-mento lungo un pendio. In questo capitolo siparlerà di valanghe “sportive” (o dell’escursio-nista) e non delle grandi valanghe catastroficheche precipitano sulle strade e distruggono icentri abitati. Queste ultime si staccano in genere in condi-zioni meteorologiche eccezionali, quando scia-tori e alpinisti assenati non dovrebbero esserein azione. Le statistiche dimostrano che oltre il 90% deicasi il distacco della valanga è provocato dagliinfortunati stessi. La trattazione che segue si pone l’obiettivo difornire al frequentatore della montagna lenozioni per comprendere meglio il fenomenodelle valanghe e derivare norme di comporta-mento atte ad evitare di esserne coinvolto.Per valanga si intende una massa di neve,piccola o grande che sia, in movimentolungo un pendio.

Gli uffici valanghe italia-ni dell’A.I.NE.VA. sisono accordati nel defi-nire una valanga comeuna massa di neve picco-la o grande in movimen-to lungo un pendio.

C13-31 Movimenti lenti

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In genere per ogni valanga è possibile indivi-duare una zona di distacco, una di scorrimentoe una di arresto o di accumulo. La zona di distacco è il luogo dove prende ori-gine la valanga. Essa è spesso collocata in vici-nanza di creste, al di sopra del limite della vege-tazione o nei luoghi dove la neve si accumulaper effetto del vento o di nuove precipitazioni.La zona di scorrimento è l’area compresa trala zona di distacco e quella di arresto; spessopresenta inclinazioni superiori ai 25 gradi ed ècaratterizzata dall’assenza di vegetazione. Lavelocità per le valanghe che si muovono raden-ti al suolo varia dai 30 ai 140 km all’ora.La zona di accumulo è il luogo dove la massanevosa rallenta progressivamente fino a fermar-si. Può essere un ampio ripiano, un fondovalleoppure il versante opposto di una valle. Il ral-lentamento e l’arresto avvengono su pendii coninclinazioni comprese tra i 10 e i 20 gradi.

Un criterio di classificazione è costituito dallacausa del distacco:• il distacco si dice spontaneo quando è prodottoda cause naturali: accumulo di neve trasportata dalvento, caduta di cornici o di sassi, riduzione delleresistenze interne;• il distacco si dice provocato quando è prodottodall’intervento dell’uomo: passaggio di sciatori odi alpinisti (es. per garantire la sicurezza delle pistee far scaricare pendii considerati pericolosi, talvol-ta si ricorre all’uso di cariche esplosive per provo-care artificialmente il distacco).

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C13-32 Valanga dimostrativaA- Zona di distacco

B- FianchiC- Zona di scorrimento

D- Zona di accumulo

La zona di distacco è illuogo dove prende origi-ne la valanga; la zona discorrimento è l’area com-presa tra la zona didistacco e quella di arre-sto; la zona di accumuloè il luogo dove la massanevosa rallenta progressi-vamente fino a fermarsi.

C

B

A

B

D

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LA VALANGA A DEBOLE COESIONE

La valanga a debole coesione (o senza coesione)è causata dal movimento di una o alcune parti-celle di neve che si staccano e scivolano lungo ilpendio coinvolgendo altra neve, e interessandouna superficie via via più larga, di forma trian-golare, detta anche a “pera”.

Questa valanga si genera solo con neve pococompatta e cioè a debole coesione, nella quale,contrariamente a quanto avviene per le valan-ghe a lastroni, le sollecitazioni imposte almanto nevoso non si trasmettono a distanza.Raccogliendo con una pala una certa quantitàdi questa neve, essa si dispone a forma di cono.Anche la valanga di neve asciutta è lo scivola-mento di uno strato di neve a debole coesioneche si produce generalmente in inverno (gen-naio, febbraio), in seguito a nuove precipitazio-ni con basse temperature dell’aria. Si verifica soprattutto su pendii ripidi e si osser-va in genere, durante o subito dopo una nevi-

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Distaccoda un punto (forma a pera)

Umidità della nevebagnata o asciutta

Durezza delle nevesempre soffice

Tipo di nevenon compatta (senza coesione);reazione a catena che interessasolo una parte dello strato.

Rumoredistacco senza rumore

Innesco della valangapossibile solo se vicino alla zonadi distacco

C13-33 Schema valanga debo-le coesione

rottura puntiforme

C13-34 Valanga debole coesione

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Neve, valanghe e autosoccorso

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cata. Questa valanga prende anche il nome dicolata di neve fresca o scaricamento.Si possono osservare delle valanghe di neveumida a debole coesione quando la neve fresca ovecchia comincia a sciogliersi sotto l’azione delsole. In questo caso la neve ha una densità supe-riore a quella della neve asciutta e presenta tem-perature vicine agli 0°C. Il punto di inizio del movimento è semprechiaramente individuabile; nel caso sia unosciatore o un alpinista a determinare questotipo di valanga, il distacco si origina al di sottodella sua traccia. Se la pendenza del versante non è molto eleva-ta la distanza percorsa da queste valanghe èbreve e non si raggiungono elevate velocità.Anche l’estensione in larghezza risulta comples-sivamente ridotta rispetto alle valanghe alastroni. Questo tipo di valanga non deve essere sotto-valutato perché può originare valanghe piùpericolose. Infatti uno scaricamento prodottosu di un pendio esposto al sole potrebbe:a) innescare una valanga a lastroni;b) in presenza di un canale ammassare moltaneve e coinvolgere eventuali escursionisti;c) con neve molto bagnata mettere in movi-mento ingenti masse di neve;d) trascinare una persona travolta e sospingerlaoltre un salto di rocce sottostanti.

C13-35 Valanga di neve umida

Le valanghe di neveumida a debole coesionenon devono essere sotto-valutate perché possonooriginare distacchi piùpericolosi.

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LA VALANGA A LASTRONI

Le valanghe a lastroni sono la causa, sull’arcoalpino, della maggior parte degli incidenti chevedono coinvolti gli sciatori e gli alpinisti.Quasi sempre sono le stesse vittime, che con illoro sovraccarico, determinano il distacco.

Poiché le cause dell’instabilità del manto nevo-so sono da ricercare all’interno della sua strut-tura, le valanghe a lastroni sono le meno preve-dibili e le più pericolose per le attività sportivein montagna.La presenza delle condizioni necessarie alla for-mazione di lastroni si può verificare quando,raccogliendo con la pala un certo quantitativodi neve, si osserva un blocco più o meno com-patto.

Le valanghe a lastroni, che si formano conmaggior frequenza su pendii aventi inclinazio-ne variabile tra 30° e 50°, sono dovute al distac-co improvviso di un intero strato di neve, apartire da un fronte più o meno esteso. La nevesi distacca a lastre e solo durante il movimento

Caratteristiche delle valanghea lastroni:Distaccoda una linea (fronte largo).

Umidità della nevebagnata o asciutta.

Durezza della nevesoffice o dura

Tipo di nevecompatta, “parte” tutto lo strato;la neve, avendo una certa coesio-ne trasmette le tensioni

Rumoregli strati duri si staccano con unoschianto, gli strati più sofficisenza rumore

Innesco della valangapossibile anche a distanza; ingenere sono gli stessi sciatori chestaccano la valanga

C13-36 Schema valanga alastroni

strato non distaccatoperché più stabile

fronte di rottura

piano di slittamento

strato debole

deposito

C13-37 Valanga a lastroni

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Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

si divide in frammenti di minori dimensioni.La neve presenta sempre un certo grado dicoesione, dovuta prevalentemente all’azionedel vento durante una nevicata o successiva-mente ad essa. Si produce una frattura iniziale in un puntocritico, dal quale poi, altre fessure si propaganomolto rapidamente in tutte le direzioni, fino aldistacco dell’intero lastrone. La trasmissionedelle sollecitazioni a grande distanza è reso pos-sibile dalla presenza di neve con coesione. Le valanghe a lastroni possono essere di super-ficie o di fondo a seconda che si muovano soloalcuni strati superficiali o l’intero manto nevo-so. Le prime sono le più comuni: in esse unostrato più fragile funge da piano di scorrimen-to e su di esso slitta uno strato più o meno spes-so di neve asciutta che generalmente è il depo-sito da vento.

Lastroni soffici Parlando di lastroni si pensa a un manto nevo-so duro e compatto che si rompe in blocchipesanti con spigoli vivi; molto spesso invece illastrone è costituito da neve soffice nella qualesi sprofonda sia a piedi che con gli sci. Sembraneve apparentemente polverosa, in realtà l’azio-ne del vento ha legato i grani consentendoquindi la propagazione della sollecitazione.Una valanga a lastroni lascia poche possibi-lità di fuga a chi l’ha provocata: spesso la frat-tura si forma più a monte dell’escursionistache si trova dunque all’interno della zona inmovimento.

C13-38 Valanga a lastroni soffici

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Alpinismo su ghiaccio e misto Neve, valanghe e autosoccorso

Punti dove è più probabile il distaccoLa rottura del lastrone avviene generalmente suun’area estesa, in uno strato debole internoparallelo al pendio.

La fessura si propaga alla velocità del suono(nella neve) in tutte le direzioni, causando larottura per sovraccarico anche delle zone circo-stanti.Si ribadisce la pericolosità dei lastroni di nevesoffice perché sono difficilmente individuabili efacilmente staccabili anche a distanza. Subitodopo il distacco, i lastroni soffici si sfaldano inneve a debole coesione, mentre i lastroni di nevedura conservano la loro forma più a lungo e sispezzano in blocchi.

C13-39 Punti distacco disegno

punti in cui è più facile ildistacco della valanga alastroni

Le valanghe a lastronipossono essere di super-ficie o di fondo a secondache si muovano soloalcuni strati superficialio l’intero manto nevoso.

C13-40 Punti distacco

C13-41 Zone trazione e compressione

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Piccoli pendii Non dobbiamo pensare che la pericolosità diuna valanga sia legata solo alla sua dimensione,sottovalutando così il pericolo insito in pendiiapparentemente piccoli e innocui. Le statistiche dimostrano che talvolta è propriol’attraversamento di un piccolo pendio, specie sepercorso senza precauzioni, a innescare il feno-meno valanghivo con risultati spesso tragici. Un piccolo lastrone di 10x10 metri avente unospessore di 50 cm e composto da neve che pesa300 kg al metro cubo, coinvolge una massa dineve del peso di 15 tonnellate.

C13-42 Piccolo pendio

Peso totale del piccolo lastrone!10m x 10m x 0,5m x 0,3t/m3 = 15 tonnellate

10m

!

È solo un piccolo pendio! 50 cm

L’attraversamento di unpiccolo pendio, specie sepercorso senza precauzio-ni, a volte innesca il feno-meno valanghivo conrisultati spesso tragici.

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LA VALANGA DI NEVE BAGNATA

Le valanghe di neve bagnata sono costituite daneve che contiene acqua allo stato liquido edha una temperatura di 0°C. Le valanghe diquesto tipo sono tipiche del periodo primaveri-le e il distacco è causato da un aumento dellatemperatura dell’aria che determina nel mantonevoso la fusione e quindi produzione d’acqua. La conseguenza è una riduzione delle resisten-ze interne dovute alla perdita di coesione tra igrani e alla lubrificazione delle superfici diseparazione tra gli strati prodotta dalla percola-zione d’acqua. Possono accadere anche d’inver-no in seguito a pioggia, oppure dopo una cir-colazione di vento caldo che abbia instauratouna fase di disgelo per più giorni. Il meccani-smo di distacco è simile a quello delle valanghea debole coesione. Tuttavia è anche possibileche, pur nato da un innesco puntiforme, lo sca-ricamento di neve dia origine ad una valanga alastroni. Queste valanghe sono più prevedibilidi quelle a lastroni, essendo caratterizzate davelocità di scorrimento piuttosto basse (10-20km/h) e quindi con percorsi più intuibili. Masoprattutto perché si verificano a seguito di unforte rialzo termico, cioè una condizione neces-saria facile da valutare. In ogni caso presentano una elevata densità,variabile mediamente fra 300 e 400 Kg/m3, tra-volgono e spingono a valle tutto ciò che incon-trano, seguendo in genere canaloni o impluvi. Per evitare questo tipo di valanghe è sufficienteconcludere le gite prima che si verifichi il mas-

C13-43 Valanga di neve bagnata

C13-44 Valanga di neve bagnata in canale

Le valanghe di nevebagnata sono più preve-dibili di quelle a lastroniper la velocità di scorri-mento piuttosto bassache permette di intuire ilpercorso e soprattuttoperché si verificano aseguito di un forte rialzotermico, cioè la condizio-ne necessaria al distacco,facile da valutare.

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LA VALANGA NUBIFORME(DI NEVE POLVEROSA)

La valanga nubiforme prende origine da unoscaricamento di neve fresca a debole coesioneoppure dal distacco di un lastrone che graziealla presenza di versanti lunghi e molto ripidi,non scorre a livello del suolo (cioè radente). Laneve a debole coesione, si mescola all’aria eforma una nube, una miscela di piccole parti-celle di neve fredda e asciutta (l’aerosol), cheprecipita a velocità molto elevate: fino a 300km/h. L’altezza del fronte in movimento puòraggiungere la significativa dimensione di alcu-ne decine di metri.Non segue percorsi preferenziali, ma scorredritta lungo il versante scavalcando qualsiasiostacolo. Queste valanghe sono caratterizzatedallo sviluppo di un soffio, ovvero un’onda dipressione d’aria che sopravanza il fronte visibi-le della valanga ed ha un enorme poteredistruttivo.Sono valanghe catastrofiche che danneggianopaesi e vie di comunicazione. Fortunatamentesull’arco alpino poco frequenti, in quantonecessitano di abbondanti precipitazioni inpoco tempo (80-100 cm in 24 ore) e pendiiparticolarmente scoscesi e accidentati.

simo riscaldamento solare e quindi entro lamattinata. Inoltre, in caso di esposizione forzo-sa a questo tipo di pericolo, devono essere evi-tati i percorsi attraverso canaloni, vallette econche, dove si ammucchia la neve sia durantela fase di scorrimento che in deposito.

C13-45 Valanga nubiforme

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CONDIZIONI CRITICHEPER IL DISTACCO DI UNAVALANGA A LASTRONI

Viene analizzato il meccanismo di distacco diun lastrone di neve, constatato il fenomenovalanghivo più tipico per chi pratica l’attivitàsci alpinistica, ma che coinvolge anche gli alpi-nisti. Da studi e prove pratiche condotte in questiultimi dieci anni si è osservato, su oltre il 75%dei casi, che la rottura avviene nella zona cen-trale del lastrone, con una inclinazione del pen-dio compresa tra i 30 e i 45 gradi e che illastrone è costituito da neve soffice con unospessore compreso tra i 25 e i 100 cm.È stato inoltre possibile individuare le condi-zioni che portano il lastrone ad un equilibriolimite cioè ad una situazione simile ad una“trappola innescata”.Il distacco di un lastrone di neve è legato a 3condizioni necessarie e sufficienti. Esse deter-minano una situazione di equilibrio precario eimminente pericolo di distacco; se viene amancare una sola di queste condizioni la rottu-ra non è possibile. 1. Il pendio deve avere una inclinazione dialmeno 30° per neve asciutta e almeno 25° perneve bagnata.2. Lo strato superficiale deve presentare nevecon coesione.3. All’interno del manto nevoso deve esistereun piano di slittamento e tra questo è lo stratosuperficiale deve esserci uno scarso legame.

Tre sono le condizioninecessarie e sufficientiche determinano unasituazione di equilibrioprecario e di pericolo didistacco di una valanga alastroni; se viene a man-care una sola di questecondizioni la rottura nonè possibile.

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Prima condizione: inclinazione del pendioI lastroni di neve asciutta per staccarsi necessi-tano di una inclinazione minima di circa 30°mentre sono sufficienti 25° perché si verifichila caduta di una valanga di neve bagnata. È determinante l’inclinazione massima deipendio, non quella media. Su terreni con inclinazioni tra i 30° e i 45° sonofrequenti le valanghe di neve a lastroni. Su pendii con inclinazione tra i 40° e i 60°sono frequenti le valanghe di neve senza coe-sione (scaricamenti spontanei).I pendii con inclinazione superiore ai 50° sca-ricano in continuazione durante le nevicate percui la neve non vi si può accumulare in grandiquantità.Su pendii con inclinazione inferiore ai 25° laneve in genere non si mette in movimento. Tuttavia perché la valanga si propaghi senzasensibile rallentamento, basta che sul percorsodi scorrimento l’inclinazione superi i 10°- 20°.

Un pendio di 10°-20° può quindi essere peri-coloso se si trova alla base di uno più ripido.

C13-46 Valanghe e inclinazione

Distribuzione delle valanghesecondo varie classi di inclinazione

Scaricamenti frequenti>60°

Valanghe di neve a debo-le coesione 40°-60°

Valanghe di neve alastroni 30°-45°

Distacchi di neve umidao bagnata <30°

Nel valutare l’inclinazio-ne di un pendio si devetenere in considerazionecome determinante ilvalore del tratto di mas-sima pendenza e non lamedia del pendio.

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Essa può essere misurata:a) sulla carta topografica valutando la distanzadelle le curve di livello e utilizzando un apposi-to regolo oppure mediante dei calcoli;b) sul terreno tramite due bastoncini da sci,oppure mediante clinometro.

Seconda condizione: lo strato super-ficiale deve presentare neve con coe-sione Per semplicità si parla di strato superficiale, tut-tavia sarebbe più corretto parlare di strato supe-riore; potrebbe infatti verificarsi che il lastroneda vento (neve con coesione) sia ricoperto dauno strato superficiale di neve fresca.La figura a lato evidenzia neve con coesione cheviene calpestata dagli scarponi.Per coesione si intende la caratteristica deigrani di essere legati tra loro. Perché le tensionipossano propagarsi all’interno dei manto nevo-so la neve deve presentare una certa coesione. Per valutare se uno strato dispone di coesione epotenzialmente divenire lastrone, si può ese-guire il test della pala: la neve è coesa quandoun blocco di neve, tagliato e posto sulla pala,non si disintegra per effetto di piccole scosse. In mancanza della pala si può osservare la trac-cia lasciata dagli sci oppure l’impronta delloscarpone sulla neve: se è coesa, in entrambi icasi i bordi risultano abbastanza netti e si veri-ficano ai lati piccole fessurazioni.Si sottolinea che anche un lastrone soffice puòpresentare un legame tra i grani.La neve trasportata dal vento ha sempre coesio-ne; anche neve inizialmente a debole coesione

Per valutare se uno stratopresenta coesione, si puòeseguire il test della pala:ponendo su essa un bloc-co di neve, quella coesanon si disintegra alla sol-lecitazione di piccolescosse.

Perché le tensioni possa-no propagarsi all’internodel manto nevoso, laneve deve presentare unacerta coesione, cioèdisporre di grani legatitra loro.

C13-47 Neve con coesione

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Neve, valanghe e autosoccorso

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Terza condizione: presenza di unpiano di slittamento e scarso legametra il piano di slittamento e lo stratosuperficiale

Presenza di piani di slittamento (staticritici)Le condizioni di stabilità dipendono moltodalla presenza all’interno del manto nevoso diuno o più piani di scivolamento, detti anchestrati critici, che riducono molto l’attrito con illastrone soprastante. Questi piani di slittamento possono esserecostituiti da:

può successivamente (dopo solo poche ore) tra-sformarsi in neve legata. Certi pendii che imme-diatamente dopo le nevicate potrebbero esserepercorsi, perché coperti da neve a debole coesio-ne, in seguito all’assestamento possono presenta-re pericolosi lastroni. In genere la neve senza coe-sione costituisce una condizione rara; si trattanella maggioranza dei casi di neve fresca cadutacon bassa temperatura e vento debole.

C13-48 Lastrone e superficie dislittamento

La neve senza coesionecostituisce una condizio-ne rara; si tratta nellamaggioranza dei casi dineve fresca caduta conbassa temperatura evento debole.

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a) strato di brina di fondo o di grani sfaccetta-ti ricoperto da lastrone; b) strato a contatto con il terreno di brina difondo ricoperto di neve;c) crosta da fusione e rigelo su cui poggia neverecente; d) strato sottile di brina di superficie ricopertada lastrone; e) superficie di contatto tra neve vecchia e nevefresca.

Gli strati deboli costituiti da brina di superficiericoperta, cristalli sfaccettati e brina di profon-dità sono chiamati “strati deboli persistenti” inquanto possono durare per diverso tempo (unmese o più) nel manto nevoso. Si ritiene cheessi siano i maggiori responsabili (60 % deicasi) degli incidenti da valanghe.

FATTORI CHE DETERMI-NANO IL DISTACCO DIVALANGHE

Il distacco di valanghe a lastroni è determinatodalla presenza di un manto nevoso in condizio-ni di instabilità latente (inclinazione sufficien-te, strato superficiale di neve con coesione, pre-senza di piani di scivolamento) sul quale agi-scono dei fattori scatenanti che ne provocano ildistacco.

C13-49 Piani di slittamento

Sufficiente inclinazione,strato superficiale di nevecon coesione, presenza dipiani di scivolamentosono le condizioni chedeterminano il distacco divalanghe a lastroni.

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Neve, valanghe e autosoccorso

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Forze attive, resistenze interne eattritiUn aumento delle forze attive può essere prodotto:• da nuove precipitazioni, che apportano

neve fresca• dal vento - che trasporta la neve • dalla pioggia - che apporta acqua • da un sovraccarico naturale: caduta di

sassi, di cornici, di seracchi • da un sovraccarico dovuto al passaggio di

sciatori o di alpinisti

Una diminuzione delle resistenze e degli attritipuò essere prodotta: • da un importante aumento della tempera-tura.Il riscaldamento del manto nevoso può interes-sare gli strati più profondi, se è significativo edura più giorni.Oltre a questa causa principale ci sono altri fat-tori che favoriscono e accelerano la diminuzio-ne delle resistenze:• la presenza all’interno del manto nevoso distrati critici (croste da rigelo, brina di fondo,grani sfaccettati, brina di superficie, neve pal-lottolare) che riducono l’adesione tra gli strati.

Nella trattazione che segue vengono descrit-te le varie cause che determinano il distaccodi una valanga.Inoltre sono illustrati in forma sintetica altrifattori che influiscono sulla stabilità del mantonevoso in particolare: temperatura, esposizioneai versanti, quota.

Una diminuzione delleresistenze e degli attritinel manto nevoso, puòessere prodotta da riscal-damento che, per interes-sare gli strati profondi,dev’essere significativo.

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Aumento delle forze attive prodottoda nuove precipitazioni di neveLa neve fresca è il fattore più importante nellaformazione delle valanghe. Ogni nevicata aumenta il pericolo in propor-zione alla quantità di neve fresca caduta e all’in-tensità della nevicata. Le seguenti condizioni producono già unasituazione critica per lo sciatore:• 10-20 cm di neve fresca con vento a 50km/h,oppure con vento più moderato ma con unfondo che offre poco attrito (es. croste da fusio-ne, ghiaccio, brina di fondo); • 30-40 cm di neve fresca con assenza di vento,oppure con temperature poco al di sotto di0°C, oppure pendio percorso frequentementeda molte persone.

Il primo giorno di bel tempo dopo unperiodo di nevicate è particolarmente peri-coloso.Con temperature relativamente “calde” il peri-colo diminuisce però rapidamente (1-2 giorni)dopo che ha smesso di nevicare. Ciò perché lostesso sovraccarico accelera l’assestamento deldeposito nevoso.Dopo questa fase di assestamento, in genere, simanifestano solo le valanghe il cui distacco èprovocato dallo sciatore.Intervalli durante le nevicate provocano unastabilizzazione del manto tanto più efficacequanto più è alta la temperatura. Se all’inizio o durante l’inverno si formanodepositi di neve fresca che superano i 50 cm, siottiene una base (fondo) molto solida.

C13-50 Nuove precipitazioni

La neve fresca è il fattorepiù importante nella for-mazione delle valanghe.Alcuni giorni dopo cheha smesso di nevicare,con temperature relativa-mente calde, il pericolodiminuisce per effettodell’assestamento deldeposito nevoso.

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Durante gli inverni con poca neve gli incidentida valanga che coinvolgono sciatori e alpinistisono decisamente più numerosi che negliinverni con molta neve. Ciò accade perché lacoltre sottile di neve, caduta all’inizio dell’in-verno, si conserva per un periodo prolungato,con tempo freddo e senza precipitazioni.

Aumento delle forze attive dovutoall’azione del ventoIl vento in montagna determina un’azioneimportantissima sulla distribuzione del mantonevoso al suolo con un’azione di sollevamento,trasporto e deposizione dei grani di neve. Glieffetti dipendono principalmente dall’intensitàdel vento e dalla maggiore o minore coesionedello strato superficiale. Con neve a debolecoesione, come può avvenire subito dopo unanevicata, il trasporto inizia con intensità delvento di circa 3-4 metri al secondo e gli sposta-menti sono notevoli. La quantità di neve tra-sportata cresce considerevolmente con l’au-mentare della velocità del vento. Il vento, non per nulla chiamato “costruttore divalanghe”, è un fattore che ne determina la for-mazione molto più spesso del caldo. Le valan-ghe asciutte più pericolose sono indubbiamen-te quelle di lastroni teneri di neve feltrata tra-sportata dal vento, neve che è difficile dadistinguere da quella polverosa senza coesione.La maggior parte delle valanghe è causata dastrati di neve depositati in presenza di vento. Anche spessori di soli 15-20 cm di neve fre-sca possono, con forti venti, creare una

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Se all’inizio o durantel’inverno si formanodepositi di neve frescache superano i 50 cm, siottiene una base (fondo)molto solida.

Il vento, non per nullachiamato “costruttore divalanghe”, è un fattoreche ne determina la for-mazione molto più spes-so del caldo.

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situazione di pericolo locale di valanghe dineve a lastroni.Dall’osservazione della superficie erosa (sastru-gi) si può determinare la direzione del vento alsuolo. Ciò è molto importante per dedurredove si è depositata la neve trasportata.

Si sottolinea che non si deve tenere conto del-l’effetto vento solo durante la nevicata. Il ventoin montagna rappresenta la regola: anche contempo bello è spesso abbastanza intenso da tra-sportare grandi masse di neve e accumularlenelle zone sottovento.

Formazione del lastrone da ventoPer capire gli effetti importanti dell’azione ditrasporto della neve ad opera del vento, possia-mo considerare due versanti che hanno diversaesposizione rispetto al vento prevalente. Il ver-sante dove si verifica un aumento della velocitàdel vento, a causa della riduzione dello spazio(sezione) attraversato dal flusso, viene chiama-to versante sopravento (a sinistra nella foto).Qui avviene l’azione erosiva del vento che pro-voca oltre alla riduzione dello spessore origina-rio del manto nevoso anche la compattazionedel manto con formazione di croste superficia-

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C13-51 Schema sastrugi

superficie prima del vento

deposito di nevedirezione del vento

C13-52 Sastrugi

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li. Sul versante opposto, cioè sottovento, lavelocità del vento diminuisce, grazie all’aumen-to della sezione attraversata dal flusso (espan-sione). Qui ha luogo il deposito della neve tra-sportata con conseguente formazione di accu-muli a forma lenticolare (sottili ai bordi, spessial centro). Questi accumuli, chiamati lastroni da vento,possono essere formati da cristalli aventi unacoesione più o meno elevata, e spesso sonoinstabili in quanto mal legati al manto nevosopreesistente.

Infatti a causa della frantumazione il formatodei grani può raggiungere 1/10 del formatooriginario caduto in assenza di vento: si generacosì un deposito di neve (lastrone) i cui granisono legati tra loro (coesione) e avente unadensità maggiore rispetto a quella della nevesottostante. Da notare che questa scarsa stabilità puòpermanere per parecchi giorni, soprattuttose la neve ventata appoggia su uno stratodebole (grani sfaccettati, brina di fondo,neve pallottolare).

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L’azione erosiva delvento, provoca la ridu-zione dello spessore ori-ginario del manto nevosoe la compattazione delmanto con formazione dicroste superficiali.

C13-53 Schema lastrone davento

direzione del vento

pendio sopra vento

lastrone sotto vento

Osservando il profilo diun cresta si possono indi-viduare i luoghi dovepuò accumularsi la nevetrasportata dal vento,detti “zone di accumuloda vento”.

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L’azione del vento al suolo (zoneaccumulo da vento)Osservando il profilo di un cresta si possonoindividuare i luoghi dove può accumularsi laneve trasportata dal vento (zone di accumuloda vento): a) alla base di tratti ripidi e nelle radure;b) in valli e canali;c) al riparo dal vento sotto le creste;d) sotto terrazze.

Anche nei versanti sopravento, la neve, sebbe-ne in quantità inferiore, può essere accumulata:su pendio aperto, sotto gli ostacoli naturali, neicanali e nelle conche. Analizzando lo stratosuperficiale del manto nevoso è possibile rico-noscere le zone di accumulo dalle zone di ero-sione. Dove il manto nevoso è stato eroso, la superfi-cie si presenta irregolare con scanalature e cre-stine. I dossi che si presentano quasi privi dineve segnalano una forte attività del vento. Lazona di deposito, si presenta invece con unasuperficie uniforme, priva di asperità frequen-temente di spessore assai consistente. Si tenga ben presente che la direzione delvento nella libera atmosfera, visibile ad esem-

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C13-54 Zone di accumulo davento

sottovento sopravento

neve depositata dal vento nei versanti

C13-55 Vento e forma del terreno

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pio osservando le creste, è solo indicativa enon rappresenta necessariamente la direzionedel vento al suolo, molto influenzata dallamicromorfologia del terreno.

La formazione delle corniciSulla linea di cresta che separa due versanti adiversa esposizione rispetto al moto del vento,oppure sui lati delle gole, è frequente la forma-zione di cornici. Cioè di depositi di neve spes-so instabili che sporgono sul versante sottoven-to. Sono un chiaro indicatore della direzionepredominante del vento in una determinatazona e in un dato periodo.Le cornici crescono come strati successivi chevengono aggiunti durante ogni periodo di tra-sporto della neve. Dopo essersi attaccati al tettoquesti strati tendono ad estendersi oltre la fac-ciata della cornice e si deformano per effettodella gravità assumendo la forma di una linguaincurvata che talvolta imprigiona uno stratod’aria. La densità della cornice può superare i300 kg per metro cubo.È necessario prestare attenzione quando la scar-sa inclinazione dei due versanti non consente laformazione di cornici: ciò non significa chenon vi siano comunque accumuli di neve tra-sportata dal vento.

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C13-56 Cornici

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Aumento delle forze attive prodottodalla pioggiaForti piogge apportano rilevanti quantità diacqua che aumentano il peso del manto nevo-so, rendendo più instabile il pendio. Inoltre se l’acqua che cola verso il basso incon-tra delle superfici impermeabili, come ad esem-pio una crosta da rigelo, si verifica anche un’a-zione lubrificante che riduce l’attrito tra glistrati.In questo scenario la superficie della neve pre-senta dei solchi e un aspetto esteriore che ricor-da la buccia di arancio.In caso di forti piogge si possono staccare spon-taneamente e su più pendii numerose valangheche seguiranno sul terreno le vallecole e i canali. Tuttavia questa attività valanghiva è di brevedurata e si verifica durante la precipitazione oentro due giorni dal termine delle piogge.

Aumento delle forze attive prodottoda un sovraccarico naturaleOltre alle nuove precipitazioni e all’accumuloda vento, nelle cause naturali che concorrono aprodurre tensioni aggiuntive e innescare ildistacco di valanghe, rientrano la caduta disassi, la rottura di cornici e la caduta diseracchi.Può anche capitare che scaricamenti di neve adebole coesione, siano la causa con il loromovimento, di valanghe a lastroni. Infatti lamassa di neve a debole coesione può sovracca-ricare un pendio già in equilibrio precario,oppure far venire meno, in zona di compres-sione la base su cui si appoggia il lastrone.

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C13-57 Valanga e pioggia

C13-58 Distacco valanga a debole coesione

C13-59 Distacco valanga a lastroni

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Aumento delle forze attive dovuto alpassaggio di sciatori o di alpinistiIl peso di sciatori o di alpinisti determina unsovraccarico del pendio la cui entità dipende siadal numero dei presenti sia dal tipo di azioneche si esegue. Infatti i movimenti che fannoparte della progressione con e senza sci, sia infase di salita che in fase di discesa, trasferisconosollecitazioni molto diverse fra loro a parità dicondizioni.Sebbene questo aspetto venga sviluppato neicapitoli dedicati alla preparazione e alla con-dotta di gita, riteniamo opportuno anticiparealcune valutazioni:• un alpinista senza sci esercita una sollecitazio-ne pari a tre volte quella prodotta da uno scialpinista in fase di salita;• una discesa lenta e controllata esercita unasollecitazione pari a quattro volte quella pro-dotta da uno sci alpinista in fase di salita;• una caduta con gli sci in discesa oppure unadiscesa eseguita senza sci ai piedi in manieraenergica, magari effettuando anche salti, eserci-tano una sollecitazione sul pendio che può arri-vare fino a 8 volte quella prodotta da uno scialpinista durante la gita.

C13-61 Passaggio di sciatori

C13-60 Passaggio di alpinisti

I movimenti che fannoparte della progressionecon e senza sci, sia in fasedi salita che in fase didiscesa, con medesimecondizioni della neve,imprimono sollecitazionimolto diverse fra loro.

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Temperatura e riduzione delle resi-stenzeL’aumento della temperatura porta ad unariduzione delle resistenze. Il riscaldamentoprincipalmente può essere prodotto da:a) un generalizzato aumento della temperaturadovuto a innalzamento dell’isoterma 0°C (sta-gione primaverile, masse di aria calda, nuvolo-sità) - in questa situazione tutti i pendii sonointeressati e al crescere della quota l’intensitàdel riscaldamento diminuisce;b) radiazione solare - in questa situazione sonointeressati solo i versanti soleggiati.Un riscaldamento brusco, dovuto ad esempioad un aumento della temperatura oppure all’ar-rivo di vento secco e caldo come il Föhn, accre-sce a breve termine il pericolo.Viceversa un riscaldamento lento, ma noneccessivo, riduce le tensioni nel manto di neveasciutta e produce un buon assestamento.Poiché la neve non è un buon conduttore delcalore, le variazioni giornaliere della tempe-ratura influenzano solo gli strati superiori,penetrando, secondo il tipo di neve, da 10 a30 cm. Pertanto, per interessare gli stratiprofondi del manto nevoso e quindi ridurrele resistenze, il riscaldamento deve durarepiù giorni.Il freddo conserva il pericolo esistente e le ten-sioni all’interno del manto nevoso permangonoper un lungo tempo.Un raffreddamento consolida un manto nevo-so umido o bagnato, soprattutto durante lanotte e in presenza di cielo sereno.

Un riscaldamento bru-sco, dovuto ad unaumento della tempera-tura oppure all’arrivo divento secco e caldo comeil Föhn, accresce a brevetermine il pericolo divalanghe.

Il freddo conserva il peri-colo esistente e le tensio-ni, all’interno del mantonevoso, permangono perlungo tempo.

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Brusco e forte aumento di temperaturaDurante la stagione primaverile e occasional-mente d’inverno, un livello considerevole ditemperatura che si mantiene per un certoperiodo di tempo (ad esempio una fase di alcu-ni giorni in cui spira il vento caldo chiamatoFöhn) determina una instabilità generalizzatache può causare il distacco di valanghe e le sca-riche di pietre. In situazione di rialzo termico importante,soprattutto quando è appena caduta neve fre-sca, si manifesta un temporaneo aumento delpericolo per diminuzione della resistenza inter-na. Con queste condizioni è opportuno sce-gliere con oculatezza la gita o addiritturarinunciare all’escursione.

Temperatura, orientamento dei ver-santi, quotaLe variazioni della temperatura influenzano inmodo considerevole lo stato del manto nevoso;inoltre l’entità del riscaldamento risente moltodell’orientamento dei versanti e dell’altitudine.Nel corso del periodo invernale (mesi dinovembre, dicembre, gennaio) un aumentodella temperatura della durata di alcuni giorni,diminuisce le tensioni del manto nevoso e faci-lita l’assestamento. Soprattutto quando taleriscaldamento è seguito da un raffreddamento.Ciò si verifica maggiormente sui versanti espo-sti ai quadranti meridionali, i quali, ricevendouna maggiore radiazione solare, si stabilizzanopiù in fretta rispetto ai versanti settentrionalidove invece è più probabile la formazione dibrina di fondo. Invece con il perdurare di

C13-62 Riscaldamento e valanghe

Nel corso del periodoinvernale, un aumentodella temperatura delladurata di alcuni giorni,diminuisce le tensionidel manto nevoso e faci-lita l’assestamento.

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basse temperature il processo di assestamen-to viene rallentato e un eventuale pericololatente si conserva per un periodo di tempopiù lungo in quanto: a) i lastroni di neve depositata dal vento richie-dono più tempo per legarsi alla neve circostante;b) sui pendii da nord-est a nord-ovest continuala formazione di strati deboli (brina di superfi-cie, grani sfaccettati, brina di fondo): permanequindi più a lungo una instabilità dovuta alfatto che le successive nevicate poggeranno sustrati di scorrimento.Nella parte iniziale e centrale dell’inverno, permotivi di sicurezza è consigliato, soprattuttoalle persone che non sono in grado di valutarecorrettamente la stabilità del manto nevoso, dievitare i pendii esposti a nord e nord-ovest.Durante il periodo primaverile (mesi dimarzo, aprile, maggio) il manto nevoso è gene-ralmente più assestato rispetto al periodo inver-nale. Esso si presenta con neve trasformata danumerosi cicli di fusione e rigelo ed anche ipericolosi strati intermedi deboli sono menonumerosi. Le condizioni di instabilità delmanto nevoso sono dovute in prevalenza allafusione della neve che riguarda dapprima i ver-santi esposti a est e progressivamente a sud e aovest, mentre in seguito il riscaldamento inte-resserà anche i versanti settentrionali. Il peri-colo di valanghe sarà quindi in aumento nelcorso della giornata e fino alle ore serali.Lungo i pendii ripidi soleggiati alla basedelle rocce, in presenza di neve fresca, sipotranno verificare distacchi spontanei divalanghe di neve umida. Il forte calore inol-tre provoca la caduta di pietre imprigionate

C13-63 Valanga versante nord

Nella parte iniziale e cen-trale dell’inverno, permotivi di sicurezza, èconsigliato evitare i pen-dii esposti da nord-est anord-ovest.

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dal ghiaccio nei canaloni racchiusi da roccee la caduta di cornici sul lato sottoventodelle creste.Anche la quota riveste un ruolo importantein quanto la trasformazione è più lenta neglistrati di neve caduta ad altitudini elevate all’i-nizio dell’inverno. Alle quote basse, invece, l’as-sestamento è più rapido perché le temperaturesono più alte. È opportuno ricordare che latemperatura generalmente diminuisce con l’au-mento della quota: in media di 0,6°C ogni 100m di dislivello. Quindi, non considerando ilfenomeno dell’inversione termica (frequente ininverno), se a 1000 metri di altitudine si misu-rano 10°C, a 2000 metri la temperatura sarà di4°C e a 3000 metri il termometro misurerà -2°C. In particolare nel periodo primaverile èconsigliabile evitare, nelle ore calde della gior-nata, i canaloni e i pendii esposti da tempo alsole specie se carichi di neve recente. Le gite dovranno quindi essere portate a ter-mine prima di mezzogiorno, al fine di evita-re gli effetti del forte riscaldamento.

Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

Negli strati di neve cadu-ta alle quote elevate latrasformazione è piùlenta. Alle quote basse,invece, l’assestamento èpiù rapido perché le tem-perature sono più alte.

C13-64 Ripido e caldo

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INCIDENTI DA VALANGA EAUTOSOCCORSO

In questa sezione verranno trattati alcuni temifondamentali legati agli incidenti da valanga eall’autosoccorso:a) gli incidenti da valanga producono una ele-vata mortalità con 1,1 vittime per incidente sesono coinvolti alpinisti mentre il valore è di 0,6vittime per incidente nello sci alpinismo.b) la curva di sopravvivenza in valanga indicache solo entro i primi 15 minuti le personesotto la neve hanno elevate possibilità (93%) diessere salvate; tra i 15 e i 45 minuti dal seppel-limento le probabilità scendono al 25%c) spesso l’azione di soccorso più efficace nelcaso di travolgimento da valanga è svolta daglistessi compagni di cordata; è quindi importan-te prendere conoscenza di una procedura cor-retta di interventod) sempre più alpinisti si muovono nei mesiinvernali con racchette da neve o con gli sci perraggiungere l’attacco delle salite; in questoperiodo il pericolo di valanghe è ben superiorerispetto alla stagione primaverile ed estiva ed èopportuno considerare l’impiego di un localiz-zatore elettronico che facilita notevolmentel’individuazione del travolto. Per capire il fun-zionamento dell'apparecchio ed esercitarsi suisistemi di ricerca si rimanda il lettore al manua-le “Sci Alpinismo” dove l'argomento è trattatoin modo esauriente.

Alpinismo su ghiaccio e misto Neve, valanghe e autosoccorso

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SCI ALPINISMO45%

SCI FUORI PISTA28%

SCI IN PISTA3%

ALPINISMO14%

CASE1%

VIE3%

ALTRI6%

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INCIDENTI DA VALANGASULLE ALPI

Vengono qui presentate alcune statistiche dicarattere generale sul fenomeno valanghivo cheriguardano l’attività, dell’alpinismo.

Analisi della situazione italianaNel periodo 1986-2001 il numero di incidentinell'alpinismo è salito; tale incremento è legato

soprattutto all’aumento di eventivalanghivi durante la stagione

estiva. Sempre dal punto divista generale, le persone

travolte sono per il 45%sci alpinisti, il 28% scia-tori fuori pista, il 14%alpinisti mentre le rima-nenti percentuali

afferiscono a categorie dipersone che si trovano su

piste da sci, vie di comunica-zione e centri abitati.

Analizzando il tasso di mortalità pertipologia di attività appaiono subito delle

diversità.In particolare, gli incidenti da valanga checoinvolgono alpinisti sono estremamentedrammatici con 1,1 vittime per incidente men-tre nello sci alpinismo il valore è di 0,6 vittimeper incidente.Nella pratica dello sci fuori pista il tasso dimortalità è inferiore con un valore di 0,42.

Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

C13-65 Categorie coinvolti -Italia

L'elaborazione dei datiraccolti dal 1994 al 2001ha evidenziato che lamaggior parte degli inci-denti è avvenuto con igradi di pericolo 3 (mar-cato) e 2 (moderato).

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I travolti da valangaIl 35% delle persone coinvolte in una valangarimangono completamente sepolte e cioè conla testa e le vie respiratorie sotto la neve.Da osservazioni risulta che il 37% delle perso-ne coinvolte in valanga rimane in superficie.Esse dunque, in aggiunta alle eventuali personedel gruppo non coinvolte, potrebbero portaresoccorso ai sepolti e ai semi sepolti. In realtà ciòavviene difficilmente a causa dello stato psico-logico ed emotivo in cui versano. È tuttaviacerto che i primi minuti dopo l’incidente sonofondamentali e diventa essenziale l’azione diautosoccorso.

Alpinismo su ghiaccio e misto Neve, valanghe e autosoccorso

È tuttavia certo che iprimi minuti dopo l’inci-dente sono fondamentaliper la sopravvivenza deitravolti e diventa quindiessenziale l’azione diautosoccorso.

Entro i primi 15 minutidal seppellimento le pro-babilità di ritrovare per-sone in vita sono del93%.

PROBABILITÀ DI SOPRAV-VIVENZA IN VALANGA

Le possibilità di sopravvivenza di un travoltoda valanga che rimanga sepolto con le vie respi-ratorie ostruite (va ricordato che è praticamen-te impossibile muovere gli arti sepolti, unavolta che la valanga si è arrestata), diminuisco-no in maniera drammatica con il trascorreredel tempo.Entro i primi 15 minuti dal seppellimento leprobabilità di ritrovare persone in vita sono del93%.Su 100 travolti dunque, 7 persone non soprav-vivono, a causa delle lesioni mortali subitedurante il travolgimento stesso.Tra i 15 e i 45 minuti dal seppellimento, siosserva un forte calo delle probabilità disopravvivenza che passano dal 93% al 25%circa.

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Durante tale periodo subentra la morte perasfissia acuta per tutti i sepolti che non dispon-gano di una cavità d’aria in prossimità delle vieaeree superiori.Tra i 45 e i 90 minuti dal seppellimento, unapiccola percentuale di persone (circa il 20%)può sopravvivere se dispone di una certa quan-tità d’aria ed ha sufficiente libertà toracica per imovimenti respiratori. In seguito, tra i 90 e i130 minuti, si muore per ipotermia.Resta perciò fondamentale ritrovare e dissep-pellire la persona sepolta entro i primi 15minuti dall’incidente per nutrire una ragione-vole aspettativa di salvare il travolto.La curva di sopravvivenza in valanga è stata ela-borata nel 1992 da Brugger e Falk sulla base di422 persone sepolte nel periodo dal 1981 al1991. Le cause principali dei decessi sono statel’asfissia e l’ipotermia.

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00 30 60 90 120 150 180 MINUTI

20

40

60

80

93

100

%

C13-66 Curva di sopravvivenza

La curva di sopravviven-za in valanga elaboratanel 1992 ha rivelato chele cause principali deidecessi sono state l’asfis-sia e l’ipotermia.

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AUTOSOCCORSO E RESPON-SABILE DELLA RICERCA

Pur assumendo le massime precauzioni, qual-che possibilità di essere travolti persiste e nonpuò essere eliminata. Nel caso allora che l’e-vento si verifichi, poichè soltanto entro i primi15 minuti dal seppellimento si hanno ancoraelevate probabilità di recuperare vivo il travol-to, solo persone presenti all’evento, molto vici-ne al luogo dell’incidente e ovviamente noncoinvolte, avranno dunque la possibilità diintervenire in un così rapidissimo lasso ditempo e mettere in atto un “autosoccorso”.L’incidente valanghivo giunge il più delle volteimprovviso, inatteso. L’individuo è totalmentecoinvolto nella situazione di pericolo che si èvenuta a creare. Si consideri che dopo l’inci-dente la primissima difficoltà sarà la riorganiz-zazione dei superstiti, per trasformarli in soc-corritori dei compagni travolti.Bisogna prima di tutto identificare un respon-sabile, che possa guidare le scelte e le operazio-ni. Il coordinatore dell’autosoccorso, chepotrebbe anche non coincidere con la personaritenuta più esperta, o carismatica all’inizio del-l’escursione, deve essere velocemente indivi-duato per le particolari doti di autocontrollo,razionalità, rapidità nelle decisioni che dimo-stra al momento dell’incidente. I soccorritori sidevono adeguare alla disciplina imposta dallacircostanza; viceversa, discussioni, contestazio-ni, personalismi pretestuosi, provvedimentiarbitrari, confusione, comprometteranno gra-vemente rapidità ed efficacia di esecuzione.

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Sarà irrinunciabile operare con velocità e preci-sione, qualità spesso in antitesi.Tutti i superstiti abili psicologicamente e fisica-mente, dovranno operare nell’autosoccorso neiprimi 15-20 minuti, evitando di avere personeinoperose e tempi morti; si eviterà inoltre lospreco di risorse in esecuzioni inutili. Si cer-cherà di conservare una mentalità positiva efattiva, tesa al successo dell’intervento; sono daevitare atteggiamenti di sfiducia, o pessimisticicommenti verbali, perché potrebbero essereeventualmente recepiti dal sepolto ed interpre-tati come segnali di abbandono.Per una trattazione più approfondita dellemetodologie di autosoccorso in valanga, sirimanda al manuale di sci alpinismo.In questo capitolo si indicano quelle minimeazioni di emergenza da eseguire in caso di tra-volgimento da valanga, considerando purtrop-po che, durante la stagione invernale o prima-verile, A.R.VA., pala e sonda non fanno ancoraparte della attrezzatura abituale che l’alpinistapone nello zaino. È indispensabile che i com-pagni, anche se privi di A.R.VA., pala e sonda,non scendano subito a chiedere soccorso avalle, ma mettano in atto quelle azioni che pos-sono portare al ritrovamento del travolto.In considerazione di quanto sin qui illustratoriassumiamo le azioni da intraprendere secon-do un ordine cronologico di importanza:- individuazione del responsabile della ricerca erelativi compiti- individuazione aree primarie - ricerca vistaudito- richiesta di soccorso organizzato.

Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

C13-67 Incidente da valanga

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Compiti del responsabile della ricercaI compiti principali del responsabile sono:a) Verificare il numero delle persone presenti estimare quante persone sono rimaste sepolte oferite.b) Stimare la pericolosità del luogo ed even-tualmente spostare i superstiti in luogo sicuro eidoneo.c) Raccogliere da eventuali testimoni dell’ac-caduto, tutte le informazioni utili per pianifi-care al meglio l’intervento di autosoccorso(informazioni importanti sono: quante personesono state coinvolte, quali sono i punti di tra-volgimento e scomparsa del/i travolto/i). Èmolto importante valutare l’attendibilità e luci-dità di questi testimoni (superstiti sotto shock).Possibilmente annotare su carta le indicazioniricevute.d) Incaricare qualcuno di verificare la disponi-bilità di un telefono cellulare e del suo funzio-namento per chiamata al 118.

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RICERCA VISTA-UDITO

Il coordinatore, dopo una analisi della situa-zione, attiva la ricerca vista udito e cioè inca-rica delle persone di eseguire tale ricerca, inbase al numero dei presenti e alla dimensionedella valanga. I ricercatori sulla valanga, devono esplorarecon gli occhi le zone della valanga nella speran-za di cogliere segni che mostrino la presenza o ilpassaggio del travolto (es. il ritrovamento dioggetti personali). La ricerca vista e udito deveessere eseguita su tutta la superficie della valan-ga, condotta in silenzio, per poter udire even-tuali anche se improbabili lamenti, e per ascolta-re i suggerimenti del responsabile. Il ritrovamen-to di oggetti va subito comunicato al coordina-tore. L’oggetto ritrovato deve essere segnalato eposto in evidenza sulla superficie della neve,senza rimuoverlo dal luogo del ritrovamento.Intorno all’oggetto ritrovato il ricercatore esegueun rapido sondaggio, in modo da verificare lapresenza o meno del corpo del travolto. È capi-tato a superstiti di correre a valle per chiedereaiuto e il soccorso organizzato al suo arrivo haindividuato dei travolti mediante perlustrazionedella valanga col metodo vista udito.

INDIVIDUAZIONE AREEPRIMARIE DI RICERCA

Per il coordinatore, la lettura del terreno valan-ghivo può comportare alcune difficoltà (limita-to angolo di visuale), e dovrà considerare la

Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

La ricerca vista e uditodev’essere eseguita sututta la superficie dellavalanga, condotta insilenzio, per poter udireeventuali anche seimprobabili lamenti, eper ascoltare i suggeri-menti del responsabile. Ilritrovamento di oggettiva subito comunicato alcoordinatore.

La lettura del terrenovalanghivo può compor-tare alcune difficoltà se sidispone di un limitatoangolo di visuale. Ecco lanecessità di portarsi in unpunto più favorevole diosservazione dello scena-rio, con dispendio tutta-via di tempo ed energie.

C13-68 Ricerca vista udito

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necessità di portarsi in un punto di miglioreosservazione dello scenario.Occorre osservare attentamente la valanga percercare zone prioritarie, dove indirizzare laricerca con più probabilità di successo.

Nel caso di valanghe di pendio, su terrenoaperto e privo di particolari ostacoli (figuraC13-69), è importante, quando possibile,acquisire informazioni sui presunti punti diingresso, di travolgimento, e di scomparsa:questi punti dovrebbero essere al più prestomarcati, in maniera da restare ben identificabi-li per tutto il successivo prosieguo del soccorso. La presenza di ostacoli naturali, curve, o cambi

Alpinismo su ghiaccio e misto Neve, valanghe e autosoccorso

C13-69 Probabile seppelli-mento

P1 Ostacolo

P2 Curva

P3 Cambio di pendenza

P4 Accumulo finale

P5 Neve intatta ai bordi

O Osservatori

E Traccia di entrata

T Punto di travolgimento

S Punto di scomparsa

L Linea di flusso

P Aree primarie di ricerca

OE

T

S

P1

P3

P4

P2

P5

P2

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di pendenza lungo il piano di scorrimento, ral-lentando il flusso, e favoriscono piccoli accu-muli locali che possono divenire punti di pro-babile arresto del corpo trascinato (figura C13-69, P1-P2-P3).Allineando il punto di travolgimento e quello discomparsa (se noti con certezza), si può identifi-care un area a valle del secondo, con ampiezza dicirca 60°, e simmetrica alla traiettoria stimata, checostituisce zona preferenziale di ricerca lungo l’ac-cumulo (figura C13-70).La zona di ricerca può essere ridotta anche inbase ad altri elementi:• la direzione (e velocità) in cui si muoveval’infortunato prima di essere travolto, se scende-va il pendio con gli sci (stima della somma vetto-riale fra forza d’inerzia dello sciatore e forza ditrascinamento della valanga);• la posizione relativa che i travolti (se in quan-tità maggiore ad uno), avevano al momentodell’incidente (in assenza di disomogeneità delterreno, le distanze fra di essi si mantengonoinalterate anche nella zona di arresto);• gli indizi ricavati dagli oggetti trovati insuperficie (reperti); anche se spesso gli sci o imateriali leggeri si trovano in punti diversi daquello di seppellimento del travolto. In ognicaso, soprattutto quando il punto di scompar-sa è molto più a monte della zona di accumulooppure non è ben individuato, è bene esplora-re come zona primaria la parte centrale dellazona di arresto (accumulo finale). In particola-re il piede della zona di accumulo. Anche lezone di neve fresca contigue ai bordi, devono esse-re valutate, perché il sepolto può essere statosospinto all’esterno dei bordi (figura C13-69, P5).

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C13-70 Accumulo finale

Travolgimento

NONO

60°

Scomparsa

C13-71 Zone laterali

C13-72 Zone più lente

Travolgimento

Direzione del flusso

Più lento,arrestodel moto

Più veloce,ma meno cheal centro

Massimavelocità

Travolgimento

Direzione del flusso più veloce

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Per quanto concerne i meccanismi di depositodel corpo del travolto, si consideri inoltre quantodi seguito descritto. Il moto di una massa nevosain movimento soggiace ai principi che governanola dinamica dei fluidi, e sul terreno ciò compor-terà che al centro del flusso la velocità di scorri-mento sarà maggiore rispetto ai bordi della massa(figura C13- 71).Superando una curvatura, la velocità del flussosarà maggiore al bordo esterno rispetto al latointerno della curva.Il corpo umano presenta densità maggiore dellaneve, per cui durante il travolgimento, ed inassenza di un tentativo di galleggiamento(movimenti natatori), questo verrà gradual-mente sospinto in profondità. La componentedi spinta al seppellimento, è massima nellezone suscettibili ad una diminuzione della velo-cità di flusso, ed il corpo del travolto tenderàappunto ad essere depositato in dette zone(figura C13-72). Questi concetti andranno particolarmentetenuti presenti nell’esaminare situazioni divalanghe incanalate.Riassumendo ora quanto sin qui descritto sul-l’argomento, possiamo in genere ritenere areedi ricerca primaria:• la zona di accumulo finale;• le zone di accumulo laterali, là dove lavalanga compie delle curve;• gli avvallamenti;• le zone dove la valanga perde velocità edove il pendio diventa meno ripido;• le zone poste a monte e a valle di ostacolinaturali (alberi, rocce, ecc.).

Alpinismo su ghiaccio e misto Neve, valanghe e autosoccorso

Il moto di una massanevosa in movimentosoggiace ai principi chegovernano la dinamicadei fluidi, e sul terrenociò comporterà che alcentro del flusso la velo-cità di scorrimento saràmaggiore rispetto aibordi della massa.

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RICHIESTA DI SOCCORSOORGANIZZATO

La richiesta del soccorso organizzato viene atti-vata immediatamente subito dopo aver con-cluso la fase organizzativa della manovra diautosoccorso, qualora si disponga di telefo-no portatile o radio ricetrasmittente (RT).Le realtà del Soccorso Alpino diffuse sul terri-torio, attualmente sono in grado di garantireprestazioni, sotto il profilo dei tempi di inter-vento e della qualità dell’intervento stesso, tra-mite l’elisoccorso, inimmaginabili sino a pochianni fa. I tempi di intervento dal momentodella chiamata dipendono da:• Distanza e dislivello tra base elisoccorso evalanga• Situazione meteorologica• Conoscenza del territorio• Validità e completezza informazioni• Individuazione del sito valanghivo• Eventuale assistenza a terraCon la chiamata al soccorso alpino (Tel. 118per l’Italia), grazie all’uso dell’elicottero, arri-veranno in zona valanga una unità cinofila, unmedico rianimatore, un tecnico di soccorsoalpino. Nell’arco di pochi minuti avremo cosìla possibilità di poter contare sull’aiuto di unaéquipe di specialisti del soccorso in valanga.Non sempre però è possibile l’utilizzo dellatelefonia cellulare (ovvero radio RT). Con que-sto presupposto, almeno due persone dovrannoavviarsi alla volta del più vicino posto di chia-mata, col compito di allertare il soccorso orga-nizzato. Ciò avverrà non prima di aver parteci-

Neve, valanghe e autosoccorso

Alpinismo su ghiaccio e misto

Le realtà del SoccorsoAlpino diffuse sul terri-torio sono in grado digarantire prestazioni, intempi di intervento e inqualità dell’interventostesso, tramite elisoccor-so, inimmaginabili sino apochi anni fa.

C13-73 Intervento elicottero

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pato comunque ai primi 15-20 minuti di azio-ne intensiva del gruppo. Nel caso in cui le condizioni meteo non permet-tessero l’impiego del mezzo aereo, il raggiungi-mento della zona, a carico della colonna di soc-corso, dovrà avvenire via terra, implicando larelativa dilatazione dei tempi di intervento.L’intervento del Soccorso Alpino non si sosti-tuisce alla manovra di autosoccorso, ma diven-ta un necessario complemento, in quantosicuramente il travolto necessiterà di assistenzamedica, e dovrà essere ospedalizzato. Qualorala manovra di autosoccorso risultasse con esitonegativo, l’unità cinofila provvederà, con tempimaggiori, a localizzare il sepolto. È pertanto necessario, durante le manovre diautosoccorso, non inquinare la valanga, inmodo da non ostacolare l’eventuale ricerca delsepolto da parte dell’unità cinofila.Ricordiamo ancora che il Soccorso Alpino,in caso di travolgimento valanghivo deveessere attivato perché:• il travolto dovrà quasi sicuramente essereospedalizzato;• i superstiti potrebbero non essere in grado diorganizzare e di condurre positivamente lamanovra di autosoccorso;• le dimensioni della valanga potrebbero esseremaggiori della media;• potrebbero sussistere gravi difficoltà di movi-mento sulla valanga;• i presenti sono in stato di confusione mentale;• vi sono molti travolti e pochi superstiti.

Alpinismo su ghiaccio e misto Neve, valanghe e autosoccorso

La richiesta di soccorsoorganizzato va effettuatasubito dopo aver conclu-so la fase organizzativadella manovra di auto-soccorso.

C13-74 Unità cinofila

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Elementi di primo soccorso al sepoltoda valangaLa medicalizzazione di un sepolto da valanga ini-zierà con la valutazione delle sue condizioni: siosserva l’esistenza o meno di una cavità aerea intor-no al capo, in particolare davanti a bocca e naso(l’assenza di cavità area si avrà in caso di narici ebocca ostruite dalla neve); per di più potrà esserenecessaria la sua supinazione, da intraprendersisecondo precisi criteri di protezione della colonnavertebrale, poiché senz’altro tali infortunati vannoconsiderati potenziali traumatizzati. Accomodato ilferito in una postura che faciliti il suo esame, que-sto verrà ovviamente condotto (in caso di inco-scienza) secondo le fasi ABC; sarà opportuno pro-teggerlo da un ulteriore raffreddamento, conside-rando che - in assenza di idonei vicini ricoveri o ditecniche di trasporto non traumatiche - proprio labuca di scavo ricavata nella valanga, può costituireil luogo “meno freddo” in cui mantenere la vittima.A titolo di informazione vengono citate sinteti-camente le fasi di intervento previste dalla pro-cedura di primo soccorso:fase A: valutare lo stato di coscienza ed eventual-mente ripristinare l’apertura delle vie aereefase B: valutare la presenza di attività respiratoria edeventualmente praticare la respirazione artificialefase C: valutare la presenza di attività circolatoriaed eventualmente praticare il massaggio cardiacofase D: valutare eventuali deficit neurologici(paziente vigile che risponde quando viene chia-mato e quando riceve uno stimolo doloroso)fase E: ricercare quelle anomalie quali, fratture,emorragie, contusioni, escoriazioni che non sonostate rilevate nelle fasi precedenti e che hanno biso-gno di un trattamento medico.

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C13-75 Primo soccorso

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capitolo 14

Preparazione e condotta della salita

INDICE

Premessa

Pericoli oggettivi• Scarsa visibilità • Vento ed effetto sul corpo umano• Temporale e segnali premonitori• Fulmini • Vetrato• Pioggia, grandine e nevischio• Tormenta • Bivacco di fortuna• Pericolo di valanghe • Crepacci e ponti di neve • Cambiamenti climatici e instabilità del terreno• Caduta di pietre • Caduta di ghiaccio

Pericoli soggettivi• Mancanza di conoscenze e impreparazione tecnica • Incapacità e impreparazione fisica• Stato d’animo e condizione psicologica inadeguati• Formazione della cordata poco equilibrata nelle capacità • Rischi di caduta e scivolate

Preparazione della salita• Schema per pianificare la salita e per orientare nella scelta• Condizioni degli alpinisti• Condizioni della montagna• Bollettino meteorologico • Bollettino valanghe e scala del pericolo• Informazioni complementari• Guide alpinistiche e classificazione delle difficoltà• Studio dell'itinerario con la carta topografica

e preparazione del tracciato di rotta• Equipaggiamento e attrezzatura alpinistica• Particolari organizzativi per una comitiva• Comportamento nei rifugi e bivacchi• Comportamento di un gruppo

Responsabilità dell’accompagnatore

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xl
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PREMESSA

Conoscenza delle proprie capacità e stima del pericoloL’ascensione, ovvero l’avvicinarsi ad una montagna e poi il salirla lungo un certoitinerario, non comincia nel momento in cui si parte al mattino, ma molto tempoprima quando si inizia ad elaborare il progetto.L’alpinista, fin dalla stagione precedente, si pone una serie di domande: che mon-tagna salire e su quale itinerario, come prepararsi e in che periodo effettuare l’a-scensione. Le ragioni di una scelta sono numerose e personali: l’immagine di unacerta montagna, una cresta particolare, una parete rinomata. L’alpinismo riescead esprimere una ampia serie motivazioni: l’esplorazione e il desiderio di avven-tura , la conoscenza della natura, la capacità di sentire la montagna e di adattar-si all’ambiente, il superamento delle difficoltà, la scoperta delle nostre capacità edei nostri limiti, il confronto e il rapporto con gli altri. Per dedicarsi all’attività alpinistica, oltre alle motivazioni e ad una buona dose dientusiasmo, sono necessari altre doti quali la prudenza e la lucidità. Essere lucidisignifica mantenere la capacità di valutare la situazione evitando che fatica e stressemotivi pregiudichino la visione d’insieme; l’alpinista deve conservare un suffi-ciente distacco dalle condizioni contingenti per prendere decisioni obiettive. Adesempio prima della salita bisogna accertarsi che le proprie capacità e quelle deicomponenti della cordata siano adeguate al tipo di ascensione; durante la salitabisogna essere in grado di fare il punto della situazione onestamente, mettendo daparte le passioni e la voglia di riuscire ad ogni costo, per valutare con precisione glieventuali pericoli e le forze psico-fisiche della cordata, allo scopo di decidere se con-tinuare oppure ritornare. L’alpinista deve rendersi conto che non è possibile eliminare totalmente ipericoli legati ad una salita alpina e che quindi spetta a lui scegliere lagiusta via tra l’audacia e la prudenza.Quando un’azione interessa l’incolumità della nostra persona e quella dei compa-gni e di eventuali soccorritori, la preparazione richiesta non tollera pressappochi-smo o un distorto senso dell’avventura. Un’ attenta pianificazione e scelta dell’e-scursione deve essere considerata come parte integrante dell’azione. La prudenza e diligenza non devono essere interpretate come principi in contrastocon il piacere e la soddisfazione che spingono a intraprendere un'attività di questogenere. In ogni caso previsioni favorevoli, carta, bussola, relazione di salita nonrisolvono tutti i problemi: bisogna valutare anche il freddo, il vento, il percorso

Preparazione e condotta della salita

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14(ex15)preparaz e condotta sal 21-11-2005 13:12 Pagina 538

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durante le ore notturne, le incognite della salita, la nostra personale preparazionee quella dei compagni di cordata. L’obiettivo è di adottare tutte le misure precauzionali affinché l’attività alpinisti-ca comporti un rischio residuo accettabile e per questo dobbiamo essere prudentianche se la prudenza è un margine di sicurezza che dipende dalle capacità e cono-scenze dell'individuo e dal tipo di situazione.Conoscere i pericoli per poter meglio evitarli è una regola fondamentale.La pratica dell’alta montagna presenta due tipologie di pericoli: quellioggettivi dovuti alle condizioni meteorologiche (pioggia,neve, vento, nebbia, tem-porali,..), alla caduta di pietre e ghiaccio, ai crepacci e ponti di neve, alla cadutadi valanghe e quelli soggettivi che riguardano la persona stessa (incapacità eimpreparazione fisica, inadeguata forza d’animo, impreparazione tecnica, impru-denza). Il rischio residuo dipende da molti fattori ed è perciò molto difficile davalutare. Sono sicuramente importanti le capacità e l’esperienza dei partecipanti:in una stessa situazione, gli esperti corrono un rischio minore dei principianti. Ilgrado di percezione del rischio dipende dalla persona; in modo analogo anche l’e-sperto accetta maggiori incognite quando affronta gite impegnative o situazionidifficili. Nessuno quindi è al riparo da incidenti, siano essi principianti o alpini-sti affermati. Ciò che conta è essere coscienti della propria capacità di valutazione;bisogna assumere un atteggiamento critico nei confronti delle proprie conoscenze eabilità. Per conoscersi c’è un unico sistema: analizzare e non giustificare i proprierrori, ascoltare e valutare le critiche, i consigli e le osservazioni dei compagni disalita. Bisogna ricercare con umiltà e tenacia i segni che la natura spesso ci offre,ascoltare se stessi e conservare il senso di rispetto verso la montagna. Un’ accuratapianificazione è fondamentale per la riuscita della escursione in monta-gna. Il successo dipende, oltre che dalle proprie capacità, anche dalla scelta appro-priata del luogo dove svolgere l’escursione e naturalmente dalle condizioni meteo-rologiche. A volte, pur a malincuore, è necessario rinviare la realizzazione di unasalita, perché vengono a mancare le condizioni di sicurezza: cattive condizioni deltempo o nevicate recenti possono costringere a disdire il rifugio prenotato da mesio a rinunciare ad una ascensione da tempo agognata. Nel capitolo vengono pre-sentati i principali pericoli oggettivi e quelli soggettivi, nonché la condotta piùopportuna da adottare. Viene poi trattata la scelta dell’ascensione in base alle capa-cità della cordata, quindi si descrivono le fasi di preparazione di una salita. Siconclude il capitolo con una serie di considerazioni sui compiti e le respon-sabilità di chi coordina un gruppo.

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

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PERICOLI OGGETTIVI

Scarsa visibilitàIl grado di visibilità in montagna dipende damolti fattori. Esso varia nello spazio e neltempo. L’orientamento è facilitato da tutti glioggetti che assorbono la luce (rocce, alberi,ecc.) ed è ostacolato da tutto ciò che riflette laluce (es. neve, ghiaccio). Gli elementi che com-promettono maggiormente la visibilità sono lanebbia, le nubi basse o le nevicate.In particolare la nebbia è costituita da unamassa di minutissime goccioline d’acqua insospensione negli strati atmosferici in prossi-mità del suolo. Essa si forma per raffreddamen-to dell’aria al contatto con il suolo e ciò avvie-ne prevalentemente durante le notti serene, inpresenza di poco vento ed alta umidità deglistrati bassi; il dissolvimento della nebbiasopraggiunge generalmente per il riscaldamen-to diurno dell’aria. In roccia i punti di riferimento sono più nume-rosi che non sulla neve, le creste sono più faci-li da seguire; viceversa su ampi ghiacciai, dovela valutazione delle distanze e dei pendii diven-ta assai difficile, il rischio di perdersi o di cade-re in un crepaccio è elevato anche per un cono-scitore del posto. Cattive condizioni di visibilità, oltre a determi-nare problemi di orientamento, diminuisconoil nostro livello di percezione dei pericoli ogget-tivi. Spesso la concentrazione nella ricerca delladirezione con tutti gli strumenti a disposizionee l’applicazione rigorosa delle nozioni e dellecapacità tecniche consentono di orientarci, madistolgono l’attenzione dal cogliere i segnali

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

La nebbia si forma perraffreddamento dell’ariaal contatto con il suolo eciò avviene prevalente-mente durante le nottiserene, in presenza dipoco vento ed alta umi-dità degli strati bassi; ildissolvimento della neb-bia sopraggiunge gene-ralmente per il riscalda-mento diurno dell’aria.

Cattive condizioni divisibilità, oltre a deter-minare problemi diorientamento, diminui-scono il nostro livello dipercezione dei pericolioggettivi.

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della natura. Con scarsa visibilità tutto acquistaun’altra dimensione, le distanze sembranoaumentare, le forme si dilatano, le pendenzanon si percepisce più correttamente, tanto chea volte non si distingue se si sale o si scende. Laluce diffusa confonde il limite tra il terreno e lanebbia e i contorni degli oggetti visibili. Irumori risultano attenuati e spesso è difficileudire i propri compagni se si procede in corda-ta. La cattiva visibilità influenza inoltre la nostradisposizione mentale verso ciò che si sta facendo,può aumentare il nervosismo verso i compagni ecreare tensioni all’interno del gruppo.A volte anche la mancanza di visibilità a causadi luce debole e diffusa su un terreno innevato,prima dell’alba e dopo il tramonto, a cielosereno, può essere critica, in particolare perquanto riguarda il riconoscimento dell’inclina-zione dei pendii situati sopra e di fianco a quel-li su cui si stanno procedendo.

Come comportarsi• Osservare costantemente le condizionimeteorologiche ed accorgersi per tempo che lavisibilità sta diminuendo.• Utilizzare carta, bussola ed altimetro per fare ilpunto prima che la visibilità sia troppo scarsa.• Orientarsi continuamente, in modo da cono-scere esattamente la propria posizione, seguen-do i riferimenti naturali e approfittare di ognischiarita per aggiornare il punto sulla cartatopografica.• Attendere che la nebbia si alzi oppure, in certicasi, non esitare a tornare sui propri passi perritrovarsi nel punto noto sulla carta topografica.

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

La cattiva visibilitàinfluenza la nostra dispo-sizione mentale verso ciòche si sta facendo, puòaumentare il nervosismoverso i compagni e crearetensioni all’interno delgruppo.

C14-01 Visibilità ridotta

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Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

Vento ed effetti sul corpo umanoLa sensazione di caldo o di freddo non dipen-de solo dallo stato della persona e dalla tempe-ratura dell’aria ma anche da altri fattori come laradiazione solare, l’umidità dell’aria, della pellee degli indumenti e nel caso in questione dallavelocità del vento. In condizioni normali lapelle disperde calore all’esterno per compensa-re la produzione interna di energia e mantene-re così la temperatura del corpo costante a circa37°C. A parità di temperatura e di indumenti,un aumento di velocità del vento accentua ladispersione di calore e quindi la sensazione difreddo; più forte è il vento e più in fretta saràrimossa la pellicola d’aria calda che si formasopra la pelle non coperta da indumenti comead esempio il viso oppure le mani. A titoloorientativo forniamo alcuni esempi del potereraffreddante del vento:1) il corpo umano ha la medesima sensazionedi freddo a +10 °C a 45 Km/h di vento come-30°C in assenza di vento

2) con una temperatura di -30°C e in assenzaassoluta di vento potrebbe essere possibilemuoversi, opportunamente vestiti; invece con -20°C e vento a 60 km/h la sensazione di fred-do equivale ad operare a -50°C in assenza divento.Presentiamo una classificazione della velocitàdel vento (proposta da Munter nel 1992) basa-ta sugli effetti riconoscibili sulla neve, al suolo,sul corpo umano e sugli oggetti fissi.

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A parità di temperaturae di indumenti, unaumento di velocità delvento accentua la disper-sione di calore e quindila sensazione di freddo;più forte è il vento e piùin fretta sarà rimossa lapellicola d’aria calda chesi forma sopra la pellenon coperta da indu-menti come ad esempioil viso oppure le mani.

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1

2

3

4

5

INTENSITÀ

Debole

Fortissima

Moltoforte

Forte

Moderato

0-18

>90

60-90

36-60

18-36

VELOCITÀkm/h

EFFETTI RICONOSCIBILI IN MONTAGNA

Il fazzoletto si muove debolmente; nessunaccumulo di neve

Il fazzoletto è completamento teso al vento;inizio di accumuli di neve

Il vento si fa sentire (fremito del bosco,bastoncini e cavi tesi “cantano”; rischio dicongelamenti a -10C°)

Diventa difficile procedere contro vento;sono possibili congelamenti locali a partire da-5 °C; le vette e le creste “fumano”; il ventofischia, urla e spezza i rami degli alberi

Si lotta per conservare l’equilibrio e la pro-gressione in posizione eretta risulta molto dif-ficile; danni alle costruzioni e alberi sradicati

GRADO

C14-02 Tabellavelocità del vento

C14-03 Azione del vento

La velocità del vento misurata in km/h aumen-ta normalmente con la quota; venti deboli infondo valle non devono far pensare che a quotesuperiori la situazione sia la medesima.L’attenta osservazione del movimento dellenubi può dare un’idea dell’attività del ventoprima che si inizi un’escursione. Ad esempio selo zero termico è previsto a 2000 metri conforti venti, a 3600 m di quota ci sono da aspet-tarsi all’incirca -10 C° e una velocità del ventodi 60 km/h : la perdita di calore corrisponde aduna situazione in cui la temperatura si aggirasui -35°C con rischio quindi di congelamentoper la pelle esposta al vento.

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Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

Temporale e segnali premonitori È opportuno che l’alpinista prima di intrapren-dere una escursione, anche se breve, ascolti ilbollettino meteo. Tuttavia le condizioni deltempo possono cambiare e peggiorare più rapi-damente del previsto. Riportiamo alcune rego-le che in genere indicano un peggioramento deltempo e l’avvicinarsi del temporale, basate sul-l’osservazione di alcuni fattori quali la pressio-ne atmosferica, la visibilità, il vento e le nubi.Per l’approfondimento si rimanda il lettore amanuali di meteorologia e alla serie di diaposi-tive “La meteorologia in montagna” prodottadallo SVI - C.A.I., da cui sono ricavate in sin-tesi illustrazioni e commenti.

Indicatori di instabilità: pressione,temperatura, visibilità e ventoSi deve pensare ad una instabilità e/o un peg-gioramento quando si osserva:a) a parità di quota una diminuzione della pres-sione atmosfericab) un raffreddamento in quota c) un aumento della foschia in montagnad) il vento da nord cambia direzione in sensoantiorarioe) l’intensificazione del vento in quota, peresempio con provenienza da sud ovest conapporto di nuvolosità

Aloni del sole e della luna L’alone è un cerchio luminoso di colore biancoche si forma attorno al sole o alla luna. L’aloneindica la presenza di cristalli di ghiaccio allequote elevate e si può osservare in concomitan-

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L’alpinista prima diintraprendere una escur-sione, anche se breve,deve ascoltare il bolletti-no meteo.

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Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

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Dopo un periodo ditempo buono l’aloneattorno al sole o allaluna segnala la presenzadi umidità in quota epuò presagire l’arrivo diuna perturbazione anco-ra prima dell’arrivo deicirri.

za con cirri o cirrostrati, oppure annuncia l’im-minente formazione di queste nubi. Dopo unperiodo di tempo buono l’alone segnala la pre-senza di umidità in quota e può presagire l’ar-rivo di una perturbazione ancora prima dell’ar-rivo dei cirri.

Rosso di mattina (peggioramento daovest)Il colore del cielo è normalmente azzurro e piùl’aria è secca più la tonalità del blu sarà intensa.Il cielo rosso all’alba segnala la presenza di nubidi ghiaccio alle quote elevate e probabilmente ilcielo sarà velato per tutta la giornata; se il ventoin quota proviene da ovest è possibile che lenubi siano il primo segno dell’arrivo di unfronte caldo.

Altocumuli Gli altocumuli sono conosciuti come il classico“cielo a pecorelle”: si tratta di nubi medie conbase tra 3000 e 4000 metri. Sono generalmen-te disposti in modo regolare, in bande trasver-sali alla direzione di provenienza del vento. Lapermanenza di queste nuvolette è breve, circa15-30 minuti e il fenomeno dura solo qualcheora finché il calore del sole non abbia assorbitol’umidità. Se si osservano già al primo mattinoesse preludono con buone probabilità a unosviluppo pomeridiano di cumuli con successivoarrivo di temporali; in tal caso tenderanno adinvadere il cielo, prima sgombro da nubi, e adivenire più scuri.

C14-04 Altocumuli

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Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

Nuvolosità stratiforme in quotaseguita da nubi basse da ovest (arrivodi una perturbazione)Gli strati, altostrati e nembostrati sono nubimedie a carattere stratificato che tendono acoprire il cielo in modo uniforme e hanno lacaratteristica di assorbire la luce quanto piùsono cariche d’acqua. Gli altostrati presentanouna base compresa tra 3000 e 4000 metri esono le principali portatrici di pioggia o dineve, insieme ai nembostrati (base fino a1000m), che si formano quando i primi diven-tano più densi e spessi. La precipitazione duraalmeno qualche ora.

Nubi cumuliformi con forte svilup-po verticale e base scura (rovesci otemporali)I cumuli, se già presenti al mattino, indicanocondizioni di instabilità più elevate ed il riscal-damento dell’aria a contatto con il suolo non faaltro che aumentare tale instabilità. Si avrà cosìun maggior sviluppo di nubi convettive, chediverranno più spesse nel corso della giornata e,se la parte di cielo coperta diviene maggioredella parte di cielo sereno, vi è alta probabilitàdi rovesci. L’imminenza della precipitazione èin relazione sia al colore della nube sia al colo-re scuro della base. Un cumulo ingrossato assu-me la forma di un cavolfiore oppure, a causa diinstabilità maggiore, si formano protuberanze aforma di torri sulla sua sommità, sinonimo diaccrescimento verticale.I rovesci associati ai cumuli interessano un’areadi circa 10-12 km quadrati e durano approssi-

C14-05 Altostrati e nembostrati

C14-06 Cumuli

C14-07 Cumuli con protuberanze

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Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

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I fenomeni associati aicumulonembi possonoessere molto violenti(temporali, grandine,forti rovesci).

mativamente dai 10 ai 30 minuti. Invece rove-sci associati al fronte freddo hanno una duratamaggiore e risultano più intensi.

Cumulonembi I cumulonembi sono le nubi più spesse inatmosfera e si sviluppano in verticale dal suolofino a 10-12 km ed anche in orizzontale rag-giungono i 16-20 km. A volte la base dei cumu-lonembi non si trova al suolo bensì ad una certaquota (vedi figura C14-08). Alla sommità essi siallargano e si espandono assumendo la tipicaforma ad incudine. I fenomeni associati a que-sto tipo di nube possono essere molto violenti(temporali, grandine, forti rovesci). L’esperienza ci insegna che in montagna lafrequenza dei temporali è maggiore nelpomeriggio piuttosto che durante la matti-nata; anche nel caso di precipitazioni dovute acumulonembi si assiste alla formazione dicumuli già durante il mattino. Quando i bordinetti della nube temporalesca cominciano a sfi-lacciarsi significa che il temporale è maturo. C14-08 Cumulolembi

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Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

FulminiValutare la vicinanza del temporaleÈ possibile stimare la distanza tra il temporalee il luogo in cui ci si trova sfruttando la diffe-rente velocità di propagazione del lampo e deltuono prodotto dalla scarica. Poiché il suono sipropaga nell’aria con una velocità di circa 340m al secondo è sufficiente moltiplicare ilnumero dei secondi trascorsi tra il lampo e iltuono per 340 metri. Eseguendo più volte que-sto calcolo si può capire se il temporale si allon-tana oppure si avvicina.

Luoghi più probabili di scarica delfulmineIl fulmine si abbatte preferibilmente sullepunte, cioè in luoghi che sporgono in modoevidente rispetto ai dintorni come ad esempiocima dei monti, creste, campanili, pinnacoli,alberi alti, edifici e alberi isolati. Inoltre varicordato che la frequenza delle scariche elettri-che in montagna, soprattutto in quota, è netta-

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Per stimare la distanzatra il temporale e illuogo in cui ci si trova èsufficiente moltiplicsreper 340 i secondi chedividono il lampo daltuono.

la frequenza delle scari-che elettriche in monta-gna, soprattutto inquota, è nettamentesuperiore a quella di pia-nura.

C14-09 Fulmine e punte

scaricheprobabili scariche

probabili

scaricheprobabili

scarichemolto frequenti

zona di sicurezza relativa

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Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

mente superiore a quella di pianura.A partire dal punto di impatto si forma uncampo elettrico di forma circolare ed intensitàdecrescente verso l’esterno per cui i luoghicompresi in un raggio variabile dai 10 ai 30metri sono considerati pericolosi. Il raddrizzarsi dei capelli o il crepitio dell’a-ria sulle punte sono evidenti segnali di unforte potenziale elettrico che ci impongonodi abbandonare al più presto quel posto.Le folgorazioni dirette producono la morte; seinvece il fulmine cade nelle vicinanze le conse-guenze sul corpo umano dipendono dai puntidi contatto della persona con il terreno. Se toc-chiamo due punti a potenziale elettrico diversoil corpo verrà attraversato da una corrente cheoltre produrre bruciature e ustioni determinapesanti effetti anche sul sistema nervoso: adesempio contrazioni muscolari involontariecapaci di gettare lontano la persona, come sequalcuno imprimesse una improvvisa spinta.La regola è pertanto quella di toccare unsolo punto del terreno.Bisogna pertanto allontanarsi prima possibiledai luoghi dove è più elevata la probabilità discariche.Il passaggio di corrente è facilitato dalla pre-senza di corde metalliche (ad esempio ferrate),dal terreno o dal vestiario bagnato; anche unafessura oppure foro comunicanti tra grotta edesterno possono diventare un canale di passag-gio per la corrente. È un errore cercare riparosotto uno strapiombo o ai piedi di una fessuraverticale perché in questi posti si propagano lecorrenti di superficie (vedi figure C14-11 e 12).

bassa differenza dipotenziale

elevata differenza di potenziale elettrico

C14-10 Fulmine e differenze di potenziale

roccia

fulmine

corrente

ddpalta

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Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

Segnaliamo alcuni consigli:• allontanarsi dalle punte prima possibile• rifugiarsi su zone piane, meglio su un ripianosi può trovare riparo anche in caverne purché sieviti di restare in entrata• stare seduti e toccare solo un punto del terre-no; cercare di isolarsi interponendo zaino,corda• in luoghi esposti assicurarsi alla parete perevitare di essere sbalzati nel vuoto• si possono allontanare gli oggetti metallici;tuttavia si tenga presente che essi non attiranoi fulmini, semmai favoriscono il passaggio dicorrente• nel caso di incidente le persone interessate dascariche elettriche sono da soccorrere immedia-tamente con primi soccorsi e, nel caso, conprocedure di rianimazione. Se la persona ècosciente e presenta delle bruciature questevanno trattate con bende sterili. Da ricordarecomunque che il soggetto, quanto prima, vasottoposto ad accertamenti medici; infatti oltrealle scottature si possono verificare disturbi delritmo cardiaco e alterazioni del sistema nervo-so centrale.

Se la persona è incosciente bisognavalutare i segni vitali (respirazione ecircolazione sanguigna); si tengapresente che la morte a causa delfulmine avviene per paralisi dell’ap-parato respiratorio e per arresto car-diaco: perciò possono risultare effi-caci operazioni peraltro assai delica-te quali la respirazione artificiale e ilmassaggio cardiaco.

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C14-11 Fulmine e zone più sicure

NO NO

C14-12 Fulmine- evitare bordi e canali

Fessura e canale che possono condurre acqua o scariche

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Il vetrato si forma ancheall’improvviso, con legocce di pioggia, a tem-peratura inferiore a 0 °C(stato di soprafusione),che urtando sulla rocciasi trasforma subito in unvelo di ghiaccio.

VetratoSe si verifica un brusco abbassamento di tem-peratura l’acqua di scorrimento presente sullerocce oppure l’acqua di fusione prodotta dainevai sospesi si trasformano in vetrato, cioè unapellicola di ghiaccio sottile e spesso trasparenteestremamente scivolosa. A volte il vetrato si forma anche all’improvviso,quando le gocce di pioggia sono ancora liquidementre la temperatura è inferiore a 0°C (statodi soprafusione): l’urto sulla roccia, che puòtrovarsi anche ad una temperatura leggermentesuperiore a 0°C, modifica l’equilibrio e l’acquasi trasforma subito in un velo di ghiaccio. In queste situazioni la progressione diventa piùlenta, si richiede a volte l’uso dei ramponi ediventa spesso necessario scrostare con il mar-tello la pellicola di ghiaccio che ricopre appiglie appoggi.

Pioggia, grandine e nevischioLa pioggia, la grandine e il nevischio, oltre adabbassare considerevolmente la temperatura,rendono la roccia molto scivolosa. Se la preci-pitazione è abbondante, nei canaloni e neicamini si possono formare dei ruscelli d’ac-qua o addirittura delle piccole cascate, chetrascinano nella loro corsa le pietre staccate;questo fenomeno è particolarmente temibilesulla roccia sedimentaria (argille, marne, arena-ria, calcare,..), è meno frequente sulla rocciametamorfica (gneiss, micascisti,..), mentre èoccasionale su roccia magmatica (granito, gra-nodiorite,..).

C14-13 Vetrato

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Su superfici nevose la precipitazione di nevepallottolare (grani arrotondati simili a chicchidi grandine ma più leggeri) può produrre unostrato di scorrimento, una volta che questo siastato coperto da successive nevicate.

Tormenta A volte vento impetuoso e precipitazioni nevo-se si uniscono dando luogo alla tormenta.Questo fenomeno, che causa altresì scarsa visi-bilità e un forte abbassamento della temperatu-ra, può durare parecchie ore e anche qualchegiorno. In questa situazione gli alpinisti devo-no indossare gli indumenti più adatti e progre-dire con calma e prudenza: con l’arrivo delbrutto tempo si tende infatti ad agire in fretta ea trascurare certe operazioni di sicurezza adot-tate in condizioni normali. Se la progressionediventa impossibile, bisogna cercare un riparocontro il vento, proteggersi con teli termicidalla precipitazione, rimanere vicini e mante-nere alto il morale.

Bivacco di fortunaIn montagna può capitare che particolari circo-stanze, come una tormenta improvvisa, losmarrimento dell’itinerario, la nebbia, l’allun-gamento dei tempi richiesto dalla salita,costringano gli alpinisti a bivaccare. In questicasi è necessario decidere il bivacco pertempo, organizzandosi bene, per evitare chel'affaticamento e la notte non permettano ditrovare un posto adatto.La scelta del luogo dipende dalla disponibilitàdi tempo, dalla natura del terreno e dai mezzi

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

Su superfici nevose laprecipitazione di neve agrani può produrre unostrato di scorrimento perle successive nevicate.

La tormenta causa scarsavisibilità e un forteabbassamento della tem-peratura che può durareparecchie ore o addirit-tura giorni. In questasituazione gli alpinistidevono indossare gliindumenti più adatti eprogredire con calma eprudenza

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C14-14 Bivacco su neve

aerazione

eventuale buca peraria fredda

per effettuare un eventuale scavo .Potendo scegliere tra realizzare il bivacconella neve oppure su roccia è bene preferirela prima perché all’interno di una caverna dineve si ha più caldo che fuori. Luoghi idonei per costruire una caverna si tro-vano dove la neve è stata ammucchiata cioè supendi sottovento, in conche, intorno a grandimassi e in prossimità di rocce. In un primo tempo si scava una nicchia suffi-ciente per rimanere seduti; successivamente sipuò ingrandire il vano per poter dormiresdraiati. Il soffitto deve essere leggermente avolta e ben liscio, per evitare lo stillicidio del-l’acqua. L'apertura del bivacco deve essere pic-cola e chiusa con blocchi di neve oppure conpietre. Il soffitto deve essere basso e le cuccettesopraelevate, per sfruttare meglio il calore (latemperatura all'interno sale in genere fino adalcuni gradi sopra lo zero). Le dimensioni delricovero consigliate sono da 2 a 4 persone.L'aerazione si assicura mediante fori praticatinel soffitto o lateralmente, che, in caso di nevi-cate, devono essere costantemente tenuti liberi.

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

Luoghi idonei percostruire una caverna sitrovano dove la neve èstata ammucchiata cioèsu pendi sottovento, inconche, intorno a grandimassi e in prossimità dirocce.

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Sulla roccia bisogna scegliere un luogo riparatodal vento e dalle scariche di sassi; si può trova-re rifugio sotto un piccolo tetto della parete ecostruire intorno dei muretti di sassi. Convieneusare il telo termico per avvolgere le personecome una coperta: in questo modo si impedi-sce la dissipazione del calore e si ci proteggecontro le gocce d’acqua che provengono dal-l’alto. È preferibile che il posto si trovi qualchemetro al di sopra del fondo di una valletta o diun canalone perché si gode di una temperaturadi 5-10°C gradi superiore (a condizione che illuogo sia riparato dal vento), in quanto l'ariafredda, più pesante, si accumula in basso.

Consigli utili per il bivacco• Indossare indumenti asciutti direttamente acontatto con la pelle, mettere sopra quelliumidi e sedersi possibilmente su materiali iso-lanti. Infilare i piedi dentro lo zaino.• Massaggiare regolarmente le dita dei piedi edelle mani. Qualora sussista pericolo di conge-lamento bisogna muoversi in continuazione econtrollarsi a vicenda.• Mantenere la calma, avere un atteggiamento"aggressivo" e intrattenersi a vicenda con unatteggiamento positivo.• Conoscere l'effetto del freddo sul corpo esapere come proteggersi; in pratica esiste unallenamento psicologico a situazioni avverse.Quando un individuo sa contro cosa deve lot-tare, si difende molto meglio. Se conosce glieffetti di una tempesta di neve, se ha imparatoa proteggersi da essa, non lasciandosi prenderedal panico, lotterà coscientemente con più effi-cacia. Questo ragionamento è valido per qual-

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

In caso di bivacco sullaroccia, conviene usare iltelo termico come coper-ta: in questo modo siimpedisce la dissipazio-ne del calore corporeo esi ci protegge dall’acqua.

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Pericolo di valanghe Le valanghe non caratterizzano solo il periodoinvernale. In alta montagna, anche d’estate,dopo il passaggio di un fronte freddo che haapportato neve fresca, sui pendii con inclina-zione di almeno 30°, sussiste il pericolo divalanghe.

Altezza critica della neve fresca Il quantitativo critico di neve fresca che ci indu-ce a non impegnarsi in canali di neve o su pen-dii ripidi di ghiaccio non è legato solo allo spes-sore della neve caduta ma dipende anche da con-dizioni addizionali quali la forza del vento, lasuperficie della neve vecchia e la temperatura.Il quantitativo critico di neve fresca determinauna situazione di pericolo di grado 3 o di grado4 (vedi bollettino nivometeo sviluppato in unasezione successiva).In montagna chi non vuole correre grossirischi dopo una nevicata di 30-40 cm deveevitare di percorrere i pendii ripidi per qual-che giorno. Particolarmente critico è ilPRIMO GIORNO BELLO dopo un perio-do di tempo perturbato.Tuttavia possono bastare anche 20 cm se lecondizioni addizionali sono sfavorevoli:vento forte durante e dopo la precipitazione(50-60 K/h), temperature basse (inferiori a -8C°), superficie costituita da vecchi strati dineve oppure formata da ghiaccio.

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siasi agente e per qualsiasi pericolo. In monta-gna ci sono i rigori del clima, bisogna cono-scerli e sapere proteggersi.

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

In alta montagna, anched’estate, dopo il passag-gio di un fronte freddoche ha apportato nevefresca, sui pendii coninclinazione di almeno30°, sussiste il pericolodi valanghe.

C14-15 Valanga di lastrone da vento

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Spesso la neve fresca si deposita su uno strato dineve vecchia molto duro o addirittura siappoggia sul ghiaccio vivo: in entrambi i casisiamo in presenza di un piano di slittamentomolto favorevole. Il periodo pericoloso è gene-ralmente di breve durata, perché il forte riscal-damento del sole accelera l’assestamento, tutta-via sono indispensabili 2-3 giorni di beltempo per dare agli strati di neve la consi-stenza necessaria. A volte bisogna attendere un periodo più lungosoprattutto se c’è stata un’azione importantedel vento, sia durante la precipitazione chedopo il periodo di brutto tempo: • in estate nelle zone in ombra e su superfici dighiaccio vivo conviene aspettare almeno unasettimana di tempo buono• in primavera, con temperature in quota piùbasse, i tempi di assestamento sono più lunghiper cui bisogna attendere anche 15 giorni di beltempo prima di impegnarsi nelle ascensioni.

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

Segnali d’allarme di forte pericolo(grado 4) Durante un itinerario scelto correttamente nonsi dovrebbero mai manifestare segnali di questogenere perché sono indicatori di forte pericolo;se si dovessero osservare significa che la scel-ta della gita è sbagliata e che bisogna abban-donare la zona e modificare l’itinerario.a) valanghe di lastroni di neve spontanee cadu-te in giornatab) fessurazioni e rumori “woum” quando sicarica il manto nevoso

C14-16 Azione del vento su pendio

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Crepacci e ponti di neve Le caratteristiche del ghiacciaio sono statedescritte nel capitolo 10; in questa sezione cilimitiamo a sottolineare che in ogni stagione,anche in piena estate, dopo una caduta di neve,sotto l’azione del vento possono formarsi deiponti fragili tanto quanto in inverno. Su unghiacciaio, soprattutto se pianeggiante, l’alpini-sta deve essere sempre attento a quelle ondula-zioni della superficie nevosa che possanonascondere la presenza di un crepaccio. Questele dovrà superare con le precauzioni del caso. Altrettanto pericolosi sono sia i bordi dei tor-

Una valanga che si stacca nel corso della gior-nata indica che il manto nevoso è assai instabi-le; spesso nel giro di qualche ora viene seguitada altre.Se l’origine del distacco è prodotto da un rial-zo termico (riduzione delle resistenze) o dallapioggia (sovraccarico e riduzione delle resisten-ze), tutti i pendii aventi la stessa quota e lamedesima inclinazione di quello interessatodalla valanga possono ritenersi pericolosi.In presenza di neve asciutta, la formazione difessure al momento del carico del manto nevo-so e rumori “woum” di assestamento sono chia-ri segnali di grande instabilità, cioè si constatauna situazione di “pericolo forte”. Il rumore èprovocato dalla fuoriuscita dell'aria dalle cavitàdel manto nevoso quando questo si assestasotto carico. Ci si deve allora fermare e intra-prendere tutte le precauzioni possibili perabbandonare la zona.

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

Se l’origine del distacco èprodotto da un rialzotermico o dalla pioggia,tutti i pendii aventi lastessa quota e la medesi-ma inclinazione di quel-lo interessato dallavalanga possono ritener-si pericolosi.

Su un ghiacciaio, soprat-tutto se pianeggiante,l’alpinista deve esseresempre attento a quelleondulazioni della super-ficie nevosa che possanonascondere la presenzadi un crepaccio. Questele dovrà superare con leprecauzioni del caso.

C14-17 Valanga recente

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renti che si formano sulla superficie del ghiac-ciaio, sia i ponti creati da coni di valanga checoprono l’acqua che scorre al di sotto. Inentrambi i casi l’acqua scava e l’alpinista devefare attenzione a non trovarsi su un arco estre-mamente fragile che potrebbe aprirsi sotto isuoi passi.

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

I cambiamenti climaticisono oggi al primo postotra i pericoli e condizio-nano continuamente leattività alpinistiche: adesempio in questi ultimianni è impossibile effet-tuare durante la stagioneestiva molte ascensionisu ghiaccio e misto che,viceversa, alcuni anni fasi svolgevano normal-mente nei mesi di luglioe agosto.

Cambiamenti climatici e instabilitàdel terrenoFino a questo punto abbiamo trattato i perico-li dovuti agli agenti atmosferici. Ora passiamoa valutare dei pericoli quali la caduta di pietre,di ghiaccio e di seracchi che rappresentano ipericoli oggettivi più severi ai quali è espostol’alpinista. I cambiamenti climatici oggi in atto hannoulteriormente aggravato la situazione ponendoquesti pericoli al primo posto e riducendo lapossibilità di effettuare durante la stagione esti-va molte ascensioni su ghiaccio e misto che,viceversa, alcuni anni fa si svolgevano normal-mente nei mesi di luglio e agosto.Gli anni Novanta sono stati globalmente ildecennio più caldo da quando sono disponibi-li strumenti di misurazione affidabili (attornoal 1860); i risultati di diversi studi indicano cheil riscaldamento fatto registrare nel XX secolo èun fenomeno mai riscontrato dall’inizio delmillennio. L’inizio dell’industrializzazione ècoinciso con la conclusione di un periodo fred-do. I processi di riscaldamento naturali e quel-li prodotti dall’uomo (aumento della concen-

C14-18 Sondaggio di un ponte di neve

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trazioni dei gas e effetto serra), si sono cosìsommati: l’aumento della temperatura ha pro-dotto nelle Alpi l’arretramento dei ghiacciai el’innalzamento del limite del permafrost che asua volta ha determinato un forte aumento difrane, smottamenti, cadute di massi e di ghiaccio.Con il termine permafrost si intende un qual-siasi terreno che rimane al di sotto della tem-peratura di 0°C per più di due anni; inoltre sidefinisce come strato attivo lo strato di terrenoposto immediatamente al di sopra del perma-frost che subisce annuali congelamenti e scon-gelamenti. Recenti studi hanno evidenziato come la coper-tura nevosa stagionale svolga una importanteazione sia sul permafrost che sullo strato attivo,svolgendo il ruolo di materiale isolante: soprat-tutto in estate, lo strato di neve isola il terrenodall’ onda termica che determina lo scongela-mento dello strato attivo. In alta montagna il permafrost si forma sia suroccia solida, sia su materiali sciolti, conoididetritici e morene. Negli ultimi 100 anni nelleAlpi il limite del permafrost si è innalzato di150-200 metri di altezza. Attualmente la fasciaaltimetrica del permafrost si sviluppa al di sottodelle regioni glaciali a partire all’incirca da2600 m di quota; per i prossimi 50 anni, dellericerche condotte in Svizzera prevedono, perun riscaldamento tra 1 e 2° C, un ulteriore spo-stamento in altezza di 200-750 metri.La riduzione del permafrost aumenta l’in-stabilità dei versanti; canali e conoidi perdo-no con il ghiaccio il collante che li rende coe-renti e si può prevedere una maggior frequenza

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

Con il termine perma-frost si intende un qual-siasi terreno che rimaneal di sotto della tempera-tura di 0 °C per più didue anni.

C14-19 Scariche di sassi-Grand Capucin

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Caduta di pietre La caduta di pietre in genere si verifica sugli iti-nerari dominati da pareti di roccia friabile,soprattutto nei canali che le solcano e convo-gliano i sassi, oppure all’interno dei pendiicostituiti da detriti e ricoperti più o menocompletamente da ghiaccio e neve. La cadutadi pietre generalmente è provocata dall’alter-nanza di gelo e disgelo e si manifesta con mag-gior frequenza all’arrivo del sole e con l’aumen-to della temperatura. Per queste ragioni nelcorso di estati calde e secche queste cadutesono più frequenti e in certi casi assumono leproporzioni di vere e proprie frane.Riassumiamo la condotta da tenere per preve-nire la caduta di pietre:a) scegliere con oculatezza l’escursione

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di frane, cadute di ghiaccio e smottamenti.La riduzione dei ghiacciai è un fenomeno inatto dalla metà dell’Ottocento: rispetto al livel-lo massimo di espansione del 1850 sono scom-parsi nelle Alpi Svizzere circa 100 ghiacciai,mentre in tutta Europa i ghiacciai alpini hannoperduto circa la metà del loro volume di ghiac-cio ed il 30-40% della superficie originale.La caldissima estate del 2003 ha prodotto talidanni sul permafrost che gli esperti prevedonoche siano necessari almeno 10 anni di abbon-danti precipitazioni nevose in quota accompa-gnate da estati fresche per compensare la mag-giore ablazione estiva dei ghiacciai. Tuttavia,finché lo zero termico permane per molti gior-ni a 4500 metri, tale ipotesi rimane una remo-ta speranza.

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

La caldissima estate del2003 ha prodotto talidanni sul permafrost chegli esperti prevedono chesiano necessari almeno10 anni di abbondantiprecipitazioni nevose inquota accompagnate daestati fresche per com-pensare la maggioreablazione estiva deighiacciai.

La caduta di pietre gene-ralmente è provocatadall’alternanza di gelo edisgelo e si manifestacon maggior frequenzaall’arrivo del sole e conl’aumento della tempe-ratura.

C14-20 Arretramento dei ghiacciai- Miage

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Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

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C14-21 Osservare la caduta di pietre

C14-22 Caduta di pietre e percorso

b) osservare le zone soggette alle scariche: stri-scie nere di detrito, solchi scavati nella neve,presenza di blocchic) superare le zone pericolose prima del levardel soled) evitare i canali e prendere di preferenza idossi e le crestee) posare i piedi con precauzione e tenere lacorda sollevata in modo da non smuovere sassif ) in parete scegliere i posti più protetti doveeffettuare le sosteg) evitare i percorsi troppo frequentati soprat-tutto se ci sono cordate che ci precedono.

Se malgrado le precauzioni prese ci si trova sor-presi dalla caduta di pietre, che sentiamofischiare intorno, è necessario:a) lanciare il grido di avvertimento “sassi”b) in parete, appiattirsi fortemente contro ilterreno, meglio se sotto delle asperità, ed evita-re di guardare in alto (rischio di sassi sul viso)c) mantenere la calma, osservare con attenzio-ne la traiettoria dei sassi, individuare un luogopiù sicuro e, quando pronti, raggiungerlo.

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Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Le cornici si formanosulle creste e presentanostrapiombi di neve sulversante del pendio sottovento. Esse presentanoun duplice pericolo: -possono crollare sul pen-dio sottostante - posso-nocrollare sotto il pesodell’alpinista.

Caduta di ghiaccio Le scariche di ghiaccio si manifestano con lacaduta di piccoli blocchi di ghiaccio instabili,con il crollo di cornici, con la caduta di seracchi.I primi due fenomeni si verificano soprattuttosulle pareti esposte all’azione del sole e durantele ore più calde. La traiettoria dei frammenti è più lineare diquella dei sassi; i blocchi non rimbalzano inmodo vario e tendono ad ammucchiarsi su unospazio più ristretto. Le cornici si formano sullecreste e presentano strapiombi di neve sul ver-sante del pendio sotto vento. Esse presentanoun duplice pericolo: minacciano il pendio sot-tostante perché il crollo oltre a produrre fram-menti può causare l’innesco di valanghe; la cor-nice può anche crollare sotto il peso dell’alpini-sta che si muove sul balcone di neve o che, rag-giungendola dal pendio, la deve oltrepassare. Èdifficile prevedere in anticipo la linea di possi-bile rottura; il cedimento può provocare nonsolo la caduta della parte strapiombante, maanche di una parte di cresta di cui fa parte. La caduta di seracchi è determinata soprattuttodal movimento del ghiacciaio e dalla instabilitàche una parte di esso subisce quando la colataglaciale deve superare un brusco salto o dove ilfondo roccioso si solleva a dosso (vedi capitolo10). Il crollo di seracchi è perciò casuale e nonha orari tipici. Di fatto si è notato che la fre-quenza della cadute di seracchi è aumentata neiperiodi in cui la quota dello zero termico erasuperiore ai 4000 metri.

Segnaliamo alcuni comportamenti da adottarenell’attraversamento di zone a rischio per cadu-C14-23 Rottura di cornice

corrente d’aria

punto di possibile rottura

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ta di ghiaccio o crollo di seracchi:a) osservare i frammenti già caduti e chiedersise sono recenti e da dove sono cadutib) in parete scegliere i posti più protetti doveeffettuare le soste (evitare di sostare nelle rigo-le, rimanere in direzione di speroni di rocciache possono deviare la caduta, ripararsi sottosporgenze,..) c) ridurre al minimo il tempo di esposizionenelle zone a rischio sotto i seracchi instabili,evitando le fermate ed effettuando veloci attra-versamenti; con esposizioni previste troppolunghe rinunciare al passaggio e trovare un per-corso alternativo più sicuro.

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

PERICOLI SOGGETTIVI

In montagna i pericoli soggettivi dipendonodall’individuo stesso:

C14-24 Caduta di ghiaccio e percorso

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a) mancanza di conoscenze e impreparazionetecnica b) incapacità e impreparazione fisica c) stato d’animo e condizione psicologica ina-deguatid) formazione della cordata poco equilibratanelle capacità e) incapacità di superare le difficoltà con le pro-prie forze e probabilità di una cadutaf ) superficialità nell’organizzazione della salita:stima non corretta delle difficoltà in rapportoalla propria esperienza con possibili errori nellascelta della ascensione. Tale argomenti verranno trattati nella sezione“preparazione della salita”.L’esperienza ci insegna che la maggior parte degliincidenti in montagna non è causata dai perico-li oggettivi bensì dall’alpinista; proprio perchésono legati alla persona i pericoli di natura sog-gettiva possono e dovrebbero essere evitati.

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

L’esperienza ci insegnache la maggior partedegli incidenti in monta-gna non è causata daipericoli oggettivi bensìdall’alpinista; proprioperché sono legati allapersona i pericoli dinatura soggettiva posso-no e dovrebbero essereevitati.

La conoscenza dell’am-biente permette unasicura frequentazione;solo allora si sa comeaffrontarlo, si applicanole tecniche adeguate, siattivano i mezzi fisici ela forza mentale, si sce-glie l’attrezzatura e l’ab-bigliamento.

Mancanza di conoscenze e imprepa-razione tecnica La conoscenza approfondita dell’ambiente edelle tecniche relative al tipo di disciplina è ilmodo migliore per prevenire ed evitare gli inci-denti: si tratta in primo luogo di una que-stione di cultura. La conoscenza dell’ambien-te permette una sicura frequentazione; soloallora si sa come affrontarlo, si applicano le tec-niche adeguate, si attivano i mezzi fisici e laforza mentale, si sceglie l’attrezzatura e l’abbi-gliamento. Nella secolare convivenza con l’am-biente naturale da parte di chi vive in monta-gna e nel corso di duecento anni di alpinismo è

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stata elaborata una cultura e sono state messeinsieme le conoscenze capaci di far fronte alleavversità e di prevenire le situazioni potenzial-mente pericolose.Modelli di comportamento proposti da unacerta stampa sensibile solo alla prestazionespettacolare, oltre a dare informazionisuperficiali e distorte, tendono purtroppo abanalizzare e a trasformare in fatti ordinariattività che richiedono invece anni di prepa-razione ed esperienza.L’impreparazione tecnica e la mancanza diconoscenze in campo scientifico e culturalecostituiscono una fonte importante di pericolinon solo per chi già si dedica all’attività alpini-stica, ma soprattutto per l’alpinista esordiente.Il principiante è soggetto a due aspetti negativi:la mancanza di esperienza che lo porta a sotto-valutare il pericolo e l’eccesso di entusiasmoche lo spinge a sopravvalutare le sue capacità.La preparazione tecnica fa riferimento allemodalità di progressione sulla roccia, sulla nevee sul ghiaccio, ai metodi di assicurazione, allemanovre di corda e di autosoccorso e all’utiliz-zo del materiale alpinistico. Le conoscenze dicarattere scientifico riguardano l’impiego dellacartina topografica e dei sistemi di orientamen-to, la neve e le valanghe, le rocce e il ghiacciaio,la meteorologia, i pericoli a cui ci si espone fre-quentando la montagna, le iniziative da intra-prendere in caso di incidente. Gli aspetti culturali hanno attinenza soprattut-to con lo stile di comportamento dell’uomo neiconfronti della montagna e delle persone: èimportante conoscere chi ha fatto la storia dellesalite alpine e leggere i loro racconti, apprende-

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

Il principiante è soggettoa due aspetti negativi: lamancanza di esperienzache lo porta a sottovalu-tare il pericolo e l’eccessodi entusiasmo che lospinge a sopravvalutarele sue capacità.

Gli aspetti culturalihanno attinenza soprat-tutto con lo stile di com-portamento dell’uomonei confronti della mon-tagna e delle persone: èimportante conoscerechi ha fatto la storiadelle salite alpine e leg-gere i loro racconti,apprendere gli usi e icostumi di chi vive inmontagna, studiare laflora e la fauna alpinaper apprezzare questagrande ricchezza che lanatura ci offre.

C14-25 Conoscenza dell’ambiente

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Incapacità e impreparazione fisicaLa persona che vuole praticare l’alpinismo devein primo luogo conoscere le prestazioni che ilsuo fisico gli consente di esprimere. Si tratta diuna attività che richiede una buona resistenzaagli sforzi da sostenere e una adeguata acclima-tazione per affrontare i percorsi che si sviluppa-no oltre i 3000 metri. Sono necessari quindiuna adeguata preparazione fisica e un grado diallenamento rapportati al tipo di ascensioni.L’alpinista deve altresì rendersi conto dei limitidelle sue capacità, delle sue forze, della sua resi-stenza alla fatica di fronte non solo alle difficoltàdescritte da una guida ma anche ipotizzandosituazioni impreviste (quota, cattivo tempo) chepotrebbero impegnarlo maggiormente.

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re gli usi e i costumi di chi vive in montagna,studiare la flora e la fauna alpina per apprezza-re questa grande ricchezza che la natura cioffre. Spesso l’alpinista preferisce l’allenamentoe l’azione rinviando a quando sarà meno inforze il tempo da dedicare a questi temi.Tuttavia è importante capire che la solaconoscenza delle tecniche non è sufficienteper formare un alpinista ma che è anchenecessario formarsi un’etica di comporta-mento che tuteli l’ambiente naturale e che siispiri a valori di rispetto e solidarietà neiconfronti delle persone con cui arrampichia-mo o veniamo in contatto. In questo ambito l’istruttore o colui cheguida il gruppo non esercita solo un ruolodi accompagnamento ma deve svolgereanche un’azione culturale ed educativa.

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

C14-26 Impegno graduale

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La conoscenza dei propri limiti si apprendesolamente con la pratica sul terreno affrontan-do itinerari di impegno crescente con gradua-lità; e questa regola vale soprattutto nell’alpini-smo su ghiaccio e misto. Grazie all’esperienzamaturata l’alpinista confronta le sue forze conle prestazioni richieste dall’itinerario ed è ingrado, quando affronta imprese alla sua porta-ta, di riservarsi un margine adeguato di sicurez-za. Un’altra fonte di incidenti, che si può tro-vare sia in principianti che in alpinisti afferma-ti, è la presunzione di credersi capaci di supera-re qualsiasi situazione; questo comune atteggia-mento si differenzia solo dal grado di difficoltàche essi affrontano.

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

L’alpinista deve rendersiconto dei limiti delle suecapacità, delle sue forze,della sua resistenza allafatica di fronte non soloalle difficoltà descritteda una guida ma ancheipotizzando situazioniimpreviste (quota, catti-vo tempo) che potrebbe-ro impegnarlo maggior-mente.

Stato d’animo e condizione psicolo-gica inadeguatiQuesta caratteristica è intesa anche comeimpreparazione morale, come l’incapacità psi-cologica di portare a buon fine una ascensione.Svolgere dell’attività alpinistica è anche unosport, ma chi si arrampica in montagna si ponein una situazione assai differente da buonaparte degli altri sportivi; quest’ultimi infatti secolti da stanchezza o da avverse condizioniambientali possono ritirarsi dalla competizio-ne. Chi si dedica all’alpinismo porta di buongrado uno zaino, dorme più o meno bene, sa diavere freddo e poi caldo, di patire un po’ lafame e sicuramente la sete, deve mantenere unaattenzione costante a ciò che fa e accettasoprattutto un gioco che a volte non gli con-sente di rinunciare e di lasciarsi andare. Certeascensioni infatti non si possono arrestare,anche se si è sfiniti, con il mal di testa, in preda C14-27 Reagire alle difficoltà

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Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

Formazione della cordata poco equi-librata nelle capacità La scelta delle persone che andranno a formarela cordata riveste una importanza determinan-te, non solamente per il successo o l’insuccessodella salita ma anche e in primo luogo per lasicurezza della cordata stessa. Soprattutto in unambiente di ghiacciaio e di terreno vario in cuil’ascensione non si sviluppa solo con tiri dicorda, quindi con il movimento di un solocomponente per volta, ma durante la quale sideve spesso attuare una progressione in conser-va, l’inesperienza, la lentezza, la non adeguatatenuta psicologica di uno dei componenti pos-sono pregiudicare la buona riuscita dell’ascen-sione. Si ribadisce che Per quanto riguarda le reciproche posizionidegli alpinisti all’interno della cordata si riman-da il lettore ai capitoli 9 (progressione della cor-data in parete) e al capitolo 10 (progressione inconserva della cordata). Qualunque sia la com-posizione adottata e le modifiche dovute allecircostanze, la sicurezza e l’efficienza della cor-data dipenderanno dalla perfetta conoscenzareciproca di ognuno dei componenti.

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Volontà, determinazio-ne, tenuta psico -fisicasono qualità altrettantoindispensabili quantoquelle fisiche e la man-canza di tenacia e di spi-rito di reazione neimomenti difficili puòcondurre a situazioniassai critiche per la pro-pria e altrui incolumità.

La forza di una cordatarisiede nel suo elementopiù debole.

C14-28 Formazione cordata

al vento turbinoso o sotto un acquazzone vio-lento, oppure a seguito di un incidente si devereagire con lucidità e non bisogna perdersi d’a-nimo. Volontà, determinazione, tenuta psico -fisica sono qualità altrettanto indispensabiliquanto quelle fisiche e la mancanza di tenacia edi spirito di reazione nei momenti difficili puòcondurre a situazioni assai critiche per la pro-pria e altrui incolumità.

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Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

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L’alpinista deve interro-garsi spesso sulla qualitàdella neve (molle, dura,ghiaccio), sulla necessitàdi legarsi e di posiziona-re protezioni e su tantipiccoli problemi cherichiedono rapide deci-sioni.

La scivolata resta lacausa principale degliincidenti in montagna.

Rischi di caduta e scivolateI rischi di una caduta dipendono dalla capacitàfisica e dalla tecnica dell’alpinista; la valutazio-ne corretta delle difficoltà in rapporto alle pro-prie forze è il miglior modo per prevenire taleeventualità. Su roccia la caduta può avvenireper rottura dell’appiglio oppure per perdita diequilibrio.L’alpinista deve abituarsi su terreno di rocciae di misto a provare gli appigli prima dieffettuare la trazione e di provare gli appog-gi prima di appoggiare il peso del corpo.Egli deve immaginare in anticipo la successio-ne dei movimenti e privilegiare un’azione flui-da piuttosto che una scalata di forza. Va sempreaccertata l’affidabilità delle soste presenti inparete e grande attenzione va riservata all’uti-lizzo dei cordini che collegano gli ancoraggiimpiegati per effettuare calate in corda doppia.Anche su ghiaccio o su neve la caduta puòdipendere da una perdita di equilibrio o da unascivolata. L’alpinista deve interrogarsi spessosulla qualità della neve (molle, dura, ghiaccio),sulla necessità di legarsi e di posizionare prote-zioni e su tanti piccoli problemi che richiedonorapide decisioni.Si fa notare che la scivolata resta la causa prin-cipale degli incidenti in montagna: l’alpinistanon dovrà mai cessare di sorvegliare i suoipassi, soprattutto alla fine della salita, quandola soddisfazione della buona riuscita, la fretta dirientrare e la fatica accumulata riducono l’at-tenzione.

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Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

PREPARAZIONE DELLA SALITA

In montagna la regola principale è la prudenza:ciò non vuol dire essere paurosi bensì significaosare in maniera calcolata, ovvero valutareoggettivamente le proprie capacità in rapportoal tipo di ascensione. Bisogna eliminare progressivamente gli errori diprogettazione e attuazione di una ascensione attra-verso tre momenti.a) Fase di progettazione: una notevole parte delrischio si riduce progettando la salita a tavolino, acasa o in rifugio.b) Fase preliminare: una volta sul posto, il giornoprecedente la partenza, un’altra quota di rischioviene eliminata valutando il tempo, il terreno escegliendo con cura il percorso.c) Fase di conduzione: durante l’ascensione ilrischio rimanente può venire ulteriormente ridot-to valutando con buon senso le situazioni e gliimprevisti che si presentano (preparazione psico-fisica, tempo, terreno, compagni di cordata,..) esapendo rinunciare se le condizioni non sonofavorevoli.

Schema per pianificare la salita e perorientare nella sceltaPresentiamo un prospetto che descrive in formariassuntiva la procedura da seguire durante le fasidi progettazione e durante la fase preliminare.Lo scopo è duplice: da un lato si vuole fornire unpromemoria delle operazioni da svolgere e dall’al-tro si intendono dare alcune indicazioni che con-sentano di valutare la fattibilità del programma.

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Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

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I singoli concetti relativi alla scelta e preparazionedella gita vengono quindi successivamente trattatiin modo approfondito.Si fa notare che la condotta da assumere e letecniche da adottare durante l’ascensione sonostate descritte nei precedenti capitoli.

C14-29 Schema pianificazione salita

Condizioni degli alpinisti• Situazione personale: forma fisica e allenamento; condizione psicologica;preparazione tecnica• Compagni di cordata: esperienza alpinistica e competenze tecniche (arrampi-care da capocordata, progressione in conserva, effettuare manovre di corda erecuperi da crepaccio); capacità psico-fisiche

Condizioni della montagnaScelta del tipo di salita (gruppo montuoso, parete o cresta , ghiaccio, neve ,misto) in relazione a stagione, quota, temperatura, luoghi meno esposti allescariche di sassi e di ghiaccio

1 - FORMAZIONE DELLA CORDATA E SCELTA DELLA SALITA

Bollettino meteorologico• precipitazioni previste e visibilità• temperatura: con quota dello zero termico oltre i 4000 m valutare attenta-mente la fattibilità • venti: direzione ed intensità in riferimento alla quota (con 50Km/h cambia-re itinerario o rinunciare)• previsioni a breve e medio termine

Bollettino valanghe (emesso durante l’inverno e la primavera)• grado di pericolo (con grado 3 evitare i pendii ripidi oltre i 30°)• altezza critica della neve fresca (pericolo marcato o superiore)a) con 40-50 cm di neve recente valutare altri itinerari o altre zone più sicureb) bastano 20/30 cm di neve recente e condizioni sfavorevoli per cambiare itinerario o rinunciare all’ascensione • segnali d’allarme di forte pericolo (itinerario molto pericoloso e da evitare):valanghe spontanee cadute in giornata, fessure e rumori “woum” al momentodel carico del manto nevoso

Informazioni complementari• gestori di rifugi, guide locali, ufficio guide, persone esperte e fidate

2 - CONDIZIONI METEO-NIVO

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Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

Condizioni degli alpinistiUna buona forma fisica e l’allenamento hannomolta importanza nella pratica dell’alpinismo. Èassai utile effettuare un controllo medico adegua-to a partire dal momento in cui si pratica unosport e in particolare modo su difficoltà impe-gnative. Una delle cause principali degli inciden-ti è la fatica, conseguenza di una cattiva valuta-zione delle proprie possibilità o di una inadegua-ta condizione fisica. È quindi assai opportunoche l’attività alpinistica in montagna si svolga concontinuità e che sia accompagnata da un eserci-zio sportivo regolare e da una alimentazione ade-guata. L’arrampicata su ghiaccio o su rocciarichiede un notevole impegno muscolare, forzaesplosiva, coordinazione, mobilità articolare euna parete in quota va affrontata solo da chi è

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Una delle cause principa-li degli incidenti è la fati-ca, conseguenza di unacattiva valutazione delleproprie possibilità o diuna inadeguata condizio-ne fisica.

Guide, carte topografiche, tracciato di rotta• accesso al massiccio, avvicinamento al rifugio• caratteristiche dell’itinerario: difficoltà, dislivello, quota, orientamento dei versan-ti, accesso alla parete, ritorno• individuazione zone critiche: tratti esposti alla caduta di pietre e ghiaccio, crepac-ci, seracchi, pendii ripidi da attraversare • carte topografiche 1:25.000, bussola e altimetro - GPS• preparazione del tracciato di rotta (marcia al buio, zona sconosciuta, nebbia)• studio delle possibili varianti e relativo tracciato di rotta• individuazione di itinerari alternativi

3 - INFORMAZIONI SULLA SALITA

In base a: tipo di salita (ghiaccio, misto); difficoltà, caratteristiche; modalità delpernottamento (rifugio, bivacco, tendina, a cielo aperto) si scelgono:• equipaggiamento e viveri• attrezzatura alpinistica individuale• equipaggiamento ed attrezzatura collettiva• materiale di pronto soccorso

4 - EQUIPAGGIAMENTO E ATTREZZATURA

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Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

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La salita e in particolarela permanenza a quoteelevate senza adeguataacclimatazione possonofavorire la comparsa delmal di montagna.

Il mal di montagna col-pisce a 3500 m il 30 %delle persone mentre a4500 m ne coinvolge il50 %; i sintomi lievi simanifestano con inappe-tenza, nausea, mal ditesta, stanchezza eccessi-va e insonnia.

abituato all’ambiente di montagna con tutte levariabili che questo presenta. Bisogna allenarsiall’alta montagna effettuando uscite con dislivel-li crescenti e andando a toccare quote progressi-vamente più elevate.

Mancanza di acclimatazione e il maldi montagnaLa riduzione della quantità di ossigeno disponi-bile diventa evidente sopra i 3000 m e obbligal’organismo ad attivare dei meccanismi di com-penso per affrontare la nuova situazione (accli-matazione). La salita e in particolare la permanenza a quoteelevate senza adeguata acclimatazione possonofavorire la comparsa del mal di montagna; esso simanifesta dopo qualche ora di permanenza inalta quota e la probabilità che compaia è mag-giore se si trascorre la notte in alta quota.Il mal di montagna colpisce a 3500 m il 30 %delle persone mentre a 4500 m ne coinvolge il 50%; i sintomi lievi si manifestano con inappeten-za, nausea, mal di testa, stanchezza eccessiva einsonnia. In presenza di questi “segnali” convie-ne scendere di quota, soprattutto se si è pro-grammato di trascorrere la notte più in alto. Èopportuno bere molti liquidi, non assumere son-niferi e non bere alcool: ambedue le sostanzefavoriscono la comparsa del mal di montagna. Leforme cliniche più gravi sono l’edema polmona-re e l’edema cerebrale, che possono portare ancheal coma. È importante sapere che l’allenamen-to effettuato in bassa quota non previene ilmal di montagna e che una salita troppo rapi-da, soprattutto se si trascorre la notte in altaquota, ci espone maggiormente alla sua com-

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Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

parsa. Se si prevede di trascorrere la notte sopra i3000 m, l’avvicinamento deve essere fatto il piùpossibile a piedi. Nel caso si usino impianti dirisalita, è opportuno non partire direttamentedalla pianura ma programmare una notte a quotaintermedia.

Formazione della cordataTra coloro che partono per una ascensione devesussistere una simpatia spontanea e reciprocache farà della salita una avventura tra amici.Prima di affrontare percorsi lunghi e di uncerto impegno con una persona che si conoscepoco è bene capire il suo livello di abilità suivari tipi di terreno effettuando salite di livellodi difficoltà inferiore; a questo proposito vafatto notare che su itinerari di ghiaccio e misto,caratterizzati spesso da tratti in conserva, vienerichiesta poca differenza di capacità tra il primodi cordata e il secondo. Vanno valutate le cono-scenze tecniche in termini di assicurazioni,manovre di corda e di autosoccorso e l’espe-rienza in ambiente. Attraverso salite che via viapossono diventare più impegnative si ha la pos-sibilità di accertare le qualità psicologiche chela cordata è in grado di esprimere: la lucidità etenuta nei confronti degli imprevisti (errori dipercorso, brutto tempo, bivacco di fortuna, ..).Un altro elemento importante da considerare èil modo di vivere del compagno di cordata inrifugio, in tenda, durante i pasti, il quale nondeve essere fonte d’irritazione; gli alpinisti chesi sono legati in cordata per molto tempo nonsono solo diventati amici ma hanno consolida-to reciprocamente rispetto, solidarietà e stima.

Prima di affrontare per-corsi lunghi e di uncerto impegno con unapersona che si conoscepoco è bene capire il suolivello di abilità sui varitipi di terreno effettuan-do salite di livello di dif-ficoltà inferiore.

C14-30 Percorso di cresta in quota

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Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

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Il livello tecnico nonindica solamente lacapacità di superare uncerto grado di difficoltàma include la conoscen-za dei vari terreni, l’abi-tudine all’alta monta-gna, la capacità di potertornare da metà stradaanche con il cattivotempo.

Sul piano tecnico rimaneessenziale la condizioneche in ogni ascensionenon bisogna mai essereal limite delle propriepossibilità, cioè bisognaavere sempre un marginedi sicurezza che con l’e-sperienza si sarà in gradodi valutare con maggiorprecisione.

Stima non corretta delle difficoltà inrapporto alla propria esperienzaCome già detto è importante saper giudicarecon modestia il proprio livello tecnico ed evita-re l’eccessiva fiducia in se stessi.Il livello tecnico non indica solamente la capa-cità di superare un certo grado di difficoltà mainclude la conoscenza dei vari terreni, l’abitudi-ne all’alta montagna, la capacità di poter torna-re da metà strada anche con il cattivo tempo.Per una ascensione di neve o ghiaccio l’inclina-zione è meno importante della qualità del ter-reno: ad esempio un pendio di 50° di inclina-zione ricoperto da neve in cui si entra con tuttolo scarpone è più facile di un pendio di 40° dighiaccio vivo. Sul piano tecnico rimane essen-ziale la condizione che in ogni ascensione nonbisogna mai essere al limite delle proprie possi-bilità, cioè bisogna avere sempre un margine disicurezza che con l’esperienza si sarà in grado divalutare con maggior precisione. Ad esempio,gli orari indicati nelle guide classiche ed affida-bili sono giusti e quindi costituiscono un preci-so riferimento: se ad esempio per fare una sali-ta di quattro ore se ne impiegano sette perchési è progredito con lentezza a causa della fatica,si ha avuto difficoltà ad individuare l’itinerario,si è dedicato diverso tempo nelle manovre dicorda, significa che la salita intrapresa era dilivello troppo elevato e ciò deve far riflettere.Ogni salita acquista anche il valore di un test.Naturalmente l’ascensione non è una gara acronometro, ma al contrario è una espressionedi piacere, di contemplazione e di libertà; tut-tavia l’alpinista deve stare al gioco con onestàsoprattutto per se stesso.

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Condizioni della montagnaLa scelta di una ascensione è sicuramente legataalle motivazioni e ai gusti degli alpinisti come labellezza di un certo gruppo montuoso e il tipodi terreno. Tuttavia nella scelta delle salite sughiaccio e misto sta assumendo sempre piùimportanza il problema della temperatura.Come è già stato illustrato nella sezione “perico-li oggettivi”, a partire dall’inizio degli anninovanta il progressivo riscaldamento dell’atmo-sfera ha fatto registrare durante i mesi estivi valo-ri di temperatura molto elevati che hanno acce-lerato l’arretramento dei ghiacciai e innalzato illivello altimetrico del permafrost.Quando in estate la quota dello zero termicosupera i 4000 m o addirittura i 4500 m e talesituazione si mantiene per vari giorni, tutta lasuperficie ghiacciata e nevosa si rammollisce e siscioglie. Le pietre, i massi e i blocchi di ghiaccionon sono più cementati dal collante che daghiaccio si sta trasformando in acqua; a maggiorragione, se viene a mancare il raffreddamentonotturno a causa della nuvolosità e della foschiadobbiamo aspettarci, oltre ad una instabilitàdella neve ancora non assestata, soprattutto unaumento delle scariche di pietre e di ghiaccio.A causa di ciò diverse pareti nord che 10-15 annifa erano percorse regolarmente nei mesi di luglioe agosto, durante le attuali estati secche e caldenon sempre garantiscono un buon margine disicurezza dalla caduta di pietre e ghiaccio. A causa dell’aumento dei pericoli oggettivi c’è latendenza di salire le pareti di ghiaccio nel perio-do primaverile fino ai primi giorni di luglio e nelperiodo autunnale dopo la caduta della primaneve. Inoltre, grazie a nuovi materiali e alle

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

ghiaccio

sassi

0° a 4500 m

C14-31 Conseguenze del gran caldo

C14-32 Presanella parete nord

neve

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accresciute capacità tecniche, alpinisti partico-larmente appassionati si sono dedicati ad ascen-sioni su ghiaccio lungo gole incassate tra paretidi roccia (le cosiddette goulotte) e ripidi canalighiacciati, che richiedono per la loro effettuazio-ne ghiaccio compatto e basse temperature; talisituazioni si trovano spesso solo in inverno ecomunque fuori dalla normale stagione estiva,altrimenti queste salite sarebbero molto perico-lose per la caduta di sassi o addirittura nonpotrebbero essere nemmeno realizzate per man-canza di ghiaccio.Questa scelta, se da un lato ha ridotto il pericolodella caduta di sassi e di ghiaccio, ha tuttaviaamplificato altri pericoli: maggiori probabilità dicaduta di valanghe e condizioni generali dell’a-scensione più impegnative (giornate più corte,basse temperature, difficoltà di battere pista insalita e in discesa). Vogliamo porre l’accento sul problema dellevalanghe, perché si è notato un aumento degliincidenti accaduti ad alpinisti che rientravanodopo aver effettuato una salita su ghiaccio.Infatti proprio nella stagione primaverile edautunnale si devono adottare misure precauzio-nali maggiori in quanto le basse temperature e ilminor irraggiamento solare non favoriscono, perun periodo più prolungato, il consolidamentodel manto nevoso. Con la conseguente perma-nenza di accumuli da vento e scarso legame tragli strati.Pertanto a chi si impegna su salite di neve eghiaccio che si sviluppano sopra i 3000 m diquota nei mesi primaverili e in autunno si con-siglia di:1. consultare con regolarità il bollettino nivo-

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

A causa dell’aumento deipericoli oggettivi c’è latendenza di salire lepareti di ghiaccio nelperiodo primaverile finoai primi giorni di luglioe nel periodo autunnaledopo la caduta dellaprima neve.

C14-33 Elicottero di soccorso

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meteo 2. controllare che la quota dello zero termicopermanga sotto i 3000 m3. attendere 15 giorni di bel tempo prima diaffrontare la salita4. assumere tutte le informazioni possibili sullafattibilità dell’itinerario5. portare con sé A.R.VA. e pala da neveL’alpinista che intende svolgere attività sughiaccio nel periodo tipicamente estivo devescegliere con grande oculatezza l’itinerariooppure orientarsi alle salite di misto su cresta,facendo comunque particolare attenzione,nella fase di avvicinamento, alle zone che pos-sono potenzialmente scaricare. Si consigliano i seguenti comportamenti:1. consultare con regolarità il bollettino meteo 2. se la quota dello zero termico permane perdiversi giorni intorno ai 4500 m rinunciare allasalita su ghiaccio3. se c’è stato un periodo prolungato con quotazero termico costantemente su valori di 4000-4500 m e poi si è verificato un brusco abbassa-mento di temperatura non è bene affrontaresubito la salita; conviene aspettare 2-3 giorni atemperature più basse per dar tempo allo stratodi neve-ghiaccio presente sotto la superficie diraffreddarsi 4. se la quota dello zero termico resta sotto i3500 m per qualche giorno e in precedenza si èverificato un periodo di tempo perturbato, biso-gna attendere almeno 2-3 giorni di bel tempo,con il permanere di temperature non elevate,prima di affrontare la salita5. nel caso si decida di effettuare la salita assu-mere tutte le informazioni possibili sulla fattibi-lità dell’itinerario.

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

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Il bollettino meteorologicoL’ascolto del bollettino nivo-meteo è una opera-zione essenziale per la pianificazione della gita.Nel caso di incidente, il mancato ascolto del bol-lettino viene considerato in giurisprudenza comeun atto di negligenza. Oggi si può accedere adinformazioni meteo-nivo tramite:• internet, mediante personal computer• telefono, chiamando la segreteria telefonica deiservizi valanghe (annotare il messaggio)• self-fax dei servizi valanghe• la radio, televisione e i giornali.Sull’arco alpino italiano operano 7 servizi di pre-visione delle condizioni meteo e del pericolo divalanghe che dipendono, amministrativamente,dalle Regioni e Province Autonome nelle qualiricade il territorio di pertinenza: RegionePiemonte, Regione Autonoma Valle d’Aosta,Regione Lombardia, Provincia Autonoma diTrento, Provincia Autonoma di Bolzano,Regione del Veneto, Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia. Sulla dorsale appenninica, operainvece il Corpo Forestale dello Stato, che in col-laborazione con il Servizio METEOMONT,diffonde bollettini nivo meteorologici.Informazioni essenziali da ricavare dal bollettinometeo:• possibilità o meno di precipitazioni (nevose e/opiovose) e visibilità• quota dello zero termico e andamento dellatemperatura• presenza o meno di venti, loro intensità e dire-zione• previsioni a breve e medio termine.

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Variazioni della temperatura La radiazione solare attraversa i gas che com-pongono l’atmosfera e riscalda la superficie ter-restre; tuttavia questi gas non sottraggono ener-gia, per cui l’aria non si riscalda. La superficieterrestre a sua volta fornisce calore per condu-zione allo strato d’aria a diretto contatto; ilriscaldamento prosegue poi per convenzioneverso l’alto in misura progressivamente minore(a parte il caso di inversione termica). Ad unaumento della quota di 1000 m corrispondein atmosfera media una diminuzione ditemperatura di circa 6,5 °C; in atmosferasecca il calo è invece di circa 10 °C/1000 m.La temperatura dell’aria in prossimità del terre-no dipende fortemente dalla radiazione emessa

dal terreno stesso; è in pratica il suolo cheriscalda e raffredda l’aria. Pertanto la temperatura a livello del suolo pre-senta un andamento giornaliero, con valorimassimi durante le prime ore pomeridiane evalori minimi durante la notte, in particolarepoco prima dell’alba. In caso di cielo copertol’escursione termica è limitata sia per la scarsainsolazione durante il giorno, sia per la presen-

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

La temperatura a livellodel suolo presenta unandamento giornaliero,con valori massimidurante le prime orepomeridiane e valoriminimi durante la notte,in particolare pocoprima dell’alba.

C14-34 Andamento temperatura

cielo sereno

cielo coperto

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za di nubi durante la notte che impedisconoalla terra di irraggiare energia verso lo spazio.Nelle regioni alpine l’insolazione diurna ingennaio è circa il 10% di quella del mese diluglio. Inoltre è importante ricordare che anchel’esposizione del versante della montagnadetermina al suolo differenti temperature: iversanti esposti a sud ricevono circa 4 volte l’in-solazione dei versanti esposti a nord, mentrequelli rivolti a est ed ovest circa la metà. Alla medesima quota si verifica quindi unaescursione termica che in montagna può arri-vare ad alcune decine di gradi. Nel caso in cuiil suolo sia coperto da neve si osserva, soprat-tutto con tempo buono e secco, un aumentodella perdita di energia durante le ore notturne:la temperatura superficiale della neve misuratala mattina può risultare anche di una decina digradi inferiore a quella dell’aria misurata a 2metri di altezza dal suolo.

Lo zero termicoPer zero termico si intende la quota alla qualel’aria si trova ad una temperatura di 0°C, nellalibera atmosfera, lontano dall’influenza del ter-reno. In montagna a questo dato sono da colle-gare la quota delle nevicate, il tipo di precipita-zione e le condizioni generali di temperatura diuna certa zona. Se la quota dello zero termico èstabile significa che la situazione meteorologicanon è in evoluzione.Alla quota dello zero termico durante unanotte serena la temperatura della neve puòessere inferiore anche di 10°C rispetto aquella dell’aria, cioè rispetto allo zero termi-co; in altre parole la quota a cui gela la neve

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

Nelle regioni alpine l’in-solazione diurna in gen-naio è circa il 10% diquella del mese di luglio

In montagna allo zerotermico sono da collega-re la quota delle nevica-te, il tipo di precipitazio-ne e le condizioni gene-rali di temperatura diuna certa zona.

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582Variazioni della pressionePer pressione atmosferica si intende il pesodella colonna d’aria sopra un’unità di superfi-cie. Per la pressione si adotta come unità dimisura il Pascal; comunemente viene utiliz-zato l’ettopascal (hPa) che vale 100 volte unPascal. L’ettopascal a sua volta corrisponde a1 millibar.

1 bar =105Pa; 1mbar=10 –3 bar=1 hPa;1 atm =1013 hPaLa pressione atmosferica media al livello delmare è di 1013,25 hPa.

La pressione diminuisce con l’aumentaredella quota in modo non proporzionale: ilcalo è in media di 9 hPa ogni 100 metri dialtezza. Più precisamente la diminuzione è di

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

sarà inferiore allo zero termico. Durante ilgiorno, soprattutto con forte insolazione e scar-sa nuvolosità, si potrà invece misurare al suolo,alla quota dello zero termico, una temperaturadell’aria superiore a 0°C.

C14-35 Pressione e quota

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11 hPa ogni 100 m negli strati vicini al suolo,di circa 8 hPa ogni 100 m fino a 3000 metri edi 5 hPa ogni 100 m a 10.000 metri di altezza.A parità di quota la pressione cambia a secon-da che arrivi una depressione (ciclone) oppureun anticiclone. Nelle depressioni si verifica unmoto di aria ascendente che contribuisce a for-mare zone di bassa pressione al suolo allegge-rendo l’aria: la forza che determina l’ascensionesi sottrae alla forza peso dell’aria stessa.Quando nel corso di una giornata estiva lapressione subisce un brusco calo è probabilel’arrivo di un fronte freddo temporalesco.L’altimetro, che a parità di quota indica unaumento di 100 m, segnala l’arrivo di un peg-gioramento.

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

Nelle depressioni si veri-fica un moto di ariaascendente che contri-buisce a formare zone dibassa pressione al suoloalleggerendo l’aria: laforza che determina l’a-scensione si sottrae allaforza peso dell’aria stes-sa.

Il bollettino valanghe e scala del pericoloInformazioni essenziali da ricavare dal bollettinovalanghe:• caratteristiche del manto nevoso, grado di peri-colo • individuazione dei pendii più critici e di quellipiù sicuri• tendenza prevista.

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Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

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La scala europea del pericolo di valangheValida in: Austria, Francia, Germania, Italia, Scozia, Spagna e Svizzera.

SCALA DEL PERICOLO

STABILITÀ DELMANTO NEVOSO

PROBABILITÀ DI DISTACCO DI VALANGHE

1 Debole Il manto nevoso è in genera-le ben consolidato e stabile.

Il distacco è generalmente possibile solo conun forte sovraccarico su pochissimi pendiiripidi estremi. Sono possibili solo piccolevalanghe spontanee (cosiddetti scaricamenti).

2 Moderato Il manto nevoso è moderata-mente consolidato su alcunipendii ripidi, per il resto èben consolidato.

Il distacco è possibile soprattutto con unforte sovraccarico sui pendii ripidi indicati.Non sono da aspettarsi grandi valanghe spon-tanee.

3 Marcato Il manto nevoso presenta unconsolidamento da modera-to a debole su molti pendiiripidi.

Il distacco è possibile con un debole sovrac-carico soprattutto sui pendii ripidi indicati.In alcune situazioni sono possibili valanghespontanee di media grandezza, e in singolicasi, anche grandi valanghe.

4 Forte Il manto nevoso è debol-mente consolidato sullamaggior parte dei pendiiripidi.

Il distacco è probabile già con un debolesovraccarico su molti pendii ripidi. In alcu-ne situazioni sono da aspettarsi molte valan-ghe spontanee di media grandezza, e talvolta,anche grandi valanghe.

5 Molto forte Il manto nevoso è in genera-le debolmente consolidato eper lo più instabile.

Sono da aspettarsi numerose grandi valanghespontanee, anche su terreno moderatamenteripido.

C14-36 Scala del pericolo di valanghe

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Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

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C14-37 Scala del pericolo per utenti

SCALA DEL PERICOLO

INDICAZIONI PER SCIALPINISTI ESCURSIO-NISTI E SCIATORIFUORI PISTA (adottate anche in Austria)

INDICAZIONI PER VIE DI COMU-NICAZIONE, PISTEDA SCI E IMPIANTIDI RISALITA

INDICAZIO-NI PER CEN-TRI ABITATI

1 Debole Condizioni generalmente sicu-re per gite sciistiche.

2 Moderato Condizioni favorevoli maoccorre considerare adeguata-mente locali zone.

3 Marcato Le possibilità per gite sciistichesono limitate ed è richiesta unabuona capacità di valutazionelocale.

È consigliabile adottaremisure di sicurezza neiluoghi esposti.

4 Forte Le possibilità per gite sciistichesono fortemente limitate ed èrichiesta una grande capacità divalutazione locale.

È raccomandabile la chiu-sura di vie di comunica-zione, piste da sci eimpianti di risalita interes-sati dai percorsi abitualidelle valanghe.

È raccomandabi-le adottare misu-re di sicurezza neicentri abitati piùesposti.

5 Molto forte Le gite sciistiche non sonogeneralmente possibili.

Può essere necessaria lachiusura di vie di comuni-cazione, piste da sci eimpianti di risalita, ancheal di fuori dei percorsi abi-tuali delle valanghe.

Può essere neces-saria l’evacuazio-ne degli edificiesposti.

Indicazioni per gli utentiAdottate sulle Alpi Italiane (Regioni e Provincie Autonome associate AINEVA)

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Descrizione della scala del pericoloIl bollettino valanghe regionale è uno strumen-to che fornisce un aiuto per le decisioni relati-ve alla scelta della meta.I principi sui quali si basa la scala sono iseguenti:• un unico aggettivo riassume tutte le partico-larità del grado (debole, moderato, marcato,forte, molto forte)• la scala è crescente, infatti i vari gradi e i cor-rispondenti aggettivi rappresentano, da 1 a 5,situazioni crescenti di pericolo• la scala non è lineare, infatti il grado 3, che èil grado mediano della scala, non rappresenta ilpericolo medio, bensì una situazione che giàrichiede una particolare e attenta valutazionesulla scelta dell’itinerario• la gradazione della scala è basata sull'aumen-to dell'estensione delle aree di debolezza delmanto nevoso all'aumentare del pericolo• la probabilità di distacco di valanghe puòessere aumentata in modo considerevole da unsovraccarico esterno; minore è il grado di con-solidamento del manto nevoso, tanto più pic-colo è il sovraccarico sufficiente per produrreun distacco.

Ecco di seguito alcune definizioni importantiper una corretta interpretazione della scala:

Dimensione delle valangaScivolamento o scaricamento: valanga di nevea debole coesione, relativamente poco pericolosaper le persone, con lunghezza minore di 50 m.Valanga piccola: valanga che può seppellire,ferire o provocare la morte di una persona; si

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Alpinismo su ghiaccio e misto

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ferma su un pendio ripido, e presenta lunghez-za minore di 100 m.Valanga media: valanga che può seppellire edistruggere un’automobile, danneggiare uncamion, distruggere una piccola casa o piegarealcuni alberi; raggiunge il fondo del pendio, epresenta una lunghezza minore di 1000 m.Valanga grande: valanga che può seppellire edistruggere il vagone di un treno, un automez-zo di grandi dimensioni, vari edifici o una partedi un bosco; presenta una lunghezza superiorea 1000 m, percorre i terreni a ridotta inclina-zione (nettamente inferiori a 30°) per unadistanza superiore a 50 m, e può raggiungere ilfondovalle.

Stabilità del manto nevoso Nella scala di pericolo, per descrivere il gradodi stabilità viene utilizzata una "scala del con-solidamento" del manto nevoso, con le seguen-ti definizioni:• ben consolidato• moderatamente consolidato• da moderatamente a debolmente consolidato• debolmente consolidato

Inclinazione dei pendiiIl pericolo valanghe non è presente indistinta-mente su tutto il territorio ma si concentra suipendii aventi una pendenza compresa tra i 30°e i 45°; viene perciò introdotto il concetto diinclinazione di un pendio e si utilizzano comeriferimento i seguenti termini:pendio poco ripido: meno di 30°pendio ripido: da 30° a 35°pendio molto ripido: da 35° a 40°pendio estremamente ripido: più di 40°

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

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Tipo di distaccodistacco spontaneo: distacco che avviene senzal'intervento dell'uomo (da cui si originano levalanghe spontanee)distacco provocato: distacco che avviene acausa di un intervento dell'uomo che aumentale tensioni nel manto nevoso (peso proprio,esplosione ecc.).

Sovraccarico di un pendioPer sovraccarico si intende la sollecitazione (altaglio) prodotta sul pendio da escursionisti o dasciatori.• sovraccarico forte: gruppo compatto di scia-tori o alpinisti senza sci, mezzo battipista, usodi esplosivo• sovraccarico debole: singolo sciatore, escur-sionista senza sci (da 1 a 4 volte il sovraccaricoprodotto da un singolo sciatore).

Considerazioni sull’esposizione deiversantiDal bollettino nivo-meteo è importante capirequali sono i versanti più sicuri. Dal punto divista generale, anche se è difficile fare esempli-ficazioni, nella parte iniziale e centrale dell’in-verno saranno più sicuri i versanti esposti a sude sud-ovest, che ricevono una maggiore quan-tità di radiazione solare, piuttosto che quelliesposti ai quadranti settentrionali, dove è piùfacile trovare strati interni deboli di brina difondo; numerosi incidenti, provocati da escur-sionisti, sin sono verificati su pendii ripidi nelsettore orientato da NE a NO. Nel periodoprimaverile occorre fare attenzione ai pendiisoleggiati a partire dalla tarda mattinata, inquanto i processi di fusione portano rapida-

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Informazioni complementariLa raccolta delle informazioni deve essere svol-ta per più giorni consecutivi, perché la stabilitàdei pendii cambia con rapidità (nevicate, piog-gia, azione del vento, bruschi aumenti di tem-peratura, ecc.) e soprattutto per conoscere l’e-voluzione che ha subito il terreno.È opportuno integrare le informazioni attintedai bollettini nivometeorologici con notiziedirette provenienti da persone qualificate resi-denti in luogo.Le informazioni attendibili pro-vengono in genere da coloro che, oltre ad abi-tare in zona, effettuano salite o per esperienzapersonale conoscono gli itinerari della regione:• gestori di rifugi• guide alpine locali, uffici guide, istruttori delC.A.I. locali• persone esperte e fidate.Per una corretta scelta della gita sarebbe oppor-tuno:

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mente a forti condizioni di instabilità anche setemporanee.

Utilità e limiti della previsionevalanghe regionaleIl bollettino valanghe deve essere inteso comeuno degli strumenti che forniscono un aiutoper le decisioni, infatti non è sufficiente basar-si sulle sole informazioni contenute nei bollet-tini, ma è necessario correlare il pericolo con lasituazione locale, che può essere anche diversa. Non basta quindi acquisire le informazioni, ènecessario interpretarle correttamente, metterlein relazione con le condizioni locali e compor-tarsi di conseguenza.

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

È opportuno integrare leinformazioni attinte daibollettini nivometeoro-logici con notizie diretteprovenienti da personequalificate residenti inluogo.

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1) valutare con attenzione se l’escursione pro-grammata è sicura2) se l’area inizialmente scelta presenta unasituazione meteo-nivologica non favorevoleoppure un livello eccessivo di pericoli oggettivi,orientarsi verso un’altra regione, e quindi, assu-mendo le adeguate informazioni, individuare lazona che presenta le migliori condizioni di fat-tibilità3) tra i vari itinerari preferire il percorso cherappresenti un buon compromesso tra le pro-prie aspettative e il livello di sicurezza.

Preparazione e condotta della salita

Guide alpinistiche e classificazionedelle difficoltàLa scelta dell’ascensione più adatta alle condi-zioni degli alpinisti e alle condizioni della mon-tagna si basa anche molto sulla consultazionedi guide, testi, o riviste di settore che forniran-no indicazioni dettagliate riguardo la marcia diavvicinamento, le difficoltà, il dislivello, laquota, l’orientamento, il ritorno, i tempi dipercorrenza medi, l’esistenza di eventuali rifugio punti di appoggio.

C14-39 Morfologia 2

spigolo couloircolle

cresta

limitenerviperenni

lingua delghiacciaio

speronepilastro

goulotte

crepaccia terminale

C14-38 Morfologia 1

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Classificazione delle difficoltà alpi-nisticheTutte le valutazioni fanno riferimento allamontagna in buone condizioni e con tempofavorevole; esse valgono per alpinisti preparatifisicamente e psicologicamente per il livello didifficoltà prescelto. Le difficoltà sono espressecon quattro tipi di indicazioni: 1- difficoltà suroccia, 2- caratteristiche della via, 3- valutazio-ne d’insieme, 4- difficoltà su neve e ghiaccio.1- Difficoltà su roccia Le difficoltà considerate in arrampicata libera siintendono superate senza impiegare i mezzi diassicurazione intermedi per la progressione oper il riposo. Molte guide per la valutazione dei passaggifanno riferimento alla scala U.I.A.A. che utiliz-za numeri romani; è tuttavia assai diffuso anchel’impiego della scala francese che adotta nume-ri arabi. Vengono descritti i gradi della scala

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

2

cresta

morena

ghiacciaio pensile

seraccata

crepacci parete

pinnacolo o gendarme

massi erratici

Nelle foto sono evidenziate le principali morfo-logie della montagna.

C14-40 Morfologia 3

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U.I.A.A. e a fianco si riporta una tabella com-parativa tra scala U.I.A.A. e scala francese. Ogni grado U.I.A.A. può avere una ulterioresuddivisione di inferiore (-) o superiore (+).

2- Caratteristiche della viaLa guida fornisce precisazioni sulla lunghezza,intesa come dislivello delle pareti misuratodalla crepaccia terminale o dall’attacco finoall’uscita o alla cima; oppure considerata comesviluppo per certe creste o per salite dallo svol-gimento non lineare.Vengono date precisazioni sulla continuità

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

I. primo grado. È la forma più semplice dell'arrampicata, bisogna giàscegliere l'appoggio per i piedi; le mani utilizzano frequentemente gliappigli per mantenere l'equilibrio. Non è adatto a chi soffre di vertigini.

II. secondo grado. Qui inizia l'arrampicata vera e propria, che richie-de lo spostamento di un arto per volta e una corretta impostazione deimovimenti. Appigli e appoggi sono ancora abbondanti.

III. terzo grado. La struttura rocciosa, già più ripida o addiritturaverticale, offre appigli e appoggi più rari e può già richiedere l'usodella forza. Di solito i passaggi non si risolvono ancora in manieraobbligata.

IV. quarto grado. Appigli e appoggi divengono ancora più rari e/o esi-gui Richiede una buona tecnica di arrampicata applicata alle variestrutture rocciose (camini, fessure, spigoli, ecc.), come pure un certogrado di allenamento specifico.

V. quinto grado. Appigli e appoggi sono decisamente rari e esigui.L'arrampicata diviene delicata (placche, ecc.) o faticosa (per l'opposi-zione o incastro in fessure e camini). Richiede normalmente l'esamepreventivo del passaggio.

VI. sesto grado. Appigli e/o appoggi sono esigui e disposti in mododa richiedere una combinazione particolare di movimenti ben studia-ti. La struttura rocciosa può costringere a un'arrampicata delicatissi-ma, oppure decisamente faticosa dov'è strapiombante. Necessita unallenamento speciale e forza notevole nelle braccia e nelle mani.

VII. settimo grado. Sono presenti appigli e/o appoggi minimi emolto distanziati. Richiede un allenamento sofisticato con partico-lare sviluppo della forza delle dita, delle doti di equilibrio e delletecniche di aderenza.

C14-41 scale U.I.A.A. e Francese

U.I.A.A. F

I

II

III

IV

V-

V

V+

VI-

VI

VI+

VII-

VII

VII+

VIII-

VIII

VIII+

IX-

IX

IX+

X-

X

X+

1

2

3

4

5a

5b

5c

6a

6a+

6b

6b+

6c6c+7a7a+7b7b+

7c7c+

8a

8a+

8b8b+8c

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delle difficoltà, qualità della roccia, stato dellachiodatura, pericoli oggettivi, possibilità diripiegare o di deviare dalla via , ecc.

3- Valutazione d’insieme Si tratta di una valutazione complessiva, sia dellivello tecnico che dell’impegno globale, anchepsichico, richiesto da una ascensione, che tieneconto delle difficoltà e delle caratteristiche(senza esserne né la somma né la media). Siconsiderano l’isolamento, la variabilità di con-dizioni del terreno, la difficoltà di una ritirata,ecc. Viene espressa mediante le sette sigleseguenti che possono essere completate con un(+) o un (–) per fornire una maggiore defini-zione :F = facilePD= poco difficileAD= abbastanza difficileD = difficileTD = molto difficile ED= estremamente difficileEX = eccezionalmente difficile

4- Difficoltà su neve e ghiaccioPer questo genere di ascensioni si consideranole condizioni mediamente buone (non ottime)della montagna. Per analogia con la valutazio-ne d’insieme delle salite su roccia, pur tenendoconto della variabilità degli elementi, si usanole stesse sigle (F, PD, AD, D, TD, ED, EX) evengono fornite le inclinazioni dei pendii

Scala canadeseAlla fine degli anni ’80, con l’avvento delle salitesu cascate, è stata introdotta un’altra scala, chia-

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

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Tracciato di rottaÈ sempre utile preparare preventivamente latabella di marcia con il tracciato di rotta: nonsolo per itinerari complicati e percorsi su ghiac-ciaio, ma anche per tragitti meno impegnativi.

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mata canadese, che divide la difficoltà tecnica daquella di ambiente. Essa è composta da duenumeri: il primo romano, indicante la difficoltàglobale (approccio, pericoli oggettivi, discesa,isolamento dall’esterno, ecc.) ed il secondo araboche dà l’indicazione della lunghezza o del trattopiù difficile. Ciascun numero può esprimeresette gradi. Possiamo quindi avere vie moltocomode e sicure, quindi con un numero romanobasso, ma tecnicamente difficili, quindi con unnumero arabo alto e viceversa.

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

Studio dell'itinerario con la cartatopografica e preparazione del trac-ciato di rotta

Carte topografiche L'itinerario della gita viene studiato nei parti-colari consultando guide alpinistiche e cartetopografiche che riportano i percorsi e i sentie-ri alpinistici. Una buona lettura consente diindividuare la conformazione generale del ter-reno, l’esposizione dei versanti che saranno per-corsi in salita e discesa, eventuali rifugi, puntidi riferimento significativi. Si traccia sulla cartal'itinerario più sicuro in funzione delle condi-zioni della montagna evidenziando aree crepac-ciate, zone soggette a scariche di sassi, eventua-le pericolo di valanghe da pendii ripidi, ecc.

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Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

Punti significativi

Quota

LOCAL. 1QUOTA

1

LOCAL. 2QUOTA

2

LOCAL. 3QUOTA

3

LOCAL. 4QUOTA

4

LOCAL. 5QUOTA

5

Dislivello Distanza Azimutdi marcia

Azimutdi ritorno

NoteTempo

C14-42 Tracciato di rotta

Si possono infatti ridurre i problemi di orienta-mento durante la marcia effettuata nelle orenotturne o nel caso si manifestino situazioni discarsa visibilità.

C14-44 Percorso tra i crepacci

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Si consiglia vivamente di dedicarsi con costan-za a questa prassi; oltre ad interpretare più facil-mente i riferimenti topografici ed acquistaremaggiore familiarità con la strumentazione, siotterrà il grande vantaggio, quando serve, diessere tempestivi nelle decisioni e soprattuttodi non sbagliare la direzione di marcia. Si trat-ta di un metodo notevole per aumentare lacapacità di osservazione dell’ambiente e accre-scere l’autonomia personale. A tale scopo èanche possibile impiegare il GPS.L’inclinazione può essere determinata sullacarta misurando la distanza più piccola tradue curve di livello. Essa deve essere misurataperpendicolarmente alle curve di livello (lungola linea di massima pendenza).

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

Si può effettuare la misura dell’inclinazioneanche tramite un regolo di plastica trasparente:per ricavare la pendenza bisogna far coinciderela distanza fra le curve di livello con quella dellelinee del regolo.Si riporta a titolo di promemoria la sequenza dioperazioni relative alla realizzazione di un trac-ciato di rotta:a) disporre di carte topografiche in scala1:25.000

Inclinazione mediain gradi

Distanza fra due curve con dislivello di 200 m

e scala 1:25.00027° 16 mm 8 mm

30° 14 mm 7 mm

34° 12 mm 6 mm

39° 10 mm 5 mm

45° 8 mm 4 mm

Distanza fra due curve con dislivello di 200 m

e scala 1:50.000

C14-43 Inclinazione pendio

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Raccolta di informazioni Oltre alle principali fonti di informazioni costi-tuite dalle guide e dalle carte topografiche èbuona cosa chiedere notizie e suggerimenti algestore del rifugio o ad altri alpinisti che hannogià fatto la salita.

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b) dotarsi di goniometro, squadretta, regoloper la misura dell’inclinazione, lente di ingran-dimentoc) disegnare sulla carta l’itinerariod) individuare le zone critiche: pendii ripidi,tratti esposti alla caduta di sassi e ghiaccio, zonecon crepacci o seracchi, versanti con esposizio-ne sfavorevole (bollettino)e) studiare possibili varianti all’itinerario prin-cipale e possibili vie di fugaf ) realizzare il tracciato di rotta dell’itinerarioprincipale utilizzando i punti di riferimentopiù significativi (malghe, rifugi, selle, rocceaffioranti, creste, vette, zone critiche)g) individuare i possibili percorsi alternativih) realizzare il tracciato di rotta dei percorsialternativi.

Nel calcolo del tempo di percorrenza, occorretenere conto del numero dei partecipanti, delleloro capacità e del loro grado di preparazione,delle difficoltà della neve e del terreno. Di normasi può calcolare di superare un dislivello di 300-400 metri all'ora in salita, mentre in falsopiano èpossibile coprire una distanza di 4-5 km all'ora.

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

Nel calcolo del tempo dipercorrenza, occorretenere conto del numerodei partecipanti, delleloro capacità e del lorogrado di preparazione,delle difficoltà della nevee del terreno.

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Studio dell’itinerario di ritornoLe informazioni sull’itinerario di ritorno devo-no essere curate quanto la marcia di avvicina-mento e la relazione di salita. La fatica, la scar-sa visibilità, il ritardo con cui si arriva in vettarendono spesso complicata la ricerca del per-corso di discesa.

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

La partenza dal rifugiodeve avvenire molto pre-sto, quasi sempre dinotte, soprattutto se sitratta di una salita dineve e ghiaccio.

Ora di partenzaIn genere un’ascensione in quota dura duegiorni: l’avvicinamento al rifugio o al bivacco ilprimo giorno e la salita vera e propria il giornosuccessivo. È opportuno arrivare al luogo delpernottamento con un certo anticipo per poterindividuare il percorso che si dovrà compiere albuio o, a volte, per fare una ricognizione delghiacciaio. La partenza dal rifugio deve avvenire moltopresto, quasi sempre di notte, soprattutto se sitratta di una salita di neve e ghiaccio. Si trattadi una condizione assoluta di sicurezza, è infat-ti utile:• per evitare la caduta di pietre; mentre inizial-mente, durante le ore fredde, sono tenute benfissate dalla neve, più tardi, risultano instabili acausa della fusione • per sfruttare la possibilità di salire a piedi suneve dura (soluzione che spesso aumenta lasicurezza e diminuisce la fatica)• per la maggior sicurezza offerta dalla nevenon rammollita dall'innalzamento giornalierodella temperatura sui ponti sopra i crepacci esui pendii ripidi da cui possono staccarsi valan-ghe di neve umida• per disporre del necessario margine di sicu-

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rezza in caso di imprevisti • per evitare il possibile peggioramento meteo-rologico pomeridiano, caratteristico del perio-do primaverile.

Suggerimenti utili:Prima di partire al mattino si consiglia dicontrollare le condizioni del tempo: visibi-lità, presenza di vento, temperatura, cambia-menti della pressione.L’altimetro può anche essere usato come barome-tro ogni volta che ci si sofferma qualche ora inuna località fissa, come per esempio un rifugio.Se rispetto alla sera precedente si leggono sullascala delle variazioni di quota significative (oltre i10-20 m), vuol dire che ci sono delle variazionidi pressione e un probabile cambio del tempo. Vaprecisato che esistono variazioni di modestaentità, poche decine di metri, che non segnalanoun cambiamento del tempo, ma sono dovute alciclo termico diurno, che presenta durante lagiornata un’alternanza di minimi e di massimi dipressione pari a 2-3 hPa.

La regola dell’uso dell’altimetro come barome-tro prevede che:• se l’altitudine aumenta si va verso condizionidi brutto tempo; valori significativi sono 1hPa/ora per almeno un totale nella giornata di10 hPa (passaggio di una perturbazione) • se l’altitudine diminuisce si va verso condi-zioni di bel tempo; una variazione di 2-3 hPanell’arco della giornata è normale.

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

C14-45 Altimetro

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Equipaggiamento e attrezzatura alpi-nisticaPer una panoramica generale sull’equipaggia-mento si rimanda al capitolo 1, mentre per unavalutazione dettagliata dell’attrezzatura alpini-stica bisogna fare riferimento al capitolo 2.I fattori che determinano la scelta dell'equipag-giamento e dell’attrezzatura alpinistica dipen-dono da vari aspetti:• il tipo di equipaggiamento cambia a secondache il pernottamento avvenga presso un rifugiocustodito oppure in un locale non custoditooppure se c’è la necessità di bivaccare con latenda o a cielo aperto• la stagione e la quota• le caratteristiche e la lunghezza della ascen-sione (parete di ghiaccio, percorso misto su cre-sta, attraversamento di ghiacciaio ) influisconosul tipo di attrezzatura alpinistica: uno o dueattrezzi, una corda intera o due mezze corde,viti da ghiaccio, chiodi da roccia, ecc.

In ogni caso, ognuno deve portare il propriozaino con il necessario. Il materiale collettivoviene distribuito fra i partecipanti, tenendoconto della loro forza e capacità.

Alcuni consigli su come fare lo zainoPortando lo zaino lungo un sentiero è oppor-tuno che il centro di gravità del carico sia soprale spalle e vicino all’asse del corpo; viceversaquando si arrampica si cercherà di avere il cen-tro di gravità al centro della schiena e non al disopra delle spalle. È bene sistemare il materialeda bivacco e di riserva sul fondo e gli indu-menti contro la schiena e posizionare i mate-

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Particolari organizzativi per unacomitiva Bisogna prenotare per tempo, se occorre, iposti in rifugio o in albergo. In caso di comiti-ve numerose è necessario tenere un elenco esat-to dei partecipanti e stabilire con chiarezza ilpunto di ritrovo (luogo e ora) per il viaggio diandata e ritorno. Sulla meta, l’itinerario previ-sto e l'ora probabile di ritorno, dovrebberoessere informati, a casa, i familiari e al punto dipartenza il gestore del rifugio o l’albergatore.Capita a volte di partecipare a escursioni orga-nizzate da altri. In questo caso, prima della sali-ta, è bene documentarsi sull'itinerario e sulle

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riali di prima necessità verso l’alto (la cordadentro un sacchetto) e nella patella. Se il casconon si usa esso va collegato alle cinghie inmodo che non dondoli. I ramponi vanno postipunte contro punte, oppure infilati nell’appo-sito contenitore e collocati nella parte superio-re dello zaino.In questo paragrafo si vuole porre l’attenzioneall’utilizzo dell’A.R.VA. (apparecchio per ricer-ca vittime di valanga) e di una pala da neve.Sebbene si tratti di materiali che di consuetu-dine non vengono portati da alpinisti che simuovono d’estate, si consiglia di assumere que-sta buona abitudine soprattutto se si affronta lamontagna nei periodi primaverili ed autunnali.Tali alpinisti si trovano ad operare nelle stes-se condizioni degli sci alpinisti. Si ricordi che per scavare 1 m3 di neve con unapala piccola sono necessari 15 minuti; invece loscavo effettuato con mezzi di fortuna richiedecirca un tempo 5 volte superiore (75 minuti).

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C14-46 A.R.VA.

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sue particolarità, sia per propria soddisfazionepersonale, sia per prepararsi ad affrontare qual-siasi evenienza. Infine sarebbe consigliabileinformarsi sull'equipaggiamento personale e digruppo necessario e sui viveri occorrenti.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

Comportamento nei rifugi e bivacchi I rifugi costituiscono la base preziosa per molteascensioni. Un comportamento corretto ne aiutala conservazione e ne migliora l'utilizzo.Quanto più il rifugio è affollato, tanto più si deveavere rispetto degli altri, dell’ordine e puliziadegli ambienti e delle regole indicate dalla gestio-ne. Se il custode chiede collaborazione, lo si aiutaagevolandolo nel suo lavoro (servire bevande epasti, apparecchiare e riordinare la tavola, ecc.).A tavola si portano solo i viveri che si intendonoconsumare per il pasto.I rifiuti si raccolgono e si gettano negli appositirecipienti o si riportano a valle.I servizi vanno tenuti con scrupolosa pulizia. Si eviti di utilizzare a tal scopo gli spazi e la zonain prossimità del rifugio o del bivacco.È sempre buona norma, prima di coricarsi, pre-parare il materiale per l’ascensione, predisporre ilvestiario e l'occorrente per la prima colazione.Dalle ore 22 alle ore 6 il gestore deve fare osser-vare assoluto silenzio. Resta vietato l’accesso ailocali di riposo calzando scarpe pesanti ed utiliz-zando sistemi di illuminazione e fornelli a fiam-ma libera. Chi entra in rifugio è invitato a firmare il “librodei visitatori”, indicando chiaramente la prove-nienza e la meta successiva; se si compiono ascen-sioni impegnative si è obbligati a darne precisoavviso al gestore mediante opportuna scheda.

C14-47 Rifugio

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Tale comunicazione è indispensabile per even-tuali azioni di ricerca o di soccorso. Anche neirifugi non custoditi, oltre al rispetto delle regoleprecedenti, è doveroso pagare i servizi di cui si èusufruito. Le tariffe sono sempre esposte al pub-blico in apposite tabelle.Prima di lasciare un rifugio, si rimette tutto inperfetto ordine: si ripiegano le coperte, si ripon-gono gli zoccoli da riposo, si puliscono i tavoli. Seil rifugio non è custodito, si scopa il pavimento,si pulisce la cucina, si spegne con cura il fuoco, sichiude eventualmente il gas, si serrano le impo-ste, le finestre, la porta. Il rifugio deve essere lasciato nelle condizioni incui si vorrebbe trovarlo.

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C14-48 Ghiacciaio

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Comportamento di un gruppo Si è osservato che numerosi incidenti sono statiprovocati da errori di comportamento e da deci-sioni frutto di spinte emotive e psicologiche,piuttosto che da una errata valutazione dei peri-coli oggettivi.Riportiamo alcuni comportamenti che si posso-no manifestare durante l’attività alpinistica digruppo.

La riluttanza ai cambiamentiL’uomo è restio a cambiare idea: assunta unadecisione, la porta avanti, anche se ci sono moltisegnali contrari. Una buona contromisura allaostinazione consiste nello studiare anticipata-mente le alternative. Le difficoltà al cambiamen-to si presentano soprattutto in gite di gruppoorganizzate con largo anticipo; spesso capitainfatti che, nonostante le condizioni nivo-meteonon siano favorevoli, l’impegno con il rifugio, ladisponibilità dei partecipanti, il desiderio di ten-tare comunque, inducano ad effettuare ugual-mente l’uscita. Devono invece essere le buonecondizioni del manto nevoso e del tempo a deci-dere lo svolgimento di una gita. Al fine di garan-tire ai partecipanti la maggior sicurezza possibi-le, cambiamenti di itinerario e spostamenti didate devono essere adottati con fermezza, anchese ciò potrà causare problemi organizzativi emalumori tra le persone.

Gruppo numerosoUn piccolo gruppo è più mobile e più rapido. Ilresponsabile di gruppi numerosi a volte tende adassumersi più rischi. Comitive formate da moltiindividui allungano i tempi di percorrenza e in

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C14-49 Gruppo numeroso

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condizioni problematiche rendono più difficileil controllo della disciplina.

Emulazione e competizioneEsempio 1. Se in uno stesso luogo sono presen-ti gruppi diversi possono manifestarsi situazionidi emulazione o di competizione. Il tempo stavolgendo al brutto e la visibilità riducendo: l’o-rientamento del gruppo sarebbe quello scegliereun itinerario più semplice. Tuttavia la presenzadi un altro gruppo che precede induce la sceltadi seguirne le tracce.Esempio 2. A seguito di recenti nevicate si valu-ta poco prudente risalire un canale tecnicamen-te interessante e remunerativo e sarebbe preferi-bile ripiegare su una meta meno impegnativa mapiù sicura. Tuttavia, poiché un altro gruppo inzona ha scelto una escursione ugualmente diffi-cile, si decide di riprendere il percorso inizial-mente abbandonato.

Mentalità sportiva non appropriataalle circostanzeSpesso per ottenere elevate velocità di progres-sione si è portati ad alleggerire il peso dellozaino; si sconsiglia le scelta di ridurre oltremodol’equipaggiamento e l’attrezzatura alpinistica,che potrebbero rivelarsi preziosi ad esempio incaso di maltempo.

Partecipanti poco esperti o princi-piantiÈ importante ricordare che un alpinista princi-piante è impegnato soprattutto a badare a se stes-so; spesso è poco allenato e impegna notevolienergie sia in fase di salita che in fase di discesa.

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C14-50 Salita e maltempo

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Un principiante sarebbe in forte difficoltà abadare ad altri e a maggior ragione a gestire unautosoccorso. È opportuno prevedere un itinera-rio meno impegnativo di riserva, che potrebberivelarsi utile per i meno esperti in caso di peg-gioramento del tempo oppure in seguito a fortiritardi nella tabella di marcia.In modo particolare durante i corsi, la gita deveessere commisurata alle capacità dei partecipan-ti e al livello del corso, cercando sempre di con-servare un buon margine, sia per quanto riguar-da la sicurezza in termini di valanghe, sia perquanto riguarda l’impegno globale richiesto dal-l’escursione. Come è ben noto, la gita è studiataper gli allievi.

Partecipanti con scarso allenamento oin cattive condizioni fisicheUna persona poco allenata rispetto all’impegnorichiesto dall’escursione, oppure in cattive con-dizioni fisiche, procede con lentezza, non osser-va l’ambiente circostante ed è poco reattiva.Soprattutto in primavera, quando la stabilità delmanto nevoso diminuisce con l’irraggiamentosolare, il ritardo provocato dalla lentezza puòcondurre a situazioni assai delicate. Ma anche ininverno, quando l’oscurità cala precocemente,una escursione che si conclude al tramontopotrebbe avere serie conseguenze se ad esempiosi verificasse un incidente in fase di discesa.Si raccomanda quindi di consultare personeesperte circa le caratteristiche della salita e sce-gliere un itinerario che presenti un livello diimpegno inferiore alle proprie condizioni fisiche.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

È opportuno prevedereun itinerario menoimpegnativo di riserva,che potrebbe rivelarsiutile per i meno espertiin caso di peggioramen-to del tempo oppure inseguito a forti ritardinella tabella di marcia.

Una persona poco alle-nata rispetto all’impe-gno richiesto dall’escur-sione, oppure in cattivecondizioni fisiche, pro-cede con lentezza, nonosserva l’ambiente circo-stante ed è poco reattiva.

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Capacità e caratteristiche individuali Si riportano alcune qualità legate al carattere eall’attitudine individuale, che, se presenti, pos-sono essere di grande aiuto in caso di difficoltà:• esperienza alpinistica e competenze tecniche(arrampicare da capocordata, attrezzare passag-gi, effettuare manovre di corda e recuperi dacrepaccio)• preparazione fisica e allenamento• adattamento all’ambiente• forza d’animo e disponibilità ad aiutare insituazioni difficili• autodisciplina e attitudine alla disciplina digruppo• autocritica e maturità di giudizio

Con riferimento alla varietà di situazioni che sipossono presentare durante una escursione,diventa fondamentale la figura dell’istruttoreo del capo gita esperto. Accanto alle caratteri-stiche individuali di cui sopra, si ravvisano, trale prerogative del responsabile del gruppo, altrespecifiche qualità che gli conferiscano autore-volezza e capacita di assumere le decisioni piùcorrette, sia in fase di preparazione che di con-duzione della gita.

Requisiti dell’istruttore e del capogi-ta esperto• Essere aggiornato sulle tecniche della propriadisciplina e sulle misure di sicurezza.• Mantenere una costante attività in montagnae conservare buone condizioni fisiche per evita-re che la fatica pregiudichi le capacità di valu-tazione e per essere in grado di aiutare chi si

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Accanto alle caratteristi-che individuali si ravvi-sano, tra le prerogativedel responsabile delgruppo, altre specifichequalità che gli conferi-scano autorevolezza ecapacita di assumere ledecisioni più corrette, siain fase di preparazioneche di conduzione dellagita.

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trova in difficoltà.• Avere una visione di insieme ed essere tempe-stivi nell’adozione delle misure precauzionali.• Maturare la capacità di prendere la decisionepiù corretta sulla base di informazioni incom-plete e contraddittorie (intuizione).• Sviluppare la capacità di ragionare anchesotto stress ed essere in grado di assumersi laresponsabilità di decidere.• Cercare di esprimersi con chiarezza. Darepoco per scontato. Accrescere la capacità dicomunicare, di scambiare opinioni, di confron-tarsi, di accettare le critiche e riconoscere glierrori.• Ricercare una concordanza di intenti all’in-terno del gruppo, spiegando la situazione emotivando le scelte piuttosto che imporre ledecisioni in modo autoritario e senza giustifi-cazioni.

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LA RESPONSABILITÀ DEL-L’ACCOMPAGNATORE

Il responsabile di un gruppo, oltre a dimostra-re in varie occasioni competenza e buon senso,deve tenere in opportuna considerazione leresponsabilità che vengono attribuite al capocomitiva dall’ordinamento giuridico.L’accompagnatore (istruttore, capo gita, colla-boratori), nello svolgimento della propria atti-vità nell’ambito dell’organizzazione C.A.I., sipone in relazione con altri soggetti, interni odesterni all’organizzazione, che si affidano adessa per svolgere attività alpinistiche (o sportive

C14-51 Cresta di neve

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in genere). Con l’iscrizione ad un corso (o ad una gita) l’al-lievo (o il partecipante) si affida all’organizza-zione C.A.I., che agisce attraverso i propriaccompagnatori, confidando sull’esperienza esugli insegnamenti di questi.Nello svolgimento della propria attività l’ac-compagnatore, oltre a tenere un comporta-mento etico, cioè conforme ai principi che ispi-rano l’attività dell’organizzazione cui appartie-ne (C.A.I.), deve primariamente rispettare ildiritto assoluto di ogni persona a non subirepregiudizio alla propria vita, integrità ed inco-lumità personale.L’organizzazione e l’accompagnatore, cui l’allie-vo del corso o il partecipante alla gita si sonoaffidati, sono perciò chiamati a rispondere(responsabilità) nel caso in cui, nello svolgi-mento della loro attività, si verifichi una lesio-ne del diritto all’integrità fisica dell’accompa-gnato.Ciò avviene, tuttavia, soltanto quando talelesione deriva da un comportamento dell’ac-compagnatore contrario alle regole dell’ordina-mento giuridico (comportamento illecito).Tale responsabilità può venire in rilievo su dueprincipali piani:responsabilità penale, consistente nella viola-zione di una norma penale (reato), che com-porta la irrogazione della sanzione penale(reclusione, arresto, multa o ammenda). Laresponsabilità penale è strettamente personale,cioè ascrivibile unicamente alla persona fisicache ha tenuto il comportamento illecito causa-tivo della lesione (esempio: Art. 590 C.P.

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Nello svolgimento dellapropria attività l’accom-pagnatore, oltre a tenereun comportamentoetico, deve primariamen-te rispettare il dirittoassoluto di ogni personaa non subire pregiudizioalla propria vita, inte-grità ed incolumità per-sonale.

Responsabilità penale,consistente nella viola-zione di una normapenale (reato), che com-porta la irrogazionedella sanzione penale(reclusione, arresto,multa o ammenda).

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“Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesio-ne personale è punito con la reclusione fino atre mesi o con la multa fino a euro 309”);responsabilità civile, consistente nella viola-zione di una norma civile (inadempimento diun obbligo), che comporta il pagamento di unasomma di denaro a risarcimento del danno. Intal caso l’obbligo di risarcire il danno può farcapo anche a soggetti diversi dall’autore dellalesione, tenuti a rispondere insieme con lui(C.A.I.) o a garantirlo (Assicurazione). Si vedaad esempio l’art. 2043 C.C. “Qualunque fattodoloso o colposo, che cagiona ad altri undanno ingiusto, obbliga colui che ha commes-so il fatto a risarcire il danno”.In entrambi i casi, perché si possa parlare diresponsabilità dell’accompagnatore, è necessa-rio che la lesione del diritto all’integrità fisicadell’accompagnato sia derivata da un compor-tamento quantomeno colposo dell’accompa-gnatore.La colpa è un difetto della condotta concretarispetto ad un modello di condotta astrattaimposto da una regola (legale o non legale)finalizzata ad evitare il turbamento della civileconvivenza. Quando il comportamento che ha causato lalesione non è stato conforme alla condottaastratta prevista da una norma di legge, di rego-lamento o altre discipline, anche tecniche, det-tate nel nostro campo di azione, si parla dicolpa specifica, quando invece vi è violazionedelle regole comuni di prudenza, diligenza eperizia si parla di colpa generica.

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Alpinismo su ghiaccio e misto

Responsabilità civile,consistente nella viola-zione di una norma civi-le (inadempimento di unobbligo), che comportail pagamento di unasomma di denaro a risar-cimento del danno.

La colpa è un difettodella condotta concretarispetto ad un modellodi condotta astrattaimposto da una regola(legale o non legale)finalizzata ad evitare ilturbamento della civileconvivenza.

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Concetto di colpa generica e di cau-salitàPer l’accompagnatore la colpa generica consistenon solo nella violazione delle comuni regoledi prudenza, diligenza e perizia, che valgonoper ogni persona, ma anche di quelle che deri-vano dall’esperienza e dalla natura dell’attivitàesercitata. Il parametro astratto di valutazionedella condotta concreta dell’accompagnatorenon sarà soltanto quello del comportamentodel buon padre di famiglia, cioè della diligenzasolitamente usata in identiche circostanze daicomponenti della collettività, ma del soggettoche esercita una attività qualificata, quella,appunto, di istruttore-accompagnatore.Il criterio di valutazione a cui si ricorre è quel-lo della cosiddetta prevedibilità dell’evento:sussiste colpa se il responsabile era in grado direndersi conto o aveva il dovere di farlo, usan-do la propria esperienza o quella che è dovero-so pretendere in chi ricopre una determinataqualifica o assume un determinato ruolo ai finidella tutela della sicurezza di altre persone.L'evento dannoso (lesione dell’incolumità fisi-ca dell’accompagnato) avrebbe cioè potutoessere evitato e doveva essere evitato se l’ac-compagnatore avesse tenuto un comportamen-to diligente, prudente e perito.Se a determinare l’evento dannoso ha concorsoil comportamento negligente, imprudente edimperito di più persone, si verificherà un con-corso di persone nell’illecito e tutti sarannochiamati a rispondere dell’incidente e delle sueconseguenze (sanzioni).Naturalmente è necessario che tutte le diverse

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Il criterio di valutazionea cui si ricorre è quellodella cosiddetta prevedi-bilità dell’evento: sussi-ste colpa se il responsa-bile era in grado di ren-dersi conto o aveva ildovere di farlo, usandola propria esperienza oquella che è doverosopretendere in chi ricopreuna determinata qualifi-ca o assume un determi-nato ruolo ai fini dellatutela della sicurezza dialtre persone.

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azioni od omissioni poste in essere dai vari sog-getti concorrenti esplichino una efficacia causa-le adeguata al prodursi dell’evento dannoso,secondo le regole della comune esperienza. Èfonte di responsabilità non solo il comporta-mento attivo che produce l’evento dannoso,ma anche la mancata adozione (omissione) dimisure idonee ad impedirlo, che l’accompagna-tore ha, in quanto tale, l’obbligo di attuare.Il rapporto di causalità tra l’azione/omissione el’evento dannoso è escluso soltanto dalla causasopravvenuta che sia da sola sufficiente a pro-durre l’evento. È bene ricordare che l’attività dell’accompagna-tore si svolge in forma organizzata nell’ambitodella struttura del C.A.I. Possono perciò venirein rilievo, nel caso di incidente ascrivibile acomportamento illecito dell’accompagnatore,anche le responsabilità degli altri soggetti,gerarchicamente o funzionalmente sovraordi-nati a questo che hanno l’obbligo di vigilanzasulla sua azione (direttore del corso, direttoredella scuola, presidente di sezione).

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

È bene ricordare che l’at-tività dell’accompagna-tore si svolge in formaorganizzata nell’ambitodella struttura del C.A.I.

Forme della colpa genericaImprudenzaÈ la violazione di comandi negativi (divieti). Leregole della prudenza vietano infatti determi-nati comportamenti o loro modalità di attua-zione. L’imprudenza è avventatezza, insuffi-ciente ponderazione, scarsa considerazionedella realtà, del pericolo, degli interessi altrui.Al contrario è persona prudente chi osserva, chiadotta un atteggiamento accorto, cauto; èimprudente chi agisce in contrasto con lenorme di sicurezza dettate dall’esperienza; colui

C14-52 Fase di salita

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che arrischia troppo e va incontro a pericoli;chi dimostra leggerezza, spericolatezza, precipi-tazione. È imprudente, ad esempio, iniziareuna escursione in caso di previsione di fortemaltempo, affrontare pendii ripidi con forteinnevamento o sovraccaricare con un grupponumeroso pendii ritenuti sospetti, non attrez-zare con corde fisse o corde doppie tratti alpi-nistici decisamente impegnativi rispetto allivello tecnico dei partecipanti; in un ghiacciaiotogliersi gli sci e girovagare a piedi senza corda,sopravvalutare le capacità e la resistenza dell’al-lievo, frequentare un luogo totalmente scono-sciuto, ecc.

NegligenzaÈ la violazione di regole positive (comandi). Leregole di diligenza sono quelle che prevedonole modalità con cui vanno compiute le azioni,soprattutto l’attenzione. È persona diligente chi esegue un compito concura e scrupolo. Viceversa è persona negligentechi presta scarsa cura al compito da svolgere; chidimostra trascuratezza, disattenzione, dimenti-canza, pigrizia, difetti dovuti ad incuria.È negligente non ascoltare il bollettino nivo –meteo prima di intraprendere una gita; utiliz-zare materiale alpinistico non adatto o in catti-ve condizioni; durante un’escursione procederein testa al gruppo senza più curarsi della situa-zione degli accompagnati e dell’andamentodella salita.

ImperiziaÈ la violazione delle regole tecniche prescritteper il compimento di una determinata attività.

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

È imprudente iniziareun’escursione in caso diprevisione di forte mal-tempo, affrontare pendiiripidi con forte inneva-mento o sovraccaricarecon un gruppo numero-so pendii ritenuti sospet-ti, non attrezzare concorde fisse o corde dop-pie tratti alpinistici deci-samente impegnativirispetto al livello tecnicodei partecipanti.

C14-53 Fase di discesa

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È persona competente (perita) chi tiene uncomportamento conforme alle regole dellabuona tecnica dettate nel suo campo di azione,ponendole in essere senza difficoltà ed in modotempestivo, per le quali è adeguatamente pre-parato, esperto ed aggiornato. È il caso della guida alpina, del maestro di sci,dell’istruttore, che hanno acquisito nozioniteoriche e maturato abilità pratiche medianteconsolidata attività; tali competenze costitui-scono il necessario bagaglio di chi opera in undeterminato settore.Viceversa, l’imperizia è il mancato o difettosoimpiego di tali nozioni e abilità e l’imprepara-zione a svolgere certe attività.Dimostra imperizia la persona che svolge conscarsa competenza un compito, per inesperien-za o vera e propria incapacità.Si manifesta imperizia nello scegliere un percorsotecnicamente troppo impegnativo per le capacitàdei partecipanti al gruppo, sbagliare in modogrossolano la direzione di marcia disponendo dicartina topografica, bussola e altimetro; posizio-nare in modo errato un ancoraggio, ecc.

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

È persona competentechi tiene un comporta-mento conforme alleregole della buona tecni-ca dettate nel suo campodi azione, ponendole inessere senza difficoltà edin modo tempestivo; perle quali è adeguatamentepreparato, esperto edaggiornato.

Gite sezionali organizzate con diligenzaIl gruppo numeroso, la difficoltà di imporre ladisciplina, la scarsità di collaboratori esperti,richiedono che la gita sezionale sia organizzatacon diligenza. Devono essere curati in modoparticolare la scelta del capo gita e degli even-tuali collaboratori, il livello tecnico dell’escur-sione, le caratteristiche dei partecipanti, l'orga-nizzazione dell’uscita. In caso di incidente, lascelta di un capo comitiva poco esperto perC14-54 Pizzi Palù

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Indicazioni per una condotta corretta delresponsabile del gruppoa) L’accompagnatore deve essere dotato dicapacità ed esperienza adeguate al tipo di escur-sione e possedere una buona condizione fisica.b) Nel caso di gite che richiedono un impegnoalpinistico, si deve informare sulle capacità fisi-che e tecniche dei partecipanti e si deve assicu-rare che essi siano adeguatamente attrezzati.Inoltre deve valutare la necessità di eventualicollaboratori.c) Il responsabile di gita sezionale gode diautonomia di valutazione ed ha la facoltà distabilire i requisiti di accesso alla escursione, diaccettare o escludere la presenza di alcuni sog-getti, di opporsi a che il gruppo diventi tropponumeroso.d) L’accompagnatore durante l’escursione ha laprerogativa di effettuare le scelte che si rendo-no più opportune, secondo i canoni della pru-denza e della diligenza (e della perizia nel casodell’accompagnatore professionale e di quelloqualificato). La negligenza da parte dell’accom-pagnato potrebbe escludere o ridurre la respon-sabilità di chi lo accompagna. Gli ordini vannoimpartiti con chiarezza e decisione e con ladovuta autorevolezza.e) L’accompagnatore ha l’obbligo di ammonire

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quel particolare percorso, oppure l’affidamentodella gestione di un gruppo particolarmentenumeroso ad un solo responsabile, senza la col-laborazione di altri alpinisti esperti, sono ele-menti che possono far ricondurre le responsa-bilità al Presidente di Sezione.

Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

Il gruppo numeroso, ladifficoltà di imporre ladisciplina, la scarsità dicollaboratori esperti,richiedono che la gitasezionale sia organizzatacon diligenza.

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e richiamare coloro che nelle escursioni si com-portano in modo imprudente.f ) In caso di indicazioni non veritiere circa leproprie capacità, al partecipante può esserimpedito di continuare il corso o di prendereparte alla gita. Nell’ambito di una escursione,anche davanti a manifesti segni di incapacità espossatezza, nessuno però potrà essere lasciatosolo.g) Poiché in montagna non si possono mai pre-vedere in modo totale i rischi di incidenti (es.perdita di orientamento, scivolata, malore),occorre prestare attenzione a tutti i partecipan-ti ed essere in grado di prestare eventuale assi-stenza.

Indicazioni per una condotta corretta delpartecipante al gruppoa) A carico degli accompagnati, se richiesto,esiste il dovere di informazione circa le propriecapacità e conoscenze tecniche. Le precedentiesperienze da parte dell’escursionista o alpinistasono a volte determinanti per accettare la suapartecipazione ad un corso o ad una gita.b) Il partecipante deve possedere una prepara-zione fisica e tecnica adeguata al tipo di gita.c) Il partecipante deve contribuire alla buonarealizzazione dell’escursione con un comporta-mento prudente e con impegno.d) L’accompagnato dovrà adeguare il suo com-portamento alle indicazioni di chi lo guida; incaso di disubbidienza assumerà in proprio leconseguenze e l’accompagnatore verrà sollevatodalle responsabilità.

Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

C14-55 Grandes Jorasses

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Alpinismo su ghiaccio e misto Preparazione e condotta della salita

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Numeri telefonici più significativirelativi ai bollettini nivo-meteo delleregioni alpine

AINEVA 0461.230035 Bollettini nivometeorologici Alpi Italiane

Valle d'Aosta 0165.776300 Bollettino nivometeorologico0165.44113 Bollettino meteo

Piemonte 011.3185555 Bollettino nivometeorologico(TO e self-fax)0324.81201 (NO)0163.27027 (VC)071.66323 (CN)559 Pagina televideo regionale

Liguria 010.532049 Bollettino nivometeorologico

Lombardia 1678.37077 Bollettino nivometeorologico0342.901521 Self-fax

Alto Adige 0471.270555 Bollettino nivometeorologico + Self-fax

Veneto 0436.780007 Bollettino nivometeorologico0436.79225/780008 Bollettino nivometeorologico e di analisi a

mezzo self-fax0436.780009 Fax-polling

Friuli Venezia Giulia 1678.60377 Bollettino nivometeorologico + self fax0432.501029 Dati innevamento e bollettino analisi

Trentino 0461.238939 Bollettino nivometeorologico0461.237089 Self-fax

Appennino 06.8555618 Bollettino valanghe Meteomont/Forestali

Televideo Pag. 490-491

ITALIA

0041.91162 Bollettino meteorologico in italiano

0041.91187 Bollettino nivometeorologico

SVIZZERA

0033.836681020 Bollettino nivometeorologico

0033.836680238 Bollettino meteorologico

0033.78580042 Bollettino nivometeorologico: Haute Savoie 74/ Savoie 73/Isère 38/Hautes-Alpes 05/Haute Province 04/Alpes Maritimes 06/Pyrenees Orientales 66/Andorre 99/Ariège 09/ Haute-Garonne 31/Hautes Pyrenees 65/Pyrenees Atlantiques 64/Corse 20

FRANCIA

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Preparazione e condotta della salita

Alpinismo su ghiaccio e misto

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Indichiamo i più noti indirizzi Web, che permettono tramite link di sele-zionare i bollettini desiderati.

Italia

AINEVA Arco Alpino Italianohttp://www.aineva.it/Valle D’ Aostahttp://www.regione.vda.itPiemontehttp://www.regione.piemonte.it/meteo/Lombardiahttp://www.arpalombardia.it/meteoTrentinohttp://www.metotrentino.itAlto Adigehttp://www.provinz.bz.it/meteoVenetohttp://www.arpa.veneto.it/csvdiFriuli Venezia Giuliahttp://www.regione.fvg.it/valanghe.htmMeteomonthttp://www.meteomont.sail.it/Appennini Corpo Forestale dello Statohttp://www.corpoforestale.it/SVI Servizio Valanghe Italianohttp://www.cai-svi.it/

SLF Davos: Istituto Federale per lo Studio della Neve e delle Valanghehttp://www.slf.ch/avalanche/avalanche-it.html

Altri Paesi

Svizzerahttp://www.meteosvizzera.chFranciahttp://www.meteo.france.comChamonixhttp://www.chamonix.comAustriahttp://www.lawinen.at/austria/Bavierahttp://www.lawinenwarndienst-bayern.deSloveniahttp://www.arso.gov.si/Spagna Pirenei Orientalihttp://www.icc.es/allaus/castella/cbutfrocc.htmlSpagna Pirenei Occidentalihttp://www.icc.es/allaus/castella/cbutfrori.htmlArco Alpinohttp://www.avalanches.org

Voralberg 0043.5522.1588 Bollettino valanghe

Tirolo 0043.512.1588 Bollettino valanghe0043.58091581 Bollettino valanghe: servizio fax

Salzburg 0043.662.1588 Bollettino valanghe

Oberosterreich 0043.732.1588 Bollettino valanghe

Karnten 0043.463.1588 Bollettino valanghe

Steiermark 0043.316.1588 Bollettino valanghe

AUSTRIA

0038.6619822 Bollettino valanghe

SLOVENIA

0049.8912101210 Bollettino valanghe

0049.8912101130 Bollettino valanghe: servizio fax

GERMANIA

Pirenei Occidentali 0034.934232967 Bollettino valanghe

Pirenei Occidentali 0034.934232967 Bollettino valanghe

SPAGNA

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capitolo 15

Richiesta di soccorso

INDICE

Premessa

Numeri di chiamata del soccorso alpino sulle Alpi

Segnali internazionali di soccorso alpino• Segnalazione acustica o ottica • Segnalazione visiva

Il soccorso aereo• Richiesta di soccorso

Scelta della zona di atterraggio e misure di sicurezza• Fase di atterraggio• Avvicinamento e allontanamento dal velivolo• Fase di decollo• Operazioni di imbarco e sbarco con elicottero in volo

Soccorso in crepaccio

Chiamata di soccorso: scheda sintetica

15(ex 16)-Chiamata di soccorso 21-11-2005 12:16 Pagina 619

xl
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NUMERI DI CHIAMATADEL SOCCORSO ALPINOSULLE ALPI

In montagna è possibile che la chiamata ricadasu centrali diverse da quella di riferimento. Èperciò indispensabile fornire l’esatta località dipartenza della gita. Sarà compito della centraleoperativa allertare la squadra di soccorso piùidonea.

ITALIA: 118 FRANCIA: 15 SVIZZERA: 144 GERMANIA: 110 AUSTRIA: 144SLOVENIA: 112

Richiesta di soccorso Alpinismo su ghiaccio e misto

PREMESSA

Riportiamo in questo capitolo le norme fondamentali di comportamento daosservare in caso di richiesta di soccorso e durante il suo svolgimento.La trattazione è divisa in due parti; nella prima si richiamano al lettore isegnali che, per convenzione internazionale, devono essere adottati in caso dirichiesta di soccorso. Nella seconda, viene considerato il caso, particolarmen-te importante, del soccorso aereo, cioè tramite elicottero.Vengono ovviamente fornite solo le indicazioni che appaiono essenziali perpotere efficacemente interagire e collaborare con i soccorritori, nonché leinformazioni che possono risultare di particolare utilità all’alpinista. Per ulteriori informazioni e precisazioni anche di natura tecnica si può con-sultare la letteratura più specializzata e in particolare il manuale tecnico disoccorso alpino, edito dal C.A.I.-C.N.S.A.S.

15(ex 16)-Chiamata di soccorso 21-11-2005 12:16 Pagina 620

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SEGNALI INTERNAZIONALI DI SOCCORSO ALPINO

Si possono distinguere fondamentalmente duecondizioni in cui può essere necessario utilizzaresegnali di soccorso alpino, e cioè a seconda chesia possibile, o meno, il contatto visivo tra chiinvia e chi deve ricevere il messaggio. Nel primocaso i segnali possono essere di tipo acustico, ingenere la voce, o di natura ottica, in genere unasegnalazione luminosa. Nel secondo caso vengo-no utilizzati particolari atteggiamenti o posizionidel corpo, di una o più persone. I segnali in questione debbono assolutamenterispettare il più accuratamente possibile il codicestabilito per convenzione internazionale, cheviene sotto riportato.

Segnalazione acustica o otticaLa segnalazione acustica o ottica è codificata peri due casi di interesse: richiesta (chiamata) di soc-corso e risposta di soccorso. I segnali da utilizza-re nei due casi sono descritti nella figura.

Alpinismo su ghiaccio e misto Richiesta di soccorso

CHIAMATA DI SOCCORSO

Emettere richiami acustici o ottici in numero di 6 OGNI MINUTO

(un segnale ogni 10 secondi) (un segnale ogni 10 secondi)

UN MINUTO UN MINUTOUN MINUTODI INTERVALLO

Continuare l'alternanza di segni e intervalli fino alla certezza di essere stati localizzati

(un segnale ogni 20 secondi)

UN MINUTO

RISPOSTA DI SOCCORSO

Emettere richiami acustici o ottici in numero di 3 OGNI MINUTO

(un segnale ogni 20 secondi)

UN MINUTO UN MINUTODI INTERVALLO

Continuare l'alternanza di segni e intervalli fino alla certezza di essere stati localizzati

C15-01 Segnali di chiamata

C15-02 Segnali di risposta

I segnali di soccorso alpi-no debbono assoluta-mente rispettare, il piùaccuratamente possibile,il codice stabilito perconvenzione internazio-nale.

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Richiesta di soccorso Alpinismo su ghiaccio e misto

Segnalazione visivaQuando esiste il contatto visivo tra colui ocoloro che necessitano di aiuto e colui o coloroche possono intervenire, direttamente (soccor-so) o indirettamente (avviso al posto di soccor-

so), i segnali da utilizzare, illustratinella figura, sono i seguenti.

Come è evidente dalla loro descrizione, lesegnalazioni di cui sopra sono utilizzate nor-malmente nel caso di soccorso tramite elicotte-ro ed è questa quindi la loro applicazione piùfrequente e importante.

Posizione: in piedi con le brac-cia alzate, e spalle al vento. • Risposta affermativa ad even-tuali domande poste dai soccor-ritori.• Atterrate qui, il vento è allemie spalle

NOPosizione: in piedi con un brac-cio alzato e uno abbassato, espalle al vento. • Non serve soccorso.• Risposta negativa a eventualidomande poste dai soccorritori.

C15-03 Segnali convenzionalivisivi

SI

622

Segnalazione convenzionale diavvenuto avvistamento con l’o-scillazione usata quando esisteil contatto visivo e non è possi-bile quello acustico.

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Il SOCCORSO AEREO

Il soccorso aereo è oggi efficientemente orga-nizzato in tutti i paesi in cui si pratica l’attivitàalpinistica.L’elicottero è il velivolo che per le sue peculiaricaratteristiche tecniche costituisce il mezzo piùidoneo per effettuare in ambiente montanooperazioni di soccorso e sgombero urgente diammalati e/o traumatizzati gravi, sempre che lecondizioni meteorologiche ne consentano ilvolo. La foto C15-04 mostra la calata di unsoccorritore da elicottero mediante verricello. L’immagine C15-05 illustra una ricerca di tra-volti da valanga eseguita da un elicottero dotatodi un A.R.VA. con speciale antenna ricevente.

Richiesta di soccorsoCi riferiamo qui a richieste di intervento effet-tuate per via telefonica o radio.

1. Digitare il numero di telefono del soccorsosanitario (per l’Italia 118).

2. Specificare all’operatore che ci si trova in mon-tagna e comunicare il nome della località in cui èavvenuto l’incidente.

3. Fornire il nome di chi chiama e il numero ditelefono da cui si sta chiamando (se la chiamatadovesse interrompersi è importante che il telefo-no venga lasciato libero per consentire alla cen-trale operativa di richiamare).

4. Specificare il luogo esatto dove è avvenuto l’e-vento e la sua quota o in ogni caso un riferimen-to importante di ricerca, rilevabile dalla cartina.

5. Riferire cosa è successo (lasciarsi in ogni caso

Alpinismo su ghiaccio e misto Richiesta di soccorso

C15-05 Ricerca A.R.VA. con elicottero

C15-04 Uso verricello

L’elicottero è il mezzopiù idoneo per effettuarein ambiente montanooperazioni di soccorso esgombero urgente diammalati e/o traumatiz-zati gravi, sempre che lecondizioni meteorologi-che ne consentano ilvolo.

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intervistare dall’operatore di centrale che avrà lanecessità di conoscere la dinamica dell’incidente).

6. Precisare quante persone sono state coinvolte.

7. Dire quando è successo (la conoscenza dell’o-ra dell’evento può far scattare diverse procedure).

8. Comunicare la posizione dell’infortunato(appeso, sepolto dalla neve, disteso, seduto) e sela persona coinvolta ha difficoltà respiratorie; se ècosciente; se perde molto sangue.

9. Di norma l’intervento di soccorso è già scatta-to, ma in ogni caso è indispensabile risponderealle domande dell’operatore, che servono perinquadrare con più precisione quanto potrà esse-re necessario all’equipe di elisoccorso.

10. Informare sulle condizioni meteo del luogo:eventuali precipitazioni in corso, vento e visibilità.

11. Informare sulla situazione del terreno sulquale avrà luogo l’atterraggio (terreno aperto,bosco, pendio ripido, presenza di cavi sospesi,linee elettriche, funivie).

12. Fornire altre notizie che possono risultareutili per meglio organizzare l’operazione di soc-corso.

Si tenga inoltre presente che, sebbene si sia inattesa dell’arrivo dell’elicottero, le operazionidi autosoccorso condotte dai componentidella cordata o della comitiva devono conti-nuare; a maggior ragione se sussiste una situa-zione di travolgimento da valanga nella quale lavelocità di ritrovamento dei sepolti riveste lamassima importanza.

C15-06 Atterraggio su ghiacciaio

Sebbene si sia in attesadell’arrivo dell’elicottero,le operazioni di autosoc-corso, condotte dai com-ponenti della cordata odella comitiva, devonocontinuare.

Richiesta di soccorso Alpinismo su ghiaccio e misto

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C15-07 Zone di atterraggio -cterreno pianeggiante e privo di vegetazione

C15-07 Zone di atterraggio -bevitare gli avvalamenti

C15-07 Zone di atterraggio -alontano da fili tesi

SCELTA DELLA ZONA DIATTERRAGGIO E MISUREDI SICUREZZA

L’elicottero, per le sue caratteristiche, può atter-rare e/o decollare quasi ovunque. In fase di soc-corso il velivolo può appoggiarsi al suolo con ipattini, oppure può operare in volo stazionarioin prossimità del suolo (hovering), ovvero nonpotendosi avvicinare al terreno resta in volo edutilizza un verricello per effettuare calate erecuperi. Entro i limiti del possibile il punto diatterraggio deve essere scelto in base ai seguen-ti criteri:1. si scelgano aree pianeggianti sopraelevate,evitando zone corrispondenti a conche o avval-lamenti o disposte sui pendii;

2. l’area deve essere lontana da fili tesi qualilinee elettriche, impianti a fune, teleferiche;

3. devono essere evitate zone dove sia elevato ilrischio di caduta di pietre, o ghiaccio, o di fra-namento di terra o ghiaia, e quindi canaloni eluoghi sottostanti le pareti;

4. devono essere possibili traiettorie di atterrag-gio e di successivo decollo con inclinazioni nonsuperiori a 20° rispetto all’orizzontale;

5. la piazzola deve avere il fondo solido e didimensioni tali da consentire all’elicottero diappoggiare i pattini, e cioè circa m 4x4; deveessere pianeggiante, libera da vegetazione altapiù di 20-30 cm e sgombra a terra da qualsiasioggetto. Il terreno circostante deve essere libe-ro da vegetazione e altri ostacoli per un’area dialmeno m 40x40;

Alpinismo su ghiaccio e misto Richiesta di soccorso

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6. non devono essere presenti materiali odoggetti che possano essere sollevati dal flussod’aria generato dal rotore: indumenti lasciatisul terreno o malamente indossati e svolazzan-ti, copricapo mal fissati, corde e cordini, attrez-zi sporgenti, giacche, possono costituire seriopericolo sia per l’elicottero che per i presenti;

7. qualora l’area di atterraggio fosse su terrenoinnevato, la neve deve essere ben battutaattorno alla piazzola; ciò per ridurre il turbi-nio di neve che provoca il flusso d’aria del roto-re e compattare la superficie (spesso in presen-za di neve il velivolo non si appoggia al suoloper evitare di sprofondare in modo irregolare);

8. eventuali altre cordate, o singoli alpinistipresenti sul luogo dell’intervento, devonorimanere il più possibile fermi e in posizionenon troppo vicina, per non ostacolare le opera-zioni o addirittura mettere in pericolo personee mezzi (scariche di sassi, ghiaccio o altro). Ciòè particolarmente importante nel caso si trovi-no in posizione sovrastante l’area delle opera-zioni e/o lo stesso elicottero;

9. le persone presenti e non direttamente coin-volte nelle manovre è bene vengano raggruppa-te in un unico punto, in condizioni di sicurez-za e ben visibili da parte del pilota.

Richiesta di soccorso Alpinismo su ghiaccio e misto

C15-07 Zone di atterraggio -earea libera sufficientemente ampia

C15-07 Zone di atterraggio -dnon trovarsi sotto la linaccia

di sassi o valanghe

45°

20°

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Fase di atterraggioLa piazzola viene segnalata da una sola persona,che si pone con le braccia alzate, le spalle alvento, e resta immobile dinanzi al punto dove sivuole che atterri l’elicottero.Chi segnala non deve muoversi, perché inquel momento è l’unico punto di riferimentoper il pilota; prima che l’elicottero atterribisogna abbassarsi e restare fermi, in attesa diindicazioni da parte dell’equipaggio o delpilota. Questa regola vale soprattutto in caso diterreno innevato in cui, a causa della neve solle-vata dalle pale, diventa estremamente difficileper il pilota valutare la profondità e in quellesituazioni egli va quasi ad appoggiarsi con l’eli-cottero contro il segnalatore. In alcune situazioni - ad esempio persone chedall’alto possono confondersi con l’ambiente - èutile segnalare la propria posizione sventolandoun indumento dal colore sgargiante, che cioèben contrasti con lo sfondo circostante.Non dimenticare di allacciare bene indumenti ecopricapo e fare attenzione ad oggetti chepotrebbero volare creando situazioni di pericolo.

Alpinismo su ghiaccio e misto Richiesta di soccorso

C15-08 Fase di atterraggio -b

C15-09 Arrivo elicottero

C15-08 Fase di atterraggio -a

C15-10 Atterraggio elicottero

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Richiesta di soccorso Alpinismo su ghiaccio e misto

Avvicinamento e allontanamento dalvelivoloPer le operazioni di imbarco e sbarco da un eli-cottero, è necessario adottare alcune importan-ti regole:

1. quando l’elicottero è appena atterrato si deveattendere il segnale del personale di bordoprima di avvicinarsi, salire o scendere ed allon-tanarsi;

2. non avvicinarsi mai al rotore di coda!

3. in piano ci si avvicina obliquamente dai duequadranti anteriori e mai frontalmente;

4. su terreno in pendenza ci si avvicina e ci siallontana dall’elicottero dal lato a valle e non sideve mai percorrere il lato a monte;

5. procedere in posizione piegata, e restare incontatto visivo con i membri dell’equipaggio;

C15-12 Imbarco -cattenzione alla testa quando le pale si fermano

C15-12 Imbarco -eavvicinarsi da valle

e non camminare verso monte

C15-12 Imbarco -dnon alzare oggetti lunghi

C15-11 Avvicinamento

C15-12 Imbarco -aper muoversi avere conferma

STOP OK

C15-12 Imbarco -bal velivolo accede una persona alla volta

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Alpinismo su ghiaccio e misto Richiesta di soccorso

6. non avvicinarsi con indumenti o materialeche possano volare via (cappelli, giacche avento aperte, ecc.) e con equipaggiamento oattrezzi che possano aumentare l’ingombro ver-ticale (sci, piccozze, zaini a “torre”, ecc.). Nel caso ci si trovi in prossimità di parete o diun pendio, per l’accesso e per l’allontanamentosi utilizza il lato a valle.Se esistono degli avvallamenti che permettonodi sostare in condizioni di sicurezza, è possibi-le restare accovacciati sul lato a monte e atten-dere indicazioni dall’equipaggio, per salire abordo.

Fase di decolloSi tenga presente che anche nella fase didecollo si deve rimanere fermi e in posizioneabbassata, finché l’elicottero non si siaallontanato.

C15-15 Avvicinamento su pendio

C15-13 Imbarco su neve

C15-14 Imbarco con infortunato

C15-17 Appoggio su cresta

C15-16 Decollo C15-18 Appoggio su pattino

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Richiesta di soccorso Alpinismo su ghiaccio e misto

Operazioni di imbarco e sbarco conelicottero in voloSpesso, per mancanza di spazi o conformazionedel luogo (cengia, terrazzo, parete, guglia, pen-dio), non è possibile, in fase di soccorso, l’at-terraggio del velivolo. In questi casi l’elicotteroresta in volo stazionario, in prossimità del suolo(hovering), oppure non potendo avvicinarsi alterreno utilizza un verricello per effettuaresbarchi ed imbarchi di persone. Il verricello èuna piccola gru posizionata all’esterno oppureall’interno dell’abitacolo, che può essere di tipopneumatico, idraulico o elettrico. Esso è dota-to di un cavo, che consente il recupero di per-sone, feriti barellati e non, e materiali. La lun-ghezza del cavo è diversa a seconda del tipo divelivolo e può variare indicativamente da 25fino a 90 metri. La portata del verricello ègeneralmente compresa tra 200 e 300 kg e, aseconda dei modelli, può recuperare una o duepersone alla volta. Vengono ora rappresentatealcune situazioni in cui il velivolo si appoggiacon un solo pattino, resta in hovering oppureimpiega il verricello.La cosa più importante prima di agire èsempre quella attendere indicazioni e con-ferme da parte dell’equipaggio.Nella figura C15-17 è rappresentata l’operazio-ne di recupero con appoggio di un singolo pat-tino, in quanto le dimensioni della cima o cre-sta non consentono l’atterraggio.Nella figura C15-19 è illustrata un’operazionedi soccorso in parete, in cui la calata o il recu-pero è effettuato tramite verricello.Nella figura C15-20 è raffigurata una situazio-ne in volo stazionario (hovering), dove non è

C15-19 Recupero con verricello

C15-20 Recupero in hovering

C15-21 Soccorritore e ferito

C15-22 Soccorritori e barella

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possibile l’appoggio dei pattini per problemirelativi ad ostacoli al rotore principale.

Alcuni consigli in caso di recupero diuna cordata in pareteSe la situazione lo consente, è opportuno recu-perare le corde di cordata, porle nello zaino eautoassicurarsi alla sosta con una longe o conun cordino. I motivi di tale accorgimento sono i seguenti:• le corde sospese o svolazzanti possono ostaco-lare le manovre dell’elicottero;• si agevola il lavoro del tecnico del soccorso esi evita il taglio della corda.Il soccorritore, in genere, non si vincola con-temporaneamente in modo fisso sia alla pareteche all’elicottero; quando egli, sospeso al veli-volo, giunge al punto di recupero, si collega allapersona da trasportare e taglia il collegamentoche vincola questi alla parete.La foto precedente (C15-21) illustra il recupe-ro di ferito condotto da un soccorritore e lasuccessiva (C15-22) mostra il trasporto di unferito adagiato in una barella e condotto da duesoccorritori.

Alpinismo su ghiaccio e misto Richiesta di soccorso

Quando il soccorritore,sospeso al velivolo, giun-ge al punto di recupero,si collega alla persona datrasportare, e taglia ilcollegamento che vincolaquesti alla parete.

SOCCORSO IN CREPACCIO

Sull’arco alpino gli incidenti da caduta in cre-paccio sono abbastanza frequenti e richiedonoun intervento rapido ed efficace. Il tempo disopravvivenza di una persona caduta in un cre-paccio dipende da vari fattori; per garantireuna buona riuscita della manovra di soccorsobisogna cercare di recuperare l’infortunato

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entro un’ora, soprattutto se abbigliato convestiario leggero, oppure ferito o incastrato trale pareti di ghiaccio. Tale compito spetta per-tanto ai compagni di escursione, perché l’inter-vento del soccorso per quanto tempestivopotrebbe comunque risultare tardivo. Nel casoi compagni non siano riusciti nella manovra, ilsoccorso organizzato procederà al recuperoallestendo, se necessario, un cavalletto sulbordo del crepaccio o ricorrendo anche all’im-piego di un martello pneumatico per raggiun-gere l’infortunato.

Richiesta di soccorso Alpinismo su ghiaccio e misto

C15-23 Soccorso in crepaccio

CHIAMATA DI SOCCORSO: SCHEDA SINTETICA

Telefono= 118 (ITALIA ) Altri recapiti telefonici_______________________________________

Annunciare l’incidente in modo conciso e rispondere alle domande

Chi?- nome di chi chiama e dell’organizzazione- numero di telefono o nome in codice (radio) di chi chiama- luogo dove ci si trova e quota

Cosa è successo?

Dove è avvenuto l’incidente?

Quando è avvenuto l’incidente?

Numero, gravità e tipo delle ferite?

Quanti soccorritori sono già sul posto?

Condizioni meteo nella zona dell’incidente?

Visibilità: - meno di 200m- fino a 1 km - più di 1 km

Elicottero: per l’atterraggio sul luogo dell’incidente: - Terreno aperto?- C’è bosco?- C’è vento forte?- Cavi sospesi? (linee elettriche, teleferiche, funivie)

Osservazioni

Numeri telefonici dei Paesi Alpini:ITALIA: 118 FRANCIA: 15 SVIZZERA: 144AUSTRIA: 144 GERMANIA: 110 SLOVENIA: 112

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Bibliografia

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Silvia Metzeltin Biscaini, 1986Geologia per alpinistiEdizioni Zanichelli

Allen F. - Iain P., 1990Il manuale dell’alpinismoIdealibri

Munter W., 1992Il rischio di valanghe - nuova guida pratica Edizione congiunta C.A.I.–CAS

Cresta R., 1993La neve e le valangheMulatero Editore

Bertolotti, 1995Alpinismo su ghiaccio: tecniche e materiali per una progressione sicura su pen-dii nevosi e cascate Nordpress edizioni

Mc Clung D. - Schaerer P., 1996Manuale delle valangheEdizioni Zanichelli

G. Kappenberger, J. Kerkmann, 1997Il tempo in montagnaEdizioni Zanichelli

Collegio Nazionale Guide Alpine Italiane, 1998Progressione su GhiaccioVivalda Editore

Collegio Nazionale Guide Alpine Italiane,1998 "Sci fuoripista e sci alpinismo"Vivalda editori

Smiraglia C., 1992 e ristampa 1998Guida ai ghiacciai e alla glaciologiaEdizioni Zanichelli

Cagnati A. ARPAV Centro Valanghe di Arabba, 1999La valutazione della stabilità del manto nevoso, Guida pratica per sci alpinistied escursionisti.Tamari Edizioni

CAI – SVI, 1999La meteorologia in montagnaserie di diapositive con fascicolo

Bibliografia Alpinismo su ghiaccio e misto

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CAS, ASGA, REGA, SNV, UFSPO, CICM, SWISS SKIAttenzione valanghe! opuscolo svizzero Edizione 2000

Caruso P., 2002L’arte di arrampicare su roccia e ghiaccioEdizioni Mediterranee

AINEVA, 2002Le valanghe a cura di A. Praolini, G. Tognoni, E. Turroni, M. Valt EdizioneAINEVA

R. Bolognesi, 2002Attenzione valanghe! Valutare e ridurre i rischiEdizione italiana a cura di Obiettivo Neve

Collegio Nazionale Guide Alpine Italiane, 2002SicurezzaVivalda editori

Meraldi F., 2003"Ski-alpin" la tecnica dello scialpinismo

CAI - Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo, 2005Sci Alpinismo I manuali del Club Alpino Italiano

PUBBLICAZIONI TECNICHE SU MATERIA-LI E CATENA DI ASSICURAZIONEC. Zanantoni“Appunti di storia e tecnica dell’attrezzatura alpinistica – Cordini e Fettucce”pubblicazione Commissione Materiali e Tecniche, 1983

Commissione Interregionale Materiali e Tecniche Veneto-Friulana-GiulianaLa catena di Assicurazione, gennaio 1995

Rapporto “Assicurazione Dinamica: prove sui freni alla Torre di Padova”a cura della CCMT, 1994

Filmato “Prove di Assicurazione Dinamica”a cura della CCMT, 1995

Alpinismo su ghiaccio e misto Bibliografia

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C. Zanantoni, C. Melchiorri “Le imbracature a confronto: l’imbraco basso, completo e combinato”La rivista del Club Alpino Italiano, maggio-giugno 1999

G. Signoretti “Corde e luce solare: una questione…di colore”La rivista del Club Alpino Italiano, luglio-agosto 1999

Carlo Zanantoni“Corde e Dodero”La rivista del Club Alpino Italiano, gennaio-febbraio 2000

E. Guastalli “Moschettoni con chiusura a ghiera” La rivista del Club Alpino Italiano, marzo-aprile 2000

V. Bedogni “Preparati per arrampicata” La Rivista del Club Alpino Italiano, maggio-giugno 2000

V. Bedogni, G. Bressan, C. Melchiorri, G. Signoretti, C. Zanantoni “Le tecniche di assicurazione in parete”La rivista del Club Alpino Italiano, gennaio-febbraio 2001

M. Lucentini, L. Goldoni “La catena di sicurezza: brevi appunti sui sistemi di sicurezza nell’alpinismo enell’arrampicata”documentazione CAI, Sezione Ligure-sottosezione Bolzaneto, febbraio 2001

G. Signoretti “L’acqua che non ti aspetti”La rivista del Club Alpino Italiano, gennaio-febbraio 2001

V. Bedogni, G. Bressan, C. Melchiorri, G. Signoretti, C. Zanantoni“Le tecniche di assicurazione in parete”, luglio 2001 con videocassetta

P. Casavola, C. Melchiorri, C. Zanantoni “L’apparecchio DODERO: passato, presente e futuro”La rivista del Club Alpino Italiano, luglio-agosto 2001

A. Carboni, Commissione VFG Materiali e tecniche “La torre di Padova - didattica di assicurazione e test dei materiali 1°”Le Alpi Venete primavera-estate 2002

A. Carboni, Commissione VFG Materiali e tecniche “La torre di Padova - didattica di assicurazione e test dei materiali 2°”Le Alpi Venete autunno-inverno 2002

P. Casavola, C. Melchiorri, C. Zanantoni“Nuove attrezzature per studi sulle corde dinamiche”La rivista del Club Alpino Italiano, luglio-agosto 2003

Bibliografia Alpinismo su ghiaccio e misto

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Commissione VFG Materiali e tecniche “Sistemi di carrucole per l’autosoccorso della cordata 1°”Le Alpi Venete primavera-estate 2003

Commissione VFG Materiali e tecniche “Sistemi di carrucole per l’autosoccorso della cordata 2°”Le Alpi Venete autunno-inverno 2003

Commissione VFG Materiali e tecniche “Sistemi di carrucole per l’autosoccorso della cordata 3°”Le Alpi Venete primavera-estate 2004

A. Manes“La Catena di Assicurazione: la normativa europea e i materiali”primavera 2004, documentazione CLMT

V. Bedogni, E. Guastalli “Cordini per alpinismo: caratteristiche, problematiche e suggerimenti”La Rivista del Club Alpino Italiano, maggio-giugno 2004

Commissione VFG Materiali e tecniche “Sistemi di carrucole per l’autosoccorso della cordata 4°”Le Alpi Venete autunno-inverno 2004

Commissione VFG Materiali e tecniche“Sistemi di carrucole per l’autosoccorso della cordata 5°”Le Alpi Venete primavera-estate 2005

GUIDE ALPINISTICHECAI- TCI Collana “Guida dei Monti D’Italia”

Pause W., 1974“100 scalate di ghiaccio e misto”Gorlich Editore

Rebuffat G.,1974“Il massiccio del Monte Bianco. Le cento più belle ascensioni”Edizioni Zanichelli

Devies L., Henry P 1975-1978La Chaine du Mont Blanc 1° 2° 3° volumeGuide Vallot

Buscaini G., Devies L., 1979La chaine du Mont Blanc - 4° VolumeGuide Vallot Rebuffat G.,1981Ghiaccio neve e rocciaEdizioni Zanichelli

Alpinismo su ghiaccio e misto Bibliografia

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Rebuffat G., 1978“Il massiccio dell’ Alto Delfinato. Le 100 più belle ascensioni ed escursioni”Edizioni Zanichelli

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Quagliotto R., 1981“Scalate su ghiaccio. Classiche ed estreme sulle Alpi”Edizioni Agielle

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Miotti G., 1984“Disgrazia Bernina”Edizioni Melograno

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Vaucher M., 1984“Le Alpi Pennine. Le 100 più belle ascensioni tra il Gran San Bernardo e ilSempione”Zanichelli, Bologna

Parodi A., Scotto F., Villani N., 1985“Montagne d'Oc. Itinerari alpinistici dal Col di Nava al Monviso”CDA, Torino

Cipriani E., 1986“Vie di ghiaccio in Dolomiti: guida alle più belle ascensioni su ghiaccio emisto nell’area dolomitica”

Labande F., 1988“Monte Bianco. Guida Vallot selezione di vie” 1° 2° volumeEdizioni Mediterranee

Quagliotto R., Bonfanti G., 1988“Arrampicare in piolet traction. Proposte di salite nelle Alpi occidentali”Edizioni ISGA Milano

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Goedeke R. 1996I 4000 delle Alpi. Le vie normali di salita alle vette più alte d’EuropaEdizioni Iter-Subiaco

Chevaillot F. - Grobel P. - Minelli J.R., 1997Sommets des Ecrins. Le più belle ascensioni di III nel Massif des EcrinsGlenat, Grenoble

Dumler H., Burkhardt W., 1998Il grande libro dei Quattromila delle Alpi Zanichelli

Chevaillot F., Minelli J. R., 2001Ecrins: ascensions choisies. Les plus belles courses de AD a DGlenat, Grenoble

Shahshahani V., 1998Ecrins Nord. Valbonnais, Vénéon, RomancheVolopress, Grenoble

Labande F., G.H.M., 1998Guide du Haut-Dauphiné. Massif des Ecrins, tome 2. Ecrins, Ailefroide,Pelvoux, Roche Faurio, Combeynot, Agneaux, ClousizEdition d’Envol

Labande F. - G.H.M., 1998Guide du Haut-Dauphiné. Massif des Ecrins, tome 3. Parte sud: Bans, Sirac,Olan, Muzelle, Rouies, Vallon des Etages, AriasEdition d'Envol

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Laroche J.L. , Lelong F., 2000Ascensions au pays du Mont-Blanc. Mont-Blanc, Aravis, Suisse, ItalieGlenat, Grenoble

Tassan Lionel, 2002Ecrins Est. Guisanne, Vallouise, Durance amont-Volopress, Grenoble

Tassan Lionel, 2002Ecrins Sud. Valgaudemar, Champsaur, Durance avalVolopress, Grenoble

Colonel M., 2003Vie del cielo. Le più belle salite di cresta delle AlpiCDA & VIVALDA

Alpinismo su ghiaccio e misto Bibliografia

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Ghibaudo G., 2003Cascate. Alpi SudoccidentaliBlu Edizioni,Torino

Vannuccini M., 2003I quattromila delle Alpi. Gli uomini, la storia, le vieNordpress Edizioni

Damilano F., 2005Neige, glace et mixte - le topo du massif du Mont Blanc Tome 1: du bassin duTrient au bassin du GéantJMEditions

Bibliografia Alpinismo su ghiaccio e misto

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