Cacciari -Decrescita e Nonviolenza a Partire Dall Ultimo Libro Di Latouche

download Cacciari -Decrescita e Nonviolenza a Partire Dall Ultimo Libro Di Latouche

of 7

Transcript of Cacciari -Decrescita e Nonviolenza a Partire Dall Ultimo Libro Di Latouche

  • 8/7/2019 Cacciari -Decrescita e Nonviolenza a Partire Dall Ultimo Libro Di Latouche

    1/7

    Per lAnnuario della pace 2008

    Decrescita & Nonviolenza

    Parafrasando Ekkehart Krippendorff (lautore di:Larte di non essere governati, Fazi,

    2003) potremmo dire che cos come: La nonviolenza ovviamente qualcosa di diverso dauna semplice posizione intellettuale generica di pura negazione la a-violenza, cio la

    negazione della violenza. Essa pu essere solo lespressione pratica e il comportamento

    concreto di una visione positiva e creativa della vita (Azione nonviolenta, dicembre 2007),

    allo stesso modo la decrescita qualcosa di molto diverso della semplice negazione della

    crescita - la a-crescita, cio la negazione della crescita. Essa deve essere intesa come

    lespressione pratica e il comportamento concreto di una visione positiva e creativa della

    vita. Esattamente come il termine nonviolenza non ha solo un significato negativo/passivo -

    assenza di violenza (Gandhi traduceva in inglese ahimsa con i termini love o carity), cos

    la decrescita non intende banalmente evocare un sistema economico estraneo al paradigma

    della estrazione di plusvalore, dellaccumulazione dei profitti e della moltiplicazione

    industriale delle merci, ma, in positivo, ambisce a rifondare unidea di economia come curadella casa comune, al servizio di una societ in cui i bisogni e i desideri delle persone

    possano essere meglio soddisfatti tramite sistemi di produzione e di scambio

    qualitativamente diversamente connotati. La decrescita, quindi, ci costringe a

    riconcettualizzare lidea di benessere (cos come quella di felicit) ed attigua a quella di

    economia solidale, relazionale, dei beni comuni e del bio o eco-regionalismo. La radicalit

    del pensiero della decrescita non investe solo le scienze economiche, ma attacca i

    fondamenti teorici del moderno progetto di sviluppo occidentale: landro e

    lantropocentrismo, il patriarcato e il maschilismo, il dominio del riduzionismo scientista,

    le forme gerarchie, competitive e colonialiste del potere.

    La decrescita, infatti, nelle intenzioni dei suoi promotori (tra gli autori pi importanti Serge

    Latouche, ora in libreria con il Breve trattato sulla decrescita serena, Bollati Boringhieri,p.135, Euro 9.00), non crescita negativa e nemmeno solo eliminazione del

    controproducente e del superfluo. Non una cura di snellimento, ma un cambio di vita.

    Non un modo di correggere gli indicatori di sviluppo, depurando il Pil da quelle voci di

    spesa (esternalit negative, effetti indesiderati, danneggiamenti, ecc.) che nessuno avrebbe

    in cuor suo voluto sostenere, quali i costi di congestione nei trasporti, la depurazione delle

    acque e il disinquinamento dei suoli, le cure sanitarie da malattie ambientali, gli interventi

    di adattamento ai cambiamenti climatici, lassistenza alle popolazioni colpite da

    imprevidenza e da guerre. La decrescita non una questione di misura, ma di cambio dei

    paradigmi mentali, oltre che sociali e politici. Essa ci chiede di riuscire ad immaginare di

    vivere pi spontaneamente senza dover calcolare il tornaconto del proprio fare. Si tratta diun vero rivolgimento dellidea che attribuisce la felicit allavere. La decrescita la

    speranza di poter essere felici proprio perch liberati dallossessione compulsiva

    consumistica, dalla bramosia del possesso, dalla vanit egoistica, dalla competizione

    permanente, dal lavoro necessitato. La decrescita una freccia di direzione che diamo alla

    nostra vita individuale e, allo stesso tempo, un programma costruttivo, una modalit di

    azione collettiva, politica. Una ricerca che appare ancora pi urgente oggi a fronte del

    palese fallimento delle promesse di benessere universale del liberismo, in presenza degli

    effetti negativi della globalizzazione neoliberista sia nelle aree dei paesi poveri, sia in

    quelle dei paesi emergenti, sia in quelle dei paesi maturi e opulenti.

    Alcuni autori hanno preferito chiamare questa stessa idea di societ con altri termini:

    sobriet (Francuccio Gesualdi, fondatore del Centro per un altro modello di sviluppo) osemplicit volontaria, attingendo direttamente a Gandhi. Maurizio Pallante preferisce

    aggettivare la decrescita con la parola felice. Altri con gioiosa, serena, sostenibile, equa,

  • 8/7/2019 Cacciari -Decrescita e Nonviolenza a Partire Dall Ultimo Libro Di Latouche

    2/7

    deliberata, volontaria, democratica (vedi Nicolas Ridoux, La decrescita per tutti, JacaBook, 2008). Rileggiendo Andr Gorz (Capitalismo, socialismo, ecologia, il manifesto

    libri, 1992) e Murray Bookchin (Per una societ ecologica, Elutra, 1989), decrescitapotrebbe essere coniugata con ecosocialismo o societ ecologica. Altri termini possono

    essere usati, limportante capire cosa si vuole intendere. Comunque aggettivata,

    decrescita un termine che continua ad essere ostico e osteggiato. Da fastidio proprioperch rompe modi abitudinari di pensare obbligandoci a guardare le cose da un altro punto

    di vista. Ma la decrescita non nemmeno una mera provocazione intellettuale, uno slogan,

    una parola bomba gettata l per stupire gli interlocutori, una frase pubblicitaria per creare

    sensi di colpa ai borghesi sovra-peso o per shockare una sinistra incapace di uscire da una

    logica solo redistributiva. La societ della decrescita immagina unaltra antropologia

    umana, parla di comportamenti, atteggiamenti e di stili di vita, esplicita un concetto, una

    utopia concreta di cambiamento del modello sociale e un programma politico per la

    trasformazione della realt. Una lenta, progressiva modificazione dei valori sociali

    predominanti. Scrive Giovanni Salio (Elementi di economia nonviolenta, Quaderni di

    Azione nonviolenta n.16, 2001): le teorie economiche dominanti hanno preso come

    riferimento una personalit basata sullavidit e sullinvidia, mentre economie alternativedovrebbero riuscire ad allargare lorizzonte del tipo umano ideale passando man mano da

    un s strettamente individuale verso un s transpersonale, che abbracci via via una quantit

    di esseri viventi () verso una concezione di una famiglia umana allargata nella quale ci

    sia posto per tutti. Gandhi infatti pensava a stili di vita generalizzabili, condivisibili da

    tutti su scala planetaria: Vivere semplicemente, perch tutti possano semplicemente

    vivere.

    Rimanendo al parallelismo con la nonviolenza, potremmo dire che cos come la pace non

    pu essere concepita semplicemente come assenza di guerra, di violenza fisica direttamente

    esercitata, la decrescita non nemmeno solo acquisizione del principio del limite e della

    sostenibilit ecologica, calcolo della carring capacity, riduzione della impronta ecologica.

    Decrescita non nemmeno (solo) un adattamento necessitato dal collasso ambientale che

    gli scienziati annunciano come gi in essere. E nemmeno vuole essere una autodifesa

    remissiva alla crisi incipiente; una sorta di accettazione delle incompatibilit del sistema. I

    percorsi di rientro nella sostenibilit verranno da soli, spontaneamente, se lumanit

    riuscir a far propria unetica del vivere in comunanza tra simili e nella salvaguardia dei

    beni comuni naturali. Far pace con il pianeta il titolo del libro di Barry Commoner

    giunto in Italia nel 90 (Garzanti) grazie a Giorgio Nebbia e Virginio Bettini. Gi allora

    lambientalismo era consapevole che sarebbe stato necessario trovare una guida sociale

    alla produzione e alleconomia per trovare un equilibrio possibile tra ecosfera e tecnosfera.

    Decrescita e nonviolenza vanno concepiti come pilastri di uno stesso organismo sociale. La

    decrescita leconomia della nonviolenza e la nonviolenza attiva il metodo con cui agirele nuove forme economiche della decrescta. Decrescita e nonviolenza vanno coniugate con

    lo swadeshi di Gandhi, che si pu tradurre con economia locale autocentrata e

    autosostenibile, diremmo oggi, e praticata con lo satygrha, che significa aderirefermamente alla verit

    ***

    La natura autoaccrescitiva del processo di accumulazione nel sistema capitalista , come

    scrive Mauro Bonaiuti (Per una politica di decrescita, www.decrescita.it ottobre 2007)determina il funzionamento della metamacchina produttiva termoindustriale, cio

    dellintero sistema economico globalizzato. I suoi sistemi di creazione di valore monetariodelle merci e di accumulazione del capitale non sono semplici mezzi tecnici, strumenti

    neutri, sistemi di misura (come qualcuno si ostina a farci credere a proposito del Pil o degli

    http://www.decrescita.it/http://www.decrescita.it/
  • 8/7/2019 Cacciari -Decrescita e Nonviolenza a Partire Dall Ultimo Libro Di Latouche

    3/7

    altri indici di produttivit del lavoro e della finanza), ma il fine stesso dellintero sforzo

    produttivo sociale. I mezzi di produzione non sono posti al servizio del lavoro, ma al

    contrario il lavoro che diviene strumento dei suoi strumenti (Riccardo Bellofiore,

    Rileggere i Grundrisse dopo il Capitale, su Liberazione del 16 luglio 2008). Gli apparati

    tecnologici, organizzativi, sociali che il capitale si creato non sono piegabili ad altri scopi

    se non a quelli della riproduzione dei valori monetari delle merci, compreso il lavoro.Il lavoro alienato e il consumo imposto non sono orientabili a scopi diversi, usabili a fin di

    bene. Esattamente come la democrazia non esportabile e la pace non raggiungibile se

    non con mezzi pacifici, cos il lavoro sfruttato non usabile per produrre beni relazionali

    utili e la cura dei beni comuni. Il vizio presuntuoso tutto occidentale, machiavellico di

    separare la via dalla meta, le modalit dagli obiettivi, le procedure dai risultati, ci condanna

    sistematicamente a prendere colossali abbagli. In ogni processo vi sono coerenze interne

    che ne determinano lesito; non tutto piegabile da volont esterne; le eterogenesi

    ingloriose dei fini di molti processi rivoluzionari del secolo scorso dipendono da questo

    fattore. Cos come si potrebbe dire per la scienza e la ecnologia.

    La razionalit che la societ del capitale impone ad ogni individuo, famiglia, impresa,

    comunit non altro che la massimizzazione del rendimento, del reddito, dei bilanciaziendali, degli indici azionari, del prodotto interno, degli scambi internazionali. Nella

    societ capitalistica la quantit fa esattamente la qualit. Separarle impossibile. Per il

    capitalismo il pi sempre il meglio: bigger is better. Al massimo si possono abbellire le

    quantit con aggettivazioni varie per far apparire gli stocks delle merci immesse nelmercato come ecosostenibili, socialmente utili, umanamente apprezzabili, smaltibili

    biologicamente e persino certificabili eticamente, ma sempre a patto che vengano prodotte

    e consumate in misura crescente e che vi siano abbastanza utili da reinvestire per allargare

    il giro di affari del sistema. Per questo la teoria/pratica della decrescita (la negazione della

    regola incrementale, autoaccrescitiva) mira a colpire al cuore il meccanismo economico

    fondante di riproduzione capitalistica. Negando la quantit, la decrescita qualifica in modo

    totalmente diverso loggetto, rovescia il senso generale dello sforzo sociale collettivo,

    evoca modalit di socializzazione, di produzione e di consumo del tutto diverse da quelle

    che si istaurano nei rapporti mercantili. La peculiarit della modernit capitalistica ridurre

    ogni relazione e processo vitale a cosa morta, a fattore produttivo, monetizzabile e

    scambiabile (la natura diventa capitale naturale, la creativit delle persone diventa

    risorsa umana, la memoria e la storia accumulate dalle generazioni diventano

    giacimento culturale, gli scambi di conoscenze e di esperienze diventanocapitale

    sociale, la stessa qualit delle produzioni diventa capitale di reputazione). La decrescita,

    invece, restituisce centralit al valore duso delle cose, quindi, gli allunga la vita e le rende

    piacevoli. La decrescita umanizza gli scambi restituendo agli interlocutori dignit,

    pariteticit, reciprocit. La decrescita impreziosisce le differenze, riconosce il saper fare,ricentralizza leconomia dei sistemi territoriali (cicli corti, tracciabilit delle filiere,

    valorizzazione delle condizioni di produzione), aumenta le relazioni conviviali,

    disinteressate, riconsegna allindividuo autonomia e libert di scelta. Un progetto capace di

    operare uno sganciamento dalle logiche incrementali del mercato, ma anche da quelle

    pericolose illusioni tecnocratiche , dirigistiche, di destra e di sinistra. La decrescita attiva,

    praticata invece sottrazione consapevole al comando estraneo del capitale;

    configurazione di un tessuto di relazioni sociali libere, non eterodirette; scelta di

    valorizzazione dei beni comuni e relazionali, della cooperazione e della reciprocit, della

    mutualit e della multiculturalit. Insomma la prefigurazione di una societ pi ricca, pi

    complessa, pi aperta. Un processo auto-catalitico , direbbero i biologi che studiano la

    capacit antientropica insita nella materia di autoorganizzarsi, di trasformarsi da formeprimordiali a forme sempre pi complesse. Un processo sociale, quindi, nientaffatto

    conservatore, infarcito di miti premoderni, ma proiettato contro e oltre i palesi fallimenti di

  • 8/7/2019 Cacciari -Decrescita e Nonviolenza a Partire Dall Ultimo Libro Di Latouche

    4/7

    questa modernizzazione senza futuro e senza equit, contronatura e asociale, distruttiva

    delle stesse basi di sostentamento della specie umana. Un progetto politico capace di

    promuovere da subito trasformazione e negoziazione; di immaginare una buona societ e

    una modalit di organizzazione collettiva che sia gi il buon vivere assieme; una idea di

    modernit alla quale valga la pena contribuire personalmente e una etica civile che ridia

    senso alla politica. Insomma la decrescita nullaltro chela creazione di: processi diproduzione di coscienza e di idealit dallinterno dellesperienza sociale del lavoro e della

    vita e nel corso dellazione diretta delle grandi masse (Pino Ferraris in: Alternative per il

    socialismo, 2008).

    ***

    Ha scritto con grande realismo Latouche: Il programma di una politica nazionale di

    decrescita si presenta dunque come un paradosso. La realizzazione di prospettive

    realistiche e ragionevoli ha poche speranze di potersi concretizzare senza un sovvertimento

    totale dellesistente. (p.92). Fino a quando le popolazioni accetteranno di rimanere

    imprigionate dentro i parametri delleconomia di mercato, fino a quando gli aumenti di

    produttivit non si tradurranno in decrescita dello sforzo di lavoro (riduzione del tempodi lavoro) e non in crescita del prodotto, fino a quando rimarranno plagiate dal ciclo

    infernale dei bisogni e del reddito, avranno perfettamente ragione i portavoce bipartisan

    delle economie globalizzate a declamare il loro mantra: senza crescita niente sviluppo,

    niente benessere, niente welfare, niente redistribuzione dei redditi. Fuori dalla spirale della

    crescita ci sarebbe solo deprivazione e miseria. Crescere o morire il loro programma

    unico. Infatti, ancora non riusciamo ad immaginare la nostra crescita umana personale se

    non sotto forma di accesso e appropriazione di beni e di servizi, di cose e di opportunit

    che il mercato ci mette a disposizione. Latouche ama citare Mark Twain: Se luomo

    dispone soltanto di un martello, affronta tutti i problemi come fossero chiodi. In altri

    termini non sappiamo/possiamo immaginare altro modo di soddisfare i nostri bisogni e i

    nostri desideri se non comprandoli al centro commerciale, al parco tematico, allagenzia di

    viaggi, al fast food, gi gi per i maschi insoddisfatti, nei luoghi a luci rosse degli stupri

    a pagamento.

    Quali sono le forze che ci tengono ubbidienti, affascinati, ad un tempo prigionieri e

    complici, aderenti volontari e inconsapevoli ingranaggi di logiche estranee e nocive?

    Fiumi di parole sono state scritte sulla societ opulenta dei consumatori. Da ultimo

    Zygmunt Bauman ha descritto lumanit occidentale come uno sciame inquieto. Prima di

    lui Walter Benjamin: Sappiamo che questo isolamento del singolo, questo angusto

    egoismo dappertutto il principio fondamentale della nostra odierna societ. Gi Keynes

    aveva avanzato una distinzione tra bisogni assoluti (la riproduzione materiale) e relativi;

    nel senso che esistono solo in quanto la soddisfazione di essi ci fa sentire superiori ainostri simili (Esortazioni e profezie, Milano,1968). Oggi diremmo bisogni indotti e benidi status (positional goods), che denotato privilegio, vantaggio, potere. Ancora Ivan Illich

    parla dei consumatori come degli intossicati che vivono nellillusione che il nuovo

    corrisponda al meglio() Vedono la loro crescita personale sotto forma di una

    accumulazione di beni e di servizi prodotti dallindustria() E inevitabile che la societ

    di consumo comporti due tipi di schiavi. Gli intossicati e quelli che vorrebbero esserlo (La

    covivialit). Lo spirito di emulazione dei modelli percepiti come vincenti funziona da

    molla sociale, come ci spiega bene Herv Kempf (Perch i mega-ricchi stanno

    distruggendo il pianeta, 2008, Garzanti). I consumi sono sempre socialmente determinati,

    oltre i fini di utilit delle merci stesse, seguendo un principio esibizionista. Cos: la

    classe dominante che si mantiene al vertice della struttura sociale; stabilisce la scala deivalori, e il suo livello di vita fissa ci che viene considerato onorevole per tutta la societ.

    Insomma, la natura competitiva umana anchessa un prodotto storico-culturale, forgiata e

  • 8/7/2019 Cacciari -Decrescita e Nonviolenza a Partire Dall Ultimo Libro Di Latouche

    5/7

    alimentata dal capitalismo. In questa rincorsa senza fine ed emulazione voluttuaria

    inestinguibile, il concetto di saziet sparisce e rimane la condanna allinsoddisfazione e alla

    infelicit permanente delluomo consumistico poich la stragrande maggioranza delle

    persone non potr mai raggiungere la solvibilit sul mercato acquisita dalla casta dei

    mega-ricchi, e con essa il loro stile di vita. Poich Le norme secondo cui la societ

    funziona plasmano anche il carattere dei suoi membri - scriveva gi Erich Fromm inAvere o essere? (Oscar Mondatori, 1977) -, la modalit esistenziale prevalente

    (condizionata dal rapporto sociale di produzione capitalistico) non pu essere che quella

    dellavere, egoistica, egocentrica, individualistica, competitiva.

    Se possibile il quadro pu essere ancora peggiore se consideriamo la perversione cui pu

    giungere lhomo oeconomicus - consumens lupus. Se egli considera che la sua libertpossa essere realizzata nella sfera dei consumi allora il potere supremo la libert di

    sprecare, come aveva visto lantropologo surrealista Georges Bataille. Lo spreco, il lusso,

    lazzardo il massimo della goduria, del piacere, del desiderio di onnipotenza,

    dellillusione di riuscire a sopravvivere a se stessi e alla propria misera sorte. O, forse, pi

    semplicemente, il consumo compulsivo solo lanestetico dellinfelicit, la

    compensazione alla mancanza di senso della propria vita, la consolazione per un lavoroinsoddisfacente, il surrogato alla mancanza di relazioni comunitarie, lantidepressivo

    tossico alle ansie, allo stress, alla paura, la farmaceutica della felicit (Gilles Lipevetsky,

    Una felicit paradossale, Raffaello Cortina editore, 2006).

    Massimo Ilardi (Il tramonto dei non luoghi, Molteni 2008), invece, coglie nella asimmetriatra lincontenibile potenza illimitata del desiderio di ogni individuo e le limitazioni

    imposte dal mercato una conflittualit permanente, una lotta per lappropriazione che

    potrebbe portare alla rottura delle compatibilit macroeconomiche del sistema, quindi a

    qualche rottura rivoluzionaria. Dovrebbe cio accadere, per il consumatore massificato di

    oggi, ci che avvenne con le rivendicazioni salariali al tempo del fordismo con loperaio

    massa. Il livello impressionante di indebitamento delle famiglie americane, la loro

    insolvibilit, potrebbe in effetti autorizzare a pensare ad un gigantesco imminente crack

    finanziario. Il mercato un ingranaggio rigido; prima o poi chiede di essere saldato (vedi la

    crisi dei mutui subprime). Ma, personalmente, mantengo i miei dubbi su quale potrebbe

    essere lesito di una tale crisi se non vi sar contemporaneamente una profonda modifica

    dei valori sociali condivisi. Un nuovo 29, uno shock depressivo, potrebbe portare ad

    esiti drammatici in termini di azzeramento dei diritti, arretramento delle condizioni di vita,

    concentrazione dei poteri e autoritarismo politico, se non riuscir ad avanzare una nuova

    domanda radicale di senso, di motivazioni e di valori della vita.

    ***

    La prima cosa da fare, quindi, per creare una base sociale al movimento per la decrescita rimettere in moto limmaginazione, liberarci dai condizionamenti culturali. Ma come farlo?

    Bastano le prediche? Vi una pedagogia capace di accompagnare il cambiamento?

    Bisogna stare attenti di non fare la fine dei profeti di sventura; invece di essere

    ricompensati dai loro concittadini per averli avvertiti per tempo dei pericoli incombenti,

    solitamente vengono accusati di essere gli attrattori della malasorte. Se le cause delle crisi

    non vengono comprese ed elaborate correttamente il rischio che la sofferenza delle

    popolazioni esploda in tutte le direzioni, fscile preda di tutti gli imprenditori politici

    dellodio e della paura.

    La decrescita scelta, mirata, socialmente condivisa lesatto opposto della decrescita

    imposta, necessitata, subita, cio, del declino, della recessione, della disoccupazione, della

    crisi economica. La prima porta ad esiti di miglioramento della qualit della vita, diridistribuzione dei carichi di lavoro, di migliore uso delle risorse, di maggiore cooperazione

    sociale, collaborazione e condivisione tra comunit. La seconda fa gravare sui ceti sociali

  • 8/7/2019 Cacciari -Decrescita e Nonviolenza a Partire Dall Ultimo Libro Di Latouche

    6/7

    pi deboli i costi della crisi. Anche le catastrofi ambientali portano un segno di classe: c

    chi possiede i mezzi (economici, informativi, tecnici, ecc.) per sostenere i costi

    delladattamento (ad esempio le creme solari contro le radiazioni solari provocate

    dallozono) e chi non li ha. La prima mette in moto processi partecipativi di selezione dei

    bisogni (lotta agli sprechi e alla manipolazione pubblicitaria, valorizzazione degli stili di

    vita sobri, conservazione dei beni comuni, ecc.) e di autogoverno comunitario dei territori edelle risorse. La seconda apre la strada a governi dispotici e imposizioni autoritarie.

    La decrescita quindi deve essere intesa principalmente come rivoluzione culturale,

    decolonizzazione delle menti, unutopia, cio una fonte di speranza e un sogno

    (sempre da Latouche), battaglia delle idee. Ci che manca per rendere concretamente

    praticabile questo percorso una narrazione che renda desiderabile una alternativa di

    societ e per la quale valga la pena impegnare le proprie energie individuali. Ma per

    mobilitare le energie sociali necessarie a produrre il cambiamento non basta uno sforzo

    pedagogico. Non basta usare argomenti logici e razionali. Per scardinare la

    irragionevolezza dellattuale modello economico ipercapitalistico e neoliberista si rende

    necessario un confronto a viso aperto sul terreno dei valori etici e dei comportamenti

    morali. In fondo al cervello di ognuno di noi, per quanto manipolato, allettato e atrofizzatodal consumismo, persiste unidea etica con cui riusciamo a valutare le azioni nostre e degli

    altri. Mi riferisco alla legge kantiana che dentro ciascuno di noi, o - a libera scelta - alle

    mille altre forme di illuminazione dellanima e della coscienza ben sedimentate dalle

    tradizioni culturale storiche e religiose. E soprattutto sul terreno dei principi che decrescita

    e nonviolenza (complementari come lo sono lacido nitrico e lacido solforico per la

    dinamite!) acquistano la loro forza, mostrano la loro irriducibile alterit, e generano

    speranza alliniziativa politica-sociale. La liberazione [scriveva Marco Revelli in Agire la

    nonviolenza, Punto Rosso/liberazione 2004] richieder un paziente lavoro sugli e con gli

    altri, e su noi stessi. Ci chieder una metamorfosi esistenziale. Un mutamento

    antropologico. Ed io non so ancora immaginarne uno diverso da quello descritto da

    Fromm: il passaggio dei caratteri dellessere umano da modelli esistenziali dettati dai

    principi dellavere a quelli dellessere. O, se preferite, un tipo di Uomo austeramente

    anarchico - per dirla con Illich - in un contesto di Anarchia illuminata, in cui ognuno si

    governa da se- per dirla con Gandhi.

    La palla, quindi, passa alla politica, intesa come attivazione di soggettivit reali e

    regolazione delle relazioni tra individui e gruppi sociali. Cos come la nonviolenza parla

    delle modalit di esercizio del potere escludendo la possibilit del ricorso alla coartazione,

    la decrescita parla alla societ liberandola dal giogo produttivistico, lavoristico, mercantile.

    In un contesto politico nonviolento ed economico non vincolato alla crescita, la regolazione

    sociale del potere sar libera e condivisa, cos come volontario e solidale sar lo sforzo

    produttivo di ciascun individuo e di ciascuna comunit lavorativa. La buona societ e labuona politica devono andare a braccetto. Non c un prima e un dopo, un afflatto etico

    individuale prepolitico e unazione collettiva a prescindere dalla morale, ma una catena

    che tiene tutto assieme: la ribellione che spinge ogni individuo a sottrarsi da ogni autorit

    non condivisa, la voglia di sovvertire i rapporti sociali costrittivi, a partire da quelli

    produttivi, il desiderio di costruire spazi pubblici di autogoverno e di autonomia.

    Insomma, pu essere giunto il momento da parte dei gruppi di attivisti sociali, locali, della

    cooperazione, del mutualismo, della decrescita di rigenerare e rivalutare la politica

    riappropriandosene, dissequestrandola (dalle istituzioni statali) e ripubblicizzandola

    (sottraendola al monopolio dei partiti). Hilary Wainwright (in Networked politics,

    Transform, 2007) e, prima ancora, Danilo Dolci hanno introdotto una distinzione

    fondamentale tra due diversi significati del potere: come capacit di trasformazione,potenza creativa , libera, antagonista, criticache in ogni individuo e che condizione di

    ogni aspirazione al cambiamento, allempowerment, al protagonismo sociale; oppure, come

  • 8/7/2019 Cacciari -Decrescita e Nonviolenza a Partire Dall Ultimo Libro Di Latouche

    7/7

    dominio, coercizione, privazione, desocializzazione che si avvale di dispositivi alienanti,

    della violenza, della corruzione e dellintimidazione e che comporta unasimmetria tra

    coloro che lo detengono e coloro sui quali il potere esercitato. Rimuovere/rinunciare al

    potere di potere sugli altri a favore di una piena capacit di

    autodeterminazione/autorealizzazione di ogni componente della societ, mi pare, alla fine,

    sia il significato ultimo della nonviolenza. Dovremmo quindi pensare per la politica delladecrescita ad una politica oltre il potere (ci viene in aiuto il pensiero femminista, in

    particolare Adriana Cavarero), pi precisamente ad una politica contro e oltre il dominio.

    Luglio 2008