Caccia Passione febbraio 2014

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ANNO III nr.02 - febbraio 2014 Estero: caccia ai beccacciani in Romania Cani da caccia: lo spinone italiano, beccacciaio per natura e per tradizione Dedicato a chi ha la passione per la caccia nel sangue Caccia al Camoscio in alta quota Stanziale: allevare la starna, vediamo come

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Caccia Passione - Rivista di caccia specializzata dove trovi tutto su armi da caccia, cani da caccia, news venatorie,fucili, munizioni, ottiche da caccia, viaggi venatori..

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caccia passioneANNO III nr.02 - febbraio 2014

Estero:• cacciaaibeccaccianiinRomania

Canidacaccia:• lospinoneitaliano,beccacciaiopernaturaepertradizione

Dedicatoachihalapassioneperlacaccianelsangue

Caccia al Camoscio

in alta quota

Stanziale:• allevarelastarna,vediamocome

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sommarioAnno III Nr. 02

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in copertinaCaccia al camoscioin alta quota

Pg 6 News venatorie a cura della redazione

Pg 12 Stanziale: allevare la starna, vediamo come

Giovanni Di Maio

Pg 20 Migratoria: la pavoncella, caratteristiche, abitudini e tecniche di caccia.

Claudia Zedda

Pg 26 Ungulati: caccia al camoscio, in alta quota Kalaris

Pg 32 Caccia all’estero: caccia ai beccaccini in Romania. Saverio Patrizi

La bellezza della caccia al camoscio ad alta quota: natura, avventura e sforzo fisico fanno di questa specia-lità venatoria una delle più gratifi-canti. Per praticarla è richiesta non solo esperienza, ma grande rispet-to per la montagna, per la natura e per le condizioni meteorologiche.

Caccia Passione 2

12 stanziale: allevare la starna, vediamo come.

20 Migratoria: la pavoncella, caratteristiche, abitudini e tecniche di caccia

32 Estero: caccia ai beccaccini in Romania

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caccia passioneANNO III nr.02 - febbraio 2014

Estero:• cacciaaibeccaccianiinRomania

Canidacaccia:• lospinoneitaliano,beccacciaiopernaturaepertradizione

Dedicatoachihalapassioneperlacaccianelsangue

Caccia al Camoscio

in alta quota

Stanziale:• allevarelastarna,vediamocome

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Pg 38 Cani da caccia: lo spinone italiano, beccacciaio per natura e per tradizione.

Giovanni Di Maio

Pg 44 Fucili da caccia: Sako 85 Hunter in 7- 08 Rem.

Emanuele Tabasso

Pg 50 Accessori per la caccia: Auricolari Shothunt the decibel hunter.

Giovanni Di Maio

Pg 56 Munizioni: RWS evolution green la cartuccia a palla senza piombo con le performance del piombo.

Rosalba Mancuso

Pg 58 Ottiche: Burris FastFire II, quando il puntamento veloce è un’esigenza irrinunciabile.

Diego Mastroberardino

Pg 63 Racconti venatori: anatre dal capanno, negli U.S.A. Claudia Zedda

Pg 69 Veterinaria: disturbi visivi dei cani da caccia

Rosalba Mancuso

Caccia Passione 3

Sommario

38 Cani da caccia: lo spinone italiano, beccacciaio per natura e per tradizione.

44 Fucili da caccia: Sako 85 Hunter in 7-08 Rem

69 Veterinaria: disturbi visivi dei cani da caccia.

Ungulati: caccia al camoscio in alta quota.

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“C’è una luce in fondo al tunnel della crisi e cominciamo ad intravederla..” così esordiva il Presidente del Consiglio Mario Monti quasi al termine del suo mandato…

La Caccia, quella fatta bene, anch’essa contribuisce ad accele-rare il cammino dell’Italia verso una pronta ripartenza eco-nomica, caccia valorizzata e qualificata da un lungo cammi-no tutto italiano che grazie all’incremento della selvaggina come risorsa, potrà promuovere anche l’industria delle armi sportive, uniche al mondo per meccanica ed estetica e che da

Editoriale

sempre simbolo della genialità dei produttori italiani nel mondo. Fabbriche e laboratori che in Italia sorsero oltre cinque secoli addietro e che continuano ad innovarsi grazie alla genialità senza eguali di noi italiani, ove da sempre il fucile da sport accomuna la produ-zione dello stesso con la passione armaiola, riuscendo altresì a dare un importante riferi-mento positivo del Pil del nostro Paese.

Infatti, quanto questo settore riesca a contribuire nel prodotto interno lordo italiano è ben noto nei palazzi romani o dagli addetti ai mestieri, ma il suo semplice e duraturo riferi-mento positivo nell’economia italiana, viene da anni osteggiato da un animalismo ideolo-gico e senza anima, in disaccordo con tutto, perfino con se stesso.

L’emotività con cui viene accolta dall’opinione pubblica la pratica venatoria ha fatto di-menticare l’importanza economica di questo settore che continua ad animare successi di tecnologia traenza per il made in Italy, il tutto condiviso dall’alto numero di professionisti specializzati che assommano un indotto di oltre 100.000 lavoratori.

E’ inoltre calcolato che ogni singolo cacciatore spende circa 502 euro l’anno mentre chi ha anche un cane spenderebbe tra spese veterinarie e mantenimento anche altre 3 euro al giorno, il tutto a favore di una più florida economia.

Per queste ragioni si auspica che venga presto presa in considerazione una legge che re-golamenti in maniera definitiva la Caccia in Italia, ne riconosca la validità e sancisca in maniera concreta i diritti del cacciatore ad avvalersi in tempi e modi consentiti, di quella risorsa selvaggina che in gran parte è lo stesso cacciatore che contribuisce a produrre.

Pierfilippo Meloni

La CaCCia fa CresCere L’itaLia.

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Caccia e Armi: la Commissione Europea studia modifiche alla Direttiva Armi per quanto concerne l’acquisto e il possesso legale di armi pren-dendo di mira cacciatori e tiratori sportivi.

Commissione Europea pensa a modifiche alla Direttiva Armi

ti gli Stati membri. Questo è un primo motivo di perplessità tra gli addetti ai lavori. “La direttiva rifletto un largo consenso poli-tico” ed è “il sistema più rigoro-so e più efficace del mondo”, fa notare Yves Gollety, Presidente di Aecac (Associazione europea dei commercianti di armi civili). “Bisognerebbe lasciare agli Stati membri il tempo di adattarsi alla nuova direttiva invece di modifi-carla di nuovo”, chiede ricordando che ad esempio in Francia l’ap-

Bruxelles studia come cambiare le norme in materia di acquisto e possesso legale. Prote-

stano gli utilizzatori di armi civili: “Si combat-ta il traffico illecito”. Sull’obiettivo è impossibile discutere: “Proteggere i cittadini e smantellare il traffico illecito” di armi da fuoco. Così si in-titola la comunicazione adottata dalla Com-missione europea lo scorso ottobre per ridurre i reati commessi in Europa. Ma sui contenuti di quel compendio di “suggerimenti” con cui l’esecutivo UE propone di mettere in campo un’azione più decisa sul tema, si sono scatena-te non poche polemiche. A scendere in campo è in particolare chi con le armi da fuoco legali fa sport o lavora ogni giorno, come cacciatori, tiratori sportivi e commercianti di armi civi-li, che in occasione della tavola rotonda sulle armi da fuoco legali, organizzata al Parlamen-to europeo, hanno fatto sentire la loro voce.A livello europeo già esiste una Direttiva sulle armi da fuoco, adottata nel 1991 ma profon-damente emendata e modificata nel 2008. Uno strumento recente, non ancora trasposto cor-rettamente nelle legislazioni nazionali da tut-

plicazione della direttiva risale a luglio 2013.Ma le perplessità sono anche nel merito della co-municazione della Commissione Ue. A suscitare le proteste della Face (Federazione europea delle associazioni di caccia europee) è soprattutto una delle motivazioni con cui l’esecutivo Ue sostiene la necessità di un cambiamento nella regolamen-tazione: “Le armi detenute legalmente nell’Ue continuano ad alimentare il mercato illegale”. Inaccettabile, protesta la Federazione, parlare di un nesso tra possesso legittimo e uso illegittimo.La Commissione dichiara che i criminali posso-no acquistare armi negli Stati membri in cui la normativa è più debole dimenticando che “l’ac-quisto o la detenzione di armi è già strettamente regolamentato nell’Ue”, spiega Filippo Segato, se-gretario generale della Face. “I detentori di armi da fuoco legali come i cacciatori – ricorda – sono sottomessi a numerosi controlli rigorosi e non alimentano il mercato illecito delle armi da fuoco. Se la Commissaria Malmstrom vuole migliorare la nostra sicurezza – continua – dovrebbe con-centrarsi sulla lotta alle organizzazioni criminali piuttosto che sprecare risorse pubbliche e com-

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News venatorie

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Francesco Bruzzone capogruppo Lega Nord in Consiglio Regio-nale della Liguria presenta alle Camere una proposta di modi-fica alla Legge 157/92 sull’attività venatoria.

Bruzzone di Lega Nord propone modifica alla Legge 157/92

plicare la vita” a chi possiede armi legalmente.Secondo la comunicazione pubblicata dall’esecu-tivo Ue, poi, c’è il rischio che le armi da fuoco di-sattivate (rese cioè inservibili per chi le conserva come collezionista) siano riattivate. In questo sen-so, continua la Face, piuttosto che rivedere la di-rettiva sulle armi da fuoco occorre semplicemente assicurarsi che gli Stati membri rispettino le di-sposizioni esistenti e giuridicamente vincolanti.La comunicazione della Commissione presen-ta una serie di suggerimenti tra cui ad esempio un approccio comune su come contrassegnare le armi da fuoco, norme minime comuni sulle sanzioni penali per i trafficanti, limitazioni da imporre per il possesso delle armi più perico-lose. Idee che saranno comunque discusse con Parlamento, Stati membri e soggetti interes-

Francesco Bruzzone, capogruppo della Lega Nord nel Consiglio Regionale della Liguria,

è il primo firmatario di un documento, firma-to anche dai Consiglieri Regionali della Lega Nord Edoardo Rixi e Maurizio Torterolo, sot-toposto all’assemblea ligure, contenente una proposta di legge alle Camere in merito alla modifica delle norme per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio. L’iniziativa, ai sensi dell’articolo 121 della Co-stituzione, chiede al Consiglio Regionale della Liguria di proporre alle Camere modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, che detta norme in ordine all’adozione del calendario venatorio annuale da parte delle Regioni. In particolare, il documento presentato da Bruzzone ha come obiettivo la modifica del comma 4 dell’artico-lo 18 della legge, affinché venga sostituito dal testo “4. Le regioni, sentito l’Istituto Superio-re per la Protezione e la Ricerca Ambientale

(ISPRA), definiscono con apposita legge il ca-lendario regionale relativo all’intera annata ve-natoria nel rispetto di quanto stabilito ai commi 1, 2 e 3, e con l’indicazione del numero massimo di capi da abbattere in ciascuna giornata di atti-vità venatoria“. “Questa modifica consentirebbe ai Consigli Regionali di rivendicare il proprio ruolo in materia di caccia“, spiega Francesco Bruzzone, che già lo scorso Novembre ottenne l’approvazione con voto unanime del Consiglio Regionale di un ordine del giorno, che propone-va l’affidamento agli enti regionali della possibi-lità di approvare anche con legge provvedimento i calendari venatori. “Quanto accaduto nei mesi scorsi ha creato notevoli difficoltà ai cacciatori della Liguria e ha posto l’accento sulla necessi-tà di avere maggiori certezze per il futuro. Deve essere ridata alle Regioni italiane la possibilità di approvare con legge i calendari venatori, e la nostra iniziativa è mirata a quello“.

sati per poi valutare come agire, eventualmen-te anche con un’azione legislativa. Di sicu-ro la direttiva non sarà modificata domani.“Vogliamo allargare il dibattito, non vogliamo anticipare niente sulle conclusioni finali” spie-ga Fabio Marini, responsabile della task force della Commissione europea sulle armi da fuo-co: “Abbiamo lanciato due studi – spiega Mari-ni – sarà un processo molto lungo che durerà almeno tutto l’anno. In termini tecnici non ab-biamo adottato ancora nulla”. L’idea, continua il funzionario, è “capire dove si situano le miglio-ri pratiche in Europa e su queste basi realizza-re una valutazione approfondita su come agire”.

12 febbraio 2014 Fonte: EUNews

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World Wetland Day 2014: Giornata Mondiale delle Zone Umide 2014, “Zone Umide ed Agricoltura partner nella crescita”; i due “mondi” si integrano tra loro e possono coesistere, produrre reddito e combattere la povertà.

World Wetland Day 2014: Giornata Mondiale delle Zone Umide 2014

dro per le azioni nazionali e di cooperazione internazio-nale, per la conservazione ed il sapiente uso delle risorse idriche e delle zone umide. Le organizzazioni governative ed internazionali, gli istituti non governativi, le comunità, gruppi di cittadini in occasio-ne di questo importante even-to, hanno colto l’opportunità per diffondere azioni di sen-sibilizzazione della opinione pubblica, sulla importanza e sul valore delle zone umide e dei benefici che questo mondo

Le associazioni WETLAND ITALIA, SATA ONLUS “Sorveglianza Ambienta-

le e Tutela Animali e TRENTALBERI, sono concretamente attive per tutelare, salva-guardare e ripristinare territori ed ambienti naturali, attraverso azioni dirette (affitto di terreni agricoli dismessi e ripristino di zone umide) ed indirette (sensibilizzazione opi-nione pubblica). La Giornata Mondiale del-le zone Umide nacque per ricordare la firma della Convenzione di Ramsar, con la quali gli stati membri assunsero l’impegno di tutelare le zone umide quali elementi indispensabili dell’ambiente naturale e dell’economia agro silvo pastorale. Festeggiano l’evento con una giornata dedicata alla fotografia naturalisti-ca che si terrà nella Palude del Torraccio il 21 marzo 2014 presso Montanlto di Castro Marina (VT). La Convenzione delle Zone Umide, chiamata di Ramsar è un importante trattato internazionale, che fornisce un qua-

produce sugli ecosistemi naturali, sulle bio-diversità e sulla collettività degli individui. Il tema della Giornata Mondiale delle Zone Umide 2014 è Wetland ed Agricoltura, due situazioni che si integrano tra loro e costitui-scono due mondi che possono coesiste, pro-durre reddito e combattere la povertà, lo slo-gan per l’evento del 2014 è “Zone Umide ed Agricoltura partner nella crescita”. Wetland Italia, Sata-onlus e Associazione Trentalberi onlus, con il parere tecnico agronomico del-la società Lametum Srl di Roma, sono realtà sensibili ed attive, per tutelare, salvaguardare e ripristinare territori ed ambienti naturali. In occasione di questo importante evento, proprio per ricordare la firma della Conven-zione di Ramsar, hanno assunto l’impegno di diffondere il messaggio sull’importanza delle Zone Umide per la vita degli ecosistemi na-turali e tutela delle biodiversità. Trascurare le Zone Umide, nonché i mezzi sostenibili per

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News venatorie

Si è chiuso Lunedì 10 febbraio l’ottava edizione dell’Hunting Show di Vi-cenza. Lo stand Benelli è stato uno tra i più visitati dell’intera rassegna.

Chiude l’Hunting Show di Vicenza: più che bene, Benelli!

la gestione ed il controllo delle acque, oltre a creare perdita di biodiversità, pregiudica la protezione delle coste e prevenzione del-le calamità naturali, fattori che incidono sui cambiamenti climatici. Le Zone Umide svol-gono un ruolo fondamentale come bacini di raccolta delle acque meteoriche ed alluvio-nali. Situazioni che producono povertà tra le genti e le imprese, che subiscono gli effetti distruttivi e negativi delle inondazioni, stra-ripamenti di fiumi, e per la cattiva gestione delle amministrazioni locali sul territorio. L’importanza di questi ambienti e la sensi-bilizzazione per la loro tutela e salvaguardia non devono rimanere parole sterili, ma l’uso sostenibile di questi territori, incide diretta-

Tra i gioielli della gamma benelli, si è fat-to certamente notare il Raffaello Black,

lanciato in questo 2014 sul mercato italiano. Il semiautomatico al centro dell’area espo-sitiva, è stato accolto con grande interesse dai cacciatori e appassionati d’armi. Le sue linee hanno catalizzato l’attenzione di buo-na parte dei visitatori, positivamente colpi-ti dalle migliorie tecniche che ne facilitano l’uso. Altri due modelli capaci di far breccia nel cuore dei cacciatori sono stati il Vinci Cordoba e il Vinci Super Sport, i più recen-ti modelli della serie Vinci, che puntano su contenuti ad alta tecnologia e rappresenta-no l’arma ideale per percorsi di caccia e per il tiro. Questi due semiautomatici sono riu-sciti a conquistare un pubblico attento alle evoluzioni di un modello che rappresenta l’alta tecnologia Benelli. Un programma fit-to di appuntamenti, che ha fatto registrare per la rassegna vicentina un trend positivo (i dati sugli ingressi confermano una cresci-

ta dell’11 per cento rispetto al 2013), un’altra sosta obbligata all’interno dello stand Benel-li, dove il nostro staff ha risposto a tante do-mande e curiosità sui nostri semiautomatici, è stata davanti alla coppia Raffaello Crio e Legacy 28, due esemplari che riassumo in sé leggerezza e maneggevolezza. Due modelli ormai collaudatissimi. Facendo un primo bilancio questo inizio 2014 va archiviato come un’ottima occasione per incontrare an-cora una volta l’apprezzamento del pubblico. Tra 300 espositori dell’Hunting Show di Vi-cenza, dei quali il 22 per cento provenienti dall’estero, Benelli come al solito è stata in grado di distinguersi. Dando dimostrazione che la qualità attrae e ripaga. Suggerendo al nostro team che la fatica di tutti i giorni e le energie spese nella ricerca dell’eccellenza non vanno mai perdute. Paolo GueriniMarketing & Communications Department

mente ed in modo esponenziale sulle capaci-tà delle popolazioni di trarre sostentamento e produrre reddito, anche e soprattutto per le comunità rurali. Le Zone Umide e l’Agri-coltura sono delle risorse importantissime, con potenzialità enormi, che la politica e la cattiva gestione non possono e non devono trascurare. Il messaggio: Le Zone Umide ed Agricolture due realtà che sapientemente gestite, possono coesiste, produrre reddito e combattere la povertà. Il Nostro Network proprio per ricordare l’evento e l’importanza delle Zone Umide, il 21.03.2014 ha organiz-zato La Giornata della Fotografia Naturali-stica, presso la Palude del Torraccio di Mon-talto di Castro Marina (VT).

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Durante tre giorni di Manifestazione in 32mila hanno visitato i Saloni dedicati a caccia, pesca e tiro sportivo, ospitati

nel nuovo padiglione espositivo di Fiera di Vi-cenza. Si è chiusa ieri, lunedì 10 febbraio 2014, con grande successo di pubblico l’8^ edizione di Hunting Show, il Salone Internazionale della Caccia, della Natura e del Tiro Sportivo tenuto-si in Fiera di Vicenza insieme a Pescare Show,

il Salone Internazionale della Pesca Sportiva. 32mila i visitatori che nel corso di tre giorni di Manifestazione hanno riempito il Quartie-re Fieristico vicentino, tra cui il nuovo padi-glione 7 della Fiera di Vicenza, inaugurato per l’occasione assieme al nuovo Centro Congressi. Numeri decisamente in crescita, del 11%, ri-spetto all’edizione del 2013, che aveva registra-to 29mila ingressi, e che conferma il trend po-

Hunting Show e Pescare Show 2014 in Fiera a Vicenza registra l’ennesimo successo con l’aumento dell’11% di visitatori rispetto alla passata edizione.

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Eventi

sitivo di Hunting Show e Pescare Show, passata da 14mila visitatori nel 2007 ad appunto 32mila nel 2014. Una Manifestazione che rappresen-ta il made in Italy di eccellenza del comparto di riferimento e che si contraddistingue per la grande collaborazione con le aziende del tiro, dei munizionamenti, della caccia e della pesca. Più di 300 espositori provenienti da tutta Ita-lia e da diversi paesi stranieri hanno presentato ad Hunting Show quanto di meglio il mercato offre nel settore caccia, pesca e tiro sportivo. Proprio la forte presenza di espositori interna-zionali, il 22% del totale, ha caratterizzato l’e-dizione del 2014, provenienti da tutta Europa, in particolare da Austria, Bosnia-Erzegovina, Belgio, Francia, Germania, Estonia, Gran Bre-tagna, Romania, Ungheria e Pakistan. “Siamo molto soddisfatti dei numeri positivi di questa edizione di Hunting Show e Pescare Show, che consacrano la Manifestazione come una delle fiere lifestyle qualitativamente più coinvolgenti in Italia, dal profilo sempre più internazionale”, dichiara Matteo Marzotto, presidente di Fiera di Vicenza. “Caccia e pesca responsabili e sosteni-bili, sport, tecnologia e abbigliamento, sono tra gli ingredienti del well done in Italy dedicati al settore dell’aria aperta che hanno contribuito a rendere questa 8^ edizione un appuntamento attrattivo e d’eccellenza, non solo per appassio-nati, ma anche per esperti operatori del settore. Un successo – conclude il Presidente Marzotto – avvalorato dal superamento a pieni voti della

prima prova d’esame del nuovo padiglione sette, innovativo spazio espositivo di Fiera di Vicenza e simbolo dell’architettura e ingegneria italiana di qualità di cui andiamo particolarmente orgo-gliosi”. Novità assoluta del 2014 è stata Hunting Dog Show, il Salone interamente dedicato alla cinofilia venatoria, riconosciuto dall’E.N.C.I. come Esposizione Nazionale Razze da Caccia e organizzato con il Circolo Cinofilo Vicenti-no. Pescare Show ha invece presentato la prima edizione di Boating Show, il nuovo Salone de-dicato alla nautica da pesca e da diporto. Fiera di Vicenza ha ampliato la sua presenza nel seg-mento delle Manifestazioni dedicate al mondo dell’outdoor con caccia, pesca, sport e natura, con l’acquisizione di quote del marchio GAME FAIR ITALIA, primo e unico esempio di country festival in Italia. In occasione di questa edizione di Hunting Show, è stata annunciata la secon-da edizione di Game Fair Italia, che oltre a Tar-quinia arriverà nelle Puglie a Baia di Calenella a Vico del Gargano. Tra i più importanti eventi andati in scena durante le tre giornate, il conve-gno inaugurale “Gli Italiani e la Caccia”, in cui è stata presentata l’indagine demoscopica curata dal sociologo Enrico Finzi di Astra Ricerche sui dati relativi alla pratica venatoria nel Nord-Est (Veneto, Trentino- Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia). Da segnalare, inoltre, la premiazione del I Concorso Nazionale di Letteratura Venato-ria “Scrivendo&Cacciando”, svoltosi da ottobre 2013 a gennaio 2014, vinto da Claudio Zanini.

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allevare la starnavediamo come

Stanziale

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Alcune specie selvatiche, seppur annoverate tra quelle cac-ciabili, vengono considerate a rischio poiché le loro popo-lazioni sul territorio italiano risultano in declino per cau-se dipendenti da diversi e complessi fattori. Per tentare di dare una soluzione al problema e ripristinare le popolazioni di animali selvatici in declino su un determinato territorio l’uomo effettua le cosiddette operazioni di ripopolamento.

Oggigiorno le specie che maggiormen-te sono protagoniste di interventi di ripopolamento sono i Fagiani, le Le-

pri e le Starne; gli esemplari di queste specie vengono generalmente catturati in porzio-

ni di territorio ove siano considerati in so-vrannumero per essere poi liberati in quel-le zone ove queste specie siano in declino. Spesso però l’intervento di ripopolamento richiede un numero di individui maggio-

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allevare la starnavediamo come

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Stanzialere di quanti se ne possano catturare pertan-to si ricorre ad esemplari allevati in cattività.Prediamo in esame in questa sede proprio gli aspetti dell’allevamento di fauna selvatica e tutto ciò che occorre per riprodurne esem-plari in cattività; in particolare parleremo dell’allevamento della Starna, una delle specie che maggiormente ha subito riduzioni del-le proprie popolazioni presenti sul territo-rio e molto apprezzata dal mondo venatorio. La Starna (Perdix Perdix) è un uccello Galli-forme, appartenente alla famiglia Phasiani-dae, di dimensioni medie, le cui misure arri-vano ad un massimo di 31 cm; la livrea della Starna è generalmente grigia tendente al mar-rone sulle parti superiori, con debole striatu-ra nerastra nella parte della coda e striature longitudinali chiare sulle ali castane. Ampie

strie castane solcano i fianchi della starna e sul petto è presente un’inconfondibile mac-chia rosso ruggine. Cause della pesante ri-duzione della popolazione di Starne in Italia vanno ricercate nei drastici cambiamenti am-

bientali e negli altri fattori che hanno avuto come conseguenza la scomparsa degli habitat idonei alla nidificazione di questa specie re-legando così i pochi esemplari rimasti nelle zone collinari dove sussistono pratiche agri-cole compatibili con la presenza della specie. A tutto ciò si aggiunge l’elevata pressione ve-natoria che ha certamente contribuito al de-clino della popolazione italiana di Starna.Vediamo quindi quali sono i metodi per alle-vare in cattività le Starne, animali abbastanza rustici ma particolarmente delicati in fase di riproduzione; si può cominciare con riprodut-tori già adulti o con una serie di uova che una volta schiuse forniranno il primo nucleo di uc-celli tra i quali verranno scelti i riproduttori. Se si utilizzano riproduttori adulti, gli esemplari necessari possono essere acquistati presso altri

allevamenti o catturati nelle zone preposte ma questa seconda ipotesi viene fortemente scon-sigliata poiché gli animali adulti cresciuti in natura non si adatterebbero bene alla vita in cattività pregiudicando l’attività riproduttiva.

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Per iniziare l’allevamento è necessario innan-zitutto allestire un parco di allevamento; molto importante conoscere per tempo quanti ani-mali si intende produrre nel corso dell’anno in modo da dimensionare correttamente l’im-pianto. Da tenere in considerazione la scelta della zona ove ubicare l’allevamento di Starne al fine di assicurare la tranquillità richiesta af-finché sia il più simile possibile alla situazione

naturale pertanto lontana da rumori e disturbi di ogni genere; inoltre l’area dovrà essere ido-neamente recintata al fine di impedire a qual-sivoglia predatore di avvicinarsi alle voliere. Il passo successivo è l’allestimento dei parchet-ti per i riproduttori che dovranno ospitare le singole coppie; tralasciamo quelli “a terra”, non più utilizzati, sostituiti ormai da quelli “su rete” i quali risultano più funzionali poiché capaci di assolvere sia alle funzioni di parchetto per riproduttori che da voliera di fidanzamento; il parchetto su rete permette inoltre di mantenere divisi maschi e femmine fino al periodo degli

amori, ed una rapida e facile amministrazione delle coppie compresa la raccolta delle uova.Il parchetto su rete non è altro che un cassone (1,50x1,50 m ed alto 0,50 m) avente tre pare-ti in legno ed una, quella anteriore, in rete a maglia larga per evitare che le Starne si pos-sano ferire infilandoci la testa; il cassone sarà dotato di mangiatoie ed abbeveratoi nonché di un al asse divisorio che all’occorrenza potrà

dividere il parchetto in parti uguali separate. La coppia, formata nei mesi di settembre-ottobre, viene posta nel parchetto e tenuta separata dall’apposito asse divisorio dotato di una feritoia attraverso la quale maschio e femmina potranno continuare a vedersi ed innamorarsi l’uno dell’altro. Con l’avvicinarsi della stagione degli a amori, si curerà l’alimen-tazione dei riproduttori con apposito man-gime differenziando i tempi di somministra-zione tra maschio e femmina poiché il primo entra in amore più rapidamente. L’incontro vero e proprio della coppia dovrà avvenire

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Stanzialenella prima metà di aprile sfilando l’asse divi-sorio, eventualmente riposizionandolo però qualora si verificassero zuffe ripetendo l’ope-razione dopo qualche giorno. È molto impor-tante, durante il periodo riproduttivo, som-ministrare alle Starne, sempre e tutti i giorni, notevoli quantità di erba fresca quali grami-nacee, erba medica, trifoglio, ravizzone, ecc..La deposizione delle uova in genere inizia

fra l’ultima decade di aprile e i primi di mag-gio, a seconda delle condizioni metereolo-giche, protraendosi fino a fine giugno a cicli quasi settimanali con una produzione me-dia di 40/50 uova, con punte massime di 70. Altro tradizionale sistema per l’allevamento e la riproduzione delle Starne è il sistema a bat-terie; si tratta di gabbie metalliche realizzate in serie, sollevate da terra, con pavimento pen-dente verso l’esterno per far rotolare nell’appo-sita “grondaia” le uova deposte per facilitarne la raccolta. Le gabbie sono allestite più o meno allo stesso modo dei parchetti già descritti, an-

che se più piccole, e munite di un nido riparato.I gruppi di riproduttori vengono formati a febbraio mentre la riproduzione inizia tra fine marzo e i primi di aprile proseguendo fino a luglio; le uova ,raccolte quotidiana-mente, vengono conservate con la punta ri-volta verso il basso per un massimo di sette giorni quindi incubate in modo “artificiale”; una volta nati i pulcini questi verranno al-

loggiati in apposite strutture riscaldate (madri artificiali), e dopo circa 3-4 settimane verran-no trasferiti in apposite voliere all’aperto gene-ralmente in gruppi di alcune centinaia di capi.Molte però sono le problematiche, spesso di difficile soluzione, si presentano a chi deci-de di dedicarsi all’allevamento delle Starne e riguardano l’accoppiamento, l’aspetto igieni-co-sanitario, l’alimentazione e la predazione. L’allevamento “artificiale” risulta estrema-mente negativo proprio perché gli esempla-ri giovani vengono cresciuti in condizioni di sovraffollamento, spesso costretti in spa-

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zi ridotti, comportando questo la manca-ta acquisizione della necessaria rusticità e resistenza alla competizione nonché espo-nendoli al rischio di pericolose epidemie co-stringendo l’allevatore alla continua sommini-strazione di farmaci per il controllo delle stesse.A risentirne è anche il comportamento so-ciale della specie in quanto gli esemplari, costretti a vivere in gruppi numerosi ed in spazi ridotti, non riescono a stabilire i lega-mi e le gerarchie caratteristiche del gruppo che permettono all’occorrenza di sfuggire ai predatori, scegliere idonei luoghi per il ri-poso e la cova, ricercare il nutrimento ecc.. Per questi motivi i ripopolamenti effettuati con esemplari provenienti da allevamenti “ar-tificiali” non garantiscono un buon successo in quanto una volta immessi in Natura, que-sti mostrano molto spesso disturbi comporta-mentali che li porta a non ricercare, ad esem-pio, rifugi adeguati in caso di pericolo, a non essere in grado di procurarsi il cibo in quantità

sufficiente e addirittura a non essere in grado di riprodursi, poiché incapaci di nidificare o di fornire le necessarie cure parentali alla prole. A tale scopo si predilige spesso costituire co-siddette Unità Perdix su basi di 29 soggetti giovani, generalmente 90 giorni di vita, più un maschio adulto che funga da punto di riferi-mento. Molto importante inoltre, nella fase di introduzione in natura, è l’affezionamento al luogo prescelto; questa fase non può che av-venire in una voliera, dove i soggetti possano imparare a conoscersi ed a dipendere gli uni dagli altri. Se la prima fase avrà successo per la brigata che si sarà creata sarà più facile im-pratichirsi dell’ambiente di reintroduzione.Un metodo di allevamento che sopperisce a tali problematiche è quello cosiddetto “semi-naturale”: le uova di Starna vengono affidate ad una chioccia, madre adottiva, che fornirà ai pulcini i necessari schemi comportamentali (imprinting), soprattutto per quanto riguarda le cure parentali. L’allevamento inoltre viene

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svolto direttamente nelle zone in cui verranno successivamen-te liberati gli esemplari allevati limitandone così i problemi di adattamento e di inserimen-to. Gli esemplari coì allevati ri-sulteranno di maggiore qualità ed adatti a costituire un nuo-vo nucleo di riproduttori nella zona che si intende ripopolare.Altre problematiche concernono la riproduzione delle Starne di-venute adulte, anche se allevate in semi-libertà, essendo corre-late al patrimonio genetico dei riproduttori, che poco o niente hanno da spartire con le Starne che un tempo popolavano i no-stri territori a causa dei continui incroci, sia consanguinei diretti che indiretti, finalizzati alla se-lezione di esemplari con deter-minate caratteristiche morfolo-gico-commerciali (taglia, peso, piumaggio, ecc..), lontani però dalla tipicità della Starna selvatica.L’ideale per l’allevamento di fauna selvati-ca, in questo caso della Starna, deve ottene-re buona resa in termini qualitativi e quan-titativi con costi di produzione sostenibili e allo stesso tempo rendere produttivo l’in-serimento in natura dei soggetti nati in cat-tività secondo un compromesso che tenga conto del fatto che si tratta di animali sel-vatici destinati a condurre, fin dal momen-to del rilascio in Natura, una vita autonoma. In tale prospettiva, affinché la produzione e l’allevamento delle Starne dia risultati quanto meno superiori a quelli ottenuti con gli odier-ni standard di allevamento, sarebbe opportu-no apportare alcune modifiche alle tecniche secondo alcuni punti essenziali: una corretta alimentazione dei pulcini in funzione delle loro esigenze nutritive; una somministrazione progressivamente crescente di fibre dai primi

30 ai 100 giorni di vita; l’uso di voliere dotate di idonea copertura vegetale con le specie vegeta-li preferite dalla specie ed adatte alla natura del territorio; l’adeguata modificazione della dieta per gli esemplari in crescita con una progressi-va sostituzione del mangime a favore di spighe, granaglie, pannocchie o semi di specie vegeta-li appetite, sparse su ampie superfici di terreno al fine di incentivarne la ricerca e la selezione.

Stanziale

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La pavoncellacaratteristiche, abitudini, tecniche di caccia

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Migratoria

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Migratoria

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Cimentarsi nella caccia alla pavoncella significa cono-scerne le abitudini, le caratteristiche, l’habitat, ma so-prattutto conoscere le tecniche di caccia che riescono ad aggirare la sagacia del volatile tanto astuto e diffidente.

Preda ambita da molti cacciatori disse-minati sul territorio italiano, la pavon-cella è specie lunga circa 30 cm, con

apertura alare pari a 90 cm circa e peso che si aggira intorno ai 250 grammi. E’ molto sem-plice distinguere il maschio dalla femmina: l’uno possiede un ciuffo caratteristico ampio circa 10 centimetri, che nella femmina non

supera i 7 centimetri. Particolarmente bella esteticamente, presenta un piumaggio for-te, nerastro e screziato di riflessi blu, cenere e bianco, fino a raggiungere, sulla schiena, screziature di verdastro. La pavoncella è in-confondibile anche grazie al verso che pro-duce, che somiglia ad un lamento breve e ri-petuto, che sentito una volta sarà impossibile

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La pavoncellacaratteristiche, abitudini, tecniche di caccia

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Migratoriadimenticare. Si ciba normalmente di larve, molluschi, insetti, semi o germogli. La sua dieta ovviamente muta al mutare dell’habitat; non è raro infatti incontrare pavoncelle nel-le pianure, nei campi aperti o addirittura in zone umide parzialmente. L’Italia non è l’u-nico territorio di diffusione della pavoncella; questa abita comodamente la Cina, l’Asia, l’A-frica, il Giappone, e non manca nemmeno in alcune zone settentrionali europee. In Olan-da nidifica esattamente come di rado accade nel nostro paese, e sceglie per riprodursi lo-calità dell’Europa centrale ed orientale. Di-verso il discorso per lo svernamento che av-

viene in Europa occidentale e meridionale o addirittura nell’Africa settentrionale. Duran-te il mese di febbraio fino a marzo inoltrato, si compie il ripasso che porterà le pavoncelle verso i luoghi di riproduzione. È proprio in questo periodo che i volatici si spostano in grossi stormi e i maschi soprattutto si mo-strano particolarmente agitati. Il passo in-

vece avverrà solamente ad inizio novembre, per quanto le prime avvisaglie di spostamen-to si possano intuire già dai primi giorni di ottobre. La pavoncella per i suoi spostamenti predilige la notte o le prime luci dell’alba. Il gruppo di volo assume normalmente un as-setto molto ordinato, con una caratteristica ed inconfondibile forma a V rovesciata o in alcuni casi a mezza luna. Manco a dirlo si di-mostra non solo un ottimo, ma anche un ve-locissimo volatore. Basti pensare che ad una velocità di 60 km orari possono coprire di-stanze davvero notevoli. La pianura padana è meta particolarmente amata dalla pavon-

cella durante il passo invernale per lo meno fintanto che riesce a trovarvi del cibo. Non è raro trovare stormi di pavoncelle nei pressi di terreni in fase di aratura. In linea di massi-ma possiamo comunque dire che predilige le pianure aperte evitando le zone alberate e bo-scose. Per quanto oggi sia vietato cacciare la pavoncella oltre il 31 gennaio, un tempo era

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preda occasionale anche durante il periodo di ripasso. Il cacciatore che praticava questo ge-nere di caccia, trascorreva le proprie giorna-te di febbraio e marzo negli appositi capanni per quanto il selvatico, probabilmente perché in periodo di amori, cedeva meno ai richiami. Poco adatta alla pavoncella è la caccia in forma vagante. Solo di rado questa tecnica può dare buoni risultati a causa soprattutto dell’intelli-genza dei volatili e dei territori nei quali è so-lita rifugiarsi. Le pianure infatti non offrono al cacciatore luoghi di riparo e dunque l’unica possibilità di riuscita, nel caso di caccia in for-ma vagante, è quella di cacciare la pavoncella nelle prime ore del mattino, là dove gli stormi riposano. Fondamentale che la mattinata sia di fitta nebbia. Particolarmente gettonata in-vece è la caccia da appostamento. A rendere particolarmente difficoltosa la tecnica è la sa-gacia dell’uccello che cede ai richiami e zim-belli di rado. Tutto dovrà essere svolto alla perfezione, nel caso contrario gli stormi di pavoncelle sorvoleranno la zona a distanza di sicurezza per poi allontanarsi rapidamente. Il segreto per la buona riuscita della caccia è prima di tutto rappresentato dal terreno sul quale questa si svolgerà. Come già accennato, questa dovrà svolgersi in distese aperte, arate, erbose, umidificate dalla pioggia. Vanno be-nissimo anche i campi di grano e soia raccolti di recente. Anche il capanno deve essere un elemento da studiare fin nei minimi dettagli. Questo in primo luogo non dovrà allarmare il selvatico, che come ogni buon migratore si dimostra particolarmente sospettoso. E’ bene ricordare che al primo accenno di pericolo la pavoncella si allontanerà senza pensarci su troppo. Quindi il consiglio è di alterare il meno possibile l’habitat naturale, e di interra-re il capanno di caccia. Là dove non sia possi-bile, andrà benissimo anche collocarlo in una fossa, o in un canale d’irrigazione a secco.La struttura inoltre dovrà essere il più basso possibile, e ben armonizzata con il territorio circostante. Ad aiutare il cacciatore ci pense-

ranno una trentina di stampe impagliate, una giostra nella quale piazzare alcune pavoncel-le impagliate in volo e alcune pavoncelle da utilizzarsi come zimbello. Il buon cacciatore dovrà inoltre prestare una certa attenzione al vento. Questo non dovrà mai raggiungere il capanno a pavoncelle frontalmente o dal re-tro, sarebbe meglio infatti che le folate arrivas-sero dai lati per non allarmare le pavoncelle che immediatamente dopo gli stampi si tro-vassero di fronte il capanno. Una volta cattu-rata l’attenzione del volatile, per il cacciatore sarà fondamentale ricordare che questo non si abbassa mai di colpo ma preferisce aggirare l’obbiettivo discendendo progressivamente. Ci si dovrà, in quel caso muovere molto lenta-mente e decidere se tirare al volo o attendere che il volatile si posi. Ovviamente la decisio-ne sarà presa in base alla propria esperienza, non di rado infatti capita che la pavoncella dopo aver sorvolato a lungo il luogo decida di non posarsi e volare via come una furia. Sbaglia chi immagina che la pavoncella sia un bersaglio facile. Dopo il primo sparo infatti lo stormo si cimenta in evoluzioni davvero imprevedibili che rendono i tiri successivi davvero complicati. Apertura alare e distanze inoltre rischiano d’ingannare l’occhio del cac-ciatore che non di rado spara tanto e raccoglie davvero poco. Ecco perché, a parte tutte le at-tenzioni sopra citate, fondamentale nella cac-cia alla pavoncella è l’esperienza, la pazienza e le capacità di buon tiratore. Per la caccia alla pavoncella si consigliano cartucce con conte-nitore dai 32 ai 34 grammi con un numero di pallini pari a 10 con fucili di calibro 12, 20. A chiudere merita un cenno merita anche l’al-levamento delle pavoncelle in cattività spesso usate nel vivo della caccia. Queste richiedono particolari attenzioni da parte del cacciatore, che dovrà nutrirla con carne tritata e spa-ghetti, provvedendo a non lasciarla per lungo tempo a contatto con il pavimento. Insomma una caccia tanto affascinante quanto compli-cata, forse proprio per questo tanto amata.

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Ungulati

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Caccia al camoscioin alta quota

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La caccia al camoscio è un’avventura: io ogni volta che ne parlo la definisco così e come ogni avventura non è adatta a tut-

ti. Ti deve piacere la montagna, ti devi trovare a tuo agio con il freddo e soprattutto devi es-sere preparato fisicamente perché il camoscio vende la sua vita a patto che tu sudi molti gilet.

Ho imparato a rispettare la montagna fin da ragazzina; papa mi portava con sé visto che a me camminare piaceva e da quel che diceva lui sembravo una capretta. Ancora oggi riesco ad arrampicarmi praticamente ovunque e ad entrare in perfetta simbiosi con la natura. La prima cosa che devi imparare se vuoi andare a

La bellezza della caccia al camoscio ad alta quota: natura, avventura e sforzo fisico fanno di questa specialità vena-toria una delle più gratificanti. Per praticarla è richiesta non solo esperienza, ma grande rispetto per la montagna, per la natura e per le condizioni meteorologiche.

Caccia al camoscioin alta quota

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Ungulaticaccia di camosci è che la natura è capricciosa e il tempo può cambiare in qualsiasi momento. Le giornate prima della caccia, quando ancora c’era papa e non c’era il meteo.it le si trascorre-va a guardare il volo degli uccelli, le nuvole e il cielo notturno. Papa faceva qualche rapido cal-colo e sapeva con precisione se quella seguente sarebbe stata o meno una buona giornata. Ha sbagliato solamente una volta da che ricordo, ma anche i migliori delle volte cadono in fallo. Il tempo dunque è un fattore da tenere in considerazione: ad alta quota puoi rischia-re grosso quindi a caccia si va solo con il bel tempo e senza fare sciocchezze, sempre che non ci si voglia restare secchi sotto la neve. La caccia più bella che ricordo l’ho vissuta qual-

che anno fa, papa già non c’era più da tempo ma ogni volta che salgo in montagna mi pare d’averlo vicino con i suoi soliti consigli che negli ultimi periodi erano diventati piuttosto ripetitivi ma sempre utili. Le condizioni cli-matiche erano piuttosto preoccupanti: la not-te aveva nevicato parecchio, come nei giorni

precedenti, e solo grazie alle mie ruote motrici e gomme da neve ero riuscita a raggiungere il paesello di montagna dove abita Francesco, un carissimo amico. Ci fosse stato papà nem-meno saremmo usciti di casa, ma dopo tanto che aspetti di salire in montagna per la caccia al camoscio, non rinunci subito. Era un inizio giornata di novembre piuttosto freddo, avevo lasciato mio marito e i miei due figli a letto ed ero corsa fuori come una gazzella. Amo essere madre, ma delle volte ho la necessità di evadere. Come al solito si decise per una colazio-ne piuttosto frugale al solito bar dove anco-ra oggi mi guardano un po’ strano: la caccia d’altronde è una cosa da uomini e io sono si-curamente una donna. Dopo esserci consul-

tati si decise per la salita. Dalla macchina lo spettacolo che lentamente ci si apriva davanti agli occhi era impareggiabile: il bianco della neve diventava accecante illuminato dai raggi solari e il cielo era di un celeste da cartolina. Al solito bivio si decise di scendere e dare uno sguardo con i binocoli: il sentiero che ogni

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anno percorrevamo si vedeva chiaramente. Era l’unica strada per raggiungere la zona nel-la quale i camosci si sfamano. Naturalmen-te era da percorrere rigorosamente a piedi. La fatica, più avanzano gli anni più si sente, ma è quasi sempre ben ripagata. Grazie alle nostre ottime lenti quel giorno riuscimmo a individuare ben nove esemplari di camo-scio tra i quali c’era pure una vecchia femmi-na che rientrava nel nostro piano di abbat-timento. Niente di meglio e dopo un buon caffè caldo il buon umore tornò a tutti quanti. Quando si deve scegliere il camoscio da ab-battere è d’obbligo prestare parecchia atten-zione: anche quel giorno rimasi molto tem-po ad osservare quella femmina e in seguito ad un lungo studio capii che era l’esemplare che faceva al caso mio. Salii in compagnia di Giuseppe mentre gli altri due amici scelsero di prendere un’altra strada. Scalare la monta-

gna con zaino, carabina io e binocolo Giusep-pe era piuttosto pesante, specie per via della neve. Di tanto in tanto interrompevamo la sa-lita per controllare che il nostro camoscio si trovasse sempre dove lo avevamo visto. Ad un certo punto la neve si fece davvero parecchio alta tanto che avanzare divenne quasi impos-sibile con quel carico. Sembravamo due tori in un recinto fintanto che non decisi di pro-vare il tiro direttamente dalla posizione nella quale ci si trovava, d’altronde la distanza non era eccessiva, e la mia esperienza mi avreb-be aiutata, a patto che ci si mettesse anche la fortuna, come diceva sempre mio padre. Mi presi tutto il tempo che serviva: sistemai carabina e binocolo, cercai la femmina di ca-moscio, feci un bel respiro e sparai. Difficile, quando si usano ottiche con grande ingrandi-mento e armi piuttosto potenti comprendere subito l’esito del tiro, per fortuna con me c’era

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UngulatiGiuseppe che mi consigliò di ricaricare. Avevo fallito ma ci poteva stare. Il camoscio dal can-to suo non si era accorto di niente. Mi ritrovai a ripetere tutte le azioni precedenti solo mirai leggermente più in basso. Un bel respiro e via. Una deliziosa sensazione quando il col-po va a segno, una bella pacca sulla spal-la e un generoso sorriso subito interrot-to da un pensiero: recuperare il camoscio. Non ti nascondo sia stata la parte più dif-ficoltosa e pericolosa di tutta la giornata. Rimasi molto a lungo a guardare quell’elegan-te esemplare di femmina di camoscio, esami-nai che l’abbattimento fosse conforme, l’età del selvatico e il suo stato fisico. Portammo fino alla macchina la camozza trascinando-la per le corna, recuperammo ottica, carabi-na, bossoli e zaini e concludemmo la gior-nata con qualche bella chiacchiera. Quella notte, dopo una generosa cena in famiglia,

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mi concessi un riposante sonno non prima di aver risposto a tutte le domande dei miei figli: sono certa che presto o tardi li porte-rò con me a caccia, ce l’hanno nel sangue.

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Caccia ai beccacciniin Romania

Caccia all’estero

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Il beccaccino mi ha sempre affascinato, fin dai primi anni di licenza ero attratto della saetta alata, allora con gli amici battevo le

zone costiere del viterbese, di ATC ancora non si parlava, Tarquinia, Pian di Spille e la foce del Mignone o l’alveo della valle del Baccano, spin-gendomi fino ai confini dell’allora oasi di Marti-gnano. Per queste cacce la partenza avveniva in piena notte, spesso direttamente dalle discote-

che romane o da feste private, specialmente nel periodo dell’apertura il risultato era assicurato, non molti ma qualche becco lungo ricompen-sava sempre le nostre uscite. Ricordo, una volta, battemmo prima la zona del poligono di Pian di Spille, poi, non soddisfatti, ci recammo vicino Tarquinia, in una zona dove erano stare costrui-te delle fondamenta i cui palazzi non erano mai stati portati avanti, questo aveva generato delle

In Romania esistono delle risaie a perdita d’oc-chio, qui se si trova il periodo giusto si possono re-alizzare importanti carnieri di beccaccini ai qua-li si aggiunge spesso anche qualche becco piatto.

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Caccia ai beccacciniin Romania

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“piscine” molto amate dai beccaccini. Arrivati sul posto notammo una Fiat 126 parcheggiata al limite della zona paludosa, curiosi di vedere chi fosse, i cacciatori che battevano quelle zone gli conoscevamo tutti e nessuno aveva una 126! Giunti vicino alla piccola utilitaria vedemmo un nostro amico, proprietario di discoteche roma-ne, addormentato sul sedile posteriore abbrac-ciato al fucile e sotto di lui un discreto mazzo di uccelli. Naturalmente non resistemmo e dopo aver scrollato per bene la macchina e averlo sve-gliato, ci disse di aver avuto problemi con il fuo-ristrada e pertanto aveva preso la macchina del-la moglie, per noi era inutile proseguire, era già

passato “Attila”. Quando l’amico Luca Lucarini di Agrofloracaccia mi ha proposto di recarmi da lui, a Braila in Romania, per cacciare i beccacci-ni in risaia, non ho esitato un attimo nel dare la mia disponibilità. Decidemmo per il 20 settem-bre, un po’ tardi, ma prima non potevo. Poco prima di partire mi chiamò Federico Cusimano di Sky Caccia e Pesca chiedendomi se, insieme ad un comune amico, potevano venire con me

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per fare delle riprese, gli dissi che mi faceva sicu-ramente piacere. Decidiamo per il volo Blue Air da Fiumicino a Bucarest, compagnia Low Cost che porta anche cani e fucili. Arrivati a Bucarest c’è un pulmino che ci aspetta e nel giro di un paio d’ore arriviamo alla casa di caccia di Braila, giusto il tempo di preparare le licenze di caccia e tutti a nanna, appuntamento alle 5,00 del gior-no seguente. La mattina abbiamo a disposizione un Land Rover 130 e Luca Moriggi, un italiano che da tanti anni si occupa di caccia in Romania, pertanto ci carica in macchina e partiamo, Fede-rico, il sottoscritto, Tommaso il comune amico e Salvo l’operatore video. Dopo poco, ancora a

buio, giungiamo all’immensa risaia, per questa mattina abbiamo deciso di cacciare a rastrello, battendo quelle zone dove il riso non è cresciu-to abbondante o i margini delle vasche, così da non recar danni alle colture. Appena s’incomin-cia a vedere qualcosa, la risaia si anima, bran-chetti di anatre si spostano dal luogo di pastura, cicogne nere sorvolano le nostre teste e partono in cerca della “colazione”, poi chiurli e trampo-

Caccia all’estero

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lieri vari popolano il cielo del primo mattino. Men-tre stiamo ammirando lo spettacolo, notiamo diver-si stormi di beccaccini en-trare nella risaia e buttarsi fra il riso alto, le premesse sono ottime e senza in-dugiare oltre ci rechiamo ad un prato allagato che Luca ci dice essere moto frequentato. Percorriamo il campo lungo circa 500 metri e largo 200 almeno cinque volte, avanti e in-dietro, e ogni volta trova-vamo un cospicuo numero di uccelli, molti partivano fuori tiro ma diversi cade-vano sotto i nostri colpi. La mattinata è proseguita battendo gli argini delle vasche dove il riso era alto e quasi maturo, questa vol-ta abbiamo portato anche i cani, la bracca di Federico e la setter di Tomma-so, e per la prima volta in vita mia ho fatto una coppiola ai beccaccini sotto ferma del cane, una gran bella soddisfazione, per me e per il cane che non aveva mai visto e fermato i beccacci-ni prima di allora. Dopo quattro ore di questa caccia eravamo esausti e siamo rientrati volen-tieri a casa, il pomeriggio ci saremmo dedicati alle quaglie. La seconda mattina provammo la caccia al capanno, caratteristica di queste zone e particolarmente adatta alla risaia. Nel mezzo di alcune vasche erano stati ricavati, nel riso, dei chiari di circa 70/80 metri di diametro, sul cui bordo erano stati realizzati dei capanni di can-nucce. Arrivammo a buio e a circa 20 metri dal capanno posizionammo alcuni stampi di tram-polieri e a poca distanza qualche altro di alza-vole, la mattina prima ne avevo notate diverse volare sulla risaia. Questa mattina sono solo, preparo tutte le mie cose, compresa la macchina

fotografica, e aspetto. Ancora a buio arriva una punta di tre o quattro alzavole, ma non riesco a vederle e dopo poco ripartono, alla prima luce una coppia di anatre “struscia” gli stampi e … le padello malamente, finalmente ne arrivano altre due di cui una viene a riempire il mio car-niere. Quando la luce aumenta si fanno vedere anche i beccaccini, si posano o passano a poca distanza dal capanno, si buttano come saette e spesso non riesco neanche a incannarli, comun-que fra padelle e tiri centrati il mio carniere di fine mattinata risulterà di 13 beccaccini e 1 al-zavola, niente in confronto ai risultati dell’aper-tura, dove cadevano oltre 100 beccaccini a ca-panno, ma comunque di grande soddisfazione e divertimento. Quest’avventura mi ha riportato ai vecchi tempi risvegliando in me l’amore per il Principe del padule, sicuramente tornerò in questa zona, sia per la bellezza della caccia che per la grande professionalità dell’organizzatore.

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Cani da cacciaCani da caccia

Lo Spinone italianobeccacciaio per natura e per tradizione

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La caccia alla Beccaccia, la Regina del Bosco, è uno dei tipi di caccia più affascinanti proprio per le difficol-tà che presenta a causa dell’indole di questo magnifico selvatico. La Beccaccia infatti è di per se molto furba e difficile da scovare, viene chiamata Regina dei Boschi non per niente; diffidente e sospettosa tanto che darle la caccia costituisce una sfida per qualsiasi cacciatore e per qualsiasi cane beccacciaio, anche per i più esperti.

Molte sono le razze di cani specia-lizzati nella caccia alla Regina del Bosco ma probabilmente il vero

beccacciaio per natura è lo Spinone Italiano

dotato di una grande attitudine per la scova del selvatico maggiormente messe in risal-to con spettacolari guidate e ferme statuarie frutto di un buon addestramento sul campo.

Lo Spinone italianobeccacciaio per natura e per tradizione

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Lo Spinone Italiano è un cane di grande mole dotato di una struttura solida e vigorosa grazie alla muscolatura ben svi-luppata ed alla robusta ossatura; caratteristiche particolari di questa raz-za di cani sono la tessitu-ra del pelo, per cui viene definito a “pelo duro”, e la conformazione della testa sia per l’espressione che per la posizione del pelo.Le origini di questa razza non sono ben chiare ma di Spinoni Italiani, “cani italici a pelo duro”, si par-la già durante la metà del ‘400 come di una razza particolarmente stima-ta e dotata di particola-ri tipicità ed attitudini; le informazioni si fan-no più certe sul finire dell’ottocento, quando lo Spinone raggiunse il suo massimo splendore e popolarità come cane da ferma con una buo-na diffusione soprattut-to in Lombardia, in Pie-monte ed in Veneto per poi essere apprezzato anche nel resto d’Italia.Con l’arrivo delle razze inglesi la diffusio-ne dello Spinone subì un notevole arresto al pari del collega Bracco Italiano, beccacciaio altrettanto bravo, ma la professionalità dimo-strata negli anni difficilmente venne dimen-ticata tanto che lo Spinone Italiano ancora oggi rappresenta una delle razze cinofile più ambite per la caccia, stimata per la solidità, la robustezza e l’affidabilità anche a largo raggio degli esemplari che le appartengono. Nono-stante i vari tentativi di incroci la razza dello

Cani da caccia

Spinone Italiano è giunta pura fino ai nostri giorni grazie alla professionalità, passione e la grande pazienza di alcuni allevatori privati che dopo la seconda guerra mondiale hanno fatto in modo di rivalutare e ricostruire questa razza con doti fisiche e psichiche inconfondi-bili tali da renderlo totalmente differente da qualsiasi altra razza anche a parità di lavoro. Lo Spinone Italiano è un cane molto rustico ed è stato dotato dalla natura delle caratteristiche necessarie a farne un grande cacciatore; i cani di questa razza sono dotati di finissimo olfatto,

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una eccellente capacità di cerca ma soprattutto sono dotati di ferma solida e sicura nonché di un’innata attitudine al riporto. Non manca allo Spinone Italiano la capacità di rendere il meglio di se su qualsiasi tipo di terreno grazie anche all’elevata resistenza che lo caratterizza sia nei periodi caldi che in inverno con tem-perature molto rigide e condizioni metereolo-giche avverse. Come già dicevamo lo Spinone Italiano possiede la capacità, particolarmente apprezzata, di allargare la cerca del selvatico su largo raggio, spesso addirittura fuori porta-ta del fucile, per poi fermarlo con una spetta-

colare immobilità fino all’arrivo del cacciatore a distanza utile per il tiro; immediato, dopo lo sparo, è lo scatto dello Spinone verso il sel-vatico abbattuto provvedendo a recuperarlo e riportarlo al cacciatore in brevissimo tempo.Altra caratteristica peculiare dello Spinone Italiano è la capacità di instaurare un forte legame di fiducia e complicità con il proprio conduttore pertanto ne risulta alquanto facile

l’addestramento, grazie anche alla grande in-telligenza di cui sono dotati i cani di questa razza che gli fornisce una eccezionale capacità di apprendimento. Lo Spinone Italiano infatti è per natura un cane ubbidiente, possiamo ad-dirittura dire innamorato del proprio condut-tore, per questo motivo ama soddisfare ogni desiderio, anche inespresso, del suo compagno tanto che spesso non gli servono comandi per comunicare con il proprio cane. L’indole dello Spinone infatti è dolce, pacifica ed affettuosa; per la sua pazienza e per la sua socievolezza è adatto anche per stare con la famiglia e con

i bambini. E’ una razza veramente unica per le sue doti morfologiche e comportamentali.Nonostante le doti dello Spinone siano insi-te nei suoi geni, affinché emergano al meglio, vanno comunque stimolate e perfezionate tra-mite un adeguato addestramento sul campo, a diretto contatto con i selvatici vivi; proprio per questo motivo sarebbe buona norma portare il cucciolone direttamente in campo già all’aper-

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Cani da cacciatura della stagione venatoria, anche se per lui sarà la prima volta, tenendo però in conside-razione che non si tratta già di vera caccia ma di una fase di addestramento. Proprio nell’ot-tica del periodo addestrativo inizialmente non è il caso di aspettarsi chissà quale carniere ma alla lunga il tempo speso per l’addestra-mento sul campo darà ottimi risultati sen-za dover ricorrere all’utilizzo di altri sistemi.L’istinto alla ferma e l’attitudine al riporto sono caratteri bel radicati nello Spinone di razza pura pertanto con l’addestramento sul cam-po verranno correttamente stimolati affinché

divengano primari nel suo comportamento.Uno degli insegnamenti che lo Spinone deve apprendere al più presto possibile è proprio il mantenimento della ferma sul selvatico evi-tando che questo frulli via fuggendo prima che il cacciatore sia a distanza utile per il tiro; un metodo per far capire questo concetto al cane potrebbe essere quello di evitare di spara-re al volatile frullato precocemente quando il

cucciolone si è avvicinato troppo o addirittura abbia tentato di afferrarlo saltandogli addosso. Con tale metodo addestrativo lo Spinone do-vrebbe imparare presto che l’amico cacciato-re desidera che egli resti immobile nella fer-ma e che, qualora questi decida di sparare al selvatico in frullo, tale scelta verrà addirit-tura interpretata dal cane come una specie di gratificazione che lo porterà ad affinare le proprie capacità stimolandolo a svolgere il proprio lavoro nel miglior modo possibile.Proprio grazie alle innate caratteristiche di cui è dotato ed alla sua congeniale risposta all’ad-

destramento, lo Spinone Italiano risulta ancora oggi in tutta Italia, uno dei migliori compagni di caccia soprattutto per quei cacciatori che ama-no insidiare la Beccaccia, la Regina del Bosco; al cacciatore che possiede uno Spinone Italiano di razza pura non resterà che scegliere il giu-sto fucile con le giuste cartucce ed un’adeguata location per concretizzare al meglio le fatiche dell’addestramento e della giornata venatoria.

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Fucili da caccia

sako 85 Hunter 7 - 08 Rem

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Nata all’inizio degli Anni Venti come officina di riparazioni d’armi e poi come produttrice di fucili rigati, la

Sako ha seguito con tenacia e gradualità un percorso tecnico e commerciale impronta-to allo spirito che anima i finlandesi fatto di

tanta sostanza e di signorile contenutezza. La rispondenza all’uso anche in climi estremi e una serie cospicua di vantaggiose caratteri-stiche ha sempre formato la connotazione di questi fucili a cui non è mai mancata anche la componente estetica di garbo e raffinatezza.

La Sako ha sempre mantenuto un livello qualitativo elevato nella progettazione e nell’esecuzione dei suoi fucili rigati raggiungendo una ben meritata notorietà di primissimo piano.

sako 85 Hunter 7 - 08 Rem

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L’ingresso sul nostro mercato risale ai primi Anni Sessanta grazie alle cure dell’importato-re Peroldo di Torino che aveva fatto conoscere anche in Italia una realtà oramai più che af-fermata negli Stati Uniti. Alcuni decenni più tardi l’ingresso dell’azienda costruttrice nella Holding Beretta ha dato un ulteriore respi-ro al complesso dove le radici tecniche sono implementate dal potenziale della grande società di Gardone. Esaminiamo l’ultima re-alizzazione, il Modello 85 in uno dei diversi allestimenti proposti, l’Hunter che, a nostro parere, interpreta compiutamente le attese del cliente tipo della fabbrica di Riihimäki.Senza sconfessare la scelta di funzionalità dell’inox abbinato al polimero, per certi versi insostituibile, passare lo sguardo su una bel-

un elemento superfluo: il disegno dell’insie-me come dei particolari obbedisce ai canoni immutabili dove la funzione crea la forma.Castello e otturatoreDa una billetta di acciaio legato e poi trattato termicamente viene ricavato il castello a fondo piatto di migliore stabilità, con anello anterio-re e ponte chiuso: il primo riporta la filettatura per il montaggio della canna, le mortise per le alette di chiusura e il prisma integrale di scarico delle forze che insiste su uno zoccolo in lega di alluminio fissato con due viti al fusto, mentre su entrambi sono ricavate le code di rondine per il fissaggio delle basi specifiche Optilock® finalizzate a un comodo montaggio dell’ottica.Due peculiarità in evidenza: la sagomatu-ra raccordata esterna dove le forme eleganti

la calciatura in noce e una meccanica brunita reca conforto allo spirito: impiegare nelle pro-prie attività oggetti in cui l’eleganza e lo stile non siano disgiunti dalla resa tecnica è una di-chiarazione di amore per la bellezza. Le armi Sako sono innanzitutto belle e ciò non appaia

contribuiscono alla rigidità strutturale, e la fi-nezza di proporre ben cinque diverse misure dell’azione per altrettanti gruppi di cartucce, fatto unico nelle realtà industriali del settore. L’otturatore è lavorato da un blocco unico di acciaio al NiCr quindi cilindro, testa e manu-

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brio non presentano soluzioni di continuità, come i memorabili Mauser K98; anche qui evidenziamo le ricercatezze come le tre alette in testa a sezione conica e con profilo ester-no ondulato per aumentare di numero i punti di contatto con il castello riducendone la su-perficie unitaria: la soluzione insieme alla ti-ratura delle parti induce quella scorrevolezza magistrale peculiare delle Sako. Le tre alette poi riducono l’angolo di manovra sveltendo l’operazione. La faccia presenta un cercine su-periore per accogliere e posizionare il fondello della cartuccia che, poco dopo lo sfilamento dal caricatore, passa sotto la tutela dell’estrat-tore a unghia, ben dimensionato e con mol-la e pistoncino interni; ancora si osserva la fresatura inferiore, non interferente in un’a-letta, in cui passa l’espulsore a lamina fissato in un traversino del castello, una soluzione unica nel novero degli otturatori a tre tenoni. Canna, scatto, caricatore La canna in acciaio al carbonio presenta una

sezione cilindro conica e lunghezza di 57 cm adeguati alla cartuccia camerata: la rigatu-ra a quattro principi destrorsi con passo di 1:9,5 viene rotomartellata a freddo, secondo una tecnica di cui Sako ha una storica padro-nanza, e l’egresso al vivo di volata è protetto da un invaso conico: i risultati di tiro espli-cano meglio di ogni parola quel che tale im-pianto riesce a realizzare. Su questo modello sono presenti le mire aperte con la tacca a U antiriflesso e il mirino a lama in tunnel, re-golabili in deriva e in altezza. Apprezzabile il trattamento di brunitura opaca antiossido.Lo scatto si avvale di un pacchetto metallico molto rigido e del grilletto singolo, curvo e con superficie di appoggio rigata: usandolo in mo-dalità diretta, con peso di sgancio intorno ai 1200 g, si ha una valida soluzione per il tiro in movimento mentre lo stecher alla francese, re-golabile e qui fissato intorno ai 210 g, è perfet-to per quello mirato. Il caricatore è all’altezza di tutto il resto: lamiera di acciaio inox imbuti-

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ta con nervature antisbattimento, suola eleva-trice sagomata nello stesso materiale e solida sporgenza di aggancio al dente della propria sede. Il rilascio avviene premendo sulla soletta e sul dente defilato per evitare sganci fortuiti. Calciatura e accessoriTorniamo a osservare il noce della calciatura apprezzando la scelta del materiale così come della linea dove si abbinano elementi della vec-chia Europa e concetti statunitensi: il connubio dà un appagamento visivo e funzionale di pie-na soddisfazione, completato dalla particolare zigrinatura dei campi di presa. Ancora un col-po d’occhio alle piccole scelte qualificanti come

la levetta a molla con superficie zigrinata, po-sta all’apice posteriore sinistro del castello, per svincolare l’otturatore a fondo corsa, oppure i due tasti a destra del castello, dietro all’incasso del manubrio, il maggiore dei quali coman-da la sicura, silenziosa, rapida e manovrabi-le quando si è già in punteria, mentre quello piccolo consente l’apertura dell’otturatore a sicura inserita, per scarrellare in tranquillità. Si può ben affermare che il Sako Hunter sia un fucile di classe elevata, di aspetto ele-gante, dai particolari tecnici raffinati e dal-le prestazioni consequenziali a tanta ap-plicazione nella ricerca e nell’esecuzione.

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scheda tecnicaCostruttore: Sako Oy - Tikka, Sakon Katu 2, FIN-11100 Riihimäki, Finlandia – [email protected] – www.sako.fiDistributore: azienda del gruppo Beretta che ne cura la distribuzione in Italia Modello: 85 Huntertipo: carabina a otturatore girevole scorrevole a ripetizione ordinariaCastello: anello anteriore e ponticello chiuso posterioreOtturatore: a tre alette in testa con chiusura nel castelloCanna: in acciaio speciale rotomartellata - profilo cilindro conico lunga 570 mm - monta-ta flottanteserbatoio: mobile da 5 cartucce in lamiera di acciaio imbutita, molla al silicio e suola ele-vatrice in lega leggera – soletta in acciaio Materiali: tutte le parti metalliche dell’arma sono in acciaio lavorato di fresa – alcune sono microfuseCalciatura: in noce sceltoCongegno di scatto: grilletto singolo con stecher alla francese – regolazione dal vano cari-catore estrattore: a unghia e molla inserita nel corpo otturatoreespulsore: a lamina fissa nel castellosicura: a tasto posto sul fianco destro del castello – blocca scatto, percussione e otturatore – tasto supplementare per scaricare l’arma a sicura inseritaMire: tacca di mira e mirino regolabili rispettivamente in deriva ed elevazione - attacchi specifici Optilock® finiture: brunitura opaca delle parti metalliche – lucida per il corpo otturatore – calciatu-ra con verniciatura a olio mezzo lucidoLunghezza: 1.075 mmPeso: 3.200 grammi circa senza otticaN. Cat: 16418Prezzo: 2.139,00 € (informativo)

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Auricolari Shothunt the decibel hunter

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Quante volte abbiamo pensato di liberarci delle ingom-branti cuffie protettive o dei fastidiosi tappi auricolari mentre ci trovavamo sulla linea di tiro in poligono, sul-la pedana da tiro a volo o durante una battuta di caccia?

Oggi finalmente è possibile grazie agli innovativi auricolari “Shothunt” prodotti dall’azienda italiana Euro

Sonit. Gli auricolari Shothunt costituiscono la risposta adeguata per chi cerca una valida alternativa alle ingombranti cuffie o ai tappi auricolari per potersi sentire liberi ma allo stesso tempo protetti mentre ci si dedica alla

propria passione. Si tratta infatti di un nuo-vo tipo di auricolare elettronico capace di assolvere allo stesso tempo sia alla funzione protettiva dell’apparato uditivo che alla fun-zione di amplificazione dei suoni naturali. Nello specifico gli auricolari Shothunt sono capaci di attenuare in automatico i suoni dannosi per l’apparato uditivo, come spari

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Auricolari Shothunt the decibel hunter

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e rumori prolungati che in genere superano gli 82dB, riuscendo ad abbattere il rumore fino ai ben più sopportabili ed innocui 32dB; tutto ciò grazie al processore 100% digita-le con tecnologia multicanale che consente di eliminare solo i suoni dannosi lascian-do però inalterati anche i suoni più acuti.Allo stesso tempo Shothunt riproduce ad alta fedeltà i suoni naturali amplificandoli fino a 20dB senza mai alterarne il naturale ascolto; la direzionalità dei suoni natura-li assicura un ascolto a 360°. Gli auricolari elettronici Shothunt non temono le intem-

perie e l’umidità poiché tutta la componen-tistica elettronica interna è idrorepellente grazie alla nano-tecnologia P2i Aridion™; questo trattamento di assoluta innovazione tecnologica conferisce agli auricolari Sho-thunt un’eccezionale affidabilità assicurando una totale protezione contro l’acqua, l’umi-dità, il sudore e quindi la corrosione. Tutti

possono utilizzare gli auricolari Shothunt poiché, grazie allo Standard Fit adatto alla maggior parte dei padiglioni auricolari, non necessita di una precedente presa d’impron-ta per modellarli al nostro condotto uditivo. Questo tipo di apparecchio è dotato infatti di una forma Half Shell a conca ergonomi-ca capace di garantire un’eccellente tenuta all’interno dell’orecchio; inoltre i gommini Comply™ Memory Foam di cui sono dota-ti gli auricolari Shothunt permettono una perfetta adattabilità e aderenza a tutti i con-dotti uditivi garantendo il massimo comfort

a tutti gli utilizzatori. Testimonianza della grande affidabilità degli auricolari elettro-nici Shothunt viene fornita dal Guinness World Recordman, Raniero Testa, detento-re di due record mondiali di tiro a volo tra cui il record conquistato colpendo dodici piattelli lanciati contemporaneamente sen-za farli cadere al suolo e quello conquista-

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FAccessori per la caccia

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to colpendo nove piattelli in 1,1 secondi.Shothunt è un prodotto esclusivo di Euro Sonit Srl, azienda leader in Italia nella pro-duzione e importazione di apparecchi acu-stici da sempre impegnata, in termine di ri-cerca e di risorse umane, nello sviluppo di dispositivi medici contro la sordità soprat-tutto con modelli intrauricolari di elevato li-vello qualitativo. Secondo lo spirito che l’ha caratterizzata in tutti questi anni Euro Sonit ha intrapreso la ricerca di nuovi prodotti e nuove soluzioni anche in altri settori, in par-

Sonit progetta, realizza e brevetta Shothunt ®, l’innovativo auricolare elettronico protet-tivo rivolto a tutti gli appassionati di caccia e tiro sportivo specificamente ideato per pro-teggere il loro udito. Gli auricolari Shothunt sono in vendita, sul sito dedicato shothunt.com, al prezzo di 590,00 euro; All’interno della confezione sono inclusi: una coppia di Auricolari Elettronici Protettivi Shothunt, un comodo astuccio protettivo, una confe-zione blister contenente sei batterie, sei gom-mini in tre diverse misure (small, medium,

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ticolare quello della caccia e del tiro sportivo. Proprio per perseguire al meglio tale scopo l’Azienda si è quindi rivolta alle associazioni venatorie, parlando direttamente con i cac-ciatori, e si è recata presso i centri di Tiro a Segno nonché alle manifestazioni sportive al fine di avere i necessari riscontri e valuta-zioni dai diretti interessati al principale uti-lizzo del prodotto che i ricercatori avevano in mente. In base ai risultati ottenuti Euro

large) per poter adattare perfettamente gli apparecchi acustici al vostro condotto uditi-vo in modo da garantirvi il massimo confort durante l’utilizzo ed infine uno spazzolino per la pulizia ordinaria. Gli auricolari Sho-thunt vengono venduti con una garanzia di 2 anni. Sentiti libero di praticare la tua passione senza ingombri ed impedimenti proteggendo allo stesso tempo il tuo udito, utilizza gli auricolari elettronici Shothunt.

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Questa cartuccia è davvero uno stru-mento di ultima generazione, perché realizzato con tecnologie e materiali

che cercano di restare il più possibile fedeli alle performance balistiche delle cartucce in piom-bo. La munizione di cui parliamo si chiama RWS Evolution Green, ovvero l’evoluzione ver-de ed ecologica, come verrebbe da tradurre in italiano. RWS è un prestigioso marchio tedesco che dagli anni ’30 produce munizioni a palla.Il marchio ha origine dalle Rheinisch-Westfäli-schen Sprengstoff-Fabriken, fabbriche che pro-prio nel 1931 divennero di proprietà di Alfred No-bel, inventore del premio Nobel. Forse non tutti

sanno che Alfred Nobel è stato anche l’inventore della dinamite e che, quindi, il premio Nobel dato ogni anno a personaggi di spicco in molti campi ( compresa la Pace) nasce da un’idea dell’inventore di uno strumento usato anche per scopi di guerra.Fortunatamente, la cartuccia RWS Evolution Green serve per scopi di caccia e, precisa-mente, per cacciare ungulati di grossa taglia. RWS comprende anche la divisione Rottweil, che si occupa della produzione delle cartucce a pallini. Queste aziende tedesche sono ormai lea-der nel mercato internazionale delle munizioni da caccia e da tiro sportivo. La loro produzione ha saputo inseguire i cambiamenti dei tempi e le

“ Questa cartuccia può fare tutto quello che le altre si vantano di poter fare”. Cosi si esprime uno dei cac-ciatori che lo scorso anno sono stati invitati a testare una cartuccia a palla senza piombo.

RWS evolution greenla cartuccia a palla senza piombo con le per-formance del piombo.

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Munizioni

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evoluzioni tecnologiche che li hanno accompa-gnati. Non a caso, una parte della moderna pro-duzione è stata ribattezzata proprio “Evolution” , per indicare i progressi fatti nel campo delle car-tucce di ultima generazione. La cartuccia a palla RWS Evolution Green esternamente si presenta con la stessa forma di quelle in piombo, solo che al suo interno non c’è traccia di piombo, ma di stagno, minerale usato anche nell’industria ali-mentare per produrre la famosa carta stagnola, ormai sostituita dalla carta in alluminio lamina-to. Secondo alcuni, lo stagno rientrerebbe nella lista dei metalli tossici come il piombo e il cad-mio, ma altri sostengono che l’assorbimento per via orale di questo materiale sarebbe trascurabi-le. In questa sede, però, non stiamo parlando di prodotti alimentari, ma di munizioni da caccia.Per la RWS Evolution Green, lo stagno riguar-da la parte anteriore della palla, dove vengo-no creati anche dei punti di rottura che de-terminano l’efficacia balistica del proiettile. Il blocco del proiettile, durante la penetrazione nel bersaglio, avviene grazie a una punta in poli-mero realizzata in tecnologia Speed Tip. Questa tecnologia consente di abbattere il selvatico sul posto, senza doverlo cercare altrove. RWS Evo-lution Green, insomma, provoca nella preda una “morte dolce”, così come accade con la palla in piombo, che, per la sua caratteristica di defor-marsi dopo lo sparo, colpisce l’animale senza la-cerarlo e senza causargli una morte lenta o una corsa agonizzante verso un luogo in cui morire. Rispetto alla palla in piombo, RWS Evolution Green subisce una minore deformazione a lun-ghe distanze, ma la resa balistica viene mante-nuta dalla forma ottimizzata del proiettile, dalla punta e dal bordo netto, che garantiscono una traiettoria radente , energica e veloce e un’entrata perfetta della palla, la quale, con la coda stabile, fuoriesce facilmente ed è perfettamente rintrac-ciabile. L’interno in stagno della palla è ricoper-to da nichelatura per evitare problemi nelle can-ne. RWS Evolution Green è stata testata, la scorta estate, in Germania, attraverso cento tester di prodotto selezionati tra 500 cacciatori candidati.

Il test ha fornito i seguenti risultati: i maggiori abbattimenti si sono realizzati a una distanza di tiro tra 50 e 100 metri; nel 50% dei casi la preda è caduta sul punto di impatto; nel 35% dei casi, a una distanza di fuga di 40 metri. Durante il periodo di prova, le specie più cacciate sono state il capriolo da 20 chili e il cinghiale da 45 chili. Nel 98% degli abbattimenti si è evidenziato un foro di uscita. La cartuccia è stata maggiormen-te usata sul calibro .30-06 e sull’ 8x57IS. RWS Evolution Green è disponibile anche per diversi calibri, ovvero: 30.R blaser, .300 Win. Mag, .308 Win, 7 mm Rem.Mag, 7x57R, 7x64, 7x65R, 8x57JRS, 9,3x62, 9,3x74R. I tester che hanno ef-fettuato le prove hanno anche espresso le loro opinioni. La gran parte di loro considera la resa balistica di RWS Evolution Green estremamen-te efficace. Alcuni tester rivelano di non averla provata su selvaggina più grossa e di aver verifi-cato un deprezzamento, ma anche la distruzio-ne, della selvaggina più piccola. I tester hanno anche evidenziato che le schegge di RWS Evo-lution Green sono più energiche rispetto a quel-le di altre cartucce e penetrano più facilmente nelle costole dell’animale. Per il resto, rispetto ad altre munizioni a palla, RWS Evolution Green non causa ematomi. Alcuni tester concludono con l’opinione che il proiettile testato sia molto efficace e potente a distanze ridotte e che, nono-stante la precisione di tiro, bisognerebbe usarlo per distanze non inferiori ai 100 metri. In caso contrario, l’onda d’urto dei colpi nel torace po-trebbe danneggiare gravemente l’intestino della selvaggina. Sui possibili limiti di RWS Evolu-tion Green, i tester consigliano di chiudere un occhio, perché in realtà non si tratta di limiti o difetti, ma delle conseguenze di un uso non ap-propriato della cartuccia, pensata proprio per i tiri lunghi alla selvaggina di medie dimensioni. L’unico neo di RWS Evolution Green è il prez-zo, troppo alto rispetto alle cartucce tra-dizionali e quindi poco accessibile per i cacciatori a basso reddito. Questo punto a sfa-vore potrebbe però cambiare molto presto an-che grazie ai continui mutamenti del mercato.

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Il FastFire II appartiene alla famiglia delle ottiche con sistema di puntamento rapido, adatto a tutti i tipi di fucile e carabine da caccia. Quest’otica consente un’acquisizione del bersaglio molto veloce e precisa: basta allineare il punto rosso sul bersaglio e premere il grilletto.

una reputazione di tutto rispetto negli USA. In attività da oltre 40 anni, la Burris è specializ-zata in ottiche professionali per cacciatori pro-fessionisti. I suoi prodotti vengono considerati robusti ed affidabili, i quali garantiscono pre-stazioni di altissimo livello in ogni situazione

La BURRIS è un’azienda americana, con-siderata come un’icone nel campo delle ottiche. Ha sede nella cittadina di Gre-

eley, un comune degli Stati Uniti d’America, nella Contea di Weld, nello stato del Colorado. La Burris ha conquistato fette di mercato ed

Burris FastFire IIquando il puntamento veloce è un’esigenza irrinunciabile

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Ottichee territorio. La Burris, così come tutte le azien-de che desiderano rimanere competitive sul mercato, ha scelto la strada dell’innovazione tecnologica, connessa alla grande tradizione e passione americana per la caccia. Le ottiche della Burris montano più di 100 singoli com-ponenti in alcuni cannocchiali, a testimonian-za della volontà di offrire prodotti altamente performanti. Alcuni considerano le tecniche di lavorazione adottate in quest’azienda superio-ri agli gli standard ottici tedeschi, quest’ultimi considerati i i migliori e scrupolosi al mondo. Per confermare quanto appena scritto, è utile citare il lancio sul mercato del mirino Balli-stic Laserscope con lenti luminose e cristal-line, combinate con un calcolatore di portata ed una compensazione automatica della tra-iettoria, testati sul campo. Molte delle ottiche Burris, come la serie SixX, offrono un design

avanzato con l‘indice di ingrandimento 6:1, il quale consente di settare velocemente il giusto livello di potenza per ogni situazione di caccia : dalle boscaglie più impenetrabili alla preci-sione a lunga distanza. La Burris è conosciuta anche e soprattutto per i suoi brevetti, come

il primo reticolo costantemente centrato sen-za ingrandimento, in cannocchiali di potenza variabile; i primi cannocchiali 4 – 12 x, 6 – 18 x e 8 – 32 x; il primo cannocchiale a doppio reticolo con compensatore di traiettoria Accu-Range; i primi cannocchiali a potenza variabi-le per pistole; il primo cannocchiale costruito in titanio; il primo reticolo a piano singolo con compensatore di traiettoria; il primo puntato-re ottico per pistola che si monta sul norma-le piano di mira (sistema SpeedBead); infine, il primo cannocchiale che offre un targeting laser, fornendo una perfetta inquadratura dell‘angolo di sparo associata alla cartuccia che verrà utilizzata (il Ballistic LaserScope). Come accade quando viene descritta una nuo-va azienda, è nostra cura dare la possibilità al lettore di farsi un’idea della tecnologia che viene utilizzata nella costruzione del prodotto,

in questo un’ottica con sistema di puntamento rapido. Il FastFire II è frutto di questo livello tecnologico raggiunto dalla Burris. In primo luogo, speciali sistemi di espansione mecca-nica vengono utilizzati al fine di eliminare le ripercussioni degli urti multipli all’interno del

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cannocchiale, assicurando così integrità, pre-cisione della messa a fuoco e alte prestazioni senza la necessità della correzione della paral-lasse per tutti gli ingrandimenti possibili. La resistenza ai graffi e alla corrosione, quest’ul-tima migliorata di 4 volte, viene assicurata dall’anodizzazione Hard-Coat classe II tipo

III per la massima resistenza ai graffi. L’utiliz-zo di superiori componenti metallici conferi-scono alle ottiche Burris la più alta qualità ed un’incredibile durevolezza. A questo proposi-to, la Burris utilizza l’ottone 360 per le cellule di formazione invece dell’alluminio, al fine di garantire prestazioni molto più precise e co-stanti. Il regolatore a tasti e gli anelli di rego-lazione sono in acciaio rinforzato per ottenere estrema resistenza. I cilindri esterni sono co-struiti in un unico pezzo ed hanno origine da un’estrusione di spesso alluminio aeronautico.

Le aree critiche dell’ottica sono state ingrossate per assicurare un sostegno estremamente for-te per ogni cannocchiale. I cilindri a camme sono composti da alluminio ad alta resistenza alla tensione, tipo 7075-T6, ottenendo un’al-ta resistenza nei punti di impatto, facilitare la messa a fuoco precisa e alte prestazioni senza

correzione della parallasse per tutti gli ingran-dimenti possibili. All’interno è stata applicata una doppia forza elastica interna congiunta al sistema interno di zoom per non avere conse-guenze negative nei punti di impatto sottoposti a severi contraccolpi o a vibrazioni, derivan-ti dal trasporto ad esempio trasporto. Molte case produttrici di ottiche, al contrario, usa-no semplicemente una molla in questo caso. I sigilli quadrangolari specifici sono montati in alcuni punti per fornire una doppia garan-zia contro l’appannamento. La Burris ha scel-

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Ottiche

to di utilizzare sigilli quadrangolari a quattro punti di chiusura, al posto dei soli due punti di chiusura. I cannocchiali Burris sono testati per resistere all’estrema forza di 70 G, ossia 60 volte la forza che un razzo Saturn V necessita nella fase di massima potenza. Ogni cannoc-chiale della Burris è riempito ad azoto, che in seguito viene aspirato. Questa procedura vie-ne ripetuta 24 volte per ottenere l’assoluta as-senza di umidità all’interno del cannocchiale.

Al termine di questa procedura, viene lasciato all’interno di ogni cannocchiale un gradiente finale di azoto da laboratorio. Inoltre, le lenti vengono multi-rivestite, una procedura dalla quale si ottiene la migliore trasmissione del-la luce su tutto lo spettro. Ogni rivestimento di ciascuna lente ha lo spessore di 1 nanome-tro, con il risultato di una notevole riduzione dei riflessi ed una maggiore trasmissione della luce. Veniamo ora al FastFire II. Con quest’ot-tica a puntamento rapido non c’è necessità di

allineare e mettere a fuoco su tre elementi lar-gamente separati – vista frontale, vista poste-riore e bersaglio. Basta semplicemente collo-care il punto rosso sul bersaglio e premere il grilletto. Con un peso di soli 51 g, il FastFire II non subirà nessun danno anche se si usano calibri magnum e può tranquillamente essere utilizzato nelle condizioni meteo più avverse. Funziona a batteria al litio CR2032, la quale dura circa 5 anni. Le caratteristiche tecniche del FastFireII sono le seguenti : 100% imper-

meabile, possibilità di mira con entrambi gli occhi, controllo elettronico della luminosità, sub tensione del puntatore di 4 MOA (5,8 cm a 50 m), campo visivo totale ed illimitato grazie all’ingrandimento 1x e spegnimento automa-tico quando è inserito il coperchio protettivo.Con il FastFire II punterete il bersaglio molto velocemente e non sprecherete un solo colpo, perché la preda non è mai stata così facile da inquadrare.

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Ci si innamora della caccia alle ana-tre mai per caso, ma per una predi-sposizione genetica. A me il colpo di

fulmine mi ha letteralmente folgorato du-rante una vacanza in casa di un carissimo amico di scuola. Allora ero ancora all’uni-versità e pur di fug-gire dai libri si face-va davvero di tutto. Alberto mi portò in quello che oggi è diventato un mera-viglioso parco natu-rale a Fogliano, poco a sud di Roma, con suo padre che mi iniziò a quella forma di caccia che in pochi conoscono: in botte o dal cestino come amava chiamarla lui. Il capanno era detto cestino in quanto compo-sto da frasche posizionate con cura su una piattaforma di legno. Il tutto veniva lasciato sull’acqua e lo si poteva raggiungere esclusi-vamente con una piccola imbarcazione. Po-tete immaginare il mio disagio quando mi chiesero di montare su quel barchino: io vivo in montagna e l’acqua navigabile la vedo di rado. Metti che il mio senso d’equilibrio era precario, metti che il buio era pesto e che il

barchino andava con una velocità inaspetta-ta, fatto è che ricordo ancora quel momento con grande emozione. Il capanno era ben nascosto, ma il padre di Alberto conosceva quella laguna come le sue tasche: ci lasciò sul capanno e si dedicò alla disposizione di un

centinaio di stampi e richiami vivi. Veloce era veloce quell’uo-mo, forse preso da una frenesia che ri-usciva a celare alla grande. La selvag-gina non si fece at-tendere e per quanto quello non fosse il mio habitat, riuscii

a portare a casa qualche soddisfazione, ma mi beccai quella brutta malattia che è la pas-sione incontrollabile per la caccia alle anatre. Per inseguirla sono arrivato ovunque, persi-no negli Stati Uniti. A quei tempi nel Montana davvero in pochi si dedicavano a questo genere di caccia, ma io in quel paese lontano per mo-tivi di lavoro, non riuscii proprio a resistere. Devo dirtelo, la caccia lì era decisamente più semplice: era sufficiente avvicinarsi ad uno dei tanti laghetti naturali presenti nella zona e non era nemmeno necessario far chissà

Racconti di caccia

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Caccia alle anatre, una passione che non conosce confini: Riccardo racconta le sue esperienze passando da Roma fino al Montana e all’Alaska.

Anatre dal capanno negli U.S.A.

La selvaggina non si fece attende-re e per quanto quello non fosse il mio habitat, riuscii a portare a casa qualche soddisfazione, ma mi beccai quella brutta malat-tia che è la passione incontrol-labile per la caccia alle anatre.

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che per nascondersi. Ricordo di mattine in-tere passate a contare germani, codoni, al-zavole, canapiglie: certo le cose non devono essere più così nemmeno nel Montana, per lo meno da quel che mi dicono gli amici del-la zona, ma nel ricordo gli Stati Uniti reste-ranno per me il sogno di ciascun cacciatore. Le anatre intravedendomi naturalmente scattavano e sorvolavano la mia figura con una velocità sorprendente. Imparare l’arte della pazienza è stato fondamentale: se avessi sparato in quel momento non sarebbero più tornate per almeno qualche giorno e le avrei trasformate in creature più che sospettose. Era molto meglio trovare un piccolo angolo nascosto, costruendolo se necessario e aspet-tare: non mi hanno mai fatto attendere più

di una ventina di minuti. Tornavano un po’ per volta e in quel momento il mio istinto di cacciatore si risvegliava: quelli erano sen-za ombra di dubbio i momenti più frenetici dell’intera giornata di caccia. In quei mo-menti non ti devi far prendere dall’entusia-smo: va bene l’eccitazione, siamo cacciatori ma pur sempre umani, eppure devi tenere i piedi per terra. Il carniere legale non dove-va superare i 7 esemplari, e se tutto andava bene, in una mezzoretta riuscivo a portare a casa un bel bottino. I primi tempi non mi facevo accompagnare nemmeno dal cane per il riporto: il più del lavoro lo facevano le correnti, e le anatre che proprio non riuscivo a recuperare personalmente, venivano por-tate a casa grazie all’uso di una comodissima

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canna da pesca, che faceva il lavoro sporco. La regola che m’ero imposto era semplice: mai frequentare due giorni di seguito il me-desimo posto. Bisogna avere cura dei luoghi di caccia e rispettare i suoi esemplari. Cer-cavo sempre di lasciare una, due settimane di tregua ad ogni location, in quel modo le anatre non s’impaurivano troppo e le mie giornate di caccia passavano via tranquille. Il lavoro qualche anno più tardi mi ha por-tato in Alaska: sì c’è freddo, c’è freddissimo e cacciare le anatre non è per niente semplice. I cacciatori certo non mancano e le anatre con il passare del tempo si sono fatte, giu-stamente, sospettose. Eppure non perdo le speranze: quando posso mi reco nelle anse dei fiumi o nelle foci, perché di laghet-ti accessibili qui non ce ne sono poi tanti, ma di questo racconterò la prossima volta.

Racconti di caccia

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Disturbi visivinel cane da caccia.

Veterinaria

La vista è un bene prezioso, sia per gli uomini che per gli ani-mali. Entrambi possono condividere dei disturbi visivi in grado di compromettere qualsiasi attività, caccia compresa.

Tra le patologie che presentano una certa rilevanza nell’ambito della cac-cia, vogliamo ricordare le miode-

sopsie, conosciute anche come “ mosche volanti”. Questo disturbo è causato dalla degenerazione del corpo vitreo, la sostanza gelatinosa che si trova nel lato posteriore del globo oculare. Quando il corpo vitreo di-minuisce, si sfalda o si disidrata, si ha come l’impressione di avere dei puntini o dei fi-lamenti che fluttuano davanti agli occhi. Gli oculisti rassicurano sugli effetti di questa malattia, che non è assolutamente legata a un probabile rischio di cecità. I disagi di chi è affetto da miodesopsie riguardano, però, la compromissione delle immagini, disturbate dalla presenza di questi fastidiosi “mosceri-ni “ che saltano dall’alto in basso davanti agli occhi. Il cacciatore affetto da miodesopsie, infatti, per non vederle, ha bisogno di sta-re lontano da fonti di luce, rischiando una cattiva mira nell’uso del fucile e conseguen-ti spari a vuoto o molto pericolosi. Il cane, invece, spaventato da queste strane tracce oculari, potrebbe innervosirsi o non pre-stare attenzione alla preda da inseguire o da individuare. Insomma, leggendo queste

poche righe avrete capito che per cacciare bene, gli occhi del cacciatore e del suo cane devono essere in buona salute. Non a caso, per ottenere la licenza di caccia, gli esseri umani appassionati di arte venatoria devo-no sottoporsi proprio a un’approfondita vi-sita oculistica. Diverse, però, le cause delle miodesopsie negli uomini e nei cani. Nei primi, la degenerazione vitreale può essere determinata da miopia elevata ( causa che

l’uomo condivide con l’animale), denutrizio-ne e invecchiamento, mentre nei secondi, esclusivamente da cau-se genetiche non anco-ra del tutto chiare. Uno studio riportato sul sito

dell’Associazione “Cielo Azzurro Onlus” e condotto da James V. Schoster, veterinario della Highland Animal Hospital del Minne-sota USA, ha evidenziato che le miodesopsie colpiscono prevalentemente i levrieri, razza canina dalla testa piccola e dal corpo snello, adatta allo scatto, alla velocità e all’insegui-mento della preda “ a vista”. In questi cani, le miodesopsie possono rivelarsi davvero fastidiose, perché lo scatto dei levrieri è de-terminato proprio dall’individuazione visi-va della preda e non dal fiuto o dai rumori emessi dalla selvaggina. I levrieri da caccia

Anche il miglior amico dell’uomo soffre di di-sturbi visivi legati alla degenerazione vitreale

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affetti da miodesopsie diventano dunque degli ausili venatori non idonei a garantire delle buone prestazioni di caccia. Secondo i dati del CERF americano (Canine Eyes Re-gister Foundation), riportati sempre dall’As-sociazione “Cielo Azzurro Onlus”, dal 1991 al 1999 le miodesopsie hanno colpito il 18% dei levrieri italiani e il 6% dei levrieri Whip-pet, cioè inglesi. Le due razze hanno origini temporali molto lontane tra loro: la prima risale addirittura a 5 mila anni a.C, mentre la seconda è stata selezionata nell’Ottocen-to da operai minatori inglesi. Nonostante le diverse origini, le probabili cause genetiche alla base della degenerazione vitreale han-no determinato miodesopsie anche nelle nuove generazioni di levrieri. Le terapie per curare le “mosche volanti” sono ancora og-getto di studio e perfezionamento. Per l’uo-mo viene spesso consigliato di bere molto e di assumere degli integratori vitaminici; per il cane da caccia, la soluzione più valida resta la selezione genetica. Se i genitori del levriero soffrono di degenerazione vitreale, è probabile che trasmettano il disturbo an-che ai cuccioli. Gli allevatori e i cacciatori dovranno, dunque, fare attenzione alla scel-ta dei levrieri da caccia. Non è semplice, però, effettuare una selezione tra levrieri sani e malati perchè non è ancora possibi-le individuare precocemente la malattia. Un levriero affetto da degenerazione vitreale si scoprirà solo con un’accurata visita oculi-stica in cui le pupille dell’animale verranno dilatate per controllare la parte posteriore dell’occhio. Gli studi genetici mirano, però, a mettere a punto dei test per individua-re anche i portatori sani di questi disturbi visivi. Nel frattempo, gli allevatori devono avere cura di sottoporre gli animali a speci-fiche visite oculistico-veterinarie. L’obbligo di controllare la vista con regolarità spetta anche al cacciatore, perché una buona vi-sione è sempre alla base di una buona mira.

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Veterinaria

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femmina di bracco ungherese

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Sul proSSimo numeroUngulati: armi e calibri per la caccia al cervo

Veterinaria: sindrome di Wobber

Fucili da caccia: FAIR Jubilée Prestige 20/76

caccia passioneAnno III – N° 02 – febbraio 2014www.cacciapassione.comDirettore responsabilePierfilippo MeloniVicedirettoreDomenico MansuetoDirettore MarketingValerio [email protected]

CollaborazioniClaudia Zedda, Diego Mastroberardino, Giovanni Di Maio, Rosalba Mancuso, Pierfilippo Meloni, Domenico Mansueto, Kalaris, Valerio Troili, Federico Cusimano, Emanuele Tabasso.traduzioni, Grafica e impaginazioneA cura della RedazionePubblicitàIlaria Troili - Cell. [email protected] Caccia Passione, ShutterstockredazioneVia Camillo Golgi, 1 - 20090 - Opera (MI)[email protected]. 3383243383service ProviderMade Network srlVia Macanno, 59 - Rimini (RN)

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