Buongiorno Ticino N.3

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Mensile della Svizzera italiana di approfondimento, cultura e tempo libero

Transcript of Buongiorno Ticino N.3

Cari lettori,

eccoci giunti al mese di dicembre. L’ultimo mese dell’anno segna l’inizio dell’inverno, che è l’ultima delle 4 stagioni ma anche la prima. Le foglie sono ormai cadute e gli alberi sono spogli. Gli animali vanno in letargo e il bianco della neve presto prenderà possesso del pa-esaggio, come a volerci fermare tutti, come per volerci dire che è il momento in cui tutto viene invitato a rintanarsi a riposare, per prepararsi alla prossima annata.

L’inverno è il momento delle riflessioni della vecchiaia e anche la gioia dei bambini quando arriva la rima neve. L’inizio dell’inverno, scaldato dalle luci delle decorazioni natalizie e dai camini accesi, ci accompagna verso la fine del vecchio anno e verso l’inizio di quello nuovo. L’inverno finisce molto dopo la fine dell’anno, per poi lasciarci alla nascita della primavera con lo sbocciar dei fiori, dei boschi e dei prati che risplendono tutti i colori dell’arcobaleno. Ecco il vero segnale dell’arrivo del nuovo anno! Ecco il vero momento che ci indica l’inizio della nuova stagione, il momento di uscire a seminare i campi, sperando sempre che la nuo-va annata sia migliore di quella appena trascorsa.

L’inverno, con la sua morte apparente rappresenta il segmento che unisce il prima e il dopo, È la rappresentazione di quel momento del ciclo in cui quando qualcosa finisce, qualcos’al-tro ricomincia. In Natura questo contrasto è indispensabile.

Mi piace pensare che l’inverno del periodo che stiamo vivendo stia ormai giungendo alla conclusione, per lasciare spazio ad una nuova epoca. Attendo speranzoso di vedere sbucare i primi fiori della Coerenza, dell’Amore e della Carità da sotto la neve.

Nell’augurio che i miei e i Vostri sogni diventino realtà, porgo a tutti Voi i migliori Auguri per un felice Natale ed un 2010 ricco di buoni propositi ma non solo…

Emiliano Frigeri

CASA EDITRICE

DIRETTORE EDITORIALEEmiliano Frigeri

REDATTRICENicoletta Di Marco

SEGRETARIAPaola Ortelli

COLLABORATORI

COLLABORATORI (in ordine alfabetico per nome)Armando Besomi, Christian Ponti, Club ‘74, Corinna Bielic, Dott. Da-vide Marchini Gattoni, Federica Farini, Flavio Cardellicchio, Fran-cesco Bortoluzzi, Jole Lago, Luca Sbrigata, Matteo Buzzi, Michele Gazo, Rete3, Sebastiano Brocchi, Sergio Guaita, Sergio Rossi, Tanya Lecchi, Vanessa

GRAFICA

ART DIRECTORDavide Calà

ILLUSTRATORE - FUMETTISTAJoel Pretot

FOTOGRAFIENicola Liver, Drago Stevanovic,Joel Pretot, Irina Boiani

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6Dal rubinetto l’oro blu

reportage

La distribuzione delle acque po-tabili nel mondo non è infatti egualitaria. Vi sono stati che per la loro posizione e conformazio-ne morfologica ne sono pieni

(fortunatamente per noi la Svizzera è fra questi) e altri che ne sono praticamente privi. La maggior parte di essa, infatti, è concentrata in alcune aree del globo: Si-beria, Nord America (regione dei grandi laghi), nei laghi Tanganika, Vittoria e Ma-lawi in Africa. I principali sistemi fluviali sono invece: Rio delle Amazzoni, il Gan-ge con il Bramaputra, Congo, Yangtze e Orinoco.

Importanza strategica dell’ ”oro blu”

Data la fondamentale importanza dell’ac-qua per la presenza della vita sul nostro pianeta e per la sopravvivenza stessa di

noi esseri umani, è ovvio che quando de-gli stati confinanti si ritrovano a sfrutta-re la medesima fonte d’acqua potabile o quando in una particolare area questa preziosissima risorsa scarseggia, si venga-no a creare tensioni e in alcuni casi vere e proprie guerre, per l’approvvigionamen-to idrico.

Consumi in Europa e Svizzera

L’Europa è in controtendenza rispetto al resto del mondo in cui la maggior parte delle risorse idriche vengono utilizzate nell’agricoltura, seguita dall’industria ed infine dalle economie domestiche. Da noi, infatti, i più elevati consumi si regi-strano nel settore industriale, poi in quel-lo agricolo e nel privato.Nell’ultimo secolo il fabbisogno di acqua nel nostro continente è di molto cresciu-to, passando nelle’Europa occidentale dai

circa 100 Km3 l’anno del 1950 ai circa 560 del 1996.Soffermandoci sulle economie domesti-che, è interessante notare come esistano delle differenze significative nel quanti-tativo utilizzato pro capite, che poco ha a che vedere con fattori come la ricchezza, il tenore di vita o il grado di diffusione delle tecnologie.

Fonte: IWA, International Water Associa-tion, Bejing 2006

Da questi dati, emerge che il consumo di acqua pro capite dei cittadini svizzeri è superiore a quello degli altri paesi presi in esame. Anche nell’agricoltura la Svizzera utilizza molte più risorse degli altri, ad ec-cezione dell’Italia: magra consolazione se si paragonano l’estensione del territorio e la l’ammontare dei prodotti agricoli col-tivati nei due paesi…

Acqua in bottiglia o acqua del ru-binetto?

A proposito dell’utilizzo che fanno i priva-ti cittadini dell’acqua, è importante fare anche una riflessione sul consumo di ac-qua minerale. Molte persone, infatti, pre-

Cent’anni di acquedotto a Piazzöödi Luigi Sulmoni

Nonostante la superficie terrestre sia composta al 70% da acqua, solo una minima parte di questa è dolce (circa il 3%), il resto è

dato dall’acqua salata dei mari e degli oceani. La maggior parte dell’acqua dolce proviene dai ghiacciai e dalle nevi perenni,

un’altra buona porzione è presente nel sottosuolo e una inferiore nei fiumi e nei laghi, che rappresentano però le fonti di

approvvigionamento principali per moltissimi paesi.

Tunnel per lo stoccaggio dell’acqua della sorgente principale

Molte persone, infatti, preferiscono acquistare

e trasportare pesanti confezioni d’acqua

piuttosto che bere quella che fuoriesce dal rubinetto di casa ritenendola, spesso

erroneamente più sicura perché più controllata.

feriscono acquistare e trasportare pesanti confezioni d’acqua piuttosto che bere quella che fuoriesce dal rubinetto di casa ritenendola, spesso erroneamente più si-cura perché più controllata. Le acque co-munali in realtà, soprattutto in Svizzera, subiscono regolarmente controlli molto rigidi prima di finire nelle case dei citta-dini, risultando spesso essere più ricche di oligoelementi e in generale migliori dal punto di vista qualitativo, mentre lo stes-so non si può dire delle acque in bottiglia per le quali molto dipende dal paese di provenienza e dai controlli effettuati a monte, in base alle normative locali. Se a ciò aggiungiamo l’incidenza sulle tasche (una bottiglia di acqua minerale da un litro costa 1000 volte in più dello stesso quantitativo proveniente dal rubinet-to), oltre all’inquinamento prodotto dal trasporto e dall’utilizzo di contenitori in plastica per l’imbottigliamento, ecco che l’acquisto di acqua minerale appare come una scelta irrazionale.

I consumi di acqua minerale in Europa rappresentano il 33% del totale a livello

mondiale, ma la sua popolazione non è che il 12%...

Va inoltre segnalata un’ampia disparità di consumi tra Europa dell’est, in cui sono molto più moderati e Europa occidenta-le, in cui si registra la maggior parte degli acquisti.

Forum mondiale sull’acqua

Nel 1992 è stata fissata dall’ONU la gior-nata mondiale dell’acqua per il 22 mar-zo. Proprio in questo giorno del 2009 si è chiuso il V Forum mondiale sull’acqua a

Istanbul, con risultati piuttosto deludenti: una dichiarazione, firmata da un centina-io di paesi, sancisce infatti che l’acqua è un bisogno senza però definire l’accesso all’acqua potabile come un diritto fon-damentale, né tantomeno delineare un quadro normativo di riferimento, volto a regolarizzarne l’utilizzo da parte di tut-ti i paesi contraenti. Il forum ha stabilito inoltre che è necessario gestire in modo più razionale la richiesta d’acqua, special-mente in agricoltura, e lottare contro l’in-quinamento delle falde acquifere. Come dire: piove sul bagnato…

PaeseFonte:

IWA, International Water Association, Bejing 2006

BelgioDanimarcaFInlandiaFranciaGermaniaUngheriaItaliaLussemburgoPaesi BassiNorvegiaSlovacchiaSpaniaSveziaGran Bretagna

Svizzera

Consumo economie domestiche e piccolo artigianato

(litri al giorno per abitante)

105 124 156 - 100 102 234 181 157 184 136 148 172 153

232

... incluso l’artigianato e l’industria

(litri al giorno per abitante)

151 190 183 183 123 145 270 230 187 319 180 209 210 333

333

L’acquedotto consortile di Piazzöö ha festeggiato nel 2009 il suo centesimo anno di attività.

Le sorgenti furono acquistate nel 1907 dal Comune di Castel San Pietro ma cedute in comproprietà anche ai Comuni di Morbio Superiore e Vacallo, con la costituzione del: “Consorzio acquedotto di Piazzöö” nel 1908. L’acquedotto Ë stato collaudato nel 1909. L’acqua scaturita da tre sorgenti situate a valle del monte Sasso Gordona e più precisa-mente allo sbocco fra la Val Cugnolo e Valle della Crotta, ha una portata che varia tra i 400 e i 2000 litri al minuto. L’acqua viene trasportata per mezzo di una condotta a caduta libera lunga circa 6 km attraverso la Valle della Crotta prima e del Breggia poi fino a Morbio Superiore, dove si trova la camera di distribuzione per i tre Comuni. Nell’anno 1976 furono costruiti gli impianti di potabilizzazione su ordine del laboratorio d’igiene, per garantire la costante potabilità dell’acqua usata all’utenza. Va sottolineato come tutta l’area di prote-zione della zona di provenienza dell’acqua, ossia di tutto il bacino imbrifero, sia situata in rilievi carsici, per cui l’acqua grezza può essere facilmente soggetta ad infiltrazioni di impurità, specialmente in caso di intense precipitazioni, pregiudicandone la potabilità. La zona della sorgente è circoscritta da recin-zioni per proteggerle da accessi indesiderati, mentre tutta la zona a monte che va dall’Al-pe Bonello, al Sasso Gordona e Valle di Rema è stata di recente inscritta nel catasto delle aree di protezione delle sorgenti da parte del Cantone. Attualmente l’acquedotto é gestito da una delegazione consortile che viene nominata ogni quadriennio, da un sorvegliante che opera giornalmente e da un segretario che da molti anni garantisce una continuità ope-rativa, sia nel campo contabile/amministrati-vo sia in quello tecnico e progettuale. Il futuro del consorzio, nella sua struttura ormai centenaria, non è più cosa certa per gli anni a venire. Il disegno di acquedotto a lago che si sta infatti configurando sem-pre più concretamente, ne potrebbe mutare l’essenza. Più a monte dell’acquedotto, c’è un’altra sorgente per Bruzella e Caneggio gestita da un altro consorzio. Le nuove con-dotte, passate negli ultimi anni, sono state fatte per far si che le acque delle sorgenti possano in futuro essere assimilate prima di arrivare all’acquedotto dalle tubature del Consorzio di Piazzöö e far si che l’acqua della val di Muggio rimanga a disposizione degli abitanti. In futuro, l’acqua verrebbe presa in profondità dal Lago di Lugano e de-purata per servire il Basso Mendrisiotto.

La finanziarizzazione dilagante nei paesi economicamente “avanzati” ha indotto le aziende quotate in Borsa a cer-care costantemente di aumentare gli utili, sia in termini assoluti sia in termini percentuali rispetto alla loro cifra

d’affari, nell’intento di massimizzare i dividendi versati ai loro azionisti e attrarre quindi ulteriori capitali da investitori nazio-nali e stranieri. Temendo una perdita di competitività, le azien-de non quotate in Borsa, comprese le piccole e medie imprese, hanno tendenzialmente attuato un modello di gestione simile a quello cui si rifanno le società quotate, generalizzando di conse-guenza la strategia operativa scaturita dal dominio della finanza sull’economia reale. Questa strategia aziendale implica allora la riduzione sistematica dei costi di produzione, primi fra tutti i sa-lari e gli stipendi – facendo eccezione delle remunerazioni versa-te agli alti dirigenti e ai lavoratori molto qualificati cui l’azienda offre i massimi incentivi remunerativi per non rischiare di perder-li a vantaggio di una società concorrente.

Se i maggiori profitti conseguiti attraverso il contenimento della massa salariale fossero spesi produttivamente, vale a dire che l’azienda li investe in nuovi impianti e macchinari al fine di au-mentare la produzione di beni e servizi (venduti dentro o fuori i confini nazionali), il livello di occupazione nel paese potrebbe essere aumentato. In realtà, però, il regime di finanziarizzazione induce numerose aziende a investire gran parte dei loro profitti nei mercati finanziari, nell’intento di incrementare ulteriormen-te i loro rendimenti a breve termine su questi mercati, senza dovere attendere i tempi (molto più lunghi) entro cui gli inve-stimenti produttivi sono in grado di generare redditività – meno effimera delle rendite finanziarie, ma ragionevolmente inferio-re a queste ultime nelle fasi di “esuberanza irrazionale” notate in Borsa.

D’altra parte, la “finanziarizzazione” dei nostri sistemi economici ha indotto un numero via via crescente di giovani a indirizzarsi verso studi e professioni nei campi della finanza e del “(top) ma-nagement”, a discapito di formazioni e attività nei campi artigia-nale, industriale e imprenditoriale. L’eccessivo numero di “ma-nager” e l’insufficiente numero di imprenditori nel nostro paese (come pure in altre realtà nazionali) non sono dunque casuali ma una tra le diverse conseguenze negative del regime di crescita economica basato sulla finanza anziché sull’economia produttiva di beni e servizi non-finanziari.

Per lottare contro la disoccupazione dilagante, la riduzione della pressione fiscale sugli utili delle aziende non serve, nella misura in cui i maggiori utili aziendali risultanti dalla minore imposizione fiscale aumenteranno la circolazione del denaro nei mercati finanziari, anziché essere investiti produttivamente contribuendo a far crescere il livello di occupazione. Ciò di cui invece non si può fare a meno per ridurre in modo durevole il numero di disoccupati, di ogni età e livello formativo, è l’au-mento dei salari e degli stipendi versati in particolare alle cate-gorie di lavoratori il cui livello di reddito è medio-basso, e la cui elevata propensione al consumo permetterà così di rilanciare sia l’andamento congiunturale sia l’innovazione e lo sviluppo tecnologico.

La riduzione degli utili aziendali causata dagli aumentati costi salariali, infatti, spingerà le aziende a incrementare la ricerca di processi innovativi, al fine di aumentare la produttività aziendale e contabilizzare un margine di guadagno maggiore, ristabilen-do la loro redditività grazie al progresso tecnico – foriero di vari nuovi bisogni dei consumatori, cui la politica di aumenti salariali in linea con la produttività attribuirà una maggiore capacità di acquisto. In questo nuovo regime di crescita economica, le ban-che ritroveranno la solida redditività del loro mestiere originale – basato sulla concessione di credito agli imprenditori – in quanto le aziende avranno la necessità di finanziare in modo continuo le attività di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e processi di pro-duzione. Questi processi genereranno idee e innovazioni che per le banche si tradurranno in introiti finanziari con un livello di rischio assai inferiore alle plusvalenze attese da operazioni pu-ramente speculative su mercati finanziari scollegati da qualsia-si attività produttiva di reddito e benessere per l’insieme degli agenti economici.

L’uscita dalla crisi occupazionale, destinata ad aggravarsi nel 2010, richiede sia una politica di aumenti salariali nel mercato del lavoro, sia un diverso orientamento professionale delle prossime generazioni di lavoratori, la cui formazione scolastica va ripensa-ta a tutti i livelli al fine di indirizzare i vari talenti verso attività imprenditoriali (anziché manageriali) legate anche ai processi di ricerca e sviluppo tecnologico, senza i quali la crescita economi-ca sarà ancora effimera e accompagnata da crescenti disparità di reddito e ricchezza all’interno dei paesi come pure sul piano internazionale.

nautica15

Sfidare l’oceano

Nel momento stesso in cui la decisione è stata presa, sono apparse subito evidenti le difficoltà cui sarebbe andato incontro: l’acquisto della barca, le durissime regate di selezione, la preparazione fisica, la messa a

punto di tutta l’attrezzatura, la conoscenza approfondita dei mezzi di navigazione e di sicurezza imposti dall’organizzazio-

ne, l’indispensabile training psicologico necessario per affron-tare quasi un mese di solitudine in mezzo al mare, la capacità di gestire il sonno polifasico (brevi minuti di veglia e sonno alter-nati), ed altro ancora.

Ecco una bella sfida

Per Andrea comincia la grande avventura: centinaia di lettere spedite alla disperata ricerca degli sponsor, con esiti sempre ne-gativi, fino all’arrivo della fatina che gli permette di iniziare e portare a termine la durissima fase di preparazione durata quat-tro anni.

A questo punto preferisco lasciare a lui la parola riproponendo il blog inviato agli amici che attendevano ansiosi sue notizie...

Questa che vi racconto è una bella storia. Ha un protagonista. Si chiama Andrea Rossi,

è di Pura e ha 28 anni. Cinque anni fa ha deciso di partecipare alla mini transat, una delle regate

più impegnative del circuito della grande vela d’altura. Si tratta di attraversare l’Oceano

Atlantico a bordo di una piccola imbarcazione di appena 6 metri e mezzo.

Il piccolo uomo dei boschi è diventato un gigante del mare: complimenti!di Sergio Guaita

C’é l’ho prorpio fatta? E si, eccomi a Salvador de Bahia

3 novembre 2009: Si parte per davvero. Stavolta non saranno 1’000 miglia (1800 Km prima tappa da Charente Maritime a Funchal, ndr), ma oltre il triplo. Preventi-vo 25 giorni e faccio cambusa per 30. Di solito sbaglio clamorosamente con le dosi (porto sempre troppo), ma devo dire che l’aiuto della dietologa del CMCS mi ha aiutato parecchio. Impressionante il volu-me d’acqua che dobbiamo imbarcare. 140 litri in tanichette da 10 litri. Molti butta-no gran parte dell’acqua subito dopo la partenza per alleggerire la barca, e i più estremi gettano addirittura 100 litri… Io mi libero di soli 40, pensando che l’acqua è vita e se dovesse succedere qualcosa i calcoli potrebbero non tornare. Una bel-la partenza, davvero, parto tra i primi e faccio il bordo verso il largo, mentre gran parte della flotta si getta in terra. Ho ra-gione io stavolta e passo il disimpegno poco dietro ai primi proto (prototipi più performanti ndr) e davanti addirittura a Lobato (vincitore della prima tappa) (e non di poco). Un piccolo momento di glo-ria, che aiuta il morale. Successivamente le

scelte sono 2: EST o OVEST? JY Bernot che ci ha fatto il routage le consiglia entram-be e quindi vado a fare una media tra le due (grande errore)… mi butto a Ovest, ma avrei dovuto osare distaccarmi di piú dalla rotta diretta, seguire l’esempio di Charlie Dalin, che ha successivamente la-sciato le maledette isole Canarie alla sua sinistra, procedendo senza incappare nei coni d‘ombra delle isole. Riguardando il tracking di quello che ho combinato in quell’arcipelago, mi viene da mettere le mani nei capelli… pensavo di aver perso molto nella parte successiva, con l’aliseo anomalo, reso più forte dalla depressione sulla Mauritania, invece mi accorgo che in quella parte, non ho perso molto dal gruppo, pur avendo riscontrato i proble-mi di inaffidabilitá del pilota automatico come per la prima tappa.

Questa volta il pilota oltre ai problemi di settaggi, mi abbandona meccanicamen-te, tranciando di netto il settore su cui si fissa l’attuatore principale alla barra. Monto quello esterno di rispetto con la paura che se questo mi pianta in asso, sono condannato a 24 ore al giorno alla barra. Il problema di questi attuatori che lavorano esternamente è il surriscalda-mento sotto il sole. Quindi mi impegno a timonare nelle ore più calde della giorna-ta (una decina al giorno), mentre lui fa i turni notturni. Funziona e per fortuna ar-rivo con lui sino a Bahia. Sento la mia po-sizione alla BLU nell’appuntamento con Monaco Radio e sono un po’ scornato… penso: Vabbé peggio di così… Ed infatti passo dalla 43esima posizione alla 37esi-ma. Mi rendo conto di aver avuto molta fortuna nel Pot au Noir. Questa zona tan-to temuta, è imprevedibile; la fortuna mi ha aiutato e passo questo inferno in sole 40 ore, mantenendo sempre rotta a Sud, incappando mai nelle piatte e schivando i groppi (temporali ndr) più violenti con le raffiche oltre i 45 nodi (ca. 90 Km/h ndr). 33 il massimo registrato. Quello che ho trovato in questo posto è stata della gran pioggia e se avessi dovuto passare anche solo un altro giorno in quelle condizioni, avrei avuto il morale a terra.

Uno dei maggiori problemi riscontrati (oltre al maledetto pilota) è stata la rot-tura delle volanti. I martelletti rifatti alla Rochelle si sono sfilati dal cavo, procuran-domi non pochi problemi con una ripara-zione in testa d’albero. Ho peccato di pre-sunzione, pensando di poter salire come

solitamente faccio in porto (come uno scoiattolo) una volta in mare. Non bisogna solo pensare al moto ondoso che rende l’operazione pericolosa per i continui sob-balzi contro le sartie e l’albero, ma anche il fatto che il fisico e i muscoli dopo 15 gior-ni di mare non sono quelli della partenza. Non avevo fiato e una volta sceso ho avuto male a gambe e braccia per 2 giorni. Prima di salire pigio il pulsante verde della balise fornita dall’organizzazione per avvertire che ho un problema che posso gestire da solo. Mentre piombo le nuove volanti in tessile, sento al VHF Celeste, la barca d’ap-poggio dirottata sulla mia posizione per accertamenti. Spiego la situazione e mi pregano di richiamarli dopo un ora a la-voro finito. Salgo con un imbrago da mon-tagna ed una maniglia di sicurezza, ma se salire si rivela difficile, scendere è quasi impossibile. Impreco contro ogni divinitá esistente e mi do del ******* per non aver pensato ad un sistema migliore di risalita. Quando termino e scendo, chiamo celeste e li avverto che la mia velocità sarà ancora ridotta per qualche ora. Non riuscivo infat-ti a trovare le forze per riissare la randa e continuo con solo solent per 4 ore. Sono a pezzi in pozzetto, abbracciato ad una bot-tiglia d’acqua.

Il giorno successivo sono nel Pot au Noir sotto la pioggia ed i groppi e mi dico bra-vo per non aver esitato nella riparazione, sebbene il giorno prima avessi i minuti contati dal sole che tramontava.

L’uscita del Pot au Noir è stata come usci-re da una stanza. Uno scorcio di azzurro mi si para davanti, a Sud, lo seguo, cala il vento e resto 20 minuti nella “pétole” poi un refolo da SE si fa sempre più forte e mi tira fuori. Dietro l’ammasso di nuvo-le, davanti il cielo libero. Questo è l’aliseo dell’emisfero sud e non sono mai stato così felice di bolinare… La felicità dura

Molti buttano gran parte dell’acqua subito dopo la partenza per alleggerire la barca, e i più estremi gettano addirittura 100

litri… Io mi libero di soli 40, pensando che

l’acqua è vita e se dovesse succedere qualcosa i calcoli

potrebbero non tornare.

Come promesso eccomi a scrivere un riassunto di questi 24 giorni di mare, a volte interminabili…[dal blog di Andrea]

Andrea intento ad armare il fiocco

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in mare � Corso navigazione astronomica� Corso di radiotelefonia � Corso meteo � Crociere sociali

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002-09AdYCM BuongioTI 27-10-2009 11:40 Pagina 1

poco perché come dice Giancarlo Pedote “…ve l’avevo detto io che non c’é da di-vertirsi…” la bolina comincia a diventare dura, un’onda da mediterraneo, incrocia-ta, spruzzi che ti costringono a vivere nel bagnato. Non c’é riparo, la barca dentro è tutto bagnata, anche il materassino e i teli antirollio. Dormo con la cerata (zuppa anch’essa) e i vestiti sotto (idem). Comin-cio ad accusare piaghe da decubito e per fortuna ho imbarcato una crema che mi ha letteralmente salvato il fondo schiena! Alcuni sono arrivati a Bahia e sono stati ricoverati in condizioni pietose. Figurate-vi, sempre seduti sul bagnato sfregando su un antisdrucciolo che pare carta vetra-ta…. Ah, bello il Mini!

La bolina è durata una settimana, poi len-tamente il vento ruota e diventa portan-te sulle coste brasiliane, prima Code Zero, poi Spi medio (più piatto) e poi Runner da 80 metri…

In questo ultimo pezzo di strada sono in contatto radio con Mathieu e Brice e fa veramente piacere sentire qualcuno per radio, si parla di argomenti futili. L’ultimo giorno prima dell’arrivo sembra di essere tornati in Bretagna, cielo nero e groppi a intervalli strettissimi, tanta pioggia… ma come si fa ad arrivare così in Brasile?

L’ultima notte dormo con lo Spi grande (volevo prendere Brice ad ogni costo pri-ma dell’arrivo). Un groppo arriva inaspet-tato e mi fa fare dei numeri mai visti… la barca straorza ed è distesa sul fianco, mollo tutto, ma non accenna a rialzar-si, Il Runner che sbatte, sembra voglia strapparmi via l’albero. Sparo Mura e non cambia nulla, poi chiaramente si impiglia nelle crocette e qui mi dico, ok è fatta, vedo già la news sul sito: Andrea Rossi disalbera a 80 miglia dall’arrivo. Sparo drizza, mi aggrappo alla scotta e comin-cio a tirare come un trattore, Spi in ac-qua, fa da ancora e mi fa strapuggiare, randa a collo per via della ritenuta e sono straiato sul lato opposto. Mollo il paranco della ritenuta e la barca si mette piatta. Finisco di tirare a bordo lo spi, non prima di aver combattuto contro la mura fini-ta nei timoni… Il groppo passa e il vento scende di nuovo a 20 nodi… che si fa? lo ridiamo? Dai metto il medio e la veloci-tá scende di solo 0,3 nodi. Una Redbull e una barretta PowerBar e sono di nuovo operativo. Supero Brice di qualche miglio e mi avvio all’entrata della Baia De Todos Os Santos. Sono a Bahia, ce l´ho fatta e non sembra ancora vero. Questa è la gior-nata la più emozionante della mia vita, l’arrivo di una Transat650 è un esperienza unica.

Ancora poche centinaia di metri dall’arrivo

think natural18

Questo utilizzo indiscriminato, dovuto ad una civiltà occidentale che è sempre più assetata di elettricità, assieme alle sue tipiche caratteristiche chimiche ne hanno fatto il vettore energetico più inquinante a

livello mondiale. Considerando le enormi riserve geologiche an-cora disponibili, il carbone è una vera e propria bomba climatica ad orologeria. Oltre a questo, altri irreparabili danni ambientali e sociali sono causati durante tutte le fasi del ciclo di produzione del combusti-bile e durante la sua combustione finale per produrre elettricità.

I veri costi del carbone

Nel perverso sistema economico attuale, che considera voluta-mente solo certi tipi di costi, il carbone è ancora il combustibile più economico, tuttavia il suo prezzo di mercato rispecchia sola-mente in parte i veri costi sostenuti globalmente per il suo utiliz-zo. Il prezzo attuale non riflette assolutamente i “costi esterni”, connessi ai gravi impatti per l’ambiente e per la salute di persone e intere comunità.

Questi impatti non si devono solamente alle emissioni di gas ser-ra prodotte dalla combustione del carbone, ma riguardano la deforestazione e la distruzione di interi ecosistemi, la contami-nazione di suoli e di acque superficiali e profonde, la violazione di Diritti Umani sia dei lavoratori che delle comunità che vivono nei pressi delle miniere di estrazione del carbone, delle centrali e dei siti di stoccaggio dei prodotti di scarto delle lavorazioni.Se tutti questi “costi esterni” fossero conteggiati nel prezzo di mercato del carbone, la convenienza economica di realizzare nuove centrali verrebbe drasticamente ridotta.L’analisi condotta da Greenpeace, con il supporto del Dutch Re-search Institute CE Delft, stima che i costi esterni del carbone sono ammontati a livello mondiale a circa 356 miliardi di euro nel 2007 (vedi riquadro1), valore che è sicuramente una sottostima.

Un incubo per il clima

Il carbone è il combustibile fossile con le più alte emissioni spe-cifiche di gas ad effetto serra (ad esempio circa il triplo del gas naturale) e il suo utilizzo in centrali termoelettriche è una delle attività umane più influenti sul clima terrestre. Con oltre 11 mi-liardi di tonnellate di CO2 provenienti dalla sua combustione per la produzione di elettricità, il carbone è la prima causa umana del surriscaldamento globale del pianeta e contribuisce a circa il 41% delle emissioni mondiali di gas serra (ben il 72% delle emissioni provenienti dalla produzione di elettricità sono dovute al carbo-ne). Se gli attuali piani di espansione dell’industria del carbone venissero rispettati, le emissioni del carbone aumenterebbero del 60% entro il 2030, precludendo ogni possibilità di fronteggiare i più devastanti effetti dei cambiamenti climatici.Il surriscaldamento globale è infatti la più seria minaccia am-bientale che l’umanità si trovi ad affrontare. Milioni di persone nel mondo stanno già oggi subendo gli effetti dei cambiamenti climatici. Per limitare i danni e quindi evitare una disastrosa de-stabilizzazione del clima terrestre, il maggiore organo scientifico delle Nazioni Unite, l’Intergovernmental Panel on Climate Chan-ge (IPCC), avverte che occorre almeno dimezzare globalmente le emissioni di gas serra entro il 2050 e fermarne la crescita entro il 2015. L’impegno dei paesi industrializzati come la Svizzera do-

Il carbone è un combustibile fossile formatosi nel corso di milioni di anni da materiale organico (legno e foglie) sotto l’effetto della pressione e del calore. Dal primo documento scritto che ne certifica l’utilizzo da parte dell’uomo, già nel decimo secolo, passando dalla rivoluzione industriale, di cui è stato il vero e proprio motore energetico, il carbone è diventato nel tempo una delle fonti energetiche più importanti per l’umanità. Partendo dalla prima centrale a carbone per produrre elettricità, la Pearl Street Station aperta negli Stati Uniti nel 1882, fino ad oggi l’umanità ha vieppiù aumentato la sua dipendenza da questo combustibile fossile per produrre corrente elettrica. Il carbone infatti permette oggi di produrre circa il 40% del fabbisogno di elettricità nel Mondo. Dal 1999 al 2006, l’utilizzo del carbone su scala globale è aumentato del 30% e una simile crescita è prevista per il prossimo futuro.

L’anacronistico carboneA tutto carbone verso il disastro climatico?di Matteo Buzzi

I segreti della Collina d’OroSorprendenti misteri millenari si nascondono nella famosa località luganesedi Michele Gazo

“Manchando il sol manco anche io”

Secondo uno studio di Sebastiano Broc-chi, come abbiamo visto, nove chiese della Collina d’Oro di Lugano rispecchie-rebbero con la loro posizione le altret-tante stelle della costellazione celeste del Leone, rispondendo a un preciso disegno esoterico legato a un percorso iniziatico. La chiesa di Sant’Abbondio, a Gentilino, è forse, tra tutti e nove gli edifici, quello più sorprendente e più ricco di significati.

Qui il sole, elemento chiave nella lettura esoterica della Collina d’Oro, è richiama-to non solo da un numero eccezionale di simboli, ma anche da molte rappresenta-zioni, sia iconografiche sia testuali.Ne sono un esempio le due meridiane che spiccano sulle sue facciate. Sopra una di esse campeggia anche una scritta molto eloquente: “manchando il sol manco an-che io”. Un’affermazione che parrebbe una strizzata d’occhio allo strettissimo legame tra l’astro luminoso e l’intera chiesa. La lettera di troppo (h) presente nella scritta, sembrerebbe inoltre uno di quegli elementi discordanti che gli inizia-ti inserivano nelle proprie realizzazioni architettoniche o artistiche per far capire, a chi possedeva le conoscenze per farlo, che quella determinata opera racchiude-va uno o più significati nascosti…

Una strana resurrezione

Ma torniamo al disegno della costellazio-ne del Leone. La chiesa di Sant’Abbon-dio, secondo lo schema, corrispondereb-be alla stella Regulus, ovvero al gomito della zampa anteriore del Leone celeste. Il nome di questa stella è molto impor-

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tante: tra i tanti episodi miracolosi che la tradizione attribuisce a Sant’Abbondio, vescovo di Como, ce n’è infatti uno che racconta come il santo avesse resuscita-to un uomo chiamato… Regolo. Inutile dire che que-sto episodio può ora essere letto in modo allegorico, a rivelare come dietro la storia narrata si celi il signifi-cato dell’opera architettonica massonica: l’edificazione della chiesa di Sant’Abbondio ha “resuscitato”, ovvero “ricreato in terra” la sua controparte celeste, ovvero la stella Regulus.

Una firma massonica

Ma già prima di avvicinarsi all’edificio sacro è possibile riscontrare riferimenti al mondo della complessa sim-bologia massonica. Osservando una mappa del terreno circostante la chiesa, infatti, è possibile notare come il tracciato delle vie che conducono alla porta dell’edificio formino tra loro un angolo di novanta gradi, la cui pun-ta si va a intersecare con un altro angolo retto, quello formato dallo spigolo del sagrato. Due angoli retti che si intersecano, quattro linee che divergono: impossibile non riconoscere la forma del simbolo massonico forse più celebre, quello della squadra e del compasso, pre-sente, come abbiamo già avuto modo di analizzare, su molti gonfaloni araldici delle famiglie nobili della Col-lina d’Oro.

Stonehenge a Gentilino

Se per scorgere questo sigillo esoterico occorre però avere la possibilità di guardare la zona dall’alto, oppure di consultarne la mappa, un altro elemento più facil-mente visibile balza agli occhi già da una notevole di-stanza. Si tratta della presenza dei numerosi cipressi che contornano l’edificio: insieme al campanile, formano una serie di punti di riferimento solari, simili a immensi gnomoni di una meridiana. Strutture simili si ritrovano anche nell’antichità, basti pensa-re al celebre sito megalitico di Stonehenge, in Inghilterra, e prima ancora all’architettura sacra dell’antico Egitto, con i suoi obelischi e le stesse piramidi. L’intera area della chiesa di Sant’Abbondio sarebbe così una sorta di elaborata meridiana, legata a doppio filo con il sole e i suoi movimenti celesti…

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Il valore dei dati

Ho deciso di proporvi questa definizione di sicurezza informatica, tratta da Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Sicurezza_informatica), con l’intenzione di mettere in risalto che cosa si cela dietro due parole che

tutti hanno sentito, ma di cui pochi, forse, comprendono il vero significato.

Da una parte si indica l’oggetto delle nostre attenzioni, il dato informatico, il documento, l’e-mail o il foglio di calcolo, che viene associato ad un potenziale rischio e ad una violazione che potrebbe subire. Dall’altra si introduce il concetto di protezione del dato con le sue tre caratteristiche fondamentali: la confidenzialità, l’integrità e la disponibilità. Sono caratteristiche generali semplici, ma che riguardano tutti coloro che usufruiscono di un servizio informatico, che siano normali utilizzatori o grandi aziende.

La confidenzialità è una caratteristica che richiama la sfera privata di un documento, una lista clienti per un’azienda oppure la corrispondenza tra una persona e il suo medico di fiducia. Tutti noi, seppur con obiettivi differenti, preferiremmo che i documenti siano consultabili esclusivamente da persone di nostra fiducia.

Nel momento in cui si invia un documento, come un messaggio di posta elettronica, l’ultima cosa che ci aspettiamo (e che vorremmo) è che nel tragitto, per un errore del sistema informatico o per l’intervento di un malintenzionato, avvenga una modifica indesiderata: l’integrità del documento deve essere preservata.

La disponibilità garantisce che la pagina web dell’istituto bancario permetta all’utente di accedere al servizio di pagamenti online o che l’impiegato possa elaborare un foglio di calcolo opportunamente salvato sul server aziendale.

Queste caratteristiche sono fondamentali, perché attraverso i loro occhi è possibile osservare i nostri dati e rispondere alla domanda: quale valore attribuisco ai miei documenti? La risposta ci permetterà di affacciarci alla finestra della sicurezza informatica, perché è di questo che stiamo parlando. Stiamo parlando di dare un valore ai nostri dati, di pensare al danno che subiremmo nel caso ci venissero sottratti o se non fossero disponibili nel momento in cui dobbiamo firmare un contratto di lavoro. E naturalmente stiamo parlando di come evitare che tutto ciò accada.

Sicurezza informatica: perché mi dovrebbe interessare?di Christian Ponti

La sicurezza informatica è quella branca dell’informatica che si occupa della

salvaguardia dei sistemi informatici da potenziali rischi e/o violazioni dei dati.

I principali aspetti di protezione del dato sono la confidenzialità, l’integrità e la disponibilità.

L’unità di misura fondamentale: la persona

Pensare di essere al sicuro solo con la tecnologia è come installare una porta blindata e lasciare aperta la finestra della cucina.

Sembrerebbe banale porre la persona come unità di misura nella sicurezza informatica, ma in realtà credo invece sia necessario ricordarlo con fermezza; in caso contrario perderemmo di vista l’attore principale di questa affascinante commedia.

Le persone scrivono documenti, li consultano, eseguono transazioni, spediscono e-mail. Le persone lavorano per aziende e con diverse funzioni si servono del mezzo informatico; e, non da ultimo, si occupano anche di sicurezza informatica.

La sicurezza informatica inizia quindi con le persone. Se le persone sono consapevoli del mezzo che stanno utilizzando, il rischio di perdere informazioni o di subire attacchi informatici si riduce sensibilmente. E la consapevolezza si affina attraverso la conoscenza.

Chi sottovalutasse l’aspetto umano, affidandosi completamente alla tecnologia e alle applicazioni per la propria protezione, commetterebbe un grave errore di valutazione e ne trarrebbe un falso senso di protezione; quello garantito, per esempio, dall’ultima versione del programma anti-virus più pubblicizzato; oppure dalla presenza di una macchina “firewall” (un dispositivo posto tra la rete Internet e la rete interna aziendale) predisposta per bloccare eventuali intrusioni indesiderate.

E´ una questione di procedure, di abitudini quotidiane, che devono essere acquisite o studiate. Naturalmente in modo proporzionato a quel che si fa del mezzo informatico.

Sicurezza e persone: l’uso quotidiano della tecnologia

Talvolta non sono necessarie grandi risorse per evitare eventuali problemi; basta stabilire delle linee guida e imparare ad utilizzare gli strumenti che ci vengono offerti.

L’attacco più comune con cui si confrontano quotidianamente le persone che utilizzano il mezzo informatico è rappresentato da ciò che comunemente si definisce virus. Per cercare di proteggersi non sempre è sufficiente disporre di uno specifico programma anti-virus: chi sviluppa il software di difesa solitamente reagisce alla scoperta di un nuovo virus e questo richiede tempo. Tempo durante il quale le persone non sono protette.

Un altro aspetto importante, un’abitudine da consolidare, concerne la salvaguardia

della privacy. Molto spesso nemmeno ce ne accorgiamo, ma lasciamo informazioni che

ci riguardano in diversi punti della rete: una pagina web personale nella quale parliamo di

noi, il profilo su Facebook, alcuni interventi nel forum che parla di viaggi e vacanze oppure

il sito nel quale ci proponiamo per un nuovo posto di lavoro, con tanto di curriculum vitae.

Il primo veicolo usato per infettare altri sistemi è il servizio di posta elettronica. Una buona abitudine consiste nel valutare attentamente il mittente di un messaggio: è sconsigliato, per esempio, aprire eventuali documenti allegati a messaggi il cui mittente è sconosciuto. Nel caso invece che si conosca l’interlocutore si deve prestate attenzione alla natura del messaggio: spesso i virus infettano i sistemi e utilizzano il computer infetto per propagarsi; per esempio, se il messaggio è scritto in inglese, e il corrispondente non conosce la lingua, è possibile che il messaggio sia stato creato da un sistema infetto. In questo caso il suggerimento è di non aprire il messaggio e contattare il corrispondente per una conferma.

Un ultimo consiglio per la gestione della posta elettronica: nel caso aveste la necessità o la voglia di iscrivervi ad un social network, ad un forum, ad un gioco online vi consiglio di dotarvi di un secondo indirizzo e-mail, chiamiamolo indirizzo di servizio. Nel mondo dell’informazione online accade sovente che i dati siano venduti a terzi, di solito a fini pubblicitari. L’e-mail di servizio permette di salvaguardare l’ indirizzo principale, quello che si usa tutti i giorni, e convogliare l’eventuale spam, i messaggi indesiderati, su di esso.

Un altro aspetto importante, un’abitudine da consolidare, concerne la salvaguardia della privacy. Molto spesso nemmeno ce ne accorgiamo, ma lasciamo informazioni che ci riguardano in diversi punti della rete: una pagina web personale nella quale parliamo di noi, il profilo su Facebook, alcuni interventi nel forum che parla di viaggi e vacanze oppure il sito nel quale ci proponiamo per un nuovo posto di lavoro, con tanto di curriculum vitae.

Non voglio generare paure ingiustificate, ma questi dati sono spesso visibili da molte persone: occorre valutare attentamente cosa rendere pubblico e cosa è meglio non divulgare!

Per esempio, accade che le persone siano abbonate a diversi servizi ai quali si accede inserendo una password personale. Per meglio ricordarsela molti scelgono una parola di senso compiuto a loro famigliare, come una data di nascita o un nome. Oltre ad essere una pratica caldamente sconsigliata, è possibile che questa informazione sia disponibile da qualche parte in rete, per esempio nel profilo di Facebook. Chiunque volesse introdursi illegalmente nel vostro account di posta elettronica cercherebbe questo genere di informazioni, riuscendo facilmente a leggere la corrispondenza all’ insaputa del proprietario, oppure cambiando i dati di accesso per impedire un futuro utilizzo del servizio.

In questi pochi esempi si possono intravvedere le caratteristiche introdotte precedentemente.I dati anagrafici, la corrispondenza privata indicano confidenzialità. L’accesso ad un account di posta elettronica sottintende la disponibilità del servizio. L’infezione da parte di un virus potrebbe minare l’integrità di alcuni documenti.

Dalle persone alle aziende

La sicurezza informatica deve essere integrata nella struttura e nell’organizzazione aziendale, piuttosto che segregata esclusivamente nelle apparecchiature e nei tecnici specializzati.

Molte persone non si limitano ad un uso domestico delle tecnologie informatiche, ma lavorano in aziende dove è richiesta una formazione in questo campo. Ogni impiegato applica le proprie abitudini, acquisite nel tempo, mentre legge la posta elettronica del reparto o dell’ufficio. Nello stesso modo sceglie una password per l’accesso al sistema aziendale. Sono le persone che costituiscono un’azienda e le debolezze o i punti di forza di ogni singolo individuo costituiscono debolezze e punti di forza dell’azienda.

Purtroppo il fattore umano è sovente sottovalutato dai vertici aziendali. Si preferisce affidare la sicurezza informatica all’ultima tecnologia disponibile sul mercato, spesso costosa e difficile da maneggiare.

Una buona abitudine è considerare sia l’aspetto umano, sia quello tecnologico. E quando si parla di buone abitudini applicate alle aziende, nel campo della sicurezza informatica, si usa un termine preciso: policy di sicurezza.

Una policy di sicurezza non è altro che un documento, un elenco strutturato di buone abitudini che riguardano il rapporto dell’azienda - e dei collaboratori - con la tecnologia. Una policy è il primo passo in direzione della sicurezza informatica. Un passo importante perché obbliga i responsabili a chinarsi sul problema e a porsi le fatidiche domande riguardo al valore dei propri dati, al rischio che avvenga un attacco informatico e al potenziale danno che ne deriverebbe. Una policy è una misura attiva per prevedere eventuali problemi ed essere pronti a reagire nel caso si verificassero.

Le policy di sicurezza possono essere generali o dettagliate; dipende dalle esigenze. Una policy di sicurezza di qualità e una formazione adeguata costituiscono un’ottima base per predisporre una politica di sicurezza della struttura informatica.

Anche e soprattutto alle aziende vorrei riproporre la domanda: quale valore attribuisco ai miei documenti, ai servizi di cui dispongo? Cosa perderei se venissero divulgati, non fossero disponibili per un certo periodo oppure se fossero distrutti?

Spesso non è richiesto un elevato investimento per evitare problemi; si deve stabilire solide linee guida e imparare ad utilizzare gli strumenti a disposizione. Così come l’utente di tutti i giorni deve privilegiare le sue abitudini e conoscenze piuttosto che ricercare soluzioni complesse ed inefficaci.

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Schliemann ed il sogno di Troiadi Flavio Cardellicchio, disegni di Isabelle Hefti

Così scrisse Heinrich Schliemann in una delle sue tante let-tere difendendosi da chi lo accusava di non essere altro che un archeologo dilettante, accecato dalla scoperta di antichi tesori e quindi di non essere all’altezza di svolge-

re ricerche archeologiche, in particolare, gli scavi che effettuerà, a partire dal 1870, sulla collina di Hissarlik, nella Turchia nord-occidentale, laddove sorse più di tremila anni fa la mitica città di Troia, cantata nell’Iliade e nell’Odissea da Omero. Questi poemi e altri di autori classici, nutriranno la fantasia e le ambizioni di Schliemann portandolo all’ossessionata ricerca dei luoghi dove vissero e si svolsero le vicissitudini di Agamennone, Priamo, Odis-seo, Achille e di altri eroi leggendari di un’antica civiltà. Il sogno di un uomo che riuscì, grazie alle sue intuizioni e la sua passione, a cambiare il modo di studiare il passato.

L’infanzia di Schliemann ed il sogno

Johann Ludwig Heinrich Julius Schliemann nacque il 6 gennaio 1822 a Neubukow, nella Germania del nord. Figlio di un pastore protestante, Ernst Schliemann, trascorrerà i suoi primi otto anni di vita nel piccolo borgo tedesco di Ankershagen. A nove anni perde la madre per parto. È Schliemann che ci descrive in uno dei suoi diari il difficile rapporto che ha con il padre, arrivando a de-finirlo come un tiranno crudele e violento, paragonandolo all’im-peratore romano Nerone. Il suo odio verso il padre sarà tuttavia alleviato grazie ai racconti storici e mitologici che lo stesso padre soleva narrare al piccolo Schliemann. Quella voglia di riscoprire il passato ed i suoi tesori nascosti, l’aveva provata per la prima vol-ta quando suo padre gli descrisse gli eventi legati all’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C e alle tragiche sorti degli abitanti di Pompei ed Ercolano, una passione per la storia che poi lo condurrà fino a Troia. Schliemann ci racconta, in una sua lettera del 1875, come nacque il suo sogno di scoprire la leggendaria città «Quando, per il Natale del 1829 (mio padre) mi regalò la Storia universale per i ragazzi del dottor Georg Ludwig Jerrer, e trovai nel libro una fi-gura di Troia in fiamme, con le sue mura immense e la porta Scea, Enea fuggente col padre Anchise sulle spalle e il piccolo Ascanio per mano, (ero) pieno di gioia» (da L’oro di Troia, trad. Antonella Stefanelli, op.cit.).

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«Le mie ambizioni sono più che modeste: non conto di trovare opere d’arte plastica.

Lo scopo unico dei miei scavi, fin dall’inizio, era di trovare Troia dell’ubicazione della quale

centinaia di dotti hanno scritto centinaia di lavori, ma nessuno di loro ha mai provato di

confermare con gli scavi le proprie tesi.»Dr. Heinrich Schliemann

(da L’oro di Troia, Hervé Duchêne, ed. Electa/Gallimard, 1996 trad. Antonella Stefanelli)

Luoghi leggendari del viaggio di Ulisse e il sito di Troia

Schliemann, l’uomo d’affari

Schliemann inizia a lavorare come garzone in una drogheria di Fürstenberg per far fronte alle spese di casa, fino a quando non decide di partire in America, una decisione contro la quale si op-porrà, invano, il padre, perchè Schliemann salperà quasi venten-ne da Amburgo, rotta l’America del Sud. Sfortunatamente la sua nave fa naufragio sulle coste olandesi. L’avventura di Schliemann nel mondo degli affari incomincerà proprio in Olanda, ad Am-sterdam, dove nel 1844 viene assunto come fattorino e contabile (per via dei suoi studi, poi interrotti, di contabilità) dalla ditta Bernard Henry Schröder & Co. Qui, inizia anche la sua passione per lo studio delle lingue straniere. Una volta appreso il russo, oltre all’inglese, l’italiano, il portoghese ed il francese, si trasfe-rirà, per conto della ditta per cui lavora, a San Pietroburgo in qualità d’agente commerciale. Ventiquattrenne, Schliemann ini-zia allo stesso tempo un commercio in proprio vendendo l’indaco (un colorante di origine vegetale). A San Pietroburgo incontra la figlia di un avvocato, Ekaterina Petrovna Lysina, che diverrà sua moglie. Sebbene Ekaterina gli darà tre figli, Sergey, Natalia e Ne-dezda, il suo matrimonio sarà un fallimento. Sarà più fortunato il suo secondo matrimonio nel 1869 con Sophia Engastromenos, sua fedele compagna anche negli scavi di Troia, che gli regalerà due figli e due nomi speciali: Andromaca e Agamennone. In Rus-sia, gli anni ’50 dell’ottocento saranno caratterizzati dalla guerra di Crimea, un conflitto che vedrà scontrarsi russi contro una coa-lizione di stati europei (tra cui il Regno Unito e la Francia) alleati dell’Impero ottomano, considerato oramai come una potenza in declino e per questo interessante a livello politico ed economico. La guerra sarà paradossalmente un evento che arricchirà Schlie-mann grazie al suo commercio di prodotti bellici con le truppe zariste. Il suo fiuto per gli affari continuerà anche in America dove, diventato socio con un banchiere di San Francisco, acqui-sterà polvere d’oro dai ricercatori. I viaggi di Schliemann in giro per il mondo si susseguono: Svezia, Danimarca, Egitto, Giordania, Siria, Grecia, Spagna, poi, nel 1865, India, Giappone e Cina. Nel maggio del 1868 si recherà in Italia dove visiterà, tra le altre cose, Roma e la Domus Aurea di Nerone e le rovine di Pompei. Tra ven-dite di merci (dopo l’indaco e l’oro, Schliemann commercerà olio,

tè e cotone), visite a siti archeologici, lettere e diari di viaggio, studi di latino e greco, corsi di lingue orientali presso l’accademia Sorbona di Parigi (1866), Schliemann è oramai pronto a realiz-zare il suo sogno: la scoperta di Troia non sarà più così lontana.

Aspettando l’imbarco per Troia

Dopo essere stato nel luglio del 1868 nella mitica Itaca (l’attua-le isola greca di Corfù), e l’aver compiuto qualche scavo nell’iso-la natale di Odisseo (Ulisse), Schliemann incontra ad Atene Ernst Ziller, un architetto tedesco, poi Frank Calvert, viceconsole degli Stati Uniti nei Dardanelli, due figure che saranno essenziali per Schliemann ed il suo progetto legato alla scoperta di Troia. Le loro conoscenze sulla regione e sugli eventi legati alla guerra di Troia descritta da diversi autori classici (entrambi avevano già lavorato nella Troade), influenzeranno le sue teorie su Troia. Frank Calvert, oltre ad essere un esperto di antichità, era anche proprietario di parte di una collina, fino allora anonima, della regione: Hissarlik…

Vi è da ricordare che la volontà di ritrovare la città di Troia risale già decenni prima di Schliemann. Nel 1795, Lechevalier, per conto dell’ambasciata francese, effettua alcune verifiche e disegna, assie-me all’architetto Cassas, una carta geografica della Troade, situan-do la città omerica nei pressi di Bunarbaschi. Schliemann riuscirà a smontare pezzo dopo pezzo questa ipotesi anche grazie alle in-formazioni di Frank Calvert e alle proprie interpretazioni letterarie dell’Iliade di Omero e di altri autori classici, identificando con la colli-na di Hissarlik il sito dove dovrà essere ricercata l’antica città di Troia.

Quando, per il Natale del 1829 (mio padre) mi regalò la Storia universale per i ragazzi del dottor Georg

Ludwig Jerrer, e trovai nel libro una figura di Troia in fiamme, con le sue mura immense e la porta Scea,

Enea fuggente col padre Anchise sulle spalle e il piccolo Ascanio per mano, (ero) pieno di gioia

Il sacco di Troia

Ritratto di Sophia Schliemann portante i gioielli del «Tesoro di Priamo»

La scoperta di Troia

Nel settembre del 1871, Schliemann ri-ceve dal governo turco l’autorizzazione d’iniziare gli scavi sulla collina di Hissarlik, un permesso che peraltro si era già con-cesso l’anno prima effettuando sul luo-go uno scavo preliminare. La prima vera campagna di scavo ha inizio l’11 ottobre 1871. Malgrado l’impegno e gli sforzi di Schliemann e del suo piccolo di team di operai, le ricerche dovranno essere ben presto sospese a causa delle forti piogge incombenti sulla regione. Per l’inizio dei suoi lavori si avvale solo di 8 operai, di qualche pala, picconi e ceste, di 8 carriole e 4 carrelli tirati da buoi per l’evacuazio-ne della terra. Della sua prima campagna di scavo restano i suoi errori, commessi nel troppo fervore di ritrovare le vestigia di Troia. Egli stesso ammetterà in segui-to di aver distrutto diversi livelli di occu-pazione risalenti a diversi periodi storici, fra cui un edificio di epoca ellenistica (si spingerà fino a 10 metri di profondità nel terreno per raggiungere il suolo origina-rio sul quale fu costruita, secondo lui, la città di Troia). Dai suoi sbagli, Schliemann

capirà l’importanza della stratigrafia nel-lo svolgimento di uno scavo (metodo che permette di osservare e studiare gli strati sedimentari della terra al fine di ottene-re una datazione relativa, partendo dal principio che gli strati più antichi sono quelli che si trovano più in profondità).

L’anno seguente torna a Hissarlik, questa volta con più mezzi di scavo, aumentando anche la sua équipe di lavoro fino a cen-tocinquanta operai.

«Mia moglie e io dirigiamo gli scavi dal primo mattino fino al tramonto e soffria-mo molto per il calore terribile e per il ven-to incessante che ci getta continuamente la polvere negli occhi e ce li infiamma, ma nonostante queste tribolazioni niente ci sembra più interessante che scavare una città preistorica di fama immortale, dove quasi ogni oggetto, fino al frammento di ceramica, rivela una nuova pagina della storia». Heinrich Schliemann (da Heinrich Schliemann, La scoperta di Troia, a cura di Wieland Schmied, Einaudi, 1995)

Prima dell’arrivo della malaria, che col-pirà parte dei suoi operai (spesso sarà lui stesso che li curerà con le sue medici-ne), vengono scoperte alcune imponenti fondamenta in pietra appartenenti ad edifici costruiti sul suolo originale della collina: per Schliemann sono le prove che confermano che la collina di Hissar-lik fu, come lui stesso ipotizzava, teatro delle vicende raccontate da Omero sulla mitica Troia.

Da febbraio a giugno del 1873, svolge per il terzo anno consecutivo gli scavi a His-sarlik, convinto che le imponenti mura di edifici messe alla luce l’anno precedente possano essere quello che resta delle fon-damenta delle porte Scee e del palazzo di Priamo descritti da Omero. All’interno di quel che identifica come il palazzo del re, trova oltre duecentociquanta ogget-ti in oro, argento e pietre preziose che diverranno il tesoro di Priamo. Il tesoro, ritenuto molto più grande (si pensa siano stati migliaia gli oggetti preziosi rinve-nuti da Schliemann durante i suoi scavi, oggi dispersi in oltre cinquanta musei di tutto il mondo) sarà rivendicato dallo stesso Schliemann come di sua proprie-tà. Dapprima verrà trasferito in assoluta segretezza ad Atene (per tale motivo, dovrà scendere a patti con la giustizia ed il governo turco), quindi sarà esposto a Londra nel dicembre del 1877, prima di scomparire misteriosamente nel 1945 dal museo di Berlino, per essere ritrovato cin-que decenni dopo nei sotterranei del mu-seo Puskin di Mosca.

Nel marzo del 1890, dopo aver scavato con successo a Tirinto e Micene, Schlie-mann riprenderà gli scavi di Troia, ma questo, per un breve periodo: lo stesso anno, qualche giorno dopo natale, il 26 dicembre si spegne al Grand Hotel di Na-poli colui che scoprì Troia. La sua morte non vanificherà comunque il suo lavoro, ripreso dal suo amico architetto e arche-ologo Wilhelm Dörpfeld che arriverà ad identificare ben 9 livelli distinti di Troia. Oggi, si sa che il sito fu occupato già a partire dal III millennio a.C per essere abbandonato definitivamente il IV seco-lo d.C., che il livello corrispondente agli eventi narrati da Omero è quello associa-to al livello stratigrafico di Troia VI (data-to tra il XIV e il XII secoli a.C) e che tutto quello che Schliemann credeva potessero essere le vestigia e gli oggetti dell’antica città di Troia, la stessa città incendiata dai Greci durante la guerra troiana che gli autori classici situano tra il 1194 ed il 1184 a.C., risale in realtà attorno al 2500 a.C.

Alcune pagine del diario di Schliemann

La collina di Hissarlik dove fu scoperta Troia (disegno da un incisione di Jörg P. Anders, XIX secolo)

Sebbene Schliemann si sbagliò di oltre un millennio sulla datazione di questo li-vello, e nonostante le numerose critiche provenienti dal mondo scientifico a causa dei suoi metodi non convenzionali di sca-vo, il sogno del bambino di Neubukow si realizzò, così come si affermarono le sue convinzioni, anche grazie ai suoi scavi di Micene e Tirinto, che fosse possibile, per quanto delicato, il confronto tra testi let-terari antichi e archeologia.

«Finalmente mi lusingo nella speranza che per il merito di avere affrontato spe-se enormi, privazioni, tribolazioni e soffe-renze in questo deserto, e soprattutto di avere fatto scoperte importanti, il mondo civile mi riconosca il diritto di ribattezzare questo sacro luogo, e in nome del divino Omero lo battezzo con quei nomi eter-namente gloriosi che colmano ogni cuo-re di gioia e di entusiasmo: lo battezzo con i nomi di ”Troia” e di ”Ilio”, e chiamo ”Pergamo di Troia” l’acropoli su cui scrivo queste righe». Heinrich Schliemann (da Heinrich Schliemann, La scoperta di Troia, a cura di Wieland Schmied, Einaudi, 1995)

L’insegnamento di Schliemann

L’archeologia si è evoluta grazie a tec-niche di scavo più avanzate, integrando campi diversi che vanno dalla palinologia (studio dei pollini) all’archeozoologia, dall’etnologia alla geologia, dall’antro-pologia alla stratigrafia… e questo an-che grazie a persone come Schliemann che con il loro impegno ed il loro lavoro hanno saputo iniziare l’archeologia alla sperimentazione. Ai suoi tempi, l’arche-ologia era agli inizi e veniva conside-rata dalla maggior parte degli studiosi una disciplina basata soprattutto sullo studio dei monumenti dell’arte classica. Oltre l’aver compiuto tra le prime gran-di campagne archeologiche della storia, il merito di Schliemann fu anche quello di aver scoperto, pur sbagliando la data-zione, una civiltà preellenica, quella mi-cenea, fino allora sconosciuta. Del resto all’epoca non esistevano le conoscenze necessarie per svolgere uno scavo che te-nesse conto dei vari problemi legati alla stratigrafia. Egli fu consapevole dei suoi errori, ammettendoli apertamente più volte nelle sue lettere di corrispondenza e, per questo, giustamente criticato dal mondo scientifico. Ma fu il primo a capire il valore scientifico degli oggetti ritrovati, ridisegnandoli e commentantoli, e della grande importanza che rivestiva lo studio tipologico della ceramica, estremamente utile per la datazione di un livello strati-grafico. Fu anche il primo ad utilizzare re-

golarmente la macchina fotografica per documentare uno scavo ed i ritrovamen-ti che ne seguivano. Il tutto a sue spese, come anche a sue spese, lo furono gli sca-vi e le sue pubblicazioni.

Se oggi diversi giovani sono diventati ar-cheologi, lo si deve anche all’impulso di passione per un mestiere e per un sogno che personaggi come Schliemann sono ri-usciti a diffondere e a portare anche nel mondo erudito, dando vita, con i loro racconti ed il loro lavoro, a figure e città mitologiche come Agamennone, Priamo,

Achille, Odisseo, Itaca, Micene, Troia…Se il tesoro scoperto a Troia non fu real-mente quello di Priamo, se le fondamenta di alcuni edifici di Troia rinvenuti non fu-rono le famose porte Scee, se le tombe e le maschere d’oro ritrovate a Micene non furono quelle dei re leggendari descritti da Omero, fra cui lo stesso Agamennone, poco importa, quel che importa di più è l’enorme quantità d’informazioni raccolte da Schliemann e dai suoi collaboratori su una civiltà, quella micenea, ed un mestie-re, quello dell’archeologo, forse oggi un po’ meno misteriosi…

Gli scavi di Schliemann a Troia (disegno da un’incisione di W. Simpson, XIX secolo)

Ritratto di Heinrich Schliemann (disegno sulla base di una sua foto scattata a San Petroburgo nel 1860)

Vi è mai capitato di meravigliarvi nel constatare che pro-prio in un periodo in cui dentro di voi nasce un par-ticolare dubbio, pensiero o interesse, o mentre state vivendo un particolare periodo della vostra vita, tutto

l’universo intorno a voi sembra “rispondere” in qualche modo alle necessità del vostro animo, o ricordarvi i vostri pensieri? Ad esempio: sorge in voi la passione per una particolare attività, e d’un tratto cominciate a trovare libri che ne parlano, persone che la praticano, luoghi in cui si svolge, mentre fino a quel giorno ne avevate sentito parlare a malapena. Oppure, interviene un cambiamento importante nella vostra vita sentimentale (vi fidan-zate, lasciate o venite lasciati dal vostro o dalla vostra partner, tradite o siete traditi, concepite un figlio…) ed è come se intorno a voi a tutti o quasi succedesse lo stesso, tutti i film che vedete parlano di quello, e così via… O ancora: sorge in voi un qualche desiderio e la vita vi permette di realizzarlo. Se tutto questo vi è già successo, conoscerete anche le sensazioni che in questi casi si avvertono, e le domande che cominciano a frullare per la mente. Ci si comincia a chiedere se sono tutte soltanto delle coincidenze. E se pure si ammette che siano delle casualità, si rimane stupiti nell’osservare i bizzarri “disegni” del caso. Oppure, si imputa la responsabilità di quanto accade al destino, al karma…

Alcune delle cosiddette “coincidenze”, sono veramente sconcer-tanti. Vere e proprie sfide al calcolo delle probabilità. Certe volte, capita che mentre stiamo leggendo un libro in presenza di altre persone, qualcuno pronunci, senza saperlo, proprio la parola che stavamo leggendo in quel momento. Senza contare che si po-trebbe aprire tutta una parentesi sui cosiddetti “segni”, elementi del paesaggio che sembrano essere stati “posizionati” apposta per suggerirci qualcosa.

Queste osservazioni, queste domande, dovrebbero forse indurci a riconsiderare la visione che la scienza novecentesca e attuale si è fatta e si fa dell’universo, come di una realtà priva di una mente regolatrice, un “insieme di atomi” costruito su semplici re-azioni matematiche. Ricordiamoci però che la chimica non spiega l’origine del pensiero cosciente, e dei sentimenti, tanto per fare un esempio. Questo va bene se si tratta di inventare macchine e studiare sostanze, ma non se si cerca di capire i motivi, le cause, che hanno portato all’origine di tutto questo.

So che può sembrare un’assurdità, ma forse dovremmo concepire l’universo come qualcosa di non totalmente distinto dal nostro pensiero. Ma piuttosto come una realtà organica in costante dia-logo con noi e la nostra interiorità. La cosa curiosa, è che accet-tiamo razionalmente che la nostra fisicità comporti e determini delle alterazioni dell’ambiente circostante, ma non lo contem-pliamo se si parla della nostra dimensione metafisica. Accettiamo come dato di fatto la nostra interiorità emozionale e intellettiva, accettiamo persino di attribuirne una agli altri “esseri viventi”, ma non all’insieme della realtà in cui esistiamo. Eppure, l’uni-verso, comunque e dovunque lo si guardi, dimostra maggiore attività organica di qualsiasi singolo “essere vivente”. Non a caso gli antichi accettavano l’idea di un’Anima Mundi, o Anima del Mondo, ovvero di un mondo vivente, pensante e avente dei sen-timenti, proprio come gli uomini o gli animali.

Mi chiedo: se con la mia mano fisica posso afferrare un oggetto, sollevarlo, abbassarlo, usarlo a mio piacimento, perché dovrei credere che la mia mente sia invece racchiusa, come in uno scri-gno impenetrabile, entro i confini del mio corpo; e non comuni-chi invece con una “mente esterna”?

Insomma, se la psicologia ha formulato concetti quali l’inconscio collettivo, non è plausibile credere che il tutto sia costruito, come noi, oltre che da atomi di materia, anche da una dimensione sentimentale-razionale? Certo, tutto andrebbe ridimensionato e adattato al contesto: parlare di “sentimenti” e “pensieri” del co-smo non significa attribuirgli la stessa valenza che questi processi metafisici rivestono nell’essere umano.

Ma se accettiamo l’idea di un universo “in dialogo”, e con ciò mi ricollego al discorso del Continuum affrontato il mese scorso, forse molte di quelle che ora chiamiamo coincidenze, sincronici-tà, casualità o serendipità, assumerebbero una diversa valenza. Infatti, nella dimensione umana, il pensiero condiziona diret-tamente la fisicità. L’azione fisica è una risposta ad una moto interiore. Se lo stesso valesse per la realtà esteriore, ovvero se il mondo si “modellasse” su delle metamorfosi sottili, invisibili, in dialogo con ciò che accade dentro di noi, questo si manifestereb-be in maniera diretta sulla fisicità del mondo stesso…

I punti di domanda.Riflessioni filosofiche,domande esistenziali e crescita spirituale

Astronomo cinese, 1675

i punti di domanda32

Quando l’universo si costruisce sui nostri pensieridi Sebastiano Brocchi

La sincronicità

BT consiglia33

È solo un caso che la collocazione di nove chiese e oratori della Collina d’Oro (regione della Svizzera meridionale) rispecchi con precisione

la posizione delle stelle della costellazione del Leone? Ed è solo un caso che, contando oltre a questi nove edifici sacri tutti gli edifici di culto circostanti, e tracciando le strade che li collegano fra loro, appaia sulla mappa il disegno di un leone, fieramente adagiato fra i monti dell’Ar-bostora e il golfo di Agno? Infine, perché un leone?

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Il libro più discusso e controverso dell’autore, 180 pagg. illustrate a coloridi Sebastiano Brocchi

Collina d’oro segreta

In questo libro, definito “un testo magistrale” dalla critica specialistica, Sebastiano B. Brocchi

cerca di definire i pilastri maggiori dell’Alchimia, interpretandone i simboli alla luce della scienza dello spirito. L’arte della trasmutazione dei me-talli in oro viene qui spiegata per quello che era il suo intento originario e più segreto: trasformare interiormente l’essere umano.

Brossura. 210 pagg. illustrate a colori.

I fratelli Grimm, Andersen, Perrault, Collodi, La Fontaine, e prima di loro Esopo, Fedro, gli autori delle “Mille e una Notte”, insomma i grandi favo-listi del passato, potrebbero non essere stati sol-tanto dei personaggi dalla fervida immaginazio-ne, ma degli Iniziati, che decisero di tramandare le loro conoscenze segrete attraverso il linguag-gio della fiaba...

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Viaggio all’interno di sédi Luca Sbrigata

spiritualità34

Personalmente penso che questo sia un gran peccato, prin-cipalmente perché credo che la vita non si possa ridurre ad un’accozzaglia di casuali esperienze terrene fini a se stesse. Mi rendo altresì conto che la frenesia delle nostre

vite oggigiorno ha lasciato ben poco spazio all’introspezione e l’autoesame di se stessi: provate a riservarvi ora un momento per voi; vi porgo quindi una domanda, siete veramente felici?

Le risposte che potreste dare sono davvero molteplici, dal «Certo che sono felice, la mia vita è perfetta!» (poi però mi spiegate il trucco), al «Magari una cosa, almeno una, andasse per il verso giusto!», o ancora «In genere sì, non c’è male, ci sono molti am-biti della mia vita dei quali sono soddisfatto/a, ma c’è sempre quel settore (amore, lavoro, amicizie, famiglia, ecc…) nel quale non mi sento realizzato/a!».

Sentimenti e sensazioni quali l’insoddisfazione, la rabbia, la tri-stezza ed in genere tutti i tipi di emozioni che possono conside-rarsi negative, quasi sempre nascono da un presupposto di igno-ranza verso quelle situazioni che la vita ci mette davanti. Tengo però a precisare che la parola ignoranza non è in alcun modo intesa in termini dispregiativi, è bensì semplicemente da inter-pretarsi come una mancanza di conoscenza, o cattiva interpreta-zione, di taluni ambiti dell’esistenza.

È proprio nel mitigare queste lacune che la teosofia ci può venire incontro, fornendo mezzi pratici per l’introspezione e spiegazio-ni alle varie dinamiche operanti sui molteplici piani della crea-zione. Prima però di addentrarci nella teosofia, vorrei spendere alcune parole sulla spiritualità.

La spiritualità oggi…

Spesso chi si sente parlare di spiritualità sono personaggi facenti parte del circuito ecclesiastico, oppure talune controparti laiche ad esso strettamente legate; intendo quindi fare una premessa onde evitare qualcuno pensi che il discorso che andrò a fare pos-sa in qualche modo essere di parte: mi dichiaro di confessione Cristiano\Cattolica certo, nonostante questo però non sono un particolare amante della chiesa intesa come istituzione religiosa. Mi rendo conto che ciò possa sembrare in prima analisi un’affer-mazione incostante; più in avanti passerò quindi ad esporvi la mia opinione al riguardo.Fatta questa premessa arriviamo quindi al dunque: avrei voluto intitolare questa sezione “Lo scrutatore non votante” rifacendo-mi al titolo dell’omonima canzone di Samuele Bersani. Se non l’avete mai sentita ve ne consiglio l’ascolto, il testo è a mio avviso un’azzeccatissima esposizione dell’incoerenza dell’essere umano oggigiorno.

Ad un certo punto della canzone viene detto “…lo scrutatore non votante è come un ateo praticante seduto in chiesa la do-menica…”: tutte le volte che la ascolto mi viene da pensare che forse ancora più illogico, ma quanto più reale, dell’ateo pratican-te sarebbe stato invece il credente non praticante.

Il credente non praticante è una realtà attuale, la cosa buffa è che molto probabilmente, per quanto riguarda principalmente la schiera cattolica, sono in circolazione molti più credenti non praticanti che il contrario. Ma cosa significa credente non prati-cante? Ve lo siete mai chiesti?

Io stesso sono stato credente non praticante a suo tempo, ne parlo quindi con una certa cognizione di causa: la principale argomentazione del credente non praticante è in genere che non serve andare in chiesa per avere un contatto con Dio, il che può anche essere vero, ma a questo punto realmente mi chiedo quanti credenti non praticanti poi riservino nella propria vita uno spazio alla preghiera, e soprattutto, se lo fanno, in quale misura ciò avviene con una certa regolarità e cadenza invece che solo nel momento dell’estremo bisogno quando non si hanno altri appigli che la fede. Penso che purtroppo la risposta sia: davvero pochi.

L’incoerenza dell’essere applicata al discorso spiritualità sta pro-prio qui, la ricerca di una spiritualità ad bisognam, visualizzata come appiglio e quindi investigata esteriormente, quando inve-ce sarebbe forse cosa saggia riportare a noi stessi ciò che la vita ci rimanda piuttosto che delegare all’esterno la responsabilità di una soluzione. È qui che scopriamo il valore dell’introspezio-ne, aiutati che il ciel ti aiuta dicevano i nostri vecchi, e a parer mio, mai cosa è stata più vera.

IntrospezioneGli argomenti che ho scelto per questa

rubrica non sono di certo tra i più semplici da affrontare; vige purtroppo molta ignoranza e disinformazione verso termini quali teosofia,

e provoca in genere una certa repellenza nei confronti dei più il solo sentire la parola

spiritualità.

La spiritualità è un valore dell’essere umano, è una qualità da ricercare internamente a

se stessi, è un tornare alle proprie radici per cogliere, comprendere ed infine trasformare

le negatività che sono causa del male, interno a noi ed intorno a noi. È un processo

di coscienza che trova assonanza con la tradizione alchemica medioevale: nigredo,

albedo e rubedo, un’alchimia di coscienza in tre passi che mira a trasformare...

Tutto questo per dire cosa, per dire che siete ovviamente liberi di scegliere di credere o di non credere a quel calderone, ma non esistono solo queste due possibilità per il semplice fatto che non esiste un pacchetto completo, il calderone appunto, da prendere o lasciare.

Tutto ciò che è creato o modificato dall’uomo è per sua natura imperfetto perché l’uomo è imperfetto: la chiesa è un’istituzione creata dall’uomo, non è infallibile, potete non fidarvi di essa e forse avreste anche le ragioni per farlo, ma da qui a non fidarvi per le stesse ragioni del vostro parroco di paese, una persona che molto probabilmente asserve in buona fede alle basi di un credo basato sull’amore, lasciatemi allora dire che ce ne passa. Egli as-serve per l’appunto, non espleta poteri di alcun tipo.

La religione cattolica poi, potremmo dire rifacendoci alla sua stessa storia, che abbia dei fondamenti divini, non di meno però, nel corso dei secoli, di concilio in concilio, è mutata con la chiesa stessa in qualcosa di imperfetto: ma dove stà il problema in real-tà? Basta tornare alle radici. Potete credere o non credere persino alla figura di Gesù, potete anche dargli non più importanza della figura di Peter Pan o di un personaggio di fantasia a vostra scelta, ha le spalle larghe, non penso si offenderà, ma il suo messaggio primario è e rimane indipendentemente dal valore che a lui date: ama il prossimo tuo come te stesso. È sempre lì che torniamo, al valore dell’introspezione, io stesso non mi dichiaro capace di perpetrare nel pratico questo messaggio, non per questo però ritengo mi sia dato di adagiarmi sugli allori e promulgo quindi impegno ogni giorno col preciso fine di migliorarmi. Si dice che la pratica renda perfetti, e anche se perfetti in un mondo imperfet-to non lo saremo mai, potremmo quantomeno provare ad essere delle persone migliori. In definitiva ritengo che questa sia l’unica critica che abbia realmente ragione di essere, la critica portata verso se stessi, l’autocritica: non siamo nessuno per giudicare gli altri, siamo a malapena quanto basta per giudicare noi stessi.

Volontariamente, parlando di religione, ho invece sin qui par-lato di cattolicesimo, e questo non di certo perché ritengo che quest’ultima sia l’unica religione valida; per quanto mi riguarda tutte lo sono, con i loro pregi, i loro difetti, sono tutte comunque allo stesso modo figlie “adottive” dell’uomo e della sua incoe-renza, e in origine, potremmo dire, di paternità biologica divina.

Il fatto che io parli di cattolicesimo significa solamente che mi limito a parlare di ciò che vivo ed ho vissuto in prima persona; ammesso che io ne abbia le conoscenze, potrei anche stare qui ad irrorarvi di discorsi sull’Islam o l’Ebraismo ad esempio, parlerei però di aria fritta perché nel mio quotidiano non li vivo e non li ho mai vissuti.

La Teosofia

Se è vero che Dio esiste, e a mio modesto parere così è, provando allora a scostarci un attimino dalla visione soggettiva ed egoista de “la mia religione è meglio”, e come sin qui detto tentassimo di tornare alle radici di ciò che la religione in realtà ci comunica, scopriremmo di trovarci tutti, quasi magicamente, ad un punto comune chiamato amore.

Detto in modo molto sintetico è in definitiva questo il messag-gio della teosofia, se Dio è amore e l’amore sta alla radice di ogni religione, allora alla radice troviamo lo stesso Dio per tutti. Certo è chiamato con modi diversi, certo le religioni hanno usi, costumi, dottrine e riti diversi, il tutto è comunque incentrato sul percorso evolutivo che quel determinato popolo è tenuto a vivere per arrivare all’amore, per arrivare a Dio. Volendolo dire in maniera anche più banale: i percorsi sono diversi, ma tutte le strade portano a Roma.

Modo di approfondire la teosofia ne avremo comunque nei nu-meri seguenti, a quelli vi rimando siccome come ben potete com-prendere l’editoria ha giustamente i suoi spazi ed io ho appena terminato i miei. Un augurio di buon mese a tutti.

36

Quante emozioni si possono scatenare in uno spettatore prima, dopo e durante un concerto? I preparativi per il viaggio (breve o lungo che sia), la compagnia degli amici, l’esibizione sempre unica dei nostri idoli musicali sul palco a suonare i brani che

ci accompagnano da mesi o che hanno segnato un periodo importante della nostra vita. In fondo queste emozioni non vogliamo contarle ma riviverle, e lo si può fare con dei ricordi, magari riportati alla mente da una fotografia; e per i veri fans dallo scatto facile Rete Tre ripropone, in versione ampliata e rinnovata, il concorso fotografico che ha ottenuto un gran successo la scorsa primavera: FanPics, ora FanPics 2.0!

Potete partecipare inviandoci tramite e-mail o MMS all’indirizzo [email protected] le foto che ritraggono voi, i vostri amici o gli altri fans ai concerti, open airs, dj setsetc…, con o senza artisti in azione, purché si capisca che si tratti di un bel momento di musica live!

Ci sono delle novità: ogni lunedì sera (dopo le 21:00 nella trasmissione BandZ On Air) verrà proclamato il Fanpicser della settimana che si por-terà a casa un pacco gadgets di Rete Tre.

Inoltre per questa seconda edizione il premio finale è un gioiellino di videocamera, una Sony DCR-SX 50 (16GB di memoria, zoom 60x, touch-panel) che si ritroverà sotto l’albero dell’autore della fotografia che verrà selezionata dalla nostra giuria prima di Natale. Il termine per l’invio delle fotografie è la mezzanotte di sabato 19 dicembre e la proclamazione del vincitore avverrà lunedì 21 dicembre sempre inBandZ On Air.

FanPics 2.0Vinci una videocamera e tanti altri premi firmati

La fotografia realizzata da Sasha di Bellinzona, vincitore della passata edizione di FanPics.

Che aspetti allora? Le possibilità di vincere sono tante e forse lo scatto fortunato lo hai già realizzato, basta inviarcelo!

concorso

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di Davide Marchini Gattoni Dott. Chim. Tecn. Farm, Omeopata SSOB

La rivoluzione omeopatica

salute

Più che per curiosità, ho deciso di dedicare qualche week-end all’omeopatia per deontologia professionale, non sembrandomi

giusto dispensare rimedi senza sapere consigliare il cliente paziente.

Scetticissimo per natura e ancora di più per professione, mi sono avvicinato al nuovo insegnamento con mille doman-de e pregiudizi; come poteva una tintura madre diluita più di un milione di volte essere ancora attiva farmacologicamen-te?

Quando si somministra la diluizione 12 CH (1 x 10-24 molecole) e si passa il nu-mero d’Avogrado (6,022 x 1023) è come somministrare meno di niente!

Aveva forse ragione un mio caro collega malcantonese, ricordandomi una vecchia battuta da farmacista: ”Prendere un pre-parato omeopatico è come bere l’acqua del Lago di Melide dopo aver buttato in quello di Agno un’aspirina”!

Con un po’ di umiltà, mi domandavo pure come potesse sempre più gente rivolger-si a questa terapia alternativa, domanda che peraltro mi faccio quando sento di gente truffata, o peggio, da maghi e fat-tucchiere dei nostri giorni.

Anche sapendo che tanti medici avevano riversato sull’omeopatia anni di indefes-so studio, la mia idea rimaneva che la “scienza omeopatica” fosse avvolta da un alone di alternativismo e che non fosse basata su prove e studi concreti.

Con questo stato d’animo ho iniziato il cor-so e ho sollevato queste ed altre perplessi-tà durante la presentazione personale.

Malauguratamente, in vita mia ho sem-pre per scelta imboccato la via più diffi-coltosa e, dopo aver concluso la mia pic-cola presentazione, cominciai a contare i secondi che l’insegnante avrebbe impie-gato prima di domandarmi cosa ci facessi in un gruppo di fervidi sostenitori della materia Hahnemanniana.. Invece, con mia grande sorpresa, il docente mi con-fermò che al momento non c’erano studi che attestassero inequivocabilmente la scientificità dell’omeopatia.

Dal canto mio dissi che, se per tanti anni avevo fatto atto di fede nei confronti della chimica, potevo continuare ancora un po’ con questa nuova sfida. Già dalla prima lezione non mi fu difficile capire la fortuna che avevo avuto nel conosce-re quell’insegnante che fumava come una ciminiera: il Professor Masci è infat-ti il docente di gran lunga migliore che abbia mai avuto. Quanti medicinali ven-gono prescritti e dispensati senza cono-scere a fondo il meccanismo d’azione?

Questo brutto vizio in omeopatia è un po’ meno presente, in quanto, con la patogenesi (lo studio dell’intossicazione fatto con piccoli dosaggi) si mette sotto i riflettori il farmaco. Quello che fa gran-de Masci è la voglia di mettersi in gioco con tutto e tutti: con la medicina tradi-zionale, ma soprattutto con gli omeopati stessi, togliendo al rimedio omeopatico un po’ di fascino alchimistico, ma carican-dolo di significato scientifico.

Quando si parlerà di nux vomica, non ci si riferirà più solamente ai semi della lo-ganiacea, ma al suo principio attivo pre-ponderante, la stricnina; di essa si capirà la patogenesi, accorgendosi ben presto che a dosi sub tossiche si ha un effetto eccitante duraturo ed è per questo che come rime-dio pro cinetico (per aumentare lo svuo-tamento gastrico) viene usato a diluizione basse 7- 9 CH.

La rivoluzione “Mascica” consiste nell’es-sere riuscita a coniugare la visita omeo-patica con la farmacologia del rimedio stesso, si potranno consultare meno i re-pertori (manuali che servono a scegliere il rimedio più adatto in base ai sintomi riscontrati) e si guarderanno con più at-tenzione i principi attivi.

Ora la nuova sfida è quella di capire per-ché certi rimedi funzionino meglio di altri e soprattutto quali molecole siano migliori candidate per poter essere utiliz-zate; quali caratteristiche fisico-chimiche debbano avere e se questi parametri sa-ranno sufficienti per scegliere un giusto candidato.

Inoltre rimane da risolvere l’annoso pro-blema delle diluizioni, con conseguen-ti dinamizzazioni; Ha senso pensare di usarne di “alte” se il rimedio è quello che sembra essere il più simile al sintomo o sarebbe più scientifico cercare di capire per ogni principio attivo che diluizione usare magari in riferimento al soggetto a cui viene somministrato?

Il guanto è lanciato, sta a noi raccoglierlo per poter vestire la nuova omeopatia con un favoloso abito da sera rosso scienza.

Quando nel 2006 mi sono iscritto al corso d’omeopatia,

l’ho fatto per andare a colmare le mie scarse conoscenze

in materia, in quanto all’università avevo imparato

solo rudimenti di galenica delle varie forme omeopatiche, ma ben poco di materia medica.

...mi sono avvicinato al nuovo insegnamento con mille domande e pregiudizi; come poteva una tintura madre diluita più di un milione di volte essere ancora attiva...

saranno famosi41

di Nicoletta Di Marco

Danzando sul ghiaccio con le giovani promesse del Club pattinaggio di Lugano

Il Club di pattinaggio di Lugano, fa parte come gli altri quattro presenti in Ticino (Bellinzona, Biasca, Chiasso e Ascona) della Federazione Ticinese di

Pattinaggio, a sua volta ramo dell’Unione Svizzera Pattinaggio. Il club fu fondato nel 1962. Utilizza le strutture del dicaste-ro dello sport della città di Lugano ma è un organizzazione indipendente il cui scopo è far avvicinare la gente di tutte le età a questo sport sano, divertente e con un alto potenziale di crescita sportiva e personale.

Il club organizza corsi di gruppo per tutti i livelli, dai pulcini che partono dai 3 anni di età facendo una lezione a settima-na di 40 minuti, agli amatori (dai 6 anni ai 90 anni …). Esiste anche una sezione Goldies per i dilettanti dai 10 ai 16 che amano fare questo sport un paio di vol-te a settimana per divertimento, ma non desiderano praticarlo a livello agonistico. Solitamente le lezioni durano un’ora, poi si può scegliere a seconda del tempo a di-sposizione, delle possibilità economiche e soprattutto dei risultati che si desidera raggiungere se praticare una, due o tre volte la settimana.

Il pattinaggio sul ghiaccio è uno sport adatto a tutte le età, anche se la mag-gior parte dei pattinatori sono bambi-ni e ragazzi ed è anche molto utile per mantenersi in forma perché permette di bruciare più di 250 calorie all’ora. Come abbiamo visto anche i bambini molto piccoli possono pattinare sul ghiaccio, è sufficiente che indossino vestiti caldi e il casco per attutire le cadute, almeno ini-zialmente.

Volendo provare, non bisogna neanche affrontare necessariamente subito la spe-sa dei pattini, perché si possono noleg-giare. All’inizio bisogna acquisire le cono-scenze di base che comprendono:

• stare in piedi sui pattini • frenare • pattinare andando in avanti• pattinare all’indietro

Chi appartiene invece alla sezione artisti-ca, compete cioè a livello agonistico, ha bisogno di molte più ore di allenamento, comprendenti lezioni di tecnica del patti-naggio, danza e la preparazione atletica.

Il Club pattinaggio Lugano, ha al mo-mento in attivo 5 insegnati e 3 coreografi part-time proprio per seguire le atlete nei vari ambiti della preparazione. I primi cu-rano la parte tecnica mentre i coreografi si occupano della parte estetica e artisti-ca, ad esempio la posizione delle braccia e l’espressione del viso.

I campionati svizzeri di pattinaggio sono suddivisi in quattro categorie: Elite, Ju-niores, Cadetti, Speranze e Mini.

Per partecipare ai campionati Élite, gli atleti devono aver superato il test di livel-lo denominato oro, indipendentemente dall’età. Agli juniores prendono parte i pattinatori che hanno superato il test inter-oro e non hanno ancora compiuto i 18 anni. La categoria Cadetti si suddivide a sua volta in due branches: gli under 14 e gli under 15. I pattinatori appartenenti ad entrambi i gruppi devono aver supera-to il test argento. Infine, i più piccoli ga-reggiano nella categoria Mini al di sotto

dei 10 anni o in quella Speranze dai 10 ai 12. Mini e speranze sono anch’essi due gruppi appartenenti alla stessa categoria e chi ne fa parte deve aver passato il test inter-argento. Esiste anche una catego-ria Seniori che è allo stesso livello degli Juniores, ma vi gareggiano coloro i quali abbiano già superato i 18 anni ma non sono riusciti a rientrare nella categoria Élite.

La Postura del corpo e atteggiamento co-reografico che il pattinatore assume du-rante l’esibizione o la gara è fondamen-tale: nell’insieme deve lasciar intravedere eleganza e sicurezza. In alcuni pattinatori è una dote naturale in altri è frutto di istruzione ed allenamento.

Il pattinaggio artistico è una disciplina ad elevatissimo contenuto atletico e tecnico. Richiede anni di duro allenamento ed un innato senso artistico ed espressivo: alcuni atleti infatti provengono dalla

danza classica, ma nel pattinaggio oltre ad agilità e coordinazione, bisogna anche avere molta forza nelle gambe. Le figure vengono infatti eseguite molto velocemente e più è sviluppata la forza negli

arti inferiori, più sarà potente lo stacco che permetterà all’atleta di rimanere più a lungo in volo e compiere evoluzioni più complesse.

42L’eleganza e la tecnica non mancano certo alle giovani leve del Club Pattinaggio Lugano che parteciperanno agli imminenti campionati svizzeri 2010 nelle seguenti categorie:

• Juniores 8-10 gennaio Losanna• Juniores 22-24 gennaio Basilea• Juniores 4-7 febbraio San Gallo

Nella categoria Juniores gareggeranno Martina Pons e Josephi-ne Ciminella; nei Cadetti under 15 ci saranno Géraldine Alberti, Greta Schiumacher, Simona Ren in Bertagnon e Jessica Gallizzioli, mentre nei Cadetti under 14 Carlotta Maccia. Glenda Agliani e Jenny Colombini parteciperanno invece ai campionati nella cate-goria Speranze e Federica Ferrari nelle Mini.

Praticare questo sport a livello agonistico implica un notevole in-vestimento non solo in soldi ma anche in tempo, impegno , ener-gia e sacrificio. Per molte di queste atlete, soprattutto durante gli anni del liceo e della formazione superiore risulta davvero difficile riuscire a conciliare tutti gli impegni scolastici con quelli relativi agli allenamenti e alle gare. È un impegno pesante e a tempo pieno, soprattutto se si vogliono raggiungere dei risulta-ti importanti. Sicuramente però gli sforzi vengono ampiamente ricompensati anche al di fuori della pista. L’autocontrollo e la disciplina che le ragazze acquisiscono danno loro la sicurezza ne-cessaria, non solo per poter affrontare da sole un pubblico e dei giudici durante le gare, ma questa diventa parte integrante del loro bagaglio personale in tutti gli ambiti della loro vita.

Ve le presentiamo, nella speranza di vedere qualcuna di loro salire sul podio ai prossimi campionati svizzeri.

Simona Ren in Bertagnon (1995) Risultati stagione 2008 -2009Campionati svizzeri 12° Cadetti USP Thonex –GECoupe du printemps 24° Novice LussemburgoLugano cup 2° Cadetti USP LuganoTrofeo Ticino 3° Cadetti USP BiascaElauch Cup 6° Cadetti USP WinterthurCampionati ticinesi di libero 1° Cadetti USP BellinzonaArge Alp Jugend 3ª Bellinzona

Glenda Agliani (1997) Risultati stagione 2008 -2009Trofeo Ticino 2008/2009 9° Mini USP BiascaFlimser Trophy 2009 9° Mini USP FlimsCampionati Ticinesi di libero 2° Cadetti FTP BellinzonaLugano Cup 5° bronzo LuganoMontalin Cup 4° bronzo Coira

Géraldine Alberti (1995) Risultati stagione 2008 -2009Campionati svizzeri 3° Cadetti giovani GinevraHeiko Fisher Pokal 5° Novices BudapestGletscher cup 2° Ladies under 15 StoccardaTriglav trophy 13° Novices JeseniceTrofeo Ticino 2° Cadetti BiascaFlimser cup 3° Cadetti FlimsCampionati ticinesi di libero 2° Cadetti BellinzonaArge Alp Jugend 2ª Bellinzona

Jenny Colombini (1996) Risultati stagione 2008 -2009Campionati svizzeri 41° Mini USP BiascaLugano Cup 3° Mini USP LuganoFlimser Trophy 12° Mini USP Flims

Greta Schiumacher (1994) Risultati stagione 2008 -2009Campionati svizzeri 13° Cadetti giovani 2009 Trois ChêneGletscher Cup 8° Novices GrindelwaldLugano cup 5° Cadetti USP LuganoDreitannen Cup 6° Cadetti USP OltenTrodeo Ticino 8° Cadetti USP BiascaCampionati ticinesi di libero 4° Cadetti USP BellinzonaArge Alp Jugend 9ª Bellinzona

Jessica Gallizioli (1994) Risultati stagione 2008 -2009Lugano Cup 4° Speranze FTP LuganoCampionati ticinesi di libero 6° Cadetti FTP BellinzonaTrofeo Ticino 4° Cadetti FTP BiascaEulach Cup 4° Cadetti Winterthur

Josephine Ciminella (1993) Risultati stagione 2008 -2009Campionati Svizzeri Cadetti 2009 8ª Trois ChêneLugano Cup 4ª Cadetti USP LuganoTrofeo Ticino 13ª Cadetti USP BiascaFlimser Trophy 7ª Cadetti USP FlimsCampionati Ticinesi 6ª Cadetti USP BellinzonaGletscher Cup 10° Novices Grindelwald

Federica Ferrari (1999) Risultati stagione 2008 -2009Campionati Ticinesi di libero 4° Speranze FTP BellinzonaEulach Cup 3° WinterthurFlimser Trophy 1° Flims

Carlotta Maccia (1995) Risultati stagione 2008 -2009Campionati svizzeri 16° Speranze USP BiascaFlimser trophy 2° Speranze USP FlimsLugano Cup 4° Speranze USP LuganoTrofeo Ticino 6° Speranze USP Biasca

Martina Pons (1994) Risultati stagione 2008 -2009Campionati svizzeri 21° Juniori WetzikonInternational Gletscher Cup 8° Juniori ladies GrindelwaldCoupe du printemps 18° Juniori LussemburgoDreitannen cup 3° Juniori OltenTrofeo Ticino 3° Iuniori BiascaLugano Cup 4° Juniori Lugano

Bisogna inoltre considerare che alcuni dei piatti che ritrovia-mo oggi sulla tavola devono la loro presenza alle grandi sco-

perte e ai grandi viaggiatori, navigato-ri e mercanti, del ‘500 che soprattutto con la scoperta delle Americhe, hanno importato non solo prodotti prima sco-nosciuti in Europa, ma anche tradizioni e gusti completamente innovativi.

Spesso erano i grandi conquistatori spagnoli ad impadronirsi di queste no-vità e rientrando sulle coste davano ini-zio a dei cambiamenti culturali legati anche alla cucina che si tramandavano di generazione in generazione e da re-gione a regione portando sino alla vici-na penisola importanti novità.

E sembra che il Bollito Misto, e sì, pro-prio di Lui che si parla, abbia appunto visto la luce nel’500 proprio in Spagna.

Ma di questa “ricetta” ne hanno fatto tesoro con il passare del tempo i Pie-montesi che tra un viaggio e l’altro dal-la Liguria al Piemonte, contrabbandan-do il sale, sono riusciti a portare dalle coste alle Alpi, non solo le acciughe ma bensì questa fantastica ricetta.Ma questa è supposizione!Nasce comunque in Piemonte la ricetta che oggi ritroviamo nella cucina tra-dizionale Contadina o tra le mura do-mestiche, come nei migliori e rinomati Ristoranti. È in effetti da qualche anno che si sono riscoperti sapori antichi che anche i grandi chef hanno voluto riportare al loro antico e genuino splendore.

Il Bollito Misto è di fatto come una bel-la scultura che abbandonata nel temo viene riscoperta e restaurata riportan-do alla luce la sua straordinaria bellez-za, in questo caso, il suo particolare ed intenso sapore.Attorno alla qualità delle carni e dei contorni ecco anche la poesia del ser-vizio, l’armonia dei sapori ed il tocco di classe dello chef. Con poco questo piat-to contadino riveduto nella sua presen-tazione ed accuratamente presentato ritorna di prepotenza tra novembre ed aprile su molte delle nostre tavole.

Tra queste ve ne è sicuramente una in cui vale la pena sedersi, attendere il passaggio del carrello delle carni ed affidarsi all’esperienza dello Chef che accuratamente avrà il piacere di servir-vi, al taglio, il suo ormai famoso Bollito Misto!

7 tipi di carne, 3 tipi di verdura e 3 salse, questi i numeri vincenti del GROTTO TICINESE di Cureglia

la ricetta del Grotto Ticinese

Bollito misto

La ricetta del Grotto Ticinese

Adattata per esigenze regionali e per incontrare i favori della

nostra clientela

Una prima entrata con brodo di manzo o insalata e poi:il carrello delle carni con

Muscolo e biancostato di ManzoTestina di Vitello

Lingua di ManzettaZampone e cotechino

GallinaOssa di midollo di Manzo

Patate e carote bolliteCrauti

Salsa verde, senape, mostarda di frutta

La storia del gusto e della buona cucina hanno origini

antiche e lontane, spesso i piatti che conosciamo e le

ricette di oggi sono in realtà da ricollegare a piatti poveri d’origine contadina, che con il tempo si sono trasformati

in prelibate raffinatezze.

Le date scelte dagli organizzatori per PIÙGUSTO 2009 sono quelle del periodo pre-natalizio. Un periodo propizio per acquisti, regali e degustazioni. E proprio negli accoglienti padiglioni del Centro Esposizioni di Lugano, durante que-

sto fine settimana tipicamente pre-natalizio, si potranno incon-trare piccoli produttori e minuscole realtà eno-gastronomiche di tutto rilievo. Tutto ciò all’insegna della curiosa scoperta di eccel-lenti e nuove tradizioni eno-gastronomiche.

I prodotti esposti e presentati, alla presenza dei produttori – natu-ralmente – potranno essere degustati a piacimento. Sarà possibile acquistare tutta la merce esposta e, per chi appartiene alla ristret-ta cerchia dei “Buyer” (coloro che in azienda sono responsabili de-gli acquisti) si svolgeranno interessanti incontri a tu per tu con il produttore e le sue eccellenze: i cosiddetti incontri “ONE to ONE”.Folta la presenza di enti istituzionali che, con la loro presenza promuovono il territorio e le sue peculiarità eno-gastronomiche. Come ad esempio, per citarne uno su tutti, la Provincia di Como che presenta il progetto INTERREG: valorizzazione sostenibile dei prodotti ittici. Si tratta di un progetto di valenza insubrica e che

coinvolge anche il lago Ceresio che, proprio grazie alla collabo-razione della Società pescatori a rete dell’omonimo lago, potrà mostrare al pubblico le peculiarità di un redivivo abitante dei fondali lacustri del lago di Lugano: il pesce Gardon.

E di specialità ittiche ve ne saranno molte altre da degustare. Dal pesce affumicato proveniente dal Ghana, allo stoccafisso presentato da un piccolo pescatore norvegese. Molte le specia-lità Mediterranee. Dagli oli di oliva extravergine, per i quali è stato approntato un salotto apposito, alle specialità enoiche del Sud, quali il Moscato di Pantelleria e il Moscato di Trani. Vino, quest’ultimo assai raro e ottimo – dicono – abbinato alle ostriche. Provare per credere: allo stand di questo minuscolo viticoltore del litorale Jonico, l’insolito matrimonio è solo da sperimentare!

Sorsi di bontà al Salone del GustoA Lugano, presso il Centro Esposizioni, dal 5 all’8 dicembre è di scena PIÙ GUSTO 2009. Giunta alla sua terza edizione, la Fiera Internazionale delle eccellenze Enogastronomiche, ospita quest’anno poco meno di 200 espositori di svariate provenienze.

Allora, l’appuntamento è fissato a Lugano, dove dal 5 dicembre alle ore 11.00 (ora in

cui, alla presenza delle autorità, è prevista l’inaugurazione) ci si potrà immergere nel

Mondo di PIÙ GUSTO: il salone internazionale delle eccellenze enogastronomiche.

E per chi ha a cuore gli abbinamenti classici, il salone sarà l’occa-sione di incontrare tanti produttori locali. Si va dai prodotti dei Mastri Panettieri Pasticcieri Ticinesi, alle specialità casearie della Valle di Muggio, alle proposte dello spazio dedicato al Merca-tino. Qui, in un’apposita area ci sembrerà di essere in un vero e proprio mercatino natalizio. Il mercatino dei sapori, appunto!

E per i più sofisticati esiste la possibilità di partecipare alle de-gustazioni guidate e agli atelier del gusto. Appositamente stu-diati per approfondire l’incontro con i territori e le produzioni

di nicchia, gli atelier sono aperti al pubblico e si svolgeranno in apposite sale.

Anche i più golosi troveranno pane per i loro denti. Anzi. Dolciu-mi a dire il vero. Dalla classica cassata siciliana, agli amaretti di Gallarate; dalla torta Pistocchi® al gelato al Bitto e alla polenta Taragna, passando per i pistacchi di Bronte, e dalle confetture. Da quelle profumate: di arance e mandarini; a quelle più esoti-che: ai Fichi d’India. Gli amanti di queste prelibatezze dolciarie sono avvisati.

Informazioni utili:

PIÙ GUSTO 2009 Fiera Internazionale

del Gusto

Centro Esposizioni Lugano

Da sabato 5 dicembre 2009

a martedì 8 dicembre 2009

Orari di aperturaDalle 11.00 alle 22.30

www.salonedelgusto.ch

Carattere

Amichevole, aperto, vigile e vivace. Mai timido né aggressivo. Molto socievole, non è il massimo come cane da guardia.

Un Samoiedo vorrà esplorare tutto ciò che lo circonda, non pensate di lasciarlo solo a vegetare in giardi-no perché troverà mille modi per non annoiarsi: scaverà buche, ecc… Insomma non va lasciato solo a far nulla, soprattutto non in casa, per-ché inventerà mille passatempi… Quindi è meglio far canalizzare la sua smisurata energia in una sor-ta di lavoro o attività. La maggior parte degli esemplari di questa razza ha un istinto più o meno for-temente sviluppato per la caccia, cosa da tenere in considerazione, soprattutto se lo si vuol portare fuori a correre senza guinzaglio. Il suo istinto lo porterà ad inseguire tutto ciò che ritiene abbastanza in-teressante.

Cure

Bisogna inoltre abituarli fin da quando sono cuccioli ad essere spazzolati tutti i giorni. Il pelo fine e folto ha bisogno di mota cura e di essere spesso districato dai nodi, soprattutto durante il periodo del-la muta stagionale. È sconsigliato fargli troppi bagni

Aspettativa di vita

Il Samoiedo è un cane abbastanza longevo: vive in media 11 anni e generalmente gode di buona sa-lute.

Ambiente ideale

Il Samoiedo è fra i cani da slitta nordici il più adatto a vivere in famiglia per via del suo buon temperamento. L’irresistibile aspetto dei cuccioli, simili a piccoli orsi bianchi e l’eleganza del portamento oltre che dell’aspetto, ne fanno una razza piuttosto diffusa anche al di fuori dell’area geografica di appartenenza. Ovviamente il doppio manto gli permette di adattarsi partico-larmente ai luoghi freddi, come a lui congeniale, ma potrebbe anche abituarsi a vivere in località dal clima più caldo (magari non ai tropici…).

Alimentazione

Dar da mangiare troppi carboidrati e cibi “non sani” (stuzzichini, pezzi di pizza, ecc..) ai cani non va mai bene. Essendo, come abbia-mo visto, i Samoiede molto attivi, avranno bisogno di un apporto energetico e calorico superiore a quello di un “cane da salotto”,

dato che bruciano un elevato numero di calorie. È comunque sem-pre meglio far valutare la salute e la forma generale del cane da un veterinario che saprà consigliare una dieta specifica per ogni singolo esemplare, a seconda delle sue necessità e del suo stato di salute.

Addestramento

Si può iniziare ad educare il cucciolo già verso i tre mesi: prima si fa, meglio è. Se ad esempio si tiene il cucciolo in casa sarà bene fargli capire al più presto dove andare a fare i suoi bisogni. Tendenzialmente lui o lei andrà a farli lontano dalla cuccia, ma se si abitua il cane ad andare sul giornale, questo lo si può progres-sivamente spostare verso la porta d’ingresso, fino a fargli capire che deve andare fuori. È anche molto importante eliminar quanto più possibile le tracce olfattive lasciate in giro dagli amici a quatto zampe, per evitare che si abituino ad andare sempre in un de-terminato posto, scambino un prezioso tappeto persiano per una toelette privata…

spazio trovatelli54

La cagnolina “Gypsy“ è di nuovo a casadi Armando Besomi

Singolare storia a lieto fine iniziata alla stazione FFS di Bellinzona lo scorso 23 maggio

Sono le 16.30 e dall’elettrotreno Cisalpino che si ferma alla sta-zione di Bellinzona, scende tutta sola una cagnolina di color nero. La bestiola annusa i viaggiatori frettolosi sul marciapiede, nella ricerca della sua padrona, mentre il treno chiude le porte e riparte verso il Gottardo.

Seduta nella comoda poltrona, una signora si accorge d’un tratto della sparizione del suo cane che viaggiava con lei da Lugano a Zurigo. Ansiosa, percorre tutto il treno, ma della bestiola nessuna traccia. Nasce dunque la convinzione che la cagnolina sia scesa a Bellinzona. Con il cellulare, la signora allerta i servizi delle FFS e da qui la Spa di Bellinzona la quale inizia le ricerche unitamente alla polizia comunale.

Intanto il treno corre verso il nord e la proprietaria scende alla stazione di Arth Goldau e torna verso il Ticino.

A Bellinzona, si raccolgono le testimonianze di ferrovieri e della gerente del chiosco dove la bestiola era entrata spaventata. La Spab lancia un appello sui media e la proprietaria effettua inser-zioni a pagamento. Si può stabilire che la piccola era stata vista l’ultima volta in via San Gottardo, a nord di Bellinzona. Poi, era sparita nel nulla.

Passano le settimane e la speranza di ritrovare la cagnolina si affie-volisce, poi un giorno, dalla polizia italiana, ecco la bella notizia. Gypsy è stata ritrovata e identificata grazie al microchip registrato alla banca dati. Era stata raccolta da persone che non si erano pre-occupate di ricercare il proprietario e l’avevano portata con loro nella vicina penisola.

Quella piccola capsula di resina sintetica contenente tutti i dati del cane di cui la Spa di Bellinzona, precorritrice della legge, da oltre dieci anni dota ogni trovatello ospite del rifugio, ha per-messo la felice conclusione di una storia davvero singolare.

Consigli In breve se incontrate un cane di cui avete paura

• Ignorate il cane che si avvicina e lui vi ignorerà — Distogliete lo sguardo — Camminate lentamente

• Se vi sentite minacciati — Distogliete lo sguardo — Lasciate penzolare le braccia aderenti al corpo — Restate calmi e in silenzio

• In presenza di un cane, vostro bambino deve sempre essere sorvegliato attivamente da un adulto

Una parola di ringraziamento al detentore di un cane che rispetta la vostra presenza, lo gratificherà dei suoi sforzi.

A chi devo rivolgermi in caso d’incidente?

Annunciatevi al posto di polizia più vicino. In certi Cantoni, potete anche rivolgervi all’Ufficio del ve- terinario cantonale. Se avete contattato un servizio telefonicamente, non dimenticatevi di inviare per iscritto una breve esposizione dei fatti nel modo più oggettivo possibile.[fonte UFV]

Animali cercano casa

TortieGattina di 6 mesi circa, testata, vaccinata e

sterilizzata. Tortie è davvero dolce e le piace giocare. Cerca una casa con giardino e una

famiglia affettuosa.

ChiliGatta di 4 anni testata, vaccinata e

sterilizzata. Chili è molto indipendente e molto curiosa. Cerca una casa con giardino

e una nuova famiglia.

ShilaGatta di 12 anni, testata, vaccinata e

sterilizzata. Shila è molto tranquilla e adora la compagnia. Cerca un appartamento e un

padrone che la riempia di vizi.

MiaGatta di 2 anni, testata, vaccinata e

sterilizzata. Mia è molto curiosa e le piacciono le attenzioni. Cerca un

appartamento e un padrone affettuoso.

BluGatto di 6 mesi, testato, vaccinato e

castrato. Blu è un bel gattone curioso e dolce. Cerca una casa con giardino e una famiglia che gli possa dare tanto affetto.

8 cuccioli(4 maschi e 4 femmine) di incrocio lupo cecoslovacco

/ pastore tedesco di 3 mesi e mezzo. Sono tutti vaccinati, sverminati e con microchip. Per poterli

possedere è necessario chiedere l’autorizzazione al proprio comune.

Società Protezione Animali di Bellinzonawww.spab.ch

Società Protezione Animali distr. di Locarno

e Val MaggiaVia Stradonino 2

6596 Gordola

Tel. 091/859.39.69Fax 091/859.38.45

[email protected]

NeroNeCoker Spaniel Inglese, colore nero, nato il 16.12.2006, pelo lungo, maschio castra-to, Nerone ama essere al centro dell’at-tenzione, è un cane che cerca una nuova famiglia che non abbia bambini, in quan-to ha avuto un’esperienza negativa con loro. Nerone è un cane molto attivo che ama le lunghe passeggiate, ama giocare, gli piace essere occupato. Con i suoi simi-li va discretamente bene, ma si consiglia una tenuta singola in quanto desidera tutte le attenzioni per se.

recensione di Alberto Scarpellini

L’uomo che fissa le capre

L’uomo che fissa le capredi Grant Heslov, 2009

Comicità demenziale e grottesca per L’uomo che fissa le capre (The man who stare at goats), commedia nera e dissacrante che vede l’esordio alla regia di Grant Heslov, già sceneggiatore di Good night, and Good luck (Clooney, 2005). Basato sul libro “inchiesta” del giornalista inglese Jon Ronson, il film si propone come critica nei confronti di una delle istituzioni fondamentali degli Stati Uniti: l’esercito americano. Heslov ha potuto contare su un cast d’eccezione, composto da Jeff Bridges, George Clo-oney, Ewan McGregor e Kevin Spacey, che con l’intensità can-zonatoria della loro recitazione sdrammatizzano la serietà del tema trattato, rendendo la pellicola incredibilmente piacevole da vedere.

Bob Wilton (McGregor) è un giornalista impacciato e tradito dal-la moglie. Decide allora di partire per l’Iraq come inviato di guer-ra. Nel tentativo disperato e maldestro di attirare l’attenzione della fedifraga consorte, Wilton incontra lo stralunato Lyn Cas-sady (Clooney), soldato dai presunti poteri mentali appartenente all’Esercito di Nuova Terra, un’unità sperimentale dell’esercito americano fondata da Bill Django (Bridges), che si addestra a “combattere” le guerre con il potere della mente, proprio come i cavalieri jedi. Tra rapimenti e situazioni irreali, Bob Wilton scrive-rà infine il suo articolo e riuscirà laddove nessuno mai era riusci-to, divenendo così messaggio di una nuova speranza.

Il sapore del cinema americano impegnato è ribadito, ma rimane sullo sfondo, facendo da contraltare all’acuto cinismo di una co-micità illogica, molto vicina al teatro dell’assurdo. Heslov realiz-za, attraverso una farsa sfrenata, un quadro critico della politica americana. Il susseguirsi di situazioni incredibilmente assurde, interrotte dai ripetuti flashback dei protagonisti e incorniciate da sagaci dialoghi, conferisce un che di insensato alla narrazione, magistralmente sostenuta dai “fantastici quattro”, tutti perfet-tamente in parte.

George Clooney, dopo l’impagabile caratterizzazione caricaturale di Harry Pfaffer, il paranoico sceriffo federale di Burn after rea-ding (Coen, 2008), dimostra, ancora una volta, la propria capacità espressiva nel calarsi in un ruolo altrettanto bizzarro e strampa-lato. Invasato assertore del combattimento psichico, il suo Lyn Cassady si autodefinisce uno jedi. Ad affiancarlo un Ewan McGre-gor volutamente sottotono, bravo a rimarcare la mediocrità del suo personaggio. Lui, che sullo schermo è stato proprio un ca-valiere jedi, impersonando il sapiente e capace Obi-Wan Kenobi, dimostra invece tutta l’incapacità e l’insicurezza del giornalista Bob Wilton di fronte al suggestivo fanatismo di Cassady-Clooney, creando comicità allo stato puro. Jeff Bridges torna, dopo undici anni e con la medesima comicità, nella parte del fricchettone new age dopo la magnifica interpretazione del personaggio di Drugo ne Il Grande Lebowski (Coen, 1998), questa volta indossando la tuta mimetica e inneggiando all’uso della Forza. Gustosa, anche se più marginale, l’interpretazione di Kevin Spacey nel ruolo del “cattivo”, che porta all’estremo, ridicolizzandolo, il prototipo dell’arrivismo militare arrogante ed ignorante.

In questa esilarante avventura del non sense, Heslov si dimostra attento alla realtà lo confermano i personaggi torturati, nelle or-mai tragicamente celebri tute arancio di Guantanamo, e i servizi di intelligence e di protezione appaltati a società private, causan-do però una caduta nel serioso e un calo di ritmo che mal si accor-dano con il tono dominante della narrazione. L’uomo che fissa le capre diverte sapientemente grazie ad una comicità irresistibile e stralunata, ma al contempo avvince come una spy-story. È un film che produce il piacere assoluto della visione, grazie a paro-die new age, dialoghi in perfetto stile Coen, citazioni e continui rimandi al mondo di Star Wars, sottolineando come la guerra e la continua ricerca dell’arma perfetta portino a realtà assurde, ridi-cole e insensate. La guerra è finita, questo sembra essere il mes-saggio di Heslov, ma ora più che mai abbiamo bisogno di jedi.

A Heslov piace spiazzare

Da un lato presenta un cast di grandi attori chiamati a interpretare personaggi strampalati, dall’altro impiega una regia molto semplice, come quando da un primo piano si allarga per svelare l’ambiente circostante in cui si svolge l’azione. Fa ridere con

accostamenti assurdi, come nel campo/controcampo in cui un concentrato Clooney è alternato a una capra ruminante, mentre cerca di ucciderla fissandola con lo sguardo (da cui il titolo L’uomo che fissa le capre). La pellicola è contrassegnata anche da una buona fotografia, che incornicia abilmente immensi paesaggi desertici, ed è sostenuta da un’apprezzabile colonna sonora. Il film

è di chiara ispirazione coeniana, ma non raggiunge gli stessi livelli di sarcasmo, cosa che non lo rende incisivo come il cinema dei due fratelli. L’uomo che fissa le capre rimane comunque una gradevolissima pellicola che, sotto lo strato di assurda comicità,

nasconde un indiscutibile messaggio di pace e di critica al fanatismo militare.

cinema57

Uno sguardo alle prossime uscite

A Christmas Carol di Robert Zemekis (3 Dicembre)Genere: Fantastico Con: Jim Carrey, Robin Wright Penn, Gary Oldman, Colin Firth, Cary Elwes.

È l’adattamento cinematografico della storia senza tempo scritta da Charles Dickens sull’avaro Scrooge, che si trova ad affrontare i Fantasmi del Natale Passato, Presente e Futuro, che lo aiuteranno a riportare la gentilezza nel suo animo gelido. I Fantasmi gli ricorderanno come lui stesso era una volta, per poi evidenziare la triste verità della situazione odierna e cosa accadrà se non cercherà di essere un uomo migliore. Jim Carrey interpreta quattro diversi ruoli in questa nuova versione di Un canto di Natale: Scrooge e i tre Fantasmi.

A serious man di Joel e Ethan Coen (4 dicembre)Genere: Commedia Con: Michael Stuhlbarg, Richard Kind, Fred Melamed, Sari Lennick, Adam Arkin.

L’ultima attesissima creazione dei Fratelli di Minneapolis presentata al festival di Roma. Si tratta di una commedia nera ambientata nel 1967, che racconta di un uomo normale alla ricerca di un senso nella propria vita. Larry Gopnick, un professore di fisica della Midwestern University, che è stato appena infor-mato che sua moglie Judith lo sta lasciando. Si è innamorata di uno dei suoi pomposi colleghi, uomo che appare più solido dell’inetto Larry.

Moon di Duncan Jones (4 Dicembre)Genere: FantascienzaCon: Sam Rockwell, Kevin Spacey, Dominique McElligott, Kaya Scodelario.

Presentato all’ultimo Festival di Sundance e accolto in USA e UK con grande entusiasmo, arriva il primo lungometraggio diretto da Duncan Jones, che sembra rivelarsi come una delle sorprese del genere. Girato con un budget ridottissimo, pare non avere nulla da invidiare ai classici del genere, come Solaris e 2001 Odissea nello spazio, sia per atmosfere che per intensità.

Case 39 di Christian Alvart (4 Dicembre)Genere: ThrillerCon: Renée Zellweger, Jodelle Ferland, Ian McShane, Kerry O’Malley.

Emily Jenkins è un’assistente sociale che si trova ad affrontare il caso della piccola Lilith Sullivan, una bambina di dieci anni, vittima di maltrattamenti. Quando Emily scopre che, in realtà, i genitori non solo la picchiano, ma tentano anche di ucciderla, decide di prendersene cura fin quando la piccola non troverà una nuova famiglia adottiva. Ma è qui che ha inizio l’orrore…

Astro Boy di David Bowers (18 Dicembre)Genere: AnimazioneCon: Freddie Highmore, Kristen Bell, Nicolas Cage, Donald Suther-land.

Ambientato nella futuristica città di Metro City, Astro Boy è un gio-vane robot dagli incredibili poteri, creato da un brillante scienziato, sull’immagine del figlio perduto. Il nostro eroe s’imbarca in un viag-gio alla ricerca del senso della propria esistenza, prima di ritornare a casa per salvare Metro City e ricongiungersi col padre che lo aveva rifiutato.

Sherlock Holmes di Guy Ritchie (25 Dicembre)Genere: AzioneCon: Robert Downey Jr., Jude Law, Rachel McAdams, Mark Strong, Kelly Reilly.

Il celebre investigatore nato dalla penna di Ser Arthur Conan Doyle perde molti degli aspetti più vittoriani e si trasforma in un personaggio d’azione, utilizzando anche le sue abilità di spadaccino e boxer per risolvere i crimini su cui indaga. Guy Ritchie mette in grande evidenza gli aspetti più trascurati nelle oltre 200 rivisitazioni di Sherlock Holmes, ma presenti nei racconti di Conan Doyle.

Curiosità Astro Boy è l’adattamento cinematografico dell’omonimo manga, disegnato a partire dal 1952 dal famosissimo mangaka (dio dei manga) e regista Osamu Tetsuka. A partire dal 1963 ne fu tratta anche una serie animata di notevole successo, che al pari del manga portava sullo schermo il tema del rapporto uomo-macchina, della sfrenata industrializzazione del dopoguerra e della conseguente perdita di valori. La serie animata di Tetsuwan Atomu, questo il titolo originale, è considerata la capostipite dell’ani-mazione nipponica, e ha gettato i capisaldi di una tradizione che a tutt’oggi fonda i propri cardini stilistici sugli elementi introdotti da Tetsuka

Le vacanze natalizie ti piace passarle

A casa con la famiglia, magari

a leggere un buon libro o a

fare lavoretti di bricolage che

rimandavo da tempo

Rigorosamente sulla neve

Lontano da casa, al caldo, con

una settimana all-inclusive

Confronta le tue risposte e scopri il tuo profilo... natalizio!

Capodanno è principalmente

Un’occasione per divertirsi

Un’occasione per fare un

bilancio dell’anno passato ed

esprimere desideri per l’anno

a venire

Cominciare qualcosa di nuovo

o per lo meno formulare buoni

propositi

A

B

C

A

B

C

Maggiornaza di A: il tradizionalista

Non c’è niente da fare: la tradizione per te è importante e a Natale l’evoluzione di costu-mi e della società ti fa un baffo! Per un gior-no il tempo si ferma e tu godi pienamente di quest’atmosfera di gioia sospesa nel tempo. Forse c’è anche un briciolo di senso del dovere in te, ma ad ogni modo Natale si trasforma per te in un’occasione per rinfrancare i tuoi rap-porti personali, dai più intimi a quelli di affa-ri… per goderne i frutti per il resto dell’anno!

Maggioranza di B: il festaiolo

Come un gatto, a te piace goderti la vita e trarre il meglio da qualunque situazione. Così, mentre gli altri intorno a te perdono la testa per i preparativi natalizi, tu assapori le piccole gioie della tavola, della compa-gnia, della festa e delle luci colorate. Ad uno sguardo superficiale può sembrare che ti comporti come Pantagruel, ma in realtà sai cogliere l’essenziale ed è per questo che ri-esci a non perderti mai il meglio della festa.

Maggioranza di C: il resistente

Non ti piace il Natale e fai fatica a capire come mai tutti si affannino tanto per una festa che spesso corre il rischio di trasfor-marsi in un trionfo dell’ipocrisia, al quale tu resisti con una tenacia veramente ammire-vole di questi tempi. Può essere che chi ti sta intorno ti consideri un originale, ma la verità è che ami fare proprio ciò che è im-portante per te senza disperdere energie in futili convenevoli.

I mercatini di Natale...

Ci vado solo perché qualcuno

mi costringe

Per me sono una vera passione

Compro sempre qualche regalo

e qualche nuovo addobbo per

l’albero

A Natale la tua casa è addobbata...

Di solito non addobbo casa,

o la addobbo il minimo

indispensabile

Solo albero e presepe, ma

addobbati con tanto amore

Albero, presepe, ghirlanda,

lucine, centro tavola natalizio e

chi più ne ha più ne metta

Il vero must natalizio: la cena o il pranzo con i parenti...

È una bella occasione per stare

tutti insieme

Mi ci adatto abbastanza

volentieri

Scappo via appena possibile

A

B

C

A

B

C

A

B

C

Nuovi orizzonti, sono fatti inaspettatamente apparsi

sociale64

Questa pagina è nata dal desiderio di dare voce alle associazioni presenti sul nostro territorio. Ogni mese metteremo a disposizione gratuitamente questo spazio. Se desiderate far conoscere la vostra associazione mettevi in contatto con la nostra redazione al seguente indirizzo e-mail:

[email protected]

Club ‘74

Il Club ‘74 è un’associazione con finalità terapeutiche e ria-bilitative che attraverso la mediazione della piattaforma re-lazionale e della sua agile struttura organizzativa permette la realizzazione di progetti di diversa natura, attivando in

modo concreto e creativo l’autodeterminazione e la responsabi-lizzazione delle persone coinvolte in un’ottica di confronto e di condivisione delle esperienze.

Concretamente il Club ‘74, attivo dal 1974, nacque come stru-mento di lavoro e di risposta operativa all’interno dell’allora “Ospedale Neuropsichiatrico Cantonale” per lottare contro i meccanismi di repressione e di alienazione istituzionale. Riu-nendo gruppi di pazienti che insieme hanno potuto riflettere e discutere sui loro problemi e sui propri diritti ha dato vita e colla-borato attivamente alla realizzazione delle riforme psichiatriche e delle aperture istituzionali attualmente garantite. Modificando continuamente le sue proposte culturali, pur mantenendo fermi i concetti di fondo relativi alla responsabilizzazione, al coinvol-gimento e all’autodeterminazione, ha saputo progressivamente adattarsi all’evoluzione della società trovando le necessarie si-nergie con svariati partners, non solo istituzionali. La ricchezza dell’apporto propositivo e critico delle persone che partecipano alle attività del Club permette un fiorire d’iniziative in crescen-do che vanno dalla garanzia del rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e dell’ambiente alla promozione di progetti collettivi e innovativi.

In altre parole il Club è una specie di “acchiappaoccasioni” che mette in contatto le persone tra loro favorendo la realizzazione di sogni comuni e individuali.

Testimonianza di un’ospite

Se dovessi fornire una definizione personale del termine ”socio-terapia” e della sua efficacia ai fini del miglioramento delle con-dizioni psichiche del paziente affermerei: «Il Club 74, le riunioni di segretariato quotidiane, il confronto di idee, lo scambio di opi-nioni mettono in relazione l’individuo con gli altri e consentono che il suo intimo si apra ad un autentico incontro con le perso-ne». Nella misura in cui questi riflette riguardo proposte, consi-dera temi oggetto di dibattito, partecipa ad attività, contribuisce alla realizzazione di progetti, inconsciamente inizia il proprio processo di guarigione. Esce dall’isolamento, dalla depressione e dall’afflizione del disagio psichiatrico per aprire la propria fine-stra sul mondo. Vi si affaccia. Non guarda più solo a se stesso, ma considera la realtà secondo una diversa prospettiva. Incomincia ad interessarsi di colui che gli si trova accanto e ascolta le espe-rienze altrui. Prova interesse a problemi di attualità, si appas-siona di nuovo alla vita impercettibilmente giorno dopo giorno. Il cambiamento richiede talvolta tempi lunghi, ma consente di acquistare autostima e credere nelle proprie risorse. Il soggetto in progressione miglioramento dimentica gradualmente le pau-re, lascia alle spalle i giorni bui ed è sempre più consapevole sia della propria dignità di persona, sia delle qualità che lo rendono un soggetto unico al mondo.

La relazione, la solidarietà, l’autostima consentono la crescita in-teriore e permettono - anche se ciò potrebbe apparire un para-dosso - che una degenza a Casvegno si trasformi da un momento di profondo sconforto ad un’esperienza forte capace di imprime-re una svolta positiva all’esistenza.

Nuovi orizzonti, sono fatti inaspettatamente apparsi.

Per contattarci:

Club ‘74c/o Servizio di Socioterapia O.S.C.

Via Ag. Maspoli6850 Mendrisio

tel. 091 816 57 [email protected] - www.club74.ch