BUON SERVIZIO! ” - AVO Milano · Come vedete è stato un anno di inizi, non per niente si parla...

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N.1 - Gennaio-Marzo 2014 “ BUON SERVIZIO! ” NATALE 2013 Carissimi, per la seconda volta avete voluto darmi la fiducia e confesso che qualche perplessità nell’accettare l’ho avuta, gli anni passano, la mente non è sempre pronta e, data l’esperienza, il pensiero delle responsabilità fa talvolta tremare le vene e i polsi, ma ha prevalso lo spirito di servizio, e la promessa da parte del nuovo Consiglio di es- sere parte attiva mi ha aiutato, anche se devo confessare che l’operare sul campo in ospedale mi manca. Anche quest’anno ha portato tante novità, l’Assemblea di aprile aperta a tutti i nuovi soci ha visto una numerosa partecipazione che fa ben sperare in quel pro- getto di vita sociale partecipata di cui ho parlato fin dai miei primi interventi. Abbiamo dato vita al n. 0 del Bilancio Sociale che è stato la prova di come si può lavorare in gruppo; abbiamo continuato a collaborare per costruire e portare in porto il progetto “acasalontanidacasa” che è stato una prova di lavoro in rete con altre associazioni (nominato come esempio nel corso del Sodalitas Stakeholder Forum e in occasione degli Stati Generali del Volontariato); siamo riusciti a rea- lizzare il sogno di un giornalino di AVO Milano di cui è appena uscito il n. 0; la realizzazione più importante è l’apertura di una nostra nuova sede presso l’Istituto Ortopedico Galeazzi, fatto che adempie al nostro fine sociale, essere di aiuto e supporto ai malati.. Come vedete è stato un anno di inizi, non per niente si parla di “Era nuova del- l’AVO”, abbiamo buttato tanti semi che cominciano a crescere, l’anno che si apre dovrà essere di conferme e consolidamento per quanto iniziato e di costruzione di nuovi progetti che ci sono già stati proposti. Si è pensato anche ai volontari, a come sostenerli e incoraggiarli, preparando dei corsi di aggiornamento che risultano aver soddisfatto le aspettative; anche i due corsi annuali per nuovi volontari hanno portato linfa nuova e un ricambio gene- razionale che ha permesso l’apertura di nuovi reparti. Tutto ciò è la prova che siamo vitali, che insieme possiamo percorrere ed aprire tante strade e proprio in nome di questo essere “insieme” faccio a voi e alle vostre famiglie i più affettuosi auguri. Maria NEWS

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N.1 - Gennaio-Marzo 2014

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NATALE 2013Carissimi, per la seconda volta avete voluto darmi la fiducia e confesso che qualche perplessitànell’accettare l’ho avuta, gli anni passano, la mente non è sempre pronta e, datal’esperienza, il pensiero delle responsabilità fa talvolta tremare le vene e i polsi, maha prevalso lo spirito di servizio, e la promessa da parte del nuovo Consiglio di es-sere parte attiva mi ha aiutato, anche se devo confessare che l’operare sul campoin ospedale mi manca.Anche quest’anno ha portato tante novità, l’Assemblea di aprile aperta a tutti inuovi soci ha visto una numerosa partecipazione che fa ben sperare in quel pro-getto di vita sociale partecipata di cui ho parlato fin dai miei primi interventi. Abbiamo dato vita al n. 0 del Bilancio Sociale che è stato la prova di come si puòlavorare in gruppo; abbiamo continuato a collaborare per costruire e portare inporto il progetto “acasalontanidacasa” che è stato una prova di lavoro in rete conaltre associazioni (nominato come esempio nel corso del Sodalitas StakeholderForum e in occasione degli Stati Generali del Volontariato); siamo riusciti a rea-lizzare il sogno di un giornalino di AVO Milano di cui è appena uscito il n. 0; larealizzazione più importante è l’apertura di una nostra nuova sede presso l’IstitutoOrtopedico Galeazzi, fatto che adempie al nostro fine sociale, essere di aiuto esupporto ai malati..Come vedete è stato un anno di inizi, non per niente si parla di “Era nuova del-l’AVO”, abbiamo buttato tanti semi che cominciano a crescere, l’anno che si apredovrà essere di conferme e consolidamento per quanto iniziato e di costruzionedi nuovi progetti che ci sono già stati proposti. Si è pensato anche ai volontari, a come sostenerli e incoraggiarli, preparando deicorsi di aggiornamento che risultano aver soddisfatto le aspettative; anche i duecorsi annuali per nuovi volontari hanno portato linfa nuova e un ricambio gene-razionale che ha permesso l’apertura di nuovi reparti.Tutto ciò è la prova che siamo vitali, che insieme possiamo percorrere ed apriretante strade e proprio in nome di questo essere “insieme” faccio a voi e alle vostrefamiglie i più affettuosi auguri. Maria

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TESSERAMENTO 2014Entro la metà di febbraio dovremoprovvedere al pagamento della quotasociale per l’anno 2014, stabilita inEuro 25,00.Vi preghiamo di rivolgervi al vostroresponsabile di ospedale.

CORSO DI FORMAZIONE N. 111 PER NUOVI VOLONTARI

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A NIGUARDA IL 111° CORSO PER VOLONTARI AVO

Testimonianza di una corsista

Il 12 ottobre arrivavamo tutti alla spicciolata all’ingresso dell’Ospedale di Niguarda alla volta dell’ aula

che ci era stata indicata come sede del nostro corso, presso l’Unità Spinale.

Ma ci è voluto poco per capire che le persone che davvero arrivavano per il corso, dopo i colloqui e

gli accordi preliminari, erano proprio tante e dunque l’aula predisposta non sarebbe stata sufficiente.

Detto fatto, una buona parte di noi, accompagnati dai volontari ” veterani” con il loro rassicurante

camice azzurro, si è trasferita in una delle aule didattiche del blocco Dea.

Abbiamo appreso che si era reso necessario duplicare il programma degli interventi e i relatori ave-

vano raddoppiato il loro impegno per portare la propria voce in entrambe le aule.

Sono state 5 mattinate ricche di momenti di studio, riflessione, scambio, partecipazione.

Sorprendente quanti aspetti psicologici , umani, esistenziali stanno dietro all’impegno del volonta-

riato.

Il volontario, mi è piaciuto sentire, è innanzitutto un cittadino responsabile che contribuisce a mi-

gliorare la società in cui vive.

Laura Cerruti, volontaria di lungo corso, ha invitato a riflettere sulla Comunicazione relazionale e

l’ascolto attivo : non dare mai per scontato l’altro, ritenendo che i nostri pensieri e sentimenti valgano

necessariamente anche per lui.

Con Vittore Formenti abbiamo esplorato il campo dell’empatia nella relazione d’aiuto. Dio ci ha donato

due occhi, braccia, mani ma una sola bocca : forse per ascoltare, abbracciare, toccare più ancora

che parlare...

Stefano Marianeschi , cardiochirurgo pediatrico del Niguarda e volontario in missione per il mondo

ci ha portato una testimonianza di prima mano sulla situazione sanitaria di Paesi poveri, con partico-

lare attenzione ai bambini cardiopatici che, in mancanza di cure adeguate, vanno incontro a problemi

gravissimi. Sullo schermo l’indicatore si spostava dall’ Africa all’ America Latina, dall’ Afganistan

all’ Uganda… e dietro ad ogni puntino luminoso immaginavamo tanti bambini salvati dalla morte e

dalla sofferenza. Con grande merito dell’ istituzione del volontariato in tutte le sue declinazioni.

Con le psicologhe Elisa Andrighi e Valentina Piroli si è parlato dell’ importante problema del Burn

Out, la sindrome da stress che può colpire chi, per professione o altro, aiuta i sofferenti ma rischia di

rimanere frustrato fino ad esaurire entusiasmo ed interesse.

Lo psicoanalista e operatore sociale Sandro Venturoli si è presentato, come un “manovale dei rap-

porti umani”. Ma solo dopo una ricca esposizione sul senso dell’uomo , il suo vivere di relazione, le

dimensioni spirituali, le emozioni, i dolori e la fuga dal malessere, il relatore ha puntualizzato che

tale espressione non è affatto di modestia : in realtà non c’è nulla di semplice nel ricomporre (come

un manovale) la dimensione unitaria dell’uomo.

Molto apprezzata la professionalità e l’empatia nei confronti dei corsisti di Antonio Vicentini, infer-

miere di Cardiochirurgia a Niguarda sull’argomento del ruolo del volontario in ospedale, su ciò che

gli compete ma soprattutto ciò che non gli compete e i rapporti con il personale ospedaliero.

Grande attenzione naturalmente da tutti noi alle testimonianze dei volontari, con il loro entusiasmo e

la gioia dell’esperienza vissuta.

Alla fine nei volti e nelle parole dei nuovi volontari si leggeva la soddisfazione di aver partecipato ad

una esperienza davvero importante, resa possibile anche dalla continua presenza e disponibilità di

tutto lo staff organizzativo, coordinatori e volontari (un grazie per i “gustosi” intervalli con caffè, be-

vande e tanti dolcetti…) che hanno lasciato una sensazione di un bel gruppo coeso e partecipativo.

Ave Giorgianni (nuova volontaria segreteria Niguarda)

NEWSCOMMENTI SUL CORSO N. 111 TENUTOSI A NIGUARDA DAL 12 OTT0BRE AL 23 NOVEMBRE 2013

SUDDIVISIONE PER ETà

Il corso si è svolto con la manifesta soddisfazione dei partecipanti; sarà la tabulazione del questionario di fine corso a confermare quanto espresso verbalmente

nelle brevi conversazioni durante il coffee break.

Per quanto riguarda il materiale del corso, sarà cura dei responsabili di ospedale richiedere alla segreteria le copie da consegnare a chi ne facesse richiesta. Non

ci sono stati grossi problemi nel suddividere i partecipanti in due aule diverse, anche se piuttosto lontane; si è dovuto fare la spola più volte ma anche l’organizza-

zione del coffee break è andata molto bene. Il secondo giorno di spostamento di tutti i partecipanti in aule contigue c’è stata qualche difficoltà perché è mancata

una segnalazione puntuale agli assenti della lezione precedente.

Le scelte degli ospedali da parte dei partecipanti sono così risultate (la procedura utilizzata è la solita che permette di decidere liberamente senza costrizioni):

SCELTA OSPEDALI

Un grazie a tutti i volontari di Niguarda che hanno offerto disponibilità sia con la presenza che con la loro collaborazione nell’organizzazione, dando una buona

immagine dell’AVO. I ringraziamenti vanno anche a Laura Cerruti che, grazie alla sua professionalità, ha completato il corso di Formenti che per motivi di tempo era ri-

sultato mutilato; grazie a tutti coloro che hanno lavorato in segreteria di via Dezza in tutte la varie fasi di preparazione del corso: telefonate, colloqui, fotocopie, prospetti,

fino ai...bustoni.

Dal prossimo corso al mio posto ci saranno nuove persone che hanno dichiarato in Consiglio di essere disponibili a seguire i corsi di base. A loro buon lavoro, cer-

tamente non potranno che migliorare quanto già esistente. A tale proposito con Laura abbiamo deciso di proporre, dopo la prima decade di gennaio, un incontro

per dare le consegne, con le persone interessate, comprese le volontarie di segreteria che si occupano dei corsi, naturalmente sarà gradita la presenza di Maria.Egle

Besta CTO Don Gnocchi Niguarda Trivulzio Pini Policlinico S.Giuseppe San Paolo Galeazzi Melzo Segreteria Dezza Sacco e Sesto TOTALE

Corso 111 1 3 1 11 7 5 22 4 10 3 - 1 2 70

Corso 110 5 3 3 4 10 6 11 2 7 - 1 - 1 53

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LA MESSA DI NATALE PER I VOLONTARI

La nostra Associazione, per celebrare la S. Messa di Natale e promuovere lo scambio di auguri, ha dato appuntamento,mercoledì 11 dicembre, nella bella Chiesa di San Francesco d'Assisi al Fopponino, progettata dal noto architetto GioPonti e costruita in vicinanza dell'omonima antica chiesa. Adiacente ad essa è ancora visibile un ex cimitero, detto il "Fop-ponino", che sta a significare proprio "piccolo cimitero". Il Celebrante, Don Serafino, nell'Omelia ci ha parlato degli Angeli, figure importanti e costantemente presenti nel misterodella Natività del Signore.Infatti, nel racconto della nascita, essi compaiono dall'Annunciazione a Maria al Canto di Gloria dopo la nascita di Gesù. Don Serafino, prendendo spunto dalla sigla A.V.O. della nostra Associazione, ci ha "ufficialmente" ribattezzati "AngeliVolontari Ospedalieri".Considerato che, sovente, nello svolgimento del nostro volontariato, veniamo benevolmente accolti dai pazienti con ilsaluto "ecco i nostri angeli", la qualifica dataci dal Celebrante parrebbe quasi una "ufficialità" del parere espresso dai pa-zienti.La definizione di Don Serafino non può che lusingarci e renderci orgogliosi di appartenere a questa Associazione, facen-doci meditare ed impegnare per meritare veramente tale gratificante qualificazione.

Felicita Milano, 12 dicembre 2013

LA MESSA DI NATALE PER I VOLONTARI

“Fopponino” è un nome che suscita una certa curiosità. Per scoprirne le origini occorre fare un salto indietro nel tempo, fino al XVI secolo.La storia di Milano racconta che la città nel 1576 e anche nel 1630 fu colpita da una grave epidemia di peste. La necessità di fronte alla peste costrinse ad aprire

numerosi lazzaretti alle porte della città, fuori le mura spagnole che circondavano il centro abitato, dove poter curare gli ammalati isolandoli dal resto della popolazione. Inevitabilmente accanto ai lazzaretti sorsero i cimiteri, più che altro grandi fosse comuni. I milanesi chiamavano” foppa” cioè fossa questi luoghi di sepoltura, “foppon” o “fopponin” secondo le dimensioni. Il Fopponino di Porta Vercellina continuò a servire come cimitero anche dopo le epidemie e conservò il nome fino ai giorni nostri.

Nel 1958 alle spalle della piccola chiesa del 1630 l’architetto Giò Ponti ebbe l’incarico di edificare l’attuale moderna ed essenziale parrocchia.

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Quest’anno una solenne funzione natalizia è statacelebrata nella chiesa di San Francesco d’Assisi alFopponino parrocchia della sede AVO di viaDezza.Erano presenti la presidentessa Maria Saraceno etutto lo stato maggiore dell’Associazione. Il Parroco Don Serafino nella sua omelia ha rac-contato che ogni anno, in occasione del Santo Na-tale si sofferma sulle caratteristiche di alcunipersonaggi che compongono il quadro natalizio.Lo scorso anno si è soffermato sui Re Magi chehanno la peculiarità di avere i piedi per terra e losguardo rivolto al cielo, quest’anno l’argomentonatalizio sono stati i tre Angeli del Natale : l’Ar-cangelo Gabriele che annuncia la gravidanza aMaria, il secondo Angelo che avvisa Giuseppeche sarà padre, e per ultimi gli Angeli dellanotte di Natale che portano la lieta novella aipastori.Don Serafino ha specificato che noi volon-tari siamo esattamente come gli angeli cheportano la buona parola a chi soffre e cheAVO sta per “Angeli Volontari Ospeda-lieri”. In seguito si è svolto il Rito dell’Offerto-rio durante il quale sono stati offertifiori, ceri, camice, pane e vino. LaMessa cantata si è conclusa con la Pre-ghiera del Volontario.Al temine della funzione è stato allestitoun piccolo rinfresco per lo scambio degli auguri.

Elisabetta Scevola

La preghiera deL voLontario

o Signore,tu ci hai insegnato che l ’amore più grande

è dare la vita per i propri amici.

aiutaci a scoprire nel volontariato l ‘opportunità

di incontrare non solo la sofferenza umana,

ma di vivere l ’amore.apri i nostri occhi a riconoscere in ogni povero

il tuo volto e la tua presenza.apri le nostre menti a valorizzare L’unicità

di ogni persona, con la sua storia e cultura.

apri i nostri orecchi ad accogliere con gentilezza

Le voci che chiedono ascolto.apri i nostri cuori ad offrire speranza

dove c’è paura, solidarietà dove c’è soli tudine,

conforto dove c’è tristezza.aiutaci, o Signore, a testimoniare il vangelo

Con un sorriso, una parola, un gesto d’affetto.

donaci l ’umiltà di riconoscere che noi

non siamo luce, ma strumenti della tua luce,

non siamo l’amore, ma espressione del tuo amore,

amen

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NOTIZIE DAGLI OSPEDALI

PIO ALBERGO TRIVULZIO

MERCATINO NATALIZIOCome da tradizione anche quest’ anno durante la prima settimana di dicembre

e’ stato allestito il Mercato Benefico nei corridoi dell’ala est al Pio Albergo Tri-

vulzio.

Vi erano molte bancarelle la maggior parte delle quali ha esposto merce pro-

dotta dagli ospiti del Trivulzio, in particolare caldi maglioni lavorati ai ferri, pre-

sine colorate realizzate all’uncinetto, piccoli oggetti di artigianato creati negli

atelier di animazione, oltre a prodotti provenienti dall’esterno.

Il Mercatino era aperto a tutti : ospiti, familiari, amici ed il ricavato e’stato devo-

luto a favore degli ospiti del PAT più indigenti.

FESTA DI NATALE DEL NUCLEO ALZHEIMERIl 13 dicembre si è svolta la Festa di Natale per gli Ospiti del Nucleo Alzheimer

Fornari del PAT.

Come ogni anno una grande festa è stata allestita al quinto piano della Palaz-

zina Fornari: gli ospiti, durante le precedenti settimane, avevano preparato co-

lorati addobbi natalizi, un grande albero arricchito di luci multicolori e il presepe

per rendere più accogliente il salone.

Alla festa hanno partecipato non solo i degenti del reparto , ma anche un buon

numero di parenti e amici, oltre al personale sanitario medico e paramedico,

per condividere con loro la gioia del Santo Natale.

Il pomeriggio è stato deliziato dalla splendida voce della cantante Delli Ponti

che ha trascinato i partecipanti in un coro di

canti natalizi e in danze sfrenate!

Ma non poteva certo mancare Babbo Natale

che, con il suo sacco ricolmo di doni, ha re-

galato a ciascun ospite uno scintillante pac-

chetto !

Ed infine, come da tradizione meneghina, e’

stata offerta e assai gradita una squisita fetta

di panettone e un bicchiere di spumante per

tutti!

Buon Natale a tutti gli ospiti del Nucleo Al-

zheimer dai suoi Volontari Avo: Simona,Ce-

sira, Lina, Graziella, Roberto, Giusi, Mina,

Anna, Maria, Riz, Paola.

Simona Maria Civardi

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DON GNOCCHI

“ Mi vuoi ascoltare?”

Il giornalista Enzo Biagi argomentava dicendo che: “… il bello della de-

mocrazia è questo, tutti possono parlare, ma non occorre ascoltare.”

Nella odierna società c’è una tale abbondanza di messaggi; parlati, urlati,

scritti, messaggiati, disegnati, fotografati che noi esseri umani non sap-

piamo neanche più a quali di questi dare la nostra attenzione. Non solo,

forse così incessantemente bersagliati da essi, tentiamo di difenderci da

essi stessi e, a volte, risultiamo impermeabili all’ascolto e… ce li facciamo

“scivolare di dosso”. Magari, una forma di autodifesa(!), non possiamo e

non vogliamo rimanere schiacciati da essi.

Sentiamo la richiesta di ascolto, ma non la... ascoltiamo davvero. Quante

volte ce lo siamo già detti, ma vale la pena di rinfrescarci questa rifles-

sione, che rispetto al sentire, l’ascoltare è un atto di volontà e pertanto

un atto di fatica.

Avere qualcuno che ci ascolta è importante, trovarlo è piacevole e libe-

ratorio. Noi esseri umani non vogliamo tenerci tutto dentro, vogliamo sca-

ricare sugli altri, vogliamo consegnare la memoria del nostro essere e

vogliamo rivelarci.

Esserci e ascoltare è la risposta che noi volontari possiamo regalare.

Non dobbiamo temere di comprometterci o di giocarci, questo non deve

farci ritrarre, semmai ricordiamoci che ascoltare fa rima con... imparare.

Ascoltare non è solo una dote personale, è un’arte che si può imparare

e si può allenare, migliorando di ascolto in ascolto. Fermiamoci e lascia-

moci “riempire” da ciò che ascoltiamo e tentiamo di divenire un tutt’uno

con esso, sia che provenga da fuori di noi o da dentro di noi.

Il mondo che ci circonda rivela una realtà di “ fame di ascolto” e noi

possiamo essere una efficace e vera fonte di risorse …. Ascoltiamolo!!!

(e avremo così ottemperato alla nostra meravigliosa mission).

Lilla Elekes

(Volontaria AVO Don Gnocchi)

Crepax al carcere di S.VittoreUna visita di Adriana e Maria Paola

A metà novembre riceviamo via mail un invito dalla GalleriaNuages per una mostra delle riproduzioni di Crepax nel car-cere di San Vittore con la finalità di sovvenzionare il labora-torio di sartoria del carcere.Dopo la prenotazione on line con documenti di identità ci re-chiamo in piazza Filangeri.Per chi è di Milano è tutto un percorso anche nella memoriae nella speranza che la città attorno al carcere, coi suoi suonie rumori, possa far sentire meno soli i reclusi.Entriamo, ci registriamo, lasciamo documento ed effetti per-sonali e a gruppi di dieci entriamo accompagnati dagli agenti.Percorriamo corridoi spogli con tante porte e arriviamo alpunto da cui si dipartono i raggi e dove abbiamo visto in tvtante celebrazioni di messe coi reclusi assiepati alle inferriate.E’ già un impatto forte che ammutolisce. Saliamo per una scalascalcinata, poiché l’esposizione è in una sezione dismessa.Le tavole che riproducono i lavori di Crepax e sagome a gran-dezza naturale sono esposte nelle celle che “ ospitavano” i re-clusi fino a qualche anno fa.Niente finestre, solo inferriate, muri e soffitti scalcinati cherecano le testimonianze di una vita ristretta… Immaginisacre, foto di nazionali di calcio, pacchetti di sigarette posti adecorazione, donnine, disegni, scritte… e lo spazio della cellache ognuno di noi si è trovato a valutare per sgomentarsi.Insomma un luogo di dolore che ci ha veramente toccato einterrogato sul senso con cui la società si pone di fronte a chiha sbagliato.Le opere stridevano con l’ambiente, ma abbiamo visto moltagente acquistare generosamente.Infine la sorpresa di una calda accoglienza: in fondo a lungocorridoio tavoli imbanditi con deliziosi stuizzichini preparatidal servizio catering di S.Vittore e servito dai giovani stu-denti dell’Istituto alberghiero “Verpucci”.Noi siamo potute uscire da S. Vittore, tornando a casa conla maggiore consapevolezza di quanto sia importante pren-dere coscienza del tanto dolore che si può vivere e di quantosia necessario operare per favorire il recupero e il reinseri-mento di chi si è smarrito.

Adriana e Maria PaolaCi piace segnalare la “Sartoria SanVittore” in via Terraggio, 28e la galleria “Nuages” in via del Lauro, 10

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ISTITUTO BESTA

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SAN PAOLO - LA CENA DI NATALE

LA CIURMA AFFAMATA DI BABORDO

LASCIATE OGNI SPERANZA O VOI CHE

ENTRATE

ANCHE LA CIURMA DI TRIBORDO NON

SCHERZA

DON LUIGI ñ IL CAP PELLANO DEL SAN PAOLO

DOPO QUESTA

SERATA….TUTTI A

LOURDES!!!

IL GAGAí

DALLA PLANCIA DI COMANDO

BUON APPETITO

IL PERSONALE DEL RISTORANTE CI SALUTA

CON SQUISITA CORTESIA

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PROGRAMMA DI FORMAZIONE OSPEDALE SAN PAOLOLE LEZIONI DI PADRE ESTERINO (NUMERO 2)

CHE SI TERRANNO PRESSO LA CAPPELLA AL PRIMO PIANO DELL’OSPEDALE SAN PAOLO, GIOVEDÌ DALLE ORE 17 ALLE ORE 18

ASCOLTO EMPATICO E OFFRIRE SPERANzA AL MALATO

Il volontario è chiamato a offrire al malato una presenza fatta di ascolto.Il malato ha un profondo bisogno di sentirsi ascoltato perché così le sue paure, le sue angosce, lesue preoccupazioni diventano più sopportabili. Purtroppo oggi l’ascolto è una merce rara.L’ascolto vero è molto difficile perché tutti tendono a parlare di sé. Ci sono tanti modi di ascoltare:anche il curioso ascolta, anche il professore che sta interrogando ascolta, anche il vigile mentre scrivela multa ascolta. Ma non è questo l’ascolto che va offerto al malato. Al malato va offerto un ascolto at-tento, empatico che è proprio di chi cerca di comprendere lo stato d’animo del paziente. Questo tipodi ascolto richiede impegno.L’ascolto non va confuso con il sentire che è molto diverso. Sentire è un fatto fisiologico. Basta averel’apparato uditivo integro ed essere svegli per sentire. Si può sentire e contemporaneamente fare altrecose.Ascoltare richiede concentrazione, attenzione, sospensione di ogni altra attività. L’ascolto e faticosoperché richiede compartecipazione, non si può infatti restare indifferenti di fronte a una persona chepiange. La scuola insegna tante cose ma non ad ascoltare. Nella nostra società per fare carriera oc-corre sapere parlare, l’ascolto è considerato un atteggiamento passivo, persino negativo.Un ascolto attento fa tanto bene a l malato, perché una sofferenza condivisa diventa più soppor-tabile.Il volontario deve sapere offrire speranza al malato.La speranza è come il sangue. Il sangue è vita, la speranza è vita. Si dice finché c’è vita c’è speranzama è giusto anche il contrario: finché c’è speranza c’è vita.Speranza significa sapere scoprire delle opportunità di bene anche nelle situazioni più difficili, più di-sperate: invece di stare lì a lamentarsi per i guai che ci sono capitati rimboccarsi le maniche per trovareuna via di uscita, saper scoprire altre opportunità per realizzarsi, sentirsi utili agli altri e amare la vita.Speranza è accendere una candela nell’oscurità invece di imprecare contro le tenebre.Il volontario è di grande aiuto al malato perché gli restituisce un futurodegno di essere vissuto, aiuta il malato a ritrovare la voglia di vivere,nonostante le sue menomazioni.Il volontario di fronte a un malato che è caduto in un pozzo non si sof-ferma a fare tanti ragionamenti sul perché si trova in quella situazionema protende le mani e aiuta il poveretto a uscire.

LE PROSSIME LEZIONI

DI PADRE ESTERINO

10-04 Il lutto: un viaggio dentro la vita

15-05 Alla ricerca di un senso della vita

19-06 Dialogo aperto sulle esperienze vissute

nell’arco dell’anno in reparto

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C.T.O. - CENTRO TRAMAUTOLOGICO ORTOPEDICOC.T.O. - CENTRO TRAMAUTOLOGICO ORTOPEDICO

Tra gli innumerevoli incontri che il caso permette di fare a una volontaria AVO durante ilservizio in reparto ogni settimana, ve n’è uno a carattere speciale: quello in cui una degente,osservando il camice e il distintivo, si apre ad un largo sorriso e soggiunge con fierezza:anch’io sono stata volontaria AVO.Se poi emerge che con la ricoverata, si è condiviso il servizio nello stesso ospedale (C.T.O.)e nelle stesse corsie (reparto medullolesi), a solo pochi anni di distanza ma in decenni di-versi l’incontro si trasforma in un’occasione preziosa di dialogo, confronto e scambio di ideeed esperienze che è un peccato tenere per sè.Ho chiesto quindi alla signora Palmira, ex volontaria AVO ora ricoverata al reparto ortopediaper un intervento di protesi all’anca, se era disponibile a concedermi una breve intervistada condividere con gli altri volontari sul nostro neo-nato giornalino di Avo Milano. Palmiraha accettato volentieri e così la settimana successiva, in attesa della consegna dei vassoidella cena, abbiamo trovato il tempo per chiacchierare con tranquillità.Palmira, in quale periodo è stata volontaria dell’associazione? Sono stata volontaria Avo per sei anni, dal 1993 al 1998.Com’è iniziata la sua avventura? Quale motivazione l’ha spinta a scegliere il servizio ospe-daliero?Mi decisi a questo passo una volta rimasta vedova, a seguito di una lunga malattia di miomarito. Fu colpito da un infarto da cui si riprese con molta difficoltà e con gravi impedimentifisici, che lo resero bisognoso di assistenza. Quando morì dopo sette anni d’invalidità, sentiiil desiderio di entrare in ospedale, in un luogo di sofferenza e fare qualcosa per gli altri.Avevo in me anche il desiderio di verificare se mi ero comportata con mio marito nel modogiusto nel corso degli anni della sua malattia; il volontariato ospedaliero mi sembrò la scuolamigliore per scoprirlo. E’ iniziato così.Dove fece il corso preparatorio nel 1993?Al Policlinico di via Francesco Sforza.Come giudica questa fomazione, a posteriori? La trovai adeguata, sicuramente interessante Ricordo una psicoterapeuta molto brava trai docenti. Certo, erano insegnamenti teorici. La pratica sarebbe stata un’altra cosa.Come scelse l’ospedale dove prestare servizio?In base alla vicinanza all’abitazione. Le scelte più idonee erano il Niguarda o il C.T.O.; decisiper quest’ultimo.La scelta del reparto fu sua? No, fu presa dalla coordinatrice di ospedale. Insieme ad altri tirocinanti, ci smistò nei varireparti a seconda della necessità. Non avevo preferenze o preclusioni.Mi descriva com’era il volontariato nel reparto negli anni 90; io ci sono entrata nel 2000.Quanti erano i volontari allora? Quale turno svolgeva?Eravamo un gruppo numeroso, circa una trentina (attualmente sono undici: N.d.R.). Io fa-cevo due turni settimanali pomeridiani, dalle 17 alle 19. Il martedì facevo il turno insiemead un volontario di nome Gherardo (è ancora in servizio N.d.R) che mi affiancò nel tirocinioe mi insegnò tanto. Il reparto accoglieva i malati con lesioni al midollo spinale, quindi pa-ralizzati in forma totale o parziale. Erano quasi tutti giovani destinati a degenze prolungate,a un periodo di due o tre mesi fino all’anno.Come fu l’impatto?Non facile. Erano malati spesso “respingenti” a causa della loro sofferenza e non di radoesprimevano rifiuto verso la presenza del volontario. E’ vero che la lunga assistenza a miomarito mi aveva reso avvezza alle problematiche degli invalidi, ma la diversità del piano re-lazionale era evidente: una cosa era il rapporto con il marito, un’altra il rapporto con il rico-verato estraneo sul piano della parentela. Ricordo il disagio che mi procuravano gliatteggiamenti di rifiuto manifestati da alcuni degenti; più di una volta cercai rifugio nel cor-ridoio deserto fuori dal reparto per piangere in solitudine. Ma oltre a questi momenti di sco-raggiamento ho bellissimi ricordi legati ad altri degenti con cui avevo instaurato dei rapportimolto positivi.

Cosa ricorda in particolare di questi?Ricordo con molto piacere le ragazze ricoverate nel reparto. Con loro la relazione era piùsemplice probabilmente scattava un rapporto di complicità femminile che rendeva loro na-turale accettare la mia compagnia. Con qualche degente il rapporto continuava anche dopole dimissioni dal reparto, una telefonata o un incontro mantenevano viva la relazione.In cosa consisteva principalmente il suo servizio?Tenevo compagnia ai degenti, naturalmente. Ma era un reparto dove rendersi utili su unpiano pratico. Facevo da aiutante a Gherardo mentre faceva la barba ai giovani ricoverati.Imboccavo i malati soli. Aiutavo nelle piccole cose pratiche che per un paralizzato sonomolto difficili se non impossibili.Come le appariva l’Associazione? Si sentiva seguita o al contrario individuava carenze dacolmare?Apprezzavo molto i corsi di formazione che offriva, e non ne perdevo uno. Ero consapevoledel divario esistente tra il mio desiderio di essere una buona volontaria e la difficoltà ogget-tive che poneva la relazione con malati così sofferenti nel morale e nel fisico, e cercavo diimpadronirmi di ogni strumento utile a migliorarmi. Anche le assemblee di reparto eranovalide sotto quel profilo, con gli altri volontari ci si scambiava suggerimenti, opinioni, ideedi miglioramento. I volontari più giovani si rivolgevano a noi volontari più maturi per averesupporto, eravamo animati tutti dallo stesso desiderio di migliorare costantemente le nostrecapacità.Il personale ospedaliero collaborava con i volontari?Si collaborava, ma va osservato che nel reparto di lungodegenti gravi dove ero assegnata,il volontario si trovava sottoposto a un maggiore controllo da parte loro. Una parola vissutamale dal paziente veniva riferita da lui o da un familiare al personale e non era infrequenteessere ripresi dal caposala o dai medici. Ma erano tutte occasioni di riflessione e migliora-mento.La realtà ospedaliera degli anni ’90 le appare molto cambiata rispetto a quella odierna?A ripensarci sì, erano anni difficili. Ricordo che durante il mio servizio ci fu un’ondata di scio-peri del personale del C.T.O. per protesta contro la proposta di chiusura dell’ospedale avan-zata dall’allora Presidente della Regione. Anche noi volontari fummo coinvolti nella protestache ebbe successo ed impedì la chiusura della struttura. Poi i reparti specializzati nel trat-tamento dei medullolesi e loro riabilitazione all’epoca erano meno numerosi ed il CTOaccoglieva degenti da tutta Italia per colmare le carenze esistenti altrove; infatti i medici delreparto collaboravano con strutture di altri ospedali. Adesso sotto quel profilo la situazionedi questi malati ha beneficiato di notevoli miglioramenti. Ricordo infine nel reparto i primimalati di SLA, una malattia di cui si iniziava appena a parlare negli anni ’90, quasi scono-sciuta.Palmira, adesso si trova ricoverata qui al reparto Ortopedia del C.T.O per un intervento diprotesi all’anca. Ritiene che essere stata una volontaria ospedaliera modifichi la prospettivaverso la sofferenza e la propria malattia? Aiuta a viverla diversamente?Non ho mai riflettuto su questo, forse mi aiuta la serenità d’animo che ho acquisito nel corsodegli anni: la vita mi ha portato in tanti sentieri diversi, ora alla mia età, - sono nata nel 1928- non mi pongo queste domande.Palmira, ritornando al racconto dei suoi inizi in AVO, aveva cominciato nel 1993 con il pen-siero retrospettivo di “verificare” quanto il suo comportamento verso il marito malato fossestato adeguato. Al termine dell’esperienza di servizio ospedaliero quale risposta si è dataa questo interrogativo che custodiva? Ne ho concluso che con mio marito mi ero comportata bene, da persona normale, respon-sabile. Si sono sciolti questi dubbi e questo ha contribuito alla mia attuale tranquillitàd’animo.Palmira, la ringrazio moltissimo della disponibilità. Andrei avanti ancora a lungo ma vedoche è arrivata la cena. Un caro saluto e auguri di pronta ripresa da tutta AVO.

Alessandra Baldis

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NEWS

SAN GIUSEPPE

IL NATALE ALL’OSPEDALE SAN GIUSEPPE

Noi volontari dell’Ospedale San Giuseppe abbiamo festeggiato il Santo Natalenel pomeriggio del 19 dicembre. Ci siamo recate nei vari reparti con dei grandicesti ben confezionati e abbiamo distribuito a tutti i degenti delle profumate ecolorate saponette. Questi piccoli, ma significativi doni sono stati offerti da una nostra collega chetutti gli anni si fa carico di questa lodevole iniziativa. I malati hanno dimostrato di apprezzare molto questo inaspettato e generosogesto da parte dell’Associazione e hanno risposto con un sorriso e un pizzicodi buon umore in più.Alle diciassette è stata celebrata da Don Carlo una Messa e alle diciotto ab-biamo imbandito un ricco buffet, con leccornie dolci e salate preparate dallecoordinatrici di buona volontà, per brindare e scambiare gli auguri con lemaestranze dell’ospedale.

Elisabetta Scevola

UNA DIVERTENTE E NUOVA INIzIATIVA

ALL’OSPEDALE SAN GIUSEPPE

Anche quest'anno nelle prossimità delle feste abbiamo fatto gli Auguri aiNostri Amici pazienti con un piccolo pensiero; ma, sorpresa tra le sorprese,si sono proposte due studentesse universitarie, le quali camuffandosi da

Grande Puffo e da Puffetta ci hanno accompagnato nel nostro cammino. La gioia, lostupore e l'ammirazione dei bimbi che incontravamo nei vari angoli dell'ospedale

erano grandissimi e noi eravamo orgogliose di questo fuori programma. La sorpresamaggiormente inaspettata è stata vedere degenti di diverse età divertirsi, sorridere,

farsi fotografare fra le braccia delle ragazze. Le infermiere di chirurgia della mano Sonia eAnna così come la nostra coordinatrice Angela si sono lasciate abbracciare dai Puffi per si-glare l'esito della meravigliosa giornata. E'stato il mio primo regalo di Natale che, come bensapete anche Voi care volontarie che mi state leggendo è il più bello. Un grazie di cuore va alle studentesse Elena e Chiara. Enrica Bosini

NEWS

A CASA LONTANI DA CASA - Rete milanese e lombarda di Case di Accoglienza per malati e familiari

Il progetto “A casa lontani da casa” nasce per rispondere aun bisogno: quello della ricerca di un alloggio adeguato acosti contenuti da parte di più di 100.000 persone (malati eparenti accompagnatori) che ogni anno giungono a Milanoe dintorni da tutta Italia, e anche dall’estero, per essere curatiin strutture sanitarie specializzate.E’ un fenomeno definito “mobilità sanitaria”, di migliaia di“viaggi della speranza” che comportano comprensibili disagiper la lontananza da casa, dagli affetti e dalle proprie sicu-rezze, spesso con gravi difficoltà di carattere economico. Ilmondo del no profit si è fatto carico da tempo del problema,organizzando e gestendo strutture di accoglienza che ospi-tano migliaia di malati.Il progetto è stato realizzato congiuntamente da cinque As-sociazioni da tempo attive nel sostegno ai malati: PROME-TEO, AVO, LILT, CasAmica, Associazione MartaNurizzo.L’obiettivo è stato di creare una “rete” fra le numerose strut-ture di accoglienza presenti sul territorio, attivando stru-menti che rendano agevole per il malato che giunge dalontano, senza punti di riferimento, spesso con l’apprensioneche incute la grandecittà a chi provieneda realtà diverse, laricerca di una siste-mazione consona al-le proprie esigenze.L’iter del progetto haapprofondito i di-versi aspetti dell’ac-coglienza attraversoun questionario sot-toposto agli utentidei principali ospe-dali specialistici dellacittà e un questiona-rio/intervista propo-

sto ai responsabili delle strutture di accoglienza sul territorio.Si è aperto così un dialogo che ha consentito di rilevare lecaratteristiche delle varie “case”, spesso molto diversificate,e di creare una “rete di accoglienza”, accessibile attraversoun sito internet dedicato e un call center attivo nelle 24 h adisposizione degli utenti in cerca di alloggio.I risultati della rilevazione vengono pubblicati anche in ver-sione cartacea, in una guida messa a disposizione dei ServiziSociali e degli Uffici di Relazione con il Pubblico degliOspedali, delle ASL e di altre strutture che potrebbero dif-fonderne la conoscenza.L’obiettivo è di offrire al malato e a chi lo accompagna un“porto sicuro” cui approdare nel suo viaggio di speranza,consentendogli di affrontare con maggior serenità il per-corso di cura, sentendosi “a casa lontano da casa”.Le strutture di accoglienza agiscono al di fuori di ogni logicadi profitto, tuttavia devono essere messe in grado di soste-nere i costi vivi e poter offrire un servizio dignitoso, preziosoper tutta la collettività. Viene pertanto richiesta, nella mag-gioranza dei casi, una contribuzione che varia a secondadelle caratteristiche dell’alloggio e del servizio fornito, e che

è stata indicata come“fascia di offerta perpersona in cameradoppia”. Da parte delle Asso-ciazioni no profit vi ècomunque sempre ladisponibilità a vagliarei casi di grande diffi-coltà, segnalati daiservizi sociali, per ve-nire incontro alle ne-cessità di persone dop-piamente svantag-giate.

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NEWS

«Se una delle nostre facoltà può dirsi più meravigliosa delle altre, questa è la memoria, penso. Nei suoi poteri, nelle sue deficienze, nella sua mutabilità sembra esservi qualcosa di più misterioso che in ogni altra attrattiva della nostra mente. La memoria a volte è così tenace, così servizievole, così obbediente, e altre volte così confusa e così debole – e altre volte ancora così tirannica, così incontrollabile!…Siamo certamente un miracolo da tutti i punti di vista, ma la natura della nostra facoltà di ricordare e di dimenticare sembra proprio al di là di ogni comprensione.»

Mandaci i tuoi elaborati e noi li pubblicheremo! [email protected]

\ L’ANGOLO DELLA POESIA

NonnoAldo

CONSIGLI DI LETTURA

Mi fa piacere segnalare un libro

che ho letto di recente e che ri-

tengo possa essere molto utile a

chi fa volontariato e non solo.

Si intitola “Le parole sono fine-

stre”. Il suo autore Marshall Ro-

semberg spiega che cos’è la CNV,

(la comunicazione non violenta),

mettendoci a disposizione uno

strumento molto semplice, ma

estremamente efficace per miglio-

rare e rendere autentica la nostra

relazione con gli altri.

Ascoltare senza giudicare e tra-

durre in sentimenti e bisogni ciò

che dice l’altro è la chiave per co-

municare utilizzando il potere cu-

rativo dell’empatia.

Elisabetta Scevola

NEWS

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L’ANGOLO DELLA RIFLESSIONE

Una sera ho ricevuto una telefonata daun caro amico.

Mi ha fatto molto piacere la sua telefonata, la prima cosache mi ha chiesto è stata: “Come stai?” Non so perché gli ho rispo-

sto: “Mi sento molto solo”“Vuoi che parliamo?” mi disse.

Gli ho risposto di si, e mi ha subito detto: “Vuoi che venga a casa tua?”Io ho risposto di si. Depose la cornetta del telefono e in meno di 15 minuti stavagià bussando alla mia porta. E così io gli ho parlato per molte ore di tutto, del miolavoro, della mia famiglia, della mia fidanzata, dei miei dubbi e lui sempre attentomi ascoltava.E così si è fatto giorno, mi sentivo rilassato mentalmente, mi ha fatto bene la suacompagnia, soprattutto il suo ascolto, mi sono sentito sostenuto e mi ha fatto vederei miei sbagli. Mi sentivo molto bene e quando lui si è accorto che mi sentivo meglio,mi ha detto: “Bene, ora me ne vado, perché devo andare al lavoro” Io mi sono sor-

preso e gli ho detto: “Perché non mi hai avvisato che dovevi andare al lavoro?Guarda che ora è, non hai dormito niente, ti ho tolto tutto il tempo questa notte”

Lui ha sorriso e mi disse: “Non c’è problema, per questo ci sono gli amici!” Mi sonosentito molto felice e orgoglioso di avere un amico così.

L’ho accompagnato alla porta di casa e mentre lui camminava verso l’auto gli hogridato da lontano: “Ora è tutto a posto, ma perché mi hai telefonato ierisera così tardi?” Lui ritornò verso di me e mi disse a voce bassa che deside-rava darmi una notizia, ed io gli ho chiesto: “Cos’è successo?” Mi ri-spose: “Sono andato dal dottore che mi ha detto che sono moltomalato” Io rimasi muto …. ma lui mi sorrise e mi disse: “ Ne ripar-leremo, ti auguro una bella giornata”

Questa è la prima parte di una delle tante “parabole” che giranosui social network e naturalmente è seguita dal racconto delle sen-

sazioni, delle riflessioni, delle conclusioni del pro-tagonista. Ma noi scegliamo di finirla qui, lasciando a ciascunlettore la propria personale conclusione del racconto.