Bruno Munari - Artista E Designer (Laterza, 1969)

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Book about life and design projects from Bruno Munari

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cancre?i e macchine inutili. ,case nift$@t? le gallerie di quel tempo. Noto.d6ilgn$i' pubblicato libri di grande succasbpi :$i%;' Arte come ndstik''. Bari 1966, jqqsign e c e municazini visivd. Bari 1988. i p s e or.@. 1

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Copertina e impaginazione di Bruno Munari

prima edizione 1971 quarta edizione 1978

Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari

Bruno Munari

1 ARTISTA E DESIGNER

Editori Laterza 1 978

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Finito di stampare nell'aprile 1978 nello stabilimento d'arti grafiche Gius. Laterza & Figli, Bari CL 20-0307-4

NOTA SULLO SCHEMA GRAFICO D I QUESTO LIBRO

Normalmente i libri sono impaginati con colonne di testo, larghe in proporzione al formato della pagina, le eventuali note sono stampate a piede di pagina con riferimento ai numeri inseriti nel testo, le fotografie e le didascalie sono di misure varie. Di solito il blocco delle fotografie, per ragioni tecniche, è in un gruppo di fogli a parte. Tutto ciò complica non poco la let- tura poiché ogni volta che si trova un numero nel testo occorre andare a cercare la nota corrispondente che non sempre è nella stessa pagina, e altrettanto di- casi per le illustrazioni.

In questo libro ho provato a progettare un nuovo tipo di impaginazione come se il libro fosse un unico foglio continuo largo quanto una pagina ma lungo come tutte le pagine messe una sotto l'altra. Ho cer- cato di non interrompere il discorso che si svolge tutto assieme fra testo, illustrazioni, note, didascalie di modo che il lettore può avere diversi tipi di lettura: può leggere solo il testo principale che è stampato nella colonna più larga in corpo 10 e guardare le illustra- zioni che lo accompagnano; può leggere il testo prin- cipale e le note che sono stampate in una colonna più stretta in corpo 8, può leggere tutto anche le didascalie che sono stampate in una colonna più piccola.

L'intero testo completo di illustrazioni, note, cita- zioni, aggiunte, didascalie, è cosi disposto tutto in linea continua senza salti o interruzioni, è stato poi tagliato nel formato delle pagine, e il lettore può cosl scegliere il tipo di lettura, rapida o completa, se- condo il suo interesse.

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È necessario imparare a pensare in termini mon- diali. Discussioni in termini di interessi nazionali sono quasi sempre espressione di una mentalità ristretta e di un punto di vista retrogrado. JAN TINBERGEN

PREFAZIONE

Mai come in questi tempi sono avvenuti cambiamenti nel mondo dell'arte: gli artisti, o operatori visuali come si dice oggi, stanno continuamente modificando le loro tecniche, le materie e i mezzi tradizionali dell'arte visiva sono messi in dubbio, materie e mezzi nuovi vengono sperimentati per conoscerne le possibilità d'uso e, mentre ancora una moltitudine di artisti opera con mezzi tra- dizionali, altri cercano nuove vie di conoscenza e di co- municazione. Si crea una scissione tra artisti continuatori di antiche tecniche, e ricercatori di nuove tecniche. Na- sce un nuovo tipo di operatore che lavora in gruppo, a contatto con le materie e le tecniche del mondo industriale. Nascono i primi oggetti a funzione estetica prodotti in serie, a basso prezzo, per una maggiore diffusione della conoscenza estetica. Dal lato opposto si accentua una pro- duzione di pezzi unici a prezzi altissimi sostenuti da un mercato forzato. Sono simultaneamente presenti vari « sti- li » (come si diceva un tempo). Molti si domandano: come mai la nostra epoca non ha un suo stile? L'arte, che un tempo era privilegio di pochi uomini sta diventando una espressione possibile a ciascuno di noi? Si sta ridu- cendo positivamente la distanza tra l'artista e l'uomo nor- male?

Stiamo vivendo un periodo molto intenso, favorito dalla rapidità delle comunicazioni: ognuno può conoscere ciò che succede dall'altra parte del mondo, in ogni campo dell'attività umana. .N"

Per molta gente questo è un grande caos. Perché grande caos? perché non sa dove ancorare la propria at- tenzione, non sa più quali sono i veri valori e i falsi valori, in ogni campo. Sente che i vecchi valori sono ca- duti ma non riesce a riconoscere quelli nuovi.

« È una moda? È un cambiamento del gusto? An- cora di più, secondo i profeti del nuovo stile. Questo fenomeno è una trasformazione profonda dei nostri

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costumi ». Così scrive la stampa francese autorevole che in questi ultimi tempi si è accorta dell'esistenza del design, ma non sa come prenderlo, non sa da che parte osservarlo e, per eccesso di cultura, non sa nem- meno come pronunciarlo. Si cerca di suggerire al let- tore il modo di pronunciare questa orribile parola straniera e si suggerisce: « désigne », « désinnegue », « désaiguene », disainneguene », proprio così.

Autorevoli firme della cultura francese parlano di nuovo stile, di nuova bellezza, dicono di aver visto delle poltrone dalle linee « futuriste », scrivono di « es~losione del design » e si rammaricano che l'Italia sia p iù avanti di loro.

Come mai a Parigi, che fu un tempo non lontano, la culla delle avanguardie e il più grosso mercato,mon- diale d'arte, si stenta a capire questa nuova attività creativa e ci si trova disorientati di fronte alla. sua produzione? Forse perché a Parigi, ancora oggi, si pensa in termini di Arte Pura e arte applicata, si pensa ancora allo Stile, ad un mondo « artistico » che non ha niente a che fare con il design. Si guarda una poltrona come se fosse una scultura, si confonde il design con lo styling e cioè la progettazione logica con lo svolazzo estetico e le forme ispirate liricamente.

Da questo punto di vista è facile passare alla pro- posta di « design artistico >> fatta da artisti, qualcosa che vu01 essere antidesign, progetti di oggetti d'uso fatti con molta fantasia e con niente tecnica.

I1 titolo è L'albero dei cassetti, l'autore il pittore francese Marce1 Jean. L'oggetto è

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stato esposto a suo tempo nella mostra « L'oggetto » al Museo delle Arti decorative di Parigi, Palazzo del Louvre. Un comitato di 32 persone ha scelto gli oggetti ideati da artisti, da esporre in questa mostra con scopi di antidesign. Gli artisti hanno più fantasia e faranno certamente molto meglio dei de- signers. Ed ecco questo fiabesco comò la cui base denota subito una certa instabilita: meglio non aprire i cassetti. Tipico « ogget- to » di arte applicata.

E probabile che l'equivoco nasca dal fatto che nella prima scuola di design, il famoso Bauhaus, fondato da Gropius, in Germania, gli insegnanti erano in gran parte architetti e artisti pittori e scultori; ma da questi è nato un nuovo tipo di operatore estetico che è il designer.

Venditori di pastasciutta a Napoli, ai primi del novecento.

Se invece vogliamo aiutare il prossimo a trovare un metodo oggettivo per capire la situazione, sarà bene, io credo, cercare di analizzare gli elementi più importanti della situazione, vedere e quali sono i nodi dove si di- sfano i vecchi schemi e quelli dove si formano i nuovi. Perché cadono certi principi ritenuti da tutti come asso-

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luti fino a ieri, e quali sono le ragioni che conducono a certi nuovi punti di vista, generatori di situazioni prima

- inesistenti. Queste nuove situazioni sono inconcepibili se misurate con preconcetti relativi a vecchi metodi, diven- tano invece più comprensibili se si riesce a capirne la lo- gica strutturale.

Questo libro intende analizzare i due principali aspetti della attività culturale della nostra epoca: quello dell'arte pura e quello del design. Allo scopo di dare maggiore evidenza a questa analisi prendiamo in esame i due poli della questione, considerando che gli altri casi non sono che una differente percentuale, maggiore o minore, delle due componenti. Troviamo infatti ad una estremità del problema l'artista puro di tipo romantico, con idee sog- gettive di tipo assoluto e indiscutibile; e dall'altra parte il designer oggettivo razionale esageratamente logico che vuole giustificare tutto quello che fa con ragioni a volte forzate.

L'artista romantico (che una volta si ubriacava e oggi si droga) esiste sempre. I1 designer oggettivo ha come meta l'estetica come una tecnica pura.

Sia ben chiaro che questa indagine non intende esal- tare o demolire l'uno o l'altro aspetto della situazione, intende solo esaminare se è possibile stabilire dei punti di lettura e di individuazione dei due aspetti, tali che chiunque possa trarne un giudizio preferenziale personale sulla situazione. Certo è chiaro che quegli artisti che vor- ranno operare come designers dovranno operare con il metodo del design altrimenti la loro opera risulterà falsa (anche se la gente non se ne accorgerà) e, d'altra parte, spero che questa analisi possa aiutare molti designers im- prowisati ad abbandonare situazioni artistiche soggettive a favore di una migliore progettazione per una produ- zione socialmente più giusta. Vorrei che fosse chiaro al- tresì che personalmente ritengo valide entrambe le po- sizioni, sia quella dell'artista che quella del designer, pur- ché l'artista sia un operatore vivente nella nostra epoca e non un ripetitore di formule passate sia pure di un recente passato, e il designer sia un vero designer e non

-un artista che fa dell'arte applicata. Non c'è in questa analisi nessuna intenzione di fissare posizioni competitive

-

.e, d'altra parte, non spetta a noi contemporanei dare giu- dizi di priorità di valori.

Un tempo questa distinzione non esisteva: Giotto dipingeva e costruiva architetture, Leonardo dipingeva e inventava macchine. Pittore, architetto, inventore, poeta, -

erano attività diverse legate da un unico metodo ogget- tivo di progettazione. Una macchina di Leonardo non è « in stile » con la Gioconda. C'è qualcosa però che lega queste operazioni, un metodo oggettivo, una sincerità progettuale, una onestà professionale, un vero mestiere.

Ma I'arte antica era affiancata da un artigianato fon- dato su regole pratiche nate dall'esperienza professionale. Qual è oggi la corrispondente di queste regole? Se un tempo si costruiva un edificio in base alle regole della lavorazione della pietra, che cosa si può fare oggi con le tecniche industriali della ~refabbricazione? È chiaro che ~ -

non si può applicare la medesima regola antica a un edi- ficio di oggi. Quello che ci serve è conoscere la costante costruttiva, cioè quella regola ancora valida che ci con- sente di costruire con i materiali di oggi.

Che cosa ha modificato, nel suo operare, l'artista per diventare il designer? E che cosa c'è ancora di artistico nel design? Quali sono i modi di operare dei due? Questo è un problema che" oggi interessa non solo gli amatori del design e dell'arte, ma soprattutto credo che una tale indagine serva a chiarire i metodi di insegnamento nelle scuole d'arte che lentamente si stanno trasformando in scuole di design.

La gente dunque si domanda: che cosa è l'arte? e di fronte a opere che non conosce vuol sapere anzitutto: è arte o non è arte? La gente non vuole essere imbro- gliata ed ha ragione.

Quando qualcuno indica la luna, gli stupidi guar- dano il dito. Antico proverbio tibetano.

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A questo punto potremo provare a costruire una immaginaria Tavola Rotonda per discutere sulla de- finizione dell'arte e sui suoi problemi, invitando alla discussione le maggiori autorità che si siano occupate del problema, anche in tempi lontani, per vedere se si può ricavarne una conclusione, sia pure prowisoria.

È buona regola, quando si discute di qualcosa, chiarire bene l'argomento della discussione. Nel nostro caso cerchiamo di capire se è possibile trovare una definizione dell'arte, dato che l'arte ha molti aspetti ed ha avuto molte funzioni nel corso della storia.

zione sperimentale favorita da nuovi strumenti che tende a diventare, parallelamente alla scienza, ma con mezzi diversi, uno strumento di conoscenza e di stimo- lazione della creatività individuale.

L'arte ha avuto funzioni magiche durante la pre- istoria, periodo nel quale nacque il linguaggio visivo (una immagine vale mille parole, dice un antico pro- verbio cinese), allora l'immagine veniva usata per co- municare visivamente la forma della « cosa » da cat- turare. La << cosa » era utile alla soprawivenza de!la comunità, si poteva mangiare e ci si poteva coprire con le sue pelli. Oltre che funzioni magiche e rappre- sentative nell'antico Egitto, funzioni magiche e rap- presentative ha ancora oggi nelle società primitive viventi in altre parti del mondo. Quella che noi con- sideriamo come estetica si evidenzia nel periodo greco, mentre per Roma l'arte ha avuto una funzione pratica e celebrativa. Nel Medioevo ebbe funzioni didattiche ed esplicative, nel Rinascimento estetiche e conoscitive. Nel periodo barocco ebbe funzioni estetiche, devozio- nali, persuasive. La funzione estetica divenne una co- stante con varianti espressive nel RomantiCismo. Anche la funzione conoscitiva che già appare nell'arte greca, I

Vi sono poi vari tipi di arte, secondo gli interessi degli stessi autori.' C'è chi si occupa della ricerca este- tica, chi sperimenta la strumentazione della sua epoca alla ricerca della possibilità di trasmettere un pensiero

\attuale in modo più completo, più chiaro e più vasto possibile. Un'arte di questo tipo, si preoccupa del pros- simo e pensa di fornirgli quegli strumenti e quelle possibilità che lo aiutino a capire il mondo nel quale vive e a esprimersi meglio con gli altri simili. È un tipo di arte orientata alla conoscenza del linguaggio e alle sue possibilità comunicanti con le quali sarà poi possibile trasmettere anche messaggi volutamente am- bigui o polivalenti.

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C'& chi fa deii'arte commerciale, arte normalmente contrabbandata per <( arte pura », e lavora per il mer- cato delie opere d'arte, produce pezzi unici fatti a mano in una formula riconoscibile che ne stabilisce le caratteristiche visive. Queste opere sono realizzate in materiali tradizionali altrimenti non vengono ricono- sciute come arte, quindi olio su tela, bronzo o metalli preziosi, sono tollerati i colori acrilici su tela. Mai opere fatte con materiali da poco. Nel mercato delle opere d'arte un olio su tela qualunque, vale sem- pre di più di un <( tecnica mista su carta P; una scul- tura di bronzo o di similoro, vale di più deiia stessa di gesso, o di pietra. La differenza tra le opere com- merciali che si vedono allineate lungo qualche mar- ciapiede e che di solito rappresentano vedute di mon- 'tagna o scugnizzi napoletani, e le opere che si ven- dono in certi negozi d'arte, è soltanto in una pretesa culturale (comunque non mai troppo moderna) di que- ste ultime. Questo tipo di arte commerciale si regge sulla vasta incompetenza di gran parte dei collezio- nisti i quali credono, comperandola, di farne una speculazione.

diventa una costante e oggi l'atte ha funzioni educa- tive, politiche, sociali, mercantili. Si accentua la fun-

L'arte è qualcosa con cui si può sempre farla franca.

MARSHALL MCLUHAN

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Il messaggero, di Winston Churchill.

C'è chi fa dell'arte per hobby, chi dipinge o scol- pisce quello che gli pare e piace, senza alcuna preoc- cupazione di sapere se quello che lui fa è stato già fatto anche da mille altri, ossia non si preoccupa di informare gli altri sulle scoperte che fa. Lui dipinge per sé e per qualche amico ed è molto soddisfatto per- ché quello che fa lo « scarica » dalle preoccupazioni. In questi casi i'arte, come dice Freud, è consolatrice. Un'arte di questo tipo corrisponde al lavoro a maglia per le donne, ed è coltivata dai più impensati tipi sociali: grandi personaggi storici, dittatori, industriali, uomini politici, banchieri, donne insoddisfatte, registi, idraulici (solo acquerello); essi sanno bene che le loto opere non resteranno nella storia dell'arte, ma non gliene importa niente. I1 piacere si esaurisce nel fare.

L'Impero balza dalla mente del Duce.

E poi c'è i'Arte Ufficiale o Arte di Stato simile a quella dei cimiteri. Questo tipo di arte salta fuori ogni volta che viene indetto un concorso per il monumento a un qualsiasi eroe ignoto, ogni volta che si debba comme- morare con l'arte figurativa, con affreschi o sculture di bronzo, una conquista nazionale, ogni volta che lo Stato non può fare a meno di chiamare un artista che gli ri- solva un qualche oscuro problema. Ed ecco apparire nella nostra amata patria le più piatte figurazioni artistiche, frutto del compromesso fra giurie incompetenti ma au- toritarie. In queste giurie ci sono tutti, meno gli artisti moderni e internazionalmente qualificati. Ci sono funzionari di ogni tipo, esperti in economia e com- mercio, rappresentanti delle Forze Armate di Aria di Terra e di Mare con tutta la suggestione delle loro

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La Forma del Genio plasma i caratteri ita- lici, di A. Sartorio.

divise, ministri a piacere e un rappresentante del sin- dacato artisti.

Eppure tutta questa gente quando ha mal di pancia chiama il dottore e non l'idraulico. Perché ci deve es- sere questo disprezzo per l'arte, questa presunzione che tutti possano giudicare, questo trionfo deli'incom- petenza? Non sanno questi signori che c'è un livello di mediocrità che accomuna tutte le arti ufficiali di ogni colore politico e di ogni Stato? Che l'arte ufficiale ita- liana è uguale a quella sovietica o a quella fascista? Che il cavallo di bronzo davanti agli edifici lo si trova in ogni paese?

Noi chiediamo la pgce - Opera di un gruppo di scultori sovietici, Mosca 1951.

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TAVOLA ROTONDA FUORI DAL TEMPO E DALLO SPAZIO

Attorno a questa tavola rotonda immaginaria si sen- - tiranno voci autentiche ed autorevoli di massimi pensa-

tori, filosofi, scienziati e artisti di varie epoche, da Shafte- - sbury a Mao Tse-tung, da Toulause Lautrec a Freud,

da Picasso a Kant, ognuno dirà la propria opinione e il lettore potrà così trarre le sue conclusioni.

Mao Tse-tung Occorre lasciare che cento fiori sboccino e cento scuole gareggino, questa è una politica che pro- muove lo sviluppo dell'arte e il progresso delle scienze, e costituisce uno stimolo al fiorire della cultura. In campo artistico forme e stili differenti possono svilupparsi libe- ramente. Penso che un intervento amministrativo per imporre uno stile o una scuola, e per proibirne altri, sia negativo per lo sviluppo della scienze e dell'arte.

Konrad Fielder Ogni forma d'arte è giustificata solo in quanto sia necessaria per la rappresentazione di qualche ;sa che non sia rappresentabilé in alcuna altra forma.

ARTE

I1 signor Lewis Mumford è pregato di aprire il di- battito:

Mumford Possiamo domandarci perché siamo diventati simili a Dei in quanto tecnologi. e simili a demoni in quanto esseri morali, superuomini nella scienza e idioti nell'estetica? (mormorii). Idioti, anzitutto, nel significato greco di individui assolutameiite isolati, incapaci di co- municare fra loro e di intendersi l'un l'altro.

ARTE A U E ARTE Schiller (rivolgendosi a Darwin che acconsente) L'arte è una attività che si riscontra anche tra gli animali, e nasce dall'istinto sessuale e da quello del gioco.

Spencer L'origine dell'arte va cercata nel gioco.

Mondrian (con fermezza) L'arte è un gioco e i giochi hanno le loro regole.

Il moderatore prega di stare il più possibile in definizioni metto soggettive.

Ruskin Noi domandiamo all'arte di fissare ciò che è fuggevole (gli operatori cinetici mormorano tra loro), di illuminare ciò che è incomprensibile, di dare un corpo a

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ciò che non ha misura, d'immortalare le cose che non durano (sguardi di intesa tra artisti concettuali e quelli dell'arte povera). Tutto l'infinito e il meraviglioso, quello che l'uomo può constatare senza comprendere, amare senza saper definire, questo è l'intero scopo della ... (viene interrotto da rumori vmi).

Freud L'arte è una grande consolatrice e placatrice, essa rappresenta la compensazione più preziosa delle insuffi- cienze dell'esistenza.

Kurt Schwitters (strappando a pezzi la scatola dei fiam- miferi) È una funzione spirituale dell'uomo che ha lo scopo di liberarlo dal caos della vita.

Si chiede se è possibile definire la bellezza.

Schelling La bellezza è la percezione dell'infinito nel finito. L'arte è l'unione del soggettivo e dell'oggettivo, della natura e della ragione, del cosciente e dell'incosciente.

Herbart Non c'è e non può esserci bellezza esistente per se stessa. Non esiste niente altro che la nostra opinione che nasce dalle nostre impressioni personali.

Leon Battista Alberti La bellezza è l'armonia tra tutte le membra su un complesso di cui fanno parte, fondata su una legge precisa, in modo che non si possa aggiungere o togliere, o cambiar nulla se non in peggio.

Kant La bellezza considerata soggettivamente è ciò che piace in modo generale e necessario, senza concetto al- cuno e senza utilità pratica.

Voce dal pubblico: che piace a chi?

Hauser La gente non giudica l'arte secondo norme este- tiche.

Hegel Né la naturalezza obbiettiva è la regola, né la pura imitazione delle apparenze esteriori è lo scopo del- l'arte.

Delacroix La fredda esattezza non è arte. Lo scopo del- l'artista non è quello di riprodurre esattamente gli og- getti.

Il pubblico presente rumoreggia, a lui piace l'arte che imita la natura.

Honoré De Balzac La missione dell'arte non è di co- piare la natura, ma di esprimerla.

LunaEarskij La ripetizione non è arte.

André Bazin La fotografia ha liberato la pittura dalla ossessione della verosimiglianza.

Arp (sorridendo) Noi non vogliamo imitare la natura. Noi non vogliamo riprodurre ma soltanto produrre, cosi come una pianta produce il suo frutto.

Klee L'arte non riproduce il visibile, ma rende visibile.

Monet Così come I'uccello canta, io penso.

Degas (quasi interrompendo) L'arte è il falso.

Picasso L'arte è una menzogna che ci insegna a conce- pire la verità, almeno quella verità che siamo capaci di concepire come uomini.

Marinetti L'arte non può essere che violenza crudeltà ingiustizia!

Voci di studenti L'arte è morta; L'arte non esiste! L'ar- te siete voi!

George Seurat (con molta calma) L'arte è armonia.

Toulouse Lautrec La pittura è come la merda: si sente, non si spiega.

Karl Marx In una società comunista non esistono pit- tori, ma caso mai uomini che, tra l'altro, dipingono.

Trotsky L'arte deve essere indipendente da tutte le for- me di governo, non deve mettersi ai suoi ordini né al suo servizio.

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Mao Tse-tung Le opere prive di valore artistico, per quanto siano avanzate sul piano politico, restano inefficaci.

Il moderatore chiede, di concludere.

Arnold Hauser Non si può adeguare l'arte alle ristret- tezze mentali delle masse odierne (trecentomila analfabeti a Milano) ma questa può avere la funzione di allargare, per quanto è possibile, il loro orizzonte. E poi è quasi impossibile affermare sull'arte qualcosa di cui non si possa sostenere anche il contrario. L'opera d'arte è forina e con- tenuto, confessione e inganno, gioco e messaggio, funzio- nale e inutile, personale e impersonale ... Abraham A. Moles La creazione artistica è l'introdu- zione nel nostro ambiente di forme che prima non esi- stevano. Georg Nees L'arte non è azione della natura ma dello spirito. Ciò vuol dire che l'arte può trovare il maggiore interesse solo dal punto di vista dell'intelligenza. Essa esige, come qualsiasi oggetto del mondo e della coscienza, una certa parte di teoria. E1 Lisickij I1 nuovo spazio-ambiente non ha bisogno di quadri, non è un quadro trasposto in superfici. Laszlo Moholy-Nagy È probabile che lo sviluppo futuro raggiungerà la maggiore importanza nella composizione cinetica proiettata probabilmente anche con raggi e masse di luce che si intersecano, liberamente fluttuanti nell'am- biente, senza un piano diretto di proiezione. McLuhan La luce elettrica è pura informazione. Konrad Fielder Chi non si è mai trovato in un punto dal quale tutto gli è apparso incerto, non raggiungerà mai alcuna sicurezza (Si sofia il naso), lo stupore (mette via il fazzoletto) è il primo indizio dell'arte. Sigfried Giedion (alzandosi per uscire) È ancora ne- cessaria l'arte oggi? Lewis Mumford (avviandosi all'uscita) Quando l'uomo cessa di creare, cessa di vivere.

L'ARTE E L'ÉLITE

Pare che una definizione dell'arte, tale che fissi una volta per sempre i caratteri di questa attività umana, non sia urgente e nemmeno necessaria dato che questa attività, come tante altre, cambia continuamente nel tem- po secondo i rapporti col momento storico nel quale agisce.

Altrettanto si potrà dire per l'altra attività umana che è \ i l design, tantopiù che questa ultima è ancora in via di formazione avendo mescolato nei suoi aspetti attività artistiche e attività progettuali.

Quello che potremo fare è analizzare punto per punto queste due attività per vedere se esistono affinità e di- vergenze, allo scopo di rendere più chiaro l'operare di entrambi: artisti e designers.

Cominciamo con l'artista che è il tipo più antico e conosciuto, e consideriamone solo l'arte visiva. L'artista è un autore di opere rare, di pezzi unici addirittura, fatti con le sue proprie mani. Egli lavora in modo molto per- sonale, cercando di esprimere, con un linguaggio carat- terizzato visivamente in un brobrio stile. auelle sensa-

L . r A

zioni che nascono in lui secondo gli stimoli che riceve dal mondo nel quale vive: lavora per se stesso e per una élite che lo possa capire.

Questa élite è formata dalle persone più importanti di una data società, e condiziona il resto della società stessa. Secondo il tipo di società si ha un tipo di élite diversa. Supponiamo che esista una società di gente cor- rotta, di furbi e speculatori, di parassiti, di ignoranti e quindi presuntuosi, di ipocriti e disonesti, di imbroglioni, di intrallazzatori, di reazionari e conservatori. Una so- cietà dove un ben studiato tipo di suggestione religiosa viene imposta agli individui con lavaggio del cervello all'età infantile (età in cui i caratteri dell'individuo si formano e restano per tutta la vita) allo scopo di man- tenere il popolo nell'ignoranza e mascherare loschi traffici finanziari. Ebbene, da questo tipo di società si avrà una

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. élite composta dal più furbo, dal più corrotto, dal più ipocrita, dal più reazionario e via dicendo.

Tutti assieme formano una mafia nella quale quei pochi onesti, che vi. capitano ingenuamente dentro, sono considerati come dei poveri stupidi, gente che non sa stare al mondo, degli utopisti sciocchi.

Questa stessa élite, infatti, ha acquistato tutti i quadri del pittore attentatore del Papa a Manila, nel 1970, espo- sti all'Hilton Hotel; e una galleria di New York ha già organizzato mostre di questo Benjamin Mendoza y Amor, dove i prezzi dei quadri sono saliti. alle stelle.

Un vero artista, in una simile società, nessuno lo vuole.

È I'élite industriale che inquina le acque, l'aria, la terra, che uccide milioni di animali, che distrugge l'equilibrio ecologico, scaricando i suoi rifiuti industriali addosso al prossimo. Non è certo la povera gente che compie questi misfatti.

Dalle statistiche risulta che il maggior numero di furti sugli aerei awiene negli scompartimenti della classe di lusso. Ogni anno vengono rubati centinaia di oggetti: posate, contenitori vari, coperte e perfino giubbotti di salvataggio. S'intende che tutto ciò è fatto per hobby, naturalmente, non per bisogno, poiché* questa élite non ha proprio bisogno di nulla, solo di un poco di coscienza sociale.

Ora possiamo domandarci: quale tipo di arte può consumare questa particolare élite? Poiché l'artista deve pur vivere e per vivere deve vendere le sue opere, e dato che queste costano care, chi mai le può comperare se non una élite? Dato il livello culturale immaginabile di un tipo di élite come quella sopra descritta, avremo la pre- ferenza delle richieste riguardante un tipo di arte che imiti la natura pedestremente al livello più ba$so pos- sibile, se non addirittura non arte. Ogni componente di questa élite vorrà essere immortalato in un ritratto che lo renda più bello possibile, sull'esempio dei regnanti e dei potenti, forse può darsi che accetti anche un tipo di riproduzione pittorica non troppo leccata. Altri accette- ranno invece un'arte qualunque, anche incomprensibile purché riconoscibile a vista, ma necessariamente ad altis- simo prezzo. Questo tipo di élite andrà in massa alla mo- stra della zia del famoso banchiere a comperare tutti i quadri esposti (per stabilire un compromesso di affari) senza preoccuparsi minimamente del loro valore artistico, che in questo caso non serve assolutamente a niente.

Al pubblico piacciono i quadri pieni di con- tenuto. L'incontro di Dante con Beatrice fa battere il cuore come i fotoromanzi di « Bo- lero film D.

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Acrilico su tela, cm. 400x220.

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Allo speculatore non interessa il soggetto del quadro. Non lo vede nemmeno. A lui interessa solo di poter vendere questo og- getto al più presto e col massimo guadagno. Tutto il resto sono balle.

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IL DESIGNER E LA SOCIETA

I1 designer è un progettista dotato di senso estetico, che lavora per la comunità. I1 suo non è un lavoro per- sonale ma di gruppo: il designer organizza un gruppo di lavoro secondo il problema che deve risolvere. I1 de- signer non lavora per una élite, anche se oggi la produ- zione industriale tenta di trasformare il suo lavoro in quello di uno stilista (progettista che opera con senso artistico tendendo a una ~roduzione di facile e raoido consumo), ma cerca di produrre nel 'modo migliore an- che oggetti comunissimi di largo consumo.

I1 designer non esegue a mano il suo lavoro ad ecce- zione del modello e il « fatto a mano » non ha senso nel lavoro del designer, caso mai 'si riferisce a qualità arti- giane. Mentre l'artista, se deve progettare un oggetto d'uso lo fa nel suo stile, il designer non ha stile alcuno e la forma finale dei suoi oggetti è il risultato logico di una progettazione che si propone di risolvere nel modo ottimale tutte le componenti di un problema progettuale: sceglie le materie più adatte, le tecniche più giuste, spe- rimenta le possibilità di entrambe, tiene conto della com- ponente psicologica, del costo, di ogni funzione. Non è quindi l'élite il pubblico al quale il designer si rivolge, bensì tutto il grande pubblico dei consumatori; egli cerca di progettare oggetti che, oltre a risolvere bene le loro funzioni, abbiano anche un aspetto coerente secondo una scelta dalla quale nasce quello che io credo di poter de- finire come l'estetica della logica. Secondo i principi del buon design, il pubblico indifferenziato dovrebbe sentire la presenza di un operatore che ha pensato anche a lui, nel senso di produrre un oggetto che funzioni bene e che abbia anche una sua estetica non legata a uno stile oer- sonale di qualcuno, ma nata dallo stesso problema. ~ A m e il pubblico può trovare giusto e persino bello un uovo (e anche utile, naturalmente), così come accetta senza discutere di estetica uno strumento di lavoro che risponae bene a certe funzioni, dove il prezzo e l'estetica hanno il

medesimo valore, allo stesso modo può capire e accettare i1 lavoro del designer il quale progetta per lui un buon oggetto.

Per bellezza di figure, io non mi propongo di in- dicare quella che i più possono supporre, e cioè quella, per esempio, di esseri viventi, o di certi dipinti; ma accenno a qualcosa di rettilineo e di circolare e alle figure piane e solide che sono generate per mezzo dei torni e dei regoli e delle sq adre, se m'intendi. E queste non dico che siano b e h relativamente ad al- cunché, come altre cose, ma che.da natura sono di per sé medesime sempre belle, ed hanno in sé certi piaceri propri che non hanno punto a che fare coi piaceri prodotti dai solletichi.

Quando invece l'artista vuol fare il designer opera sempre in modo soggettivo, cerca di mostrare la propria « artisticità », vuole che l'oggetto prodotto conservi o trasmetta il suo verbo artistico, sia questo artista un pittore, uno scultore, un architetto. A tutt'oggi c'è molta confusione in questo campo dove non è ancora chiaro il passaggio che sta avvenendo nella nostra epoca tra valori soggettivi e valori oggettivi. In una società progredita non sono più i valori soggettivi (il « come io vedo il mondo ») ma quelli oggettivi che tendono ad avere il sopravvento, anche perché il metodo soggettivo non porta molto lontano.

I1 lavoro di gruppo, tipico del design, svolge quindi anche questa funzione di raccolta e coordinazione di un insieme interdisciplinare di competenze, sulla base delle quali, con una sintesi di tipo creativo, il designer svolge il suo progetto. Questo tipo di operazione collettiva, del resto sempre esistita nella storia, era stata a suo tempo riaffermata dai Dadaisti, i quali scrissero che era necessario « imparare a lavorare in gruppo collettivamente e anoni- mamente, per aumentare la forza e diminuire l'orgoglio P.

La prima differenza che risulta da queste analisi è che l'artista lavora in modo soggettivo per se stesso e per una élite, mentre il designer lavora in gruppo per

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l'intera comunità, allo scopo di migliorare la produzione sia nel senso pratico che in quello estetico. E di conse- guenza i due metodi di lavoro sono diversi. Vedremo come.

La funzione estetica è molto di più che un sem- plice ornamento alla superficie delle cose e del mondo, come a volte si pensa. Agisce profondamente sulla vita della società e dell'individuo, concorre alla guida del rapporto - sia passivo che attivo - dell'individuo e della società con la realtà che li circonda.

ARTE PURA, ARTE APPLICATA, COMUNIC,AZIONE VISIVE

Considerando, nella nostra analisi dei due modi di operare, solo le opere di arte visiva a due o più dimen- sioni, e lasciando da parte l'operare artistico nei campi della musica e della letteratura, possiamo dire che l'ar- tista produce pitture e sculture, mentre il designer pro- duce oggetti. Per l'artista esistono delle categorie ben definite le quali suddividono la produzione artistica in una scala di valori: prime vengono la pittura e la scul- tura, anche se oggi è difficile distinguerle perché esi- stono pitture tridimensionali e sculture piatte; co-

munque sempre opere di arte pura. Poi, con molto distacco, si situano nella scala dei valori le opere di arte applicata. Per i nostri amici francesi il design è qualcosa che va confinato nella sezione arte applicata, per cui que- gli artisti che volessero degnarsi di occuparsi della proget- tazione di un oggetto d'uso, lo farebbero come espressione di arte applicata, il che vuol dire che tale progettazione nasce come adattamento su funzioni pratiche, di forme preesistenti nella mente e nello stile dell'artista.

L'arte pura sarebbe la presentazione del mondo per- sonale dell'artista in pitture, sculture, e tutte quelle forme oggi esistenti di manifestazioni molto personali che sem- brano diverse da pitture o sculture perché sono ammassi di lamiere o ferrivecchi, tele bianche o pannelli colorati casualmente, fogli di macchina trovati in tipografia e poi rielaborati a mano, oggetti vari usati o rotti e accumulati assieme, mucchi di terra o fascine o tubi di luce, oggetti e cose molto varie ma sempre presentati appesi alla pa- rete della galleria d'arte come quadri o appoggiati su ba- samenti come sculture, sempre comunque pezzi unici fatti a mano personalmente dall'autore. Al limite anche il fa- moso orinatoio di Duchamp, presentato al pubblico pa- rigino nel 1917 col titolo di fontana », era l'estrazione di un pezzo unico dalla produzione in serie, grazie al punto di vista dell'autore.

I1 designer invece non si occupa di pezzi unici e non ha categorie artistiche nelle quali catalogare la sua pro- duzione. Per il designer non esistono arte pura e arte applicata. Qualunque problema, sia che si tratti di pro- gettare un bicchiere o un edificio residenziale, ha la stessa importanza. I1 designer non ha una visione personale del mondo, nel senso artistico, ma ha un metodo per affron- tare i vari problemi di progettazione. Di conseguenza non ha delle formule artistiche da applicare, delle forme pre- ferite, già pronte, per modellare i suoi oggetti; questo, casomai, è il modo di operare degli stilisti i quali in un periodo recente hanno dato vita a tutta una famiglia di forme aerodinamiche, hanno creato la moda aerodinamica per cui tutti gli oggetti diventarono aerodinamici anche

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- una poltrona che di solito sta ferma. In quel periodo vidi a Bologna un carro funebre aerodinamico che è il

- massimo di contrasto al quale uno stilista possa aspirare. Si potrebbe ancora dire che l'artista tende a dare alla

sua opera un significato filosofico, sociale, politico, reli- gioso, morale ecc. Cioè che l'opera come tale non è altro che il supporto di un messaggio, come la carta gialla, quella tal sagoma o quel tal modo di scrivere le parole su stri- scie di carta sono il supporto di un messaggio che è nel telegramma. In altre parole, spesso l'opera d'arte figu- rativa o visiva, è il supporto di un contenuto letterario, a volte densissimo come nelle opere di quegli artisti in- genui che pensano di rivoluzionare il mondo con la pittura.

La famosa saliera in oro cesellato e smalto su base di ebano, opera di Benvenuto Cellini, per il re di Fran- cia nel 1543, non è soltanto un'opera d'arte, pezzo unico, ma è chiaro che il pretesto della funzione (con- tenere il sale) ha dato lo spunto al virtuoso artista per inventare una scultura piena di significati. Vi è infatti Nettuno col tridente che rappresenta il mare (per via

del sale); nell'altra mano Nettuno tiene una barca finemente lavorata nei particolari. In questa barca i servi del re metteranno il sale. La suddetta barca pog- gia su quattro cavalli marini che per metà sono cavalli e per metà pesci, e i cavalli marini sono immersi a metà nelle onde del mare nel' quale sguazzano ogni sorta di pesci e di altri animali marini. S'intende che l'acqua è smalto color acqua di mare. Accanto al mare, l'altra figura, femminile, rappresenta la terra: una bel- .

lissima donna ignuda (come del resto anche il signor Nettuno) che tiene in una mano il corno della dovizia e nell'altra un tempietto di ordine ionico, anche que- sto finemente lavorato. Questo tempietto è destinato a contenere il pepe.

I1 Cellini però a questo punto ci lascia nei dubbi: ci ha spiegato perché ha rappresentato Nettuno in re- lazione al sale, possiamo anche comprendere la pre- senza della terra, logicamente; ma non si capisce che relazione ci sia tra il tempietto dorico e il pepe. Dato che tutto è fatto con intenzioni allusive.

Con lo stesso spirito ha operato Salvador Dali quando ha fatto il famoso portacenere per le linee aeree, Air-India. Gli era stato chiesto di creare qual- cosa di diverso e lui ha disegnato questo posacenere il cui motivo centrale è rappresentato da teste di ele- fante in stile surrealista. L'elefante e l'India hanno lo stesso rapporto celliniano Nettuno-mare-sale. Ma, oh! sorpresa! : capovolgendo il portacenere le teste di ele- fante diventano dei cigni. Provare per credere! e tutti rovesciano il portacenere e sporcano i tappeti.

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Gli oggetti progettati dai designers non hanno alcun significato al di fuori delle funzioni che devono svolgere. Sono quello che sono e non sono il supporto di un mes- saggio (anche se un messaggio esiste nella socialità della operazione del designer).

Inoltre l'artista non sa se il messaggio che mette nel- le sue opere venga ricevuto dal pubblico, mentre il de- signer si deve preoccupare che il suo oggetto venga ca- pito per poter essere usato.

La Gioconda di Leonardo, come arte pura. Riproduzione della Gioconda come arte ap- plicata.

IL DESIGNER E L'INDUSTRIA

Se volete far sorridere un industriale dovete parlar- gli di estetica. Lo vedrete subito abbandonare l'espressione seria e decisa, tipica della sua classe, e aprirsi in un dolce sorriso, quello stesso sorriso che ha quando vede i nipotini correre verso di lui. Questo abbandono gli dà una espressione più umana ed è disposto così ad ascol- tare (per poco tempo, si capisce) le idee di questo nuovo e strano tipo che è il designer. Squilla il telefono e un amico gli comunica che il suo concorrente ha messo oggi in commercio un nuovo prodotto, più << bello D, che sta conquistando il mercato. L'industriale riprende il discorso con il designer e viene a sapere che certi prodotti hanno conquistato i mercati proprio per ragioni estetiche. Si parla sempre di quella estetica della logica che conduce la progettazione alle forme spontanee e non a forme di moda, tipiche degli stilisti, forme che possono essere facilmente superate da altre.

Una grande industria tedesca, la Braun, ha affidato, da qualche anno, la progettazione dei suoi prodotti che sono giradischi, radio, rasoi, e simili, a veri designers della Scuola di Ulm. Questi prodotti, progettati secondo l'este- tica della logica, hanno conquistato rapidamente i mer- cati e, non essendo progettati con idee artistiche precon- cette, sono ancora oggi, e lo saranno per molto tempo, in prima linea sul mercato.

In questo tipo di progettazione il designer inizia il suo lavoro in parallelo con l'ingegnere progettista del- l'oggetto dal lato tecnico, e lo conduce alla sua forma essenziale. Solo così l'oggetto finito viene ad assumere quella forma logica che si comunica immediatamente a1 consumatore come una funzione ben definita, per cui, proprio al momento dell'acquisto, quando il consumatore si trova di fronte all'oggetto che vuol comprare e deve decidersi, la forma dell'oggetto, come un messaggio visivo, aiuta la sua scelta.

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I1 designer lavora in gruppo.

liano, ormai famoso nel mondo, la situazione è stata ro- vesciata e l'industria italiana dei mobili esporta in tutto il mondo. L'intervento del designer può quindi rovesciare un mercato. I1 design può allargare un mercato inven- tando nuovi oggetti per nuovi bisogni reali (al contrario di come si fa negli Stati Uniti, per esempio, dove si in- ventano dei bisogni per poi vendere dei prodotti). Se pardiamo i paesi più vicini, vediamo che la gente ha molti interessi di vario genere e che quindi non è neces- sario inventare dei bisogni quando ce ne sono già tanti da soddisfare. In questo caso il designer può contribuire a creare l'oggetto giusto al prezzo giusto per un' bisogno vero.

CULTURA TRADIZIONE AVANGUARDIA RICERCA

È un errore invece, da parte dell'industriale, chiamare il designer quando la progettazione tecnica è già avanzata e chiedergli di realizzare una carrozzeria alla parte mecca- nica già compiuta. La creatività del designer può, se usata tempestivamente, proporre di modificare, quando è possibile, la sistemazione dei meccanismi allo scopo di ren- dere più logica e più evidente la forma finale. Molte pro- duzioni vengono fatte in un certo modo perché sono sem- pre state fatte cosi, mentre una mente creativa, estranea all'ambiente, può talvolta portare dei contributi decisivi, addirittura tali da arrivare a brevetti industriali.

C'è stata, in un recente passato, la moda dei mobili svedesi; molta gente aveva in casa questi mobili e l'in- dustria svedese vendeva da noi i suoi mobili facendo con- correnza alle. industrie italiane. Oggi, grazie al design ita-

L'artista ha una cultura classica, sia che gli sia stata inculcata all'Accademia di Belle Arti, sia che se la sia formata come autodidatta; in un secondo tempo può an- che aver rinnegato questa cultura classica ed essersi av- venturato per le vie delle avanguardie artistiche.

Se consideriamo l'artista tradizionalista sappiamo che questi userà le regole accademiche della composizione, la sezione aurea, certe famiglie di colori ricavati da forme artistiche di una precisa epoca, userà la formula dell'im- pasto dei colori come Mantegna (impastando i colori in polvere con l'uovo come legante), o quella dell'affresco eccetera. Se consideriamo l'artista innovatore, questi userà colori acrilici, inventerà altre regole antiaccademiche, che inevitabilmente diventeranno nuove accademie.

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I1 tutto avviene mentre il pubblico, compresa l'élite e la borghesia, avrà avuto, grazie all'insegnamento sco- lastico, una cultura classica bloccata ai primi impres- sionisti (dopo i quali non è successo più nulla!) e si sarà formato, per conto suo, da autodidatta, una solida cultura disneyana. Nasce cosi l'incomprensione tra ar- tista e pubblico.

Una tradizione malintesa, infatti, è la causa di questa situazione. Oualunaue dizionario ci dice che la tradizione è la sommi delleA regole, degli usi, delle innovazioni, raccolte durante la vita dell'uomo e trasmesse di genera- zione in generazione. Nella tradizione vi sono regole che scadono e regole che nascono. La tradizione è viva quando il suo apporto si rinnova continuamente. Ripe- tere un momento passato della tradizione non è operare secondo tradizione. La tradizione si fa ogni giorno. Ci sono quindi artisti che ripetono momenti morti della tra- dizione e artisti che fanno la tradizione ogni giorno. Una cultura statica non fa capire questi fatti, per cui i buoni borghesi rifiutarono Renoir e Cézanne a vantaggio di artisti pompieri tipo Stefano Ussi o Ary Scheffer (artisti pagati a peso d'oro dalla borghesia di allora, e oggi sco- nosciuti). Modigliani non lo voleva nessuno; quadri di Van Gogh vennero usati per chiudere uno squarcio in un pollaio, mentre oggi la stessa élite che li respingeva ha pagato 842 milioni per il quadro dello stesso autore Cipressi e albero in fiore. Bisogna dire però, onestamente, che questo tipo di élite paga caro i suoi errori: quello che poteva avere (se lo avesse visto a suo tempo, grazie a una cultura viva) per poco, lo paga poi cifre esagerate.

Pare che il buon borghese desideri molto essere imbrogliato, anzi si potrebbe dire che si comporta in modo da provocare questa situazione: se gli si pro- pone un affare onesto, non ottenuto attraverso corni- zioni o nepotismi, sospetta subito che ci sia sotto qual- cosa di losco, qualche altra situazione che lui non riesce ancora a capire. Poiché egli ritiene con assoluta fermezza che nella nostra epoca non vale la pena di essere onesti, anzi è da stupidi anche solo mostrarsi

in queste vesti, mentre il furbo è tenuto in molto rispetto; ecco che vengono favoriti certi commerci ba- sati su merci false ma vendute ad altissimo prezzo.

Non conosco bene gli altri popoli, ma mi pare che specialmente noi italiani siamo furbi. Siamo intelligenti ma soprattutto furbi. Sappiamo risolvere molti pro- blemi con soluzioni impreviste, e questa è intelligenza, ma soprattutto siamo furbi. Naturalmente non mi ri- ferisco a tutti gli italiani; ce ne sono anche di seri o onesti, gente che non vuole fare il furbo ad ogni costo e tra questi, naturalmente (è un atto di fur- bizia), c'è il lettore di questo testo. Tutti sono furbi meno lui, « esclusi i presenti D, come si usa dire nei salotti.

L'individuo furbo ha diviso la gente in due cate- gorie: una è lui, l'altra sono « gli altri », gente da « fregare ». Perché il furbo tende a dominare la si- tuazione imbrogliando gli altri prima di essere a sua volta imbrogliato. Ed ecco tutta una produzione indu- striale di oggetti, macchine, riviste settimanali, prodotti alimentari ecc. che sfruttano l'ignoranza degli altri. Invece di aiutare gli altri a capire, si cerca di mante- nerli nella loro ignoranza per poterli sfruttare. Ognuno vuol far denaro, il più possibile, alle spalle degli altri; ognuno vuol trarre vantaggi di qualunque tipo sfmt- tando gli altri. Ma anche noi siamo « gli altri D, e siamo bersaglio di qualche furbo che ci vuol sfruttare.

È così che un popolo di furbi diventa un popolo di fregati, di sfruttati, di imbrogliati. È chiaro che vince chi frega prima, ma è un giro vizioso al quale non si può sfuggire.

Gli artisti hanno quindi una loro cultura con le rela- tive conseguenze, che nascono dall'urto tra l'intuizione artistica e l'ottusità scolastica di un certo pubblico che, potenzialmente, potrebbe essere il pubblico per l'arte.

I1 designer non può operare se non ha una cultura viva, interdisciplinare, fatta di conoscenza di esperienze antiche ma ancor valide, di conoscenze attuali sui rap- porti psicologici tra progettista e fruitore, di conoscenze tecnologiche attuali, di ogni esperienza usabile oggi. Una somma di valori oggettivi, trasmissibili ad altri operatori.

Per il designer non ha senso una cultura solamente classica ed egli rifiuta decisamente la cultura disneyana.

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Una cultura di tipo letterario ci spiega il famoso quadro di Raffaello raccontandoci la storia dell'awenimento, come se il quadro ne fosse una illustrazione, sia pure ad alto livello artistico. Una cultura moderna di tipo visuale, ci ri- vela anche il perché questa opera non è una semplice illustrazione ma è un'opera d'arte della sua epoca. Uno studioso come Ernst Mosse1 ce ne mo- stra la ricostruzione probabile (o parziale) delle strutture armoniche che concorrono a determinare l'equilibrio artistico del quaho.

Questa sequenza di quattro paia di imma- gini stereoscopiche (tratte da un film speri- mentale di A. M. Noll, fatto con calcolatori elettronici) mostra quattro momenti della rotazione nelio spazio di un ipercubo. Se per un artista di tipo tradizionale, la conoscenza della << sezione aurea », come mi- sura armonica per la strutturazione di un'opera d'arte, era utile al suo lavoro;, oggi altre conoscenze come queste sono utili al visual designer poiché nelia nostra epoca le informazioni sono a più dimensioni.

Tutte le esperienze che il designer fa, le sperimentazioni sulle materie e sugli strumenti di oggi, in*modo da avere dei dati per usare la materia giusta con il mezzo più appropriato allo scopo di produrre oggetti per tutti che siano capiti e che funzionino realmente per un bisogno effettivo e non inventato, fanno parte della tradizione che si crea di giorno in giorno. I1 designer lascerà cer- tamente una traccia del suo tempo, proprio grazie a questa operazione di conoscenza dei mezzi e dei bisogni della sua epoca. Gli operatori visuali o plastici, i progettisti di domani, troveranno qualcosa che abbia un valore og- gettivo anche per loro; molte esperienze scadranno da sole, altre tecniche verranno abbandonate: è così che si rinnova continuamente questa somma di esperienze trasmissibili che è la tradizione.

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I SEGRETI DEL MESTIERE

La cera punica era cera gialla esposta per molto tempo al sole, poi bollita con acqua di alto mare con aggiunta di nitro e soda come solventi. Si brucia della carta di papiro egiziano e si ottiene una polvere nera che si me- scola alla cera punica. Con la radice della lingua di bue si può ottenere un rosso, e un azzurro di smalto era un altro colore assieme al caput mortai, al bolo armeno che serviva per fare le carni. Il cinabro naturale si mescola con l'uovo, la lacca di Robbia, I'armenium, la terra na- turale color fegato, il porpora ottenuto con l'acido nitrico sull'acido urico, vanno bene con il melino. Per ottenere il cremisi si prepara di sotto il blu e sopra si stende la porpora, con olio, colla, cera punica, gomma arabica tragante d'Egitto, colla estratta dalle mandorle e dal latte di fico. Altra colla era ottenuta dai genitali di animali. A tutto si aggiunga un poco di aceto per conservare a lungo la miscela.

Ogni artista ha i suoi segreti del mestiere, formule chimiche e magiche elaborate a lungo nel segreto del laboratorio privato del Maestro. In gran parte relative a tecniche per far- durare maggiormente un affresco o un dipinto. Altre tecniche sono rimaste segrete fino agli ul- timi giorni di vita del Maestro e poi rivelate ai posteri da qualche discepolo.

I1 designer non ha segreti del mestiere, direi che se anche volesse averne, non potrebbe per molte ragioni: prima di tutto perché lavora in gruppo e le esperienze sono collettive per cui al momento che si fanno tutti ne sono al corrente. Esiste nel campo del design un set- tore particolare che si chiama « pre-design » e il quale consiste in una attività, di gruppo, o .anche personale, a seconda dei casi, nella quale vengono compiute ricerche su materiali o su tecniche per meglio conoscere questi due aspetti della progettazione. I risultati di queste ri- cerche vengono poi divulgati su riviste anche non spe- cializzate. Alcuni aspetti di queste ricerche hanno un

Immagine ottenuta da una foto di automo- bile, mossa sul vetro di riproduzione della Rank Xerox.

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valore informativo per il pubblico il quale può rendersi conto delle effettive qualità di una materia e di come debba venire usata in condizioni ottimali. I1 risultato di queste sperimentazioni può anche essere oggetto di una esposizione, proprio per far conoscere ad un maggior numero di persone, e non solo agli addetti ai lavori, le forme naturali, per esempio, che si possono ottenere da un dato materiale; forme in cui la struttura interna del materiale usato compie uno sforzo omogeneo e non è for- zata come in molti altri casi. Tutti sanno che l'uovo ha un guscio che, pur essendo sottilissimo, è robustissimo:

Immagine di movimento ottenuta modifican- do una fotografia statica di motociclisti, at- traverso uno strumento normalmente usato per riprodurre documenti. In questo caso lo strumento è una Rank Xerox. L'imniagine statica è stata mossa durante i cinque se- condi di lettura per la riproduzione. La Rank Xerox ha pubblicato e distribuito gratuita- mente un fascicolo con tutte le spiegazioni di come si ottengono questi effetti.

questa è una forma naturale, spontanea e molte cupole sono costruite in cemento sottile ma con una curvatura tale che, come accade per l'uovo, le irrobustisce. Un uovo cubico sarebbe più fragile, senza pensare alla povera gal- lina che lo dovrebbe fare. I1 designer divulga qualunque tipo di risultato di sperimentazione, non solo sui mate-

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La foto originale del motocicIiSta, usata per ottenere l'effetto Xerox.

riali ma anche sugli strumenti di cui si è servito. Se un designer scopre che con un certo strumento può fare qualcosa di utile e insieme di estetico, in modo più ra- pido ed economico, mette a punto la sua sperimenta- zione e la fa conoscere. Uno di questi esperimenti ha rivelato le possibilità di comunicazione visiva di una macchina fatta per riprodurre documenti (la Rank Xerox), usata in modo diverso dal consueto. Tutta la documen- tazione necessaria a divulgare quello che poteva restare un « segreto di mestiere » è stata offerta gratuitamente al pubblico dei visitatori della ultima Biennale di Venezia. Con questo strumento un designer grafico può, pratica- mente, vedere subito concretizzato quello che pensa: ogni sua idea, nei limiti dello strumento, si realizza in cinque secondi. Infatti la macchina che era stata inventata per fare passivamente delle copie, sia pure perfette, da oggi è anche uno strumento che semplifica l'atto creativo di un disegnatore o di un grafico.

LO STILE PERSONALE

Ogni artista ha il suo stile personale. Questo aspetto dell'espressione artistica permetteva, .nel passato, di di- stinguere le opere di un artista, di una scuola, di un'epoca, dalle altre; oggi nel campo delle ricerche artistiche il problema dello stile personale non esiste, non esiste a priori come problema da porsi all'atto dell'operare. Esiste invece nel campo dell'arte commerciale, nel caso di opere di pittura o scultura, sempre fatte a mano in pezzi unici, prodotte dall'artista proprio per il commercio delle opere d'arte. E si sa come questo commercio oggi sia fiorente grazie all'abilità dei mercanti e alla poca competenza di gran parte dei collezionisti che credono di comperare opere di arte pura.

Quando uno di questi artisti commerciali di oggi, preoccupato di non farsi sorpassare da altri, vuole essere aggiornato e vuole anche fare del design (parola magica e preoccupante, ma di moda), lo fa sempre nel suo stile personale e fa opera di stilista e non di designer. Infatti, come gli stilisti, egli antepone al progetto delle forme preesistenti nel suo stile personale: se ha scelto una forma geometrica come caratteristica sua, mettiamo una sfera, egli farà una poltrona sferica (si comincia sempre con le poltrone), una lampada sferica, una carrozzeria d'auto sfe- rica, un vaso per fiori sferico, un palazzo sferico ecc. Se invece 1'ar.tista non ha scelto una forma per caratteriz- zare la sua produzione, ma un segno, supponiamo un asterisco, egli metterà questo segno addosso a qualunque cosa, senza preoccuparsi della forma (che non fa parte del suo stile) e farà un asterisco di vetro come vaso da fiori, una serie di asterischi a molti colori come decora- zione per un tessuto, farà un asterisco su di una piastrella per pavimenti, farà un asterisco di acciaio alto venti metri come monumento agli scrittori di guerra, farà un aste- risco di materia plastica come multiplo. Tutto ciò perché in precedenza la sua notorietà stava nel fatto di aver di- pinto (acrilico su tela) un grande asterisco (oggi al Mu-

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e una scultura di marmo nero rappresentante una lia di asterischi, padre, madre e bambino, intitolata: nità.

La nostra « età dell'ansia » è in gran parte frutto del tentativo di svolgere il lavoro di oggi con gli stru- menti e i concetti di ieri.

Quando un designer deve progettare qual- cosa non lo fa nel suo stile (che non ha). Questo è un letto per neonati, pieghevole e trasportabile, di cartone leggero; può servire per far dormire un neonato su un prato senza che prenda l'umidità della terra. E prodotto in serie, costa molto poco e tutti lo possono comperare. Quando è sciupato si butta via.

I1 designer. contrariamente all'artista e allo stilista. " r

non ha uno stile suo personale col quale risolvere for- malmente aualunaue ~roblema. La ~roduzione di un vero

Quando l'artista progetta un oggetto a fun- zione pratica come per esempio questo letto, si preoccupa soprattutto di costruire qual- cosa nel suo stile personale con tutta la fan- tasia possibile. Thomas Simpson è i'autore di questo letto che è stato esposto in un museo di New York. Si tratta però sempre di un pezzo unico fatto a mano, dipinto con colori acrilici su struttura di legno. Un ama- tore d'arte sarà disposto a pagar caro que- sto straordinario pezzo unico.

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designer non ha elementi estetici particolari che carat- terizzino ciò che progetta, egli può produrre una lampada sferica o cubica o tubolare, ma il suo primo scopo è che faccia luce e che abbia un giusto prezzo in relazione al materiale di cui è composto. Egli può occuparsi di produzioni molto diverse come funzioni, materiali e tecniche, proprio perché non ha uno stile suo, ma le forme che verranno fuori saranno il risultato di una so- luzione ottimale di ogni elemento che concorre a formare l'oggetto.

I l vero designer può progettare un mobile, un giocat- tolo, una struttura metallica, può occuparsi di un pro- blema di illuminazione o altro, tutti diversi tra loro, non perché sia un genio, ma perché ha un metodo di proget-

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tazione che lo conduce a soluzioni logiche ed anche este- tiche tutte diverse, secondo i materiali, le tecniche e le funzioni.

Si potrebbe quindi affermare che di fronte a un pro- blema di progettazione di un oggetto d'uso, l'artista co- mincia subito a disegnare, secondo il suo stile, una forma entro la quale dovranno essere costrette tutte le funzioni, e farà il possibile per costringere le eventuali difficoltà tecniche o materiche alla sua forma personale. I1 designer, invece, al momento di iniziare il suo progetto, non sa ancora che forma avrà la cosa che sta progettando, finché questa non verrà delineandosi man mano che le varie spe- rimentazioni e soluzioni particolari relative alle materie più adatte allo scopo da raggiungere e alle tecniche più giuste al fine di ottenere il massimo effetto col minimo costo mostreranno le loro caratteristiche formali. Non uno stile personale quindi, ma un metodo che dà molte forme, ognuna valida secondo le sue funzioni.

Sarà, caso mai, una vera indagine critica, ad opere compiute, che potrà troyare qualche costante caratteriz- zante nell'opera di un designer. Costante che potrà anche essere considerata uno stile, un modo di offrontare i problemi e di risolverli anche usando un metodo ogget- tivo. Resta pur sempre il fatto che un vero designer non si preoccupa dello stile.

Una sedia in stile costruttivista, disegnata da Marce1 Breuer nel 1922 secondo le caratte- ristiche formali di quel periodo di cui il più noto esponente è Mondrian. Questa se- dia è ancora opera di artista che cerca di applicare in un oggetto pratico le forme nate secondo uno stile.

La ricerca oggettiva si compie con la spersonalizza- zione dell'indagine. I1 ricercatore non deve tendere a concludere una ricerca nel modo che soggettivamente gli piacerebbe che fosse, come risuItato.

Un quadro di Mondrian del periodo 1922-25.

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La famosa poltrona Wassily disegnata dallo stesso Marce1 Breuer nel 1925, liberato da problemi di stile e di arte applicata. Sparita la preoccupazione di fare un oggetto in stile, Breuer si propone di progettare un oggetto tecnologicamente più moderno della allora dominante poltrona Frau. I1 telaio è di ferro cromato e le strisce sono di cuoio, chi si siede appoggia solo sul cuoio e non tocca le parti metalliche. L'elasticità è data dalla struttura metallica e dal cuoio stesso, invece che da molle e imbottiture. Questa poltrona valida in quanto oggetto che svolge bene le sue funzioni, ha una sua bellezza che non deriva da nessuno stile e come tale è ancora oggi in uso.

IL DIVISMO

Certi artisti dotati di bravura accademica e con molte relazioni sociali, possono avere in breve tempo una grande fama. Ma se la loro arte non ha valori che resistano nel tempo, la loro fama cade nella di- menticanza generale. Artisti famosissimi in certi pe- riodi, sono oggi degli sconosciuti.

Se fosse ancora vivo oggi, il pittore olandese Ary Scheffer sarebbe l'uomo più triste e umiliato. Oggi nes- suno lo conosce, la sua Arte Somma non ha lasciato al- cuna traccia nella storia dell'arte, ma ai suoi tempi egli era un Divo; tutta la nobiltà e la cultura della sua epoca lo portarono alle stelle. « In confronto a lui, Raffaello è un volgare materialista! » scrisse il conte polacco Kra- sinsky. Ma andiamo per ordine.

Artista precocissimo, Ary Scheffer espone a 12 anni ad Amsterdam, un quadro che fa sensazione. Nel 1812 debutta a Parigi, al Salon; ha un grandissimo successo con quadri dipinti in modo verista, perfetto, dove il pub- blico può scoprire anche i particolari più minuti. Quadri pieni di significato, di quel significato tanto « umano » che piaceva al gran pubblico di una volta. Ecco alcuni soggetti: La vedova del soldato e (capolavoro dei capo- lavori, opera di un Dio, non di un artista) Gli orfani sulla tomba della madre. - Queste sono le pitture che vuole la gente! - Finalmente un artista che dipinge col cuore! - Roba da vecchia portineria! - L'élite educata culturalmente non accetterà mai que- sta roba sentimentale sdolcinata! - Altro che l'arte fatta col cervello o col fegato! - Mamma! che Arte!

Dopo i primi successi esce una grande monografia su Ary Scheffer: aumenta il successo, aumenta la richiesta, gli amatori devono mettersi in coda e accettare quello che l'Artista vuole. I prezzi salgono alle stelle. I1 conte di

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Famosa opera di Ary Scheffer, grondante tan- to sentimento. I1 titolo di questo dipinto è: Agostino con la madre Monica. È l'ultimo quadro esposto al Salon, nel 1846. In seguito al gran numero di richieste, nell'atelier del- l'artista se ne fecero molte copie. L'originale fu acquistato dalla regina Maria Amelia.

Ellesmere pagò (nel 1856) 1100 ghinee per una copia. I1 re del Belgio, la regina Vittoria d'Inghilterra, la re-

gina di Francia, il banchiere Achille Fould, il re delle ferrovie Péreire, Madame de Rothschild, tutta l'alta ari- stocrazia (altro che le vecchie portinaie!) si contendono le sue obere.

~i~ Scheffer è ormai il Divo della sua epoca; possiede ville e cavalli, ha un atelier nel quale i suoi lavoranti eseguono copie dei suoi quadri, per l'élite. I1 Museo del Louvre compera originali, copie e stampe litografiche. I più poveri vogliono almeno una sua litografia da mettere in camera da letto. Ma ecco che sul più bello della festa, un giovanotto di nome Charles Baudelaire, si permette di scrivere che il signor Ary Scheffer è il pittore delle si- gnore estetizzanti che fanno della musica religiosa per vendicarsi di certi loro flussi.

Oggi. non riesco nemmeno a trovare una ri~roduzione di capolavori per farvela vedere. ~ i ~ r i d u r r ò dal libro di Giedion Breviario di architettura alcune ~iccole illustrazioni che forse sono sufficienti per mostrare il ge- nere di arte di Scheffer.

I1 fenomeno del divismo è un pericolo sempre pre- sente per il designer. Benché questi si preoccupi di pro- gettare delle cose giuste per dei bisogni veri della gente (certamente, anche dei WC), ecco che quel tipo di élite che comperava i quadri di Scheffer oggi è ancora pre- sente, e disposta a pagare qualunque prezzo per avere un WC firmato da un noto designer. E l'industria, che bada soprattutto al denaro, è così stupida da non appro- fittare di auesta occasione Der incassare di oiù. Der farsi

L , L

pagare mifie quello che vale cento? Se la gente vuole un WC firmato, lo paghi! E anche in questo caso si paga la firma. Ecco quindi un caso in cui il designer fa la figura del moralista ingenuo che vuole offrire un vero servizio al prossimo quando il prossimo non lo vuole.

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PURA ARTE COMMERCIALE

Intorno agli anni trenta si aprì, a Milano, davanti al- l'Accademia di Belle Arti di Brera, una piccola galleria che ha avuto una grande importanza culturale perché faceva conoscere, in quei tempi oscuri, quelli che oggi sono considerati i grandi maestri dell'arte moderna. Tutti i giovani artisti di allora facevano centro in questa gal- leria per poter conoscere e studiare Kandinsky, Klee, Mon- drian e altri artisti d'avanguardia. Quei fortunati veri collezionisti, che hanno avuto modo di acquistare per poche migliaia di lire delle opere che oggi valgono mi- lioni, erano troppo pochi per poter sostenere le spese di una galleria e così dopo qualche anno essa ha dovuto cambiare merce e sostituire, lentamente ma inesorabil- mente, alle vere opere d'arte di ricerca, delle opere d'arte commerciale che, naturalmente, invece di formare il gusto del pubblico lo seguivano nei suoi capricci.

Tra le varie forme d'arte; arte di ricerca, arte di Stato, hobby, e via dicendo, c'è anche, fiorentissima, un'arte commerciale. Un tipo di pittura e scultura fatte apposta per il commercio dell'arte. Vediamo come funziona. Un fatto commerciale si verifica ogni volta che si stabilisce di produrre una certa merce e di venderla a un certo pubblico. Una volta i mercanti andavano a scoprire gli artisti, oggi un artista si può anche inventare. Secondo le regole commerciali il prodotto da vendere deve avere certe caratteristiche costanti, qualunque sia il prodotto: una marmellata deve avere sempre quel sapore, un cantante deve avere quelle particolari ca- ratteristiche musicali, un quadro o una scultura devono avere sempre quello stile e quella materia. Un quadro commerciale dipinto sulla cartavetrata deve continuare ad essere prodotto in quel modo altrimenti il pubblico non lo riconosce. Se la prima scultura della serie è di simi- loro, tutte le altre dovranno essere di similoro. L'ele- mento caratterizzante può essere un segno, un colore, una

materia, ma deve essere ripetuto fino alla morte dell'au- tore. Questo facilita molto le vendite e permette anche al più ottuso dei collezionisti di riconoscere un autore e di sentirsi competente.

Definito il tipo di merce artistica 'da vendere, il mer- cante e l'artista stendono un vero contratto nel quale si stabilisce che tutta la produzione di questo artista sarà riservata a questo mercante. Che l'artista non può vendere per conto suo le sue opere, che deve fornire un minimo di opere all'anno. Che non può fare le stesse opere per nessun altro. Che si impegna a non cambiare stile, né materia, né qualunque segno che caratterizzi la sua produzione, finché è legato al mercante da quel con- tratto.

I1 mercante, da parte sua, si impegna a organizzare la vendita di questa particolare produzione. Organizza una serie di mostre. Si occupa della pubblicità e degli stampati (depliants, inviti, cataloghi, monografie ecc.). Paga i critici d'arte per la loro collaborazione. Paga le ri- viste per la pubblicazione « redazionale » di articoli o no- tizie relativi all'oggetto del suo mercato. Va detto qui che tutto funziona perché, ad esempio, il lettore di una rivista ignora se quello che legge è pagato dalla pubblicità oppure è una vera informazione giornalistica culturalmente valida. Organizza premi, incontri, coktails e paga i fotografi per i servizi da pubblicare sulla stampa.

Come vedete il mercante affronta molte spese ed è giusto che ,si trattenga una percentuale sulle vendite delle opere d'arte, percentuale che va fino al 70, 75 per cento sul prezzo di vendita. All'artista, autore delle opere, spetta il 30, 25 per cento. Le prime opere, vendute con grandi sconti, senza mai abbassare .il prezzo, vengono situate in importanti gallerie e musei (dono del mecenate X) e il gioco è fatto. S'intende che le opere devono essere pre- feribilmente di grandi dimensioni, olio su tela, tollerati i colori acrilici perché hanno un bel nome moderno, scul- ture in bronzo o marmo.

Come vedete i problemi di ricerca estetica o altro, passano molto in secondo piano. Effettivamente un vero

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artista dovrebbe rifiutarsi di dipingere per tutta la vita sempre la stessa cosa con variazioni minime consentite dalla incompetenza dei suoi clienti. Invece sono proprio

. questi artisti commerciali che disprezzano i designers perché, dicono, che i designers lavorano per l'industria e non per l'arte.

L'immagine che lo faceva riconoscere in mezzo agli altri artisti, era una pera vicino a una bottiglia. Altri artisti potevano concedersi la libertà di caratterizzare la propria arte con forme astratte, ma lui aveva una clientela il cui livello culturale-artistico poteva am- mettere solo pere e bottiglie, secondo la tradizione (pere a sinistra e bottiglie a destra), senza tante stra- nezze.

Quando, verso il 1951, il nostro artista osò, con un gesto rivoluzionario, mettere la pera a destra, ebbe molte critiche che gli sconvolsero l'ispirazione. Solo nel 1955, dopo un periodo di ritorni e pentimenti, con una decisione improwisa, continuò a dipingere pere a destra. I collezionisti protestarono vivacemente,

i critici non gli rivolsero più la parola, né orale né scritta. I1 suo fiorente mercato era ormai definitiva- mente chiuso.

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Che cosa vuole il pubblico dagli artisti? Foto Ada Ardessi Figure? paesaggi? vasi di fiori? scugnizzi napoletani? quadri astratti? E come li vuo- le: grandi? medi? piccoli? A queste do- mande ha risposto un elaboratore elettronico e oggi un grande mercante francese, protetto dalle autorità, dal Museo d'arte moderna di Parigi, dal Centro commerciale e dal mini- stro degli Affari Culturali (?), ha già co- minciato ad esportare pitture e sculture in grande quantità e con successo. La prima mostra all'estero ha già venduto 1024 opere in sei giorni. Si progetta di allargare il mer- cato a tutto il mondo. Ci sono ancora molti artisti italiani che van- no a lavorare a Parigi, capitale deli'Arte nel mondo.

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Al pubblico piacciono le storie semplici, come questa di Favretto, intitolata Il sorcio. E come è facile da riconoscere (poiché il pubblico, di solito, vuol riconoscere e non conoscere qualcosa di nuovo); chi non ha avuto infatti un piccolo e debole nemico in casa come il sorcio? e chi non ha visto l'Ade- laide con le sue amiche arrampicarsi sopra una sedia con la scopa in mano? Tutto vero, proprio come era accaduto a noi.

La pittura è arte amena Che ritrova il suo diletto Nel fissar la rosa in petto Alla Dea della Beltà Debitori ad essa siamo Pei ritratti degli Eroi Che per dar l'esempio a noi Sulla tela trasportò

I ritratti di Boldini piacevano molto alle signore, e piacciono ancora oggi, poiché le signore trovano in essi tutta la loro femmi- nilità e la loro eleganza. Difficilmente una donna accetta un ritratto brutto anche se psicologicamente perfetto.

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Al pubblico piacciono le opere d'arte forte- mente espressive, ma in modo comprensibile. Lo spettatore si immedesima nell'opera mo- dificando il suo viso nella stessa espressione e dice: perdio che artista! Ritratto, di Stefano Ussi, particolare.

Al pubblico piace Il bacio di Hayez, perché quella seta sembra di poterla toccare. È sem- pre un mistero per il pubblico come avrà fatto l'artista a ottenere questo straor- dinario effetto. Io non ne sarei capace.

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QUADRI FALSI E MULTIPLI VERI

Nelle collezioni americane esistono cinquemila quadri di Corot, mentre questo pittore ne ha dipinto meno della metà. Come è possibile distinguere i falsi dai veri? I1 Mellon Institute ha messo a punto un metodo scientifico basato sul rilevamento della quantità di carboni0 14, radioattivo, depositatosi sul dipinto al momento in cui è stato terminato. Così dovrebbe essere possibile almeno distinguere i falsi dipinti dopo la morte del pittore, ma resterebbero ancora in circolazione i falsi, dipinti mentre Corot era ancora in vita.

« Non ci sarebbero falsari se non ci fossero falsi in- tenditori d'arte » scrisse Domergue. Oggi specialmente i falsi intenditori d'arte sono in costante aumento e ben pochi comperano ancora per amore dell'arte (come ebbe a dire in un incontro sul problema dei quadri falsi, il presidente del sindacato nazionale mercanti d'arte mo- derna), oggi si compera Arte per investire del denaro.

Si sa che i falsari falsificano sempre quegli oggetti che hanno un valore forzatamente elevato rispetto alla materia e alla tecnica con le quali sono fatti. Di solito si falsificano oggetti fatti a mano: quadri, sculture, mobili antichi. monete.

Le opere del designer che hanno un prezzo secondo il valore e la funzione reale, non hanno falsificatori. Farebbe ridere un falsario che venisse a propormi di comperare un falso Breuer. Un'altra ragione per cui non esistono falsi nel design è che le opere del designer non sono pezzi unici. E il fatto della unicità e irripetibilità dell'opera d'arte, favo- risce il lavoro dei falsari. direi che li invita. li sfida. li provoca. Che cosa ci vuole a falsificare un quadro mo- derno? Un falsario confessò a un giornalista che lui poteva produrre un De Pisis in tre ore e un Dalì in dieci giorni. Inoltre la unicità e irripetibilità di un'opera non sono la garanzia che l'opera sia un fatto artistico: altre cose escono dall'uomo uniche e irripetibili eppure non sono opere d'arte.

Ammiratori d'Arte davanti a un Grande Capolavoro di pittura antica, esposto al Mu- seo Nazionale di ...

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All'improvviso si scopre che il Grande Ca- polavoro è opera di un Abile Falsario.

È più difficile falsificare un quadro moltc elaborato o un semplice « scarabocchio » d Klee? Qualche volta il quadro pieno d particolari, che rivelano come l'artista abbi; lavorato molto (al pubblico piace che si noti il lavoro dell'artista); è solo fatto di molta pazienza. Mentre il disegno di Klee è solo fatto di sensibilità. Per falsificare un disegno di Klee occorre mettersi nello stato d'animo dell'autore. È come avviene per certi dipinti giapponesi dove si vede solo una foglia di bambù, meditata per anni, di- pinta in un attimo. I1 disegno di Klee, qui riprodotto, è falso.

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Ma nel campo dell'arte esiste anche un vero mer- cato di falsi artisti. Sempre basandosi sulla incompetenza di molti collezionisti speculatori, l'astuto mercante in- venta un artista, inventa una firma, la lancia come un qvalunque prodotto industriale e il gioco è fatto: questo tipo di collezionista avrà il suo pezzo autentico, firmato da tutte le parti, ma in questo caso è l'autore che è falso. Come si fa a distinguere questo tipo di truffa? Una buona conoscenza della recente storia dell'arte permette di selezionare nella marea della produzione i veri inno- vatori dagli imitatori. Gli innovatori sono quelli che fanno scuola, che scoprono qualcosa di oggettivamente valido che può essere usato anche da altri come veicolo di co- municazione. Gli imitatori sono tutti quelli che copiano senza aver capito i veri problemi artistici o che fanno varianti di gusto su temi recenti o che ripetono stanca- mente formule accademiche come la copia esatta del vero, tutta roba che ha fatto il suo tempo e che non ha la vitalità di una ricerca attuale legata all'ambiente e alle situazioni reali, contingenti.

Nel campo della comunicazione visiva estetica, i de- signers hanno inventato i multipli, cioè quegli oggetti portatori di nuove informazioni estetiche, prodotti indu- strialmente a basso prezzo, allo scopo di diffondere mag- giormente la conoscenza estetica anche fra quelle persone che (vedi caso) sono veri amatori d'arte ma non dispon- gono di molto denaro.

In quasi tutti i musei del mondo esistono delle riproduzioni di alcune opere d'arte esposte nel museo stesso, e sono in vendita al pubblico per un prezzo relativamente basso. Così il pubblico che ama l'arte, non potendo avere in casa sua una pittura o una scultura, pezzi unici esposti nel museo, può avere una riproduzione in scala ridotta o al vero dello stesso capolavoro tanto ammirato. Queste riproduzioni di pezzi unici non sono da considerare come multipli, anche se sono prodotte in centinaia di esemplari.

Per la stessa ragione non considererei come multipli quelle riproduzioni di una pittura o una scultura mo- derne, fatte con tecniche moderne e materiali mo- derni, proprio perché portano ancora con sé l'idea della riproduzione per i poveri di un pezzo unico fatto per i ricchi.

Non esistono falsificazioni di veri multipli, costerebbe di più fare un falso multiplo a mano e il falsario non ne avrebbe alcuna convenienza. Esistono invece falsi mul- tipli, nel senso del falso artista, ciot multipli che sono invece riproduzioni in piccolo di opere d'arte uniche, venduti, naturalmente, ad alto prezzo, altrimenti il solito compratore d'arte a scopi speculativi, non li riconosce- rebbe come opere d'arte moderna.

La presentazione a Milano del primo multi- plo cinetico con motore a orologeria, ideato per la serie nel 1945, e prodotto nel 1963 da Danese: Ora X.

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Presentazione alla Televisione Svizzera dei multipli cinetici di Borsani, Colombo, De Vecchi, Varisco.

I multipli sono oggetti a due o più dimensioni, progettati appunto per essere riprodotti in molti esem- plari, allo scopo di comunicare un messaggio estetico ad un pubblico vasto e indifferenziato, per via visiva. S'intende che questo messaggio di tipo estetico è in relazione al livello culturale del fruitore poiché, se la mia cultura è ancora legata all'impressionismo (sup-

oniamo), io prendo per novità, con molta fatica, fastrattismo che è venuto dopo.

Non esiste, nei multipli, il pezzo unico dal quale sono state ricavate le copie. I multipli non sono copie di un originale da collezione privata, ma ogni multiplo della serie è un esemplare uguale agli altri. L'origi- nale, il modello, la prova del prototipo viene scartato come imperfetto, perché fatto a mano artigianalmente.

I multipli sono ,quindi degli oggetti con funzione estetica, progettati per diffondere al maggior numero di persone un tipo di informazione estetica assimila- bile ,direttamente dal multiplo. al fruitore per via visiva. Essi possono essere a due, tre o più dimen-

sioni (se sono anche cinetici o topologici), e sono costruiti col materiale più adatto e con la tecnica più giusta perché possano comunicare in modo diretto il messaggio che contengono. Essi hanno anche la fun- zione di allargare la conoscenza dei problemi artistici di un certo tipo nella mente del fruitore. Spesso sono i materiali stessi che suggeriscono l'idea dell'oggetto che sarà un multiplo. Un operatore visuale o un de- signer non faranno mai un multiplo usando, per esem- pio, il perspex (tanto di moda) come se fosse legno compensato, ma lo useranno semmai per le sue pro- prietà di condurre la luce.

I1 progettista del multiplo non fa, quindi, un boz- zetto dipinto o -scolpito di una idea artistica che vuol comunicare, ma sperimenta materiali e tecniche di oggi dalle quali trae quei dati che lo stimolano a inventare un multiplo.

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Flexy è un multiplo prodotto in una serie illimitata d i esemplari tutti uguali, a un prezzo molto basso. È di acciaio inossida- bile flessibile. La forma base è un tetraedro di un metro di lato, ma può avere infinite altre forme a due o tre dimensioni. Costa cinquemila lire. La manipolazione di questo oggetto, comunica al fruitore. oer via visiva, informazioni di tipo estetico ' &mpre diverse; impossibili con altri mezzi.

Altri due degli infiniti aspetti che può assu- mere Flexy.

Multiplo a elementi magnetici, componibili in modi diversi. Autore Santi Sircana, pro- duzione Sincron.

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Multiplo trasformabile di Giorgio Scarpa. Realizzato con tubetti di alluminio e nailon, questo multiplo può passare da due a tre dimensioni mostrando continue trasforma- zioni geometriche.

Ogni lato dei tre triangoli è collegato ai ver- tici, con gli altri lati per mezzo di snodi di nailon.

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Naturalmente anche la definizione di multiplo di- venta di moda e tutti fanno multipli che sono invece riproduzioni. Abili mercanti approfittano di questa situazione per vendere a collezionisti analfabeti (nel campo dell'arte) dei falsi multipli che vengono pre- feriti a quelli veri perché costano molto di più. I falsi multipli sono quelli a tiratura molto limitata e a prezzi molto alti, prodotti proprio per un colle- zionismo di serie B. I veri multipli hanno un prezzo molto basso e tendono ad una tiratura di un numero illimitato di esemplari. Inoltre comunicano informa- zioni estetiche di nuovo tipo, legato più ad aspetti matematici o topologici della natura che si vuole esplorare che a problemi artistici relativi alle mode estetiche.

Falso multiplo. I n realtà è una riproduzione di una scultura pezzo unico, capolavoro del Grande Maestro Contemporaneo, di Pro- prietà del Famoso Collezionista. La suddetta scultura è stata riprodotta in poche copie, numerate e firmate e ogni copia costa tre- cento mila lire.

LA CRITICA D'ARTE E LE ISTRUZIONI PER L'USO

Quasi sempre l'opera dell'artista è sostenuta dalla critica d'arte. La critica si occupa di accompagnare quadri e sculture o altre forme di espressione personale, nei ca- taloghi delle mostre, nelle pagine di riviste e quotidiani, con una serie di commenti, di dati, di documentazioni, di riferimenti storici, di opinioni personali. Tutto questo dovrebbe avere la funzione di situare storicamente una attività artistica, una personalità, una ricerca. Tutto que- sto dovrebbe anche avere la funzione di spiegare, con chia- rezza, alla gente i vari problemi che si pongono gli artisti così che la gente possa capire e partecipare attivamente. Qualche volta la funzione della critica è anche quella di smascherare i falsi artisti, di riportare alle giuste misure fenomeni artistici artificialmente gonfiati, di demistifi- care certi miti, di non favorire la speculazione.

L'opera del designer, invece, non ha bisogno del so- sostegno della critica o comunque della sua funzione intesa nel modo prima accennato, salvo che nei casi di pubblicazioni specifiche per gli addetti ai lavori o di pubblicazioni di saggi sulla metodologia progettuale o didattica. Agli effetti della presentazione al pubblico degli oggetti di design, è sufficiente che siano accompagnati dalle « istruzioni per l'uso », come avviene normalmente per ogni prodotto nuovo che viene immesso nel mercato.

Nella stampa italiana (e, credo, non solo italiana), nelle riviste e nei quotidiani, di ogni categoria: da quelli di moda a quelli di caccia e pesca, dalle riviste aziendali ai bollettini parrocchiali, fiorisce una particolare falsa critica d'arte favorita dalla incompetenza di chi ha il com- pito di scegliere questo tipo di collaboratore. Per for- tuna qualche periodico ha un direttore abbastanza com- petente, ma nel maggior numero di casi, anche su quoti- diani a diffusione nazionale, si preferisce avere come cri- tico d'arte un letterato che dipinge o un cronista che da ragazzo esponeva nelle mostre rionali. Si sa che il let- terato che dipinge anche se non fa della critica vera,

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almeno scrive in modo divertente così che il lettore può anche degnarsi di leggere questa rubrica che non interessa proprio nessuno.

Questi falsi critici si riconoscono dal loro linguag- gio. Potremmo addirittura stabilirne alcune categorie e cercare di ricostruirne dei campioni.

La critica letteraria (dove la presentazione dell'artista è un pretesto per scrivere un « pezzo » letterario personale. Qualunque artista va bene da presentare, indipendentemente da quello che fa). Ecco un esempio di questo tipo di critica letteraria:

Da ieri, da l'altro ieri, da non so quando, piove. Non si vede il cielo, nascosto da miliardi di fili di pioggia che rendono grigia tutta l'atmosfera q scolorano il paesaggio lavando via i colori dalle case dagli alberi dalle persone dalle cose. Rigagnoli d'acqua colano dai muri e si perdono nei tombini già straripanti di acqua. Pioggia insistente ostinata monotona, batte col rumore

.di milioni di macchine da scrivere sulle vetrate sui tetti sui legni fradici sulle grandi foglie di zucca molli come stracci bagnati, sulle lamiere e sui vetri delle auto che passano schizzando acqua dai tergicristalli e dalle pozzanghere. Anche l'interno di questo vecchio taxi è umido e freddo e il filo d'acqua che mi è entrato nel collo lo sento ora sulla sPina dorsale. Attraverso i vetri appannati non si vedono le strade; finalmente arrivo in via Po dal pittore Fabrizio per vedere i suoi quadri. I1 taxi si ferma davanti a una pozzanghera con l'acqua tutta saltellante di gocce di pioggia e Fabrizio mi riceve con un ombrello che perde acqua e i suoi calzoni sono bagnati fino al ginocchio. Benché sia quasi mezzogiorno, la pioggia che tamburella incessantemente la grande vetrata dello studio impedisce una chiara visione di questi dipinti. Dalle fessure dei vetri mal stuccati, entrano piccoli ri- gagnoli d'acqua, prima lenti e poi improwisamente rapidi e vengono in parte raccolti in barattoli vuoti di colori che Fabrizio ha messo a terra. Da un vetro rotto l'acqua ha già invaso il pavimento e ha inzuppato il vecchio tappeto sbiadito, alcuni disegni abbandonati a terra e una scatola di fiammiferi.

Fabrizio farà una mostra di acquerelli alla Galleria del Pesce d'oro.

La critica lirica La furia creativa dell'artista, carico di un dramma-

tico lampeggiare di visioni interiori, pullula di sor- prese per i suoi scarti improvvisi. Pregno di misteriosi contatti con un mondo allucinante e pur sempre pro- fondamente umano, egli scava con passione nei senti- menti densi di sgomento e la sua personalità accesa e violenta, lucida e brillante, si scatena liberamente mantenendo il contatto umano al limite della rottura. L'insistenza del tema, l'urlo strozzato della sofferenza della carne e l'accanimento tematico, esplodono in vi- sioni in cui l'artista trova accenti di tenerezza gron- dante una dolce malinconia.

Foto Mimmo Castellano

In fondo lui vorrebbe capire il mondo del- l'arte. Le sue idee sono confuse, a scuola gli hanno insegnato che l'arte è una certa cosa. Nella vita trova invece che c'è una moltitu- dine di cose che vengono spacciate per arte ma che lui non è in grado di capire. Dubita di ciò che gli hanno insegnato, diffida di ciò che vede. Tutto questo gli genera un com-

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plesso di inferiorità per cui rifiuta sdegnosa- mente ogni forma di arte che non sia la copia dal vero dove lui riconosce almeno l'abilità manuale dell'artista (cosa che lui non sa fare). Perché la critica d'arte non lo aiuta a caoire? Milioni di persone sono come lui: conta- dini e contesse, notai e dirigenti di indu- stria, vescovi e cantautori. Invece di fare dell'esibizionismo culturale, certa critica po- trebbe umilmente parlare a questa gente.

La critica ermetica L'arte di questo artista non è quindi una comune

« arte » e nemmeno un'arte comunque; essa è Arte, anzi (arte) intesa come arte.

La critica interrogativa Ma, questo artista, chi si crede di essere? un genio

incompreso? come fa a pensare che quello che fa sia considerato come arte dai benpensanti? e che tipo di arte? e perché dipinge col manico del pennello? non sa che i peli sono dall'altra estremità? a chi la vuol dare a intendere? E poi, alla resa dei conti, diciamo- celo con sincerità: è arte questa roba? dove andremo a finire? E poi?

La critica eruditissima L'aspetto gnoseologico dell'edonè che il fruitore

percepisce dalle strutture olistiche tende diacronica- mente al Kitsch. Le epistrutture del continuum, in- vece, inglobano un quoziente proairetico con feed- back iterabile. L'aspetto del phantom e la iconicità dei patterns sono gli elementi atomistici, tuttavia obso- leti, di una deontologia per un recupero dell'utilitas.

La critica finta (quella che va bene per qualsiasi artista di qualsiasi tendenza)

Con la sua personale tecnica e con un modo di esprimersi del tutto adeguato, attraverso segni, colori, forme e materie particolari, il Nostro ci propone, nelle sue opere, delle sensazioni elaborate secondo il suo schema, alle quali lo spettatore è libero di partecipare O meno.

I1 lungo e paziente lavoro, fatto sotto la guida spi- rituale del suo grande maestro preferito, giorno dopo

giorno, nel segreto del suo luminoso studio al settimo piano di via Roma 18, lo ha condotto a queste ine- vitabili scelte.

Le sue opere sono quindi il frutto prezioso di una ispirazione personale e di una esperienza che il No- stro ha dovuto farsi da solo, a tu per tu col mondo esterno dal quale capta il bene e il male. Non si può negare il valore artistico di queste opere proprio per le qualità specifiche che le formano. Ancora una volta il Nostro ci dimostra le sue qualità estetiche con rara coscienza ed esemplare equilibrio ...

I veri critici d'arte dovrebbero protestare vivacemente contro auesto malcostume che ridicolizza il lavoro serio di una categoria socialmente valida quando aiuta la gente a capire. I1 danno che può provocare questa falsa critica va tutto a scapito della critica vera per cui il pubblico, non avendo la possibilità di giudicare l'opera di questi falsari, mescola falsi e buoni in un unico calderone.

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FANTASIA E CREATIVITA

Ecco un esempio di messaggio visivo il cui contenuto non ha bisogno di essere spiegato a parole. Tuttavia si può spiegare il motivo per cui sono state accoppiate le due imma- gini, l'auto e la rivoltella: il progettista di questa immagine (Eros Sogno) ha notato che questo tipo di rivoltella, vista al rovescio, può sembrare un'auto e ha completato i'im- magine con due ruote d'auto. È interessante notare che il posto del guidatore corrisponde al posto del grilletto, il che potrebbe signi- ficare che il pericolo dipende dal guidatore. Ecco come due immagini banali (l'auto e la rivoltella) accoppiate in questo modo danno origine a un nuovo messaggio comprensibile a tutti.

L'artista opera con la fantasia, mentre il designer usa la creatività. Naturalmente non sempre l'artista usa la fantasia, ma questa è una delle caratteristiche presente in minore o maggiore quantità in quasi tutte le opere d'arte, anche nella fotografia che un tempo non era con- siderata come arte visiva. Anzi, per definire un dipinto piattamente verista si diceva che era fotografico, inten- dendo dire che era senza fantasia, mentre oggi la foto- grafia ha largamente dimostrato che anche con un mezzo tecnico più complesso del pennello, se uno è artista può esercitare anche in questo campo la sua fantasia. Sarà quindi necessario modificare questo tipo di definizione e, se si vuole definire un'opera d'arte senza fantasia, si potrà usare come esempio uno di quei quadri che ripro- ducono esattamente la realtà visibile senza alcuna mo- dificazione.

La fantasia è una facoltà dello spirito capace di in- ventare immagini mentali diverse dalla realtà nei parti- colari o nell'insieme; immagini che possono anche essere irrealizzabili praticamente.

La creatività è una capacità produttiva dove fantasia e ragione sono collegate per cui il risultato che si ottiene è sempre realizzabile praticamente.

Con la fantasia si può immaginare tutto quello che si vuole: un orologio molle come quello di Dalì in un suo celebre quadro, si può immaginare un treno di cioc- colata, come nelle favole, si può immaginare una musica che prima non esisteva, una architettura strana e quasi irrealizzabile come quella di Gaudi, un racconto di fan- tascienza, una motocicletta liquida a sezione triangolare curva con freni di lana, ruote di cenere plastificata con gabropoliestere rinforzato e sella di piume di pavone.

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I1 Tempio Espiatorio della Sacra Famiglia di Antoni Gaudi a Barcellona.

Dal catalogo distribuito ai visitatori del Tempio (44 pagine di spiegazioni). La costruzione del Tempio è stata iniziata nel 1882 e non è ancora finita oggi.

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I1 Tempio Espiatorio venne ideato per chiedere perennemente grazia a Dio per le innumerevoli offese che gli uomini gli hanno fatto. Questo monumento viene progettato, con un atto di modestia, più alto della cupola di San Pietro a Roma. La fantasia del- l'autore si preoccupa di risolvere in modo originale ogni minimo particolare il quale è inoltre caricato di significati. Sembra che questa grande fantasia voglia giustificarsi di fronte agli uomini e spiegare il perché di ogni forma o struttura, a chi è dedicata ogni pietra, che significati si devono vedere in ogni elemento.

« L'intera massa del Tempio con la sua imponenza simbolizzerà la Chiesa, mentre attraverso le sue forme artistiche esalterà Gesù Cristo con la Santa Vergine, Evangelisti, Apostoli, Santi. I1 ciborio centrale, centro risonante del Tempio, allegoria di Gesù Cristo, culmi- nerà con la Croce e 1'Agnus Dei nel mezzo; quattro cibori s'innalzeranno al suo intorno un poco minori, rappresentanti i quattro Evangelisti, e sorreggeranno gli emblemi dell'aquila, del leone, dell'agnello, del bue. I dodici campanili delle facciate, conclusi da un poli- cromo pinnacolo raffigurante il bàcolo, la mitra, la croce pastorale, l'anello, saranno dedicati ai dodici Apostoli, primi Vescovi della Chiesa, maestri e pastori della cristianità che avranno pure la statua. Le guglie porte- ranno i simboli dei Santi Fondatori e della Verginità feconda della quale Maria è il massimo e il più puro esempio. Alla Vergine è destinata l'abside con la cupola conclusa da una stella. Le lanterne delle cap- pelle absidali termineranno con i simboli che sinte- tizzano le antifone dette della " 0 ", antifone cantate nell'ultima settimana dell'Avvento, che incomincieranno tutte con la " Oh! " invocativa ed esprimono l'anelito dell'umanità per l'atteso frutto della Vergine. Vi saranno figure di Santi Fondatori sui finestroni delle navate; i relativi pinnacoli saranno cestelli di frutta, allegoria dei frutti dello Spirito Santo.

« L e facciate col superbo portico che dà accesso al Tempio rappresenteranno: quella al limite della crociera verso levante, i Misteri Gaudiosi; quella d i ponente, i Misteri Dolorosi. I fatti principali della vita di Gesù: Infanzia, Passione, Morte, devono ser- vire di esempio costante alla vita dell'uomo. La fac- ciata a mezzogiorno, detta della Gloria, spiegherà attra- verso l'espressione dell'ornato la realtà religiosa ine- Iudibile deIIa vita presente e futura ».

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Fra gli esempi di fantasia artistica non si possono ignorare le famose figure di Giusep- pe Arcimboldi (1530-93), rimesse in luce dallo spirito surrealista. Viste a una certa distanza, queste immagini si mostrano come profili umani; viste da vicino si rivelano un insieme di oggetti meccanici, oppure pesci (a seconda dei casi) disposti in modo tale da creare i profiii umani. L'Arcimboldi ha fatto diverse composizioni a doppia imma- gine, altri profili umani con elementi di fuoco e elementi vegetali, e un paesaggio che diventa il profilo di un viso sdraiato. Opere di Arcimboldi sono conservate al Mu- seo di Vienna.

Un esempio di esuberante fantasia artistica è questo di' Gerolamo Bosch (1450-1516), olandese, dal quale, si può dire, nacque gran parte del surrealismo moderno.

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Con la fantasia l'artista vede quello che pensa, vede l'opera finita se vuole (e molti artisti oggi si acconten- tano di fantasticare senza mostrare al prossimo il frutto delle loro fantasticherie). In certi casi l'artista vede tutto prima, e poi lo dipinge o lo scolpisce o lo scrive ecc.; in altri casi un pittore può operare in parallelo tenendo sempre desta la fantasia mentre lavora e la fantasia stessa suggerisce tutte le mutazioni dell'opera finché ad un certo punto « si sente » che la cosa è conclusa.

L'artista opera con la fantasia in uno stato d'animo in cui la ragione è assente, l'ambiente non è percepito; l'ar- tista guarda o ascolta, tutto rivolto dentro di sé finché non ha messo a fuoco queste percezioni mentali al punto di dar loro una forma conclusa.

Fantasia non è fantasticheria dove uno si lascia andare senza alcuna preoccupazione di raggiungere qualcosa.

Molti artisti per mettersi in questo stato di grazia hanno bisogno di stimolanti, che variano a seconda dei tempi; altri artisti si trovano, a loro insaputa, in questo stato e in quel momento sono « assenti », come dicono i familiari.

Valéry diceva che piuttosto di creare un capolavoro tra i più belli in stato di trance e fuori di se stessi è preferibile scrivere lucidamente qualcosa di debole. Pro- babilmente si preoccupava della ripetibilità di una espe- rienza che possa diventare un metodo creativo.

Mentre quindi l'artista vede con la fantasia una forma o un insieme, o una situazione, o altro e si sforza poi di realizzarlo così come lo aveva vissuto, il designer non sa che forma avrà l'oggetto che sta progettando finché non avrà risolto e armonizzato creativamente tutte le compo- nenti del problema, però ne accetta la soluzione purché si presenti come una delle ottime. In questo caso il ri- sultato finale è una sorpresa, benché approssimativamente il designer ne abbia avuto una percezione, che può ser- vire da stimolo per altri casi di creatività.

Paolo Uccello, San Giorgio e il drago (par- ticolare), National Gallery di Londra.

La fantasia aiuta gli artisti a inventare esseri so- prannaturali, draghi, angeli, apparizioni magiche, am- bienti insoliti, situazioni fuori dalle leggi conosciute della natura.

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Fantasia di stilista nell'arredamento.

Molti architetti hanno una notevole fantasia e la manifestano con la massima libertà. Nel caso deli'ar- redamento questi artisti progettano la casa nella quale essi stessi vorrebbero vivere, in quel momento.

Come prima cosa, nel progetto, viene quasi comple- tamente abolito l'angolo retto, troppo usato nell'archi- tettura logica, e di tutte le stanze se ne fa un am- biente unico. Naturalmente non un ambiente unico come nella casa tradizionale giapponese (troppo sem- plice), ma piuttosto come l'interno di un sommergibile o, più modernamente, come l'interno di una cabina spaziale.

L'ambiente totale risulta quindi molto mosso, po- chissime pareti o elementi conservano la verticalità, i soffitti possono essere curvi o semisferici, il bagno può essere sferico e anche la camera (diciamo cosi) da letto, o meglio « lo spazio notte ». I1 soggiorno è un blocco unico morbido e rigido, avente incorporato i1 televisore mezzo orizzontalmente (da guardare stando sdraiati). La biblioteca sarà sostituita da vani murati

che si aprono premendo un pulsante. Un forno elet: trico riscalderà i cibi surgelati e precotti, conservati in scatole di alluminio anti-tarme. Nella zona studio, una serie di altoparlanti diffonderanno stereofonica- mente le ultime canzoni del festiva1 di San Remo men- tre i ragazzi studiano il latino arcaico con influenza persiana. Nel soggiorno la signora parlerà del pro- blema delle domestiche, assieme alle sue amiche, men- tre le luci cambieranno colore e intensità. Gli odori sgradevoli saranno aspirati da pompe funebri (molto di moda).

L'insieme quindi è un buon esempio di styling, e non di design, e può forse essere utile come richiamo pubblicitario in una esposizione di pompe aspiranti.

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IIerb C;i.ccr-ic, Abitazione a Normnn, Okla- h0111:1.

Con la creatività il designer, dopo aver analizzato il problema da risolvere, cerca una sintesi tra i dati ricavati dalle varie componenti per trovare una soluzione ottimale inedita, dove ogni singola soluzione sia fusa con le altre secondo il modo che si ritiene migliore per giungere ad un equilibrio totale.

L'auto del futuro presentata da uno stilista americano all'esposizione « Dream car P, nell'anno cinquanta. La fantasia dello stili- sta 202 si è oggi realizzata: tutto sembra eccessivamente voluto da un senso decora- tivo legato a una moda passeggera. Anche la fantascienza invecchia.

Un semplice oggetto prodotto dalla prima scuola di design, la famosa Bauhaus. Que- sta boccetta per l'inchiostro, che molti co- nosceranno per averla usata a suo tempo, nasce dal riesame delle funzioni e prende questa forma la quale permette all'inchiostro di offrirsi al pennino sempre nella stessa quantità, mentre nelle boccette verticali del- lo stesso periodo, la penna si sporcava sempre proprio dove si doveva poi impu- gnarla per scrivere. Inoltre non è più ro- vesciabile, e si fa notare in vetrina dal cartolaio.

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UN ESEMPIO D I CREATIVITA ipotesi di una motocicletta vertebrata.

Rinaldo Donzelli, esperto in progettazione di moto- cicli, propone una nuova motocicletta senza telaio, da lui definita « vertebrata » dal fatto che le varie parti sono attaccate tra loro come le vertebre, formando un tutto compatto e nello stesso tempo elastico, quanto basta per assorbire le varie vibrazioni meccaniche.

I1 progetto, ancora da sperimentare, nasce dal rie- same delle funzioni considerate nella loro essenza, e dalle possibilità di impiego dei nuovi materiali sin- tetici.

Si sa che le normali motociclette hanno un telaio portante i vari organi, perché la prima motocicletta è stata realizzata applicando un motore ad una bicicletta. Da allora si sono fatte molte varianti di telai per le motociclette, senza considerare che questi erano un residuo strutturale di una macchina che nel tempo aveva cambiato funzione.

Riesaminando quindi il problema nel suo insieme, come ha fatto Donzelli, e senza porsi problemi este- tici in partenza, secondo le buone regole del design, si giunge ad un nuovo progetto per cui la forma finale di questa motocicletta è il risultato di una crea- tività che conclude coerentemente le varie soluzioni ottimali delle componenti.

Dall'analisi delle funzioni delle ruote si stabilisce di scegliere un tipo di ruota a grande sezione, adatta alla forte ripresa e alla improvvisa frenata. Nelle ruote sarà incorporato un parastrappi più grande di quello attualmente adottato, incorporato nei freni.

I1 blocco motore, per ora tradizionalmente siste- mato tra le due ruote, sarà progettato in modo da permettere un solido ed elastico attacco posteriore per un forcellone nervato, al quale verrà fissata la ruota posteriore. E un altrettanto solido attacco, ma ela- stico in senso verticale, per uno speciale serbatoio.

Questo serbatoio portante si applicherà quindi di- rettamente al motore e avrà incorporato l'alloggio per lo sterzo, la strumentazione e i fari.

La sella con molleggio proprio sarà attaccata a sbalzo al serbatoio.

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Un capanno per le vacanze, nel quale pos- sono anche dormire due persone, è questo « Guscio » progettato da Roberto Menghi. I1 capanno è progettato in pochi elementi fa- cilmente montabili, come si vede nelle foto. Sul tetto è sistemato un aereatore telesco- pico con rete per gli insetti. Gruppi di Gu- sci sono componibili tra loro formando unità comunicanti abitabili secondo le necessità. I1 limite di componibilità è dato dalla natura del terreno. Costruito in vetropoliestere, isolato con po- liuretano espanso, questo Guscio è un ot- timo esempio di capanno abitabile che si inserisce nel paesaggio con naturalezza, pro- prio per la sua essenzialità costruttiva e il suo colore grigio chiaro.

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Abitacolo chiuso Abitacolo montato

Abitacolo, di Bruno Munari. Struttura smon tabile e rimontabile in varie combinazioni. Foto Ada Ardessi Progettata per risolvere tutte le funzioni di arredamento per una camera per ragazzo: piani di appoggio per libri e oggetti, piano per dormire o stare, tavolo spostabile e inclinabile, mensole spostabili dove occor- rono, possibilità di agganciare tutto quello che si vuole Abitacolo è una struttura abi- tabile, un supporto quasi invisibile per i1 proprio microcosmo Pesa cinquantun chili e può portare anche venti persone I1 suo co- lore è grigio chiaro, rivestito di resina epos- sidica, può stare anche all'esterno Chiunque lo usi, lo può trasformare e arredare se- condo i suoi gusti. in questo caso l'estetica dell'oggetto finito è lasciata a chi lo usa.

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PRIMA PAZZI E P O I MAESTRI

Quando l'artista opera nel suo mondo di arte pura, non si preoccupa del pubblico che osserverà la sua opera. Tutto preso dalla forza realizzativa in cui cerca di non perdere niente dell'idea pura che lo ha spinto a operare, non può preoccuparsi del fatto di essere capito o meno dal pubblico; la sua unica preoccupazione è di dar forma (pittorica o scu!torea) alla sua idea artistica. I1 pubblico capirà più tardi, quando avrà abbandonato i suoi pre- concetti scolastici.

Gil esempi di artisti capiti e museificati dopo la loro morte e disprezzati in vita, addirittura considerati come pazzi, sono molto numerosi. E , guarda caso, fra loro troviamo tutti i capiscuola, tutti quelli che vengono in seguito considerati come maestri.

I1 designer invece si deve preoccupare di essere ca- pito subito dal pubblico, il suo messaggio visivo deve esser ricevuto e capito addirittura senza possibilità di false interpretazioni. La scienza delle comunicazioni visive lo aiuta nella scelta di quelle forme, di quei colori, di quei movimenti, che oggettivamente portano certi messaggi e non altri.

Farsi capire dal pubblico non vuol dire assecon- dare il pubblico nei suoi gusti più banali. Vuol dire invece approfondire la conoscenza delle possibilità di percezione del pubblico e partire da questi dati per comunicare qualcosa che il pubblico ancora non sa. Praticamente si cerca di usare il linguaggio del pub- blico come supporto di un messaggio nuovo. È questo il metodo usato dai più bravi giornalisti i quali riescono a spiegare con parole semplici anche le cose più dif- ficili.

Farsi capire dal pubblico, quindi, nel campo delle immagini, vuol dire usare immagini oggettive, da tutti riconosciute come portatrici di certi messaggi, e com- binarle in modo che portino altri messaggi prima sconosciuti.

Simboli delle varie sezioni sportive alle olimpiadi di Tokyo 1964. Questi simboli dovevano comunicare, a gente di tutte. le lingue, un messaggio visivo preciso e ine- quivocabile. Graphic design di Yoshiro Yamashita, Art director Masaru Katzumie.

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Anche qui i due modi di operare, dell'artista e del designer, sono diversi e se un artista, supponiamo, volesse fare del design, non deve farlo in modo artistico ma deve umilmente porsi nella condizione di essere capito dal pubblico.

Molti artisti credono che, appartenendo al mondo su- periore dell'arte, sia per loro facile occuparsi di questa attività che è il design, dato che loro la considerano come un'arte minore; mentre l'artista nel campo dell'arte pura può fare quello che vuole senza preoccuparsi del pubblico, il designer ha delle regole precise da osservare, senza le quali il suo lavoro risulta falso o pasticciato.

Inoltre l'artista è portato in un certo senso a disprez- zare questo pubblico che non lo capisce; mentre il de- signer è portato a operare nel rispetto del pubblico e anzi cerca di aiutarlo a capire.

L'artista, d'altra parte, se è un vero artista, e non un ri- petitore di vecchi modi di espressione, ma uno scopritore di nuove visioni e un ricercatore dei mezzi più adatti a espri- mersi, secondo la sua epoca, sarà sempre fuori dalla men- talità comune e quindi non sarà capito subito poiché la cattiva educazione scolastica avrà creato nel pubblico quelle cristallizzazioni di formule artistiche per cui il pubblico non riconosce come arte ciò che fa un artista innovatore e lo considera pazzo. Di qui il disprezzo reciproco.

Noi abbiamo avuto sempre una educazione a base letteraria. La letteratura doveva essere la sede della conoscenza, il massimo del sapere. I1 linguaggio è il principale strumento del pensiero, ma non è il solo. Esso è fatto di una serie di parole messe in fila, se- condo un ordine lineare. Queste parole si possono pro- nunciare una alla volta, una dopo l'altra. In natura tutto avviene simultaneamente; se tentassimo di spie- gare tutto quello che percepiamo dalla natura, simul- taneamente con le parole, ne verrebbe fuori un coro informale in cui ognuno dice parole diverse. Probabil- mente questo strumento del pensiero che è il linguaggio, ci permette di capire solo una parte del mondo in cui siamo, altri fenomeni li dovremo capire con altri stru- menti. La comunicazione visiva è uno di questi altri.

Quando invece il designer progetta un oggetto con funzione estetica, lo fa in modo che il principio formatore sia chiaro allo spettatore e lo spettatore stesso scopra attraverso questo, tutta una serie di situazioni estetiche che vanno ad arricchire le sue possibilità di conoscenza dei fenomeni. Certo che se l'educazione scolastica inse- gnasse in che modo una cosa si trasforma in un'altra, come cambiano gli stili nelle epoche, come i maggiori artisti hanno operato in funzione al messaggio, ai mezzi, alle tecniche della loro epoca; se l'istruzione fosse dina- mica e non statica su fenomeni artificialmente fermati nel tempo, allora forse il pubblico sarebbe più pronto a capire anche le trasformazioni attuali, le nuove esperienze e le nuove forme d'arte. Si eviterebbe così il disprezzo reciproco tra artista e pubblico e si arriverebbe ad una maggiore comprensione con soddisfazione comune.

In strada ci sono dei ragazzini che potrebbero ri- solvere qualche mio grosso problema di fisica, perché hanno dei modi di percezione sensoriale che io ho perduto tanto tempo fa. J. ROBERT OPPENHEIMER

Si racconta che il Maestro Kung, circa tremila anni fa, stesse un giorno sulle rive di un fiume in Cina. Dopo un periodo di contemplazione, disse: tutto fluisce e scorre come questo fiume, giorno e notte.

Che la Cina sia un paese molto antico e civile, tutti lo sanno; ma noi occidentali, abituati a considerare le cose in se stesse e l'ambiente come un insieme di cose immutabili, troviamo molta difficoltà a cercare di capire « come una cosa si trasforma in un'altra ». Con- siderare il continuo flusso delle mutazioni vuol dire conoscere meglio il nostro mondo, vuol dire non cer- care le verità assolute una volta per sempre, vuol dire capire che « l'eternità è oggi ».

Con l'uso della sola ragione si può arrivare fino ad un certo limite, poi occorre un'altra via per arrivare alla conoscenza globale: questa via è lo Zen.

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LA LINEA DELLE MUTAZIONI

In questi ultimi tempi l'arte visiva tradizionale, li- mitata nelle categorie di pittura e scultura, ha subito molti cambiamenti. Nelle gallerie d'arte moderna si vedono sempre meno pitture a olio su tela e sculture di bronzo o marmo e si notano invece sempre più oggetti insoliti che non hanno niente in comune con le tradizionali categorie artistiche, oggetti fatti addi- rittura con materie e tecniche un tempo considerate come ignobili per un'opera d'arte.

Perché questo cambiamento? E possibile rintrac- ciare una linea, se c'è, che renda evidente questa trasformazione? Forse seguendo l'opera e le idee dei maestri, dei capi scuola, potremo tracciare questa linea che sarà qui molto sintetica ma che ci potrà dare una visione concentrata del fenomeno.

La prima componente che l'arte visiva ha perduto è stata la componente letteraria. Un tempo il quadro raccontava un fatto (benché molti artisti usassero il racconto come pretesto per una composizione visiva), ma ci fu chi si accorse che se si liberava la pittura dal racconto I'arte visiva poteva spaziare in un mondo più vasto e far vedere, proprio far vedere, tante cose che a parole non si potevano dire. Comincia una ri- cerca ottica (Seurat) sulla percezione cromatica. Pun- tando' l'attenzione sulla pura visibilità diventa inutile qualunque riferimento alle forme e ai colori della natura visibile e appare la pittura astratta (Kandinsky) che però conserva ancora un cromatismo tonale d'atmo- sfera verista. Anche questo elemento viene abbando- nato e si arriva al colore e alla forma che esprimono solo se stessi (Mondrian). Da questo punto alla pittura in tinta unita il passo è breve e si arriva attraverso il sentiero aperto da Malevich al quadro tutto blu (Klein). I1 processo si accelera, resta ancora il sup- porto tradizionale della tela e del telaio e alla fine il quadro come oggetto viene rotto, bucato, tagliato, bru- ciato vivo (Fontana, Burri). Resta solo il colore come fatto visivo, ricavato dalla scomposizione della luce bianca, senza alcun supporto o con qualunque sup- porto. Le forme prendono qualsiasi materia, a due o più dimensioni, si disfano, si trasformano, si muovono nello spazio reale.

Cadono i limiti tra le categorie artistiche e i pre- concetti sulle materie nobili. Si cerca di mettere più a

fuoco il problema di una comunicazione visiva effet- tiva, recepibile dallo spettatore. Si lascia alla lettera- tura il compito di raccontare e l'attenzione viene tutta portata sulla comunicazione di fatti estetici visivi, an- che elementari purché inediti.

L'arte del Rinascimento concepiva lo spazio in proiezione prospettica su di una superficie piana costi- tuita da unità formali di misurazione spaziale. La ver- ticalità e l'orizzontalità erano condizioni assolute di ordine.

I primitivi e i bambini hanno una sola nozione del tempo e dello spazio e vivono tenendo un contatto sensoriale totale con I'ambiente, non solo visivo ma anche olfattivo, acustico, tattile. Nelle loro raffigura- zioni visive essi mettono tutto quello che sanno, tutte le sensazioni che I'ambiente trasmette loro.

Oggi, l'elettronica permette d i ricostruire coscien- temente questo contatto simultaneo e immediato con I'ambiente, con tutti gli avvenimenti mondiali e cosmici.

Non si potrebbe applicare, dopo le necessarie cor- rezioni, anche ad altri tipi di valori universali la solu- zione dinamica del problema del valore estetico uni- versale, consistente nel concepire questo valore come una energia costantemente viva che è in rapporto con- tinuo, anche se storicamente variabile, con la costitu- zione antropologica dell'uomo?

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SOGNI DI GLORIA

L'artista puro sogna per tutta la sua vita di arrivare a fare la porta del Duomo (se è uno scultore); se invece è un pittore sogna di f?re una pittura enorme, alta come una casa di trenta piani, così che tutto il mondo possa vedere la sua Arte, la sua bravura.

L'artista puro sogna di fare il ritratto al Re alla Re- gina al Papa. Oppure riempie le proprie opere di signifi- cati, spesso non letti dal pubblico, filosofici o politici ad altissimo livello, convinto con ciò di lasciare una traccia nella storia dell'arte, di far qualcosa di eterno, da tra- mandare ai posteri.

L'artista sogna che, come oggi i pellegrini vanno a vi- sitare i monumenti famosi delle varie epoche, allo stesso modo vadano anche, in futuro, a vedere le sue .opere.

I1 sogno dell'artista è quindi quello di aggiungere alle piramidi egizie, al Giudizio Universale di Michelangelo, alla Gioconda di Leonardo, al Campanile di Giotto, al Duomo di Costantinopoli eccetera, anche una sua opera.

Spesso si tratta soltanto di dimensioni: l'artista sogna di decorare il deserto del Sahara, di fare una torre (sia pure cibernetica) alta mille metri che domini tutta Pa- rigi, di cambiare il colore alla laguna di Venezia.

I1 sogno dell'Artista è comunque quello di arrivare al Museo, mentre il sogno del designer è quello di arri- vare ai mercati rionali.

Recentemente syi quotidiani milanesi e poi su qualche rivista è stata annunciata una grande idea di tipo arti- stico, e cioè che le autorità permettevano agli artisti di dipingere un loro quadro, grandissimo, sui fianchi nudi di case di molti piani, per abbellire la città. Nessun compenso sarebbe stato dato all'artista (e qui veniva sfruttata la sua vanità) ma gli sarebbe stata data la possi- biIità di offrire una grandissima opera (come dimensione) alla vista della popolazione. All'artista venivano rimbor- sate le spese, e tutti avrebbero guadagnato qualcosa, meno l'artista. Si sa che quando si chiama l'idraulico 10

si comincia a pagare dal momento che riattacca il mi- crofono del telefono fino al momento in cui torna a casa sua; l'artista lo si può anche non pagare, è l'uso. Inoltre in questo annuncio venivano fatti nomi di artisti senza che fossero stati interpellati, e anche questo fa parte del costume. Certo è che un designer si preoccuperebbe, invece, di fare opera utile al prossimo, di mettere la sua creatività al servizio della collettività, non nel senso di far vedere a tutti quanto è bravo, ma per migliorare ef- fettivamente dei servizi collettivi. I1 designer infatti se sogna qualcosa, sogna di eliminare il più possibile l'anal- fabetismo culturale in ogni strato sociale e quindi, sia aiutando il macellaio a progettare meglio la sua insegna con la scelta di caratteri e colori meno elementari e banali, sia aiutando l'élite a capire i veri problemi che possono far progredire l'idea di collettività.

I1 sogno del designer è quello di arrivare a progettare un oggetto che svolga in pieno le sue funzioni pratiche ed estetiche, che sia facile da usare, che costi così poco per cui tutti quelli che ne hanno bisogno lo possano fa- cilmente comperare e usare. I1 designer si preoccupa della massima diffusione di un buon oggetto, fino al limite dei mercati rionali. È una grande soddisfazione per il designer vedere una ~ o ~ o l a n a che comDera un secchi0 di

ben fatto, almircato. Questo hpo di « fruitore P non compera l'oggetto perché si usa o perché è un pezzo unico, ma lo controlla ben bene prima di comperarlo e, per lui, il prezzo ha esattamente lo stesso valore della bella forma e della esatta funzione.

I l designer non si preoccupa di fare un oggetto, anche se questo ha solo funzione estetica, che duri in eterno nel tempo, ma tende invece ad un'arte da consumare come il-pane, ogni giorno, come se fosse un alimento culturale. E quindi quest'arte, questa estetica, può essere somministrata anche a piccole dosi, per mezzo degli og- getti di uso quotidiano.

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L'INDIVIDUO E LA SPECIE

L'individuo pensa solo a se stesso e non gliene importa niente della specie umana. Egli vuole diffe- renziarsi a qualunque costo dagli altri individui (che d'altra parte sono animati dalle stesse intenzioni). I1 suo s c o ~ o è auello di emergere dalla massa. Tutte le sue manifestazioni sono coltraddistinte da un indice di ~ersonalità sointo al massimo. Considerando. Der . - esempio, la catégoria degli architetti, noi possiamo constatare come ogni architetto inventi la sua sedia come se prima di lui nessuno mai avesse affrontato tale problema. Si trovano in commercio delle sedie già fatte, anche comode e poco costose. Ma ahimé! sono anonime. E l'architetto progetta la sua sedia che può anche essere comoda e relativamente poco costosa (men- tre di solito è scomoda e cara), pensando a forme strane o a materiali insoliti. Nascono così delle cose nuove, è vero, ma senza legami con le esperienze passate e senza possibilità di continuazione nel futuro, proprio perché non si vuol tener conto di quello che è stato fatto e i progettisti che verranno faranno altrettanto.

Sedia pieghevole giusta e comoda, proget- tata da un designer anonimo, in vendita nei grandi magazzini italiani a quattromila lire.

Ogni esperienza individuale, in qualunque campo, ha al massimo la durata della vita operativa di un indi- viduo. Se noi prendiamo questa esperienza e la hut- tiamo via per costruirne un'altra dello stesso tipo, avremo una serie di brevi esperienze difficilmente col- legabili proprio perché ogni individuo ha voluto far da solo. Questo metodo non porta lontano. Se invece un individuo studia le esperienze passate, ne trattiene il meglio, cerca di aggiungere a sua volta qualcosa, magari anche poco ma quanto basta per migliorare la soluzione del problema, e poi passa le sue esperienze ad altri individui della generazione seguente, avrà fatto un lavoro per la specie e anche, in definitiva, per l'individuo che forma la specie.

Da molti sintomi chiaramente avvertibili pare che l'uomo stia uscendo dalla sua crisalide di egoismo e stia faticosamente conquistando la coscienza della spe- cie umana. L'individualismo porta infatti alla valoriz- zazione del genio in tutti i campi, mentre il senso della specie porta alle grandi realizzazioni collettive. I1 genio produce opere singolari e crea negli altri indi- vidui un complesso di inferiorità, una frustrazione che impedisce loro di realizzare le proprie aspirazioni. I1 senso della specie porta a lavorare per gli altri, ad aiutare il prossimo (che siamo sempre noi stessi) a risolvere collettivamente piccoli e grandi problemi.

Questa coscienza della specie, che si conquista eli- minando dagli individui ogni egoismo a danno degli altri, orienta qualunque tipo di lavoro verso un equi- librio continuamente mutevole, dove ogni parte viene risolta con competenza e onestà.

Purtroppo noi siamo condizionati da millenni a pensare ognuno per sé, abbiamo avuto una edu- cazione statica basata sull'esempio di tutti i pos- sibili geni del passato come modelli da imitare, come meta da raggiungere singolarmente, abbiamo abolito tutti i valori intermedi del lavoro umano, oggi un uomo o è un genio o è un cretino. Attual- mente una vasta cultura disneyana, propinata nell'età adatta, ha compiuto la sua opera di distruzione.

Sarà quindi necessario abituare l'individuo, fino dall'età infantile, a questa coscienza collettiva, a lavo- rare in gruppo, a scoprire che tutti sono indispensabili, che ognuno può portare il suo contributo alla edifica- zione di una società migliore, senza imbrogliare, senza fregare il prossimo, senza sfruttare e senza rubare. Potremo così ritrovare tutta una gamma di valori umani in ogni campo delle attività.

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LA BELLEZZA

Molte persone pensano che esista la bellezza in asso- luto e sostengono accanitamente che una certa cosa è bella e un'altra è brutta. Si arrabbiano quando uno non capisce quello che loro intendono dire o mostrare e sono convinte che l'opera d'arte sia sopriittutto bellezza spi- rituale. A parte il fatto che oggi l'arte pura non ha più alcun legame con questo tipo di bellezza assoluta e che oggi si può fare dell'arte con qualunque cosa e in qua- lunque modo; il problema della bellezza va esaminato in relazione al codice che lo ha generato.

I l canone. della bellezza, di Diirer.

È facile capire che ogni tipo di civiltà ha la sua bel- lezza; nelle scuole elementari si impara che esiste un tipo di bellezza greca, poi più avanti si conosce anche la bellezza liberty. Se si allarga l'indagine in senso geogra- fico, se si guarda anche fuori di casa nostra, in altri paesi del mondo, si può scoprire che esiste una bellezza di tipo negro, una di tipo cinese, una di tipo indiano, una di tipo polinesiano e così via. La confusione nasce quando, invece della conoscenza dei vari tipi di bellezza, si instaura la competizione fra questi aspetti e ci si domanda: è più bella la bellezza cinese o quella peruviana? Uno può dire: a me piace di più la bellezza cinese. Ma questo è un valore soggettivo che lascia il problema cosi come lo si trova.

La bellezza nasce quindi da vari tipi di codici estetici i quali mutano secondo la civiltà dei popoli. Ogni codice ha un suo tipo di bellezza e possiamo anche dire che per ogni momento, per ogni problema, per ogni caso, c'è un tipo di bellezza diversa. Ecco che in questo modo noi siamo divenuti conoscitori di molti tipi di bellezza e li possiamo capire tutti. Mentre col principio della bellezza unica assoluta universale noi non facciamo altro che li- mitare il nostro orizzonte.

I l designer, quando progetta qualcosa, non si preoc- cupa di fare una cosa bella, ma si preoccupa che la forma sia coerente alla funzione, compresa quella psicologica (oltre alla funzione pratica) che al tempo della prima Bauhaus non era considerata. Si preoccupa casomai che ci sia una regola di coerenza formale, regola inventabile apposta, se occorre, per cui il tutto risulti un insieme logico e armonico, avendo le parti che lo formano, un rapporto dimensionale, materico, dinamico, strutturale. Questo tipo di coerenza formale o estetica della logica (come io provvisoriamente la definisco) si trova anche in natura nelle forme spontanee ed economiche: quelle forme autogenerantesi che hanno un minimo essenziale di strut- tura come l'uovo, la nervatura di una foglia, la distribu- zione dei semi nel girasole, la spirale crescente di una conchiglia e via dicendo.

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Egitto Giappone Ingres Modigliani

Ogni artista inventa il suo tipo di bellezza, secondo regole che lui stesso stabilisce. Dalla rigorosa simmetria degli egiziani, alla lievità delle immagini giapponesi. Si osservi quanto sono diverse le due figure di Modigliani e di Ingres. Eppure tutte e due hanno una coerenza formale che si riconosce nelle caratteristiche dei particolari che formano l'insieme.

Non è vero quindi che, quando una cosa è bella, questa qualità venga capita da chiunque anche da una persona senza cultura. E, di conseguenza, non ha nessun fondamento l'antica regola popolare che dice: non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace. Secondo questa regola anche il rospo è bello per la rospa. Si potrebbe dire semmai che secondo il codice estetico dei rospi (am- messo che esista e i rospi ne siano coscienti) la rospa risponde perfettamente a certi canoni di bellezza, se- condo i quali, forse, è brutta la Venere di Botticelli.

Resta il fatto che, allargando la conoscenza di codici estetici sia nel campo dell'arte che in quello del design, chiunque può capire la regola generatrice di una forma e trarne appagamento spirituale da più e da diverse atti- vità estetiche. L'individuo che conosce una sola regola di bellezza è come quell'italiano che conosce solo gli spa- ghetti e si impedisce di gustare le cucine degli altri popoli, poiché in qualunque paese vada, cerca sempre gli spa- ghetti. Poi quando torna in Italia racconta ai suoi amici che in Lapponia fanno malissimo questo gustoso piatto napoletano (di origine cinese).

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Una delle prime Veneri preistoriche.

Parvati, sposa di Siva. l

Eva, di Luca Cranack.

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La Fortuna, di Lucas de Leyde.

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La conoscenza della bellezza, in tutti i suoi aspetti, l'uso cosciente delle regole estetiche in molti casi della vita, è ~ 1 1 1 fatto di cultura che eleva gli individui e li aiuta a risolvere problemi che, pur non essendo pri- mari, danno la possibilità di uscire da una vita squal- lida unita spesso alla miseria.

L'ESTETICA VINCE LA MISERIA

Una casa popolare alla periferia di Milano.

In questa casa a fungo la decorazione riveIa una cultura moderna di tipo disneyano.

Se io affermo che la cultura vince la miseria, penso di trovare tutti d'accordo poiché l'allargamento della conoscenza aumenta le possibilità di adattamento del- l'individuo nel mondo. Dicendo invece che l'estetica può vincere la miseria intendo presentare un altro aspetto dello stesso problema e precisamente quello legato alla casa dell'uomo. L'uomo si è costruito tanti tipi di case nel mondo e nel tempo; alcuni tipi na- scono da necessità primarie, altri da adattamenti am- bientali, altri da speculazioni di un gruppo di indi- vidui ai danni di altri individui. Voglio dire che alcune case sono fatte con amore (quando sono fatte per sé quasi sempre), altre sono fatte senza amore, special- mente quando sono fatte per gli altri.

Possiamo constatare che certe case popolari, per esempio, danno un senso di squallore e di miseria, mentre altri tipi di case non danno questa sensazione. Come mai la casa tradizionale giapponese, fatta di le- gno, paglia, carta, corteccia di cipresso, sassi e pietre naturali, e quindi di costo bassissimo, non dà un senso di miseria, mentre le nostre case popolari fatte di mattoni, di cemento e vetro e anche un poco di marmo, quindi più costose, comunicano questo squal- lore? Perché la gente vi abita malvolentieri e appena può scappa?

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I n case come questa, e sono molte, non si sa che cosa sia l'estetica e quale valore mo- rale, civile e di comportamento possa avere. Ci si giustifica col dire che non si ha tempo per l'estetica, dato che non è una cosa da mangiare. Gli unici momenti liberi si con- sumano su settimanali pettegoli o su gior- nali sportivi. Questo tipo di casa è messo assieme senza amore, perché considerato provvisorio in attesa di andare m una vera casa borghese.

Foto Scrimali

Non c'è disordine all'interno di una o s a di abitazione tradizionale giapponese, ogni cosa, nel momento che non serve, è riposta negli armadi a muro. L'ambiente è proporzionato, armonico e funzionalissimo. Le finestre con- tinue, scorrevoli, possono aprirsi sulla vista di un cespuglio, di un ramo d'albero, quanto basta per far entrare la natura nella casa. I n una casa così non occorrono quadri di paesaggi. La natura offre un quadro sempre mutevole.

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Io credo che questo senso di miseria nasca dalla condizione forzata e provvisoria dell'individuo costretto a vivere in un ambiente che non corrisponde alle sue ambizioni, assieme al fatto che le nostre case popolari sono progettate, non sempre per fortuna, senza amore e quindi manca la partecipazione umana sia del pro- gettista, sia dell'abitante. La sola definizione di « case popolari » basterebbe per creare una situazione di di- sagio nell'abitante, quando poi questo aspira eviden- temente alla casa borghese, ecco che il disagio aumenta. Infatti il progettista che sa questo, progetta la casa popolare come una piccola casa borghese, con tutte le sue « sale D, col soggiorno-pranzo, con le camere da letto, col corridoio di disimpegno, con l'anticamera, con tutti i servizi come quelli borghesi ma in misure misere, spazi ridotti che l'inquilino riempie con mo- bili, ancora oggi, in stile. Mobili sproporzionati sia come dimensioni, che come funzioni. Probabilmente la spesa di mobili costosi falso antico (come quelli del capoufficio) pagati faticosamente a rate, vorrebbe equi- librare il misero spazio dell'appartamento popolare, mentre invece ne accentua gli elementi di strettezza e quindi di miseria. Una casa così progettata e così abi- tata è una imitazione della casa di lusso che tutti invidiano e vorrebbero avere.

Nella casa tradizionale giapponese, antica (come modello) di circa mille anni, continuamente rinnovata e diversa, non si ha questo senso di miseria perché è fatta da tutti, da generazioni dove ognuno che ha avuto un minimo di creatività ha portato il suo con- tributo a favore di tutti gli altri che sarebbero venuti dopo. Non si ha un senso di squallore e nemmeno di miseria, benché sia fatta con la massima economia e col minimo costo, perché è fatta con amore e con il massimo della partecipazione degli individui singoli e perché è la somma delle creatività individuali le quali conducono ad una estetica particolare, di tipo ogget- tivo-logico; estetica che si sente in ogni particolare e in ogni soluzione di tutti i problemi dell'abitare, di tipo pratico, estetico, psicologico, nessuno escluso. Questo tipo di partecipazione collettiva alla soluzione di uno dei primi bisogni dell'uomo, conduce alla con- siderazione della specie, piuttosto che a quella del- l'individuo.

Questo vivere senza amore, senza partecipazione; questo senso di miseria lo possiamo trovare anche in certe case di lusso dove una madornale miseria cultu-

rale fa sì che esse siano fatte con i materiali più co- stosi (solito equivoco tra prezzo, valore, funzione) per cui possiamo trovare case con i rubinetti d'oro ma aima un libro di poesia, senza addirittura alcun libro. Ti- pico caso della ricchezza improvvisa in individui edu- cati fin dall'infanzia a invidiare e a desiderare il lusso invece che l'estetica. E qui va subito precisato che si tratta di un particolare tipo di estetica che non ha relazioni con stili del passato e nemmeno con mode artistiche del presente, che non è frutto quindi di una cultura classica scolastica mista a influenza dis- neyana (si pensi alle statuette dei sette nani da met- tere in giardino) come nella nostra borghesia, ma di una estetica che si potrebbe dire che nasca dal giusto uso dei materiali, dal rapporto tra gli spazi senza lusso, e da una coerenza formativa e funzionale.

L'auto Cinquecento Lusso nella mente del compratore (carrozza personale dell'Impera- trice Maria Teresa).

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Archivio Museo Nazionale Scienza e Tec- nica - Milano

La preoccupazione estetica spinge il proget- tista a ideare perfino delle macchine « se- rie », come la macchina a vapore, in « stile neoclassico D. Naturalmente solo la grande colonna è in stile, mentre il resto, e so- prattutto la Grande Ruota, sono molto vol- gari al confronto estetico. Nell'insieme, co- munque, non c'è coerenza formale. Meglio sarebbe una macchina meccanica, senza sti- le, visto che non è possibile dare una forma in stile alle parti meccaniche.

L'estetica è nata un tempo come scienza delle re- gole che guidano la percezione sensibile.

Non è così semplice mettere assieme la parte artistica con la parte tecnica nella pro- gettazione di un oggetto. Gli ingegneri con- siderano la parte tecnica come essenziale e autosufficiente (e in certi casi va bene), gli artisti si sentono capaci di progettare qua- lunque cosa senza conoscere la tecnica ma seguendo esclusivamente l'impulso naturale dell'arte (e in certi altri casi può andar bene). Dipende sempre dalla percentuale di logica e di estetica che occorre in ogni caso. I n una bicicletta l'estetica deriva dalla lo- gica; in una pittura infantile non c'è tecnica. Molti oggetti d'uso quotidiano potrebbero però essere più « giusti », potrebbero avere il rapporto tra logica delle funzioni ed este- tica in perfetto equilibrio e non, per esem- pio, come nel caso di questa mezza auto- mobile a un cavallo.

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Supporto stampato, impiegato nelle apparec- chiature di collaudo degli elaboratori elet- tronici. La disposizione circolare permette di realizzare interconnessioni il cui percorso è minimo rispetto a quello ottenuto con qua- lunque altra disposizione. Questa piastrina, prodotta da Honeywell, è un chiaro esempio di forma determinata dalla logica.

La forma esteriore visibile è l'espressione imme- diata della funzionalità (tecnica) e perciò si accorda con le strutture della natura organica. MAX MENGERINGHAUSEN

PER OGNI OGGETTO E PER OGNI FUNZIONE LA SUA MATERIA GIUSTA

Gli oggetti d'uso possono essere di qualunque ma- teria: si può fare un armadio di vetro, un bicchiere di legno, un cucchiaio di plastica, un lampadario di paglia, una scarpa di gomma. Tutte queste cose, fatte in questo modo, così a caso o per fare una stranezza o per utilizzare una materia di cui si dispone, alla fine vanno anche bene lo stesso. Non avendo altro di me- glio possono anche essere usate così, ma certamente c'è una materia più adatta allo scopò; per ogni uso si può trovare la materia giusta e cioè quella materia che partecipi alla funzionalità dell'oggetto che viene progettato.

Un armadio di vetro si può fare, forse c'è già in casa di qualche originale vetraio, ma vien subito da pensare che è fragile, e che insomma, il vetro non è la materia giusta. In Giappone mettono negli armadi qualche ripiano di legno di canfora, perché profuma gli indumenti e tiene lontane le tarme. Questo è giu- sto. È sbagliato invece un bicchiere di legno perché conserva l'odore di ciò che ha contenuto. Una scarpa di gomma non lascia respirare il piede, un lampadario di paglia fa poca luce. Sembra di dire delle cose ovvie, invece sul mercato troviamo proprio queste cose e il pubblico le compera.

Quando, a suo tempo, l'industria affrontò il pro- blema della produzione di oggetti per la casa fatti di plastica, produsse una certa tazzina di bakelite (una delle prime materie plastiche) che fu un errore colos- sale. Di solito si produce pensando solo a far qualcoda di nuovo a un prezzo più basso per vincere la coti- correnza. Questa tazza di bachelite aveva la forma di una comune tazzina, aveva un colore orrendo per quell'uso (un blu di cobalto, industriale) e aveva una qualità tutta sua: quando un liquido caldo la riem- piva, emanava un odore di fenolo. Si beveva caffè al fenolo. Ben presto, come si può capire, queste tazzine sparirono dalla circolazione e lasciarono nel pubblico dei consumatori una gran diffidenza per la plastica in cucina. Questo è un uso sbagliato di una materia.

Un buon uso dei materiali è invece quando si progetta un divano rivestito di stoffa o di pelie (la plastica non lascia respirare il corpo), un cestino per il pane fatto di paglia o di legno o di bambù, una pattumiera di plastica leggera e lavabile; quando nella

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progettazione non si considera soltanto il lato estetico o strano ma anche la scelta di una materia giusta se- condo la funzione.

11 designer costtuisce i suoi oggetti con un simile tipo di regola estetica, solo che la coerenza formale è data, per esempio, dalla rotazione di una forma basilare in uno spa- zio sferico, o da una caratteristica formale che nasce da uno strumento, o da altre regole che si trovano durante l'analisi delle componenti del problema da risolvere. Si potrebbe dire che l'estetica del designer è più vicina a quella di un ingegnere nella progettazione di un ponte.

Viene citato un famoso aneddoto di Loos sul sel- laio: « Cera una volta un sellaio che fabbricava delle selle comodissime e pratiche; voleva fare però delle selle che fossero anche moderne. E così andò per con- siglio da un professore artista; questi gli spiegò i principi dell'artigianato artistico. Seguendo le sue istru- zioni, il mastro sellaio tentò di fabbricare una sella perfetta, ma il risultato fu una sella identica a quella che faceva, prima. I1 professore gli rimproverò la man- canza di fantasia, fece fare ai suoi allievi dei progetti di selle e ne disegnò alcune egli stesso. Quando il sellaio vide i progetti, si rallegrò e disse al professore: " Signor professore, se ignorassi come si va a cavallo, le proprietà della pelle e il mio mestiere, avrei anch'io una fantasia simile alla vostra " ».

INDICE

dal libro di JAN MUKAROVSKY, La funzione, la norma e il valore estetico come fatti sociali

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ARTISTA DESIGNER

7 Prefazione 12 Funzioni storiche dell'arte

13 Ricerca estetica 14 Arte come hobby 15 Arte ufficiale 18 TAVOLA ROTONDA 23 L'ARTE E L'ÉLITE

30 ARTE PURA E APPLICATA

37 CULTURA TRADIZIONE AVAN- GUARDIA

42 I SEGRETI DEL MESTIERE 47 LO STILE PERSONALE

55 DIVISMO 58 PURA ARTE COMMERCIALE 62 Che cosa vuole il pubblico? 68 QUADRI FALSI

81 CRITICA D'ARTE 82 Critica letteraria 83 Critica lirica 84 Critica ermetica, interrogativa, erudi-

tissima, finta 87 FANTASIA 88 Gaudi

104 PRIMA PAZZI E POI MAESTRI 108 La linea delle mutazioni 110 SOGNO DI GLORIA

114 LA BELLEZZA

28 IL DESIGNER E LA SOCIETA

31 COMUNICAZIONI VISIVE

41 RICERCA

51 Assenza di stile 55 DIVISMO

72 MULTIPLI VERI 81 ISTRUZIONI PER L'USO

87 CREATIVITA

94 Stilisti 98 Motocicletta vertebrata

111 SOGNI DI GLORIA 112 L'individuo e la specie

121 L'estetica vince la miseria 129 Per ogni oggetto, per ogni funzione, la

sua materia giusta