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TORINO IN JAZZ 2006 - 2007 La stagione concertistica al Giardino d’Inverno DUE laghi jazz fEstival 2006 UNA SORPRENDENTE EDIZIONE il viEt nam in mUsica fRa tRaDizionE E jazz Un clUb DEl jazz sotto la molE Intervista a Enrico Rava la scomPaRsa Di maynaRD fERgUson BRIANÇON 25 gennaio - 2 febbraio ALTITUDE JAZZ FESTIVAL Poste Italiane S.p.A Sped. in Abb. Postale - 70% N. 3/2006 AUT. D.C.B. / TORINO Iscriz.al Tribunale di Torino Reg. Stampa n° 5781 Del 14/05/2004 Enrico Rava A L T E R N A T E T A K E S ANNO III NUMERO 3 DICEMBRE 2006

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TORINO IN JAZZ 2006 - 2007La stagione concertistica al Giardino d’Inverno

DUE laghi jazz fEstival 2006UNA SORPRENDENTE EDIZIONE

il viEt nam in mUsicafRa tRaDizionE E jazz

Un clUb DEl jazz sotto la molEIntervista a Enrico Rava

la scomPaRsa Di maynaRD fERgUson

BRIANÇON 25 gennaio - 2 febbraioALTITUDE JAZZ FESTIVAL

Poste Italiane S.p.ASped. in Abb. Postale - 70%N. 3/2006AUT. D.C.B. / TORINOIscriz.al Tribunale di TorinoReg. Stampa n° 5781Del 14/05/2004

Enrico Rava

ALTERNATE TAKESANNO IIINUMERO 3DICEMBRE 2006

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IL DUE LAGHI JAZZ FESTIVAL 2006UNA SORPRENDENTE EDIZIONE

tisti, intellettuali, sportivi dialogano, conil comune denominatore della passione edelle energie mai lesinate nei loro rispet-tivi campi d’azione”. Il Sindaco di Avi-gliana, Carla Mattioli, ha poi ricordato or-gogliosamente come il Due Laghi Jazz fe-stival, sia, anno dopo anno, divenuto,l’evento di maggior rilievo nell’ambitodelle manifestazioni aviglianesi, un even-to che aggrega residenti e pubblico in uncrescendo di entusiasmo e condivisione,nell’organizzazione come nella fruizione.Si è poi entrati nel vivo della lettura-con-certo, con Francesco Pennarola dellaScuola Holden e l’attore torinese EnricoCeva che hanno presentato brani dal workin progress, accompagnati al pianofortedal jazzista di Detroit - residente a Berli-no - Kelvin Sholar. Ripercorriamo insie-me alcuni passi di questa lettura.

Nel Giardino del jazz. "Hallo baby",tributo ad uno dei " padri fondatori"«Perché mai scrivere di un artista che suo-na?» - ha esordito E.Ceva, voce recitan-te, nel presentare, con le parole degli au-tori - S. Scagliotti e F. Albano -, il lavoro.«Non sarebbe sufficiente ascoltarne lamusica? Gianni Basso pensa di sì. Mapensa anche che sia importante trasmet-tere tutto ciò che la musica gli ha dato nelcorso della sua vita, le esperienze accu-mulate, un certo modo di percepire il rap-porto con il jazz, le potenzialità di questamusica immortale - a chiunque voglia sa-perne. Ai giovani soprattutto, a coloro chehanno avidità di conoscenza, a coloro che,magari senza saperlo, potrebbero esserepotenziali appassionati. (…) Gianni Bas-so non ha nulla dell’artista maledetto nédella old star. È severo con se stesso, tal-volta insicuro. Nella vita è una personaschiva che camuffa la sua emotività estre-ma bilanciandola con un grande sense ofhumour ed imponendosi una versatilitàsopra le righe; in palcoscenico, è un timi-do che tende costantemente alla purez-za.(…) Gianni Basso è stato testimone diun’epoca, ma non si può certo dire che icritici, lo abbiano vezzeggiato o gli ab-biano riservato - almeno recentemente -la meritata attenzione. Non lo hanno maiignorato, ovviamente, anzi: negli Annicinquanta, era ritenuto, a clamor di criti-ca, il “tenore N.1 della scena jazzisticaitaliana” ed oggi è considerato uno dei“padri fondatore” del jazz. Tuttavia, ènostra sensazione, che gli siano stati tal-volta contrapposti, talaltra preferiti, altriinterpreti, forse più efficacemente auto-referenziali, qualche abile costruttore di

G. Azzolini, D. Piana, D. Goykovich, G. Cazzola, G. Basso, C. Chiara, F. Albano

“Italian jazz graffiti”: parole,immagini, musica e emozioni

La XIII Edizione del Duelaghi jazz Fe-stival di Avigliana si è conclusa lo scorsosabato 2 settembre. Scambio di saluti inlingue diverse fra i protagonisti delWorkshop, abbracci transoceanici - fraMaghreb - da dove è venuto Mohammed,vincitore del premio Molinero - e Parigi,da dove è giunta invece Charlotte, pro-mettente flautista; e ancora fra Caselette- dove abita Chiara, novella batterista,grande fan, ed ora anche allieva, di San-

goma Everett - e Losanna, dove il saxo-fonista George Robert dirige l’Ecoled’Haute études de Suisse romande (que-st’anno partner dell’Associazione musi-cale Arsis)… Tempo degli addii, o me-glio degli arrivederci, ma con minor no-stalgia del solito: ora c’è il Jazz Club To-rino e non occorre più attendere tutto unanno per provare ancora le stesse emo-zioni, per incontrare i musicisti così davicino, per ascoltarne la musica o farsi unabirra con loro, chiacchierando di jazz…

Sin dai primi eventi di questa edizione2006, si è potuto avvertire il positivo im-patto sul pubblico delle novità introdot-te: dal reading dedicato alla figura diGianni Basso, ai concerti dei big sul LagoGrande, dalle “cene - concerto con postoriservato”, alla Rassegna Italian JazzGraffiti - col memorabile concerto in ono-

re di Oscar Valdambrini e la performancedi Enrico Rava. Si è iniziato con il filmKansas City, proiettato a cura del ValsusaFilmfest, nel Cortile della Pretura. È statapoi la volta del reading Hallo baby, il jazzsecondo Gianni Basso, ad apertura dellarassegna Italian Jazz graffiti, realizzatadalla nostra testata e dal Jazz Club Tori-no, in collaborazione con Torino capitalemondiale del libro e la Scuola Holden.Sotto le antiche volte del corridoio d’in-gresso, la Mostra fotografica “Un anno dijazz club Torino”, curata da GianfrancoVerrua, ha guidato gli spettatori all’om-bra dell’ibisco e degli alberi secolari del“giardino del jazz”, semplice e deliziososcenario con vista panoramica sulla citta-dina. Qui, Fulvio Albano, direttore arti-stico del festival, ad apertura dell’evento,ha ricordato che proprio dall’esperienzadi Alternate takes, è nata l’idea di racco-gliere in un work in progress, il percorsoartistico di Gianni Basso, incentrato sulla

sua fortunata esperienza artistica e pro-fessionale. «Il lavoro - ha precisato - ri-percorre il recente cammino del jazz at-traverso le parole, le idee, le tenaci con-vinzioni di questo Maestro del jazz ita-liano e fornisce un approccio al mondodel jazz come “inesauribile fonte di me-tafore per pensare la modernità”, comerisorsa che da sempre sa sedurre e, comesi direbbe oggi, “contaminare” altri mon-di.”. Fra gli ospiti di Italian Jazz Graffitiera infatti presente anche l’olimpionicoLivio Berruti che ha sottolineato comesport e jazz siano da sempre in dialogocostante, creativo e costruttivo: «Il jazzè veicolo di comunicazione fra mondi di-versi - ha precisato - è luogo privilegiatoin cui scambiare esperienze e confrontarel’impegno profuso - che sia artistico, in-tellettuale o sportivo. È luogo in cui, ar-

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Piero Angela al pianoforte

Piero Angela, Gianni Basso e Fulvio Albano

e, - parola di F.Albano - “ha dato il megliodi se stesso ed incantato il pubblico”. Lasera successiva si sono inaugurate le ses-sioni concertistiche nei Jazz clubs sul Lagogrande; “The Doctors in jazz” - i docentidel workshop - hanno suonato, per un pub-blico prevalentemente composto di giova-ni, al Green Beach - il “locale di tenden-za” fra i più alternativi di Avigliana, ani-mato con passione e creatività da un entu-siasta jazzofilo, Diego Conca. Fra le no-vità di questa edizione, l’aggiunta al gran-de jazz delle serate “clou”, di concerti diottimo livello, ad opera di noti artisti ita-liani: un formidabile “Tribute to Louis Ar-mstrong”, con il gruppo guidato dal con-trabbassista Luciano Milanese, ha scalda-to la notte sul lago al Beach Resort, men-tre alle Terrazze, un trascinante AlfredoFerrario ha presentato “The world of Ben-ny Goodman”. Tutti i concerti sul Lagosono stati seguiti dalle jam sessions avvia-te dai giovani partecipanti al workshop, cuisi sono via via uniti i docenti ed altri musi-cisti torinesi - ma non solo: gradito ospite,fra gli altri, il saxofonista Carlo Atti, daBologna. Mercoledì 31 agosto è stata lavolta del saggio finale degli allievi delWorkshop, sul palco centrale di PiazzaConte Rosso. Altra apprezzata novità del-l’edizione 2006 è stata la formula “Menujazzfest” che ha offerto al pubblico la pos-sibilità di cenare in alcuni ristornati con-venzionati ed usufruire del posto riservatonella platea di Piazza Conte Rosso.

Il “Concerto per Oscar”Giovedì 1° settembre, si è entrati nel vivodel Festival. Primo a salire sul palco,Thierry Lang, con Heiri Kanzig ed altridue vecchi amici del pubblico di Aviglia-na, il batterista Peter Schmidlin ed il di-rettore didattico del Workshop, il saxofo-nista George Robert: grande prova di pro-fessionismo. Sotto la competente guidadi un ospite d’eccezione, il “jazzista” to-rinese Piero Angela, si è poi avviata laRassegna Italian Jazz Graffiti, con il“Concerto per Oscar”, dedicato ad uno trai più grandi musicisti jazz italiani di tuttii tempi, il torinese Oscar Valdambrini, nel

può essere per certinon propriamente edi-ficante. Nello scriveresi tende talvolta a ri-durre la nostra musicaa schema macchietti-stico o a sempliceaneddotica; oggi sem-bra addirittura esseredi moda la fiction suljazz, che coincidespesso col cimentarsiin un campo “di nuo-va tendenza” (…) Framanagers, giornalisti e aspiranti scritto-ri, va a finire che c’è più gente che scriveche gente che suona. Personalmente noncredo che i potenziali ascoltatori, o i veriappassionati di jazz abbiano davvero bi-sogno di troppe teorizzazioni o di eserci-zi letterari. Hanno bisogno della musica.Tutto il resto può essere un dilettevolecorollario, ma niente di più. L’unico modoper celebrare il jazz è suonarlo e suonar-lo bene.”.

A conclusione dell’evento, un’altra pic-cola sorpresa per il pubblico folto, atten-to e partecipe: mentre Gianni Basso con

K. Sholar e F.Albano attacca-vano Now’s the time, giungeinaspettato e salutato da uncaloroso applauso, il batteri-sta Sangoma Everett, oramaidivenuto il beniamino dei jaz-zofili del festival aviglianese.There’s no drums..! I wantplay, commenta. Così, conl’ausilio di alcuni vassoi del-la Caffetteria del Borgo - an-che artefice, grazie al patrònClaudio Pregnolato, di un lau-to cocktail-aperitivo - e di al-cuni legnetti recuperati con

prontezza sul posto - Sangoma si unisceal gruppo, e improvvisa. That’jazz!. VivaSangoma, o come dicono gli aviglianesi“Sanguma” - nome che sembra quasi deri-vato dal vicino torrente Sangone (omeglio,”Sangun”)…

Se nel corso della lettura si è ribaditoche il jazz è un idioma (“We don’t playjazz, we speak jazz!”), quale migliore di-mostrazione? Anche senza strumenti adisposizione, come in questo caso, i jaz-zisti, quelli autentici, non “suonano” jazz.Loro “parlano” jazz… Un vassoio dimetallo e due legnetti, sono sufficienti perricreare il sound di una batteria e forniresupporto ritmico ai fiati.

Grande jazz sul Lago grandee Menu jazzfest

A Kelvin Sholar è toccato anche di chiu-dere il primo giro di musica, con un con-certo per piano-solo al “Corona Grossa”

una propria vincente immagine - queimusicisti che lui definisce con una puntadi ironia, i “collezionisti di premi”, i “mu-sicisti dell’anno”, i “vincitori dei referen-dum” o gli “enfants prodige”... Anche perquesta ragione - come sottolineano gliautori - ci si è voluti cimentare nella nonfacile impresa di raccogliere alcuni fram-menti di una storia di talento e di passio-ne, con intento quasi scaramantico, percontrastare il melanconico pensiero chequesto significativo esponente del jazzitaliano, oggi ancora sulla breccia, in unpur lontano domani, possa essere dimen-ticato e che, con la sua figura, possanoandare perduti o anche solo nascosti dal-la patina del tempo, i suoi “piccoli e grandisegreti”, i suoi piccoli e grandi insegna-menti sul jazz. (…)”. Ecco dunque: «qua-dretti, scene, parole - per una volta, leparole e non la musica - di Gianni Basso;parole talvolta accorate, talaltra pungen-ti, così come i suoi slogans e i suoi lampidi ricordi, non eletti a biografia, ma piut-tosto suggeriti sottovoce, a memoria e rap-presentazione di come si immaginano esi pensano certi jazzisti e di come certijazzisti immaginano e pensano il jazz...»

Sulle note di Honeysuckle Rose, Ain’tmisbeahvin’, Night in Tunisia ed altri ce-lebri standards, eseguiti da Kelvin Sho-lar, Francesco Pennarola ha poi letto stral-ci della diretta testimonianza di GianniBasso: “…Io non so parlare del jazz, iosuono il jazz. Ma di jazz si parla e si scri-ve: racconti, aneddotica e cronache. Sem-pre di più, si sta oggi scrivendo nel no-stro Paese - e non sempre a proposito. Anoi che suoniamo il jazz il fatto di sentir-ne trattare in termini teorici o letterari,talvolta gratifica, talaltra sconcerta. È veroche è importante che se ne parli e se nescriva, certo. Ma, si può dire con le paro-le meglio che con le note? La scarsa di-vulgazione del jazz e la difficoltà, per unneofita, di accedere ad una documenta-zione orientativa scritta è evidente, dun-que avere adeguato materiale a disposi-zione è importante. Ma, a mio modo divedere, il troppo parlare o scrivere di jazz

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IL DUE LAGHI JAZZ FESTIVAL 2006. UNA SORPRENDENTE EDIZIONE.

decennale della sua scomparsa. Se, nellacertezza che “nessuno più degli Italianiha dato al jazz tanti rappresentanti di pri-mo piano”, ci domandassimo con JoachimBerendt, perché questi “brillanti jazzistiitaliani non abbiano trovato maggior ri-conoscimento”, nel caso di Oscar, potrem-mo cercare la riposta nel suo carattereschivo. “Oscar era Mister No - dice GianniBasso - un purista, un perfezionista asso-luto, sempre attento alla qualità artisticae ostile ai compromessi.”. Nel ricordo deisuoi amici e colleghi, Oscar era un gran-de artista, un uomo riservato dalla straor-dinaria competenza: strumentista elegan-te, ‘jazzista nel sangue’, era un uomo ditalento e umanità. “Fra i primi attori sulla

scena del jazz italiano”, come annotavaA.Polillo, fu Oscar a svelare a GianniBasso, con cui fondò importanti forma-zioni, alcuni piccoli segreti degli ingag-gi, alcuni trucchi del mestiere ed un co-stante rigore… Dall’incontro di Giannicon Oscar nacque innanzitutto un’assi-dua e duratura amicizia, e poi un tren-tennale sodalizio artistico. Italian JazzGraffiti ci ha riproposto un assaggio diquelle mitiche formazioni, con accantoa Gianni, Dusko Goykovich, Dino Pia-na, Renato Sellani, Giorgio Azzolini,Gianni Cazzola - che in quei gruppi sto-rici militarono - cui si sono uniti Clau-dio Chiara, Fulvio Albano ed anche Pie-ro Angela - in veste, questa volta, di pia-

nista - per ridar vita agli arrangiamenti eallo stile che, con Attilio Donadio e LarsGullin, contribuirono a creare un soundunico, che fu stata “pietra miliare” deljazz italiano. Il secondo appuntamentomusicale di Italian Jazz Graffiti, ci haofferto invece il sound del “quarto mi-glior musicista al mondo”, secondo l’au-torevole rivista Down beat, il sound coin-volgente di Enrico Rava, autentico tra-scinatore; con lui il pubblico non si è li-mitato ad ascoltare ma è divenuto prota-gonista, cantando e seguendo il ritmo distandards e originals. A suo fianco, ec-cellente ritmica di Andrea Pozza, AldoZunino e Sangoma Everett.

E.R.

Per il grande Enrico Rava ilDue Laghi Jazz Festival edi-zione 2006, che lo ha vistoprotagonista applauditissimonella Rassegna Italian Jazz

Graffiti, sul palco centrale di Piazzaconte Rosso ad Avigliana, è stato unpiacevole tuffo nel passato, ma ancheuna gradita sorpresa.

“Nel giro di due giorni - raccontaRava - al festival ho ritrovato i mieivecchi amici, gli amici di quando eroragazzo: Gianni Basso, Dino Piana,Renato Sellani, Dusko Goykovich.Amici e grandi musicisti che conoscoda più di quarant’anni, da quando ero18enne. È stato davvero piacevole”.

Il Festival dei Due Laghi ha fattoriaffiorare nella mente di Rava, oggitrombettista di primo piano nel panora-ma jazzistico internazionale, anche i ri-cordi, ancora più lontani, di quando,adolescente, viveva a Torino. “D’esta-te - ricorda il jazzman che oggi suonasui palchi di tutto il mondo - andavo aTrana e mi divertivo a correre in bici.Facendo spesso belle gite proprio ai la-ghi di Avigliana. Quest’anno, dopo tan-to tempo, in occasione del festival, misono reso conto, però, di non conosce-re il suo meraviglioso centro storico ela sua magnifica piazza da cui sono ri-masto davvero affascinato. Mi fa sem-pre piacere suonare in Piemonte: la gen-te è gentile e attenta. E al festival horitrovato questa bella atmosfera”.

Nel suo viaggio alle origini del jazzmoderno, in un percorso fra storia e at-tualità, il festival di Avigliana ha crea-to quest’anno l’occasione per un incon-tro tra stelle del jazz, sul terreno acusti-co e degli standards, attraverso un’ine-dita formazione che ha visto EnricoRava accompagnato da Andrea Pozza,Aldo Zunino e Sangoma Everett.

L’ennesima dimostrazione del gran-de momento che sta vivendo il jazz ita-liano con i suoi brillanti talenti, moltidei quali giovani. “È esplosa una situa-zione molto positiva - commenta Rava- senza precedenti, per i nostri musici-sti di jazz; siamo ormai un Paese di pun-ta, come dimostrano i recenti referen-dum della rivista “Down Beat” e i rico-noscimenti della critica che stanno pre-miando molto anche le nuove genera-zioni”. A Rava - si sa - piace suonarecon i giovani artisti: “Mi trovo insintonia con loro: riescono a stimolarela mia curiosità verso strade inconsue-te”- spiega il trombettista, che ha fra isuoi attuali e principali progetti “Newgeneration”, formazione composta, ap-punto, da giovani jazzisti (Mauro Ne-gri, sax / clarinetti, Giovanni Guidi, pia-no, Francesco Ponticelli, contrabbasso,Emanuele Maniscalco, batteria).

Ogni spazio aperto ai talenti emergen-ti, che li valorizzi, è apprezzato da Rava,a cui piace l’idea di un jazz club, chesia anche “club del jazz”, proprio sottola Mole. Il trombettista - che con il suo

quintetto, formato da Gianluca Petrella,Andrea Pozza, Rosario Bonaccorso, Ro-berto Gatto, a gennaio presenterà il di-sco “The words and the days”- per To-rino, dove è vissuto in giovinezza e dovetorna sempre volentieri, ha in mente “un luogo speciale, di cui si parli, doveogni quindici giorni passino anche nomiimportanti, ma dove si faccia del jazztutte le sere”.

Parole che “suonano” per gli amici delJct proprio come un augurio.

UN CLUB DEL JAZZ SOTTO LA MOLEL’ AUGURIO DI ENRICO RAVA

di Laura Carcano

Enrico Rava(fotografia Frédéric Chantossel)

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Quando que-s t ’ e s t a t e

venni interpellatoda Luigi Ratclif,dall’82 alla guidadel DipartimentoGiovani Artisti e

oggi impegnato nei Servizi Culturalidella Città di Torino, se avessi qual-che idea per abbinare un evento mu-sicale ai Mondiali di Scherma che sisarebbero disputati di lì a poco a To-rino, devo confessare che immediata-mente mi si è accesa una lampadina.Anche perché nel mio inconscio al-bergava da tempo l’idea di organiz-zare un qualcosa dove fosse possibilegodere del piacere dell’ascolto dellaBig Band: esperienza oggi sempre piùrara, soprattutto a causa degli ovviicosti che una formazione così allar-gata comporta. Ma cosa poteva calza-re meglio per i Mondiali di Schermache una battaglia tra orchestre.Inoltre ci sono tre elementi comuni tralo sportivo e il musicista: la disciplina,l’improvvisazione ed il ritmo. Se in pe-dana non hai tutte e tre queste doti si fapoca strada (e se ne sono accorti alcu-ni dei nostri più titolati atleti che han-no concluso il mondiale con un pugnodi mosche invece delle medaglie). Lostesso avviene per chi sale su di unpalco e per giunta in una formazionecosì ampia. Così, partendo dall’anticatradizione della battaglia tra orchestre,in voga nel periodo dello swing negliStati Uniti (leggendarie le sfide tra laformazione di Duke Ellington e quelladi Count Basie), similmente ai caval-lereschi duelli che si ingaggiano sullepedane della scherma, ho riproposto,proprio in occasione dei Campionati

Enrico Intra dirige la Civica Jazz Band di Milano La Torino Jazz Orchestra con Fulvio Albano al sax baritono

Gianni Basso ed Enrico Intra, i due band leaders

JAZZ IN PEDANAdi Marco Basso *

Mondiali di Scherma di Torino, unaserata con due grandi orchestre diswing – mainstream, dall’alto conte-nuto culturale e spettacolare. Due or-chestre, che contano su elementi noti alivello mondiale, quella diretta daGianni Basso, peraltro da lui dedicataalla Città di Torino in occasione dellerecenti Olimpiadi Invernali, e quellaCivica di Milano, diretta dal pianista ecompositore Enrico Intra.Inoltre credoche il jazz sia indubbiamente la musi-ca che coinvolge più di ogni altra unpubblico trasversale, differente per età,cultura ed estrazione sociale; una mu-sica assolutamente internazionale peridioma, ottima per attrarre ed intratte-nere ascoltatori, perfettamente adattaad essere suonata in una piazza storicacome piazza San Carlo, davanti ad un

pubblico così eterogeneo. E, ultimaconsiderazione, mi ha spinto a suppor-tare la mia idea l’appellativo di “Tori-no città del Jazz” che la città si meritada tempo, per aver ospitato concerti eclub storici, Festival importanti e datoi natali a tanti eccellenti musicisti didiverse generazioni. Non dimentichia-mo poi che a Torino esiste un impor-tante Jazz Club, sempre più attivo e vi-sibile: grazie anche alla sua collabora-zione l’evento del 7 ottobre è stato unsuccesso e fa ben pensare sul futuro deljazz in città e sulla sua capacità, sem-pre che venga supportato a dovere dal-le istituzioni, di coinvolgere un pub-blico sempre più ampio.

* Giornalista musicale deLa Stampa/torinosette

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“Mi trovavo dentro il BeefsteakCharlie’s, un ristorante di

Broadway, quando il mio amico Ben“the frog” Webster, capitato lì anche luiper caso, mi chiese cosa avessi da fare ilpomeriggio del giorno seguente. Nonavendo programmi particolari accettai ilsuo invito per una jam tra musicisti. Al-meno così lui me la presentò. In realtà sitrattò di una vera e propria seduta di re-gistrazione; ne uscì un disco bellissimo”.Così ricorda il sassofonista BuddJohnson che assieme con ColemanHawkins, allo stesso Webster, con RoyEldrige alla tromba, Jimmy Jones al pia-no, un giovanissimo Les Spann alla chi-tarra, Ray Brown al basso e il formida-bile Jo Jones alla batteria, diede vita aduna delle più significtive registrazionidello “Swing Style”. Webster non invi-tò a caso Budd; fu proprio quest’ultimo,infatti, ad insegnargli le prime note escale al sax tenore e clarinetto.

Webster, che iniziò la sua carrieracome pianista musicando in teatro i filmmuti, in meno di otto mesi divenne unodei sassofonisti di riferimento dell’areadi Kansas City, città in cui era nato il 27febbraio 1909. Dopo aver militato nel‘32 con la band di Bennie Moten e nelbiennio ‘33-34 nell’orchestra di FletcherHenderson, dove sostituì il suo idolo C.Hawkins, alla fine del ‘39 entrò a far par-te della band di Ellington. Duke, che sep-pe valorizzare i propri musicisti comenessun altro leader del jazz e che, nelcontempo, riuscì a trarre da essi il mas-simo giovamento per la sua musica, sirese subito conto di avere a disposizio-ne una splendida voce che poteva rap-presentare, sempre con ottimi risultati,una vera e propria forza d’urto per ese-cuzioni particolarmente grintose oppu-re un suono caldo, elegante e romanticoper le ballads. Perciò gli cuce addossotemi come Cottontail (di cui lo stessoWebster è autore dell’arrangiamento persassofoni), Chelsea Bridge, MoodIndigo, Solitude, All too soon, Raincheke Stormy Weather.

“Stare con Ellington - preciseràWebster a Nat Hentoff durante un’in-tervista - significò per me imparare unmucchio di cose, e non soltanto mu-sicali”.

Nonostante la fiducia e la stima accor-datagli da Ellington, Webster nel ‘43 la-sciò l’orchestra per intraprendere brevitournee con le bands di Woody Hermane di Benny Goodman.

Negli anni 50, pur non rinnegando ilsuo “swing style”, partecipò ad alcuneregistrazioni di Bebop conGillespie,Byas, Pettiford e Max Roach. Legato dal‘50 alla troupe del “Jazz and thePhilarmonic” dell’impresario NormanGranz, rimarrà con essa fino al 59 par-tecipando ad un imponente numero diconcerti e di registrazioni discografichecon gli organici più disparati. Dal 1960per alcuni periodi si ritira dalla scena mu-sicale e nel ‘64, deluso dall’ambientejazzistico americano e profondamenteaddolorato per la perdita della madre,suo costante riferimento, decide di tra-sferirsi in Europa, prima ad Amsterdampoi a Copenhagen.

Lì ritrova la voglia di vivere; scoprenuovi amori ed amicizie e rinasce in luila voglia di suonare, ma purtroppo an-che di bere, suo antico vizio. Trova in-gaggi un po’ dovunque in Europa e suo-na sempre con impegno e professionali-tà. Continuerà a lavorare fino all’ultimo.Muore il 20 settembre 1973 per unatrombosi cerebrale. Del periodo europeodi lui ci rimangono alcune stupende re-gistrazioni nelle quali, anche se si avver-te che il suo periodo di creatività è or-mai passato, rimane la zampata del vec-chio leone in grado di ruggire ancora.

E torniamo al nostro disco; registratoal Nola Recording Studio di New Yorknell’aprile del 59 e pubblicato dallaVerve con numero MGVS6056, fu inti-tolato dapprima Ben Webster andfriends, ma successivamente, nella ver-sione definitiva, col titolo Ben Websterand Associates. Poco cambia; non muta-no le tracce, ben 5: In a Mellow Tone:qui l’introduzione originale di piano diEllington è ripro-posta da Jimmy Jonesdi cui Webster era un sincero ammirato-re. Seguono due chorus di basso e duedi piano; poi la chitarra di Spann, l’in-tervento preciso e cristallino di Eldrigee, dopo l’assolo di Hawkins, segue quel-lo ruvido ed intenso del nostro che por-ta il collettivo al tema finale. I successi-vi De-Dar e Budd Johnson sono due

blues composti per l’occasione dal lea-der, entrambi in “up tempo” che vedonoperò differire l’ordine degli interventisolistici.

Nella quarta traccia Ben soffia unagrandiosa versione di Time After Time(resa famosa da Sarah Vaughan e TeddyWilson nel ‘46) confermandosi il migliorinterprete di temi lenti del jazz. L’ulti-ma traccia, Young Bean, sempre diWebster, è uno slow blues con un temasemplice e lineare. Tutti i solisti metto-no in campo la loro bravura ed elegan-za, ma è sempre Webster a farla da pa-drone con la sua verve fresca e guizzan-te. È realmente un disco superbo, daascoltare e regalare agli amici; in esso siascolta un Webster all’apice della sua pa-rabola artistica. Una curiosità: i tre bluesoriginali inclusi nel disco, al momentodella registrazione non avevano titolo.Nella prima stampa del ‘59 essi vennerochiamati “original” e pubblicati in un cer-to ordine.

Così il critico Leonard Feather, presu-mibilmente in possesso della prima ver-sione, descrisse le tracce del lato b deldisco rispettando l’ordine nel quale leaveva sentite. Successivamente però laVerve ripubblicò il disco cambiandonon solo l’ordine dei pezzi, ma anche ititoli; ecco allora che quando il criticodescriveva Young Bean in realtà si ri-feriva a De-Dar; quando parlava diYoung Bean si occupava di BuddJohnson e descrivendo quest’ultimopensava a De-Dar.

Ne nasce una grande confusione checomunque a Feather viene concessa eperdonata perché rimane sempre uno deicritici più seri, preparati ed onesti che iljazz si vanta di aver avuto.

PRPRPRPRPROFILESOFILESOFILESOFILESOFILESa cura di Vittorio Sicbaldi

BEN WEBSTER AND ASSOCIATES

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LA SCOPERTA DEL “GIARDINO MUSICALE” DEL VIET NAMdi Sergio Bonino

Torino Settembre Musica - Festival internazionale di pri-missimo piano e allo stesso tempo sempre più intrecciatoalla vocazione culturale e internazionale del Capoluogo pie-montese, nell’edizione 2006 ha portato, per la prima voltanel nostro Paese, la tradizione musicale del Viêt Nam, e conessa un primo delizioso approccio a una realtà artistica eculturale pressoché sconosciuta in Italia. Si è trattato di unevento straordinario - come ha ricordato Trân Van Khê,musicologo di fama internazionale che ha assunto la dire-zione artistica dell’evento: mai prima d’ora si era potuto

assistere in Europa ad una tanto estesa “panoramica” dellemusiche del Viêt Nam. Un pubblico attento e partecipe haaffollato le rappresentazioni, sin dalla serata inaugurale, incui Trân Van Khê ha illustrato”i molteplici aspetti del ‘giar-dino musicale’ del Viêt Nam, un Paese, come ha ricordatoE. Restagno, direttore artistico della manifestazione, dove“tutto è splendore: la natura stessa è meravigliosa, una bel-lezza naturalistica e di maniera, da far trattenere il fiato”.Presentiamo qui uno stralcio dell’articolo di Sergio Boni-no, socio sostenitore del JCT, sulla rassegna.

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Torino Settembre musica 2006

Trân Van Khê nella sede dellaBiblioteca Enrica Collotti Pischel

Non si tratta soltanto di memoria cinematografica. Anchechi conservi un vivo ricordo delle immagini quotidiane deltelegiornale della sera degli anni Sessanta, al pari di chi

aveva allora occasione di aprire quotidianamente un giornale as-socia ancora il Viet Nam a immagini di risaie, giungla, napalm,sguardi di bambini, marines dai capelli a spazzola e, per contra-sto, manifestanti con fluenti chiome; il suono è quello delle paledegli elicotteri, delle raffiche degli M16 e delle esplosioni, oppurequello degli slogan e delle canzoni di protesta che cercavano dirisvegliare le coscienze dell’Occidente. Settembre Musica, cheda anni, all’interno di una più classica programmazione, ha abi-tuato il proprio pubblico a delle “esplorazioni” etniche, in questaedizione 2006 ha voluto navigare verso gli orizzonti musicali delViet Nam sonoro, quello autentico, sconosciuto ai più. Così, fa-cendo propri i preziosi suggerimenti del Centro di Studi Vietnamitidi Torino e dell’Associazione musicale Arsis, il festival ha dato vitaa una panoramica sulla civiltà musicale millenaria che i Vietnamitihanno saputo elaborare in modo originale fin dall’antichità facen-do proprie le influenze di varie culture straniere, quella cinese equella indiana soprattutto, e sintetizzando i contributi di quelle et-nie che con i Kinh hanno dato vita al “Paese della Terra e delleAcque”. Una panoramica fatta di quattro inquadrature, a rappre-sentare la commistione tra arte scenica, musica e danza, tra cul-tura dotta e popolare di quella civiltà, e l’incontro con un caleido-scopio di strumenti musicali che alle materie prime e alla storia diquella terra fanno riferimento: pietra, metallo, seta, canna, zucca,cuoio, legno e argilla. Con tamburi e gong a ricordare la civiltà delbronzo e il liuto “a forma di luna” che ci riporta a quella della seta,il klong put le cui canne battenti sembrano risuonare della giungladegli altipiani o il monocordo dan bau, che nella sua apparentesemplicità ben si accompagna al canto di una lingua in cui unadiversa intonazione dello stesso monosillabo ma può andare atradurre “madre” o “tomba”.

I quattro appuntamenti musicali della rassegna vera e propriahanno avuto il loro preludio in un incontro che il 18 settembre siè tenuto al Teatro Gobetti, con i musicologi Giovanni Giuriati,esperto del Sud-est asiatico, Livio Aragona ed Enzo Restagno,direttore artistico del festival, hanno presentato uno studio fon-damentale e unico che Settembre Musica e BMG-Ricordi han-no tradotto e pubblicato per la prima volta in Italia, Musiche delViet Nam, di Tran Van Khe. I torinesi hanno poi avuto modo, il19 settembre, di ascoltare i gong degli altipiani centrali, prezio-se fusioni che si tramandano da secoli presso le famiglie dell’et-nia Ede della regione di Dak Lak; il giorno successivo ha vistoinvece protagonisti i musicisti di Ha Noi, che hanno illustrato lediversissime modalità espressive del Ca tru, dove un attento“tamburo d’elogio” commenta la performance di una voce fem-minile dalla raffinata vocalità e l’irridente satira dell’Hat chèo,dalla rumorosa e coinvolgente teatralità. Alla delicata poetica

del Don ca tai tu ealle cerimonie confu-ciane e buddiste delNhac le, tradizionidel Viet Nam meri-dionale, è stato de-dicato dall’Ensem-ble del Dipartimentodella Cultura di CittàHo Chi Minh, l’ultimodei tre concerti tenu-tisi al Teatro Gobet-ti, mentre il 22 il viag-gio musicale di Set-tembre Musica si èconcluso al Conser-vatorio con il gruppoDai Nach, che ha ini-ziato un folto pubbli-co al Nha Nhac, la“musica elegante” fondata sulla tradizione strumentale e coreo-grafica dell’antica corte imperiale di Hué. Finale ricchissimo, dovela varietà di ance, cordofoni e percussioni corrispondeva all’esplo-sione di colore dei costumi e alla spettacolarità delle evoluzionie delle figure del corpo di ballo.

JAZZ DAL CUORE VIETNAMITAIl MINH’S JAZZ CLUB DI HA NOI

E IL SAX’N ART DI CITTA’ HO CHI MINH“Il jazz è una musica per tutti ma costituisce ancora qual-cosa di bizzarro per i Vietnamiti abituati ad un panoramamusicale basato prevalentemente sulla musica popolare emilitare… Tuttavia sta cominciando a trovare terreno fer-tile anche qui. A Ha Noi ci sono una ventina di musicistijazz con un’età compresa fra i 20 e i 28 anni e questo ècertamente un dato incoraggiante...” - ci dice Quyên VanMinh, “bo gia”, «padrino del jazz hanoiano», come luistesso si definisce. Lo incontriamo al Minh’s Jazz Club,il locale di cui è proprietario. “Ascolto jazz da 34 anni -dice Minh. Ho cominciato ad appassionarmi a questa gran-de musica durante la guerra, attraverso la radio: cercavodi sintonizzarmi sull’emissione BBC; mio padre ed io pas-savamo la notte ad ascoltare i programmi di musica jazz,

a cura di Sandra Scagliotti

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L’Ambasciatore Nguyen Van Nam

stampa organizzata dalla Città di Tori-no in occasione dei concerti vietnamitidi Settembre musica. A capo della rap-presentanza diplomatica di Stoccolmafino al 2002 ed ora a capo dell’Amba-sciata vietnamita a Roma, Nam - so-cio onorario del JCT - ci parla del suorapporto con il jazz e con la musica ingenerale. “Non era facile ascoltare mu-sica nel mio Paese, in tempo di guer-ra... Quando poi giunsi a Mosca percompiere i miei studi, tuttavia, entraiin contatto con tutto un mondo di suo-ni e anche con il jazz, la cui forza ri-siede nel ritmo. Ascoltavo alla radio igrandi solisti del jazz, acquistavo i di-schi...” Gli strumenti ad ancia erano esono i suoi preferiti: “Mi colpiva moltoil suono del saxofono - dice - ed eroaffascinato dalle modalità del jazz, quelmodo apparentemente disorganizzato,eppure coerente, di produrre musica.Mi faceva pensare all’andamento di ungregge di pecore - ricorda sorridendoNam - che sebbene si muova con farescombinato, pur tuttavia segue unaprecisa direzione. Nel jazz, in un certo

senso si segue un principio, nell’alter-nanza di una leadership...”. E, con iljazz, è impossibile non farsi coinvol-gere: “Con questa musica non si puòche avere un rapporto intimo, perchéentra nel profondo dell’anima. Ancheper chi, come me, non ha una grossaconoscenza in materia, non è difficilegodere del buon jazz; è sufficiente la-sciarsi guidare dall’immaginazione dichi suona e farsi trasportare...” All’Am-basciatore Nam dobbiamo riconosce-re un eccellente “orecchio musicale”:sa esprimersi fluentemente in cinquelingue, compreso un ottimo italiano - icui rudimenti ha appreso a Gorizia,come egli stesso ci spiega: “Terminatigli studi in Russia, arrivai, via Zaga-bria, a Gorizia. Non riuscivo a comuni-care, le difficoltà linguistiche mi sem-bravano insormontabili. Così presi re-gistrare i notiziari diffusi alla radio:ascoltavo e riascoltavo, poi cercavo diripetere per acquisire conoscenza lin-guistica e migliorare la pronuncia... In-somma, alla radio, devo ammettere,non ascoltavo solo il jazz!”

JAZZ E DIPLOMAZIAIncontro con Nguyen Van Nam, Ambasciatore della R.S. Viet Nam in Italia

“Amo molto la musica, anche se devoconfessare che, in materia, sono qua-si analfabeta... Diciamo che mi lasciototalmente guidare dall’istinto e dallesensazioni: quando sono nervoso, adesempio, amo ascoltare il rock, con lasua energia...” - così esordisce l’Am-basciatore Nguyen Van Nam che in-contriamo nel corso della Conferenza

VIET NAM DESTINAZIONEDEL TERZO MILLENIO

La musica, si dice in Viet Nam, “è un mezzo meraviglioso dicomprensione tra culture diverse e ci può svelare appieno l’ani-ma di un popolo”…L’incontro musicale con il Viet Nam non èavvenuto, “per caso”, a Torino. La nostra città coltiva da anniun rapporto fecondo con questo paese e - come amano scherza-re i vietnamiti della diaspora - è divenuta la “capitale italianadel Viet Nam”. Oltre all’Università di Torino - prima accade-mia italiana ad avviare, corsi interamente rivolti alla didattica -nel capoluogo piemontese, sono infatti concentrati organismirivolti allo scambio culturale e scientifico ed alla cooperazionecon il Viet Nam, artefici di frequenti iniziative; vi operano ilCentro di Studi Vietnamiti, sorto sul finire degli Anni Ottantaad opera di docenti e studiosi italiani e vietnamiti, la Biblioteca“Enrica Collotti Pischel”, una Camera di Commercio “Italia -Viet Nam” ed anche un “Ufficio visti” - rivolto ai turisti del Nord-Italia che scelgono di visitare questa “meta del Terzo Millen-nio”. La Biblioteca Pischel accoglie, fra il resto, una Collezionepermanente di strumenti musicali tradizionali vietnamiti chepuò essere visitata negli orari di apertura della Biblioteca.

CENTRO DI STUDI VIETNAMITIVia Federico Campana 2410125 Torino - ItalyTel 011/655 166 - Fax 011/ 66 86 [email protected]@[email protected]

www.centrostudivietnamiti.itDal martedì al venerdì dalle 8.30 alle 13.30

talvolta fino alle cinque del mattino». Così ha co-minciato dapprima ad ascoltare e poi a suonare.«Che folle musica, mi dicevo...» A diciotto anniscelsi il jazz come professione. Era un periodo as-solutamente sfavorevole per quel tipo di musica maio volevo uno stile di vita improntato al jazz». Conostinazione Minh prese a dedicarsi allo studio delsassofono. «Volevo riuscire ad esprimermi attraver-so il jazz». E ci è riuscito con ottimi risultati, dap-prima sperimentando una sorta di compenetrazio-ne fra musica tradizionale vietnamita e jazz e poivia via, tentando strade sempre più creative, anchenell’ambito della composizione, «con uno stile cheha “cuore” vietnamita e risente di inflessioni etni-che sebbene sia suonata da ordinarie sessioni com-bo, senza cioè fare ricorso agli strumenti tipici del-la musica tradizionale». Gli strumenti sono quellitipici del jazz ma le tonalità di gran parte dei suoibrani si ispirano alla scala musicale della tradizio-ne etnica. Minh oggi è docente di sassofono pres-so il Conservatorio di Ha Noi, incide dischi e, alMinh’s Jazz Club, in un ambiente tipicamente tro-picale - ventilatori a pala e ampie foglie di bambù- coniuga jazz vietnamita e quotidiana post-mo-dernità, con autentico piglio imprenditoriale. Allepareti immagini di Sonny Rollins e Gerry Mulli-gan ma anche di Bill Clinton ritratto con il sasso-fono nel corso del suo soggiorno vietnamita. Unaltro polo del jazz vietnamita è concentrato nell’ex-Sài Gon, dove il saxofonista Tran Man Tuan, for-matosi alla Berklee School, ha creato uno dei più

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IL JCT A DA NANG

Da Nang, la vecchia Tourane coloniale, con circa 750.000 abitanti, èoggi la quarta città del Viet Nam. Sorge sulla riva occidentale delfiume Han - il Fiume dei Profumi - nel centro del Paese. Da Nang ha

un passato di vicissitudini storiche: nell’agosto del 1858 vi giunsero le truppefrancesi che, per ordine di Napoleone III, diedero avvio alla colonizzazione.Durante la guerra che oppose il Viet Nam agli Usa, l’8 marzo 1965 i marinesamericani sbarcarono sulla spiaggia dopo i violenti bombardamenti sul Viet-nam del Nord. Da quando il paese ha ritrovato la pace, l’indipendenza e l’unitàterritoriale, la città non ha cessato di crescere; fino al 1997 parte della provinciadel Quang Nam-Ðà Nang, dal gennaio 1997 costituisce una provincia autono-ma. Da Nang è dotata di un porto di facile accesso che occupa uno spazioimportante nelle rotte commerciali del Pacifico; di qui parte un flusso rilevantedi esportazioni agro-alimentari (riso, pesce essiccato e the). La città disponeanche di un aeroporto internazionale che è un’importante porta d’accesso alVietnam centrale. L’aeroporto conta diversi collegamenti nazionali ed alcunetratte internazionali. A Da Nang si è trasferito il torinese Sergio Crepaldi, sociosostenitore e grande amico del JCT che, proprio nel cuore della città ha apertoil Torino Jazz Club, quasi omologo e partner del nostro JCT. Nel locale, deco-rato con immagini ispirate al jazz da un’altra torinese, l’artista Silvia Ravizza,Sergio propone cucina italiana e ovviamente buona musica d’ascolto e dal vivo,oltre ad un servizio di sostegno e sup-porto per ituristi italiani. Un’altra buo-na ragione per visitare lo splendido, lus-sureggiante, antico e moderno Viet Nam.IL JCT è al 283 della via NguyenThanh. Potete scrivere a Sergio allamail: [email protected]

Si è spento Maynard Ferguson,trombettista dai formidabili acuti

Proprio sulle pagine dello scorso nume-ro di A.T. avevamo fatto cenno a May-nard Ferguson, ricordandone la collabo-razione artistica con Gianni Basso.L’idea di recensire un vecchio longplaying che li vedeva riuniti ci era statasuggerita dall’ipotesi di invitare il gran-de trombettista canadese al Due LaghiJazz Festival. “Fulvio ed io lo avevamocontattato - dice Gianni Basso - per pro-porgli un concerto nell’ambito del Festi-val 2006. Ma Maynard era impegnato;ci aveva tuttavia assicurato la sua pre-senza per il prossimo anno. Proprio neigiorni di apertura del Festival, tuttavia,abbiamo appreso, con grande tristezza,della sua scomparsa. Ci ha lasciati trop-po presto e ci mancherà.”. Maynard Fer-guson si fece conoscere nell’Orchestradi Stan Kenton, cui procurò un grandesuccesso discografico con i suoi formi-dabili acuti - “alti come grattacieli” -come scrissero i critici dell’epoca. May-nard seppe dimostrare, sin dagli esordi,di possedere un vero senso del jazz eduno swing travolgente. Nella secondametà degli Anni cinquanta con la sua BigBand - che egli definiva una dream band

Maynard Ferguson[http://www2.selu.edu/NewsEvents/PublicInfoOffice/

SLU_MaynardFerguson.jpg]

- imperversò negli Stati Uni-ti e poi in Inghilterra. Era lasua, un’orchestra davvero“di sogno” che fu al centrodi memorabili concerti alBirdland di New York. “Ver-tice assoluto fra i trombetti-sti jazz”, dal punto di vistatecnico-artigianale - sonoparole di E.Berendt - May-nard sapeva centrare ogninota con precisione, “in unfraseggio musicalmenteineccepibile”. Dalla sua or-chestra provengono nume-rosi e celebri musicisti, tut-ti artisti che si distingueva-no per l’assoluta padronanza del propriostrumento, ma soprattutto, come ricor-da Dusko Goykovitch – che, nella BigBand di Ferguson militò - “tutti artisti checondividevano uno stesso ideale musi-cale, fatto di swing, semplice e imme-diato.”. A Maynard non piaceva “viveredi ricordi”: negli Anni Settanta, semprepiù convinto che occorresse “andare dipari passo con i tempi”, con l’orchestraformata in Gran Bretagna, interpretò bra-ni come “Spinning wheel”, “Shaft”, “HeyJude”… E con la colonna sonora di“Rocky”, trovò straordinario successo. Ai

“puristi” che gli rimproveravano di averabbandonato lo swing, replicava: “Ai‘tempi cosiddetti d’oro’ delle big band, igrandi direttori uonavano i pezzi miglioridelle hit parades. Perché non farlo oggi?.Bisogna usare ritmi moderni.”. Eppure,nonostante le sue scelte controverse,Maynard continuò ad affermare il valoredella big band tradizionale, formazioneche, nell’arco della sua carriera, conti-nuò a portare avanti esplorandone lepossibilità musicali e preservandone loswing.

Emma Rondeau

celebri locali di tendenza della città -il Sax ‘n’ Art. Con il CD Và quê (Ri-torno alla campagna) ha venduto85.000 copie: un autentico successoper un brano di jazz, in un paese incui la pirateria discografica fa sì chei cantanti “di grido” raggiungano consoddisfazione il traguardo delle40.000 copie vendute.

Tran Manh Tuan

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RELAXING AT HOMENEW MAINSTREAM

E NEW VINTAGE JAZZ LABEL

Per chi vuole dedicarsi ad un ascolto “domestico”, si an-nunciano grandi novità. Nasce infatti la New VintageLabel, etichetta italo-francese creata dal Jazz Club Torino,che riproporrà in CD i migliori concerti del JCT e dellevarie iniziative realizzate nell’ambito della sua program-mazione, registrati dal vivo. Fra le prime uscite: ItalianJazz Graffiti & other sounds - Due Laghi Jazz FestivalLive 2006. Esce in questi giorni anche un altro CD cheraccoglie alcune fra le migliori perfomances del Piemonteclubbing: Groovin’ at the olympics. New-maistream è lasimbolica suggestione per il jazz “targato Torino”, doveconvivono tradizione e modernità con creazioni musicaliautentiche: jazz come swing, cuore e melodia; come musi-ca che “incontri il pubblico “e che dal pubblico tragga sti-molo e ispirazione. Le attività jazzistiche italo-francesi,insieme con l’etichetta discografica, costituisce la novitàdi punta che sigla una sempre più intensa cooperazione inambito europeo ed il naturale trait d’union per scambi conaffini realtà, per esportare e importare progetti artistici einiziative culturali.

1° CD in uscita per Natale:Italian Jazz Graffiti & other soundsDue Laghi Jazz Festival Live 2006

2° CD in uscita a GennaioGroovin’ at the OlympicsLive in Torino - February 12, 2006The Italian Sax Ensemble - Special guests Franco Cerri& Dusko Goykovich

New Vintage Jazz LabelMJC 35 Rue Pasteur05100 Briançon - (05, Hautes-Alpes) FrancePhone: +33 (0) 4 92 49 60 [email protected] dischi possono essere richiesti direttamente al [email protected] - Tel 011 655 166

Di prossima pubblicazione anche il CD compilation deiconcerti jazz organizzati dal JCT al Piemonte Clubbingin occasione dei XX Giochi Olimpici Invernali Torino2006Jazz clubbing: anima, suono e colonna sonora dellaTorino olimpicaRegistrato dal vivo questo album nasce da un progettocongiunto di Regione Piemonte e Jazz Club Torino; presentauna selezione dei brani eseguiti sul palco del PiemonteClubbing dove si sono avvicendati artisti italiani edinternazionali, a cominciare dall’Italian Sax Ensemble,affiancato da uno dei “padri fondatori” del jazz nazionale,il chitarrista Franco Cerri e dal trombettista - compositore- arrangiatore Dusko Goykovich celebre per le suecollaborazioni con Woody Herman, Maynard Ferguson eDizzy Gillespie. Il caldo e coinvolgente sound della TorinoJazz Orchestra viene a siglare un nuovo, importantetraguardo ed una sfida per un futuro di successi inter-nazionali con il marchio del Piemonte. Fondata e direttadal Maestro Gianni Basso - a sua volta fra gli esponenti

storici più significativi del jazz italiano - e presentata inanteprima nel corso degli eventi olimpici, l’Orchestra traealimento e suggestione dalla celebre Gianni Basso big band- la compagine orchestrale più stabile e longeva dellaRegione. A questa selezione di brani si aggiunge laperformance del George Robert quartet - guidato dalsaxofonista canadese, con Sangoma Everett alla batteriae, ospite, Sandy Patton - già vocalist nella celebre orchestradi Lionel Hampton. Infine, i Three tenors in Jazzaccompagnati da una ritmica prestigiosa (Mario Rusca,Luciano Milanese e Stefano Bagnoli) schierano una front-line di notevole impatto con Scott Hamilton, il principalesaxofonista mainstream dei nostri tempi, Gianni Basso eFulvio Albano - esponenti di spicco di due generazioni dimusicisti.

JAZZ AT THE

LIVE IN TORINO

http://artigianato.sistemapiemonte.itwww.jazzclub.torino.it

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Altitude JazzAltitude JazzAltitude JazzAltitude JazzAltitude JazzFFFFFesesesesestivtivtivtivtivalalalalal

di Briançon - 1a edizione(Festival gemellato con il Due Laghi Jazz Festivaldi Avigliana e con il Susa Open Music Festival)

Iniziativa a cura diVille de Briançon e JCT - Jazz Club Torino

DA GIOVEDÌ 25 GENNAIOA VENERDÌ 2 FEBBRAIO 2007

La Città di Briançon ha scelto di organizzare l’«AltitudeJazz Festival», in eco al «Due Laghi Jazz Festival». DueFestival - uno estivo ed uno invernale - due città storiche,Avigliana e Briançon, legate da tratti comuni, come lefortificazioni, il turismo... Tutto lascia presagire un sicurosuccesso del nuovo evento. Un ambiente jazz, concertie jam sessions nelle strade e nei caffé. Un autenticospirito jazzistico che risuonerà fra le mura fortificate,grazie ad artisti dal talento apprezzato a livello inter-nazionale. Che il suono di saxofoni, trombe, tromboni,appaghi dunque la nostra sete di ascolto e di scopertadella cultura jazz, fonte di convivialità e di un incontrofranco-italiano, fortemente voluto dalle amministrazionial di qua e al di là della frontiera.

Alain BAYROUSindaco di Briançon

SABATO 27 GENNAIO 2007 - ORE 21.30Théâtre le Cadran de BriançonTorino Jazz Orchestra diretta da Gianni BassoIngresso: € 15 - Tesserati JCT: € 12Bus gratuito da Torino: 50 posti su prenotazione

GIOVEDÌ 1 FEBBRAIO 2007 - ORE 21.30Montgenèvre - Salle polyvalenteScott Hamilton quartetIngresso: € 15 - Tesserati JCT: € 12ORE 23 - K WestJam session con il Pedroli-Ciampini-Sicbaldi trio

VENERDÌ 2 FEBBRAIO 2007 - ORE 21.30Casino Barrière de BriançonScott Hamilton quartetIngresso: € 15 - Tesserati JCT: € 12ORE 23Jam session con il Pedroli-Ciampini-Sicbaldi trioBus gratuito da Torino: 50 posti su prenotazione

DA GIOVEDÌ 25 A MERCOLEDÌ 31 GENNAIOAltitude Jazz ClubbingConcerti live nei locali della città

www.altitudejazz.com - [email protected] DE TOURISME - BriançonMaison des Templiers - 1, Place du Temple - BriançonTél. +33 4 92 21 08 50 - Fax +33 4 92 20 56 45Cell. +33 6 [email protected]

VENERDÌ 5 GENNAIO 2007 - ORE 20.30Théâtre le Cadran de BriançonJCT e Théâtre Le Cadran di Briançon presentanoGianni Basso, Fulvio Albano quintetcon Andrea Pozza, Luciano Milanesee Sangoma EverettSpecial guest Dusko GoykovichIngresso: € 25Tesserati JCT: € 13 (consigliata prenotazione)

Théâtre le Cadran de Briançon45 avenue République - 5100 BriançonTel : +33 4 9225 5252

VENERDÌ 9 FEBBRAIO 2007 - ORE 21Università Bocconi, aula magnaIl JCT per il progetto MITOLa Civica Jazz Band di Milano incontra laTorino Jazz Orchestra - Concerto a due orchestrejazz, direttori Enrico Intra e Gianni BassoIngresso gratuito fino ad esaurimento postiInfo: 02 95409482

UN JAZZ CLUB PER TORINOIl Jazz è patrimonio artistico-culturale importante e vitale di Torino,città che ha gloriosi precedenti in questo campo. La nuova associa-zione JCT - Jazz Club Torino, costituita nel 2005, ha per obiettivola creazione di un “ambiente jazzistico” che si ponga come punto diriferimento e d’incontro per i musicisti e per il pubblico metropoli-tano, promuovendo una realtà musicale di valore, rappresentativadella città e della regione. Il J.C.T. rappresenta il polo di aggrega-zione necessario per realizzare una programmazione artistica co-stante affiancata da attività di studio, ricerca e pubblicazione. Leattività concertistiche. Il Jazz Club, s’impegnerà sul piano locale,così come sul versante dell’integrazione nei circuiti nazionali edinternazionali. Accanto ai numerosi musicisti italiani e stranieri chehanno già aderito all’iniziativa, primi testimonials del mondo dellamusica, della cultura e dello sport, sono Armando Trovajoli, PieroAngela, Franco Cerri, Livio Berruti, Ugo Nespolo e Piero Gros.

Tesseramento J.C.T.La tessera di iscrizione a Jazz Club Torino dà diritto a:Frequentare gratuitamente la sede del Club - o altra sede di ritrovo- nelle serate musicali riservate ai tesserati ; ricevere gratuitamentela newsletter “Alternate Takes”; assistere ai concerti organizzatidal Club, in sedi diverse usufruendo di agevolazioni e riduzioni;partecipare a iniziative inserite fra le attività del Club (es. guidaall’ascolto, lezioni - concerto dal vivo, audizioni discografiche,visione di DVD, ecc.); proporre attività di interesse comune legatealla musica jazz.Il costo dell’iscrizione annuale al J.C.T. è il seguente:- Socio Ordinario: Euro 30- Socio Sostenitore: Sottoscrizioni a partire da Euro 60Altre informazioni e programmi dettagliati su “Alternate takes”sul sito: www.jazzclub.torino.itSegreteria J.C.T., Via Federico Campana 24, 10125 Torino: dallunedì al venerdì ore 9.30 - 13.30Tel. 011 655.166 - Fax 011 66.86.336E.mail: [email protected]

EvEvEvEvEventi Specialienti Specialienti Specialienti Specialienti Speciali

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ALTERNATE TAKESDirettore responsabile: Sandra ScagliottiRedazione: Fulvio Albano, Gianni Basso,Alessandro Bollo, Laura Carcano, CarloCarrà, Riccardo Cedolin, Laura Cherchi,Mario Defedele, Manuela Mondino, EmmaRondeau, Yves Rossignol, Vittorio SicbaldiSegreteria di Redazione: Ilenia GalloUffici, Redazione e Coordinamento:ARSIS, Via F.Campana, 24 - 10125 TorinoTel. 011 655 166 - Fax 011 668 [email protected] - www.jazzfest.it:

ALTERNATE TAKESALTERNATE TAKES sono quelle “tracce”,alternative alle versioni edite di brani incisi, otte-nute nel corso di una session di registrazionefonografica e poi scartate nel prodotto finale di-stribuito, per difetto tecnico o vizio formale. Que-ste “tracce”, tuttavia, ci permettono di scoprire ilvolto nascosto e più autentico di una interpreta-zione e forniscono un quadro completo, più inti-mo ed emozionante, di ogni performance artistica.Nello spirito delle “tracce alternative”, è sorta que-sta newsletter periodica, organo di stampa dell’As-sociazione Musicale Arsis - promotrice del JazzClub Torino - con l’intento di contribuire a farconoscere la musica jazz nel nostro paese e pre-sentare, accanto alle manifestazioni in program-ma, spunti di riflessione, notizie e curiosità sulmondo del jazz, ed ai suoi “margini”.A.T. viene distribuita gratuitamente e si può ri-chiedere a: [email protected] o presso la Segre-teria dell’Associazione.

Ai sensi della legge 675/96, chi non intende piùricevere il periodico può altresì segnalarlo allaSegreteria ARSIS, dal lunedì al venerdì (9.30-13.30), Via Federico Campana 24, 10125 Torino -Tel. 011.655.166 - Fax 011.668.6336o inviare una e-mail all’indirizzo:[email protected]

Associazione Musicale Arsis - Via Federico Campana 24 - 10125 Torino - tel. 011 655.166 - fax 011 66.86.336Orario di segreteria: da lunedì a venerdì, dalle 9.30 alle 13.30 - E-mail [email protected] - www.arsismusic.itIn copertina: Enrico Rava al Due Laghi Jazz Festival - 2 settembre 2006 (Foto di Gianfranco Verrua)

Giardino d’Inverno di Piazzale Valdo Fusi

(uscita pedonale del parcheggio sotterraneo)

TORINTORINTORINTORINTORINO IN JAZZO IN JAZZO IN JAZZO IN JAZZO IN JAZZ

“Torino in Jazz”, Stagione Concertistica del Jazz Club Torino, si confi-gura come serie continuativa di eventi jazzistici, in un spazio teso arilanciare l’abitudine all’ascolto della musica dal vivo; è una forma diaggregazione fra artisti e pubblico, strettamente legata alla vita cultura-le metropolitana. La Stagione - organizzata dall’Associazione MusicaleArsis e dal Jazz Club Torino, con il patrocinio della Città di Torino, incollaborazione con Gruppo Torinese Trasporti GTT - usufruisce dellastruttura del “Giardino d’inverno” di Piazzale Valdo Fusi, ove sorgerà il“polo culturale per il Jazz”. A tal fine la programmazione prevede, ac-canto ad eventi con artisti italiani ed internazionali, un appuntamentomensile che vede impegnata la nuova Torino Jazz Orchestra, compa-gine che raccoglie l’eredità artistica della Big Band di Gianni Basso.La grande Orchestra jazz è da considerarsi la forma ultima e più com-pleta di questa espressione musicale: è luogo di nuova e fertileimprovvisazione e di confronto fra differenti generazioni di strumentisti;è eccellente momento creativo e mezzo per avvicinare anche un pub-blico eterogeneo, che ritrova qui, nel sound trascinante e coinvolgen-te di una Big Band, non solo lo stimolo all’approfondimento, ma soprat-tutto la “ri-abitudine” all’ascolto dal vivo di una grande formazione or-chestrale, classica e, nel contempo, attuale.

GIOVEDÌ 14 DICEMBRE 2006 - ORE 21.30Apertura della stagione concertisticacon l’Italian Sax Ensemble e Gianni BassoVENERDÌ 12 GENNAIO 2007 - ORE 21.30Il JCT per le UniversiadiSangoma Everett trioVENERDÌ 19 GENNAIO - ORE 21.30Il JCT per le UniversiadiFulvio Albano - Claudio Chiara quintetGIOVEDÌ 25 GENNAIO - ORE 21.30Il JCT per le UniversiadiTorino Jazz Orchestra diretta da Gianni BassoSABATO 3 FEBBRAIO - ORE 21.30Il JCT per le UniversiadiScott Hamilton quartetGIOVEDÌ 15 FEBBRAIO - ORE 21.30Torino Jazz Orchestra diretta da Gianni BassoGIOVEDÌ 1 MARZO - ORE 21.30Mario Rusca TrioGIOVEDÌ 15 MARZO - ORE 21.30Torino Jazz Orchestra - Special guest George RobertIngresso: € 10 - Tesserati JCT: € 5Il programma aprile-giugno sul prossimo numerowww.jazzclub.torino.it - Tel. 011 655 166

SABATO 13 GENNAIO - DALLE 10 ALLE 18SEMINARIO con Sangoma Everett - Info: [email protected]

GIOVEDÌ 21 DICEMBRE 2006ORE 21.30Claudio Chiara quartetSABATO 17 MARZO 2007ORE 21.30George Robert quartet

Ingresso: € 15 - Tesserati JCT: € 12Casino Barrière Briançon7 avenue Maurice Petsche05100 BriançonTel +33 4 9220 6666e-mail: [email protected]

Il JCT alIl JCT alIl JCT alIl JCT alIl JCT alCasino BarCasino BarCasino BarCasino BarCasino Barrrrrrièrièrièrièrièreeeee

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