Brevi Note Sulla Cessione Della Retribuzione

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    Massimario di Giurisprudenza del Lavoro

    - d i cem br e 2012 - n . 12 , pag . 930

    BREVINOTESULLACESSIONEDELLARETRIBUZIONE

    di Del Vecchio Lina

    S omma r i o :

    1. - Introduzione.

    2. - Definizione e quadro normativo di riferimento.

    3. - Ambito di applicazione.

    4. - Cessione del compenso dei lavoratori parasubordinati.

    5. - Limite quantitativo durata e rinnovi.

    6. - L'efficacia della cessione nei confronti del datore di lavoro.

    7. - Le ipotesi di riduzione della retribuzione.

    8. - Cedibilit del t.f.r. e profili di compatibilit con la previdenza complementare.

    9. - Conclusioni.

    1. - - La gravissima crisi economica che ha investito il nostro Paese, ha reso sempre pi diffuso il ricorso, da parte dei lavoratori subordinati, alla

    cosiddetta cessione del quinto della retribuzione, quale strumento di pagamento e di garanzia dei debiti contratti (1).

    In termini generali, la cessione del quinto della retribuzione consiste in un mezzo di estinzione di obbligazioni nascenti da contratti di finanziamento

    attraverso la cessione di quote della retribuzione. La particolarit della cessione del quinto della retribuzione deriva dal fatto che il rimborso di

    quanto dovuto non viene effettuato da chi ha contratto il finanziamento, bens dal suo datore di lavoro (ovvero dall'istituto previdenziale nel caso

    dei pensionati) ed il relativo importo viene trattenuto direttamente in busta paga (oppure dal trattamento pensionistico) (2).

    2. - - Dal punto di vista civilistico, la cessione del quinto dello stipendio costituisce una speciesdel genusrappresentato dal contratto di cessione

    del credito exart. 1260 c.c. Il lavoratore, dunque, si impegna a pagare il debito contratto attraverso la corresponsione di una parte (nei limiti del

    quinto) della propria retribuzione, ed offre contestualmente al creditore la possibilit di tutelarsi da eventuali rischi di insolvenza - come, ad

    esempio, morte, invalidit o inabilit del lavoratore a svolgere l'attivit lavorativa che gli garantiva la retribuzione ovvero cessazione del rapportodi lavoro per dimissioni o licenziamento - attraverso una apposita polizza assicurativa o fornendo in garanzia il trattamento di fine rapporto

    maturando.

    Pertanto i soggetti che intervengono in tale operazione sono tre: il lavoratore (creditore cedente), il datore di lavoro (debitore ceduto) e la banca-

    societ finanziaria (terzo cessionario).

    La disciplina applicabile al settore privato fino al 2004 era quella rintracciabile nell'art. 1260 c.c. ( Cedibilit dei crediti) in base al quale Il

    creditore pu trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purch il credito non abbia

    carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge. Le parti possono escludere la cedibilit del credito, ma il patto non

    opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione . La norma del codice civile fissa un generale principio in

    forza del quale il creditore libero di cedere il proprio credito ad un terzo, pur senza l'accettazione del debitore ceduto, perfezionandosi la cessione

    con il solo accordo tra cedente e cessionario (3).

    L'art. 1260 c.c. non pone alcuna restrizione quantitativa alla cedibilit dei crediti ma fissa solo limiti che attengono, da un lato, ad eventuali

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    espliciti divieti di legge; e dall'altro lato, al carattere strettamente personale del credito (4). La giurisprudenza (individuando la ratiodella

    disciplina dei crediti strettamente personali nell'esigenza di evitare che al debitore venga imposta una modificazione del lato attivo del rapporto

    obbligatorio di cui parte, e non di tutelare un interesse del creditore) ha escluso l'applicabilit di tale limite alla cedibilit dei crediti retributivi del

    lavoratore dipendente, non riconoscendo ad essi natura personale (5). Per quanto attiene specificamente alla cedibilit dei crediti retributivi, il

    d.p.r. 5 gennaio 1950, n. 180 Approvazione del Testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari

    e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni (6), da un lato, sanciva un generale principio di incedibilit degli stipendi, dei salari e dei

    compensi di qualsivoglia genere corrisposti ai lavoratori per effetto e in conseguenza dell'opera prestata (art. 1); dall'altro lato, quale eccezione a

    tale principio, consentiva ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche (e non dei datori di lavoro privati) di contrarre prestiti da estinguersi con

    la cessione di quote della retribuzione, nel rispetto di precise condizioni, prima tra tutte la soglia massima di cedibilit pari a un quinto della

    retribuzione stessa (art. 5). La giurisprudenza aveva escluso l'applicabilit del d.p.r. n. 180/1950 al settore privato, sulla base della considerazione

    che, ai sensi dell'art. 14 delle preleggi, le eccezioni alla regola generale della cedibilit dei crediti fossero attuabili solo nei casi espressamente

    previsti dalla legge (7). La dottrina, inoltre, aveva precisato che per i lavoratori del settore privato era valido il principio sancito dall'art. 1260 c.c.

    della cedibilit delle retribuzioni senza limiti, e cio anche per l'intero (8).

    A partire dal 1 gennaio 2005, il co. 137 dell'art. 1, legge 30 dicembre 2004, n. 311, ha esteso ai dipendenti di aziende private il d.p.r. 5 gennaio

    1950, n. 180 (9), ed, in particolare, le disposizioni relative alla cessione del quinto dello stipendio (10). Altre novit all'istituto sono

    successivamente state introdotte dall'art. 13 bis, della legge 14 maggio 2005,

    n. 80, che ha ampliato il campo di applicazione soggettivo dell'istituto in questione anche ai lavoratori con contratto a termine, ai lavoratori

    parasubordinati nonch ai pensionati (11). Successivamente l'art. 1, co. 346-347, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 ha esteso anche ai

    lavoratori a tempo indeterminato la previsione della cedibilit dell'intero t.f.r. ha stabilito che le cessioni abbiano efficacia dal momento della loro

    notifica al debitore ceduto ( datore di lavoro) ed, infine, ha esteso anche al settore privato la previsione secondo la quale la cessione pu essere

    estinta in qualsiasi momento anche prima della scadenza. Da ultimo il d.lgs. 13 agosto 2010, n. 141 ha abrogato l'art. 38, co. 1 e 2 del d.p.r. n.

    180/1950 ovvero la norma che prevedeva la possibilit di estinzione anticipata della cessione del quinto. Dunque dal 1 gennaio 2005 la cessione

    del credito retributivo dei lavoratori del settore privato ammessa solamente quando venga realizzata per l'estinzione di un prestito, secondo

    quanto disposto dall'art. 5, d.p.r. n. 180/1950 e nel successivo Titolo III (cessione degli stipendi e salari dei dipendenti dello Stato non garantiti

    dal Fondo, degli impiegati e dei salariati non dipendenti dalla Stato e dei dipendenti di soggetti privati ). Le citate novit legislative, tuttavia,

    hanno generato rilevanti problematiche interpretative, dovute essenzialmente alla difficolt di sovrapporre una disciplina originariamente

    concepita solo per il settore pubblico alle differenti prassi operative tipiche del contesto privato (12). Si noti, da un lato, che non sembra applicabile

    all'istituto in esame, il regolamento di esecuzione del d.p.r. n. 180/1950 ovvero il d.p.r. 28 luglio 1950, n. 895. Dall'altro lato, la regolamentazione

    della cessione del quinto si rinviene anche in alcune disposizioni contenute nel Titolo II; in particolare nell'art. 6 (cui rinvia l'art. 51) e negli altriarticoli del Titolo II espressamente richiamati dall'art. 55, co. 1 (13).

    L'applicazione delle norme richiamate dall'art. 55, tuttavia, non automatica, ma consegue ad un positivo vaglio in termini di generale

    compatibilit e di non sovrapposizione con la disciplina dettata dal Titolo III (14).

    3. - - L'art. 51, richiamando l'art. 6 del d.p.r. n. 180/1950, prevede che i lavoratori subordinati assunti a tempo indeterminato nel settore privato

    possono cedere la loro retribuzione purch siano in attivit di servizio , abbiano una stabilit nel rapporto di lavoro , siano provvisti di

    stipendio o salario fisso e continuativo ed abbiano diritto a conseguire un qualsiasi trattamento di quiescenza. In particolare il requisito della

    stabilit nel rapporto di lavoro, cos come interpretato dalla giurisprudenza (15), non esclude dalla applicazione delle norme sulla cessione del

    quinto della retribuzione la categoria dei dirigenti; per questi ultimi, infatti, nonostante la normativa legale preveda una tutela attenuata in

    materia di licenziamento rispetto alle altre categorie di lavoratori, la contrattazione collettiva ha introdotto un regime convenzionale di controllo

    della giustificatezza del licenziamento individuale.

    Per i lavoratori subordinati a tempo determinato l'art. 52 del d.p.r. n. 180/1950, come modificato dalla legge n. 80/2005, prevede che la durata

    della cessione non possa eccedere il periodo di tempo che, al momento della stipulazione dell'atto di cessione, deve ancora trascorrere per la

    scadenza del contratto.

    Il d.p.r. n. 180/1950, inoltre, stabilisce,all'art. 54, l'obbligo della garanzia (che pu essere prestata da qualunque istituto assicuratore)

    dell'assicurazione sulla vita e contro i rischi di impiego, per consentire il recupero del prestito nei casi in cui, per cessazione o riduzione della

    retribuzione o per liquidazione di un trattamento di quiescenza insufficiente, non sia possibile la continuazione dell'ammortamento o il recupero del

    credito residuo (16).

    4. - - Un' ulteriore innovazione dell'istituto della cessione del quinto della retribuzione riguarda l'estensione, ad opera dell'art. 13 bis, della legge 14

    maggio 2005, n. 80, ai lavoratori titolari dei rapporti di lavoro di cui all'art. 409, n. 3), c.p.c. (17). Il nuovo art. 52 del d.p.r. n. 180/1950 prevede,

    quindi, che i titolari di un rapporto di lavoro coordinato e continuativo svolto in maniera prevalentemente personale come agenti, rappresentanti,

    collaboratori coordinati e continuativi nonch collaboratori a progetto exart. 69 e ss. d.lgs. n. 276/2003, possano cedere un quinto del loro

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    compenso alla condizione che: il rapporto abbia durata non inferiore a 12 mesi; la cessione non ecceda il periodo di tempo che, al momento

    dell'operazione, deve ancora trascorrere per la scadenza del contratto in essere; il compenso oggetto della cessione abbia carattere certo e

    continuativo.Al riguardo la dottrina ha sottolineato che le suddette condizioni rendono piuttosto difficile la concreta applicabilit di tale

    normativa, considerata la frequente variabilit del compenso di siffatti lavoratori (18). Inoltre si evidenziato che la previsione di un limite

    minimo (di dodici mesi) di durata determini talune problematiche con riferimento ai rapporti il cui termine sia fissato indirettamente, come ad

    esempio per il lavoro a progetto exart. 62, co. 1, lett. a),d.lgs.

    n. 276/2003 (19).

    5. - -Come gi emerso, ai sensi dell'art. 5 del d.p.r. n. 180/1950 i prestiti da estinguersi mediante cessione della retribuzione possono essere

    contratti unicamente nei limiti del quinto dello stipendio netto. Tale limite di cedibilit sussiste per tutte le cessioni poste in essere a partire dalla

    data di entrata in vigore della legge n. 311/2004, cio dal 1 gennaio 2005 (20).

    Per quanto riguarda la durata, essa non pu eccedere i dieci anni (art. 52, d.p.r. n. 180/1950) (21). In ogni caso se al dipendente mancano meno di

    dieci anni per conseguire il diritto al pensionamento, il medesimo non pu contrarre un prestito superiore alla cessione di tante quote mensili

    quanti sono i mesi necessari per il conseguimento del diritto al collocamento a riposo (art. 55 e 23, d.p.r. n. 180/1950).

    Ai sensi dell'art. 24 del d.p.r. n. 180/1950 i dipendenti che non siano in attivit di servizio non possono accedere all'istituto in questione; in

    particolare tale norma stata interpretata in senso restrittivo, ossia riferita a tutte le ipotesi in cui il rapporto di lavoro sospeso e con esso

    anche l'obbligo retributivo del datore di lavoro, come avviene in caso di aspettativa non retribuita (22) o in caso di fruizione di un congedo per la

    formazione o per eventi e cause particolari.

    In base alle disposizioni relative al rinnovo di cessione (artt. 39 e 40, co. 1 e 3, d.p.r. n. 180/50) il lavoratore pu stipulare una nuova cessione solo

    se stato estinto il finanziamento precedente ovvero quando il ricavato della nuova cessione destinato al saldo del residuo debito con l'istituto

    cessionario. Conseguentemente non ammessa la presenza di pi di una cessione sullo stipendio e ci anche quando la quota complessiva ceduta

    non ecceda il limite massimo di 1/5, previsto dagli artt. 5 e 52 del d.p.r. L'art. 6, d.m. 27 dicembre 2006, n. 313 ha previsto che con riferimento ai

    dipendenti di cui all'art. 52 del testo unico, il rinnovo della cessione consentito dopo che siano decorsi i due quinti della durata della cessione

    medesima.

    6. - - L'art. 1, co. 346 della legge n. 266/2005 (Finanziaria 2006) - modificando l'art. 1 del d.p.r. n. 180/1950 - ha stabilito che la cessione della

    retribuzione ha effetto dal momento della sua notifica nei confronti del datore di lavoro (debitore ceduto) (23). In merito alla forma della notifica,

    la giurisprudenza sottolinea che questa libera, purch avvenga attraverso un atto avente data certa, cio a mezzo di raccomandata ossia a mezzo

    di ufficiale giudiziario (24). Prima dell'entrata in vigore della legge n. 266/2005, invece, trovava applicazione l'art. 1264 c.c. ( Efficacia della

    cessione riguardo al debitore ceduto) (25) in base al quale la cessione aveva effetto nei confronti del datore di lavoro (debitore ceduto) quando

    questi l'aveva accettata o gli era stata notificata. Inoltre ove la societ finanziaria avesse potuto provare che anche prima della notifica della

    cessione il datore di lavoro era a conoscenza del contratto stipulato con il dipendente, il pagamento effettuato al dipendente stesso non avrebbe

    liberato il datore di lavoro nei confronti della finanziaria.

    Un problema che si pone in merito alla disciplina dell'istituto in esame, riguarda i profili di responsabilit del datore di lavoro in altre parole ci si

    chiede se il datore di lavoro possa essere ritenuto responsabile dell'eventuale mancato rispetto dei limiti stabiliti dal d.p.r. n. 180/1950 all'esercizio

    della facolt di cessione della retribuzione. Su tale aspetto, tuttavia, non esiste, all'interno del d.p.r. n. 180/1950 una specifica indicazione per cui

    si potrebbe fare riferimento (seppur in assenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale in materia) alla disciplina generale in materia di

    cessione del credito exart. 1260 (26) e ss. del c.c. In base alle norme del codice civile, dunque, il terzo debitore ceduto (nel caso di specie il datore

    di lavoro) non tenuto a verificare la sussistenza dei presupposti di validit della cessione della retribuzione quando la stessa gli venga comunicata

    dal cedente. In altri termini, il datore di lavoro sarebbe obbligato a dare esecuzione all'atto di cessione senza poter opporre al cessionario le

    eccezioni di validit della cessione, salvo che si tratti di eccezioni che derivino dal rapporto di cessione (27).

    7. - - La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, l'irrogazione di una sanzione disciplinare pecuniaria o, comunque,

    di una sospensione per illecito disciplinare che decurti la retribuzione, nonch ogni altra causa di riduzione della retribuzione derivante dalla

    sospensione del rapporto di lavoro, sono vicende che riducendo la misura della retribuzione, vanno ad incidere, conseguentemente, sull'istituto

    della cessione del quinto. L'art. 35, d.p.r. n. 180/1950 prevede al co. 1 che qualora la retribuzione gravata da trattenuta a titolo di cessione del

    quinto subisca una riduzione pari o inferiore ad un terzo del suo ammontare, il datore di lavoro potr continuare ad operare la trattenuta dalla

    retribuzione nella misura stabilita dalla societ finanziaria.

    In base al co. 2 della stessa norma, invece, qualora la riduzione sia superiore ad un terzo della retribuzione netta, la trattenuta non potr eccedere

    la misura di un quinto della nuova retribuzione in tal caso bisogner comunicare tempestivamente alla societ finanziaria l'evento che determina

    la riduzione della retribuzione e chiedere che venga rideterminato l'importo della rata da trattenere. Un'attenzione particolare meritano due casi

    di sospensione del rapporto di lavoro, uno dovuto a vicende inerenti alla figura del datore e l'altro conseguente a vicende che rientrano nella sfera

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    del lavoratore. Si tratta dell'ipotesi di malattia coperta, in via principale, dall'Istituto nazionale di previdenza sociale e dell'ipotesi di cassa

    integrazione guadagni ( ordinaria o straordinaria), quando sia intervenuto il provvedimento di sospensione. In questi casi si precisato (28) che le

    erogazioni corrisposte dal datore di lavoro non sono sempre tecnicamente qualificabili come retribuzione, essendo soltanto anticipazioni del

    datore di lavoro come sostituto dell'Istituto previdenziale. Pertanto, potrebbe porsi il problema per il datore di lavoro di sospendere l'eventuale

    cessione al cessionario delle relative indennit previdenziali, qualora la sospensione del rapporto e dell'obbligo retributivo si protragga almeno per

    un intero mese. Tuttavia tale conclusione, seppure corretta sul piano strettamente giuridico, comporta per l'azienda il rischio di contestazioni sia

    da parte del lavoratore, sia da parte del terzo cessionario. Peraltro, non avendo lo stesso istituto previdenziale alcun concreto interesse acontestare l'avvenuto versamento all'istituto finanziario delle anticipazioni del datore di lavoro, risulta pi opportuno per l'azienda continuare ad

    operare la trattenuta sulle erogazioni da corrispondere al lavoratore con le stesse modalit seguite per la trattenuta del quinto della retribuzione.

    8. - - Per quanto riguarda l'evoluzione normativa e gli effetti sulla cedibilit del trattamento di fine rapporto, opportuno distinguere tra periodo

    antecedente e periodo successivo all'entrata in vigore della legge n. 311/2004. Prima dell'entrata in vigore della l.

    n. 311/2004 (29) - che ha esteso ai dipendenti privati la disciplina in materia di cessione del quinto della retribuzione - per il settore privato vi era

    un orientamento giurisprudenziale che considerava il t.f.r. cedibile per intero (30). Per cui erano da ritenersi legittime le previsioni contenute nei

    contratti di cessione della retribuzione secondo le quali, in caso di risoluzione del rapporto il datore di lavoro avrebbe potuto trattenere e,

    conseguentemente, versare alla societ finanziaria, l'ammontare dell'intero t.f.r. fino a concorrenza del debito residuo. Quanto ai dipendenti

    pubblici, invece, in virt dell'art. 1 del d.p.r. n. 180/1950, la giurisprudenza (31) dichiarava il divieto assoluto di cedibilit per tutti gli emolumenti

    erogati per effetto ed in conseguenza dell'opera prestata ad eccezione delle ipotesi previste dall'art. 5 dello stesso d.p.r., tra le quali, tuttavia,

    non era incluso il t.f.r.

    A partire dal 1 gennaio 2005, data di entrata in vigore della legge n. 311/2004, era sorto il dubbio se fosse applicabile anche ai dipendenti privati

    il principio dell'incedibilit del t.f.r., affermato dalla giurisprudenza di Cassazione per i dipendenti del settore pubblico (32).

    A tal riguardo intervenuta la legge n. 80/2005 che ha modificato l'art. 52 del d.p.r. n. 180 stabilendo che alla cessione del trattamento di fine

    rapporto dei lavoratori a tempo determinato non si applicasse il limite del quinto. Tale modifica sembrava confermare la tesi secondo la quale

    sussisteva il limite del quinto per le cessioni del t.f.r. dei lavoratori a tempo indeterminato.

    Successivamente, per, il legislatore intervenuto con la legge n. 266/2005, estendendo in maniera esplicita il criterio della cedibilit dell'intero

    trattamento di fine rapporto anche ai lavoratori con contratto a tempo indeterminato. Quindi oggi se ad un datore di lavoro venisse notificato un

    atto di cessione avente ad oggetto l'intero t.f.r. di un suo dipendente, lo stesso datore sarebbe tenuto a darvi esecuzione, con la ulteriore

    conseguenza che in caso di cessazione del rapporto di lavoro riguardante il medesimo lavoratore, egli, prima di versare la somma accantonata di

    t.f.r., sarebbe tenuto a colmare il debito per il quale stata notificata la cessione (33). Un ulteriore elemento di riflessione riguarda la

    compatibilit tra l'adesione alla previdenza complementare e la cessione del t.f.r. (34). Su tale aspetto la Covip ( Commissione di vigilanza sui

    fondi pensione) con nota del 30 maggio 2007 (35) ha dichiarato che la cessione in garanzia del trattamento di fine rapporto da parte del

    lavoratore, che abbia contratto un prestito, a favore della societ finanziaria, non preclude la possibilit di conferire il t.f.r. ad una forma

    pensionistica complementare, in forma esplicita o tacita, secondo le indicazioni contenute nell'art. 8, co. 7 del d.lgs. n. 252/2005. Secondo la Covip,

    infatti, il lavoratore, prima di effettuare la propria scelta, deve valutarne le conseguenze sul piano dei rapporti con la societ finanziaria ed il

    datore di lavoro deve fornire adeguata informativa alla societ finanziaria in merito alla scelta del lavoratore di destinare il t.f.r. maturando alla

    previdenza complementare. La Commissione sottolinea, inoltre, che l'effetto traslativo del credito in capo al cessionario si perfezioner al

    verificarsi di due presupposti: che il lavoratore risulti inadempientenella restituzione della somma ottenuta in prestito e che siano maturi i

    requisiti per ottenere la liquidazione della somma da parte della previdenza complementare (essendo intangibile la posizione individuale in fase di

    accumulo) (36). Il Ministero del Lavoro ha, inoltre, chiarito che se il lavoratore sceglie di aderire ad un fondo di previdenza complementare ci che

    viene a mutare solo il soggetto depositario del t.f.r.: il fondo al posto del datore di lavoro. Per la societ finanziaria che ha erogato il prestito noncambia nulla poich l'oggetto della garanzia non viene meno a seguito di questo mutamento (37). Da ultimo il Ministero del Lavoro ha chiarito che

    le clausole contenute nei contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio che vietano al lavoratore di conferire il t.f.r. alla

    previdenza complementare e che vietano di incrementare i versamenti al fondo pensione o di chiedere anticipazioni o riscatti sono nulle in quanto

    contrarie a norme imperative, nonch all'interesse pubblico tutelato dall'art. 38, co. 2, Cost. che riconosce il diritto dei lavoratori a vedersi

    assicurati mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidit, vecchiaia e disoccupazione volontaria (38).

    9. - - Gli interventi legislativi finora descritti hanno permesso un notevole ampliamento del campo di applicazione soggettivo dell'istituto della

    cessione del quinto, oggi comprensivo dell'amplissimo novero delle collaborazioni coordinate e continuative, dei lavoratori a tempo determinato e

    dei pensionati, ma, come emerso, hanno generato numerose difficolt interpretative e gestionali (da affrontare in assenza di una disciplina di

    dettaglio). Si pensi ai dubbi interpretativi sorti intorno all'applicabilit per analogia del limite del quinto e alla cedibilit del t.f.r., nonch alle

    difficolt di gestione di pi cessioni contemporaneamente.

    Molti dubbi, inoltre, sono sorti di fronte a prassi gestionali delle societ finanziarie, quali le richieste ai datori di lavoro di fornire dettagliate

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    informazioni sui dipendenti o le richieste di sottoscrizione da parte del datore di lavoro dei c.d. atti di benestare. In ogni modo la disciplina

    dell'istituto in esame non sembra obbligare il datore di lavoro a fornire le suddette informazioni al terzo cessionario (39). Inoltre, la richiesta di

    benestare (trasmessa contestualmente alla notifica della cessione) e la eventuale sottoscrizione dell'atto di benestare, nulla aggiunge alla

    efficacia stessa della cessione verso il datore di lavoro, gi realizzatasi con la notificazione.

    Il nuovo impianto del d.p.r. n. 180/1950 sembra, invece, sollecitare una verifica procedurale interna al datore di lavoro (40) che consenta, tra

    l'altro, di delineare in modo pi netto la distinzione tra la fattispecie della cessione del quinto della retribuzione rispetto ad altre fattispecie ad essa

    contigue come, ad esempio, la delegazione di pagamento exartt. 1268 e ss. c.c. Ci molto importante nello svolgimento del rapporto di lavoro

    poich la trattenuta che il datore di lavoro tenuto ad effettuare in virt di una eventuale delegazione di pagamento non soggiace evidentemente a

    limiti quantitativi (41).

    _____

    (1) V., in questi termini, F. ROTONDI, Cessione del quinto e anticipazione del t.f.r.,in Guida alle paghe 2009, 634 e ss.

    (2) Cfr., F. R OTONDI , Cessione del quinto e anticipazione del t.f.r.,cit., 634.

    (3) V., in giurisprudenza, Cass. 18 dicembre 1990, n. 11980, in Giust. civ. - Mass. 1990, 12.

    (4) In giurisprudenza v., tra le altre, Cass. 1 aprile 2003, n. 4930, in Giust. civ. - Mass. 2003, 4, in base alla quale per credito strettamente

    personale si intende il credito volto al diretto soddisfacimento di un interesse fisico o morale della persona credito per il quale non pu dirsi

    indifferente che il debitore adempia nei confronti di un creditore o di un altro.

    (5) Cass. 1 aprile 2003, n. 4930, cit. Pret. Torino 27 settembre 1996, in Giur. piemontese 1997, 110.

    (6) L'istituto della cessione del quinto ha radici storiche radicate: la prima regolamentazione si avuta nei primi anni del 1900, ma la prima

    sistemazione organica stata realizzata con il r.d. n. 335 del 1908 nel 1950 si decise di riunire le varie disposizioni in un testo unico, il

    d.p.r. n. 180/1950 successivamente stato emanato il d.p.r. n. 895 del 28 luglio 1950 Regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi

    concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni, approvato

    con d.p.r. 5 gennaio 1950, n. 180.

    (7) Cfr., Cass. 1 aprile 2003, n. 4930 cit. Cass. 1 aprile 2003, n. 4911, in Dir. giust. 2003, 17, 96; Cass. 28 gennaio 2002, n. 981, in Giust. civ.

    - Mass. 2002, 141; Cass. 22 ottobre 1997, n. 10362, ibidem1997, 1979.

    (8) D. SIMONATO,La cessione a scopo di garanzia del credito per trattamento di fine rapporto, in Lav. giur. 2004, 577.

    (9) importante ricordare, tuttavia, che il legislatore non ha esteso al settore privato il successivo d.p.r. n. 895 del 28 luglio 1950, cit.

    (10) In particolare con l'intervento del 2004, le aziende private sono state aggiunte all'elenco dei datori di lavoro cui si applicano i divieti di

    pignorabilit, sequestrabilit e cessione, indicati nell'art. 1, co. 1, d.p.r. n. 180/1950 e la rubrica del Titolo III relativa alla cessione di stipendi e

    salari stata modificata con l'aggiunta dei dipendenti di soggetti privati. Si ricordi che la disciplina applicabile fino al 2004 era quella dell'art.

    1260 c.c. Cedibilit dei crediti per cui non vi era alcuna limitazione quantitativa alla cedibilit dei propri crediti.

    BREVI NOTE SULLA CESSIONE DELLA RETRIBUZIONE. - Riassunto.Il saggio esamina il quadronormativo che ha generato l'estensione al settore privato della disciplina della cessione del creditoretributivo dettata, per i dipendenti della pubblica amministrazione, dal d.p.r. n. 180/1950. Alla lucedell'ampliamento del campo di applicazione soggettivo dell'istituto della cessione del quinto dellaretribuzione, si affrontano i problemi legati: alla responsabilit del datore di lavoro a fronte delmancato rispetto dei presupposti di validit della cessione della retribuzione alle ipotesi di riduzione

    della retribuzione derivante dalla sospensione del rapporto di lavoro alla cedibilit del trattamento diine rapporto ed ai profili di compatibilit con la previdenza complementare. Infine si sollevano dubbiin merito ad alcune prassi gestionali delle societ finanziarie di richiedere al datore di lavoroinformazioni sui dipendenti ovvero di richiedere la sottoscrizione di atti di benestare.

    SHORT NOTES ON THE ASSIGNMENT OF PAY. - Summary. The paper esamines the regulatoryramework that generated the extension, on the private sector, of the discipline of transfer pay

    dictated, for public sector employees by Presidential Decree No 180/1950. In the light of enlargementof subjective range of transfer pay of the fifth, face off the problems concerning: the responsibility of theemployer in respect of non-compliance with the conditions of validity of the transfer pay; thehypothesis of reduction of pay for suspension of work; the transferability of termination indemnitiesand the profiles of compatibility whit the supplementary pension. Finally doubts arise regarding somemanagement practices of financial firms to require the employer to employee information orrequesting the signature of acts of approval.

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  • 7/23/2019 Brevi Note Sulla Cessione Della Retribuzione

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    (11) Per un primo esame dell'art. 13 bis, l. n. 80/2005 v., FALASCA, Cessione del quinto: nuove norme per i lavoratori a termine, i pensionati ed

    i parasubordinati, in Giur. lav. 2005, 22. Inoltre, S. LUCANTONI,La cessione delle pensioni nella legge di conversione del decreto

    competitivit, inPrevidenza e assistenza pubblica e privata. Il diritto della sicurezza sociale,Milano 2005, 695 e ss.

    (12) Cos, S. MALANDRINI, Cessione dello stipendio e legge Finanziaria 2005, in Dir. prat. lav. 2005, 301.

    (13) Si deve segnalare che l'art. 1, co. 346, l. n. 266/2005 ha soppresso nell'art. 55 il richiamo all'art. 38, co. 1 e 2 del d.p.r., che limitava lapossibilit di estinzione anticipata della cessione del quinto da parte del lavoratore.

    (14) F. FALCIONI,La cessione del credito retributivo, in Amoroso, Di Cerbo, A. Maresca (a cura di), Diritto del lavoro Milano 2009, 2441.

    (15) Secondo la Corte di Cassazione stabile ogni rapporto che, indipendentemente dal carattere pubblico o privato del datore di lavoro, sia

    regolato da una disciplina che, sul piano sostanziale, subordini l'efficacia della risoluzione alla sussistenza di cause obiettive e predeterminate e, sul

    piano processuale, affidi al giudice il sindacato di tali circostanze e la possibilit di rimuovere gli effetti del licenziamento illegittimo (Cass. 4 maggio

    1979, n. 2558, in Giust. civ. - Mass. 1979, 5).

    (16) V., CONFINDUSTRIA VICENZA,Pignoramento, cessione della retribuzione e prestito ai dipendenti, Vicenza 2007, 13. In tale documento si

    sottolinea che l'art. 53 del d.p.r. n. 180/1950 estende ai dipendenti di aziende private la previsione secondo la quale sono autorizzati a concedere

    prestiti ai dipendenti, da estinguere con cessione di quote di stipendio: l'Istituto nazionale delle assicurazioni le societ di assicurazione legalmente

    esercenti gli istituti e le societ esercenti il credito, escluse quelle costituite in nome collettivo e in accomandita semplice le casse di risparmio e imonti di credito su pegno.

    (17) V., in tema di pignorabilit dei crediti, Cass. 18 gennaio 2012, in Giust. civ. - Mass. 2012, 1, 43.

    (18) Cfr., R. NUNIN,Le novit in materia di cessione del quinto, in Lav. giur. 2005, 615.

    (19) F. FALCIONI,La cessione del credito retributivo,cit., 2444.

    (20) Condivisibile l'opinione di chi ha ritenuto che, in relazione agli atti di cessione disposti in data antecedente l'entrata in vigore della legge n.

    311/2004, il datore di lavoro sia legittimato a proseguire nell'erogazione al cessionario nel rispetto delle modalit operative sino a quel momento

    osservate In tal senso S. MALANDRINI, Cessione dello stipendio e legge finanziaria 2005, cit., 300).

    (21) Solitamente le societ finanziarie prevedono una durata pari a 24-36 mesi.

    (22) CONFINDUSTRIA VICENZA,Pignoramento, cessione della retribuzione e prestito ai dipendenti, cit. 13-14.

    (23) V., sul punto, i chiarimenti contenuti nel decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 27 dicembre 2006, n. 313, artt. 3 e 4.

    (24) Cos, Cass. 2 settembre, 1997, n. 8387, in Giust. civ. - Mass. 1997, 1604.

    (25) In base al quale: La cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l'ha accettata o quando gli stata notificata. Tuttavia,

    anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza

    dell'avvenuta cessione.

    (26) In questi termini si espressa CONFINDUSTRIA VICENZA,Pignoramento, cessione della retribuzione e prestito ai dipendenti, cit., 18.

    (27) V., Cass. 5 febbraio 1988, n. 1257, in Giust. civ. - Mass. 1988, 2 in base alla quale il debitore ceduto pu opporre al cessionario solo leeccezioni opponibili al cedente. Tali eccezioni sono sia quelle dirette contro la validit dell'originario rapporto (nullit -annullabilit), sia quelle

    dirette a far valere l'estinzione del credito (pagamento-prescrizione). Al contrario, non pu il debitore ceduto opporre al cessionario le eccezioni

    che attengono al rapporto di cessione, perch il debitore rimasto ad essa estraneo e tale rapporto non incide in alcun modo sull'obbligo di

    adempiere. Secondo un diverso orientamento giurisprudenziale il debitore ceduto tenuto a verificare, usando la normale diligenza, l'esistenza e

    la validit della cessione prima di pagare al cessionario come condizione per ottenere la liberazione, tranne che la comunicazione non provenga dal

    cedente [...], nel qual caso presenta il massimo della affidabilit e dispensa dall'onere della verifica (Cass. 2 febbraio 2001, n. 1510, in Giust.

    civ. 2001, I, 1856).

    (28) In tal senso si espressa la circolare Confindustria 27 maggio 2005, n. 18374.

    (29) V., in dottrina, D. SIMONATO,La cessione a scopo di garanzia del credito per trattamento di fine rapporto, in Lav. giur. 2004, 577 e ss.

    (30) Cass. 1 aprile 2003, n. 4930, cit.

    (31) Cass. 20 febbraio 1999, n. 1429, in Giust. civ. - Mass. 1999, 365.

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    (32) Sul punto v., CONFINDUSTRIA VICENZA,Pignoramento, cessione della retribuzione e prestito ai dipendenti, cit., 19 e ss.; in dottrina v., F.

    ROTONDI, Cessione del quinto e anticipazione del t.f.r.,cit., 635.

    (33) Cos, F. ROTONDI, Cessione del quinto e anticipazione del t.f.r.,cit., 635-636. Si devono tenere presenti, comunque, i limiti legali alla

    cedibilit del t.f.r. in caso di scioglimento del matrimonio (art. 12 ) e di decesso del dipendente (art. 2122 c.c.).

    (34) In dottriva v., C. GIURO, Cessione del quinto e previdenza complementare, in Dir. prat. lav. 2007, 2399 e ss.

    (35) In Giur. lav. 2007, 17.

    (36) La nota Covip del 30 maggio 2007, ha precisato, infatti, che: - la posizione individuale durante la fase di accumulo non aggredibile da parte

    dei creditori del lavoratore n disponibile da parte del lavoratore stesso - la prestazioni in rendita e in capitale e le anticipazioni per spese

    sanitarie erogate dalle forme pensionistiche complementari risultano cedibili, sequestrabili e pignorabili, nella misura di un quinto al netto delle

    ritenute fiscali e del trattamento minimo Inps; - i riscatti e le anticipazioni per acquisto e ristrutturazione della prima casa di abitazione e per altre

    esigenze dell'iscritto sono cedibili, sequestrabili e pignorabili senza vincoli.

    (37) Cos, interpello Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, 19 dicembre 2008, n. 51. Per un commento v., A. ROZZA, Cessione

    del quinto e conferimento del t.f.r. al Fondo di previdenza, in Guida lav. 2009, 1, 21 e ss.

    (38) Cos, interpello Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, cit. il quale inoltre chiarisce che altres nulla la dichiarazione cheviene fatta sottoscrivere al datore di lavoro con la quale viene chiesto di non versare il t.f.r. del proprio dipendente al fondo di previdenza. In

    questo caso la nullit delle clausole giustificata dal fatto che il datore di lavoro non titolare di un diritto soggettivo sul t.f.r. maturando che non

    gli appartiene, essendo del lavoratore quindi, non essendo titolare, non ne pu disporre.

    (39) In tal senso v., S. MALANDRINI, Cessione dello stipendio e legge Finanziaria 2005, cit., 305.

    (40) In tal senso v., S. MALANDRINI, Cessione dello stipendio e legge Finanziaria 2005, cit., 305. (41) Inoltre, in virt dell'art. 1269, co. 2, c.c., il

    datore di lavoro (terzo delegato) pu rifiutare la delegazione, sebbene sia debitore a sua volta nei confronti del lavoratore (delegante).

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