Breve storia dell'incisione

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BREVE STORIA DELL’INCISIONE L’incisione è sempre stata considerata un’arte minore: la mancanza di colore, l’operazione di traduzione, il fine spesso “popolare”, sembrano togliere alla pratica incisoria dignità artistica. In realtà, oltre ad avere un ruolo documentario importantissimo, la stampa possiede tutti i canoni della creazione artistica; va aggiunto inoltre che l’operazione è molto complessa mancando all’incisore il controllo completo del suo lavoro che è obbligato a svolgere a rovescio e in precarie condizioni di visibilità. L’origine dell’incisione è antichissima: la linea incisa è uno tra i modi più immediati per decorare le superfici, basti pensare alle immagini preistoriche su supporti d’osso o pietra, ai motivi decorativi della ceramica e ai graffiti preistorici. Come espressione artistica l’incisione si manifesta, però, nella decorazione di prodotti di metallo: la toreutica antica, l’oreficeria medievale facevano uso di bulini, ceselli, agemine, nielli. In epoca classica le tecniche si perfezionano e in epoca bizantina prima, e carolingia e ottoniana poi, saranno tra le attività artistiche per eccellenza. Nel medioevo la pratica orafa è parte integrante del percorso formativo dell’artista. Firenze e Siena, centri del rinnovamento dell’arte italiana, vantano, nel periodo gotico, una lunghissima tradizione nel campo dell’oreficeria. Solo a partire dal XV secolo però sai comincia ad usare le superfici incise per trasferire impressioni su carta. D’obbligo, prima di entrare nel vivo della materia, un distinguo tra l’incisione in cavo (in cui il segno inciso corrisponde al disegno finale) e l’incisione in rilievo (solitamente su matrice di legno in cui vengono scavate le parti che in fase di stampa dovranno rimanere bianche). Le due arti sono molto diverse tra loro e godono, fin dalle origini di diversa stima: l’intagliatore di matrici xilografiche fa parte della categoria dei falegnami; l’orafo si muove con una preparazione più completa. La nascita della stampa d’arte, il cui impulso viene prima dalle possibilità di lauti guadagni con le rappresentazioni di santi venduti nei conventi, poi, con l’introduzione delle carte da gioco, gode dell’eredità diretta della stampigliatura mediante matrici lignee, la xilografia, nata probabilmente in Estremo Oriente e diffusasi in Europa attraverso le Fiandre e in Italia grazie a Venezia. Blocchi di legno incisi a rilievo venivano usati per decorare i tessuti, ma non è giunta a noi alcuna testimonianza di uso delle matrici in legno su carta prima della seconda metà del XIV secolo. Questa tecnica consiste nell’intaglio, con uno strumento chiamato sgorbia, di una tavoletta di

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BREVE STORIA DELL’INCISIONE

L’incisione è sempre stata considerata un’arte minore: la mancanza di colore,

l’operazione di traduzione, il fine spesso “popolare”, sembrano togliere alla pratica

incisoria dignità artistica. In realtà, oltre ad avere un ruolo documentario

importantissimo, la stampa possiede tutti i canoni della creazione artistica; va

aggiunto inoltre che l’operazione è molto complessa mancando all’incisore il controllo

completo del suo lavoro che è obbligato a svolgere a rovescio e in precarie condizioni

di visibilità.

L’origine dell’incisione è antichissima: la linea incisa è uno tra i modi più immediati per

decorare le superfici, basti pensare alle immagini preistoriche su supporti d’osso o

pietra, ai motivi decorativi della ceramica e ai graffiti preistorici.

Come espressione artistica l’incisione si manifesta, però, nella decorazione di prodotti

di metallo: la toreutica antica, l’oreficeria medievale facevano uso di bulini, ceselli,

agemine, nielli. In epoca classica le tecniche si perfezionano e in epoca bizantina

prima, e carolingia e ottoniana poi, saranno tra le attività artistiche per eccellenza. Nel

medioevo la pratica orafa è parte integrante del percorso formativo dell’artista.

Firenze e Siena, centri del rinnovamento dell’arte italiana, vantano, nel periodo gotico,

una lunghissima tradizione nel campo dell’oreficeria.

Solo a partire dal XV secolo però sai comincia ad usare le superfici incise per trasferire

impressioni su carta.

D’obbligo, prima di entrare nel vivo della materia, un distinguo tra l’incisione in cavo

(in cui il segno inciso corrisponde al disegno finale) e l’incisione in rilievo (solitamente

su matrice di legno in cui vengono scavate le parti che in fase di stampa dovranno

rimanere bianche). Le due arti sono molto diverse tra loro e godono, fin dalle origini di

diversa stima: l’intagliatore di matrici xilografiche fa parte della categoria dei

falegnami; l’orafo si muove con una preparazione più completa.

La nascita della stampa d’arte, il cui impulso viene prima dalle possibilità di lauti

guadagni con le rappresentazioni di santi venduti nei conventi, poi, con l’introduzione

delle carte da gioco, gode dell’eredità diretta della stampigliatura mediante matrici

lignee, la xilografia, nata probabilmente in Estremo Oriente e diffusasi in Europa

attraverso le Fiandre e in Italia grazie a Venezia. Blocchi di legno incisi a rilievo

venivano usati per decorare i tessuti, ma non è giunta a noi alcuna testimonianza di

uso delle matrici in legno su carta prima della seconda metà del XIV secolo. Questa

tecnica consiste nell’intaglio, con uno strumento chiamato sgorbia, di una tavoletta di

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pochi centimetri seguendo un disegno precedentemente delineato dall’artista. Sono

usati prevalentemente legni morbidi (melo, pero, ciliegio) intagliati parallelamente

(legni di filo) o trasversalmente le fibre (legno di testa): nel primo caso si ottengono

linee e contorni piuttosto rigidi, nel secondo caso i risultati sono più morbidi e simili a

quelli dell’incisione su metallo. Il legno inchiostrato viene poi pressato sul supporto e il

risultato della stampa è corrispondente al disegno intagliato sulla tavoletta.

Effetti pittorici di migliore qualità si possono ottenere con l’incisione di lastre di

metallo. La tecnica nasce forse per un caso fortuito (o così è bello pensare) nella

bottega di qualche orafo nordico; Vasari racconta che anche per il fiorentino Maso

Finiguerra la “scoperta” dell’incisione calcografica è dovuta al caso: pare sia stata una

lavandaia a suggerire all’orafo di trasferire su carta l’impronta dei suoi nielli. Si tratta

di un aneddoto di scarso fondamento essendo accertato che la culla dell’arte

calcografica è il nord Europa.

Non si può comunque escludere che la “scoperta” sia avvenuta indipendentemente in

tempi e in modi diversi in Germania e in Italia.

L’incisone su metalli ha nella tecnica a bulino la sua prima e diffusa espressione. Il

primo rame a bulino di cui si ha traccia è una Flagellazione di Cristo datata 1446 opera

di un incisore tedesco. Il bulino avrà sviluppo fino al tutto il Cinquecento e toccherà il

suo apice qualitativo nelle produzioni dei Carracci. Sarà poi sostituita dall’acquaforte

che comincia a fare la sua apparizione nel Cinquecento e troverà massima

applicazione a partire dal secolo barocco.

Accanto a bulino e acquaforte è necessario menzionare la punta secca. Il bulino è lo

strumento usato per incidere la lastra; si tratta di un’asta d’acciaio (o altro metallo

duro) con punta tagliata trasversalmente a becco montata su un’impugnatura di

legno. Ad incisione terminata con un raschiatoio vengono tolte le “barbe”, i riccioli di

metallo sollevati ai lati dei solchi.

La punta secca, al contrario del bulino, non asporta materiale dalla lastra ma ne

solleva i bordi e le barbe che si formano non vengono rimosse.

Il procedimento dell’acquaforte prevede che sulla lastra venga spalmata una vernice

impermeabile e resistente alla morsura dell’acido (acqua forte appunto). Con una

punta d’acciaio di diversa grossezza viene tracciato il disegno asportando la vernice

dalla superficie della lastra. Preparata con il disegno la lastra viene immersa nell’acido

che corrode la lastra nei punti privi della vernice protettiva. Completata la morsura la

lastra viene ripulita dalla vernice, inchiostrata e impressa. Utilizzando il procedimento

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contrario, disegnando cioè con la vernice protettiva e esponendo la lastra alla morsura

si ottiene una stampa in cui il disegno risulta bianco su fondo nero (maniera nera).

La possibilità di tracciare segni di diverse dimensioni, di procedere con diverse

morsure successive e la libertà con cui la mano si muove sul piano permettono di

giungere ad effetti chiaroscurali e pittorici.

E’ la classe borghese dei mercanti che più di tutte si fa promotrice di un’espressione

artistica nuova quale quella incisoria: il bulino assume un’importanza primaria nella

diffusione della cultura e dell’informazione in campo religioso e politico, in quanto più

rapida per esecuzione e quindi di intervento più tempestivo nel dibattito politico,

rispetto alla pittura.

Una nutrita serie di “Maestri” brilla nel firmamento delle stelle nordiche dell’incisione

quattrocentesca di cui non si hanno notizie se non per le opere che ci sono pervenute.

Massimo erede della cultura nordica gotica è MARTIN SCHONGAUER (1450 ca. –

1491) che conosce fama anche in Italia e ricopre un ruolo fondamentale nella

formazione dell’altro grande interprete dell’arte incisoria, ALBRECHT DURER (1471-

1528), pittore che stravolgerà la tecnica dell’incisione e su legno e su lastra.

Quest’ultimo fa il suo apprendistato nella bottega di MICHAEL WOLGEMUTH (1434 –

1519) dove si copiano e ultimano incisioni di Schongauer, accanto a fogli di maestri

italiani. Incisivo deve essere stato l’incontro con le opere del Mantenga e del

rinascimento italiano tanto da assimilarne i fondamentali principi umanistici e le

conquiste nel campo delle proporzioni. Le sue opere mature sono vitali e ricche di

forza plastica. Particolarmente attente alla componente luministica e tonale.

Degno di essere nominato è ALBRECHT ALTDORFER (1480 ca. – 1538) se non altro

per essere il primo ad usare il paesaggio all’acquaforte come soggetto autonomo. Tra

gli altri interessanti artisti grafici nordici del tempo sono LUCAS CRANACH IL VECCHIO

(1472 – 1553) e HANS HOLBEIN IL GIOVANE (1497 ca – 1543 ca.). Incisore dai forti

effetti pittorici e dalle altissime qualità cromatiche è LUCA DI LEIDA (1494 – 1533):

egli abolisce quasi totalmente le linee di contorno per creare sfumature e variazioni

luministiche.

Presto la stampa italiana si affiancherà a quelle tedesca, fiamminga e olandese nei

mercati del Nord.

In Italia, attorno alla metà del Quattrocento, si segnalano le stampe di ANDREA

MANTEGNA (1431 – 1506) caratterizzate da un linguaggio fortemente espressivo,

ottenuto mediante una linea che sottolinea i profili e l’uso di una luce accecante,

evidenza plastica e prospettica, tratti diagonali e paralleli. Tra gli incisori seguaci del

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Mantegna vanno ricordati: GIOVANNI PIETRO DA BIRAGO (attivo tra 1470 e 1513),

GIOVANNI MARIA DA BRESCIA (attivo agli inizi del Cinquecento) E GIOVANNI

ANTONIO DA BRESCIA (attivo dal 1490 ca. – dopo il 1525).

Sui due poli fra i quali si sviluppa l’incisione, Mantenga - Durer, ha la sua forte

influenza il colorismo di Giovanni Bellini seppure mai si sia sperimentato nella tecnica

incisoria. Tra i maggiori interpreti del colorismo belliniano si collocano il muranese

GIROLAMO MOCETTO (1454/1458 – dopo 1531), BENEDETTO MONTAGNA (1480 ca. –

1555/58) e JACOPO DE’ BARBARI (1445 – 1515 ca.), quest’ultimo massimo

esponente grafico della cultura umanistica veneta facente capo a Ermolao Barbaro e

del quale è notissima la Pianta di Venezia, topografia della città le cui matrici sono

conservate al Museo Correr.

Sul finire del Quattrocento anche Milano rivolge il suo interesse alla stampa e, seppur

non ci sia alcun dato certo sulla pratica dell’incisione da parte di Leonardo, data la sua

natura di sperimentatore, non si può escludere che se ne sia interessato.

Ma è Venezia, quale centro editoriale di primo piano in Europa, che nel Cinquecento

continua a svolgere un ruolo chiave nel settore calcografico; TIZIANO VECELLIO

comprende molto presto le altissime potenzialità divulgative dell’incisione (significato

politico-religioso ha la gigantesca xilografia in 10 blocchi intitolata Trionfo della Fede)

e sarà fortemente influente sull’esperienza di DOMENICO CAMPAGNOLA, pittore che

deve molto della sua notorietà all’opera grafica. Il paesaggio e la natura, nelle opere

di questi artisti, acquistano nuova importanza divenendo protagonisti indiscussi della

scena. Tiziano sposta la sua attenzione dalla xilografia all’incisione su rame con

l’arrivo a Venezia del maestro olandese CORNELIUS CORT il quale a sua volta rinnova

e vivifica il suo linguaggio tanto che lo stesso Vecellio riconoscerà in Cort il miglior

interprete grafico della sua pittura “a macchia”. Intimamente legato a Tiziano è anche

GIUSEPPE SCOLARI (attivo 1592 – 1607) incisore di traduzione e originale.

Nel secondo Cinquecento la stampa calcografica si sostituisce rapidamente alla

xilografia in quanto più versatile e meno laboriosa e quindi più adatta a divulgare i

modelli fissati dal Concilio di Trento.

MARCANTONIO RAIMONDI (1475/80 – 1534) si fa promotore di un nuovo modo di

concepire la stampa di traduzione: egli elabora un linguaggio originale col quale riesce

a interpretare i messaggi altrui attualizzandoli. A Firenze si fa interprete delle opere di

Raffaello e di Michelangelo.

Massimi traduttori della concezione tonale di Giorgione e Tiziano sono GIULIO (1500

?- 1564) e DOMENICO (1482 – 1515 ca.) CAMPAGNOLA attivi a Venezia.

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UGO DA CARPI (1480 – 1532) deve la sua fama storica all’introduzione della tecnica

del chiaro-scuro, che consiste nell’uso di più blocchi di legno ciascuno con tonalità di

colore diverso, con la quale si ottengono stampe colorate. Molti gli imitatori del

carpigiano: tra questi il vero continuatore è identificabile in NICCOLO’ VICENTINO

(attivo prima metà del XVI sec.). La maniera a chiaroscuro in Italia ha vita breve e a

metà del Seicento trova l’ultimo interprete in BARTOLOMEO CORIOLANO (1599 –

1676). Maggior fortuna trova invece in Francia e nei Paesi Bassi con HENDRICK

GOLTZIUS, ABRAM e FREDERICK BLOEMAERT (1610 ca. – 1672), NICOLAS e

VINCENT LE SUEUR (1678 – 1743).

Nella prima metà del Cinquecento i contenuti delle stampe sono carichi di valenze

simboliche religiose o profane che verranno meno a partire dalla seconda metà del

secolo fino ai primi anni del secolo successivo.

Michelangelo non ha grande influenza sugli intagliatori veneti, ma piuttosto sui

maestri del Nord Europa quali JAN SADELER (1550 –1600) capostipite di una feconda

famiglia che presto si trasferirà a Venezia, HENDRICK GOLTZIUS (1558 – 1616) e

HIERONIMUS COCK (1520 ca. – 1570), HANS COLLAERT ( 1530 ca. – 1581).

La cultura mantovana di Giulio Romano trova i migliori interpreti in GIOVAN BATTISTA

SCULTORI (1503 – 1575) e nei figli DIANA (prima del 1530 – dopo il 1588) e ADAMO

(1530 ca. – 1585).

L’acquaforte esprime le sue massime potenzialità nelle opere del PARMIGIANINO

(1503 – 1540) dallo stile libero, arioso opposto allo stile classico a bulino.

L’acquaforte, più del bulino, si adatta al linguaggio manierista. Lo stile di Parmigianino

avrà influenza sullo SCHIAVONE (1520 ca. –1563) e sulla scuola di Fontainbleau, ma

non sugli incisori veneti che sembrano piuttosto orientati verso il manierismo

mantovano di Giulio Romano.

Per quanto riguarda il bulino la tecnica sarà trasformata con la venuta in Italia di

Cornelius Cort che sa sapientemente sfruttare tutte le potenzialità dello strumento per

creare vivaci effetti pittorici; i suoi insegnamenti hanno presa sui CARRACCI:

AGOSTINO (1557 – 1602), ANNIBALE (1560 – 1609) e LUDOVICO (1555 – 1619). Un

ulteriore cambio di direzione dei Carracci si verifica con l’incontro con il virtuosismo

tecnico del bulino di Goltzius.

Il Seicento e il Settecento sono i secoli dell’acquaforte per eccellenza: gli

sperimentalismi iniziati nel secolo precedente portano allo sviluppo di nuove tecniche

quali la maniera nera, l’acquatinta e la stampa a colori, mentre le tecniche lineari

tradizionali ed in particolare la xilografia vengono del tutto abbandonate. Il bulino che

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era stato il protagonista della grafica cinquecentesca viene ormai relegato alla sola

stampa di traduzione e al ritratto (di cui protagonista indiscusso è OTTAVIO LEONI che

raggiunge risultati mirabili nell’effetto puntinato). Il bulino, per la sua precisione e

pulizia grafica, rimane la tecnica più idonea all’illustrazione scientifica.

Le Fiandre rimangono il centro di maggiore sperimentalismo: vi operano artisti

prestigiosi come Van Dyck e Rembrandt. Introdotta dal Parmigianino, l’acquaforte in

Italia è prediletta dai maestri STEFANO DELLA BELLA, GUIDO RENI, CASTIGLIONE,

SALVATOR ROSA e raggiunge gli apici delle sue facoltà espressive con i maestri del

Settecento CANALETTO, BELLOTTO, TIEPOLO, PIRANESI. Ancora una volta il Veneto fa

la parte del leone nel campo della produzione incisoria. Dall’opera di Tiepolo prenderà

esempio GOYA (1746-1828) il quale chiude la grande stagione dell’incisione

calcografica e apre la strada alla stampa originale moderna.

L’attività della stampa di traduzione si intensifica tra Sei e Settecento e accanto al

nome dell’inventore fa la sua comparsa quello dell’incisore, il cui operato comincia ad

essere rivalutato, e la cui figura è elevata al rango di artista a pieno titolo. Il primato

dell’incisione di traduzione va ancora una volta alle Fiandre e alla Francia da cui

provengono una buona parte dei maestri incisori che operano in Italia. Numerose sono

le riproduzioni dei grandi cicli pittorici che entreranno a far parte delle prime edizioni

di raccolte di stampe. E’ durante questo secolo che si fa strada la concezione di utilità

della stampa in quanto “depositaria di quanto più bello ci sia al mondo” secondo le

parole di Roger de Piles; gli scopi della stampa secondo quest’ultimo sarebbero

molteplici: istruire, divertire, presentare le cose assenti come fossero presenti,

confrontare più cose insieme. Nel 1686 Filippo Baldinucci, cultore e conoscitore

dell’arte pittorica e grafica, fa pubblicare la prima storia della stampa d’arte

Cominciamento e progresso dell’arte d’intagliare in ram, colle vite de’ più eccellenti

maestri della stessa professione.

Tra i maestri attivi in Italia sono degni di citazione il francese CLAUDE MELLAN (1598

– 1688) che diffonde il suo stile a linea continua e, a sua volta, assorbe le influenze

dei Carracci, SIMON VOUET (1590 – 1649) operante, come il precedente, a Roma;

FRANCESCO BRIZIO (1575 – 1623); OLIVIERO GATTI; GIOVANNI LUIGI VALESIO

(1531 – 1640?), ODOARDO FIALETTI (1573 – 1638); GIUSEPPE DIAMANTINI (1621 –

1705).

Per quanto riguarda Venezia, il Settecento è il secolo della ripresa qualitativa di un

settore che nel Seicento aveva privilegiato l’aspetto quantitativo e la riproduzione a

carattere scientifico e d’attualità. Si tratta per lo più di vedute, sulla scia di quanto

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inaugurato sul finire del Seicento dall’olandese GASPAR VAN WITTEL (1655- Roma

1736), meglio conosciuto con il nome italianizzato di Gaspare Vanvitelli. Modello

insuperabile nella storia del vedutismo veneto è LUCA CARLEVARIS (1663 – 1730) cui

attingeranno CANALETTO, BELLOTTO, MARESCHI.

Accanto al Carlevaris va ricordato MARCO RICCI (1617 – 1730), bellunese, che

produce vedute di singolare fantasia, lontane dalle ordinate opere del Carlevaris.

Rinomate sono le sue vedute di rovine, giocate su forti contrasti luministici, che

anticipano le soluzioni del Piranesi. Protagonista di questa stagione assieme al Ricci è

JACOPO AMIGONI (1685 – 1752) che rinforza spesso le sue acqueforti con ritocchi a

bulino. Poco c’è bisogno di dire su ANTONIO CANALETTO (1697 – 1768) la cui opera è

universalmente riconosciuta e che, alla pari di altri artisti contemporanei, inizia la sua

carriera come scenografo e pittore prima di dedicarsi all’incisione.

Nello stesso periodo in cui Canaletto sperimenta l’acquaforte inizia ad incidere anche

GIAMBATTISTA TIEPOLO, i cui Capricci e Scherzi di Fantasia rientrano a pieno titolo

tra le opere che lo consacrano artista di fama. Le orme del Tiepolo in campo grafico

sono seguite anche dal figlio GIANDOMENICO (1727 – 1804).

Acquafortista di invenzione, ALESSANDRO LONGHI (1733 – 1813) risente di influssi

tiepoleschi e rembrandtiani.

Accanto ai peintres-graveurs a Venezia operano numerosi incisori di traduzione tra cui

vanno citati per prolificità e abilità tecnica ISABELLA PICCINI (1646 –1634),

BERNARDO ZILOTTI (1730 – 1795). La prima, monaca francescana di Santa Croce,

lavora alacremente per la tipografia bassanese dei Remondini.

Tra le calcografie attive a Venezia spicca il nome di GIUSEPPE WAGNER (1706 –

1786) nella cui bottega lavorano riproduttori interessanti come FRANCESCO

BARTOLOZZI, CRISTOFORO DALL’ACQUA, BERNARDO ZILOTTI, ANTONIO BARATTI

(1724- 1787), FRANCESCO BARTOLOZZI (1728 – 1815) e in cui si addotta la tecnica

di combinare acquaforte e bulino.

Tra i virtuosi del bulino: MARCO ALVISE PITTERI (1702 – 1786), GIANNANTONIO

FALDONI (1689 – 1770), FELICITA SARTORI (1715 ca. – 1760).

Artista di valenza internazionale è l’inglese WILLIAM HOGARTH (1697 - 1764) che si

avvale dell’acquaforte ritoccata a bulino per caricature e satire di critica sociale e

politica.

L’altro inglese di interesse internazionale è J. M. WILLIAM TURNER (1775-1851) di cui

sono rinomati i paesaggi a mezzotinto.

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Buona parte dei grandi artisti moderni si sperimentano con la tecnica incisoria da

MARC CHAGALL, DERAIN, LEGER e NOLDE a KOKOSCHKA; da PICASSO, MIRO’ DALI’

a CARRA’, MORANDI, CAMPIGLI, GUTTUSO.

Gli incisori italiani sono tra i più conosciuti al mondo. L’arte della stampa originale

acquisisce nuove caratteristiche a partire dalla seconda guerra mondiale; durante la

prima metà del secolo, infatti, rimane legata alle rigide convenzioni delle riproduzioni

del XIX secolo, faticando ad uniformarsi ai nuovi ideali della pittura europea

d’avanguardia.

Fin dalla fine della seconda guerra mondiale, l’incisione originale diviene materia

accademica e i maestri di fama internazionale danno prestigio alle scuole in cui

insegnano: l’Accademia Albertina di Torino (MARCELLO BOGLIONI, MARCO CALANDRI,

VINCENZO GATTI E ALBERTO ROCCO); la scuola veneziana (LINO BIANCHI

BARRIVIERA, GIOVANNI BARBISAN), la scuola di Bologna (GIORGIO MORANDI), la

Scuola del Libro di Urbino (LUIGI SERVOLINI, LEANDRO CASTELLANI), l’Istituto d’Arte

di Firenze (FRANCESCO CHIAPPELLI), l’Accademia di Firenze (GIOVANNI FATTORI,

CELESTINO CELESTINI), l’Accademia Brera di Milano (PAOLO PETRO’) e l’Accademia di

Genova (MARIO CHIANESE).

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antica e moderna con oltre 250 illustrazioni in nero, Milano, 1984 • Salamon Ferdinando, Il conoscitore di stampe, Torino,1986 • Servolini Luigi, Incisione italiana di cinque secoli, Milano, 1951