Breve storia dell'incisione
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BREVE STORIA DELL’INCISIONE
L’incisione è sempre stata considerata un’arte minore: la mancanza di colore,
l’operazione di traduzione, il fine spesso “popolare”, sembrano togliere alla pratica
incisoria dignità artistica. In realtà, oltre ad avere un ruolo documentario
importantissimo, la stampa possiede tutti i canoni della creazione artistica; va
aggiunto inoltre che l’operazione è molto complessa mancando all’incisore il controllo
completo del suo lavoro che è obbligato a svolgere a rovescio e in precarie condizioni
di visibilità.
L’origine dell’incisione è antichissima: la linea incisa è uno tra i modi più immediati per
decorare le superfici, basti pensare alle immagini preistoriche su supporti d’osso o
pietra, ai motivi decorativi della ceramica e ai graffiti preistorici.
Come espressione artistica l’incisione si manifesta, però, nella decorazione di prodotti
di metallo: la toreutica antica, l’oreficeria medievale facevano uso di bulini, ceselli,
agemine, nielli. In epoca classica le tecniche si perfezionano e in epoca bizantina
prima, e carolingia e ottoniana poi, saranno tra le attività artistiche per eccellenza. Nel
medioevo la pratica orafa è parte integrante del percorso formativo dell’artista.
Firenze e Siena, centri del rinnovamento dell’arte italiana, vantano, nel periodo gotico,
una lunghissima tradizione nel campo dell’oreficeria.
Solo a partire dal XV secolo però sai comincia ad usare le superfici incise per trasferire
impressioni su carta.
D’obbligo, prima di entrare nel vivo della materia, un distinguo tra l’incisione in cavo
(in cui il segno inciso corrisponde al disegno finale) e l’incisione in rilievo (solitamente
su matrice di legno in cui vengono scavate le parti che in fase di stampa dovranno
rimanere bianche). Le due arti sono molto diverse tra loro e godono, fin dalle origini di
diversa stima: l’intagliatore di matrici xilografiche fa parte della categoria dei
falegnami; l’orafo si muove con una preparazione più completa.
La nascita della stampa d’arte, il cui impulso viene prima dalle possibilità di lauti
guadagni con le rappresentazioni di santi venduti nei conventi, poi, con l’introduzione
delle carte da gioco, gode dell’eredità diretta della stampigliatura mediante matrici
lignee, la xilografia, nata probabilmente in Estremo Oriente e diffusasi in Europa
attraverso le Fiandre e in Italia grazie a Venezia. Blocchi di legno incisi a rilievo
venivano usati per decorare i tessuti, ma non è giunta a noi alcuna testimonianza di
uso delle matrici in legno su carta prima della seconda metà del XIV secolo. Questa
tecnica consiste nell’intaglio, con uno strumento chiamato sgorbia, di una tavoletta di
pochi centimetri seguendo un disegno precedentemente delineato dall’artista. Sono
usati prevalentemente legni morbidi (melo, pero, ciliegio) intagliati parallelamente
(legni di filo) o trasversalmente le fibre (legno di testa): nel primo caso si ottengono
linee e contorni piuttosto rigidi, nel secondo caso i risultati sono più morbidi e simili a
quelli dell’incisione su metallo. Il legno inchiostrato viene poi pressato sul supporto e il
risultato della stampa è corrispondente al disegno intagliato sulla tavoletta.
Effetti pittorici di migliore qualità si possono ottenere con l’incisione di lastre di
metallo. La tecnica nasce forse per un caso fortuito (o così è bello pensare) nella
bottega di qualche orafo nordico; Vasari racconta che anche per il fiorentino Maso
Finiguerra la “scoperta” dell’incisione calcografica è dovuta al caso: pare sia stata una
lavandaia a suggerire all’orafo di trasferire su carta l’impronta dei suoi nielli. Si tratta
di un aneddoto di scarso fondamento essendo accertato che la culla dell’arte
calcografica è il nord Europa.
Non si può comunque escludere che la “scoperta” sia avvenuta indipendentemente in
tempi e in modi diversi in Germania e in Italia.
L’incisone su metalli ha nella tecnica a bulino la sua prima e diffusa espressione. Il
primo rame a bulino di cui si ha traccia è una Flagellazione di Cristo datata 1446 opera
di un incisore tedesco. Il bulino avrà sviluppo fino al tutto il Cinquecento e toccherà il
suo apice qualitativo nelle produzioni dei Carracci. Sarà poi sostituita dall’acquaforte
che comincia a fare la sua apparizione nel Cinquecento e troverà massima
applicazione a partire dal secolo barocco.
Accanto a bulino e acquaforte è necessario menzionare la punta secca. Il bulino è lo
strumento usato per incidere la lastra; si tratta di un’asta d’acciaio (o altro metallo
duro) con punta tagliata trasversalmente a becco montata su un’impugnatura di
legno. Ad incisione terminata con un raschiatoio vengono tolte le “barbe”, i riccioli di
metallo sollevati ai lati dei solchi.
La punta secca, al contrario del bulino, non asporta materiale dalla lastra ma ne
solleva i bordi e le barbe che si formano non vengono rimosse.
Il procedimento dell’acquaforte prevede che sulla lastra venga spalmata una vernice
impermeabile e resistente alla morsura dell’acido (acqua forte appunto). Con una
punta d’acciaio di diversa grossezza viene tracciato il disegno asportando la vernice
dalla superficie della lastra. Preparata con il disegno la lastra viene immersa nell’acido
che corrode la lastra nei punti privi della vernice protettiva. Completata la morsura la
lastra viene ripulita dalla vernice, inchiostrata e impressa. Utilizzando il procedimento
contrario, disegnando cioè con la vernice protettiva e esponendo la lastra alla morsura
si ottiene una stampa in cui il disegno risulta bianco su fondo nero (maniera nera).
La possibilità di tracciare segni di diverse dimensioni, di procedere con diverse
morsure successive e la libertà con cui la mano si muove sul piano permettono di
giungere ad effetti chiaroscurali e pittorici.
E’ la classe borghese dei mercanti che più di tutte si fa promotrice di un’espressione
artistica nuova quale quella incisoria: il bulino assume un’importanza primaria nella
diffusione della cultura e dell’informazione in campo religioso e politico, in quanto più
rapida per esecuzione e quindi di intervento più tempestivo nel dibattito politico,
rispetto alla pittura.
Una nutrita serie di “Maestri” brilla nel firmamento delle stelle nordiche dell’incisione
quattrocentesca di cui non si hanno notizie se non per le opere che ci sono pervenute.
Massimo erede della cultura nordica gotica è MARTIN SCHONGAUER (1450 ca. –
1491) che conosce fama anche in Italia e ricopre un ruolo fondamentale nella
formazione dell’altro grande interprete dell’arte incisoria, ALBRECHT DURER (1471-
1528), pittore che stravolgerà la tecnica dell’incisione e su legno e su lastra.
Quest’ultimo fa il suo apprendistato nella bottega di MICHAEL WOLGEMUTH (1434 –
1519) dove si copiano e ultimano incisioni di Schongauer, accanto a fogli di maestri
italiani. Incisivo deve essere stato l’incontro con le opere del Mantenga e del
rinascimento italiano tanto da assimilarne i fondamentali principi umanistici e le
conquiste nel campo delle proporzioni. Le sue opere mature sono vitali e ricche di
forza plastica. Particolarmente attente alla componente luministica e tonale.
Degno di essere nominato è ALBRECHT ALTDORFER (1480 ca. – 1538) se non altro
per essere il primo ad usare il paesaggio all’acquaforte come soggetto autonomo. Tra
gli altri interessanti artisti grafici nordici del tempo sono LUCAS CRANACH IL VECCHIO
(1472 – 1553) e HANS HOLBEIN IL GIOVANE (1497 ca – 1543 ca.). Incisore dai forti
effetti pittorici e dalle altissime qualità cromatiche è LUCA DI LEIDA (1494 – 1533):
egli abolisce quasi totalmente le linee di contorno per creare sfumature e variazioni
luministiche.
Presto la stampa italiana si affiancherà a quelle tedesca, fiamminga e olandese nei
mercati del Nord.
In Italia, attorno alla metà del Quattrocento, si segnalano le stampe di ANDREA
MANTEGNA (1431 – 1506) caratterizzate da un linguaggio fortemente espressivo,
ottenuto mediante una linea che sottolinea i profili e l’uso di una luce accecante,
evidenza plastica e prospettica, tratti diagonali e paralleli. Tra gli incisori seguaci del
Mantegna vanno ricordati: GIOVANNI PIETRO DA BIRAGO (attivo tra 1470 e 1513),
GIOVANNI MARIA DA BRESCIA (attivo agli inizi del Cinquecento) E GIOVANNI
ANTONIO DA BRESCIA (attivo dal 1490 ca. – dopo il 1525).
Sui due poli fra i quali si sviluppa l’incisione, Mantenga - Durer, ha la sua forte
influenza il colorismo di Giovanni Bellini seppure mai si sia sperimentato nella tecnica
incisoria. Tra i maggiori interpreti del colorismo belliniano si collocano il muranese
GIROLAMO MOCETTO (1454/1458 – dopo 1531), BENEDETTO MONTAGNA (1480 ca. –
1555/58) e JACOPO DE’ BARBARI (1445 – 1515 ca.), quest’ultimo massimo
esponente grafico della cultura umanistica veneta facente capo a Ermolao Barbaro e
del quale è notissima la Pianta di Venezia, topografia della città le cui matrici sono
conservate al Museo Correr.
Sul finire del Quattrocento anche Milano rivolge il suo interesse alla stampa e, seppur
non ci sia alcun dato certo sulla pratica dell’incisione da parte di Leonardo, data la sua
natura di sperimentatore, non si può escludere che se ne sia interessato.
Ma è Venezia, quale centro editoriale di primo piano in Europa, che nel Cinquecento
continua a svolgere un ruolo chiave nel settore calcografico; TIZIANO VECELLIO
comprende molto presto le altissime potenzialità divulgative dell’incisione (significato
politico-religioso ha la gigantesca xilografia in 10 blocchi intitolata Trionfo della Fede)
e sarà fortemente influente sull’esperienza di DOMENICO CAMPAGNOLA, pittore che
deve molto della sua notorietà all’opera grafica. Il paesaggio e la natura, nelle opere
di questi artisti, acquistano nuova importanza divenendo protagonisti indiscussi della
scena. Tiziano sposta la sua attenzione dalla xilografia all’incisione su rame con
l’arrivo a Venezia del maestro olandese CORNELIUS CORT il quale a sua volta rinnova
e vivifica il suo linguaggio tanto che lo stesso Vecellio riconoscerà in Cort il miglior
interprete grafico della sua pittura “a macchia”. Intimamente legato a Tiziano è anche
GIUSEPPE SCOLARI (attivo 1592 – 1607) incisore di traduzione e originale.
Nel secondo Cinquecento la stampa calcografica si sostituisce rapidamente alla
xilografia in quanto più versatile e meno laboriosa e quindi più adatta a divulgare i
modelli fissati dal Concilio di Trento.
MARCANTONIO RAIMONDI (1475/80 – 1534) si fa promotore di un nuovo modo di
concepire la stampa di traduzione: egli elabora un linguaggio originale col quale riesce
a interpretare i messaggi altrui attualizzandoli. A Firenze si fa interprete delle opere di
Raffaello e di Michelangelo.
Massimi traduttori della concezione tonale di Giorgione e Tiziano sono GIULIO (1500
?- 1564) e DOMENICO (1482 – 1515 ca.) CAMPAGNOLA attivi a Venezia.
UGO DA CARPI (1480 – 1532) deve la sua fama storica all’introduzione della tecnica
del chiaro-scuro, che consiste nell’uso di più blocchi di legno ciascuno con tonalità di
colore diverso, con la quale si ottengono stampe colorate. Molti gli imitatori del
carpigiano: tra questi il vero continuatore è identificabile in NICCOLO’ VICENTINO
(attivo prima metà del XVI sec.). La maniera a chiaroscuro in Italia ha vita breve e a
metà del Seicento trova l’ultimo interprete in BARTOLOMEO CORIOLANO (1599 –
1676). Maggior fortuna trova invece in Francia e nei Paesi Bassi con HENDRICK
GOLTZIUS, ABRAM e FREDERICK BLOEMAERT (1610 ca. – 1672), NICOLAS e
VINCENT LE SUEUR (1678 – 1743).
Nella prima metà del Cinquecento i contenuti delle stampe sono carichi di valenze
simboliche religiose o profane che verranno meno a partire dalla seconda metà del
secolo fino ai primi anni del secolo successivo.
Michelangelo non ha grande influenza sugli intagliatori veneti, ma piuttosto sui
maestri del Nord Europa quali JAN SADELER (1550 –1600) capostipite di una feconda
famiglia che presto si trasferirà a Venezia, HENDRICK GOLTZIUS (1558 – 1616) e
HIERONIMUS COCK (1520 ca. – 1570), HANS COLLAERT ( 1530 ca. – 1581).
La cultura mantovana di Giulio Romano trova i migliori interpreti in GIOVAN BATTISTA
SCULTORI (1503 – 1575) e nei figli DIANA (prima del 1530 – dopo il 1588) e ADAMO
(1530 ca. – 1585).
L’acquaforte esprime le sue massime potenzialità nelle opere del PARMIGIANINO
(1503 – 1540) dallo stile libero, arioso opposto allo stile classico a bulino.
L’acquaforte, più del bulino, si adatta al linguaggio manierista. Lo stile di Parmigianino
avrà influenza sullo SCHIAVONE (1520 ca. –1563) e sulla scuola di Fontainbleau, ma
non sugli incisori veneti che sembrano piuttosto orientati verso il manierismo
mantovano di Giulio Romano.
Per quanto riguarda il bulino la tecnica sarà trasformata con la venuta in Italia di
Cornelius Cort che sa sapientemente sfruttare tutte le potenzialità dello strumento per
creare vivaci effetti pittorici; i suoi insegnamenti hanno presa sui CARRACCI:
AGOSTINO (1557 – 1602), ANNIBALE (1560 – 1609) e LUDOVICO (1555 – 1619). Un
ulteriore cambio di direzione dei Carracci si verifica con l’incontro con il virtuosismo
tecnico del bulino di Goltzius.
Il Seicento e il Settecento sono i secoli dell’acquaforte per eccellenza: gli
sperimentalismi iniziati nel secolo precedente portano allo sviluppo di nuove tecniche
quali la maniera nera, l’acquatinta e la stampa a colori, mentre le tecniche lineari
tradizionali ed in particolare la xilografia vengono del tutto abbandonate. Il bulino che
era stato il protagonista della grafica cinquecentesca viene ormai relegato alla sola
stampa di traduzione e al ritratto (di cui protagonista indiscusso è OTTAVIO LEONI che
raggiunge risultati mirabili nell’effetto puntinato). Il bulino, per la sua precisione e
pulizia grafica, rimane la tecnica più idonea all’illustrazione scientifica.
Le Fiandre rimangono il centro di maggiore sperimentalismo: vi operano artisti
prestigiosi come Van Dyck e Rembrandt. Introdotta dal Parmigianino, l’acquaforte in
Italia è prediletta dai maestri STEFANO DELLA BELLA, GUIDO RENI, CASTIGLIONE,
SALVATOR ROSA e raggiunge gli apici delle sue facoltà espressive con i maestri del
Settecento CANALETTO, BELLOTTO, TIEPOLO, PIRANESI. Ancora una volta il Veneto fa
la parte del leone nel campo della produzione incisoria. Dall’opera di Tiepolo prenderà
esempio GOYA (1746-1828) il quale chiude la grande stagione dell’incisione
calcografica e apre la strada alla stampa originale moderna.
L’attività della stampa di traduzione si intensifica tra Sei e Settecento e accanto al
nome dell’inventore fa la sua comparsa quello dell’incisore, il cui operato comincia ad
essere rivalutato, e la cui figura è elevata al rango di artista a pieno titolo. Il primato
dell’incisione di traduzione va ancora una volta alle Fiandre e alla Francia da cui
provengono una buona parte dei maestri incisori che operano in Italia. Numerose sono
le riproduzioni dei grandi cicli pittorici che entreranno a far parte delle prime edizioni
di raccolte di stampe. E’ durante questo secolo che si fa strada la concezione di utilità
della stampa in quanto “depositaria di quanto più bello ci sia al mondo” secondo le
parole di Roger de Piles; gli scopi della stampa secondo quest’ultimo sarebbero
molteplici: istruire, divertire, presentare le cose assenti come fossero presenti,
confrontare più cose insieme. Nel 1686 Filippo Baldinucci, cultore e conoscitore
dell’arte pittorica e grafica, fa pubblicare la prima storia della stampa d’arte
Cominciamento e progresso dell’arte d’intagliare in ram, colle vite de’ più eccellenti
maestri della stessa professione.
Tra i maestri attivi in Italia sono degni di citazione il francese CLAUDE MELLAN (1598
– 1688) che diffonde il suo stile a linea continua e, a sua volta, assorbe le influenze
dei Carracci, SIMON VOUET (1590 – 1649) operante, come il precedente, a Roma;
FRANCESCO BRIZIO (1575 – 1623); OLIVIERO GATTI; GIOVANNI LUIGI VALESIO
(1531 – 1640?), ODOARDO FIALETTI (1573 – 1638); GIUSEPPE DIAMANTINI (1621 –
1705).
Per quanto riguarda Venezia, il Settecento è il secolo della ripresa qualitativa di un
settore che nel Seicento aveva privilegiato l’aspetto quantitativo e la riproduzione a
carattere scientifico e d’attualità. Si tratta per lo più di vedute, sulla scia di quanto
inaugurato sul finire del Seicento dall’olandese GASPAR VAN WITTEL (1655- Roma
1736), meglio conosciuto con il nome italianizzato di Gaspare Vanvitelli. Modello
insuperabile nella storia del vedutismo veneto è LUCA CARLEVARIS (1663 – 1730) cui
attingeranno CANALETTO, BELLOTTO, MARESCHI.
Accanto al Carlevaris va ricordato MARCO RICCI (1617 – 1730), bellunese, che
produce vedute di singolare fantasia, lontane dalle ordinate opere del Carlevaris.
Rinomate sono le sue vedute di rovine, giocate su forti contrasti luministici, che
anticipano le soluzioni del Piranesi. Protagonista di questa stagione assieme al Ricci è
JACOPO AMIGONI (1685 – 1752) che rinforza spesso le sue acqueforti con ritocchi a
bulino. Poco c’è bisogno di dire su ANTONIO CANALETTO (1697 – 1768) la cui opera è
universalmente riconosciuta e che, alla pari di altri artisti contemporanei, inizia la sua
carriera come scenografo e pittore prima di dedicarsi all’incisione.
Nello stesso periodo in cui Canaletto sperimenta l’acquaforte inizia ad incidere anche
GIAMBATTISTA TIEPOLO, i cui Capricci e Scherzi di Fantasia rientrano a pieno titolo
tra le opere che lo consacrano artista di fama. Le orme del Tiepolo in campo grafico
sono seguite anche dal figlio GIANDOMENICO (1727 – 1804).
Acquafortista di invenzione, ALESSANDRO LONGHI (1733 – 1813) risente di influssi
tiepoleschi e rembrandtiani.
Accanto ai peintres-graveurs a Venezia operano numerosi incisori di traduzione tra cui
vanno citati per prolificità e abilità tecnica ISABELLA PICCINI (1646 –1634),
BERNARDO ZILOTTI (1730 – 1795). La prima, monaca francescana di Santa Croce,
lavora alacremente per la tipografia bassanese dei Remondini.
Tra le calcografie attive a Venezia spicca il nome di GIUSEPPE WAGNER (1706 –
1786) nella cui bottega lavorano riproduttori interessanti come FRANCESCO
BARTOLOZZI, CRISTOFORO DALL’ACQUA, BERNARDO ZILOTTI, ANTONIO BARATTI
(1724- 1787), FRANCESCO BARTOLOZZI (1728 – 1815) e in cui si addotta la tecnica
di combinare acquaforte e bulino.
Tra i virtuosi del bulino: MARCO ALVISE PITTERI (1702 – 1786), GIANNANTONIO
FALDONI (1689 – 1770), FELICITA SARTORI (1715 ca. – 1760).
Artista di valenza internazionale è l’inglese WILLIAM HOGARTH (1697 - 1764) che si
avvale dell’acquaforte ritoccata a bulino per caricature e satire di critica sociale e
politica.
L’altro inglese di interesse internazionale è J. M. WILLIAM TURNER (1775-1851) di cui
sono rinomati i paesaggi a mezzotinto.
Buona parte dei grandi artisti moderni si sperimentano con la tecnica incisoria da
MARC CHAGALL, DERAIN, LEGER e NOLDE a KOKOSCHKA; da PICASSO, MIRO’ DALI’
a CARRA’, MORANDI, CAMPIGLI, GUTTUSO.
Gli incisori italiani sono tra i più conosciuti al mondo. L’arte della stampa originale
acquisisce nuove caratteristiche a partire dalla seconda guerra mondiale; durante la
prima metà del secolo, infatti, rimane legata alle rigide convenzioni delle riproduzioni
del XIX secolo, faticando ad uniformarsi ai nuovi ideali della pittura europea
d’avanguardia.
Fin dalla fine della seconda guerra mondiale, l’incisione originale diviene materia
accademica e i maestri di fama internazionale danno prestigio alle scuole in cui
insegnano: l’Accademia Albertina di Torino (MARCELLO BOGLIONI, MARCO CALANDRI,
VINCENZO GATTI E ALBERTO ROCCO); la scuola veneziana (LINO BIANCHI
BARRIVIERA, GIOVANNI BARBISAN), la scuola di Bologna (GIORGIO MORANDI), la
Scuola del Libro di Urbino (LUIGI SERVOLINI, LEANDRO CASTELLANI), l’Istituto d’Arte
di Firenze (FRANCESCO CHIAPPELLI), l’Accademia di Firenze (GIOVANNI FATTORI,
CELESTINO CELESTINI), l’Accademia Brera di Milano (PAOLO PETRO’) e l’Accademia di
Genova (MARIO CHIANESE).
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:
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de la gravure, Parigi, 1789 • Bartsch Adam von, Le peintre graveurs, Vienna 1803-1821 • Bellini Paolo, Storia dell'incisione moderna: con un indice bio-bibliografico di
3000 artisti incisori, Bergamo, 1985 • Bellini Paolo, Dizionario della stampa d’arte, Milano 1995 • Bellini Paolo, Incisori veneti dal XV al XVIII secolo, Bologna 1997 • Bellini Paolo, Manuale del conoscitore di stampe, Milano, 1998 • Comanducci Agostino Mario, Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e
incisori italiani moderni e contemporanei, 1962 – 1974, Milano • D’Amico Rosa, Incisori veneti dal XV al XVIII secolo, Bologna 1980 • Disertori Benvenuto, L' incisione italiana, Firenze, 1931 • Hind Arthur Mayger, Early italian engraving: a critical catalogue with complete
reproduction of all the prints described, London,1938-1948 • Hind Arthur Mayger, Storia dell’incisione dal XV secolo al 1914, Torino 1998 • Le Blanc Charles, Manuel de l’amateur d’estampes, Parigi 1888 • Massari Stefania, Negri Arnoldi Francesco, Arte e scienza dell’incisione. Da Maso
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antica e moderna con oltre 250 illustrazioni in nero, Milano, 1984 • Salamon Ferdinando, Il conoscitore di stampe, Torino,1986 • Servolini Luigi, Incisione italiana di cinque secoli, Milano, 1951