Brano primo

14
PostMortem Brano Primo tratto dal libro

description

primo racconto tratto dal libro post mortem

Transcript of Brano primo

PostMortem

Brano Primo

tratto dal libro

Dedicato a Nikolas Fostembergh Von Keterdella città di Eisembergh

Accesi un’altra candela sulla scrivania polverosa ingombra di fogli e altre cartacce.La piccola �amma si univa alle altre gia accese, illuminando la stanza e al tempo stesso inondandola di mille piccole ombre tremolanti, e là, ancora là, il bianco di quel foglio mi �ssava con aria severa. Quell’espressione di rimprovero che solo il foglio bianco sapeva avere

nei confronti di quelli che come me stanno svegli la note dannandosi su quelle sudate carte alla ricerca di quel so�o di vento che rapisca l’animo verso un volo poetico capace di portare una qualche ispirazione… se non altro per tirare avanti e arrivare a vendere qualcosa per comprare un boccone da mettere sotto i denti. Non ricordavo nemmeno più l’ultima volta che avevo mangiato, da giorni ormai ero chiuso in quella prigione a rigirarmi tra la polvere e l’inchiostro, sudato, febbricitante, in preda al delirio più nero e circondato da un cimitero di fogli sparsi accartocciati… il cimitero delle idee.Non sarei resistito ancora a lungo, ogni giorno alla stessa ora, una serie di colpi sulla mia porta, sempre più insistenti, mi destavano dal mio sonno profondo… era il padrone del palazzo in cui abitavo che ogni giorno mi ricordava dei miei debiti arretrati. Non avevo soldi per mangiare, �guriamoci per quel cane.Per come ero preso, una moneta di rame per quella topaia era comunque una somma imperiale. Non c’era altra soluzione, dovevo andarmene, fuggire da lì, da quel posto, da quell’inferno. Fu così che una notte presi ciò che restava delle mie cose e scesi in strada.Aria, persino quel vicolo buio e sporco aveva un aspetto migliore del solito, ma soprattutto profumava di libertà. Dov’ero diretto o cosa ne sarebbe stato di me non mi importava, ciò che contava era andare, lontano. E allora via! Via da quei quartieri a�ollati, via da quelle schifose periferie dove l’incontro più piacevole che si possa fare sono i ratti…Lontano, verso la campagna! Superai l’ultimo ponte senza nemmeno voltarmi a dare un ultimo saluto a quella grigia culla in cui ero nato. Via, tra le foglie e l’erba alta. Non ricordo nemmeno quanto corsi quella notte, corsi �no a svenire. Quando mi svegliai ero disteso su un carro di �eno… “Ben svegliato amico, ti senti meglio ora?” Ci misi un po’ a capire cosa era successo. Da quello che poi mi raccontarono dovevo aver corso per tutta la notte, �nché allo stremo delle forze, mi ero accasciato a terra nei pressi di una strada di campagna do ve una famiglia di passaggio mi aveva trovato e portato �no al villaggio vicino.

Parte

I

Passai alcuni giorni ospite di quella famiglia di contadini, lì al villaggio non era male, ma l’eco della città era ancora troppo forte, troppo vicino, dovevo proseguire e andare più lontano. Mi unii ad un gruppo di pastori diretti verso le montagne. Appartenevano ad una piccola comunità che si era insediata tra le fredde colline del nord al limite con le terre ghiacciate.

Mi domandavo cosa li avesse spinti a costruire un villaggio vicino una terra così inospitale, ma loro mi dissero che era un luogo di pace e che d’estate tutto si dipingeva di un tiepido color smeraldo che donava a quel luogo un aspetto incantevole.Quando arrivammo al villaggio, guardandomi intorno vedevo solo un gruppetto di case ammassate tra le colline ghiacciate e boschi ricoperti da un �tto manto di neve. Aveva tutta l’aria di essere un posto sperduto e dimenticato, ma infondo a me andava bene così, stavo scappando dalla città so�ocante, era il luogo ideale per restarmene un po’ solo e ritrovare la pace.Trovai alloggio presso la casa del Vecchio Samuel Haryan Geremia Woodswhool, per gli amici Sam. Uomo gentile ed ospitale, viveva solo con le due �glie Anna e Sara, la madre era morta da qualche anno così ora toccava ad Anna, la più grande, occuparsi della casa. Sara era solo una bambina, ma anche lei dava il suo contributo così che il vecchio poteva badare tranquillamente alle pecore e ai lavori più duri.Con il passare dei giorni mi accorsi che quello non era a�atto il luogo freddo e silenzioso che mi ero immaginato. In paese si respirava un’aria gioiosa e vitale, molto spesso si organizzavano feste e cenoni in onore di questo e di quello e anche la casa del vecchio Sam era sempre un continuo via vai di vicini e amici che si fermavano a mangiare o passavano per invitarci a loro volta a casa loro con la scusa di festeggiare qualche importante ricorrenza il più delle volte inventata al momento, ma subito assumeva l’importanza di un’antica tradizione da rispettare rigorosamente. E anche Sam, a dispetto della sua veneranda età, si dimostrava invece piuttosto arzillo e vivace. Non mancava mai di animare la serata con qualche storia o racconto, ne tanto meno rinunciava mai a bere di gusto boccali interi di quegli intrugli che lui stesso preparava e che facevano in modo che i suoi racconti si animassero di ogni sorta di stramberia e assurdità, e sebbene �nisse sempre per raccontare le stesse storie, queste cambiavano di volta in volta a seconda degli e�etti prodotti dall’alcol. In quell’atmosfera così festosa dimenticai presto il vero motivo per cui ero arrivato lì, cominciai

Parte

II

a lavorare con il vecchio, aiutandolo nei lavori più pesanti, non pensavo più alla poesia e forse stavo bene così, perché �nalmente avevo trovato un luogo di pace dove trascorrere la mia vita. Anche quelle colline gelate non mi sembravano più tanto male, con quella atmosfera da �aba quel posto riusciva ad infondere calore anche se immerso nella morsa del ghiaccio.

Passai alcuni giorni ospite di quella famiglia di contadini, lì al villaggio non era male, ma l’eco della città era ancora troppo forte, troppo vicino, dovevo proseguire e andare più lontano. Mi unii ad un gruppo di pastori diretti verso le montagne. Appartenevano ad una piccola comunità che si era insediata tra le fredde colline del nord al limite con le terre ghiacciate.

Mi domandavo cosa li avesse spinti a costruire un villaggio vicino una terra così inospitale, ma loro mi dissero che era un luogo di pace e che d’estate tutto si dipingeva di un tiepido color smeraldo che donava a quel luogo un aspetto incantevole.Quando arrivammo al villaggio, guardandomi intorno vedevo solo un gruppetto di case ammassate tra le colline ghiacciate e boschi ricoperti da un �tto manto di neve. Aveva tutta l’aria di essere un posto sperduto e dimenticato, ma infondo a me andava bene così, stavo scappando dalla città so�ocante, era il luogo ideale per restarmene un po’ solo e ritrovare la pace.Trovai alloggio presso la casa del Vecchio Samuel Haryan Geremia Woodswhool, per gli amici Sam. Uomo gentile ed ospitale, viveva solo con le due �glie Anna e Sara, la madre era morta da qualche anno così ora toccava ad Anna, la più grande, occuparsi della casa. Sara era solo una bambina, ma anche lei dava il suo contributo così che il vecchio poteva badare tranquillamente alle pecore e ai lavori più duri.Con il passare dei giorni mi accorsi che quello non era a�atto il luogo freddo e silenzioso che mi ero immaginato. In paese si respirava un’aria gioiosa e vitale, molto spesso si organizzavano feste e cenoni in onore di questo e di quello e anche la casa del vecchio Sam era sempre un continuo via vai di vicini e amici che si fermavano a mangiare o passavano per invitarci a loro volta a casa loro con la scusa di festeggiare qualche importante ricorrenza il più delle volte inventata al momento, ma subito assumeva l’importanza di un’antica tradizione da rispettare rigorosamente. E anche Sam, a dispetto della sua veneranda età, si dimostrava invece piuttosto arzillo e vivace. Non mancava mai di animare la serata con qualche storia o racconto, ne tanto meno rinunciava mai a bere di gusto boccali interi di quegli intrugli che lui stesso preparava e che facevano in modo che i suoi racconti si animassero di ogni sorta di stramberia e assurdità, e sebbene �nisse sempre per raccontare le stesse storie, queste cambiavano di volta in volta a seconda degli e�etti prodotti dall’alcol. In quell’atmosfera così festosa dimenticai presto il vero motivo per cui ero arrivato lì, cominciai

a lavorare con il vecchio, aiutandolo nei lavori più pesanti, non pensavo più alla poesia e forse stavo bene così, perché �nalmente avevo trovato un luogo di pace dove trascorrere la mia vita. Anche quelle colline gelate non mi sembravano più tanto male, con quella atmosfera da �aba quel posto riusciva ad infondere calore anche se immerso nella morsa del ghiaccio.

Di tanto in tanto, mi concedevo lunghe passeggiate tra quei boschi ammantati, esplorando le terre nei pressi del villaggio e spingendomi talvolta �no al limite con le colline ghiacciate. A detta di tutti quelle terre erano quanto di più inospitale vi possa essere, il ghiaccio serrava in una stretta morsa montagne e vallate, e anche d’estate, quando al paese la natura �oriva in una danza verde, lì tra quei picchi rocciosi e le oscure

valli, il ghiaccio resisteva. Era una terra morta, quelli del paese vi si addentravano raramente e nessun uomo vi avrebbe mai potuto abitare. Come se non bastasse, giravano strane storie sulle creature che popolavano le nere foreste che si estendevano ai piedi di quelle montagne aguzze che circondavano come alte mura quel freddo deserto. Eppure nessuno giù al paese sembrava essere preoccupato per questo, non si erano mai veri�cati incidenti sospetti e così si limitavano semplicemente a non addentrarsi in quel luogo ostile. D'altronde era certamente più saggio rimanere in paese e godersi la serenità di quel posto. Tuttavia, dal giorno in cui il vecchio mi aveva parlato con voce stranamente lucida e seria di quel posto, nel corso delle mie escursioni avevo cominciato ad addentrarmi nelle terre oltre le colline. Inconsciamente, forse senza neanche accorgermene, ma quel posto esercitava su di me un misterioso fascino, vuoi per le storie che i vecchi raccontavano quando nelle notti tempestose alzavano un po’ di più il gomito giù alla taverna di Pozzyweek, vuoi per il fatto che ero sempre stato una persona curiosa di natura, ma giorno dopo giorno non rinunciavo mai alla mia esplorazione quotidiana. In casa non sembravano eccessivamente preoccupati di questa mia nuova mania, ma il vecchio mi aveva comunque avvertito di fare attenzione ai lupi e alle nebbie improvvise che in quelle foreste non era raro incontrare e che rischiavano di farmi perdere l’orientamento, come poi puntualmente avvenne…Ero uscito presto quella mattina, non avevo nemmeno fatto colazione, semplicemente mi ero alzato, vestito e poi ero uscito, colto da un’improvvisa voglia di esplorare ancora più a�ondo quella terra misteriosa. Presi il sentiero che si inerpicava per il �anco della collina, giunto in cima restai qualche secondo a �ssare da una parte la distesa gelata e dall’altra i verdi prati che circondavano il villaggio. Quello strano e�etto climatico doveva essere causato dalle montagne che circondavano quella terra e che non permettevano ai raggi del sole di infondere il calore che invece rendeva la vallata opposta un luogo così ospitale d’estate. Mi mossi allora in direzione del bosco che saliva su per il �anco della parete di destra, volevo arrampicarmi un po’ per riuscire a scorgere meglio al di là delle bianche colline e avere una visione più

Parte

IIIampia dell’intera vallata.Mi addentrai nel bosco, a fatica riuscivo a farmi strada tra l’intreccio dei �tti rami, ma la spinta a proseguire era più forte che mai. Ad un tratto mi ritrovai immerso in una bianca nube, come so�ce bambagia avanzava lentamente, incurante del �tto groviglio della foresta che rendeva invece ardui i miei movimenti. Non vedevo più niente, intorno a me tutto era bianco. Cercai di proseguire per la mia direzione, non dovevo essere lontano dalla �ne della boscaglia, poco dopo infatti mi ritrovai ai piedi della montagna, dove i pini lasciavano la strada alla roccia nuda. Cominciai perciò a salire verso uno sperone di roccia che mi avrebbe o�erto un’ottima vista della vallata. Avevo oltrepassato quel banco di nebbia ed ora potevo vederlo sotto di me �uttuare lentamente lasciandosi trasportare dal leggero venticello. Come un gregge di pecore, da quell’altezza potevo osservare altri piccoli banchi di nebbia muoversi per la vallata, poi il mio sguardo si posò su un particolare che non avevo mai notato prima di allora e di cui ero sempre stato all’oscuro. Incastonata tra le strette pareti della valle, abbarbicata sulla cima di una piccola collina, posava maestosa una grande cattedrale gotica. Sembrava molto antica e pressoché i rovina, sedeva imponente su quel trono di ghiaccio osservando silenziosa l’intera distesa di ghiaccio.La cosa mi sembrò piuttosto strana, con tutte le storie che aleggiavano su quel posto, possibile che nessuno mi avesse mai parlato di quell’edi�cio?Ero già intenzionato ad andare verso quella strana costruzione quando improvvisamente sentii un fruscio tra i cespugli. Erano lupi, e non uno solo, ma molti. Sforzandomi di rimanere calmo cominciai a tornare verso il villaggio, velocemente mi tu�ai nuovamente tra gli alberi cercando di farmi strada tra i rami. Fortunatamente la nebbia era scomparsa…no avevo parato troppo presto, eccola di nuovo, non si vede più nulla e quei lupi mi stavano ancora seguendo. Cominciai a sudare, ero nervoso, doveva essere una semplice escursione, ma si stava rivelando una trappola mortale. Come sempre accade nei momenti meno opportuni, cominciarono a tornarmi alla mente tutti i racconti sulle creature che abitavano quelle foreste e già mi immaginavo quei lupi come orribili mostri che presto avrebbero banchettato con le mie carni. Li sentivo chiaramente, erano sempre dietro di me, cominciavo a muovermi freneticamente non badando nemmeno ai rami che mi ferivano le mani e la faccia. Quando il bosco cominciò a diradarsi mi misi a correre, ma i lupi mi erano sempre dietro. Nella �tta nebbia non riuscivo a scorgerli e comunque ero più attento a non �nire addosso a qualche albero data la scarsa visibilità. Li sentivo sempre più vicini, cominciavano a ringhiare

pregustando già il sapore della preda. Il cuore mi batteva talmente forte che sentivo pulsare le vene del collo e cominciava a rimbombarmi nei timpani, ero terrorizzato.Poi inciampai su una radice e ruzzolai a terra, sentii il lupo alle mie spalle spiccare un balzo per a�errarmi. Urlai, urlai disperatamente, poi silenzio. Rimasi qualche secondo a terra, rannicchiato, immobile, tremante, ma non accadde nulla, tutto era calmo. Sentii in lontananza il campanile del villaggio che suonava le sei della sera, mi rialzai stordito e confuso. Ero ritornato al limitare del bosco, sulle colline gelate. Dei lupi non c’era più traccia e anche al nebbia era scomparsa. Ancora scosso per l’accaduto mi ripulii dagli aghi di pino e i pezzi di rami e feci ritorno a casa.Quella sera raccontai tutto al vecchio Sam che però non sembrò molto sorpreso, disse che mi aveva avvertito di fare attenzione ai lupi e che i banchi di nebbia andavano e venivano senza alcun preavviso. Disse anche che i lupi hanno paura di avvicinarsi al villaggio, quindi sentendo le campane avranno capito di essersi spinti un po’ troppo oltre il loro territorio. Poi aggiunse che dovevano aver capito che non ero un gran ché come cena. Rimasi in silenzio mentre �nivo la mia zuppa calda, poi mi tornò in mente quella strana cattedrale. Chiesi se l’aveva mai vista o se ne aveva mai sentito parlare e che comunque mi sembrava strano che ci fosse una costruzione simile in quel posto. Mi disse che non l’aveva mai vista di persona, ma anni fa glie ne avevano parlato. A quanto pare quando i primi pastori arrivarono nella valle, la trovarono già là, nessuno sapeva quando e come fu costruita, ma si diceva che fosse sempre stata così com’è ancora oggi, in rovina, mezza distrutta. Pochissimi sono andati a visitarla e comunque dicono che non vi sia nulla di interessante e tutti a�ermano che non vi hanno mai visto anima viva, nessuna traccia. Era solo un vecchio edi�cio in rovina e per di più costruito nel peggior posto del mondo. Non si sa chi l’abbia edi�cato ma doveva essere sicuramente un folle. Chiesi allora come mai con tutte le storie che si raccontano sulla valle ghiacciata, nessuno me ne aveva mai parlato. Mi spiegò che quel posto era ancora consacrato, nessuno si era mai preso la briga di addentrarsi in quella terra desolata solo per sconsacrare quel luogo dimenticato, e dato che la gente del posto era molto credente e anche molto superstiziosa, non amava scherzare su un luogo ancora sacro.“ Sono solo un mucchio di pietre, la gente preferisce fantasticare sulle oscure creature che abitano quelle foreste. A proposito, sei proprio sicuro che fossero lupi? Ti ho mai raccontato di quella volta che…” Così il vecchio cominciò un altro dei suoi racconti strampalati mentre già si riempiva il boccale che gli avrebbe assicurato grandiosi colpi di scena inaspettati per arricchire la sua storia…

Di tanto in tanto, mi concedevo lunghe passeggiate tra quei boschi ammantati, esplorando le terre nei pressi del villaggio e spingendomi talvolta �no al limite con le colline ghiacciate. A detta di tutti quelle terre erano quanto di più inospitale vi possa essere, il ghiaccio serrava in una stretta morsa montagne e vallate, e anche d’estate, quando al paese la natura �oriva in una danza verde, lì tra quei picchi rocciosi e le oscure

valli, il ghiaccio resisteva. Era una terra morta, quelli del paese vi si addentravano raramente e nessun uomo vi avrebbe mai potuto abitare. Come se non bastasse, giravano strane storie sulle creature che popolavano le nere foreste che si estendevano ai piedi di quelle montagne aguzze che circondavano come alte mura quel freddo deserto. Eppure nessuno giù al paese sembrava essere preoccupato per questo, non si erano mai veri�cati incidenti sospetti e così si limitavano semplicemente a non addentrarsi in quel luogo ostile. D'altronde era certamente più saggio rimanere in paese e godersi la serenità di quel posto. Tuttavia, dal giorno in cui il vecchio mi aveva parlato con voce stranamente lucida e seria di quel posto, nel corso delle mie escursioni avevo cominciato ad addentrarmi nelle terre oltre le colline. Inconsciamente, forse senza neanche accorgermene, ma quel posto esercitava su di me un misterioso fascino, vuoi per le storie che i vecchi raccontavano quando nelle notti tempestose alzavano un po’ di più il gomito giù alla taverna di Pozzyweek, vuoi per il fatto che ero sempre stato una persona curiosa di natura, ma giorno dopo giorno non rinunciavo mai alla mia esplorazione quotidiana. In casa non sembravano eccessivamente preoccupati di questa mia nuova mania, ma il vecchio mi aveva comunque avvertito di fare attenzione ai lupi e alle nebbie improvvise che in quelle foreste non era raro incontrare e che rischiavano di farmi perdere l’orientamento, come poi puntualmente avvenne…Ero uscito presto quella mattina, non avevo nemmeno fatto colazione, semplicemente mi ero alzato, vestito e poi ero uscito, colto da un’improvvisa voglia di esplorare ancora più a�ondo quella terra misteriosa. Presi il sentiero che si inerpicava per il �anco della collina, giunto in cima restai qualche secondo a �ssare da una parte la distesa gelata e dall’altra i verdi prati che circondavano il villaggio. Quello strano e�etto climatico doveva essere causato dalle montagne che circondavano quella terra e che non permettevano ai raggi del sole di infondere il calore che invece rendeva la vallata opposta un luogo così ospitale d’estate. Mi mossi allora in direzione del bosco che saliva su per il �anco della parete di destra, volevo arrampicarmi un po’ per riuscire a scorgere meglio al di là delle bianche colline e avere una visione più

ampia dell’intera vallata.Mi addentrai nel bosco, a fatica riuscivo a farmi strada tra l’intreccio dei �tti rami, ma la spinta a proseguire era più forte che mai. Ad un tratto mi ritrovai immerso in una bianca nube, come so�ce bambagia avanzava lentamente, incurante del �tto groviglio della foresta che rendeva invece ardui i miei movimenti. Non vedevo più niente, intorno a me tutto era bianco. Cercai di proseguire per la mia direzione, non dovevo essere lontano dalla �ne della boscaglia, poco dopo infatti mi ritrovai ai piedi della montagna, dove i pini lasciavano la strada alla roccia nuda. Cominciai perciò a salire verso uno sperone di roccia che mi avrebbe o�erto un’ottima vista della vallata. Avevo oltrepassato quel banco di nebbia ed ora potevo vederlo sotto di me �uttuare lentamente lasciandosi trasportare dal leggero venticello. Come un gregge di pecore, da quell’altezza potevo osservare altri piccoli banchi di nebbia muoversi per la vallata, poi il mio sguardo si posò su un particolare che non avevo mai notato prima di allora e di cui ero sempre stato all’oscuro. Incastonata tra le strette pareti della valle, abbarbicata sulla cima di una piccola collina, posava maestosa una grande cattedrale gotica. Sembrava molto antica e pressoché i rovina, sedeva imponente su quel trono di ghiaccio osservando silenziosa l’intera distesa di ghiaccio.La cosa mi sembrò piuttosto strana, con tutte le storie che aleggiavano su quel posto, possibile che nessuno mi avesse mai parlato di quell’edi�cio?Ero già intenzionato ad andare verso quella strana costruzione quando improvvisamente sentii un fruscio tra i cespugli. Erano lupi, e non uno solo, ma molti. Sforzandomi di rimanere calmo cominciai a tornare verso il villaggio, velocemente mi tu�ai nuovamente tra gli alberi cercando di farmi strada tra i rami. Fortunatamente la nebbia era scomparsa…no avevo parato troppo presto, eccola di nuovo, non si vede più nulla e quei lupi mi stavano ancora seguendo. Cominciai a sudare, ero nervoso, doveva essere una semplice escursione, ma si stava rivelando una trappola mortale. Come sempre accade nei momenti meno opportuni, cominciarono a tornarmi alla mente tutti i racconti sulle creature che abitavano quelle foreste e già mi immaginavo quei lupi come orribili mostri che presto avrebbero banchettato con le mie carni. Li sentivo chiaramente, erano sempre dietro di me, cominciavo a muovermi freneticamente non badando nemmeno ai rami che mi ferivano le mani e la faccia. Quando il bosco cominciò a diradarsi mi misi a correre, ma i lupi mi erano sempre dietro. Nella �tta nebbia non riuscivo a scorgerli e comunque ero più attento a non �nire addosso a qualche albero data la scarsa visibilità. Li sentivo sempre più vicini, cominciavano a ringhiare

pregustando già il sapore della preda. Il cuore mi batteva talmente forte che sentivo pulsare le vene del collo e cominciava a rimbombarmi nei timpani, ero terrorizzato.Poi inciampai su una radice e ruzzolai a terra, sentii il lupo alle mie spalle spiccare un balzo per a�errarmi. Urlai, urlai disperatamente, poi silenzio. Rimasi qualche secondo a terra, rannicchiato, immobile, tremante, ma non accadde nulla, tutto era calmo. Sentii in lontananza il campanile del villaggio che suonava le sei della sera, mi rialzai stordito e confuso. Ero ritornato al limitare del bosco, sulle colline gelate. Dei lupi non c’era più traccia e anche al nebbia era scomparsa. Ancora scosso per l’accaduto mi ripulii dagli aghi di pino e i pezzi di rami e feci ritorno a casa.Quella sera raccontai tutto al vecchio Sam che però non sembrò molto sorpreso, disse che mi aveva avvertito di fare attenzione ai lupi e che i banchi di nebbia andavano e venivano senza alcun preavviso. Disse anche che i lupi hanno paura di avvicinarsi al villaggio, quindi sentendo le campane avranno capito di essersi spinti un po’ troppo oltre il loro territorio. Poi aggiunse che dovevano aver capito che non ero un gran ché come cena. Rimasi in silenzio mentre �nivo la mia zuppa calda, poi mi tornò in mente quella strana cattedrale. Chiesi se l’aveva mai vista o se ne aveva mai sentito parlare e che comunque mi sembrava strano che ci fosse una costruzione simile in quel posto. Mi disse che non l’aveva mai vista di persona, ma anni fa glie ne avevano parlato. A quanto pare quando i primi pastori arrivarono nella valle, la trovarono già là, nessuno sapeva quando e come fu costruita, ma si diceva che fosse sempre stata così com’è ancora oggi, in rovina, mezza distrutta. Pochissimi sono andati a visitarla e comunque dicono che non vi sia nulla di interessante e tutti a�ermano che non vi hanno mai visto anima viva, nessuna traccia. Era solo un vecchio edi�cio in rovina e per di più costruito nel peggior posto del mondo. Non si sa chi l’abbia edi�cato ma doveva essere sicuramente un folle. Chiesi allora come mai con tutte le storie che si raccontano sulla valle ghiacciata, nessuno me ne aveva mai parlato. Mi spiegò che quel posto era ancora consacrato, nessuno si era mai preso la briga di addentrarsi in quella terra desolata solo per sconsacrare quel luogo dimenticato, e dato che la gente del posto era molto credente e anche molto superstiziosa, non amava scherzare su un luogo ancora sacro.“ Sono solo un mucchio di pietre, la gente preferisce fantasticare sulle oscure creature che abitano quelle foreste. A proposito, sei proprio sicuro che fossero lupi? Ti ho mai raccontato di quella volta che…” Così il vecchio cominciò un altro dei suoi racconti strampalati mentre già si riempiva il boccale che gli avrebbe assicurato grandiosi colpi di scena inaspettati per arricchire la sua storia…

Di tanto in tanto, mi concedevo lunghe passeggiate tra quei boschi ammantati, esplorando le terre nei pressi del villaggio e spingendomi talvolta �no al limite con le colline ghiacciate. A detta di tutti quelle terre erano quanto di più inospitale vi possa essere, il ghiaccio serrava in una stretta morsa montagne e vallate, e anche d’estate, quando al paese la natura �oriva in una danza verde, lì tra quei picchi rocciosi e le oscure

valli, il ghiaccio resisteva. Era una terra morta, quelli del paese vi si addentravano raramente e nessun uomo vi avrebbe mai potuto abitare. Come se non bastasse, giravano strane storie sulle creature che popolavano le nere foreste che si estendevano ai piedi di quelle montagne aguzze che circondavano come alte mura quel freddo deserto. Eppure nessuno giù al paese sembrava essere preoccupato per questo, non si erano mai veri�cati incidenti sospetti e così si limitavano semplicemente a non addentrarsi in quel luogo ostile. D'altronde era certamente più saggio rimanere in paese e godersi la serenità di quel posto. Tuttavia, dal giorno in cui il vecchio mi aveva parlato con voce stranamente lucida e seria di quel posto, nel corso delle mie escursioni avevo cominciato ad addentrarmi nelle terre oltre le colline. Inconsciamente, forse senza neanche accorgermene, ma quel posto esercitava su di me un misterioso fascino, vuoi per le storie che i vecchi raccontavano quando nelle notti tempestose alzavano un po’ di più il gomito giù alla taverna di Pozzyweek, vuoi per il fatto che ero sempre stato una persona curiosa di natura, ma giorno dopo giorno non rinunciavo mai alla mia esplorazione quotidiana. In casa non sembravano eccessivamente preoccupati di questa mia nuova mania, ma il vecchio mi aveva comunque avvertito di fare attenzione ai lupi e alle nebbie improvvise che in quelle foreste non era raro incontrare e che rischiavano di farmi perdere l’orientamento, come poi puntualmente avvenne…Ero uscito presto quella mattina, non avevo nemmeno fatto colazione, semplicemente mi ero alzato, vestito e poi ero uscito, colto da un’improvvisa voglia di esplorare ancora più a�ondo quella terra misteriosa. Presi il sentiero che si inerpicava per il �anco della collina, giunto in cima restai qualche secondo a �ssare da una parte la distesa gelata e dall’altra i verdi prati che circondavano il villaggio. Quello strano e�etto climatico doveva essere causato dalle montagne che circondavano quella terra e che non permettevano ai raggi del sole di infondere il calore che invece rendeva la vallata opposta un luogo così ospitale d’estate. Mi mossi allora in direzione del bosco che saliva su per il �anco della parete di destra, volevo arrampicarmi un po’ per riuscire a scorgere meglio al di là delle bianche colline e avere una visione più

ampia dell’intera vallata.Mi addentrai nel bosco, a fatica riuscivo a farmi strada tra l’intreccio dei �tti rami, ma la spinta a proseguire era più forte che mai. Ad un tratto mi ritrovai immerso in una bianca nube, come so�ce bambagia avanzava lentamente, incurante del �tto groviglio della foresta che rendeva invece ardui i miei movimenti. Non vedevo più niente, intorno a me tutto era bianco. Cercai di proseguire per la mia direzione, non dovevo essere lontano dalla �ne della boscaglia, poco dopo infatti mi ritrovai ai piedi della montagna, dove i pini lasciavano la strada alla roccia nuda. Cominciai perciò a salire verso uno sperone di roccia che mi avrebbe o�erto un’ottima vista della vallata. Avevo oltrepassato quel banco di nebbia ed ora potevo vederlo sotto di me �uttuare lentamente lasciandosi trasportare dal leggero venticello. Come un gregge di pecore, da quell’altezza potevo osservare altri piccoli banchi di nebbia muoversi per la vallata, poi il mio sguardo si posò su un particolare che non avevo mai notato prima di allora e di cui ero sempre stato all’oscuro. Incastonata tra le strette pareti della valle, abbarbicata sulla cima di una piccola collina, posava maestosa una grande cattedrale gotica. Sembrava molto antica e pressoché i rovina, sedeva imponente su quel trono di ghiaccio osservando silenziosa l’intera distesa di ghiaccio.La cosa mi sembrò piuttosto strana, con tutte le storie che aleggiavano su quel posto, possibile che nessuno mi avesse mai parlato di quell’edi�cio?Ero già intenzionato ad andare verso quella strana costruzione quando improvvisamente sentii un fruscio tra i cespugli. Erano lupi, e non uno solo, ma molti. Sforzandomi di rimanere calmo cominciai a tornare verso il villaggio, velocemente mi tu�ai nuovamente tra gli alberi cercando di farmi strada tra i rami. Fortunatamente la nebbia era scomparsa…no avevo parato troppo presto, eccola di nuovo, non si vede più nulla e quei lupi mi stavano ancora seguendo. Cominciai a sudare, ero nervoso, doveva essere una semplice escursione, ma si stava rivelando una trappola mortale. Come sempre accade nei momenti meno opportuni, cominciarono a tornarmi alla mente tutti i racconti sulle creature che abitavano quelle foreste e già mi immaginavo quei lupi come orribili mostri che presto avrebbero banchettato con le mie carni. Li sentivo chiaramente, erano sempre dietro di me, cominciavo a muovermi freneticamente non badando nemmeno ai rami che mi ferivano le mani e la faccia. Quando il bosco cominciò a diradarsi mi misi a correre, ma i lupi mi erano sempre dietro. Nella �tta nebbia non riuscivo a scorgerli e comunque ero più attento a non �nire addosso a qualche albero data la scarsa visibilità. Li sentivo sempre più vicini, cominciavano a ringhiare

pregustando già il sapore della preda. Il cuore mi batteva talmente forte che sentivo pulsare le vene del collo e cominciava a rimbombarmi nei timpani, ero terrorizzato.Poi inciampai su una radice e ruzzolai a terra, sentii il lupo alle mie spalle spiccare un balzo per a�errarmi. Urlai, urlai disperatamente, poi silenzio. Rimasi qualche secondo a terra, rannicchiato, immobile, tremante, ma non accadde nulla, tutto era calmo. Sentii in lontananza il campanile del villaggio che suonava le sei della sera, mi rialzai stordito e confuso. Ero ritornato al limitare del bosco, sulle colline gelate. Dei lupi non c’era più traccia e anche al nebbia era scomparsa. Ancora scosso per l’accaduto mi ripulii dagli aghi di pino e i pezzi di rami e feci ritorno a casa.Quella sera raccontai tutto al vecchio Sam che però non sembrò molto sorpreso, disse che mi aveva avvertito di fare attenzione ai lupi e che i banchi di nebbia andavano e venivano senza alcun preavviso. Disse anche che i lupi hanno paura di avvicinarsi al villaggio, quindi sentendo le campane avranno capito di essersi spinti un po’ troppo oltre il loro territorio. Poi aggiunse che dovevano aver capito che non ero un gran ché come cena. Rimasi in silenzio mentre �nivo la mia zuppa calda, poi mi tornò in mente quella strana cattedrale. Chiesi se l’aveva mai vista o se ne aveva mai sentito parlare e che comunque mi sembrava strano che ci fosse una costruzione simile in quel posto. Mi disse che non l’aveva mai vista di persona, ma anni fa glie ne avevano parlato. A quanto pare quando i primi pastori arrivarono nella valle, la trovarono già là, nessuno sapeva quando e come fu costruita, ma si diceva che fosse sempre stata così com’è ancora oggi, in rovina, mezza distrutta. Pochissimi sono andati a visitarla e comunque dicono che non vi sia nulla di interessante e tutti a�ermano che non vi hanno mai visto anima viva, nessuna traccia. Era solo un vecchio edi�cio in rovina e per di più costruito nel peggior posto del mondo. Non si sa chi l’abbia edi�cato ma doveva essere sicuramente un folle. Chiesi allora come mai con tutte le storie che si raccontano sulla valle ghiacciata, nessuno me ne aveva mai parlato. Mi spiegò che quel posto era ancora consacrato, nessuno si era mai preso la briga di addentrarsi in quella terra desolata solo per sconsacrare quel luogo dimenticato, e dato che la gente del posto era molto credente e anche molto superstiziosa, non amava scherzare su un luogo ancora sacro.“ Sono solo un mucchio di pietre, la gente preferisce fantasticare sulle oscure creature che abitano quelle foreste. A proposito, sei proprio sicuro che fossero lupi? Ti ho mai raccontato di quella volta che…” Così il vecchio cominciò un altro dei suoi racconti strampalati mentre già si riempiva il boccale che gli avrebbe assicurato grandiosi colpi di scena inaspettati per arricchire la sua storia…

Le parole di Sam non servirono a dissuadermi, ne tanto meno mi impensierirono le sue storie da focolare. Dopo quel giorno tornai ancora più spesso tra quei boschi e sempre più spesso si ripeteva anche il mio incontro con i lupi, proprio come la prima volta, tanto che giù in città cominciavano a prendermi in giro gridando “al lupo al lupo” ogni volta che passavo per la strada. I più fantasiosi quando mi incrociavano

si mettevano a canticchiare “run with the wolves” con fare innocente… “canzone azzeccata” rispondevo io. Non volevo ammettere che la mia stava diventando una vera ossessione, eppure la voglia di esplorare quelle terre mi spingeva a continuare. Era come se una voce mi attirasse in quei luoghi, ma i lupi mi volessero tenere a distanza. Già... i lupi. Con tutto quello che mi avevano fatto correre non ero ancora riuscito a vederli, solo a sentirli. Non che ci tenessi ad avere un incontro ravvicinato con loro, ma la cosa mi sembrava irreale. Come se non bastasse c’era il fatto che non li incontravo proprio sempre durante le mie escursioni, vi erano giorni in cui potevo camminare per ore nella foresta e non sentire nemmeno il vento tra le fronde. Sam diceva che era normale e che i lupi forse mi attaccavano solo quando mi avvicinavo troppo alla loro tana. In e�etti era la spiegazione più logica, decisi allora di riprovare, non più attraverso il bosco, ma passando per le colline gelate, dove non ci sono alberi, ma solo erba ricoperta di brina. Non so bene perché, ma ero convinto che non mi avrebbero attaccato, per farlo si sarebbero dovuti mostrare ai miei occhi perché sulle colline non c’è modo di nascondersi e poi passando di là sarei arrivato nei pressi della cattedrale gotica che dopo la mia prima avventura non ero più riuscito a scorgere. Ero sicuro di farcela, la mattina preparai lo zaino, salutai le due sorelle mi diressi verso la porta. Il vecchio, che ormai ci aveva fatto l’abitudine, mi disse solo di tornare a casa intero, così presi e uscii chiudendo la porta alle mie spalle. Mi diressi in alto verso il crinale della collina erbosa che sovrastava le distese di pini ricoperti di neve, facevo ben attenzione a non avvicinarmi troppo al limitare del bosco guardandomi sempre intorno per scorgere ogni minimo movimento, ma tutto taceva. Troppo tranquillo mi dicevo, tutto troppo tranquillo, ma dopo qualche ora cominciai a credere che fosse davvero tutto tranquillo. Del resto ero lontano dal bosco, i lupi non mi avrebbero attaccato. Tra l’erba ghiacciata potevo scorgere un piccolo sentiero che ormai non era che una traccia quasi impercettibile, non era certo un luogo a�ollato. Continuavo a passeggiare su e giù per le colline, aspettandomi che da un momento all’altro comparisse la vecchia cattedrale. Ormai che ero giunto �n là tanto valeva darci un’occhiata, dei lupi non c’era traccia e io mi

Parte

IVsentivo sereno e tranquillo, come da tempo non lo ero più stato. Ero venuto a cercare la pace, ma anche in quel luogo il mio spirito inquieto era riuscito a trovare qualcosa che mi ossessionasse, ma ora potevo nuovamente godermi l’incanto di quel posto meraviglioso. Ormai dimentico di ogni genere di minaccia, non mi preoccupai più di tanto quando fui colto dalla solita nebbia improvvisa che lattiginosa mi aveva avvolto azzerando in un attimo la mia visuale. Camminavo spaesato nel bianco di quel muro etereo quando d’un tratto udii il verso terribilmente famigliare dei lupi che si avvicinavano. Tutte le mie teorie e le mie supposizioni furono spazzate via d’un baleno quando li vidi comparire di fronte i miei occhi emergendo dalla bianca nebbia. Erano lupi dal manto candido, piuttosto grossi, e si avvicinavano con fare sospetto. Rimasi immobile, ero circondato, ma loro sembravano mantenere le distanze per il momento. Arretrai di un passo, ma subito alle mie spalle un lupo cominciò a ringhiare, mi arrestai e lui smise. Ero bloccato, non sapevo più cosa fare, forse preso da un momento di follia o semplice stupidità, cominciai a correre dritto davanti a me, scagliandomi tra il branco di lupi. Questi, forse stupiti e spaventati dall’improvvisa reazione si scansarono, ma subito dopo cominciarono ad inseguirmi furiosamente. Corsi più forte di quanto non avessi mai fatto prima, questa volta il pericolo era reale, lo vedevo, era dietro di me. Scesi giù per la collina e oltrepassando un breve tratto di bosco mi inerpicai poi su per una seconda collina e così su e giù, con il sudore che mi bagnava le fronte e il cuore ormai impazzito. Il vecchio Sam si era raccomandato di tornare a casa tutto intero e io non avevo alcuna intenzione di deluderlo.Improvvisamente fece la sua comparsa all’orizzonte la scura �gura della cattedrale, per me ora quel luogo dimenticato da tutti e apparentemente insigni�cante poteva signi�care la salvezza. Annaspando e ruzzolando arrivai �no ai piedi della collina sopra la quale posava quel maestoso gigante di pietra grigia. All’inizio no ci feci nemmeno caso, ma circa a metà della salita notai che i lupi erano diventati estremamente silenziosi, avevano smesso di ringhiare ed ululare e anche se continuavano ad inseguirmi, sembravano fare assoluta attenzione a non fare rumore, come una sorta di religioso silenzio per la presenza di quel luogo sacro. Giunto nei pressi del grande portone di legno vidi che i lupi ad uno ad uno rinunciarono ad inseguirmi e si allontanarono di corsa sparendo poi inghiottiti dalla nebbia.Rimasi solo davanti al portone, quell’enorme costruzione gotica emanava ancora un fascino austero e imponente, metteva quasi soggezione dall’alto delle sue guglie annerite dal tempo, ma io non resistevo, volevo entrare per vedere quali misteri e meraviglie celasse al suo interno.

Le parole di Sam non servirono a dissuadermi, ne tanto meno mi impensierirono le sue storie da focolare. Dopo quel giorno tornai ancora più spesso tra quei boschi e sempre più spesso si ripeteva anche il mio incontro con i lupi, proprio come la prima volta, tanto che giù in città cominciavano a prendermi in giro gridando “al lupo al lupo” ogni volta che passavo per la strada. I più fantasiosi quando mi incrociavano

si mettevano a canticchiare “run with the wolves” con fare innocente… “canzone azzeccata” rispondevo io. Non volevo ammettere che la mia stava diventando una vera ossessione, eppure la voglia di esplorare quelle terre mi spingeva a continuare. Era come se una voce mi attirasse in quei luoghi, ma i lupi mi volessero tenere a distanza. Già... i lupi. Con tutto quello che mi avevano fatto correre non ero ancora riuscito a vederli, solo a sentirli. Non che ci tenessi ad avere un incontro ravvicinato con loro, ma la cosa mi sembrava irreale. Come se non bastasse c’era il fatto che non li incontravo proprio sempre durante le mie escursioni, vi erano giorni in cui potevo camminare per ore nella foresta e non sentire nemmeno il vento tra le fronde. Sam diceva che era normale e che i lupi forse mi attaccavano solo quando mi avvicinavo troppo alla loro tana. In e�etti era la spiegazione più logica, decisi allora di riprovare, non più attraverso il bosco, ma passando per le colline gelate, dove non ci sono alberi, ma solo erba ricoperta di brina. Non so bene perché, ma ero convinto che non mi avrebbero attaccato, per farlo si sarebbero dovuti mostrare ai miei occhi perché sulle colline non c’è modo di nascondersi e poi passando di là sarei arrivato nei pressi della cattedrale gotica che dopo la mia prima avventura non ero più riuscito a scorgere. Ero sicuro di farcela, la mattina preparai lo zaino, salutai le due sorelle mi diressi verso la porta. Il vecchio, che ormai ci aveva fatto l’abitudine, mi disse solo di tornare a casa intero, così presi e uscii chiudendo la porta alle mie spalle. Mi diressi in alto verso il crinale della collina erbosa che sovrastava le distese di pini ricoperti di neve, facevo ben attenzione a non avvicinarmi troppo al limitare del bosco guardandomi sempre intorno per scorgere ogni minimo movimento, ma tutto taceva. Troppo tranquillo mi dicevo, tutto troppo tranquillo, ma dopo qualche ora cominciai a credere che fosse davvero tutto tranquillo. Del resto ero lontano dal bosco, i lupi non mi avrebbero attaccato. Tra l’erba ghiacciata potevo scorgere un piccolo sentiero che ormai non era che una traccia quasi impercettibile, non era certo un luogo a�ollato. Continuavo a passeggiare su e giù per le colline, aspettandomi che da un momento all’altro comparisse la vecchia cattedrale. Ormai che ero giunto �n là tanto valeva darci un’occhiata, dei lupi non c’era traccia e io mi

sentivo sereno e tranquillo, come da tempo non lo ero più stato. Ero venuto a cercare la pace, ma anche in quel luogo il mio spirito inquieto era riuscito a trovare qualcosa che mi ossessionasse, ma ora potevo nuovamente godermi l’incanto di quel posto meraviglioso. Ormai dimentico di ogni genere di minaccia, non mi preoccupai più di tanto quando fui colto dalla solita nebbia improvvisa che lattiginosa mi aveva avvolto azzerando in un attimo la mia visuale. Camminavo spaesato nel bianco di quel muro etereo quando d’un tratto udii il verso terribilmente famigliare dei lupi che si avvicinavano. Tutte le mie teorie e le mie supposizioni furono spazzate via d’un baleno quando li vidi comparire di fronte i miei occhi emergendo dalla bianca nebbia. Erano lupi dal manto candido, piuttosto grossi, e si avvicinavano con fare sospetto. Rimasi immobile, ero circondato, ma loro sembravano mantenere le distanze per il momento. Arretrai di un passo, ma subito alle mie spalle un lupo cominciò a ringhiare, mi arrestai e lui smise. Ero bloccato, non sapevo più cosa fare, forse preso da un momento di follia o semplice stupidità, cominciai a correre dritto davanti a me, scagliandomi tra il branco di lupi. Questi, forse stupiti e spaventati dall’improvvisa reazione si scansarono, ma subito dopo cominciarono ad inseguirmi furiosamente. Corsi più forte di quanto non avessi mai fatto prima, questa volta il pericolo era reale, lo vedevo, era dietro di me. Scesi giù per la collina e oltrepassando un breve tratto di bosco mi inerpicai poi su per una seconda collina e così su e giù, con il sudore che mi bagnava le fronte e il cuore ormai impazzito. Il vecchio Sam si era raccomandato di tornare a casa tutto intero e io non avevo alcuna intenzione di deluderlo.Improvvisamente fece la sua comparsa all’orizzonte la scura �gura della cattedrale, per me ora quel luogo dimenticato da tutti e apparentemente insigni�cante poteva signi�care la salvezza. Annaspando e ruzzolando arrivai �no ai piedi della collina sopra la quale posava quel maestoso gigante di pietra grigia. All’inizio no ci feci nemmeno caso, ma circa a metà della salita notai che i lupi erano diventati estremamente silenziosi, avevano smesso di ringhiare ed ululare e anche se continuavano ad inseguirmi, sembravano fare assoluta attenzione a non fare rumore, come una sorta di religioso silenzio per la presenza di quel luogo sacro. Giunto nei pressi del grande portone di legno vidi che i lupi ad uno ad uno rinunciarono ad inseguirmi e si allontanarono di corsa sparendo poi inghiottiti dalla nebbia.Rimasi solo davanti al portone, quell’enorme costruzione gotica emanava ancora un fascino austero e imponente, metteva quasi soggezione dall’alto delle sue guglie annerite dal tempo, ma io non resistevo, volevo entrare per vedere quali misteri e meraviglie celasse al suo interno.

Spinsi con forza il pesante portone che subito emise un forte cigolio che risuonò per tutta la navata. Quando richiusi il portone dietro di me, tutto ripiombò in un silenzio irreale. Mi guardavo intorno, ma tutto quello che vedevo erano statue sgretolate dal tempo, banconi di legno ricoperti di polvere ed enormi colonne che a fatica riuscivano ancora a sostenere il peso dei secoli. Come aveva detto il vecchio sembrava non

esserci anima viva, passeggiai lentamente su e giù per la navata, poi sconsolato per non aver trovato nulla di interessante in quel luogo che pure mi era contato così tanta fatica, mi voltai e feci per andarmene, quando una voce mi inchiodò lì sul posto. “Cosa ti ha spinto ad avventurarti in questa terra di fredda desolazione, cosa ti ha spinto ad a�rontare la ferocia dei miei guardiani, e per cosa poi? Per giungere in�ne in un luogo dimenticato da tutti... Dimmi dunque, cosa sei venuto a cercare?” Mi voltai di scatto e scorsi un’ombra scura in prossimità dell’altare di pietra, mi avvicinai e vidi un uomo in abiti da monaco con un ampio cappuccio nero che gli oscurava il volto, era là in piedi, immobile, attendeva in silenzio una qualche risposta. Avanzai ancora e gli spiegai che venivo dal villaggio vicino e che i vecchi avevano detto che quel luogo era disabitato da secoli e che non mi aspettavo certo di trovarvi qualcuno. Lo strano uomo incappucciato sembrò sorridere sentendomi incespicare nelle parole, ero teso, a disagio, mi sentivo come se avessi profanato quel luogo, ma poi chi era questo individuo? Fece un passo e con tono placido disse “ In e�etti il vecchio Sam aveva ragione a dire che in questo luogo non s’è mai vista anima viva…” Mentre parlava camminava lentamente avanti e indietro facendo ampi gesti con la mano destra come se stesse raccontando una vecchia storia. “Non ricordi già più il motivo per cui sei venuto �no a qui?” Dissi che ero curioso di esplorare questi boschi ma lui mi interruppe bruscamente “No no no, intendevo dire perché hai lasciato la città, perché hai cercato rifugio in quel villaggio ed in�ne perché hai fatto di tutto per arrivare �no a qui? Non ricordi più cosa stavi cercando?”Rimasi in silenzio, confuso, cercando le parole per rispondere. Poi si fermò e �ssandomi disse “Per tutto questo tempo tu non hai fatto altro che cercare ME”.Lo guardai stupefatto senza capire cosa volesse dire. “A dire il vero dovevo essere io a venirti a prendere, ma tu hai anticipato i tempi ed ora eccoti qui davanti a me. Credevi di aver trovato la pace in quel piccolo villaggio di pastori, ma il tuo spirito ti spingeva a cercare altrove, perché sapeva, e ti ha spinto ad a�rontare anche i miei lupi pur di giungere sino a questo luogo e trovare ME . Tuttavia rimane ancora una cosa da compiere, non è un caso che ti abbia

Parte

Vpermesso di raggiungermi anzitempo, ho deciso che realizzerò insieme a te un piccolo lavoretto”.Ero ancora confuso e disorientato, ma lui non volle perdere altro tempo, mi disse solo “Scrivi” e così feci. Mi ritrovai seduto ad una vecchia scrivania di legno con un bel pacco di fogli bianchi davanti. Quando cominciò il suo racconto mi ricordai ogni cosa e tutto mi fu chiaro �nalmente. Cominciai a scrivere, ma era tutto molto diverso, non era più come prima, le parole sgorgavano come un �ume dal mio interno e si posavano sul foglio con ordine e grazia mai viste, tanto che ripensando a tutte le volte in cui avevo subito l’impietoso sguardo di rimprovero di quel bianco pezzo di carta, provai quasi un sottile piacere nel macchiarlo e gra�arlo con la punta del pennino, era la mia vendetta su quella vita dannata passata a contorcermi tra la polvere e l’inchiostro.Scrissi ogni parola di quella storia grandiosa come se fosse mia, sentivo infatti che egli non mi stava dettando, ma parlava direttamente alla mia anima. Raccontai ogni cosa, di lui, di quel posto, della cattedrale, le distese ghiacciate, le foreste e le loro creature, per�no del grande cimitero al di là della foresta morta, tra le colline coperte di brina. Narrai le sue avventure, i suoi pensieri, le sue emozioni, narrai ogni cosa come in un magni�co sogno. Mancavano poche righe al termine del racconto quando iniziai ad udire dei colpi su una porta alle mie spalle. Mi a�rettai a terminare e quando ebbi �nito la porta si spalancò rumorosamente.Era il padrone del palazzo in cui vivevo, in compagnia di una guardia, avevano sfondato la porta dell’appartamento non sentendo alcuna risposta ai richiami sempre più insistenti. Io ero ancora seduto alla scrivania, accasciato tra le carte e l’inchiostro.Dalla bocca un �otto di sangue incrostato lasciava intendere che dovevo essere morto già da qualche giorno. Quando trascinarono fuori il mio corpo, sulla scrivania trovarono un pesante libro rilegato in pelle, molto curato, il padrone dell’appartamento lo prese e lo portò da un venditore perché lo valutasse, questi volle subito acquistarlo anche se per pochi spicci, aveva già �utato l’a�are e appena lo lesse infatti lo portò subito da un editore perché lo pubblicasse.Il libro fu più volte ristampato e giudicato tra i romanzi più straordinari che siano mai stati scritti. Il venditore divenne molto ricco e dedicò una grossa targa in oro massiccio a quel misterioso scrittore autore di quel capolavoro che gli valse tanta fortuna.

Quella targa portava il mio nome.

Spinsi con forza il pesante portone che subito emise un forte cigolio che risuonò per tutta la navata. Quando richiusi il portone dietro di me, tutto ripiombò in un silenzio irreale. Mi guardavo intorno, ma tutto quello che vedevo erano statue sgretolate dal tempo, banconi di legno ricoperti di polvere ed enormi colonne che a fatica riuscivano ancora a sostenere il peso dei secoli. Come aveva detto il vecchio sembrava non

esserci anima viva, passeggiai lentamente su e giù per la navata, poi sconsolato per non aver trovato nulla di interessante in quel luogo che pure mi era contato così tanta fatica, mi voltai e feci per andarmene, quando una voce mi inchiodò lì sul posto. “Cosa ti ha spinto ad avventurarti in questa terra di fredda desolazione, cosa ti ha spinto ad a�rontare la ferocia dei miei guardiani, e per cosa poi? Per giungere in�ne in un luogo dimenticato da tutti... Dimmi dunque, cosa sei venuto a cercare?” Mi voltai di scatto e scorsi un’ombra scura in prossimità dell’altare di pietra, mi avvicinai e vidi un uomo in abiti da monaco con un ampio cappuccio nero che gli oscurava il volto, era là in piedi, immobile, attendeva in silenzio una qualche risposta. Avanzai ancora e gli spiegai che venivo dal villaggio vicino e che i vecchi avevano detto che quel luogo era disabitato da secoli e che non mi aspettavo certo di trovarvi qualcuno. Lo strano uomo incappucciato sembrò sorridere sentendomi incespicare nelle parole, ero teso, a disagio, mi sentivo come se avessi profanato quel luogo, ma poi chi era questo individuo? Fece un passo e con tono placido disse “ In e�etti il vecchio Sam aveva ragione a dire che in questo luogo non s’è mai vista anima viva…” Mentre parlava camminava lentamente avanti e indietro facendo ampi gesti con la mano destra come se stesse raccontando una vecchia storia. “Non ricordi già più il motivo per cui sei venuto �no a qui?” Dissi che ero curioso di esplorare questi boschi ma lui mi interruppe bruscamente “No no no, intendevo dire perché hai lasciato la città, perché hai cercato rifugio in quel villaggio ed in�ne perché hai fatto di tutto per arrivare �no a qui? Non ricordi più cosa stavi cercando?”Rimasi in silenzio, confuso, cercando le parole per rispondere. Poi si fermò e �ssandomi disse “Per tutto questo tempo tu non hai fatto altro che cercare ME”.Lo guardai stupefatto senza capire cosa volesse dire. “A dire il vero dovevo essere io a venirti a prendere, ma tu hai anticipato i tempi ed ora eccoti qui davanti a me. Credevi di aver trovato la pace in quel piccolo villaggio di pastori, ma il tuo spirito ti spingeva a cercare altrove, perché sapeva, e ti ha spinto ad a�rontare anche i miei lupi pur di giungere sino a questo luogo e trovare ME . Tuttavia rimane ancora una cosa da compiere, non è un caso che ti abbia

permesso di raggiungermi anzitempo, ho deciso che realizzerò insieme a te un piccolo lavoretto”.Ero ancora confuso e disorientato, ma lui non volle perdere altro tempo, mi disse solo “Scrivi” e così feci. Mi ritrovai seduto ad una vecchia scrivania di legno con un bel pacco di fogli bianchi davanti. Quando cominciò il suo racconto mi ricordai ogni cosa e tutto mi fu chiaro �nalmente. Cominciai a scrivere, ma era tutto molto diverso, non era più come prima, le parole sgorgavano come un �ume dal mio interno e si posavano sul foglio con ordine e grazia mai viste, tanto che ripensando a tutte le volte in cui avevo subito l’impietoso sguardo di rimprovero di quel bianco pezzo di carta, provai quasi un sottile piacere nel macchiarlo e gra�arlo con la punta del pennino, era la mia vendetta su quella vita dannata passata a contorcermi tra la polvere e l’inchiostro.Scrissi ogni parola di quella storia grandiosa come se fosse mia, sentivo infatti che egli non mi stava dettando, ma parlava direttamente alla mia anima. Raccontai ogni cosa, di lui, di quel posto, della cattedrale, le distese ghiacciate, le foreste e le loro creature, per�no del grande cimitero al di là della foresta morta, tra le colline coperte di brina. Narrai le sue avventure, i suoi pensieri, le sue emozioni, narrai ogni cosa come in un magni�co sogno. Mancavano poche righe al termine del racconto quando iniziai ad udire dei colpi su una porta alle mie spalle. Mi a�rettai a terminare e quando ebbi �nito la porta si spalancò rumorosamente.Era il padrone del palazzo in cui vivevo, in compagnia di una guardia, avevano sfondato la porta dell’appartamento non sentendo alcuna risposta ai richiami sempre più insistenti. Io ero ancora seduto alla scrivania, accasciato tra le carte e l’inchiostro.Dalla bocca un �otto di sangue incrostato lasciava intendere che dovevo essere morto già da qualche giorno. Quando trascinarono fuori il mio corpo, sulla scrivania trovarono un pesante libro rilegato in pelle, molto curato, il padrone dell’appartamento lo prese e lo portò da un venditore perché lo valutasse, questi volle subito acquistarlo anche se per pochi spicci, aveva già �utato l’a�are e appena lo lesse infatti lo portò subito da un editore perché lo pubblicasse.Il libro fu più volte ristampato e giudicato tra i romanzi più straordinari che siano mai stati scritti. Il venditore divenne molto ricco e dedicò una grossa targa in oro massiccio a quel misterioso scrittore autore di quel capolavoro che gli valse tanta fortuna.

Quella targa portava il mio nome.

2003-Loren

Kreu

z-