D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) note in cammino c … · primo grande successo è La...

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crescendo pensando meditando dicembre 2010 anno VI Bisogna che il fine sia onesto. Grande. Il fine giusto è dedicarsi al prossimo. E in questo secolo come lei vuole amare se non con la politica o col sindacato o con la scuola? Siamo sovrani. Non è più il tempo delle elemosine, ma delle scelte. www.cercasiunfine.it periodico di cultura e politica la musica dentro note in cammino di Alessandro Greco, Letizia Carrasso, Patrizia Santagata Anna Cutrone inceramente ho sempre pensato che, nella vita, non si potesse fare a me- no della musica. In merito mi ha mol- to illuminato un’espressione di Wil- liam Shakespeare che, nel suo Il mer- cante di Venezia, afferma: «L’uomo che non ha musica in se stesso / e non è mosso dall’armonia dei dolci suoni / è buono per tradire, tramare e depredare; / i moti del suo animo sono cupi come la notte, / e i suoi af- fetti neri come l’Erebo. / Un uomo così non riceva mai fiducia. Ascolta la musica». C’è una musica in noi stessi e vuole essere liberata, sia con il can- to personale, che con il suonare uno strumento o semplicemente l’ascol- tare l’altrui musica. Altrimenti si è molto più tentati di “tradire, tramare e depredare”. Certamente la musica non è garanzia automatica nell’evita- re nefandezze e problemi nella vita; ma è certamente un aiuto, tra i più in- dispensabili, nel condurre una buona esistenza. Parafrasando Fabrizio De Andrè – a cui dedichiamo questo nu- mero – diremmo che la musica “è co- sì preziosa come il vino così gratis co- me la tristezza con la sua nuvola di dubbi e di bellezza”. In fondo la musica svela la persona, e le persone tra di loro, perché è passio- ne pura. Essa può cantare e celebrare la vita, o l’amore, o l’amicizia, o la pa- ce, ma in tutto è sempre “pathos”, sentire profondo con tutto se stessi, fatto nota o canto, per un'altra perso- na o a Dio o a una causa umana e so- ciale. “È bello che dove finiscano le mie dita debba in qualche modo co- minciare una chitarra”, canta Fabri- zio. La musica “comincia” così. E ar- riva fino a Dio. Al “Dio del Cielo” di- rebbe il cantautore, cantato e cercato con sofferenza, dubbi, sfidandolo per i suoi silenzi, come anche sma- scherando ipocrisia e ritualismo di chi a Lui ci dovrebbe avvicinare e non lo fa. Pur tuttavia consci che ogni vero credente sa e può cantare: “sen- za di te [o Dio] non so più dove an- dare come una mosca cieca che non può più volare”. La musica è passione anche perché ri- chiede sacrifici. Lo sanno bene i tan- ti giovani musicisti con i loro sacrifi- ci, la loro tenacia e la grande voglia di andare avanti, nonostante le disatten- zioni di tutti i governi, le banalizza- zioni della musica commerciale, ossia dei sottoprodotti scadenti fatti passa- re per musica. E qui si apre una fine- stra dolorosa: la musica è spesso di- menticata o osteggiata da chi dovreb- be promuovere arte e cultura, invece fa ben altro. Basti solo dire che quan- do si cercano soldi, a livello di stato centrale o di autonomie locali, le pri- me risorse da ridurre sono quelli per le attività culturali e artistiche. La mu- sica, come ogni arte e cultura, non produce consenso e quindi, per co- storo, se ne può fare a meno. Del re- sto, ricorda Shakespeare, più che alla musica, sono interessati a “tradire, tramare e depredare”. Cosa può capi- re di musica o di arte un politico che passa le sue giornate a gestire malaf- fari e le notti con vergognose compa- gnie? Sono quelli, direbbe De Andrè, che “si sentono assolti, ma sono lo stesso coinvolti”. La musica, come tutta la cultura, per loro, non rende: non porta voti, ha un giro irrisorio di affari (e quindi di pro- babili tangenti), non è poi così popo- lare. Salvo poi ad organizzare qualche festa di piazza per spendere e spande- re in sottoprodotti musicali e non. Siamo a nuove edizioni dell’antico Feste, Farina e Forca. D’altra parte non deve ingannare il favore popola- re che accompagna tali manifestazio- ni: chi promuove cultura non deve abbassare i suoi standard a spettacoli vuoti e zeppi di effetti speciali. Il mondo della musica ha fin troppe ba- nalizzazioni e commercializzazioni che la offendono e offendono chi ama e fa musica seriamente. Dedi- cando questo numero natalizio a De Andrè esprimiamo l’augurio che la musica aiuti sempre a “riprendere a volare”. s di Rocco D’Ambrosio ercasiun fine i ragazzi di don Lorenzo Milani Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DRT BARI Fabrisio De Andrè (1940-1999), musicista, poeta, testimone di bellezza e impegno civico n. 55 un mondo di note di Antonio Leva, Donato Falco, Silvia Godelli, Ubaldo Panarelli, Enrico Frontini, Antonio Parisi, Franco Ferrara, Ada Chimienti c ascolto e crescita di Pino Minafra, Antonella Mirizzi, Fabrizio Gentiluomo, Annafranca Coviello, Gianluca Demilito, Vittoriana Laquale, Nunzio Lillo, Angelica Paradiso

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crescendopensandomeditandodicembre 2010 • anno VI

Bisogna che il fine sia onesto. Grande. Il fine giusto è dedicarsi al prossimo. E in questosecolo come lei vuole amare se non con la politica o col sindacato o con la scuola? Siamosovrani. Non è più il tempo delle elemosine, ma delle scelte.

www.cercasiunfine.itperiodico di cultura e politica

la musicadentro

notein camminodi Alessandro Greco,Letizia Carrasso,Patrizia SantagataAnna Cutrone

inceramente ho semprepensato che, nella vita,non si potesse fare a me-

no della musica. In merito mi ha mol-to illuminato un’espressione di Wil-liam Shakespeare che, nel suo Il mer-cante di Venezia, afferma: «L’uomoche non ha musica in se stesso / enon è mosso dall’armonia dei dolcisuoni / è buono per tradire, tramaree depredare; / i moti del suo animosono cupi come la notte, / e i suoi af-fetti neri come l’Erebo. / Un uomocosì non riceva mai fiducia. Ascolta lamusica». C’è una musica in noi stessie vuole essere liberata, sia con il can-to personale, che con il suonare unostrumento o semplicemente l’ascol-tare l’altrui musica. Altrimenti si èmolto più tentati di “tradire, tramaree depredare”. Certamente la musicanon è garanzia automatica nell’evita-re nefandezze e problemi nella vita;ma è certamente un aiuto, tra i più in-dispensabili, nel condurre una buonaesistenza. Parafrasando Fabrizio DeAndrè – a cui dedichiamo questo nu-mero – diremmo che la musica “è co-sì preziosa come il vino così gratis co-me la tristezza con la sua nuvola didubbi e di bellezza”.In fondo la musica svela la persona, ele persone tra di loro, perché è passio-ne pura. Essa può cantare e celebrarela vita, o l’amore, o l’amicizia, o la pa-ce, ma in tutto è sempre “pathos”,

sentire profondo con tutto se stessi,fatto nota o canto, per un'altra perso-na o a Dio o a una causa umana e so-ciale. “È bello che dove finiscano lemie dita debba in qualche modo co-minciare una chitarra”, canta Fabri-zio. La musica “comincia” così. E ar-riva fino a Dio. Al “Dio del Cielo” di-rebbe il cantautore, cantato e cercatocon sofferenza, dubbi, sfidandoloper i suoi silenzi, come anche sma-scherando ipocrisia e ritualismo dichi a Lui ci dovrebbe avvicinare enon lo fa. Pur tuttavia consci che ognivero credente sa e può cantare: “sen-za di te [o Dio] non so più dove an-dare come una mosca cieca che nonpuò più volare”.La musica è passione anche perché ri-chiede sacrifici. Lo sanno bene i tan-ti giovani musicisti con i loro sacrifi-ci, la loro tenacia e la grande voglia diandare avanti, nonostante le disatten-zioni di tutti i governi, le banalizza-zioni della musica commerciale, ossiadei sottoprodotti scadenti fatti passa-re per musica. E qui si apre una fine-stra dolorosa: la musica è spesso di-menticata o osteggiata da chi dovreb-be promuovere arte e cultura, invecefa ben altro. Basti solo dire che quan-do si cercano soldi, a livello di statocentrale o di autonomie locali, le pri-me risorse da ridurre sono quelli perle attività culturali e artistiche. La mu-sica, come ogni arte e cultura, non

produce consenso e quindi, per co-storo, se ne può fare a meno. Del re-sto, ricorda Shakespeare, più che allamusica, sono interessati a “tradire,tramare e depredare”. Cosa può capi-re di musica o di arte un politico chepassa le sue giornate a gestire malaf-fari e le notti con vergognose compa-gnie? Sono quelli, direbbe De Andrè,che “si sentono assolti, ma sono lostesso coinvolti”.La musica, come tutta la cultura, perloro, non rende: non porta voti, ha ungiro irrisorio di affari (e quindi di pro-babili tangenti), non è poi così popo-lare. Salvo poi ad organizzare qualchefesta di piazza per spendere e spande-re in sottoprodotti musicali e non.

Siamo a nuove edizioni dell’anticoFeste, Farina e Forca. D’altra partenon deve ingannare il favore popola-re che accompagna tali manifestazio-ni: chi promuove cultura non deveabbassare i suoi standard a spettacolivuoti e zeppi di effetti speciali. Ilmondo della musica ha fin troppe ba-nalizzazioni e commercializzazioniche la offendono e offendono chiama e fa musica seriamente. Dedi-cando questo numero natalizio a DeAndrè esprimiamo l’augurio che lamusica aiuti sempre a “riprendere avolare”.

s ‘‘di Rocco D’Ambrosio‘‘ercasiunfine

i ragazzi di don Lorenzo Milani

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postaleD. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)

art. 1, comma 2, DRT BARI

Fabrisio De Andrè (1940-1999),musicista, poeta,

testimone di bellezzae impegno civico

n. 55un mondodi notedi Antonio Leva,Donato Falco,Silvia Godelli,Ubaldo Panarelli,Enrico Frontini,Antonio Parisi,Franco Ferrara,Ada Chimienti

cascoltoe crescitadi Pino Minafra,Antonella Mirizzi, Fabrizio Gentiluomo,Annafranca Coviello,Gianluca Demilito,Vittoriana Laquale,Nunzio Lillo,Angelica Paradiso

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2 meditando di Antonio Leva

oce del Signore sulle acque,il Dio della gloria ha tuo-

nato» (Sal 29, 3). «Che differenzac’è tra suono e rumore? - Il suono èuna propagazione ordinata di vibra-zioni, il rumore è una propagazionedisordinata». Ricordo questa comeuna delle primissime, ingenue defini-zioni di suono e rumore che mi veni-vano date nei primi anni della miaformazione musicale (se mi è per-messo questo piccolo accenno auto-biografico), ma tale da suscitare inme una sorta di curiosità fondamen-tale riguardo alla natura fisica del fe-nomeno acustico. Una curiosità, aquanto pare, condivisa dal Salmista,che sembra fare tutt’uno tra la voce diDio (che certo immaginiamo soave,armoniosa, musicale) e il rumore deltuono (che di musicale ha forse benpoco), in una dualità, a ben vedere,presente nel cuore e nella psiche diognuno; dove inizia il suono e finisceil rumore? Chi ha stabilito cosa èl’uno o l’altro? È innegabile che ilquindicenne potrà in taluni casi ap-prezzare maggiormente un pezzo te-chno che una sinfonia di Beethoven,ma anche all’ascoltatore adulto potràrisultare indigesto un quartetto diMessiaen, pur apprezzando maggior-mente un concerto di Vivaldi: caco-fonia l’uno, eufonia l’altro. Ma alloracosa distingue il rumore dal suono? Èsolo una questione soggettiva cheparte dal gusto personale dell’ascol-tatore?

Io voglio tentare una risposta a parti-re dalla lettura del Salmo 29, e men-tre lo faccio scopro innanzitutto chetuono e voce di Dio sono la stessa co-sa; l’ebraico, infatti, gioca sull’ambi-guità del termine qôl, che significaambivalentemente tuono, appunto, evoce. Ma in che senso la voce di Diosomiglia al tuono? Certamente, qui èriflessa l’idea religiosa classica cheidentifica la Divinità con i fenomenisconvolgenti della natura (tra i qualicertamente la tempesta e il tuonorappresentano casi eloquenti), ma ilSalmo dice di più: la voce di Dio è unsuono (o un rumore) che: schianta icedri (v. 5), fa balzare “come un vitel-lo” il Libano (v. 6), spezza la fiammadi fuoco (v. 7), sconvolge il deserto (v.8), fa partorire le cerve (v. 9), spogliale foreste (v. 9). Non si limita ad esse-re fenomeno acustico, ma divieneazione manifesta, opera creatrice (edistruttiva al tempo stesso). A questosuono imponente, corrisponde, al la-to opposto, la lode del popolo che di-ce: «Gloria!». E qui si fa interessante:la voce di Dio non è uno starsene iso-lato, un produrre eventi, uno scon-volgere il creato. Essa è espressa co-me inizio di relazione, dal momentoche chiama in causa l’altro, la creatu-ra (in fondo, l’azione del qôl sul crea-to – scuoterlo – è comunque una for-ma di relazione), l’uomo, anzi: la co-munione degli uomini (tutti diconogloria).La sintesi a cui mi permetto di giun-

gere, allora, è: la voce di Dio cometuono è suono (e non rumore, comebotto isolato), perché chiama in cau-sa l’altro, lo invita a relazione, lo in-terpella a rispondere. E così, di ognisuono prodotto in natura, o creatoartificialmente (come lo è la musica):è suono nel momento in cui si rivol-ge a qualcuno, crea comunione,esprime un contenuto, veicola unmessaggio che chiede risposta o al-meno reazione; eufonia delle relazio-ni, potremmo chiamarlo. È rumorequando schiaccia, sbotta e disturba,disturba perché non coinvolge, noncoinvolge perché non è rapporto. Mipermetto di tornare per un attimo al

“V

tra i libri di Fabrizio De Andrè

abrizio De Andrè nasce a Ge-nova Pegli, in Via De Nicolai,

il 18 febbraio 1940. Dopo aver tra-scorso gli anni della guerra in campa-gna a Revignano d’Asti, la famigliaDe Andrè fa ritorno a Genova, in ViaTrieste numero13. Fabrizio studia al liceo "CristoforoColombo" e dopo il diploma si iscri-ve all’università, frequentando conpoca convinzione prima medicina elettere, poi giurisprudenza, dove su-pera diciotto esami senza arrivare pe-rò alla laurea. La sua è una normalegioventù da figlio di agiata famigliadella buona borghesia: la scuola, tremesi di villeggiatura al mare, variega-te letture nella biblioteca di casa, maanche lunghe serate trascorse conPaolo Villaggio, Luigi Tenco, GinoPaoli e il poeta Remo Borzini a parla-re di letteratura, di poesia e di cantau-tori francesi. A sedici anni compra lasua prima chitarra e il primo amplifi-catore e si mette a suonare jazz conun gruppo guidato dal pianista MarioDe Santis, nel quale capita spessoLuigi Tenco col suo sax tenore; DeAndrè si ispira alle sonorità e allo sti-le del chitarrista americano Jim Hall,suo idolo. I successivi passi nella mu-sica li muove cantando e suonando inuna formazione country e westernche si chiama The Crazy Cowboy andSheriff One, con cui si esibisce nellefeste studentesche. Le sue primecomposizioni: canzoni strane e crudeche parlano di suicidi, prostitute, dro-gati e impiccati. Nel 1958 incide il suoprimo 45 giri, Nuvole barocche, pas-

sato praticamente inosservato. Sisposa a ventidue anni con Erica Ri-gnon (detta Puny) e diventa padre diCristiano a meno di ventitre. Il suoprimo grande successo è La canzonedi Marinella, brano che viene inter-pretato da Mina nel 1965 diventandosubito un best seller. Nel 1966 esce ilsuo primo album, Tutto Fabrizio DeAndrè. Nel 1976 dopo aver incontra-to la cantante Dori Grezzi, sua com-pagna da allora e da cui ha avuto la fi-glia Luisa Vittoria (Luvi), acquistaun’azienda agricola in Sardegna, nel-la zona di Tempio Pausiana. Il 28agosto 1979 viene sequestrato insie-me a Dori Grezzi e per quattro mesila coppia rimane prigioniera sullemontagne sarde.Mentre i suoi album continuavano auscire, De Andrè si rifiutava di faretelevisione e di esibirsi in pubblico. Ilsuo primo concerto lo ha tenuto il 18marzo 1975 alla Bussola di Focette,affiancato dai New Trolls. Da allorale sue esibizioni dal vivo sono statecomunque rare. Muore a Milano l’11gennaio 1999.Fabrizio De André è uno dei capisal-di della canzone d'autore italiana.Profondamente influenzato dallascuola d'oltre Oceano di Bob Dylan eLeonard Cohen, ma ancor più daquella francese degli "chansonnier"(Georges Brassens su tutti), e' statotra i primi a infrangere i dogmi della"canzonetta" italiana, con le sue bal-late cupe, affollate di anime perse,emarginati e derelitti d'ogni angolodel mondo. Il suo canzoniere univer-

sale attinge alle fonti più disparate:dalle ballate medievali alla tradizioneprovenzale, dall'"Antologia di SpoonRiver" ai canti dei pastori sardi, daCecco Angiolieri ai Vangeli apocrifi,dai "Fiori del male" di Baudelaire alFellini dei "Vitelloni". Temi che neglianni si sono accompagnati a un'evo-luzione musicale intelligente, mai in-cline alle facili mode e ai compromes-si. De Andrè usava il linguaggio di unpoeta non allineato, ricorrendo allaforza dissacrante dell'ironia per fran-tumare ogni convenzione. Nel suomirino, sono finiti i "benpensanti", ifarisei, i boia, i giudici forcaioli, i recialtroni di ogni tempo. Il suo, in de-finitiva, e' un messaggio di libertà e diriscatto contro "le leggi del branco" el'arroganza del potere. Di lui, MarioLuzi, uno dei maggiori poeti italianidel Novecento, ha detto: "De Andrèe' veramente lo chansonnier per ec-cellenza, un artista che si realizza pro-prio nell'intertestualità tra testo lette-rario e testo musicale. Ha una storia emorde davvero".

F

Salmo, per scoprire che tutto il fra-stuono del testo si conclude con unaparola umile (quasi silenziosa, percalcare ancora l’immagine) e potenteal tempo stesso: pace, YHWH bene-dirà il suo popolo con la pace (v. 11);e la pace (delle orecchie innanzitutto,ma non solo), quella vera, è l’obietti-vo ultimo di ogni suono veramentetale, di ogni musica davvero ben scrit-ta (e ben suonata), la pace che nasceda un cuore che ascolta, da una vitache suona. Al termine di tutto ciò,una domanda: di che qualità è la so-norità che mi circonda, il muro disuono che riempie i miei giorni, lamusica che ascolto? So che risponde-

re a questa domanda può portarmimolto lontano, ben lungi dal sempli-ce: cosa metto sul giradischi (o nel-l’iPod, forse sono un po’ antico) og-gi, perché rispondere significa inter-pellare le mie relazioni e chiedermi acosa somigliano: alla sinfonia di un Ioche interagisce o al rumore di chi siparla addosso, e non aggiunge nientealla propria vita perché isolato in uncontinuo monologo?

[monaco presbitero, Venosa, Poten-za]

del suonoe del rumore

dialogando

erché l'Italia in tutta la sua sto-ria Politica, Sociale e Cultura-

le, pur avendo un patrimonio di: Sto-ria, Arte, Cultura e Uomini con un Li-bero Pensiero Creativo di assolutoValore Universale, non ha ancora unMinistero dedicato 'INTERAMEN-TE' alla Cultura ?- Chi ha paura della Cultura ?- Chi ha paura del Pensiero Alto ?- Perché artisti, scienziati, intellettua-li, ricercatori, devono essere lasciatisoli, abbandonati a se stessi, ed emi-grando, costretti a lasciare l'Italia ?- Se la Destra per sua natura é arro-gante, ignorante e violenta, perchénon gli si oppone una Sinistra colta,illuminata e trasparente che rispondaal degrado Etico, Morale, al Decaden-tismo dei costumi e della Cultura ?

Se l'Unesco protegge la storia del-l'umanità, se i parchi proteggonol'ambiente e la natura, perché lo statonon protegge e difende il PensieroAlto che crea con la storia dell'uomoe la proietta nel futuro ?- Dove va l'economia senza un Pen-siero e un' Etica Alti ?- Perché la Francia, nazione con unforte senso della sua storia e della suaidentità culturale da anni investe inCultura con un proprio Ministero in-dicando la strada per restare in Euro-pa e competitivi nel 'mondo' delle'idee' ?- Perché si é sempre investito nell'In-dustria, inquinando uomini e am-biente, e non si é mai investito nelleenergie 'Pulite' del pensiero e dellaCultura ?

[Questa riflessione è il frutto di annidi esperienze e sperimentazioni mu-sicali che a partire dalla Puglia pro-pongono un nuovo modello cultuta-le e sociale.Pino Minafra le ha raccontate in unarticolo che per ragioni di spazio ab-biamo inserito sul nostro sito, nellapagina iniziale: ancora sul tema dellamusica, numero 55 di Cercasi]

[musicista, Ruvo di Puglia, Bari]

p

di Pino Minafra

un grido dal Sud

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nostro tempo: “Se il silenzio è unconcetto limite, allora bisogna trac-ciare molto chiaramente questo limi-te. Perdere il silenzio, perdere la capa-cità di accedere al silenzio quando sidesidera uno spazio per pensare, ri-flettere e rigenerarsi interiormente,significa perdere una parte importan-te della nostra umanità.” Possiamo

permetterci uno scenario del genereper quanto riguarda la musica e, ingenerale, per tutto ciò che ha a che fa-re con la dimensione dell’ascolto?

[musicista, docente, animatore musi-cale, Bari]

3meditando

arguerite Yourcenar afferma-va che “la musica dovrebbe

essere soltanto silenzio”. Da un po’di tempo concentro la mia attenzionesu alcuni aspetti della musica che, avolte, spingo fino al paradosso. Oggi,ad esempio, mi ritrovo ad essere fer-mamente convinto che persalvarla/salvaguardarla ci sia bisognodi ripartire da uno dei tabù più temu-ti dell’epoca contemporanea: il silen-zio! Ma cosa c’entra la musica con ciòche il senso comune identifica comela sua negazione? In realtà, sommer-sa da una quantità eccessiva di stimo-li acustici e sonori, la nostra epoca difatto mortifica un’efficace fruizionedella musica. Riconosco che l’affer-mazione della Yourcenar citata inpremessa possa attirare vivaci reazio-ni di segno contrastante, tuttavia essasi pone come una riflessione provo-catoria ma irrinunciabile, a partiredalla quale provare ad individuareuna possibile via di fuga rispetto allasituazione in cui è ridotta la fruizio-ne/funzione della musica nella no-stra vita quotidiana. Il lettore provi afarlo ora, mentre legge queste righe:si fermi qualche secondo e verifichise gli riesce di percepire silenzio at-torno a sé… Non è forse vero che c’èsempre qualcosa o qualcuno che ren-de impossibile o perlomeno difficileun esercizio del genere? Sì, conqui-stare uno stato di annullamento, operlomeno di contenimento, di ciòche confligge con la dimensione del-l’ascolto è una palestra mentale e fisi-ca. Che spesso propongo, ad esem-pio, ai vari gruppi corali con i quali micapita di condividere la bella passio-ne per la musica. Lo faccio con i pic-coli, che aderiscono volentieri alla

proposta, quando chiedo loro di fare“il gioco del silenzio”; provo a farlocon gli adulti – “prima di cantare, fac-ciamo qualche secondo di silenzio” –dai quali raccolgo segnali di sorpresadopo la richiesta che, di primo acchi-to, sembra stravagante. Alcuni anni fa Claudio Abbado, unodei più autorevoli direttori d’orche-stra viventi, ha dedicato pensieri digrande interesse all’aspetto musicaledel silenzio. A commento della su ci-tata riflessione di Marguerite Yource-nar (”la musica dovrebbe essere sol-tanto silenzio”) il maestro aggiunge:“L’affermazione potrebbe sembrareparadossale, ma non lo è affatto, per-ché il silenzio è una condizione delsuono, anzi in alcuni casi è il più su-blime dei suoni. Sottolinea, amplifica,fa vibrare, fa risaltare, preannuncia,sospende, invade. È mezzo espressi-vo a tutti gli effetti.” Al paziente let-tore di queste mie fumisterie, chiedola cortesia di soffermarsi a rileggere iverbi usati dal maestro Abbado: il si-lenzio sottolinea, amplifica, fa vibra-re, fa risaltare, preannuncia, sospen-de, invade la musica. Oggi, uno deiversanti della musica che mi appas-siona in modo particolare è quello diattirare l’attenzione rispetto a questostato di cose e, nello stesso tempo,sollecitare il recupero di una soglia disilenzio, prima e dopo l’ascolto, che latuteli e la valorizzi. Ma come entrarein questa dimensione se durante ilgiorno, volente o no, sei immerso nelliquido amniotico-sonoro della radio,della televisione, del cellulare e di al-tri diffusori di musiche e rumori chespesso si accavallano e si annullano?Sembra che non ci sia scampo: in ca-sa, per strada, all’ipermercato, sul la-

voro, in treno, in auto, in libreria (ahi-mè, anche in libreria). Personalmentevivo tutto questo come un assedio diinaccettabile prepotenza, e le rifles-sioni qui espresse derivano dal rifiutodi credere che la colonna sonora inin-terrotta che invade le nostre giornatepossa essere lontanamente paragona-ta a quella particolarissima forma dicomunicazione che chiamiamo musi-ca. Dico musica, ma intendo tutte lemusiche, se sono proposte come for-ma di comunicazione fra gli esseriumani. Ma se ad esse viene sottrattala condizione fondamentale che nepermette la comunicazione, ovveroun contesto di udibilità e fruibilità, infin dei conti si tratta solo di sonoritàindistinte, di “musique d’ameuble-ment” o “tappezzeria sonora” (comesi esprimeva agli inizi del ’900 il com-positore francese Erik Satie): dal miopunto di vista è la sorte più degradan-te che possa capitare alla musica, diqualunque genere. Infatti, chi accet-terebbe di comunicare nel bel mezzodi una chiassosa babele, oppure, chipuò pretendere di scrivere qualcosadi leggibile e comprensibile su un fo-glio già pieno di parole? Si tratta, inconclusione, di provare a recuperarecondizioni che rendano possibile l’in-terazione fruttuosa tra la musica e ilsilenzio nella convivenza umana del

M

di Donato Falco

ripartiredal silenzio

Smisurata preghiera

Alta sui naufragidai belvedere delle torrichina e distante sugli elementi del disastrodalle cose che accadono al disopra delle parolecelebrative del nullalungo un facile ventodi sazietà di impunità

Sullo scandalo metallicodi armi in uso e in disusoa guidare la colonnadi dolore e di fumoche lascia le infinite battaglie al calar della serala maggioranza sta la maggioranza starecitando un rosariodi ambizioni meschinedi millenarie pauredi inesauribili astuzie

Coltivando tranquillal'orribile varietàdelle proprie superbiela maggioranza stacome una malattiacome una sfortunacome un'anestesiacome un'abitudine

Per chi viaggia in direzione ostinata e contrariacol suo marchio speciale di speciale disperazionee tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passiper consegnare alla morte una goccia di splendoredi umanità di verità

Per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno scettro posticcioe seminò il suo passaggio di gelosie devastatrici e di figlicon improbabili nomi di cantanti di tangoin un vasto programma di eternità

Ricorda Signore questi servi disobbedientialle leggi del branconon dimenticare il loro voltoche dopo tanto sbandareè appena giusto che la fortuna li aiuticome una svistacome un'anomaliacome una distrazionecome un dovere

da Anime Salve, 1996

poetando di Fabrizio De André

usica: l'arte e la scienza delsuono, ossia un’unione di rit-

mo e note. Il ritmo è un concetto dif-ficile da spiegare, forse perché non cen’è bisogno. Ognuno vive tutta la vi-ta insieme a un metronomo instanca-bile: il cuore. Ecco perché il ritmonon ha bisogno di spiegazioni, per-ché è dentro di noi da sempre, da pri-ma ancora di nascere. E non è solonel cuore: il nostro respiro è ritmo, inostri passi sono ritmo. Senza di essonoi non saremmo: noi siamo ritmo.Una nota non è un suono come tuttigli altri. Non è come una porta chesbatte, una folata di vento o un vetroche si rompe, tutti rumori confusi:una nota è un’onda, una vibrazione auna precisa frequenza. E allora forseil cerchio inizia a chiudersi, se comedice la scienza i più piccoli mattoni dicui è fatto tutto ciò che abbiamo in-torno sono particelle, ma anche on-de. Ogni atomo che ci circonda è uninsieme di tante vibrazioni, di tanteonde, ognuna con una sua frequenzae una sua ampiezza: proprio come lavibrazione di una nota. E se tutto hauna sua vibrazione, vuol dire che tut-to suona una sua musica; se tutto è uninsieme di vibrazioni, tutto è musica.E lo siamo anche noi, fatti delle stes-se particelle di ogni altra cosa, cosìcome ogni canzone è fatta semprecon le sette note. Siamo ritmo e note:

noi stessi siamo musica.

Armonia: indica il ramo della teo-ria musicale che studia la sovrapposi-zione "verticale" (simultanea) deisuoni, la loro reciproca concatena-zione (accordi) e la loro funzione al-l'interno della tonalità. Per armonia siintende quando due o più suoniemessi contemporaneamente, risul-tano bene “insieme”. Questa era ladefinizione più in uso fino ad alcunianni fa, e si insegna ancora oggi neicorsi base di armonia nei conservato-ri. Tuttavia è difficile stabilire se duesuoni sono assolutamente gradevolio meno all’orecchio: è molto sogget-tivo. Oggi l’armonia è quella compo-nente della musica che analizza o creamediante uno o più suoni, sensazio-ni, emozioni, pensieri, secondo un ti-po di cultura, di gusto o di modo,estrapolandone le regole che caratte-rizzano lo stile e riutilizzandole per ri-creare ben definite sensazioni.

Industria musicale: è costituitadalla rete di case di produzione disco-grafica, riviste musicali e tutto ciò checontribuisce a creare musica destina-ta alla commercializzazione e divul-gazione. È in buona parte controllatadalle cosiddette major, ossia dalle eti-chette maggiori. Iniziò il suo svilup-po inteso nel senso moderno intorno

al 1880, quando vennero inventati ilfonografo ed il grammofono, con irelativi supporti musicali. L'industriamusicale vende composizioni, regi-strazioni e performance di musica.Tra i molti individui e organizzazioniche operano all'interno del settore cisono i musicisti che compongono edeseguono la musica, le aziende ei pro-fessionisti che creano e vendono mu-sica registrata (ad esempio, editorimusicali, produttori, studi, tecnici,etichette discografiche, negozi divendita al dettaglio e di musica onli-ne, diritti di esecuzione delle organiz-zazioni ); coloro che si occupano dimusica live (prenotazione agenti ,promotori , locali con musica, equi-paggio di strada), i professionisti cheassistono i musicisti con le loro car-riere (talent scout, business mana-ger); coloro che trasmettono musica(via satellite e broadcast radio); gior-nalisti; educatori; costruttori di stru-mento musicale, e molte altrefigure.cristiano-sociale in campo eco-nomico.

[biologa, vicepresidente di Cercasi unfine]

in parola di Antonella Mirizzi

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la politicache inquina le note

4 meditando di Silvia Godelli

a musica: ascoltare, perturbarecreativamente il silenzio inter-no a noi e a esso tornare, attra-

verso l’emozione, il fremito, la ten-sione dei desideri, arricchiti e qualchevolta appagati. Ma appagati, direi, ilmeno possibile. Come dire, non ba-sta mai, perché emozionarsi e deside-rare è pensare, è fare esperienza, èspostare in avanti, dal presente al fu-turo, il palpito della nostra vitalità.Una esperienza aperta, dunque, inperenne inesausto movimento, chescorre in ciascuno di noi per tutto ilcorso della vita. E che c’entra tuttociò con la politica, potremmo chie-derci? Apparentemente nulla. Eppu-re, ogni stagione della politica, ogniaggregazione, ogni manifestazionecollettiva, sempre è stata accompa-gnata dalla sua colonna sonora, cheha rappresentato la sintesi simbolicadi un manifesto, di un proclama, diuna proposta ideale. L’esplosione disuoni degli inni politici, degli inni na-zionali, dei canti sociali, dei canti re-ligiosi e persino delle canzoni, destauna risonanza profonda, che tocca leradici comuni dell’anima e attiva lepulsioni di massa sospingendole ver-

so l’azione. Riti collettivi: dai grandiraduni giovanili alla politica, appunto.Così, dalla musica che accompagna lapolitica potremmo quasi quasi risali-re alla “diagnosi” del partito o delmovimento che la esprime e dellaideologia che la sottende. Dal risorgi-mentale mito di Verdi ai giorni nostri,da Giovinezza a Bandiera Rossa, dal-l’inno di Mameli al Va Pensiero, dallamusica colta ad Apicella, la polemicapolitica cerca “motivi musicali” sucui contendere o competere … Api-cella simbolo di una politica? Pareuna beffa un po’ volgare, ma pur-troppo non è solo uno scherzo. E’semmai, con tutto il rispetto per lapersona del cantante in questione,l’induzione volontaria, maligna e of-fensiva, al disprezzo per la cultura, èun ghigno polemico, implicitamenteviolento, volto alla dissacrazione del-la grande tradizione musicale euro-pea e italiana, è un calcio non tropposportivo nello stomaco di chi vive lamusica come sublimazione dei senti-menti, come arte e creatività. Apicel-la nazional - popolare? Ma intantochiudono i teatri, piangono le orche-stre, migrano gli artisti, e noi tutti ci

impoveriamo piegati alle canzonetteda tre soldi e storditi dal frastuonourlante delle tv. Un tempo era l’arte,la grande lirica del paese del bel can-to; un tempo, più vicino, i politici sce-glievano, in memoria della lezioneeuropeista di Altiero Spinelli, l’Innoalla Gioia di Beethoven quale simbo-lo dell’Unione Europea. Oggi è im-possibile trovare alcuna traccia dimusica colta nei palinsesti della Rai odi Mediaset, i ragazzi credono che lamusica sia quella delle suonerie deicellulari e quella soverchiante e ritmi-ca sparata dai mille impianti che lapropagano nelle auto, sulle spiagge,negli ipermercati, in ogni luogo. Leprime della Scala vengono presentatecome occasioni obsolete riservateagli invecchiati signori un po’ annoia-ti che le frequentano per obbligo distatus, e il ministro italiano alla Cul-tura, fedelissimo del suo capo e insintonia col furbo ragioniere Tre-monti, si affanna a spiegare agli italia-ni che la musica d’arte è solo unospreco di risorse finanziarie. Deca-denza, barbarie di ritorno: che paeseè un paese privato dell’arte? All’este-ro ci chiedono: ma come è possibile?

l

Che è successo? E noi chiniamo la te-sta vergognosi, memori delle volgari-tà imperanti nelle nostre plaghe, no-stalgici di quelle emozioni sublimi dicui ci hanno fatto orfani e che i no-stri ragazzi non hanno mai potuto as-saporare. Poi, le nostre orchestrevanno in Cina, in Giappone, in Ame-rica, ma anche in Austria, in Germa-nia, in Croazia, e ci narrano stupefat-ti dell’ammirazione raccolta, dei mi-rabili consensi di massa e di critica ri-cevuti, delle interminabili file dietro ibotteghini, della commossa parteci-pazione dei favolosi pubblici plau-denti, della richiesta di autografi, di

radio e tv straniere a caccia di regi-strazioni e di incisioni. E noi pensia-mo all’Italia, a Giuseppe Verdi ridot-to a bandiera degli egoismi gretti ebarbarici della Lega, pensiamo adApicella e al ghigno di plastica delsuo datore di lavoro, pensiamo allenostre nuove povertà che non sonosolo sociali, ma culturali, emotive, va-loriali. Pensiamo che senza musicanon c’è vita, non c’è storia, non c’èfuturo.

[doc. universitario, assessore regiona-le alla Cultura, Bari]

a tradizione musicale, insiemeal ricco patrimonio d’arte, co-stituisce l’identità culturale di

Conversano. Le radici del fenomenomusicale vanno ricercate nel contestodella corte dei Conti Acquavivad’Aragona che dovevano certamentedisporre di una fanfara militare datal’importanza del suo esercito e dellasua cavalleria; e forse anche di unacappella musicale. Purtroppo, però,mancano i documenti e un qualsivo-glia archivio storico degli Acquaviva.Nel sei – settecento all’attività di que-

sta colta

corte si affiancò quella dei Maestri diCappella della Cattedrale e del Mona-stero di San Benedetto, anche conproduzione autonoma di pagine mu-sicali; la qual cosa avveniva per altrerealtà ecclesiali quali la Cattedrale e laBasilica di S. Nicola di Bari, i duomidi Trani, Molfetta, Monopoli, Acqua-viva delle Fonti e via dicendo. Senzadimenticare che si studiava musicanei seminari e nei collegi maschili efemminili dove non mancavano suo-re compositrici che però, dato il co-stume dei tempi, non potevano népubblicare, né cantare, sia pure musi-che di ispirazione religiosa: un mon-do sommerso tutto ancora da esplo-

rare. Le voci delle monache, corali,erano “protette” da alte e fitte

grate. I maestri di cappellaerano musicisti veri che

avevano studiato neiconservatori della colta

Napoli e catalizzava-no tanto la musicareligiosa quantoquella, diciamo co-sì, laica. Intorno aquesti direttori-docenti operava-no i loro allievi:cantanti, organi-sti, suonatori distrumenti a cordae a fiato, composi-

tori. Viene da sé chein un tale humus era

spontanea la nascitadi formazioni bandisti-

che, soprattutto sottol’impulso del periodo na-

poleonico: infatti considere-voli bande musicali erano ope-

ranti in Francia già all’epoca dellaRivoluzione del 1789 divenendo poi

imponenti data la “grandeur” deglieserciti guidati da Napoleone. E aquesto periodo si deve anche l’intro-duzione di sontuose divise per i mu-sicanti i cui modelli, però, dovevanoessere depositati presso le Prefettureonde evitare confusione con le divisemilitari vere e proprie, specie in epo-ca carbonara e di grandi rivoluzioniindipendentistiche. In questo climanasce la Banda Musicale di Conversa-no, insieme, anno più anno meno, aquelle di Acquaviva delle Fonti, Gio-ia del Colle, Francavilla Fontana: pic-coli paesi dove non esistevano granditeatri… L’atto notarile della bandaconversanese (Archivio di Bari) fustipulato il 28 giugno 1832 fra il Mae-stro di Cappella Vitantonio La Volpee un gruppo di artigiani e operai loca-li: si trattava di calzolai, barbieri, bec-cai, sarti, falegnami, muratori, conta-dini per lo più autodidatti. Dunqueuna origine popolare, le bande meri-dionali conserveranno a lungoun’anima popolare. Nel 1840 l’orga-nismo conversanese si consolida inquanto può fruire del contributo eco-nomico del Municipio: nasce l’epocadelle bande municipali. Un ulterioresalto di qualità si ha con la famosa Ri-forma Vessella che giunge alla finedell’ ottocento. Alessandro Vessellaera un eccellente direttore della Ban-da Municipale di Roma che operò so-stanziali interventi sugli organismibandistici, sulle strumentazioni e su-gli strumenti, sugli organici, sui re-pertori; con Vessella, insomma, nascela banda moderna, un po’ quella cheopera tuttora: bande da giro di note-vole spessore tecnico e artistico, iti-neranti ma con una forte identità co-munale a volte campanilistica. Enor-me è stato l’apporto alla cultura mu-

sicale di tutti gli strati sociali da partedelle bande da giro: una musica tra-ghettata dai teatri d’opera e dalle saleda concerto (musica per pochi) allepiazze (musica per tutti) dove cittadi-ni di ogni ceto, censo e cultura pote-vano accedere all’enorme patrimoniomusicale di oltre tre secoli e per di piùin forma gratuita. E nonostante l’av-vento massiccio dei media questafunzione rimane inalterata ai giorninostri, come a Conversano dimostra-no i quindici anni dei Festival delleBande. E, ulteriore aspetto positivo,alla banda si accostano oggi semprepiù donne, cosa un tempo impensa-bile.

[docente di lettere in pensione, pre-sentatore del Festival delle Bande,Conversano, Bari]

scoprendo

l

secondo tradizionedi Ubaldo Panarelli

l suono ha creato tutto ciò cheesiste nell’Universo; la struttu-

ra atomica, vale a dire la forma degliorbitali detti S P D è l’effetto di unpotere morfogenetico delle singolesette note DO RE MI FA SOL LA SIin cui la frequenza raddoppia nellequattro ottave, fino a diventare la lu-ce dei sette colori: rosso, arancio,giallo, verde, blu, indaco, viola.Quando questa musica della creazio-ne si è amplificata altisonante è co-minciato l’Universo.La cultura dominante è sintonizzataper rallentare la comprensione del di-segno armonioso della Creazione.Basti pensare alla nota LA, spostata

nel tempo di frequenza, prima di 8poi di 10 Hz, sollecitando disarmoniae infelicità.… solo rimanendo un secondo in si-lenzio. Che cosa si sentirebbe? Il pia-cere immenso di essere vivi, del solesplendente, della bellezza e in una pa-rola la “musica” armoniosa del crea-to, mai stonata!

Il suono è tutto, di Massimo Cor-bucci, Francesco Raggi, Dario Zam-boni in “Scienza e conoscenza”, 29/2009; gli autori sono: medico e fisicodi Viterbo - medico di Terni - psico-logo di Brescia.

i

tra le pagine

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che, affondando le proprie radici nelgregoriano e nella polifonia, guardiavanti alla ricerca di un canto adattoall'uomo d'oggi e rispettoso della ri-tualità cristiana. Un canto che si met-ta a servizio della liturgia e del popo-lo, ma al tempo stesso che sappia ri-trovare il proprio splendore e la pro-pria arte perché è un canto per Dio.Un canto che esprima la preghieracantata dell'assemblea presente, checrei uno stacco dal canto profano equotidiano, che riesca ad esprimere losplendore della lode a Dio, che nonabbia paura di suoni e strumenti variche innalzano la propria voce a Cri-sto Signore. Come conseguenza dob-biamo subito affermare che questocanto ha bisogno di professionisti edi gente preparata sia liturgicamenteche tecnicamente. È la grande sfidadei nostri giorni: recuperare all'inter-no della liturgia cantata, la qualità ar-tistica, estetica, esecutiva, con musici-sti preparati e formati. E qui si apre

un lungo capitolo, di percorsi forma-tivi, di scuole specialistiche, insommala necessità di una pastorale del can-to e della musica liturgica per le no-stre comunità cristiane. Per terminare, faccio un breve accen-no alla musica in chiesa, fuori dellecelebrazioni; un simile interventopuò diventare una esperienza di so-glia, un momento di evangelizzazio-ne, una educazione al senso del belloe della vera arte musicale. In un mon-do dominato da un freddo tecnici-smo, da un funzionalismo esasperato,dall'usa e getta, fermarsi un momen-to per ascoltare una sinfonia di Bee-thoven o una Fuga di Bach, o ancorameglio una messa di Mozart o di Pa-lestrina, può diventare una educazio-ne al senso del bello e ad una gioiaprofonda.

[presbitero, docente conservatorio,Bari]

meditando

gni bravo insegnante deve ini-ziare la sua lezione partendodalla explicatio terminorum,

spiegando cioè le parole. Ecco i ter-mini che vorrei spiegare per iniziarela mia riflessione: musica religiosa,musica sacra, musica liturgica, musi-ca rituale, musica di chiesa e musicain chiesa. Innanzitutto col terminemusica, indico anche il canto, cioè pa-role e musica; invece il termine musi-ca indica generalmente la musicastrumentale. Ci hanno insegnato ascuola che la musica è l'arte dei suo-ni, una scienza, un linguaggio, una di-sciplina che coniuga insieme aspettitecnici e aspetti emotivi e interiori.Vorrei brevemente definire gli ambi-ti delle varie tipologie di musica chehanno un collegamento con la chiesa.Musica religiosa in senso molto am-pio, è quella musica che ha un testoreligioso generico ed è adatta ad ele-vare l'animo a realtà spirituali; si op-pone a musica profana appunto perla sua ispirazione e la sua destinazio-ne. Musica sacra rappresenta, invece,tutto il patrimonio di musica compo-sta nei secoli passati, musica scritta suun testo sacro, non necessariamenteun testo liturgico; al suo interno com-prende diversi generi e forme e si èsviluppata specialmente a partire dalXV secolo fino a raggiungere nel pe-riodo barocco forme eccelse e straor-dinarie; basti pensare alle varie messein cui tutti i compositori classici si so-no cimentati. La musica liturgica, in-vece, riguarda specialmente il cantodelle liturgie e delle celebrazioni cri-stiane; è un canto finalizzato al rito,alla celebrazione. È l'unico canto chesi può eseguire in chiesa durante unacelebrazione; esso accompagna una

celebrazione, la commenta, oppurediventa il canto stesso un atto cele-brativo (per esempio il canto dell'Al-leluia o del salmo). Questo concettodi musica liturgica si è approfondito apartire dalla riforma voluta dal Con-cilio Ecumenico Vaticano II, ed haelaborato nella costituzione Sacro-sanctum Concilium i suoi principiispiratori e fondanti. Quando parlia-mo invece di musica rituale, indichia-mo quel canto che è in se stesso un ri-to, e ci riferiamo ancora a tutti queirecitativi o cantillazioni tipiche dellamusica di chiesa.Ancora un'altra precisazione: tutta lamusica liturgica è sacra, invece nontutta la musica sacra è liturgica, cioènon può essere eseguita durante unacelebrazione sia per la sua durata, siaper la difficoltà esecutiva e sia perchéè stata composta con finalità non li-turgiche. Infatti, specialmente nellevarie messe scritte dai vari famosicompositori, il testo è davvero unpretesto per fare musica. Arie, duetti,fugati, imitazioni, sono tutte formemusicali che non si addicono ad untesto liturgico. Dal dopo Concilio ab-biamo imparato e riscoperto le vereforme liturgico-musicali e le loro fun-zioni ed utilizzo all'interno della cele-brazione cristiana. Quindi si parla disalmodia, inno, corale, mottetto, stro-fa e ritornello, acclamazioni, risposte:esse formano tutto l'apparato musi-cale della celebrazione. Ma la domanda di fondo: perchédobbiamo cantare in chiesa durantele celebrazioni? Per alcuni motivi dicarattere generale: il canto è espres-sione di comunità, il canto è scuola disocialità, il canto è segno di festa e disolennità. Ma queste risposte non so-

no completamente precise quandoparliamo di canto liturgico. Bisognacantare durante la celebrazione per-ché il canto è un segno liturgico, ilcanto è liturgia. Quindi il cantare nel-la liturgia diventa una realtà simboli-co-sacramentale. Il canto è un segnodi natura sacramentale, anch'essomostra, produce e annuncia la salvez-za operata da Cristo. Ecco allora laconclusione: al canto si richiede unaactuosa partecipatio al rito stesso. Edè su questi principi e convinzioni chesi sta attuando lentamente la riformadel canto liturgico; usare il canto co-me un segno liturgico e non come unsemplice cantare e basta. La chiesanon è un'accademia musicale, né unmuseo storico, ma è un popolo radu-nato per rendere lode al suo Dio. Con la lingua italiana, in questi quasi50 anni di riforma, si sta cercando diorganizzare un repertorio liturgicoitaliano; si è ancora alla ricerca di unvero linguaggio liturgico moderno

o

di Antonio Parisi

canto e lodo

a musica può essere definitacome “passione”, come “me-

stiere”, come “passatempo”, ma lamusica è, soprattutto, “emozione”.La musica è sempre presente nellamia vita, c’è una canzone per qualsia-si stato d’animo, e non sono io a de-cidere di ascoltarla, è lei che mi si pre-senta grazie alla radio o grazie a uncd. Non c’è niente di più bello di po-ter toccare con le mani i cd o le vec-chie audiocassette, o, addirittura, ivecchi dischi in vinile, perché sonointrisi di ricordi, al contrario dei fred-di file musicali che ci sono sui com-puter. Anche i rumori sono musica,possono ricordare il ritmo di unacanzone o magari inspirarne unanuova, come, per esempio, il ticchet-tio di un orologio. La musica è infini-ta, si possono creare migliaia e mi-gliaia di melodie, e, secondo il miomodestissimo parere, l’uomo sbagliaa creare delle distinzioni (come, peresempio, rock, hard rock, punk, popo altro), perché la musica è compostaanche da canzoni, che portano, diconseguenza, a emozioni e ricordi.Non è affatto positivo vedere, so-prattutto fra i giovani, discriminazio-ni basate sui diversi generi e sui varigruppi: dovremmo essere tutti unitiperché accomunati dall’amore perquesta espressione di sentimenti checi porta, forse, a essere più sensibili.Non è bello dividere la musica in ca-tegorie, perché significa etichettare igruppi e i cantanti. Un’artista noncompone in base a ciò che gli altri de-cidono che sia, ma in base alla suaispirazione. Oltre ad ascoltarla, lamusica si può riprodurre. Ci sonotantissimi strumenti e chi ha una cer-

ta predisposizione riesce, di sicuro, atrovare quello adatto alle proprie in-clinazioni e alle proprie abilità, maga-ri dopo aver cercato a lungo. Ho ini-ziato da piccola a suonare il pianofor-te, poi sono passata alla chitarra e, in-fine, mi sono stabilizzata sul bassoelettrico, uno strumento che ha unbel suono e un ruolo molto impor-tante in una canzone. Anche se la suapresenza non si nota immediatamen-te, è fondamentale per legare i suonidella chitarra e della batteria: unostrumento che se si scopre poco allavolta ammalia e non puoi fare a me-no di averlo sempre tra le braccia.Suonare uno strumento non significaessere bravi nel farlo per poi attirarel’attenzione degli altri: significa espri-mersi, tirare fuori i sentimenti chenon si riescono a manifestare con leparole o con le azioni. E’ un vero eproprio linguaggio, le note sono lelettere, e si può “parlare” di tutto.

[liceale di IV anno, Taranto]

di Patrizia Santagata

l

crescendoenti musicisti, tutti con la sin-drome di Alzheimer, sono gli

artisti dell’Orchestra Serena. La bat-teria, i piatti, i tamburi, i tamburelli ele voci sono gli strumenti attraversocui, ciascuno di loro si esprime senzavergogna e paura. Tutto è nato du-rante una seduta di musicoterapia, ilgruppo cantava e suonava riuscendoa ricordare i testi delle canzoni e por-tando insieme il ritmo da veri musici-sti. Tornato a casa non riuscivo a di-stogliere il pensiero da quella seduta,mi tornavano in mente i ritmi e le vo-ci dei miei pazienti, improvvisamentecapii che era arrivato il momento del-la svolta, non potevamo più fare mu-sicoterapia, perché i pazienti chiede-vano qualcosa di più, allora all’indo-mani arrivato in struttura, decisi diriorganizzare il tutto iniziando le pro-ve dell’orchestra Serena. Prove chedurano da due anni, il primo concer-to è stato un grande successo, il re-pertorio comprende canzoni popola-ri pugliesi e canzoni tradizionali dellamusica italiana (Modugno, Pavarotti,Morandi, Celentano, Ranieri, eccete-ra … ). Non vi nascondo che all’ini-zio è stata molto dura, Giovanni permolti mesi non ha che ripetuto un ge-sto, entrare in sala prove e suonare labatteria senza mai fermarsi. Ma allafine Giovanni era colui che portava iltempo per tutti dando gli attacchi e lechiusure dei brani. Per suonare non ènecessaria alcuna preparazione musi-cale, ma tanta passione. Il successo, amio avviso, non è stabilito dall’arrivosul palcoscenico, è un traguardo im-portante ma non fondamentale. Lamusica è disciplina, coordinamento,emotività, capacità di ascolto: il con-

trario di ciò che alcune patologie con-cedono, quindi il cammino è lungo eregala delle soddisfazioni incredibili.Non c’è pietismo né giudizio nel no-stro lavoro, si lavora per una crescitaartistica, tecnica e umana. Nei mieianni ho sperimentato come la musicadiventi per ciascuno degli utenti dellastruttura un linguaggio per manife-stare i sentimenti e parlare. Regala lalibertà, non è poco direi, di potersiesprimere, di creare una relazioneunica e produrre in musica l’emozio-ne che si porta dentro. Sono ormaiotto anni che sono un musicista, hosuonato e cantato con tantissimi no-mi illustri da Alirio Diaz ad Albano,ma l’emozione provata in questaesperienza è unica e mai provata evince su tutte le altre.

[musicista e musico-terapeuta, Taran-to]

di Gianluca Demilito

v

pensando

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Come andrebbe ascoltata lamusica?

La musica generalmente la ascol-tiamo secondo gli stimoli che cida: la possiamo ascoltare soltantoper piacere, decidendo quella checi piace e quella che non ci piace;per avere delle emozioni; o pos-siamo ascoltarla solo sottol’aspetto tecnico, impoverendola,così, dei contenuti. La musica laascoltiamo anche sotto il profilodei sentimenti, ma bisogna distin-guere di quali sentimenti si tratta.Andrebbe fatta, perciò, tabula ra-sa di tutti gli atteggiamenti comu-ni che noi teniamo verso di essa:altrimenti la riempiamo dei nostricontenuti, delle nostre emozioni,dei nostri ricordi, delle nostre fan-tasie, delle nostre immagini. Inve-ce la musica ci da delle qualitàestetiche e dei sentimenti musica-li che vanno colti.

Cos’è il sentimento musica-le?

Secondo alcuni musicologi, tracui Massimo Mila ed Alfredo Pa-rente, il sentimento musicale èqualcosa di assolutamente diversodal sentimento comune: imme-diato, psicologico, emotivo. Ilsentimento emotivo, o psicologi-co, non ha una costruzione, non èuna creazione. Diversamente, ilsentimento musicale nasce da unadimensione dell’uomo, la “di-mensione musicale”, la quale ha

delle sue coerenze interne, cosìcome le ha il linguaggio logico. Ilsentimento musicale narrato, peresempio, in una bella melodiad’amore, ha in sé molta più pro-fondità. Che tipo di amore è? Unamore passionale? Elevato?L’amore di Dio? È sempre un mi-stero che noi possiamo cercare dichiarire con dei termini.Il sentimento musicale, inoltre,costruisce tutta una vicenda. Inuna sonata, per esempio, si puòavere un primo tema con una suaqualità di sentimento, cui bisognaporre attenzione; poi si ha un se-condo tema con un’altra qualità,generalmente in antitesi o com-plementare col primo sentimen-to; poi vi è una fase in cui questitemi vengono rielaborati.Il sentimento musicale è una crea-zione che può esprimere un certomodo di sentire le esperienzeumane, e quindi dopo va interpre-tato cercando di capirne il sensodi tutto l’insieme. È come guarda-re un quadro: lo si può analizzarein tutti i suoi particolari, però vacapito il senso complessivo dellavisione della vita che si esprimedentro quel quadro. Per la musicava compreso il significato di tuttoquell’insieme di sviluppi dei senti-menti musicali che si svolgono, siarticolano e mutano continua-mente. Non si tratta di imitazionidi sentimenti, il musicista nonmette insieme uno zibaldone digioia, dolore, passione. È comeun racconto in musica: per capir-lo, bisogna avviare questo processo

e attuare questo metodo di ascol-to, che si fonda su tutta quella cheè la ricerca musicologica modernache si sviluppa nel ‘900, a partiredall’opera di Hanslick.

Come è nato il metodo diintendimento della musica?

Il concetto di musica come lin-guaggio nasce in seguito alla pub-blicazione de “Il saggio sull’uo-mo” di Ernst Cassirer, nel quale siafferma che tutti i linguaggi, nonsolo quello razionale ma anchequello poetico, mitico, religioso,sono linguaggi simbolici della co-scienza umana; pertanto la musi-ca rappresenta anch’essa un lin-guaggio. Si è iniziato così ad ap-profondire questo nuovo mododi intendere la musica, creando unmetodo basato sull’analisi di tuttii passaggi, anche alla luce deglielementi tecnici: se c’è quell’ar-monia, se c’è quel ritmo, quellamelodia, se si “alza”, se si “abbas-sa”, se si “allunga”, se si “accor-cia”, se scompare. Facendo atten-zione all’analisi nel suo comples-

intervistando Enrico Frontini

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so, a tutti gli elementi della musica,privilegiando, però, le “qualitàestetiche o musicali” che i senti-menti trasmettono. È una specie diracconto in musica che, però, vadecifrato. Pur essendo la musicainesprimibile nella sua totalità, sipuò tentare di “entrarci dentro”,anche se limitatamente, e capirecosa il musicista ha voluto raccon-tare in quella sinfonia, in quella so-nata, in quel melodramma. Perquanto nelle forme strumentalinon ci siano parole, queste possia-mo coglierle attraverso la musica.Si dice di una melodia che è comese avesse le parole, eppure le paro-le non ci sono: è questo il segreto.È un po’ una commistione tra mu-sica e poesia. Come la ragione hadelle coerenze logiche, così la mu-sica ha le coerenze musicali, e

quando “frantuma” una certa coe-renza vuol dire che ne sta aprendoun’altra, che si sta avviando suun’altra via. Bisogna conoscere lastoria, la cultura, i miti, le leggen-de, la poesia, le opere degli scritto-ri, cioè bisogna avere una visionecomplessiva affinché si possa deci-frare la musica, utilizzando questielementi analogici come uno spec-chio. Però la musica resta sempremusica e si esprime musicalmente,questo deve essere chiaro.

[intervista raccolta da Nunzio Lil-lo]

[docente e responsabile di lin-guaggio musicale presso l'IstitutoUnione Coscienza, Milano]

he senso avrebbe cantare soloper puro compiacimento per-

sonale, per mera esibizione, solo persentirsi dire quanto si è bravi? L’esperienza con il coro dei fanciullidella nostra parrocchia ci fa rendereconto quanto sia difficile spiegare adun bambino che la musica è un servi-zio per gli altri, un modo per pregare,un impegno costante, un modo perconoscersi, imparare a stare insiemee rispettarsi. Quanto è difficile far ca-

pire che un coro è tale solo se ci so-no gli altri, in cui l’essere solisti è de-leterio. E basta con l’idea che in uncoro può cantare solo chi è intonato:“Cantare è proprio di chi ama” (S.Agostino). È difficile spiegarlo, so-prattutto perché ormai è uso comu-ne, anche degli stessi genitori, privile-giare la transitorietà di un compli-mento ricevuto piuttosto che la pro-fondità di un’emozione data. Abbiamo bisogno di una Musica sa-

na e pulita, come quella di una mam-ma che canta per addormentare ilproprio piccolo. E abbiamo bisogno della Musica,perché questa ci può aiutare ad eleva-re un po’ la nostra sempre più miseracondizione umana.

[resp. coro fanciulli parr. S.M. Assun-ta, Cassano, Bari]

di Vittoriana Laquale e Angelica Paradiso

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pensando

a musica già dai tempi antichiè stata uno strumento di culto,

svago e unione tra gli uomini. Ne tro-viamo traccia nelle pitture rupestripreistoriche che descrivono scene dicaccia in cui sono presenti anchestrumenti musicali. Gli assiri, i babi-lonesi, gli egiziani nella loro arte cihanno lasciato scene di feste, ban-chetti e cerimonie sacre rallegrate damusicisti. Omero ha potuto scriverel’Iliade e l’Odissea ricavandone gliepisodi dai cantastorie e dagli aedidelle corti. La musica è presente an-che nelle feste dei romani, nei castel-

li medievali e nei monasteri con i can-ti gregoriani. Nella Bibbia i salmi nonsono altro che inni di lode a Dio. Dal‘700 all’800 in Italia, Francia, Germa-nia, Austria, ecc…, sono nati tanticompositori che con le loro musichee melodrammi hanno riempito i tea-tri appassionando tanta gente. Ai no-stri giorni tutti fanno musica e riem-piono piazze e stadi di giovani attira-ti da ogni genere di questa arte, sen-za parlare di quanta importanza ab-bia la musica nelle tv e radio. Ancheio sono appassionata di musica e hola possibilità di studiarla in modo ap-

profondito, cominciando a suonarlacon diversi strumenti. Mi rendo con-to che vissuta in questo modo la mu-sica costa sacrifici: studio quotidiano,impegno costante, ma in cambio midà tanta gioia e la felicità di stare in-sieme agli altri, la possibilità di cono-scere persone anche al di fuori delmio ambiente, di confrontarmi contutti coloro che incontro, rendendo-mi umile e disponibile.

[studentessa di II anno di conserva-torio, Cassano, Bari]

di Carrasso Letizia

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ire che la musica è un linguag-gio universale può essere qua-

si riduttivo, ma si può capire cosavuol dire con un esempio pratico:quando si guarda un film straniero, sesi confrontano la versione originale equella doppiata si può vedere chespesso e volentieri le parole noncoincidono. Questo perché una qua-lunque espressione idiomatica, unmodo di dire, se la traduzione è allalettera non danno le stesse emozionie le stesse sensazioni nelle due lingue.La colonna sonora, però, è sempre lastessa. Una melodia (badare ai termi-ni, si parla solo di melodia, non di te-sto) produce le stesse sensazioni qua-lunque sia la nazionalità o l’etnia dicolui che l’ascolta. La musica è il me-todo più efficace per trasmettere leproprie sensazioni, o per generarneartificiosamente. C’è chi ascolta unpo’ di musica per tirarsi su quando lagiornata è andata storta, o chi dedicauna canzone a qualcuno sperando difar nascere qualcosa. La musica, inol-

tre, allevia la fatica: quando stiamofacendo qualcosa di noioso, spessoascoltiamo un po’ di musica e il tem-po passa più in fretta e, soprattutto,più piacevolmente. Le sensazioni cheuna musica può trasmettere, però, di-pendono molto anche dal modo diinterpretarla. Provate ad ascoltareuna canzone del vostro cantante pre-ferito e poi ascoltate una cover fattada un gruppetto di provincia e sco-prite come fa meno effetto. Oppurepensate a un’opera lirica. Magari noncapite niente di quello che il tenore diturno sta dicendo, ma i suoi acuti,l’enfasi che mette in quelle sillabe far-fugliate e appena comprensibili dan-no a quelle parole un po’ fuori modauna nuova linfa che permette loro diemozionare ancora. Questa è la mu-sica. Non importa chi siate, da doveveniate o cosa facciate nella vita: unabella melodia è sempre una bella me-lodia.

[liceale di II anno, Taranto]

di Alessandro Greco

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crescendo

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come seavesse

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a musica è legata ben poco al-la realtà o meglio, anche se èlegata lo è senza ideologie,

meccanicamente, come un suonovuoto, senza associazioni, e tuttavia,la musica, per un qualche miracolopenetra l’animo umano.Era il 1966 quando ho avuto l’occa-sione di conoscere personalmente ilgrande e magico musicista Nino Ro-ta. Nella mia città l’amore per la mu-sica ha radici profonde. In quell’an-no, il maestro dirigeva il Conservato-rio “Nicolò Piccinni”. Lui arriva inPuglia come docente di “teoria e sol-feggio” al Liceo Musicale di Taranto(1937-1938). Un emigrante al contra-rio, dal Nord verso il Sud. Poi passa aBari, come docente di “armonia ecomposizione”, dal 1939, nel 1950assume la direzione. Contribuisce al-la realizzazione del ConservatorioMusicale di Monopoli. La sua figuraesile emanava una dolcezza infinitaunitamente a un naturale sarcasmoverso se stesso. Mi sembrava di entra-re in contatto con una persona di unagrande tenerezza. Ho provato, men-tre pensavo all’articolo, a sentire alcu-ne colonne sonore di film di altrigrandi del cinema: Federico Fellini,Luchino Visconti, Il padrino II, per ilquale ricevette l’Oscar nel 1975, miha rimandato all’intero patrimoniopoetico. Forme volutamente sempli-ci e orecchiabili ci aiutano a cogliere

lo stile limpido, un po’ buffonescoma sempre discreto, uno stile del tut-to estraneo alla crisi della musica con-temporanea.L’ho incontrato nella piazza della miacittà in attesa di ascoltarlo al piano-forte, nella presentazione di “viva lapappa del pomodoro” nell’ambitodell’Associazione “Amici della musi-ca”. Il testo faceva parte del “il gior-nalino di Gian Burrasca” di L. Wer-tmuller andato in TV nel 1965, canta-ta da Rita Pavone. Un testo che ci facogliere la saldatura della vena sarca-stica e quella poetica: “La storia delpassato/ormai ce l’ha insegnato/cheun popolo affamato/fa la rivoluzio-ne/ragione per cui affamati/abbia-mo combattuto/perciò buon appeti-to/facciam colazion..Viva la pappacon il pomodoro che è un capolavo-ro”… Si può immaginare, visto il pe-riodo storico, le polemiche insorte. Ilgrande maestro sorrideva di se stes-so. Un allievo del Conservatorio, stu-dente di fagotto Domenico Losavio,sulla sua scia doveva poi essere il fon-datore dei “Solisti Dauni”. Questi nelsuo repertorio ha messo in musica al-cune opere del repertorio di Rota. Sulpiano artistico Rota ha intrapreso ladifficile strada di affrancarsi dal me-lodramma, egli tenta di recuperare lagrande tradizione strumentale italia-na, rappresentata da Casella, Pizzetti,Malipiero, insieme alle esperienze di

Strawinsky, Debussy, Ravel. Questefigure hanno segnato la formazionedel giovane musicista, il quale si ci-menta con opere melodrammatiche,ma il suo amore era l’approdo allamusica da film. La sua produzionedal 1930 non si ferma. In quell’incon-tro indimenticabile ascoltammo lemusiche dei film di Fellini: La Dolcevita, Giulietta degli spiriti, la strada,Otto e mezzo, Il walzer del Gattopar-do di L. Visconti. Per un cinquanten-nio la musica di Nino Rota ha musi-cato i film più famosi della nostraproduzione cinematografica. In quel-l’incontro furono presentati due con-certi: uno per trombone e orchestra el’altro per fagotto e orchestra. Daquella sera è cambiato il mio rappor-to con la musica. La musica di NinoRota è inconfondibile, la si riconoscesubito. La sua musica è una grandescuola di umiltà. Come del resto eralui, il quale secondo i ricordi di chi l’-ha conosciuto, non esitava a chiedereconsigli e pareri al maestro d‘organo(Magrone) sulle sue partiture di unconcerto per organo e ottoni che sta-va scrivendo. Pranzava in Conserva-torio e il pranzo lo confezionava lamoglie del portiere. Anche quella se-ra lui chiedeva a noi giovani profon-damente ignoranti ma amanti dellamusica, cosa ne pensavamo della suamusica da film. Ecco allora aprirsi glispazi della discussione, con il suo sor-

ricordando di Franco Ferrara

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riso dolcissimo ringraziava.Spero che qualche giovane regista rea-lizzi un film sulla figura di Nino Rota.Quando nel 1979 si apprese della suadipartita, il mio pensiero volò a W.Mozart, un altro musicista che ridevadi se stesso. E mi chiesi: cosa risuonain noi, in risposta al rumore elevato ad

armonia? E come si trasforma, pernoi, nella fonte di un immenso piace-re? E unisce e commuove, a cosa ser-ve questo? E soprattutto a chi? Qualè la risposta?

[presidente Centro Studi Erasmo On-lus, Gioia, Bari]

volte mi fermo a guardarefuori dalla finestra della mia

casa e vedo macchine che corrono dicontinuo, persone sempre indaffara-te con i volti seriosi, quasi a voler di-mostrare a se stesse e agli altri quan-to la propria vita sia piena. “Non si hapiù tempo” è la frase che ormai, unao più volte, ci ritroviamo a pronun-ciare nei nostri discorsi.Che tristezza! Non siamo più capacidi fermarci per scoprire le bellezzeche albergano nel nostro cuore e inquello degli altri, non siamo più capa-ci di riconoscere la musica che ognu-no di noi ha in sé, una musica che riu-sciremmo ad ascoltare solo con il si-lenzio, bagno per l’anima, vera felici-tà dell’uomo. Nel silenzio percepi-remmo il canto che sale dal mondo,l’armonia del creato e i vari suoni che,prendendosi per mano, danno vita aduna melodia che fa danzare il cuore.Che bello saper ascoltare e danzarenon al ritmo frenetico degli altri, maal dolce ritmo della propria vita.Chi riempie il suo tempo di ogni sor-ta di attività non si acquieterà mai, fa-rà mille cose, ma non vivrà, ”sentirà

musica” ma non “l’ascolterà”, balleràma non danzerà.Le voci dei miei figli sono musica perle mie orecchie; ogni loro gesto nonè mai una nota stonata, ma una me-ravigliosa nota che va ad inserirsi conaltre note su di un pentagramma perdar vita alle canzoni che, per me, so-no le più belle del mondo.Ho letto una volta che chi non haniente da dire parla di continuo per-ché non può sopportare di non avernulla da dire, non riesce a sopportareil peso del silenzio; chi, invece, ha unaricchezza interiore, chi ha la musicadentro il cuore, ama il silenzio, saascoltare i suoni che provengono dase stesso e dagli altri, sa sorridere, saeliminare l’ansia e trasmette pace achi lo circonda.Che grande verità!Quanta musica è ancora nascosta nelnostro caos interiore, quante notemusicali attendono un po’ di silenzioper essere da noi ascoltate per la pri-ma volta, quanta bellezza aspetta pa-zientemente di venire alla luce.

[avvocato, Palo del Colle, Bari]

di Anna Cutrone

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pensando

Nino Rota

a musica non nasce dal nulla,viene fuori come un sussulto

spontaneo dal cuore accecato di me-raviglia dell’uomo. Le onde sonoreviaggiano soavi e armoniose sin dalgrembo materno in cui il bimbo in-nocente assapora nella sua interioritàle corde sensibili della melodia del-l’amore. La musica, sin dall’età primi-tiva è stata donata da Dio al cuoreumano e al creato. Oggigiorno, tutta-via, si corre il rischio di comporre ba-si e testi musicali non ricercati accu-ratamente. Ciò deriva in sostanza dadue fattori basilari: la tendenza a ve-locizzare e la necessità di ottenereconsensi. La prima causa si fonda sul-lo stile frettoloso in cui è immersa lasocietà: questo tenore di vita, infatti,

potrebbe compromettere anche leprofonde intenzioni dell’artista o del-l’autore di brani musicali, conducen-dolo a non meditare realmente sulleparole da adoperare nel nuovo testodi una canzone, ottenendo come ef-fetti una superficiale epifania dellapropria interiorità al pubblico. In se-condo luogo, si percepisce spesso lasensazione che le canzoni vengano"sfornate" con una certa celerità alsolo fine di fare commercio e com-piacere un pubblico che, talvolta, èsolo interessato all’emozione o al-l’energia euforica che produce la ba-se della canzone non badando allaqualità non buona dei significati deltesto. La musica si trasmette, si con-templa dentro il proprio corpo, la

propria anima stupendosi aperta-mente di quella luce che traspare cheè immagine della bellezza di Dio Pa-dre. Uno dei grandi artisti che, peresempio, ha incarnato questo grandeideale è Renato Zero. L’esperto dimusica attuale deve, perciò, impe-gnarsi affinché non si faccia sballot-tolare dalla tendenza a "correre fre-neticamente" per produrre. Al con-trario, le parole delle canzoni vannoselezionate dall’artista o dall’autoresecondo il significato ricercato den-tro l’uomo stesso. Il pubblico ha bi-sogno di gustare, non di sciupare laricchezza di ciò che gli viene propo-sto.

[studente F.T.P., Nardò, Lecce]

di Fabrizio Antonio Gentiluomo

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ercasiunfineperiodico di cultura e politicaanno VI n. 55 • reg. presso il Tribunale di Bari, n. 23/2005.

direttore responsabile: Rocco D’AMBROSIOredazione: Franco FERRARA, Eleonora BELLINI, PasqualeBONASORA, Emanuele CARRIERI, Carole CEOARA, MassimoDICIOLLA, Vito DINOIA, Domingo ELEFANTE, GiuseppeFERRARA, Franco GRECO, Pino GRECO, Nunzio LILLO,Antonella MIRIZZI;.

sede dell’editore e della redazione:ASSOCIAZIONE CERCASI UN FINE ONLUS,via Carlo Chimienti, 60 70020 Cassano (BA)tel. 080 3004808 - fax 080 [email protected][email protected] contributi: CCP N. 000091139550, intestato aASSOCIAZIONE CERCASI UN FINEvia C. Chimienti, 60 70020 Cassano delle Murge (BA);l’accredito bancario con la stessa intestazione e lo stesso numerodel CPP presso Poste ItalianeIBAN IT67V0760104000000091139550.grafica e impaginazione: MAGMA Grafic di Guerra Michele & C.,[email protected] · www.magmagrafic.it · 080.5014906stampa: LITOPRESS 70123 BARI Prov. Bari-ModugnoZ.A. Largo degi Stagnini tel. 080 5321065 www.litopress.euweb master: Vito Cataldo

periodico promosso da

SCUOLE DI FORMAZIONE ALL’IMPEGNO SOCIALE E POLITICOdell’Associazione Cercasi un fine presenti a Massafra (Ta) dal 2002; Cassano delle Murge (Ba) dal 2003; Bari (in due sedi), dal 2004; Minervino Murge (Bt) dal 2004; Gioia del Colle (Ba) dal 2005; Putignano (Ba) dal 2005; Taranto dal 2005; Conversano (Ba) dal 2005; Trani (Bt) dal 2006; Andria (Bt) dal 2007; Orta Nova (Fg) dal 2007; Gravina in Puglia (Ba) e Palo del Colle (Ba) dal 2008;Modugno (Ba), Acquaviva delle Fonti (Ba), Sammichele di Bari (Ba),Parrocchia S. Paolo (Ba) dal 2009.Altamura (Ba), Binetto-Bitetto (Ba) dal 2010

in collaborazione con ERASMO ONLUS - CENTRO DI RICERCA FORMAZIONE EDOCUMENTAZIONE SULL’EUROPA SOCIALE – Gioia del Colle (Ba)

La citazione della testata Cercasi un fine è tratta da SCUOLA DI

BARBIANA, Lettera ad una professoressa, LEF, Firenze, 1967I dati personali sono trattati ai sensi del d.lgs. n. 196/2003; i diritti edil copyright © di foto e disegni sono dei rispettivi autori ed editori; lapubblicazione su questa testata non ne comporta l’uso commerciale.

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pesso pensando alla musica lamente ritorna inevitabilmentealla meravigliosa interpreta-

zione che ne ha dato il filosofo tede-sco Schopenhauer, definendo la mu-sica la più potente e penetrante dellearti, poiché riesce ad esprimere con lamassima determinatezza e verità l’es-senza stessa del mondo.È evidente a tutti, infatti, la straordi-naria capacità di alcune musiche difarci volare alto con la mente e conl’animo, riuscendo a provare sensa-zioni ed emozioni intense che posso-no stravolgere il nostro stato d’animodel momento.E questo è comprovato anche da stu-di neurologici che mostrano come lamusica agisca sui nostri circuiti ner-vosi modulando i livelli di dopamina,il cosiddetto “ormone del benesse-re”, producendo sensazioni amplifi-cate di piacere, eccitazione e soddi-sfazione: una vera e propria droganaturale. Pertanto, quando ascoltia-mo un brano che ci piace, si attiva lostesso meccanismo di ricompensache si attiva anche quando i giocatorid’azzardo vincono o i tossicodipen-denti consumano la loro droga, macon la differenza che la musica nonha nessun effetto collaterale, anzi mi-gliora il nostro rapporto con noi stes-

si e con gli altri.Pochi sanno, infatti, che il nostro mo-do di ascoltare condiziona anche ilnostro modo di esprimerci e di rela-zionarci agli altri; basti pensare che ilbuon funzionamento dell’udito è de-terminante per lo sviluppo del lin-guaggio e riesce a migliorare anche inostri movimenti e la postura.Viviamo, di fatto, immersi nei suoni,che non sono altro che onde che sipropagano nell’aria e ci trasmettonoenergia, proprio come avviene quan-do ci troviamo immersi nel mare esentiamo le onde che investono il no-stro corpo. Tutti ascoltiamo con gliorecchi e con il corpo, perché la pel-le e le ossa sono conduttori acusticieccellenti, e questa azione dei suonisul nostro corpo, tramite stimoli eimpulsi, modella la nostra stessa im-magine corporea.Tutto quello che ascoltiamo intornoa noi ci condiziona profondamente, equesto nostro legame indispensabilee fecondo con i suoni ci accompagnaper tutta la nostra vita, anzi anche pri-ma della nostra nascita, quando il no-stro orecchio ancora in formazioneriesce a sentire e riconoscere la vocedella mamma, instaurando una primacomunicazione col mondo esterno,che sarà la base delle nostre capacità

espressive di tutta la nostra vita a ve-nire.Alla luce dei grandi poteri della musi-ca e dei suoni, e degli effetti beneficiche hanno su di noi, appare davverosconfortante la scarsa attenzione chespesso viene data all’educazione mu-sicale nelle scuole d’infanzia e prima-rie, dove sarebbe di grande utilità an-che per migliorare la concentrazionedei bambini e risolvere i problemi diapprendimento.Purtroppo politiche poco sensibili al-la cultura e scarsi finanziamenti stan-no impoverendo tutta la sfera legataall’educazione musicale e alla fruizio-ne della buona musica, svalutandosempre più anche il ruolo dei musici-sti e dei cantanti. La tv “cattiva mae-stra”, infatti, ci propina stagional-

meditando di Ada Chimienti

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mente talent show in cui ci fanno cre-dere che si possa diventare delle gran-di star musicali nel giro di pochi me-si ignorando il difficile e lungo (forseinterminabile) percorso di studi chemusicisti e cantanti devono affronta-re per riuscire a trasmettere al megliola propria arte attraverso il propriostrumento o la propria voce. D’altrolato in televisione, invece, non trovia-mo quasi mai le opere liriche adesempio, nonostante l’Italia sia la pa-tria del Bel Canto, e anche i teatri vi-vono un periodo difficile che li co-stringe a ridurre drasticamente leprogrammazioni o addirittura a chiu-dere battenti.La musica è un universo sconfinato ecomplesso che merita di essere esplo-rato per accrescere le nostre consape-

volezze e per arricchire tutta la nostrapersona intesa come unione di corpoe spirito.La maggior parte di noi non appro-fondisce come dovrebbe questo pro-fondo legame, ma si limita ad ascol-tare distrattamente la radio mentreguida o ascolta solo musica “com-merciale” (magari scaricata da inter-net). Tutti dovremmo renderci contodi quanto sia importante la musica eil saper ascoltare, compresi soprattut-to la nostra classe dirigente che miauguro possa dare alla musica lo spa-zio, la diffusione e la valorizzazioneche le spetta.

[laureanda in Fisica, musicista, Cassa-no, Bari]

Siamo grati a tutti coloro che ci sostengono con la loro amicizia, con i loro contributiintellettuali ed economici. In piena autonomia, in un clima di dialogo e nel rispettodelle posizioni di tutti e dei ruoli ricoperti, siamo ben lieti di poter fare tratti di strada

in compagnia di...Luigi ADAMI, Luigi ANCONA, Francesca AVOLIO, Eleonora BARBIERI MASINI,Adelina BARTOLOMEI, Rosina BASSO, Vittorio BELLAVITE, Sergio BERNAL RE-STREPO, Angela BILANZUOLI, Gina BONASORA, Vito BONASORA, GiancarloBREGANTINI, Giuseppe CALEMMA, Lucia CAMPANALE, Liberato CANADA’,Adriano CARICATI, Vincenzo CARICATI, Raffaella CARLONE, Giuseppe CASALE,Arturo CASIERI, Vito CATALDO, Emanuele CAVALLONE, Sario CHIARELLI, LuigiCIOTTI, Gherardo COLOMBO, † Imelda COWDREY, Assunta D’ADDUZIO, RoccoD’AMBROSIO, Raffaele D’AMBROSIO, Dominica DE LUCA, Francesco DE LUCIA,Nica DE PASCALE, Vincenzo DE PASCALE, Annamaria DI LEO, Saverio DI LISO,Monica DI SISTO, Donato FALCO, Lilly FERRARA, Ignazio FRACCALVIERI, Beatri-ce GENCHI, Michele GUERRA, Mimmo GUIDO, Savino LATTANZIO, Raniero LAVALLE, Grazia LIDDI, Gaetana LIUNI, Pina LIUNI, Gianni LIVIANO, Aldo LOBELLO,Alfredo LOBELLO, Mario LONARDI, Franca LONGHI, Maria Giulia LOPANE, Vin-cenzo LOPANO, Matteo MAGNISI, Luciana MARESCA, Rocco MASCIOPINTO,Maria MASELLI, Loredana MAZZONELLI, Luigi MEROLA, Antonio MIACOLA,Gianluca MIANO, Paolo MIRAGLINO, Giovanni MORO, Giuseppe MORO, Wal-ter NAPOLI, Mimmo NATALE, Paola NOCENT, Filippo NOTARNICOLA, Nicola OC-CHIOFINO, Cesare PARADISO, Salvatore PASSARI, Natale PEPE, † Antonio PE-TRONE, † Alfredo PIERRI, Rosa PINTO, Giovanni PROCACCI, Fabrizio QUARTO,Luigi RENNA, Giovanni RICCHIUTI, Angelo Raffaele RIZZI, Grazia ROSSI, MariaRUBINO, Giuseppe RUSCIGNO, Alda SALOMONE, Vincenzo SASSANELLI, Rober-to SAVINO, Gegè SCARDACCIONE, Francesco SEMERARO, Bartolomeo SORGE,Michele SORICE, Vincenzo SPORTELLI. Maria Rosaria STECCA, Laura TAFARO,Ennio TRIGGIANI, Pietro URCIOLI, Nichi VENDOLA, Paolo VERONESE, DomenicoVITI, Elvira ZACCAGNINO, Alex ZANOTELLI

e di...Cittadinanza Attiva di Minervino (Bt), Suore dello Spirito Santo di Bari, Gruppo “Peril pluralismo e il dialogo” di Verona, Laboratorio Politico di Conversano (Ba), Asso-ciazione “La città che vogliamo” di Taranto, Biblioteca Diocesana di Andria (Bt), Uf-ficio Pastorale Sociale di Trani (Bt), Associazione Pensare Politicamente di Gravina(Ba), Circolo ANSPI di Orta Nova (Fg), Fraternità Cappuccina di Bari-Fesca, Consul-ta Interparrocchiale di Palo del Colle (Ba), Fair, progetti e campagne per l’economiasolidale, Genova-Roma, Associazione LiberAggiunta di Palo del Colle (Ba), Associa-zione I confini del vento di Acquaviva (Ba), parrocchia S. Paolo (Ba), AssociazioneEmmaus, Villafranca (Vr)

L’Associazione Cercasi un fine è promotrice anche di una Rete, di cui è capofila, perla realizzazione di alcuni progetti; essa è formata da Centro Studi Erasmo Onlus diGioia del Colle (Ba); Cooperativa sociale Explorando Onlus di Bari; Associazione Ita-liana Persone Down di Bari; Associazione Etnie Onlus di Bisceglie (Ba); CooperativaVerderame-WWF di Bari; Cooperativa sociale Teseo Onlus di Conversano (Ba); Coo-perativa sociale Il filo di Arianna di Massafra (Ta); Associazione Orizzonti Nuovi:“Evandro Lupidi” di Laterza (Ta); Nova Consorzio Nazionale per l’innovazione socia-le di Trani (Ba); Associazione Casa del Sorriso di Martina Franca (Ta); Caritas Dioce-sana di Trani-Barletta-Bisceglie.

Per ulteriori informazioni si veda il nostro sito.

tutto pervade

Gli amici di Cercasi un fine, i corsistidelle scuole di politica del nostro cir-cuito e coloro che vogliono rifletteresulla politica si ritroveranno per quat-tro seminari annuali.

27 novembre 2010, ore 16-19Le parole, la politicae don Milanicon il prof. Rocco D’Ambrosio (docente all’Università Gregoriana di Ro-ma; direttore delle Scuole di Cercasi un Fi-ne)

22 gennaio 2011, ore 16-19Capire e viverela cittadinanza attivacon il prof. Giovanni Moro(docente all’Università di Macerata;presidente di Fondaca, Roma)

12 marzo 2011, ore 16-19La politica comunicata:TV, giornali e weballa prova del consensocon il prof. Michele Sorice(docente e direttore del Centre forMedia and Communication Studiesdella LUISS di Roma)

22 maggio 2011, ore 9-17Giornata conclusivadell’anno formativo delle Scuole.Incontro con un testimone(assemblea annuale dell’Associazione,consegna degli attestati,presentazione dei progetti in cantiere)

Info:[email protected]@cercasiunfine.it cell. 339 3959879 - 339 4454584