BRANDUARDI «Non avessi la musica - Celim · 2020. 3. 9. · A Branduardi dedichiamo la copertina...

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Il mensile della strada www.scarpdetenis.it marzo 2020 anno 25 numero 239 L’INTERVISTA ESTELA CARLOTTO: «LA NOSTRA LOTTA NON SI FERMERÀ MAI» foto di copertina: Ferdinando Bassi Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 1, LO/MI BRANDUARDI « Non avessi la musica sarei un clochard » REDDITO DI CITTADINANZA Luci e ombre a un anno dal varo dello strumento anti povertà IL CONVEGNO DON SODDU, DIRETTORE DI CARITAS ITALIANA: «CARITÀ È MISSIONE» A SCARP RACCONTA IL SUO NUOVO DISCO ISPIRATO ALLA MONACA BENEDETTINA HILDEGARD VON BINGEN E DICE: «SE NON AVESSI AVUTO LA MUSICA E TROVATO LA MOGLIE GIUSTA SAREI UN SENZATETTO. È LA MIA SECONDA NATURA»

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Il mensile della strada

www.scarpdetenis.it

marzo 2020anno 25

numero 239

L’INTERVISTA ESTELA CARLOTTO: «LA NOSTRA LOTTA NON SI FERMERÀ MAI»

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BRANDUARDI«Non avessi la musica

sarei un clochard»

REDDITO DI CITTADINANZALuci e ombre a un anno dal varo dello strumento anti povertà

IL CONVEGNODON SODDU,DIRETTORE DI CARITASITALIANA:«CARITÀ ÈMISSIONE»

A SCARP RACCONTA IL SUO NUOVO DISCO ISPIRATO ALLA MONACA BENEDETTINAHILDEGARD VON BINGEN E DICE: «SE NON AVESSI AVUTO LA MUSICA E TROVATO

LA MOGLIE GIUSTA SAREI UN SENZATETTO. È LA MIA SECONDA NATURA»

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di Stefano Lampertico

posi. Il primo è sul Reddito dicittadinanza. È passato un annodall’introduzione di questostrumento che nelle intenzioniaveva l’obiettivo di contrastarele forme più croniche di povertà.Raccontiamo cosa è successo inquesto lasso di tempo, con lestorie di chi ne ha beneficiato,con i limiti che lo strumento hamesso in evidenza e con qualcheombra nella gestione comples-siva.E poi, sempre sul temadel disagio, dedichiamoampio spazio a una ricercasulla povertà minorile. I da-ti sono allarmanti. Negli ul-timi dieci anni in Italia sonotriplicati i bambini che vi-vono in povertà.

Vorrei infine segnalare l’inter-vista a Estela Carlotto, la presi-dente delle nonne di Plaza deMayo, 42 anni di lotta sulle spalleper manifestare contro il regimedei dittatori argentini, per chie-dere giustizia e per fare luce sullafine dei loro figli e dei loro nipoti.

Come sempre in chiusura l’an-golo della poesia. L’autore, questavolta, è Khalil Gibran. «La poesiaè il salvagente / cui mi aggrappo /quando tutto sembra svanire. /Quando il mio cuore gronda / perlo strazio delle parole che ferisco-no, / dei silenzi che trascinanoverso il precipizio».

Ci sono alcune canzoniche superano il tempo, cherestano nella memoria eche, subito al primo accen-no, viene naturale cantic-chiare. Non sono moltissi-me, per la verità. Tra que-ste, c’è sicuramente Allafiera dell’est, la canzone piùfamosa di Angelo Bran-duardi.

A Branduardi dedichiamo lacopertina perché nell’intervistache gli abbiamo fatto dice cosemolto interessanti. E che ci ri-guardano. Ci rivela anche un pic-colo segreto: «Se non avessi avu-to la musica e non avessi trovatola moglie giusta, sarei un clo-chard. È questa la mia secondanatura». Parole profonde che ar-rivano da un autore che ha sem-pre cercato nei suoi dischi diesaltare la raffinatezza. Pensateche il suo ultimo disco è un lavo-ro su Hildegard von Bingen, unamistica e monaca benedettinadell’anno mille. Ecco. Ci vuolecoraggio. E a Scarp, chi ha corag-gio, piace sempre tanto.

Nel giornale trovate poidue approfondimenti cor-

[ @stefanolamp ]

testo raccolto da Giulia VillaPer commenti, idee,

opinioni e proposte:

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EDITORIALE

»

Sempre più poverisempre più giovani

Dati allarmanti.Negli ultimi dieci anni in Italia sonotriplicati i bambini che vivonosotto la soglia di povertà

Scarp de’ tenis mi ha salvato

e cambiato la vita. Mi chiamo

Daniele, ho 46 anni e sono

di Novate Milanese. Ho perso

mia madre a 15 anni, poi ho ini-

ziato gli studi e ho lavorato finché

la ditta ha chiuso per fallimento

e sono rimasto disoccupato.

Lavoro per la rivista dal 2012,

quando mi sono affidato alla

Caritas che mi ha dato l’oppor-

tunità di diventare un venditore.

Mi ha aiutato molto sul piano

economico: ora posso pagarmi

l’affitto e spese da solo. Prima

ero attaccato ai soldi. Ora ho ca-

pito che i soldi sono importanti,

ma il rapporto con le persone

è più prezioso. Il consiglio

che mi sento di dare alle persone

in difficoltà è di non aver paura

di chiedere aiuto. Il mondo

è pieno di brave persone,

dobbiamo solo ricominciare

ad avere speranza e fiducia.

Il venditore del

Daniele Novate

È importante il rapporto con le persone

«

contatti

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26 28 36 40

4 Scarp de’tenis marzo 2020

Lettera da lontano. Lettera da seguire le parole con l’indice diLettera senza firma, lettera con pochi argomenti. Lettera dal

rubriche servizi

SOMMARIO

PAG.5 RISO AMARO di Angelo Fiombo

PAG.6 CARITAS di Luciano Gualzetti

PAG.9 (IN)VISIBILI di Paolo Lambruschi

PAG.11 BUONE NOTIZIE di Giangiacomo Schiavi

PAG.13 PIANI BASSI di Paolo Brivio

PAG.15 STRADE SEGRETE

PAG.16 LA FOTO diAnne Mimault

PAG.18 DAL MONDO diPaolo Riva

PAG.24 LE DRITTE di Yamada

PAG.25 VISIONI di Sandro Patè

PAG.55 VOCI DALL’EUROPA diMauro Meggiolaro

PAG.65 SCIENZE di Federico Baglioni

PAG.66 IL TAGLIO di Piero Colaprico

PAG.26 L’INTERVISTA Branduardi: «Per certi aspetti il clochard è la mia seconda natura»

PAG.28 COPERTINA Reddito di cittadinanza. Tra luci e ombre

PAG.36 DOSSIER L’allarme. In Italia in 10 anni sono triplicati i bambini poveri

PAG.40 L’INTERVISTA/2 Estela Carlotto: «La nostra lotta non si può fermare»

PAG.43 APPUNTAMENTI A Milano gli Stati generali fio.PSD

PAG.44 MILANO Dall’oratorio ai professionisti, l’Urania Basket continua a stupire

PAG.46 IL PROGETTO Disabili in Africa. Assistere non basta. La ricetta del Celim

PAG.50 TORINO Paralimpiadi. Il sogno di Carlotta è più forte della sua disabilità

PAG.52 VICENZA La ricetta di Acisjf: una casa accogliente per donne e minori

PAG.53 VERONA Un rifugio sicuro per senza dimora con problemi di salute

PAG.56 VENTUNO Il Guardian dice stop alle pubblicità di petrolio e gas

PAG.61 CALEIDOSCOPIO Haruna e la sua Kora cantano l’Africa

PAG.62 NAPOLI Maria Laura Antonini, una scrittrice con la toga

Scarp de’ tenisRedazione di strada e giornalistica

via degli Olivetani 3, 20123 Milano

tel. 02.67.47.90.17 fax 02.67.38.91.12

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Direttore responsabile

Stefano Lampertico

Redazione

Ettore Sutti, Francesco

Chiavarini, Paolo Brivio

Segretaria di redazione

Sabrina Montanarella

Responsabile

commerciale

Max Montecorboli

Redazione di strada

Roberto Guaglianone,

Lorenzo De Angelis,

Alessandro Pezzoni

Valeriy Khodzinskyy

Foto Insp, Reuters, Romano

Siciliani/ImagoMundi, Luca Savettiere

DisegniGigi Cavenago, Gianfranco

Florio, Luca Usai, Loris Mazzetti,

Angelo Fiombo

Ciao Emanuele, ci mancheranno i tuoi aforismi e la tua sottile ironia

Apriamo questo sommario

con una triste notizia: Emanuele

non c'è più. Merafina, l'autore degli

aforismi, a volte fulminanti a volte

sgangherati che ci hanno accompa-

gnato in questi anni su Scarp,

ci ha lasciati. A modo suo. In punta

di piedi. Così come entrava in reda-

zione per portare i fogli con i suoi

lavori, scritti rigorosamente a mano

e sempre meno decifrabili col pas-

sare del tempo. Ciao Emanuele,

ci mancheranno i tuoi modi gentili,

la tua sottile ironia e il tuo sguardo

obliquo sulla realtà.

In questo numero di Scarp,

raccogliendo anche la provocazione

di Angelo Branduardi, il cantautore

menestrello che ci ha confidato che la

sua seconda natura è quella del clo-

chard, facciamo il punto a un anno

dall'introduzione del Reddito di cit-

tadinanza. Uno strumento impor-

tante ma che di fatto non arriva a

chi ne ha più bisogno e che rischia

di generare assistenzialismo invece

che generare lavoro. Intanto la po-

vertà minorile continua ad aumen-

tare. Secondo i dati raccolti da Save

the Children, infatti, i minori

in stato di povertà assoluta in Italia

sono un milione e 200 mila, cifra

triplicata in soli dieci anni. Ma non

solo: l'ascensore sociale si è defini-

tivamente bloccato e chi nasce

in una famiglia povera rischia

di rimanere incastrato in questa

condizione per tutta la vita.

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Il mensile della strada

TOP 15

5marzo 2020 Scarp de’tenis

i una mano. Lettera scritta fuori dai denti .

l carcere. Lettera scritta da un minore Lettera da lontano - tributo a Enzo Jannacci

Cos’èScarp de’ tenis è un giornale di strada noprofit

nato da un’idea di Pietro Greppi e da un paio di scarpe. È un’impresa sociale che dà voce e opportunità di reinserimento a persone senza dimora o emarginate. È un’occasione di lavoro e un progetto di comunicazione.

Dove vanno i vostri 3,50 euroVendere il giornale significa lavorare,

non fare accattonaggio. Il venditore trattieneuna quota sul prezzo di copertina. Contributi e ritenute fiscali li prende in carico l’editore.

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Progetto grafico Francesco Camagna Sito web Roberto Monevi Editore Oltre Soc. Coop.via S. Bernardino 4, 20122 Milano Presidente Luciano Gualzetti

Registrazione Tribunale diMilano n. 177 del 16 marzo 1996 Stampa Elcograf Spa VeronaArretrati Su richiesta al doppiodel prezzo di copertina

Consentita la riproduzione di testi, foto e grafici citando la fonte e inviandoci copia. Questo numero è in vendita al 29 febbraio al 28 marzo www.insp.ngo

565044

aforisma di MerafinaLE PAROLE

Prima di parlare,impara a tacere

Il tweet di Aurelio

Istat, in Italia oltre 5 milioni di poveriAdn Kronos - dicembre 2019

Come quando vedi tutto grigio

e non capisci che hai il naso appoggiato su di un elefante

[Il bonazza @aure1970 ]

RISO AMARO

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Lavoro in base a istruzioneCanada 9 25 66Singapore 18 28 55Palau 6 40 54Corea del Sud 14 34 52Seychelles 6 46 48Irlanda 13 39 48Stati Uniti 4 49 48Lussemburgo 19 34 47Cipro 15 39 46Belgio 16 39 45Lituania 4 52 43Norvegia 16 40 43Gran Bretagna 17 40 43Finlandia 11 46 43Italia 32 46 2246

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fonte: Organizzazion

e internazionale del lavoro dati in %

- 2020

primaria

interm

edia

laurea

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6 Scarp de’tenis marzo 2020

CARITAS

di Luciano Gualzetti

Cambiano i Paesi di origine, ma la trattadelle donne schiave non è diminuita

schedaLuciano Gualzetti è nato a Lecco nel 1961. È direttore di Caritas Ambrosiana dal 2016. Presiede la Fondazione San Bernardino, promossadalla Conferenza Episcopale Lombarda per prevenirel’usura. È stato presidentedella Fondazione San Carlo e vicecommissario della SantaSede a ExpoMilano 2015.

In un mondosempre piùinterconnesso, ogni chiusura è, in fin dei conti, un modo perscappare dallarealtà. Il solo modoche abbiamo perrisolvere i problemiè affrontarli con equilibrio,intelligenza e umanità

Dai dati raccolti dall’uni-tà di strada Avenidadi Cari-tas Ambrosiana, che due se-re la settimana porta aiutoe conforto alle donne sullacirconvallazione esternadella città, è emerso che inun anno è quasi dimezzatala presenza delle nigerianecostrette a prostituirsi perle strade di Milano. Viene dachiedersi se sia una buona noti-zia. La domanda non è oziosa.Perché, se ci pensiamo bene, larisposta non solo aiuta a com-prendere il fenomeno, ma dicemolto anche di noi stessi, dellenostre priorità, della visione cheabbiamo del mondo.Ma torniamo ai dati. Nel 2018

proveniva dal Paese africano il23% delle schiave del sesso pre-senti sui marciapiedi della città,nel 2019 il 14,2%. Il calo, davverosignificativo, è strettamente col-legato alla diminuzione deglisbarchi. Prima dello scoppio dellaguerra in Libia, i racket nigerianiche gestiscono la tratta, imbarca-vano le donne su voli di linea. Allafrontiera le ragazze esibivano nor-mali visti turistici che, una voltanel nostro Paese, lasciavano sca-dere senza rientrare in patria.

L’operazione aveva ovviamenteun costo che le organizzazioni fa-cevano pagare alle loro vittime.Da quando la Libia è precipitatanel caos, i trafficanti hanno trova-to più conveniente accordarsi congli scafisti e utilizzare le carrettedel mare cariche di disperati perfar arrivare in Italia la loro merce–mi si passi il crudo termine–, maè di questo che si tratta. La situa-zione è andata avanti per anni. Fi-no a quando, da una parte, i mag-giori controlli della guarda costie-ra libica e, dall’altra, la politica deiporti chiusi attuata dal nostro go-verno hanno indotto le organiz-zazioni criminali a cambiare stra-tegia. È un bene? Possiamo ri-spondere che non lo è certamenteper le giovani donne. Arrivanoracconti agghiaccianti dalle orga-nizzazioni umanitarie che stannomonitorando le condizioni di vitadei lavoratori nelle miniere d’orosparse nell’Africa sub sahariana eai quali queste donne sono co-strette a vendersi. Per non parlaredelle brutalità che subisconoquelle bloccate nei centri di de-tenzione libici. La diminuzione sulle strade

delle donne nigeriane è un beneper i cittadini? Ha aumentano illoro senso di sicurezza? Ha mi-gliorato il decoro urbano della cit-tà? È illusorio credere di avernetratto un immediato, egoistico,beneficio.

Le nigeriane sono state sosti-tuite da donne dell’Est Europa, ru-mene e albanesi. Poiché la do-manda di sesso a pagamento nonè affatto diminuita, viene soddi-sfatta da un “prodotto sostituti-vo”, attualmente più facilmentereperibile. In questo modo i racketalbanesi hanno preso il soprav-vento monopolizzando il control-lo del mercato. Contro questigruppi abbiamo meno armi perintervenire. Le nigeriane sono ingenere motivate a tagliare i ponticon chi le sfrutta. Non è un casoche tutte le 37 donne ospitate nel-la nostra rete di appartamentiprotetti provengano dal Paeseafricano, di queste ben 19 hannoscelto di entrarci nell’ultimo an-no. Al contrario con albanesi e ru-mene è più difficile instaurare re-lazioni che possono aiutare a rico-struire la catena di intermediariche le porta a prostituirsi. La semplice verità che emerge

da questa ricerca è che, in un mon-do sempre più interconnesso,ogni chiusura è, in fin dei conti, unmodo per scappare dalla realtà. Il solo modo che abbiamo

per risolvere i problemi è affron-tarli con equilibrio, intelligenzae umanità.

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7marzo 2020 Scarp de’tenis

CARITAS

Caritas Italiana è l’organismo pa-storale, costituito dalla Confe-renza Episcopale Italiana al finedi promuovere la testimonianzadella carità della comunità eccle-siale italiana, in forme consone aitempi e ai bisogni, in vista dellosviluppo integrale dell’uomo,della giustizia sociale e della pa-ce, con particolare attenzioneagli ultimi con una prevalentefunzione pedagogica”. Questa èla bussola che ci guida. La pe-dagogia dei fatti, che impe-gna noi e le nostre comuni-tà a prenderci carico deiproblemi, dei fenomeni dipovertà, delle sofferenze,per costruire risposte disolidarietà e di prossimità.Questo è lo spirito all’interno delquale i delegati Caritas si con-fronteranno a Milano».Il difficile equilibrio tra emer-

genza e quotidianità, che sarà unodei focus del convegno Caritas, ciconsente di dare uno sguardo, condon Soddu, allo stato attuale delnostro Paese. «Da quel che vedia-mo, e dalla consapevolezza cheCaritas è Chiesa, sono convintoche sia quanto mai attuale ribadi-re la scelta preferenziale per i po-veri. E quanto sia importante te-nere conto di un’altra attenzione.Quando diciamo che la comunitàecclesiale promuove la testimo-nianza della carità, significa chenon possiamo prescindere dalle

Carità è missioneè il tito-lo del prossimo convegnonazionale delle Caritas dio-cesane che si terrà a Milanodal 23 al 26 marzo 2020. Unconvegno importante che è partedi un itinerario che porterà nel2021 alla celebrazione del 50° an-niversario di Caritas Italiana. «Ogni anno – ci dice don

Francesco Soddu, sassarese, di-rettore di Caritas Italiana dal2012 – cerchiamo di incentrare iltema del nostro convegno conattinenza sia al percorso delleCaritas sia soprattutto a quantoavviene nella Chiesa. Caritas è unorganismo pastorale della Chie-sa. E allora in questo contesto cisono due indicazioni, due mes-saggi che risuonano dentro dinoi. Papa Francesco ha da-to grande risalto, in questianni di pontificato, al temadella missione e ha più vol-te invitato i cristiani, i bat-tezzati, a dare concretezzaalla testimonianza dellacarità. Carità è missione. Ilprossimo anno celebreremo icinquant’anni di Caritas Italiana.E voglio qui richiamare, e direquanto sia ancora profetico, l’ar-ticolo 1 del nostro statuto. “La

di Stefano Lampertico

A Milano il Convegno Caritas Don Soddu: «Carità è missione»

comunità nelle quali viviamo. So-prattutto in questi anni, in cui cisiamo trovati parte di un tessutosociale frammentato, con povertàdiffuse e stratificate, con le feriteprovocate dalla crisi ancora aper-te, e con una delega importanteche ci è stata lasciata in tema diwelfare. Ecco in questo quadro,animazione da una parte e testi-monianza della carità dall’altra,diventano imprescindibili».Impossibile non toccare e

sfiorare il tema dell’accoglienza.«Su questo tema –dice don Sod-du –ci siamo spesi molto, in lineacon quanto ci dice il Vangelo, persconfiggere paure, odio, chiusure.Con uno stile dell’accoglienza –pensate all’esperienza dei corri-doi umanitari – che favorisce iprocessi di integrazione, che re-stituisce fiducia alle istituzioni eche può così ridurre la distanzatra quanto viene percepito e ilreale». C’è forse qualche lacunanella comunicazione? «Abbiamocostruito il Convegno partendodalla domanda “Quale Caritasper il futuro?”. Questa domandaimpone riflessioni anche sullostile della nostra comunicazione.È uno degli aspetti cruciali».

Da quel che vediamo, e dallaconsapevolezza che Caritas è Chiesa,sono convinto che sia quanto maiattuale ribadire la scelta preferenziale per i poveri. E quantosia importantetestimoniare la carità nelle nostrecomunità

Don Francesco Soddu, 60 anni,

sassarese, è direttore di

Caritas Italiana dal 2012

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9marzo 2020 Scarp de’tenis

(IN)VISIBILI

Paolo Lambruschi è nato a Milano nel 1966. Lavora ad Avvenire, come inviato speciale. Ha diretto Scarp de’ tenis

e il mensile di finanza eticaValori. Nel 2011 ha vinto il pre-mio giornalistico Premiolino

per le inchieste sul traffico di esseri umani nel Sinai.

scheda

Ogni vita perduta è una sconfitta per la collettività

Anche se l’inverno non è sta-to freddo, anche quest’annoci sono state diverse vittimetra gli invisibili che dormonoin strada. Un’indagine di Uecoop,Unione europea delle cooperative,calcola che siano oltre 50 mila i sen-zatetto a rischio freddo in Italia«con sistemazioni precarie suimarciapiedi, nelle stazioni e sotto iportici delle città e per i quali l’uni-ca speranza sono i servizi di assi-stenza dei Comuni, le associazionidi volontariato e le cooperative so-ciali che si occupano delle fasce piùdisagiate».Il popolo degli invi-sibili si è ingrandito e non so-lo per i flussi migratori e i ri-chiedenti asilo o i rifugiatimessi sulla strada dai cosid-detti decreti sicurezza del-l’ex ministro dell’interno. Visi trovano i clochard, i ragazzi sban-dati, gli anziani, i padri separati emagari disoccupati che non hannopiù la possibilità di pagarsi un al-loggio. Più di 8 senzatetto su 10 –evidenzia Uecoop citando i datiIstat – sono maschi e in oltre la me-tà dei casi si tratta di stranieri. Unafascia di disagio sociale «che com-prende i 300 mila nuovi poveri chefra il 2016 e il 2017 hanno fatto su-perare all’Italia la quota di oltre 5milioni di persone che vivono inmiseria. Un panorama di difficoltàmateriali e sociali nella quale rien-trano anche 1,4 milioni di personesopra i 65 anni che non possonopagarsi un pasto completo o le bol-lette di luce e riscaldamento». Inu-tile ribadire che il Reddito di citta-dinanza non li sfiora neppure. Ognimorto di freddo non è una personache paga con la vita le proprie scel-te sbagliate. Èuna persona dimen-ticata. Certo, da quando Scarp ha

ta del mondo cooperativoper offrire qualità e profes-sionalità al servizio pubblicoe risposte ai bisogni promuo-vendo il lavoro. In Europa centro settentrionale,

dove la crisi è alle spalle, è stata que-sta la formula magica che ha evitatoil peggio. Capacità imprenditorialee professionalità del terzo settoreche offre progettualità pubbliche eservizi sociali di qualità, senza sfa-sciare i bilanci comunali e creandonuova e buona occupazione ancheper quelle fasce –giovani e over 45 –escluse dal mercato e dunque po-tenzialmente marginali. Da noi lastagione del qualunquismo gialloverde del passato governo, amplifi-cato dai social e dall’ignoranza di unPaese colpevolmente ignaro dellaricchezza nazionale di oltre 8 milio-ni di italiani impegnati nel volonta-riato e nelle associazioni, ha lasciatosul terreno le macerie. Ha volgar-mente e scientificamente attaccatoil mondo della solidarietà organiz-zata, manco fossimo negli anni ’40del Novecento, manco esistesserosolo stato e mercato e i corpi inter-medi pensassero solo al business,riducendo valori costituzionali co-me la sussidiarietà, a una mangiato-ia. Dietro c’è un progetto pre-ciso, svuotare i servizi la-sciando indietro i più fragilicon tagli di spesa, emargi-nandoli e inserendoli nel ca-pitolo spese per la sicurezza.Un progetto dove al noidella soli-darietà e della comunità che si pro-tegge si offre l’iodell’autodifesa delcittadino, l’io dell’individuo impau-rito e dei social. Il progetto solidaleprotegge anche gli invisibili d’inver-no e i poveri, quello securitario sem-plicemente li abbandona.

iniziato le pubblicazioni, ormai unquarto di secolo fa, la sensibilitàdegli amministratori pubblici ècresciuta e in media, nelle città, vo-lontariato e terzo settore almenonon vengono ostacolati.Ma ognivita perduta, anche se è unavita di strada, è una sconfittaper la collettività. Èla prova chesi fa ancora troppo poco per com-battere la povertà e la disperazionein Italia, resta l’insufficienza dellepolitiche di welfare che è una dellecomponenti del rancore e dell’insi-curezza cresciuti nelle fasce più fra-gili della società, da un decennio se-gnato dalla peggiore crisi dal dopo-guerra, una crisi strutturale. Servepiù che mai un’alleanza tra lapolitica e la parte più avanza-

di Paolo Lambruschi

La stagione del qualunquismo ha un progetto preciso:svuotare i servizilasciando indietro i più fragili con tagli di spesa, emarginandolie inserendoli nel capitolo spese per la sicurezza

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11marzo 2020 Scarp de’tenis

BUONE NOTIZIE

tiva che si intitola: Civil week.Fare il proprio dovere in una

società che collassa è l’unico an-tidoto al peggio e alle demago-giche semplificazioni dei sovra-nismi. Vuol dire assumersi qual-che responsabilità nei confrontidelle persone e della comunitàin cui si vive, applicare il princi-pio della restituzione e impe-gnarsi nella soluzione di quellepiccole emergenze che minanole relazioni, seminano paure,provocano rancori. Vuol direanche dare buoni esempi, limi-tare gli sprechi, non gettaremozziconi, rispettare il luogo incui si vive, gli spazi comuni, leopere di pubblica utilità. Lo fan-no in tanti: i genitori che im-biancano la scuola, i volontaridei giardini pubblici, i cacciatoridella plastica e dei rifiuti abusivi.E poi tutti i volontari pronti adare una mano quando c’è un al-larme, un’alluvione, un terre-moto.

Servirebbe una rivoluzionedel buon cittadino, in grado dismuovere l’apatia e scuoterel’indifferenza dei molti che oggiappaiono rassegnati. Bisognareimparare a dire “ci riguarda”,come hanno fatto altri prima dinoi nel Dopoguerra, senzaaspettare che politici o ammini-stratori risolvano il problema.

Può darsi che Prezzoli-ni avesse ragione quandoha diviso gli italiani in duecategorie: i furbi e i fessi.Ma nel nostro maltrattatoPaese c’è anche un eserci-to silenzioso che non si ri-conosce in nessuna diqueste due metà e cerca diportare ogni giorno unmattoncino da mettere alposto giusto nel modogiusto per evitare che ven-ga giù di tutto, travolgen-do furbi, fessi e così sia.

Sono i cittadini che alimen-tano quel circuito che vienechiamato civismo, al quale si ag-grappano oggi aziende e istitu-zioni, imprese e Comuni, socie-tà e multinazionali, perché or-mai è questa la strada obbligatase si vuole difendere il bene co-mune e dare un senso al futurocondiviso.

Rappresentano un brand dadiffondere e tutelare, che si in-segna nelle università e stimolale nostre Buone notizie: un cam-pione si presenta a Milano dal 5all’8 marzo nella prima settima-na dedicata alla cittadinanza at-

di Giangiacomo Schiavi

La rivoluzionedel buon cittadino

schedaGiangiacomo Schiavi,

giornalista e scrittore, è stato

vicedirettore del Corriere

della Serafino al settembre

del 2015.Nel 2007, a bordo

di un camper, ha girato Milano

per raccontare come vivono

i cittadini. Da questa inchiesta

è nato nel 2010 il Manifesto

di Milano. Qui commenta ogni

mese una “buona notizia”

Mi vengono in mente leparole del cardinale Tet-tamanzi, al quale bisogne-rà un giorno riconoscere ilruolo di coscienza civile inuna Milano e in un’Italiadisperse in mille egoismi.«È ora che la coscienza di cia-scuno si ridesti e chieda, contanta semplicità, ma anche contanta audacia: e io che cosa pos-so fare per la mia citta, il miopaese, la mia comunità?». Era ilmessaggio kennediano di un uo-mo di fede diventato pastore so-ciale, che dal pulpito del Duomoinvitava a valorizzare il buononascosto nella società minuta,nei cosiddetti corpi intermedi,nelle persone che non si arren-dono alla negatività. Lui si èmesso in gioco con l’esempio,mettendo a disposizione dei po-veri, dei malati e delle vittimedella crisi, l’intero suo patrimo-nio con il fondo di solidarietà.Ma ogni cittadino puo farlo amodo suo, dribblando la sempli-ficazione di Prezzolini, senza es-sere furbo o fesso, ma utile aqualcuno. La gratitudine lo ri-compenserà.

Mi vengono in mente le paroledel cardinaleTettamanzi, alquale bisogneràriconoscere il ruolodi coscienza civilein una Milano e inun’Italia dispersein mille egoismi: «è ora che lacoscienza diciascuno si ridesti e chieda: e io che cosa possofare per la mia città,il mio paese, la miacomunità?»

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19,4 Milioni di giornali di strada

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13marzo 2020 Scarp de’tenis

Chi fa da sé, dice l’adagiopopolare, fa per tre. E chi sta(solo) con sé, verrebbe da aggiun-gere per analogia, sta bene per tre.Cioè, non dovendo farsi carico delpeso economico della gestione diuna famiglia, ha molte più probabi-lità di cavarsela, di far lievitare unrassicurante conto in banca, di man-tenere un tenore di vita dignitoso.Scansando quel rischio di povertàche, dicono tutte le statistiche, tra isuoi principali frequentatori ha imembri delle famiglie numerose.La realtà, come sempre avviene,

è però più complessa delle semplifi-cazioni, che siano dettate dal sensocomune popolare o dalle dinamichedella comunicazione di massa (politra i quali, ai nostri giorni, i socialfun-gono spesso da deleterio anello dicongiunzione). La povertà, insom-ma, in epoca di inasprimento dellediseguaglianze, parrebbe in grado dirompere gli argini della nu-merosità del nucleo famiglia-re, per arrivare a minacciareanche i single, forzati o per sceltache siano.Un campanello d’allarme, in que-

sta prospettiva, l’ha fatto risuonarel’ultimo Rapporto povertàdella Cari-tas diocesana di Roma, pubblicato anovembre, che ha dedicato una spe-cifica attenzione al tema delle rela-zioni, evidenziando che più dellametà delle persone ascoltate neicentri diocesani vive una dimensio-ne di isolamento relazionale. Certo,tra loro si contano molte personesenza dimora, ma non mancano gliindividui con una regolare condizio-

povertà e rottura (o affievoli-mento) delle relazioni fami-gliari e amicali si ispessiscenelle realtà metropolitane.Nelle quali l’atomizzazione e la sper-sonalizzazione dei rapporti umanipuò fare da detonatore, o quanto-meno da accelleratore, dei fattori dicrisi individuale. Portando molti sul-la strada. E altri a sperimentare lafragilità da isolamento, se non addi-rittura da inselvatichimento (il pre-occupante, benché contenuto feno-meno del “barbonismo domesti-co”), pur avendo un tetto sulla testa.Mentre si sollecitano – ed è sa-

crosanto – più eque e incisive politi-che famigliari e di supporto ai nucleinumerosi, non va dunque trascuratoil consolidarsi del nesso tra povertàe solitudine. Anche e soprattutto al-la luce delle tendenze demo-grafiche che affliggono lo Sti-vale delle culle sempre piùvuote, della fertilità semprepiù avizzita, dell’età mediasempre più elevata.Da anni siamo entrati in un de-

solante “inverno demografico”, chemoltiplicherà i casi di nuclei fami-gliari dalla composizione media as-sottigliata, al limite “unipersonali”:anziani soli, e per questo fragili, maanche adulti singoli, forti finché ilvento della vita gira nel verso giu-sto, improvvisamente vulnerabiliquando un’avversità (lavoro, salu-te) si profila all’orizzonte.Poveri perché soli: ritornello con

cui dovremo familiarizzare. Ma chenon per questo dobbiamo conside-rare ineluttabile e inaffrontabile.

di Paolo Brivio

ne abitativa. E Caritas Italiana con-ferma che le storie di solitudinenel 2018 hanno riguardato il29,3%, cioè quasi un terzo, de-gli utenti (oltre 195 mila) deicentri d’ascoltosparsi nell’interoPaese: caratterizzano in maggioran-za uomini tra i 45 e i 64 anni, spessosoggetti celibi o nubili, oppure redu-ci da un fallimento coniugale.

Minaccia demograficaLe evidenze statistiche che emergo-no dai centri d’ascolto Caritas atte-stano che la connessione tra

Nelle realtàmetropolitanesembranoin aumento i casiin cui la povertàsi associaa una condizione di assenzadi relazionifamigliari e amicali.Giusto chiedereprotezione per lefamiglie numerose.Ma nonsottovalutiamoil rischio checorrono i “singoli”

Poveri perché soli,ritornello senza scampo?

PIANI BASSI

Paolo Brivio, 53 anni,si è appassionato ai giornaliai tempi dell’università.E ha coniugato questapassione-professionecon l’esplorazione dei“piani bassi” della nostrasocietà. Direttore di Scarp

dal 2005 al 2014, oggi fail sindaco: pro tempore,perché rimane “giornalistasociale” in serviziopermanente effettivo

l’autore

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15marzo 2020 Scarp de’tenis

STRADE SEGRETE

1. Perché mi piace viverci

Vi sono molti luoghi attrez-zati che danno riparo allepersone che vivono in stradae per fortuna i giorni freddinon sono molti. Mi piace Co-lonia perché negli ultimi 40 anniha continuato a lanciarmi nuovesfide ogni giorno. Questa città èanche la mia casa; ci sono personequi che mi accettano per quelloche sono.

2. La migliore vista della città

La migliore vista della cittàsi ha da quello che è noto aColonia come il "lato sba-gliato" del fiume, cioè dallariva destra del Reno. Se ci siposiziona esattamente di fronte alcentro per i senzatetto (che editail nostro giornale di strada Draus-senseiter) puoi voltarti e scorgerelo storico Rheinauhafen, simbolodella nostra città ed ex area por-tuale con i due caratteristici ponti

che sembrano due gru, e la catte-drale di Colonia. Questa riva delfiume è piacevolmente tranquillae ombreggiata nei mesi estivi.

3. Il luogo che preferisco

È il Vorgebirgspark, un belparco situato a sud della cit-tà, nella zona in cui vivo,chiamata Zollstock Stadt-viertel. Non è molto frequentatodai turisti ma è molto esteso; quiè possibile portare la propria at-trezzatura per il barbecue. L’annoscorso ne ho fatti due con i mieiamici, qui sento di essere il benve-nuto.

4. Dove mangiare

Nella zona di Zollstock c’èla panetteria Middlebergdove preparano colazioniaccompagnate da caffè e tèa prezzi accessibili. In viaGottesweg, c’è anche un ristoran-te che offre ottimo e gustoso cibocinese e che mi concedo ogni tan-

Lothar ha 57 anni e vive

a Colonia da quasi 40.

Dal 2018 vende il giornaledi strada locale Draussen-

seiter ed è una guidaesperta della città. Ama trascorrere il tempolibero immerso nella natura e camminare per tutta la regione della Renania.

Illustrazion

eGrazia Sacchi Sc

arp

de’

ten

is

Colonia

to, con un buon rapporto qualità-prezzo.

5. Consigli per i turisti

Allontanatevi dalla catte-drale, perché affollata di tu-risti. Consiglio invece gli spaziverdi di Colonia. Per esempio Flo-ra, il giardino botanico di fronteallo zoo, è molto carino e l’ingres-so è gratuito. Se volete allonta-narvi dal rumore della città, anda-te al Südpark o al Vorgebirgspark.Questi due parchi si trovano aiconfini del centro città.

6. Le “cinque stagioni” di Colonia

Da novembre a febbraio sicelebra il Carnevale. Questoperiodo dell’anno è conosciutocome la “quinta stagione” di Co-lonia. Ma non la amo particolar-mente, preferisco la città in pri-mavera e in estate, quando i par-chi sono verdi, in fiore e sonobellissimi.

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16 Scarp de’tenis marzo 2020

Fino a due anni fa Pissila, un villaggio nel centro nord del Burkina Faso, era una

piccola località di 15 mila abitanti. Oggi la popolazione è triplicata: sono circa 30 mila

le persone arrivate in cerca di un rifugio. Le cause sono i crescenti attacchi contro

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17marzo 2020 Scarp de’tenis

la popolazione civile da parte di gruppi legati allo Stato islamico e ad al Qaeda.

Le tendopoli allestite dalle organizzazioni internazionali non sono sufficienti.

Il numero degli sfollati nella regione del Sahel ha raggiunto un milione di persone

LA FOTO

di REUTERS/Anne Mimault

1.900.000I bambini costretti, lo scorso anno,a lasciare gli studi a causa dell’aumento delle violenze nelle scuole nella regione dell’Africa occidentale e centrale

3.005Il numero delle scuole chiuse nel 2019 in Burkina Faso, Mali e Niger. Nel 2017 sono state 512

Una vista dall’alto del campo per sfollaticostruito dalla ongtedesca Help a Pissila, in Burkina Faso. Finoa due anni fa Pissila erauntranquillovillaggio.Ora la situazione è cambiata

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TERS/IAnne Mim

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18 Scarp de’tenis marzo 2020

Nonne attiviste control’estrema destra

Sono nate due anni fa, in vista delle elezioni euro-

pee. Sono leNonne contro la de-stra, un movimento di pensio-nate impegnate “contro ogniforma di fascismo”. Manifestano,organizzano eventi e, soprattutto,parlano con la gente. In tuttal’Austria. «Non siamo affiliate a nessun partito», spiegano. «Ci battiamo per i diritti umani.Lo facciamo per i nostri nipoti».

Apropos Austria

gennaio 2020

L’homelessness tourdel governatore

La California ha 39 milionidi abitanti, di cui 130 mila

senza dimora. Per questo, il go-vernatore democratico GavinNewsom ha organizzato un homelessness tour, un viaggio di una settimana in tutto lo Statoper capire meglio e cercare solu-zioni. Il prossimo passo sarà re-perire i fondi necessari: secondoil governatore, per affrontareil problema servono almeno 750milioni di dollari in due anni.

Reutersgennaio 2020

Radomir, venditore,giocoliere e ballerino

Radomir è nato nella ex Jugoslavia, è fuggito

dalla guerra con la famiglia, è cresciuto in Svizzera e oggi, a 28 anni e dopo parecchie dif-ficoltà, è uno dei venditori piùcreativi di Surprise. Il suo luogodi lavoro è la stazione di Basi-lea. È qui che incanta i suoiclienti: non propone solo il giornale, ma anche numeri di giocoleria e spettacoli di ballo.

Surprise Svizzeragennaio 2020

Per la redazione di Peatón, il giornaledi strada peruviano nato lo scorso

anno, è stata la prima volta. Per tutti glialtri membri di Insp, la rete internazio-nale dei giornali di strada di cui ancheScarp fa parte, invece, è stata un’impor-tante tradizione. Dal 3 al 9 febbraio, si è tenutala vendor week, la settimana dedicata ai nostri ven-ditori, per raccontarli, farli conoscere e celebrarli,con le loro storie di resistenza e coraggio. In tuttosi tratta di oltre 9 mila persone che, in 35 Paesi di-versi, sono capaci di raggiungere milioni di lettori.Tante e diverse le iniziati-ve organizzate in tutto ilmondo per l’occasione,dagli Stati Uniti all’Austra-lia, dalla Svizzera al Perù,appunto. La redazione diPeatón ha infatti organiz-zato un evento nel centrodi Lima, la capitale, perpresentare alla cittadinan-

PerùLa prima settimana dei venditori di giornali di strada

za l’ultimo arrivato nella grande famiglia Insp, unbimestrale che ha iniziato le vendite lo scorso lu-glio. In Australia, i dirigenti delle grandi aziendehanno accettato l’invito dell’edizione locale di TheBig Issuead accompagnare i venditori in strada peralcune ore, mentre a Seattle, nel nord degli StatiUniti, ad accettare la sfida lanciata da Real Changeè stato Stone Gossard, chitarrista dei Pearl Jam,band rock di culto, nata proprio in città. In Sviz-zera, infine, Surprise ha promosso una campagnadi affissioni pubblicitarie, per rendere ancora piùvisibili i suoi venditori che si sono posizionati pro-

prio di fronte o accanto a gran-di manifesti rossi che invitava-no i passanti ad acquistare ilgiornale.

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[ pagine a cura di Paolo Riva ]

Insp gennaio 2020

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19marzo 2020 Scarp de’tenis

Le immagini degli incendi in Au-stralia, legati ai cambiamenti cli-

matici, hanno fatto il giro del mondo.Le conseguenze dei roghi sono ampie ediverse: economiche, ambientali, socia-li. Ma a soffrirle sono anche gli homeless, che nelPaese sono molto aumentati negli ultimi anni,arrivando a toccare quota 116 mila, di cui almeno8 mila dormono ogni notte per strada. Per questepersone trovare un luogo dove ripararsi dalletemperature altissime e dall’inquinamento at-mosferico causato dagli incendi non è facile. Perquesto, sono state presediverse contromisure. AdAdelaide, i servizi diurnihanno allungato gli oraridi apertura. A Melbourne,i senza dimora sono statiinvitati a ripararsi in bi-blioteche e centri com-merciali, oppure sonostati offerti loro ingressi

AustraliaAnche gli homeless soffrono per gli incendi

gratuiti per cinema e piscine. Non solo. La que-stione è anche sanitaria. Per la cattiva qualitàdell’aria, sono aumentati i problemi respiratorie cardiaci in tutta la popolazione. Ancora di piùtra chi vive all’aperto o in alloggi poco salutariperché ha meno possibilità di proteggersi. Infi-ne, gli incendi hanno avuto un impatto negativoanche sulle vendite di The Big Issue Australia.Ron, venditore di Adelaide, racconta che in giroper la città, ormai, c’è poca gente. In compenso,ha aperto le porte della sua casa a una famigliasfollata dalla sua fattoria nello stato del Nuovo

Galles del Sud. «Hanno persotutto – dice – ma almeno sonovivi. E questa è la cosa più im-portante».

La disuguaglianza è cresciuta.

Secondo l’Onu, l’1% piùricco della popolazione

mondiale ha aumentato la pro-pria quota di reddito tra il 1990 e il 2015, mentre il 40% più povero no. La disuguaglianza rallenta la crescita economica e, soprattutto, rende più difficileuscire dalla povertà. Per contra-starla, quindi, bisogna perseguirecon maggiore impegno gli obiet-tivi dell’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Inter Press Servicenovembre 2019

Le api, l’ambiente e gli Oscar

Hatidze vive sulle monta-gne nella Macedonia

del nord ed è un’apicultrice. A raccontare la sua vita è il filmHoneyland, doppia candidaturaagli Oscar. Un risultato straordi-nario per un’opera indipendentee fortemente ambientalista: Hatidze, spiegano i registi, ci ricorda che noi dipendiamodalla natura e la natura da noi.

Lice v Lice Nord Macedonia

gennaio 2020

Il monaco buddista diventato freelance

I monaci buddisti, solita-mente, vivono in comunità.

Non Hideaki Kanda, che a Tokyoha aperto un minuscolo mona-stero tutto suo, diventando, di fatto, un monaco freelance, libero professionista. Eppure,sono molte le persone che lo cer-cano. Alcune perché interessateal buddismo, altre perché, in unacittà così frenetica, vogliono solotrovare un po’ di calma e qual-cuno con cui parlare.

The Big Issue Giappone

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DAL MONDO

The Big Issue Australia

gennaio 2020

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20 Scarp de’tenis marzo 2020

Fare la Kalsa - La Memoria

che affiora, è il nome delprocesso di rigenerazioneurbana attraverso l’arte. Via degli Schioppettieri e via Genova, le vie interes-sate. Non si tratta di perife-rie, ma di vie centrali nellaPalermo dai grandi contra-sti. Sono infatti strade tra-scurate, con cumuli di im-mondizia e posteggiselvaggi, ma anche luoghiricchi di storia. A realizzaregli interventi a La Kalsa è lo studio Knot, capitanatoda Giuseppe Arici, architettoe imprenditore e Marie Kam-mler, designer tedesca. «La nostra intenzione è quelladi creare connessioni - spiega Giuseppe Arici - tra chi abita in quel luogo,chi lo vive come imprendi-tore, chi lo governa e glioperatori culturali». Il pro-getto si propone di raccon-tare la memoria del luogo.Tra gli artisti che hannopartecipato: Nessunettuno,Alessandra Di Paola, LindaRandazzo, Maca e tanti altri.

Raccontare la memoria diun luogo storicodi Palermo

streetart

Le parolesonopietre

europa

«Milioni di persone in tuttaEuropa non possono permettersiun tenore di vita dignitoso nono-stante lavorino a tempo pieno»denuncia la Confederazione euro-pea dei sindacati (Ces). Citandodati raccolti dall’Organizzazioneper la cooperazione e lo sviluppoeconomico (Ocse), i sindacati evi-denziano come anche in Paesidove esistono misure legislativeche prevedono regimi di salariominimo, molti lavoratori che per-cepiscono questa forma di salariosono a rischio di povertà. Tra i 22Stati membri dell’Ue che hannoun regime nazionale di salariominimo, infatti, ben 17 non rie-scono a raggiungere neanche lasoglia minima di rischio povertà,stabilita al 60% del salario me-diano. In 10 Stati membri, addi-rittura, il salario minimo obbliga-torio è pari al 50% o menodel salario mediano nazionale. «Il salario minimo dovrebbe sta-bilire una linea di demarcazionetra decenza e povertà. Se qual-cuno lavora a tempo pieno, nondovrebbe essere costretto a sce-gliere tra riscaldamento e alimen-tazione» sostengono i responsa-bili della Ces, che segnalanola necessità di testare l’adegua-tezza dei salari minimi rispettoai prezzi reali in modo che diven-tino «reali salari di sussistenza».Anche perché il rischio di povertàtra i lavoratori è aumentato negliultimi 10 anni in Europa, pas-sando dall’8,6% del 2008 al 9,5%del 2018, soprattutto tra quelliimpiegati con contratti di lavorotemporaneo (16,2%) e a tempoparziale (15,7%). Un aumento re-gistrato nella maggior parte deiPaesi dell’Ue, ma con punte mas-sime rilevate in Lussemburgo(+4,1%) e Italia (+3,2%).

di Enrico Panero

IN BREVE

on offUniversità di Pisa, l’erbario storico online

L’Erbario dell’Università di Pisa, unodei più importanti in Italia per consi-stenza, qualità e varietà con esemplaririsalenti al Settecento, ha digitalizzatouna parte delle sua storica collezionedi piante. Un viaggio straordinario e virtuale tra 7.500 campioni accessi-bile ora anche ad appassionati e curiosi che, collegandosi al sito, potranno soddisfare ogni curiosità su tipologia, provenienza geografica e data di raccolta delle piante catalo-gate, ognuna corredata da fotografie.Luca Ghini, fondatore nel 1543 del primo Orto Botanico accademico al mondo, proprio a Pisa, nello stessoperiodo ebbe l’intuizione di utilizzare,per l’insegnamento e la ricerca, anchepiante essiccate. Da allora gli erbarisparsi in tutto il mondo sono 3.100e raccolgono oltre 386 milioni di cam-pioni di piante, di cui circa 350 milasono conservati nell’Erbario di Pisa.

Aumentano i rifiuti prodotti in Italia

Secondo il Rapporto dell’Ispra (Istitutosuperiore per la protezione e la ricercaambientale) sui rifiuti urbani presentatonegli ultimi giorni del 2019, dopo sei annidi decrescita, nel 2018 la produzione dei rifiuti urbani torna ad aumentare registrando quasi 30,2 tonnellate, più 2%rispetto al 2017. Quasi 500 chili a testa di immondizia, annui. 548 al Centro, 517al Nord, 449 al Sud. Cresce la raccolta dif-ferenziata, raggiungendo il dato nazionaledel 58,1%, con un incremento di +2,6.Ma siamo lontani dal 65% previsto dallenorme Ue. Questo traguardo è raggiuntosolo da 7 regioni su 20. Il Nord arriva allamedia del 67,7%, il Centro al 54,1%. Il Sudè fermo al 46,1. Male soprattutto il Laziocon il 47,3%. In tutto il Paese sono 646 gli impianti di gestione dei rifiuti urbaniattivi, più della metà, ben 353, sono al Nord, 119 al Centro e 174 al Sud. Oltre lametà di questi è dedicata al trattamentodell’organico: 339 impianti, 220 al Nord.

Presso il Palazzo della Gran Guardia,fino al 5 aprile 2020 a Verona, è visitabileIl tempo di Giacometti. Da Chagall a Kan-disky, con capolavori dalla FondazioneMaeght. Dedicata a uno dei maggiori scultori delNovecento, Alberto Giacometti, questa mostraespone oltre settanta opere dell’artista nato in valBregaglia, Svizzera. La mostra nasce grazie alla col-laborazione della Fondazione Aimé e MargueriteMaeght di Saint-Paul-de-Vence, che presta al Pa-lazzo della Gran Guardia le sculture più celebri, idisegni, i dipinti. L’esposizione però vuole rievoca-

Giacometti e il Novecento

re anche l’avventura culturale dell’Europa di queglianni, in particolare della Francia, attraverso losguardo sul tempo che ha caratterizzato la vita diAlberto Giacometti a Parigi, dove arriva nel genna-io del 1922. In mostra ci saranno infatti oltre ventidipinti di artisti che hanno fatto la storia della pit-tura del Novecento: Braque, Chagall, Miró, Kan-dinsky, Derain, Léger. Tutti provenienti dalla col-lezione della Fondazione Maeght.

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21marzo 2020 Scarp de’tenis

Un progetto per alleviare la solitudine degli anziani

A Ravenna si cercano volontari che abbiano voglia e tempo per ascoltarele storie degli anziani. Torna infatti il progetto della Compagnia dei Racconti

contro le solitudini. Il programma si chiama Io ci sono ed è pensato percombattere e contrastare la solitudine dei più anziani e fragili. È promossodal Comune di Ravenna, finanziato dalla legge regionale numero 15 del2018 sulla partecipazione, e coordinato dalla cooperativa sociale VillaggioGlobale. L’associazione La Compagnia di volontari deve formare un gruppodi persone che andrà a visitare ogni anziano al fine di ascoltare le sue sto-rie di vita per poterne scrivere una biografia. Le interviste saranno poi tra-scritte per divenire brevi racconti che saranno raccolti in alcune pubblica-zioni da presentare e distribuire sul territorio. Si può partecipare al progetto della Compagnia dei Racconti scrivendo a [email protected].

mi riguarda

Fino al 2 giugno nel Mu-seo Diocesano di Padova, inpiazza Duomo 12, è possibi-le visitare la mostra A no-stra immagine. Scultura interracotta del Rinascimentoda Donatello a Riccio.L’espo-sizione si prefigge di riunire un

Vince la praticità, accanto alla solidarietà

La Fondazione Evangelica Beta-nia scenderà per le strade di Napolifra le persone senza dimora (se necontano circa 2 mila in città) con il camper della salute, per distri-buire 150 kit per l’igiene personale.Sarà possibile vedere per due volteal mese fino all’estate, i volontaridella Fondazione Betania distribuireuno zainetto con spazzolino, tubetto di dentifricio, shampoo, sapone, salviettine umidificate e deodorante oltre ad assorbenti per le donne. I volontari darannoinformazioni su tutte le attività pre-senti sul territorio (servizi doccia,mensa, distribuzione vestiario, dor-mitori), oltre a brochure sui servizigratuiti che l’ospedale Betania offreattraverso gli ambulatori solidali.Solo nel 2019 sono state effettuatecirca 4 mila prestazioni gratuite, e sono state visitate circa 500donne, di cui 100 incinte che sonostate accompagnate per tutto il periodo della gravidanza.

Rinascimento e sculture di terracotta in mostra a Padova

nucleo di preziose sculture in ter-racotta rinascimentali del territo-rio della diocesi di Padova. Operepresentate a conclusione di unacampagna di restauri, create dallabottega di Donatello e dalle altrepresenti sul territorio padovano.Il Museo Diocesano di Padova è

riuscito a riunire oltre venti terre-cotte rinascimentali, importantetestimonianza delle migliaia chepopolavano chiese, sacelli, capi-telli, conventi e grandi abbazie diuna diocesi che spazia tra le pro-vince di Padova, Vicenza, Treviso,Belluno e Venezia.

[ pagine a cura di Daniela Palumbo ]

pillolehomeless

Quid moda etica, ora anche a Milano

Nasce un nuovo QuidStorea Milano, il primo in città, in Corso di Porta Ticinese. Quidha aperto con il supporto di Fon-dazione Cariplo che ha aiutatol’impresa sociale a coprire i costidi avviamento del punto ven-dita. Quid è un marchio di modaetica e sostenibile della coopera-tiva sociale Quid, che disegna e crea capi di abbigliamento e accessori in edizione limitata.Le collezioni prendono vita da eccedenze di tessuti messe a disposizione dalle aziende di moda e del settore tessile.Ogni capo è lavorato e reso unicograzie al lavoro di persone - so-prattutto donne - con trascorsidi fragilità: vittime di violenza,migranti, persone con disabilità,con percorsi di dipendenza o detenzione, o più in generaledonne disoccupate e in difficoltàeconomica o di conciliazione con figli. Attualmente lavoranoin Quid circa 120 persone (il 90%donne); il fatturato annuo è di circa 3 milioni di euro.

Padova, ascolto e sostegno per le donne fragili

L’associazione Psicologo di Strada gestisce lo sportello di ascolto sul reato di stalkingdal 2010, ma dal 2018 il finanzia-mento offerto da una fonda-zione bancaria è cessato. Le pro-fessioniste che vi lavoravanohanno continuato da volontarie.Lo sportello offre gratuitamenteconsulenze d’orientamento alle vittime e interventi di soste-gno e cura anche per gli autori di reato. L’esperienza ha confer-mato che i comportamenti di molestie e poi di stalking pos-sono essere considerati reatisentinella, cioè che anticipanocondotte lesive e di maltratta-mento, anche fino all’[email protected]

pillole

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22 Scarp de’tenis marzo 2020

di Daniela Palumbo

La pacchia. Storia di Soumaila,sfruttato e ucciso

Bianca Stancanelli, giornalista e scrit-trice, ha raccontato in un libro - La pac-chia, edito da Zolfo - la storia di SoumailaSacko. Il suo nome è sconosciuto ai più. Ep-pure questo giovane del Mali che lavorava in Italiacome bracciante, ucciso perché cercava di ribel-larsi a un sistema di lavoro nei campi che confinacon la schiavitù, ci riguarda.

Chi era Soumaila Sacko. Che cosa racconta anoi la sua storia?

Era un uomo che voleva una vitamigliore per sé e per la propria fa-miglia. Tra i cartelli che i suoicompagni di lavoro issarono neicortei dopo il suo assassinio, unomi colpì moltissimo. A grandi ca-ratteri in stampatello vi si legge-va: “Vogliamo una vita bella”. At-tenzione: non la bella vita, mauna vita bella, degna di un essereumano. La storia di Soumaila ciracconta, tra l’altro, che l’Italia,questo Paese di emigranti, nonriesce a offrire a migliaia di persone che l’hannoscelta come Paese in cui vivere e lavorare, condi-zioni dignitose di esistenza e di lavoro.

La pacchia è un libro di denuncia sociale. Laletteratura deve avere una valenza di impe-gno sociale e civile, oltre che culturale?

Ha scritto Albert Camus, parlando del proprio im-pegno di scrittore: «La nostra sola giustificazione,se ne abbiamo una, è di parlare in nome di tutti co-loro che non possono farlo». Non ho certo la pretesadi impartire lezioni a nessuno, ma, per quel che miriguarda, credo che quella frase riassuma nel modomigliore il senso e l’intenzione del mio lavoro.

Mali. Un Paese dove si decide di privatizzarela scuola perché lo impone la Banca Mon-diale, istituzioni che dovrebbero risollevarele sorti di un Paese. Invece intervengono esi-gendo la privatizzazione dei servizi.

Non solo in Mali. Èsuccesso alla Grecia, per esem-pio, di essere costretta dall’inter-vento delle istituzioni finanziarieinternazionali ad adottare una po-litica di austerità devastante, chesi è tradotta in miseria per le fascepiù deboli della popolazione e nel-la privazione di servizi essenziali.Non va dimenticato che quandoparliamo del Mali, ci riferiamo aun Paese in cui il prodotto internolordo pro capite è calcolato in 569euro l’anno: parliamo di meno didue euro al giorno. E sempre aproposito di arretratezza cultura-

le, io ne vedo segni, forse perfino più colpevoli, nel-l’accettare che intere aree del territorio italiano –soprattutto nel Mezzogiorno, ma non solo – sianocaratterizzate da uno sfruttamento spietato e di-sumano di migliaia di esseri umani. Quello sfrut-tamento che ha condotto Soumaila Sacko a moriretra quattro lamiere arrugginite.

IN BREVE

TRE DOMANDE

La radio libera che trasmise soloper 27 ore

Danilo Angelelli

ponti

Una radio così libera che siamo qui a ricordarla a 50 anni dalla nascita. E dallachiusura. Trasmise solo per 27ore la Radio dei poveri cristidella Sicilia Occidentale, volutadal sociologo e educatore Da-nilo Dolci e dai suoi collabora-tori. Marzo 1970: da Partinicovengono lanciate nell’eterevoci di protesta che trasvolanocittà e regioni. Dicono il ma-lessere della gente del Belice,Jato e Carboi per i ritardi nellaricostruzione post-terremoto.È l’emittente laboratorio pereccellenza: prima radio libera– la Corte costituzionale san-cirà la liberalizzazione del-l’etere nel 1976 –, prima espe-rienza di “controinformazione”radiofonica in Italia. Trasmettedalla sede del Centro Studi e Iniziative per la Piena Occu-pazione. Nel programma, in onda fino all’arrivo delleforze dell’ordine: un appello,le testimonianze di uomini,donne e bambini, i valori cul-turali locali, i messaggi di soli-darietà. Amico Dolci, musicistae presidente del Centro perlo Sviluppo Creativo DaniloDolci, aveva 13 anni e suonavagli stacchetti/SOS che punteg-giavano la programmazione:«Ricordo quel giorno di marzoe i precedenti, l’impegno, la curadi tutti. Ma anche le famiglieche, due anni dopo il sisma,vivevano nelle baracche e nelletende. E i temi cari a mio pa-dre, veicolati dall’emittente:partecipazione dal basso,ascolto, dialogo, attenzioneper i dimenticati. Temi che a 50 anni di distanza risuo-nano più attuali che mai».Info: www.danilodolci.org

radıo

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Sarà il prossimo 21 marzo, la XXVedizione della Giornata della Memo-ria e dell’Impegno in ricordo dellevittime innocenti delle mafie, pro-mossa da Liberae Avviso Pubblico. Lacittà di punta, dove si svolgeranno leprincipali manifestazioni, è Paler-mo. Per informazioni sulla manifestazione e

su come organizzare gli spostamenti da altrecittà è possibile telefonare al numero334.9151845 oppure mandare una mail a [email protected]. Inoltre, per venire incontro alle esigenze

dei tanti che giungeranno a Palermo dal re-sto d’Italia, Liberapropone una serie di strut-ture convenzionate a cui fare riferimento.Quest’anno è un anniversario im-portante; Liberacompie 25 anni e daallora molta strada è stata fatta.A co-minciare dai beni confiscati, la memoria,l’educazione alla corresponsabilità, i campidi formazione e impegno per i giovani, l’ac-compagnamento delle vittime, la formazio-ne universitaria. La battaglia non è affattovinta, dicono da Libera, in questi anni anchele mafie hanno modificato il loro modo diagire, rendendosi meno visibili, ma sempre

IN BREVE

23marzo 2020 Scarp de’tenis

LA STRISCIA

Comuni sciolti permafia. Che bruttapagina il 2019

L’ultimo, ad oggi, è il Comunedi Saint Pierre, in valle d’Aosta,sciolto per infiltrazioni mafiose,in particolare ‘ndrangheta. Da quel 1991, a cui risale il prov-vedimento secondo il quale vieneprevisto lo scioglimento dei Co-muni e delle amministrazionilocali per infiltrazione e condizio-namento di tipo mafioso. A oggi,i Comuni sciolti per mafia sono257. I numeri sono a cura di AvvisoPubblico, associazione di ammi-nistratori pubblici nata per pro-muovere la cultura della legalità.I magistrati raccontano che la mafia si è trasformata: nienteguerre e azioni violente, l’appa-rato mafioso si infiltra nei luoghidi potere, condizionano il votoper ottenere in cambio appalti eposti di lavoro. Il 2019 è stata unadelle pagine più brutte: 21 sonostati gli enti locali commissariati.In cima alla classifica dei Comunisciolti per mafia troviamo Cala-bria (8), Sicilia (7), Puglia (3). Lo scioglimento per mafia puòdurare da dodici a diciotto mesi,con possibilità di proroga fino a ventiquattro mesi.

PalermoGiornata dedicata alla Legalità

più invasive e pericolose. Il 21 marzo sarà unmomento di riflessione e di incontro, di te-stimonianza da parte dei familiari delle vit-time di mafia. Guai a lasciarle sole. Verrannoanche letti i nomi delle vittime: un modo pernon dimenticare e non far morire le idee. Lapartecipazione delle scuole e dei ragazzi ècresciuta anno dopo anno, grazie anche allasensibilizzazione degli insegnanti, che nonmancano di portare nelle aule, con testimo-nianze, libri e dibattiti, la consapevolezzadella nostra storia.

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24 Scarp de’tenis marzo 2020

In viaggiocon i libri

Dalle grandi città come Du-blino e Parigi, al piccolo vil-laggio portoghese di Óbidosrinato grazie alle librerie;dalla Sardegna terra di festi-val, alla Trieste dell’amiciziadi Joyce e Svevo. E molto al-tro. Una guida alla scopertadell’anima letteraria di cittàitaliane ed europee attra-verso romanzi, scrittori, librerie ed eventi.

di Mariangela TraficanteLuoghi e libri

Morellini, euro 17,90

Per Fellini, insieme a Giulietta

In occasione del centenariodella nascita di Federico Fel-lini, è uscito il picture bookche illustra una grande storiad’amore e di cinema fraun uomo di nome Federico e una donna di nome Giu-lietta. La loro non è stata solo una straordinaria storiad’amore: ha cambiato il mondo del cinema e ha lasciato tracce profonde nell’immaginario collettivo.

Di Federica IacobelliIllustrato da Puck KoperGiulietta e Federico

Ed. Camelozampa, euro 12,75

Interrogatidalla Parola

Raccolta di riflessioni scritte a partire dalle letture dellecelebrazioni eucaristiche del-l’Anno liturgico per interpre-tare e cercare di risponderealle domande più scomode e scottanti del nostro tempo.Pagine scritte da don WalterMagni con l’intento di provo-carci e renderci inquieti. L’in-vito è a lasciarsi scalfire dallasingolarità di Dio e affasci-nare dalla sua verità.

Walter MagniPellegrini della Parola

Centro Ambrosiano, 16 euro[ a cura

di D

anie

la Palu

mbo ]

LE DRITTE DI YAMADA

di Yamada (aka Grazia Sacchi)

Dentro lo spartito di unaparticolare scaletta emotiva

Sono state tante le volte in cui le canzoni mi hannospalancato come una portada saloonlasciandomi in dono magia,sentimentinuovi e ispirazione

scottate, caffè. Ma... mi devo pro-prio sedere mentre alla radio pas-sa La Verità, di Brunori Sas. E mi ri-vedo lì, bloccata, a sentirmi descri-vere sperando di non essere io,ipnotizzata dall’intensità quasi in-sostenibile del testo e dalla since-rità del canto di Brunori.O anni fa, che in una notte d’in-

verno mi sono trovata viaggiatricenella mia solitudine. Mi chiedevose l’avrei mai lasciata e se sarei maicresciuta fino a volerla condivide-re fino in fondo. In sottofondoavevo la cupezza sontuosa di Dar-kest Dreaming di David Sylvianche – sempre – mi farà pensare aquella notte.Altro momento prezioso è sta-

to quando il pomeriggio di un feb-braio mi chiamò al telefono Pietro,il mio nipotino che a quei tempiera davvero “ino”, essendo alleelementari. Parlavamo delle can-zoni del festival, e la sua preferitaera La Nottedi Arisa che, di puntoin bianco, mi cantò, con serietà eimpegno assoluto nell’intonazio-ne, fino alla fine. Io ero commos-sa, all’altro capo del filo, perl’estrema cura, la precisione e losforzo che sentivo. Sì sono propriole canzoni a rendere preziosi i mo-menti, come delle perle rare. An-che Mark Ruffalo nel bellissimofilm Tutto può cambiare dice così,aggiungendo che dalle canzoniche abbiamo nel telefono si pos-sono capire tante cose. Eh sì. Vero.E allora seleziono Primavera diLuca Carboni dalla mia playlist,apro la finestra e la spargo nell’ariainsieme a Le Canzoni, di LorenzoJovanotti: un rito propiziatorio evitaminico, dedicato alle particellesubatomiche (senza corona) chedanzano nella nostra aria.

Sto scrivendo sotto l’in-florescente influsso sanre-mese e pensando alla musi-ca e alle canzoni, posso direche spesso le ho fatte passa-re per prime, e tante sonostate le volte che mi hannospalancato come una portada saloon lasciandomi indono magia, sentimentinuovi e ispirazioni.D’altron-de sono proprio magici i momentiin cui una canzone ci prende di mi-ra e ci sussurra all’orecchio unanostra debolezza, un’amarezza,una gioia o una pena in fondo alcuore, un desiderio, un bisogno ouna nostalgia. Sono come degliangeli, per me. Mi viene in menteCanzoni Stonate, di Morandi-Mo-gol. L’ho sempre trovato un pezzomeraviglioso, morbido, malinco-nico. Quando lo sento, anch’io –come i protagonisti della canzo-ne –l’ambiento mentalmente nel-lo spazio-tempo affettuoso deiviaggi di ritorno dalle gite: nella pe-nombra affollate dalle ore trascor-se, c’era sempre qualcuno cheprendeva la chitarra e intonavaqualcosa con gli occhi fissi sul tra-monto fuori dal finestrino, con levoci degli altri che piano piano siaggiungevano. Ecco, è chiaroanche a me adesso dove visto portando: dentro lospartito di una (personale)scaletta emotiva.Mi ricordo di un sabato matti-

na molto presto, appena alzata colbuio e il freddo, fuori. Accendo laradio e inizio le solite manovre:bricco dell’acqua calda, fette bi-

Playlist

di Yamada

Musica

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25marzo 2020 Scarp de’tenis

VISIONI

di Sandro Patè

Arriva in sala il docufilmSono innamorato di Pippa Bacca

diversi.Sono innamorato di Pippa Bacca si

sofferma sul valore artistico ma de-dica spazio anche a temi visti in ot-tica differente come il viaggio, il rap-porto tra le persone, la ricchezza ol’autostop. Il lavoro creativo sul ma-teriale d’archivio è ben fatto. Le pa-role di Pippa sulla voglia di tornarea diffondere la cultura dell’autostopin Italia, tuttavia, mettono i brividi.Sì, perché dopo Slovenia, Croazia,Bosnia, Bulgaria e Turchia, sullastrada per Istanbul, l’atto artistico siblocca: Pippa viene violentata e uc-cisa da un uomo che le offre un pas-saggio. Dodici giorni dopo il suo cor-po viene ritrovato, sepolto in un bo-sco. Anche il presidente turcoErdogan esprime le condoglianze aifamiliari per un delitto compiuto aidanni di “un’artista e messaggera dipace”. La fine per la passione, gliideali e la poesia. Arte performativa,teatro di strada, una saga familiare,5 sorelle cresciute in un contestod’amore per l’anti-convenzionale, iltutto per provare a ricreare le con-dizioni che hanno fatto nascere Pip-pa Bacca. Dopo il pregevole La Spo-sa, libro di Mauro Covacich e il testobiografico di Giulia Giorello un do-cumentario per provare a spiegareancora una volta come fosse sem-plice innamorarsi di Pippa Bacca,“calamita e calamità”.

«Un amico comune mi dis-se di dire qualcosa a mia so-rella che voleva andare inTurchia in autostop». Le parolesono di Antonietta Pasqualino diMarineo sorella di Giuseppina Pa-squalina di Marineo detta PippaBacca, al centro del documentariodi Simone Manetti. Pippa Bacca èuna donna impegnata in quello chepurtroppo si rivela il suo ultimo pro-vocatorio gesto artistico e allo stes-so tempo un determinato tentativodi lanciare un messaggio di pace.

8 marzo 2008. Pippa Bacca e Sil-via Moro partono da Milano alla vol-ta di Gerusalemme. Brides in tour, ti-tolo della performance che hanno inmente, prevede un viaggio a tappeattraverso undici Paesi. Ad ognipausa le donne incontrano le oste-triche locali perché Pippa possa la-vare loro i piedi, rituale evangelicoimparato da piccola sul cammino diCompostela. L’idea è di esprimerericonoscenza per chi favorisce la vi-ta in contesti difficili. L’aspetto piùcoreografico e spettacolare del-l’azione consiste nel vestire per tut-to il tempo del viaggio abiti da sposaconcepiti e disegnati per l’occasionea simboleggiare l’unione tra popoli

Shooting the mafia

Documentario con e su Letizia

Battaglia, con la regia di Kim

Longinotto. Il racconto della vita

della fotografa palermitana per

il quotidiano L’Ora, in una Palermo

violenta dove gli omicidi erano

all’ordine del giorno. Le sue foto,

rigorosamente in bianco e nero,

ritraggono impietose le vittime

della mafia ma anche i mafiosi.

Bombshell

La ricostruzione del caso Roger

Ailey, potente capo di Fox News

licenziato perché accusato di mo-

lestie sessuali da diverse dipen-

denti. Un film sul ruolo e sul va-

lore della donna nella società

americana e in particolare nel-

l’informazione televisiva, prima

linea di un sistema di potere

e di rappresentazione in cui

il giornalismo cede alle richieste

della politica e dello spettacolo.

250 anni fa nascevaBeethoven

In occasione delle celebrazioni

dell’anniversario dei 250 anni

dalla nascita di Beethoven, arriva

al cinema Fidelio, l’unica opera

realizzata dal compositore. Dalla

Royal Opera House di Londra in

diretta nelle sale cinematografi-

che del mondo: martedì 17 marzo

alle ore 20.15. Con il tenore Jonas

Kaufmann nei panni di Florestan

e il soprano Lise Davidsen

in quelli di Leonore. La direzione

musicale di Antonio Pappano.

www.nexodigital.it[ a c

ura

di Danie

la P

alu

mbo ]

Una scena

del film Sono

innamorato di Pippa

Bacca, distribuito

da Wanted in uscita

l’8 marzo

Arriva al cinema ildocumentarioche ricostruisceaccuratamente laperformancedell’artista, coglieil convintoslancio pacifistadel suo lungoviaggio eripropone iltragico finaledella sua storia

Sono innamorato

di Pippa Bacca

regia di Simone Manetti

Con Elena Manzoni, Antonietta

Pasqualino di Marineo

Italia, 2019

Il film

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26 Scarp de’tenis marzo 2020

di Andrea Pedrinelli foto di Adolfo Ranise

Angelo Branduardi«Per certi aspetti il clochard è la miaseconda natura »

«Sono felice quando suono, per il resto sono tormentato.

Non avessi avuto la musica e trovato la moglie giusta, forse

sarei un senzatetto». Le parole di Branduardi a Scarp

Il cammino dell’anima

è il nuovo lavoro di Angelo Branduardi, un

disco dedicato all’opera di Hildegard von Bingen,

monaca e misticabenedettina vissuta

nell’anno mille

«Io sono un uomo tormen-tato. Se non avessi avuto lamusica e trovato la mogliegiusta, sarei diventato …un barbone! Anzi, per certiaspetti il clochard è la miaseconda natura».Angelo Branduardi ride

mentre si racconta. Da pochimesi è uscito il suo ultimo al-bum dal titolo Il cammino del-l’anima, un disco ricco di classee spiritualità, dedicato all’operadi Hildegard von Bingen, unamonaca e mistica benedettinavissuta nell’anno mille. Questoultimo lavoro segna il suo ritor-no, dopo sei anni, e al contempocelebra i 45 anni di carriera e ilsuo settantesimo compleanno.Angelo Branduardi, dopo il

tour europeo, ha in programmaalcuni concerti nelle città italiane,a Napoli, Bologna, Varese, Sanre-mo e Udine. Il suo ultimo disco èuna rielaborazione di musiche e

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27marzo 2020 Scarp de’tenis

funzioni immediatamente nonesitano a cacciarti. Però non sa-prei spiegare (dopo il fervoredegli anni Settanta) cosa ha por-tato all’enorme buco di creativi-tà: certo il musicista respiraquello che c’è intorno, e se in-torno non c’è nulla è normaleche si scrivano banalità.

Come è arrivato a un discosu Hildegard von Bingen?

Tramite un personale camminointrapreso negli ultimi anni, incui seguendo le lezioni di Augu-sto Silvestri, mio maestro di vio-lino, ho considerato la musicacome una possibile visione diciò che sta al di là della porta delmondo fisico. E così, tra mille ri-cerche sono incappato in questadonna rivoluzionaria, che nel-l’anno mille scriveva musicachiamandola “sinfonia” perchéla considerava la forma d’artepiù vicina all’assoluto. Ho stu-diato le sue composizioni cui,con rispetto, ho aggiunto polifo-nia, mentre mia moglie ha lavo-rato sui testi. Ed ecco come èstato realizzato l’ennesimo mioalbum: anomalo, provocatorio,controcorrente.

testi che potremmo definire mi-stici, nove tracce di un’amma-liante suite, complessa ed emo-zionante, essenziale quanto raffi-natissima. Dialogare con lui de Ilcammino dell’anima, si trasformain fretta in un cammino tout-court nella musica e nella vita.

C’è ancora nel Branduardidi oggi, che da tempo si de-dica a musica antica colta esacra, il Branduardi dellaFiera dell’Est e dintorni?

C’è tutto, sempre. Ho assorbito eappreso da ogni cosa che ho fatto.E il mio passato musicale lo ripro-pongo sempre con grande gioia.Anche perché prova a chiedere aun bambino se conosce AngeloBranduardi e ti dirà di no. Però iltopolino comprato per due soldialla fiera dell’Est eccome, se lo co-nosce! Vuol dire che quel pezzonon mi appartiene più, è diventa-to patrimonio popolare: il che,senza false modestie, mi dà unapiccola immortalità.

E come si trova Branduardinella discografia di oggi, te-nendo conto che propriocon Alla fiera dell’Est giròper sei mesi le case disco-grafiche prima di trovareDavid Zard disposto a pub-blicare l’album?

Molte cose sono cambiate, untempo c’erano sicuramente al-tre persone di riferimento, di-rettori generali che coccolavanogli artisti e soprattutto concede-vano loro del tempo per realiz-zare un nuovo lavoro, talvoltaavevi pure un piccolo contribu-to mensile per poter sopravvive-re, fino a quando, con la pubbli-cazione del nuovo album, si ini-ziava a guadagnare. Ora, se non

mio avviso esaustiva: «Guardati,in te il Cielo e la Terra». Ecco co-sa mi ha trasmesso. La consape-volezza che il mondo intero èdentro, non fuori di noi.

Scrive da sempre con suamoglie: sono più brave ledonne?

Secondo me sì: perché sonodonne. C’è in loro uno scartod’invenzione e genialità, un ri-spetto più alto della natura uma-na, una profondità differentenell’indagine dei sentimenti,una maniera più alta di rappor-tarsi all’infinito.

Ne Il cammino dell’animac’è l’incontro con il diavo-lo, interpretandolo: dov’èoggi?

Nella plastica. In tutto ciò concui stiamo rovinando il pianetache ci è stato consegnato. Vivala piccola Greta, dunque: nonper nulla un’altra donna…

Discografia a parte, AngeloBranduardi si trova benenel 2020?

Io sono felice quando suono,per il resto sono tormentato. Egià a diciotto anni scrissi, inCon-fessioni di un malandrino, comeavrebbe potuto essere la mia vi-ta senza la musica. Appunto unsenzatetto. Nell’oggi mi trovobene perché suono e perchéquello che faccio con la musicaè per me terapeutico: sento an-che la musica di altri, alcune co-se sono interessanti altre mi ur-tano, ma io farò sempre parte dicoloro che sono fuori dai cano-ni. E fino a quando potrò faremusica così, come piace a me econ essa riempire i teatri, allorasarò felice.

schedaNel suo ultimo disco, Il cam-

mino dell’anima, Angelo Bran-duardi è affiancato dal suonodi antichi strumenti, dallaVU_Orchestra, da voci liriche e da un cameo di Cristiano De André. Questa non saràl’unica uscita discograficadell’artista. In questi mesi,per celebrare il suo 70° com-pleanno, Branduardi ha inserbo per i fan la pubblicazionedi un cofanetto, una trilogia su 33 giri composta da Futuro

Antico I – Chominciamento

di gioia del 1996, L’infinita-

mente piccolo del 2000 e il Cam-

mino dell’anima. «Perché pro-prio questi?» chiedo. «Perché ad oggi li considero i miei dischifondamentali» –risponde-. «Certonon rinnego La pulce d’acqua, Si può fare, Il dito e la luna o altribrani. Però i decisivi sono questitre. Il primo fu la riscoperta e messa in gioco delle mie radici, il secondo una scom-messa stravinta, il terzo è il mio presente. Poi ci sarà il futuro, che ovviamente non so predire: lo aspetterò e verrà quando verrà».

Nell’oggi mi trovo beneperché suono e perché quello che faccio con la musica è per meterapeutico: sento anche la musica di altri,alcune cose sono interessantialtre mi urtano, ma io farò sempreparte di coloro che sono fuori dai canoni. Fino a quando potrò faremusica così, comepiace a me, allorasarò felice

L’INTERVISTA

Ennesimo perché in effettinon è il primo, contento diessere anomalo?

Eccome, sono un artista di nic-chia e felice di esserlo. Peraltroparecchie volte dalla nicchia,senza volerlo, sono entrato nelmainstream piazzando successiimportanti e pure internaziona-li. Quando pubblicai L’infinita-mente piccolo che parlava diFrancesco d’Assisi tutti rideva-no, poi a teatro l’ho replicato piùdi trecento volte e forse ora lodevo riproporre. Io sono così,c’è chi mi ama e chi mi odia: ca-pitava anche a Maria Callas.

Che cosa le ha dato, a finelavoro, ripercorrere visionie melodie della monacaHildegard?

Rispondo con sua una frase, a

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Dopo un anno di sperimentazione, il Reddito di cittadinanza continua a non convincere chi opera a stretto contatto con la fascia di popolazione a cui questa misura è dedicata.«L’Rdc è stato il più grande investimento di risorse contro la povertà finora introdotto in Italia – dice il professor Gori che, per Caritas,

28 Scarp de’tenis marzo 2020

COPERTINA

@Im

agomundi/Romano Siciliani

Reddito di

Tra luci

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lo ha monitorato –. Cancellarlo vorrebbe dire deligittimare anni di lotta alla povertà».Servono però dei correttivi per le storture che non permettono ai più poveri di accederealla misura, che non permettono il risparmiodei soldi stanziati e che non incentivano le persone a cercarsi un lavoro

29marzo 2020 Scarp de’tenis

cittadinanza

e ombre

º

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30 Scarp de’tenis marzo 2020

cucinare quello che vuole, senzadover per forza andare alla mensadei poveri. «È una situazione prov-visoria – precisa scaramantico –ma è sempre meglio della strada».

C.B. ha ricevuto l’assegno per-ché pur non avendo una dimora hapotuto indicare un domicilio gra-zie al Sam, il Servizio di accoglien-za milanese della Caritas Ambro-siana che da anni, per conto delComune, registra gli homeless.

Non tutti i senza tetto in Italiahanno avuto la sua stessa fortu-na. Su 8 mila Comuni, solo 200concedono a chi vive per strada laresidenza anagrafica pressoun’associazione o gli stessi ufficimunicipali. Essere presenti inquell’elenco permette di fare do-manda per una casa popolare,prenotare un visita medica e oraanche chiedere all’Inps il soste-gno economico. Così per effetto

di questa falla del sistema buro-cratico, ad essere tagliati fuoridallo strumento che doveva, nel-le intenzioni dei suoi ideatoricancellare la povertà, sono statiproprio i più poveri.

A Roma sistema inceppatoÈ successo in molti Comuni diprovincia ancora inadempientiverso un obbligo di legge previstosin dal 1954. Ma anche nella capi-tale. «Da quando la sindaco Virgi-nia Raggi, nel 2017, ha deciso diavocare ai Municipi l’attribuzionedelle residenze, per fare piazzapulita di alcune associazioni chein effetti avevano commesso degliabusi, la macchina si è inceppata.Gli assistenti sociali non riesconoa rispondere a tutte le domande.E siccome senza un domicilio,non di può ricevere il Reddito, citroviamo in una situazione para-

di Francesco Chiavarini

«Il mio primo acquisto?Appena ho ritirato la tesseramagnetica all’ufficio postale,sono corso al supermercatoe mi sono comprato una fet-tina di vitello. Non mi succe-deva da anni di entrare in unnegozio, fare la spesa e paga-re con una carta di credito oqualcosa di simile e devo direche è stato come intravvede-re una luce in fondo al tun-nel», racconta C.B., 57 anni,uno dei 2 milioni e 300 milacittadini italiani che hannopotuto beneficiare del Reddi-to di cittadinanza.

Ex titolare di un bar, dopo esse-re finito a dormire nelle stazioni diMilano e provincia, poco primache arrivassero anche i soldi delloStato, ha rimediato una stanza inuna parrocchia dove ha un fornelloa gas con il quale può finalmente

COPERTINA

Dal Reddito dicittadinanza sono

esclusi i senza dimora a cui i Comuni non

rilasciano la residenza.Paradossalmente chi

ne avrebbe più bisogno risulta esserne escluso

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31marzo 2020 Scarp de’tenis

dossale: c’è chi ha bisogno di tuttoe non riceve nulla», osserva Alber-to Farneti, membro del consigliodirettivo della fio.PSD (la Federa-zione degli organismi per le per-sone senza dimora).

In effetti, di paradossi,ne saltano fuori parecchi ri-leggendo alla luce dei fattila storia del primo anno divita di questo provvedi-mento. E spesso non c’en-trano le tare che ci portia-mo appresso dal passato,ma alcune clamorose svistecommesse da chi ha conce-pito la norma.

Per esempio, una delle con-traddizioni più gravi, riguarda lefamiglie numerose. «A causa delmeccanismo di calcolo degli im-porti, i single ricevono un contri-buto di gran lunga superiore allasoglia di povertà, mentre chi ha

devono dividersi in cinque. Lui, 50anni ex marmista, che fatica a par-lare e muoversi e quindi non puòpiù lavorare. La moglie che fa lepulizie nelle case delle signore delpaese quando non lo deve curare.E i tre figli di 15, 13 e 10 anni chevanno a scuola. «Non ci bastano econtinuiamo ogni settimana adandare in parrocchia per ritirare ilpacco viveri. Meno male che pri-ma di ammalarmi sono riuscito apagare l’ultima rata del mutuo edora non dobbiamo preoccuparcianche della casa».

Troppo poveri per il RedditoMa forse il cortocircuito più gra-ve, il Reddito di cittadinanza lo haprovocato proprio sugli immigra-ti. E.L, nigeriana, in Italia da 24anni, vive a Caravaggio, con duebambini a carico. Per i servizi so-ciali del Comune è una personaindigente che ha bisogno di aiuto.Nonostante ciò, non ha potutobeneficiare dell’assistenza stata-le. La sua colpa? Guadagnaretroppo poco. Avendo lavorato so-lo per brevi periodi lo scorso an-no, E.L. è riuscita a dichiarare unreddito annuo di 1.400 euro, unacifra ben al di sotto dell’assegnosociale necessario per ottenere ilpermesso di soggiorno per lungoperiodo, condizione senza la qua-le non si può godere dell’assi-stenza. Così la sua domanda èstata respinta dall’Inps.

«Si tratta di un’evidente con-traddizione. È come se lo Stato di-chiarasse di voler aiutare i poverima al tempo stesso pretendesseche non lo fossero troppo», com-menta Alberto Guariso di Avvocatiper Niente che ha presentato ricor-so al Tribunale di Bergamo, terri-torialmente competente. Il qualedovrà decidere se archiviare o ri-mettersi al giudizio della CorteCostituzionale. Cosa che probabil-mente farà visto che lo stesso Tri-bunale ha chiesto l’intervento del-la Consulta per un caso analogo.

Guariso, con l’Associazione Av-vocati per Niente, non è nuovo abattaglie di questo tipo e spessone è uscito vincitore. Se i giudicicostituzionali gli daranno ragione,la norma sarà dichiarata incosti-tuzionale e il permesso di soggior-

più di tre figli è penalizzato»,spiega Nunzia De Capite di Cari-tas Italiana. Un errore che ha con-seguenze pesanti sulla vita dellepersone. C.M., 64 anni, di Arlunoin provincia di Milano, ha fatto ri-chiesta in Comune lo scorso apri-le. Il primo assegno è arrivato, unmese dopo: 500 euro. La ciframassima, non avendo diritto an-che al contributo per l’affitto poi-ché vive in una casa in paese chegli ha concesso gratuitamente uncaro conoscente.

«È manna caduta dal cielo, fi-nalmente mi sono liberato dal-l’umiliazione di dovere dipende-re da mia figlia che si sta per spo-sare e ha bisogno di soldi».

A pochi chilometri di distanza,nel Comune di Vignate, S.M., ori-gini tunisine, invece, è un po’ me-no felice (si fa per dire). Alla suafamiglia sono toccati 822 euro che

Una dellecontraddizioni più gravi, riguardale famiglienumerose. A causadel meccanismo di calcolo degliimporti, i singlericevono uncontributo di granlunga superiorealla soglia di povertà, mentrechi ha più di tre figli è penalizzato

Secondo l’Osservatorio dell’Inps, dal

marzo 2019 al 7 gennaio 2020 sono state

1.641.969 le domande di Reddito e Pensione

di cittadinanza pervenute all’Istituto nazio-

nale di previdenza. Di queste ben oltre la

metà (il 67%) è stata accolta. In termini as-

soluti le domande ammesse sono state poco

superiori al milione (1.041.462) ma il numero

dei beneficiari è stato ben più alto dal mo-

mento che dietro ogni richiesta c’è una fa-

miglia. Sempre secondo l’Osservatorio dell’Inps che all’inizio dell’anno ha diffuso

gli ultimi dati aggiornati, i percettori del Reddito di cittadinanza sono pari a 2

milioni e 370 mila 938 persone. Alle quali bisogna aggiungere 125.862 da percettori

di Pensione di cittadinanza.

L’importo medio mensile erogato dall’istituzione della prestazione è pari a 493

euro, con una media superiore del 7% rispetto a quella nazionale nelle regioni del

Sud e delle Isole da cui sono pervenute anche la maggioranza delle domande (56%)

e inferiore dell’8% e del 14% rispettivamente nelle regioni del Centro e del Nord,

dove sono state presentate rispettivamente il 28% e il 16% delle richieste.

L’entità dell’assegno varia sensibilmente a seconda del numero dei componenti

del nucleo familiare. Si oscilla da un minimo di 392 euro per famiglie con un solo

componente ad un massimo di 625 euro per i nuclei con cinque membri.

I nuclei di stranieri che hanno ottenuto il beneficio è pari al 6,8% del totale. La

percentuale è più o meno corrispondente a quella dei cittadini extra Ue residenti

in Italia, ma secondo l’Istat il rischio di povertà per gli stranieri è quasi il doppio ri-

spetto a chi vive in famiglie di soli italiani (49,5% contro il 26,3%). Una discrepanza

che si spiega solo con le barriere di accesso alla misura poste agli immigrati.

I DATI

Oltre un milione le domande ammessePochi gli stranieri

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32 Scarp de’tenis marzo 202032

di Paolo Riva

Manca solo in Italia. Per so-stenere l’idea del Reddito dicittadinanza, il Movimento 5Stelle ha più volte ricordatocome il nostro fosse uno de-gli ultimi Paesi dell’UnioneEuropea a non avere ancorauna misura di questo tipo. Èvero? Dipende.

Dipende innanzitutto da cosasi intende. Il Reddito di cittadi-nanza dovrebbe essere universalee cioè dato a tutti i cittadini di unoStato in quanto tali, senza nessunarestrizione. Non è il caso del Red-dito di cittadinanza italiano, chelega l’erogazione del sussidio a di-verse condizioni, come determi-nati livelli di Reddito, di patrimo-nio o l’accettazione di offerte di la-voro. La misura approvata dalprimo Governo Conte è, piutto-sto, quello che, tecnicamente, vie-

In Europa«I soldi da solinon bastano:servono servizi»

COPERTINA

Nulla di nuovo e innovativo tanto che

in altri Paesi d’Europa si sta ragionando

su come rimodulare gli aiuti in maniera

più organica a chi ha perso il lavoro

no per lungo periodo non potràpiù essere richiesto come requisi-to per l’ottenimento del Redditodi cittadinanza. Il provvedimento,scritto male dal legislatore, sareb-be corretto dalla magistratura, co-me accaduto altre volte. Ma si ri-solverebbe solo un aspetto.

A giudicare dalla serie diincongruenze, disparità in-giustificate di trattamento,vere e proprie discrimina-zioni, verrebbe piuttosto dachiedersi se non sia megliorifare tutto daccapo.

Cristiano Gori, professore dipolitiche sociali a Trento e incari-cato da Caritas di monitorare lamisura mette in guardia: «Attentia non buttare il bambino con l’ac-qua sporca: il Reddito di cittadi-nanza è stato il più grande investi-mento di risorse contro la povertàfino ad oggi introdotto in Italia.Cancellarlo vorrebbe dire delegit-timare anni di lotta. Certo ci sonoalcuni evidenti nodi irrisolti. Van-no sciolti, uno ad uno con inter-venti chirurgici, aiutando così chidavvero ha più bisogno».

ne definito un Reddito minimo ga-rantito. E che, nel 2018, in effetti,era già stato adottato da quasi tuttigli Stati Ue, ad eccezione del no-stro, della Grecia e della Croazia.

«A livello europeo c’è ormai uncerto consenso sull’utilità del Red-dito minimo –spiega Peter Verhae-ghe di Caritas Europa–. Le istitu-zioni l’hanno anche inserito neiventi principi del pilastro europeodei diritti sociali approvato nel2017. Il punto è come viene messoin pratica». Le differenze tra unoStato e l’altro sono molto marcate,così come le percentuali di cittadiniche nei diversi Stati membri sono arischio povertà: si va dall’11% dellaFinlandia al 13 della Francia, dal 16della Germania fino al 23 % circa diRomania e Bulgaria.

L’Italia, che supera di poco il 20per cento, è arrivata tardi, ma ha in-

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vestito molto. Secondo l’Osserva-torio conti pubblici Italiani del-l’Università Cattolica, il Reddito dicittadinanza italiano è “il più gene-roso in Europa in termini monetarie uno dei meno stringenti in termi-ni di obblighi per il beneficiario”.

Italia nazione più generosaDa un lato, siamo “l’unico Paese incui il Reddito garantito è uguale allasoglia di povertà (calcolata in 780euro mensili per una persona sin-gola)”, distanziando di molto gli al-tri che “garantiscono un Redditomolto più basso: circa 530 euro laFrancia, circa 400 euro la Germa-nia e meno di 400 il Regno Unito”.Dall’altro, in 22 paesi Ue “è conces-so di rifiutare al massimo una offer-ta di lavoro ritenuta appropriata”mentre la nostra normativa con-sente due risposte negative e con

a trovare lavoro. I dati però sonoancora parziali e i ricercatori coin-volti nel progetto lamentano di nonaver potuto testare la misura anchesu dei cittadini con un impiego.

Il dibattito, quindi, rimaneaperto e altri test scientifici sem-brano necessari. Nell’attesa, però,Verhaeghe si dice scettico. «La po-vertà è sempre multidimensiona-le e quindi ha bisogno di rispostemultidimensionali. Il Reddito ser-ve ma è importante anche l’acces-so ai servizi. Dare dei soldi alle per-sone non basta».

Nicaise concorda: «Pensare cheil Reddito di cittadinanza sia un ri-medio magico contro la povertà èutopico, anche perché è costoso. Infuturo avremo una via di mezzo traquello e le misure attuali: presta-zioni mirate, individualizzate e re-lativamente incondizionate».

33marzo 2020 Scarp de’tenis

Pensare che il Reddito di cittadinanza sia un rimedio magicocontro la povertà è utopico, ancheperché è costoso.In futuro avremouna via di mezzotra quello e le misure attuali:prestazioni mirate,individualizzate e relativamenteincondizionate

DALL’ESTERO

Un anno di Reddito di cittadinanza, un anno che anche a Ge-

nova ha visto questa nuova misura di welfare entrare in ma-

niera prepotente nelle giornate di chi l’ha richiesta e di chi

l’ha ottenuta, nell’attività dei servizi sociali, e nei centri di

ascolto, come quello di Caritas e Fondazione Auxilium.

Partiamo dai numeri: nel Comune di Genova al dicembre

2019 i beneficiari del Reddito (o della Pensione di cittadi-

nanza, per le persone over 67) sono 9.681. Questa cifra però

comprende anche persone o nuclei familiari che non hanno

il diritto di ricevere la cifra loro corrisposta, ma che hanno

fatto comunque domanda, e dovranno restituire quanto ot-

tenuto fino adesso. Come mai tutto ciò accade? Perché è le

richieste sono raccolte da Caf o uffici postali e non, come ad

esempio succedeva per il Rei dai servizi del Comune; questo

comporta la mancanza, al momento in cui il percorso inizia,

di un qualsiasi tipo di colloquio, o di verifica, e i controlli

successivi alle elargizioni possono avere conseguenze spia-

cevoli, che possono anche spingersi nel campo del penale.

Effettivamente, per come il Rdc è organizzato, una cura,

che porti anche a una presa in carico dei servizi, non è pre-

vista né necessaria, perchè di fatto il Rdc ha un solo fonda-

mento: il lavoro, declinato come “mancanza di” e “ricerca

GENOVA

diversi distinguo. Il provvedimentoitaliano non rivoluziona le politi-che europee di lotta alla povertà.

«Anche perché –spiega Ides Ni-caise, professore dell’Istituto supe-riore di studi sul lavoro dell’Univer-sità di Leuven, in Belgio – al mo-mento, a livello continentale, nonci sono forme di protezione socialeparticolarmente innovative. Anzi,gli esperimenti con il Reddito di cit-tadinanza hanno avuto sinora unimpatto limitato sulle politiche na-zionali». Gli esempi a cui si riferisceNicaise sono diversi, ma il più co-nosciuto è quello finlandese. Nel2017, il governo di Helsinki avevalanciato un’ambiziosa sperimenta-zione di due anni, salvo poi tagliar-ne i fondi. Secondo i primi risultati,dare 560 euro ogni mese a 2 milapersone disoccupate aveva aiutatoi beneficiari a stare meglio, ma non

Giuseppe e Gioietta hanno un reddito«Servirebbe però un aiuto più mirato»

di”. Dopo l’arrivo della card prepagata, gli unici momenti di

verifica ufficiale sono in mano ai famosi navigator, operanti

nei centri per l’impiego.

Se il Reddito compie un anno, le convocazioni ai centri

sono un po’ più “giovani”, perchè sono iniziate a giugno.

E dal loro inizio, queste convocazioni hanno messo subito

in luce la necessità di affrontare il disagio sociale, e non

solo l’inoccupazione, che di questi fattori è parte inte-

grante ma non certo più importante o più critica. A questi

iniziali inciampi di metodo e organizzativi, si aggiungono

le perplessità e le difficoltà pratiche espresse da chi il Red-

dito lo sta ricevendo; testimonianze dirette di tutto ciò le

abbiamo raccolte fra gli ospiti dei dormitori o nei servizi

di accoglienza diurna.

«Le prime volte dovevo fare al navigator il riassunto delle

puntate precedenti, perché naturalmente non si ricordava

della mia faccia e della mia storia – spiega ridacchiando

Giuseppe, che si aspettava una sorta di presa in carico simile

a quelle dei servizi –. Ma la cosa più spiacevole era vedere

questa ragazza in difficoltà, che mi stampava gli indirizzi

delle agenzie interinali. Volevo dirle che un computer ce l’ho

anche io».

Gioietta invece ci parla di un intoppo inatteso: «Mi fa

piacere avere a disposizione una cifra mensile, ma anche se

non è altissima, l’educazione a stare attenta ai soldi l’ho

avuta, quindi l’ansia di dover svuotare la card ogni mese

non mi piace. Il risparmio è un valore, qua se risparmi sul

Rdc sembra che ti puniscano, non lasciando a disposizione

la cifra rimasta».

Daniele Di Pompeo

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34 Scarp de’tenis marzo 2020

di Laura Guerra

Napoli è la provincia italianacon più percettori di Redditoe pensione di cittadinanza,con quasi 120 mila beneficia-ri anche se è ancora in corsola fase 2 per l’avviamento allavoro. Secondo i dati Anpal,a Napoli e provincia, coloroche sottoscriveranno il Pat-to per il Lavoro sono pocopiù del 30 per cento del tota-le della platea dei beneficiari.Risulta più elevata, invece, la per-centuale di coloro che dovrannosottoscrivere i Patti per l’inclusionesociale. Si tratta di profili, per età oformazione, non adatti per l’avvia-mento verso un percorso lavorati-vo – perché poco qualificati e conun background considerato insuf-ficiente –e perciò vengono indiriz-zati verso i progetti di pubblica uti-lità dei Comuni di residenza chepossono impiegarli in ambito cul-turale, sociale, artistico, ambienta-

«Una misura che rischiadi cronicizzarela povertà»

Bene fare qualcosa, ma così si rischia

di vanificare il lavoro di molti operatori:

distribuire soldi senza offrire un lavoro

può creare soltanto assistenzialismo

2,3 milionii cittadini italiani che hanno potuto

beneficiare del Reddito di cittadinanza

493 euro importo medio mensile erogato, con una media

superiore del 7% nelle regioni del Sud e delle Isole COPERTINA

«Poco tempo fa una persona senza dimora è venutaal centro d’ascolto e, dopo essersi seduta, ha alzatola gamba mettendola sulla scrivania dell’operatore:«Guarda – ha detto – mi sono comperato le scarpe,

è il primo paio di scarpe nuove che indosso da 5

anni. Erano il mio sogno, oggi con il Reddito di cit-

tadinanza sono riuscito ad acquistarle». La respon-

sabile del centro d’ascolto della Caritas diocesana di

Torino, Wally Falchi, quando le chiediamo un’im-

pressione sul Reddito di cittadinanza racconta questa

e altre storie. Come la signora che è tornata in ma-

celleria e candidamente dichiara: «Era molto tempo

che non potevo acquistare la carne, ora ci riesco».

Oppure di alcuni che affrontano cure dentali,

pagando a rate la protesi, mentre prima non riu-

scivano; altri che, dopo anni, hanno portato i figli

a trascorrere una giornata al mare. «Anche queste

piccole cose ridanno un po’ di dignità, un po’ di

gioia – osserva. Da poco ho parlato con un uomo

di 57 anni, sposato con due figli, che ha lavorato

dall’età di 18 anni ma nel 2008 ha perso il lavoro

per il fallimento della ditta e per dieci anni ha spe-

rimentato la disoccupazione, il dramma di non ar-

rivare a fine mese e il profondo senso di inutilità».

«Ora con il Reddito di cittadinanza mi hanno chia-

mato per attivare un inserimento lavorativo, quasi

non ci credevo. Mi pare un sogno, riprendere in

mano la mia vita», ha detto l’uomo.

Tutto bene dunque? Certo che no. Molti anziani

hanno avuto accesso alla pensione di cittadinanza

con incrementi bassi rispetto alle sociali o minime

che già percepivano anche perché spesso vivono in

alloggi con affitto privato. Poi l’esclusione dalla mi-

sura di tutti coloro che non hanno il requisito dei

dieci anni di residenza in Italia, di cui gli ultimi due

in via continuativa, compresa una quota di senza

dimora che hanno perso la residenza e, malgrado

siano persone fragili e molto povere, non possono

fare richiesta. E ancora, le difficoltà del passaggio

dal precedente Rei al Rdc, che non è automatico

per cui varie persone non l’hanno richiesto per ti-

more di perderlo e percepiscono una cifra inferiore

a quella che spetterebbe loro. Ci sono poi nuclei fa-

miliari che non riescono ad accedere alla misura

pur con figli o parenti invalidi a carico. Per questo a

Torino si stanno attivando progetti basati su un ap-

proccio multidisciplinare, con tavoli di concertazione

pubblico-privato sociale per un lavoro di rete che

metta al centro i fruitori del Reddito di cittadinanza.

Enrico Panero

Il Reddito restituisce dignità. A Torino si studiano dei correttivi

TORINO

«I funzionari Inps aiuteranno gli ospiti delle strutture di acco-glienza a compilare la domanda per il Reddito di cittadinanza. È quantoprevisto da un accordo sottoscritto a metà dicembre a Roma tra l’Istitutodi previdenza, l’Anci e Caritas Italiana.Il progetto prevede la realizzazione di attività di orientamento specifica-mente rivolte a coloro che si trovanoin condizioni di disagio socio-econo-mico che potrebbero non esserea conoscenza né essere adeguata-mente informati sulle prestazioni socio-assistenziali e previdenziali erogatedall’Inps a cui avrebbero diritto. Perpoter favorire il più possibile, si leggein una nota dell’Inps, «la conoscenzae l’accesso da parte di questi ultimialle prestazioni previdenziali e assi-stenziali erogate saranno inviatipresso alcune sedi territoriali di strut-ture pubbliche e private che svolgonoattività di supporto, operatori del-l’Inps dedicati, affiancati eventual-mente da operatori dell’anagrafe e anche da assistenti sociali». «Il per-sonale potrà - continua la nota - nei giorni e nelle ore stabilite, incon-trare gli utenti di quelle strutture e for-nire loro le informazioni richieste». In una prima fase, il primo contattocon le persone prevede la compila-zione da parte dei richiedenti di unquestionario con cui l’operatore del-l’Inps potrà capire a quali prestazionila persona può accedere (Reddito di cittadinanza, pensione di cittadi-nanza, assegno per il nucleo fami-liare, pensione di invalidità, ecc.).Il servizio sarà sperimentato inizial-mente nelle città principali. «Conl’accordo Inps per tutti, siglato traInps, Anci e Caritas, facciamo un si-gnificativo passo in avanti per garan-tire alle persone in difficoltà i propridiritti», ha commentato LucianoGualzetti, direttore della Caritas Ambrosiana, che sta già prendendoaccordi con la città Metropolitana per attivare i primi sportelli. Francesco Chiavarini

Strutture di accoglienza:I funzionari Inpsin aiuto degli ospiti

NOVITA’

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35marzo 2020 Scarp de’tenis

Scarp de’ tenis, gestito dalla coope-rativa La Locomotiva che si occupaanche del Centro di prima acco-glienza, un dormitorio notturnoche ospita più di cento personeogni sera. In queste strutture i be-neficiari del Rdc sono 25.

Così si cronicizza la povertà«Per le persone senza dimora,questa misura si sta rivelando inef-ficace e inadeguata per migliorarela loro condizione. Si tratta di unintervento completamente assi-stenzialista perché elargisce dena-ro e potere d’acquisto senza che lapersona sia presa in carico e segui-ta dai servizi sociali. Essendo per-lopiù una carta di acquisto, per-mette di comprare cibo, vestiti ebeni che per un ospite di un centrodi accoglienza sono superflui, per-ché è logico che se non hai una ca-sa tutte queste cose non hai nean-che dove conservarle».

le, formativo e di tutela dei beni co-muni, per almeno otto ore settima-nali. Ma i progetti dei Comuni re-stano da definire. In provincia è tut-to fermo.

«Colpa degli organici inadegua-ti dei Comuni – spiega il segretariogenerale di Fp-Cisl, Lorenzo Medi-ci –, i servizi sociali sono inesistentie manca la presa in carico. Il risul-tato è che l’obbligo di lavoro neiprogetti di pubblica utilità previstoper i beneficiari del sussidio non ri-tenuti idonei al Patto per il Lavoro,rischia di non poter essere rispet-tato a causa di queste carenze strut-turali. E così molti continuerannoa percepire il sussidio senza aderireai progetti di pubblica utilità».

Sulla presa in carico inesistentesi sofferma anche Mena Severino,coordinatrice del Sistema integratoper persone senza dimora che pre-vede tre case di seconda accoglien-za e il progetto di reinserimento

NAPOLI

C’è chi non ha fattola richiesta perchépreferisce risolvereil problema del lavoro e della casa da solo.E chi ne beneficia,invece, non è messo in condizione di fare un percorsodi emancipazione.Sono soldi buttatiper un interventoche non sconfiggeaffatto la povertà

«Il Reddito di cittadinanza per-mette solo 100 euro in contanti –continua la Severino – è ciò diventaun ostacolo per chi vuole affittareuna camera anche nella fascia cheprevede il sostegno all’affitto, per-ché i locatari non la consideranouna garanzia sufficiente. Ma non sipuò nemmeno accedere nellestrutture di housing sociale, doveuno dei requisiti è avere un lavoroe sei hai il Reddito di cittadinanza illavoro non te lo cerchi per non per-dere il beneficio. Registriamo duetipi di approcci da parte dei parte-cipanti ai progetti: c’è chi non hafatto la richiesta perché preferiscerisolvere il problema del lavoro edella casa da solo e chi ne beneficia,invece, non è messo in condizionedi fare un percorso di emancipazio-ne e di autonomia. Sono soldi pub-blici buttati per un intervento chenon sconfigge la povertà ma la cro-nicizza».

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36 Scarp de’tenis marzo 2020

L’allarmeIn Italia in 10 annisono triplicati i bambini poveri

Aumentata la distanza tra ricchi e poveri: chi ha soldi sfrutta

le opportunità, chi non ne ha non riesce ad accedere a servizi

fondamentali. Ma i soldi, da soli, non risolvono i problemi

Un bambino ogni otto in Ita-lia, oggi, è povero. Sono unmilione e 260 mila i bambinie i ragazzi che vivono in con-dizioni di povertà assoluta,un numero triplicato dall’an-no della crisi economica, pas-sando dai 375 mila del 2008(erano il 3,7% del totale), al12,5% del 2018.

È la realtà fotografata dal decimoAtlante dell’Infanzia a rischio, il rap-porto di Save the Children che esami-na la condizione dei minori negli ul-timi dieci anni nel nostro Paese sullabase di dati Istat, e che ne sottolineaanche le differenze territoriali: se inEmilia Romagna e Liguria un bam-bino su 10 vive in famiglia con un li-vello di spesa molto inferiore allamedia nazionale, nel Sud è una con-dizione che tocca a un bambino sutre. Ma la povertà minorile è un fe-nomeno complesso, che non si limi-ta all’avere pochi soldi.

«La povertà, in particolare quel-

diMarta Zanella

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37marzo 2020 Scarp de’tenis

la minorile, è sempre multidimen-sionale – ci spiega Luca Pesenti – do-cente di sociologia all’UniversitàCattolica di Milano ed esperto dipovertà e welfare –. C’è una povertàeconomica alla base, a cui si som-mano altre carenze che aggravanola situazione. Le due più rilevantisono quelle che chiamiamo povertàsanitaria e povertà educativa».

Povertà non solo economicaSono circa 500 mila i bambini sottoi 15 anni che vivono in famiglie dovenon si consuma abbastanza carne epesce, e altrettanti dove a tavola nonci sono sufficienti frutta e verdura.Una mancanza di beni essenzialiche si capisce anche leggendo dei453 mila bambini che nel 2018 han-no mangiato grazie ai pacchi ali-mentari. Negli anni della crisi le fa-miglie con bambini hanno progres-sivamente ridotto la qualità e laquantità della spesa alimentare, equesto incide sulla salute.

DOSSIER

Le condizioni di partenza dellafamiglia di originepredeterminano anche i percorsisuccessivi, e questocertamente accade in Italia,dove la probabilitàche un ragazzo si laurei è più alta per chi ha almenoun genitorelaureato, rispetto a chi non ne ha

«La deprivazione sperimentata findalla tenera età può dispiegare i suoieffetti lungo tutto il corso della vita,producendo danni sulle condizionidi salute, sul percorso scolastico,sulla possibilità stessa di immagina-re il futuro e di nutrire aspirazioni,sull’accesso al mercato del lavoro»,rincara Save the Children.

Ascensore sociale bloccato«Tutti gli studi di settore segnalanocome le condizioni di partenza dellafamiglia di origine predetermininoi percorsi successivi, e questo certa-mente accade in Italia, dove la pro-babilità che un ragazzo si laurei è piùalta per chi ha almeno un genitorelaureato, rispetto a chi non ne ha –ci spiega Pesenti –. Di fatto, la pover-tà educativa è molto spesso il risul-tato di una povertà familiare che ri-versa sui minori una carenza di op-portunità per il loro futuro».

I dati mostrano che povertà eco-nomica e povertà educativa si ali-mentano a vicenda, perché la caren-za di mezzi culturali e reti sociali ri-duce anche le opportunitàoccupazionali e economiche; dal-l’altra parte, le ristrettezze econo-miche limitano l’accesso a opportu-nità culturali e formative per i bam-bini e ragazzi che vengono dafamiglie svantaggiate.

La ricerca di Save the Children cidice che quasi la metà dei ragazzinon legge neanche un libro oltre aitesti scolastici, e che quella alla let-tura è un’abitudine che si acquisiscese si vedono i genitori leggere. Chesette ragazzi su dieci nel tempo li-bero praticano meno di 4 attivitàculturali l’anno, considerando cine-ma, teatro, mostre, musei, concerti,visite a monumenti o eventi sporti-vi. E che persino lo sport, general-mente considerato importante an-che dalle famiglie con meno risorse,è una possibilità solo per due ragazzisu tre. Così succede che ragazzi conmeno risorse abbiano meno gratifi-cazioni personali e più difficoltà nelpercorso scolastico, tanto da indur-ne l’abbandono della scuola.

Oggi il tasso di abbandono sco-lastico prima di aver conseguito untitolo superiore o almeno professio-nale è del 14,5%, ancora lontano

È anche per questo che si ag-giunge il tema della povertà sanita-ria: i bambini che appartengono afamiglie meno abbienti e menoistruite soffrono di tassi più elevatidi obesità e nella vita possono anda-re incontro più facilmente a carie,diabete, malattie cardiovascolari. InItalia è sovrappeso un ragazzino su4 (con grandi differenze geografi-che, che vanno dal 14,2% del Trenti-no Alto Adige al 35,2% della Campa-nia). Sono famiglie che, tra l’altro,spendono meno della media per ifarmaci, che non accedono alle visi-te specialistiche fin quando non èproprio necessario, perché anche ilticket incide sul budget mensile, cherinunciano al dentista perché gli ap-parecchi costano troppo.

In questo contesto, il fattoche lo Stato negli ultimi anniabbia diminuito la spesa perle scuole peggiora, le cose. Se-condo l’Ocse, l’Italia spende peristruzione e università il 3,6% del Pil,un punto percentuale in meno del2009, e a fronte di una media deglialtri Paesi del 5%. Tra i servizi chepagano questa mancanza di risorseci sono anche le mense scolastiche,che sarebbero uno strumento stra-ordinario di promozione di un’ali-mentazione sana e di lotta all’obe-sità e alla malnutrizione. Eppuresiamo lontani dal garantire a tuttil’accesso a questo servizio.

«I sistemi di welfare sono quelliche dovrebbero consentire una mo-bilità sociale. Ma in Italia questamobilità è bloccata da molto tempo– analizza Pesenti –. In un contestodove il welfare è molto debole, ilcompito delle scuole di livellare ledisuguaglianze non è sempre fun-zionante».

Il mancato accesso a servizi im-portanti, d’altronde, parte da picco-lissimi. Secondo un’indagine del-l’Istituto Demopolis realizzata perFondazione Con i Bambini, propriosul tema della povertà educativa mi-norile, lo scorso anno meno di unquinto dei bambini ha frequentatol’asilo nido: «un servizio di primariaimportanza per la compensazionedelle disuguaglianze anagrafiche re-sta oggi un’esperienza minoritariaper i bambini italiani». Ma non solo.

I DATI

10%

1 milione 260 mila

30,3%La percentuale di famiglie

che si trova in povertà assoluta

nel Mezzogiorno

Al Nord è il 5,8%

Al Centro è il 5,3%

L’incidenza dei minori in povertà va

dal 10,1% nel Centro fino al 15,7% nel Mezzogiorno

dove risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2017

I minori in povertà assoluta (il 12,6%)

L’incidenza della

povertà assoluta

tra i cittadini stranieri

Tra gli italiani è il 6,4%

14

12

10

8

6

4

2

0

% Fino a 17 anni 18-34 anni 35-64 anni 65 anni e più

2017 201814

13,5

13

12,5

12

11,5

11

10,5

10

% Fino a 3 anni 4-6 anni 7-13 anni 14-17 anni

2017 2018

Incidenza povertà assoluta per classi di età

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38 Scarp de’tenis marzo 2020

Non è un piatto caldo chemanca. È quello che ci mettidentro. Nascere in una fami-glia povera significa anchequesto: un’alimentazionescorretta, veloce, raffazzo-nata. Prendiamo Salvo. Vivealla Kalsa, storico e fantasio-so rione di Palermo. Anticadominazione araba, mix diculture e colori, oggi in via dirivalutazione: ci vivono fa-miglie povere, italiane estraniere, in case vecchie,magari occupate, ma anchebenestanti, commercianti,notai, in appartamenti presia due soldi e ristrutturatimagnificamente.

Il padre di Salvo non si sa dovesia. La mamma è giovane, lavora aimercati della città, si occupa dasola di questo bimbo di cinque an-ni che va alla materna del quartie-re. Che cosa mangia Salvo? Cibo dirosticceria, quelli che la mammagli mette in cartella per l’interval-

Povertà non èsoffrire la fame:«Educare perdare un futuro»

DOSSIER

Alla Kalsa, storico quartiere di Palermo,

il riscatto parte dall’educazione di figli

e genitori e da un’alimentazione sana ed

equilibrata. Da qui può partire il riscatto

dall’obiettivo del 10% massimo chel’Unione Europea si era prefissa peril 2020.

Crescono le differenze«Il problema più serio è che è au-mentata la distanza tra ricchi e po-veri: chi ha, accede a molte oppor-tunità, e chi non ha i soldi non riescead accedere a servizi fondamentali– continua Pesenti –. I sociologi lochiamano “effetto Matteo”, rifacen-dosi al versetto del vangelo di Mat-teo che riporta “A chiunque ha saràdato in abbondanza, e a chi non hasarà tolto anche quello che ha”. Equesto diventa più grave nelle fami-glie con più figli: dove ci sono più fi-gli, c’è più povertà».

Che fare, dunque? «Di casi fun-zionanti da cui prendere esempiopurtroppo ce ne sono pochi – ragio-na ancora il sociologo – però pensa-re che la povertà sia solo un proble-ma di soldi può portare alla tenta-zione di intervenire solo dando unaiuto economico, senza prevederealtri accompagnamenti precisi (unpo’ come prevede in Reddito di cit-tadinanza), ma questo è il modo mi-gliore per fallire».

Quello che serve, invece, è «unmix di meno soldi e più servizi. Cioèuna presa in carico della famiglia daparte del sistema – per sistema in-tendo il pubblico e il privato attivosul territorio che lavorano insiemein rete –che sia capace di interveniresu tutte le dimensioni della povertàche abbiamo visto».

Certo, l’aiuto economico può es-sere utile per un intervento emer-genziale ma non deve essere unagrossa cifra e solo per un breve pe-riodo. «Quello che serve davvero –conclude Pesenti – è sostenere conazioni che aiutino a trovare un lavo-ro, supportare l’eventuale problemasanitario, accompagnare con i ser-vizi insomma. Quei servizi di soste-gno alla persona che con il Redditodi cittadinanza, purtroppo, non so-no ancora partiti».

di Stefania Culurgioni

453 milanumero di bambini che nel 2018 hanno potuto

mangiare grazie al supporto di pacchi alimentari

3,6% del Pil è quanto l’Italia spende per istruzione

e università, a fronte di una media Ue del 5%

Fino alle scuole medie è semplice: c'è poco da sce-gliere. Il difficile arriva quando bisogna deciderecosa fare dopo la terza media. Non sempre le fa-miglie hanno gli strumenti per aiutare e non sem-pre gli insegnanti bastano a supplire. Alessandrooggi frequenta soddisfatto il primo anno di un isti-tuto tecnico, ma la sua scelta non è arrivata da sola. Nella scuola media di Villapizzone, quartiere

popolare della periferia di Milano che conta un'altapresenza di famiglie di origine straniera, la coo-perativa Farsi Prossimo propone un percorso diorientamento alla scelta della scuola superiore. Iragazzi lavorano sui loro desideri e le loro capacitàe risorse, e anche sul vissuto della famiglia. A cia-scuno di loro si chiede di intervistare un adulto –secondo loro realizzato - sul suo percorso formativoe di lavoro, perché il confronto possa stimolarli.Ad Alessandro quel lavoro è sembrato così belloche ha intervistato i genitori, alcuni parenti, il suoallenatore: alla fine, di interviste ne ha messe in-sieme otto. E ha imboccato la sua strada.Oltre al percorso di orientamento, la Farsi Pros-

simo ha un servizio di tutoring per supportare iragazzi negli anni delle medie, affiancandoli nel-

l'acquisizione di un metodo di studio e nel rap-porto con i nuovi compagni. Lo scorso anno ha an-che attivato un laboratorio per la preparazionedell'esame di terza media: hanno partecipato inventi, «molti di loro a casa non avevano un adultoche li aiutasse, e alcuni nemmeno un computerper scrivere la tesina. È stata la loro opportunità ditirar fuori le loro competenze, fare un bell'esamee ottenere il loro personale successo» - ci raccontaRossana Siboni, della cooperativa Farsi Prossimo.La Farsi Prossimo insieme ad altre realtà del ter-

ritorio ha aderito al programma QuBì, finanziato dallaFondazione Cariplo per contrastare la povertà minorilea Milano. Un budget di 25milioni di euro spalmato intre anni destinati a sostenere le famiglie dei 21 milaminori che a Milano vivono in condizioni di povertà.«Ogni realtà propone in QuBìprogetti e sostegni

a seconda della propria specificità. Non si inventanulla ma quello che sembra funzionare è propriofare rete: laddove la cooperativa, il centro di ag-gregazione, il medico di famiglia, la scuola possonofare ciascuno un pezzetto, se alle famiglie si dannoopportunità lavorando in rete, allora abbiamo vistodei ragazzi rifiorire», conclude Siboni.

Scegliere la scuola giusta, la scommessa della Farsi Prossimo

MILANO

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39marzo 2020 Scarp de’tenis

lo. Il panino con le panelle un gior-no, lo sfincione il giorno dopo.Tanta roba, così pesante chequando arriva il pranzo, il piattodella mensa resta pieno di cibo, equel cibo viene buttato. Al pome-riggio, la mamma gli dà le patatinee la sera si beve Coca cola. A Salvonon manca da mangiare. Gli man-ca un modo sano di farlo.

Poveri ma con tanto cibo«Povertà alimentare significa que-sto – racconta Alessandro Leta delcentro per lo sviluppo creativoDanilo Dolci di Palermo – non èsoffrire la fame. A Palermo tuttocosta poco, un piatto in tavola cel’hai. È quello che mangi: è neicontesti più poveri che trovi piùfacilmente bambini obesi, mancal’educazione ad una alimentazio-ne sana e variegata».

Salvo ha la possibilità di andarein mensa a scuola. Ma ci sono mol-tissimi bambini come lui che que-sta possibilità non ce l’hanno.

La Fondazione Con i Bambini(che finanzia i progetti del centropalermitano Danilo Dolci) insie-me alla Fondazione Openpolis nelreport Tante Italie dove crescereevi-denzia come in Italia gli edificiscolastici statali dotati di mensasiano una minoranza: poco più diuna struttura su 4 (26%). Sono 4le regioni modello: Valle d’Aosta(69,4% degli edifici ne è dotata),Toscana (63,3%), Friuli-VeneziaGiulia (62,0%) e Piemonte(61,3%). In tutti gli altri casi gli edi-fici scolastici con la mensa sonomeno del 40%. Quelle con la mi-nor presenza dichiarata sono Sici-lia (8,2%) e Campania (9,5%). Siconferma dunque la bassa presen-za di mense nelle scuole siciliane,ad eccezione di Palermo che ha ildato più alto (il 16,67% delle scuo-le statali ha la mensa). Le mensescolastiche costituiscono un ser-vizio essenziale per i bambini, i ra-gazzi e le loro famiglie: promuo-vono uno stile di vita sano.

PALERMO

Con i Bambiniè un’organizza-

zione senza scopo di lucro nata

nel giugno 2016 e interamente

partecipata dalla Fondazione

Con il Sudper attuare i pro-

grammi del Fondo per il contra-

sto della povertà educativa

minorile. Attraverso i bandi

promossi da Con i Bambini

si ha l’opportunità di incidere

sullo sviluppo del minore

e sulla sua possibilità di sot-

trarre sé e la sua famiglia a una

reale o potenziale condizione

di povertà. Con i Bambiniha

pubblicato ad oggi cinque

bandi (Prima Infanzia, Adole-

scenza, Nuove Generazioni,

Un passo avanti e Ricucire i so-

gni), selezionando 355 progetti

in tutta Italia. I progetti appro-

vati, sostenuti con un contri-

buito di circa 281 milioni di euro,

coinvolgono oltre 480 mila bam-

bini e ragazzi, insieme alle loro

famiglie, che vivono in condi-

zione di disagio, interessando

circa 6.600 organizzazioni.

Ma torniamo a Salvo e alle sue me-rende giganti. Nel quartiere, sta perpartire un laboratorio per insegna-re alle mamme come nutrire inmodo sano i loro bambini. «Si chia-ma progetto Dappertutto– raccon-ta la coordinatrice Giovanna Mes-sina – abbiamo già incontrato lemaestre dell’istituto Amari Ron-calli Ferrari e un gruppo ristretto digenitori. Sono state proprio le mae-stre a raccontarci il problema dellemerende e dei pasti avanzati inmensa. Allora abbiamo parlato coigenitori e abbiamo scoperto che inmolti casi dare tanto cibo al bam-bino scaturisce dal senso di colpadi lasciarlo solo, di non poterlo se-guire come si deve. Nessuna diquelle mamme aveva pensato chequesto comportava non avere piùfame a pranzo e sprecare pasti».

Educare alla diversitàMolto presto partiranno dei labo-ratori: solo la scuola dell’infanziaraccoglie 140 bambini, 7 classi intutto, da zero ai sei anni. Si parleràdi alimentazione sana, si scriveràinsieme un ricettario del quartieree in piazza Magione si farà una me-renda collettiva: «Tutte le tipichericette palermitane – dice Giovan-na Messina – ma in chiave salutare:non friggere ma metti nel forno,non burro ma olio, riscoprire l’usodella verdura».

Perché la mamma di Salvo do-vrebbe partecipare a questo labo-ratorio? Perché vuole bene al suobambino, certo, «ma anche per-ché conosce il centro – dice Ales-sandro Leto – noi qui abbiamo or-ganizzato anche dei corsi di riqua-lificazione professionale e moltiresidenti hanno partecipato, ve-dendola come un’occasione ditrovare lavoro».

Dappertuttoè un progetto mol-to più ampio, dentro c’è educativadi strada, sport, la creazione diuna biblioteca delle cose per i bim-bi, lettura: «Ma una cosa vogliamosoprattutto fare – conclude Gio-vanna Messina – creare alla Kalsauna comunità coesa, senza più di-vario tra nuovi residenti bene-stanti e storici residenti svantag-giati. Non solo tra i bambini che,si sa, non badano a queste cose,ma anche tra gli adulti».

scheda

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40 Scarp de’tenis marzo 2020

di Daniela Palumbo intervista raccolta da Pietro Filippi e Jorge Ithurburu

La presidente delle Abuelas de Plaza de Mayo, le donne che dal lontano 1977 si sono riunite ogni giovedì sotto il palazzodel governo argentino per chiedere dove fossero finiti i propri figli e nipoti, racconta questa esperienza unica. «Finora ritrovati 130 bambini su 500, fatti sparire dal regime»

Estela Barnes de Carlotto

insieme al nipote

Ignacio, dato in

adozione dopo la morte

della figlia e ritrovato

soltanto cinque anni fa

Nel 2019 Estela Barnes deCarlotto ha ricevuto la lau-rea honoris causa dall’Uni-versità Statale di Milano.Per il suo lavoro di Memo-ria, incessante.Da quel lonta-no 1977 quando le “vecchie paz-ze” – così le chiamava il dittatoreargentino Jorge Videla – comin-ciarono a chiedere pubblicamen-te dove fossero finiti i loro nipoti.Nella pagina più violenta dell’Ar-gentina, tra le decine di migliaiadi desaparecidos, sono scomparsioltre 500 bambini. Molti sonostati dati in adozione, illegalmen-te, a famiglie legate alla dittatura.

I figli delle vittime si ritrova-rono a vivere sotto il tetto dei car-nefici. Abbiamo chiesto alla pre-sidente delle Abuelas de Plaza deMayo, Estela Carlotto, di raccon-tare questa storia. Estela ha persouna figlia, Laura, desaparecida.Laura aspettava un figlio. Che fudato in adozione illegalmente.Estela lo ha potuto riabbracciarenel 2014.

Estela Carlotto«La nostra lottanon si può fermare.Per fare Memoria»

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41marzo 2020 Scarp de’tenis

ogni volta inventiamo nuovestrategie per cercare i nostri ni-poti.

In Argentina è caduto il go-verno di Mauricio Macri,con il quale il riconoscimen-to della Memoria è statoostacolato...

Ho 89 anni, sono una donna an-ziana e ho vissuto molte dittaturenel nostro Paese, dal 1930. Ma ilgoverno Macri aveva come pianola consegna del Paese ai poteriforti da tutti i punti di vista, nonsolo economici, ma anche cultu-rali. E lo svuotamento dello Stato.Ha portato al licenziamento dimigliaia di persone. È venuta me-no la cultura perché il povero nondoveva studiare: perché creare emantenere le università? È conl’ignoranza che si dominano lepersone. È stato il peggior gover-no costituzionale che io ricordi. Anoi rivolse sempre parole di di-sprezzo e durante la sua campa-gna elettorale disse che eravamobugiardi. Questa fu un’offesa im-meritata che non dimentichiamo.

L’Argentina è l’unico Paesedell’America Latina dove èstato possibile costruire uncammino di giustizia. Cosaha fatto la differenza?

Io credo che sia stato l’atteggia-mento delle organizzazioni per i

Le Abuelas, oltre a cercarei nipoti, hanno lavoratoper non cancellare la Me-moria delle ingiustizie av-venute con la dittatura ini-ziata con il golpe del 24marzo 1976, fino al 1983...

Le Abuelas hanno sulle spalle 42anni di lotta. Quando abbiamo ini-ziato, il nostro lavoro era informa-le e sconosciuto, ma aveva la forzadella ricerca dei nostri figli scom-parsi. E in particolare, per noiAbuelas, dei bambini, nostri nipoti,che venivano sequestrati appenanati e le madri poi uccise. All’epo-ca pensavamo che i nostri figli sa-rebbero tornati perché erano mi-litanti politici e non delinquenti.Non sapevamo che la dittaturaaveva un piano sistematico dimorte e di tortura, con la creazio-ne di più di 700 campi di concen-tramento. Non sapevamo che esi-stevano luoghi dove gli uominidella marina e dell’esercito tortu-ravano e uccidevano i nostri figli.Abbiamo cominciato a cercarlicon pochi mezzi: diventavamo ba-by sitter e cameriere pur di entrarenelle case dove sospettavamo cifosse un figlio rubato. Ci trasfor-mammo in un’organizzazione for-male perché ne avevamo bisognoquando raccontavamo all’esterociò che accadeva in Argentina.L’Italia fu uno dei primi Paesi incui andammo a raccontare. E poiin tutta Europa, fino in Scandina-via.

Continuate a fare Memoria.Perché?

Perché non bisogna perdere laMemoria, è pericoloso non sape-re; ma anche perché è così chetroviamo i nipoti che ancoramancano all’appello. Portiamotestimonianza nelle scuole pri-marie e secondarie fino all’uni-versità, nelle comunità, nei clubsportivi: non c’è luogo in cui nonandiamo. Costruiamo sempredei ponti di comunicazione e

Ad oggi abbiamo localizzato 130nipoti, su 500 scomparsi. La mag-gior parte di quelli che incontram-mo inizialmente erano bambiniche furono rapiti dopo la nascita:la famiglia di origine aveva una fo-to o il certificato di nascita. Dun-que, la rivelazione fu immediataperché non avevamo bisogno diquello che poi ci rendemmo contodi non avere: una prova del fattoche quel bambino nato in prigio-nia, era nostro nipote. Come pro-varlo? Da questa esigenza è nata laBanca nazionale di dati geneticiche conserva le mappe del Dna ditutte le famiglie che hanno denun-ciato casi di bambini scomparsi.Chiunque abbia dubbi sulla pro-pria origine può sottoporsi ad unesame del sangue. La Banca è natasolo per noi, per la nostra storia,da scienziati fantastici che hannocreato uno strumento di giustiziastraordinario.

Quanto è difficile per questiuomini e donne ritrovarel’equilibrio dopo aver sco-perto la loro storia?

Abbiamo trovato bambini e mino-ri che, per il loro ritorno in fami-glia, sono stati assistiti dal sistemagiudiziario, in quanto ha psicologiappositamente formati. Anche noine mettiamo a disposizione per-ché l’accompagnamento psicolo-gico è fondamentale. Quando era-no bambini era molto più sempli-ce perché la vita trascorsa conl’altra famiglia –generalmente mi-litari, poliziotti, civili complici maanche persone in buona fede chenon conoscevano la storia del pic-colo – era stata breve. Con il pas-sare degli anni è diventato difficilegestire questo passaggio perchècon un adulto è più complesso. Cisono stati casi in cui sono servitianni per riconoscere la vera fami-glia. Ma le nonne, con pazienza eamore, hanno conquistato i nipo-ti. Due casi nella nostra storia re-stano, ad oggi, nell’incertezza del-

schedaEstela Barnes de Carlotto, Bue-

nos Aires, 22 ottobre 1930. Nel

1977, durante la dittatura dei mi-

litari, seguita al golpe del 24

marzo 1976, una delle figlie di

Estela, Laura, fu rapita a Buenos

Aires e scomparve mentre era

in attesa di un figlio. Estela riuscì

a scoprire che sua figlia, in pri-

gionia, aveva partorito un ma-

schio e che i militari lo avevano

dato in adozione illegale.

Laura venne uccisa, così il padre

del bambino. Dopo una ricerca

durata 36 anni, il 5 agosto 2014,

attraverso il controllo del Dna,

Estela ha ritrovato suo nipote,

Ignacio. Ora conosciuto come

Guido, nome del marito di Estela.

Il bambino era stato dato

in adozione a due agricoltori

argentini, ignari della sua storia.

Nel 1978 Estela entrò a far parte

delle Abuelas de Plaza de Mayo,

associazione nata per ritrovare

i nipoti rubati dalla dittatura.

Jorge Ithurburu - presidente

dell’associazione 24Marzo -

è referente in Italia delle Abuelas

e della Rete per l’Identità, fon-

data in diversi Paesi per esten-

dere la ricerca in Europa.

www.24marzo.it

diritti umani, che non si sono maifatte influenzare e hanno resistitonel tempo. Noi vittime della ditta-tura ci siamo riunite in 4 organiz-zazioni (su 13 associazioni dei di-ritti umani attuali) e lavoriamo in-sieme. Madres de Plaza de Mayo,Abuelas de Plaza de Mayo, Familia-res de desaparecidos y detenidos porrazones politicase Hijos. Questi ul-timi sono i figli dei desaparecidos:erano bambini quando hanno per-so i loro padri o madri. Dunque, èquesta forza dell’amore che ha fat-to sì che mai in Argentina si smet-tesse di lavorare tutti i giorni su unprocesso di giustizia. Questo èmancato in Cile, Paraguay, Guate-mala, El Salvador che hanno sof-ferto la stessa repressione.

Quanti nipoti avete ritrova-to finora?

Non bisogna perdere la Memoria, è pericoloso non sapere; ma ancheperché in questomodo troviamo i nipoti che ancora mancano all’appello

L’INTERVISTA

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42 Scarp de’tenis marzo 2020

la relazione familiare, però en-trambi i nipoti sanno chi sono. Noinon vogliamo opprimerli o obbli-garli, ma dargli tutto il tempo dicui hanno bisogno: prima o poi ar-riverà il momento.

Estela, cinque anni fa haiconosciuto finalmente tuonipote Guido.

Ieri sono stata con lui, con suamoglie e sua figlia. C’è molto af-fetto fra noi: ogni volta che viag-gio gli porto un regalo, un giocat-tolo, come se fosse un bambino.Non ho potuto farlo quandoavrei voluto e voglio in qualchemodo recuperare quel tempoperso. Guido aveva 36 anni quan-do qualcuno nel paese in cui vivedisse a sua moglie che lui non erafiglio di quel matrimonio. Luinon sospettava. Ma chiese ai ge-nitori e questi gli dissero la veri-tà, e gli raccontarono la sua sto-ria. Lui venne immediatamentea Buenos Aires, in questa casa.Nessuno si rese conto che potevaessere mio nipote. Lo portammoalla Commissione nazionale peril diritto e l’identità. Lì Claudia,mia figlia, lavora come direttrice.Lei riceve le persone che noi in-viamo per effettuare la prova delDna. Quando abbiamo saputo laverità, fu proprio Claudia, suazia, a dargli la notizia. Guido cichiese di lasciargli del tempo, perpensarci. Ho avuto timore per-ché alcuni non tornano, hannopaura. Ma lui tornò subito il gior-no seguente. E c’è questa fotoche ha girato il mondo, di noi dueche ci abbracciamo il primo gior-no che ci siamo visti. Da quel mo-mento Guido ha vissuto il pro-cesso di elaborazione per la suavera identità. Ha avuto una pau-sa, che abbiamo rispettato, percamminare dentro questa nuovastoria del suo vissuto. La primacosa che pensai è che non mi vo-lesse bene. Ma in realtà me nevuole molto e ora me lo dice ognivolta. Ora è sicuro di chi è, di sestesso, dei suoi genitori naturali,per i quali prova un grande orgo-glio.

Qual è la relazione tra leAbuelas de Plaza de Mayo ePapa Bergoglio, oggi?

La relazione tra il Papa e la nostraistituzione, e io credo con tutto ilpopolo argentino, è eccellente.

Le “vecchie pazze”,

così le definì il

dittatore Videla,

hanno tenuto desta

l’attenzione della

comunità

internazionale sui

desaparecidos

Il 24 marzo 1976, con l’arresto di Isabela Peron da parte di unagiunta militare guidata dal generale Jorge Rafael Videla, i militarisi impossessarono dell’Argentina. Iniziò una repressione violentache vide sparire nel nulla oltre 30 mila persone (il 30% di origineitaliana), i cosiddetti desaparecidos, gli scomparsi. Ma le vittimetotali di questa guerra sporca furono 40 mila. I militari sequestra-vano le loro vittime soprattutto di notte, facendo sparire le personeinvise al regime (non si erano macchiate di nessun reato) e usandoabiti civili e macchine senza targa. I desaparecidosvenivano portatiin centri di detenzione allestiti dentro caserme, scuole, palazzi di-smessi. Qui, torturati e violentati. E uccisi con i cosiddetti “voli dellamorte”: i prigionieri, in maggioranza giovani, erano narcotizzati,condotti su aerei e poi gettati nell'oceano, vivi. Tutto questa acca-deva nel silenzio più totale dell’opinione pubblica mondiale. Solograzie al coraggio delle Madri di Plaza de Mayo, organizzazionedelle madri dei desaparecidos, si riuscì a tener viva l’attenzionedel mondo sulle atrocità del regime. Si sono riunite, dal 1977, ognigiovedi, davanti alla Casa Rosada, il parlamento argentino, con unfazzoletto in testa. Fra i desaparecidos, tantissime donne. Alcunedi queste vennero uccise dopo aver partorito nei centri di tortura. Iloro bambini, circa 500, sono stati dati in adozione, illegale, daglistessi militari. Ad oggi, ne sono stati ritrovati 130 grazie al grandelavoro dell'organizzazione delle Abuelas de Plaza de Mayo. Checontinuano nella loro ricerca. Il campo di detenzione simbolo è laEsma: una ex scuola per allievi della marina militare argentina.Sono passate in questo centro oltre 5 mila persone, meno di 500sono rimaste in vita. Oggi la Esma è un museo della Memoria.

La triste storia dei desaparecidos:trentamila argentini mai più ritrovati

LA SCHEDA

Bergoglio aveva un ruolo impor-tante nella chiesa, però non sape-vamo ciò che aveva fatto durantela dittatura. Dunque quando dis-sero che era Bergoglio il nuovo Pa-pa, noi non festeggiammo. Ma cisbagliavamo. Le persone che loconoscevano e che avevano lavo-rato con lui ci raccontarono la verastoria della sua vita in Argentina edi quanto ha fatto per tutti coloroche avevano bisogno. A quel pun-to iniziammo a conoscerlo. Io so-no già stata molte volte a Roma, cisiamo riuniti con il Papa. Lui ci ri-ceve con un abbraccio, con un sor-riso e parliamo come se ci cono-scessimo da tutta la vita, con unafiducia, una confidenza e una sin-cerità straordinarie. È un uomoeccezionale. Credo che torneràda noi, presto. Lui sta facendo be-ne al mondo, sta cambiando, inmeglio, molte posizioni dellachiesa. E poi questo suo ripeteredi non dividersi, di restare uniti edi amare chi ha meno, chi ha piùbisogno è una cosa che ci tocca ilcuore. Le sue parole sono indele-bili. Siamo preoccupate per la suasalute, ma se lo curiamo, se ciprendiamo cura di lui, credo chedurerà ancora tanto il suo papato.Il fatto che il Papa sia argentino,ci fa sentire orgogliosi, oggi, di es-serlo anche noi.

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43marzo 2020 Scarp de’tenis

Al via a Milano una tre giorni di incontri e dibattiti sul tema della graveemarginazione e dei senza dimora

Stati generali fio.PSDLa sfida del futuro:mai più homelessdiMaria Assunta Casati

La fio.PSD -Federazione ita-liana organismi per le perso-ne Senza Dimora- è una as-sociazione fondata nel lon-tano 1990 (di cui fanno parteassociazioni e organismi delterzo settore oltre che dellapubblica amministrazione),che si occupa di persone sen-za dimora e di grave emargi-nazione sociale. Tra i suoiobiettivi quello di promuo-vere una rete di coordina-mento tra le realtà pubbli-che, private e di volontariatoche operano sul territorionazionale, al fine di renderepiù incisivo il lavoro svolto,oltre alla condivisione e allacomunicazione tra gli orga-nismi del settore.

L’intento è quello di metterein campo e di attuare metodolo-gie e strategie comuni di inter-vento e di condividere le informa-

zioni, al fine di evitare sovrappo-sizioni di interventi. Proprio percomprendere ed attuare efficacistrategie di lotta all’esclusionesociale, vengono periodicamenteorganizzati convegni e momentidi studio, come quello in pro-gramma a Milano dal 18 al 20 mar-zo, alla Fabbrica del Vapore di viaProcaccini, dove si terranno gliStati Generali 2020 - Sfida al futuro.Una tre giorni di incontri e dibat-titi sul tema della grave emargina-zione e dei senza dimora.

Un ricco programmaIl programma prevede mercoledì18 marzo i saluti del presidentedell’associazione, mentre nel po-meriggio cominceranno i lavoriche saranno suddivisi in tre sezio-ni e dove verranno approfonditi itemi riguardanti l’housing socia-le, le problematiche legate alla in-tegrazione e quelle socio sanita-rie, oltre a delineare quello che èil nuovo profilo delle personesenza dimora.

Il secondo giorno, in mattina-ta, è prevista una tavola rotondatra gli esponenti che si occupano

del terzo settore, mentre il pome-riggio, con la partecipazione dieuroparlamentari, sindaci e re-sponsabili regionali, si parleràdelle nuove linee guida di inter-vento e della nuova programma-zione europea per contrastarequella che sarà una delle prioritàda affrontare nei prossimi anni,ossia la grave emarginazione so-cio economica degli adulti.Mentre venerdì 20 marzo

a chiusura dei lavori, saran-no gli operatori presenti sulterritorio di Milano, Napoli,Trieste, Torino e Bologna adesporre i risultati degli studie le analisi condotte daglioperatori del settore.

Tanti progetti attiviA conclusione del convegno saran-no presentati i progetti che atten-dono gli addetti ai lavori e le nuovesfide che andranno affrontate neiprossimi anni. Numerosi e impor-tanti sono i progetti realizzati finoad ora dalla fio.PSD, basta ricorda-re l’Housing first, probabilmenteuna delle modalità di interventoche ha avuto più successo nell’af-frontare il problema della gravemarginalità.

Se fino a oggi l’accoglienza el’accompagnamento delle personesenza dimora procedevano lungouna scala a gradini progressivi (dalmarciapiede al dormitorio, da que-sto alle comunità, ai gruppi appar-tamento, a varie forme di convi-venza e, solo dopo tempo, a un al-loggio proprio), i progetti delNetwork Housing First Italia preve-dono il passaggio diretto dalla stra-da alla casa e un accompagnamen-to intensivo del servizio sociale cheli supporti nel percorso di reinte-grazione sociale e benessere sog-gettivo.

Spazio anche per il progettoA.R.Co(accompagnamento a citta-dini di Paesi terzi presenti nel co-mune di Trieste), PIE4shelters(pro-getto di supporto alle donne vitti-me di violenza) e Take me home(rivolto alla formazione di volonta-ri ed operatori del Terzo settore chesi occupano di homelessness).Infowww.fiopsd.org

APPUNTAMENTI

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44 Scarp de’tenis marzo 202044

È una squadra che metteil noi sempre prima dell’io.Sia nella propria metà cam-po, dove difende in gruppo,che nella metà campo av-versaria, perché quando at-tacca è come un coro. Que-sto accadeva sia sul campodell’oratorio della parroc-chia di Santa Maria del Suf-fragio a Milano dove inprincipio è nata, sia oggi nelsuo nuovo paradiso, il Pala-lido, lo storico impiantomeneghino che dopo l’ulti-mo rifacimento ha preso ilnome di Allianz Cloud. Lasquadra di cui stiamo par-lando è l’Urania Basket.

Tre promozioni in nove anni,una cavalcata entusiasmante chenon ha bisogno di tanti aggettivi,la si legge sul volto e nella voce diLuca Biganzoli, general managerdella squadra.

«Quest’anno abbiamo una for-mazione in tutte le categorie. Dalmini-basket all’Under 18, seguia-mo oltre 400 bambini e ragazzi.Teniamo corsi nelle scuole e pos-siamo contare sul lavoro di ottimiallenatori». Se il Palalido è il tem-pio della pallacanestro meneghi-na, una sorta di Madison Square

Garden italiano, nel palazzetto levoci dei giovani atleti e il suono delpallone rimbombano, ma più forteè l’eco del passato, legato a doppiofilo con gli Stati Uniti. Il fascino delbasket a stelle e strisce è infattiall’origine di questa singolare so-cietà fondata nel 1952.

«Decisivo fu infatti un viaggionegli States di alcuni amici del-l’oratorio milanese: dei pionieri ri-masti folgorati da una squadra deicollege americani vollero impor-tarne sia i colori delle canotte, ilrosso e il blu su fondo bianco, cheil soprannome Wildcats».

A destra foto per

il team Urania Milano

al gran completo. La

squadra maggiore

quest’anno sta

partecipando,

con buoni risultati,

al campionato di A2

(foto Stefano Gariboldi)

Nata dentro l’oratorio di Santa Maria del Suffragio a Milano, oggi la società milita nel campionato di A2. Ma lo spirito è rimasto quello degli albori:«Vincere è importante. Ma non a tutti i costi»

Dall’oratorioai professionisti l’Urania Basketcontinua a stupire

MILANO

di Luca Cereda

Tesserati oltre 400 bambini e ragazzi«Qui insegnamo lealtà e fairplay»

Era il 1952 quando alcuni giovani dell’oratorio di Santa Maria delSuffragio a Milano, in trasferta a Lexington dove ha sede l’Uni-versità del Kentucky, negli Stati Uniti, hanno visto i Wildcats conaddosso eleganti divise blu e rosse. È stato subito amore a primavista come ci racconta Nino, uno dei pionieri di quella spedizionea stelle e strisce: «Fra le tante cose mi colpì l’eleganza dei cestistidella Kentucky University, soprattutto con le loro tute di rasobianco, allora sconosciute in Italia, dove si usavano ancora quellefelpate o di lana». Oggi Urania mantiene vivo quello spirito pio-nieristico, quella passione coltivata con cura nell’oratorio mila-nese: nel suo Dna ci sono ancora i valori di lealtà e fairplay, lefondamenta ed il cemento che unisce i ragazzi dei Wildcats. Oltrealla prima squadra che milita in A2, Urania Basket ha un settoregiovanile molto attivo in cui i giovani talenti possono trovare unambiente sereno in cui crescere, non solo a livello sportivo. Infowww.uraniabasket.it

LA SCHEDA

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45marzo 2020 Scarp de’tenis 45

Il simbolo, il gatto selvatico, erala mascotte della squadra di Lexin-gton, dove ha sede l’Università delKentucky. Così i colori e quel ba-gaglio a stelle e strisce sbarcarononella città dei navigli. Una nascitache sconfina nel mito, visto cheanche il nome Urania è ispirato auna musa delle mitologia greca.

Dai ricordi alle cronacheIl libro delle memorie di Urania èmolto ricco a cominciare dalla dia-triba per il campo: nell’oratorio diSanta Maria del Suffragio il campoda basket tagliava in due quello dacalcio, per cui si entrava facilmen-te in collisione su chi dovesse gio-care. Questo non ha mai fermatol’entusiasmo delle origini, quandoi ragazzi si allenavano con tutte lecondizioni atmosferiche, solo laneve forse riusciva a fermarli.

«Oggi i nostri giocatori sonoprofessionisti e lo fanno come la-voro, anche se molti studiano al-l’università», spiega Biganzoli. Unsuccesso di passione nata in orato-rio e che ha contagiato i tifosi: «Ab-biamo 500 abbonati – spiega il ge-neral manager –, niente male vistoche l’anno scorso giocavamo in unpalazzetto da 350 posti. L’obiettivoè portare duemila persone al Pala-

lido E in alcune gare ci siamo an-dati molto vicino».

Il derby con l’Olimpia Tanti sono già i momenti da incor-niciare nella storia recente del-l’Urania: «Potrei dire la vittorial’anno scorso a Montecatini che ciha dato la promozione in A2. O laprima vittoria in questo campio-nato».

Niente però è paragonabileall’esordio al Palalido nell’amiche-vole con l’Olimpia: «L’Urania oggiè diventata la seconda squadra del-la città e sono in tanti a sognare iderby che negli anni ’70-’80 in-fiammarono la rivalità tra Pallaca-nestro Milano e Olimpia. Con loroabbiamo un bellissimo rapporto dicollaborazione, soprattutto per legiovanili e anche il figlio del coachdell’Olimpia, Ettore Messina giocacon noi. È stato fantastico affron-tarli in amichevole davanti a oltrecinquemila persone». Un’iniziati-va voluta dalle scarpette rosse che«ci ha fatto enorme piacere perchéci ha dato tanta visibilità. Speria-mo ce ne sia presto un’altra».

Il futuro parte dalle radici«La più grande aspirazione e il piùgrande obiettivo di Urania è fare

del club un posto dove si sta bene,un luogo dove i ragazzi possanoavere un percorso di crescita», sot-tolinea Luca Biganzoli. Ciò checonta per Urania viene trasmesso,oggi come allora, ai più piccoli dasubito.

«I ragazzi che vengono da noisanno che per noi prima del basketviene altro: famiglia e studio. Poicerto, nel giocare devi essere serioe allenarti bene. Se prendi un im-pegno devi mantenerlo, perché ècosì anche nella vita».

I principi dello sport sono sem-plici, basilari, e vincere non basta:«La vittoria è importante, nessu-no lo nega, ma bisogna ottenerlain un certo modo, non a tutti i co-sti. È quello che cerchiamo di in-segnare nei campi estivi e nei pro-getti che portiamo avanti anchenelle scuole».

Questa mentalità coinvolgetutti, non solo i nostri atleti ma an-che i tifosi: «Noi non abbiamo ul-trà. La nostra tifoseria è giovane edè fatta di amici, di famiglie, di fra-telli e di parenti. Ci conosciamoquasi tutti perché ci sentiamo par-te di un’unica grande famiglia –conclude Biganzoli –. E in una fa-miglia quando c’è la stima recipro-ca si vince sempre».

Abbiamo 500abbonati, nientemale visto chel’anno scorsogiocavamo in un palazzetto da 350 posti.La nostra tifoseriaè giovane ed è fatta di amici,di famiglie,di fratelli e di parenti. Ci conosciamoquasi tutti perchéci sentiamo partedi un’unica grandefamiglia. E in unafamiglia quandoc’è la stimareciproca si vince sempre

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di Enrico Casale

Disabili in AfricaAssistere non bastaLa ricetta del Celim

Si chiama Disability il progetto che la ong milanese porta avantiin Zambia, per garantire pari dignità ai portatori di handicap.L’obiettivo è promuovere l’emancipazione dei disabili conl’educazione migliorando, nel contempo, anche le strutture

L’assistenza non basta. Lavo-rare con i disabili in Africa si-gnifica impegnarsi anche inuno sforzo culturale e socia-le per lottare contro lo stig-ma che circonda il mondodell’handicap. L’obiettivonon può quindi limitarsi alsolo aspetto medico-assi-stenzialistico, ma deve guar-dare a un dialogo costantetra le comunità locali e i cen-tri che assistono le personecon disabilità. È questo ilquadro tracciato da Tomma-so Sartori, project managerdi Celim, ong milanese, chein collaborazione con l’Asso-ciazione Papa GiovanniXXIII e alle suore missiona-rie francescane di Assisi,porta avanti Disability, unprogetto che si concentra sulmondo dell’handicap inZambia.

In Zambia, dove vivono circadue milioni di disabili, è ancora for-te l’emarginazione dei portatori dihandicap. La disabilità è vista comeil frutto di una maledizione, unasorta di stregoneria. Quindi le fami-glie tendono a nascondere i figli di-sabili. Ed è anche per questo motivoche nel Paese non si conosce il nu-

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mero esatto di chi ha problemimentali o fisici permanenti. «C’èancora un senso di vergogna che fasì che di disabilità non si parli –spie-ga Sartori – e che le persone conhandicap siano relegate in casa».

Per superare questa situazione,il progetto prevede una collabora-zione con alcuni educatori per rea-lizzare attività di sensibilizzazioneattraverso conferenze. «Stiamo at-tivando incontri in vari quartieriappoggiandoci alle parrocchie.L’obiettivo è far passare un’imma-gine diversa della disabilità. Far ca-pire che chi vive con un handicap èuna risorsa per tutta la comunità enon una vergogna da nascondere».

Buone leggi ma pochi fondiIn questo contesto, lo Stato fa quel-lo che può. Negli ultimi decenni leNazioni Unite hanno varato nume-rose direttive in materia di disabili-tà, in gran parte recepite dai Paesiafricani. Quindi quasi tutte le na-zioni del continente hanno leggiadeguate. Mancano, però, i fondi (e,spesso, la volontà politica) e le leggisono applicate solo in parte. In Ni-geria, per esempio, esiste un corpodi leggi sull’inserimento dei disabilinel mondo del lavoro. Ma le normesono applicate solo nel pubblicoimpiego, comparto importante, mache non copre tutto il mercato dellavoro. In Zambia esiste il DisabilityAct 2012 che prevede incentivi perle aziende che assumono disabili.«Sul terreno però è stato fatto po-chissimo – osserva Sartori –. Man-cano i fondi e non sono disponibilii mezzi, le infrastrutture e la forma-zione specifica per gli operatori».

Il lavoro è unpotente strumentodi integrazione. Per questo motivoragazzi e ragazzedisabili vengonoanche coinvolti in lavori agricoli e nella produzioneartigianale di manufatti. Si tratta di piccoleiniziative chehanno una grandevalenza culturale. È un modo per ribadire che il disabile è un membro della società a tutti gli effetti

Alcune delle carrozzine

speciali pensate per

resistere alle strade

accidentate dell’Africa.

Si tratta di uno dei tanti

interventi messi in atto

da Celim in Zambia

In Africa circa 80 milioni di disabili«Penalizzati da povertà e arretratezza»

La disabilità in Africa è una realtà diffusa. Secondo le stime dell’Or-ganizzazione mondiale della sanità, i disabili sarebbero tra i 60 egli 80 milioni, circa il 10% della popolazione africana. La diffusioneperò non è omogenea e nelle zone più povere la percentuale salefino al 20%. Il concetto di disabilità si riferisce a una serie ampia dimenomazioni, limitazioni e restrizioni alla normale attività fisica ementale. I fattori sono molteplici: malnutrizione, menomazionialla nascita, incidenti in casa, al lavoro o sulle strade, malattie in-validanti, guerre. La questione della disabilità non ha un carattereprettamente sanitario, ma anche sociale. Molti Paesi hanno leggianche avanzate a favore dei disabili ma sono troppo poveri per im-plementarle. Non ci sono fondi per abbattere le barriere architet-toniche, per i farmaci necessari, per carrozzine e stampelle. La mag-gior parte dei portatori di handicap non riesce quindi a frequentarele scuole: solo tra il 5 e il 10% si iscrive a corsi regolari. Il risultato èche non più del 5% dei portatori di handicap adulti è in grado dileggere e scrivere correttamente. Ciò li esclude dal mondo del lavoro.

LA SCHEDA

Sul terreno, la sfida è impegna-tiva. Celim con la Papa GiovanniXXIII e le suore missionarie france-scane di Assisi, è partito dalle scuo-le. L’obiettivo è promuovereun’emancipazione dei disabili at-traverso l’educazione. Il primo pas-so sono state le strutture.

Garantire l’istruzione«Per garantire a tutti l’accesso aun’istruzione di qualità è indispen-sabile migliorare le scuole stesse,rendendole più agevoli per i ragazzicon difficoltà. Il lavoro è tantissimo:bisogna realizzare bagni e spoglia-toi attrezzati e separati per ragazzee ragazzi, accessi specifici alle aule,appositi corrimano. Lavoro che ciha impegnato molto negli ultimimesi con interventi alla Mary Chri-stine Farm e alla Holy Family SpecialSchool». Anche le normali carrozzi-ne usate in Europa e Nord Americanon sono adatte alle strade africa-ne. Per questo motivo, grazie allacollaborazione con Wheelchairs forKids (organizzazione australianache costruisce e dona carrozzineper progetti nei Paesi in via di svi-luppo) e i fisoterapisti di BluSpringsono state fatte arrivare 15 carroz-

zine particolarmente robuste esmontabili, in modo da adattarle albambino in base alla crescita. Sonoperfette per le condizioni non sem-pre ottimali delle strade e delle in-frastrutture zambiane.

Bisogna poi offrire una forma-zione di qualità. Agli insegnanti vie-ne fornita un’adeguata formazioneaffinché siano preparati a gestire lesituazioni più critiche: essere ingrado di riconoscere i disturbi del-l’apprendimento è una competen-za fondamentale per garantire ai ra-gazzi un percorso e uno sviluppocalibrato.

Oltre all’istruzione, il progettoagisce anche in ambito lavorativoattraverso la formazione di job co-ach che siano in grado di aiutare lepersone affette da disabilità a tro-vare un impiego. «Il lavoro – con-clude Sartori – è un potente stru-mento di integrazione. Per questomotivo coinvolgiamo i ragazzi e leragazze disabili anche in lavori agri-coli e nella produzione artigianaledi manufatti. Sono piccole iniziati-ve che hanno una grande valenzaculturale. È un modo per ribadireche il disabile è un membro dellasocietà a tutti gli effetti».

IL PROGETTO

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«Siamo i figli di Gutenberg».Lo dicono con un certo orgo-glio alla tipografia Campi, diRozzano, quando saluto echiedo come ci si senta ad es-sere fra gli ultimi tipograficon la macchina Monotypein circolazione: «Questo è unlavoro sempre diverso, ma èla passione che ci fa andareavanti». Passione per unamacchina complicata «comeun grande orologio meccani-co, per la carta fatta ancoracon gli stracci di cotone, o lapergamena, su cui si sentonogli avvallamenti della pres-sione, per il piombo, che sifonde e si rifonde all’infinitocreando caratteri semprenuovi».

Centoventidue anni di storia,per un una fabbrica di lettere natain via Larga dal leggendario cava-liere Umberto Allegretti e poi rile-vata nel 1937 dal primo RodolfoCampi, storico direttore dell’im-pianto. «Dopo mio nonno, fu lavolta di mio padre», racconta Ro-dolfo, il secondo della dinastia,omonimo e attuale titolare, cheoggi ha 70 anni e mi mostra unasua foto, ancora bambino, intentoa provare a digitare sulla Monoty-

pe: «Andavo ancora all’asilo emuovevo i primi passi in tipogra-fia». È stato lui a decidere di spo-stare la sede della ditta da via Ortiin porta Romana, a Quinto de’Stampi di Rozzano: «Forse era undestino che venissi qui, anche peril nome del posto – sorride –. Cisiamo dovuti trasferire perché lecase di ringhiera, abitate da operaiabituati ai rumori, sono diventateun posto per gente con la puzzasotto il naso, che non ci gradivapiù». Storia della gentrificazionemilanese, riassunta in una sola fra-

se. In questo capannone industria-le, con sopra un’abitazione, la ti-pografia però ha trovato la sua di-mensione ed è diventata un picco-lo Museo, tanto che il Fai haorganizzato ultimamente visite«con più di 200 persone: per meun’emozione grandissima», am-mette Rodolfo.

Un mercato di nicchiaÈtutto cambiato in quasi un seco-lo e mezzo di storia: dalle decine dioperai ai pochi addetti (quattro),dalle edizioni Hoepli, al mercato di

Alla tipografia Campi

il tempo sembra

essersi fermato: qui la

Monotype continua

ad essere l’unico

metodo di stampa.

E, pur tra le difficoltà,

c’è chi sogna di

proseguire l’attività

Centoventidue anni di storia racchiusi in una delleultime macchine Monotype ancora in circolazione,quelle che utilizzano i caratteri mobili per stampare.Storia di Rodolfo e Tiziana che da quarant’annimandano avanti la tradizione nell’azienda di famiglia

Tipografia CampiA Rozzano gli ultimi eredidi Gutenberg

MILANO

diMaria Teresa Santaguida

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nicchia: «Ultimamente abbiamostampato un volume che Camilleriper i suoi 90 anni ha voluto regala-re agli amici: non esistono altre co-pie e ci è stato chiesto di distrug-gere le matrici metalliche». Copertina verde e un

inedito del maestro di cuisolo un volume rimanenell’archivio di Rodolfo e lealtre nelle mani di pochis-simi fortunati. Nessuno po-trà mai replicarlo, a menodi ribatterlo da capo e conil consenso degli eredi. Unararità.

Il procedimento comincia dalmanoscritto: appoggiato su un leg-gio, mentre il dattilografo lo digitasulla macchina, la Monotype ap-punto. Bisogna tenere conto an-che degli spazi, calcolare gli a capoe se si tratta di una lingua stranie-ra, «come il greco, ad esempio, in-serire accenti e spiriti». Il com-plesso meccanismo è alimentatoda una pompa ad aria compressa,e ha come prodotto finale non untesto come possiamo immaginar-lo, ma una una bobina piena di fori.Questo è il codice. La bobina saràinserita nella fonditrice e attraver-so quei piccoli buchi passerà l’ariache attiverà il pistone di questa se-

conda macchina; dal piombo fusoverranno fuori delle minuscole co-lonnine al cui apice la lettera appa-re capovolta: sono i caratteri mo-bili. Tondi, grassetti, maiuscoletti:assemblati poi nelle formine, unoad uno, imbevuti nell’inchiostro eappoggiati sulla carta daranno let-teralmente vita alla pagina. Im-provvisamente nero su bianco.

Processo lungo e articolatoDal rumore dei tasti, pigiati congesti delle mani simili a quelli di undirettore d’orchestra, alla magia diun magma che diventa lettera. Lasorpresa più grande è veder so-pravvivere un processo così lungoe così tangibile, in un mondo in cuitutto va veloce e si smaterializza.

Senza l’arte, l’attesa, la pazien-za, niente sarebbe così unico:nemmeno quelle stampe i cui ca-ratteri formano visi (ci sono anchebusti di Mussolini, risalenti al Ven-tennio) e sfumature mai ugualiuna all’altra. Ci sono le stampe fu-turiste con caffettiere o stranecomposizioni e i volumi dalle for-me improbabili.

«I momenti difficili ci sono sta-ti, e anche oggi senza un gruppo diamici finanziatori non ce la farem-mo – spiega Rodolfo –. Però qual-

cosa sta cambiando: ci sono gli ap-passionati di acqueforti, che ri-chiedono libri illustrati, e persinochi vuole piccoli volumetti comeregalo o bomboniera». C’è chi vuole l’inchiostro

d’argento e chi esige unacarta particolare: «Ormaiin Italia non se ne producepiù, anche le ultime cartie-re di Amalfi e della Siciliastanno chiudendo».

Chi proseguirà quest’opera ar-tigiana? Non il figlio di Rodolfo eTiziana (la moglie, da più di qua-rant’anni amministratrice e aiutofondamentale in ditta), che avreb-be dovuto decidere se prendere leredini qualche anni fa, proprio inuna congiuntura in cui si rischiavala chiusura, e così ha deciso di in-traprendere un’altra carriera. Isuoi genitori invece hanno resisti-to: «Per passione. Per amore perquesto lavoro», che consente, adesempio di ripassare grandi opere:«Ho battuto a mano tutta la Divi-na Commedia», racconta affasci-nato Rodolfo.

Alessio vuole andare avantiLa speranza è Alessio, operaio di24 anni, arrivato in via Olona 7 pro-prio durante una visita del Fai: «Hofatto lo scientifico ma ho una men-te meccanica. Con Monotype efonditrici è stato amore a prima vi-sta». Alessio ha cominciato a bus-sare alla porta della tipografia «co-sì tante volte che alla fine hannodeciso di tenermi».

La tuta blu questo giovane la-voratore la porta con orgoglio:«Ho anche coniato un termine peril nostro lavoro: Ttmm, tecnici ti-pografisti meccanografici monoti-pisti».

La fierezza di un’identità e lapassione per un lavoro antico:«Imparo guardando, osservandoi movimenti anche di Lucio, l’al-tro impiegato dell’azienda. Provoa riprendere con dei video i pas-saggi, in modo che resti anche achi viene dopo, ma la realtà è chesolo mettendo le mani sulle mac-chine le si può davvero sentire egovernare».

Di base «si seguono ancora i ma-nuali dei frati Salesiani», risalenti asecoli fa. I nuovi capitoli magari sa-rà proprio Alessio a scriverli. Servi-rà coraggio, e visione.

La speranza è Alessio, operaiodi 24 anni: «Ho fattolo scientifico ma ho una mentemeccanica. Con Monotype e fonditrici è statoamore a primavista. Provo a riprendere con dei video i passaggi, in modo che resti anchea chi viene dopo,ma la realtà è chesolo mettendo le mani sullemacchine,sporcandosi le mani, le si puòdavvero sentire e governare

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di Enrico Panero

ParalimpiadiIl sogno di Carlottaè più forte della sua disabilità

Davide ha deciso che non taglierà più i capelli finché lui e suafiglia Carlotta non riusciranno a partecipare alle Paralimpiadi,nella disciplina delle bocce per persone con gravi disabilità.Un patto per motivare il viaggio di crescita, sportiva e umana,che tutta la famiglia sta facendo. Aspettando Parigi 2024

«Quando ce l’hanno propo-sto ci siamo detti: “È un gio-co da vecchi, non lo faremomai”. Dieci minuti dopo sta-vamo giocando ed è nata lapassione sviluppata annodopo anno». L’allenamentoè terminato, ritirando in uncassone tutta l’attrezzaturautilizzata Davide Viscontiracconta l’esperienza fattanegli ultimi sette anni con lafiglia Carlotta, che lo ascol-ta e interviene spesso perprecisare, scherzare, arric-chire il racconto.

L’intensità e la complicità traloro è evidente, e non potrebbeessere altrimenti: Carlotta, dettaCocca, ha 24 anni ed ha una tetra-paresi distonica spastica dovutaad asfissia natale, Davide ha deci-so di seguirla costantemente de-dicando a lei la maggior parte delsuo tempo. Appassionato disport, l’ha avviata fin da bambinaallo sci col progetto SciAbileonlus,a Salice d’Ulzio. Poi nel 2013 rice-vettero la proposta di provare laboccia paralimpica, disciplina al-lora semisconosciuta in Italia, co-sì iniziarono un percorso difficilema entusiasmante.

Difficile, perché la tetraparesi

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51marzo 2020 Scarp de’tenis

distonica spastica rende comples-so il gioco: serve una rampa su cuiscorre la boccia per avere lo slan-cio necessario, serve un ausilio chepermetta al giocatore di spingerela boccia, ma non riuscendo a con-trollare gli arti Carlotta deve uti-lizzare un caschetto con un punta-tore flessibile e avviare la bocciacon un movimento del capo. Il tut-to solo per lanciare la boccia, cheperò deve poi andare il più possi-bile vicino al boccino, altrimenti lapartita non si vince.

Per queste patologie, che rien-trano nella categoria BC3, è previ-sto un assistente che esegue le in-dicazioni del giocatore senza poterinfluire in alcun modo.

L’assistente di Carlotta èDavide: «Lei mi dà tutte leindicazioni di gioco per po-ter tirare: distanza, direzio-ne, il livello della rampa acui mettere la boccia e qualeboccia usare, per cui io sonoil suo braccio e lei la prota-gonista» spiega, ricordando illungo lavoro fatto con Cocca perriuscire a graduare la rampa in ba-se alle sue esigenze.

Crescita umana e sportiva«Sto ancora imparando» dice Coc-ca, anche se in pochi anni è diven-tata vicecampionessa italiana in-dividuale e campionessa italiana acoppie (insieme a Mirco Garava-glia), è membro fisso della squadranazionale e ha raggiunto il 63° po-sto nel ranking mondiale.

«Ci alleniamo tre volte la setti-mana» racconta Carlotta, ma poiin casa parlano quasi sempre di

Cocca in pochi anni è diventatavicecampionessaitaliana individualee campionessaitaliana a coppie(insieme a MircoGaravaglia), è membro fissodella squadranazionale. «Ci alleniamo trevolte la settimana -racconta Carlotta -,ma poi in casa va a finire cheparliamo quasisempre di bocce,studiamo gli errori per migliorare tecnica e tattica e guardiamo le partite»

Carlotta e papà Davide

vogliono qualificarsi alla

Paralimpiadi di Parigi

2024. Grazie a una

volontà di ferro e a tanto

allenamento insieme

(foto Max Ferrero)

Bocce in carrozzina, uno sport per tuttisono ben 120 gli atleti tesserati in Italia

È uno sport per persone con disabilità fisica grave e gravissima,praticato in carrozzina con bocce morbide e facilmente impugna-bili. Si gioca in palestra su un campo lungo 12 metri e mezzo elargo 6; l’obiettivo è avvicinare quante più bocce possibile delproprio colore (rosso o blu) al boccino (detto Jack, di colore bianco).È uno sport emergente che prevede diverse categorie definite inbase al tipo di handicap del giocatore. La categoria BC3 comprendele patologie più gravi, persone che non riescono a tenere la bocciain mano e, aiutate da un assistente, giocano con una rampa e unpuntatore. La boccia paralimpica è all’interno della Federazioneitaliana bocce (Fib) e conta su 120 atleti. Carlotta Visconti fa partedella società Us Acli Asd Sportento Bocciabili Torino, che promuovela boccia paralimpica in Piemonte e nel 2019 ha organizzato a To-rino il campionato italiano.Per saperne di più: www.federbocce.it

LA SCHEDA

bocce, studiano gli errori e le tec-niche per migliorare la tatticaguardano partite, «dopo un po’ iodico “basta bocce, parliamo d’al-tro”, perché io ho anche altri inte-ressi» sottolinea decisa Carlotta.In questi anni, infatti, ha consegui-to una laurea triennale in Scienzedell’Educazione e si è iscritta aScienza della Comunicazione.

«Mi è capitato in partita di du-bitare per una sua decisione cheinvece si è poi dimostrata corretta– osserva Davide –, questo perchélei ormai ha una visione da atleta eanche una buona dose di coraggionel rischiare alcuni colpi. Perciò homassima fiducia nel suo modo ditirare, sa bene cosa deve fare, ci al-leniamo più sulla tattica e la lettu-ra della partita».

Questa crescita è passata ancheattraverso difficoltà e necessarichiarimenti, come ricorda Davide:«Un paio d’anni fa c’è stato un at-timo di crisi tra noi perché io eroun po’ troppo esigente, per cui misono chiesto se lo faceva perché sidivertiva o per dare soddisfazionea me. Ne abbiamo parlato e ci sia-mo chiariti: c’è stato un salto men-tale dell’atleta che ha capito le suepotenzialità». «Ora la penso in ma-niera diversa, ci credo di più, anche

perché sono cresciuta anch’io» ag-giunge Carlotta.

«Non taglio più i capelli»E poi c’è un sogno, un obiettivo co-mune da raggiungere basato su unpatto fatto nel 2015, spiega Davide:«Ho deciso che non mi sarei più ta-gliato i capelli finché non sarem-mo riusciti a partecipare a una Pa-ralimpiade. Quella di Rio 2016 eratroppo vicina, per Tokyo 2020 nonabbiamo raggiunto il punteggionecessario, per cui ora l’obiettivoè Parigi 2024». Dovrà quindi inge-gnarsi a legare i suoi dreads che giàoggi sono lunghi fino a metà schie-na, ma ne vale la pena secondo Da-vide: «Per me è un’esperienza me-ravigliosa, proprio perché realiz-ziamo il sogno di fare questocammino insieme.

Poi con Giorgia, la sorella mi-nore di Cocca che con lei ha unrapporto speciale, siamo riuscitianche a coinvolgere la mamma cheall’inizio si annoiava e oggi è arbi-tro della Federazione, perchéquando ti avvicini a questo am-biente te ne innamori. Il sogno è diarrivare al traguardo lontano, peròanche di accompagnare Cocca nelsuo percorso di crescita, sportivae umana».

TORINO

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5252 Scarp de’tenis marzo 2020

Acisjf gestisce un condominio con seiappartamenti dove sono ospitati donnecon bambini e una comunità di minori

La ricetta di Acisjf:una casa accoglienteper donne e minoridi Cristina Salviati

Donne dalla parte delle don-ne. Questa la ricetta di AcisjfVicenza. «Questo movimen-to di donne forti che aiutanoquelle più deboli – raccontala presidente nazionale Ma-risa Bianchi – si è sviluppatoin un periodo in cui la condi-zione femminile non era pre-sa in considerazione e i ter-mini pari opportunità o lostesso lavoro fuori casa era-no valori ancora sconosciu-ti».Le fondatrici dell’associazionevicentina, nata nel lontano 1908, eb-bero il coraggio di infrangere regolee pregiudizi, esponendosi a critichee incomprensioni.

Oggi Acisjf a Vicenza gestisce unintero condominio con 6 apparta-menti riservati a donne con minorie una comunità educativa diurnaper 10 ragazzi dagli 11 ai 18 anni constorie difficili, segnalati dai servizi.

Quattro educatrici donne se-guono le famiglie e i ragazzi. Il grup-po di minori si raduna per pranzo,dopo la scuola, e viene accolto dallacuoca che si comporta proprio co-me una mamma, curando l’impor-tante aspetto dell’alimentazione,ma insegnando anche il rispetto e ilpiacere di stare a tavola insiemeparlando un po’ di tutto. «Lo starea tavola tutti insieme – spiegano leeducatrici – è un momento impor-tante che i ragazzi apprezzano mol-to anche perché in questo contestohanno modo di sfogare tristezze efatiche senza sentirsi giudicati».Dopo un inizio così, intimo e di qua-lità, il resto del pomeriggio scivolaquasi senza intoppi.

Regalare la voglia di vivere«In realtà – continuano ancora leeducatrici – si tratta di giovani conproblemi molto complessi e storiedolorose che richiedono l’allonta-namento dalla famiglia almeno pertutto il pomeriggio. È difficile scal-fire certe ferite, ma quello che ciproponiamo in Acisjf è proprio riu-scire a restituire gioia, voglia di vi-

vere e di impegnarsi a chi non si dàpiù nessuna chance di riuscita». Do-po il pranzo e dopo aver sparecchia-to arriva l’ora dello studio: un grup-po di volontari aiuta i ragazzi a farei compiti e a rivedere quello che du-rante la mattina può essere sfuggitoo non capito bene. Il centro funzio-na anche durante le vacanze e pro-pone attività durante la chiusuradelle scuole. Quello che i ragazzi ap-prezzano maggiormente è la vacan-za comunitaria a Rimini.

«Uscire dalla propria situazionedifficile – commentano le educatri-ci – consente di rilassarsi e trovareun po’ di serenità. Per questo pro-poniamo spesso anche altre gite diuno o due giorni, in modo da spez-zare il ritmo della quotidianità conproposte che trovano sempre ap-provazione nei ragazzi».

Le ferite rimangonoParlare di risultati tangibili per ra-gazzi con tali problemi è un po’ spi-noso, però i frutti di tutto questo la-voro ci sono e spesso si vedono. In-tanto si affezionano moltissimo alcentro e tornano a raccontare i pro-pri problemi o a trovare il persona-le. Insomma come si va da un pa-rente a cui si è affezionati, per ritro-vare quel calore che troppo spessoviene a mancare nella vita di tutti igiorni. «Noi le tamponiamo ma leferite rimangono – concludono leeducatrici – e spesso a chiusura delprogetto proponiamo la terapia conlo psicologo. Alcuni di loro però rie-scono a lasciarsi i problemi allespalle e, in quel caso, i genitori citengono informate dei progressinello studio o nel lavoro».

Il centro oltre che del personalesi avvale anche dell’aiuto di nove vo-lontari tuttofare e di consiglieri cheper tre anni si dedicano alla parteistituzionale e di rappresentanza.«Ma gli aiuti non bastano mai – av-verte il presidente Pierluigi Piazza –e cerchiamo sempre nuovi soci enuovi volontari». Il centro è sempreaperto ed è possibile anche assisterea spettacoli, partecipare a convegnio ad eventi che vengono propostidurante l’anno. Info telefonare al 347.7521636 (lunedì,

mercoledì e venerdì mattina)

VICENZA

L’associazione vicentina,

nata nel lontano 1908,

continua a garantire

assistenza di qualità

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5353marzo 2020 Scarp de’tenis

Il servizio accoglie chi necessita di unperiodo di convalescenza o chi non può assolutamente rimanere in strada

Un rifugio sicuroper senza dimoracon problemi di salutedi Elisa Rossignoli

A Verona durante il periodoinvernale (da fine novembrea fine marzo), l’accoglienzaper le persone senza dimoradiventa più ampia che neglialtri mesi dell’anno. Ci sonopiù posti nelle strutture e siallargano i criteri di acco-glienza per poter raggiunge-re il più persone possibile.

Quest’anno nella città scaligera,oltre a tutto questo, che segue unaprassi ormai consolidata da anni,c’è una novità: una struttura di ac-coglienza per senza dimora conproblemi di salute. Si trova in viaCorbella, nella frazione di Cadida-vid, ed è aperta 24 ore su 24.

«Il servizio di via Corbella nascedalla collaborazione fra l’ufficio ac-coglienza del Comune di Verona,con le assistenti sociali Chiara San-toro e Valentina Maraia, la casa ac-coglienza Il Samaritano (Caritas di

Verona) e la Fondazione Pia OperaCiccarelli – spiega Alessandro On-garo, referente del progetto per IlSamaritano –. Il Comune si prendecarico della struttura e delle utenze,Il Samaritano contribuisce con isuoi operatori e dalla Pia Opera, en-te specializzato nell’assistenza aglianziani, arrivano operatori socio-sanitari e infermieri. Il servizio ac-coglie persone in stato di gravemarginalità in dimissione dal-l’ospedale che necessitano di unperiodo di convalescenza o chepresentano problemi sanitari talida non poter essere accolte nei dor-mitori e tantomeno rimanere instrada». Gli ospiti entrano su se-gnalazione dei servizi o dello spor-tello accoglienza.

Assistenza professionale«Gli infermieri –dice Moreno Mas-sagrande, operatore a cui competeanche l’organizzazione dei turni dioperatori e volontari –monitoranola situazione sanitaria e l’autosom-ministrazione dei farmaci. Gli ope-ratori socio sanitari si occupanodell’igiene della persona e dell’am-

biente. Gli operatori de Il Samari-tano si occupano dell’accoglienza edelle notti. Quando è necessario unaccompagnamento fuori dallastruttura per visite mediche o tera-pie, vengono coinvolti i volontaridella Ronda della Carità, che cono-scono queste persone per averle in-contrate nel loro giro in strada dinotte. Spesso, però, i nostri ospiti sigestiscono in autonomia anche icontrolli in ospedale. Sono quasitutte persone seguite da anni e chesanno muoversi sul territorio. Almomento tra i 22 ospiti ci sonoquattro pazienti oncologici che sirecano periodicamente in ospedaleper le terapie». Talvolta, succedeche ci siano altri ospiti che li accom-pagnano per far loro compagnia.

«È un’esperienza del tuttonuova ma molto positiva– spiegaMara, operatrice socio sanitariache dall’assistenza agli anziani ètra coloro che dall’inizio fa servi-zio in via Corbella –. Un lavoro tut-to da costruire e che mette allaprova, ma tira fuori risorse nuove,anche nel rapporto con gli ospiti.Con molti di loro la relazione pas-sa attraverso il fare le cose insie-me, che sia mettere a posto le sedieo preparare i vassoi per la meren-da, sono felici di rendersi utili».

Kwaku ora è come a casaUn volto fra tanti e quello di Kwaku.Nato in Ghana e migrato a Veronaparecchi anni fa, da più di dieci anniè seguito dai servizi e gravita intor-no ai dormitori. È una personaquieta e ama il tè con i biscotti. Par-la poco e lo contraddistingue unacerta lentezza nel muoversi e nel fa-re le cose, dovuta anche alla sua sa-lute precaria. Un giorno stava peressere multato su un autobus per-ché senza biglietto, quando inveceaveva l’abbonamento, ma non erain grado di dirlo e aveva bisogno delsuo tempo per mostrarlo al con-trollore. La sua salute in questi anniè peggiorata. Dopo l’ennesima di-missione dall’ospedale è stato ac-colto nella casa di via Corbella. Sene sta tranquillo da solo ma, comesempre, racconta Mara, «davanti altè con i biscotti è contento e sorri-de». Come a casa.

VERONA

La sala da pranzo della

struttura di via Corbella,

per senza dimora

con problemi di salute

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5454 Scarp de’tenis marzo 2020

Ha commesso errori in gioventù e havissuto quattro anni a San Patrignano.Ora offre opportunità ai più giovani

Vito non si droga piùÈ diventato editore E crede nei giovanidi Stefania Marino

La sua è una storia di corag-gio e di riscatto. Una di quellestorie che profumano di spe-ranza e che insegnano il valo-re della vita. Il suo nome è Vi-to Pacelli e di lui si può direche ce l’ha fatta. Giovane uomodel sud e soprattutto giovanissimoeditore. Ha una storia personalecomplessa che si può racchiudere inuna meravigliosa sintesi di riscattosociale. Ad un certo punto della suavita, da ragazzo, ha conosciuto la di-pendenza. Ma ha affrontato questomondo distruttivo entrando nellaComunità di San Patrignano.

Vito, ci racconti come sonostati questi anni e che tipo dilavoro hai fatto su te stesso.

Come titolare della casa editriceBookSprint Edizioni, sono orgo-glioso di poter dire che in pochi annidall’inizio della nostra avventura

editoriale, abbiamo ottenuto degliottimi risultati di critica e di pubbli-co ma non è andata, ahimé, semprecosì. Nella vita ho conosciuto lasconfitta, la sofferenza, l’ingiustiziae il pregiudizio degli altri. Ma ho an-che trovato la forza di rialzarmi, nelmomento in cui sono entrato a SanPatrignano, dove attraverso un per-corso di crescita interiore durato 4anni, ho ripreso in mano la mia vita.Anni in cui ho dovuto guardarmidentro e superare dei conflitti conme stesso, accompagnato sempredal sostegno e dall’affetto dei mieicompagni di viaggio all’interno del-la comunità, luogo con cui conservoun legale indissolubile.

Quando hai lasciato San Patri-gnano hai deciso di ritornarea San Gregorio Magno, pro-prio nel luogo dove avevi vis-suto le tue difficoltà adole-scenziali. Perché ricominciareproprio da qui?

Quando sono andato via dalla miaterra ho conservato dentro di meuna profonda voglia di riscatto,oltre a voler offrire ai giovani del

territorio una possibilità di lavoroconcreta. Tutto questo è statopossibile grazie alla forza del web,volendo dimostrare come oggi siapossibile fare business anche sulcucuzzolo di una montagna. Nona caso la mia casa editrice nasce esi sviluppa interamente su inter-net, avendo però sede a Romagna-no al Monte, un borgo di circa 400abitanti.

Grazie a questa realtà impren-ditoriale permetti ai giovani dilavorare con te e di non emi-grare. Quanto è importanteoggi, da uomo del sud, contri-buire alla crescita economicae sociale del proprio territo-rio?

Per quanto è in mio potere e conprofonda umiltà, a parità di profes-sionalità, amo scegliere dalle mi-gliaia di curriculum che ricevo sem-pre giovani del mio territorio. Infat-ti il mio team è costituito da circa 20persone del luogo, quasi tutte al disotto dei 40 anni.

Guardando indietro alla tuavita, ritieni che oggi la società,la famiglia, la scuola, prestinola giusta attenzione al disagiogiovanile e ancora di più siasufficientemente alta l’atten-zione al dramma delle droghee alle sue conseguenze?

Oggi, più che in passato, sono con-vinto che la massima attenzione eresponsabilità debba essere in pri-mis quella della famiglia. Viviamo inuna società malata e dalle sfaccet-tature complesse a cui non è possi-bile delegare la crescita dei nostri fi-gli senza un giusto supporto all’in-terno del nucleo familiare. Bisognache sia chiaro e marcato il messag-gio che la droga non potrà mai daredelle risposte ai conflitti che ci por-tiamo dentro. Tra le mura domesti-che cerchiamo con i nostri figli disviscerare i problemi, insegnando-gli che vanno sempre e comunqueaffrontati. Senza delegare ad altri.Solo allora la crescita sarà reciprocae ci permetterà di affrontare con piùcoscienza e determinazione gliostacoli che la vita pone davanti atutti noi.

SUD

Dopo un passato di droga

e dipendenza oggi Vito

Pacelli è diventato

editore ed imprenditore

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5555marzo 2020 Scarp de’tenis

A Berlino i senza tetto sono pochi:in strada vivono “solo” 800 persone

VOCI DALL’EUROPA

diMauro Meggiolaro

Sono stati contatiappena 1.976 senzadimora, mentrefinora tutte le stimeparlavano di unnumero variabile tra 6 mila e 10 mila.Solo 807 si trovavanoper strada, mentre 942 erano nei rifugidella Kältehilfe(aiuto per il freddo).Sono le stimecircolate finora a non essereattendibili: si basavanosul numero totale di persone senzaalloggio, compresequelle che vivono in cantine o mansardeo dormonosui divani di amici o conoscenti

Il 29 e 30 gennaio scorsicirca 2.700 volontari, divisiin 500 gruppi, hanno setac-ciato palmo a palmo tutto ilterritorio comunale di Ber-lino per censire i senzatetto.Hanno passato in rassegnale stazioni dei treni e dellemetropolitane, le strade delcentro e delle periferie, lestazioni di polizia e i dormi-tori. I risultati del censimen-to, il primo nel suo generenella storia della città, sonostati resi noti dall’assessora-to all’integrazione, lavoro esociale, che ha promossol’iniziativa, agli inizi di feb-braio.

I numeri diffusi dall’assessoradella Linke (sinistra) Elke Breiten-bach, hanno sorpreso un po’ tutti:alla fine sono stati contati appena1.976 senza fissa dimora, mentre fi-nora tutte le stime parlavano di unnumero variabile tra 6 mila e 10 mi-la. Solo 807 si trovavano per strada,mentre 942 erano nei rifugi dellaKältehilfe (aiuto per il freddo), or-ganizzati dalla Caritas e dalla Dia-konie (chiese evangeliche) e 158nelle stazioni. Delle persone incon-trate per strada, 288 hanno rispo-sto a domande sulla propria situa-zione, di questi l’84% erano ma-schi, il 39% tedeschi e il 49% diPaesi dell’Unione Europea.

Numeri sovrastimatiChi non è rimasta sorpresadai numeri è Susanne Ge-rull, ricercatrice che studiala povertà e ha fornito unabase scientifica al censi-mento, utilizzando un me-todo già impiegato a NewYork e in alcune città euro-pee. «Sono le stime circolatefinora a non essere attendibili», haspiegato Gerull.

«Si basavano sul numero totale dipersone senza alloggio, compresequelle che vivono in cantine o man-sarde o fanno couchsurfing, cioèdormono sui divani di amici o co-noscenti. Noi abbiamo contato so-lo chi sta effettivamente per stradao nei rifugi e dormitori».

E quindi, in definitiva, chi si tro-va sull’ultimo gradino in un’ipote-tica scala del disagio e si trova espo-sto al freddo, alla pioggia, alla man-canza di igiene e di privacy.

Misure da modificare«Il nostro scopo era quello di veri-ficare, numeri alla mano, fino a chepunto sia necessario modificare lenostre misure di assistenza ai sen-zatetto – ha dichiarato l’assessoraBreitenbach durante la conferenzastampa –, perché sappiamo chenon sempre raggiungono le perso-ne. Abbiamo accantonato 8,9 mi-lioni di euro del budget regionale(Berlino è una città-regione, ndr)e ri-sorse aggiuntive per progetti pilo-ta». Per la ricercatrice Susanne Ge-rull bisognerebbe migliorare al piùpresto l’assistenza da parte da ope-ratori di strada madrelingua, peraiutare i troppi senza dimora daPaesi Ue, buona parte dei quali ar-riva dall’Europa dell’est e non è aconoscenza di servizi di assistenza.Il prossimo censimento è previstoper la primavera/estate del 2021 eci si aspettano numeri più elevati.

«È noto che in estate le condi-zioni delle strade sono migliori e lascena è diversa», ha spiegato Ge-rull. Anche perché si aggiungereb-bero molti non berlinesi e alcuni diquelli che si sono nascosti durantequesto primo censimento potreb-bero accettare di farsi contare.Sempre che la barriera di diffiden-za, che ancora circonda le istituzio-ni pubbliche cittadine, riesca ad es-sere abbattuta.

Mauro Meggiolaro, nato

a Verona nel 1976. Ha lavorato

per banche e finanziarie

etiche in Germania e a Milano

(Etica Sgr, Banca Etica).

Azionista critico alle

assemblee di Enel ed Eni,

nel 2009 ha creato la società

di ricerca Merian Research.

Scrive anche per Valori

e Il Fatto Quotidiano. Nel 2013

è tornato a vivere a Berlino.

scheda

I senza dimora accolti nelle strutture

della Kaltehilfe censiti sono 942

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56 Scarp de’tenis marzo 2020

di Andrea Barolini

Un altro obiettivo ambizioso che si è fissato il quotidianobritannico è quello di raggiungere la carbon neutralityentro il 2030. Una scelta di enorme portata

Ventuno come il secolo

nel quale viviamo, come

l’agenda per il buon vivere,

come l’articolo della

Costi tuzione sulla libertà

di espressione.

Ventuno è la nostra idea

di economia. Con qualche

proposta per agire contro l’in-

giustizia e l’esclusione sociale

nelle scelte di ogni giorno.

scheda

Non si può lavorare percombattere i cambiamenticlimatici e, al contempo,fare affari con le aziendeche quei cambiamenti cli-matici contribuiscono adalimentarle. È sulla base diquesto principio che il manage-ment del quotidiano inglese TheGuardianha assunto una decisio-ne unica nel mondo dei grandimezzi d’informazione interna-zionali: non accettare più alcunaforma di pubblicità pagata dacompagnie petrolifere e del gas. Si tratta di una decisione che,

secondo quanto riferito dallastessa direttrice generale AnnaBateson e dal responsabile degliintroiti Hamisch Nicklin, è detta-ta dalla necessità «di contrastaregli sforzi condotti da decenni danumerosi soggetti del settoredelle fonti fossili, al fine di impe-dire ai governi del mondo interodi adottare delle misure signifi-cative in materia di clima». Una scelta obbligata, hanno

Scelta fuori dagli schemi del quotidiano inglese.

In nome della battaglia per combattere il cambiamento

climatico, rinuncia alle inserzioni a pagamento e a fare affari

con le compagnie petrolifere e del gas

Il Guardiandice stopalle pubblicità di petrolio e gas

VENTUNO

aggiunto i due dirigenti, ricor-dando che quella volta a limitarela crescita della temperatura me-dia globale rappresenta «la sfidapiù importante della nostra epo-ca». Il Guardian ha annunciato la

decisione alla fine dello scorsomese di gennaio, con effetto im-mediato. Ciò al fine di centrareun altro obiettivo ambizioso chesi è fissato il quotidiano britanni-co: quello di raggiungere la car-bon neutrality entro il 2030. Ov-vero far sì che il quantitativo diemissioni disperse nell’atmosfe-ra a causa di tutte le attività col-legate alla pubblicazione del gior-nale siano compensate da azionidi contrasto ai cambiamenti cli-matici. E la scelta assume quindiparticolare importanza. Non a caso, anche la giovane

attivista Greta Thunberg, leaderdel movimento FridaysForFuture,ha accolto con favore la svolta,invitando al contempo anche glialtri grandi media a fare altret-

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57marzo 2020 Scarp de’tenis

«Il nostro modello di finanziamentorimarrà precarioper il prossimoanno», dicono i responsabili del quotidiano.Per questo motivola scelta effettuatanon è certamenteuna sceltaindolore

tanto: «È un ottimo inizio: chi fa-rà ancora di più?», si è chiesta lamilitante svedese. Allo stessomodo, Mel Evans, dirigente delladivisione inglese dell’associazio-ne ambientalista Greenpeace, haspiegato: «Siamo di fronte ad unmomento decisivo: il Guardiandeve essere applaudito per que-sta iniziativa coraggiosa, chepunta a togliere legittimità alleenergie fossili».

La scelta del quotidia-no – che ha fatto sapere divolerla applicare a tutte leimprese che, a qualunquetitolo, sono implicate nel-l’estrazione e nello sfrutta-mento delle fonti di ener-gia fossile (e dunque nonsolo alle grandi compa-gnie) – non sarà tuttavia in-dolore per il gruppo.

«Il nostro modello di finan-ziamento rimarrà precario per iprossimi anni», hanno ammessoBateson e Nicklin. Basti pensare,infatti, che la pubblicità, fino ad

REUTERS/L

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58 Scarp de’tenis marzo 2020

oggi, ha garantito una quota paria circa il 40% degli introiti totali.E una parte non indifferente ditale percentuale è legata proprioagli spazi ceduti alle compagniepetrolifere e del gas.La speran-za dei dirigenti del quoti-diano è che una scelta cosìnetta possa convincere al-tri inserzionisti, più sensi-bili alla questione climati-ca, ad acquistare spazipubblicitari. Ma è molto pro-babile che, anche qualora arrivas-sero, non saranno in grado di so-stituire finanziariamente i man-cati introiti. Ciò nonostante, secondo il

Guardian la questione climatica è

La questioneclimatica è talmenteimportante da superare anche le necessitàeconomicheaziendali

Per il quarto anno consecu-tivo, l’organizzazione nongovernativa Care ha pub-blicato un rapporto che re-censisce le dieci grandi cri-si umanitarie «dimentica-te» dai media di tutto ilmondo. Il documento, intitola-to Suffering in Silence, ha elencatoi casi che non hanno trovato spa-zio nelle pagine dei giornali, senon in minima parte. Per ottenerela lista, l’associazione ha recensi-to 2 milioni e 400 mila articolipubblicati dalla stampa, nel corsodel 2019, in cinque lingue (ingle-se, tedesco, francese, spagnolo earabo).

Il dato che più di ogni al-tro salta all’occhio è quellogeografico: ben nove delledieci crisi umanitarie elen-cate da Care si sono verifi-cate in Africa. Inoltre, ben seierano già presenti nei rapporti del2017 e del 2018. Il primo caso citato è quello

del Madagascar: uno dei Paesi piùpoveri del mondo, nel quale or-mai da anni si registra una gravis-sima crisi alimentare. Circa l’80%della popolazione, infatti, vive diagricoltura. E la nazione ancoranon è riuscita a riprendersi dalledevastanti inondazioni che, nel

VENTUNO

Dal Madagascar al Burundi le dieci crisi umanitariedimenticate dai media

Un dato geografico che deve far riflettere:

nove delle crisi umanitarie più devastanti

si sono verificate in Africa. Sei di queste erano

già presenti nei rapporti del 2017 e del 2018.

talmente prioritaria da superareanche le necessità economicheaziendali. «Da troppo tempo – haaggiunto Evans – colossi dei com-bustibili fossili come British Pe-troleum e Shell, che rappresenta-no la causa della crisi climaticache stiamo affrontando, hannoeffettuato operazioni di greenwa-shing, mentre in realtà hannocontinuato ad investire il 97% deiloro bilanci nel petrolio e nelgas». La svolta del Guardian, tutta-

via, sarà davvero utile soltanto sea seguirne l’esempio ci sarannoaltri grandi mezzi d’informazio-ne. I grandi giornali italiani sonopronti a raccogliere la sfida?

Un impianto

di raffinazione

del petrolio.

Sotto. Volontaria

della Croce Rossa

distribuisce pasti

nel villaggio

di Kizimba in Congo

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59marzo 2020 Scarp de’tenis

Il primo casocitato è quello del Madagascar,uno dei Paesi più poveri del mondo,nel quale ormai da anni si registra una gravissimacrisi alimentare.Circa l’80% della popolazionevive infatti di agricoltura

da o Repubblica Democratica delCongo). E l’Eritrea, nella quale ilproblema della fame ha assuntoconnotati drammatici: la nazioneriesce a produrre ogni anno sol-tanto tra il 20 e il 70% di quantonecessario per sfamare la propriapopolazione. A ciò si aggiunge unterritorio pieno di bombe ine-splose e mine, dopo anni di guer-re con i Paesi vicini, in un conte-sto di ragazze costrette a matri-moni forzati, mutilazioni genitalie gravidanze precoci. Il rapporto dell’associazione

Care elenca infine la mancanza diacqua potabile in Corea del Nord,la siccità e le inondazioni in Ke-nya, i matrimoni forzati in Burki-na Faso, la crisi alimentare inEtiopia e quella nel bacino del la-go Ciad (che coinvolge Niger, Ni-geria, Camerun e Ciad), nel qualesi vive tra conflitti armati e man-canza di cibo. «Il fatto che questenotizie non siano presenti sui me-dia internazionali rende difficileraccogliere fondi e mobilitarsi peraiutare queste persone», sottoli-nea l’organizzazione non gover-nativa. Sostenere i popoli più sfortu-

nati della Terra, dunque, passaanche dalle scelte che si effettua-no nelle riunioni di redazione.

d’informazione. Dall’altra, la re-lativamente scarsa estensionegeografica degli stessi. Ciò nono-stante, però, il numero di personecoinvolte rimane altissimo: com-plessivamente, il rapporto indicache sono 51 milioni gli esseri uma-ni scomparsi dai radar mediatici. Gli altri quattro principali casi

elencati nel documento riguarda-no la Repubblica Centrafricana,nella quale 1,8 milioni di personesoffrono la fame; lo Zambia, nelquale 2,3 milioni devono fronteg-giare una crescita del prezzo delgrano che ha toccato il 70% in unanno. Quindi il Burundi, anch’esso

colpito da problemi di accesso alcibo, con più di 430 mila personeche si sono viste costrette a mi-grare o a in altre aree del Paese oin nazioni vicine (Uganda, Ruan-

LA SCHEDA

biennio 2016/2017 – aggravate dalfenomeno El Nino – hanno colpi-to il territorio. Fenomeni seguitida anni di mancanza quasi totaledi precipitazioni: tanto che oggi2,6 milioni di abitanti subisconole conseguenze della siccità e piùdi 900 mila persone non hanno adisposizione quantitativi suffi-cienti di cibo. Una situazione devastante, ma

che è stata oggetto di soli 612 ar-ticoli nel 2019: «Per avere un ter-mine di paragone, la guerra in Si-ria è stata trattata più 425 milavolte», precisa l’organizzazionenon governativa. Secondo la qua-le a far dimenticare le crisi sonosoprattutto due elementi: da unaparte il fatto che si tratta di eventiche durano da molto tempo, e chedunque vengono via via trattaticon più disattenzione dai mezzi

REUTERS/Loren Elliott

Badylon Kawanda Bakiman/IPS

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61marzo 2020 Scarp de’tenis

CALEIDOSCOPIO

Haruna e la sua kora cantano l’Africa«Mi chiamo Haruna Kuyateh, sono un griot, e questo strumento, costruito da me, è una kora». Il griot in Africa è

una figura importante e di rispetto perché racconta e tramanda le gesta degli antenati e le tradizioni del villaggio mentre la kora è unostrumento musicale molto diffuso in Africa Occidentale. «La cassa di risonanza – dice – è una mezza zucca svuotata ricoperta di pelle dimucca; sul manico, di legno di ciliegio o altro legno resistente, ci sono almeno 21 corde che vengono pizzicate con pollice e indice». Natoin Gambia trentatré anni fa, Haruna è cresciuto coi nonni e fin da bambino allenava le dita con una piccola kora. Nel 2014 è arrivato aMilano e, non avendo molte esperienze lavorative, è diventato un musicista di strada. «Mi trovo bene in strada, mi fanno anche i compli-menti. Una volta una ragazza che non aveva soldi mi ha regalato dei fiori…». Ha suonato a Rimini, a Venezia, in Svizzera e in Francia. «Mipiacerebbe un giorno fare un grande spettacolo e suonare in piazza Duomo con tantissima gente». Antonio Vanzillotta

Haruna e la sua kora

all’opera in centro

a Milano. «La strada

mi piace. La gente

mi fa i complimenti

per la mia musica»

INCONTRI LABORATORI AUTOBIOGRAFIE

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62 Scarp de’tenis marzo 2020

Maria Laura Antonini, scrittrice e avvocato è stata inter-vistata dai nostri redattori di strada. Gli articoli sono la cro-naca dell’intervista, arricchiti da due racconti nati nel la-boratorio di scrittura narrativa durante il quale abbiamopreso spunto dal suo racconto Ciottoli di mare in fondo allapentola tratto dal volume Modalità provvisoria (Heliconeditore).

Maria Laura Antonini ci ha raccontato che ama molto il suo lavoro diavvocato che svolge con passione. Quando ha cominciato ad esercitare laprofessione viveva a Napoli e seguire i processi nella nostra città è statomolto importante per la sua formazione lavorativa. Poi si è trasferita inUmbria, la sua regione d’origine, e il suo lavoro è un po’ cambiato perchéPerugia è una città piccola e i processi sono molto diversi da quelli napo-letani. Preferisce le cause penali ma segue anche quelle civili. I casi di cuisi interessa a volte offrono lo spunto per i suoi racconti. Mi ha colpito moltoquando ha spiegato il senso del suo lavoro: «fare l’avvocato – ha detto –significa difendere le persone, non i reati». Ama molto leggere e ha semprescritto per puro piacere fino a quando, partecipando a dei concorsi lette-rari, ha avuto l’occasione di pubblicare i suoi racconti e i suoi romanzi. Sic-come ha vissuto molti anni a Napoli, dove sono nati i suoi due figli che par-lano napoletano e tifano per la squadra della nostra città, le abbiamo chie-sto com’è stato per lei che veniva da una città di provincia, vivere in unarealtà complicata come la nostra. «Amo molto Napoli –racconta –perchéè una città che non ti fa sentire mai sola. Per questo ci torno volentieri ognivolta che posso. Le strade di Napoli sono luogo di incontro anche tra per-sone che non si conoscono; in Umbria c’è più solitudine e la mentalità èpiù provinciale, per questo si è più diffidenti».Sergio Gatto

Maria Laura Antonini,una scrittrice con la toga

Una bella foto

di Maria Laura Antonini,

umbra di nascita ma

napoletana d’adozione.

A destra le copertine

di due dei sui libri

PAROLE

Veronica vive sull’isola

da sempre. Aveva una pic-

cola casa sulla scogliera

dove c’era un grande

faro di colore rosso che

illuminava la sua graziosa

abitazione. Viveva lì

da quando era nata

e vedeva questo panorama

ogni mattina. L’unico

rumore che percepiva erano

le onde del mare, l’ululato

del vento e il suo cane

abbaiare. Veronica poteva

solo sentire e odorare,

ma non vedeva. Era cieca.

Ma sapeva che lì fuori

c’era il paradiso.

Ascoltava il mare come

se le parlasse, era diventato

il suo migliore amico.

Un pescatore un giorno

si innamorò perdutamente

della sua bellezza,

dei suoi occhi neri e grandi

e dei suoi capelli lunghi.

Ogni mattina andava

a pescare proprio

di fronte a casa di Veronica.

Il suo cane, nel vederlo,

abbaiava, lei usciva

dalla porta secondaria

che si affacciava sul mare

e iniziava a cantare. Una

voce che richiamava gli uc-

celli e il sole. Fu per quello

che il pescatore si innamorò,

ma quando, finalmente

si avvicinò a lei per donargli

dei pesci, capì che lei

non poteva vederlo.

Il pescatore se ne andò

rassegnato e col viso triste;

Veronica morì sulle onde

del mare facendo un tuffo

sulla scogliera perché il suo

unico amore era il mare.

Il faro non risplende più

sulla sua meravigliosa casa.

Anche il cane non abbaia

più. Tutto intorno alle cose

c’è solo silenzio.

Maria Esposito

Veronica che ama il silenzioStoria di un amore impossibile

PAROLE

PAROLE

Viveva su un’ isola

da sempre in compagnia

della sua lepre

la chiamava Bianconiglio

e le chiedeva

sempre un consiglio,

non era il Cappellaio Matto

che raccontava lo stesso fatto.

C’ era l’ uccello marino

che poi l’isola lasciava

gli piaceva il pesce

con il rosmarino,

sorrise al vigneto

e alla strada in salita

e da lontano saluta

la città mai vissuta

con le luci belle accese

tra la gente non si arrese.

E mentre lui cammina

si è fatta già mattina

e in fondo al viale

da lontano vede il mare.

Massimo De Filippis

Vivere alle Hawaii

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NAPOLI

Maria Laura Antoninitramite i suoi libri si immer-ge nel senso delle cose. Lei èun’indagatrice dei senti-menti e cerca di fare chia-rezza sulle reali intenzionidelle stesse. È alla continuaricerca di significati. Il suoscrivere la conduce a scan-dagliare l’animo umano.Una delle sue più grandiabilità consiste nel metterea nudo l’interiorità, la parteumana sconosciuta ai più.

Ha scritto e pubblicato una rac-colta di racconti intitolata Modali-tà provvisoria e due romanzi L’ulti-ma domenica d’inverno e Un colpod’ala all’improvviso. Nelle sue pa-gine soffia aria di libertà, ma si av-verte una prepotente esigenza dicapire ciò che di primo acchitosfugge ad ogni tentativo di analisi.Maria Laura è un’esaminatrice at-tenta, dotata di precisione e peri-zia, capace di lumeggiare a suffi-cienza le ragioni che spingono unessere umano ad agire in un modopiuttosto che in un altro.

Mi piacciono le sue fantasiosemetafore, che sono come lo zuc-chero nei dolci. Estrose sono le suedescrizioni dell’amore quale sen-timento fornito di una forza di-rompente tale da sfuggire ai con-trolli della ragione. Parla a più ri-prese dell’ansia che riesce atarparci le ali, a bloccarci nella pa-lude delle paure senza fondamen-to. Descrive e spiega il comporta-mento della gente, degli umani, manon tralascia di esprimersi sullacondotta degli animali.

Per esempio, nel suo romanzopiù noto, parla a più riprese dei ca-ni. Di uno di questi esemplari dice:“Il cane cominciò a guaire in modo

Maria Laura Antonini è capace di mettere dentro i suoi

racconti, le sfaccettature delle persone che ha incrociato

Una scrittrice che racconta storie capaci di far riflettere

63marzo 2020 Scarp de’tenis

In un passato abbastanza lontano, su un’isola scarsamente abitata, viveva una bella donna di nome

Veronica. L’isola si chiamava Vegetanniglia e i tremila residenti conducevano un’esistenza serena

e vegetanigliosa. La nostra donna conduceva una vita misteriosa. Si alzava ogni mattina alle 5 e chiamava

quest’ora l’ora della vittoria. Seguiva una precisa routine: ogni 20 minuti faceva qualcosa di diverso.

Nei primi 20 minuti faceva attività fisica, nei successivi leggeva un libro e prendeva appunti, nei restanti

20 minuti della prima ora scriveva i principali impegni della giornata. Insomma era la pianificazione

in persona e lasciava al caso ben poche cose. Dalle 6 alle 6 e 20 si dedicava all’igiene personale, dalle 6

e 20 alle 6 e 40 faceva una sana colazione con una mela e un bicchiere di caffè d’orzo. Dalle 6 e 40 alle 7

faceva una serie di esercizi ginnici a suo piacimento. Dalle 7 alle 7 e 30 portava Legnetta, il suo cagnolino,

a fare la passeggiata mattutina. Dalle 7 e 30 alle 8 faceva il bucato. Dalle 8 alle 9 rassettava la casa in ge-

nerale. Dalle 9 alle 10 usciva a fare compere e commissioni. Sull’isola nessuno commetteva reati, i citta-

dini vivevano tranquilli e in armonia. Ogni cosa funzionava egregiamente e quando un turista veniva

a visitare quei posti, ben presto si rendeva conto di essere capitato in un paradiso. Veronica era molto

amata, stimata e ricercata. Tanti si rivolgevano a lei per un consiglio, per conoscere una gustosa ricetta

o per vedere cosa dicevano i tarocchi. Pur essendo una donna dal fascino prorompente e piena di evidente

bellezza fisica, all’ età di 25 anni era ancora zitella. Ciò malgrado era felice, si sentiva realizzata e avver-

tiva che le non le mancava nulla di essenziale. Veronica era un sicuro riferimento per chi era in cerca

di un lumicino di saggezza, di un sorriso di simpatia, di una spinta di incoraggiamento. Insomma, Vero-

nica era un’esperta di autentiche e valide relazioni umane. Era soprannominata, la maga meravigliosa.

Daniele Barbarotto

PAROLE

Storia di Veronica, la maga meravigliosa

strano, una specie di triste lamen-to”. Questo si trova scritto nel suolibro Modalità provvisoriae denotail suo talento di osservatrice delmondo degli animali. Secondo me,la Antonini inserisce nei suoi ro-manzi delle belle scintille poeti-che, che diventano un pregevolecondimento letterario. Un suopensiero che mi ha colpito in mo-do speciale è il seguente: «La pauranon fa sconti e non se ne va quan-do glielo chiedi».

Il che sta a significare che conla paura non bisogna scendere acompromessi. La paura va allonta-nata con energica determinazione.Anzi, a volere essere chiari al mas-simo, la paura andrebbe presa acalci nel sedere. Solo un atteggia-mento così risoluto ci consente disbarazzarcene, permettendoci divivere in maniera più libera, auten-tica ed appagante.

Non per piaggeria, ma perchéne sono convinto davvero, asseri-sco che i romanzi di Maria LauraAntonini rappresentano una scuo-la di vita e di introspezione. Lei af-ferma di non avere come obiettivoquello di dare messaggi ai lettori,io invece penso che i suoi libri sia-no pieni di significati.Daniele Barbarotto

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di Salvatore Couchoud

64 Scarp de’tenis marzo 2020

CALEIDOSCOPIO

Igor e Stella, i nomi sono di fan-tasia, sono due homeless larianicon una storia alle spalle fatta diuna lunga stagione di giorni nor-mali a cui ha fatto seguito unalenta caduta, culminata, per en-trambi, nell’improvviso ritrovar-si sulla strada, con tutto il caricodi sofferenze e disagi che la situa-zione comporta. Ma le vicende di Igore Stella presentano alcune particolaritàche meritano di essere sottolineate, per-ché la vita di strada non smette mai distupire, specie quando a dirigerla è la lo-gica dei sentimenti e non quella dei biso-gni primari.

«Sono arrivato dall’Ucraina in Italianel 1998 – racconta Igor – e ho lavoratoper dieci anni in un cantiere edile, primadella grande crisi che ha tagliato le gambeal nostro settore. Abitavo a Como dalleparti di San Bartolomeo, dove abitava an-che Stella, commessa in un negozio di co-smetici. Per anni ci siamo scambiati qual-che sguardo come si fa quando due sco-nosciuti si incrociano per strada, e devodire anche che Stella, non mi aveva maiparticolarmente colpito, forse perchépensavo avesse la tipica superiorità chehanno i borghesi comaschi nei confrontidei lavoratori manuali, per giunta stra-nieri. Ma la vita mi ha fatto ricredere».

A un clochard Vivere nel silenzio dell’ombra

mentre riluce

il firmamento cittadino.

Com’erba fiore, fiume,

uccello, sasso, respiri

nel profondo della vita.

Il sipario della notte ricopre

il quotidiano regolato affanno,

ma né di coltre

né di piume dolcezza

il corpo abbandonato soccorre.

Sognare mondi nuovi

o forse antichi,

ritrovare pianure lontane,

valli, fontane

dove bambino giocavi.

Più vero e più vivo

qui nell’agone di ogni giorno,

nell’azzardo del momento

che si slancia nel vuoto.

Ora il tuo canto vibra

senza sforzo né dolore,

corda tesa e diretta

s’indirizza nel vento.

Chiedono tregua o silenzio

le mani; ma già crolla

nel mistero delle voci

la tua ombra solitaria.

Mara Muti

D’intese viviamo D’intese e non di attese

noi viviamo

e insieme desideriamo

e amiamo

quell’attimo e quel pensiero

a volte errante e pulsante

entro il cuore graffiante

che offusca e annienta

ogni ragion di mente.

Mino Beltrami

Stella, dal canto suo, ha perso il lavorodi commessa nel 2013, quando il negozioha chiuso. Essendo orfana e figlia unica,non è più riuscita a sostenere le spese diaffitto ed è finita prima al dormitoriopubblico, per poi barcamenarsi in altresoluzioni abitative puramente emergen-ziali. «Anche a me Igor non era per nien-te simpatico – racconta Stella – mi sem-brava il classico sbruffone tutto muscolie zero cervello, ma mi sbagliavo».

Un nuovo inizio Questa storia si è conclusa in una freddaserata di novembre del 2018 con il fidan-zamento tra i due, e ne è nata una lovestory tutta speciale che merita di esseresegnalata, anche perché non è la prima el’unica tra gli homeless che vivono sul La-rio. Sono infatti almeno quattro le coppiedi senza dimora che si possono avvistareper le vie cittadine mentre procedonomano nella mano, ma c’è chi è disposto agiurare che siano molte di più.

Per una volta a Como la strada nonracconta dunque drammi di emargina-zione e di solitudine, ma di amore. Che,come hanno raccontato Igor e Stella, nonsarebbe mai stata possibile nell’ambitodelle due vite precedenti alla strada. Sen-za l’incontro propiziato da un destinoche li ha accomunati nella disgrazia, Igore Stella oggi sarebbero soli. Oggi hanno,invece, una nuova opportunità.

Stella e Igor stanno insiemeQuandi l’amore non ha dimora

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65marzo 2020 Scarp de’tenis

Il virus che sta spaventan-do il mondo è ancora pococompreso. Cerchiamo di ca-pire cosa c’è di vero nelle no-tizie che ogni giorno la retee i mass media ci buttanoaddosso. Da settimane siparla solo di Coronavirus e,tra un allarmismo e una ras-sicurazione, è spesso diffici-le capire l’entità del perico-lo. Per fare chiarezza è op-portuno intanto tracciareun identikit di questo virus:i Coronavirus sono infattiuna grande classe di virusche comprende quelli dellanormale influenza, ma an-che gli agenti che provocanola Sars (Sindrome respirato-ria acuta grave).

Il virus che ha invaso le paginedei quotidiani si chiama Covid-19,fa parte di questo secondo gruppoed è un ceppo che è stato identifi-cato per la prima volta lo scorso di-cembre a Wuhan, in Cina. I suoi ef-fetti sulle persone sono piuttosto

variabili e spesso confondibili coni sintomi della normale influenza:tosse, febbre, raffreddore, ma incasi più rari anche polmonite, dif-ficoltà respiratorie e addiritturamorte.

Sconosciuto il ciclo vitalePer evitare eccessivi allarmismi èbene ricordare che l’influenza giàdi per sé provoca, ogni anno, alme-no mezzo milione di morti. Tutta-via questi dati hanno spinto partedella comunità scientifica addirit-tura a sminuire, forse eccessiva-mente, l’entità del rischio portatoda Covid-19. Il problema principa-le non è tanto il fatto che esso siapiù o meno pericoloso rispetto adaltri coronavirus già noti, semmaiil fatto è che ancora non sono chia-ri alcuni aspetti fondamentali le-gati al ciclo vitale del virus. Peresempio i dati disponibili ci diconoche il virus si trasmette da personaa persona attraverso fluidi e partidel corpo contaminate e che so-pravvive solo per poche ore, tutta-

Covid-19, c’è attenzionema nessuna emergenza

schedaFederico Baglioni Biotecno-

logo, divulgatore e animatore

scientifico, scrive sia su testate

di settore (Le Scienze, Oggi

Scienza), che su quelle genera-

liste (Today, Wired, Il Fatto

Quotidiano). Ha fatto parte

del programma RAI Nautilus

ed è coordinatore nazionale

del movimento culturale “Italia

Unita Per La Scienza”, con

il quale organizza eventi contro

la disinformazione scientifica.

di Federico Baglioni

SCIENZE

via non è ancora chiaro il periododi incubazione, che sembra esseretra i 2 e i 14 giorni e i ricercatori ditutto il mondo stanno studiando ilnuovo ceppo e aggiornando incontinuazione i dati. Inoltre non esistono at-

tualmente kit commercialiper l’identificazione del vi-rus né vaccini (quello con-tro influenza e polmonitisono purtroppo specifici),fatto che rende particolar-mente urgente ogni misurautile a scongiurare il diffon-dersi di un’epidemia.

Attenzione però alle informa-zioni false, diffuse su internet. Nonè ad esempio vero che i ristoranticinesi siano pericolosi (tanto me-no i pacchi o le merci provenientidall’Asia), visto che il virus non sitrasmette per via alimentare e haun grado di sopravvivenza moltobasso. Così come è assolutamenteimmotivata la fobia specifica per le“persone cinesi”, dal momentoche è a rischio solo chi ha soggior-nato recentemente in Cina (chepotrebbe tranquillamente averetratti somatici non asiatici). Inol-tre la stragrande maggioranza deicasi di contagio avviene da personeche presentano già sintomi, quindiil rischio di contrarre la malattiaqui in Italia è al momento moltobasso. Al tempo stesso non esisto-no metodi specifici per scongiura-re il contagio, dunque sciacqui alnaso, colluttori, mascherine o ali-menti miracolosi non sono in al-cun modo protettivi, ma servonosolo a far guadagnare chi speculasul timore delle persone.

Italia a basso rischioIn conclusione, il nuovo Corona-virus è un nemico piuttosto im-portante, di cui si sa ancora poco.Fortunatamente, dal momentoche Covid-19 è monitorato dalleautorità, il consiglio è di non farsicondizionare da paure e annuncicatastrofici, ma fare sempre rife-rimento a informazioni riportateda siti attendibili, come l’IstitutoSuperiore di Sanità, che in manie-ra regolare pubblica aggiorna-menti su Covid-19.Info: www.iss.it

Di Coronavirus si parla

tanto, forse troppo in

questi giorni. Il

suggerimento è di

restare tranquilli e

leggere le notizie

su siti affidabili

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66 Scarp de’tenis marzo 2020

C’è sempre un diverso da colpire e insultare

Ma diverso da che cosa?

Dispaccio d’agenzia.“Un’epidemia d’in-fluenza è nata in Texas, pare a causa del con-tagio con armadilli infetti”.Dispaccio 2.“L’epidemia ha colpito all’iniziola Contea di Jasper, ma sarebbe arrivata sino aEl Paso, passando per Monahans e Seminole.Le prime voci, diffuse dalle autorità sanitarie diDallas, parlano di un’infezione simile alla Sarse il rischio di pandemia è alto. I ricoverati sinorasono 7 mila e si contano 135 deceduti”.Dispaccio 3. “L’abitudine di cibarsi di arma-dilli risale all’Ottocento, quando i primi colonitedeschi cominciarono a chiamarlo Panzer-schwein, ‘maiale corazzato’, e lo cacciavano perfarne salsicce. La situazione peggiorò durantela Grande Depressione, quando venne chiamato‘maiale dei poveri’. Recentemente, vista la gran-de proliferazione a causa del riscaldamento glo-bale, l’armadillo è tornato ad essere consumatosulle tavole del Texas e della Carolina del Sud.L’ipotesi è che una tartare di armadillo abbiacontagiato il paziente Alfa”.

Se avessimo letto un’informazione delgenere, ci staremmo a preoccupare? No dicerto: e per due ragioni. La prima è che gliamericani, specie se petrolieri, con il cap-pello da cow boy, simili a J.R. di una delleprime telenovelas, sono praticamente di ca-sa. La seconda è che in Usa la stampa, sia lo-cale sia nazionale, ci avrebbe “raccontato”il possibile, sin dal primo momento.

Se questo meccanismo di tranquillitànon è scattato con la Cina, dipende infattida ragioni opposte: non ci fidiamo della li-bertà di stampa in Cina e non siamo propriosicuri di conoscere i cinesi.

Ma, detto questo, in Italia esiste ed è di-ventata evidente una terza ragione. Ed è perquesta che intorno alla Covid 19, nome mon-diale della malattia nata nella piccola cittàdi Wuhan (appena 11 milioni di abitanti!),sia scattata la psicosi. E cioè, abbiamo a chefare con un’incredibile massa di nostri con-nazionali ignoranti.

Questa massa, via via che dall’alto dellevette della politica si lanciano alcune parole

d’ordine, si muove con una drammatica e ri-petuta ottusità. Fermiamoci a osservare lasituzione. Sono aumentate frasi e azionicontro gli ebrei. Crescono i negazionisti deicampi di sterminio. Si trovano sempre piùspesso insulti contro gli africani. Contro gliomosessuali. I naufraghi vengono qui a fare“la pacchia”. E, da quando c’è l’epidemia, ec-co i nostri compaesani prendersela con ibambini cinesi che vanno a scuola e che par-lano più milanese dei milanesi.

C’è sempre un “diverso” da colpi-re e insultare: ma diverso da che co-sa? Da quale modello d’italiano?

A Milano il sindaco e il presidente dellaRegione sono andati in via Paolo Sarpi, stra-da tradizionale dell’universo cinese, a man-giare ravioli e sorbire ramen. Si sono fatti fo-tografare con gli involtini primavera e il risoalla cantonese. Eppure non è cambiato mol-to: se uno va a mangiare al ristorante, in que-sto periodo non va nell’asiatico. Non ci vaanche se le materie prime sono da decennicoltivate o allevate in Italia, anche se non esi-ste alcuna epidemia nelle nostre contrade,anche se da oltre un secolo abbiamo a Mila-no una comunità cinese perfettamente inte-grata, con imprenditori, tecnici, avvocati eprofessionisti che contribuiscono al prodot-to interno lordo della nostra onnipoli, daOmnium, la città dove c’è tutto.

Nessuno nega l’epidemia, ma sappiamoche il virus, qualunque esso sia, non colpiscein base ai cromosomi, all’altezza, al colore de-gli occhi, alle abitudini alimentari. Se arriva,non guarda per il sottile, s’infila e colpisce:ma in questo caso si tratta di un’influenza, fa-stidiosa, ma sempre influenza. E ne ammazzapiù la “nostrana” delle asiatiche, stando al-l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ser-ve dirlo, ripeterlo, assicurarlo?

Dispaccio n 3. “In Texas tutto a posto,non c’è epidemia. Anche gli armadilli sono per-fettamente sani”.

E se vengono mangiati saltuariamentedalle popolazioni locali, quien sabe?

di Piero Colaprico

Piero Colaprico (Putignano1957), giornalista e scrittore, vive a Milanodal 1976. È caporedattore di Repubblica Milano, si è sempre occupato di giustizia e di cronacanera. Ha scritto alcuni romanzi, tra cui Trilogia

della città di M. (2004),vincitore del Premio Scerbanenco e La strategia

del gambero (2017)

scheda

Sono aumentate frasi e azioni contro gli ebrei. Crescono i negazionisti dei campi di sterminio.Insulti contro gli africani.Contro gli omosessuali. E da quando c’è l’epidemia ce la prendiamo con i bambini cinesi che vanno a scuola e che parlanomilanese più dei milanesi

IL TAGLIO

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